AUTUNNO ESTILO OTOO - brancaccio.it · Ricordi che conservo ancora perfettamente nitidi anche oggi...

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magazine04 autunno.2008 BRANCACCIO NEWS OTOÑODE ESTILO AUTUNNO08 LOVEPEACESTYLE

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_ LE IMMAGINI CHE ATTRAVERSANO IL MAGAZINE NON SONO

SEMPRE IN RELAZIONE CON GLI ARTICOLI.

In questo numero

AUTUNNO

Autunno, dal colore che inebria… con la sua aria che

odora di mosto e di vino… con il suo sole inatteso

che splende come in un di là, con tenera perdizione

e vagabonda felicità… Saccheggiamo come una vigna

i versi suggestivi della poesia Ottobre di Vincenzo

Cardarelli per salutare la nuova stagione. Con il quarto

numero di “Ecostyle” proviamo a stemperare la sua

struggente malinconia, proponendovi una full immersion

nelle dolcezze dello stile d’autunno. Uno stile che

Brancaccio declina in un ampio ventaglio di proposte

pensate per voi. Nei nostri negozi troverete le novità

più esclusive dell’autunno-inverno per vestire sempre

con classe la vostra personalità. Mentre nel buen

ritiro dell’Ecostyle di via Papio potrete abbandonarvi

al gusto d’autunno, deliziando sia il palato, con dolci

e cioccolata artigianali, sia la vista con l’esposizione

d’arte dei piatti di Giuseppe Di Muro. Anche in questa

stagione ci proponiamo dunque di regalarvi emozioni.

Speriamo intanto di allietarvi con la nostra rivista, che

ci auguriamo sfoglierete con piacere in queste giornate

autunnali ideali per la lettura. Chiudiamo rivolgendo

un commosso pensiero a Marco Amendolara, che ha

diretto i primi tre numeri di Ecostyle, infondendovi la

linfa sublime del suo animo poetico. Proprio come una

foglia d’autunno è volata via la sua cara esistenza, ma

ci ha lasciato in dote il ricordo indelebile di un uomo

straordinario e l’incanto delle parole di un vero poeta.

Bartolomeo Brancaccio

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3 EditorialeAUTUNNO

5 ADDIO A MARCO AMENDOLARA

7 Salerno per meUNA CITTÀ A MISURA D'UOMO

9 Stile

ELEGANZA, COLORE E SEMPLICITÀ

NELLA DONNA BRANCACCIO

11 AmarcordUNA CITTÀ CHIAMATA LA CAVA

13 Sociale SMARATHONETI PER SPERARE

15 ModaKITON, ELEGANZA SENZA TEMPO

17 AmbienteACCUDIRE UN PARCO

19 CinemaMAIORI E IL SUO RAPPORTOPRIVILEGIATO CON ROSSELLINI

21 WebGIANLUCA VATORE

23 SportPERSONAL TRAINER: PRIVILEGIOO NECESSITÀ?

25 Arte > FotografiaCAPTURING CUBA

27 InfoINDIRIZZI DEI NEGOZI BRANCACCIO

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NOVEMBREINFO +39 089 56 47 991

NERO E BIANCO

È LA PERSONALE DI UNO DEI PIÙ NOTI E VALIDI

ARTISTI SALERNITANI, PIETRO LISTA,

CHE SI INAUGURERÀ LUNEDÌ 8 DICEMBRE NEL

NUOVO SPAZIO BRANCACCIO ECOSTYLE IN VIA

PAPIO A SALERNO.

LA MOSTRA DELLE DODICI PREZIOSE TELE

POTRÀ ESSERE VISITATA FINO A SABATO

10 GENNAIO 2009.

BRANCACCIO

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“SII SEMPRE POETA, ANCHE IN PROSA”. Questa massima

di Baudelaire, in Marco Amendolara che non ancora

quarantenne ci ha lasciato nel caldo, assurdo pomeriggio

del 16 luglio scorso, resta un punto centrale per

comprendere la ricchezza e la voracità della sua opera.

Marco era sempre poeta. Logicamente nella sua tensione

autoriale quando giovanissimo si firmava, nel segno d’un

dandysmo d’antan, con lo pseudonimo di Omar Dalmirò,

realizzando lavori poetici d’altissimo livello espressivo

come Rimmel (1986) o Misteri di Seymour (1989). Fino

alla produzione più matura e densa di L’amore alle porte

e soprattutto la sua perfetta antologica La passione

prima del gelo (ambedue datati 2007). E poeta, Marco,

lo era anche nella sua raffinata scelta saggistica. Un

lavoro d’analisi e ricostruzione teorica che principia

con un saggio di potente riflessione sullo statuto

letterario (La musa meccanica, 1984, che gli valse il

plauso di critici come Maria Corti e Luciano Anceschi),

poi la brillantissima lettura su Wilde (Indagine su Oscar

Wilde, 1994), per successivamente spingersi verso

temi di crocevia come il rapporto tra arte e letteratura

(Doppio magma, 2002 e Parole variopinte, 2004). Senza

dimenticare la sua tensione pamphlettistica dove il

teorico abbracciava la provocazione e si vestiva di

ulteriore poesia allo stato puro (Mani addosso e Vascelli,

tatuaggi, selve e saette, tutti e due 2002, ne sono

la plastica e devota sintesi). Poeta lo era anche nel

tradurre i classici latini (Catulliane del 2002: ecco il

contemporaneista che reinventa la tradizione). E poeta,

nel senso più alto e complesso, Marco lo era anche

quando nella “routine” giornalistica parlava di pittori,

scrittori, fumetti (i suoi adorati fumetti), gialli (i suoi

amatissimi gialli). Insomma Marco era “il” poeta e lo era

nel profondo. Per intensità della parola, per lacerazione

delle emozioni, per vocazione verso le forme del bello,

per quell’ossessiva (delicatissima, dolcissima, forse

per molti assurda) ricerca del vero. Una ricerca del vero

che ti consuma ma ti fa sognare, che toglie il sonno e

la voce ma che ti fa sentire la potenza dell’universo fin

dentro le ossa. Marco conosceva bene l’incantesimo

delle parole. E quest’incantesimo lo sapeva insegnare,

comunicare e donare agli altri (non dimentichiamo il suo

impegno di curatore di collane poetiche, di sensibile

organizzatore culturale, di attento ed ironico lettore-

consigliere di una marea di poeti alle prime armi che

vedevano in lui un lettore brioso ed amicale, seppur

severo e lucido nel giudicare). Restano tanti inediti

di Marco Amendolara. Sulla mia scrivania c’è il suo

manoscritto Il corpo e l’orto. E anche qui la sua voce

urla, indica, sussurra, chiede, desidera, inveisce, crea

proclami… O forse, semplicemente, sogna un mondo

migliore.

SABATO 18 OTTOBRE, NEL SALONE DELLA

PROVINCIA DI SALERNO, IN RICORDO

DEL DIRETTORE DI “ECOSTYLE”, SI È SVOLTA

LA MANIFESTAZIONE “PER MARCO AMENDOLARA.

LA SUA POESIA, LA SUA SCRITTURA”.Saluti di Ermanno Guerra, Vincenzo Maraio. Interventi di

Barbara Alberti, Alfonso Amendola, Pina De Luca, Mario

Fresa, Rino Mele, Luigi Reina, Angelo Trimarco.

Ha presieduto Giuseppe Cantillo. Letture di Carla Avarista,

Pasquale De Cristofaro, Autilia Ranieri.

Addio aMarco AmendolaraUNA GRAVE PERDITA PER LA CULTURA SALERNITANA

di Alfonso Amendola

EMPORIO

MARCHI

BRANCACCIOEmporio

Jeckerson9.2Fred PerryMontecoreDiesel Black Gold SivigliaLa MartinaRoy RogersBelstaff

autunno/inverno > 2008/2009

estate > 2008

CONTATTI

Via dei Principati, 19/21SalernoTel. +39 089 25 18 66 [email protected]

BRANCACCIOEmporio

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KID

S

SALERNO PER ME

AMO DEFINIRE IL MIO RAPPORTO CON SALERNO “A TUTTO

CAMPO”. Un legame, paradossalmente rafforzato dalla

relativa lontananza cui fui costretto da piccolo quando

mio padre per motivi di lavoro trasferì tutta la famiglia a

Cava de’ Tirreni.

E fu proprio l’amore di mio padre per Salerno e la sua

esigenza di ritornarci appena possibile, “almeno nel fine

settimana”, a rafforzare in me quel legame.

Con quelle visite imparai a conoscere ed amare questa

città-provincia attraverso i luoghi, le frequentazioni,

i riferimenti sociali che aveva mio padre: a volte,

sembrava avere un vero e proprio bisogno fisico di

passeggiare sul lungomare o in Via Mercanti o al Corso.

Ricordi che conservo ancora perfettamente nitidi anche

oggi che, con mia moglie Patrizia Famiglietti, sono

tornato a vivere in città dove sono nati i nostri tre figli,

Viria, Francesco e Carla.

Della mia infanzia conservo i piacevoli ricordi di un

bambino “pendolare” che col tempo è cresciuto ma non

ha perso la voglia e il piacere di vivere Salerno.

Oggi io e mia moglie, come tanti altri genitori salernitani,

amiamo trascorrere ore nei parchi cittadini, dal

Mercatello al Pinocchio, ad osservare orgogliosi la

gioia innocente dei nostri tre bambini che sono liberi di

giocare lontani da ogni pericolo.

Considero Salerno una città a misura d’uomo. Un luogo

che offre, a chi se la sa godere, molteplici possibilità.

Dal Corso Vittorio Emanuele - che, bandite le auto, con

le sue variegate vetrine è diventato un vero e proprio

salotto di incontri, di passeggio e shopping

cittadino -, al lungomare dove gustare e contemplare

il nostro splendido golfo sul quale si affacciano due

meravigliose coste ricche di storia e di bellezze

turistiche che il mondo intero ci invidia. Posti dove ci si

sente veramente a proprio agio, incrociando i saluti di

conoscenti e amici con i quali scambiare una battuta, un

parere, una opinione magari sulle sorti della Salernitana,

mia squadra del cuore, che ancora oggi amo seguire

quando, naturalmente, gli impegni me lo consentono.

Anche come imprenditore devo tanto a questa città.

Mio padre nacque ad Ogliara, frazione alta di Salerno,

terra di cave d’argilla che tanto hanno influenzato la sua

Una città a misura d'uomodi Gianni De Maio*

attività e quella dell’intera nostra famiglia. Anche grazie

a questi suoi natali, oggi le aziende del gruppo della

famiglia Francesco De Maio rappresentano un riferimento

importante nel panorama della produzione ceramica

nazionale e, se mi è concesso, un motivo d’orgoglio per

la produzione d’eccellenza del comprensorio vietrese,

della provincia di Salerno e dell’intera Campania.

Anche per questo amo Salerno. Per la sua capacità di

distinguersi ed imporsi conservando la propria identità,

di trasformarsi pur restando legata alle proprie radici.

Per la sua forte volontà di innovarsi e di crescere,

caratteristiche che la portano ad essere una moderna

città europea.

*Gianni De Maio, tra gli imprenditori più in vista della

Provincia, componente della Giunta di Confindustria

Salerno e del direttivo nazionale di Confindustria

Ceramica, è Amministratore della Antiche Fornaci

D’Agostino e della Ceramica Vietri Antico, due delle

quattro aziende del gruppo della Famiglia Francesco

De Maio, cui appartengono anche La Ceramica di Vietri

Francesco De Maio e la Ce.Vi. Ceramica Vietrese e i

rispettivi marchi collegati, da La Tavolozza Vietrese a La

Terra di Vietri a Tiles Club.

LOOK

BRANCACCIODonna

PANTALONI VDP GESSATO CON FILO DI LUREX

MAGLIA VDP CON COLLO-CAMICIA

IMPREZIOSITO DA PIETRE

BORSA GEORGE GINA & LUCY IN TARTAN

ABITO TWEED JO NO FUI

PELLICCIA RIZAL INTRAMONTABILE MONCLER ALL’INSEGNA DELLO SPORTY-CHIC ANCHE PER GLI ACCESSORI COME L’HANDBAG IMBOTTITA LUCIDA

L’ESTRO DI JOHN GALLIANO PER UNA DONNA CHE È SEMPRE INFORMATA SULLE ULTIME NEWS DELLO STYLE

FEMMINILI CON UN TOCCO DI ROMANTICISMO. SEDUCENTI MA PIÙ

VESTITE. LA MODA FEMMINILE AUTUNNO-INVERNO QUEST’ANNO REGISTRA

UN RITORNO AL BON TON E AD UN’ELEGANZA PRIVA DI ECCESSI. UNA

MODA “FULL COLOR” CHE COMBATTE IL GRIGIORE INVERNALE CON

UN ARCOBALENO DI TONALITÀ INTENSE, CHE VANNO DAL PORPORA AL

BLU ELETTRICO, DAL VIOLA ALL’AZZURRO CIELO, E CHE GIOCA MOLTO

SU FORME PIÙ MORBIDE ED ARROTONDATE, MODULATE ALL’INSEGNA

DEL RITORNO A MATERIALI DAVVERO INVERNALI COME LANA, ANGORA,

TWEED. TRA I MUST DI STAGIONE SI SEGNALANO: IL MINIABITO, IN

TUTTE LE SUE FORME, ISPIRATO SIA AI NOSTALGICI SIXTIES CHE

AGLI ANNI OTTANTA, PER DONNE ESTROSE MA ANCHE PER AMANTI DEL

BON TON (DA NON PERDERE LE COLLEZIONI ALICE S. DIEGO, JO NO

FUI E HACHE); IL RITORNO AL BRITISH E AL TARTAN; TUTE E PIUMINI

COLORATI SPACE-AGE (SI RINNOVANO SEMPRE, PUR NELLA TRADIZIONE,

LE PROPOSTE MONCLER); IL REVIVAL DELLA MAGLIERIA ANCHE PER GLI

ABITI. INUTILE DIRE CHE IL NERO A OLTRANZA NON PASSA MAI DI MODA

PER LA PERFETTA DARK LADY (MAGARI ARRICCHITO DA PIETRE DURE E

INSERTI GIOIELLO COME NELLE PROPOSTE DI VDP) COSÌ COME PER LA

SIGNORA CHE AMA SOBRIETÀ E RAFFINATEZZA.

autunno/inverno > 2008/2009

TREND

BRANCACCIOEcostyle

Perfetto come idea regalo il set da vino di Rosendahl per intenditori del nettare di Bacco

BRANCACCIO

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MARCHI

KitonIsaiaEtroMonclerRalph LaurenJacob CohenSantoniBallantyneCucinelli

BRANCACCIOUomo

autunno/inverno > 2008/2009

DONNA

STILE

rapporto tra qualità e prezzo. Ma in ogni caso la moda da

noi è di casa. Si può trovare tutto per ogni gusto.

QUAL È LO STILE BRANCACCIO DONNA?

Diciamo che vestiamo la donna dai venti ai

cinquant’anni. Il nostro target è la donna in carriera che

deve stare comoda, ma sempre alla moda. La donna che

lavora ha imparato che non è necessario vestire classico

per darsi un tocco di autorevolezza. Ora si può vestire

alla moda, con eleganza, raffinatezza e colori, senza

nulla perdere delle prerogative che le conferiscono le

responsabilità di lavoro.

BRANCACCIO DONNA VIVE DALL’INIZIO DEGLI ANNI ’90.

COM’È CAMBIATA LA MODA DELLA DONNA IN QUESTI ANNI?

È cambiata tantissimo. Prima era una moda molto

classica, poco colorata, a volte poco comoda. Gonne

lunghe, salopette, pantaloni a vita molto alta. Certo,

era lo stile di quegli anni ed è ovvio che come cambia

il tempo così cambiano anche i costumi e gli usi. Oggi

la moda della donne è molto più femminile. La donna

ha scoperto che attraverso la moda può esprimere se

stessa: può essere spiritosa, elegantissima, sensuale.

Certamente oggigiorno si osa di più, con scollature,

trasparenze e giochi di luce.

E PER LA MODA DI QUEST’ANNO, CHE CONSIGLIO PUÒ DARE

ALLE LETTRICI?

La moda di quest’anno si rifà a quella degli anni ’60

e ’70, ovviamente rivisitata e “corretta”, e il mio

consiglio alle donne è quello di vestire sempre secondo

il proprio stile. Essere se stesse è il miglior modo per

essere eleganti e seducenti, a prescindere da ciò che si

indossa.

ELEGANZA, COLORE E SEMPLICITÀ: Brancaccio veste anche

la donna che vuole essere pronta per ogni occasione,

ma sempre alla moda. L’emporio Brancaccio Donna

si aggiunge agli altri negozi della ormai nota famiglia

salernitana che, da oltre un secolo, fa la storia del

commercio e dell’abbigliamento della città e di tutta la

provincia. L’atelier Donna, come da tradizione, è gestito

dalla famiglia Brancaccio, in particolare dalla figlia di

Carlo Brancaccio, Carlotta, che abbiamo incontrato per

scoprire storia, tradizione e segreti dell’abbigliamento

femminile.

SIGNORA CARLOTTA, ORMAI ANCHE BRANCACCIO DONNA È

DIVENTATO UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER LE SALERNITANE E

NON SOLO, MA COM’È NATO L’EMPORIO?

Brancaccio Donna, per la verità, non è nato così come

lo vediamo oggi. Fu un esperimento che mio padre ed

io pensammo di fare e così, all’interno del negozio per

uomo, riservammo un piccolo angolo per l’abbigliamento

femminile. Questo accadeva agli inizi degli anni ’90. Col

tempo anche quel piccolo spazio divenne importante,

cominciavamo a farci un nome, a ricevere sempre più

clientela. Fu un vero exploit, anche grazie ai nostri

marchi, in particolare una linea di Valentino che ebbe un

gran successo.

POI COSA ACCADDE?

A quel punto dovemmo prendere una decisione. Così

non potevamo continuare, nel senso che o si chiudeva

proprio l’angolo Donna, o si distaccava nettamente dal

negozio per uomo. Visto il gran risultato ottenuto, da

quel piccolo esperimento, decidemmo di tentarne uno più

in grande, aprendo l’emporio dove siamo qui oggi.

QUESTO QUANDO È ACCADUTO?

Abbiamo aperto nel 2000 e ovviamente siamo andati con

i piedi di piombo, piano piano, per poi crescere nel corso

del tempo. E devo dire che il progetto si è sviluppato

magnificamente.

COSA OFFRITE ALLA VOSTRA CLIENTELA?

Il meglio. Non abbiamo prime linee, preferiamo seguire

la moda, ma con gusto, con semplicità, con stile e

andando sempre alla ricerca dei capi migliori, senza mai

trascurare i prezzi. Non crediamo nell’unico capo, magari

scadente, che costa una cifra perché “tira” in quel

momento. Scegliamo la qualità e soprattutto il giusto

Eleganza, coloree semplicità nella Donna Brancacciodi Bianca Senatore

CONTATTI

BRANCACCIOUomo

Corso Vittorio Emanuele, 16284122 SalernoTel. +39 089 22 56 03 [email protected]

LOOK

BRANCACCIODonna

Vestibilità massima con i Jeans Roy Rogers: da notare la chicca della tasca e degli inserti in cavallino

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JEANS, CAMICIA E MAGLIONCINO ETRO

GIUBBINO REFRIGUE

COMPLETO RIVER WOODS

Una città chiamata La CavaPORTA DELLE DUE COSTIERE E

CENTRO DI VILLEGGIATURA

di Tommaso Avagliano

LA “SCOPERTA” DI CAVA AD OPERA di viaggiatori in

prevalenza stranieri risale agli anni che seguirono a

quella di Paestum e dei suoi templi, la cui fama Johann

Joachim Winckelmann diffuse dopo il 1761 in Europa. Da

allora sotto il suo cielo si affacciarono in tanti: qualcuno

fugacemente come Goethe; altri fermandosi per ore o per

giorni ad ammirare le selve e i dirupi, i casali arroccati

sui colli, le torri per la caccia ai colombi selvatici, i

portici di pietra del Borgo Grande, e lassù, nell’immensa

nicchia della “cripta Arsycza”, l’Abbazia benedettina,

ricca di preziose carte e di monumenti, sovrastata dal

villaggio fortificato del Corpo di Cava.

Per secoli, ad attrarre l’attenzione dei visitatori, che

ne lasciarono ampi cenni nei loro diari di viaggio, erano

state anche le arti tessili e murarie praticate dagli

abitanti, di cui discorre già Masuccio Salernitano nel

Quattrocento. Queste avevano creato un tal fervore

di attività e di scambi, da assicurare indipendenza

e prosperità alla popolazione, e l’invidia delle città

confinanti: Salerno in particolare, che l’espresse

satiricamente per bocca di un suo poeta, Vincenzo

Braca, autore di molte di quelle farse tramandate fino a

noi con l’appellativo di “cavajole”.

Poi nella “via Caba”, la strada che attraversava la valle,

si profilarono le staffette del Grand Tour, richiamate

dalle sirene pestane e amalfitane: i Goethe, appunto,

gli Hackert, la squadra d’incisori e letterati capitanata

dal Denon, i Bartels, i Pitloo, che esaltarono gli aspetti

di un paesaggio pittoresco e romantico. E dietro ad

essi, schiere di francesi e di inglesi, di spagnoli e di

tedeschi, con l’occhialino e l’ombrello. Oltre agli italiani,

s’intende, fra i quali primeggiarono i maestri della Scuola

di Posillipo. La villeggiatura vera e propria cominciò più

tardi. Ma non era stato un villeggiare, sia pure episodico

e a scopo terapeutico, quello di Philipp Hackert ricordato

dal suo grande biografo - Goethe, appunto -, nella

primavera del 1770, e più tardi di Anton Smink van Pitloo,

alla ricerca di più freschi motivi per le sue tavolette?

Non fu in qualche modo - nell’accezione sua propria del

“vivere in villa” - una villeggiatura protrattasi addirittura

per un quadriennio (1783-87), quella di Gaetano Filangieri

con la famiglia, nella casa del canonico Carraturo sulla

strada di Passiano?

L’aria buona, il clima fresco anche d’estate, la

popolazione ospitale, la vita a basso costo, la facilità

di fittare, riattare, costruirsi una casina o una villa, e

non ultima la vicinanza a Napoli, furono i fattori che in

pochi lustri fecero esplodere il boom del soggiorno estivo

tra le colline cavesi, trasformando la città metelliana in

rinomato centro di villeggiatura, frequentato da famiglie

nobili o agiate, non solo meridionali.

Ma già molto prima Cava era divenuta luogo di

pernottamento e di transito per i viaggiatori diretti alle

due costiere, l’amalfitana e la cilentana, dotandosi di

alberghi e pensioni, locande, osterie e stazioni di posta:

tutto un sistema logistico ad uso dei turisti, che fu

messo in crisi e poi smantellato dall’avvento del treno

e dell’automobile, e dall’incremento del traffico per il

valico di Chiunzi, oltre che dal prevalere di altri siti,

e di altre città e paesi, sulla scena della mondanità

vacanziera e itinerante.

Ad alimentare la nostalgia di quel tempo felice restano

le splendide ville sparse sui poggi di Rotolo e di

Castagneto. E restano le molte pagine, i dipinti, i

disegni, le incisioni, presenti in collezioni pubbliche e

private, che illustrano le bellezze di un paesaggio ancora

oggi ricco di fascino ma in pericolo di essere distrutto

dall'ignoranza e dalla speculazione edilizia.

AMARCORD

LOOK

BRANCACCIOKids

FELPA DANIELE FIESOLI

JEANS ENERGIE

SEMPRE PIÙ ATTIVI, ESIGENTI ED AMANTI DELLE NOVITÀ, I NOSTRI FIGLI

TROVERANNO NELLA MODA JUNIOR DELLA STAGIONE AUTUNNO-INVERNO

RISPOSTA A TUTTI I LORO SOGNI E DESIDERI.

POLIEDRICA LA PROPOSTA DI STILI PER I PIÙ PICCINI, DAVVERO

FANTASMAGORICA QUELLA PER I TEEN.

PER LE GIRLS TESSUTI LUCIDI E BRILLII DI STRASS, COLORI VIVACI PER

LE MINI. DI MODA IL TARTAN E I SIMPATICI LEGGINS. MA C’È SPAZIO

ANCHE PER LE PIÙ ROMANTICHE CON DELIZIOSE DIVAGAZIONI NELLE

NUANCES DEL ROSA. PER I BOYS LARGO SOPRATTUTTO ALL’URBAN MIX

PRATICO, COMODO E DI GRAN MODA CON JEANS, MAGLIONCINI E FELPE

CON FOGGE PER TUTTI I GUSTI E GIUBBINI DAI COLORI VIVACI.

autunno/inverno > 2008/2009

CURIOSITÀ

BRANCACCIODonna

Anche gli amici a quattro zampe vestono alla moda con il cappottino griffato Moncler

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SOCIALE

LA SPERANZA CORRE SU UN BABY JOGGER ROSSO. Un

fiammante “tre ruote” con cui Rebecca, ad appena due

anni, ha partecipato a maratone e mezze maratone in

Italia e all’estero. È così che riesce a scoprire quel

mondo che non potrà mai percorrere in lungo e in largo

sulle sue gambe. Perché non camminerà mai la piccola

Rebecca. E, malgrado la vitalità che brilla nei suoi occhi

dolcissimi e si riverbera nella parlantina sciolta, ha

bisogno che le sorreggano il collo e la testa.

Colpa dell’inesorabile Atrofia Muscolare Spinale (S.M.A.),

che le hanno diagnosticato ad appena 11 mesi di vita

nel marzo del 2007. Una malattia genetica incurabile, un

killer silenzioso che colpisce un neonato ogni seimila:

non intacca le facoltà intellettive ma impedisce il

controllo dei muscoli volontari - quelli usati per attività

quali andare a carponi, camminare e finanche controllare

la testa e deglutire - e conduce alla morte entro i primi

due anni di vita (nel tipo 1, che è la forma più grave) ed

entro i trent’anni (nel tipo 2).

Se però Rebecca non può correre sulle sue gambette, c’è

chi può farlo con lei e per lei, spingendola appunto sul

suo jogger rosso alla Stramilano, alla maratona di Roma,

alla staffetta di Zurigo.

Correre per aiutare le famiglie dei bimbi colpiti da Sma ad

uscire allo scoperto, senza chiudersi nella drammatica

solitudine della sofferenza senza speranza. Ma

soprattutto correre per sensibilizzare l’opinione pubblica

e raccogliere fondi per finanziare la ricerca scientifica

condotta dal professor Giorgio Battaglia dell’Istituto

Besta di Milano, che ha scoperto una proteina che

potrebbe aprire nuovi scenari nella cura.

È per questo che corrono i genitori di Rebecca,

Luca De Luca ed Elena Muserra, giovani ed affermati

professionisti milanesi, che hanno reagito allo choc

calzando le scarpette da maratoneta. E il merito è anche

del sostegno ricevuto da un caro amico salernitano,

Cristian Belpedio: «Io sono da sempre un appassionato

maratoneta e così ho contagiato anche molti amici,

tra cui Luca, il papà di Rebecca, che ho conosciuto nel

2002, frequentando un master a Milano – racconta. -

Quando lui ed Elena si sono trovati catapultati in questa

nuova dolorosa realtà, ho iniziato a documentarmi

e ho scoperto che in Canada esiste un’associazione

messa in piedi da Louise Smith, anche lei maratoneta

Smarathonetiper sperareL’AZIENDA BRANCACCIO SOSTIENE LA NOBILE FINALITÀ

DI SMARATHON, PERCHÉ LA SOLIDARIETÀ È UN VALORE

DA CUI LA MISSION IMPRENDITORIALE NON PUÒ

PRESCINDERE.

di Vera Arabino

e, coincidenza, con una figlia di nome Rebecca affetta

da Sma che, usando questo sport come volano di

sensibilizzazione, ha raccolto migliaia di dollari per la

ricerca».

Così nel 2007 è nata l’associazione sportiva

“Smarathon”, che ora sta per diventare una onlus:

tra i fondatori ci sono anche altri salernitani, tra cui

il fratello di Cristian, Danilo, ingegnere informatico

dell’Esercito, che ha realizzato il sito www.smarathon.eu

che ha già raggiunto quota 160mila contatti.

Luca, Cristian, Danilo e un manipolo di amici con il

pallino della corsa hanno partecipato in questi mesi a

tante maratone: con indosso la divisa con la scritta

“smarathon.eu” e con il sorriso sulle labbra, hanno

spinto Rebecca sul suo jogger rosso come i colori

dell’associazione.

E così pian piano hanno coinvolto tante famiglie di

bambini affetti da Sma ed hanno fatto breccia nel cuore

di molte persone. Anche l’azienda Brancaccio, che non

è nuova ad iniziative benefiche, ha deciso di sostenere

la nobile finalità di Smarathon, perché la solidarietà è un

valore fondamentale, da cui la mission imprenditoriale

non può e non deve prescindere. Un sostegno che

passerà anche attraverso un evento di sensibilizzazione.

La corsa continua, dunque, perché, come recita il motto

di Smarathon, nulla è impossibile e l’unica malattia

davvero incurabile è l’indifferenza.

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17 EspressoNap_beatles 13-06-2007 13:22 Pagina 1

QUELLO CHE FU IL CHITONE, nobile tunica degli uomini più

illustri dell’antica Grecia, è oggi il biglietto da visita di chi

ama l’eleganza in purezza. Kiton è infatti sinonimo di classe

e qualità senza tempo. Merito di un credo stilistico che ha

saputo preservare valori e dettami dell’antica e superba

scuola sartoriale napoletana, trasportandoli nel presente

e adeguandoli alle esigenze del futuro. L’azienda fondata

quarant’anni fa da Ciro Paone nel cuore della provincia

partenopea, ad Arzano, con i suoi 330 sarti rappresenta

ancora oggi, più che un’industria, un grande laboratorio

artigiano. La moda Kiton è arte concettuale e non prodotto

industriale. Ecco perché il fondatore e pater familias non

ha mai amato datare le collezioni: l’eleganza non soggiace

alla frivola mutevolezza della moda e l’abito sartoriale è

sempre attuale. L’artigianalità coincide infatti con il buon

gusto di piacere a se stessi. E l’uomo Kiton sa assaporare il

piacere di guardarsi in uno specchio e muoversi per vedere

come l’abito aderisce non solo al suo corpo, ma alla sua

personalità e alla sua vita.

La qualità è in sé, e l’abito la racconta. Farlo al meglio è

da sempre la mission dell’azienda, fedele al motto di Ciro

Paone: “La qualità più uno. Il meglio del meglio più uno”.

Una qualità che prende le mosse dalla scelta dei tessuti. La

famiglia Paone si occupa di tessuti da cinque generazioni:

shetland e sete pregiate, cachemire e lane preziose. È

in un negozio di stoffe che è nato il talento genetico di

Ciro Paone e con lui il progetto Kiton, l’azienda nel 1968,

la strategia societaria, le ultime frontiere che ormai la

proiettano ovunque nel mondo ci sia amore per la qualità

e lo stile inconfondibili. Merito anche della lungimiranza

del management, garantita dall’apporto delle nuove

generazioni della famiglia Paone: anzitutto dalle due figlie,

la primogenita Maria Giovanna, vicepresidente dell’azienda,

e la secondogenita Raffaella, ma anche dal nipote Totò De

Matteis che, da quando aveva vent’anni, ha affiancato lo

zio nell’evoluzione dell’azienda. Un efficace passaggio

di testimone familiare, che oggi interessa anche la terza

generazione Paone. Del resto Kiton conserva l’abitudine

di produrre tutto “in casa”: più di 500 dipendenti che

garantiscono il made in Italy di prodotti che arrivano quasi

in ogni parte del mondo, tanto che l’80% del fatturato del

gruppo è oggi realizzato grazie all’export.

Un abito Kiton nasce, già nel modello, per essere

l’espressione di uno stile unico, per durare nel tempo e

per ripagare l’affezione di chi lo indossa e lo indosserà

per anni con orgoglio. Le fibre sono dei tipi più pregiati

ed appositamente tessuti per Kiton, ovviamente naturali,

le sole idonee ad abiti di grandi qualità, dalle fogge

assolutamente classiche, ma comunque ricche di continui

aggiornamenti volti a migliorare la perfezione.

Mani esperte tagliano, cuciono, impunturano gli abiti a

uno a uno e sono questi i momenti in cui si riconosce e si

esalta la vera capacità sartoriale. Fin dagli esordi, infatti,

MODA

Kiton, eleganza senza tempodi Vera Arabino

l’azienda ha realizzato un prodotto in controtendenza

rispetto alle logiche di massificazione, intuendo che ci

sarebbero sempre stati cultori e filosofi dell’eleganza

assoluta che avrebbero amato essere coccolati come

l’esercito di artigiani Kiton sa fare. E oggi l’abito Kiton

è l’espressione della più raffinata tecnica sartoriale,

proiettato in una dimensione industriale dove l’artigiano

opera in una struttura all’avanguardia ma fedele ai valori

tradizionali, e l’abilità e l’esperienza personale si fondono

nella sinergia di gruppo, dando vita ad un capo degno della

migliore scuola napoletana.

La vera regina Kiton è la giacca: per realizzarne una sola

servono 21 ore, 25 ore per un completo da uomo, ma è

l’abito su misura che illumina il firmamento di creazioni

dell’azienda, che s’impegna a raggiungere il cliente

dovunque sia nel mondo. L’abito maschile è completato poi

con una linea di cravatte che riproduce l’antica tradizione

partenopea delle “sette pieghe” e con la camicia che

rispecchia la filosofia dell’azienda: tessuti finissimi,

cuciture a mano, dettagli oltremodo accurati.

Un credo stilistico inconfondibile, che si è riverberato,

negli anni, nel ventaglio di proposte che hanno diversificato

con successo la produzione Kiton: dalla linea donna allo

sportswear, passando attraverso i profumi e ancora le

scarpe, la valigeria e la pelletteria, affidate a maestri

artigiani della pelle, in linea con la mission primigenia.

Il fine è, come sempre, il senso di piacere che chi vive lo

stile Kiton percepisce. Una produzione che è made in Italy

al cento per cento ed è distribuita attraverso la rete di

showroom monomarca in tutto il mondo, in particolare in

tutte le metropoli “templi dello shopping” internazionale,

e attraverso la rete di esercizi rigorosamente selezionati

in tutt’Italia e all’estero, per giungere ai clienti che amano

l’eleganza autentica a tutte le latitudini.

LA COLLEZIONE DONNAIN CASA KITON IL CLASSICO SENZA TROPPE STRAVAGANZE È

L’ASSOLUTA REGOLA: QUI L’ALTA SARTORIA NAPOLETANA PER UOMO

TROVA L’APPLICAZIONE PIÙ RIGIDA EPPURE SEMPRE ATTUALE.

NEI CAPISPALLA COME NEGLI ABITI PIÙ CASUAL. LA VERA NOVITÀ

DELLA MAISON È LA COLLEZIONE DONNA. UNA COLLEZIONE ISPIRATA

ALLA TRADIZIONE DI LUSSO, QUALITÀ ED ELEGANZA DI CUI KITON È

SINONIMO. LA COLLEZIONE DONNA 2008, CARATTERIZZATA DALLA

PRESENZA DI UNA “K” D’ORO CHE PROMETTE DI DIVENTARE UN

MUST, È IL TRIBUTO CHE KITON HA VOLUTO DARE ALLA DONNA

CONTEMPORANEA CHE VIVE IL SUO TEMPO CON LA CONSAPEVOLEZZA

DI SÉ, DELLA SUA FEMMINILITÀ, UNA DONNA CHE NON ACCETTA

COMPROMESSI CON LA MODA E CHE NON VUOLE RINUNCIARE AI

TESSUTI PREGIATI NÉ ALLE LINEE PIÙ ATTUALI, E CHE TROVA IN KITON

CIÒ CHE L’UOMO VI TROVA DA SEMPRE: L’ECCELLENZA DEI TESSUTI

UTILIZZATI, LA PERFEZIONE DELLE LINEE E L’ATTUALITÀ DEI MODELLI.

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DIVERSI SONO I MODI DI PROVVEDERE, in qualità di

responsabile, alla gestione di un Parco Urbano. La

gestione del Parco Urbano dell’Irno è certamente

singolare.

L’aspetto che più contraddistingue il modo di fare del

neodirettore Giovanni Giugliano è proprio quello che

attiene alla gestione. Questa ha il carattere dell’accudire

amorevolmente un Parco come un bimbo fragile e gracile,

nato prematuramente.

E, come ha sottolineato il professore Paolo Villani

intervenuto alla festa del 22 luglio scorso, “…nonostante

tutti gli interventi tecnici correttivi che occorre fare,

abbiamo, comunque, finalmente un Parco di cui prenderci

cura…”.

Alla festa Giovanni Giugliano ha invitato tutti i suoi

amici, e sua moglie ha apparecchiato un piccolo

buffet con dolci preparati da lei stessa: una crostata

con marmellata e un babà. Il Parco Urbano dell’Irno

ha una giusta dimensione, si insinua tra interstizi di

territorio lasciato libero per caso. Un fiume destinato a

scomparire, ad essere coperto per essere trasformato

in strada dopo lunghi anni è rinato sotto forma di Parco.

Ha una giusta dimensione anche da un punto di vista

politico e gestionale: solo due Comuni (Pellezzano e

Baronissi), coadiuvati per gli aspetti tecnici ed operativi

dal Consorzio di Bonifica Integrale Comprensorio Sarno.

Presidente del Parco è la prof.ssa Eva Longo, Sindaco

di Pellezzano, che ha promosso con tenacia la sua

realizzazione e, oggi, persegue il riconoscimento

da parte della Regione dello status di “Parco Urbano

Regionale”. Il Parco Urbano Irno è un progetto finanziato

e realizzato dalla Provincia di Salerno. È senz’altro

da ascrivere alla Provincia il merito di aver dato

corpo a spinte locali che da numerosi anni premevano

per la valorizzazione del corso del fiume Irno, ma

il progetto si basa, purtroppo, su difficili e costose

manutenzioni annuali per poter mantenere una forma

più o meno autentica di Parco naturalistico. Fa bene ad

accudirlo il direttore Giugliano, consigliato e spronato

dal competente amico Gino Marotta, Commissario

Straordinario del Consorzio di Bonifica, ed a pensare e a

provvedere, piuttosto che a costosi e velleitari progetti,

Accudire un parcodi Luigi Daniele

Direttore del Consorzio di

Bonifica Integrale Comprensorio Sarno

DONNA

AMBIENTE

ad interventi misurati affinché il corso del fiume assuma

da sé la propria forma naturale scorrendo e articolandosi

in laghetti; proprio come si accudisce un bambino che

cresce, lasciando che si irrobustisca e si manifesti

secondo una propria e irripetibile forma.

Occorre recuperare al fiume tutte le sue sorgenti, in

particolare quelle captate per altri usi, individuare

ed eliminare le poche ma ancora presenti fonti di

inquinamento, sistemare le sponde e i costoni di

tufo pericolanti e giungere alla definizione di un

equilibrio idraulico dinamico che riduca gli interventi

di manutenzione. La giusta dimensione del Parco è

probabilmente quella di un’area naturale, poco attrezzata

e senza piccole ed inutili piste ciclabili, variopinti arredi

ed “artistiche” ed inquinanti illuminazioni.

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“GLI ABITANTI DELLA COSTIERA SONO DEI PAZZI, degli

ubriachi di sole. Ma sanno vivere valendosi di una forza

che pochi di noi posseggono: la forza della fantasia”.

Così Roberto Rossellini amava ricordare la costa d’Amalfi

e i suoi abitanti dopo che, dal finire degli anni ’40 alla

metà degli anni ’50, aveva trovato, particolarmente

a Maiori, la condizione ideale e la disponibilità di un

intero paese a girare le sue pellicole: Paisà (1946),

"Il miracolo", secondo episodio de L’amore (1948), La

macchina ammazzacattivi (1948), Viaggio in Italia (1953).

I maioresi impararono ad amare il maestro, ritenuto un

uomo molto generoso, al quale bastava mettere una

macchina da presa al centro del paese e il film veniva

fuori insieme alla folla dei curiosi. E proprio in questa

atmosfera il suo giovane assistente, Federico Fellini,

notò un ragazzino, Alfonso Bovino, che poi interpretò lo

scugnizzo di Paisà (1946), che nel secondo episodio del

film ruba le scarpe al soldato nero ubriaco. Ricordate?

“Hey Joe, si t’adduorme, io m’arrobbo ’e scarpe”: è un

frammento fra i più belli del cinema di ogni tempo.

Maiori e la Costa Amalfitana saranno ancora protagonisti

di altri suoi film: L’amore (1948), suddiviso in due

episodi, il primo dal titolo “Una voce umana”; il

secondo, dal titolo “Il miracolo” su soggetto di Federico

Fellini, vede la Magnani nelle vesti della pastora Nannina

e lo stesso Fellini nei panni di un vagabondo girare lungo

la costa da Maiori a Furore.

Poco più tardi, a cavallo tra il 1948 e il 1951, Rossellini

tornerà in costiera: qui tra le case di Maiori e di Atrani

è ambientato il film La macchina ammazzacattivi,

soggetto di Eduardo De Filippo. E si legge nelle pagine

della filmografia rosselliniana: “Nella Macchina

ammazzacattivi vi sono i miei pellegrinaggi sulla

costa amalfitana, i posti dove si è stati bene e che

si ama”. Nel 1953 Rossellini gira Viaggio in Italia con

Ingrid Bergmann, immersa in un bagno di folla, e

tutta Maiori si mette ancora una volta a disposizione.

Allora, ecco pronta la processione dell’Addolorata

fuori stagione, pronta la banda musicale della vicina

Pagani, pronti tutti. Nel ricordo di Roberto Rossellini,

nel 2000 è nato il Premio Roberto Rossellini@Maiori,

grazie all’Associazione Maiori Film Festival, impegnata a

portare avanti un’iniziativa capace di riproporne l’opera

e l’insegnamento. E in occasione del centenario della

nascita del maestro del neorealismo (2006) sempre

l’AMFF gli dedica un documentario, Maiori anno 100, che

lavorato sull’immagine scrivendo i pensieri di Fernanda

Pivano dedicati a Rossellini, e creando un unico

piano visivo; così facendo ci propone una riflessione

simultanea fra pensiero presente e memoria. Queste

quattro grandi opere sembrano fermare il tempo in un

momento magico. Collocate sul lungomare di Maiori, ci

ricordano l’amore di Rossellini per questo luogo e la sua

gente, per le sue montagne e il suo mare.

prova a scavare nella memoria dei superstiti di quei

giorni. È gente comune, che dopo la breve parentesi

nell’universo sconosciuto e misterioso del cinema, è

tornata alle incombenze di tutti i giorni. Nella stessa

occasione la cittadina maiorese si è legata ancor di più

alla figura del regista, su iniziativa dell’Associazione

Maiori Film Festival, con il percorso “Sui luoghi del

cinema”: una serie di pannelli con i fotogrammi dei film

maioresi, destinati a tramandare la memoria dei set

rosselliniani, e la passeggiata Roberto Rossellini, un

tratto del lungomare di Maiori, dove sono state collocate

quattro opere dell’artista Marco Nereo Rotelli, dedicate

ai quattro film che Roberto Rossellini ha girato in questi

luoghi: Paisà, Il miracolo, La macchina ammazzacattivi e

Viaggio in Italia.

Rotelli, in linea con la sua ricerca basata sulla luce e

la poesia, che lo ha visto presente nei più importanti

musei internazionali e realizzare installazioni luminose

nelle capitali del mondo e per ben tre volte alla Biennale

di Venezia, ha ideato per questo evento le sue opere

ingigantendo fotogrammi dei film ed ottenendo un

risultato di rara sensibilità ed intensità. L’artista ha

Maiori e il suo rapporto privilegiato con Rossellinidi Giovanna Dell'Isola

CINEMA

NELLA PENULTIMA SETTIMANA DI OTTOBRE, DA

LUNEDÌ 20 A SABATO 25, SI È TENUTA LA NONA

EDIZIONE DEL PREMIO ROBERTO ROSSELLINI@

MAIORI CHE, COME PER LE SCORSE EDIZIONI,

HA AVUTO COME ELEMENTO PORTANTE LA

FILMOGRAFIA DI IMPEGNO CIVILE.

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Gianluca VatoreLE NUOVE FRONTIERE DEL WEB

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CASUAL DI CLASSE, LA MODA MASCHILE DI QUEST’AUTUNNO-INVERNO

PER I PIÙ GIOVANI E PER CHI AMA IL COMFORT CHE NON RINUNCIA

ALLO STILE PROPONE GRANDE ATTENZIONE ALLA QUALITÀ, RISCOPERTA

DEI COLORI CALDI ED ACCESI E DETTAGLI HI-TECH, MINIMIZZATI DAI

TAGLI CLASSICI DEI CAPI. LA FANNO DA PADRONE CAMICIE AVVITATE,

PANTALONI A GAMBA STRETTA [DA NON PERDERE GLI SPORTY CHIC

JECKERSON], MAGLIE SOTTILI. IL MUST DELLA STAGIONE È LA GIACCA,

CON TAGLIO SPORTIVO, COME SI NOTA NELLE COLLEZIONI DI DIESEL

BLACK GOLD, NUOVA LABEL SBARCATA NEL MONDO DIESEL PER L’UOMO

CHE AMA IL CASUAL-LUXURY; MONTECORE, CHE SEGUE LE TRADIZIONALI

TECNICHE SARTORIALI ITALIANE FUSE CON LA TECNOLOGIA TIPICA DEI

CAPI SPORTIVI, E RAY ROGERS.

TORNA DI MODA LA BORSA DA UOMO SIA PER L’UFFICIO CHE PER IL

TEMPO LIBERO.

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www.afinedaybetweenaddictions.com, Gianluca Vatore

si riconferma designer di spicco nel panorama del web

italiano e internazionale.

Il 2007 e il 2008 sono stati anni di grandi soddisfazioni

per il designer cavese:

primo classificato nella categoria visual design e

vincitore del premio critico della giuria al Premio

Web Italia, Gianluca Vatore continua a sbaragliare la

concorrenza, tanto è vero che ai Mediastars, Premio

Tecnico della Pubblicità svoltosi a Milano lo scorso

maggio, vince il primo premio per la sezione internet.

Recentemente Gianluca Vatore, in collaborazione con

Studio Motive, ha pubblicato il sito del famoso musicista

Uto Ughi.

In attesa dell'uscita del nuovo sito realizzato per la linea

di elettrodomestici di lusso Kenwood Pleasure, siamo

lieti di comunicarvi che www.afinedaybetweenaddictions.

com, è stato pubblicato nell'Annual Young Blood 2007

(Iron editore), annuale dei talenti italiani premiati

nel mondo. “L'annual young blood allinea i nomi di

coloro che hanno vinto i premi oppure hanno ottenuto

riconoscimenti nell'anno indicato”. Raggruppato per aree

di appartenenza quali: arte, architettura, design, moda,

pubblicità, fotografia, grafica, illustrazione, fumetto,

cinema, video, web e management culturale, “l'annual

young blood intende facilitare l'individuazione dei giovani

talenti italiani, nella speranza di suscitare interesse

all'estero e che questa prima edizione possa essere

guardata con interesse dai talent scout internazionali

dei vari settori creativi”.

WEB

EMPORIO

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PER MOLTE PERSONE IL PERSONAL TRAINER è percepito come

un lusso. Quando si pensa a questa figura, giungono

subito alla mente Madonna, Ben Affleck, Sylvester

Stallone, ecc., che corrono con cappellino da baseball,

occhiali da sole e bottiglia di Evian in mano, affiancati

da un aitante giovanotto con cronometro al collo. In

realtà la figura del personal trainer può essere molto più

accessibile di quanto si pensi.

Una cosa è farsi programmare un percorso di

allenamento della durata di molti mesi, impostando mese

dopo mese, ogni seduta per tutto il percorso. Redigere

una dieta da variare di volta in volta, accompagnare il

cliente in OGNI seduta, seguendolo anche a domicilio o

nelle sessioni outdoor; altra cosa è seguire il cliente

per spiegargli accuratamente una scheda di allenamento

personalizzata, insegnargli perfettamente l’esecuzione

degli esercizi e tutti i rudimenti di base per fargli

intraprendere in tutta sicurezza e piena autonomia il suo

viaggio attraverso il mondo della palestra.

Questa seconda strada è sicuramente alla portata di

tutti. Mi sono sempre domandato una cosa: perché

quando si va per la prima volta a sciare, o a giocare a

tennis, la prima cosa che si fa è prendere un maestro

che ti insegni i primi passi? Lo stesso dicasi per il

windsurf, o addirittura per la scuola-guida? Perché

quando si va in una palestra non si fa altrettanto?

Lo so quello che state per dire, in palestra dovrebbero

esserci gli istruttori a disposizione...

Mi permetto di farvi fare una riflessione: immaginate

una palestra in cui ci siano solo 20 clienti in sala.

Immaginate che ci sia un istruttore il quale viene da voi

e vi dedica UN MINUTO. Poi passa al cliente successivo

a fare la stessa cosa. Facile intuire che ripasserà da voi

per il successivo esercizio dopo 20 minuti… (magari!).

Ora ditemi come si fa ad imparare ad allenarsi con decine

di attrezzi ed esercizi diversi, avendo a disposizione un

istruttore per 3 minuti all’ora?

Prendendo un personal trainer solo per le prime 3-4

sedute, avrete una persona a disposizione che saprà

mettervi in condizioni di ottenere il massimo dal vostro

tempo in palestra. Potrete poi proseguire in piena

autonomia il vostro percorso verso la forma fisica.

COLGO L’OCCASIONE PER DARVI LE 10 REGOLE DEL

BENESSERE.

1 Tratta bene il tuo corpo: te ne sarà grato per tutta la

vita.

2 Dedica al tuo corpo e alla tua mente un po’ di tempo

durante la giornata.

3 Il benessere deve essere un tuo diritto, ma anche un

tuo dovere.

4 Fai del movimento: in casa, all’aperto, in palestra,

dove vuoi… ma muoviti!

5 Pensa positivo. L'impegno è lo stesso di quando pensi

negativo,ma i risultati sono migliori.

6 Dieta significa “tenore di vita”; fa' che la tua dieta

sia la più sana e la più piacevole per te.

7 Non è mai troppo tardi per decidere di rimettersi in

forma. Una volta deciso, FALLO!

8 Ascolta sempre i segnali del tuo corpo; è l’unico a

sapere di cosa hai veramente bisogno.

9 Diffida dei metodi semplici e sbrigativi; per rimettersi

in forma, un po' di impegno e qualche rinuncia sono

necessari.

10 Se non sai cosa fare e come farlo, non

improvvisare… prendi un maestro!

Personal trainer: privilegio o necessità?di Matteo GuidaDirettore palestra SuperSportGym di SalernoPersonal trainer

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DONNA

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GIUBBINO MONCLER

JEANS JACOB COHEN

CAMICIA A RIGHE RALPH LAUREN

SCIARPA ETRO

SCARPE SANTONI

LA MODA MASCHILE DI QUEST’AUTUNNO-INVERNO È CUCITA SUI

DESIDERI DI UN UOMO ESIGENTE MA POLIEDRICO, CHE INDOSSA

COMPLETI DALL’ELEGANZA CLASSICA E SARTORIALE CON PIUMINI

TRAPUNTATI E NEL TEMPO LIBERO NON DISDEGNA SOLUZIONI SPORT-

CHIC E TECNOLOGICHE. IL PORPORA, E ANCOR PIÙ IL VIOLA, È LA

NUANCE CHE DÀ CALORE AI RIGORI INVERNALI, PER LE CAMICIE MA

ANCHE PER LE CRAVATTE E LE SCIARPE DALLE FOGGE AVVOLGENTI COME

QUELLE IRRESISTIBILI DI ETRO. IL CACHEMIRE È GARANZIA DI GRAN

CLASSE PER LA MAGLIERIA (INTRAMONTABILE LA BALLANTYNE).

I PANTALONI TENDONO ALLO SLIM PER UN UOMO CHE METTE IN RISALTO

LE GAMBE.

GIUBBINO MASERATIJEANS ETROPULLOVER BALLANTYNESCARPE SANTONI

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Eleganza sartoriale insuperabile per la camicia Isaia e le cravatte Kiton nelle nuances di moda del viola

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da 2 a 16 anni

autunno/inverno > 2008/2009

ARTE > FOTOGRAFIA

capturing CUBANICOLA GUARINI

di Marco Alfano

Scoccapiatto

GIA

DA,

2005 _

PIA

TTO,

MAI

OLI

CA

Ø33CM.

GRANDE SUCCESSO, SABATO 27 SETTEMBRE,

PER LA MOSTRA DEI PIATTI DI GIUSEPPE DI MURO.

LA MOSTRA RESTERÀ ALLESTITA ALL'ECOSTYLE

BRANCACCIO FINO AL 29 NOVEMBRE.

INAUGURAZIONE, SABATO 22 NOVEMBRE08

ORE 20,30, PER LA MOSTRA DELLE FOTOGRAFIE

DI NICOLA GUARINI ALL'ECOSTYLE BRANCACCIO

IN VIA PAPIO, 39 A SALERNO FINO AL

6 GENNAIO09.

SUL MALECÓN, IL LUNGOMARE CHE CINGE LA BAIA DELL’AVANA,

un grande edificio, sede degli Uffici economici degli Stati

Uniti, si affaccia sull’Atlantico. Dietro la ventilata di

bandiere nere, installate dai cubani quale segno d’ultima

e disperata guerra ideologica, s’apre un meditato

“largo” del cielo, l’imponente grandiosità delle nubi,

solcata da splendidi bagliori. È questa l’immagine che

Nicola Guarini ha scelto per presentare questa mostra

che tenta di “catturare” l’anima di Cuba: racconto da

intendersi soprattutto nell’opportunità per il fotografo

di uno spirito creativo, ricordando riflessioni di Ansel

Adams sull’integrità morale necessaria a compiere lo

scatto prima dell’inquadratura. È una Cuba insolita,

in un rigoroso bianco-nero, che non intende cedere

all’oleografia, alla rutilante offerta dei colori caraibici,

accreditata da certe volgarità del viaggio occidentale;

che non ricorre neppure, d’altra parte, alla nostalgica

testimonianza della storia rivoluzionaria dell’isola,

alla retorica evocazione del Che, dell’anziano Fidel. Un

processo di purificazione che ha quale conseguenza

un’immagine scarnificata di Cuba, quasi esangue, cui è

sottesa un’osservazione scavata, nell’uso di carte poco

sensibili; ma questo “scavo” non significa “durezza”,

bensì inclinazione affettiva dello sguardo, struggente

sentimento del tempo, nell’alternanza tra ciò che è

vicino, quasi tangibile, e quel che è ineffabile: luce,

aria nei filari di palme, possibilità di poesia nelle poche

automobili che scorrono sulle strade assolate, le case

dirute e abitate di fianco ai lussuosi alberghi destinati

ai turisti; un’impazienza di accostamenti, anche una

temerarietà, anteriore alla “cattura” dell’immagine nel

mirino dell’obiettivo.

L'HAVANA, AGOSTO 2007.FOTOGRAFIA ANALOGICA STAMPATA SU CARTA VELVET 100% COTONE.

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