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Dorje Shiayvam Atothas AUTOBIOGRAFIA

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Dorje Shiayvam Atothas

AUTOBIOGRAFIA

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“L’uomo non può comprendere nessuna verità eterna fin quando non si è liberato della sua presunzione.La mente umana, denudata fino a rivelarsi una melma secolare, brulica della repellente vita di innumerevoli inganni terreni.Le lotte sui campi di battaglia divengono insignificanti, se comparate a quelle dell’uomo che affronta per la prima volta i suoi nemici interiori.Questi non sono nemici umani, che possono essere sopraffatti da un impressionante spiegamento di forze!Onnipresenti, implacabili persecutori dell’uomo perfino nel sonno, muniti di subdole armi mefitiche, questi soldati dell’ignoranza e della concupiscenza cercano di ucciderci tutti.Stolto è l’uomo che seppellisce i propri ideali, arrendendosi al comune destino. Che cosa può mai sembrare se non un essere impotente, insensibile, ignominioso?”

(Affermazioni di un uomo indù, cit. in Paramahansa Yogananda, Autobiografia di uno yoghi, Astrolabio, 1971)

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Indice

1. L’infanzia e l’adolescenza 52. L’arrivo della Grazia divina e la lenta risalita 443. Il mio primo contatto con Reiki 574. Incontro con un giovane posseduto 775. Le prime apparizioni nel mio studio 796. La fiamma Violetta e il Violet Flame Reiki 927. Il Wesak 958. L’incontro con Kali 1119. In riunione con gli Amici del Piano di sopra 12110. Dentro lo specchio 12611. Istruito dai Maestri di Luce con l’aiuto di persone veggenti 13112. Conclusione 156

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1. L’infanzia, la mia città e il paese delle origini.

I miei occhi fisici si aprirono in questa vita a Milano, nell’anno 1977.Fui l’unico figlio di due modeste persone, di origine contadina, stabilitesi a Milano per lavoro dagli anni ’60 e provenienti da due vicine località, frazioni del comune di Farini (PC), sito sull’appennino piacentino.In quei luoghi, e più precisamente nella chiesa parrocchiale di Groppallo (PC), nell’estate del 1977 fui battezzato.Sul mio braccio sinistro, fin dal momento della nascita, era visibile un piccolo puntino rosso, un piccolissimo angioma a cui i medici non diedero troppa importanza.Tale macchia rossa si ingrandì nei miei primi mesi di vita, venendo ad assumere (pur affiancata da altre macchioline sparse nella direzione del gomito) una forma certamente riconducibile ad un simbolo esoterico: il triskele. Oggi, a seguito di alcuni tentativi di laserterapia – effettuati ai tempi dell’adolescenza, in cui non riuscivo ad accettare tale segno sul braccio – la forma è distinguibile meno chiaramente.Immediatamente dopo la mia nascita, mia madre scelse di abbandonare il suo lavoro per occuparsi personalmente di me durante il giorno, mentre mio padre trascorreva tutta la giornata fuori casa, al lavoro, spesso tornando la sera tardi e talvolta anche trascorrendo le notti fuori casa.Un po’ a causa della difficoltà di creare legami significativi in una grande città in cui si entra come estranei, un po’ a causa dei forti legami con la terra di origine, quasi ogni fine settimana i miei genitori facevano ritorno ai loro rispettivi paesi, molto vicini tra loro. Così continuarono a fare anche dopo la mia nascita.I miei primi ricordi risalgono proprio ai momenti passati sull’autovettura dei tempi, una Fiat 128 rossa, sulla quale avveniva il viaggio da Milano al paese e dal paese a Milano.Iniziai a muovere i miei primi passi il giorno del mio primo compleanno, nella casa del paese e successivamente all’aperto, nell’inizio di quel viaggio nel mondo che è programmato per me in questa vita e che non è ancora terminato.

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All’età di tre anni venni portato all’asilo. Con l’aiuto di mia madre e di altre persone che saltuariamente si occupavano di me, imparai a leggere e a scrivere tra i 4 e i 5 anni ed infine, alla regolare età di sei anni, iniziai a frequentare le scuole elementari.Fin dai primi anni di scuola avvertii sempre in me l'interesse ed il richiamo verso il mistero, l'origine della nostra vita, il perché della sofferenza, avvertendo sempre, in un modo o nell'altro, un forte richiamo verso ciò che potrei definire "cielo".In quell’epoca iniziai a raccontare (così dicono anche quelli che mi hanno conosciuto) di essere convinto di venire dallo spazio. Parlavo del cielo stellato, di grandi distanze, di mezzi di trasporto velocissimi sui quali era possibile raggiungere in pochissimo tempo luoghi (pianeti, stelle, galassie) molto distanti e finanche irraggiungibili all’essere umano.In questi miei discorsi (che immediatamente mi fecero etichettare come “ragazzo strano” dall’insegnante delle scuole elementari nella mia prima pagella) e in alcuni miei disegni fatti a scuola o a casa, mi rappresentavo sempre come parte di un gruppo di esseri simili a neonati in fasce, trasparenti, volanti e fluttuanti nel cosmo. Mentre disegnavo, riferivo sempre che si trattava di vicende molto recenti, appena precedenti la mia nascita. In tale prospettazione, io e questi altri Esseri avevamo onorato l’adempimento del compito assegnatoci, che consisteva – se non proprio in un servizio di “polizia” – in un’attività di vigilanza, mantenimento dell’ordine ed assistenza ai bisognosi.In quanto tali (sempre nella mia prospettazione dell’epoca), noi “esseri dello spazio” eravamo stati sottoposti al controllo (ma anche alla protezione) di "capi" un po' diversi da noi e più potenti, i quali erano sempre riusciti, al bisogno, a fare cose che noi non eravamo stati in grado di fare neppure in gruppo.In un disegno requisitomi dalla maestra delle scuole elementari, ricordo di aver rappresentato il gruppo di esseri al quale ero convinto di appartenere, mentre lo stesso veniva informato e diveniva consapevole del compito di recarsi in missione sulla terra. La spedizione veniva quindi organizzata e preparata.In tale disegno, rappresentavo il nostro congedo dai "capi", nonché il nostro avvicinamento al pianeta Terra visto dall'esterno. Quindi – come in un fumetto – rappresentavo con diverse vignette consequenziali i miei

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genitori, già sposati, i quali intrattenevano una discussione in quella che sarebbe stata la casa in cui sarei cresciuto e in cui tuttora vivo.Nella sequela dei miei disegni, le immagini si susseguivano mostrando me stesso (o meglio, forse, la mia Anima) mentre riuscivo ad introdurmi nel corpo di mia madre entrando dalla sua bocca (particolare, quest’ultimo, sul quale sarei tornato molto tempo dopo, in quanto successivi studi mi rivelarono che effettivamente il cavo orale, in alternativa ad altri centri energetici, può assolvere la funzione di porta di entrata e di uscita per l’anima).Sempre negli anni in cui frequentavo le scuole elementari, ricordo di aver sovente parlato da solo, tra me e me. Ricordo di essere stato fermamente convinto che il mio "Capo" mi accompagnasse, in modo invisibile, e che spesso lo Stesso si trovasse vicino a me per aiutarmi.L’immagine che sorgeva nella mia mente in molti momenti in cui lo pensavo o ne percepivo la presenza, era quella di un semicerchio con braccia e gambe, queste ultime molto corte. Più che un semicerchio poteva trattarsi forse di una semisfera, un vero e proprio corpo semisferico con braccia corte e gambe lunghe quanto le braccia.Il volto non aveva collocazione in una zona anatomica particolare in quanto non vi era la testa: occhi, naso e bocca erano infatti come inseriti nella semisfera, dandomi in ogni caso la sensazione di avere a che fare con un essere buono, dal carattere elastico, comprensivo ed anche molto spiritoso.A questa “figura”, da me chiamata “Gran Capo” – che io sentivo di avere vicino molto spesso e di poter chiamare al bisogno – io parlavo come si può parlare ad un fratello maggiore, ad un collega di lavoro di grado superiore o finanche ad un onesto e comprensivo datore di lavoro (immaginando ovviamente di trovarsi in un ambiente lavorativo laddove regnino rispetto, trasparenza, ascolto, comprensione, compassione, solidarietà; elementi che è piuttosto difficile riscontrare in tali ambienti nel ventunesimo secolo).Difficilmente a quei tempi chiamavo il mio “Capo” per chiedere un aiuto. Molto più spesso lo chiamavo per condividere un pensiero, un’opinione o solo per avere la sua compagnia.

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Sentendomi continuamente dire “non fare lo sciocco” oppure “non c’è nessuno”, verso i dieci anni smisi gradualmente di pensare a questo essere invisibile, tanto che me ne dimenticai per diversi anni.Negli interessi di un bambino italiano degli anni ’80 non poteva ovviamente esservi soltanto lo studio.Infatti, nelle ore di tempo libero che trascorrevo spesso in solitudine e talvolta con qualche amico, il mio tema dominante era e restava lo spazio, la possibilità di volare, la costruzione (anche con appositi kit giocattolo) di astronavi, durante la quale fantasticavo sulla possibilità di riprendere il volo e tornare nel cosmo, ove gli spazi erano più grandi, ove si sentiva il sapore della libertà.Mio padre era un grande appassionato di musica folk ed in particolare della fisarmonica, strumento per il quale nutriva una devozione quasi morbosa.Avendone acquistata una in gioventù ma non essendo stato in grado di imparare a suonarla a dovere, aveva costruito dentro di sé, nei suoi quarant’anni di vita, l’ambizione e al contempo l’aspettativa che un suo figlio potesse diventare ciò che lui non era stato.Di ciò divenimmo presto consapevoli io e mia madre.Infatti, nelle serate dopocena in cui non era rientrato troppo tardi dal lavoro, mio padre estraeva la fisarmonica dall’apposito baule ed iniziava a suonarla, spesso accompagnando il suono con il canto della sua voce. I miei primi ricordi evocano brani eseguiti a pezzi, con interruzioni frequenti, stecche e tante tante ripetizioni.Non nego che molto spesso venivo incuriosito da tutte queste melodie e dal vedere mio padre così esaltato nel suonare e cantare, seduto sul letto matrimoniale della camera da letto con in braccio la sua fisarmonica nera. Così, sera dopo sera, iniziai a fargli compagnia.Una sera, mio padre, accortosi che il suo operato aveva probabilmente destato il mio interesse, mi mise in braccio il suo strumento (che per la mia età di tre anni era manifestamente pesante e sproporzionato in quanto a dimensioni), quasi a voler suggellare il mio legame futuro con la fisarmonica.

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Lo stesso provvide poi ad acquistare per me una fisarmonica giocattolo ed io iniziai (in modo assolutamente personale, da autodidatta) a tirarci fuori note e melodie, spesso inventate da me.Quando raggiunsi l’età di sei anni, una sera mio padre mi portò il suo regalo: una fisarmonica vera, di colore bianco madreperla, di dimensioni adatte alla mia età ed alla mia corporatura dell’epoca.Il mio rapporto con la fisarmonica e con la musica si sviluppò gradualmente, attraverso la guida del primo insegnante a partire dai sette anni di età, poi di altri negli anni a venire, fino a che, attraversando l’esperienza della vittoria di diversi concorsi nazionali ed internazionali (tra cui l’ottavo posto ai Campionati Mondiali del 1999 ad Ourense, in Spagna) riuscii a conseguire il Diploma in Fisarmonica al Conservatorio di Mantova, nell’anno 2002.Tornando all’epoca dell’infanzia, dal momento che la devozione di mio padre per questo strumento raggiungeva livelli morbosi, c’era da aspettarsi che lo stesso cercasse in tutti i modi di farmi esibire al suo paese davanti a parenti, amici e conoscenti, proprio quelle stesse persone che avevano assistito ai suoi scarsi risultati musicali.Così fu. Non appena compratami la fisarmonica bianca, la nostra casa al paese iniziò a riempirsi, ogni sera, di persone interessate ad ascoltare il suono di una fisarmonica, una vera fisarmonica (che in quei luoghi era diventato difficile poter sentire) che un bambino di sei anni cercava di provare a suonare.Probabilmente peccando di troppa compiacenza verso mio padre e le persone del paese incuriosite, mi prestai ad imparare diverse canzoni popolari del luogo e ad eseguirle, spesso contemporaneamente suonando la musica e cantando le parole, in italiano e talvolta in dialetto.Ci volle pochissimo tempo perché si diffondesse la voce, tra le frazioni di quel comune, che c’era un nuovo “suonatore” (un “sunadù” come loro lo chiamavano e lo chiamano) e ci volle poco perché in qualunque luogo mi trovassi ad andare nei momenti di ritrovo, mi venisse chiesto di esibirmi con la fisarmonica che puntualmente mio padre inseriva nel baule della macchina senza nemmeno interpellarmi.Ricordo di aver suonato e cantato in diverse occasioni all’età di sei, sette e otto anni, e di aver visto più di una volta qualche persona anziana di quei posti, con tanto di cappello in testa, avvicinarsi per porgermi o posare

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davanti a me una vecchia banconota da mille lire (oggi assimilabile a 50 centesimi di Euro).Mia madre disapprovava la piega che questa mia attività stava prendendo, e faceva questo (secondo quanto tuttora ritengo) a ragione. Io non ero ancora in grado di rendermi conto che queste esibizioni e il compiacimento delle aspettative di mio padre mi avrebbero appiccicato addosso un’etichetta che mi avrebbe creato diversi problemi e che ancora oggi condiziona il mio modo di pormi e di comportarmi quando torno in quei luoghi.Ero il “sunadù” ai tempi, sono il “sunadù” oggi. Per quanto possa apparire assurdo ad oltre trent’anni di distanza, per le persone del posto, è ancora così.In quello stesso periodo d’infanzia, in cui frequentavo le scuole elementari, mia madre, attirata dagli interessi della madre di un compagno di classe, aveva iniziato a comprare una nota rivista mensile di astrologia e materie affini. Io, che in quegli anni perfezionavo la mia capacità di lettura, durante alcuni pomeriggi mi divertivo a sfogliare questa rivista.Un giorno la mia attenzione cadde su una rubrica in cui una nota studiosa esperta di paranormale, Paola Giovetti, rispondeva alle domande che i lettori della rivista le inviavano.Una lettrice raccontava all’esperta di avvertire un forte calore alle mani, e che a causa di queste mani calde, la stessa, una notte, avrebbe addirittura bruciato un cuscino. L’esperta riteneva che questa signora fosse predisposta alla possibilità di guarire con le proprie mani e, nella sua risposta, la invitava a conoscere e ad apprendere la pratica della pranoterapia.Una di quelle sere, tra tutte le mie fantasticherie infantili, mi misi a ripensare a quel carteggio tra l’esperta e la signora con il dono dell’energia nelle mani, e mi chiesi, tra me e me: "Perché quella signora ha questo dono e io non ce l'ho? Che bello sarebbe se anche le mie mani potessero emanare energia e aiutare gli altri. Ma forse devo rassegnarmi, a me non tocca.....".Pensai queste cose mentre mi adagiavo nel mio letto, poco prima di spegnere la luce.

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Improvvisamente la mia mano destra iniziò a scaldarsi. Dapprima divenne tiepida, poi caldissima, al punto da farmi avvertire una sensazione di bruciore.Era un bruciore non doloroso e neppure così fastidioso, ma senz’ombra di dubbio di un’intensità che potrei definire “forte”. Fu un momento di intensa gioia per me il ricordare immediatamente il riferimento al mio desiderio poc’anzi espresso e il constatare che qualcosa del genere sembrava avvenire anche dentro di me. Per nulla spaventato, spensi la luce e mi addormentai con la mano sempre caldissima.Per la fortuna e la serenità dei miei genitori, il cuscino non si bruciò e al mattino mi svegliai avvertendo la temperatura della mia mano assolutamente normale.Avrei desiderato riprendere questa esperienza soltanto vent'anni dopo, attraverso l'iniziazione al Reiki.Nel frattempo si concluse il ciclo delle scuole elementari, durante il quale avevo seguito con cadenza settimanale le lezioni private di fisarmonica presso il mio insegnante e già avevo vinto un concorso internazionale di musica.Mi chiedevo sempre (e ancora oggi mi chiedo) come mai in campo musicale si organizzassero delle competizioni tra persone e in particolar modo tra bambini e ragazzini, i quali, avendo studiato musica, avrebbero semplicemente dovuto essere se stessi e fare del loro meglio per manifestare il divino (con l’aiuto della formazione acquisita) attraverso i suoni, allo scopo di portare all’altro (l’ascoltatore) qualcosa che potesse essere chiave di un’estasi, di una beatitudine, di un’esperienza mistica, o anche soltanto qualche ora di allegria e di serenità. A quale scopo, quindi, misurare (secondo questo o quel criterio razionale arbitrariamente scelto) la performance di ciascuno con un punteggio numerico, costringendo i candidati ad agitarsi e a suonare di fronte ad una commissione di persone elegantemente vestite con una biro in mano, e di esporre i risultati su un tabellone, in modo che i genitori degli interessati vincitori potessero dire “Mio figlio ha vinto ed è stato il più bravo” in un campo così fuori dal razionale come la musica, che è arte?Ancor di più cercavo un senso all’esistenza di tali competizioni allorché mi rendevo conto che – al di là di un trofeo e di un attestato, qualche volta accompagnati da una modesta somma di denaro – non vi era alcun tipo di

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ulteriore ricompensa ai vincitori. Non si concorreva per un posto di insegnante (procedura che avrebbe almeno cercato di garantire la competenza di una persona responsabile dell’istruzione di altri), non si concorreva per un posto in una prestigiosa orchestra (nella quale poteva avere un senso selezionare il candidato ritenuto più adatto). Si concorreva e basta, tanto per farlo, tanto per confrontarsi e poter determinare chi fra tanti, in base al giudizio di una giuria, fosse “il migliore” per avere ottenuto più punti.Ma così avveniva, così ancora avviene nelle dinamiche dell’essere umano, e quando questo accade, anche i piccoli artisti interessati vengono a trovarsi letteralmente circondati ed immersi in questo modo di pensare: il confronto reciproco e l’ambizione ad essere il migliore; l’idea di un vincitore e di un perdente. Il desiderio di mantenere la “posizione” per chi detiene il titolo, ed il desiderio di rivincita per il perdente. In tale fase si generano le aspettative ed un vero e proprio schema di lettura e di interpretazione della vita che condizionerà tutto il futuro della persona.Dinamiche pericolosissime, soprattutto se il contorno di queste esperienze è una cultura in cui predominano la critica, la lamentela o il vittimismo. In tal caso, il vincitore considera tutti gli altri suoi simili come esseri di nessun valore, mentre il perdente, nello stesso momento in cui alimenta sempre più i fuochi del proprio desiderio di rivincita o comunque di affermazione, sfoga il disagio della frustrazione delle proprie aspettative giudicando gli altri, ritenendo che le giurie non siano imparziali, che i vincitori abbiano avuto conoscenze altolocate e “ganci” nelle giurie; che, quindi, non esista giustizia.Me ne accorsi molti anni dopo, ripensando ad una mia personale esperienza verificatasi durante un concorso a cui partecipai in Lombardia all’età di nove o dieci anni. L’organizzazione aveva spostato la sede all’improvviso, senza avvisare. Io ed i miei genitori avevamo dovuto camminare diverse centinaia di metri a piedi, passandoci a turno il pesante baule della fisarmonica, mentre l’aria era fredda ed ogni tanto cadevano gocce di pioggia. All’arrivo, notammo che gli altri candidati (alcuni dei quali residenti nei pressi) erano già lì, e da una rapida indagine comprendemmo che erano stati informati per tempo del cambiamento e si erano recati direttamente lì, a differenza nostra. Le mie mani si erano irrigidite, comunque tutta la vicenda mi aveva stancato fisicamente e

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stressato psicologicamente. Alla prova feci alcuni piccoli errori e così in quel concorso arrivai quarto.Non accettai il punteggio, e senza nemmeno rendermene conto mi misi a piangere. Una parte di me (che fino all’età di sei anni non avevo mai avvertito, che ancora non avevo e che si era formata proprio partecipando a queste competizioni) si era costruita l’aspettativa di vincere sempre, e non accettava nel modo più assoluto che io dovessi tornare a casa senza il trofeo, senza salire anche quella volta sul palco della premiazione, senza che gli altri bambini guardassero all’insù per riconoscere che ero il migliore. Ricordo che me ne uscii passando per la sala delle audizioni, in cui la giuria stava ascoltando altri concorrenti più grandi, ed urlai ai giudici: “Buffoni!” per poi uscire sbattendo la porta e riprendendo a piangere.Nemmeno io capivo perché mi sentissi così, ma vivevo l’evidenza di quel che ero diventato in soli due anni. Senza essermene accorto.Dal momento in cui tali dinamiche impregnano un bambino, con il pieno appoggio della famiglia (che le ha non solo consentite ma provocate), ecco che la società ha forgiato un nuovo piccolo essere imprigionato nell’illusione, il quale (sia esso anche un bambino indaco, un cristallo, un arcobaleno o l’incarnazione di un Elohim) potrebbe veder compromessa tutta la sua attuale incarnazione. A meno che dall’alto qualcosa si muova, come sarebbe accaduto nel mio caso, molto tempo dopo.Terminate le scuole elementari, iniziai a frequentare le scuole medie. Quel periodo, visto con gli occhi di oggi, fu per me abbastanza traumatico.Furono gli anni in cui mi dimenticai quasi improvvisamente sia del mio rapporto con il “Gran Capo” invisibile, sia dell’esperienza del calore alla mano in precedenza provata.Se già alle scuole elementari ero piuttosto solitario, cercavo la compagnia di solamente tre persone che ritenevo a me affini e mi tenevo distante da tutti gli altri compagni, i quali mostravano spavalderia, arroganza, e un’evidente iperattività (tanto che giocavano a calcio in classe durante l’intervallo costruendo un pallone di carta), alle scuole medie mi ritrovai improvvisamente inserito in una classe in cui vi erano ragazzi che non conoscevo (ad eccezione, forse, di due o tre), alcuni dei quali mostravano inequivocabilmente la loro predisposizione a trascorrere i loro pomeriggi sulle strade piuttosto che a studiare.

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Mi trovai improvvisamente immerso in un ambiente in cui sia nella mia classe, sia in tutto l’istituto (in cui ovviamente vedevo ragazzi e ragazze più grandi) si respirava un “odore” diverso: l’aspirazione all’indipendenza, l’emergere della propria personalità ma, soprattutto, l’idea che l’autorealizzazione dell’individuo preadolescente passasse inevitabilmente attraverso una sola strada: la costruzione di relazioni con il sesso opposto, di legami affettivi, per quanto passeggeri e temporanei, nei quali non poteva assolutamente mancare il sesso.Il “primo bacio”, la “prima volta”.E l’aspirazione, in tutto questo, ad apparire come degli Dei.Fortunatamente non mi trovai in un contesto di bullismo simile a quello di cui ho poi parlare nei notiziari ed anche da miei allievi o da quei miei coetanei che si sono sposati ed hanno raccontato l’esperienza dei loro figli.Tralasciando l’importanza delle nozioni apprese durante le lezioni e lo studio in quei tre anni, potrei affermare con sicurezza che ciò che la mia memoria registrò di quel periodo, fu proprio l’aspetto della vita come sensualità e sessualità, che non vissi ma che fui costretto ad osservare e ad assorbire.Avevo attorno a me persone di undici anni, la stessa età dei compagni di quinta elementare che avevo salutato prima delle ferie estive. Tre o quattro di loro erano nella stessa mia classe. Eppure, in questa trasformazione generale, anche loro sembravano cambiati.Assistevo a questa loro “trasformazione”, quasi che il loro attuale modo di comportarsi e di esprimersi fosse un “programma”, un software che fino alla quinta elementare era rimasto inutilizzato e che in quel momento, complice il cambio di scuole, di conoscenze e di contesto, veniva eseguito.Preadolescenti alle loro prime armi con la vita, eppure così già ben addentro, inebriati dall’unico scopo di “vendersi” bene alla persona che piaceva loro in quel momento, se non addirittura con il sogno di poter raggiungere l’idolo della classe o dell’istituto. Idolo che, solitamente, era un ragazzo che – oltre a determinati requisiti fisici – assumeva un contegno smaliziato, proprio di chi si lascia desiderare e non ha bisogno né necessità di chiedere alcunché; il contegno che potrebbe definirsi (per quanto il termine possa essere volgare) dello “stronzo”, diametralmente opposto a quello della persona umile e buona. Questa miscela di fattori faceva (e fa tuttora) impazzire le menti ed il Sé inferiore delle ragazzine e

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anche delle donne mature, per quanto una parte di esse non voglia ammetterlo. Del resto, se accade questo, vi è una ragione ben precisa, di carattere spirituale. Ma questa è un’altra storia e sarà raccontata in altra sede.Basti gettare un piccolo seme in quest’occasione: rendersi conto che, anche in età matura, vi è la tendenza ad infatuarsi e spesso ad innamorarsi di persone con determinati requisiti caratteriali non propriamente improntati a correttezza, disponibilità e fedeltà, ci rende consapevoli del fatto che una parte di noi, resta sempre bambina. Il fatto di accorgersene e di ammetterlo dovrebbe essere per tutti una scoperta meravigliosa: l’invecchiamento è solo della carne.Quel programma software con i relativi schemi comportamentali, io non l’avevo e non potevo eseguirlo nella mia mente. Evidentemente non mi era stato installato, o io stesso avevo deciso di farne a meno prima di manifestare questa incarnazione. Potevo provare a costruirmelo prendendo esempio dagli altri, certo, ma non era una cosa facile. Occorreva tempo, tanto tempo, e mi sentivo svantaggiato. Per quanto, osservando, iniziassi a capire meglio le dinamiche ed i motivi profondi di determinati comportamenti, e per quanto io, in fondo, desiderassi fare un tuffo in questo nuovo tipo di esperienze – che esercitavano su di me tutta la loro attrazione – non ne fui capace.Ero attratto da molte mie compagne di classe, con alcune delle quali conversavo abitualmente (anche se l’argomento principale era la lezione). Le guardavo, restavo attratto, avrei voluto entrare con loro in un rapporto diverso, sperimentare la relazione anzitutto attraverso quella modalità che era il contatto con il loro corpo fisico, al cui solo pensiero sentivo esplodere dentro di me delle energie potentissime, come un’enorme carica nel polo positivo di un cavo in tensione, destinato a tendere, a scaricarsi e ad estinguersi, per una Legge scientifica, attraverso l’unione con il corrispondente polo negativo.Non c’era niente da fare. Avevo notato che nel momento in cui mi lasciavo andare nel mostrare di essere attratto da loro (anche solo con uno sguardo più prolungato o senza mimetizzare l’espressione del volto), generavo imbarazzo e repulsione, tanto che mi veniva chiesto “Ma perché mi stai guardando così? Stai bene?” ed ottenevo l’effetto contrario di

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quello che avrei voluto raggiungere: allontanamento e mormorii tra compagne.Tornavo a guardare i miei compagni, che vedevo come dei “maestri” nell’arte del “vendersi” e della seduzione.Ma – mi dicevo – come potevano i miei compagni aver imparato così bene come saper “prendere” l’altra persona, come fare battutine più o meno allusive e anche come lasciarsi andare in comportamenti di corteggiamento più o meno mascherato, fino ad arrivare al primo bacio e poi ad altri tipi di esperienza, se anch’essi avevano soltanto undici anni?I tempi non erano maturi perché potessi anche solo tentare di darmi una risposta.Più che un vero e proprio tuffo nella vita, nel mio caso questa esperienza fu un assaggio, una vista panoramica da aeroplano, dal quale non sarei mai sceso, dapprima perché non volevo scendere, e successivamente perché l’aereo non mi consentì più di scendere, passando oltre quelle terre e proseguendo il suo viaggio sino ad oggi.Mi sentivo spaesato, colpito violentemente dal percepire certe “energie” in un contesto che mi sembrava essere un altro pianeta, e per giunta attratto, come letteralmente “infiammato” per la prima volta dalle mie compagne di classe, allo stesso modo in cui, da esse, erano attratti i miei compagni, coloro di cui le stesse si infatuavano e parlavano così spesso curando di non essere ascoltate. E mi soffermavo sui miei compagni e sui ragazzi pi grandi delle altre classi, che in questo ambito sembravano essere gli “eletti” e i “prescelti”, e che avrei anche accettato di toccare con un dito allo specifico scopo di attingere un po’ della loro fortuna (oggi direi del loro karma e anche, magari, del loro bagaglio esperienziale che avrei potuto attingere dai loro registri akashici relativi alle vite precedenti) per ambire alle esperienze alle quali avevano la possibilità di accedere.Qualcuno era stato portato a pensare che io fossi omosessuale ed aveva anche provato a trasformare questa sua battuta in uno scherno. Per motivi che ancora oggi non comprendo, questo tentativo si spense da sé, come se le anime di questi compagni sapessero che la situazione reale era diversa da come poteva apparire.Bastarono, peraltro, pochi mesi perché io potessi accorgermi che quel mondo in cui ero entrato, mostrava anche l’altra sua faccia. Dietro le grandi speranze, le sicurezze ostentate e le storielle brevi spesso con

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l’escalation del bacio e del rapporto sessuale, stava la sofferenza (solitamente della ragazza ma non in tutti i casi) per la fine della storia, spesso causata dall’abbandono improvviso di uno dei due, a fronte delle ingenue aspettative di amore eterno dell’altra persona.Discussioni animate tra i due piccoli membri della coppia o tra la persona abbandonata e le sue amiche, liti spesso furiose (anche tra ragazze, per motivi di gelosia) e talvolta scene di pianto, avvenute davanti ai miei occhi, erano gli episodi che mi insegnavano – probabilmente per la prima volta – come funzionavano le relazioni tra le persone che costituivano i germogli della società occidentale contemporanea.Tutto questo portava diverse mie compagne di classe a soffrire per diverse settimane, con inevitabili ripercussioni sull’andamento scolastico e di riflesso nelle rispettive famiglie. In alcuni casi, effettivamente, rimasi colpito per la durezza con cui alcuni “idoli” di gruppo, poterono interrompere il legame con alcune ragazzine per andare, senza alcun rimorso, in cerca di altri lidi, incuranti del disastro psicologico che avevano contribuito a causare.Oggi ho piena consapevolezza del fatto che ognuna di tali azioni, provocando la sofferenza di un altro essere senziente, è produttiva di semi karmici negativi. A quel tempo non lo sapevo, così come non lo sapevano sicuramente i miei compagni coetanei che avevano la possibilità (forse anche la fortuna, o la sfortuna, è una questione di punti di vista) di vivere queste esperienze..Qualcosa mi bloccava dall’entrare in questo vortice e dal crearmi altro karma di questo tipo.Il vedere l’idolo della classe, durante una gita fuori città, sbattere letteralmente sul letto la compagna che al momento mi piaceva di più, con il totale consenso di lei, il sentirmi dire “Caro Alessandro, adesso x è la mia ragazza” e contemporaneamente essere costretto ad assistere, nella stanza in cui dormivo anche io, alle loro effusioni amorose, mentre una parte di me desiderava questa ragazza e piangeva interiormente per assistere impotente alla scena, fu una delle primissime e dure lezioni che si sarebbero susseguite in modo inesorabile nella mia vita.Vivendo, assistendo e subendo frequenti umiliazioni da compagni prepotenti o anche da compagne e conoscenti coetanee, che mi respingevano puntualmente al primo tentativo di approccio, io rilasciavo il

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mio karma senza produrne altro. Estinguevo le (ingenti) scorie rimaste. La mia Anima evidentemente, da parte sua, desiderava questo.Soltanto recentemente, durante una canalizzazione avvenuta grazie al contributo di un allievo che oggi è un caro amico di grande levatura spirituale e con doti medianiche, le Intelligenze dei piani alti mi avrebbero spiegato le ragioni ed il senso di tutto questo.Ancora un episodio scolastico merita di essere ricordato in questi tempi.Durante il primo anno si tenne una festa in un salone della scuola, in cui ogni classe, in postazioni distinte, organizzava una sorta di rinfresco con bibite, patatine, focacce e salatini portati dai ragazzi. Io che (come ora) amavo camminare e mi annoiavo a stare fermo, girovagavo tra i vari tavoli. Ad un certo punto, mentre giungevo nei pressi di un tavolino allestito da una classe diversa dalla mia, tre ragazzine - le quali probabilmente avevano pensato che volessi nutrirmi al loro tavolo - mi dissero "Via, via di qui!", come a voler farmi capire che le bevande e le patatine sul tavolo erano riservate ai loro compagni di classe e non a me. Probabilmente era una frase che avevano già detto a tutte le persone "estranee" che passavano di lì; probabilmente era una frase di routine, detta senza nemmeno pensarci, con aria più scherzosa che offensiva. In ogni caso questo mi venne detto e io – che peraltro non avevo nessuna intenzione di mangiare – mi voltai con indifferenza, senza rispondere e proseguendo la mia strada.Due secondi dopo però, ciò che udii mi spinse a voltarmi. Una delle tre ragazzine, quella che aveva parlato con maggiore arroganza, improvvisamente aveva cambiato colore, sembrava avere perso il senno, si lamentava ad alta voce, piangendo, e mi fissava. Le due compagne non comprendevano il motivo di tanto coinvolgimento emotivo e, costrette a reggerla in piedi, le chiedevano cosa avesse. Lei rispose: "Ma non lo vedete? Non lo vedete? Povero Cristo! No, no, no, mi fa star male! Chiamatelo!"Immediatamente, stupite dell'accaduto ed intenzionate ad aiutare la loro amica, dopo avermi osservato ammutolite, si decisero a farmi cenno di venire, quasi chiedendomelo per favore. Quindi, la ragazza in preda alla crisi riprese la parola, sempre rossa in volto, chiedendomi espressamente (come se quasi stessi io facendo un favore a lei) di mangiare e di bere. Sebbene - come già detto - non ne avessi avuto voglia, accondiscesi ad

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assaggiare qualcosa, perché avevo avuto l’intuizione che mi trovavo in un momento sacro. In quell’attimo, infatti, compresi in qualche modo che era accaduto qualcosa di importante nella crescita di questa persona.Nel momento in cui la sua crisi era iniziata - tra l'altro in modo così improvviso, quasi come a voler ribaltare i sentimenti appena prima ostentati - sembrava quasi che qualcuno o qualcosa fosse intervenuto ad aprire gli occhi di questa persona, ovvero a renderla più consapevole, affinché, comprendendo le conseguenze delle sue azioni sul suo prossimo, nonché vivendo direttamente l’esperienza dell’empatia della sofferenza, comprendesse che volontà divina è fare al prossimo unicamente ciò che nelle stesse condizioni si vorrebbe fatto a se’; affinché sviluppasse la consapevolezza che ad ogni anima risvegliata impone di non fare preferenze in base a criteri di amicizie, di bellezza, di successo, bensì di rapportarsi ad ogni essere umano considerando la piena dignità di ognuno.Ai tempi, io ero un undicenne un po' imbranato, impacciato e abbastanza ignorante e non possedevo nella mia mente tali concetti; nonostante tutto, però, ebbi una comprensione dell’episodio, che non dimenticai mai e che mi portò sempre a pensare che in quel momento, qualcuno o qualcosa fosse intervenuto al mio fianco, non tanto per difendere me (non essendovi alcuna necessità che io fossi difeso), bensì per agire, mio tramite, su un'altra persona.I tempi delle scuole medie, come sopra detto e come testimoniato da questo episodio, mi rivelavano giorno dopo giorno la mia “diversità” dalla maggioranza dei miei simili, che mi creava un senso di angoscia e di tristezza sottile a causa delle maggiori difficoltà che incontravo nel creare legami affettivi che andassero oltre i semplici rapporti “imposti” da un contesto scolastico, sportivo o musicale.Tuttavia, in seconda media, mentre continuavo a cercare di assimilare le esperienze a cui assistevo, nella mia vita entrò una variante.In maniera quasi improvvisa e contemporaneamente, in punta di piedi, nell’arco di qualche settimana una compagna di classe mi si avvicinò, cercando di entrare nella mia vita ed aprendomi la possibilità di vivere a mia volta quanto osservavo (con un misto di timore e grande nostalgia) avvenire tra gli altri.

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Emanava una tale energia caratteriale, una tale audacia e un’assoluta mancanza di scrupoli, che le consentiva di avvicinarsi anche ad una persona come me.Iniziò con il rivolgermi decine (se non centinaia) di sorrisi, prendendosi da sé tutta la confidenza di cui aveva bisogno, mettendosi spesso ad accarezzarmi i capelli e a farmi effusioni scherzose di ogni genere tanto da attirare l’attenzione della classe che mi chiedeva se mi fossi messo a fare come loro.In quel momento qualcosa dentro di me era così irrigidito che la sua vicinanza non fece altro che portarmi ansia e preoccupazione. Il risultato fu che non le rispondevo nemmeno, limitandomi a fare espressioni di tolleranza con il volto e così feci per mesi.Per anni, durante il liceo e l’università, avrei voluto fustigarmi per il mio comportamento di cui non ho saputo dare una spiegazione. Avrei voluto flagellare quella parte di me che al tempo mi fermò. Ma così andarono le cose.Fu probabilmente questo atteggiamento (che una parte di me mi imponeva, mentre l’altra avrebbe voluto abbattere per provare a “giocarsi” in una possibile esperienza) che la costrinse ad allontanarsi piano piano, probabilmente rassegnata al fatto che con me non c’era nulla da fare.In terza media, quando ormai avevo iniziato a comprendere un po’ meglio le leggi del contesto in cui mi trovavo, ebbi modo di rivederla (era passata ad altra classe) e l’impatto emotivo che ebbi da quell’incontro mi generò un’improvvisa attrazione fisica, un interesse più profondo verso la persona e diversi rimpianti sul mio pregresso atteggiamento: se ne avessi avuto ancora l’occasione, in quel momento avrei immediatamente acconsentito alla relazione che l’anno precedente le avevo rifiutato.Ma le cose erano cambiate, in quel momento accanto a lei stava un ragazzo più grande, a breve avremmo comunque terminato il ciclo delle scuole medie senza più avere occasioni di incontrarci lì, con la conseguenza che quell’opportunità di esperienza affettiva, per me, svanì.Non ve ne furono più altre.In quegli stessi anni, per quanto il clima delle scuole medie mi fece dimenticare molte delle esperienze avute nell’infanzia, non rinunciai a dare

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energia a quella parte di me che rivelava un indubbio interesse all’esoterismo.All’età di undici anni ordinai per corrispondenza – sempre tramite quelle riviste che mia mamma aveva comperato per un certo periodo – alcuni testi di magia.Uno in particolare si rivelò fondamentale per impostare la mia autoformazione futura: si intitolava “I Segreti della Magia Bianca” di John e Katy Fair.In maniera molto semplice, il testo esponeva tutte le tematiche con cui un operatore esoterico deve confrontarsi: dall’energia e al suo uso attraverso l’evocazione dei colori (qualcuno parla di pranacolore), alla struttura energetica dell’uomo attraverso aura e chakra, alla costruzione e all’utilizzo di pensieri forma per ogni finalità, all’apprendimento di tecniche per comunicare con entità disincarnate, e altro ancora.Fu quindi ad undici anni (attorno al 1988) che questi concetti attraversarono per la prima volta la mia mente (o meglio, la ri-attraversarono in questa vita).In una delle mie passeggiate nel centro in cerca dei testi scolastici, mi imbattei in una libreria con accesso libero. Ivi fui catturato quasi istantaneamente da due testi: “Il doppio libro del Comando” di Cornelio Agrippa e “Il Libro Infernale”, una raccolta di antichi testi esoterici tra i quali il Libro di San Cipriano e il Libro di Salomone.Attraverso queste letture ebbi modo di approfondire le tematiche esposte nell’altro testo, ma anche di iniziare ad approfondire i temi della magia nelle sue forme rossa e nera, dell’invocazione di angeli e demoni a seconda delle finalità che l’operatore si propone, della possibilità di stipulare veri e propri “patti” di cui potevo leggere testi ed esempi, delle istruzioni per mettere in opera veri e propri esorcismi.Le mie letture si completavano con lo studio della lettura della mano, nelle cui linee viene sostanzialmente stampato il progetto karmico ed evolutivo della attuale vita di ogni persona.I bollori preadolescenziali non sfogati della seconda media e i rimpianti affettivi sorti durante la terza, fecero diminuire grandemente il tempo dedicato alla lettura di questi testi, ma non spensero il mio interesse verso la materia.

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In seconda media, riuscii a convincere i miei genitori a farmi guardare il film “L’esorcista 2”, di cui avevo sentito parlare. Nutrivo un interesse innato per queste materie e ricordavo di avere già visto (in compagnia dei miei) il film “L’esorcista” senza problemi di nessun genere.Quella volta però fu diverso. L’osservare la scena in cui la ragazza posseduta e la psicologa si collegarono l’una all’altra in stato di ipnosi attraverso un macchinario e la visione dell’apparizione del demone che stringeva ed estraeva il cuore della psichiatra, che iniziava a venire meno e a perdere i sensi, accese dentro di me qualcosa che non era pronto a risvegliarsi. Forse, la consapevolezza (che già la mia Anima aveva) che queste cose, sul piano eterico, possono realmente avvenire.Pochi minuti dopo dovetti spegnere il televisore: avevo un peso incredibile sullo sterno. Mia madre, che guardava il film con me, mi chiese come mai volessi interromperlo, dato che a lei la vista di quella scena non aveva portato alcuna conseguenza.Al peso sul cuore si era aggiunta una tachicardia che sarebbe perdurata ininterrottamente per quattro mesi e che avrebbe lasciato in me un’impronta di ansia, turbamento ed agitazione. Elementi tutti già presenti in me e semplicemente risvegliati, che si sarebbero nuovamente assopiti sotto la cenere, per risvegliarsi, in modalità ancora più violente, molto tempo dopo.Un’unica notazione sento di dover fare a riguardo dei film intitolati “L’esorcista”.E’ noto che sono stati tratti da una storia vera, alla quale si sono poi ispirati altri film.Il film indica quale responsabile delle possessioni il demone assiro Pazuzu, di cui si vede una statua nel primo film e di cui si riparla nel secondo.Con l’esperienza e le conoscenze di oggi, mi permetto di osservare come tale riferimento sia da considerare piuttosto fuori luogo.Tale entità, per quanto descritta in una citazione come spirito “malvagio”, è stata oggetto di diverse qualificazioni, e non si deve scordare che esistevano degli amuleti con la sua raffigurazione che potevano essere portati al collo.Pazuzu, nella mitologia babilonese, risulta essere il Signore degli Spiriti dell’Aria (intesa non soltanto come gas, ma come uno degli elementi le cui

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forze manifestano non soltanto tutto il mondo visibile, ma anche i mondi più sottili).In quanto tale, senza più ricordarmene e senza più aver presente il film, lo avrei reincontrato molto più avanti, allorché avrebbe unito il suo operato alle Forze operanti nel metodo Amethyst Reiki.

* * *Vennero i tempi del liceo, in cui vissi un periodo di relativa tranquillità.Mi sentivo sempre diverso dai più, sia caratterialmente, che socialmente: ora la maggior parte dei miei compagni vantava precedenti storie affettive e nel contesto di età di una scuola superiore, determinati argomenti venivano già trattati alla maniera delle persone più grandi: l’affettività non era più un gioco da fare in mezzo a tutti e a carte scoperte, quantomeno non sempre; bensì qualcosa di più intimo, in cui si pretendeva più serietà, in quanto l’esperienza aveva creato un inizio di maturità.Come poteva inserirsi in questo “giro” un ragazzo che doveva ancora iniziare a muovere i primi passi?Infatti il ragazzo non si inserì.Ricordo che l’unico avvicinamento femminile di quegli anni avvenne all’epoca della prima superiore, quando una ragazza – con contegno tutt’altro che da persona attratta, ma semmai pieno di pietà – mi venne a chiedere perché sorridessi così poco, perché sembrassi vivere in un mondo tutto mio, perché non mostrassi attenzione alle ragazze e nemmeno ai ragazzi (tale circostanza le impediva di catalogarmi come omosessuale, infatti, e l’impossibilità di incasellare qualcuno in uno schema ben definito crea disagio e spesso una sensazione di impotenza).Avrei voluto risponderle che mi sarebbe stato sufficiente qualche minuto in privato con lei, per mostrarle la mia capacità di abbandono, ma era chiaro ed evidente, che una tale persona si era avvicinata soltanto per soddisfare la sua curiosità ed eventualmente provare a darmi un “aiuto” ad apparire più aperto, ma non con lei.Dal punto di vista scolastico, il tutto procedeva discretamente. La pratica musicale, gli esercizi che dovevo svolgere su prescrizione del mio insegnante di fisarmonica, la mia passione per la registrazione in casa e il tempo che riservavo alla lettura dei miei testi esoterici, sottraevano

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inevitabilmente tempo alle ore che avrei dovuto dedicare ai compiti, tanto che abitualmente iniziavo a mettermi al tavolo alle 16,30 e spesso pretendevo di aver terminato due ore dopo.Il risultato fu comunque apprezzabile per quanto non riuscissi ad avvicinarmi ai primi della classe (come mia madre avrebbe desiderato). Il mio voto più frequente era il sette.A quindici anni mi accadde un fatto che non avrei più dimenticato.E’ opportuno premettere che fin dall'età di tre anni avevo iniziato a portare gli occhiali. Prima di metterli, infatti, ero soggetto a diversi sbandamenti e cadute, ed era evidente un certo strabismo. Non ricordo bene il nome del mio difetto, ma è certo che era stato detto che avrei dovuto portare gli occhiali a vita.E', del resto, il destino di molte persone. Soltanto che, a partire dalle scuole elementari, avevo iniziato a rifiutare questa mia "condizione" e a vederla come un handicap, in quanto ogni volta che facevo a botte con qualcuno (qualche volta accadeva, sempre comunque unicamente per difesa), gli occhiali volavano per terra e si sfregiavano. Siccome l’efficienza fisica e l’imbattibilità erano i parametri per calcolare il “valore” della persona, molti compagni avevano iniziato a chiamarmi "occhialone" e mi minacciavano (anche solo per scherzo) di rompermi gli occhiali.La situazione, indubbiamente pesante da sostenersi, tracollò allorché una domenica pomeriggio, partecipando ad un gioco organizzato nel mio oratorio, un urto involontario da parte di un coetaneo in fila davanti a me aveva fatto sì che la mia montatura di metallo mi causasse un brutto taglio sotto l’occhio destro, che lasciò quale postumo una cicatrice che purtroppo è visibile ancora oggi.Tante volte, meditando in solitudine, mi chiedevo perché dovessi portare questo "peso" e desideravo buttar via i miei occhiali.Così, un pomeriggio dei tempi del primo biennio di liceo scientifico, mi trovavo a studiare solo, disteso sul letto con un libro aperto sotto il mio sguardo. Non avendone molta voglia, cercai di distrarmi con qualcosa che avessi sottomano e finii con l’afferrare una lente di ingrandimento. Iniziai a pensare al suo principio di funzionamento, che non ero in grado di comprendere. Dapprima provai ad ingrandire gli oggetti, poi mi venne d'istinto provare a guardare cose lontane attraverso la lente. Mi tolsi gli occhiali e – come in un rito del tutto inventato e improvvisato – sempre

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d'istinto e senza pensarci, per circa tre volte mi passai la lente davanti ad ogni occhio, da sinistra a destra. Quindi, accorgendomi di aver perso tempo e ricordando la possibilità di essere interrogato il giorno dopo, riposi la lente, intenzionato a riprendere lo studio.Prima di riprendere la lettura, diedi una rapida occhiata alla finestra verso le case circostanti, che vidi bene, con nitidezza, e poi mi rimisi gli occhiali, intenzionato a continuare a studiare.Fu solo in quel momento che mi accorsi che le stesse case all'orizzonte, che vedevo bene senza occhiali, diventarono sfocate appena li indossai.Non mi ero mai accorto di un tale problema prima di quel momento. Avevo sempre portato gli occhiali, avevo sempre visto nitidamente tutto quando li indossavo, sebbene non mi fossi mai posto troppo il problema di come ci vedessi quando non li avevo indosso.Quel pomeriggio, improvvisamente, la situazione era cambiata.Mi accadeva, in sostanza, ciò che accade a coloro che hanno la vista sana quando provano gli occhiali di un amico.Sul momento non compresi bene cosa fosse accaduto ma, non avendo più una buona vista con i miei occhiali, iniziai a portarli sulla punta del naso, come se fossero occhiali da lettura. Nel frattempo mia madre mi aveva fissato un appuntamento con il mio oculista.Non si potrebbe descrivere lo stupore del mio oculista nel momento in cui, a seguito di test approfondito, poté riscontrare un pieno recupero della mia capacità visiva, tra l'altro non previsto e non ritenuto possibile.Non sapendo come commentare il fatto, si è limitato a darmi un buffetto sulla guancia dicendomi: "Ti è andata bene! Vai!". L’adolescenza e la gioventù tra le traversie di parrocchia e oratorio.

Sempre all’epoca in cui frequentavo il secondo anno di scuola superiore, un altro capitolo della mia vita si aprì. Un capitolo che si sarebbe prolungato fino al termine degli studi universitari e che si sarebbe concluso in modo tragico: la frequentazione della mia comunità parrocchiale.

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Fin dalla tenera età venni avviato alla frequentazione della messa domenicale, alla quale partecipavo con i miei genitori.Ricordo le prime volte in cui, all’età di circa quattro anni, partecipai alla celebrazione della messa presso la chiesa parrocchiale sita a poche decine di metri da casa nostra: mi muovevo incessantemente toccando ed esaminando in ogni parte la panchina sulla quale sedevo con mio padre, mentre lo stesso, ad ogni mio movimento, sbottava, sbuffava ed entrava in uno stato di ansia, temendo che il mio comportamento gli facesse fare una brutta figura o che comunque gli causasse il richiamo di altre persone che si sentivano disturbate.All’età di otto anni iniziai presso un istituto di suore il percorso di catechesi che mi avrebbe portato a ricevere i sacramenti dell’Eucaristia (Comunione) e della Confermazione (Cresima).All’età di undici anni, in coincidenza con il termine dell’anno scolastico di quinta elementare, si concluse anche il catechismo. In parrocchia, proposero a noi ragazzi ed alle nostre famiglie (attraverso riunioni riservate ai genitori) di farci proseguire il percorso attraverso la frequentazione di “gruppi” riservati ai ragazzi preadolescenti, chiamati “gruppi medie”.Dopo aver partecipato a qualche riunione, decisi di diradare la frequenza. Mi sentivo oppresso, schiacciato, eccessivamente sollecitato. Nello stesso momento in cui vivevo il cambiamento del passaggio dalla scuola elementare alla media (con tutto l’impatto emotivo di cui ho già parlato), metabolizzare anche questa novità, in quel momento per me era troppo.In queste riunioni, ci ritrovavamo nei saloni sottostanti la chiesa (ricordo in particolare la cosiddetta “sala dei pesci”, nella quale vi era un acquario), ove ragazzini perlopiù sconosciuti si lanciavano palline di carta e non vedevano l’ora di prendere in giro la prima persona che apparisse un poco diversa da loro.Io che – invece di ridere e deridere – mantenevo un contegno più riflessivo, fui subito preso di mira.I gruppi erano tenuti da adolescenti e diciottenni i quali, spesso, non riuscivano a gestire il mormorio dei ragazzi. Alcuni di loro raccontavano del loro passato sfortunato, di vie pericolose intraprese e poi abbandonate, dei loro insuccessi scolastici, del fatto di aver ripetuto più volte uno stesso anno di scuola superiore o di avere abbandonato gli studi.

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Ciò che mi infastidiva di più in quel clima, era il rumore. Un vociare continuo, un intreccio di discussioni fatte ad alta voce, tra ragazzini che si trovavano da un lato all’altro del salone.In quei pochi incontri che frequentai in quell’anno, l’unica cosa che apprezzai fu il colloquio che ebbi con una educatrice. Probabilmente doveva avere tra i sedici e i diciotto anni, ma notai immediatamente (per il modo in cui potevo capirlo all’epoca) che era un’Anima di altro livello evolutivo rispetto a quei ragazzi che rivestivano il suo stesso ruolo.Casualmente, mentre ero giunto nella stanza dell’incontro con qualche minuto di anticipo, ci trovammo da soli qualche minuto e ancora oggi ricordo quello scambio di battute, in cui la stessa, avendo notato come e quanto io preferissi la tranquillità, voleva conoscermi meglio. Era una ragazza del tipo di quelle che a tutt’oggi considero attraenti, anche dal punto di vista fisico; mi colpiva la sua figura esile, ma contemporaneamente la sua grande forza interiore espressa in un carattere che rivelava la giusta misura tra volontà attiva ed umiltà; il suo sguardo intenso, il suo vederla mentre si sedeva incrociando le gambe, nella posizione probabilmente a lei più usuale, e mi disse: “Vieni, vieni qui, parliamo un po’”. Una parte di me avrebbe voluto certamente “venire”, avrebbe forse voluto saltarle in braccio e fondersi in una cosa sola con lei, cercando una momentanea fusione in cui potessi aprire il cuore e trovare una persona veramente disposta a capirmi. In poche parole, la trovai una persona attraente ed intelligente.Quel momento di scambio, il cui ricordo, pur sfumato, serbo tuttora, fu immediatamente interrotto dall’improvviso entrare degli altri ragazzi urlanti come una banda di saccheggiatori.Imparai comunque una cosa: nell’esperienza di un ragazzo o una ragazza preadolescente, dell’educatrice o dell’educatore ci si può innamorare. In ogni caso, lo si può idealizzare, facendo di esso o di essa il proprio idolo.Nell’estate di quell’anno in cui terminai la prima media ed il primo anno di “gruppo medie”, i miei genitori vollero impormi di partecipare alla vacanza organizzata dall’oratorio a Cellole di San Gimignano, in Toscana. Partii con il gruppo dei ragazzi che frequentavano il mio “gruppo medie”, al quale peraltro non avevo partecipato con continuità.Per me, si trattava della prima esperienza lontano dai genitori e la permanenza non fu facile. Complice anche la difficoltà di integrarmi in

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gruppi di ragazzi che si facevano continuamente scherzi nelle camerate e durante il giorno, e che trascorrevano le giornate sul campo da calcio o facendo a botte (seriamente o per scherzo), sentivo la mancanza delle due figure che erano state un po’ gli unici punti di riferimento nella mia vita, sempre presenti: i miei genitori.Ricordo quante ore passai a piangere e come le persone adulte presenti sul luogo mi vennero incontro per consolarmi.Ricordo anche, comunque, di aver passato alcuni momenti in cui, come tutti gli altri, partecipai alle attività organizzate, ed altri in cui riuscii a creare un qualche legame amicale con qualche ragazzo.La vacanza, in ogni caso, fu un’esperienza che mi abituò alla possibilità della separazione dai miei genitori. Un’esperienza, quindi, comunque utile.Dal successivo mese di settembre decisi, per diversi motivi, di interrompere la frequentazione di questi gruppi e dell’oratorio e così feci per tutta la durata delle mie scuole medie e del primo anno in cui frequentai il liceo.Quello che era un capitolo che consideravo ormai chiuso, ebbe a riaprirsi all’età di quindici anni, mentre frequentavo il secondo anno di liceo scientifico.Un pomeriggio, infatti, suonarono al citofono. Mia madre rispose ed aprì. Successivamente scese e risalì mostrandomi una cartolina, consegnata a mano, a me indirizzata, in cui vi era scritto più o meno:“Ciao, Alessandro. Come stai? Ti aspettiamo per continuare il cammino insieme.”Seguiva la firma di uno dei ragazzi che avevo avuto come educatori in quei pochi mesi in cui avevo provato a frequentare i gruppi medie. Il ragazzo che reputavo più serio e comprensivo tra gli educatori rimasti.Ne parlai con mia madre (che inevitabilmente era venuta a conoscenza della cartolina), la quale mi incitò dicendomi “E dai, non vedi, ti cercano. Ora i ragazzi saranno tutti più grandi, più selezionati e più maturi! Vacci! Cosa fai isolato qui in casa con tua madre?”In quel momento stavo bene. Mi ero integrato abbastanza (pur nella mia peculiarità) tra i compagni di liceo, coltivavo la passione della musica e trascorrevo diverse ore a realizzare registrazioni di livello professionale per me ed anche per piccoli produttori musicali che si erano accorti delle

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mie abilità. Mi sentivo in qualche modo in pace con me stesso ed anche contento. Ciononostante, volli ascoltarla e ripresi le riunioni. Del resto, anche al liceo stavo vivendo un periodo di relativa tranquillità in una situazione di maggiore ordine emozionale e relazionale. Ero in grado di provare ad affrontare un’esperienza nuova. Sentivo di averne le energie, per quanto non fossi del tutto convinto che quella scelta fosse opportuna.Decisi in ogni caso di provare.Dovetti, sul momento, darle ragione: di tutti quei ragazzi presenti al gruppo medie, molti avevano abbandonato la frequentazione e quelli rimasti erano molto più affini a me. Altri se n’erano aggiunti, comunque, e il clima che si poteva osservare e respirare era quello di anime in crescita (ognuna a modo proprio, per ciò che era), desiderose di fare un cammino insieme.L’attività era sempre gestita da ragazzi educatori, alcuni dei quali erano ancora gli stessi che anni prima avevano seguito il gruppo medie e che erano “avanzati di grado” anche nel tentativo di continuare ad accompagnare nel cammino gli stessi ragazzi.Il coordinamento, comunque, era affidato al sacerdote coadiutore, che trovavo un uomo simpatico che con me ci sapeva fare. Così mi parve.Mi convinsi del fatto che potevo restare, e mi tuffai in questa vita di comunità frequentando momenti collettivi quali vacanze invernali, pasquali ed estive.Non sapevo che quella decisione avrebbe costituito per me la porta di ingresso in una valle di durissime prove dalle quali sarei uscito quando adolescenza e gioventù si sarebbero ormai concluse. Il periodo più buio della mia vita fino ad oggi.Come dissi, i primi tempi nel gruppo adolescenti mi riempirono di entusiasmo. Le vacanze lontano da casa per me non erano più un problema, e il fatto di sentirmi insieme ad anime un po’ più affini a me mi permise di creare un maggior numero di legami, comunque di carattere più solido, stabile e duraturo.In quei primi anni, partecipai non solamente a vacanze dedicate a persone della mia stessa età, ma anche ad incontri e giornate di “ritiro” dedicate prevalentemente a giovani ed adulti, nei quali si esercitava la pratica dell’ascolto.

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La mia presenza a riunioni di tal genere era un caso più unico che raro, ma il fatto trovava l’appoggio del simpatico coadiutore, che di buon grado accettava la mia partecipazione.Il metodo seguito ricalcava (forse casualmente, forse deliberatamente) i suggerimenti forniti da Sant’Ignazio di Loyola sulle modalità di studio e di ascolto dei testi sacri.Il fulcro era la Parola, con la quale si intendeva principalmente il Nuovo Testamento della Bibbia.Il sacerdote che dirigeva questo tipo di lavoro, sceglieva di volta in volta un tema o una problematica attuale della vita, ai quali veniva accostato un brano evangelico (ad esempio, la guarigione del cieco nato).Si iniziava con la lettura del testo evangelico, che spesso veniva poi drammatizzato dal gruppo attraverso diversi lettori che impersonavano le varie figure, un po’ come si sarebbe fatto a teatro.Quindi, iniziava un lavoro di accuratissima analisi che presupponeva, da parte di ogni partecipante, lo sforzo di immedesimazione in ciascun personaggio del racconto evangelico. Il tutto mirava ad interrogare la nostra parte più profonda: cosa avremmo fatto noi al posto di quel personaggio, nella medesima situazione? Come ci saremmo sentiti? Che emozioni, pensieri, dubbi avrebbero smosso in noi le parole di Gesù?Dal lavoro di immedesimazione svolto durante la riunione ed anche nel tempo libero settimanale, tra una riunione e l’altra, sortivano spesso riflessioni, risonanze, pensieri, emozioni ed ogni tipo di reazione, che ogni partecipante era invitato a condividere (eventualmente anche attraverso la forma di una preghiera libera) alla successiva riunione.Proseguii questo tipo di cammino per un paio d’anni, mentre i partecipanti al gruppo adolescenti continuavano a ridursi di numero e – contestualmente – il lavoro svolto iniziava ad assumere connotati di maggiore serietà.Al terzo anno di frequentazione, quando ormai avevo alle spalle una un certo numero di vacanze comunitarie, nonché diversi “ritiri” spirituali, decisi di offrire la mia disponibilità a suonare l’organo durante qualche celebrazione.Devo ammettere che la mia disponibilità proveniva da una parte di me che altro non desiderava se non mettersi in mostra. Avendo partecipato al

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coro dei cantori per le messe di Natale e Pasqua, avevo visto all’opera un organista e un direttore di coro in un lavoro che mi aveva stupito per la bellezza dei risultati. Dal momento che studiavo musica dall’età di sette anni e i programmi dei Conservatorio per la fisarmonica prevedevano (e credo prevedano ancora) lo studio della musica antica e della polifonia, ci tenevo ad emergere per far notare che in qualche modo, le conoscenze che avevano questi signori, le avevo anche io.Ad ogni modo, la disponibilità fu accettata ed iniziai ad accompagnare con l’organo un coro di anziani alla messa del sabato delle ore 18. Ero un organista.Quando le azioni sono mosse dall’Ego, c’è sempre la tensione a voler andare oltre. Ed ecco che tornai dal sacerdote coadiutore (con il quale c’era un certo rapporto di confidenza creatosi nelle numerose riunioni e vacanze) e mi proposi anche come supplente per le messe di Natale e Pasqua, già sapendo che tra questo sacerdote e i due uomini che si occupavano dell’organo e del coro, stavano nascendo dei contrasti di vedute sulla definizione dei ruoli e sulla scelta dei brani da eseguire.Anche questa disponibilità venne accettata e mi ritrovai, di punto in bianco, all’età di diciassette anni, a fare l’organista in una chiesa di Milano per la Santa Messa Pasquale di mezzanotte: incombenza che seppi onorare egregiamente.Successivamente, a seguito del sorgere di nuovi ed ulteriori problemi tra il sacerdote coadiutore e l’organista “ufficiale” delle messe importanti, quest’ultimo abbandonò l’attività e mi trovai improvvisamente al suo posto.Ma – per quanto sia prolissa la mia ripetizione, è necessaria – quando è l’Ego a fare da padrone alle nostre azioni, ciò che si è conseguito non basta mai e si cerca sempre di tendere a qualcosa che possa gratificarci ancora di più.Mi venne in mente (e mi sentii in grado) di provare a dirigere il coro.A questo punto, fui fermato.Ai tempi, il coro (di carattere esclusivamente liturgico e senza alcuna ambizione artistica) era seguito da tre/quattro donne che frequentavano la parrocchia, le quali avevano una buona conoscenza dei canti liturgici eseguiti negli ultimi decenni e sceglievano – d’accordo con il coadiutore –

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i canti da inserire nelle liturgie, cercando di armonizzare al massimo il testo delle canzoni con il tema di ogni liturgia, privilegiando tra l’altro le canzoni più facilmente apprendibili dall’assemblea dei fedeli.Esse stesse, infine, si curavano della direzione del coro tramite semplici gesti; attività che svolgevano da tempo e che, per le finalità che si dovevano raggiungere, era la soluzione più pratica e più adatta.Indubbiamente, la mia offerta di disponibilità era una proposta sulla quale non si sarebbe dovuto sputare; oltre ad una buona manualità sull’organo, infatti, avevo collaborato, fin dall’età di quattordici anni, anche con il parroco del mio paese di origine, il quale, direttore di coro diplomato in Conservatorio, oltre a dirigere un coro liturgico, ne seguiva un altro con il quale teneva concerti in Italia e all’estero, anche eseguendo, in determinate occasioni, la polifonia antica, quale ad esempio quella di Pierluigi da Palestrina e di J.S. Bach.Non solo: i miei studi di storia della musica con i relativi innumerevoli ascolti di registrazioni di polifonia sacra e profana delle diverse epoche storiche, la mia partecipazione a concerti corali nella mia città, le mie esercitazioni di composizione in musica polifonica per gli esami del Conservatorio, le mie prove pratiche di polifonia del mio studio di registrazione artigianale creato in casa ed un interesse alla vocalità corale, avevano fatto sì che acquisissi discrete conoscenze nel campo. Conoscenze che poteva essere difficile immaginare, per chi mi conosceva come un suonatore di fisarmonica; conoscenze che, in effetti, nonostante le mie disponibilità, non vennero mai sfruttate in quella parrocchia.La mia presenza quale coordinatore artistico sarebbe stata indubbiamente utile, ma per fare questo sarebbe stato necessario creare un ruolo ad hoc.Le circostanze rendevano questo adattamento difficile. Il coadiutore un giorno mi disse “Ma ti rendi conto? Abbiamo già lì le nostre direttrici, come potresti fare ad inserirti tu e a prendere il loro posto?”.In aggiunta al mio Ego (che al tempo non riconoscevo), evidentemente c’era da gestire anche quello delle capo-coro, che erano sempre e comunque persone umane, Anime in crescita e alle quali sarebbe dispiaciuto abbandonare il campo ad uno “sbarbato” appena arrivato.Nonostante il mio disappunto, qualcosa (come già avvenuto in precedenza) mi spinse ad accettare la situazione, limitandomi a prenderne atto, e proseguii per qualche anno a suonare l’organo nelle celebrazioni.

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Ricordo con serena onestà ed obiettività il peso di questo tipo di servizio. Le istruzioni ricevute telefonicamente dalla organizzatrice di turno, in cui mi venivano imposti i brani che avrei dovuto eseguire, con invito a ripassarli; le prove nella giornata di sabato, solo in chiesa, all’organo; il dovermi alzare mezz’ora prima la domenica mattina per arrivare a messa almeno un quarto d’ora prima dell’inizio; spesso, l’arroganza delle direttrici del coro che – forse talvolta un po’ nervose per problemi personali, talvolta semplicemente non curanti dell’impegno (gratuito) profuso dal sottoscritto – si imponevano con osservazioni o rimproveri non troppo convenienti in una celebrazione religiosa nei confronti di chi aveva spesso rinunciato (insieme ai genitori) a fare ritorno al paese in un weekend di bel tempo.Ciononostante, come detto, andai avanti nel percorrere quella strada.In quegli anni, come già detto, continuavo a seguire i percorsi formativi offerti dalla comunità, sia attraverso giornate e vacanze di ritiro per adulti, sia aderendo ad analoghe proposte e frequentando le riunioni per adolescenti.All’interno dei gruppi che seguivo, vi fu qualche ragazza che mi accese una scintilla. Non ne nacque nulla di serio, ma nuovamente provai cosa significasse essere in preda all’attrazione.Dall’età di diciassette anni, mentre nell’ambito dell’animazione liturgica svolgevo le mie mansioni di organista, sempre in tale contesto sopraggiunsero nuovi eventi che finirono con il turbarmi. Altre prove, pianificate sin dall’inizio con le Alte Entità che vegliano silenziosamente sul mio cammino, ed ancor prima, dal mio Sé superiore; prove alle quali ormai mi era impossibile sottrarmi.In un caldo pomeriggio di maggio, ci trovavamo seduti nella sala dei pesci, all’incirca in una decina di adolescenti tra ragazzi e ragazze, insieme al solito sacerdote coadiutore, per iniziare la riunione.Si era soliti fare un giro di presentazioni in cui il simpatico prete con la faccia rotonda e tono molto ilare, cercava di solleticare in ognuno di noi quelle piccole cose che in un normale contesto non avremmo osato condividere per non apparire impertinenti o troppo protagonisti, ma che in cuor nostro ci tenevamo a far sapere. Tecnica che ad oggi ritengo molto valida e che, con qualche adattamento, ho “importato” nei miei corsi collettivi di Reiki e nelle mie riunioni di Amethyst Yoga con successo.

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Sostanzialmente, infatti, a parte la mancanza del colletto bianco e la minor conoscenza delle persone presenti, mi ritrovo un po’ a gestire i gruppi svolgendo le incombenze che aveva lui in quella sede.Giunto all’incirca a metà del “giro” di saluto – aggiornamento – presentazione, nel momento in cui doveva parlare un ragazzo il quale si era limitato a parlare pochissimo, il sacerdote, con aria sorniona, esclama:“Lo diciamo?”Il ragazzo esitava quasi a voler proseguire questo discorso, tanto che fu il sacerdote a rivelarlo a noi presenti: “Da settembre, x sarà educatore nel gruppo medie, seguirà con altri educatori la prima media”.Un’altra ragazza, in quel momento, mostrò un poco di stupore e di sorpresa e gli disse: “Ma guarda, anche tu?? Già comincio io, allora siamo in due!”.Si apriva davanti a me un ulteriore campo di possibilità e di prove: l’esigenza della parrocchia di avere la disponibilità di adolescenti e giovani per seguire il cammino dei più piccoli.In quella sede non dissi nulla e volli riflettere su questo aspetto a cui non avevo mai pensato.Gli anni erano passati, ero alla soglia della maggiore età. Avevo passato diverse difficoltà nella preadolescenza ma successivamente avevo raggiunto un buon livello di integrazione sia a scuole che in comunità parrocchiale, ove per anni avevo seguito i vari cammini formativi più o meno improntati allo studio delle scritture.Ora emergeva a chiare lettere l’esigenza che quelli come noi iniziassero a rendersi disponibili per aiutare il cammino dei più giovani. Mi sembrava un’ottima idea, purché il tutto avvenisse con la supervisione dei sacerdoti ed eventualmente di catechisti esperti.Durante l’estate mi balenarono alla mente le idee più diverse. Forse avevo sbagliato a scegliere la strada musicale. Dall’età di sette anni suonavo note, e lentamente tutto ciò mi stava stancando. E poi – mi dicevo – quale utilità può avere continuare a suonare in modo meccanico in una celebrazione ove le persone sono quasi tutte distratte? Non è meglio, allora, prendersi cura delle persone, una ad una o in gruppo, in particolare di quelle persone che vogliono crescere?

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Pensai quindi che sarebbe stata una buona idea propormi come aspirante educatore.Iniziai, durante le vacanze estive e l’anno successivo, a lanciare l’idea al coadiutore. La risposta che ne ricevetti, in modo molto sottile ed implicito ma altrettanto chiaro, fu che era sufficiente offrirsi e che l’utilizzo concreto delle risorse sarebbe avvenuto in caso di bisogno, su invito dei sacerdoti. Trovai la tesi più che giusta.Durante quell’anno, mese dopo mese, a poco a poco, tutte le persone della mia età o più giovani, che frequentavano il gruppo adolescenti, vennero chiamate dal coadiutore per svolgere un ruolo educativo in affiancamento agli educatori esperti già presenti. Frequentavo un gruppo in cui tutti i miei “compagni” erano educatori in comunità. Le uniche eccezioni fummo io ed un altro ragazzo, disabile.Nel frattempo, ebbi modo, dall’esterno, di iniziare a percepire che tipo di rapporto si creava tra i miei compagni di gruppo, divenuti educatori, ed i ragazzi loro affidati.Ai tempi, avendo conservato una certa apertura di cuore e quindi un certo livello di intuito (facoltà che i grossi dispiaceri provati in seguito mi avrebbero spento), mi era più facile riuscire a percepire la totalità degli aspetti di una situazione.Così, furono prevalentemente vicinanza, fiducia, sensazione di essere protetti, finanche gratitudine (anche se spesso non manifestata) nei confronti dei loro educatori che sentii albergare nei cuori dei giovani ragazzi loro affidati. Potrei dire: amore.Nella mia condizione, un po’ dovuta al carattere ed ai numerosi blocchi che mi portavo dietro, un po’ dovuta all’impossibilità di partecipare all’attività formativa, iniziai a sentire la mancanza della vicinanza di anime che, in qualche modo, mi fossero grate per qualcosa che avessi potuto dar loro. Forse, stavo iniziando a proiettare sui giovani ragazzi della comunità il mio desiderio di sentirmi amato.Passò qualche anno in cui continuai a frequentare le attività formative, i ritiri e le vacanze comunitarie, fino a che il nostro parroco venne sostituito e cedette il posto ad altro sacerdote, che presiede tuttora la comunità.

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Durante i colloqui che lo stesso fece con ognuno di noi, cercai di aprire il mio cuore e – per quanto mi fu possibile – gli esternai ogni mia impressione e risonanza avuta nei contesti formativi comunitari.Gli esternai lo stato in cui mi sentivo in quel momento, in cui mi trovavo ad essere letteralmente sfruttato sul piano musicale, mentre in modo quasi inspiegabile ero stato letteralmente “tagliato fuori” da un’attività che la comunità richiedeva ai miei coetanei e alla quale tutti gli altri ragazzi fisicamente abili erano stati progressivamente chiamati: l’attività educativa.Il parroco, da cui promanava (almeno apparentemente) una grande calma, scrutandomi con i suoi occhi azzurri, mi disse:“Alessandro, vieni alla vacanza estiva. Dai, ci divertiremo un mondo. Credo che se inizierai a conoscere i ragazzi e li allieterai con il suono della tua fisarmonica, si potranno fare tante cose belle. Quella vacanza è il trampolino di lancio per i futuri educatori del prossimo anno. Devi venire!”.Così feci.Il momento non sarebbe stato il più adatto: per partecipare a quella vacanza, rinviai un esame all’università. Ma nell’autunno avrei dovuto partecipare ai campionati mondiali di fisarmonica, per i quali avrei dovuto prepararmi diverse ore al giorno durante tutta l’estate.La vacanza che mi si offriva, però, era un’opportunità che non avevo mai avuto prima e a cui tenevo più di ogni altra cosa. Ciò mi spinse a rinviare l’esame e a ridurre la preparazione per i Campionati Mondiali, il cui esito fu quello che fu e ai quali non avrei più ripartecipato, stante anche la vigenza dei limiti massimi di età.Partecipai alla vacanza, alla quale si erano iscritti ragazzini di quinta elementare, prima media e seconda media, cercando di avviare la massima collaborazione con i loro educatori, di gran lunga più giovani di me, che già avevo ventidue anni.La vacanza terminò ed andai a trascorrere le mie ferie al paese, come al solito. Nessuno mi contattò, fino a che il telefono non suonò in quanto la solita direttrice di coro doveva comunicarmi i brani da suonare per la Messa.In una delle prime Messe dell’autunno, mentre ero presente su un lato dell’altare accanto all’organo che suonavo, il parroco chiamò sull’altare un

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elenco di ragazzi: erano gli educatori nominati per l’anno che iniziava, i quali venivano presentati alla comunità ed ai genitori dei ragazzi che avrebbero partecipato alle riunioni e che da questi educatori sarebbero stati seguiti.Per me fu una vera e propria doccia fredda.Dopo che per anni, avevo assistito impassibile alla chiamata di tutti i miei conoscenti e di tutte le persone che frequentavano il mio gruppo, senza capire il motivo di una tale esclusione, ora mi trovavo in qualche modo vittima di una “beffa” da parte del nuovo parroco che, alla fine, mi aveva escluso come sempre aveva fatto il precedente coadiutore, ma aveva fatto tutto questo dopo avermi istigato a partecipare ad una vacanza che mi costò il rinvio di un esame all’università nonché una minore preparazione per i Campionati Mondiali di Fisarmonica ai quali mio padre teneva tantissimo.Era una ferita troppo grande, non potevo sopportarla.Vedevo giovani di diciotto, diciannove, venti anni, ma addirittura minorenni di quindici e sedici anni, chiamati per nome e cognome a salire sull’altare, rivolti verso l’assemblea, mentre un incaricato consegnava a ciascuno un foglio, che veniva spiegato essere il cosiddetto “mandato” educativo, ovvero l’incarico conferito agli stessi, da parte del parroco (colui che ha la direzione spirituale della comunità), ad educare i ragazzi più giovani.E nell’omelia (che non ho mai dimenticato), il nuovo coadiutore subentrato al precedente, chiariva che “Tutti siamo in comunità ed abbiamo i nostri compiti e doveri educativi verso i nostri figli, ma questi ragazzi, ecco, sono quelli che, diciamo, sono un gradino più su degli altri”.Più su degli altri?Ragazzi minorenni dediti alla vita di strada e spesso inseriti in compagnie poco chiare, ragazzi che comunque avevo parzialmente avuto modo di osservare e conoscere anche in quella vacanza estiva e che – onestamente – non ritenevo essere “un gradino più su” di me o di tante altre persone che il parroco non aveva scelto ma sicuramente molto più adatte ad accompagnare nella crescita i ragazzi.

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“Un gradino più su”: no, non potevo sopportare una simile demenza e continuare ad accondiscendere tacitamente ad un tale stile di gestione di una comunità religiosa, prestandomi a suonare nelle celebrazioni.Mi presi qualche giorno per riflettere e durante la settimana inviai al mio parroco una lettera piuttosto dura, nella quale annunciai la cessazione del mio servizio organistico nelle Sante Messe.Le discussioni che ne seguirono nella stanza del parroco furono piuttosto sterili, in quanto quest’ultimo non aveva la benché minima intenzione di ammettere il minimo errore o ripensamento, così come non avrebbe avuto la minima intenzione di rivelarmi l’eventuale influenza di altre persone da tempo operanti in parrocchia, che potessero averlo dissuaso dall’affidarmi i ragazzi. La sua preoccupazione era quella di mantenere il suo ruolo e di affermare il suo compito educativo nei miei confronti (così mi disse testualmente) e – conseguentemente – quella di mostrare che la sua parola era una sola, era quella e non sarebbe più cambiata, tanto meno a seguito di una lettera come la mia.Sicuramente – ancora una volta – agivo così soprattutto in quanto ferito nella mia voglia di emergere (o forse, anche soltanto di sentirmi accettato e valorizzato al pari degli altri, anziché discriminato). Tuttavia le critiche che mossi all’impianto educativo dell’epoca erano fondate e avrebbero avuto modo di rivelarsi tali.Pieno di disappunto per l’accaduto, per il modo in cui mi ero sentito trattato e – come detto – per le mancanze che realmente percepivo nelle attività educative di quella parrocchia, nel mese di novembre scrissi una lettera all’allora Cardinale Arcivescovo di Milano, Carlo Maria Martini.Esposi i fatti, mostrando tutta la mia sofferenza e il mio sentirmi umiliato ed emarginato. Spiegai che – a mio modesto parere – se in una comunità parrocchiale ed oratoriale il movente di ogni iniziativa deve essere (come sovente si afferma) l’accoglienza, poco senso ha accogliere una persona con plurimi inviti (tra i quali il mio) proponendo di “camminare assieme” se non si accetta di accogliere la persona nella sua interezza, in tutti i suoi lati, tenendo conto delle sue attitudini, aspirazioni ma soprattutto delle sue necessità. E proseguivo rilevando questo: in una situazione in cui, per eventi passati, mi trovavo ad essere poco conosciuto dalle persone del quartiere, mostrando contemporaneamente, tuttavia, un’innata attitudine alla riflessione spirituale, ben si sarebbe potuto unirmi agli altri giovani ed

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inserirmi in un’attività educativa: i ragazzi avrebbero sicuramente tratto vantaggio da una presenza in più, quale poteva essere la mia; io sarei stato aiutato a rafforzare i legami con i miei colleghi educatori e avrei avuto la possibilità (realizzatasi per tutti gli altri) di stringere qualche legame con questi ragazzi più giovani, che erano parte della nostra comunità, ma con i quali – non essendoci occasioni di contatto ed essendovi una naturale e giustificabile diffidenza ad intavolare discussioni per strada con sconosciuti – ci si ignorava.Il Cardinale mi rispose nel mese di dicembre con un bigliettino di cinque centimetri per dieci, informandomi di avere letto con attenzione la mia lettera, di aver tenuto nella debita considerazione quanto da me osservato e proposto, ma invitandomi a riprendere il dialogo con il mio parroco, che lui stimava, e – in considerazione dei problemi che si erano creati e delle mie aspettative bruciate – di adoperare con lui tutta quella pazienza che Dio adopera verso gli uomini.Decisi a quel punto di interrompere la battaglia, che si mostrava essere sterile. Ma la mia decisione di allontanarmi dal servizio organistico nelle Sante Messe divenne definitiva.Se non potevo essere accolto nella mia interezza, non mi sarei prestato ad essere sfruttato ed utilizzato come un mero oggetto per soddisfare l’esigenza di qualcuno di avere la Messa con la musica.Peraltro, il mio Ego mi portava anche a questa considerazione: i ragazzini, che pur mi conoscevano di vista e che avevo aiutato in diverse maniere nelle varie vacanze (ad esempio, preparando loro le merende oppure portandole nel mio zaino) non avevano la benché minima intenzione di stringere un legame anche con me. Con i loro educatori questo avveniva. D’accordo, i loro educatori erano le figure che si erano ritrovati assegnate dal parroco, quindi il “dialogo” era stato provocato. Non dipendeva da loro. Ma un rapporto si era creato. Da parte loro, nulla nel loro cuore li portava a percepire che qualcun altro poteva avere molto, molto bisogno anche solo di un loro sorriso. Alla Messa (anche in precedenza, quando non ero stato di turno per suonare l’organo), se vedevano seduto sulla panchina un loro educatore o ex educatore, ci si fiondavano accanto. Se vedevano me, la panchina restava vuota. Meritavano di avere anche la Messa con la musica? Decisi di no.

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Ciò che avvenne in quell’anno e nei due successivi non può essere interamente raccontato qui. Posso solo dire che qualcosa mi spinse a non allontanarmi definitivamente da quell’ambiente ed a continuare il mio percorso di catechesi con il sacerdote coadiutore all’interno del “gruppo giovani”, partecipando altresì alle vacanze comunitarie invernali ed estive.Era come se volessi vedere dove saremmo arrivati. Il loro motto era l’accoglienza. L’accoglienza nei miei confronti era andata come ho raccontato; restando, avrei voluto vedere come avremmo potuto sentirci una comunità forte e solidale con il permanere di tutte queste differenze tra me e gli altri giovani (tutti educatori), senza che nessuno potesse notare una discriminazione.Furono anni in cui imparai cosa significa e cosa si prova nell’uscire dalla chiesa, al termine della messa, vedendo i ragazzini delle scuole medie chiamare gioiosi i nomi dei loro educatori (i miei compagni del gruppo giovani), per poi sovente abbracciarli, baciarli o comunque percorrere con loro il tratto di strada verso casa confidandosi con essi, senza degnare neppure di uno sguardo il sottoscritto che si trovava ad incrociarli e che – loro non potevano saperlo – sarebbe stato ben lieto di aver potuto offrire il suo contributo in comunità occupandosi di loro.La decisione di una persona (il parroco, eventualmente su suggerimento di altri) aveva potuto produrre tutto questo.Si prova una sensazione terribile, che si vitalizza nuovamente ogniqualvolta ci si ritrovi immersi in quel contesto.Furono diverse le occasioni in cui, in ritiri fuori città, mi trovai a pulire i gabinetti su invito del mio caposquadra, nominato dal coadiutore e di gran lunga più giovane di me.E furono diverse le notti in cui faticai a prendere sonno al termine del gruppo giovani del giovedì sera, nel quale gli altri membri esponevano la loro attività come educatori o facevano un accenno a qualcuno dei loro ragazzi. Ma mi era assolutamente insopportabile ascoltarli quando affermavano che, nell’attività educativa svolta, pur nella miriade di difficoltà che avevano incontrato (indubbiamente reali), avevano avuto le loro “soddisfazioni” e il sacerdote di turno commentava compiacente, dicendo che “Chi semina miete i frutti del lavoro”, mentre chi non ha seminato non raccoglie nulla.

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In quel paragone, in cui il raccolto era l’affetto dei ragazzi, quello che non poteva vantare un raccolto ero unicamente io. Dai ragazzi, infatti, raccoglievo soltanto indifferenza, ma non perché non avessi voluto seminare, ma perché non mi era stato concesso di seminare!Una persona (il sottoscritto) stava soffrendo per questo, e questi ragazzi, senza che potessero comprenderlo appieno, si trovavano ad essere un anello della catena che provocava la mia sofferenza, se ne ritrovavano in qualche misura (forse anche dal lato karmico) responsabili, e tutto ciò per un semplice rifiuto di una sola persona, della quale probabilmente loro non erano neppure a conoscenza.Eravamo giunti a questo punto.Il culmine di questa incredibile situazione si raggiunse durante una vacanza invernale presso un monastero, alla quale partecipavano adolescenti e giovani.Vi partecipai anche io, e con me i giovani che frequentavano la parrocchia, i quali (ad eccezione di un ragazzo disabile con il quale avevo stretto un rapporto abbastanza solido) erano tutti educatori. In sostanza, i ragazzi più giovani erano sottoposti al controllo, alla vigilanza e alla “tutela spirituale” dei loro educatori, che altro non erano che le persone che partecipavano al mio gruppo di catechesi, nel quale, ormai, ero il più anziano.Così fu, e in quei giorni, i miei compagni di gruppo diressero le riunioni di catechesi con gli adolescenti, mentre io e l’altro ragazzo disabile restavamo in disparte, non avendo – da un lato – accesso alle riunioni da essi gestite, e non potendo – d’altro lato – proporne di nostre o inventarci altre attività.Durante uno di quei pomeriggi, in un momento di tempo libero, mi ero seduto in una stanza vuota, ove pensavo di poter restare senza problemi.D’improvviso vidi entrare alcuni ragazzi, i quali – sorpresi nel vedermi, ma senza minimamente mostrarsi infastiditi – si sedettero spiegandomi che avevano la riunione con i loro educatori.Pochi secondi dopo, ecco entrare i miei “compagni” di gruppo con in mano dei fogli, il cui ingresso fece quasi ammutolire la stanza come all’arrivo del professore nella classe. Il loro atteggiamento nel miei confronti fu breve e chiaro: con un solo cenno, mi comunicarono

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telepaticamente: “Ale, dobbiamo dirigere il gruppo. Per favore, trovati un’altra stanza”.Nel silenzio di tutti mi alzai, uscii dalla porta e la richiusi.Dopo averla chiusa, guardai al cielo e chiesi al Padre per quanto tempo ancora avrei dovuto restare sottoposto a torture di questo genere.Del resto, tale era la regola che implicitamente avevo accettato partecipando a quella vacanza.Un altro pomeriggio di quei giorni, mi ritrovavo fuori dalla stanza in cui i miei “coetanei” tenevano le riunioni ai ragazzi. Ero seduto ad un tavolo con il ragazzo disabile che, come me, era stato escluso dall’attività educativa.Entrambi condividevamo l’interesse per la musica.Uno di questi pomeriggi, in cui, armati di buona volontà, ci eravamo lasciati andare nell’accettazione di quanto avveniva e cercavamo di avviare una serena conversazione per ammazzare il tempo, ecco uscire con aria boriosa da una delle stanze di riunione un giovane, oggi sacerdote.Senza troppi scrupoli, pur sapendo che l’oggetto della sua richiesta non costituiva un nostro compito, trattandosi di incombenza di persone indicate in una tabella di turnazione, ci disse: “Cari Maestri, che ne direste di preparare le merende per i ragazzi?”Utilizzava il termine “maestri” riferendosi al fatto che eravamo musicisti.In quell’epoca, e soprattutto in quel preciso momento, rimasi allibito del fatto che la sua Anima fosse capace addirittura di questo.Per diversi momenti non vi fu risposta da parte nostra, fino a che il nostro silenzio non portò questo giovane ad una doppia riflessione su quanto richiestoci, a diminuire la pretesa e a riformulare la richiesta in modo più cortese, limitandola alla predisposizione delle scatole di merende confezionate sui tavoli.E quel giorno, i ragazzi, usciti dalla stanza in cui venivano istruiti da questi personaggi, ebbero le loro merende. Alcuni di loro esclamarono: “Che bello, ce le hanno già preparate!”. Ma ancora una volta mi passarono davanti senza neppure degnarmi di uno sguardo, proprio a me che ero stato colui che le aveva preparate per loro, che ero colui che da sempre si

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era offerto per dar loro ciò che, in qualche modo, ricevevano dalle persone nominate dal parroco.Fortunatamente, ciò che non poterono vedere e sapere i ragazzi, era visto da Dio e da tutti quegli Esseri di Luce che controllano il movimento delle ruote del karma e che seguono l’evoluzione di ogni Anima.Il disagio che la vicenda mi aveva acceso, derivava dal vedere per l’ennesima volta disattese alcune mie aspettative. Non rivestivo alcun ruolo e di questo ero stato consapevole nel momento della scelta di unirmi al gruppo della vacanza, ma dal momento che avevo una certa età anagrafica, frequentavo l’ambiente da diversi anni e credevo fosse evidente la mia levatura intellettuale, ritenevo giusto, pretendevo e mi aspettavo che tutti questi fattori fossero presi in considerazione da ognuno e quindi, quantomeno, mi si usasse rispetto e nessuno si permettesse di darmi ordini o anche soltanto suggerimenti riguardanti mansioni operative.I fatti si rivelavano differenti da quelli portati a conclusione nel mio ragionamento, con la conseguenza che per l’ennesima volta, in me si liberava dolore che prendeva la forma della rabbia, verso gli altri e verso ciò che poteva considerarsi Dio.Per chi sia giunto all’illuminazione, è abbastanza ovvia la constatazione che, in situazioni come quella raccontata, non ha senso il restare allibiti, così come provare dolore.Ogni anima incarnata (e quindi, ogni persona) dimora, in ogni preciso istante della propria esistenza, su un certo livello di consapevolezza, che dipende in parte dalla saggezza già raggiunta a livello di Anima (in funzione dell’età animica, ovvero di quanto quell’Anima sia antica), e in parte da quanto, nell’incarnazione attuale, l’Anima abbia avuto modo di emergere dai limiti naturali imposti dai livelli mentale ed astrale, che in ogni esistenza devono essere “lavorati” con dispendio di maggiore o minore fatica a seconda anche del contesto in cui si è cresciuti.Questa persona, al tempo giovane educatore, agiva manifestando semplicemente se stessa per ciò che al tempo era in base al suo assetto (quindi, coma Anima di un certo livello, dimorante in una serie di involucri ad un certo livello di lavorazione, contenenti, come in tutte le persone, schemi legati all’ambizione ed alla gratificazione personale, ma anche, probabilmente, ad un sincero spirito di servizio che intendeva

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essere immediato e spontaneo, deciso a risolvere un problema non appena disponibili le risorse, senza troppe chiacchiere).Come anche Osho ci insegna, vi è un particolare livello di consapevolezza nell’uomo (che in parte lo caratterizza per varie incarnazioni, in parte si accende esponenzialmente ad un certo livello di ogni incarnazione) legato all’espansione. E’ il livello del secondo chakra.Nel momento in cui l’uomo inizia a lavorare su questo livello, sperimenta il suo essere ed esserci con la capacità di espandersi, di allargare i suoi orizzonti, di conoscere ed interfacciarsi con altri esseri viventi. Ma la modalità naturale di questa fase (propria anche dell’animale) è quella del dominio. Mi avvicino a te, ti conosco, ma la modalità che sento appartenermi per fare questo, è quella di dominarti. Dominandoti, io mi unisco a te. E’ questo, secondo Osho, il motivo per cui nel mondo la maggioranza delle persone cerca di dominarsi a vicenda.Non ero caratterialmente portato a dominare. Non mi interessava, e nemmeno ci sarei riuscito. Troppo era il rispetto che nel cuore avvertivo per ogni essere che avessi di fronte, fosse stato anche un animale o un bambino molto piccolo. Tuttavia mi trovavo ad interfacciarmi con altre persone che, in modi differenti, cercavano di impormi il loro dominio, anche con maggiore frequenza rispetto ad altri destinatari.Anche queste dinamiche potevano essere considerate come “karma”: la non accettazione, da parte mia, di questo spirito di dominio e di autorità (che pretendeva essere anche autorevolezza), rivelava nel profondo una non accettazione, sempre da parte mia, di una parte di me stesso, di un “io” che in me aveva vissuto come dominatore in tempi lontani.Ovviamente, non avendo alcuna cognizione di questi aspetti all’epoca dei fatti, l’unica cosa che la mia mente poteva produrre era una serie di pensieri di rabbia e di odio, con congetture di vendette e rivalse verso numerose persone. Quasi sempre non reagivo per evitare di commettere errori, ma non riuscivo a far sì che energie emozionali oscure si liberassero dentro di me e circolassero nei miei corpi sottili (nonché nel mio corpo fisico) per diverse ore al giorno.Il risultato (comprensibile ad ogni guaritore che faccia uso di tecniche energetiche) fu che già all’età di ventiquattro anni, mi fu diagnosticata un’artrosi piuttosto avanzata alle anche.

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Per ogni intelletto correttamente ragionante e per ogni Anima giunta ad un minimo livello di evoluzione, non è difficile comprendere come, a seguito di una tale sollecitazione, mi alterai in modo continuativo in ogni occasione di permanenza presso quel contesto, per arrivare a sfogare la mia sofferenza in occasione di una lettera scritta ad una giovane del gruppo.Non è opportuno che io mi addentri nei particolari di questa vicenda.Quello che può essere utile rilevare è che, in quel momento, la persona più giovane del gruppo che frequentavamo, la persona che aveva avuto come educatori altri miei coetanei e persone più giovani (tra i quali colui che mi chiese di preparare le merende) e che con essi condivideva spesso dubbi, sogni e problemi, quella persona, su un analogo consiglio dato da me, a me rispondeva con un secco rifiuto, chiarendo che il mio consiglio non era gradito.Era proprio vero: il non avere avuto la possibilità di instaurare un legame in forza di un contesto e di un ruolo, precludeva che lo stesso tipo di legame potesse crearsi per le vie ordinarie.In altre parole: con l’educatore (e con chi era stato ex educatore) che si fosse mostrato disponibile, autentico e trasparente, si era instaurato un rapporto di stima e di amicizia. Con chi educatore non aveva potuto esserlo (per quanto potesse avere la stessa purezza d’animo e la stessa disponibilità al servizio), l’incontrarsi per più di un anno a momenti di cammino comune, non aveva condotto al medesimo risultato ma, semmai, ad un rapporto di conoscenza superficiale e connotato da una certa arroganza, una certa ostentazione di essere “alla pari” che – onestamente parlando – seccava l’Alessandro di quei tempi, più anziano della ragazza e anche dei suoi ex educatori.Nell’azione di ogni essere umano che non abbia già trovato o ritrovato l’illuminazione piena, inevitabilmente entra un po’ di Ego, un po’ di amor proprio.Un po’ della voglia di affermarsi come individualità e di ricevere riconoscimento e riscontro a questa affermazione dagli altri esseri umani.In qualche modo, mi sentivo anche un poco attratto da questa giovane persona. Non sapevo né tantomeno saprei, ora, identificare il tipo di attrazione. Oltre a un poco di attrazione fisica, c’era un qualcosa che mi spingeva a desiderarne la stima nei miei confronti. Forse cercavo

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semplicemente un po’ di amore. Ancora una volta, volevo essere amato e volevo esserlo dalle persone (e solo da quelle) che non mi erano state affidate dal parroco per una missione educativa.In ogni caso, ognuno di questi episodi aveva letteralmente bastonato e torturato il mio ego, e l’attenta osservazione che mi curavo di effettuare in ognuno di questi episodi, mi portò, a poco a poco, a sezionarlo e a ridurne il peso nella mia vita.Indubbiamente, per ogni persona umana correttamente ragionante ed immersa nella vita, le mie vicende non erano certamente piacevoli da sperimentare; d’altra parte, lentamente, in ognuno di quei momenti, l’ombra del mio amor proprio lasciava lo spazio ad una nuova briciola di Luce.Ma la conseguenza che mi portò l’invio di quella e-mail, inviata a quella ragazza, non fu soltanto questa terribile risposta.Ho ricevuto il messaggio – tramite medium canalizzatori fidati – di omettere il racconto, in questo libro, di quanto seguì. Per il bene di tutti e per ottemperare alla volontà degli Esseri che sono a conoscenza della redazione di questo libretto, della diffusione che potrebbe avere e delle ripercussioni che potrebbero esservi sulla mia persona, umilmente obbedisco.Evidentemente, la mia Anima, prima di rinascere, si era decisa e voluta – davanti al Consiglio dei Signori del Karma – anche quelle prove.L’epilogo, in sostanza, fu che mi ritrovai estraniato dalle attività della mia comunità e l’unico momento di “contatto” restò (e resta tuttora) la Messa domenicale.Perché ero arrivato a tanto? Perché mi ero alzato quella mattina con il desiderio di inviare dieci righe a una persona frequentante il mio stesso oratorio, usando un tono indubbiamente sprezzante senza nemmeno che me ne fossi accorto?Il peso che portavo, continuamente aumentato da prove ulteriori, mi aveva fatto cedere le gambe. Ero arrivato al limite. Un limite naturale, per tutti.Avrei potuto essere odiato dal nostro Padre creatore per questo?

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L’arrivo della Grazia Divina e la lenta risalita.

Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare. Egli mi toccò la bocca e mi disse:"Ecco, questo ha toccato le tue labbra,perciò è scomparsa la tua iniquitàe il tuo peccato è espiato".(Isaia 6,6-7)

In quegli anni (e già precedentemente fin dai tempi del liceo), iniziai a scoprire in me anche un certo interesse per lo studio della filosofia e delle religioni, a cominciare dalla mia (il cattolicesimo), per esaminare i diversi punti di vista e le diverse visioni del mondo e della vita che l'uomo, da quando esiste, ha adottato. In questo cammino di ricerca, studiando l'anelito dell'essere umano verso l'Infinito, iniziai così ad occuparmi di realtà spesso considerate misteriose e pericolose, indicate con i termini occultismo ed esoterismo, ed oggetto di una scienza, la parapsicologia.Ciò che sarebbe rimasto l'esito di uno studio meramente libresco doveva, per destino, entrare a far parte della realtà della mia vita.Al paese natale di mia madre c’era un cane randagio al quale ero molto affezionato fin dall'infanzia. Giunto ormai all'età di diciassette anni, la sua salute iniziò a peggiorare e la famiglia che se ne prendeva cura, probabilmente stanca di farlo, iniziò a dire che era opportuno farlo sopprimere.Non ricordo esattamente in che epoca avvenne questo, ma credo che sia accaduto quando già frequentavo il primo anno di università.Un inverno in cui, come sempre, mi trovavo a Milano, lontano più di cento chilometri dal paese, l'animale si aggravò e rimase completamente immobilizzato. Ci telefonarono dal paese per informarci, dicendoci che da lì a mezz'ora sarebbe giunto il veterinario, al corrente della situazione ed intenzionato a praticare l'iniezione letale. In quella situazione, non rassegnato ad accettare il fatto compiuto e ritenendo che, se avessi potuto essere presente, avrei potuto curare meglio e forse salvare il "mio" cane, decisi di tentare il possibile: preparare un

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rituale di guarigione a distanza. Non l'avevo mai fatto, era una cosa che avevo letto sui libri, e che mi aveva sempre un po' intimorito.Nel giro di pochi minuti cercai una fotografia e mi ritirai nel sotterraneo sito nello stabile della mia abitazione, sedendomi allo stesso tavolo nero che tutt’oggi utilizzo.Preparai quindi il rituale, accendendo alcune candele, disponendole in un modo che non mi era stato indicato da nessuno e non avevo letto su nessun libro. All’interno della figura così formata, posi la foto dell’animale e mi concentrai sulla sua immagine, invocando l'aiuto delle potenze cosmiche buone affinché esso potesse ancora vivere.Era come se, in fondo, stessi facendo qualcosa e stessi accedendo ad un potere che mi era familiare, per quanto non avessi mai eseguito simili manovre.Dopo pochi minuti, mentre ancora pronunciavo le richieste di guarigione, venni interrotto dai miei familiari, i quali mi dissero: "Hanno telefonato ora, il cane vive! Non lo hanno soppresso... sta migliorando!". E - cosa ancor più sorprendente - le stesse persone che prima volevano farlo sopprimere, ora si offrivano di curarlo e di pagargli i medicinali!In due giorni il cane guarì completamente. Così, la seconda mattina dopo la visita del veterinario, chi lo accudiva, aprendo la porta del box ove si trovava, si stupì nel vederlo correre fuori verso i prati. Non certo correndo come un levriero, ma – pur zoppicando un po’ – andando di buon passo. Che stesse meglio poteva averlo accettato, ma una remissione così veloce era un po' difficile da prevedere.“Nulla è impossibile lassù”, mi dissi a quei tempi e soprattutto gli anni successivi, quasi commosso. “Nulla è impossibile”, dico semplicemente ora.Il cane sarebbe poi stato soppresso, su iniziativa della stessa famiglia, diversi anni dopo, a mia insaputa. La notizia la appresi quasi venti anni dopo, per puro caso, da una parente la quale ignorava che mia madre aveva stabilito che non avrei mai dovuto venirlo a sapere.Mi trovavo affettivamente solo (come da tutta la vita, del resto) e mi struggevo per non riuscire ad essere come gli altri. I miei genitori non perdevano occasione di farmi notare che era ora che “trovassi” una persona, utilizzando questo argomento soprattutto allorché – da studente

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in giurisprudenza – qualche volta mi permettevo di entrare in discussioni riguardanti problemi di eredità o altre questioni con zii e zie che andavano complicandosi.“Tu non immischiarti e vai a trovarti una ragazza, che non sei capace neanche di fare quello” era la risposta che mi sentii dare per almeno cinque anni, trovandomi di fatto estromesso e senza voce in capitolo in molte questioni in cui i miei genitori hanno ritenuto di potersela cavare da soli.

Gli anni dell’università e della preparazione degli esami in Conservatorio.

Terminato il ciclo di studi al liceo scientifico, mi ero iscritto all’Università Cattolica del Sacro Cuore della mia città. I miei genitori erano stati lieti della scelta (nonostante si trattasse di una scuola privata e quindi a pagamento), in quanto, secondo i riscontri di chi l’aveva frequentata, un tale ambiente avrebbe garantito una maggior cura da parte dell’istituto nei confronti dello studente, il quale si sarebbe trovato in una struttura di impostazione cattolica, ricevendo una formazione anche di carattere spirituale ed avendo la possibilità di rivolgersi ad assistenti spirituali e di frequentare gruppi istituiti all’interno.Erano peraltro previsti, per ogni facoltà, degli esami complementari di teologia.Sarebbe una ridicola presunzione pensare di paragonare l’effettivo impegno richiesto dalla preparazione di questi esami con gli studi richiesti ad un giovane che frequenta il seminario per diventare sacerdote o anche ad un semplice laico che frequenta le scuole di Scienze Teologiche. Tuttavia, è anche vero che ogni cosa, dalla più semplice alla più complessa, acquisisce un valore proporzionale alla consapevolezza che vi si riversa.Nel mio caso, sentii che dovevo scegliere determinate materie (delle quali sostenni poi i relativi esami) e ricordo che l’ultimo, relativo ai miracoli di Gesù esaminati sotto il profilo religioso, storico, antropologico, sociologico e parapsicologico, richiedeva espressamente – come indicato nella guida – “un grande impegno e un particolare interesse”. Lo mostrai, superai gli esami e passai oltre.

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A quei tempi, insegnante di filosofia del diritto era Luigi Lombardi Vallauri. Fin dalla sua prima lezione, noi studenti capimmo di avere di fronte un personaggio veramente singolare in quell’ambiente e in quella facoltà.Nel giro di poche lezioni, l’aula in cui teneva lezione (aula Gemelli), da piena che era si ridusse a contenere all’incirca una ventina di persone. Le persone che – come me – non si scandalizzavano, ma anzi ritenevano utile per la propria crescita ascoltare dissertazioni speculative di metafisica, filosofia teoretica, spiritualità.Il professore, in aggiunta alla sua attività didattica a Milano e a Firenze, aveva fondato dei piccoli gruppi di persone (prevalentemente ex studenti) nei quali si praticava la meditazione e si cercava di infervorare il sentimento di percezione del Divino.Superato l’esame, con il suo consenso, ebbi modo di partecipare a tre delle sue riunioni. Fui portato ad interromperne la frequentazione più che altro per problemi di spostamento nel rientro a casa, dal momento che il gruppo della mia città non aveva una sede fissa e le riunioni si tenevano in tarda serata.Molte delle riflessioni esternate da questo filosofo mi aprirono nuovi orizzonti. Era come se le cose che sentivo le avessi da sempre già sapute e fossero state soltanto dimenticate.Poco tempo dopo la mia dipartita dal suo gruppo, venni a sapere leggendo i quotidiani, che l’Università Cattolica aveva provveduto ad allontanarlo, sostituendolo con altro insegnante, a causa del contenuto dei suoi insegnamenti, considerati poco affini al pensiero cattolico, al quale era ispirata la suddetta Università.Decisi altresì di stravolgere il mio piano di studi per quanto fosse possibile. Volli inserire materie umanistiche nel mio piano di studi, privilegiando la psicologia e la filosofia. Dovendo liberare un posto in più, eliminai le lezioni di Inglese per seguire Filosofia morale assieme agli studenti della Facoltà di Filosofia.Il prezzo fu che ad oggi, non conosco l’inglese, con fortissimi limiti ad ogni mia attività non solo lavorativa, ma anche divulgativa delle mie tecniche e teorie energetiche.

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Negli anni in cui frequentai l’università, respirai un’aria di libertà. Un po’ per l’assenza di un obbligo di frequentare le lezioni, un po’ per la possibilità di spostarmi a piacimento tra le biblioteche, gli istituti, le varie palazzine e – non da ultimo – di potermi bere un caffè alle macchinette presenti fuori dalla sala di lettura, mi sentii rinascere.Nel frattempo, continuavo gli studi musicali recandomi privatamente da un insegnante in provincia di Varese. Una sera alla settimana, alle ore 21, scendevo le scale del mio condominio con il pesante baule della fisarmonica, raggiungevo la piccola automobile usata che i miei genitori mi avevano comprato, caricavo il bagaglio e partivo. Trovandomi vicino alle rampe per le autostrade, alle 21,30 riuscivo ad essere a Besnate dal mio insegnante. Terminata la lezione, me ne ripartivo verso le 22,30 e talvolta anche alle 23, per essere di ritorno prima di mezzanotte.Le soddisfazioni ed il senso di libertà provati in quegli anni si compensarono, comunque, con le dure prove che la mia condizione karmica mi portava a vivere.A causa della preparazione simultanea degli esami universitari e di quelli presso il Conservatorio, il mio percorso universitario fu un poco più lungo del normale.Inoltre, quegli anni erano gli stessi in cui avevo deciso di continuare la frequentazione della comunità parrocchiale nonostante mi trovassi obiettivamente sottovalutato ed estromesso dalla partecipazione ad ogni attività educativa. Frequentavo un gruppo giovanile di catechesi e la messa domenicale. Ogni sera del giovedì rientravo a casa trattenendo ed accumulando dentro di me dosi sempre più forti di nervosismo, provocato dal sentire le felici condivisioni dei miei coetanei educatori. La domenica, accumulavo altro fumo nero uscendo dalla chiesa, allorché i miei occhi cadevano sugli stessi coetanei che incontravano i ragazzi a loro affidati, dai quali venivano salutati, abbracciati e consultati.Furono anni in cui la rabbia prodotta mi intaccò le ossa. A ventiquattro anni mi venne diagnosticata la presenza di artrosi su entrambe le anche, con prescrizione di svolgere una vita normale, senza eccessi di natura fisica, in quanto le mie anche si trovavano già nelle condizioni di quelle di un uomo di cinquant’anni.

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Era impossibile anche non pensarci, considerato che il dolore era presente e si faceva continuamente sentire, ad ogni passo che facevo per camminare.Mentre le mie parti emotive ed il mio Ego si struggevano nella frequentazione della mia comunità cattolica locale con tutte le traversie di cui ho parlato, e mentre – contemporaneamente – preparavo gli esami di strumento e quelli relativi alle materie complementari previste nei programmi dei Conservatori di Musica (armonia, storia della musica), frequentavo l’università e cercavo di superare gli esami.Mi sarei laureato nel febbraio dell’anno duemilaquattro, all’età di ventisette anni.

Il funerale della nonna e il punto di svolta.

Durante un’estate, la mia nonna materna (l’unica rimastami) si ammalò di tumore e venne ricoverata.Mia madre, che vi era molto legata e che comunque ha sempre mostrato una particolare attenzione alle persone anziane sofferenti (anche con un diretto impegno in un gruppo di volontari costituito presso la parrocchia del quartiere), si allontanò dalla nostra famiglia per restare al suo capezzale fino all’ultimo giorno.Nell’autunno mia nonna si spense e venne portata al paese perché fosse celebrato il funerale.Ero un po’ come una lavagna vuota. Il dolore che vedevo in mia madre e nelle altre persone, in un momento in cui avevo letteralmente toccato il fondo, non era certo un sollievo.Cancellate tutte le mie aspirazioni a rivestire un ruolo, ad essere un educatore, a ricevere stima e affetto e di trovarle attraverso un’impresa o un servizio; cancellate ormai le mie aspirazioni ad avere una vita piena di piaceri relazionali e sessuali, mi chiedevo quale potesse essere l’atteggiamento migliore che potessi assumere nell’interpretare questi fatti della mia vita.Il giorno precedente il funerale, nelle zone del nostro paese c’era la neve. Ci trovavamo nel centro abitato, ove vi era la chiesa parrocchiale in cui la

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cerimonia sarebbe stata celebrata, ed eravamo in attesa di una persona con la quale saremmo scesi in auto, tutti assieme, al paesello in cui vi era la nostra casa.Nell’attesa, qualcosa mi disse che dovevo scendere a piedi o comunque, farmi una passeggiata a piedi sul sentiero che portava al paesello.Il sole splendeva ed io adoravo la neve. Era una buona idea.Avvisai e mi incamminai a piedi. Se mi avessero raggiunto prima dell’arrivo al paese, si sarebbero fermati per caricarmi.Percorsi pochi metri, alla prima curva il mio sguardo si rivolse a terra e trovai qualcosa che mi sorprese: una lepre.Mio padre in gioventù era cacciatore e tutte le persone, in quelle zone, amavano cucinare le lepri. Io non seguii questo passatempo in quanto non tolleravo l’idea che per divertirsi fosse necessario uccidere degli animali.Davanti a me, in mezzo alla neve, sul ciglio della strada, c’era una lepre già morta, probabilmente investita nella notte da un’auto.Se la lepre fosse stata ancora mangiabile, non saremmo stati noi ad avere avuto la responsabilità karmica della sua uccisione.Mi sentii quasi obbligato a tornare indietro e a chiamare mio padre per mostrargliela.Venne, e non appena la vide, constatò il perfetto stato di conservazione, non esitando a portarla al paese.Mentre ricevevamo le visite per il lutto, nel ripostiglio vicino, mio padre puliva e preparava la lepre per essere conservata nel congelatore.Anche nei giorni di quel funerale, mentre molti miei parenti piangevano o erano tristi (per quanto io sapessi che non ve ne era motivo, soprattutto per l’anima di chi non c’era più, che sicuramente avrebbe avuto accesso ai piani di Luce), si poteva fare festa. Questo sembrava essere il messaggio, univoco, o quanto meno, la lettura dell’esperienza fatta..A seguito del funerale, mentre mi trovavo nella casa con i parenti, gli argomenti ci portarono a parlare dei nostri problemi e delle vicende passate andate storte.Fu in quell’occasione, per la prima volta, che dissi:

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“Quello che desideravo non l’ho avuto. La mia vita procede così. Remando controcorrente, sono finito solamente con lo stare ancora più male. Non c’è altro da dire né da fare. Semplicemente, da questo momento, accetto ogni cosa mi si presenti e mi affido a Dio”.Viene per ogni anima, nel suo lungo peregrinare, il momento di cercare una risposta ai perché della vita. Vedendo davanti a sé un'esistenza sempre più dura, essa finisce col fermarsi, silenziosa e sola, davanti al bivio che può condurre alcuni, nella disperazione, ad una tragica fine, ed altri, più coraggiosi o soltanto più curiosi, alla ricerca del senso della vita stessa. Così, come un bambino piccolo, scottato dalla realtà del mondo esterno che ha iniziato ad esplorare, torna piangendo dai genitori cercando conforto e protezione, allo stesso modo l'anima torna a cercare la Sorgente da cui è scaturita.Durante quei giorni di riflessione mi imbattei in una trasmissione televisiva nella quale operava una medium che praticava la scrittura, quell'attività, di cui già sapevo qualcosa, con la quale il medium (persona dotata del dono di poter comunicare con esseri spirituali) scrive i pensieri che vengono dettati dalle Anime, da Angeli o comunque da Entità Spirituali.Oltre alla possibilità di contattare i defunti, infatti, questa persona affermava di essere in grado di contattare lo Spirito Guida di ciascuno: un'entità che segue ogni uomo, in sostanza la stessa che la Chiesa definisce "Angelo Custode"; entità che spesso ha vissuto una vita terrena e che, dopo un lungo cammino di evoluzione spirituale, si trova vicina a Dio per servirlo nei suoi disegni d'amore verso i viventi.Durante quella trasmissione - non senza perplessità - mi annotai il numero telefonico fornito da questa persona, che avrei potuto utilizzare, a suo dire, per parlare con essa o comunque con qualcuno in grado di farmi avere un messaggio tramite scrittura medianica.Essendo scettico, ma anche in cerca di risposte, decisi di provarci, con qualche accorgimento in più.Un sabato pomeriggio, solo nel soggiorno di casa, presi un foglio e scrissi alcune domande alle quali avevo sempre cercato una risposta, su di me, sulla vita, sul mio futuro, sulla volontà di Dio per me; quindi cercai di invocare il mio Spirito Guida, nel caso tali entità esistessero realmente e ne avessi avuto una anche io. Mi misi a parlare sottovoce (per non farmi

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sentire da altre persone) dicendo: "Se veramente ci sei, esisti e mi stai accanto, rispondi al messaggio che farò scrivere, e cerca di dare una risposta a queste domande che scrivo qui e che dico solo a te". Tra le stesse domande ne aggiunsi una un po' temeraria, che nessuno aveva mai osato chiedere nelle trasmissioni televisive: come poterlo contattare personalmente, senza ricorrere a servizi di quel genere. Quindi telefonai, e quando potei parlare con la persona adatta, dissi soltanto: "Vorrei ricevere un messaggio dalla mia Guida, se ne ho una", senza chiedere altro.Il messaggio ci fu. Mi dissero che proveniva da un'entità che aveva vissuto sulla terra con il nome di Adele agli inizi del "secolo scorso". Portava parole cariche di pace ed amore, quali "Io sono dentro al tuo cuore, io benedico il tuo cuore, io sono il tuo Angelo Custode. Parlami pure ad alta voce, non vergognarti e non sentirti sciocco a farlo: ti sono sempre vicino per accompagnarti ed aiutarti, l'ho sempre fatto e ho intenzione di farlo per sempre". Avevo veramente parlato sottovoce, prima di telefonare!Poi, subito dopo - superando ogni mia reale aspettativa - arrivarono le risposte alle mie domande, che solo io sapevo. In particolare, l'ultima parte del messaggio diceva così: "Puoi cercarmi quando hai bisogno. Accendi una candela bianca in casa. Io vedrò la luce [...]. Potrai sentirmi, perché quando ti abbraccerò avvertirai una sensazione di calore. Riuscirai a sentire la mia presenza, e sarò lì per aiutarti".Ancora poco esperto in materia e legato a logiche di parentela familiare, inizio a chiedere ai miei genitori se avessi avuto una parente con il nome che mi era stato detto. Emerge una zia acquisita, morta a venticinque anni all'inizio del novecento. Ricordo quindi che pochi giorni prima ero stato al cimitero del paese e mi ero soffermato incuriosito sulla sua tomba ed inizio a convincermi che si tratti di quella "persona".La mattina successiva però, poco prima dell’orario in cui solitamente mi sarei alzato, mi trovavo in uno stato di dormiveglia. Improvvisamente mi trovai intento ad esaminare un volto. Era il volto sconosciuto di una ragazza sorridente che mi fissava, immobile, ben disponibile ad essere esaminato e scrutato. L'espressione del volto era comprensiva, come quella di chi fa giocare un bambino piccolo e lo lascia fare perché gli vuole bene e sa che a lui è necessario indagare per imparare. Mi vedevo vicinissimo a lei, quasi a contatto con il suo volto per guardarla più vicino possibile. Scrutai i capelli, che sono come quelli di tante giovani al giorno

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d'oggi, con i "colpi di sole"; scrutai gli occhi (di cui non ricordo il colore), quindi il naso e infine la bocca. Era come avere davanti il primo piano di una fotografia, un volto perfettamente immobile e sorridente che mi fissa e si lascia fissare.In quel momento, ricordo di aver operato delle congetture con riferimento alla storia dell'età di morte della mia zia acquisita. Mi dissi: "questa persona a venticinque anni non ci arriva; secondo me ne ha ventiquattro, anzi, neppure; ne ha ventitré e qualche mese, non di più".Considerando l'evento soltanto un sogno, non gli diedi troppa importanza e continuai a credere di essere guidato dalla cognata del mio nonno paterno, finché, sei mesi dopo ebbi il chiarimento di cui necessitavo.Insoddisfatto di quanto ricevuto con il primo messaggio (trattasi di un’insoddisfazione abbastanza diffusa tra chi si avvicina a questo mondo, almeno nei tempi iniziali), ricontattai il gruppo dei medium e richiesi un altro messaggio.La risposta giunse dalla stessa Guida. Veramente si trattava di una persona sconosciuta alla mia famiglia. Veramente quell'entità, nella sua vita terrena, non aveva mai avuto venticinque anni. Ne aveva quanti ne avevo stimati io: ventitré e qualche mesetto, prima di trapassare.I fatti di quel periodo relativi al rapporto con il mio Spirito guida non sarebbero completi se omettessi il racconto di quanto accadde una settimana dopo che mi fu comunicato il primo messaggio, quello in cui venivo invitato ad accendere una candela.La sera del sabato della settimana successiva, dopo aver letto qualche pagina di un libro di esoterismo, andai a letto e mi misi a pregare in modo più intenso del solito, affidando a Dio i miei dubbi e le mie debolezze; quindi rimasi un attimo sveglio ad occhi aperti, chiedendomi se la storia del messaggio fosse tutta un'invenzione per guadagnare soldi dalle persone disperate, o fosse vera, e se quindi realmente, accanto a me, anche in quel momento, ci fosse qualcuno.D'improvviso un brivido mi scosse la pancia, e un formicolio sempre più forte mi prese le viscere. Quella sensazione, che nell'immediato mi fece pensare alla rottura di una vena o a qualcosa di simile, si trasformò, in pochi secondi, in un forte calore.

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Come sotto l'effetto di una stufa potentissima, in grado di scaldarmi contemporaneamente davanti, dietro e di fianco, avvertii il calore mentre riempiva il mio corpo come se fosse acqua calda, per poi salire e raggiungere lo stomaco, il torace e quindi il collo, fino ad avvolgermi completamente in tutto il corpo. Mi trovai totalmente avvolto in una cappa di calore, e mi accorgevo che, mentre cercavo di ragionare su cosa mi stesse accadendo, la temperatura continuava ad aumentare. Iniziai a sudare, non sapevo cos'altro sarebbe potuto accadere, ed ebbi paura.Nel momento in cui iniziavo ad avvertire il bruciore provocato dalla temperatura sempre più alta, mi ricordai che proprio il messaggio di cui stavo dubitando mi aveva preannunciato un segno attraverso il calore. In quel momento, nel mio letto, non avevo acceso candele, ma tale fenomeno si mostrava come la risposta soprannaturale ai miei dubbi espressi nella preghiera, era la risposta della mia Guida, permessa e consentita dall'amore di Dio, avvenuta proprio in quel momento di preghiera, per convincermi della verità di quanto mi era stato comunicato. Risposta che mi sarebbe poi stata confermata da altri segni, alcuni avvenuti spontaneamente, altri su mia richiesta.Infatti, compreso ciò che poteva essere accaduto, dissi col pensiero: "Basta! Ho capito, ora ti credo, ti prego, lasciami, non farmi paura...". Immediatamente il calore diminuì fino a cessare del tutto, e mentre scompariva questa sensazione, mi sembrò di avvertire il gesto di una persona che, dopo averci stretti in un abbraccio, ci rilascia, con quell'imperfezione nei movimenti che può essere solo umana.Quella strana sensazione di formicolio di cui parlano i miracolati ricordando commossi le loro guarigioni; quel calore riportato sui manuali di alta magia come sicuro segno di un intervento superiore; quell'energia "cosmica" di cui tanto si parla, e che invano avevo cercato di captare e percepire... tutto questo mi si era rivelato nel momento più inatteso.

Il sito internet “Luce Bianca”.

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A partire dai giorni successivi al mio incontro diretto con il mio Spirito Guida, folgorato dall'esperienza vissuta, che aveva colorato di un nuovo senso e di un rinnovato interesse anche le esperienze belle e brutte del mio passato, in quell'inverno del 2002 iniziai ad approfondire le tematiche relative agli angeli, alla spiritualità e al senso della vita, sia attraverso letture (quante sere ho trascorso nelle librerie del centro leggendo, senza acquistare quasi nulla, decine e decine di libri su angelologia, maestri e guide, spiritualità new age, legge del karma, resoconti di esperienze di premorte, viaggi astrali, ipnosi regressiva, ecc..), sia con l'esplorazione di siti web.Navigando su internet scoprivo, tra l'altro, che diverse persone che condividevano la mia passione avevano creato un proprio sito nel quale trattavano gli argomenti che amavano di più. Qualcuno parlava dei propri doni speciali (veggenza, doti guaritrici, ecc.), ma molti avevano messo tempo e passione nel creare un sito solamente per incrementare la diffusione del sapere su un determinato argomento.Io, che un po' ero riservato per natura, e un po' avevo poca voglia di lavorare, mi ero limitato a pubblicare un piccolo sito musicale (la musica, come già detto, era l'altro mio grande interesse) ma avevo del tutto tralasciato il settore spirituale sentendomi inadeguato e privo di un "titolo" per avere una qualche voce in capitolo.Da quel momento, i "titoli" potevo dire di averli. Potevo raccontare delle esperienze che pochi avevano vissuto e che mi facevano rientrare in quella cerchia di persone "particolari", che la società non comprende e non accetta appieno, proprio in quanto in un modo o nell'altro, perennemente o in qualche periodo, sono riuscite e/o riescono ad aprire un contatto con la realtà soprannaturale.Per questo, dopo un mese di frequentazione di siti e mailing list con l'umiltà di ogni nuovo arrivato, pieno di entusiasmo e di voglia di condividere realizzai il sito "Luce Bianca", oggi chiuso.Appena realizzato il sito, lo inviai a pochi conoscenti. Uno dei pomeriggi successivi, mentre mi trovavo in piedi nel soggiorno di casa mia, ebbi una visione a mente sveglia, come una sorta di fotografia: una giovane persona del mio quartiere era davanti al monitor del suo computer e guardava qualcosa con aria sconcertata e disarmata. Io vedevo la scena come se chi effettuasse la ripresa si trovasse dietro il monitor (grigio o bianco) ma

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leggermente spostato a destra, in modo da consentirmi di vedere il volto della persona da un'angolatura di tre quarti. Per qualche secondo vidi queste immagini sovrapporsi a quelle del soggiorno dove mi trovavo.Quella visione, anziché inquietarmi, mi allietò, perché ormai iniziavo a capire che si stava aprendo un canale di comunicazione con la dimensione spirituale, che l'informazione che avevo ricevuto era vera e che potevo essere contento che il mio sito (anzi, il "nostro" sito, fatto con il Loro aiuto) stava facendo il suo dovere.Pochi giorni dopo, infatti, venni a sapere che la persona che avevo visto nella visione aveva effettivamente ricevuto via mail, il link al mio sito da altra persona che si era curata di diffonderlo.Con l’aiuto della Grazia Divina, stavo finalmente entrando nelle case dei giovani, quegli stessi giovani che, poco prima, mi erano stati allontanati.Il sito nel 2006 si ampliò e le idee per arricchirlo fiorirono, anche grazie alle idee giunte dai visitatori che decidono di farsi conoscere e di scrivere.In quell'anno mi venne in mente di predisporre e di pubblicare un corso di utilizzo del pendolo (radiestesia). Senza troppi scrupoli sul contenuto dei testi, scrissi in maniera grossolana, promettendo di insegnare a comunicare con anime defunte e a trovare oggetti smarriti (cose in realtà possibili ma non per tutti e comunque non semplici). Un giorno aprii il file sul quale stavo lavorando (salvato in una cartella a parte, su un pc al quale nessuno ha accesso) e con grande sorpresa rilevai qualcosa che non poteva esserci e che non potevo spiegare.Dopo l'ultima riga scritta da me, compariva una nuova frase:"spiritista che provoca al riso le persone".Chi poteva aver scritto quella frase, dato che nessuno dei miei genitori sapeva accendere un computer?Però era proprio così. Lo spiritista ero io (definizione appropriata: non posso dirmi né medium né sensitivo, ma coltivo le materie riguardanti il contatto con entità disincarnate) e con gli articoli che stavo per pubblicare mi sarei reso ridicolo e non avrei certo contribuito a divulgare i messaggi dei piani alti, né a rappresentare il mondo spirituale.Il rimprovero sortì l’effetto che probabilmente doveva avere, in quanto il corso non fu più pubblicato.

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Ma quello che più è importante è l'evidenza.... che io e il sito che al tempo gestivo, eravamo seguiti da entità di luce. Il mio primo contatto con Reiki.

Il mio percorso con Reiki iniziò il giorno in cui mi imbattei, all’interno di un grande magazzino, in un libro esposto dedicato a questa materia. Lo acquistai, proponendomi di leggerlo velocemente.Le frasi, le citazioni, l'impaginazione, i colori: tutto in quel libro trasmetteva energia.Sarebbe rimasto sul comodino della casa di montagna per sette anni.Nell'inverno del 2006 mi accadde qualcosa.Venni operato al naso per la rimozione dei turbinati, dopo anni in cui prendevo in maniera costante dosi triple e quadruple di spray nasali vasocostrittori per riuscire a dormire la notte con la sicurezza di respirare.La convalescenza post intervento non fu piacevole, in quanto il continuo catarro che mi si formava in gola, unitamente ai due tamponi presenti nel naso, mi rendevano molto difficile la respirazione, rendendomi il trascorrere delle ore del giorno come un vero e proprio supplizio.Durante la prima notte con i tamponi nel naso, mi resi conto che avrei dovuto imparare a respirare a bocca aperta, cosa che non avevo mai fatto, essendomi sempre affidato all’aiuto degli spray nasali.Mi aiutò un’entità, probabilmente l’anima di un defunto che non si era mai staccata da quell’ospedale.Sentivo vicino a me un uomo la cui voce poteva rivelarne l’età di sessant’anni. L’accento era meridionale.Il fatto di respirare a bocca aperta, probabilmente, mi teneva in uno stato di dormiveglia o comunque di sonno leggero che mi permetteva di entrare in contatto con presenze di questo tipo.Me ne accorsi in un momento in cui mi stavo svegliando (consapevole di avere dormito alcune ore) mentre la bocca mi si stava chiudendo.Una voce maschile mi disse:“No! La bocca, la devi fermare prima che si chiuda!”

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come se stesse ripetendo per l’ennesima volta cose già dette a me o a una parte di me. Mi pareva anche di stringere tra i denti un oggetto che tendeva a fermare il mio morso con la bocca leggermente aperta. Un oggetto astrale, invisibile ed impalpabile che ovviamente non impediva il passaggio dell’aria ma che io, nel sonno ed in dormiveglia, potevo percepire.Compresi immediatamente che quella presenza mi stava aiutando ed assecondai le sue indicazioni, riaddormentandomi ed imparando a risolvere il problema della respirazione nel sonno anche la notte successiva, in cui non vi fu più bisogno della sua presenza accanto a me.Rientrato a casa, mi accorsi subito che la permanenza in ospedale mi aveva sconvolto nel mio lato inconscio e più profondo.Dopo il primo pranzo a casa, andai a coricarmi e poco dopo sentii una strana paura emergere e un incubo si affacciò alla mia mente appena addormentata: rivivevo una lite nel mio primo posto di lavoro.I giorni passarono e raggiunsi quello che poteva sembrare uno stato di equilibrio, anche se precario.Si stava avvicinando il mese di dicembre, e con dicembre sarebbe giunto l’anno 2007, in cui avrei compiuto i miei trent’anni.Un tale pensiero mi inquietava. Si muovevano dentro di me tante emozioni confuse e tanti ricordi e mi rendevo conto che – almeno secondo il pensare comune – terminavo una decade e ne iniziavo un’altra. L’età dei trent’anni, per me, diventava quello che è il definitivo ingresso nell’età adulta con conseguente abbandono di ogni aspetto ancora legato alla gioventù, alla eccessiva spontaneità, alla cosiddetta “immaturità” affettiva e non solo.Peccato che fossero tutti aspetti che in me, più che appassire, dovevano ancora germogliare.Nel mese di dicembre iniziai ad avvertire un ronzio continuo alla testa. Non mi recava disturbo, ma lo avvertivo, spesso in modo insistente. Mi ci addormentavo la sera, nei miei sogni non lo avvertivo; la mattina, durante il primo risveglio, il ronzio riprendeva.Durante una notte, mi parve di dialogare con qualcuno che intendeva spiegarmi e rassicurarmi sul fatto che non si trattava di nulla di grave, ma

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solo di un disturbo transitorio dovuto a determinati mutamenti energetici ed alla mia accresciuta sensibilità alla percezione delle energie.Non volli dare peso a quel sogno, come del resto farei ora. Sempre raccomando, infatti, di prendere con la massima cautela ogni messaggio ricevuto, dal momento che è molto difficile poterne apprezzare in via preventiva la veridicità, la fonte e – soprattutto – l’autenticità della fonte.Il medico, consultato, non seppe darmi una spiegazione e mi rise in faccia.Ma il ronzio aumentava e mi solleticò ogni genere di curiosità.Senza entrare nei dettagli, posso dire che mi trovai definitivamente faccia a faccia con questo disturbo nel giorno di Santo Stefano (26 dicembre), proprio quando mi ero deciso a contattare un insegnante di reiki per pensare di iscrivermi ad un corso di primo livello.Reiki è una semplice disciplina di carattere energetico, messa a punto dal giapponese Mikao Usui all’inizio del ‘900, con la quale è possibile all’operatore che sia stato “attivato” all’energia da un insegnante, effettuare trattamenti a sé stesso e agli altri attraverso l’imposizione delle mani e – ai livelli superiori – attraverso il solo uso della mente (naturalmente unita al Cuore). Attraverso il reiki, oltre che perseguire l’accelerazione della guarigione di ustioni, punture d’insetti, traumi, contusioni ed il miglioramento accelerato di ogni altro malessere naturalmente guaribile, si possono bilanciare i diversi centri energetici (i cosiddetti chakra) al fine di riequilibrare anche il lato psichico ed emozionale della persona e ripristinare l’equilibrio psicofisico.Con l’uso a livelli superiori (dal secondo livello) è possibile anche riequilibrare, al di là delle illusioni dello spazio e del tempo, non solo patologie fisiche, ma anche situazioni conflittuali.Complici anche alcuni sintomi parainfluenzali stagionali (senza febbre) che aumentarono quei sintomi, nonché l’assenza del mio medico fino alla metà della prima settimana di gennaio, la mia mente diede energia alla convinzione che i sintomi rivelassero la presenza di un tumore alla testa che sarebbe cresciuto rapidamente, dal momento che non avevo alcuna possibilità di poterlo verificare.Iniziai ad essere pervaso da un’ansia crescente durante il giorno, mentre la notte era il momento in cui ritrovavo la pace.

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Purtroppo, dal terzo giorno, anche il sonno venne disturbato e mi trovai immerso in un periodo in cui mi trovai a lottare con l’insonnia per circa quaranta giorni.Forse fu una mano celeste quella che convinse, il giorno dell’Epifania, un medico del Pronto Soccorso di un ospedale della mia città ad eseguirmi una TAC in modo che potessi essere rassicurato sul mio stato di salute.La risposta ai miei timori fermò il fattore scatenante dell’ansia, ma il danno provocato ormai si era esteso ed avrebbe richiesto tempo per riassorbirsi.Il penoso stato in cui mi trovai in quei nove giorni, faccia a faccia con la paura della morte allo stesso modo di un vero malato terminale, mi lasciò un’impronta profonda.Anche nei giorni successivi al sei di gennaio, non riuscivo a coricarmi senza pensare che nella notte avrei potuto ancora essere disturbato da quei frequenti risvegli in cui mi sentivo letteralmente attraversato da ogni tipo di scariche: scosse elettriche, bruciori, rilasci improvvisi di adrenalina, esplosione di ogni tipo di pensieri.Durante il giorno, ancora per tutto il mese di gennaio, non fui in grado di lasciare un cellulare acceso a tutto volume, in quanto al primo squillo di una chiamata in arrivo, il mio sistema nervoso veniva sollecitato alla maniera in cui una persona normale subisce uno scherzo di cattivo gusto atto a procurare un forte spavento.Ripensando oggi a quei mesi, devo ammettere che segnarono una fase di transizione, ma anche che furono – dal punto di vista emotivo – i peggiori mesi della mia vita fino ad oggi.Poco prima di questi fatti, e più precisamente nel mese di novembre 2006, venni contattato via e-mail da una giovane sensitiva, di nome V., la quale si presentò chiedendomi chi fossi e di cosa mi occupassi.Chiedendole chiarimenti, venni a sapere che la stessa era giunta al mio sito web, in quanto da tempo una vocina le aveva suggerito all'orecchio il titolo del mio sito, invitandola a cercarlo. Così aveva fatto.Da lì a pochi giorni, questa giovane mi avrebbe presentato Vittorio Barizza, il ricercatore angelico che dapprima mi avrebbe guarito dalla depressione ansiosa di cui ho parlato trasmettendomi Reiki a distanza, e che, successivamente, sempre sotto suggerimento angelico, mi avrebbe

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rapidamente portato ai due master Reiki Usui e Reiki Karuna ®, che peraltro avrebbero rappresentato soltanto l’inizio di un percorso di apprendimento che, ad oggi, ritengo soltanto iniziato.Appena dopo la conoscenza di V., mentre i ronzii alla testa mostravano l’intenzione di tenermi perennemente compagnia aumentando di volume, iniziai ad avvertirmi sempre meno stabile sul piano emozionale e mentale.Era come se – oltre a quel disturbo, o forse proprio quale causa di esso – sentissi sgretolarsi a poco a poco tante colonne sulle quali mi ero sempre appoggiato fino a quel momento e in tutti gli anni in cui avevo alimentato il mio risentimento, la mia rabbia e le mie voglie di vendetta.Ricordo di aver detto ad un amico, in quei giorni: “Mi sento come se la mia barca stesse facendo acqua nel mare in tempesta. Potrebbe affondare”.Senza scordare l’esperienza di contatto con il mio spirito guida, non potevo dimenticarmi tutte le esperienze difficili di quegli anni, le recenti diatribe avvenute tra me ed i dirigenti di due scuole di musica in cui avevo insegnato, il perdurante isolamento dalle persone del quartiere che frequentavano la mia comunità parrocchiale, l’incomprensione anche dei miei genitori che – pur convivendo con me – molto spesso mi catalogavano come “egoista”, “polemico”, “malvagio”, “freddo”, “indifferente” e “senza cuore”.In effetti, qualche volta tali giudizi erano stati espressi anche da altre persone e comunque anche io, in alcuni casi, ero stato portato a ritenermi tale.Diverse volte, ad esempio, sui mezzi pubblici erano salite persone sulla sessantina (pur in buona salute) e – come all’avvio di un programma software – mentre alcuni adolescenti e giovani seduti tenevano la testa bassa o la abbassavano, persone di trenta e quarant’anni facevano a gara per essere le prime ad alzarsi ed invitare la persona più anziana a sedersi.Io vedevo tutta questa attività come un gioco di velocità per guadagnarsi la possibilità di giudicare (e quindi affossare) il vicino: la persona che si alzava per prima, poi, poteva lanciare occhiate fulminanti a chi non si era alzato, specie se più giovane, e qualche volta anche mettersi a fare qualche commento. Pur se indirettamente, molte volte fui una di quelle persone che non si alzavano e che ricevette sguardi ammiccanti e qualche commento espresso a bassa voce.

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Il tempo, del resto, era veramente poco per potersi accorgere della situazione e scattare in piedi. C’era già chi lo faceva e comunque – mi dicevo – la persona più anziana, spesso apparentemente di ottima salute, avrebbe tranquillamente potuto chiedermi di cederle il posto.In un tale contesto, quindi, spesso passai per il ragazzo senza cuore, che rifiutava di cedere il posto al più anziano di età.Ma tali persone, passeggeri occasionali, non sapevano che molte altre volte sia alla mattina che alla sera, proprio pensando a queste circostanze, trascorrevo tutta l’ora del mio viaggio in piedi, per sacrificarmi fin dall’inizio in favore di altre persone meno vigorose che fossero salite sul mezzo. Solo io e Dio potevamo sapere. Agli occhi degli altri, invece, potevo apparire freddo ed indifferente.I miei genitori, come detto, così mi definivano, senza minimamente aver provato a mettersi nei miei panni e comprendere che se il mio contegno esteriore appariva tale, probabilmente ciò era avvenuto come meccanismo di difesa alle innumerevoli prove che avevo dovuto affrontare in quegli anni.Nel mese di dicembre, in un tardo pomeriggio, ricordo di essere stato in giro per la città, vagando senza meta.In un tale stato mentale, completamente solo, entrai nel Duomo della mia città (Milano). Notai nella parte sinistra un altarino dedicato a Gesù e mi ci sedetti di fronte, in una delle poche panche appositamente presenti.Vedevo diverse persone molto devote sedersi e pregare per diversi minuti con un coinvolgimento emotivo che raramente io ero riuscito ad avere nei miei momenti di connessione e preghiera.In quel momento sentivo di dover pregare.Mi tornavano alla mente gli epiteti attribuitimi dal miei genitori e gli episodi sopra raccontati, nei quali venivo ad apparire una persona indifferente e fredda di cuore.Fissai il mio sguardo sulla statua di Gesù crocifisso, con l’intento di realizzare una connessione con Lui e con qualsiasi altra Entità di Luce (Angeli, ed anche Dio stesso) potesse ascoltarmi in quel momento.A bassa voce, ricordo di aver detto: “Se c’è qualcosa che io debba capire, qualcosa di cui non mi sia reso conto, Vi prego, fatemela sapere adesso o comunque in fretta. Rischio di impazzire, non ho molto tempo”.

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Uscii dalla chiesa sempre nel medesimo stato malinconico, ripresi la metropolitana e scesi nella stazione del treno suburbano che mi avrebbe portato, in una fermata, in un’altra zona della mia città, più vicina alla mia abitazione.Salito sul vagone di coda del treno (come altre mille volte negli anni precedenti), mi accorsi che non era presente l’operatore usualmente a bordo per controllare le operazioni di chiusura delle porte.Si sentì un fischio e le pesanti porte di acciaio del treno iniziarono la chiusura.In quel momento sentii dei passi frettolosi avvicinarsi, quindi vidi le braccia di una donna sporgersi verso l’interno del vagone: la povera e poco avveduta signora, cercava di salire mentre le porte si stavano chiudendo.Non fece in tempo a salire.Ma nell’inerzia generale di tante persone, ognuna intenta a pensare alle proprie faccende, molte delle quali con l’auricolare alle orecchie, io – tra i miei dolori ed i miei affanni – ero presente nel qui ed ora.Ero presente per potermi accorgere che una mano di quella signora era rimasta incastrata nelle pesanti porte di acciaio del treno, che – spinte dall’aria compressa – si erano così bloccate.Vidi i vagoni degli altri treni e l’edificio di fronte a me spostarsi: il treno stava partendo, con la signora incastrata, che sarebbe inevitabilmente stata trascinata con ogni prevedibile esito!Mentre udivo gli strilli della povera donna (che avrebbe potuto essere mia madre e che mi ispirava una tenerezza immensa), immediatamente – in frazioni di secondo – ricordai e cercai la sede del pulsante di apertura di emergenza, forzai l’apertura e lo premetti. Quindi andai a forzare l’apertura delle porte (che, seppur sbloccate, necessitavano di essere spinte). Il tutto di fronte ad altre dieci persone indifferenti ed immobili come manichini.Ed ecco che finalmente la signora, smettendo di strillare, estrasse la mano. Aveva avuto salva la vita.Solo allora il ferroviere si accorse di qualcosa e fece arrestare il treno.

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Della decina di persone presenti in piedi nell’entrata di quella carrozza, solo io ero stato consapevole di ciò che stava accadendo e avevo potuto salvare una vita.Ricordai la preghiera rivolta a Gesù mezz’ora prima.La risposta era stata chiara: pur nell’unicità del mio carattere e della mia personalità, unica così come è unico ognuno, anche io ero una scintilla di Luce Divina con un enorme potenziale da esprimere, potenziale che avrebbe potuto esprimersi al massimo in una particolare modalità, forse diversa da quelle della maggioranza, ma non per questo meno prezioso.Trascorsi ore a piangere nella mia stanza, attraversato dalla forte emozione di avere scoperto, da un lato, che la Luce ascoltava anche le mie richieste, e dall’altro, che proprio la Luce mi aveva mostrato che anche io ero, anche così com’ero, un tramite dell’amore di Dio.Durante il periodo successivo alla TAC effettuata al pronto soccorso, ovvero nelle settimane in cui cercavo lentamente di ritrovare me stesso accettando i ronzii alla testa come qualcosa di non pericoloso, trovai il coraggio di comunicare a Vittorio Barizza le mie condizioni.Lo stesso provvide immediatamente, con il mio consenso ed in via assolutamente gratuita all’invio di innumerevoli trattamenti Reiki a distanza.Era la prima volta che venivo a contatto con Reiki. Le condizioni in cui mi trovavo non favorivano la mia percettività, in ogni caso mi accorsi che qualcosa stava succedendo. Sovente avvertivo scaldarsi la mia testa o le mie mani o un mio piede, ed in ogni caso, il fatto di sapere che un operatore energetico, in contatto con il mondo angelico, stava chiedendo aiuto per me sottoponendo ai “Piani Alti” il mio problema, faceva sì che riponessi in lui la piena fiducia e che considerassi il momento serale come la parte più interessante e più attesa della giornata. Quella per cui valeva la pena sopportare le sofferenze e proseguire il cammino.I trattamenti sortirono il loro esito, anche se una remissione completa del problema avvenne nel mese di marzo, in cui mi recai finalmente in una palestra di Milano per ricevere il primo livello Reiki.Da Vittorio Barizza avrei ricevuto tutti gli altri livelli del metodo Usui e Karuna ® successivamente.

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Una mattina, poco prima del nostro incontro in cui avrei ricevuto il secondo livello Reiki (metodo Usui), mentre mi recavo al lavoro in tram, mi pervenne un suo lungo sms, inatteso.Diceva pressappoco così: “Caro Alessandro, devi assolutamente accelerare il tuo cammino spirituale. Dopo aver ricevuto il secondo livello dovrai procedere più speditamente nel tuo cammino, mentre il mio compito sarà quello di portarti ai due Master”.Non riuscii a sapere altro, se non che queste indicazioni gli arrivarono (come talvolta avveniva) dal mondo angelico.E così fu: se sono diventato insegnante di Reiki in tempi brevi ma soprattutto riuscendo a risolvere i problemi di tipo economico che solitamente dissuadono molti dall’intraprendere questa strada, lo devo a lui, che – a sua volta – ne ricevette l’incarico.Questi fatti, quindi, rivelano che tutto è stato voluto nei piani più alti, nei cosiddetti Mondi Sottili e dai loro abitanti, che sul nostro pianeta vengono chiamati Maestri, dei quali - oggi come allora, anche a seguito delle ultime esperienze - sono uno collaboratore. Le prime esperienze da Master Reiki.

Conseguito il Master Reiki nel dicembre 2007 (denominato anche Terzo Livello, ed oggi, in alcune scuole, “Terzo Livello Master” per distinguerlo dal “Terzo Livello non insegnante” o “Livello 3-A”), trascorsi un paio di mesi per utilizzare Reiki su me stesso.Nel novembre ero stato bocciato nella prova orale di un importante esame di stato al quale i miei genitori tenevano molto. Il mio datore di lavoro, allo stesso modo, avrebbe desiderato che io rientrassi avendo superato quell’esame.Per riuscire a superarlo, avevo anche tentato di rinviarne la data cercando di simulare un problema di salute. Spesso il metodo aveva funzionato con altre persone. Non sapevo, tuttavia, che la mia commissione (forse prevenuta su questo escamotage) era solita concedere rinvii brevissimi.

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Il mio certificato medico prescriveva dieci giorni, la data del mio esame fu fissata entro il nono giorno (circostanza che già mostrava un’inequivoca illegittimità).Anche in questo caso, non era altro che il mio karma, che inesorabile, scandiva le tappe dello smaltimento di tonnellate di schifezza accumulate in un passato ormai sepolto nell’oblio.Tornai al lavoro, ma il rientro non fu facile.In un clima ove già ero stato, in precedenza, il continuo bersaglio delle ire della moglie del titolare, dal mio rientro, anche il collega che lavorava nella mia stessa stanza iniziò a divenire insofferente nei miei confronti.Non aveva tutti i torti: anche lui avrebbe dovuto iniziare a rimanere a casa per preparare la prova scritta del suo esame di stato e il mio rinvio imprevisto della data dell’esame, lo aveva costretto a rimandare la preparazione del suo.Inoltre, la mia mancanza lo aveva sovraccaricato anche del mio lavoro per due mesi.Il risultato fu che dal mio rientro nel mese di novembre 2007 (poco prima di ricevere il Terzo Livello Reiki), lo stesso cessò di dedicarsi alle mansioni manuali, con il pieno appoggio dei titolari (e specialmente della moglie), mentre, in modo più o meno sottile ma molto chiaro, veniva richiesto a me di occuparmi, da quel momento in avanti, di tutte le mansioni manuali che in precedenza dividevo con il mio collega, per quanto fossi più anziano di età ed avessi anche una maggiore esperienza lavorativa nel campo.In altre parole, si trattava di un demansionamento.Quando mi accorsi che era inutile far notare la disparità di trattamento che vi era ed intuii chiaramente che tutto era stato previsto in mia assenza, con tutta la pazienza e la dolcezza di cui fui capace, mi calai nei suoi panni, compresi i suoi stati d’animo e le decisioni che i titolari potevano aver preso ritenendo di fare la cosa giusta (senza sapere che in realtà erano loro a trattenermi in tutti i modi in un posto di lavoro in cui non volevo più rimanere) ed accettai anche questa nuova situazione come la volontà divina che si esprimeva attraverso il progetto degli eventi della mia vita.Nel primi mesi dell’anno 2008, durante un pomeriggio in cui navigavo sul web, appresi l’esistenza del Kundalini Reiki. Un metodo molto semplice e

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nello stesso tempo potente, ideato da Ole Gabrielsen e trasmesso prevalentemente attraverso iniziazioni a distanza.Mi decisi ad acquistare il corso e a ricevere le iniziazioni (che da qui in avanti chiamerò con il sinonimo attivazione).Successivamente al conseguimento del master in Kundalini Reiki, successivo a quello nel reiki Usui (conseguito nel dicembre 2007), mi dichiarai pronto ad iniziare l’insegnamento di queste due discipline, che illustrai e pubblicizzai sul sito internet www.reikimilano.com tuttora funzionante.Con il Reiki Usui non incontrai particolari problemi: iniziai l’insegnamento in forma individuale e da subito (eccettuato un solo caso) le persone poterono uscire soddisfatte dal mio studio rilevando, assieme a me, la differenza di apertura energetica rispetto alla situazione precedente all’attivazione ma soprattutto provando un grande entusiasmo per l’acquisita consapevolezza delle loro potenzialità.Le settimane successive alle attivazioni furono i momenti più belli, in cui queste persone poterono sperimentare risultati che superarono di gran lunga le loro aspettative e che servirono a convincerle che la Realtà, quantomeno, non è soltanto ciò che ci sembra essere tale.Alcuni di loro avvertirono anche un immediato aumento delle loro percezioni extrasensoriali.Con il Kundalini Reiki l’inizio non fu affatto così semplice.E’ da sapere che le attivazioni a tale sistema avvengono unicamente attraverso l’intento, come se si verificasse il richiamo di un “programma” da eseguirsi sui piani sottili (su diversi livelli contemporaneamente) per il perfezionamento dell’attivazione. Sia attivando in compresenza che a distanza, il master deve unicamente richiamare l’intento di voler attivare la persona ad un certo livello di Kundalini Reiki. Sull’ovvia premessa che per essere Master è necessaria l’attivazione al Terzo Livello Kundalini Reiki, sarà la sua parte spirituale ad operare, in collaborazione con quella dell’allievo. Se la persona da iniziare è vigile ed attenta e desidera anche nel profondo l’attivazione, questa avviene in automatico.E’ sempre stato chiarito, tuttavia, che non si deve pretendere da questo metodo un’immediata e totale apertura dei canali percettivi e neppure un risveglio della Kundalini tale da far percepire quelle vampate ed esplosioni

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fragorose di cui si parla nella letteratura yoga, in quanto questo metodo agisce nella misura sufficiente (e senza esagerazioni) a risvegliare nella persona la Kundalini, nella misura in cui la stessa (per i livello evolutivo raggiunto, per l’esperienza energetica maturata) può sopportarla senza correre problemi, anche in ottemperanza alle Leggi karmiche e cosmiche. Analogamente, l’apertura dei canali che si realizza con il Primo Livello, necessaria per preparare una strada aperta all’ascesa della Kundalini che avviene nel Secondo, è proporzionale al risultato finale già prevedibile.Per questi motivi, le percezioni che possono essere avvertite durante un’attivazione acquistano un significato solo per quelle persone già extrasensorialmente dotate, le quali sarebbero in grado di avvertire l’energia anche nelle attivazioni al Reiki metodo Usui oppure ricevendo un normale trattamento Reiki. Persone “normali” dal lato percettivo, difficilmente riescono ad accorgersi di qualcosa nel momento dell’attivazione o anche dopo, e ciò accade non perché l’attivazione non abbia funzionato, ma perché nel momento in cui l’energia entra a “bucare” il condotto (ove sia necessario) e nel momento i cui Kundalini sale, il tutto avviene sul piano eterico che, in noi “normali”, risulta essere “anestetizzato”.Se a ciò si aggiunge il fatto che il metodo è di una semplicità sconvolgente ed i manuali predisposti dal fondatore consistono di 2 – 3 – 4 pagine per ogni livello, si comprende come questo metodo, talvolta, generi alcune perplessità in chi si aspetta di dover affrontare lunghi percorsi.Le prime attivazioni che diedi non mi crearono particolari problemi e – per i motivi sopra spiegati – vennero recepite in modo molto tranquillo ed assolutamente senza fastidi.Ma in questa calma, doveva arrivare presto una perturbazione.In quei primi tempi di pratica Kundalini Reiki, mi contattò un uomo desideroso di apprendere questa tecnica attraverso i corsi a distanza che offrivo (attraverso l’invio del materiale e di una iniziazione a distanza da eseguirsi in orario concordato tra insegnante e ricevente).Ebbi la possibilità di parlare con lui telefonicamente, ma anche di continuare lo scambio di informazioni a mezzo e-mail.Mi riferiva di essere già esperto in materia, di aver sviluppato alcune doti di percezione extrasensoriale, di frequentare un maestro erudito nella materia del paranormale e, con esso, di avere imparato ad effettuare viaggi

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astrali. Mi disse altresì di avere già la Kundalini aperta e di essere in grado di sollecitarla.Al che io mi chiesi per quale motivo mi avesse contattato, dal momento che le mie attivazioni al Kundalini Reiki avrebbero potuto – al più – realizzargli ciò che lui già aveva: una Kundalini aperta. Mi contattava per imparare in quattro paginette come utilizzarla nel fare Reiki? Credo di no, perché non mi aveva detto di essere un operatore Reiki e di essere interessato alle guarigioni. I suoi interessi erano altri. Oppure gli interessava appendere un attestato come pezzo di carta?La risposta arrivò senza che gliela chiedessi.“Purtroppo ho un problema alla Kundalini. L’ho attiva, la sento, la posso anche richiamare, la avverto mentre sale, la sento salire attraverso il canale centrale, ma ho una deviazione a livello del collo. Ne ho parlato anche con il mio maestro. Quando arriva a quel punto, la Kundalini cambia direzione creandomi diversi fastidi e comunque non sale come dovrebbe. Ho bisogno che Lei risolva questo problema”.L’uomo, oltre che un esperto nel campo, era un viaggiatore astrale. Il viaggio astrale è quella tecnica che consente all’essere umano, o meglio alla parte cosciente dell’essere umano, di staccarsi dal corpo e di “viaggiare” più velocemente attraverso lo spazio e il tempo unicamente portando con sé i corpi più sottili, ovvero quello astrale, mentale e superiori. In altre parole, portandoci dietro anima e mente e lasciando sul letto il nostro corpo fisico ed il corpo eterico (nell’eterico sono situati i canali energetici che in agopuntura e nella tradizione cinese sono chiamati meridiani), possiamo muoverci come esseri invisibili alle persone viventi “normali”, attraversare barriere solide come ad esempio i muri, ma soprattutto vagare nello spazio alla ricerca di altri mondi ed altri pianeti.Avendo appreso che l’uomo era un viaggiatore astrale (capacità che non mi appartiene, quantomeno al momento), mi venne naturale chiedergli: “Mi scusi, Lei non ha mai provato, durante un viaggio astrale, a guardare il suo corpo fisico e il suo corpo eterico distesi, a portarcisi sopra il più vicino possibile, ad individuare il blocco e a provare a modificare la deviazione con le sue mani?”Pensavo di avergli dato un’idea, per quanto mi sentissi sempre più smarrito.

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“Ho già provato a fare tutto questo” mi rispose, “ma niente da fare. I canali e il blocco sono troppo duri, mi sono sforzato ma non sono riuscito a fare niente. Deve aiutarmi Lei”.Si stava rivolgendo a me come se io fossi un Guru, uno Yogi dell’Himalaya, un uomo che avesse dedicato la sua vita alla Kundalini e che fosse in grado di smaterializzarsi e di apparire al suo capezzale o comunque di recarsi sul posto in astrale.Aveva probabilmente frainteso la mia offerta di attivazioni al Kundalini Reiki. Mi chiedeva qualcosa in più e che comunque richiedeva l’intervento di un vero esperto, che io non ritenevo di essere, essendo stato unicamente attivato al Kundalini Reiki online il mese prima ed avendo letto unicamente le dieci pagine dei manuali relativi a questo metodo!Come avrei fatto?Mi sentivo impotente e già presagivo la brutta figura che avrei potuto fare se costui fosse andato a raccontare a conoscenti, esperti del settore, al suo maestro, oppure anche su forum o blog, che non ero riuscito a risolvere il suo problema.Sentii che per non avere problemi di questo genere, dovevo accettare; qualcosa mi spingeva a farlo. Così feci, spiegandogli comunque che non garantivo che il suo problema potesse essere risolto.Confermò data e ora dell’attivazione al primo livello e mi ribadì la sua speranza che io potessi (lavorando dal mio studio seminterrato) risolvergli il problema che fino a quel momento ne’ lui ne’ nessun altro, dal vivo, gli avevano risolto.Quella sera ero vistosamente preoccupato, anche perché sapevo che questo signore sarebbe stato in grado di verificare i risultati del mio lavoro (che non sapevo in che modo iniziare e come portare avanti).Uscii di casa poco prima dell’orario concordato e iniziai a scendere le scale che portavano al mio studio seminterrato. L’espressione che avevo era un po’ quella di padre Merryn nel film “L’Esorcista” mentre lo stesso sale le scale che lo portano alla stanza in cui giace la ragazzina posseduta bisognosa dell’esorcismo, stanza in cui egli incontrerà la morte. L’espressione e il passo, se qualcuno mi avesse incontrato sulle scale, erano i medesimi. La differenza era unicamente che mentre quell’attore saliva le scale, io le scendevo.

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Del resto, avevo voluto pubblicizzarmi su internet come master, me l’ero cercata. Avevo voluto la bicicletta. Dovevo pedalare. Queste cose dicevo tra me e me mentre, con aria grave, scendevo le scale.Per un solo attimo ebbi l’impressione che davanti a me fosse presente la sagoma di una persona che mi precedeva, quasi invitandomi a scendere più rapidamente e a farmi coraggio. Ma fu un’impressione che svanì subito.Scesi ed entrai nello studio.Accesa la candela bianca come d’abitudine, feci le mie invocazioni alla Luce Divina come sempre, chiedendo altresì l’aiuto dei miei spiriti guida e del mio Sé superiore. Non sapevo, ai tempi, chi altro poter chiamare.Iniziai l’attivazione e la terminai regolarmente, senza riuscire a visualizzare nulla e ad accorgermi minimamente di nulla.Sempre più dubbioso risalii in casa (dopo aver ringraziato le Presenze come usualmente faccio) e riaccesi il cellulare. Come sempre, ero in attesa di un sms di riscontro “a caldo” delle percezioni avute durante l’attivazione.L’sms arrivò. Vi era scritto: “Grazie. Tutto si è risolto. Una forte energia e forti scosse lungo le gambe e la spina dorsale, che facevano tremare e sussultare involontariamente il corpo sul letto. Poi, verso la fine, apparizione di una donna bellissima dalla pelle blu che poco dopo si è trasformata in un mostro. Sembrava Kalì.”Il problema si era risolto in modo assolutamente inaspettato. E si era manifestata una Presenza.Chi era Kalì? Forse l’avevo già sentita nominare ma non avevo idea di chi fosse.Feci una breve ricerca su internet.La Dea Kalì.Mi chiesi: che fosse stata un’allucinazione della sua mente? Poteva essere, soprattutto se già era a conoscenza di questa divinità (e così era, dal momento che l’aveva chiamata per nome).Non diedi importanza al fatto ma lo serbai nella mia memoria. Questi singoli episodi, sarebbero stati importantissimi tasselli di un mosaico che avrebbe iniziato a rivelare le sue forme molto tempo dopo.

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Ignoravo ancora molte cose inerenti l’anatomia energetica dell’uomo, ero un semplice Master Reiki in erba che cercava di farsi spazio senza avere ancora bene le idee chiare. Ma – come raccontavo sempre da piccolo parlando dei miei “capi” quando ero nello spazio – qualcuno mi aveva aiutato a fare ciò che io a quell’epoca, da solo, non ero stato in grado di fare.Le attivazioni successive furono meno problematiche e proseguii con i miei corsi di Reiki per altri mesi, fino a che ricevetti una persona con la quale, fino a non molto tempo fa, ho intrattenuto confronti sul nostro cammino in questa vita: la signora D.Era venuta per chiedermi il master in Reiki Usui e, fin dal primo colloquio, mi accorsi della sua estrema umiltà. Per quanto si rivelasse estremamente eloquente (tanto da crearmi qualche problema per riuscire a ritagliarmi lo spazio di parlare), aveva contemporaneamente anche la capacità di ascoltare, e di ascoltare non solo con le orecchie ma anche in modo più sottile.Da subito ebbi l’impressione di trovarmi di fronte a una sensitiva, a una medium. Cose che in seguito mi rivelò lei stessa assieme ad altre cose meravigliose e di gran lunga più importanti.Giungemmo al momento dell’attivazione.Eseguii come sempre il rituale, preceduto mentalmente dalle solite invocazioni.Al termine, D. mi riferì di avere avuto la visione di due Entità.La prima appariva come un uomo seduto su un trono con la testa di elefante.La seconda, era una donna dalla pelle blu con tante braccia e capelli lunghi. Anche D. ipotizzò si trattasse di Kalì.Ancora la dea Kalì e questa volta, in un’attivazione che non riguardava il Kundalini Reiki.A seguito di ricerche, scoprimmo che l’uomo-elefante era il Dio indiano Ganesh, figlio di Shiva e della consorte Parvati (che per alcuni può essere identificata con Kalì).La leggenda raccontava che Parvati, la consorte di Shiva, chiese a quest’ultimo di poter avere un figlio. Lo ottenne, ma poco tempo dopo,

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questo figlio suscitò la gelosia ed il disappunto di Shiva, il quale gli tolse la vita decapitandolo. Parvati cadde in preda alla disperazione per la perdita del figlio tanto desiderato, tanto da impietosire nuovamente Shiva, il quale, per ridare la vita al proprio figlio, decise di ridare al suo corpo inerte la testa del primo animale che gli fosse passato davanti. Passò un elefante, Shiva lo decapitò e mise la sua testa sul corpo del figlio, che riprese vita.Ganesha è considerato, tra le altre cose, il distruttore degli ostacoli.Narra altra leggenda che Kalì, inviata sulla terra per sgominare un gruppo di demoni, dopo averli sconfitti si mise ad uccidere anche gli uomini, non riuscendo più a vedere e distinguere l’essere umano. Per arrestarla, il consorte Shiva si pose a terra tra i cadaveri fino a che la stessa, sul punto di ucciderlo, non si accorse che si trattava di Lui.Da quel momento, Kalì si sarebbe trasformata in una Dea gentile, ovvero avrebbe assunto una diversa manifestazione della Madre divina: il lato amorevole di Madre Kalì.In questa fase iniziale della ricerca, fui aiutato dal carteggio con un giovane sacerdote indù americano, i cui estremi avevo trovato su un noto sito internazionale che diffonde video.Nelle scritture indiane più antiche del mondo, è frequente il richiamo alla Madre Divina, denominata Devi.In diversi passaggi sarebbe infatti narrato che – come nei regni animale e umano, è la femmina a generare, tra i suoi figli, femmine e maschi – fu la Madre Divina ad essere eternamente e a generare Dio Padre. In altre parole, il lato materno di Dio sarebbe il Presupposto di ogni altra manifestazione ed avrebbe gradualmente dato vita anche al lato Maschile di Dio.In diversi passaggi di antiche scritture, sarebbe chiaramente indicato che Kalì è la manifestazione più autentica di Devi, la Madre Divina. Nonostante il suo aspetto apparentemente terribile ed in ogni caso personificato, Essa è Devi, la nostra Madre Divina, dalla quale tutto è originato e alla quale tutto ritorna.La manifestazione della Madre Divina, altresì, legata all’aspetto di Madre Natura e all’energia insita nella materia, che tende naturalmente verso il cielo, corrispondente all’energia Kundalini residente in embrione nel

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primo chakra dell’essere umano, legato a sua volta alla vita terrena, alla sopravvivenza, alla concretezza, alla sessualità.La Dea detta “della distruzione”, ovvero legata all’aspetto della purificazione e della trasmutazione del vecchio al fine di consentire la trasformazione nel nuovo.Per questo, alle soglie del 2012 e nell’intenso proliferare di teorie su un salto vibrazionale del pianeta, qualcuno dice che questi sono i “tempi di Kalì”.In una delle sue canalizzazioni recenti (peraltro molto rare), la Stessa avrebbe detto pressappoco: “Dopo aver vagato nel cosmo per pianeti e galassie, torno tra voi. La terra ha bisogno di effettuare un salto vibrazionale. E’ soltanto grazie al vostro libero arbitrio che io posso essere, per voi, la Madre”.Arjuna rivolgeva preghiere a Maha Kali, la Divinità Suprema, su invito di Krishna, uno dei più importanti Maestri Ascesi (Mahabharata, Parva 6, Sez. 23); allo stesso modo, Rama (altresì denominato Lord Rama, altro Maestro Asceso) rivolgeva preghiere a Maha Kali, la Suprema Divinità (Abdhuta Ramayana 25:31).Sta scritto altresì: “L’adorabile Devi, sebbene eterna, protegge il mondo attraverso innumerevoli incarnazioni. Tutta la sfera cosmica è pervasa da Lei, Maha Kali, che prende la forma della grande distruttrice alla fine dei tempi” (Devi Mahatmyam, 12:36,38).Soltanto la stessa Kalì, in un’occasione, mi ha invitato a precisare che questi passaggi non riflettono l’esatta realtà.Kalì risulta essere una Dea, mandata dall’alto verso il basso, verso le dimensioni più dense.Incarnatasi sulla terra (quindi in terza dimensione), è tornata in alto ed attualmente si trova in ottava dimensione.Il suo ruolo è fondamentale, dal momento che la Dea opera in una dimensione che è intermedia tra la più elevata e la più densa.Non avrei compreso i motivi di queste manifestazioni della Dea Kalì per tanto tempo. Solo recentemente ho compreso i motivi di questo legame, che oltre a riflettere l’importante ruolo svolto da Kalì nel disegno divino di evoluzione per gli esseri umani (anche attraverso i lavori con l’energia), si fonda anche su altre vicende inerenti la mia storia di Anima, affondate in

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un trapassato che potrebbe sembrare quasi irraggiungibile e che non mi è possibile né riterrei opportuno rivelare.Dal giorno successivo alla visione di D., non riuscendo a trovare le spiegazioni che cercavo, decisi di accantonare il ricordo di queste visioni legate al mondo indù. Incontro con un giovane posseduto.

Una mattina, mentre per lavoro mi trovavo ad aspettare un mezzo pubblico sotto la pensilina della fermata, mi si avvicinò un giovane che, come me, evidentemente, doveva attendere un mezzo pubblico.In quella fermata passavano diversi bus.All’interno della pensilina era appesa una carta della città con l’indicazione dei percorsi dei singoli mezzi pubblici.Il giovane dimostrava all’incirca vent’anni ed era vestito con abiti modesti, certamente non come l’impiegato di ufficio che, in sostanza, ero io.Si avvicinò in quanto diretto alla carta della città, che evidentemente aveva necessità di consultare. Per consultarla doveva quasi sfiorarmi, ma spesso era accaduto con tante persone, ci ero abituato e ciò non costituiva assolutamente un problema.Il contegno e lo sguardo rivelavano un animo umile, modesto, finanche sommesso.Mi voltai dall’altra parte, riprendendo il flusso dei miei pensieri.Avvertii un rumore, come di un colpo, che mi fece voltare. Come se si trattasse di un battito di scarpe sull’asfalto unitamente a qualcosa in più.Mi voltai: vidi il giovane che, a pochi centimetri da me, era come bloccato, con la testa leggermente innalzata verso l’alto e gli occhi rovesciati, completamente bianchi. Come se qualcuno, in lui e attraverso di lui, avesse preso il sopravvento.Un attimo dopo, parlò con una voce che mi ricordò all’istante quella con cui si esprimeva la ragazzina indemoniata nel film “L’Esorcista”. La voce di un uomo maturo, sui quarant’anni e comunque di età diversa dalla sua. Una voce rauca, grossolana, forte.

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Esclamò: “Nooo, nonnonononono!” con tono che potrei dire quasi di rimprovero.Dopo quest’esclamazione, con uno scatto, il giovane si allontanò con passo svelto dalla fermata, per arrestarsi ad una ventina di metri.Tornò a guardare nella mia direzione e lì si mise a sbottare parole incomprensibili – sempre con quel tono di voce – ad imprecare (forse anche bestemmiare) e a sputare per terra.Mi guardava fisso, con aria ostile, come un ladruncolo spaurito guarda da lontano un poliziotto che potrebbe riconoscerlo ed arrestarlo o comunque segnalarne la presenza e farlo catturare.Solo in quel momento compresi cosa era accaduto e – forse – il rischio che avevo corso. Mi prese una forte tachicardia e cercai di guardare altrove.In ogni caso, c’erano venti metri tra me e lui, che non aveva nessuna intenzione di riavvicinarsi.Poi, a poco a poco, nel corpo di quel giovane riprese vita l’animo che originariamente avevo notato. Il suo sguardo mutò completamente arrivando ad esprimere imbarazzo e vergogna. Ma il giovane non si spostò da lì, probabilmente sapendo che qualora avesse tentato di riavvicinarsi alla fermata, qualcuno glielo avrebbe impedito.Il suo bus arrivò prima del mio, e la necessità di doverci salire lo costrinse ad avvicinarsi di qualche metro alla fermata e a me. In quel momento, ancora, riprese il sopravvento l’altra identità (potrei dire: l’entità occupante) che iniziò a tirare pugni nella carrozzeria del bus e a sbottare di nuovo.Cosa c’era stato dentro di me, dietro di me o “sopra di me” che aveva così intimorito un’entità che era addirittura riuscita a possedere il corpo di un giovane che avrei potuto essere io?Qualcosa di tutto questo, avrei cominciato a ricordarlo – realizzarlo – comprenderlo più avanti.

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Le prime apparizioni nel mio studio.

Come detto, iniziai ad insegnare Reiki individualmente.Conobbi F., un signore sulla settantina (età portata veramente molto bene). Gli impartii livelli di diverse tipologie di Reiki, portandolo al Master nel Reiki Usui, Karuna, Kundalini e Violet Flame.I nostri incontri furono per me delle vere e proprie lezioni.Appresi che lo stesso, da anni, praticava la meditazione in diverse forme, riuscendo altresì ad incontrare le sue Guide ed il suo Maestro mediante l’uso del metodo di Igor Sibaldi, ovvero la visualizzazione della discesa di dieci gradini e l’ingresso in una stanza.Mi confessò in via strettamente confidenziale il nome di questo Maestro, di cui non seppi altro.Da parte mia, al tempo, avevo scarse conoscenze in materia ed ignoravo la differenza tra maestri ascesi e maestri non ascesi (se non vado errato, questi ultimi, a differenza dei primi, opererebbero esclusivamente sulla Terra, prevalentemente sui piani astrale, mentale e causale, mentre i maestri cosiddetti “ascesi” potrebbero operare non soltanto su dimensioni più elevate, liberi dal ciclo delle rinascite, ma addirittura su altri pianeti e successivamente, anche nel Sole, seguendo un processo di evoluzione che, come quello di ogni Anima, è infinito).Mi confessò di riuscire a vedere le stesse Entità anche durante le attivazioni, semplicemente chiudendo gli occhi e rilassandosi.Per quanto sapessi che tutto ciò era possibile, ogni mio dubbio su sue possibili allucinazioni venne meno, allorché mi raccontò di altri episodi, che per correttezza devo omettere in questa sede.In occasioni successive, F. mi specificò di essere un devoto di Gesù, di invocarlo nelle sue meditazioni e che da qualche tempo, accanto al suo Maestro, ne visualizzava il volto, che appariva come racchiuso da un quadro, quasi come se si trattasse di un collegamento televisivo.Si giunse al giorno in cui avrebbe ricevuto l’attivazione a Master Reiki Usui.Come sempre preparai il necessario, entrammo nel corretto stato vibrazionale, invocammo la Luce divina e procedetti per iniziare il rituale.

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Vidi F., i cui occhi erano già chiusi, commuoversi visibilmente, mostrando le lacrime.Non conoscendone i motivi ma non intendendo disturbarlo, esitai ad iniziare per un paio di minuti, dandogli modo di tornare in uno stato di maggiore stabilità.Quindi, effettuai l’attivazione.Al termine, mi disse, nuovamente commosso:“Lo sai chi c’era qui?”“No”, risposi. “Lo sapete tutti che il vostro maestro non vede e non sente se non con i cinque sensi”.Me lo spiegò.Su due sedie di paglia a tre metri da lui, quasi contro il muro del mio locale, stavano due Entità.Uno era il suo Maestro, dal lato destro.Dall’altro lato, trasmettendo molta calma e molta pace, vi era Gesù.L’occasione non mi diede soltanto il dono della presenza di Gesù, ma anche una dritta su come effettuare le attivazioni.F., infatti, ripresosi dalla commozione, mi disse:“Alessandro, ma nell’attivazione i piedi li hai fatti?”“No”, risposi. “Non è previsto nel manuale che il mio Master mi ha dato”.F. riprese: “Non so cosa dirti, ma il mio Maestro per una ventina di volte ha continuato a dire : ‘I piedi!’ ..”.Mi ricordai che in altre tecniche di attivazione di cui avevo sentito parlare, si operava anche sui piedi e che il mio Master di primo livello così aveva fatto con me.Ricevuta la conferma che i due Maestri erano ancora lì in nostra compagnia, gli proposi di riaprire l’attivazione: mentre io avrei cercato di aggiungere la parte mancante, lui avrebbe visualizzato nuovamente i Maestri e avrebbe chiesto di fargli sapere quando il mio operato avesse raggiunto lo scopo, in modo da poterlo dire a me, che sensitivo non ero”.Accettò.

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Così, alla presenza di Gesù, che assisteva impassibile, sereno e sorridente al tutto, riaprii l’attivazione, come uno scolaretto che ancora deve perfezionare il suo stile sotto il controllo di un esperto.Mi portai sui piedi e feci ciò che ritenni giusto, lasciando poi le mani sul dorso dei piedi.Mi misi a contare i secondi.Era quasi trascorso un minuto, quando avvertii un formicolio nelle mani. Qualcosa era cambiato, qualche centro energetico si era aperto.F., immediatamente, mi alzò la mano per indicare che era tutto a posto e che potevo concludere.Conclusi e ringraziai.F., quindi, mi spiegò che nel momento in cui me lo aveva comunicato, il suo Maestro aveva fatto un segno di approvazione, come da me richiesto, mentre Gesù, sereno, assisteva senza commentare. Nel momento in cui il Maestro di F. fece il gesto, F. avvertì una scossa energetica da terra salire fino all’inguine.Lessi in seguito che tale sensazione è molto comune in sede di trattamento o attivazione ed attesta che i canali che collegano i piedi al primo chakra sono aperti e funzionanti.Inserii la parte relativa ai piedi nel procedimento di attivazione.Con Gesù presente, un Maestro mi aveva insegnato ad integrare il procedimento di attivazione.Ancora un dettaglio posso dare su questa vicenda.Durante l’ultima parte di attivazione, quando ormai ero venuto a conoscenza della presenza di Gesù, non riuscii a trattenermi dal chiedergli aiuto.Proprio il giorno prima avevo involontariamente offeso una giovane allieva, la quale mi aveva congedato – per iscritto – in malo modo e mi lasciava presagire che non avrebbe più ripreso i contatti.Chiesi a Gesù se potevo ricevere un aiuto (evolutivo per me e per lei) al fine di cancellare questa brutta parentesi.La ragazza tornò a scrivermi e ci rivedemmo in diverse occasioni.In tutte le successive attivazioni che diedi a F., Gesù fu sempre presente.

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* * *In altra occasione, tornò a trovarmi D. accompagnando un’amica alla quale dovevo impartire un terzo livello Reiki Usui non master, come da lei richiestomi.Durante la spiegazione, ritenni opportuno spendere qualche parola (come sempre) sul Mondo spirituale e gli spiriti guida.In quel momento D. arrossì.Mi disse: “Senti, è possibile che gli spiriti guida di una persona possano essere cinque?”Io risposi: “Solitamente sono uno o due; tre se la persona ne ha bisogno. Quattro già credo che sia un caso eccezionale e per persone che devono svolgere una missione ben precisa. Dei ‘pezzi da novanta’, insomma”.D. replicò: “Da qualche minuto, dietro di te, ci sono cinque figure dorate. Hanno aumentato la loro luminosità da quando ti sei messo a parlare degli spiriti guida”.Subito dopo, D. mi disse ciò che captò.“Quattro di loro sono vestiti come i Re Magi. Uno di essi mi ha detto: ‘noi siamo i Controllori’. A fianco c’è una ragazza, non molto alta, capelli alle spalle e sorridente. Lei ha detto: ‘Io sono l’aiutante’”.La ragazza era Adele, ai tempi ancora nel ruolo di mio Spirito Guida. Che fosse l’aiutante l’avremmo capito subito dopo, in quanto l’amica di D. dichiarò di aver sentito lavorare su di lei, durante l’attivazione, quattro mani.Il giorno dopo quell’incontro, mi venne in mente di inviare a D. una fotografia pubblicata su diversi siti internet, nella quale si vede la medium Madame Blavatsky fotografata seduta su una sedia e dietro di essa tre uomini. Si dice che siano i maestri ascesi Kuthumi, Morya e Saint Germain i quali avrebbero materializzato la propria immagine sulla pellicola.Appena la vide, mi disse: “Non ti avevo detto che sembravano Re Magi? Quello al centro, più alto, posso dirti che l’ho riconosciuto in quei quattro. Di un altro non sono sicura, ma può essere”.Delle quattro figure dorate che accompagnavano il mio Spirito Guida, una era il maestro Morya.

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Chi fossero gli altri Tre, non l’ho mai saputo. Il mio primo gruppo Reiki.

Nell’anno 2009 proseguii nella mia attività di insegnante, sempre ricevendo persone singolarmente e qualche volta a piccoli gruppi.Nel frattempo avevo finalmente superato il mio esame di stato (era il secondo tentativo) e cambiato posto di lavoro.Una mattina in cui ero solo in ufficio, mi permisi di fare un rapido accesso al social network Facebook, al quale mi ero iscritto da poco.Avevo pubblicato sul mio sito una data nella quale avrei inteso tenere un gruppo di primo livello Reiki (metodo Usui). Il corso avrebbe dovuto tenersi da lì a una settimana ma si era iscritta una sola persona, con la conseguenza che già stavo riflettendo su come avvisare quell’unico iscritto e se fosse opportuno proporgli il corso individuale. Mentre accedevo a Facebook pensavo a questo piccolo problema.Tra le proposte di contatto, vidi una fotografia nella quale riconobbi una giovane persona del quartiere, una di quelle legate alla parrocchia, una di quelle giovani persone delle quali – se le ruote karmiche avessero girato diversamente – sarei stato sicuramente amico se non anche, per un certo tempo, educatore insieme a tanti altri miei coetanei.Dal momento che potevo affermare con fierezza di avere smaltito la rabbia legata a quelle situazioni, l’istinto più naturale fu quello di chiederle l’amicizia. Poteva anche essere un modo di ricostruire un piccolo legame, se pur virtuale, all’insegna della cordialità e della reciproca stima.Cliccai con il mouse sull’opzione per richiedere l’amicizia e mi comparì il box in cui confermare.In quel momento, avvertii come una sottile vibrazione che mi fece presagire che non era il momento di chiedere questa amicizia e che avrebbe potuto avere un esito negativo.Alla fine, tuttavia, mi dissi che non si trattava di un affare di stato ma di qualcosa che poteva assomigliare ad un semplice saluto, e mi risolsi ad inviare la richiesta di amicizia.

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Nel pomeriggio, perdurando la scarsità di lavoro, ebbi la possibilità di tornare su Facebook, ove potei constatare che tutte le altre richieste di amicizia erano state accettate mentre non vi era notizia di quella inviata la mattina. Probabilmente, mi dissi, la persona non si è ancora collegata al sito e non l’ha vista. Lo farà quando riterrà.Qualcosa mi spinse ad andare a visitare la pagina di questa persona, di cui mi ricordavo il nome che era indicato accanto alla foto.Una volta entrato sulla pagina, mi accorsi che la richiesta era stata rifiutata.Devo ammettere che sul momento non fu piacevole riscontrare che per l’ennesima volta, ancora a distanza di anni, mi era impossibile anche soltanto provare a costruire qualcosa con quelle persone che mi erano state allontanate se non addirittura messe contro.L’Alessandro di qualche anno prima avrebbe immediatamente pensato di colpire la persona in questione attraverso l’invio di un messaggio, in cui lanciare sottilissimi strali oppure una vera e propria maledizione esplicita, come già fatto in altri casi. Quand’anche (per questioni di apparenza) si fosse imposto di contenersi e vi fosse riuscito, avrebbe sicuramente ritenuto opportuno – conoscendo le leggi dell’occultismo – dirigere con la forza della mente forti dosi di rabbia, che sarebbe quasi inevitabilmente sorta per la frustrazione di un’aspettativa.Quel giorno la vita mi portava ad affrontare nuovamente l’esperienza della frustrazione di un’aspettativa legata alla relazione. L’aspettativa di ricevere un riconoscimento, un gesto, un segno che potesse cancellare o quanto meno lenire la sofferenza dovuta alla collera sorta per la frustrazione di altre precedenti aspettative: quelle di vedermi integrato nella mia comunità parrocchiale nel ruolo di educatore, come tutti gli altri miei coetanei.Mi trovavo nuovamente di fronte ad un rifiuto che riapriva un abisso su una serie di esperienze vissute, portatrici di profonde sofferenze, e mai completamente metabolizzate.Eppure, quel giorno sentivo che – rispetto a qualche anno prima – l’Alessandro addolorato, ferito nei suoi desideri di essere accettato ed amato e pieno di una rabbia che lo avrebbe portato anche a realizzare tremende vendette, non c’era più. Non ero più lo stesso.Negli anni seguenti la mia piccola esperienza mistica, innumerevoli letture spirituali, molte delle quali relative a storie realmente accadute che mi

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avevano toccato nel profondo; esperienze sul lavoro (nelle quali, in altri modi, avevo conosciuto la frustrazione di altre aspettative), l’esperienza del passaggio all’età dei trent’anni attraverso un inverno insonne ma foriero di grandi riflessioni introspettive; i diversi momenti di dialogo con il mio insegnante di Reiki nonché tante altre vicende minori mi avevano lentamente cambiato, in modo forse impercettibile, ma tale da farmi accorgere, in quel momento, di non essere più lo stesso Alessandro di pochi anni prima.Di fronte all’evidenza del rifiuto – che pur in qualunque modo giustificato, equivaleva ad un “non ti voglio” – sentii che il mio assetto generale non mi portava più a lasciarmi andare agli impulsi irruenti della mia personalità. Potevo guardarmi dall’alto, osservare i miei pensieri e finanche le energie che si accendevano, pronte a travolgermi come in passato.Mi accorsi che potevo anche – pur entro un certo limite – calarmi nell’altra persona ed intuire quale potesse essere lo stato d’animo che l’avesse portata ad agire in tal modo. Una tale intuizione mi portava inevitabilmente a rafforzare la parte consapevole a dispetto di quella emozionale.Identificata la parte di me che, addolorata, avrebbe voluto colpire per far provare altrettanto dolore alla persona, trovai il coraggio di non fare nulla di tutto questo. Invece di prendermela con chi mi aveva voltato la schiena, rivolsi la mia coscienza al Padre (e Madre) celeste, cercando altresì la mediazione dei Maestri Ascesi (di cui ancora non conoscevo i nomi), esponendo in poche e semplici parole l’ennesimo rifiuto ricevuto e – alla maniera di un bambino piccolo – cercando conforto nell’Amore divino.Dichiarai pressappoco: “Alla luce di questo nuovo evento, Dio, mi affido a Te e chiedo a tutti Voi, maestri Ascesi, di inviarmi la Vostra benedizione e di guidarmi e darmi la forza necessaria per proseguire su questa dura strada. Non ho potuto fare l’educatore in parrocchia, ancora quei giovani mi voltano le spalle. Ho sempre sentito di poter essere utile anche in tal senso e che solo per ragioni diverse, forse karmiche, tale possibilità non mi fisse stata data. Allorché mi avete fatto approdare dal mio master, ho confidato nel Reiki e nella possibilità di aiutare insegnando. E invece non era così. Nemmeno il Reiki si è dimostrata una strada percorribile per svolgere un compito educativo, perché ai miei gruppi Reiki non si iscrive

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nessuno e quando mi contatta qualcuno, sono soltanto persone di mezza età o anziane. Si vede che il mio karma prevede questo e nel mio Bene, io lo accetto. Dio Padre, non sia quello che voglio io, ma quello che vuoi Tu”.Ripresi quindi a lavorare.Non passò neppure mezz’ora che sul mio telefono smartphone comparì l’avviso di una nuova e-mail in arrivo. La lessi: “Buongiorno, sono una ragazza di ventidue anni interessata a seguire il Suo corso di sabato prossimo. C’è ancora posto?”.Era la prima volta che venivo contattato da una persona così giovane.Le risposi immediatamente confermandole il corso e l’iscrizione.Nello stesso pomeriggio, ricevetti altra e-mail di altra persona sulla trentina, decisamente interessata all’iscrizione. Venne immediatamente aggiunta.Prima di sera ecco arrivare una terza e-mail: un’ulteriore richiesta di partecipare al mio corso, da parte di un giovane universitario che viveva nella mia città. Anche lui venne immediatamente iscritto.Infine, il giorno dopo, mentre tornavo in treno a Milano, dopo una trasferta a Brescia, lessi e risposi all’ultima e-mail in cui altra ragazza ventunenne mi chiedeva di partecipare al corso.Quello che non era successo in due interi mesi durante i quali il corso era stato pubblicato sul sito, era avvenuto improvvisamente in meno di un giorno!Il corso si tenne con otto persone di cui sei potevano a buon titolo definirsi giovani.La decisione di accettare la volontà divina ed il progetto stabilito per me aveva fatto scattare una molla nelle ruote del karma, portandomi un beneficio di gran lunga maggiore all’accettazione di quella singola amicizia. Avevo accettato che una persona mi avesse voltato le spalle, otto erano arrivate.Il corso si tenne regolarmente e per la prima volta potei attuare quello che mi ero sempre prefisso: utilizzare il momento del corso per ricordare ai partecipanti la nostra vera identità, chi siamo realmente, l’evoluzione come naturale destino dell’essere umano e soprattutto la necessità, per il nostro

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sommo bene, di riconoscere il progetto della nostra vita e di accettarlo. Perché solo l’accettazione delle prove della vita permette l’evoluzione.Avevo finalmente tenuto il mio “gruppo giovani”, il primo di una lunga serie.La prova era stata superata e finalmente il Cielo mi apriva quella porta che sembrava essere ormai inesorabilmente chiusa. A Dio, nulla è impossibile. L’improvvisa veggenza di Adina.

Un giorno, ricevetti via e-mail la richiesta di partecipare ad un corso di primo livello Reiki da parte di un giovane di nome Marco.Si presentò, lo conobbi e ricevette le sue attivazioni.Nel giorni successivi il rapporto continuò, prevalentemente per la necessità di rispondere alle sue continue domande: era proprio curioso e senza dubbio interessato.Un giorno, mi scrisse dicendomi che avrebbe voluto presentarmi la sua fidanzata del tempo, di nome Adina.Me la descriveva come una ragazza molto sensibile e probabilmente con un grande talento anche nei lavori con l’energia.Tuttavia non sapeva spiegarmi da quali elementi potesse trarre questi giudizi: lo sentiva e basta.Venne il giorno in cui li ricevetti entrambi.Dopo le presentazioni ed un iniziale discorso che stava rendendosi noioso (tanto che la ragazza già stava per trovare il modo di congedarsi), mi venne in mente di fare un piccolo test.Avrei voluto constatare se Adina fosse in grado di vedere le aure.Andai ad accendere la lampada alogena con regolatore di luminosità, e spensi la forte luce al neon che illuminava il locale. A quel punto, chiesi silenziosamente alle Entità che mi aiutavano nei lavori energetici di provare a stimolare i centri percettivi di Adina, per vedere se la stessa si accorgesse di vedere qualcosa in più.Con fare molto spiritoso, dissi: “adesso mi diverto un po’ ”.Poi mi sedetti e continuai la conversazione con Marco.

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Non passò neppure un minuto che Adina ci fece notare di sentirsi poco bene.Non riusciva più a fissare lo sguardo su un obiettivo definito e stava gradualmente perdendo la mobilità in tutto il corpo.Intuii immediatamente che stava avvenendo uno sblocco energetico se non addirittura un’iniziazione, ma rimasi comunque stupito dall’atteggiamento di Marco, il quale, invece di agitarsi e di sollecitarmi a chiamare l’ambulanza, restava impassibile, come se assistesse a qualcosa che si aspettava e che doveva accadere in quel luogo e in quel momento.Forse la sua Anima sapeva.Adina si immobilizzò completamente, tanto che riusciva a malapena a muovere la bocca per parlare, prima di perdere i sensi completamente.Estrassi la poltrona dirigenziale che tenevo dietro la scrivania, la portai vicino alle nostre sedie e – con il suo aiuto – sollevammo di peso Adina adagiandocela sopra, in modo che fosse più comoda e la testa non ricadesse all’indietro.Rimase in quelle condizioni quasi trenta minuti, nei quali ogni tanto sembrava risvegliarsi, reclinare la testa all’indietro (per quanto la poltrona consentiva) e spalancare la bocca. Il collo e la gola si muovevano come se la stessa volesse deglutire, con la differenza che il collo si gonfiava in maniera esagerata, tanto da ricordarmi le scene del solito fatidico film “L’esorcista”.Decorsi trenta minuti in cui la ragazza era e permaneva in un vero e proprio stato di trance, toccò a me decidere di porre fine all’operazione messa in atto.Al tempo non sapevo che era possibile svolgere alcune manovre (quali ad esempio favorire il radicamento a terra agendo sui piedi) per interrompere una trance, ma non ne avvertii la necessità. Seguii il mio istinto, sicuro di avere il controllo di quanto avveniva, di cui avevo e dovevo avere il coordinamento (altrimenti cosa sarei stato a fare lì, e per quale motivo questi fatti avrebbero dovuto avvenire proprio nel mio spazio?).Quindi, annunciai ad alta voce – come dando un ordine – che il tempo a disposizione era terminato e che qualunque operazione le Presenze avessero posto in essere, sarebbe stata da concludere.

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Nel tempo di un minuto o poco più, Adina riprese i sensi e – pur intorpidita – iniziò a riacquistare la capacità di muoversi.Iniziò a guardare vagamente dalla mia parte, dicendo: “Il mio sguardo è ancora diffuso, non riesco a fissare un punto preciso”.E poi: “Vedo un alone accanto a te. Ti circonda completamente”.Avendo compreso che nella ragazza si era aperta la potenzialità di vedere le aure, provai a spingermi oltre. Chiamai accanto a me il mio Spirito Guida chiedendo di rendersi manifesto il più possibile. Per quanto ne sapevo, avevo ancora Adele, la ragazza sorridente con i capelli lunghi fino alle spalle.Le chiesi di guardare alle mie spalle e intorno a me per vedere se percepisse altro.Mi disse:“Percepisco qualcosa. Una massa energetica. Per vederla devo fare uno sforzo maggiore ed aumentare la concentrazione”.E poi:“Vedo dietro di te, dietro la tua spalla destra, una persona. Sembra una donna, non è molto alta e vedo la sagoma dei capelli che arrivano fino alle spalle”.Aveva visto Adele.Solo a quel punto mi resi pienamente conto di quanto incredibile fosse ciò che era accaduto: nel mio spazio, una persona era diventata veggente.Mi tornò alla mente uno spiacevole episodio avvenuto con V. (la ragazza sensitiva nonché medium che mi fece conoscere il mio master reiki) durante l’estate di qualche anno prima, allorché ci eravamo ritrovati in una zona del centro Italia per conoscerci di persona..Poco prima di congedarci, mentre ci stavamo recando in stazione e precisamente mentre passavamo sotto un piccolo ponte, la ragazza si era sentita “invadere” da Presenze che evidentemente volevano approfittare della preziosa occasione per entrare in lei e potermi comunicare un messaggio.La circostanza che ci si trovasse in un luogo pubblico, unitamente alla presenza del fidanzato di lei – che, pur avendo spesso partecipato a momenti di trance della fidanzata, anche per comunicare personalmente

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con le Presenze, farsi istruire e chiedere consigli, non intendeva assolutamente che la stessa cosa avvenisse in quel momento e la schiaffeggiava per farla riprendere, cercando di scacciare le presenze – portarono la ragazza a decidere di resistere alla trance, rendendo inutili i tre tentativi che si susseguirono a poca distanza di tempo.Le mie Guide, tuttavia, manifestavano la necessità di comunicarmi qualcosa. Alla fine V. si era resa disponibile unicamente a canalizzarmi qualche breve frase (udita con difficoltà) a mente sveglia, seduti su una panchina della stazione mentre il mio treno stava arrivando.Per quanto non ritenessi che la stessa avesse avuto un obbligo di sottomettersi alla volontà delle mie Guide, per molto tempo provai molto dispiacere per il suo rifiuto (prevalentemente causato dal suo fidanzato) ad entrare in trance, dato che in quel modo V., disponendo di carta e penna, avrebbe anche potuto scrivere il messaggio a me indirizzato.V. si era prestata a fornire messaggi ad altre persone che aveva sentito di dover aiutare. Anche io non mi trovavo in un momento felice: uscivo da quella depressione ansiosa di cui ho parlato in altre pagine ed ero pieno di interrogativi sul prosieguo della mia vita. Avevo percorso centinaia di chilometri in treno per andarle incontro, si era presentata l’occasione e la stessa si era strenuamente opposta a lasciarsi utilizzare forse anche per soli pochi secondi per lasciarmi un messaggio che probabilmente mi sarebbe stato di grande aiuto.Nei giorni successivi, attraverso la chat, manifestato a V. questo mio risentimento, la stessa mi rispose sempre ed unicamente che non era tenuta a sottomettersi ad alcuna richiesta seppur proveniente dalle entità più alte, aggiungendo che avevo soltanto “perso un’occasione” ma che non si trattava di un problema suo.Nei successivi carteggi avvenuti con V., la stessa ci tenne a sottolineare l’importanza dei doni che sentiva di avere (tra i quali, appunto, la medianità ed una certa visione delle aure), dichiarando con estrema convinzione che ogni dono (che in quanto tale, a differenza del reiki, non è a portata di tutti) attesta il raggiungimento di un certo livello di evoluzione e quindi – sempre e comunque – una superiorità evolutiva e spirituale del sensitivo rispetto a chi certi doni non li ha.In nessun modo la sfiorava l’ipotesi che molte persone, se non tutte, potessero portare in sé doni latenti, mai utilizzati per determinate ragioni

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evolutive, oppure già utilizzati in una o più vite precedenti, e non utilizzati per scelta dell’Anima di evolvere senza il loro utilizzo.Le sue ferme convinzioni ed il suo atteggiamento assunto nei confronti miei e delle mie Guide mi lasciarono per i successivi due anni con un sottile dispiacere che mi portò più volte a parlare alle mie entità e a chiedere, quasi come ripicca, che – se vi fosse un briciolo di verità nel mio modo di concepire i doni, non attestazioni di superiorità ma unicamente “bagaglio” per lo svolgimento di un compito in una determinata vita – mi fossero inviate altre persone dotate degli stessi doni ma con una consapevolezza diversa, disposte ad utilizzarli per il bene comune ed anche, quindi, per eventualmente trasmettere qualche messaggio al sottoscritto.Due anni dopo, alla presenza di Adina, in quel preciso istante, io realizzai che la mia richiesta era stata esaudita. Per quanto io non neghi che potesse trattarsi di una persona probabilmente già “pronta”, probabilmente già con questi doni esistenti in modo latente nell’anima e soltanto in attesa di essere riportati alla luce, una cosa era certa: in precedenza, dopo un viaggio di centinaia di chilometri da casa mia, una ragazza, accompagnata dal fidanzato, si era rifiutata di entrare in trance per canalizzarmi un messaggio da parte delle mie Guide; due anni dopo, proprio nel mio luogo di lavoro occulto, sotto casa mia, di fronte a me, un’altra ragazza, sempre accompagnata dal fidanzato (questa volta compiacente) era diventata veggente.L’ora tarda e la necessità che i due ragazzi riprendessero il viaggio in treno mi spinse ad interrompere gli esperimenti (che avremmo continuato in altre occasioni), al fine di consentire un completo risveglio della ragazza. Con entrambi avrei costruito e mantenuto un rapporto di amicizia che sarebbe continuato nel tempo. La Fiamma Violetta, il Violet Flame Reiki.

Nella primavera dell’anno 2009 venni a conoscenza di un altro metodo di trattamento energetico: il Violet Flame Reiki (traduzione: Reiki della Fiamma Violetta).

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Non appena letto il titolo del metodo, ne abbandonai la descrizione per approfondire l’argomento della Fiamma Violetta. Mi attirava troppo il colore viola e il solo nome del colore. Immaginare una fiamma viola era qualcosa di entusiasmante.Mi ricordai di avere letto documenti in merito già diversi anni prima, anche se non riuscivo più a ricordare granché.Appresi che la Fiamma Violetta è la manifestazione di un’energia di alta frequenza che, nella classificazione dei Sette Raggi appartiene all’ultimo, ovvero al Settimo. E’ il raggio dell’alchimia, della trasmutazione e purificazione, a capo del quale, attualmente, starebbe il Maestro Asceso chiamato Conte di Saint Germain.Vi erano testi e siti web dedicati alla Fiamma Violetta, che insegnavano a meditare visualizzandosi avvolti da questa fiamma e pronunciando determinate frasi (denominate “decreti”), basate sul grande potere della parola e sull’affermazione “Io Sono”.Lessi anche di altri corsi e metodi sulla Fiamma Viola, e finanche che secondo qualcuno, il maestro Saint Germain ci comunicava che la Violet Flame si sarebbe oggi trasformata nella Silver Violet Flame, contenendo nuove frequenze, inserite automaticamente dai Maestri, necessarie per lo stadio evolutivo dell’umanità all’inizio del nuovo millennio.Proprio a quei tempi, avevo iniziato ad approfondire la tematica relativa alla autoiniziazione, ovvero alla possibilità di iniziarsi a qualunque tipo di energia senza bisogno dell’intervento di un maestro.Per quanto riguarda la Fiamma Viola non ebbi dubbi sull’opportunità di impartirmi immediatamente l’autoattivazione: visualizzai una pagina web contenente una raffigurazione artistica della Fiamma Violetta e del ritratto di Saint Germain, quindi mi posi in stato meditativo e feci partire il procedimento di auto attivazione, chiedendo di essere iniziato alla Fiamma Viola e alla Fiamma Viola Argento (Silver Violet Flame).Si susseguirono sensazioni molto particolari e la visione di una specie di lampada viola.Non soddisfatto tuttavia, tornai sul sito web di quella che era stata la mia insegnante di Kundalini Reiki, alla pagina relativa al Violet Flame Reiki. Le indicazioni erano molto sintetiche e non permettevano di sapere nulla del contenuto del manuale che sarebbe stato inviato.

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Mi decisi ad acquistare il corso, che si articolava in quattro livelli con relative quattro iniziazioni inviate a distanza.Concordammo date e orari e ricevetti le attivazioni, in cui non percepii nulla di particolare.Ricevetti finalmente il manuale, che mi lasciò leggermente disorientato: sulla copertina si vedeva la raffigurazione stilizzata di una donna su sfondo lilla.All’interno, il manuale iniziava con una descrizione di Quan Yin.Nuovamente – come il Don Abbondio dei Promessi Sposi del Manzoni – fui costretto a chiedermi: “Quan Yin? Chi era costei?”Lessi che si trattava della Dea cinese della compassione e della misericordia, che poteva essere invocata con un apposito mantra da pronunciarsi un certo numero di volte.Il legame di Quan Yin con il Violet Flame Reiki consisteva in questo: la Master Reiki Ivy Moore, durante giorni di meditazione in cui pronunciava ripetutamente alcuni decreti di Saint Germain e mantra di invocazione a Quan Yin in multipli di 108, chiedendo di essere aiutata ad aumentare le sue possibilità di aiuto e guarigione con il Reiki. L’accostamento di queste due figure sarebbe stato fatto in quanto Quan Yin risulterebbe essere legata al Settimo Raggio come Saint Germain, che attualmente ne risulterebbe il “direttore”.Durante questa meditazione, proprio durante la pronuncia dei mantra a Quan Yin, Ivy Moore ebbe la visione di diversi simboli. La visione continuò uno dei giorni successivi, in cui ne ricevette degli altri. I simboli in tutto erano quaranta.Ivy Moore ritenne che Quan Yin avesse voluto trasmetterle dei simboli antichi andati perduti. Ideò quindi un metodo nuovo, denominato Violet Flame Reiki, in cui utilizzare i quaranta simboli ricevuti, che suddivise in quattro livelli, assegnando dieci simboli ad ogni livello.Ricevute le attivazioni a questo metodo, mi ritrovai attivato a trecentosessanta gradi sulla fiamma viola: mi ero auto attivato alla Silver Violet Flame ed avevo ricevuto regolare attivazione a questa tecnica Reiki con quaranta simboli.Soltanto in seguito avrei appreso l’attuale ruolo di Quan Yin nella Fratellanza Bianca di cui fa parte.

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Per quanto non vi siano certezze in questo campo, tale Entità sembra essere una emanazione, una sfaccettatura, una manifestazione del noto bodhisattva Avalokitesvara, un Grande Essere noto in tutto l’Oriente per la sua attitudine compassionevole a venire in aiuto a chi lo invoca e per il suo Potere nel fornire – ove ciò abbia un senso nel maggior interesse della persona – un aiuto che possa condurre alla pace e al risveglio dello Spirito.Dicesi bodhisattva – per un essere disincarnato – colui che, passato attraverso la fase del Risveglio e giunto all’Illuminazione, ha acquisito il diritto di entrare nel Nirvana e di proseguire la propria fusione nel Tutto, ma – per amore di tutti gli esseri senzienti ancora imprigionati a dibattersi nel mondo – decide di rimanere nel mondo samsarico (incarnandosi o comunque restando individualizzato sui mondi sottili, sui cd. “paradisi” o “terre pure”) a coordinare altre anime che andranno ad incarnarsi, fino a che tutti gli esseri non si saranno illuminati e non potranno varcare tale soglia.Un bodhisattva può quindi considerarsi non solo un Maestro Asceso, ma qualcosa in più: è un Buddha che ha rinunciato ad entrare nella dimensione ad esso destinata (una dimensione in cui non è più possibile manifestarsi) per rimanere a lavorare con gli esseri ascesi.Essendo ascesa tanto tempo fa, Quan Yin aveva ricoperto il ruolo di Chohan del Settimo Raggio prima dell’ascensione del Maestro Saint Germain, che le subentrò. Da quel momento (salvi possibili mutamenti di cui non sono a conoscenza) è rimasta legata al Settimo Raggio rappresentandolo nel Consiglio dei Signori del Karma (Karmic Board) e ha assunto l’incarico di direttrice dell’Undicesimo Raggio.Tramite l’iniziazione, mi legai a questa Entità. Meglio ancora, potrei dire che riscoprii dentro di me il legame già presente da tempo immemorabile con Essa.

Il Wesak.

Si giunse all’anno 2010.Nelle due precedenti primavere, su invito del mio Master Reiki Vittorio, avevo partecipato alla celebrazione del Wesak in un centro della mia città.

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Ogni anno in primavera, da tutto il vasto continente asiatico, migliaia di pellegrini si mettono in cammino verso una valle segreta del sacro Monte Kailash, per uno dei più grandi eventi spirituali dell’anno: la grande Benedizione del Buddha.La Tradizione narra che cinquecento anni prima di Cristo, il principe Gautama Siddharta raggiunse il massimo dell’illuminazione, divenendo così un Buddha (che significa “risvegliato”).Dopo una vita ascetica, dedicata al perseguimento di determinati ideali quali pace, amore e compassione, il Buddha morì e raggiunse (allo stesso modo di Quan Yin di cui già ho parlato) la soglia del Nirvana. Sulla Soglia, la Gerarchia dei Maestri l’attese per accoglierlo; varcata questa soglia, sarebbe iniziata per lui un’esistenza nella dimensione in cui si trovano i cosiddetti “ascesi”: una dimensione di luce, in cui dimorano le anime che, in un lungo e duro percorso di crescita nell’autoperfezionamento, sono riuscite a liberarsi dal doloroso ciclo della nascita e della morte.Un attimo prima di varcare quella soglia, il Buddha si voltò a guardare in basso verso il mondo dei viventi, che vide tormentati dall’infelicità dovuta alla guerra, alla fame, all’ignoranza, alla superstizione, alle malattie, all’intensa attività mentale ed emozionale dell’essere umano che desidera in continuazione, senza sapere se ciò che desidera corrisponda al suo sommo bene e disperando se non ottiene ciò che spera. Sentì il grido di terrore degli animali levarsi dai macelli, dalle fruste, dalle catene. Vide la sofferenza di vegetali e minerali frantumati nel fuoco di un sacrificio senza fine e prova compassione per tutti loro. Il dolore di tutte le Creature viventi toccò il suo cuore e là, sulla soglia della beatitudine eterna, dinanzi alla Gerarchia della Luce, (concetto che molto impropriamente, ma approssimativamente, potrei assimilare alla “Comunione dei Santi” di cui parlano i cattolici; viene chiamata anche Fratellanza Bianca ed è composta da tutti i grandi Saggi, Santi, Illuminati e Maestri che in ogni tempo hanno guidato l’umanità), il Buddha si fermò e formulò la Grande Rinuncia: non avrebbe varcato quella soglia fino a quando l’ultimo dei viventi non l’avesse varcata prima di lui. Fino a quel momento sarebbe rimasto in vigile attesa per aiutarli e sostenerli, e sarebbe tornato ogni anno sulla Terra per portar loro la Sua amorevole benedizione.I contenuti esposti in questa versione del racconto, peraltro, sono controversi.

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Per quanto non si voglia utilizzare tale termine che andrebbe a contrastare con il titolo di Buddha col quale è conosciuto, secondo tale leggenda, Siddharta risulterebbe essere esso stesso un Bodisattva (si ricordi a riguardo che prima di Lui molti altri Esseri completarono l’ascensione e poterono accedere al Nirvana).Per molti Egli è il “signore del mondo” e, non a caso, nella ricorrenza del Wesak, i veggenti vedono Lui apparire dal Cielo, mentre tutti gli altri Maestri della Gerarchia planetaria lo accolgono restando attorno all’altare, e solo il Cristo resta a Lui vicino per ricevere la sua Energia e riversarla sulla terra.Comunque, secondo la tradizione, il Buddha torna (sui piani sottili, non visibili con gli occhi fisici) una volta all’anno, nel momento del plenilunio della costellazione del Toro, nella valle segreta sul Monte Kailash, per benedire indistintamente tutto ciò che vive sulla Terra. La benedizione si espande come un oceano di Luce su tutti i presenti, li carica di energia benefica per otto minuti; energia che diffonderanno ovunque per il mondo con la loro presenza.In diverse zone del mondo, nel periodo che intercorre tra i tre giorni precedenti ed i tre giorni successivi al plenilunio del Toro, diversi gruppi di persone si riuniscono per meditare in comune visualizzando questa valle, i Maestri e l’apparizione del Buddha.Diverse persone con doni extrasensoriali o con il dono di fare viaggi astrali, affermano di riuscire a portarsi in quella valle, di “vedere” direttamente la cerimonia sui piani sottili alla presenza di tutti i Maestri e di ricevere “sul luogo” la forte energia che viene dispensata in quel momento dell’anno.In quella primavera del 2010 germogliò lentamente in me l’idea che avrei potuto organizzare la celebrazone del Wesak nel mio scantinato.Inviai un po’ di inviti su Facebook ed attesi il riscontro.Nel frattempo, durante quella primavera, tra le tante richieste di corsi che ricevetti, entrò nella mia vita una persona di nome C.Mi chiedeva di frequentare un corso dal vivo di Violet Flame Reiki.Scoprii che era una mia collega (svolgeva la mia stessa attività lavorativa con cui vivo), molto interessata ed erudita in spiritualità e anche in discipline energetiche.

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Si creò immediatamente una certa affinità e un carteggio ininterrotto per diversi mesi. Conoscendola meglio, appresi del suo interesse per la Fiamma Viola, che lei conosceva in correlazione al Maestro Asceso Saint Germain, ignorando (come me fino all’anno precedente) l’esistenza di Quan Yin, che invece era la presenza fondamentale di riferimento nell’insegnamento della tecnica del Violet di cui al mio sito.Siccome l’incontro era stato fissato per una data lontana nel mese di luglio, il carteggio proseguì sfiorando ogni tipo di argomento, e in questo scambio, la stessa C. mi rivelò che le era stato detto da persone sensitive ed esperte del settore, che i suoi spiriti guida erano Saint Germain e la sua fiamma gemella Lady Portia (che non conoscevo minimamente e la cui raffigurazione non avevo mai visto).Mi stupì l’idea che un Maestro Asceso potesse guidare un essere umano.Lo stesso termine “ascensione” è sempre stato abbastanza indefinito: normalmente, il cosiddetto asceso è ritenuto colui che è passato ad una vita su piani più sottili, che si è mosso “in alto” e che quindi non è più presente nel mondo degli esseri umani; per altri, l’ascensione è una “condizione” vibrazionale e di esistenza che consegue un’anima che ha raggiunto un determinato livello di evoluzione; condizione che offre la liberazione dalla necessità di reincarnarsi per evolvere, ma che può addirittura conseguirsi durante la vita, senza che il corpo fisico debba morire interrompendo l’incarnazione fisica in atto.Resta il fatto che a quei tempi (e tutt’oggi) si parla di Maestri Ascesi ad indicare determinati Esseri disincarnati che si sono liberati dalla necessità di doversi reincarnare in un corpo fisico quale unica modalità per continuare la loro evoluzione.Tali Esseri – stando alle testimonianze di persone sensitive, con il dono della medianità – esistono realmente e fornirebbero molto spesso segni della loro presenza e del loro aiuto al fine di promuovere l’evoluzione di tutti, dell’intero gruppo di anime incarnate in esseri umani.Questi Esseri – organizzati in una struttura in qualche modo “piramidale” chiamata Gerarchia oppure, con termine più felice, Fratellanza Bianca – prestano un servizio, in quanto hanno accettato e scelto di essere comunque presenti nel mondo delle forme, restando individualizzati (hanno ancora il senso di un “io” e come individui si presentano anche nei

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loro messaggi) nei mondi delle forme, per quanto più sottili del nostro, al fine di aiutare l’umanità ad evolvere, ovvero per aiutare le altre Anime, ancora soggette al ciclo di morti e rinascite, ad ascendere. Ciò viene fatto attraverso varie modalità, tra le quali il coordinamento di altre entità (i cosiddetti spiriti guida) che avrebbero avuto il compito di guidare gli esseri umani.La rilettura dei testi di Alice Bailey (contenenti indicazioni canalizzate o comunque ispirate dal Tibetano, ora anch’esso asceso) mi aiutò a comprendere la possibilità che un Maestro Asceso si dedicasse a guidare una o più Anime.Tale possibilità restava delimitata – secondo i suddetti insegnamenti – da condizioni ben precise. Sta scritto, infatti, che il Maestro interviene unicamente allorquando l’Anima sia riuscita a dominare la personalità (corpo, emozioni, mente) e a creare un perfetto centramento, in modo che la personalità diventi strumento dell’Anima (la parte più profonda ed evoluta, per quanto ancora legata al senso di un “io”, dell’essere umano) e – come un cristallo trasparente ripulito dai rovi dell’Ego – dell’Anima faccia risplendere la Luce. Proprio questa Luce, irradiata dall’essere umano purificato, notano i Maestri, decidendo in assoluta libertà quando intervenire personalmente, con chi e in che modo.Prima di tale momento, l’anima incarnata può essere guidata unicamente dai suoi cosiddetti “Spiriti Guida” personali, ovvero anime di persone che hanno già vissuto sulla terra, che hanno già raggiunto un certo livello evolutivo e che, prima di reincarnarsi hanno scelto di guidare un’altra Anima (sia essa un parente nella vita presente, sia stata conosciuta in una vita passata, oppure sia stata conosciuta anche solamente nelle dimensioni sottili).In tale momento, evidentemente ancora soggetto ad una certa ottenebrazione o comunque confuso da tante notizie giunte contemporaneamente, mi arrogai la facoltà di giudicare, non ritenendo che in questa persona queste condizioni potessero essersi verificate. Nel marasma delle mie elucubrazioni (evidente segno di un lavoro esclusivamente mentale portato all’eccesso), in primo luogo ritenevo di non poter concepire ciò dal momento che si trattava di una persona che svolgeva il mio mestiere (attività che, inevitabilmente, porta a “sporcarsi”

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un pochino, o comunque a lavorare con la sporcizia, con gli imbrogli e l’ipocrisia).Seguendo una prassi non solo mia, già messa in opera con altri, provai a solleticarne il lato d’ombra attraverso qualche provocazione inerente alla sua spiritualità. Puntualmente, arrivarono le repliche, in perfetto stile di contrattacco, con tanto di chiarimenti e di intimazioni ad evitare nel modo più assoluto che tali provocazioni da parte mia si ripetessero in futuro.Erano, tali reazioni, atteggiamenti che io adottavo quindici anni prima e che avevo – di mia decisione – voluto abbandonare.Nel suo caso, cos’altro poteva essere a causare delle reazioni così combattive (puntualmente tamponate dalla mia recettività passiva per cercare di spegnere l’incendio) se non la personalità?Almeno in una certa misura, quindi, si poteva dire che in C., la personalità era presente. Anche questo aspetto mi portava ad escludere che C. si trovasse nelle condizioni solitamente ritenute necessarie per poter avere la guida di ben due maestri ascesi.Senza ombra di dubbio, una parte di me mi solleticava al confronto. Mi sentivo spinto a confrontare la sua situazione (che ormai ritenevo definita) con la mia. Volevo verificare di avere anche io uno o più maestri ascesi al fianco, e mi aspettavo (aspettativa) che la verifica desse esito positivo.Eppure, per quanto ne sapevo, così non era.A parte le due fugaci apparizioni dell’immagine della dea Kalì ai miei allievi (che mi ero dimenticato), a parte l’apparizione di Gesù che avveniva unicamente quando era presente il mio allievo F. ed a lui era dedicata, l’unico episodio che poteva fornire un riscontro affermativo alla mia aspettativa era l’apparizione dei quattro Maestri dorati durante la lezione reiki di cui ho parlato. Ma anche tale apparizione, a ben vedere, appariva comunque finalizzata all’esercizio di un “controllo” sul mio operato durante il conferimento di importanti iniziazioni, nulla escludendo che quegli stessi Esseri si fossero presentati a controllare ancora una volta nell’esclusivo interesse dei miei allievi.Obiettivamente, è da dire che tali figure non furono più viste al mio fianco, nemmeno alla presenza di D. o di altre persone in grado di vedere); ma per quanto atteneva alle Entità che avrebbero potuto

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seguirmi, ciò che sapevo era che avevo un unico Spirito Guida e che era Adele.C. era un personaggio effettivamente particolare. Mi aveva riferito di avere delle doti medianiche, intuitive nonché la capacità di viaggiare in astrale.Le poche occasioni che ebbi di conversarci al telefono, tuttavia, mi rivelavano un carattere molto forte, attivo, deciso nonché una personalità ancora ben presente, come già detto.Premettendo che non ho mai creduto che i doni “psichici” o extrasensoriali fossero direttamente proporzionali all’evoluzione raggiunta, devo ammettere che C., in diverse occasioni che si verificano ancora oggi, utilizzava lo strumento informatico (sia attraverso la posta elettronica che il social network Facebook) per inviarmi o pubblicare (talvolta taggandomi) citazioni che erano in sintonia con quanto stavo vivendo in quel momento.Frasi da cui mi sentii colpito nel profondo, proprio dopo poche ore in cui un evento del giorno mi aveva stimolato determinate riflessioni. Non avevo che da collegarmi a Facebook ed ecco che potevo leggere la frase di una canalizzazione di un Maestro che dava risposta al mio problema.Evidentemente – quanto meno – C. era un canale attraverso cui, in alcune occasioni, la Luce poteva operare raggiungendo determinate persone.Ma, come detto, pensarla guidata da due maestri ascesi mi rodeva dentro come un tarlo, perché mi era così facile, al tempo, notare i suoi difetti (come quelli di tutti) e vederli così grandi rispetto ai miei (che anche inconsciamente mi rifiutavo di vedere).“Non cercare di togliere la pagliuzza nell’occhio del fratello finché non hai tolto la trave che sta nel tuo”, diceva Gesù. Ma una frase, per quanto autorevole, non può cambiare la vita (e il modo di interpretarla e di fornirle un senso) ad un’Anima che, nella sua storia complessiva o anche soltanto nella singola singola incarnazione che sta vivendo, sia ancora ottenebrata. In tale situazione mi trovavo.Chi ero io per poter presumere di ergermi a giudice e di poter valutare se quei maestri ascesi avessero fatto cosa buona a seguire C.?Perché restavo tanto infastidito da quanto avevo scoperto?Oggi la risposta è chiara: perché ero identificato.

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Perché centrando le mie energie su un senso dell’io, a sua volta infarcito di schemi mentali appiccicatigli addosso dalla società (anche a livello di mente ed inconscio collettivi), il mio ego si era costruito l’ambizione di primeggiare, o quantomeno di pretendere un’assoluta uguaglianza, senza che nessuno potesse avere o ricevere qualcosa “in più” dell’altro.Dall’ambizione, che è un attaccamento verso l’oggetto di un desiderio, si creano le aspettative (di ottenere ciò che si desidera, ma anche – una volta ottenuto, anche parzialmente, l’oggetto del proprio desiderio – che ciò che si è conseguito permanga sempre).E’ noto altresì che la frustrazione di un’aspettativa in una persona ancora ottenebrata (in altre parole, in una persona non risvegliata) genera l’esplosione di energie grezze legate al dolore (paura, rabbia), che vengono incanalate in corrispondenti schemi mentali reattivi e quindi espresse in timore, collera, protesta, insofferenza, se non attraverso elucubrazioni ancor più sottili pronte a sfociare in terribili strali.In quel momento, queste realizzazioni non erano ancora avvenute. Tuttavia, proprio tale travaglio interiore, però, sarebbe stato l’elemento che le avrebbe portate in superficie.E proprio in questo aspetto, intravedo ora un nobile ruolo rivestito da C. nei miei confronti: essere il tramite della Luce per farmi superare quella tappa evolutiva, solleticando le resistenze interiori del mio Ego, in modo che potessi accettarle ed infine dissolverle.In quel periodo restai in uno stato di dubbio su quanto mi aveva raccontato, in particolare sull’identità delle sue Guide.Il dubbio era, del resto, un efficace meccanismo di difesa, finalizzato a farmi evitare l’impatto con qualcosa di cui non accettavo la possibilità, in quanto accettarla avrebbe significato, ancora una volta, estirpare dal mio cuore i rovi della personalità e dell’ego.Restai con i miei dubbi fino a che non facemmo un esperimento in cui le inviai un trattamento a distanza con l’Amethyst Reiki, il metodo che avevo fondato io stesso. C., durante il trattamento a distanza ebbe delle visioni molto particolari.Ma anche io ebbi la mia visione e per me fu la prima volta.Mentre trattavo C., vidi con la mente (sia ad occhi aperti che chiusi) una signora di mezza età che si sporgeva da quella che poteva essere una

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parete ad angolo oppure lo stipite di una porta. Vedevo solo la testa: la signora poteva dimostrare all’incirca cinquantacinque anni, i capelli che potevo vedere erano biondi e sulla fronte portava una fascia, di stoffa o di seta, rossa.Mi guardava con l’espressione che avrebbe avuto una signora allorché mi fossi recato a sorpresa a suonare alla porta di un appartamento. Curiosità mista ad una certa diffidenza e ad una certa volontà di introspezione, per osservarmi nel profondo.Terminato il trattamento, mi chiedevo chi potesse essere questa donna.Mi venne in mente che potesse trattarsi della Lady Portia di cui C. mi aveva parlato, quella Maestra Ascesa che, insieme all’altro Maestro Asceso Saint Germain, avrebbe dovuto guidarla in questa incarnazione.Con lei feci le ricerche attraverso la sezione immagini di Google, ed ecco che mi bastò la visione di due ritratti di questa Maestra per riconoscerla: la donna che avevo visto era veramente Lady Portia.Dal giorno successivo a quel trattamento, diecimila pensieri si insinuarono nella mia mente.Nemmeno oggi mi è facile riuscire a descrivere come mi sentii in quei momenti. Per quanto ora abbia compreso che ha poco senso, per noi esseri umani, cercare di comprendere come la Luce ci accompagni e con quali modalità questo avvenga (e ha poco senso un tale tentativo in quanto la mente non è ontologicamente in grado di cogliere ciò che la trascende), ciò di cui avevo certezza in quel momento, era unicamente che avevo uno Spirito Guida di nome Adele, della quale sapevo poco e niente, se non che era l’anima di una persona defunta un secolo prima, probabilmente non “ascesa” e comunque non famosa.Iniziai a ripercorrere la cronologia dei momenti difficili durante la mia attività di insegnante di Reiki. Persone che si erano permesse di lanciarmi battutine e frecciatine, di mettersi esse stesse a fare lezione a me nella sede in cui l’insegnante ero io, e un coetaneo, addirittura, che per il fatto di aver viaggiato per il mondo e partecipato a sedute e meditazioni con diversi sciamani, aveva ritenuto di potermi fare delle critiche, che avrei compreso soltanto quando un Maestro “mi avesse aperto”.

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Sentii tutto il peso dell’umiliazione nel vedermi considerato un’Anima meno evoluta di quella di tanti miei allievi.Che un Maestro si offra di raggiungere un’Anima solo allorché sia arrivata ad un certo livello, potevo comprenderlo.Comprendevo anche, però, che mi era impossibile svolgere serenamente il mio ruolo di insegnante di Reiki in un contesto ove potessero presentarsi a me, in veste di allievi, persone più avanti di me nel cammino e con al seguito degli Esseri ascesi. Evidentemente non sarei stato la persona adatta per poter “dare” a queste persone un “valore aggiunto” rispetto alla mera esposizione delle tecniche per fare i trattamenti di reiki. E per una persona alla quale era stato preannunciato che avrebbe dovuto operare permeando di spiritualità ogni sua azione, vedersi giungere come allievi anime con al seguito maestri ascesi, era un controsenso e qualcosa di non comprensibile. Era – per l’Alessandro del tempo – una vera e propria presa in giro.Gridai al Cielo, alla Sorgente, la mia impossibilità di comprendere ed il mio disappunto, chiedendo con gentilezza alla mia Guida Adele di unirsi alla mia preghiera. Chiesi quindi che – anche soltanto in forza del ruolo che ricoprivo, per Loro volontà e non mia (v. retro, l’incontro con il mio primo Master), io potessi operare consapevole di essere sulla direzione giusta e soprattutto munito di un riconoscimento da parte della Fratellanza Bianca, che mi garantisse di non essere in una posizione deteriore rispetto alle Anime che si presentassero da me come allievi, qualunque fosse il loro livello evolutivo e la loro età animica.Reclinai quindi la testa sul tavolo e chiesi anche questo: “se nessuno di Voi ritiene opportuno seguirmi, oppure qualora la mia richiesta sia priva di senso, o ancora nel caso in cui riteniate questa la soluzione migliore, potreste almeno prendere in considerazione l’idea di adottarmi tutti insieme. Io, per continuare, ho bisogno che in ogni occasione in cui si presenta da me un sensitivo, vi sia un Asceso al mio fianco, per testimoniare ai presenti con il dono di percepire l’invisibile, e per confermare a me, che il mio lavoro è ritenuto di una qualche utilità dalla Gerarchia spirituale. Diversamente, sarò costretto, mio malgrado, ad interrompere l’insegnamento perché così non mi è più possibile”.Nei giorni successivi a questa richiesta mi sentii svuotato.

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Decisi che in ogni caso, non mi sarei più infervorato o riempito di astio per confrontare le Guide degli altri con le mie. Che fosse vero ciò che dicessero o che non lo fosse, che si trattasse di Anime più evolute della mia o che questo aspetto non centrasse, non valeva la pena alterarsi e soffrirci su. L’avevo già fatto e avevo scoperto che potevo stare molto meglio con me stesso, potendo proseguire il mio percorso in modo armonioso (a qualunque livello mi trovassi), accettando semplicemente la situazione presente e vivendo nel qui ed ora.Chi era C. e perché aveva tali Guide? Smisi di chiedermelo e tornai a pensare al mio percorso.Mi vergognai di quanto avevo richiesto con tanta concitazione alle Entità di Luce, rimproverandomi per avere avanzato delle pretese, o anche solo delle suppliche, ad un mondo del quale – da questa dimensione terrena nei vincoli dei cinque sensi di un corpo fisico – non conoscevo granché.Come potevo permettermi di entrare nelle scelte degli Esseri che attuavano ciò che per noi era giusto secondo la volontà di Dio?Come potevo, del resto, essere certo che la mia situazione (e questa constatazione potevo allargarla a tutta la mia vita fin dalla nascita) non fosse l’esatta realizzazione di ciò che la mia Anima aveva scelto o comunque accettato come prova per evolvere più rapidamente?Decisi di dimenticare la richiesta avanzata.Lavorai su me stesso con l’energia fino a che riuscii nuovamente a trovare la serenità, consapevole che ogni mia doglianza relativa al confronto tra le mia Guide e quelle di altri, era assolutamente priva di senso.Venne comunque il mese di aprile dell’anno 2010 e da lì a pochi giorni avrei dovuto presiedere il Wesak nel mio seminterrato, per la prima volta. L’avevo programmato un mese prima, le persone avevano aderito e sarebbe stato un problema rimandarlo. Tuttavia, dopo il mio “reclamo” volto ad attirare l’attenzione degli Esseri Superiori, non sapevo come avrei potuto “presentarmi” di fronte al Mondo Spirituale proprio a presiedere una celebrazione dedicata alla Fratellanza Bianca.Nel pomeriggio del giorno dedicato al Wesak, dopo quel brutto periodo in cui mi arrabbiai con il Cielo per non essere mai stato guidato da un Asceso, ritrovai in me una certa stabilità e con molta calma procedetti alla preparazione.

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Quanto ero stato superficiale, del resto. Avevo ricevuto l’Amethyst Reiki e non pensavo che sicuramente dovevano esserci delle entità molto elevate ad avermi permesso di creare questo collegamento e di poterlo utilizzare.Nella disposizione dei posti nel locale dove avrei celebrato il Wesak, decisi di non sedermi dietro l’altare ma di restare seduto a terra come tutti gli altri presenti, unicamente mantenendomi vicino all’altare per controllare i volumi dei sottofondi musicali e per distribuire l’acqua.Tra i partecipanti volle unirsi anche D. , che – come detto in precedenza – aveva la possibilità di vedere ciò che la maggioranza delle persone non vede.Lasciai delle sedie vuote dietro l’altare a titolo simbolico, quasi a voler indicare che non ero degno di occupare io quelle postazioni, in cui avrebbe potuto sedere soltanto un iniziato. Non mi aspettavo che Qualcuno – nemmeno lo Spirito Guida di un presente – intendesse occuparle, ma volevo che vi fossero.Alla celebrazione di quella sera, iniziai con una breve introduzione.Vidi D. guardarmi molto intensamente con un’espressione che era tra la sorpresa e l’introspezione.Provai a chiederle cosa trovasse in me di strano, ma mi fece cenno che mi avrebbe spiegato poi.Quando, terminata la meditazione, mi misi a distribuire i bicchierini per l’acqua (che durante la cerimonia resta sull’altare in una coppa di cristallo e viene caricata di energia), venne da me abbastanza concitata chiedendomi se potevo riempire nuovamente il suo bicchiere.“Hai sete?” le chiesi.“No. L’ha chiesta Lei” mi rispose, indicando la prima sedia dietro l’altare, quella al mio fianco.Al termine della celebrazione mi spiegò che l’acqua era stata gentilmente chiesta dalla Signora che si trovava seduta accanto a me, e che considerata l’importanza del Soggetto, non le era stato possibile evitare di interrompermi e non esaudire la richiesta.Spiegò quindi che su quella sedia stava seduta una giovane signora, che all’inizio aveva scambiato con la Vergine Maria.

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Era apparsa in piedi al mio fianco e nel momento in cui iniziai a spiegare il senso del Wesak, per sedersi quasi subito sulla sedia vuota dietro l’altare più vicina a me.Aveva i capelli neri divisi a metà sulla fronte e coperti da un velo bianco. Era – a dire di D. – “non molto alta”, comunque giovane, di corporatura magra e molto bella; il volto era orientale.Indossava un peplo bianco, con tantissime pieghe, ornato da un drappo di colore viola che dalla vita, in diagonale, risaliva sul torace fino alla spalla. Emanava una luce bianca madreperlacea.Quando si era seduta sulla sedia, aveva assunto quasi immediatamente l’atteggiamento di preghiera e meditazione, con le mani giunte, la schiena leggermente ricurva e la testa abbassata. Infondeva una tenerezza ed una dolcezza senza pari nei confronti di tutti i presenti.Svolsi qualche ricerca su internet con l’aiuto di D. (che, essendo sensitiva, si rivelò fondamentale) e la risposta non tardò ad arrivare.La Sua identità non può essere rivelata in queste pagine. Posso solo dire che non appena la ebbi identificata, inviai a D. un po’ di immagini raffiguranti il Suo ritratto chiedendole di scegliere quello che La rappresentasse in modo più fedele. Quindi, stampai l’immagine, la feci incorniciare ed appesi il quadro nel mio studio seminterrato, ove si trova ancora.In ogni caso, in quel momento riconoscevo che i miei precedenti lamenti erano stati uditi dalle Entità di Luce.La figura che era presente accanto a me, infatti, non era e non rivestiva il ruolo di uno Spirito Guida, in quanto alcuni presenti, durante la meditazione, avevano percepito la presenza delle loro Guide, ma notarono che restavano accanto a loro ed eventualmente si muovevano nella stanza. Non si sedettero dietro l’altare.Era un’Entità legata alla Fratellanza Bianca dei Maestri Ascesi, molto conosciuta, dimorante su piani molto alti.La Provvidenza fu veramente imprevedibile.Nella stessa sera, un altro episodio curioso accadde.Ne furono testimoni ben due persone: D. e B., entrambe veggenti e presenti alla serata.

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Dissero (confermandosi l’una con l’altra) che al termine della meditazione Wesak, proprio nel momento in cui mi accingevo a trasmettere le iniziazioni Reiju agli operatori reiki, la mia figura si era trasformata.Nel momento preciso in cui, inserito il cd con il sottofondo musicale nell’impianto stereo, mi voltavo per raggiungere la postazione da cui, in piedi, avrei chiamato le persone, il mio corpo divenne enorme.Si trovarono di fronte un uomo altissimo, all’incirca otto metri, la cui sagoma evidentemente superava l’altezza del soffitto.Su mia domanda (dal momento che ipotizzavo si fosse trattato di una Guida venuta in mio aiuto) mi chiarirono che il volto, così come l’abbigliamento, era il mio. Ero io, soltanto che per alcuni istanti la mia sagoma visibile era diventata gigante.Nei giorni seguenti, raccontai l’episodio dell’apparizione della Signora ad una allieva anch’essa molto intuitiva e con particolarissimi doni. Alla stessa raccontai l’apparizione durante la cerimonia, evitando peraltro di raccontare gli eventi dei mesi precedenti, anche per l’obiettiva difficoltà di districarmi nel racconto di un intreccio così contorto ed ingarbugliato di eventi, sentimenti e pensieri.Mi rispose: “Era lì per benedirti. Era lì per te. Nel periodo precedente quella celebrazione, gli eventi ti avevano portato a non sentirti amato. E’ venuta affinché tu potessi sapere della sua presenza, è venuta per fare vibrare nuovamente le corde del tuo cuore. Lei ti è molto vicina. Ogni qualvolta tu ne avverta la necessità, parlaLe”.In effetti – per quanto non glielo avessi spiegato – era stato così. Mi ero sentito ignorato (e quindi non amato) dagli Esseri di Luce, e così, in certo senso, dubitavo anche di non essere amato dalla Sorgente, da Dio.Da quel momento non potei più pensarlo. Ma non solo: mi resi conto che lo stesso tipo di discorso sarebbe valso per ogni Anima, che – essendo unica – è seguita dagli Esseri di Luce nei modi e nei tempi che Essi valutano appropriati in base alla loro conoscenza e, comunque, è allo stesso modo amata in modo incondizionato da Dio.Tale Entità, il cui rapporto con me non si è interrotto e perdura ancora oggi, mi avrebbe dato ulteriori segni della sua presenza.Il primo avvenne allorché, durante un corso Reiki a due persone abbastanza sensitive – Adina e una sua amica di nome Barbara, accompagnate da Marco – chiesi di ricevere un trattamento Reiki.

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Improvvisamente, una di loro mi chiese chi fosse la Signora ritratta nel quadro che avevo appeso nella stanza.Spiegai chi fosse tale Entità, quindi mi stesi sul lettino.D’un tratto, Marco disse che, fissando il quadro, si sentiva assalito da brividi.Le altre due, nello stesso momento, avvertirono una forte energia uscire dal quadro. Un’energia fredda.Adina avvertì un messaggio e volle esternarlo subito, indicando il quadro: “Sento che Lei vuole aiutare lui” e indicò me.Tutto il trattamento si svolse in questo clima surreale, mentre le due persone che mi trattavano a contatto, avvertivano che le loro braccia e le loro mani, non erano più sotto il loro controllo.Il giorno dopo incontrai la signora D. nel centro di Milano per un saluto ed un aperitivo.Senza dirle nulla, provai a chiederle come mi trovasse.Senza pensarci su, mi disse: “Ma infatti… oggi ti trovo tutto pulito!”.Evidentemente, le altre volte non lo ero, per personaggi con capacità percettive e di discernimento pari alle sue.L’energia riversatasi su di me durante il trattamento del giorno prima mi aveva ripulito.Un’apparizione degna di nota di questa Signora nel mio seminterrato avvenne nel mese di luglio 2010, allorché vennero a trovarmi Marco e Adina.Ad un certo punto, Adina disse: “Vedo una donna con il velo in quel punto. Non chiedermi perché, ma so per certo che è la Signora del tuo quadro”.E poi, sorridendo, soggiunse: “Ma è piccolina!”.Proprio come aveva detto la signora D.Se era venuta, era lì per me. E così era. Mi decisi quindi di provare a risolvere i miei dubbi sul ruolo dalla stessa rivestito oggi.Adina mi disse di provare ad elencare le varie ipotesi e così feci.“Chi sei?” chiesi. “Sei un essere angelico sotto forme umane; un maestro asceso; un essere così evoluto che non dimora più sulla terra?”.

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E qui Adina mi fermò dicendo: “L’ultima che hai detto! Ha alzato la mano”.Provai allora a chiederLe un consiglio su un problema che mi disturbava particolarmente in quei giorni.La risposta non arrivava e Adina mi confermava che la Signora restava immobile, in piedi davanti a noi, sbattendo le palpebre, senza mostrare alcun sentimento, ma unicamente serenità.Ad un certo punto, Adina iniziò a fissare il punto in cui diceva di vederla, sorridendo, esprimendo tenerezza ed esclamando “Che bella….”, entrando probabilmente in una sorta di semi-trance.Poco dopo, vidi scendere le lacrime dai suoi occhi, tanto che la sua visione mi ricordò quella delle scene dei film in cui si raccontavano le apparizioni della Madonna a Fatima e a Medjugorje.Dopo qualche minuto, Adina tornò in sé e disse di avere un messaggio da darmi.Disse:“Mi ha detto questo. Tu non hai bisogno di me per parlare con Lei. Puoi parlarLe direttamente, perché Lei ti ascolta sempre. E ha detto che tu sai che hai bisogno di parlare con Lei. Ha anche aggiunto che Lei potrebbe risponderti usando la mia voce, ma che il mio corpo non è pronto per riceverLa”.Per quanto commosso e stupito, la mia reazione fu inevitabile: parlai a Lei direttamente (sapevo dove dovevo guardare) e dissi: “Ora non dubito che mi ascolti, ma se parliamo direttamente tra noi, sarà un dialogo a senso unico. Tu senti me, ma io come faccio a sentire la Tua risposta?”Adina restò in silenzio un poco sempre fissando da quella parte, per riportarmi poi questa risposta:“Un po’, però, sei anche tu, Alessandro. Tu ottieni dei risultati ma poi ti spaventi e ti blocchi. Fai una cosa, arrivi fino a lì, quindi di spaventi e torni indietro. Potresti fare molto di più.”“Come sai questo?” le chiesi. “Chi te lo ha detto?”“Non lo so…” fu la sua risposta.

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Era una risposta della Signora, che rimase con noi tutta la serata facendo udire ad Adina il suono di una dolce musica, proprio come se quel momento fosse e dovesse essere un’occasione di festa. L’incontro con Kalì

Successivamente alla celebrazione del Wesak, ricevetti mail di ringraziamento da parte dei quindici partecipanti intervenuti, alcuni dei quali erano riusciti a visualizzare la valle e il Maestro Siddharta impartire la benedizione ed inviare il forte flusso di energia, che avevano avvertito come un Raggio di Sole molto forte.Una sera decisi di ripetere quanto già fatto in precedenza, ovvero l’autotrattamento utilizzando il Violet Flame Reiki.Per la verità, adoperai su di me non solo le energie del Violet ma anche quelle del Reiki Karuna e chiesi l’aiuto di tutte le entità che fossero legate a me.Effettuai il trattamento in uno stato di meditazione, nel quale la mia mente era riempita dal “suono” e dall’energia dei mantra dei simboli che richiamavo. Riuscii ad individuare delle zone energeticamente compromesse e a trattarle.Al termine, mentre ad occhi chiusi lasciavo che il vuoto, il Silenzio, pervadessero la mia mente e il mio cuore, vidi una donna in tunica bianca davanti a me. I capelli erano neri, sciolti. Il volto era molto solare, allegro, mentre l’espressione era decisa, ma tale Presenza, nel complesso, mi ispirava bontà.La donna mi sorrise e mi batté le mani, esclamando qualcosa che non capii ma che quasi sicuramente era un “Bravo!”, come talvolta si dice ad un bambino piccolo che ha mostrato molto impegno nell’apprendere una cosa nuova.“Bravo!” e un magnifico sorriso.Tra un “bravo”e l’altro, la ragazza si aggiustava i capelli sciolti e lisci lungo la schiena.Mi chiesi: che sia Quan Yin? I capelli in fondo sono neri. Ma nelle raffigurazioni, appaiono sempre piegati in due e raccolti sotto un velo.

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L’immagine si ingrandì come se la donna, finalmente, si fosse avvicinata. Ancora una volta esclamò qualcosa che non potei capire (non c’era collegamento audio, ma solo un discreto collegamento video) ma restai molto colpito da un aspetto che notai:aveva gli occhi rossi.Non mi riferisco soltanto all’iride e alla pupilla, ma a tutta la parte di occhio che può vedersi in una persona, sotto la pelle delle palpebre aperte.Un rosso vivo, che sulle prime mi fece pensare a due occhi arrossati e gonfi di lacrime.Ma la donna sorrideva con fare allegro e non mi sembrava di avere fatto grandi cose per poterle provocare un pianto di gioia.Guardandola meglio mentre mi sorrideva, vidi che tutto l’occhio era come un cristallo, un rubino, in cui vi erano delle zone che emanavano una luce più intensa.In altre parole, era come se al posto degli occhi, vi fossero tanti vortici di colore rosso brillante.La constatazione mi lasciò un po’ turbato mentre la visione svanì.Nel mese di giugno ricevetti un uomo che mi aveva chiesto il primo livello Reiki. Era di origine sudafricana ed abitava in Germania.Non posso dire che fosse un sensitivo: non aveva mai avuto visioni fino a quel momento. Mi disse soltanto che in alcuni momenti di riflessione e meditazione profonda, avvertiva al suo interno le Voci dei Maestri.Al termine del corso, gli chiesi di trattarmi con il Reiki, anche per valutare se avesse appreso come effettuare il trattamento.Rimase compiaciuto e stupito di riscontrare come – durante il trattamento – la sua intuizione risultasse amplificata.Dopo avermi descritto i vari piccoli “scompensi”, trovati e sistemati nei miei vari chakra (di cui già ero a conoscenza), mi parlò così:“La cosa che più mi ha impressionato è stata la visione di una donna.Quando ti ho messo le mani a forma di T sul coccige, ho visto chiaramente di fronte a me il busto di una donna. Portava i capelli lunghi, neri, un colore nero intenso, speciale. Non so dirti se avesse vestiti o fosse nuda, perché questi capelli riempivano tutta la visione. Sorrideva. In quel momento, io ho perso la percezione del mio braccio e un’energia

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freddissima lo ha attraversato, uscendo dalla mia mano ed entrando dentro di te, per tutta la durata di quella posizione”.Sapevo che l’energia fredda era manifestazione – tra l’altro – del Femminino Sacro, delle energie legate alla parte “femminile” di Dio, la Madre Divina.A quel punto mi mimò il sorriso e capii che l’espressione era di una “persona” che mi conosce bene e che mostra affetto, compiacenza e nello stesso tempo la giusta presa di distanza da un “monello”, quale potevo essere io.Per capire qualcosa in più, gli chiesi:“Com’era il volto? La pelle era chiara? Gli occhi erano a mandorla?”Mi rispose:“Il volto era rotondo. Pelle chiara, volto rotondo come un cerchio, ma comunque bello. Un bel volto. Quanto agli occhi…. Non posso dirtelo perché…. aveva gli occhiali scuri”.Ed io: “Cosa? Un’Entità con gli occhiali da sole?”“Eh sì” mi rispose lui, ancora un po’ confuso.Un’idea mi balenò nella mente: chiunque Essa fosse, poteva essere la stessa donna dagli occhi rossi che avevo visto in meditazione (e che mi era ricomparsa in dormiveglia poche notti prima, mentre dormivo con il sonno agitato per un problema che poi si risolse e che mi è proibito raccontare qui). Poteva aver messo gli occhiali per non spaventare il mio allievo o comunque non far fraintendere il significato della sua presenza, rischiando di essere scambiata per un’Entità malefica.Ancora convinto che si trattasse della Signora del Wesak e delle apparizioni successive, nei giorni successivi, non rinunziai a raccontare l’episodio. Per me la Signora si era mostrata con gli occhi rossi e, semplicemente per evitare fraintendimenti, nonché per fare un po’ di umorismo (era il mese di giugno, estate) si era messa gli occhiali.Alla fine di quel mese di giugno incontrai nuovamente la signora D. per un caffè.Nella lunga chiacchierata, le raccontai per filo e per segno la visione del mio allievo e il precedente episodio della donna dagli occhi rossi, vista in meditazione.

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Ebbe come un mancamento che mi fece pensare ad un malessere.Si riprese e – cercando di assumere un contegno il più possibile normale per trovarsi seduta al tavolino di un bar sul marciapiede di Piazza Bande Nere – mi disse: “Scusami, ma mi è ‘venuto’ che quella donna è Kalì”.Queste parole, dette da D., ebbero su di me un effetto immediato. Immediatamente ricordai la prima manifestazione di Kalì a quel mio allievo che accusava problemi di Kundalini, inspiegabilmente risoltisi; la seconda manifestazione di Kalì proprio a D. nel mio scantinato; ricordai quindi che secondo alcune descrizioni, la Dea si presenta con gli occhi rossi. Poteva essere così, anzi, probabilmente le cose erano proprio così.Sempre dominato da un lucido scetticismo, necessitai di altre conferme, che puntualmente arrivarono.Il mio intuito mi portò a chiedere l’aiuto di tre persone di cui conoscevo la forte capacità di percezione extrasensoriale.Nello stesso giorno, contattai due di queste.Senza raccontare alcunché, chiesi alla prima di provare a concentrarsi sulla mia e-mail. Nominai due entità: per prima quella presente al Wesak, e per seconda la Dea Kalì, avvertendola che avrei chiesto (come feci) ad Entrambe di volermi fornire un riscontro e di farmi sapere, attraverso quello stesso messaggio elettronico, “se andasse tutto bene”.Non mi scrisse più e il fatto mi impensierì, dal momento che la persona in questione era solita cercarmi spesso. Il silenzio si protrasse inspiegabilmente tanto che dovetti essere io, dopo qualche giorno, a scriverle.Mi rispose più o meno: “Non l’avevo mai fatto. Posso solo dirti che nel momento in cui ho letto Kalì ho visto una statua color oro oppure ottone con tante braccia, la quale mi sembra volesse farti sapere che va tutto bene. Non fidarti troppo di me, è stato un attimo, è la prima volta che mi succede una cosa simile e quindi non so nemmeno se è successo davvero”.Affrontai la mia ignoranza con una ricerca accurata sempre tramite quel prezioso strumento che è internet e riscontrai che esistono realmente statue di Kalì, nelle quali la Dea è raffigurata con tante braccia.La seconda persona (anch’essa non esperta in tema) era un’amica di Adina che, come lei, sviluppò autonomamente doni percettivi di un certo livello.

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Le scrissi chiedendole di provare a concentrarsi sul messaggio. Raccontai in breve l’episodio della donna con i capelli neri e gli occhiali da sole apparsa al mio allievo e le proposi di provare a percepire quale delle Entità da me indicate potesse essere.Mi rispose: “Dea Kalì. Non appena ho letto il suo nome, ho sentito un forte brivido freddo in tutto il corpo. Quindi ho provato a concentrarmi tenendo davanti agli occhi il tuo messaggio: la schermata si è oscurata ed al centro è comparsa una lettera K bianca”.Ero seguito da Kalì, o comunque il mio Spirito La conosceva bene.Una conferma definitiva la ebbi con la terza persona, un’allieva che conseguì con me il master in Reiki Usui e come le altre, dotata di particolari doni percettivi.Durante uno scambio di trattamenti a distanza e precisamente, durante la sera in cui mi apprestavo ad inviarle Reiki, invocai le Presenze che mi guidano, mi aiutano nei lavori energetici e costituiscono da “mediatori” tra me e la Sorgente divina.Chiesi che questa donna potesse, durante il trattamento in cui teneva gli occhi chiusi, vedere una delle Entità di Luce più alte tra quelle che mi seguono e – se possibile – tra queste, quella che più di ogni altra si occupa del mio agire come Operatore di Luce.La donna sapeva qualcosa del mio rapporto con Kalì e – sulla base di certe interpretazioni poco approfondite – si intimoriva al solo sentirne parlare.Per questo chiesi che – qualunque fosse la presenza – si manifestasse in modo tale da non agitare la donna.Al termine del trattamento, mi scrisse tramite sms di avere visto una donna completamente bianca, anche in volto. Ipotizzò che si trattasse di una Tara bianca.Tale messaggio, con la relativa indicazione, non mi fu molto utile e ne restai un poco deluso.Reiterai la richiesta in occasione di un altro trattamento che le inviai.Questa volta, la donna mi scrisse di non aver visto nulla, per quanto nel trattamento avesse avvertito una grande energia lavorare e, verso il

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termine, che qualcosa dentro di lei si era sciolto. Ma aggiunse: “La donna che ho visto l’altra volta aveva i capelli neri molto lunghi”.La contattai telefonicamente e la stessa mi spiegò che la donna appariva come una statua, con diverse braccia e – come detto – lunghi capelli neri.Inevitabile la soluzione del quesito su chi fosse: la Dea Kalì, la quale – come da mio suggerimento – si era manifestata come una Entità di Luce, quale sicuramente è Colei che è nientemeno che la consorte di Shiva.Un pomeriggio in cui ero a casa, con il desiderio di approfondire le mie conoscenze su Kalì, mi imbattei in un sito web in cui era pubblicato un articolo a riguardo.In tale articolo, si diceva che solo chi ha avuto il coraggio di abbracciare la sofferenza nella propria vita, avrebbe potuto vedere la Dea ed abbandonarsi a Lei.Mi chiesi: “In che senso abbandonarsi a Lei?”Chiusi l’articolo e dopo un’ora circa, scesi a fare un po’ di meditazione.Il mio stato d’animo era assolutamente neutro, erano giorni in cui non vivevo alcun particolare problema e mi sembrava il momento adatto di proseguire nel mio intento di apprendere la meditazione in modo più serio.Entrato nel mio scantinato, mi sedetti alla scrivania, volendo meditare in modo molto informale.Chiusi gli occhi.Immediatamente vidi nella mia mente, in trasparenza rispetto alla poca luce che filtrava dalle palpebre chiuse, la donna che avevo identificato come Kalì, con tunica bianca, capelli neri lunghi e occhi rossi.Stava sospesa a circa un metro di altezza da me, seduta su una sedia con una gamba accavallata, come potremmo vedere una signora in una qualsiasi sala d’attesa. E – per quanto non vedessi bene gli occhi – mi fissava, mi stava di fronte ed era lì probabilmente per me, come nell’apparizione di un Maestro.Inspiegabilmente, nel vederLa seduta, venni colto da un’attrazione irresistibile.E’ qualcosa che non può comprendere chi non la prova. Spesso era accaduto che salendo su un mezzo pubblico, la vista di una bella ragazza

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mi provocasse un piccolo picco ormonale, me il tutto poteva essere tranquillamente controllato ed arrestato, sia rivolgendo altrove i miei pensieri, sia volgendo lo sguardo da un’altra parte.Qui la situazione era differente.Infatti riaprii gli occhi per tornare alla realtà, incredulo della sensazione provata. Mi alzai un momento, sistemai qualche oggetto sul tavolo, mi diedi una stiracchiata generale, ma era come se ci fosse nell’aria qualcosa di nuovo e di molto particolare.Riprovai a chiudere gli occhi, intenzionato a fare la mia meditazione.Lei era ancora lì e delle forti scosse nella mia parte bassa ebbero il sopravvento.Mi dissi: “Resistere è inutile. Entriamo in questa nuova esperienza”.Non ricordo di preciso cosa vidi. Sentii emergere in me una potenza sconosciuta, probabilmente sollecitata dall’esterno.Questa Presenza era lì e il solo fatto di avvertirla stava provocando in me un ribaltamento energetico totale.Un’attrazione sessuale irresistibile prese in me il sopravvento, mentre sentivo un fortissimo formicolio al primo chakra (la zona genitale nella parte bassa, congiunta all’ano).Non è possibile descrivere con il linguaggio cosa io possa aver provato in quel momento. E’ stato come se una parte di me, rimasta sopita per anni e forse per vite, stesse ritornando a vivere.Il mio primo chakra, fino a quel momento “bombardato” di forti scosse, iniziò a scaldarsi e a provocarmi una sorta di orgasmo. Non un vero e proprio orgasmo fisico (benché ve ne fosse stato un inizio), bensì una sensazione simile ma diversa e molto più forte e completa. Un qualcosa che non ricordavo di avere mai provato ma che mi dava l’impressione di essere come l’affamato che viene nutrito e l’assetato che finalmente può bere. Un’energia grandiosa.Probabilmente restava ancora qualche dubbio in me, che, perplesso, assistevo a questo stravolgimento di emozioni e di energie che qualcuno stava gestendo al di sopra del mio controllo.E fu allora che mi arrivò un messaggio molto chiaro, sotto forma di pensiero senza voce:

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“Lasciati andare”.Decisi di fidarmi fino in fondo e di godermi appieno quel momento: tirai un respiro profondo e mi adagiai tranquillo sul comodo schienale della mia poltrona, chiudendo gli occhi ed assaporando ogni istante di quel momento.In quel preciso istante, l’estasi raggiunse l’apice e dal mio primo chakra, caldissimo, sentii salire un flusso di energia caldissima nella mia sushumna, attraversando il secondo, terzo, quarto, quinto e sesto chakra, per raggiungere infine il settimo, facendomi sentire allineato ad una corda tesa, ad un flusso che collegava terra a cielo.L’energia Kundalini.Quell’energia che non avevo mai avvertito in modo significativo e comunque mai in forma di calore, nemmeno ricevendo le attivazioni al Kundalini Reiki; quell’energia potente e vigorosa di cui si parla nella letteratura yogica, mi si rivelava in quel momento, al cospetto della Dea Kalì. La Grazia Divina era nuovamente giunta a toccarmi.Rimasi un paio di minuti in quella condizione di beatitudine mai provata prima, fino a che mi accorsi che questa energia, a poco a poco, iniziò a diminuire di intensità.La notte di diversi anni prima, in cui avevo ricevuto l’abbraccio da parte del mio Spirito Guida di quel tempo, la sensazione di calore era stata più marcata, più forte, ma localizzata all’esterno, a livello della pelle e chiaramente legata alla presenza dell’Entità, il cui distacco potei sentire con molta chiarezza, allo stesso modo del distacco dell’abbraccio di una persona cara; in questo caso, invece, le energie si erano dirette in modo molto diverso, andando ad agire in modo specifico su un mio punto energetico ben preciso, accendendo una potenzialità e uno stato di coscienza presente all’interno di me, ma sopito da anni e forse secoli.Mentre il mio Spirito Guida mi aveva fatto percepire, con il Suo abbraccio, la Sua energia, la Dea Kalì, in questo incontro divinamente misterioso e non completamente descrivibile né spiegabile, aveva fatto in modo che fossero le mie energie, risvegliate, ad essere.

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Fu lungo e sincero il mio ringraziamento alla Sorgente Divina e ad ogni tramite che mi aveva permesso di ricevere questo splendido segno, e da quel momento la mia energia cambiò, risultando potenziata.

A seguito di quell’esperienza, mi accorsi di essere in grado – nei momenti di serenità e di buon umore – di percepire i primi strati aurici delle persone.Da tempo facevo praticare una meditazione ai miei allievi, volta a fare incontrare il proprio Spirito Guida in un tempio di pietra simile alle costruzioni di Stonehenge, dopo un lungo percorso in discesa, all’interno di un bosco.Oltre la metà dei miei allievi ha potuto effettuare con successo la meditazione, visualizzando le presenze e talvolta, riuscendo addirittura a toccarle (nella meditazione) e anche a conversare con loro.Io non ci riuscii mai e questo, una volta, mi causò lo scherno di un allievo (il quale, anagraficamente un po’ più anziano e soprattutto serbante una grande esperienza di viaggi in oriente), il quale si permise anche di dirmi che avrei avuto bisogno di essere aperto da un Maestro di Luce e che solo in quel momento avrei imparato tante cose di cui ancora non mi rendevo conto e sarei stato “pronto” a vedere gli Esseri di Luce.Sentirsi dire queste cose da chi ha scelto di essere un allievo durante un corso collettivo, ed avere il coraggio di accettare l’episodio senza espellere nessuno dalla finestra, richiede una forza d’animo che non tutti hanno.A seguito dell’incontro con Kalì e della mia completa iniziazione all’energia kundalini, decisi di riprovare a fare il viaggio meditativo.Con mio grande stupore, iniziata la visualizzazione, entrai nel bosco, poi entrai nel campo ed anche nel tempio di pietre.Per un attimo, un solo attimo, vidi al suo interno, di fronte a me, alcune figure, tra le quali notai meglio quella che stava di fronte a me.Era una statua tutta di colore grigio-blu, una sorta di statua vivente di un uomo senza età, in piedi, con tante piccole sfere sulla testa al posto dei capelli e un diadema sulla fronte in mezzo agli occhi, come se si trattasse di una pietra preziosa sull’Ajna (il “terzo occhio”), legata ad una sottilissima catenina d’oro che circondava il capo.

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L’espressione dello sguardo e del volto, immobili, rivelavano unicamente una grande calma, pace e serenità.Al suo fianco stavano una figura femminile dalla pelle blu e con i capelli lunghi neri, e un altro soggetto, dalla pelle grigio-azzurra che indossava un copricapo che mi ricordava molto, per certi aspetti, quelli degli indiani nativi d’America, e per altri, quelli riportati sulle raffigurazioni dell’antico Egitto.Non ritenni opportuno approfondire la ricerca. Mi bastava aver riscontrato che quegli Esseri, in qualche modo, mi conoscevano e mi erano vicini.Tempo dopo, all’incirca nella metà del mese di ottobre dell’anno 2010, una successiva occasione, nella quale stavo dando vita ad un progetto di carattere energetico di un certo rilievo e mi trovavo ad operare in stato meditativo (senza nutrire alcuna aspettativa sul riuscire ad avere un’eventuale visione) inaspettatamente rividi davanti a me con una sorta di flash, più di una volta, la stessa figura maschile di pietra con tanti piccoli rilievi sferici sul capo.Non mi posi nemmeno in quell’occasione l’interrogativo sulla Sua identità ed accettai la visione così come si era presentata, consapevole del lavoro che stavo compiendo.Poi lo scenario della visione mutò e mi trovai in un paesaggio montagnoso, al tramonto.L’inquadratura si aprì su una statua enorme, il cui volto era lo stesso delle precedenti visioni dell’uomo con le sferette sulla testa. Il corpo, tuttavia, era molto più robusto con una pancia molto pronunciata, mentre le braccia erano entrambe alzate, con i palmi delle mani rivolte verso di me.Avvertii in quel momento una grande energia che mi restò in corpo fino alla sera del giorno dopo, quando, per smaltirne gli eccessi, dovetti restare diverse ore con i piedi scalzi appoggiati al pavimento del mio seminterrato.L’inquadratura integrale di quella statua mi permise di intuire qualcosa in più che – attraverso una ricerca sul web – mi consentì di reperire la foto della statua, realmente esistente, di cui alla mia visione e di capire, finalmente, chi fosse l’entità di cui alle mie prime visioni meditative.

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Il soggetto con le “sferette” sul capo, dapprima apparsomi magro e successivamente – stante anche la mia incapacità a riconoscerlo – in una versione più corpulenta, era la raffigurazione del Buddha, probabilmente Siddhartha Gautama.Peraltro, occorre prendere coscienza del fatto che non esiste un unico Buddha.Le conferme mi sono giunte, nel tempo, sia attraverso lo studio delle spiritualità orientali, sia attraverso l’esperienza, diretta ed indiretta.Non soltanto in alcune mie visioni personali (alcune avvenute in momenti di intensa drammaticità) ho potuto percepire, per pochi attimi, manifestazioni diverse di quella che è la raffigurazione del Buddha, ma è molto interessante il fatto che alcuni miei allievi extrasensorialmente dotati, nel momento in cui ricevevano da me un trattamento Reiki a distanza, si siano visti accerchiati da tanti Buddha dall’aspetto statuario e dorato che imponevano loro le mani.Si dice, del resto, che lo stesso Siddhartha Gautama abbia affermato di non essere né il primo né l’unico Buddha.Nella mia meditazione per aiutare a trovare lo spirito guida, nonché nella successiva visione di cui ho parlato, io, che nelle diverse occasioni di Wesak non ero riuscito a vedere alcunché e che, fino a quel momento, non ero riuscito a vedere in meditazione alcuna delle mie Guide, avevo vissuto il mio Wesak personale.

In Riunione con gli Amici del Piano di Sopra.

Verso la fine del mese di ottobre dell’anno 2010 ci trovavamo nel mio Studio seminterrato io, M. e B..La situazione di quei giorni mi preoccupava e proprio quella sera, rientrando a casa su un mezzo pubblico, incurante dell’attenzione degli altri passeggeri avevo rivolto una preghiera e una richiesta di aiuto alla dea indù Kalì (di cui ho ampiamente parlato nelle precedenti pagine), chiedendoLe in qualche modo se potesse essere presente anche per un solo momento alla serata, in quanto la sua presenza mi avrebbe infuso sicurezza e inoltre – qualora avesse voluto – un Suo messaggio mi sarebbe stato di enorme utilità.

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E proprio mentre B. diceva di vedere la mia aura, nonché un unico Spirito Guida al mio fianco (che riconosceva essere sempre il solito), ecco che la stessa dovette aggiungere, con tono serio: “Là c’è anche una donna. E’ seduta”.“Dove sarebbe seduta, se non ci sono sedie vuote?” chiesi io, che effettivamente mi accorgevo di non averne lasciate.“Lì” disse B., ed indicò il lettino che uso per fare i trattamenti Reiki, in quel momento chiuso ed arrembato alla parete, in un luogo che si trovava abbastanza distante da ognuno di noi, in modo che la Presenza non fosse confusa con lo Spirito Guida di alcuno.La donna era sorridente, con i capelli lunghi tutti adagiati su un fianco e vestiva una tunica. Il metodo, dopo la visita dell’altra Entità in luglio, ormai l’avevo imparato. Così, pur sapendo di apparire forse irrispettoso nel pronunciare un nome così imponente, guardai dalla sua parte, mi feci coraggio e dissi:“Se sei Kalì, alza la mano”.E B., con tono molto nervoso, disse: “Sì. L’ha alzata. Allora è lei!”.Poco dopo, però, la visione cambiò e B. disse: “Ora la signora è sparita, ma c’è un uomo grasso, con una pancia molto grossa, che continua a ridere e fa venir voglia di ridere anche a me. Mi ispira sensazioni molto positive”.La visione dell’uomo si alternava a quella di Kalì (che dopo un quarto d’ora se ne andò) e a quella di un crocifisso. Era come se si ripartissero l’uso dell’unico e scomodo posto a sedere che avevo lasciato a disposizione.Una sfera di Luce, ogni tanto, appariva come a voler pulire e purificare il Loro spazio.Ma la Presenza più ricorrente fu e restò l’uomo grasso.In quella sera, in cui avrei anche dovuto iniziare B. al secondo livello reiki, mi trovavo al cospetto dell’Iniziatore, il maestro Maitreya, ma non potevo saperlo.L’immagine mi evocò quella del Buddha grasso rappresentato nelle tante statuette in vendita nei negozi di articoli orientali. In quel momento,

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sapevo e credevo che il Buddha fosse stato uno solo e che fosse Siddharta.Gli chiesi: “Sei Siddharta?”B. mi riportò la risposta: “Mi trasmette un NO. Guarda che non è Siddharta!”.In effetti mi ricordai che avevo già avuto due visioni di Siddharta, nelle quali lo stesso mi era apparso in piedi, magro e con una linea perfetta ed il suo volto mostrava prevalentemente serietà e non ilarità.Gli chiesi: “Sei un maestro asceso?” e la risposta fu “Sì”.Comprendendo che si trattava di un Maestro Asceso diverso da Siddharta, gli chiesi, con tutta la cortesia e l’umiltà che ebbi, di trasmettere a B. l’iniziale del suo nome e la lettera fu “H”.Era Hotei, il Buddha che ride. Al momento non potei capirlo, ma ne ebbi la conferma un’ora dopo, navigando in rete, allorché reperii un articolo in cui si spiega che il monaco grasso e ridente, è un lontano seguace cinese di Siddharta. Questo monaco cinese, a differenza del primo, si diede al pieno appagamento dei sensi attraverso il soddisfacimento di vizi di ogni genere, fino a che non se ne sentì sazio. Solo a quel punto decise di dedicarsi alle pratiche spirituali e lo fece con tanto fervore che conseguì l’illuminazione e (come del resto poté confermare a me personalmente) l’ascensione.Sempre attraverso ricerche, pare che poco prima di morire, lo Stesso avesse composto un inno nel quale si diceva più o meno: “Il bodhisattva Maitreya, a volte lo riconoscono, altre volte non lo riconoscono”.Era a dir poco incredibile: non solo Kalì aveva esaudito la mia richiesta presentandosi, ma mi aveva portato e presentato proprio il Maestro Asceso che in una nota incarnazione aveva seguito il percorso evolutivo che io, poche settimane prima, avevo chiesto a Loro di poter percorrere: la via dell’appagamento dei sensi!La presenza del Maestro fu costante per un paio d’ore, sia nella lunga chiacchierata che instaurai in merito a diversi argomenti (tra i quali il karma), sia nella successiva lezione di Reiki che feci a B. nella stessa serata (durante la quale, per una decina di volte, chiesi a Lui conferma della verità delle mie affermazioni).Mi dispiacque soltanto che B. potesse captare solamente messaggi quali “Si”, “No”, “SN” (così così), singole iniziali e le espressioni dei volti.

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Sarebbe stato ancor più interessante poter avere un veggente in grado di riportare le frasi intere. Ma dobbiamo ringraziare sempre per ogni dono ci venga offerto. E poi, come si usa dire, pensai, mai dire mai per il futuro.Ed infatti il futuro – non quello immediato, ma un po’ più lontano – sarebbe stato più ricco anche sotto questo aspetto.Nel momento in cui chiesi quale fosse la mia posizione nella Fratellanza Bianca e – una volta avuta la risposta – se vi sia la possibilità di ricevere ulteriori iniziazioni in questa vita, ecco che invece di una risposta, accanto al Maestro comparve un bambino. I due rimasero silenziosi, per quanto il Maestro non smettesse mai di ridere o di sorridere.E B., allora poco esperta in materia, mi diceva: “Vedo un bambino al sul fianco. Stanno zitti. Non capisco”.Non c’è miglior garanzia di attendibilità che quella di una persona sensitiva che riporta con assoluta trasparenza, tale e quale, la sua percezione, che non può essere inquinata dalla mente, in quanto l’argomento non è conosciuto.Anche per l’interpretazione di questa visione fu determinante la lettura di quell’articolo: i bambini, che effettivamente spesso appaiono nella statua di Hotei, rappresentano i vizi, dai quali dapprima lo stesso è stato imprigionato e successivamente è riuscito a sfuggire.Il messaggio era molto chiaro: il conferimento di ulteriori iniziazioni al sottoscritto in questa vita, potrà avvenire come non potrà avvenire. Dipenderà dalla mia acquisita capacità di eliminare ogni attaccamento, con tutto ciò che ne consegue, sul piano della purificazione emozionale e della consapevolezza.A Kalì mi permisi di fare anche una domanda inerente il mio futuro lavorativo, dal momento che tale questione e le decisioni che avrei potuto prendere avrebbero potuto influire sulla mia attività di insegnante di reiki.Chiesi quindi se – in relazione al lavoro che svolgevo per vivere, del tutto estraneo al Reiki – avrei potuto continuare a lavorare in proprio sperando che gli incarichi aumentassero.Risultò che ancora per tutta l’estate dell’anno 2011 avrei dovuto pazientare, ma che dall’autunno le cose sarebbero cambiate.“Sette” è stato il voto che – in quell’occasione – venne stato dato da Loro alla prima stesura di questo libro.

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Tanto si potrebbe discutere in merito all’utilità di un dialogo con gli Esseri di Luce e in merito all’opinione di chi ci ricorda che ogni mistico che abbia realizzato l’unione con Dio sostiene che tutte le figure mitologiche considerate come “divinità”, così come gli Angeli, non hanno un’identità reale ma simboleggiano, al più, una parte del Tutto e quindi di noi stessi.Sicuramente l’osservazione ha un suo senso, dal momento che tutto è Uno e un ologramma del Tutto si trova dentro di noi, che – se fossimo di ciò realmente consapevoli e li fossimo sempre – non abbiamo, in realtà, necessità di alcunché.Tuttavia, se da quel piano di esistenza e di coscienza ci siamo calati qui e ci troviamo in questo “qui ed ora”, in cui il Tutto ci appare frammentato e diviso in tanti “io” e “tu”, e in tanti “questo” e “quello” (oltre che in tanti “prima” e “dopo”), poco utile si rivela estraniarsi dalla vita e rifiutare i comuni modi di relazione che questa condizione ci offre.Così come poco utile sarebbe fingere di non vedere le persone attorno a noi o un muro contro il quale andremmo a sbattere, altrettanto poco utile ritengo possa essere il rifiutare, a priori, il contatto con Entità che – a persone sensibili e dotate – risultano emanare un grande Amore, una grande consapevolezza e la disponibilità a fornirci il Loro aiuto ed il Loro consiglio su nostra richiesta.Questa fu la strada che decisi di percorrere, e che anche oggi non rinnego. Consapevole di essere un frammento della manifestazione del Tutto oltre lo spazio ed il tempo; consapevole anche che per un motivo ben preciso mi trovo in questo qui ed ora, mi metto in gioco seguendo l’onda della Volontà del mio vero Sé attraverso l’ascolto interiore, senza disdegnare di richiedere l’aiuto degli Esseri di Luce (che scherzosamente, da tempo ho chiamato “gli Amici del Piano di Sopra”) per ricevere consigli ed informazioni in merito a come proseguire nel mio cammino.Peraltro, dopo una primavera ed un’estate caratterizzate da un’estrema immobilità, dall’autunno dell’anno 2011, come la risposta della dea Kalì aveva preannunciato, il mio lavoro, per un certo tempo, aumentò effettivamente.

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Dentro lo specchio.

Come ogni persona umana (non importa se incarnante un’anima giovane o antica) attraversai momenti in cui mi trovai in preda a violente energie emozionali emanate dai miei chakra bassi e da ciò che può essere chiamato il “sé inferiore”.Ciò non accadde soltanto attorno ai vent’anni, ma anche dopo aver portato avanti per diverso tempo il mio percorso spirituale.Nessun aspetto della persona deve essere negato. Negarlo, temerlo e combatterlo è il modo migliore per alimentarne l’energia e far sì che esso si renda ancor più molesto ed incontrollabile.La strada deve essere quella di accettarsi nella propria totalità e quindi amarsi, prendendo atto dell’assetto che vi è nel presente tra i vari chakra e i vari corpi sottili. Soltanto una volta fatto questo, mantenendo questa disposizione amorevole e compassionevole, ci si può prendere cura di se stessi attraverso vari metodi, alcuni più dolci, altri (tra cui quelli dell’Amethyst Yoga, derivanti dalla pratica del Vajrayana) più forti ed immediati. Non a caso la cultura orientale, presentando divinità irate dall’aspetto mostruoso, parla di “compassione irata”: anche nell’ira di un’energia che purifica distruggendo, deve sempre esservi la guida della Compassione.Una parte di me non ha mai smesso di proiettarsi (in una qualche misura) su ciò che ci appare come il mondo esterno, ed in particolare su giovani persone del sesso opposto.L’adolescenza vissuta in totale mancanza di una persona coetanea che potesse interfacciarsi con me sotto l’aspetto sessuale, unita ad una “naturale” disposizione dell’essere umano che lo porta ad essere attratto da altri corpi (ma non solo dal corpo, bensì anche dalla personalità) di persone anche sconosciute, mi portavano molte volte a percepire in me l’accendersi di energie nel primo chakra alla vista di giovani ragazze.Avevo compreso che sorridere era assolutamente inutile, anche perché il contesto in cui più spesso mi venivo a trovare (strada o mezzi pubblici) non era normalmente ritenuto un luogo di socializzazione, ma (per schema mentale ormai diffuso) un luogo ove semmai difendersi dagli sconosciuti, da cui era opportuno prendere le distanze.

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Tuttavia, con il passare degli anni, con lo sciogliersi dei miei blocchi più duri e con l’emergere in me di un po’ di luce e di serenità, mi accorsi che mentre mi sentivo meglio, cambiava anche l’atteggiamento delle persone estranee nei miei confronti (non dobbiamo dimenticare, infatti, che il mondo esterno, il “fuori”, è una proiezione del “dentro”, non importa come questo accada, se con invio di messaggi telepatici, con l’aiuto di entità, o altro).Così, mentre mi accorgevo che in modo assolutamente naturale, persone del quartiere o frequentanti la parrocchia che prima mi erano assolutamente indifferenti iniziavano a salutarmi, contemporaneamente anche persone sconosciute iniziavano ad avvertirmi istantaneamente come una persona simpatica, o comunque non pericolosa e meritevole di una vicinanza fisica.Iniziò così ad accadere, in modo assolutamente naturale, che giovani ragazze sconosciute di ogni età (dai dodici ai trent’anni) dalle quali, nel profondo, mi sentivo attratto, istintivamente mi notassero e inconsciamente cooperassero affinché, in qualche modo, le distanze fisiche tra di noi si riducessero.Non riuscirei a spiegare in dettaglio queste vicende neppure se volessi. Ancora meno riuscirei a fornirne una spiegazione in termini causali. La cosa più sorprendente fu che quasi sempre (e in alcuni casi in modo veramente palese) queste persone sembravano atteggiarsi verso di me come se io fossi una persona che avessero sempre conosciuto, come un caro amico, un fratello, un genitore o un fidanzato. Senza dire una parola, si avvicinavano e, in modi sempre unici, cercavano di esprimere attraverso la vicinanza fisica, attraverso qualche gesto o anche determinate posizioni un po’ inusuali, ciò che in realtà, dentro di me, avevo desiderato.Posso ricordare all’incirca trecento episodi di questo genere, che – lo ripeto – seppure oggetto del mio desiderio profondo, io non avevo cercato di produrre con deliberazioni della mia mente conscia.Era come se il Divino mi stesse mandando messaggi di amore incondizionato e fratellanza attraverso la spontaneità di persone che erano, in un certo modo, connesse, e che rappresentavano quella fascia di persone che (per sesso ed età) fino a quel momento avevo percepito come qualcosa di proibito e finanche di sfuggente.

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Ricordo in particolare un episodio avvenuto qualche anno fa in metropolitana, in una giornata in cui meditavo sulla mia solitudine e su quanto, alle scuole superiori, avevo invidiato giovani coetanei portarsi fuori (e a casa, e a letto) giovani ragazze adolescenti con certe fattezze fisiche (di fisico slanciato, capelli lunghi, di volto solare).Con questi pensieri, ma senza più quelle terribili energie di rabbia in corpo, mi si accese il desiderio di imbattermi in una giovane persona come quella che avevo pensato e di potermi finalmente rapportare con essa al fine di rispecchiarmici, per ciò che sentivo di essere, nel mio valore.Arrivò il treno della metropolitana che dovevo prendere mentre ero di ritorno dalla mia pausa pranzo e diretto nuovamente al mio luogo di lavoro dell’epoca. Scelsi senza troppi pensieri un vagone e salii.Dietro la porta, attaccata con una mano ad un palo, stava proprio una ragazza che rispondeva alle caratteristiche che avevo pensato poco prima.La ragazza portava indosso uno zaino, probabilmente di ritorno da un istituto scolastico superiore.Nello spazio fisico che separava me e lei c’era una famiglia (una coppia di persone di mezza età con un ragazzo) che si ostinava a sostare davanti alla porta, rendendomi impossibile sia passare per raggiungere i sedili, sia spostarmi per sostare in piedi vicino a dove la ragazza si trovava.Posso tranquillamente ammettere che una parte di me, in quel momento, si sentiva risentita nei confronti di questa famiglia che mi impediva di raggiungere, o anche soltanto di vedere bene, questa ragazzina.In quel momento accadde qualcosa che mi stupì.La ragazza, con viso sorridente, mi rivolse una rapida occhiata, mi fissò ed ammiccò con un’espressione molto univoca, propria di chi condivide una situazione problematica. Fu come se mi dicesse: “Eh sì, ahimè, portiamo pazienza”.Rimasi stupito da questa spontaneità da parte di una giovanissima persona che sembrava avermi letto i pensieri più inconsci e nascosti.Alla fermata successiva, la famiglia scese e (anche per liberare la zona della porta) mi spostai vicino a lei.Non appena mi fui avvicinato, mi sentii in lotta interiore. La mia mente conscia intendeva riflettere la personalità di un uomo ormai adulto, di

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ritorno al lavoro, in possesso di un’educazione e desideroso del massimo rispetto verso il suo prossimo. La mia parte inferiore e bambina, tuttavia, mi lanciava univoci messaggi contenenti il desiderio di unirsi a questa persona, di tenerla stretta, di poterla toccare in una fusione che fosse consapevole e consenziente.Benché i controlli sui vagoni non fossero stringenti come oggi (si deve ricordare che molti sono i casi di arresto di persone che hanno abbozzato qualche “strusciata”, anche senza alcuna reazione da parte delle persone coinvolte, da parte di agenti in borghese sui vagoni), la mia parte razionale prevalse e, con solidità, mantenni la mia posizione e la mia postura, continuando a “lottare” e a “trasmutare” (per come ero in grado di fare ai tempi) questi desideri profondi.Non passarono pochi secondi che iniziai a sentire un corpo a contatto con il mio.Non intendo addentrarmi nei dettagli di questo incontro ravvicinato, ma condividere ciò che sento importante e che lasciò impresso un segno nella mia vita per svariate ragioni.Nel contempo stupito e trepidante, imbarazzato anche a voltarmi, guardai al vetro della porta che si trovava di fronte a noi.Vidi me stesso e al mio fianco quella ragazza. I suoi occhi riflessi nello specchio mi fissavano. Erano azzurri.Il volto riflesso nello specchio mi sorrideva, fissandomi. Era il più bel sorriso che abbia mai visto. Una fusione perfetta di solarità, leggerezza, forza, compassione, amore incondizionato e molta vitalità.Mi sembrava impossibile che la vicenda fosse vera. A quel punto mi voltai.Nel mentre pensai di voltarmi, la persona si scostò leggermente e quando mi fui voltato stava guardando il pavimento.Rigiratomi verso la porta, ecco che sentii di nuovo il suo corpo abbracciarmi e, nello specchio, il suo bellissimo volto sorridermi.Due realtà parallele si manifestavano. Nella realtà, quella di persone costrette a rispettare un “protocollo” etico imposto dall’educazione, che la società si aspetta di vedere rispettato. Nel riflesso dello specchio, le libere volontà di due anime consapevoli di dimorare su livelli di consapevolezza ben più alti rispetto al piano delle misere regole degli uomini.

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Abbassai di nuovo lo sguardo e non potei evitare di sentire il mio Sé inferiore che, come un bambino affamato, avrebbe desiderato ancora di più, e precisamente che (in quel contesto, per ciò che era possibile) fosse possibile muoversi ed atteggiarsi in un certo modo.Non feci in tempo a pensarlo, che la ragazza si mise a comportarsi proprio in quel modo. Sempre senza parlare e senza guardarmi negli occhi direttamente.Non è possibile descrivere la sensazione che provi un ultratrentenne che si è confrontato con decenni di solitudine e che ha fallito ogni approccio sentimentale con persone del sesso opposto, vedersi improvvisamente avvicinato (seppur con degli inevitabili limiti imposti dalla differenza di età e dal contesto) proprio da una persona identica a quelle di quei tempi.Ci separammo allorché alla fermata successiva salirono dei ragazzi che rimasero sul vagone per diverse fermate. La ragazza si scostò piano piano e dopo un po’ si andò a sedere.Da lì (luogo da cui si sarebbe alzata solo per scendere), allorché mi voltai, si decise a guardarmi negli occhi per la seconda volta direttamente, e mi lanciò un sorriso. Molto più spento di quelli allo specchio, ma quantomeno, “reale”. “Buona continuazione di vita e di cammino, fratello” fu il messaggio che vi sentii veicolato.In quegli anni, altri episodi simili accaddero, sia con ragazzine in viaggio verso (o in ritorno da) scuola, sia con persone più grandi, che in certi casi apparivano letteralmente sotto ipnosi, come se le barriere poste dalle paure e da tutte le regole della mente conscia (tenere la distanza dagli sconosciuti, non lasciarsi andare in certi atteggiamenti, fedeltà verso il ragazzo, ecc.) fossero state dissolte o bypassate. In più di un caso, a separarci fu qualche anziana signora che – evidentemente turbata da tali scene, vagamente simili a certe pubblicità della televisione – chiese strada, evidenziando che lo spazio da noi occupato era l’unico che potesse consentire il passaggio.Si trattò sempre di episodi brevi, in cui il vero tratto interessante fu unicamente la spontaneità con cui le cose accadevano. Episodi che mi fornirono, in quella fase della mia vita, un’importante conferma che mi fu di aiuto per sostenere ed aumentare la mia autostima, in quegli anni gravemente minacciata.

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“A volte preghi Dio, e a volte Dio prega te” scriveva Osho. “Lasciamelo dire, di solito non viene detto perché sembra sacrilego affermare che Dio prega te, ma accade. Proprio come la madre continua a cantare una ninna nanna al bambino… sì, anche il divino canta una ninnananna. Però te la devi guadagnare. Quando la tua preghiera è stata ascoltata, quando vi hai veramente riversato il tuo cuore, quando hai completamente dimenticato te stesso, allora di colpo la preghiera non è più una tua espressione personale. Comincia ad ascoltare… il divino inizia a pregare. L’interno e l’esterno si incontrano”.Così era accaduto anche a me. Forse era proprio vero che una nuova strada si stava aprendo, e che il lavoro interiore, collegato al Divino dentro di me, stava manifestando tutto questo anche all’esterno.

Istruito dai Maestri di Luce con l’aiuto di persone veggenti.

Poco dopo gli ultimi eventi che le avevano viste protagoniste e che ho raccontato, Adina e la sua amica B. fecero gradualmente perdere le loro tracce, probabilmente stressate dalle mie continue richieste. Senza accorgermene, rischiavo di perdere la mia centratura e di diventare dipendente dai loro responsi.Qualcuno o qualcosa (nell’unica Mente che sta sia dentro che fuori le singole persone) provvide pertanto a sospendere questo tipo di esperienza.All’inizio fu abbastanza traumatico. “Una di loro è diventata veggente qui!” mi dicevo, “e l’altra la è diventata la sera prima di venirmi a conoscere!”. E ne concludevo: “Si può essere così arroganti e sfacciati da dimenticarsi quel minimo di gratitudine per colui che è stato il fulcro di questo loro cambiamento?”Mi vedevo privato di uno strumento che mi poteva consentire di muovermi in modo diverso nel mondo, quello stesso mondo che dall’adolescenza ai venticinque anni di età mi aveva procurato unicamente dispiaceri, incomprensioni, ostilità, isolamento.Conoscere cosa le persone pensassero di me, ricevere messaggi dettagliati (e verificabili a posteriori) contenenti indicazioni e consigli su come

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interagire con l’ambiente, mi appariva ormai come una condizione indispensabile per vivere.Di nuovo, ne venivo privato e ritornavo ad essere solo. Solo con me stesso, con i miei dubbi e le mie paure, nonché con la mia rabbia per tutto questo.La differenza con il passato era che, in quel momento, finalmente, potevo vedere e sentire queste condizioni dell’animo.Paura e rabbia. Potevo pensarle. Potevo (tra me e me, ma anche con altre persone) parlarne. E se potevo parlarne, ciò significa che avevo iniziato a conoscerle, ma anche che stavo iniziando a distaccarmene: se vedo una cosa e ne parlo, in qualche modo mi caratterizzo per essere un soggetto diverso da ciò che descrivo (che è l’oggetto). E’ infatti impossibile che un soggetto possa descrivere se stesso qualora non sia in grado di oggettivarsi anche soltanto in minima parte.Era l’inizio del vero Lavoro, che mi avrebbe richiesto, per fasi a difficoltà crescente, di affrontare uno ad uno i miei demoni interiori al fine di dissolvere numerosi blocchi, forme pensiero e condizionamenti che fino a pochi anni prima avevo accumulato.Nel corso di tale lavoro, una volta riconosciuto e dissolto il desiderio morboso di ricevere continui responsi su ogni piccolo aspetto della mia vita, non sarei comunque stato lasciato solo e gli Esseri di Luce sarebbero tornati a parlare tramite nuovi canali.Dall’inizio dell’anno 2010 avevo deciso di interrompere il mio lavoro di avvocato alle dipendenze altrui per continuarlo in proprio (pur sapendo di non avere una nutrita clientela), in modo da avere tempo libero da dedicare al reiki e all’insegnamento spirituale.Furono i mesi in cui misi a punto diverse tecniche di meditazione, alcune volte ad utilizzare e sviluppare le doti medianiche attraverso un incontro con i propri Spiriti Guida; altre volte a ripescare dal proprio inconscio le memorie delle vite passate; altre ancora (le più importanti) volte ad un lavoro di purificazione interiore su tutti i livelli: energetico, mentale, emozionale, al fine di sciogliere, gradatamente, rabbia, paura, invidia, perversioni erotiche e relativi schemi mentali. Tempo dopo, tali tecniche, semplificate, perfezionate ed esposte in modo più organico, avrebbero costituito gli insegnamenti dell’Amethyst Yoga.

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Le tecniche si dimostrarono efficaci, quantomeno su persone in cui era accesa, in qualche modo, una qualche sensibilità extrasensoriale.Di fatto, furono molte le persone sensitive che si rivolsero a me. Mi sono sempre chiesto il motivo di ciò, e ne ho dedotto che in parte questo afflusso di veggenti, medium e sensitivi sia stato dovuto al sito internet da me creato ed al tenore degli articoli pubblicati; in altra parte, dalla percezione che queste persone, consciamente o inconsciamente, avevano di me. Per quanto dichiarassero di non sapere nulla a mio riguardo e spesso si permettessero di contraddirmi, in qualche modo una parte di loro poteva vedermi, riconoscermi, fidarsi.In più di un’occasione, diverse persone venute singolarmente a trovarmi o a seguire con me un corso di Reiki, eseguendo le meditazioni confermarono che nella stanza si erano presentati i medesimi Esseri di Luce che io sapevo essersi già presentati perché già visti da altri. Esseri che, dalle descrizioni, ho identificato e riconosciuto, individuando molte affinità tra Essi ed il mio modo di pensare ed operare.

La conoscenza di S.

Dopo che furono trascorse alcune settimane dalle vicende sopra raccontate e dal mio periodo di isolamento forzato da sensitivi, ero sereno.Solo, senza possibilità di sentire nessuno, ma sereno di essere riuscito a staccarmi da quel senso di incompletezza, di instabilità, di paura continua che mi aveva spinto a cercare per ogni piccola cosa, per ogni persona conosciuta, per ogni email ricevuta, l’aiuto di una canalizzazione che pur si limitasse anche alle sole risposte SI e NO (di più non si era riusciti a fare, con le persone che avevo conosciuto).Leggevo libri e pagine web in cui – a quanto sembrava – i Maestri ed altre energie angeliche avevano utilizzato canalizzatori per fornire istruzioni e consigli da diffondere tra le persone. Sicuramente vi erano usi più nobili di questo strumento, per cui la comunicazione poteva ancora avere un senso. Nondimeno, ero ben consapevole di non rientrare nel novero di questi soggetti, e comunque di non conoscerne. Andava bene così: la vera

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grandezza – mi dicevo – non si misura dalle abilità, ma da quanto ognuno riesca sentire il “paradiso” dentro di sé, a prescindere dalle circostanze.In quei giorni, stavo preparando una meditazione (da realizzare con un video che intendevo postare su youtube) che intendeva applicare i principi dello yoga avanzato all’energia sessuale, per aiutare a sublimarla tutti coloro che fossero in preda a desideri insaziabili.La traccia era già scritta e già l’avevo provata su di me, dissolvendo desideri che mi avevano afflitto per anni. Tuttavia, avrei nel profondo desiderato sapere che cosa ne pensassero i Signori dell’evoluzione di questo mio progetto.“Se ci fossero ancora Adina e B. avrei potuto ricevere una conferma. Così, non ne posso avere” dicevo tra me e me.Pochi giorni dopo l’ultimazione della traccia scritta e questi pensieri, ricevetti una e-mail, sulla casella che utilizzavo come strumento di contatto per i visitatori del mio sito dedicato al Reiki.Era di una ragazza di venticinque anni, abitante tra l’Emilia Romagna e la Toscana, in una zona montagnosa sull’Abetone e mi chiedeva di poter ricevere le attivazioni di Primo Livello Reiki a distanza.Le prime frasi erano molto spontanee, ma altrettanto cordiali e per nulla invadenti. Mi apparivano perfette, per chi si presenta con umiltà senza problemi nel dichiarare la propria età, e chiede senza mezzi termini se sia possibile avere ciò di cui sente il bisogno.Non avvertii ragioni per non accondiscendere, anche considerati gli effettivi problemi di spostamento che tale persona avrebbe potuto incontrare nel mettersi alla ricerca di un master reiki che potesse istruirla di persona.Concordai le date ed iniziai ad inviare la prima attivazione.Avevo mantenuto l’abitudine di richiedere un “feedback”, un riscontro “a caldo” dell’attivazione ricevuta, più che altro per assicurarmi che la persona si fosse svegliata e che stesse bene.La risposta fu pressappoco questa:“E’ stato bellissimo. All’inizio si sono presentate due persone nella mia stanza. Una donna e un uomo.

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La donna era bellissima e con tratti orientali, per quanto avesse la pelle chiara. Poteva essere cinese.L’uomo, sempre orientale, era più anziano, aveva la barba e capelli grigi. I capelli erano lunghi, raccolti a coda dietro la testa.Ad un certo punto vedevo solo l’uomo che teneva le mani dietro la schiena e guardava in alto, e nel cielo vedevo una donna luminosa tutta bianca, mentre si generavano delle luci e scendevano su di me dei simboli. Sentivo chiaramente l’energia entrare e un calore a mani e piedi.Poi mi hanno parlato. Mi è stato detto che Loro desiderano che noi ci svestiamo da tutte quelle impurità che questo mondo ci ha attaccato addosso, e che nel fare questo è importante coltivare sempre e soltanto pensieri positivi.Abbiamo parlato tanto, ora non ricordo tutto, ma si è parlato della tolleranza, del non giudizio, dell’accettazione. Mi hanno dato dei consigli per la mia dieta e mi hanno detto che, dal momento che ho scelto di intraprendere questo cammino, sarebbe opportuno che d’ora in avanti facessi alcune cose e smettessi di farne altre”.Lessi e rilessi la e-mail per alcune volte.Mi domandavo, da un lato, se non si trattasse di uno scherzo.Dall’altro, mi sentivo quasi preso in giro (bonariamente) dagli Esseri di Luce. Avevo dovuto sempre arrangiarmi da solo. Mi ero prodigato con i miei studenti a distanza a scrivere decine di e-mail per cercare di sopperire a lezioni dal vivo mai fatte, ed ora, proprio Loro, andavano a far lezione al posto mio all’allieva?Qualcosa mi disse che uno scherzo non era. Del resto, le descrizioni delle entità erano chiare e corrispondevano ad Esseri che già conoscevo.L’entità femminile apparsa con le sembianze di donna cinese era Quan Yin, e quella manifestatasi con sembianze maschili era Lao Tze (o Lao Tzu), il presunto autore del Tao Te Ching (detto anche più semplicemente il Libro del Tao). Secondo diversi messaggi pubblicamente diffusi, trattasi di anime gemelle.Decisi di fidarmi e volli pensare che questa persona fosse già da tempo connessa con i piani di luce ed avesse in qualche modo udito (da me, da Loro non importa) la necessità che qualcuno venisse a darmi una mano.

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Così, in occasione della quarta ed ultima iniziazione / attivazione al primo livello Reiki, pensai di farmi aiutare per quella meditazione sull’eros che volevo trasporre in un video.Senza perdere la mia credibilità e il mio ruolo (giacché il corso di Reiki non era finito) provai a dirle se poteva, per l’iniziazione, coricarsi un poco prima dell’orario previsto e provare semplicemente a mettersi in ascolto, dato che ero in attesa di una risposta su un lavoro che stavo preparando.Inizialmente, quella meditazione era molto semplice. Poi, allorché mi accinsi a registrare il video, il timore che fosse troppo semplice mi spinse a modificarla, aggiungendo alcune parti. Necessitavo di un parere, ma mi guardai bene dal dire ad S. queste cose, altrimenti non sarebbe più stato possibile comprendere quando derivasse da sua suggestione o da un’effettiva comunicazione.Inviai quindi l’attivazione / iniziazione come d’accordo.Questo fu il messaggio che ricevetti:“Ciaomi ha detto di darti subito la risposta:che andava bene come lo avevi impostato te,che è molto personale e la parte che te sai puoi rivederla,ma va benissimo anche così,mettici più Luce e Amore... Spero di aver capito bene se non è così chiedo scusa ai Maestrie a te ... Ho visto l'immagine di Budda ... e sono contenta davvero di quello che hai fatto e hanno fatto per me per il mio bene...mi hanno dato delle regole da seguire... di essere sempre positiva e felice di avere una vita salutare...in poche parole questo cammino è importante... ti voglio bene e ti ringrazio per tutto davvero”Su mia richiesta di chiarimenti, S. mi spiegò che prima dell’attivazione, nel momento in cui ricevette la risposta destinata a me, a parlare era stata unicamente una voce femminile, forte e chiara, senza che fosse possibile vedere alcuna immagine.La risposta c’era stata, ed era andata a toccare il punto su cui veramente necessitavo un parere.

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Mi rimboccai le maniche per sistemare la meditazione ed il giorno successivo la pubblicai sul famosissimo sito internet www.youtube.com con il titolo “Meditazione per trasmutare l’energia sessuale”.In tale video, compaio indossando un maglione seduto ad una scrivania. Ad oggi, tra tutti i miei video, è quello che ha riscosso il maggior numero di consensi e che ha realizzato migliaia di visite.I rapporti con S. proseguirono e tuttora proseguono, con un carteggio che sfiora tutti gli aspetti della vita. In cui, come sovente può accadere, ci si scontra laddove i punti di vista siano diversi, oppure ci si confida laddove il parere di una persona amica possa essere di aiuto.

Chi ero e chi sono.

Successivamente alle iniziazioni del Primo livello Reiki, seguirono altre meditazioni in comune che io ed S. condividemmo, pur trovandoci distanti.In una di queste, mi venne il desiderio di chiarire qualcosa sul mio passato animico.Mi ero sempre sentito diverso dai più, e potrei dire ancora meglio, diverso da quasi tutte le persone che avevo incontrato nella mia vita.Se – come già spiegato in altre pagine – la sofferenza provata negli ambienti della parrocchia aveva senz’altro contribuito a rafforzare schemi in cui pretendevo di “rivalermi” e di “recuperare” (alcuni psicologi chiamano questa disposizione “lo schema del privilegiato”), è altrettanto vero che c’era qualcos’altro a causarmi questa indisposizione.Desideravo, in qualche antro profondo di me, che tutte le giovani persone del sesso opposto si innamorassero di me. Per spiegarmi ancora meglio: non desideravo essere disturbato da persone che non mi risultassero attraenti, ma qualora fossi venuto a conoscenza del fatto che qualcuna di esse si era innamorata di qualcun altro o dichiarava pubblicamente (anche per scherzo) la sua disponibilità a fare qualunque cosa per incontrare una persona o un idolo conosciuto, ecco che immediatamente iniziavo a bruciare di un fuoco sconosciuto, e a stare male.

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Accadde fin dai primi tempi in oratorio, allorché vi era un giovane residente nel quartiere che veniva considerato raro per la sua bellezza. Molte ragazzine dai quattordici ai diciotto anni ne parlavano tra loro, talvolta in segreto, talvolta permettendo che altri sentissero. Avvertivo un entusiasmo, una vitalità nelle loro parole mentre si riferivano a lui, che non avvertivo in altri momenti. Immediatamente mi si attivava un interruttore interno che mi portava ad arrabbiarmi per quanto accadeva e a pretendere che gli stessi stati d’animo, gli stessi entusiasmi, le stesse aspirazioni e disponibilità a fare “qualsiasi cosa”, fossero rivolte anche a me, che poco dopo vedevo passarmi davanti queste ragazzine, le quali non mi rivolgevano nemmeno il saluto, oppure, qualche volta, si limitavano ad un compassionevole “ciao Ale”, detto con un sorriso e con un tono che appariva chiaramente un gesto di altruismo verso un giovane che appariva essere una sorta di ritardato.Era una situazione creatasi a spirale: il disagio prodotto alimentava i miei schemi; i miei schemi alimentavano e determinavano il mio contegno esteriore, che appariva freddo, indifferente ed impacciato. Tale mio contegno determinava a sua volta negli altri il pensiero che fossi affetto da problemi di carattere psicologico, spingendoli ad agire di conseguenza. Infine, la mia percezione del modo in cui venivo trattato e considerato, mi portava – anche inconsapevolmente – a rafforzare gli schemi presenti e ad accumulare altra rabbia. Con me stesso, con gli altri, con la vita, con Dio.Rabbia che diventava intollerabile allorché transitavo in piazza Duomo a Milano e – dal balcone di una nota emittente radiofonica – si affacciava il VIP ospite di turno.Ragazzine infatuate, con enormi striscioni, sostavano saltellando e gridando sotto quel balcone, in attesa che il loro idolo (ovviamente quasi sempre di sesso maschile, alla faccia dell’ammirazione per la bravura artistica) si affacciasse o transitasse di fronte a loro per rilasciare un autografo.Vidi altresì alcune di queste ragazzine piangere ed essere portate via.Questi episodi mi toccarono nel profondo. Era come se, da un lato, io comprendessi le ragioni profonde di una tale reazione. Sentivo e vedevo che cosa, realmente, si muoveva in queste ragazzine e comprendevo che la loro “fame” verso l’idolo era una fame rivolta a Qualcosa che non era nell’idolo stesso, ma che era in esso proiettata, e che rifletteva l’incapacità

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di trovare la vera sede di ciò che si sperava di trovare; quella sede, è sempre e necessariamente dentro. Mai fuori.Un’altra parte di me, contemporaneamente, provava compassione (intesa come comprensione del modo di essere dell’altro) per queste giovani persone, anche sulla considerazione che ciò che si andava esprimendo in tali proiezioni, era una sete (mai soddisfatta) probabilmente portata nell’Anima da diverse incarnazioni, trascorse dall’infanzia alla vecchiaia, e di nuovo dall’infanzia ad un’altra vecchiaia. Chissà per quanto.Ciò che era inspiegabile per i miei genitori e per i miei amici più stretti, era il motivo per cui io me la prendessi così tanto, sentendomi così colpito e coinvolto, al sentire che una persona riscuoteva l’ammirazione di gruppi di teenagers. Molti mi dissero che a loro tale aspetto non recava alcun disturbo, e che era incomprensibile il motivo per cui io mi sentissi necessariamente così male.Anche questo aspetto troverà una spiegazione nel prosieguo di questo libro.La vita per me non era stata facile, ma sempre mi ero accorto di poter guardare al mondo da un punto di vista molto alto, che mi consentiva – nel bel mezzo di situazioni anche spiacevolissime ed umilianti per chiunque – di cogliere le profonde saggezze che erano insite in esse.Negli anni successivi avevo conosciuto persone che affermavano di essere guidate da Maestri Ascesi, ovvero da anime molto antiche che avevano raggiunto livelli di illuminazione tali da consentir loro di “ascendere”, ovvero di liberarsi dalla necessità di nuove incarnazioni sulla terra per entrare nella possibilità di dimorare in livelli di esistenza e consapevolezza differenti, in un perenne senso di appartenenza al Tutto.Eccettuate alcune visioni sporadiche della dea Kalì e successivamente di Quan Yin e Lao Tzu, mi trovavo addirittura privo di uno spirito guida. Da tempo, infatti, al mio fianco non veniva visto più nessuno.Mi sentivo confuso nel trovare una spiegazione a tutte queste diversità, che avvertivo fin dalla prima adolescenza.Così, una sera in cui avrei meditato a distanza con S., andai davanti al quadro di Quan Yin ed esposi ad alta voce le mie perplessità. Le chiesi chi io fossi e cosa fossi a fare qui, con preghiera di riferirlo ad S. nella meditazione che si sarebbe andati a fare.

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Ad S. dissi solamente di essere in attesa di una risposta che avrebbe potuto fornirci elementi su di me.Al termine della meditazione, S. mi scrisse:“C’erano molte presenze. La donna orientale bellissima con il signore più anziano, altro uomo con la barba [S. Germain], vedevo poi Shiva, Kalì ed anche il Buddha Siddharta.Tu sei un Maestro Asceso sulla Terra, ed il tuo compito, qui, è quello di essere una guida. Molti, comunque, sono i Maestri Ascesi in terra in questo periodo.Mi hanno detto che provieni da un mondo di luce molto lontano, il cui nome non può essere pronunciato nella lingua degli umani, e il cui significato è Amore, ed è là che tornerai, una volta che sarà compiuto il Piano Divino per questa Terra”.Tante cose, improvvisamente, iniziarono a diventare chiare.Era più chiaro il perché mi fossi sempre sentito così diverso dalla maggior parte dei miei coetanti.Era più chiaro perchè, a differenza di molti, non fossi seguito costantemente da uno spirito guida. Era chiaro il perché mi sentissi così diverso dai più.Avevo già letto da qualche parte che vi sono delle anime speciali, le quali, incarnando un sapere e una saggezza propria dei maestri ascesi, non necessitano di alcun Essere di luce che assuma il ruolo di Guida, poiché sono in grado di guidarsi da sé. Anche un alchimista parlò di sé in tal modo. Ed infine, ricordavo un passo del Messale Ambrosiano che si recita durante la messa di mezzanotte della Santa Pasqua che, riferendosi a Gesù, diceva: “Al pascolo nessuno lo guida, perché è Egli stesso il Pastore”. In qualche modo, compresi meglio questo aspetto.Non volli ovviamente prendere per oro colato ciò che mi giunse da quel messaggio, così procedetti per gradi ad ulteriori ricerche attraverso altre persone.L’esito di queste ricerche (che, se da un lato è emozionante e commovente) è strettamente personale e non sarebbe utile da nessuna prospettiva condividerlo in un libro di pubblica diffusione.In sintesi, comunque, ho scoperto di essere – come Anima – molto più vecchio di ciò che pensavo. Più vecchio dell’umanità, di cui sono stato un dominatore. Uno di quei dominatori saggi che, tuttavia, non sempre

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hanno fatto prevalere la dignità e le necessità della specie dominata sulle proprie ambizioni personali. Da qui, ne conseguì ciò che qualcuno chiama Karma, ovvero un certo “senso di colpa” a livello di Anima e la scelta di ritornare, come essere umano per aiutare le anime nate con l’umanità, attraverso l’insegnamento spirituale nelle sue varie forme.Sono stato un Guru nell’antico Tibet; ho assunto lo stesso ruolo più recentemente nell’India. In molte altre incarnazioni ho comunque avuto a che fare con pratiche ed insegnamenti esoterici.Ho esercitato la Luce più alta, così come i Poteri più oscuri, apprendendo (a livello animico) i segreti di Luce e Tenebre. Ho pagato le conseguenze di decisioni prese talvolta senza adeguata ponderazione. E nel tempo, vita dopo vita, spinto da quell’antico “senso di colpa” fattosi sempre più sottile, sono giunto fino all’esistenza attuale.Il Karma legato alle mie insoddisfazioni sociali e sessuali, altro non era se non il giusto “ritorno” (voluto dall’anima, in una mia parte inconscia) per un’esistenza vissuta come sacerdote, in cui – attorno al 1460 d.C. – ho usato ed abusato del mio ruolo per dar sfogo alle pulsioni più profonde nei confronti delle persone che mi erano state affidate: donne vergini e sposate, uomini, ragazzini.E proprio in una parrocchia, alle soglie del ventunesimo secolo, ho conosciuto l’emarginazione e – spinto da una fortissima attrazione per le mie coetanee – ho provato cosa significa essere l’unico a non avere ricevuto un ruolo, e proprio per questo, l’unico a non essere conosciuto, salutato, cercato.Di tutto questo ringrazio lo Spirito (dentro e fuori di me), riconoscendone l’assoluta Perfezione nel fare avere ad ognuno ciò di cui maggiormente vi è bisogno per portare avanti il vero Cammino.Spero che questa condivisione possa essere di aiuto a comprendere l’affermazione ormai ovunque diffusa e circolante sul web secondo la quale il dolore provato nei confronti di qualcosa o qualcuno, è dolore per la non accettazione di una parte di noi. Nel mio caso, la rabbia ed invidia provata verso i coetanei più disinibiti (unita alla mia scelta di non essere come loro), derivava da una scelta inconscia di ripudiare (e quindi non accettare) il fatto che anche io, in un’esistenza passata, ero stato così. La non accettazione di una parte di me era alla base di quella fase di

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quest’esistenza in cui ho sofferto, invidiando e nel contempo disapprovando tali persone.

Dialogo con Tara.

Nel mesi successivi, avevo parlato con S. di un corso a distanza che avevo seguito, relativo ad una figura divina molto conosciuta nella cultura orientale: Tara.Entità femminile conosciuta sia come divinità del Pantheon induista, che come bodhisattva noto soprattutto nel Buddhismo Vajrayana e definita anche come “la madre dei Buddha”.Di Tara esistono varie emanazioni, che solitamente vengono ricondotte al numero di ventuno, tra cui si annoverano energie bianche, gialle, verdi, rosse, blu e nere.Attraverso il corso avevo ricevuto delle iniziazioni a distanza a queste Intelligenze. Alcune iniziazioni mi erano state impartite, mentre avevo dovuto io stesso auto-impartirmene altre, come le istruzioni prevedevano.S. era curiosa e desiderava a sua volta ricevere queste attivazioni.Sebbene si trattasse di qualcosa di esterno al Reiki e che avevo deciso di tenere per me, decisi di fare un’eccezione e di accontentarla. Non c’era ragione per non farlo, soprattutto considerato che avrebbe potuto richiederle alla persona che me le aveva trasmesse.Tra l’altro, nutrivo alcune perplessità sulla figura di Tara Nera: alcune persone a cui avevo accennato l’argomento mi avevano messo in guardia, consigliandomi di dimenticare tutto e di interrompere il lavoro con queste energie, poiché sarei andato incontro a forze di cui non conoscevo la potenza e che non avrei potuto controllare. Durante una di queste attivazioni, le chiesi pertanto di mettersi in ascolto, come avvenuto per l’ultima attivazione di Reiki.Nel frattempo, poco prima di trasmettere l’energia, io cercai di farmi coraggio e – nel mio seminterrato – feci l’invocazione con i mantra prescritti fino a che ritenni necessario.Quindi, iniziai a parlare a Tara Nera (o meglio, alle varie forme di Tara Nera così come indicate) spiegando che osavo chiedere a Loro di farmi

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avere un messaggio parlando ad S., giacché nutrivo alcune perplessità che spiegai.Venuto l’orario di inviare l’attivazione, senza nemmeno sapere perché, chiesi: “Siamo pronti?”Sentii improvvisamente un forte battito sulla finestra (chiusa) che dava al cortile. Fuori non c’era nessuno a quell’ora e nessuno aveva toccato la finestra. Il battito assomigliava a quello di una bacchetta di acciaio sopra la finestra (metallica).Un battito così forte non lo avevo mai sentito. Ma sapevo ormai che il colpo significava un assenso.Iniziai quindi l’attivazione mentre speravo che Tara Nera potesse in qualche modo, tramite S., farmi avere una risposta.La fiamma della candela, solitamente lunga 2 – 3 centimetri, si era allungata a 7 – 9 centimetri. Ma ad intervalli irregolari, quella fiamma sembrava essere animata e mandava delle vampate istantantee verso l’alto (simili a saette, a colpi di luce improvvisi) che la rendevano alta anche 20 centimetri.Al termine, il messaggio di S.:“C’era la Tara Nera.Mi ha detto di dirti che Lei non fa morire le persone.Ci sono persone che hanno due volti, persone che in realtà ci odiano, persone che verrebbero ad ostacolare il nostro cammino in maniera che non riusciremmo a sopportare. In questo caso, le ferma. Non mi ha detto come fa a fermarle, e se lo ha detto chiedo scusa a tutti. Certo che quando si lavora con il nero si sente. Non ho visto nessuno, sentivo solo una voce rauca e forte, inferocita, arrabbiata.Bellissimo”.Un messaggio ci era giunto, ed era da parte di Tara.Mi premurai di dire ad S. “Mi raccomando, non andiamo a dire in giro che le Tara hanno parlato”.E’ assolutamente insolito infatti che le Tara rilascino messaggi. E’ accaduto anticamente e in situazioni particolari. Non ne hanno mai rilasciati nemmeno ai moderni canalizzatori che diffondono messaggi. E’ quindi facile essere presi per dei folli o per degli sbruffoni.

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Ma il messaggio era giunto, e tale risposta dissolse le mie paure.Una sera nelle settimane successive, io ed S. decidemmo di sentirci al telefono.Non era la prima volta, ma era molto tempo che non si era più fatto e desideravamo raccontarci le nostre novità in modo più diretto.Inoltre, S. voleva chiedermi dei chiarimenti su Tara, poiché, nonostante le attivazioni e quel messaggio, non riusciva a comprendere il contenuto del manuale, che era in lingua inglese.Mi ero quindi preparato, prima della telefonata, a sostenere una breve spiegazione su Tara e sui modi corretti ed appropriati con cui contattarla.Dopo i primi saluti e un’abbondante chiacchierata, diedi ad S. i chiarimenti richiesti su Tara.Poi, proseguimmo a parlare d’altro e venne il momento in cui anche io decisi di esporre alcune mie ansietà.Non pensavo più a Tara, però mi venne in mente di approfittare del momento e di chiedere ad S. se le fosse possibile chiamare – lì, in diretta – un essere di Luce di mia conoscenza per porGli una domanda.Negli scorsi giorni infatti era stato qui un allievo (poi divenuto un amico ed un canalizzatore fidato) che mi aveva riportato dei messaggi senza che io lo avessi chiesto.I messaggi avevano un tono un po’ duro, non apparivano molto incoraggianti, e sostanzialmente mi dicevano che il grosso del mio lavoro spirituale era tutto da fare, che c’era molto da sciogliere e che, qualora io avessi deciso in tal senso, ero nel momento adatto per farlo.“Qualora tu lo voglia, questo è il momento” fu la frase, detta con tono che lasciava intendere un’impresa assai ardua ed altrettanto lunga.Tale messaggio mi aveva ingenerato insicurezze e dubbi, soprattutto nel pensare cosa avrebbe comportato un mio “Sì”. Mi sarebbero stati riversati addosso rimorchi di Karma che mi avrebbero procurato disgrazie di ogni tipo quali prove che necessariamente avevo bisogno di affrontare nel modo più crudo in questa vita?Convinsi così S. a fare una brevissima meditazione a mente sveglia, mentre era al telefono con me.

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Prima di recitare il mantra, già mentre esponevo ad S. le mie preoccupazioni, la stessa mi disse che le “giungeva” un messaggio molto sottile con delle risposte per me, che mi riferì.Io, però, non ritenni di potermi fidare di quelle sue impressioni. Ero accanito a voler procedere a mio modo, così recitammo il mantra di quell’Essere di Luce.Terminata la recita, chiesi ad S. se vedeva quella figura.Disse di no, ma aggiunse: “Non so, c’è qualcosa di più forte!”Quindi andò avanti:“Sento un’energia forte nella stanza. Di fronte a me, adesso, c’è una figura con quattro braccia con una corona in testa. Un lato del suo corpo è verde, l’altro è tutto nero. Non chiedermi chi sia perché non lo so”.Tempo dopo, avrei compreso che si trattava di una forma di Tara. Ma sul momento non mi posi il problema ed incalzai con le domande.“Questa persona mi ha detto tutte queste cose” dissi.“Dice che devi stare attento a tutto quello che ti viene detto dagli altri, perché non sempre corrisponde e spesso può essere distorto. Anche perché mi sta dicendo che tu, dentro di te, comunque, le cose le senti anche da solo”.“Ma cosa significa che c’è molto da sciogliere e che se io accetto di farlo, questo è il momento? Che andrò incontro a prove orribili?” chiesi io.“Dice: assolutamente no. Le prove arrivano se le chiedi, ma molto spesso chi si muove in tal modo, soccombe. In questo campo, non si fanno le corse.Tutti evolviamo progressivamente. Ogni giorno possiamo imparare qualcosa di nuovo. Perciò, anche se per te è il momento, lo farai giorno per giorno. Dice di stare tranquillo e di andare avanti esattamente come hai sempre fatto”.Il messaggio mi rincuorò nell’immediato. Non negava che ci fosse un grande lavoro ancora da fare, ma mi trasmetteva la sicurezza di chi sa che c’è il modo di affrontarlo senza bruciarsi e senza impazzire, in armonia.S., però, non si sentì altrettanto serena dopo quell’episodio. Disse che l’episodio era stato abbastanza insolito dal momento che era avvenuto a mente sveglia, e soprattutto che si trattava di un’energia e di un’entità che Lei non conosceva direttamente e che era estraneo alle forze a lei più familiari (al momento, e soprattutto in quella fase della sua vita, era molto legata alla via Cristiana).

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Fu da quel momento che decise di non canalizzare più. Scelta che rispettò, pur con qualche eccezione.Ma il mio rapporto con Tara non si concluse con quell’evento.Settimane dopo, una sera mi trovai a meditare invocando la Sua energia.A seconda delle manifestazioni che intendevo invocare, utilizzavo determinati mantra.Purtroppo, l’assenza di un insegnante terreno (che non ho mai rimpianto e che, per istruzione degli stessi Celesti, dovevo evitare) mi aveva impedito di conoscere la corretta pronuncia di tali parole.Nei mantra ricorreva la trascrizione della parole “CHEN”. Io, incallito, pronunciavo la “C” dura, e quindi la parola al modo di “KEN”.Durante la meditazione, dopo aver recitato in tal modo i mantra, ebbi una serie di visioni.Vedevo tante persone di sesso femminile nella stanza.Nello sfondo, una statua aurea seduta su una sorta di trono, immobile di fronte a me.Più vicino sulla destra, una donna in tunica bianca, alta, magra, con una corona in testa, stava ridendo guardandomi. Non certo una risata di scherno, ma comunque molto spontanea.Vedevo il tutto ad occhi chiusi. Ad un certo punto le persone svanirono e mi trovai come a viaggiare in un tempio.Dopo una serie di visioni veloci e confuse, vidi una mensola di legno all’interno di questo tempio.Sul bordo più stretto, quello che ne definisce lo spessore e che restava parallelo al muro verticale, notai con chiarezza l’incisione di una parola:C I E NPoi, a poco a poco, ogni visione si dissolse.Terminai la meditazione stupito di essere riuscito ad avere visioni così chiare nonostante la mia poca veggenza. Evidentemente le energie in gioco erano più forti del solito, e probabilmente anche più “vicine” al livello fisico.Mi chiesi, tuttavia, cosa significasse quella parola, che avevo letto chiaramente.

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Non appena ripresi in mano il foglio con i mantra, per provare ad identificare le figure apparsemi, compresi che si trattava di un’indicazione su come pronunciare i mantra di Tara.I giorni successivi, ebbi modo di leggere su un sito web che molto tempo fa accadde un episodio analogo ad un asceta che si dice fosse molto illuminato ed al cui nome non riesco a risalire. Si racconta che mentre lo stesso aveva iniziato ad invocare Tara, la Stessa gli apparve per correggere il modo con cui egli pronunciava il mantra.Lo stesso evento si era ripetuto con me, mentre, solo, meditavo nella mia stanza di lavoro occulto.

L’importantissimo aiuto di G.

Tra le persone della mia città (Milano), un aiuto prezioso lo ricevetti da una giovane allieva con cui rimasi in contatto e che tornò a farsi viva due anni dopo il mio primo gruppo di reiki, al quale aveva partecipato.Aveva contribuito ad allontanarci il caratteraccio che ancora avevo ai tempi, la mia suscettibilità, la mia aspettativa di essere riverito, rispettato ed ammirato da chiunque, senza essere secondo a nessuno.Il problema, con questa allieva (all’epoca ventitreenne), si presentò, allorché un pomeriggio la ricevetti in un incontro organizzato in cui partecipò un altro ragazzo più grande (all’incirca quarantenne), il quale si era offerto di insegnarci a praticare la comunicazione con gli spiriti.Ad oggi, posso soltanto dire che i miei schemi ed i miei modi di fare mi portarono a perdere a priori quello che poteva essere un amico, e a rischiare di allontanare definitivamente anche questa ragazza, che rimase evidentemente delusa dal contegno assunto dal suo maestro, rivelatosi inaspettatamente geloso ed invidioso di quanto potesse avvenire tra lei (che era pur sempre una mia allieva) e l’altro mio allievo.Non accettai che lui si offrisse di riaccompagnarla a casa in macchina alle ore 19 di una domenica pomeriggio, di leggere una e-mail di lei alle tre del mattino, e di essere venuto a sapere che l’uomo l’aveva portata a mangiare in un ristorante giapponese, offrendole la cena.

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Qualcosa mi faceva contorcere le viscere, per quanto non sapessi esattamente cosa. Certamente, mi chiedevo cosa fosse accaduto tra la fine della cena e le tre di notte. Ma erano vicende tra persone maggiorenni che non mi dovevano riguardare. Perché ci stavo male? Per la condizione in cui avevo vissuto fino a quel momento, e per ciò che avrei poi scoperto sul mio passato animico e che è già stato raccontato.Il rapporto con la ragazza fu recuperato e si restò amici, per quanto trascorsero un paio d’anni in cui non ci si vide mai, ad eccezione di una sera a cena nelle vicinanze del luogo in cui lavoravo nell’anno 2009.Nell’anno 2011 diverse cose cambiarono. Per quanto mi riguarda, il momento dell’apparizione della Signora al Wesak del 2010 smosse qualcosa che avviò in me un cambiamento continuativo, mai interrottosi. Così, un abbondante anno di lontananza dal posto di lavoro mi permise di lavorare a fondo su me stesso e quindi di identificare e sciogliere innumerevoli schemi legati a rabbia, vendicatività, gelosia e perversioni sessuali che mi ero appiccicato addosso dall’adolescenza, allorché mi ero sempre ritrovato a dover soltanto guardare, senza mai fare alcuna esperienza.Allorché la ragazza, che chiamerò G., venne a trovarmi (e se lo fece, fu perché “sentì” che era venuto il giusto momento), mi balenò immediatamente l’idea di farle provare la meditazione per incontrare il suo spirito guida.La meditazione, con tanto di viaggio, funzionò al primo tentativo, e fui stupito sia dai dettagli che G. fu in grado di raccontarmi, sia dalla profondità della trance che si era in grado di raggiungere, dato che G. reclinava la testa in avanti e durante i viaggi non era in grado di rispondermi con la voce.Nei successivi incontri avviai con la stessa un lavoro volto a recuperare informazioni sul mio passato animico e sulle ragioni per cui mi trovassi qui in questa vita, tra mille problemi e difficoltà.Una sera, in particolare, ero un po’ teso in quanto avevo ricevuto una giovane ragazza alla quale era stata “rivelata”, da altra veggente, la data della fine della Terra. Tale data sarebbe stata a sua volta comunicata alla veggente direttamente dalla Vergine Maria, con richiesta di non rivelarla. La veggente l’aveva comunque rivelata a questa ragazza, chiedendole di mantenere il segreto.

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Nel profondo, non ero interessato a conoscere questa data, perché il conoscerla mi avrebbe portato fuori dal mio centro. Avrei potuto agitarmi, o semplicemente mettermi in uno stato di attesa, senza più portare avanti alcun lavoro su me stesso. Sapevo inoltre che – in strati ancora più profondi del mio essere, al livello dell’Anima o del Sé superiore – sicuramente anche io conoscevo tale data (se veramente già fosse stabilita e in qualche modo determinabile con esattezza). Non era quindi necessario insistere con l’interessata e nemmeno con i Maestri per poterla conoscere.Tuttavia, avendo la possibilità di dialogare con Maestri così elevati (che, mi dicevo, non potevano non saperla), alla prima occasione provai a parlarne.Quella ragazza aveva soltanto detto che, se avessimo vissuto abbastanza a lungo, avremmo potuto vedere la catastrofe di persona. Era quindi qualcosa che avrebbe potuto verificarsi entro il 2080.Sapevo anche che nell’anno 2036, un certo asteroide Apophisis sarebbe passato molto vicino alla terra per la seconda volta, e che qualcuno diffondeva allarmismi segnalando che in quel secondo passaggio, l’asteroide avrebbe potuto colpire la terra.Iniziammo la meditazione, io e l’allieva G.Dopo la preghiera introduttiva e l’invocazione, spiegai ciò che mi era stato detto a riguardo di un’ipotetica fine del mondo.“La data c’è, ma non è quella”, mi fu detto.Spiegai quindi che l’unica data a cui avevo potuto pensare era quella del 2036, e giustificai così l’argomento della mia richiesta:“Voi stessi mi avete detto che dovrò rimanere qui fino a quando sarà compiuto il piano divino per questa Terra. Mi vengono ora a parlare di un’imminente fine della Terra in una data che potrebbe vedermi ancora qui con questo aspetto e questo nome. Capite che se quella data fosse corretta, se in quell’anno finisse il mondo, in tal caso il Piano divino sarebbe in qualche modo compiuto e io potrei tornare a Casa”.Seguì un breve momento di silenzio.“Perché hai tanta fretta di andare via?” mi chiesero.

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La risposta mi spiazzò. Mi vennero alla mente i tanti casi di violenza nel mondo, così replicai:“Perché la situazione è sotto gli occhi di tutti. Non è facile vivere sulla Terra. Non si può nemmeno essere tranquilli ad uscire la sera o rientrare a casa a piedi. Si rischia di essere rapinati e le donne rischiano anche di essere stuprate”.Questa volta non mi lasciarono nemmeno il tempo di terminare la frase. “Non ti è dato di sapere quando partirai”, fu la risposta.Mentre sentivo salire una sottile rabbia dalla mia pancia, come se uscisse da un soggetto che non ero io, e che pur era presente dentro di me, decisi di non proseguire oltre con quella conversazione.Non concepivo, da un lato, come si potesse dover accettare un’imposizione del tipo “non ti è dato”. Dato da chi?“Da Dio” potrebbe rispondermi qualcuno. Tuttavia, ogni percorso spirituale che sia portato avanti un poco oltre i livelli base delle religioni tradizionali, ha sempre portato ogni anima a rendersi conto che Dio, in un certo modo, risiede anche dentro ogni singola persona.Nell’orientamento New Age, ma ancor prima nella Teosofia, si è sempre parlato di un Sé Superiore, inteso quale “parte” della persona dimorante su livelli di esistenza e saggezza più elevati rispetto alla mente conscia, connessi ai piani divini, ma pur sempre parti della persona.Iniziavo quindi a concepire il Sé superiore come il “Dio” dentro di me, o comunque come una parte di me che poteva esservi in più stretto contatto.Si diceva in numerose canalizzazioni che nemmeno un Maestro spirituale invisibile o un angelo avrebbe potuto aiutarci o agire su di noi qualora non avesse ottenuto il permesso del nostro Sé superiore, che era l’unico vero Soggetto a cui ognuno avrebbe dovuto collegarsi e rivolgersi prima di ogni altro per tutto ciò che riguardasse la propria vita.Se, pertanto, sapere quella notizia “non mi era dato” (come il messaggio diceva), ebbene, sicuramente a non consentirmi di sapere era – anzitutto – il mio Sé superiore, ben consapevole dell’attuale livello evolutivo nel quale vivevo a livello di mente conscia e delle possibili conseguenze che vi sarebbero state nel ricevere un’informazione di tal genere.

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Le voci però non avevano menzionato il mio Sé superiore. Si erano limitate a dire “non ti è dato di sapere”.Qui, un altro ordine di riflessioni poteva aprirsi. Di per sé, i messaggi potevano essere tutti errati, puri assemblaggi di parole frutto della mente dell’allieva (come di ogni altro canalizzatore) e quindi assurdi. Ero altresì consapevole, però, che la quasi totalità dei contenuti era in qualche modo stata verificata, sia per ciò che atteneva all’identificazione delle presenze, sia per ciò che riguardava risposte sulla mia vita ed anche su eventi presenti o futuri che né io né il canalizzatore potevamo sapere.Quindi, si era di fronte ad una comunicazione che forniva la dimostrazione di essere legata da un filo conduttore alle sedute precedenti svolte anche con altre persone; che forniva ottimi consigli ed anche elementi verificabili a posteriori. E tuttavia, utilizzava un modo di espressione e di visione della vita che non sentivo del tutto a me congeniale. Come poteva essere?Avrei compreso nel tempo, rendendomi conto che – così come nella singola vita di un uomo si attraversano diverse fasi di consapevolezza, che rivediamo operative tutte insieme nell’interazione tra diversi individui in stati evolutivi diversi – allo stesso modo, tali livelli esistono nei mondi sottili, ed ospitano ognuno le entità che tale livello hanno raggiunto.E’ ben possibile quindi comunicare con entità in grado di vedere situazioni, di prevedere il futuro e finanche di impartire consigli con un certo grado di saggezza, le quali, tuttavia, in base al livello in cui dimorano ed alle scelte intraprese, necessariamente distorcono l’informazione da trasmettere con ciò che esse stesse sono.Il buddha cosmico e trascendente, infatti, appare sorridente e non parla. Decide di manifestarsi in tal modo in ogni situazione, perché – possedendo la capacità di comprendere ed accettare ogni cosa – è consapevole che ogni e qualsiasi condizione di qualsiasi persona od essere senziente, ha un suo senso e segue un’evoluzione naturale, che non richiede alcun intervento.Consapevole quindi che qualunque risposta possa fornire, non sarebbe di reale aiuto (e sarebbe comunque una distorsione della Verità ineffabile), il buddha tace.

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Chi parla, lo fa molto spesso perché si è votato ad aiutare gli esseri umani, ma nella misura in cui avverte questo bisogno di agire, già si trova a dimorare su un livello più denso.L’idea secondo cui qualcosa, o addirittura ogni cosa “è data”, appartiene ad un certo filone culturale che concepisce la vita come originata da una Fonte, da un creatore il quale, con tale opera, ha realizzato un dono per tutte le sue creature, le quali devono unicamente sentirsi amate ed amare (accettare) ciò che può accadere, quale manifestazione di questa intelligenza suprema che non può commettere errori.Fin da quel momento, mi dissi che quella concezione non doveva essere l’unica e nemmeno la più alta. E che potevo, forse, innalzare il mio livello di consapevolezza a tal punto da fondermi con il Sé superiore e dimorare in uno stato di coscienza in cui non vi fosse più una distinzione tra chi “riceve” (quando gli è dato) e chi “dà”. In tale stato, la frase proferitami “non ti è dato di sapere” non avrebbe più avuto senso, non avrebbe più avuto né presa né potere su di me, ormai passato oltre.Interessarmi a tale argomento, avrebbe significato risiedere in un livello di consapevolezza ancora ancorato ad esigenze, a pretese, all’aspettativa che – se era concesso a qualcun altro (la veggente, la ragazza) – dovesse essere concesso anche a me.Disinteressarmi, significava in qualche modo elevarmi al di sopra di questi bisogni e mandare, in qualche modo, “a quel paese” tutte queste dinamiche limitanti sottese e tutto quel livello della mente in cui avevo fino a quel momento dimorato, e che poteva aver indotto le Intelligenze di Luce a farmi recapitare un tale tipo di messaggio.Così infatti feci e mi disinteressai totalmente all’argomento.Da quel momento in poi, quel messaggio fu come svanito. Perse senso.Con esso, svanì ogni scaglia di invidia o di rabbia.Perché nel nuovo livello in cui avevo scelto di dimorare, non c’era nulla che io chiedessi, nessuna pretesa che qualcosa “mi fosse dato”, nessuna credenza che ci fosse là fuori Qualcuno con il potere di “dare”. Il fuori è anche dentro. Se con le prime visioni dei miei allievi avevo pensato di essere entrato in una fase conclusiva, quasi a contatto con dei “paradisi” celesti che fossero

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diretta manifestazione della Realtà Ultima, mi accorgevo in quel momento che le cose stavano in maniera diversa.Per molti anni (a causa di svariati fattori di questa e delle passate esistenze) avevo vissuto totalmente immerso e succube della struttura mentale esistente sul pianeta, accumulando energie emozionali e forme pensiero limitanti che mi avevano totalmente disconnesso dalla spiritualità.Da qualche anno, il Divino (come già detto, sia dentro di me che fuori di me, perché ciò avviene sempre simultaneamente ed il fuori è unicamente un riflesso del dentro) mi stava contattando in maniera più diretta, e per fare questo era stato necessario mobilitare altre anime, più recettive della maggior parte degli esseri incarnati, affinché mi contattassero e attraverso le loro visioni mi dessero informazioni e soprattutto conferme che il sentiero sul quale stavo camminando era quello più aderente a ciò che realmente ero e sono.Era l’inizio di una nuova fase, di un cammino tutto da compiere, che finalmente poteva essere intrapreso e in cui avrei finalmente potuto riportare alla luce le memorie di tutto ciò che ero stato nel passato cosmico.Ma le persone – pur se in qualche modo sensitive – sono sempre e comunque esseri umani, e prese singolarmente, devono fare anch’esse i conti con la loro mente (conscia ed inconscia) e con il loro lato emozionale; strati che in ognuno sono la risultante di tutto quanto avvenuto nelle passate esistenze.Per questo, ogni persona che giungeva era comunque un essere con propria personalità, che poteva in alcuni casi arrestare l’operato di quell’anima o finanche provare ostilità nei miei confronti.Quando una persona si avvicina, pur se sotto una “spinta” sottile e luminosa, deve in qualche modo trovare in te qualcosa di interessante anche per la propria mente e la propria parte emozionale.E’ noto come sempre, la “parabola” emotiva che si alza nel nuovo rapporto con una persona, dopo un po’ di tempo tende a ridiscendere.Così è accaduto molte volte.Fu un periodo interessante, ma difficile, in cui uscii dal mio isolamento per conoscere decine di persone, alcune delle quali se ne andarono

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pensando di avere sprecato il loro tempo a parlare con un povero sfortunato, altre delle quali rimasero, mantenendo i contatti.Non ho mai giudicato le loro scelte, né mai vorrò farlo, perché ho perfettamente compreso che a decidere la loro venuta, erano energie dimoranti su piani differenti da quelli in cui opera la loro mente conscia.Quello che ho constatato e che continuo a constatare, è che il Divino non mi lascia mai solo. Se una o più persone con doni extrasensoriali si stancano di vivere quel tipo di esperienza e di ciò che ho da dare ad esse e quindi si allontanano, non passano molte settimane prima che una nuova persona altrettanto dotata, con umiltà si presenti e si renda disponibile ad aiutarmi nella comunicazione con Esseri dimoranti in altri piani di esistenza.Sta, però, cambiando anche un altro aspetto: il mio modo di considerare questo tipo di comunicazione.Proprio in quanto consapevole che tanti sono i livelli di consapevolezza in cui anche le entità invisibili dimorano, e che ciò che intendiamo come Dio si trova sia fuori che dentro di noi (o meglio: il Dio concepito all’esterno è una proiezione tutta nostra in base a come e quanto sentiamo il Dio che sta dentro), mi sono sempre più reso conto che tutto ciò che un fidato e puro veggente poteva darmi in termini di consigli, potevo sentirlo dentro di me senza la sua intermediazione.La canalizzazione può essere un utile “specchio” nel momento in cui si desideri una conferma in più, oppure in una fase della propria vita in cui le esperienze possano rendere emozionalmente destabilizzati e quindi incapaci di ascoltare appieno la Voce del Divino che sempre parla. Ma in ogni altro caso, è semplicemente folle l’idea di interpellare un altro essere umano per chiedergli di fare da tramite con entità dimoranti in mondi superiori, alle quali domandare informazioni ed aiuti per le vicende della nostra vita terrena.Noi siamo i creatori delle nostre vicende e del nostro karma. Nessuno meglio di noi (e del Divino che c’è in noi) può avere le risposte.Risposte che non giungeranno probabilmente attraverso frasi così come potremmo aspettarcele da un nostro simile, ma attraverso pura consapevolezza.

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Basta che tu ti metta ad ascoltare e ti accorgerai che tutto il mondo, in realtà, è dentro di te.

* * *

Se riusciamo a comprendere che lo spazio ed il tempo, altro non sono che illusioni di questa dimensione nella quale regna la dualità, e se ammettiamo – secondo quanto insegnatoci in innumerevoli canalizzazioni – che il destino naturale di ogni Anima, per le leggi evolutive naturali, è quello di evolvere per conseguire la cosiddetta “ascensione” ed elevarsi ancora in tensione continua verso la Sorgente di Senso di tutto ciò che è, appare chiaro che ogni Anima, in questo preciso momento, è tutto ciò che è stata e tutto ciò che sarà. E’ il minerale e il vegetale in cui può essersi manifestata milioni di anni fa, così come è già ora l’Asceso che è destinata a diventare.Una volta realizzato tutto questo e che in ognuno di noi risiede una identica scintilla di Luce Divina, che può istantaneamente connetterci alla Sorgente in una dimensione ove spazio e tempo non esistono, ogni confronto, ogni congettura (anche in merito alla nostra età animica e a quella del nostro prossimo), ogni risentimento, ogni questione svanisce, dissolta dalla Luce.E solo allora si comprende – alla maniera di diversi mistici – che, nel “creato”, ogni cosa (appartenente al regno minerale, vegetale, animale, umano o superiori) è come la cresta (di infinitesime dimensioni oppure enorme) di un’onda del mare.Vi sono miliardi di onde che contemporaneamente si manifestano, iniziando ed esaurendo il loro ciclo, per rifondersi nell’oceano.Esseri elementari, esseri senzienti, deva, maestri di luce, maestri ascesi, maestri cosmici, dei e dee: sicuramente il panorama non stanca per la sua monotonia.Ma ci si accorge che è tutto soltanto un grande gioco. Il gioco dell’Essere.Le illusioni che si presentano, si contorcono e si attorcigliano nel mondo della materia, in fondo si ripetono – in maniera più sottile – anche nei livelli superiori, che comunque – mantenendo le individualità di ogni

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singola Entità di Luce – restano qualcosa ancora in qualche modo separato dalla Sorgente di tutte le cose.E nel reciproco guardarsi di Angeli e Maestri di diversi “gradi”, ecco che ancora si ripropone il gioco delle creste d’onda: ognuno di Essi, nella posizione che occupa, non sarebbe nulla se non vi fosse il Substrato che lo sostiene e che sostiene contemporaneamente anche gli Esseri che apparentemente non sono così elevati, ovvero così consapevoli.E’ solo il grande gioco dell’Essere.Ecco, la differenza tra noi e un Maestro (non asceso, asceso, cosmico o altro che sia), o ancora meglio tra un minerale ed un Maestro, non è altro che una diversa dimensione della cresta d’onda.Creste d’onda che non vi sarebbero (e subito si estinguerebbero) se mancasse la “base”, il substrato, l’oceano. Quell’oceano è la Sorgente, l’Assoluto, Dio.Dall’anno 2013, ho deciso di utilizzare un altro paragone: quello del campo e del filo d’erba.Se provi a sederti in mezzo a un campo d’erba, percepirai distintamente i singoli fili d’erba tutt’attorno a te. Sono vivi, e sono nati e cresciuti esattamente come te.Prova ora ad alzarti in piedi e ad allontanarti sempre più dal campo.Dal tuo nuovo punto di vista, vedrai unicamente una distesa verde. La vista dei singoli steli d’erba ti sarà impossibile. Davanti a te si para la vista di una grande distesa verde.Eppure gli steli d’erba sono ancora lì. Ne sono una parte e tutti assieme compongono un unico ente.Esistono nella loro individualità e – contemporaneamente – nella loro co-esistenza.Sei stelo d’erba, con una vita limitata e una fase di crescita, maturità e vecchiaia alla quale seguirà la cosiddetta “morte”, processo che ti renderà concime fertile per generare altri steli d’erba; ma nel contempo, tu sei il Campo stesso. Sei il singolo punto su cui un lontano osservatore può fissare il suo sguardo per osservare il campo. Sei quindi anche il campo.Sei una singola persona, e contemporaneamente, Tu Sei l’Uno.

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E allora, superato il livello delle manifestazioni contingenti, ecco che si comprende come il sasso, il vegetale, l’avatar, il maestro asceso e ciascuno di noi, risultiamo indissolubilmente legati in Qualcosa che è la nostra vera Essenza.In quel momento capisco che Io Sono il sasso, Io Sono il pesce, Io sono il mio prossimo (per quanto antipatico possa risultarmi a livello mentale), Io Sono il maestro asceso che ho invidiato a chi ne era assistito.A quel punto, ogni questione non può che dissolversi, illuminata dalla saggezza divina. Conclusione.

Al termine di questo lavoro, confesso di sentirmi come l’uomo che, dopo una lunga salita, approda sulla cima di un colle all’ora del tramonto.Ho redatto questo piccolo lavoro utilizzando il linguaggio adoperato da tante persone al giorno d’oggi. Quelle persona che, in cuor loro, coltivano la spiritualità senza vincolarsi al credo di una confessione religiosa, ma aderendo ai concetti che – in senso lato – si potrebbero definire “New Age”.Quanto siamo piccoli.Quanto (finché ci vogliamo sentire come individualità singole, come singoli steli d’erba) siamo fragili ed insignificanti, rispetto all’infinità del Cosmo e rapportati all’infinita Sorgente.Rivedo dietro di me tutta la storia della mia vita, gli episodi che (dalla mia mente registrati come gradevoli o sgradevoli) hanno accresciuto il mio Spirito (come quello di ogni vivente che sia disposto a questo) di Sapienza e di Saggezza.Ma è altrettanto vero che ogni volta che ho completato un lavoro di pulizia e purificazione su me stesso, si apre davanti a me la visuale di un altro tratto di cammino da compiere e la consapevolezza che ci sono ancora tante cose, in me, da trasmutare, e che il percorso prosegue in una sequela che può anche essere infinita.

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E il pensiero corre – da insegnante di Reiki che sono stato – al nostro essere Operatori di Luce (in inglese: lightworkers) nel contesto in cui viviamo.Attività ed impegno che presuppone il (ed i cui risultati in ottica cosmica sono direttamente proporzionali al) raggiungimento di un determinato livello evolutivo, accompagnato dalla massima consapevolezza, in questa vita, della nostra reale identità.La tecnologia, oggi, ha realizzato e sta realizzando una evidente accelerazione delle possibilità di comunicazione, che permette a ciascuno di contattare immediatamente chiunque accetti la relazione, realizzando – sostanzialmente – quanto nei tempi antichi era considerato appannaggio di doti considerati speciali “doni”, o comunque effetti ottenuti con procedimenti esoterici: la telepatia, che oggi non è più necessaria.E’ come se nell’epoca presente si verificasse una progressiva accelerazione della comunicazione e del reciproco contatto, al di là dello spazio e – risultando ciò possibile in forma immediata – anche, in un certo senso, al di là dei limiti di tempo.Attraverso la rete ed i social networks, è facile captare il clima vibrazionale di molte persone con interessi affini ed anche poter condividere il proprio “sentire” in materia spirituale.Anche io mi sono servito e mi servo di questo strumento, in quanto l’essere in “rete”, per me significa avere una finestra aperta sul mondo, dalla quale posso osservare e “sentire” ogni idea, concetto, pensiero, sentimento, vibrazione che venga diffusa.Sentire, non significa necessariamente assorbire.Al giorno d’oggi, il contesto rivela una grande confusione sul piano spirituale.Non sto evocando la necessità di rifiutare e condannare il progresso e l’evoluzione naturale delle cose, della consapevolezza e delle conoscenze collettive che si acquisiscono nel corso del tempo, ma di ricordare a noi stessi la necessità di esercitare il giusto discernimento su qualsiasi parola, idea, concetto, informazione ci raggiunga.Circolano al giorno d’oggi tante teorie sulla costituzione occulta dell’uomo, alcune provenienti dalla Scuola Arcana e dal movimento New Age, altre più antiche o comunque maturate in contesti più ristretti.

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Al riguardo, sono certo di non sbagliare affermando che al giorno d’oggi, la stragrande maggioranza delle persone che pratica ricerca spirituale seguendo la “strada interiore”, afferma l’esistenza di diverse parti nell’essere umano, quali la Personalità, l’Anima, lo Spirito (o Se’ Superiore o Io interiore o Presenza Divina).L’uso del termine Anima, addirittura, viene usato ed abusato per indicare la “reale identità” della persona, un “qualcosa” di origine divina che conosce e registra il percorso fatto dall’eternità e che, vita dopo vita, sceglie di incarnarsi per vivere nuove esperienze al fine di evolvere accumulando Saggezza e Sapienza, dotandosi a tal fine di un corpo fisico, di un apparato emozionale e di una mente con determinate caratteristiche, funzionali alle prove da superare.Ancora, su questa strada, è stato detto (anche in canalizzazioni) che in ogni esistenza sarebbe data all’essere umano – la cui coscienzialità inizialmente risiederebbe unicamente nella mente – la possibilità di riconnettersi con la dimensione dell’Anima, per quanto ciò richieda in maniera necessitata, l’attraversamento di determinate tappe, nonché la volontà di proseguire il duro e lungo sentiero dell’accettazione e comprensione delle prove che la vita porge.Tutto questo ragionare, viene presentato come di evidenza immediata per alcune persone che sarebbero riuscite a completare questa riconnessione: per esse, ormai totalmente integrate, è normale e naturale sentire l’Anima e anzi – più correttamente – sentirsi Anima.Secondo questa prospettazione, oggi dominante in questi ambienti, l’Anima opererebbe in quel livello che – dal punto di vista degli studi psicologici – può definirsi “inconscio” in una persona che non sia ancora, in questa vita, completamente connessa e risvegliata. Ma la persona dell’asceta, dell’operatore di luce e di qualsiasi soggetto che abbia realizzato questa riconnessione, sarebbe governata dall’Anima in modo consapevole e spesso sarebbe in grado di produrre addirittura eventi paranormali.Ancora, l’Anima sarebbe il reale centro decisionale delle esperienze della nostra vita (peraltro da Essa già scelte), anche in quelle in cui può crearsi lo spazio per l’esercizio del libero arbitrio. Da una dimensione inconscia (eccettuate le ipotesi in cui l’individuo sarebbe “risvegliato”), l’Anima guiderebbe il timone delle decisioni della persona.

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E così, nelle discipline olistiche che sono improvvisamente fiorite, è andata per la maggiore operare “sul livello dell’Anima”, ovvero “da Anima”, se non addirittura dal piano della Monade, dell’”Io Sono”, considerandosi connessi all’Anima propria e quindi nella possibilità di comunicare e di interagire con le Anime altrui. Si opera da Anima, si opera sul livello dell’Anima, e quindi cosa accade?Accade che si interviene a distanza su un altro essere umano, senza nemmeno pensare di informarlo, dal momento che la richiesta viene fatta alla sua Anima.D’altronde, secondo questa visione, il margine di errore in un intervento energetico non potrebbe esistere, dal momento che ogni persona che sia entrata in questo modo di operare, sentendosi Anima e sentendo le Anime, avrebbe raggiunto un livello di riconnessione che porterebbe una Consapevolezza sconosciuta ai suoi simili che, diversamente, operano ancora come menti disconnesse.Con tutto il rispetto per ogni intimo sentire, mi è doveroso osservare che questo modo di realizzare nell’azione una tale concezione dell’uomo, ha già raggiunto e superato i suoi limiti e sta portando ad una distorsione del cammino verso la Luce.La confusione imperante è tale da lasciare sconcertati.Anima, Ego, Personalità, Coscienza, Consapevolezza, Se’ Superiore, Se’, Io Interiore, Se’ Inferiore.Quante parole!Ci troviamo qui, legati al livello della materia, nel qui ed ora, e le regole del gioco (quelle che possiamo, del resto, riscontrare partendo dalla nostra esperienza e dalla nostra osservazione interiore) sono le esperienze che noi, in prima persona, affrontiamo così come siamo, con l’utilizzo (è un dato di fatto) di emozioni e di concetti e ragionamenti mentali.Mente, Emozioni, Anima, Se’ Superiore, Se’ inferiore… ma si può sapere, alla fine – da coloro che si esprimono in questi termini – chi siamo tra questi?Gli insegnamenti esoterici propri ad ogni tradizione (potremmo ricordare a titolo di esempio) ci insegnano che per capire chi si é, si deve procedere per negazione.E allora:

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"Non sono il mio corpo",“Non sono le mie emozioni che avverto in me”,"Non sono la mia mente", quantomeno quale presa di distanza dai nostri concetti e dai nostri schemi di ragionamento, che possiamo identificare ed anche trasformare.Non sono queste cose. Tu, lettore, non sei queste cose.E ciò che tu non sei è precisamente e solamente ciò che puoi indicare e osservare parlando di te, poiché, appunto, crea una separazione tra Osservatore (tu) e Osservato (ciò che non sei).Questa Anima di cui tanto si parla al giorno d’oggi, alla fine, che cos’è?Ogni essere umano in cammino con il suo “bagaglio” di strumenti non può non porsi questa domanda.Sulla scorta delle argomentazioni sopra esposte, oggi largamente condivise, e di qualche pratica meditativa (nella quale il confine tra razionale ed irrazionale, tra Realtà e follia / imbroglio / allucinazione / interferenza, è talmente sottile da superare le nostre possibilità di discernimento), ci permettiamo di comunicare con le Anime delle altre persone, di chiedere consensi ed infine di operare, mentre le persone nella loro totalità, sul piano terreno, ne restano completamente ignare. Ci rendiamo conto di cosa stiamo dicendo (e, forse, “sentendo”)?Se così fosse, ciò significherebbe che ogni persona la cui Anima sia stata interrogata a sua insaputa, sarebbe unicamente un composto di concetti mentali inseriti in un corpo fisico. In altre parole, una macchina. E l'Anima – sarebbe spiacevole ammetterlo – sarebbe Qualcuno che non è quella persona e che la governa a bacchetta.A cosa servirebbe un tale tipo di assetto? Quale sarebbe il suo senso, ad eccezione di un eventuale apporto di informazioni all’anima da parte dei corpi più densi lasciati andare quasi totalmente alla deriva e verso una sicura distruzione?Innumerevoli esperienze da parte di asceti e mistici, insegnamenti esoterici nonché canalizzazioni, ci rivelano che sempre, in ogni condizione esistenziale, l’anima tiene connesso un canale con tutti gli strati della personalità.

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In ogni essere umano sono presenti (con accesso anche alla mente conscia) tutti i livelli di consapevolezza, per quanto nelle prime fasi dell’incarnazione le condizioni della mente conscia rendano un po’ più difficoltoso l’ascolto delle parti sottili. In ogni caso, proprio quel senso di “io” sul quale l’asceta lavora, è come la punta di un iceberg, l’iceberg di tutto ciò che la persona rappresenta dal punto di vista materiale, eterico, mentale, causale, buddhico e su tutti i livelliSta quindi a noi, a quell’Io di cui possiamo parlare quale Io osservatore, metterci nell’Anima o nell’Ego. Al di là di tante letture ed insegnamenti, il fatto di scoprirlo, di rendersene conto, altro non sarà che una realizzazione intuitiva. Un’esperienza.Possiamo quindi tornare alla questione riguardante il lavoro dell’operatore di luce (o Lightworker).Com’è evidente da un approccio fenomenologico, le regole del gioco per l’evoluzione nelle vite umane sulla terra, presuppongono l’azione e l’interazione dell’uomo simultaneamente in tutti i suoi aspetti: corpo, parte emozionale, mente, unitamente a quella sede nella quale alberga la Coscienza e la vera Divina Identità.L’uomo, per la durata dell’intera vita terrena, è necessitato ad utilizzare ognuna di queste sue parti, dalle quali, in un certo senso, è “costretto”.Costretto a pensare, costretto a lottare con i propri sentimenti, costretto a limitare le sue percezioni ai cinque sensi.Questa è l’umanità, l’essenza dell’uomo, nella quale ognuno di noi ha accettato di fondersi nel momento in cui è stato scelto di intraprendere questo viaggio evolutivo attraverso plurime incarnazioni.Ci si incontra, ci si guarda, ci si presenta, si parla, ci si telefona, ci si scrive. Si utilizza un linguaggio. Si elaborano le informazioni con la mente, assaporando le emozioni che (in modo assolutamente unico per ognuno) in questi giochi di interazioni si producono.Ci innervosiamo, ci preoccupiamo, diventiamo diffidenti, o talvolta, ci divertiamo.Ci innamoriamo anche, su vari livelli. E molto spesso, al di là del solo aspetto fisico, ciò che ci attira è proprio l’insieme delle reazioni emotive e dei comportamenti dell’altra persona. La sua suscettibilità, o sensibilità, in qualche modo, è ciò che ci richiama.

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Trattasi ovviamente di dinamiche che necessitano un lavoro di trasmutazione; ma il modo con cui questo lavoro deve essere fatto, è proprio l’esperienza. A questo serve l’incarnazione nell’essere umano. Per questo l’incarnazione è stata decisa.E’ evidente per chiunque, a questo punto, che la modalità più efficace per evolvere e per vivere nel modo più alto il senso di questa esistenza, sia quello di riconoscerne il carattere di umanità e rispettarla, sia su di noi, sia in ogni nostro simile. Considerando, quindi, ogni nostro simile come un nostro fratello, una parte del Tutto, uno stelo d’erba dell’unico campo, il quale, come noi, dalle dimensioni di Luce, dalla vicinanza a Dio, ha scelto di incarnarsi accettando di rivestirsi delle componenti relative alla mente, alle emozioni ed al corpo.E’ quindi, attraverso i cinque sensi lasciatigli dai limiti della sua fisicità, attraverso il filtro delle sue emozioni e l’elaboratore della sua mente, che ogni nostro messaggio deve passare prima di andare, eventualmente, a raggiungere ciò che qualcuno chiama “Anima”.Ogni altra modalità di comunicazione e di interazione, che pretenda di bypassare questi aspetti divinamente umani per cercare di imporre (poiché di imposizione si tratta) un tipo di rapporto diverso durante l’incarnazione terrena, rappresenta un escamotage mal riuscito per costruirsi una situazione di vantaggio in un certo contesto.Perché – all’insegna della vera trasparenza e della certezza di non aver commesso errori percettivi o di non aver subito distorsioni allucinatorie – non rispettare nel nostro prossimo la sua umanità, considerandolo in ogni momento sia come Anima che come uomo?Eccettuati casi in cui ciò risulti obiettivamente impossibile, in ogni operazione di carattere energetico-spirituale (un esempio potrà proprio essere un trattamento Reiki) sarà fondamentale adottare, in ogni nostra azione terrena, gli strumenti che possano consentire di contattare un nostro simile nei modi ordinari, subordinando la nostra operazione al suo consenso, per quanto vagliato, filtrato o negato dalla sua componente emozionale o mentale. Solo a quel punto, se il consenso sarà stato prestato, sarà opportuno tentare di chiederlo anche alla sua parte più profonda, tentando un contatto con l’Anima.

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Negli anni, ho gradualmente conosciuto e familiarizzato con la mia capacità di discernimento delle intenzioni altrui che sottostanno alla comunicazione.In altre parole, mi è possibile intuire sul momento (e talvolta con leggero anticipo) se la persona che a me si rivolge, in quel momento stia "nell'Anima" o "nell'Ego".Quanta delusione ho provato nel sentire (e successivamente avere conferma) che molto spesso la risposta è la seconda e che - comunque - nella relazione con un essere umano, il centro coscienziale che da esso si manifesta in una comunicazione agisce, anche solo per una piccolissima parte ma sempre, senza eccezioni, dal piano dell'Ego (o amor proprio).Tale constatazione, del resto, deve essere avvolta dall’accettazione qualora si ammetta - con ogni religione e spiritualità - la commistione di Luce ed Ombra presente nell’essere umano.Una tale constatazione, tuttavia, mi obbliga ad andare oltre.L'interesse verso la spiritualità che pare rivivere ed accrescersi in questi tempi, non deve esimere chi lo attua e chi ne viene raggiunto, dall'esercizio del discernimento attraverso l'ascolto della propria parte di Luce più profonda, nel silenzio del cuore.Ci sono svariati metodi, tutti efficaci, più o meno strutturati, per apprendere questa modalità di ascolto meditativo. L’importante è cercare di connettersi con il proprio cuore, quale ponte verso la nostra parte spirituale più pura e profonda, e porsi in ascolto.Siamo gocce di Luce divina, eterne ed incorruttibili, che per scelta hanno intrapreso un viaggio attraverso innumerevoli incarnazioni. Per quanto gli “abiti” della mente, delle emozioni e del corpo fisico possano averci imbrigliato ed abbassato in vibrazione, la Goccia di Luce resta lì, eterna ed incorruttibile, in attesa di essere contattata e di poter trovare un pertugio dal quale sprigionare un po’ della sua Luce.Nelle attività del nostro tempo che riguardano lo spirituale, l'esercizio del discernimento si impone come necessario, in quanto non ci viene evitato il rischio che un'attività organizzata che si dichiari "spirituale", pur avviata con purezza di intenti, possa prestarsi a divenire il campo di manifestazione di quei "nemici" interiori dell'uomo, pensieri forma polarizzati sull'Ego, o amor proprio o - in altre parole - sull'Ombra.

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E' forte (per quanto poco studiato) il rischio che tali attività, in ogni tipo di manifestazione, possano spostare le proprie radici in motivazioni di natura utilitaristica o comunque in alcun modo ricollegabili alla tensione verso la Luce o alla consapevolezza di comune appartenenza all'Uno.L'avvio di una nuova attività in ambito energetico / spirituale / olistico (ad esempio l’apertura di un centro Reiki), nonché la costituzione di associazioni o anche di semplici gruppi in cui risalti un progetto comune, costituisce inevitabilmente una valvola aperta sulla quale bisogna fare molta attenzione, vigilando con una triplice dose di discernimento e di autocritica, in quanto proprio attraverso tale apertura l'Oscurità può lanciare un arpione, spesso in modo subdolo ed impercettibile, esercitando la propria influenza nel dare energia e solleticare l'Ego e, quindi, ostacolando l'evoluzione naturale ed armoniosa delle persone coinvolte.Anche un semplice progetto che si sceglie di attuare, può prestarsi a creare una "falla" nel lavoro fino a quel momento portato avanti dagli interessati: se l'entusiasmo non sarà continuamente controllato, tenderà a spostare le proprie energie sull'Ego e sull'autogratificazione.Quand'anche non si cada nel fanatismo (grave caduta assolutamente da evitare e di cui, nel caso, divenire immediatamente consapevoli), all'operatore che decida di aumentare l'organizzazione della propria attività spirituale, è richiesto un durissimo lavoro di auto osservazione, affinché lo stesso possa riconoscere per tempo e quindi evitare in ogni modo, il rischio di identificarsi nel proprio operato creando un attaccamento.Qualora ciò accadesse, si sarebbe automaticamente ed immediatamente fuori dal sentiero evolutivo.Lo stesso rischio – pur andando esente da complicazioni quali la competizione ed il tentativo di reciproca sottomissione – è ovviamente corso da chi ambisca a proporsi quale operatore solitario. Non intendo assolutamente escludermi in questa casistica, ma insisto su questo punto in quanto una tale riflessione è molto importante.E’ fondamentale, soprattutto per chi intenda organizzare, ingrandire o comunque pubblicizzare la propria attività in campo olistico (pur animata dai propositi più puri provenienti dall'"anima") non interrompere, ma anzi triplicare il lavoro di autocritica, discernimento ed auto osservazione, esercitando l'attenzione su ogni pensiero ed ogni movente che si riesca a

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percepire, nonché cercando (con un lavoro di serena ed onesta introspezione) di smascherare i moventi che sembrano inattingibili.Ciò è necessario sia per il singolo, sia per il gruppo.Purificarsi con tecniche soltanto energetiche, purtroppo, non basta.Tanto ha ancora l’umanità da apprendere; e come ci sono volute diverse esistenze per acquisire un minimo di evoluzione, altre saranno necessarie per acquisire la giusta evoluzione (per essere “pronti”, se così vogliamo dire) nell’utilizzo delle nuove facoltà extrasensoriali che l’umanità sta iniziando a sviluppare e che sta mettendo in pratica allo stesso modo di un bambino dell’età di un anno, che inizia a camminare e che deve essere costantemente sorvegliato e all’occorrenza bloccato da chi ne abbia la responsabilità.Con i giusti tempi, tutto questo avverrà.Non ritengo che il Reiki, che ho insegnato con zelo negli anni passati e che talvolta tuttora insegno, possa costituire, di per sé, una Via per raggiungere l’illuminazione e la vera consapevolezza.Costituisce, invece, un tassello, l’importante tassello di un mosaico la cui completezza può portare alla piena realizzazione dell’essere umano.Ormai, sono portato a considerare l’evoluzione umana (che è il fine naturale dell’uomo) come un processo alchemico.Il Reiki è unicamente il carburante che – alla presenza degli altri fattori, quali l’accettazione e la consapevolezza – consente alla materia (in questo caso l’essere umano inteso nella sua totalità) di trasformarsi.Da solo non basta, qualora non si sia disposti a mettersi in discussione e soprattutto, a mettersi in controluce attraverso una seria ed impegnativa osservazione interiore.Se è pur vero che tutte le esperienze portano (la possibilità di) apprendimento, è altrettanto vero (poiché frutto di esperienza vissuta) che soltanto gli eventi duri da affrontare e spesso dolorosi ci consentono di riflettere a fondo sull’esperienza vissuta e ci danno la più grande possibilità di evolvere, mettendoci in grado di poter liberamente comprendere e decidere ciò che, del resto, è scritto sui Vangeli (anche in quelli canonici): non fare agli altri ciò che non si vorrebbe fosse fatto a se’, e fare agli altri ciò che si vorrebbe fatto a sé. Poiché solo nel momento in cui, sperimentando il dolore più profondo, ti apri alla possibilità di

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accettarlo, si spalanca davanti a te una nuova porta di consapevolezza, superando la quale, realizzi per l’ennesima volta, ed ogni volta in modo diverso ed unico, che siamo tutti parte di una Stessa Cosa.Ad ogni individuo i suoi tempi e la sua Via.Non intendo dilungarmi in altri discorsi, né intendo fornire indicazioni operative suffragate da giudizi.E’ noto in ogni cultura spirituale, che la fase finale dell’evoluzione dell’essere umano si conclude allorché lo stesso si rende conto che è assolutamente inutile ed insensato convincere qualcuno di una tesi, o fornire consigli ed indicazioni.Di ciò mi sono reso consapevole attraverso l’esperienza personale, nel rapporto con centinaia di persone che mi avevano contattato come insegnante di Reiki e con le quali, nel prosieguo del rapporto (proseguito anche successivamente al corso) si sono creati contrasti dovuti a diversità di opinioni su diversi aspetti della vita.Un’apertura incondizionata a tutto ciò che accadeva mi ha permesso di decidere di non reagire attraverso la chiusura o attraverso il giudizio e la replica aggressiva, e di aprirmi (nella trasmutazione del dolore avvertito) a verità più grandi.In tutto questo processo, ho rivisto quindi me stesso nell’altro, che nelle proprie convinzioni (spesso difese a spada tratta) rivelava tutti i suoi attaccamenti al proprio “io” e il suo assetto emozionale tutto da lavorare.Anch’io ero così, e criticare (o, ancor di più, odiare) una tale persona per essere semplicemente se stessa, avrebbe significato unicamente non accettare una parte di me, presente in me: ciò che io ero stato (e che, realizzata l’illusione del tempo, è anche ciò che io sono).Per questo, consapevole che io stesso avevo attraversato un radicale cambiamento, e che tale cambiamento non si era mai prodotto attraverso consigli imposti (che respingevo) ma attraverso l’esperienza della vita, ho a poco a poco desistito dall’imporre qualsiasi mio punto di vista, anche laddove mi accorgessi che la mia chiave di interpretazione fosse in grado di ricomprendere quelle altrui e potesse essere di livello superiore.Ogni realizzazione, ogni saggezza acquisita, vale soltanto per chi la acquisisce. Chi apprezza la nostra esposizione, già la porta dentro di sé ed il sentirla in sé, è ciò che fa scattare quella “molla” che porta a sorridere e

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a condividere quanto ascoltato o letto. Un sottile velo cade, ciò che il Buddha Siddharta chiamava un “sottile strato di polvere”, e si scopre una saggezza già presente.In tutti gli altri, questo esito non è possibile immediatamente. E di questo l’operatore di luce non dovrà preoccuparsi. In nessun caso dovrà cadere sotto le energie emozionali del dolore.Dovrà semplicemente accettare. La presenza dell’altro, esattamente così com’è, per la saggezza che porta nell’Anima, così come filtrata dai corpi sottili che porta.Tutto segue leggi naturali. Nulla deve essere giudicato o disapprovato. Tutto, nei tempi scanditi da queste leggi, evolve da sé.L’unica cosa che un saggio operatore può fare, è raccontarsi, esporre (senza pretesa di imporre né di conquistarsi il tempo e l’ascolto dell’altro forzandone la libertà) limitandosi ad indicare una strada.Il resto verrà da sé.Om Shanti.

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“Rispettabile signore, non avete compassione per le masse disorientate?”Il Saggio tacque per un poco, poi riprese, rispondendo indirettamente alla mia domanda:“Spesso è assai difficile poter amare entrambi: il Dio Invisibile Custode di tutte le virtù, e l’uomo visibile che in apparenza non ne possiede alcuna.Ma l’ingegnosità dell’uomo è pari al labirinto in cui si dibatte.La ricerca interiore ben presto rivela che in tutti gli animi umani esiste una certa unità, rappresentata dal forte vincolo comune del motivo egoistico. In tal caso, almeno, si rivela la fratellanza degli uomini.Una sbigottita umiltà segue a questa constatazione livellatrice: essa diventa compassione per i propri compagni, ciechi alle forze risanatrici dell’anima che attendono d’essere scoperte. […]Colui che usa il bisturi per sezionare se’ stesso, sentirà espandersi entro di se’ la pietà universale. Egli sarà liberato dalle assordanti pretese del suo io. L’amore di Dio fiorisce su questo terreno.La creatura finalmente si rivolge al Creatore, non foss’altro che per porgli questa angosciosa domanda: - Perché, Signore, perché? – Dalle brucianti frustate del dolore l’uomo è sospinto infine alla Presenza Infinita, la cui sola bellezza dovrebbe bastare ad allettarlo”.(Yogananda, cit.)

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