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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno 1 Documento sul PSSR della Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno – PSSR 2011 - ottobre 2011 Audizioni sul PdL 190 “Piano Socio- Sanitario regionale per il triennio 2012 – 2014” ottobre 2011 Osservazioni sul Piano Socio Sanitario Regionale 2012 – 2014 Documento “Una provincia di montagna, una sanità di montagna”

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

1 Documento sul PSSR della Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno – PSSR 2011 - ottobre 2011

Audizioni sul PdL 190 “Piano Socio- Sanitario regionale per il triennio 2 012 – 2014”

ottobre 2011

Osservazioni sul Piano Socio Sanitario Regionale 2012 – 2014

Documento “Una provincia di montagna, una sanità di montagna”

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

2 Documento sul PSSR della Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno – PSSR 2011 - ottobre 2011

Documento “Una provincia di montagna, una sanità di montagna”

Indice

Premessa 1. Il ruolo della Conferenza dei Sindaci dell'Ulss n. 1 di Belluno 2. Per la montagna bellunese gli stessi diritti di salute che in pianura 3. Muoversi nella montagna bellunese 4. Le osservazioni al PSSR 5. La sanità dell'Ulss n. 1 di Belluno e la Regione del Veneto 6. Ospedale provinciale e ospedali di vallata: la p ositività del modello policentrico dell'Ulss n. 1 di Belluno 7. La peculiarità della “sanità” bellunese nel pano rama regionale 8. Area vasta

ALLEGATI: 1) le firme dei sindaci e dei portatori di interess e 2) elenco e date di tutti gli incontri fatti a live llo di Ulss e all'interno di ogni Distretto 3) elenco dei partecipanti del Gruppo di Lavoro sul la Sanità dell'Ulss n. 1 di Belluno 4) i documenti che ci hanno inviato/consegnato i va ri portatori di interesse 5) i dati relativi a risorse e attività degli osped ali dell'Ulss n. 1 di Belluno 6) La montagna, ambito particolare che necessità di sanità specifica.

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3 Documento sul PSSR della Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno – PSSR 2011 - ottobre 2011

PREMESSA Gli Amministratori dei Comuni dell’Ulss n.1 di Belluno attraverso la propria Conferenza dei Sindaci hanno istituito un Gruppo di Lavoro sulla Sanità dell'Ulss n.1 di Belluno, formato dai Componenti dell’Esecutivo della Conferenza stessa ed alcuni Sindaci in rappresentanza delle diverse vallate del territorio dell'Ulss n.1 di Belluno.

Obiettivo del lavoro, iniziato qualche mese fa, è stato quello di analizzare i dati di tutte le strutture sanitarie, ospedaliere e territoriali, all'interno della Ulss n.1 di Belluno, valutare la bozza del PSSR - Piano Socio Sanitario Regionale e produrre un documento che promuova, partendo dal contesto locale, la realizzazione di un modello di sanità "tagliato su misura" sulla montagna bellunese da parte della Regione del Veneto.

In questo percorso sono stati coinvolti ed hanno attivamente partecipato, con i loro contributi di idee e proposte, i diversi portatori di interesse del territorio che hanno, con gli amministratori dei 51 comuni della nostra Ulss, approfondito l'argomento: le organizzazioni di volontariato, le consulte giovanili più strutturate, le associazioni imprenditoriali, i sindacati, la direzione strategica ed il Collegio di Direzione dell’Ulss n.1 di Belluno. Innumerevoli sono stati gli incontri svoltosi a livello generale e a livello dei singoli distretti. Si desidera qui evidenziare il lavoro di squadra fa tto e che è stato supportato dalla segreteria della Conferenza dei Sindaci. A nostro avviso il nuovo PSSR, partendo dagli indirizzi del Piano della Salute Nazionale, deve calarsi in un contesto ambientale peculiare, sicuramente difficile e che deve valorizzare il sistema policentrico di sanità esistente nella montagna bellunese, al fine di garantire per tutti i nostri cittadini livelli essenziali di assistenza, qualità delle prestazioni, sicurezza per i pazienti e pari opportunità di accesso. Gli amministratori dei comuni che compongono la Con ferenza dei Sindaci dell'Ulss n. 1 di Belluno hanno fondato il loro lavoro su alcuni punt i essenziali per chi vive in montagna:

− la parità di diritti tra chi vive in montagna e chi vive in pianura; − la necessità di servizi di salute in totale sicurez za per tutti i cittadini delle vallate che

formano la montagna bellunese; − l'esigibilità di operatori sanitari qualificati in tutte le strutture; − la rotazione dei medici ospedalieri più competenti ed esperti tra l'ospedale di Belluno

e quelli di Agordo e Pieve di Cadore per favorire l a uguaglianza di prestazioni.

Siamo, altresì, consapevoli che ogni proposta deve tener conto della necessità di riorganizzazione, di produrre servizi qualificati e sostenibili, di vedere attuata la integrazione fra ospedali e territorio e tra distretti e la rete extra ospedaliera. Ciò non deve però far dimenticare che un sistema complesso come è quello della gestione pubblica della salute dei cittadini, sebbene debba con razionalità tener conto della sua sostenibilità economica con criteri di efficienza ed efficacia, deve ricordarsi che il principale azionista al quale deve fare riferimento nella definizione delle priorità del suo agire, è il cittadino – contribuente.

Siamo del parere che il costo degli ospedali di mon tagna non sono il problema del deficit della sanità regionale. A tale scopo ci permettiamo di segnalare l'importante lavoro della Commissione ministeriale sui problemi della sanità in montagna, istituita nel luglio 2000 con decreto del Ministro della Sanità che, nel suo Report conclusivo, fra altri aspetti, considerando sia la spesa ospedaliera sia quella territoriale segnala un punto: “La sanità in montagna comporta costi strutturali s uperiori alla media nazionale. La Commissione ritiene che l’incidenza di tale “surplu s” possa essere nell’ordine del 15-20 per cento”.

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4 Documento sul PSSR della Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno – PSSR 2011 - ottobre 2011

I 51 amministratori che compongono la Conferenza dei Sindaci dell'Ulss n.1 di Belluno, alla luce del percorso attivato, in riferimento anche alla nota inviata alla Regione del Veneto lo scorso 21.7.2011 nella quale illustrava il percorso attivato dalla stessa e chiedeva al Governo regionale del Veneto:

� di attendere, prima di ogni decisione sulla sanità della nostra Ulss, le proposte che sarebbero emerse dal documento della Conferenza dei Sindaci;

� di non assumere decisioni in merito alla sanità del territorio della Ulss n.1 di Belluno che risultassero irreversibili;

� di considerare, nelle more di un processo condiviso con i Sindaci di riorganizzazione dei servizi aziendali, gli obiettivi assegnati al Direttore Generale dell’Azienda Ulss n.1 di Belluno solo tendenzialmente collegati al vincolo di pareggio di bilancio.

consegnano ora il Documento “Una provincia di montagna, una sanità di montagna” , sottoscritto da tutti gli Amministratori e dalle diverse parti sociali più rappresentative del nostro territorio che hanno in questi mesi contribuito alla sua estensione partecipando agli incontri appositamente indetti, inviando note, documenti, integrazioni.

Un estratto del Documento è stato presentato dai componenti dell'Esecutivo all'Audizione con la Commissione Consiliare per la Sanità ed i Servizi Sociali regionale il 27 settembre 2011.

Il documento, come prevede il PSSR, è il frutto di un PATTO fra i principali portatori di interesse che compongono tutta la Comunità del territorio della Ulss n. 1 di Belluno . In esso la nostra Comunità, oltre a presentare le proprie osservazioni al Piano, evidenzia le peculiarità della realtà che rappresentiamo all'interno della Comunità del Veneto e chiede la garanzia che la Regione del Veneto investa nel nostro territorio per permettere che in tutto il nostro territorio vi si possano riscontrare standard di salute uguali a quelli di cui possono beneficiare i cittadini della pianura.

Comune è la preoccupazione per le rigide modalità di “misura” adottate per la erogazione dei servizi, fatte sì per aumentare l'efficienza degli stessi, ma che utilizzano parametri che sono più congeniali ad aree vaste e densamente popolate rispetto alle nostre aree montane. Parametri che se applicati pedissequamente nella nostra provincia determinerebbero, di fatto, la chiusura o la decadenza di molti servizi oggi operanti sul territorio, ospedali compresi. Si è inoltre convinti che occorre aprire un tavolo permanente di confronto a livello provinciale per la sanità. Tavolo che deve vedere la presenza di tutte le forze sociali e politiche presenti sul territorio, per predisporre insieme un modello di sanità bellunese che si inserisca nel Piano veneto tenendo conto della specificità della nostra provincia. Belluno li 05.10.2011 Il Presidente delegato della Conferenza dei Sindaci dell’Ulss n.1 Belluno Angelo Paganin

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1. Il ruolo della Conferenza dei Sindaci dell'Ulss n. 1 di Belluno. Dal 2007 al presente anno sono stati raccolti dall’Esecutivo della Conferenza dei Sindaci dell’Ulss n. 1 di Belluno diversi pareri, opinioni, suggerimenti, segnalazioni e critiche sulla situazione organizzativa e strutturale dell’Azienda Ulss n.1 di Belluno da parte di diversi portatori di interesse: rappresentanti di comitati di familiari, delle organizzazioni di volontariato, di cooperative sociali e della chiesa; operatori sociali, sanitari, sociosanitari dell’azienda stessa; operatori del privato sociale, nonché degli amministratori dei vari comuni (sindaci, assessori e consiglieri comunali). La raccolta di questi pareri è stata fatta in occasione di incontri o attraverso scritti pervenuti ai componenti dell’Esecutivo. Di volta in volta si è cercato di farne una sintesi per individuare, in modo anche condiviso e coordinato sia con l'Assemblea della stessa Conferenza dei Sindaci sia con la Direzione Generale dell’Azienda Ulss n.1 di Belluno e per ciascuna delle aree che venivano prese in esame, partendo dai punti di debolezza e dalle criticità, le priorità sulle quali intervenire, stabilendo inoltre i tempi entro i quali agire e le modalità di monitoraggio e verifica. Si riprendono qui alcuni punti che l'attuale Esecutivo della Conferenza dei Sindaci ha espresso all’inizio del suo mandato ai colleghi amministratori dei comuni che compongono il territorio dell’Ulss n.1 di Belluno e alla stessa Direzione dell’Azienda Ulss n.1 di Belluno:

a) sono i cittadini ad essere titolari del diritto alla salute, ma sono le amministrazioni comunali, in quanto istituzione più vicina alla persona, che devono governare il sistema sociale e sanitario, attraverso una programmazione che abbia degli obiettivi di salute permanenti e pluriennali, con un’azione ordinaria e non straordinaria, che non sia obbligata ad interviene solo sulle emergenze o quando vi sono le risorse economiche, ma si attivi per la ricerca delle risorse necessarie all’ottenimento di adeguati risultati di salute e di benessere della Comunità; b) importante quindi è anche il ruolo della Conferenza dei Sindaci e alle funzioni che ad essa viene data dall’art. 3 del proprio Regolamento, in particolare il “punto g” che prevede per la stessa e quindi anche per i Comuni “la partecipazione al processo di programmazione socio sanitaria regionale” ed il “punto h”, ovvero di “esprimere pareri sui bilanci di esercizio e consuntivi del settore sociale dell’Ulss e approvare le modalità di finanziamento delle quote di competenza dei comuni”; i) ai colleghi amministratori è stata ribadita l’importanza che la nostra azione deve avere quale cornice principale il Piano di Zona dei servizi alla persona e, come l’elaborazione degli stessi piani sono stati il frutto di un percorso partecipato con il coinvolgimento di tutti i soggetti (comuni, ulss, terzo settore, altre istituzioni come la scuola, testimoni privilegiati – vedi parrocchie), anche la loro attuazione necessita di un processo di programmazione – realizzazione – valutazione e monitoraggio fatto a livello partecipativo; i) secondo queste modalità si intende quindi valorizzare le esperienze e le specificità insite nei tre distretti che compongono il territorio della nostra Ulss, ciascuno con i propri bisogni, le proprie priorità, ma che devono essere affrontate responsabilmente nel loro insieme, in modo unitario. Il Comune capoluogo necessariamente deve agire non in una logica di supremazia, ma come riferimento e guida autorevole di un mandato collegiale affinché le risposte siano le più locali e specifiche possibili, attraverso una sussidiarietà, sia verticale che orizzontale, che rende tutti co-protagonisti e co-responsabili, con una visione globale delle criticità, delle difficoltà e delle azioni appropriate, per affrontare alla radice i problemi. e) obiettivo principale dell’azione dei sindaci e degli assessori per le politiche sociali è stato quello di far armonizzare all’interno delle proprie istituzioni la consapevolezza che il sociale, il

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sanitario e il sociosanitario non sono solo un centro di costo e di spesa, bensì un centro di investimento. Ciò è possibile farlo solo se si sarà in grado di dimostrare con dati certi, anche sotto il profilo della spesa obbligata, cosa significa non investire in modo attento ed oculato, per una comunità, nelle politiche sanitarie e sociali; f) in particolare gli aspetti strettamente sanitari – ospedalieri necessitano di un approccio di analisi e di valutazione organico che tenga conto dei punti di forza e di debolezza di ogni presidio ospedaliero e qualsiasi altra struttura erogatrice di salute per i nostri cittadini. Ciò è stato uno degli obiettivi che gli amministratori di questa Ulss si sono dati; g) con difficoltà, superando visioni parzialmente localistiche, i temi della sanità e del sociosanitario del nostro territorio sono stati affrontati nella loro trasversalità e globalità, focalizzandosi sui problemi di strategia e d’indirizzo politico a livello “generale”. Fondamentale è stato il coinvolgimento della Conferenza dei Sindaci nella definizione degli indirizzi e nella valutazione dei risultati degli atti fondamentali di programmazione dell'Azienda sociosanitaria: Bilanci di Previsione ed Esercizio, Piano Attuativo Locale, Piano delle Attività Territoriali, ecc. Tale coinvolgimento ha rappresentato, finora, l'assunzione di piena responsabilità delle istituzioni locali, nel quadro delle competenze e funzioni proprie, come soggetti “capaci” di formulare proposte e definire indirizzi, secondo criteri di appropriatezza, efficacia e sostenibilità.

Nel nostro lavoro tutte le criticità del settore sono state analizzate e poi discusse, affrontate e confrontate all’interno di un percorso che prima ha anche previsto una valutazione attenta dell’organizzazione gestionale, economica, di efficacia e di esito di ciascun presidio ospedaliero e anche reparto, avendo anche verificato la qualità dei servizi e delle risposte date, oltre che le condizioni nelle quali sono messi in grado di operare gli operatori del nostro sistema sociosanitario. Siamo inoltre del parere che la Conferenza dei Sind aci debba avere un ruolo centrale rispetto la Governance del sistema sociale, sociosa nitario e sanitario della propria comunità. Per noi il Direttore Generale dell'Ulss deve essere nominato dal Presidente della Giunta Regionale, scegliendolo tra una terna di candidati proposta dalla Conferenza dei Sindaci. La scelta deve avvenire sulla base di curricula che documentino conoscenza del settore socio-sanitario e abilità direzionali. Inoltre, i tre direttori dell’Ulss dovranno essere nominati dal Direttore Generale, che li sceglie su base meritocratica valutando curricula che documentino competenze e abilità direzionali. La scelta dovrà avvenire dopo consultazione con la Conferenza dei Sindaci. Anche per la nomina dei primari e del personale dirigenziale medico, paramedico e amministrativo queste vanno fatte dal Direttore Generale, rispettando le graduatorie dei concorsi. Le selezioni dovranno avvenire esclusivamente per concorso pubblico gestito da commissioni di esperti, secondo le norme vigenti per il pubblico impiego.

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2. Per la montagna bellunese gli stessi diritti di salute che in pianura La montagna bellunese è stata negli ultimi cinquant’anni “impoverita” gradualmente di molte delle sue risorse e dei suoi servizi, senza portare alcun beneficio per i territori e per la gente. Ma senza servizi, in montagna, diventa complesso e difficile parlare di sviluppo. Negli ultimi anni molte istituzioni, sia pubbliche che private, hanno centralizzato e quindi delocalizzato, molti dei loro uffici. Nei piccoli paesi di montagna servizi indispensabili sono stati chiusi (vedi le poste, i negozi di alimentari, ecc.), mentre le scuole e gli ospedali oggi sono oggetto di continui tagli. La montagna si è piegata alle logiche economiche troppe volte e questa volta si dice basta. Se tagli dovranno essere fatti, che lo si faccia altrove. La montagna bellunese non vuole essere ancora una volta il capro espiatorio dei bilanci in rosso dell’intera collettività regionale. Per le “aree a domanda debole”, come viene considerata la montagna, servono iniziative politiche speciali, leggi che semplifichino la burocrazia e, per gli ospedali, un’analisi diversa del territorio.

Sul tavolo, prima di effettuare tagli a scuole e ospedali, è opportuno verificare gli effettivi vantaggi e i “costi” che le chiusure e i ridimensionamenti comportano per le comunità locali. Immaginiamo siano immensi e fonte di crisi per i territori montani che cercano con determinazione nuove frontiere di sviluppo.

Le piccole comunità territoriali locali, come quell e rurali e montane sono a rischio su tutto il fronte dei servizi essenziali. Garantire il buon fu nzionamento e la sicurezza non solo dell'Ospedale di Belluno, ma anche delle strutture ospedaliere presenti nelle vallate, sono indispensabili per garantire che le popolazioni vi vivano in maniera stabile. Occorre inoltre evidenziare che le imprese si inse diano, vivono, crescono e quindi offrono occupazione e sviluppo, soltanto dove esiste un sis tema sociosanitario che opera in modo efficace ed efficiente. L'impoverimento della sanità di montagna è il conse guente impoverimento di tutto il territorio. L’Italia spende per la sanità soltanto il 7% del proprio PIL. Gli Stati Uniti il 17, la Germania il 14. Gravissima anche la situazione degli infermieri e dei medici: sostituirne solo il 50% renderà tutto ancora più problematico. Un impoverimento che ancora una volta potrebbe ricadere sui territori più disagiati, come quelli di montagna.

La nostra è una battaglia non tanto per difendere il servizio sotto casa a ogni costo, ma per una collettività dispersa. Composta in larga parte da anziani, pazienti cronici, che hanno bisogno di cure costanti, non di sovraccaricare i già intasati ospedali di città. Semmai i nostri piccoli ospedali andrebbero potenziati, Impensabile per chiunque voglia continuare a vivere nelle nostre vallate poter contare esclusivamente su un ospedale collocato a Belluno. Operare altri tagli? Razionalizzare? Riorganizzare? Discutiamone. Ma che a pagare non siano sempre e solo le aree più disagiate solo perché contano poco politicamente data la scarsa popolazione rispetto quella di pianura.

I Sindaci della Conferenza dei Sindaci dell'Ulss n. 1 di Belluno, assieme a tutti i portatori di interesse che rappresentano le comunità bellunesi, sono a chiedere alla Regione del Veneto:

− il riconoscimento politico che la montagna necessit a di risorse diverse per garantire ai propri cittadini gli stessi diritti di salute;

− la conferma che verrà garantita nel nostro territor io la piena operatività di tutte le strutture che gestiscono le emergenze e i servizi s anitari e sociosanitari e che devono essere improntati sulla sicurezza ed efficac ia per tutti i suoi cittadini, in particolare per quelli delle vallate, che hanno par i dignità come quelli delle zone

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pedemontane e della pianura; − la garanzia del mantenimento del modello ospedalier o policentrico basato su tre

strutture sanitarie principali che, per offrire le adeguate risposte di salute in tutto il territorio dell'Ulss, necessitano di adeguate risor se per essere mantenute, ristrutturate, adeguate.

Tali richieste potranno trovare idonea e giusta ris posta soltanto se la Regione del Veneto, riconoscendo la specificità della montagna, applich i una quota capitaria differenziata a favore delle Ulss di montagna ed in particolare per la Ulss n. 1 di Belluno. Solo così si potranno garantire le risorse economiche necessarie a coprire i maggiori costi di tipo strutturale (e non gestionale), che la nostra Ulss deve sostenere per garantire pari diritti per i suoi cittadini.

Il nostro impegno di amministratori della montagna in tal senso è costante, attiveremo se necessario tutti i canali disponibili per far sì che alla gente delle valli venga garantito il diritto ad un’assistenza sanitaria adeguata. Il territorio a domanda dispersa esige una copertura medica diversa, che tenga conto dell’ampia distanza che esiste non solo da valle a valle, ma da paese a paese. Perciò non un medico ogni mille assistiti, ma forme che vadano a migliorare la capacità lavorativa e la qualità del lavoro dei medici di medicina generale che deve garantire il giusto equilibrio fra quantità e qualità degli interventi. Servono inoltre più punti di distribuzione per i farmaci, come le poste, oppure in un punto unico di aggregazione di tutti i servizi fondamentali per poter vivere dignitosamente in montagna. Infine serve individuare una volta per tutte i bisogni di assistenza in montagna: come affrontare le patologie più diffuse? Per l’assistenza infermieristica il modello di riferimento che potrà far emergere le peculiarità dei bisogni assistenziali territoriali potrà essere basato proprio sulla complessità assistenziale con tutti gli indicatori dedicati ad individuare i reali pesi e le necessarie risorse umane e professionali da dedicare. Siamo disponibili ad aprire un serio confronto con Regione e le istituzioni più diverse per, assieme, delineare quali strategie adottare per organizzare un servizio che restituisca alla nostra gente la dignità di un diritto essenziale: la salute. Appare allora necessario individuare alcuni criteri oggettivi che, descrivendo le zone montane, ne possano enucleare il disagio rispetto alle prestazioni sanitarie e sociosanitarie. Questi elementi devono essere valutati in chiave sc ientifica, ma non possono prescindere dalla considerazione di (almeno) quattro indici:

� la geomorfologia del territorio; � l’indice di dispersione nel territorio dei nuclei a bitati; � il rapporto tra popolazione residente e superficie complessiva; � l’indice di invecchiamento (peso della popolazione ultrasessantacinquenne rispetto a

quella della fascia 0-14 anni), spesso abbinato a c ondizioni di vita in solitudine.

A questi dovremmo inoltre considerare, per il nostr o territorio: � le particolari condizioni meteorologiche in molti p eriodi dell'anno; � la situazione della viabilità; � il peso dei flussi turistici stagionali e nei fine settimana.

L’allocazione delle risorse finanziarie - di questo intreccio di fattori - deve tener conto nel costruire un modello della sanità di montagna capace di assicurare l’assistenza primaria di base, sia ospedaliera che territoriale, in linea con i principi enunciati dal Piano Sanitario Nazionale.

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3. Muoversi nella montagna bellunese. Premesso che il cittadino della periferia in genere e della montagna in particolare ha gli stessi diritti del cittadino della pianura o dei grossi centri urbani e preso atto che alcuni interventi diagnostici e terapeutici non possono essere svolti in loco, diventa essenziale il ruolo delle strutture d’accoglienza e del sistema dei trasporti medicalizzati, in modo che il paziente che necessita di interventi non praticabili in loco possa essere:

� accolto 24/24h presso il Pronto Soccorso di riferimento e sottoposto alle indagini preliminari necessarie;

� stabilizzato; � trasportato presso la struttura più idonea per la patologia presentata nei tempi di sicurezza

per garantire gli adeguati interventi. Le zone di montagna sono caratterizzate principalmente dalla dispersione della popolazione e dalla difficoltà di accesso ai servizi che di norma si concentrano laddove c’è una maggiore densità di popolazione. Per i cittadini di pianura intendiamo far comprendere cosa significhi muoversi in montagna e quali sono le distanze fra alcune delle realtà più significative e l'ospedale più vicino, con i tempi di percorrenza medi sia minimi sia massimi (periodo turistico o nei fine settimana), senza contare le variabili che possono avvenire in caso di maltempo, in particolare durante l'inverno (nevicate). Per alcune località, sebbene inserite in un distretto, risulta più comodo raggiungere invece la struttura ospedaliera più vicina ubicata in altro distretto. Ad esempio i tempi per la Val di Goima in Zoldo sono inseriti nella tabella relativa all'ospedale di Agordo che è la struttura più vicina a quella località (e non Belluno). A questo proposito gli abitanti della Val di Zoldo pur facendo parte del distretto sanitario n.3 di Belluno e quindi dovrebbero usufruire dell'ospedale San Martino, gravitano per necessità anche sulle altre due strutture di Pieve di Cadore e Agordo. I tempi evidenziati non tengono conto della durata del viaggio per raggiungere il paziente. Per raggiungere l'ospedale di Agordo: Vi afferiscono gli abitanti dell'Agordino: Alto Cordevole, Valle del Biois, Zoldo, Gosaldo e Passo Cereda.

Località Punto di soccorso Tempo di percorrenza

minimo

Tempo di percorrenza massimo

(periodo turistico o maltempo)

KM

Falcade Sede Croce Verde 25 minuti 40 minuti 19,8 Passo S. Pellegrino 35 minuti 45 minuti 28,9 Passo Valles Pian della

Sussistenza 36 minuti 45 minuti 29,8

Canale d'Agordo Gares (i soccorsi partono da

Falcade +14 km)

30 minuti 45 minuti 22

Livinallongo del Col di Lana

Sede Croce Bianca 52 minuti 1 ora e 30 minuti 44,9

Passo Pordoi 1 ora 1 ora e 45 minuti 69,2 Passo Campolongo 54 minuti 1 ora e 40 minuti 48,1 Passo Falzarego

(i soccorsi partono da Arabba + 20 km o da Colle

S. Lucia + 18,7 km)

47 minuti 1 ora e 15 minuti 42,6

Colle S. Lucia Sede Croce Bianca 38 minuti 1 ora 32,2 Passo Giau 45 minuti 1 ora e 10 minuti 38,2

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Selva di Cadore Sede Croce Verde 37 minuti 1 ora 30,2 Passo Staulanza 44 minuti 1 ora e10 minuti 36,9 Alleghe Sede Croce Verde 21 minuti 40 minuti 17,9 Piani di Pezzè 31minuti 45 minuti 23,8 Gosaldo Dont Centro 23 minuti 35 minuti 16,4 California 27 minuti 35 minuti 16,8 Sarasin 28 minuti 35 minuti 20,1 Zoldo Alto Val di Goima 23 minuti 40 minuti 19

Per raggiungere gli Ospedali del Cadore: Le comunità interessate sono quelle di Ampezzo, Valle del Boite, Centro Cadore e Comelico. L'ospedale di Pieve di Cadore è punto di riferimento anche per gli abitanti della Val di Zoldo e del Longaronese.

Località Punto di soccorso Tempo di percorrenza

minimo

Tempo di percorrenza

massimo (Periodo turistico o

maltempo))

KM

San Vito di Cadore Cortina 15 minuti 46 minuti 11 Borca di Cadore Cortina/Pieve di

Cadore 22 minuti 52 minuti 16

Vodo di Cadore Pieve di Cadore 18 minuti 38 minuti 12 Cibiana Pieve di Cadore 22 minuti 42 minuti 15

Valle di Cadore Pieve di Cadore 10 minuti 30 minuti 06 Santo Stefano di

Cadore Pieve di Cadore 30 minuti 50 minuti 24

Costalissoio Pieve di Cadore 42 minuti 1 ora 05 minuti 35 Casada Pieve di Cadore 36 minuti 56 minuti 29

Campolongo Pieve di Cadore 37 minuti 57 minuti 29 Danta di Cadore Pieve di Cadore 52 minuti 1 ora e 12 minuti 41

Padola Pieve di Cadore 1 ora 1 ora e 20 minuti 48 Dosoledo Pieve di Cadore 53 minuti 1 ora e 13 minuti 44

Casamazzagno Pieve di Cadore 50 minuti 1 ora e 10 minuti 43 Candide Pieve di Cadore 51 minuti 1 ora e 11 minuti 42

San Nicolò di Cadore

Pieve di Cadore 44 minuti 1 ora e 4 minuti 36

Costa Pieve di Cadore 45 minuti 1 ora e 5 minuti 38 San Pietro Pieve di Cadore 42 minuti 1 ora e 2 minuti 34

Mare Pieve di Cadore 39 minuti 59 minuti 31 Presenaio Pieve di Cadore 38 minuti 58 minuti 33 Costalta Pieve di Cadore 44 minuti 1 ora e 4 minuti 38 Sappada Pieve di Cadore 55 minuti 1 ora e 15 minuti 48

Val Visdende Pieve di Cadore 1 ora 1 ora e 20 minuti 50

Distanze e tempi di percorrenza con autolettiga dal Distaccamento Vigili del Fuoco di Santo Stefano di Cadore al paese dove viene chiesto l'intervento e successivo trasporto all'ospedale di Pieve di Cadore (es. S.Stefano – Padola - Pieve) I tempi sono calcolati in base allo standard di un minuto al Km e in caso di traffico o problemi alla viabilità questi possono notevolmente aumentare (es: da San Vito di Cadore a Cortina si possono impiegare anche 45/60 min).

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Qualora il soccorso venga eseguito chiedendo l'intervento del SUEM (autista+medico+infermiere, che partono dal presidio ospedaliero di Auronzo di Cadore e, in caso di necessità, sono seguiti da auto-medica che parte da Pieve di Cadore), i tempi di percorrenza si allungano di 10/12 minuti per S. Stefano e di 20/22 minuti per Sappada o Comelico Superiore. L'autoambulanza della SEAS che parte direttamente da Comelico Superiore impiega circa 25/30 minuti per raggiungere l'Ospedale di Pieve di Cadore. Il Comelico soffre spesso di ulteriori problemi alla viabilità quando vi sono problemi alla Galleria del Comelico che spesso rimane bloccata per problemi di manutenzione o a causa di incidenti. Allora i tempi di percorrenza aumentano di 20 o 30 minuti (partenza da Danta o Padola, Passo Santo Antonio, discesa verso Auronzo di Cadore). Per raggiungere l'Ospedale di Belluno: Oltre ai comuni della Valbelluna si rivolgono all'ospedale di Belluno gli abitanti della Conca dell'Alpago, della Val di Zoldo e Longaronese, senza contare per molte specialità quelli provenienti dall'Agordino e dal Cadore.

Località Punto di soccorso Tempo di percorrenza

minimo

Tempo di percorrenza

massimo (Periodo turistico)

KM

Zoldo Alto Sede Croce Verde 32 minuti 50 minuti 42 Palafavera 38 minuti 1 ora 47

Forno di Zoldo Sede Servizio Soccorso

Ambulanza

25 minuti 40 minuti 36

Passo Cibiana 1 ora 1 ora e 20 minuti 46 Dont 30 minuti 48 minuti 40

Zoppé di Cadore Sede Municipale 1 ora 1 ora e 20 minuti 44,5 Ai fini di un’organizzazione più efficiente del sistema di accoglienza — trasporto, si ritiene quindi fondamentale:

� l’istituzione di un unico Dipartimento di Pronto Soccorso e S.U.E.M.118, per una sinergia di interventi ed un migliore utilizzo del personale;

� l’inserimento dei medici di continuità assistenziale e dei medici di emergenza presso le U.U.O.O. di Pronto Soccorso.

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12 Documento sul PSSR della Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno – PSSR 2011 - ottobre 2011

4. Le osservazioni al PSSR 4.1. Il PSSR calato nella realtà della Ulss n. 1 di Belluno Condividiamo l'articolazione del PSSR – piano socio sanitario regionale -, però vorremmo uno sforzo maggiore da parte del Governo regionale affinché possa essere attuato nel nostro contesto, considerando le minori risorse a livello regionale e garantendo nel contempo pari opportunità, erogazione uniforme dei LEA – Livelli Essenziali di Assistenza e dei LEP – Livelli Essenziali delle Prestazioni su tutto il territorio regionale e quindi in tutto quello della nostra Ulss. Lo stesso PSSR fa spesso riferimento alle peculiarità e alle diverse necessità che esprimono le aree definite “disagiate”, ovvero il territorio lagunare e quello per noi di maggiore interesse, ossia quello della montagna, dove con una popolazione attiva ridotta, occorre intervenire con più servizi poiché le reti familiari e parentali s’allentano a tal punto da non permettere agli utenti di queste zone l’accesso (a costi ragionevoli e sopportabili in base al loro limitato reddito) ai servizi socio sanitari. Se siamo d'accordo sul criterio della razionalizzaz ione e della ottimizzazione delle risorse, ricordiamo e ribadiamo che da noi è impossibile att uare economie di scala reali: la grande estensione territoriale (1,71 ettari per abitante contro i 0,39 ettari della media veneta o i 0,5 ettari di Padova, i 0,3 ettari di Treviso), la scarsa densità demografica (52,2 abitanti per km2 in provincia di Belluno, contro 268 in Veneto e 463 a Padova, 358 a Treviso , ma ci sono Distretti con densità ben più basse, ad esempio 32 in Cadore, 41 in Agordino), un numero ridotto di abitanti stanziali, ma un numero elevatissimo di turisti in due stagioni dell'anno (più di 500 mila arrivi ogni anno) richiedono un approccio specifico. Per quanto riguarda la provincia di Belluno non c'è alcuna certezza che essa possa avere un ospedale di tipo provinciale poiché il documento mantiene il limite del bacino di riferimento dei 200.000 abitanti. E’ fondamentale, invece, che l’ospedale di Belluno abbia tale valenza con pari dignità delle altre strutture di cura regionali e di valore provinciale. In tale logica diventa necessario trovare una compl ementarietà tra le strutture di Belluno e Feltre, approfittando della previsione che l'attivi tà dell'ospedale provinciale può essere organizzata su più unità, e "specializzando" gli os pedali di Agordo e Pieve di Cadore affinchè diventino punti di riferimento, per certe tipologie d'intervento, aziendale, meglio se provinciale. L’offerta sanitaria dell’Ulss n. 1 di Belluno deve rimanere basata su tre ospedali per acuti in linea, peraltro, con quanto previsto d al P.S.S.R. Pur condividendo quindi i principi generali del Piano Socio Sanitario riteniamo che l'impianto dello stesso li contraddica spesso e volentieri. 1) Il Piano presenta due lacune evidenti: a) non c'è alcun cenno ad obiettivi che possano determinare un mutamento dell'offerta universitaria per le figure mediche e infermieristiche. Costruire un Piano, come quello in esame, senza una valutazione attenta delle carenze professionali e senza ipotizzare percorsi che mutino l'attuale situazione, significa svuotare i contenuti del Piano e di renderlo inapplicabile per intere aree della regione. In particolare, già oggi, quelle periferiche soffrono la carenza di specialisti medici e infermieri. La carenza di tali figure si ripercuote sulla qualità, omogeneità e facilità di accesso, dei servizi. b) ripartisce in modo uniforme le risorse finanziarie, sia per le quote "capitarie" che per quelle a "funzione" senza prendere in considerazione le diverse caratteristiche territoriali, morfologiche, climatiche e demografiche presenti sul territorio regionale. Nelle zone con caratteristiche penalizzanti (vedi la montagna) i servizi costano di più e, pertanto, se si vuole garantire i principi generali espressi nel Piano, essi devono poter beneficiare di risorse finanziarie

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diverse e aggiuntive rispetto alle aree con condizioni più favorevoli. Prevedere, inoltre, ulteriori finanziamenti per i centri ad alta specializzazione, significa favorire l'accentramento dei servizi in queste aree, l'emigrazione extra ulss e, quindi, una minor facilità d'accesso per i cittadini residenti nei centri più lontani e una minor qualità dei servizi offerti nei territori periferici. I maggior costi sostenuti dalle aziende dotate di alte specializzazioni sono già compensati mediante pagamento della mobilità, per cui si deve escludere nuovi finanziamenti per tali strutture. E' oramai comprovato che il disavanzo della nostra Ulss non è di tipo gestionale, ma di tipo strutturale dovuto proprio al mantenimento della po licentricità ospedaliera che è l'unica risposta che si può dare in un ambito territoriale come quello montano. 2) L'integrazione ospedale-territorio è efficace se la struttura ospedaliera mantiene le caratteristiche "per acuti" in quanto essa fornisce servizi specialistici, di ricovero, di supporto e di controllo sanitario. Si è verificato, in più occasioni, che i servizi ospedalieri ridimensionati o eliminati non sono stati sostituiti da servizi territoriali (ambulatoriali o domiciliari) di pari efficacia, efficienza e facilità d'accesso. In particolare nelle aree più disagiate e meno antropizzate. La previsione di un unico distretto, per un bacino di 100.000 abitanti, non dà garanzie che i servizi siano forniti con le stesse modalità, frequenza, qualità e omogeneità. Nelle zone montane il distretto deve essere di dimensioni più ridotte al fine di garantire la funzionalità rispetto al rapporto popolazione/territorio. Preoccupa, infatti, la filosofia del documento che pone particolare attenzione ad ambiti territoriali con alta densità abitativa e con maggior popolazione. I territori privi di queste caratteristiche hanno, già ora, visto una limitazione in termini "reali" dei servizi spesso giustificata con la carenza di figure professionali e con il rapporto costi/benefici non sostenibile. 3) Nell'area di integrazione sociosanitaria non si comprende perché non vi sia un incardinamento nelle funzioni del Distretto. Mancano di fatto le aree della dipendenza, della disabilità e degli anziani. 4) La costituzione di nuclei di Medicine di Gruppo Integrate sembra efficientemente proponibile per le aree molto antropizzate, collocate nella pianura o nella pedemontana veneta, fornite di un sistema di trasporto pubblico vario e frequente (treno, corriera, servizio urbano, numero di corse), mentre la sua applicazione trova molte criticità nelle aree marginali, poco abitate, con un servizio di trasporto pubblico saltuario o unico nonché per la carenza, già attualmente in atto, di medici di base disposti a svolgere la loro attività in queste zone. La concentrazione, inoltre, dei medici multiprofessionali e multidisciplinari in un unico ambulatorio, al fine di garantire la fascia oraria prevista dal Piano, rende difficoltoso l'accesso agli abitanti dei centri più lontani soprattutto per la popolazione anziana e disabile. Ai Medici di Assistenza primaria devono essere applicate le disposizioni previste dalla Regione del Veneto per le “zone disagiate e disagiatissime” che garantirebbero risorse certe per promuovere la presenza di questi in montagna. 5) Il servizio delle "cure pallative" non sembra sufficientemente tutelato dal Piano sia perché le figure professionali previste (medici palliativisti) non sono numericamente sufficienti per coprire aree vaste, come la provincia di Belluno, sia perché non recepisce integralmente i contenuti della L.R. n. 7/2009. Si ritiene, quindi, necessario inserire tali disposizioni nel Piano e garantire le adeguate professionalità non essendo sufficiente far affidamento sui medici di base e sul volontariato. 6) Il Piano riconosce un ruolo importante e, in molti casi, essenziale al volontariato locale. Riconoscimento necessario, ma che, dimenticando la tipologia demografica delle singole zone, rischia nei fatti di privare interi territori di servizi basilari e ciò perché l'invecchiamento della popolazione non permette il necessario ricambio generazionale all'interno delle associazioni.

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Il documento sottolinea il ruolo del volontariato, evidenziandone il «contributo rilevante in ambiti non sempre efficacemente presidiati dall'intervento pubblico», ma mancano adeguate regole di rappresentanza del volontariato e degli altri soggetti non istituzionali, come condizione per forme di concertazione più strutturate e sistematiche. Il volontariato è definito come "raccordo e consultazione" e questo è un arretramento poco comprensibile rispetto alle linee guida 2010 per la formazione dei piani di zona in cui la partecipazione del volontariato viene definita con l'espressione "concertazione", ben altrimenti impegnativa. Un’ulteriore criticità è rappresentata dal processo di valutazione. È necessario per migliorarne l’efficacia e l’efficienza, che l'analisi sia estesa con periodici incontri e con specifiche metodologie di valutazione dei risultati, ai cittadini e ai soggetti non istituzionali (il volontariato e tutti i corpi sociali) in un processo di valutazione e programmazione partecipata. 4.2. Osservazioni più specifiche al PSSR. In corsivo le proposte, in rotondo i riferimenti al documento del PSSR cui esse si riferiscono. Gli obiettivi sono indicati solo in termini qualitativi. In diverse parti si fanno riferimenti generici al problema della sostenibilità. Esempi:

− le misure previste dalla manovra finanziaria […] potrebbero condizionare il mantenimento delle attuali standard quali quantitativi dell'assistenza socio-sanitaria regionale, tenute presenti le risorse ivi disponibili», pag. 28 ;

− forme di compartecipazione alla spesa per alcune tipologie di servizi e per alcune categorie di cittadini», pag. 47 ;

tutti questi condizionamenti riducono la significatività e le garanzia del contenuto. La sanità deve essere compatibile con la spesa e con i costi standard, tarati però sulla ns. realtà. Serve pesare i costi reali per definire i costi standard. I LEAS sono diritti universalistici che significa diritti esigibili. Occorre spostare la sanità dagli ospedali al territori, ma in modo adeguato. Occorre creare una rete di reali servizi efficaci tra gli ospedali (per la fase acuta), il territorio (dimissioni protette) e assistenza domiciliare.

Serve una sanità sicura, ugualitaria. Uno dei pilastri della riforma sono i MMG (medici medicina generale ) che devono cambiare culturalmente il loro modo di operare. Anche i medici ospedalieri desidererebbero contratti a doppia convenzione. Occorre effettuare un lavoro affinché i MMG vedano i servizi da un altro punto di vista. Poche sono le UTAP, molti i medici associati, ma danno risposte solo 12 hs/giorno. Per una vera riforma dei percorsi di salute, occorre attivare delle UTAP per 18 hs/giorno: solo così sono di supporto ed aiuto ai pronto soccorso (codici bianchi) e si diminuirebbero le liste di attesa ed il tutto nell'interesse della persona. La strategia della Nuova sanità deve quindi concentrarsi sui MMG che devono abituarsi a lavorare assieme, rivedere il numero degli utenti a loro assegnati, per essere di nuovo “medici di fiducia”: occorre che essi orientino in modo adeguato i propri pazienti. Occorre però garantire una collaborazione di pari dignità fra i medici dell'ospedale e quelli del territorio (non deve essere prevalente la visione dell'Ospedale rispetto il territorio). Devono quindi essere messe in campo forme organizzative che ne sburocratizzino le attività. Occorre rivalutare anche il ruolo e la figura degli infermi eri . Infatti, l’infermiere può diventare la

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risorsa professionale che sposta realmente l’asse della cronicità sul versante territoriale, sia come domiciliarità che come residenzialità assistita. E’ necessario a questo proposito ridefinire lo standard territoriale dell’assistenza infermieristica, riparametrando il tutto sulla base della complessità assistenziale, tenendo conto anche della dispersione oro-geografica dell’utenza. L’infermiere, a questo proposito si presenta come il professionista realmente in grado di assumere l’onere di essere il case-manager del paziente territoriale, così come enunciato nel PSSR. Pag. 08 il modello di riferimento che l'infermieristica moderna vuole implementare si basa sulla complessità assistenziale, ovvero, in estrema sintesi, l'utilizzo di un modello assistenziale che riesca a determinare il reale peso assistenziale e a tarare le risorse professionali necessarie su questa base e non sulla base di standard di riferimento assolutamente aspecifici per definizione. Pag. 13 sostituire l'anacronistica ed errata dicitura "figure paramediche" con "infermieristiche". Pag. 16 il modello di complessità assistenziale può essere il cardine su cui riparametrare l'assistenza infermieristica territoriale sui livelli necessari; attualmente gli standard di riferimento per la residenzialità assistita sono da rideterminare sulla base della diversa gravità dell'anziano che perviene alle strutture e per l'assistenza domiciliare lo standard parla ancora del 2% di anziani bisognosi di assistenza per una media di 60 ore annue Pag. 25 la rivisitazione dei modelli organizzativi non può tralasciare i modelli assistenziali. Inoltre, per l'intero PSSR: Pag. 35 GLI AMBITI DELLA PROGRAMMAZIONE L’analisi storica sotto il profilo organizzativo e funzionale porta a confermare che le Aziende ULSS con un bacino di riferimento compreso tra i 200.000 e i 300.000 abitanti presentano migliori performance gestionali ed assistenziali, configurandosi questa come dimensione ottimale a cui tendere. Fanno eccezione i territori a bassa densità di popolazione, in cui il bacino d’utenza di riferimento potrà essere adeguatamente ridotto. Pag. 37 ASSISTENZA TERRITORIALE Al fine di garantire maggiore uniformità di offerta ai cittadini … 100.000 residenti. Nelle aree montane le dimensioni del Distretto possono essere ridotte fino a 50.000 abitanti, onde garantirne la funzionalità rispetto al rapporto popolazione/territorio. Tale determinazione è riservata al Direttore Generale, in accordo con la Conferenza dei Sindaci. Le quattro unità … rispetto a tutti i Distretti in cui è articolato il territorio aziendale. Al fine di favorire l’integrazione ospedale-territorio e la continuità terapeutica, le tre Unità Operative Semplici del Distretto, relative alle cure primarie, alle attività specialistiche e alle cure palliative, sono coordinate dalle rispettive Unità Operative Complesse ospedaliere, se presenti, creando così i Dipartimenti intra-aziendali ospedale-territorio. Pag. 47 ASSISTENZA OSPEDALIERA Per garantire sicurezza e qualità alle prestazioni, continuità dell’assistenza e sostenibilità economica, la rete ospedaliera deve rispondere ai due criteri fondamentali che sono alla base del

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“modello veneto”, come previsto dalle Ll.Rr. 39/93 e 55 e 56/94 tuttora vigenti: l’integrazione socio-sanitaria e l’integrazione ospedale-territorio, quali concetti moderni di qualità. I nuovi bisogni di sanità e i cambiamenti di incide nza delle patologie confermano in pieno tali principi quali obiettivi strategici ancora da realizzare compiutamente (vedi: liste di attesa). Non è la concentrazione in 5-7 ospedali la risposta, quanto la conferma dell’attuale rete primaria dei 22 ospedali principali per acuti della regione, ciascuno referente al territorio della propria Ulss, già oggi in grado di soddisfare la quasi totalità della domanda. La loro distribuzione sul territorio è infatti la m aggiore garanzia del raggiungimento degli obiettivi sopra citati, oltre che di umanizzazione delle cure. Essi vanno perciò adeguatamente dotati di tecnologie e di formazione professionale. Va da sé che le alte specialità e le alte tecnologi e saranno allocate in riferimento a bacini ampi di utenza, in base alle prevalenze epidemiolog iche e con le dovute attenzioni per le aree marginali (indicativamente: 800.000-1.000.000 di abitanti). In coerenza con questi concetti, rimane di fondamen tale importanza l’articolazione della vasta e montana provincia di Belluno in due distint e aziende socio-sanitarie, ciascuna col proprio presidio ospedaliero, sulla base delle prev iste deroghe regionali in materia di dimensioni delle Ulss. In particolare, la rete ospedaliera in montagna dev e essere composta dall’ospedale per acuti di Pieve di Cadore (con il SUEM) e dall’osped ale per acuti di Agordo (analogo ragionamento varrà per l’ospedale di Asiago). Quest i ospedali sono i soli a dare una risposta a questi territori montani e vanno potenzi ati. Infatti bisogna ricordare che l’elicottero non vola nelle giornate di cattivo tem po e di notte e gli abitanti di quelle aree hanno il diritto di avere assicurata l’assistenza s anitaria. Una scelta definitiva deve essere fatta anche in me rito alla sperimentazione da tempo scaduta all’ospedale Codivilla di Cortina d’Ampezzo che attualmente ha funzioni specialistiche nella cura della osteomielite e nell a traumatologia. Le alte specialità vanno allocate negli ospedali te nendo conto delle casistiche e la loro territorialità. Pag. 49 Modelli organizzativi gestionali La rete telematica favorisce così la concentrazione delle attrezzature diagnostiche in alcuni punti, garantendo anche in periferia le prestazioni senza la presenza di tecnologia in loco. La rete di telemedicina risulta importante anche nell’attività intraospedaliera, ma non va applicata nella diagnosi di patologie per la quale è fondamentale la visita e la presenza del medico. Pag. 49 Definizione della rete di offerta ospedaliera pubbl ica e privata - adeguamento dei posti letto al 4‰ per i residenti del Veneto, di cui lo 0,7‰ per la riabilitazione e lungodegenza …, nonché gli standard per la formazione degli specialisti necessari al SSSR. In osservanza a quanto previsto dalle Ll.Rr. 55 e 5 6/94 e dalla mozione 83/2001, nelle Ulss montane il numero dei posti letto per acuti è maggi orato dell’1%° e dello 0,5%°.dei posti letto per post-acuti. Pag. 52 Le reti cliniche integrate anche con il Territorio In particolare per quanto attiene all’attività dei dipartimenti trasfusionali, ... l’architettura organizzativa attuale va quindi confermata. OSSERVAZIONE: verificare con il CRAT – Coordinamento regionale per le attività trasfusionali, il numero delle donazioni di sangue raccolte in un anno e fare il confronto con il modello precedente. Rete emergenza-urgenza Più in generale, all’interno dello sviluppo della rete informatica, si prevede di sviluppare, a livello

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provinciale, una funzione di interconnessione che colleghi le diverse strutture ospedaliere e territoriali mediante una rete informatica e telematica, garantendo l’accesso e la condivisione di informazioni e risorse necessarie al trattamento del paziente in emergenza-urgenza. Onde garantire pari opportunità fra abitanti della pianura e della montagna, è essenziale qui la presenza di una rete SUEM (elicottero e pronto soccorso). In particolare i pronto soccorso di Pieve di Cadore e di Agordo devono essere supportati dai reparti e dai servizi atti a garantire l’intervento di emergenza anche quando l’elicottero non può volare. Pag. 69 La rete dei Dipartimenti di Prevenzione I Dipartimenti sono organizzati nei seguenti servizi: - servizio di Igiene degli Alimenti e Nutrizione; - Educazione alla salute nelle scuole; - Disturbi dell’apprendimento; - servizio di Medicina Legale per un bacino di 1.000.000 di abitanti. Le funzioni implementabili su scala multizonale possono essere le seguenti: - osservazione epidemiologica; - pianificazione provinciale delle attività di controllo e promozione negli ambienti di lavoro tra pubbliche amministrazioni (D.Lgs. n.81/2008). La dislocazione delle attività multizonali tiene conto delle particolarità dei territori (es.: i controlli sulle acque dei bacini montani, del ghiaccio e di tutto ciò che riguarda l’ambiente alpino vanno localizzati in provincia di Belluno). Pag. 71 La famiglia: una “risorsa” da sostenere Prevedere alcune azioni concrete:

- finanziare e attivare la legge per la non-autosufficienza; - finanziare gli asili-nido e le scuole materne garantendone la fruibilità a tutte le famiglie; - finanziare con apposito bonus le famiglie numerose (con più di tre bambini) e reddito basso.

Pag. 74 Area disabilità La presa in carico, … raggiungere un sufficiente livello di autonomia e di inclusione sociale. La Regione garantisce a tutte le persone non autosufficienti la quota di sostegno prevista dai parametri stabiliti dalla Legge Regionale per la non autosufficienza. Pag. 100 FINANZIAMENTO DEL SSSR Il riparto delle risorse destinate al finanziamento dei LEA può avvenire attraverso due modalità: a) finanziamento in base a quota capitaria: … , per ciascun livello assistenziale. Nei territori montani la quota pro-capite è aumenta ta del 25% a consuntivo rispetto alla quota capitaria media prevista per la Ulss della pi anura, nel rispetto delle Ll.Rr. 55 e 56/94 e della mozione 83/2001. Pag. 104 Per quanto concerne i servizi sanitari reciprocamente resi tra Aziende, pubbliche e private, il sistema di remunerazione si basa su tariffe predeterminate che, ai sensi della normativa vigente, sono periodicamente aggiornate. I maggiori costi sostenuti dalle aziende dotate di alte specializzazioni sono infatti compensati mediante pagamento della mobilità escludendo normalmente ulteriori finanziamenti. I budget delle cliniche universitarie delle facoltà di medicina di Padova e Verona e lo IOV sono finanziati

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mediante apposite convenzioni. Le differenze osservate in ambito di offerta e di domanda di servizi, nonché le diversità nelle modalità di gestione ed organizzazione degli stessi, pongono il problema della valutazione dell’adeguatezza degli attuali sistemi di remunerazione delle prestazioni e, quindi, l’esigenza di definire modelli, in via sperimentale, più coerenti con gli obiettivi della programmazione regionale. Altre osservazioni sul PSSR: Area anziani La visione che sembra emergere è quella tradizionale della "problematicità" della condizione dell'anziano. A questa visione va affiancata quella dell'anziano come “risorsa” che favorisca l'auto-organizzazione degli anziani e permetta ad essi un ruolo attivo nella società. Area disabilità La condizione del disabile e la sua possibilità di accedere ai servizi variano in maniera considerevole a seconda del luogo di residenza e non è quindi equo. Vanno definiti criteri di omogeneità dell'offerta dei servizi e delle condizioni economiche degli stessi (ISEE) Area delle dipendenze Definito in modo puntuale <il sostegno costante alla rete del volontariato dedicato, soprattutto nell'area alcoologica, per potenziare la rete dei gruppi di auto-mutuo aiuto operanti nel territorio regionale>; Preoccupa la tendenza a non garantirne il sostegno o confermarlo. E i Piani di Zona 2011-2015 non sembrano avere invertito la tendenza? Area della salute mentale –I principi indicati nel documento appaiono largamente condivisibili; –c’è l'esigenza dell'applicazione del progetto obiettivo salute mentale (posm) e di destinare effettivamente all'area della salute mentale il 5% delle risorse di bilancio regionale per la sanità come da obiettivo. Area cure palliative Non vi è alcun accenno alla rete regionale di cure palliative (già in fase di avanzata realizzazione grazie alle esperienze pregresse e all'impulso della LR 7/2009), alla rete regionale di terapia del dolore (prevista al pari della rete di cure palliative dalla L 38/2010), alla rete di cure palliative pediatriche, agli hospice (una sola citazione in tutto il PSSR). In particolare gli hospice si vedono soppiantati dagli ospedali di comunità con la conseguenza di innalzare l’inadeguatezza dei ricoveri in strutture non adatte e, stante le difficoltà di gestione dei malati a fine vita, di incrementare paradossalmente i ricoveri ospedalieri inappropriati. Tutto il mondo va verso gli hospice, con buone équipe domiciliari (NCP) cui il MMG può affiancarsi per i propri pazienti, mentre la nostra Regione propone la strada inversa. La rete di cure palliative (attività domiciliare, residenziale in hospice e residenze protette, ospedaliera) viene gravemente intaccata nell'unitarietà del sistema di offerta, condizione irrinunciabile al buon funzionamento.

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5. La sanità dell'Ulss n. 1 di Belluno e la Regione del Veneto Ci preme evidenziare in questa parte del documento quanto già espresso in forma collegiale in occasione delle visite effettuate in questi anni nel territorio della nostra Ulss da parte degli assessori regionali alla sanità Francesca Martini, Sandro Sandri e Luca Coletto, nonché ai servizi sociali Stefano Valdegamberi e Remo Sernagiotto. Vorremmo che l’azione della Regione del Veneto fosse impegnata a garantire gli stessi livelli essenziali di salute e di servizi garantiti ai cittadini della pianura, in una visione strategica regionale e locale. Ciò nell’ottica di una maggiore efficacia e tenendo ovviamente conto degli aspetti economici, strutturali, organizzativi. E’ nostro parere che per ottenere risposte adeguate alla specificità della sanità e del sociale in montagna occorre avere un confronto aperto, ma fermo, con la Regione del Veneto, necessario però per rammentare che, all’interno di ogni decisione economica, programmatica, gestionale ed organizzativa che viene presa a livello regionale, occorre tener conto dell’esistenza di una reale peculiarità che esiste nell’agire in un territorio totalmente montano come quello dell’intera provincia di Belluno e quindi del territorio di entrambe le due ulss provinciali. A livello locale è cresciuta la consapevolezza che occorre avere la capacità di tessere in tutta la provincia una alleanza strategica che veda seduti intorno allo stesso tavolo tutti i portatori di interesse locali: chi rappresenta il cittadino utente dei servizi, chi rappresenta la sfera politico – tecnico e amministrativa. Tanto maggiore sarà la capacità di fare “massa critica” a livello locale, tanto maggiore sarà l’attenzione che dovrà essere data dall’Amministrazione regionale alle istanze del nostro territorio e quindi della ns. gente. Un partenariato forte è stato quindi ottenuto, rendendo tutti i soggetti co-protagonisti nelle diverse azioni che sono state portate avanti, avendo innanzitutto condiviso l’analisi dei bisogni, definito assieme le priorità sulle quali intervenire e avendo superato interessi individuali. Si sa che negli ultimi anni la Regione del Veneto si è fatta carico, tenendo conto nell’assegnazione dei finanziamenti alle Aziende Ulss, del cosiddetto “differenziale montagna”, anche se riteniamo che esso sia ancora insufficiente rispetto alla media veneta, così che venga sfumata ancor di più la “specificità” della montagna, che invece merita ben altra considerazione. Il principio guida nell’erogazione dei servizi socio sanitari dovrebbe essere l’equità dell’accesso alle prestazioni. L’eguaglianza può essere assunta a principio astratto ma è un fine cui tendere e per sua natura irraggiungibile, l’equità, viceversa, accetta un certo grado di diseguaglianza ben sapendo che diverse situazioni sono oggettivi ostacoli che si interpongono tra utente ed erogatore del servizio. Questi ostacoli sono, talvolta, superabili con oneri accettabili da parte dell’utente (ad esempio una minore o maggiore distanza dall’ospedale che impone all’utente l’onere ragionevole del trasporto) altre volte è l’erogatore stesso che assume oneri per raggiungere l’utente (ad esempio nel trasporto a chiamata e nell’assistenza domiciliare). Il caso della sanità in montagna (ma anche, per motivi diversi anche quella di pianura) contempla questi due a casi ma ne aggiunge un terzo che sono gli ostacoli naturali che rendono irragionevole ed iniquo l’onere che utenti e servizi devono accollarsi per garantire il diritto alla salute dei cittadini fortemente svantaggiati. L’organizzazione delle attività socio-sanitarie deve a nostro avviso servire con pari opportunità tutto il territorio. Sappiamo che i costi di produzione dei servizi gestiti dall’Ulss e dai Comuni sono da noi più alti. Negli ultimi anni e nella sanità la Regione si è fatta carico di quest’aspetto, tenendo conto, nell’assegnazione dei finanziamenti alle Aziende Ulss, del cosiddetto “differenziale montagna”, anche se riteniamo che esso sia ancora insufficiente rispetto alla media veneta, così che venga sfumata ancor di più la “specificità” della montagna, che invece merita ben altra considerazione. Siamo del parere che il criterio del differenziale montagna debba essere mantenuto ed inoltre

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adottato anche per il settore sociale. La Regione del Veneto lo riconosce già per i finanziamenti all’Ulss sia per il fondo indistinto sia per le funzioni sociali e per i parametri di sviluppo per l’offerta residenziale per anziani non autosufficienti (nei fondi senza vincoli di destinazione). Ciò dovrebbe essere esteso a tutte le aree e attività.

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6. Ospedale provinciale e ospedali di vallata: la posi tività del modello policentrico dell'Ulss n. 1 di Belluno. Nell'area montana della provincia di Belluno l’ospedale deve essere organizzato in una rete integrata e organizzata in cui i singoli presidi operano in ottica di complementarietà e non di concorrenzialità, con forte attenzione all’integrazione socio-sanitaria con i servizi territoriali. La cosiddetta policentricità ospedaliera. Conseguentemente, in una logica tesa a garantire l’accessibilità alle strutture e ai servizi non disgiunta dalla qualità/sicurezza degli stessi, l’Ulss n.1 di Belluno ha operato attraverso le seguenti strutture di attività: - Belluno: ospedale sede di Dipartimento Emergenza e Accettazione; - Pieve di Cadore: ospedale integrativo di rete; - Agordo: ospedale integrativo di rete; - Cortina d’Ampezzo: centro monospecialistico ortopedico-traumatologico sede di

sperimentazione gestionale ex art. 9bis D. Lgs. 502/92. Inoltre attraverso: - il Distretto socio-sanitario di base n.1 del Cadore con 38.316 abitanti e i seguenti punti di

erogazione: Pieve di Cadore, Auronzo di Cadore, S. Stefano di Cadore e Cortina d'Ampezzo;

- il Distretto socio-sanitario di base n. 2 di Agordo con 20.874 abitanti e i seguenti punti di erogazione: Agordo, Caprile e Canale d’Agordo;

- il Distretto socio-sanitario di base n. 3 di Belluno con 69.797 abitanti e i seguenti punti di erogazione: Belluno, Longarone, Puos d’Alpago e Forno di Zoldo.

Rispetto ai vincoli di contesto l’Ulss n.1 di Belluno ha sempre puntato sulla centralità di alcune aree strategiche in tema di pianificazione e gestione delle strutture ospedaliere e territoriali aziendali come di seguito sintetizzate:

a) La ricerca di un equilibrio tra accessibilità dei servizi qualità e costi delle prestazioni erogate, particolarmente complessa in zona montana .

Nell’Ulss n.1 di Belluno le azioni intraprese hanno creato un modello che oggi poco si discosta da quello prefigurato dalla programmazione Regionale ex DGRV 3223/02 e 751/05, con l’Ospedale di Auronzo trasformato in centro sanitario polifunzionale.

In particolare si richiama a: � valorizzazione delle specialità medie e medio/alte dell’Ospedale di Belluno; � consolidamento della specialità di base dei due ospedali di rete di Agordo e Pieve di

Cadore strettamente correlati con il sistema di urgenza ed emergenza medica in collaborazione con il volontariato;

� valorizzazione della funzione interregionale dell’Ospedale Codivilla Putti di Cortina attraverso la realizzazione della sperimentazione gestionale;

� valorizzazione del centro polifunzionale sanitario di Auronzo, fortemente correlata con obiettivi ed esigenze della popolazione di riferimento.

b) La riduzione delle prestazioni improprie, in particolare ricoveri, e la valorizzazione dell’assistenza distrettuale potenziando l’assistenza domiciliare integrata (ADI) con il pieno utilizzo dell’hospice per malati oncologici terminali a supporto della rete di assistenza domiciliare.

In un contesto caratterizzato da limitatezza delle risorse disponibili, si ritiene importante rafforzare il modello a rete fra ospedali, utilizzando incisivamente i supporti di telematica e telemedicina, dare

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baricentricità ai processi di qualità e appropriatezza e, infine, puntare sull’organizzazione dipartimentale per un migliore utilizzo delle risorse umane e tecnologiche. 6.1. La rete di offerta: criticità e positività deg li ospedali dell'Ulss n. 1 di Belluno

La riorganizzazione della sanità dei Distretti n.1 del Cadore (Ampezzo, Valle del Boite, Centro Cadore, Comelico), n. 2 dell'Agordino (con l'Alto Cordevole e la Valle del Biois), e n.3 del Bellunese (che comprende la Conca dell'Alpago ed i territori del Longaronese e Zoldo), tenuto conto della cornice istituzionale (Patto per la salute tra Governo e Regioni, nuovi LEA), dello scenario socio- demografico e epidemiologico e dell’attuale contingenza economica, deve tener conto da un lato delle legittime esigenze della Comunità locale, dall’altro della necessità, da parte dell’Azienda U.L.S.S., di garantire le prestazioni dovute con le risorse necessarie a garantire alla popolazione dell’intero distretto le stesse opportu nità che hanno le popolazioni di pianura, applicando quanto previsto dalla L.R. n.55 – 56/94 e la mozione 83/01 che prevedono per questo la maggiorazione della quota pro capite del 25% a consuntivo nella assegnazione del budget per chi vive in montagna. Le esigenze della Comunità locale consistono nel godere degli stessi diritti — rispetto alla salute — degli altri cittadini della Regione Veneto, essendo già sfavoriti dalla lontananza dai grossi centri urbani e dalla dispersione territoriale di strutture/popolazione. Diritti che sono peraltro garantiti dal nostro sistema sanitario di tipo universalistico che prevede pari opportunità di accesso alle strutture e di fruizione di interventi con standard di prestazioni garantite in modo omogeneo. Le esigenze dell’Azienda U.L.S.S. sono quelle di garantire l’erogazione dei LEA nazionali e delle prestazioni aggiuntive della Regione Veneto nel territorio di competenza con le risorse assegnate, in ottemperanza al nuovo Piano Socio Sanitario Regionale. L’erogazione delle prestazioni deve garantire anche la qualità delle stesse, intesa come efficienza, efficacia, accessibilità, soddisfazione degli utenti e degli operatori, sicurezza delle strutture sanitarie che devono rispondere agli standard assistenziali ed organizzativi di cui alla legge regionale 22/2002. Preso atto che nelle Aziende U.L.S.S. la funzione di Presidio Ospedaliero per acuti può essere garantita su più sedi, la soluzione alle esigenze di cui sopra può essere trovata con: • una forte sinergia tra l’Ospedale di Belluno e gli Ospedali periferici; • un efficace ed efficiente sistema di trasporto sani tario medicalizzato. Obiettivi della riorganizzazione : Per prima cosa dobbiamo garantire la sicurezza dei nostri concittadini e questo si traduce in:

� mantenimento/potenziamento del servizio Suem; � mantenimento/potenziamento del servizio di Ambulanz a; � capacità di intervento rapido con adeguata assisten za specialistica nei casi di

patologie che possono compromettere la sopravvivenz a o arrecare gravi esiti permanenti (infarto; ictus; peritonite; ecc…)

Aldilà dell’aspetto formale, anche nelle periferie dovrebbe essere garantito un servizio che si avvicini, per livelli assistenziali, più al Pron to Soccorso che al Punto di Primo Intervento. Per quanto attiene ai reparti, ogni ospedale di vallata dovrebbe specializzarsi e puntare sulla qualità e per quanto attiene infine il metodo organizzativo/gestionale è importante introdurre il concetto di mobilità delle professionalità. Questo significa che devono essere i professionisti a spostarsi all’interno del territorio provinciale e non i cittadini, perché questo si traduce in minori costi, minori disagi e maggiori servizi per la periferia.

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Gli ospedali di vallata sono i soli a dare una risposta ai territori montani e vanno mantenuti con la caratteristica “per acuti”. E’ ipotizzabile una revisione della tipologia degli interventi, ma ogni cambiamento deve poter garantire la sostenibilità dei costi dell’attività di emergenza e urgenza sulle 24 H. Per le caratteristiche territoriali, più volte evidenziate, nelle vallate (Agordino e Cadore) non è pensabile prevedere strutture ospedaliere con attività esclusiva di day hospital o ambulatoriale e nemmeno con le caratteristiche di ospedale comunità. I nosocomi, infatti, così costituiti, non garantiscono al territorio un’adeguata attività d’emergenza e la presenza di un Pronto Soccorso con le caratteristiche previste dalle normative.

Va da sé che il trattamento delle emergenze più gravi deve essere indirizzato verso centri specializzati in base alle prevalenze epidemiologiche, così come le alte specialità e le alte tecnologie saranno allocate in riferimento a bacini ampi di utenza. La vita umana è messa in pericolo anche per patologie, oggi, ritenute di routine.

1) Fondamentale, quindi, garantire sull’intera gior nata la reperibilità di figure professionali adeguate, equipe mediche di pronto in tervento, per ogni specialità individuata nell’organizzazione ospedaliera. Necess aria, inoltre, è la presenza dell’automedica nelle 24 H.

2) E' immaginabile, invece, che negli ospedali di v allata vengano previste attività in

“esclusiva” cioè svolta in favore dell’intera Ulss n.1, meglio per l’intera provincia, mantenendo una continuità temporale delle attività esistenti. La “specializzazione” di queste attività permetterebbe di valorizzare le ris orse umane attualmente presenti, garantire un futuro ai nosocomi di vallata, allegge rire il carico lavorativo degli ospedali principali.

In quest’ottica deve essere prevista una vera organizzazione dipartimentale e una messa in rete degli ospedali che non si concretizzi, però, in una collaborazione e un’attenzione solo verso l’ospedale di Belluno, ma che consenta all’utenza di poter trovare regolarmente, anche presso le strutture agordine e cadorine, servizi e prestazioni garantite da una sufficiente sicurezza collettiva e da figure professionali costantemente aggiornate. 6.2 Ospedale di Belluno

L'Ospedale di Belluno è l'ospedale del comune capoluogo e per storia, posizione geografica (baricentrico rispetto tutti gli ospedali della provincia) e servizi resi, l'ospedale a valenza provinciale. Questa funzione è sostenibile soltanto se dal punto di vista tecnico, organizzativo e gestionale, oltre che delle risorse economiche, i vari dipartimenti e servizi siano messi nelle condizioni di effettivamente svolgere i ruoli e le funzioni secondo standard elevati di tipo qualitativo e quantitativo, valorizzando così le specialità medie e medio/alte dell’Ospedale di Belluno. Occorre quindi che vengano garantite e potenziate le attività di tipo specialistico e di eccellenza quali: - angioplastica primaria; - neurochirurgia: ora in totale convenzione con Ospedale di Treviso; - chirurgia vascolare: ora garantita da convenzione con Ospedale di Padova; - neuroradiologia; - malattie infettive; - radioterapia: riorganizzazione secondo quanto previsto dal piano oncologico nazionale 2011-2013.

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La chirurgia necessita di una riorganizzazione che possa favorire, in rete con gli ospedali di Agordo e di Pieve di Cadore, la mobilità su tutto il territorio dell'Ulss e il conseguente aumento della casistica che permetterà di migliorare le professionalità e le competenze dell'equipe medica, meglio se multidisciplinare affiancata da un radiologo interventista, sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo. Occorre invece potenziare: - l'emodinamica (da portare ad H24); - il pronto soccorso (con la copresenza di almeno altri due medici fino alle ore 24); - la medicalizzazione sul territorio H24 con un medico (ora presente solo nella fascia 8 – 20); - l'ematologia (almeno tre medici a tempo pieno); Potrebbero essere maggiormente potenziati a livello di vallata alcuni servizi quali la radiologia, il laboratorio analisi, elettrocardiogramma.

Bisognerà, infine, perseguire la implementazione della rete di offerta della residenzialità extra-ospedaliera, ulteriormente qualificata da iniziative, quali: - Casa Tua 1: alloggio per familiari degli ammalati bisognosi di assistenza e per i malati che si

sottopongono a terapie oncologiche situato nell’area dell’Ospedale di Belluno e gestito dal volontariato;

- Casa Tua 2: hospice per il trattamento dei malati oncologici terminali (8 posti letto) situato nell’area nell’area ospedaliera di Belluno;

Vanno ripensate dal punto di vista organizzativo: - la medicina di laboratorio; - l'attività dei medici di medicina generale - appropriatezza dei ricoveri - il modello organizzativo per l’assistenza infermieristica e, congiuntamente, del personale di supporto.

Schede ospedaliere Ospedale di BELLUNO:

Area Funzione Operativa Medica UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Cardiologia con Emodinamica e Cardiologia Intensiva 1

Dermatologia 1

Gastroenterologia 1

Geriatria 1

Malattie Infettive 1

Medicina Generale 1 con attività di malattie metaboloche

Nefrologia e Dialisi 1 con p.d. e p.d.n.

Neurologia 1

Oncologia 1

Pneumologia 1

Psichiatria 1

Radioterapia 1

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Area Funzione Operativa Riabilitativa UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Medicina Fisica e Riabilitazioone 1

Area Funzione Operativa Chirurgica UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Anestesia e Rianimazione 1

Chirurgia Generale 1 con attività di chirurgia vascolare e di neurochirurgia

Oculistica 1

Ortopedia e Traumatologia 1

Otorinolaringoiatria 1

Urologia 1

Area Funzione Operativa Materno Infantile UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Ostetricia e Ginecologia 1

Pediatria 1 con attività di patologia neonatale e neuropsichiatria infantile

Area Funzione Operativa Terapie Intensive UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Posti letto terapia intensiva 14 anche per Agordo e Pieve di Cadore

Posti letto terapia sub - intensiva 28 anche per Agordo e Pieve di Cadore

Servizi di Diagnosi e Cura UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Accettazione e Pronto Soccorso 1

Direzione Medica 1 con attività di medicina legale

Farmacia 1

Istologia e Anatomia Patologica 1

Laboratorio Analisi 1 con attività di microbiologia

Medicina Nucleare 1 con attività di fisica sanitaria

Radiologia 1

Terapia del Dolore e cure palliative 1

Trasfuzionale e Immunologia 1

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6.3 Ospedale di Agordo

Per l'Ospedale di Agordo è pensabile prevedere un’attività chirurgica in week surgery, purché sia previsto un reparto, anche con un numero limitato di posti letto, per le urgenze sia post operatorie che esterne, per la minore e media chirurgia cardiovascolare nonché trasformare in attività “esclusiva” quella attualmente fornita dal reparto di ortopedia (protesi e trapianti cartilagine – chirurgia del ginocchio, anca e spalla).

Per poter fornire servizi di qualità e in sicurezza è necessario assicurare, alle figure professionali, adeguata dotazione strumentale efficiente e possibilmente moderna. Occorre inoltre introdurre il servizio delle "cure pallative" presso l’ospedale di Agordo dotandolo di adeguato personale servendosi pure di personale già operante presso la struttura agordina. Articolazione dell'Ospedale di Agordo: U.O.A. di Pronto Soccorso con primario e personale medico e infermieristico previsto dagli standard; U.O.A. di Radiologia con medico responsabile e personale medico e infermieristico previsto dagli standard; U.O.A. di Anestesia e Rianimazione con primario e personale medico e infermieristico previsto dagli standard; U.O.A. di Medicina con servizio di cardiologia con primario e personale medico e infermieristico previsto dagli standard; U.O.A. di Chirurgia con primario e personale medico e infermieristico previsto dagli standard; U.O.A. di Ortopedia con primario e personale medico e infermieristico previsto dagli standard;

Vanno riviste, pertanto, le recenti scelte di politica organizzativa che volutamente hanno compromesso le caratteristiche di ospedale per acuti e che di fatto hanno impedito la operatività dei reparti dell’ospedale di Agordo. La riduzione, per esempio, di un medico in U.O.A. di Chirurgia, oppure di cancellare la reperibilità notturna infermieristica in sala operatoria, per non parlare di quella del medico radiologo, hanno reso impossibile qualsiasi attività d’urgenza in Chirurgia e Ortopedia dopo le ore 18.00.

Il Servizio di Laboratorio Analisi può vedere forme di centralizzazione per quanto riguarda la refertazione, così come la rete di telemedicina risulta importante anche nell’attività intraospedaliera, ma non va applicata nella diagnosi di patologie per la quale è fondamentale la visita e la presenza del medico.

Schede ospedaliere ospedale di AGORDO

Area Funzione Operativa Medica UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Medicina Generale 1 con attività di cardiologia

Rieducazione Funzionale e lungodegenza 1

Area Funzione Operativa Chirurgica UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Anestesia e Rianimazione 1

Chirurgia Generale 1

Ortopedia 1

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Servizi di Diagnosi e Cura UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Accettazione e Pronto Soccorso 1

Direzione Medica 1

Laboratorio Analisi 1

Radiologia 1

6.4 Ospedale di Pieve di Cadore

6.4.1 S.U.E.M. 118 - U.O. Anestesia e Rianimazione

Premesso che il cittadino della periferia in genere e della montagna in particolare ha gli stessi diritti del cittadino della pianura o dei grossi centri urbani e preso atto che alcuni interventi diagnostici e terapeutici non possono essere svolti in loco, diventa essenziale il ruolo delle strutture d’accoglienza e del sistema dei trasporti medicalizzati, in modo che il paziente che necessita di interventi non praticabili in loco possa essere:

� accolto 24/24h presso il Pronto Soccorso di riferimento e sottoposto alle indagini preliminari necessarie;

� stabilizzato; � trasportato presso la struttura più idonea per la patologia presentata.

Ai fini di un’organizzazione più efficiente del sistema di accoglienza — trasporto, si ritiene importante:

� l’istituzione di un unico Dipartimento di Pronto Soccorso e S.U.E.M. 118, per una sinergia di interventi ed un migliore utilizzo del personale;

� l’inserimento dei medici di continuità assistenziale e dei medici di emergenza presso le U.U.O.O. di Pronto Soccorso.

6.4.2 Ostetricia – Ginecologia - Pediatria Si ritiene necessario mantenere le due Unità Operative di Ostetricia-Ginecologia e Pediatria, mettendo in atto adeguati provvedimenti organizzativi. Considerata la stretta interdipendenza dei reparti, bisogna prevedere flessibilità di funzioni del personale infermieristico ed ausiliario e modalità di presenza attiva legata alle effettive necessità all’interno dell’area materno-infantile. Per permettere un’adeguata esperienza degli operatori, è necessaria poi una forte integrazione/collaborazione/sinergia (prevedendo anche una rotazione dei professionisti) tra le Unità Operative di Pieve e Belluno, all’interno del Dipartimento materno-infantile. Occorre infine creare un forte rapporto con il territorio per la continuità terapeutica con i pediatri di base (dipartimenti ospedale – territorio) in quanto si finirebbe per favorire le nascite a Pieve di Cadore poiché in caso di bisogno è naturale recarsi presso l’Ospedale più vicino. Per quanto riguarda l’attività di procreazione medico assistita (P.M.A.) questa rappresenta un punto di eccellenza dell’Azienda; va quindi sostenuta a livello dipartimentale a servizio dell’intera U.L.S.S. e mantenuta a Pieve. 6.4.3.Ambulatori Per le attività specialistiche con posti letto presenti nell’Ospedale di Belluno ma non in periferia, è necessario garantire le corrispondenti prestazioni ambulatoriali nell’ospedale periferico con frequenza adeguata e regolare. Questo permette di diminuire la “pressione” su Belluno e migliorare l’accessibilità al servizio da parte degli utenti. Per quanto riguarda i tempi di attesa, mantenendo il criterio dell’appropriatezza della richiesta in

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base alla gravità clinica, va controllata la domanda agendo sui prescrittori e sugli utenti (mediante educazione sanitaria per corresponsabilizzare gli stessi) e va potenziata l’offerta mediante un ottimale utilizzo della strumentazione. L’ospedale di Pieve è l’unico presidio sanitario della zona dell’alto bellunese con caratteristiche per acuti essendo dotato dei seguenti reparti: − Medicina Generale (tasso di occupazione posti 120%) si richiede l’aumento dei posti letto;

− Chirurgia Generale; − Ostetricia Ginecologia; − Pediatria; − anestesia – rianimazione Servizi autonomi: Cardiologia – si chiede reperibilità cardiologica h.24. A tal fine sono state raccolte oltre 12.000 firme. Radiologia – si chiede reperibilità radiologica h.24 Fino a pochi mesi fa era attivo il servizio di radiologia operativa h.24. Con l’introduzione della tele refertazione la reperibilità notturna 20.00 – 8.00 è stata soppressa con grande disagio. Viene a mancare un servizio medico fondamentale per garantire l’operatività e il trattamento delle acuzie ad esempio chirurgiche. E’ pertanto fondamentale il ripristino della reperibilità notturna della radiologia per garantire l’operatività dell’intera struttura. Dialisi (Belluno) Laboratorio Analisi Pronto Soccorso (astanteria) – va potenziato Suem (centrale operativa; terapia sub-intensiva; anestesia) Ambulatori vari in collaborazione con Belluno e Codivilla: Urologia con interventi chirurgici ORL con ripristino dei piccoli interventi chirurgici Oculistica Oncologia Servizio trasfusionale Chirurgia Ortopedia – da garantire almeno 2 accessi alla settimana Neurologia Dermatologia – da garantire almeno 2 accessi alla settimana (il problema dermatologico è molto alto in Cadore) Odontoiatria Diabetologia (aggregato al reparto di medicina con un medico) A breve dovrebbe essere trasferito da Auronzo a Pieve di Cadore il reparto psichiatrico, essendo disponibile uno spazio allo scopo quasi completamente ristrutturato. Schede ospedaliere ospedale di PIEVE DI CADORE

Area Funzione Operativa Medica UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Medicina Generale 1

Cardiologia

1

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Area Funzione Operativa Chirurgica UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Anestesia e Rianimazione 1

Chirurgia Generale 1 con attività di urologia

Area Funzione Operativa Materno Infantile UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Ostetricia e Ginecologia 1 con attività di fecondazione assistita

Pediatria 1

Servizi di Diagnosi e Cura UOAC – Unità Operativa Attività Complessa indispensabile

Accettazione e Pronto Soccorso 1 con centrale operativa emergenze

Direzione Medica 1

Laboratorio Analisi 1

Radiologia 1 6.5 Ospedale di Comunità di Auronzo di Cadore L’Ospedale di Comunità di Auronzo svolge un’importante funzione sia per la degenza post-acuzie prima del rinvio a domicilio, sia per l’attività riabilitativa; quest’ultima rivolta a pazienti con patologia ortopedica provenienti da Belluno e Cortina o con patologia neurologica provenienti da Belluno. Tali funzioni sono importanti per garantire la continuità assistenziale del paziente e richiederebbero un aumento del Numero di posti letto. Con il prossimo spostamento dell’Unità Operativa di Psichiatria a Pieve la struttura di Auronzo di Cadore potrà configurarsi come:

− ospedale di Comunità; − sede di attività ambulatoriali e punto raccolta prelievi; − sede del sub-Distretto di Auronzo.

Per quanto riguarda il Punto di Primo Intervento (P.P.I.), lo stesso dovrebbe essere potenziato nei periodi di alto afflusso turistico e dovrebbe prevedere la presenza di un efficace sistema di trasporto medicalizzato. La sezione di Alcologia va infine considerata punto di eccellenza dell’Azienda da sostenere quale possibile fonte di mobilità attiva. 6.6 Codivilla Putti di Cortina d'Ampezzo Nel 2003 la Regione decise di procedere con una sperimentazione gestionale ( 51% Ulss e 49% socio privato) e pubblicò un bando vinto dalla società Giomi di Roma. La sperimentazione aveva durata di 3 anni al termine dei quali la Regione avrebbe dovuto scegliere tra le seguenti opzioni:

• Stabilizzazione della forma gestionale (51%/49%), con lo stesso socio o con uno nuovo; • Ritorno al pubblico; • Passaggio completo al privato con lo stesso socio o con uno nuovo;

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Nel 2006 la Regione decise invece di prorogare la sperimentazione per altri 3 anni, con scadenza 2009 e nello stesso anno, non sapendo ancora cosa fare, affidò un incarico a 3 saggi (costo della consulenza 150.000 Euro) i quali scrissero una relazione sull’intera struttura. Da quanto è dato sapere, una decisione dovrebbe essere presa già in autunno. Alcuni elementi strategici da considerare: Nel 2008 la Ulss ha venduto all’Inail l’immobile del Putti per 7 milioni di Euro e con i soldi si è impegnata a ristrutturare l’immobile del Codivilla, ampliandolo per poter ospitare il reparto di osteomielite. L’Inail di contro si è impegnata a ristrutturare il Putti (investimento di 16 milioni) e ad affittarlo all’Ulss per 30 anni con destinazione foresteria per medici e parenti dei degenti e come sala conferenze. Ad oggi non è stato realizzato ancora nulla. Va sottolineata l’intenzione della Ulss di vendere la sede del “Distretto” di via Cesare Battisti (introito stimato sugli 8/10 milioni) per accorparlo al Codivilla. L’idea è condivisibile, tuttavia oggi la destinazione d’uso dell’immobile non è residenziale e il Comune si è dichiarato disponibile a fare la variante urbanistica solo in cambio di una convenzione che garantisca che i soldi della cessione verranno investiti per le strutture di Cortina e in parte di Pieve ed Auronzo. Ci sono infine da considerare le vicende legali relative al metodo di contabilizzazione dei DRG per le quali il Pm ipotizza un ammanco per oltre 2 milioni di euro. Alcuni elementi operativi : Reparti presenti:

Ortopedia Osteomielite Riabilitazione cardiologica

Personale: elevato turn-over dei dipendenti ( oggi sono 45 pubblici e 153 privati) Risultato economico: negli ultimi anni si è registrato un costante peggioramento dei conti della società mista, influenzati in buona parte dal diverso metodo di calcolo utilizzato per valutare i DRG del reparto di Osteomielite. Si è passati infatti da un utile di 283.000 Euro del 2005 ad una perdita di 571.000 Euro nel 2010. Si ritiene pertanto che il reparto di osteomielite, che annovera fra i propri pazienti una piccolissima parte di cittadini provenienti dal territorio bellunese e veneto, debba essere considerato come un reparto di natura regionale e che non debba pesare esclusivamente sul bilancio della struttura Codivilla Putti e della Ulss n.1. Obiettivo: Ritorno al pubblico o, qualora ciò non fosse possibile per i limiti relativi ai posti letto previsti per la Ulss 1, individuazione in alternativa di una nuova forma gestionale mista pubblico/privato che tenga conto delle esigenze del territorio. In particolare, oltre alla terapia di emodialisi (particolarmente richiesta) sarebbe auspicabile che venissero organizzati diversi ambulatori esterni a rotazione come quelli di Pediatria, Otorinolaringoiatria, Urologia e Oncologia per evitare ai cittadini faticosi e scomodi spostamenti, anche fuori regione. Il Punto di Primo Intervento infine dovrebbe tenere conto dei notevoli flussi turistici ed essere organizzato di conseguenza.

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7. La peculiarità della “sanità” bellunese nel pano rama regionale. 7.1. Territorio e popolazione.

Il profilo geo-demografico dell’ambito territoriale della ULSS n.1, come già ribadito, si caratterizza per un tasso di popolazione ultrasessantacinquenne superiore alla media regionale (indice di invecchiamento 180 contro 140 del Veneto) e per un altissimo indice di dispersione della popolazione, aspetti che pongono problemi di accessibilità per l’utenza ai servizi sanitari, anche in relazione alle connotazioni montane del territorio.

L’indice di invecchiamento del distretto Agordino è 194 in Cadore è 183 e, quindi, i bisogni emergono in modo diverso nei distretti). Gli anziani in Veneto sono il 19,9%, la media della provincia di Belluno è 22,5%, dell’ULSS n.1 è 22,6, in Cadore è 23,1, in Agordino è 23,7%.

Sono noti i fattori di criticità e di svantaggio comuni a tutte le aree montane, sia a livello nazionale sia regionale:

- territori di vasta superficie, “difficili” per caratteristiche geomorfologiche ed orografiche, “fragili” sotto il profilo idrogeologico;

- congiunture stagionali problematiche; - alti indici di dispersione insediativa; - bassa densità demografica; - sistemi di comunicazione e di mobilità precari; - squilibri accentuati nelle dinamiche di sviluppo demografico (alti indici di invecchiamento, di

vecchiaia e di popolazione dipendente).

In un contesto demografico a crescita naturale (-3,3) e totale (-0,7) negative, con evidenti squilibri, generati da tassi di fecondità (1,35), natalità (8,1) e nuzialità (2,7) tra i più bassi in Italia, i nati negli ultimi dieci anni sono diminuiti di un ulteriore 11,1% che in assenza dei nati da genitori immigrati sarebbe un -13%. Il calo delle nascite è stato -17% in Cadore -5% in Agordino, - 9% nel bellunese. Ciò continua a provocare la variazione dei residenti che, nel distretto Cadorino è stata del -1,9%, in quello Agordino del -3,9%, del +3,3% nel bellunese e, in generale, una debole crescita dello 0,7% nel territorio dell’ULSS n1. Questa situazione ha modificato il peso sociale delle classi di età nelle quali crescono gli anziani con più di 65 anni del 9,4%, quelli con più di 75 anni del 10,2%, quelli con più di 85 anni del 14,9%. Va rilevato che i tassi di crescita delle classi di età anziane sono sempre superiori per le donne le quali, ad esempio segnano un tasso di crescita delle ultraottantacinquenni doppio di quello maschile (24,3% contro il 12,1%). Alla fine del 2010, in provincia di Belluno, la popolazione anziana con più di 85 anni era di 7.382 persone delle quali il 75% erano donne e su 24.484 con più di 75 anni il 66% erano donne. Le altre classi di età segnano, nell’ULSS n.1, variazioni diverse, i residenti di 0-14 anni crescono dello 0,7%, quelli di 15-39 anni calano del 15,5%, quelli di 40-64 anni crescono del 6%, quelli con più di 65 anni crescono del 9,2%, gli ultra settantacinquenni crescono del 10,2%. E’ evidente la divaricazione tra la crescita degli anziani e la riduzione delle persone attive in grado di prendersi cura dei propri genitori. Su questo pesano anche la variazione delle famiglie, fortemente condizionate dalla nuzialità e dalla natalità furori del matrimonio e anche dalla instabilità dei matrimoni. In generale le famiglie tendono a crescere come nel resto del Veneto ma questa crescita è dovuta, essenzialmente, al lievitare delle famiglie uni personali formate da anziani soli e alla uscita dalla famiglia d’origine dei celibi e delle nubili (assai rallentata negli ultimi anni) e la costituzione di famiglie single in seguito alle separazioni e ai divorzi (le persone divorziate sono diventate 4.824 contro le 2.535 del 2000). Dal 2008 il quadro sociale ed economico della provincia e nell’ULSS n.1, ha assunto alcuni caratteri produttori di ulteriore instabilità e indebolimento delle reti solidali. Ad esempio, il tasso di occupazione maschile è di ben sette punti inferiore (70,9) a quello medio regionale (77), quello femminile, al contrario risulta ben superiore (58,5) a quello Veneto (53,3). Ciò significa meno risorse umane in grado di fornire attività di accudimento gratuito perché il mercato del lavoro tende

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

32 Documento sul PSSR della Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno – PSSR 2011 - ottobre 2011

ad assorbire tutti gli attivi disponibili. Trascurando le differenze interne ai distretti ciò appare evidente confrontando i tassi di disoccupazione della provincia, inferiori di circa un punto percentuale rispetto alla media regionale (nel 2010, 4,6 contro 5,8). Gli avviamenti al lavoro crescono per il tempo pieno e si riducono, a meno della metà, per il tempo parziale, imponendo alle famiglie (alle donne in particolare) la scelta tra lavoro e accudimento familiare (rivolto a giovanissimi e grandi anziani). Cresce anche per le donne il ricorso al lavoro con contratti di somministrazione che aumentano l’instabilità del rapporto di lavoro, riducono il reddito familiare e non consentono una pianificazione adeguata degli impegni di cura. In altro modo, il mercato del lavoro, agisce escludendo sempre più i giovani dai 18 ai 29 anni che nell’agosto del 2008 erano il 21% dei disoccupati dotali e nel luglio 2010 erano il 24%. Allo stesso modo è punitivo nei confronti dei laureati che erano l’1,4% e sono divenuti il 4,1%. Questi nuovi fattori d’instabilità, inducendo le donne al lavoro e i giovani all’emigrazione, producono una ulteriore crescita degli indici d’invecchiamento e di dipendenza, aggravando un già grave squilibrio demografico.

7.2 La popolazione anziana. L’elevato invecchiamento della popolazione ha come conseguenza, oltre all’insorgenza di maggiori e complessi bisogni di salute che incidono sulla prevalenza di malattie cronico – degenerative – invalidanti, importanti problematiche che possono essere sintetizzate in:

� Prevalenza di famiglie monopersonali formate in prevalenza da donne vedove a reddito minimo;

� Indebolimento delle condizioni di permanenza nel proprio domicilio con lacerazione della rete delle relazioni familiari;

� Significativo ricorso alle assistenti familiari (badanti) con oneri di gestione dei conflitti a carico delle reti familiari;

� Aumento della richiesta di accesso a servizi residenziali; (i ricoveri temporanei dal 2007 al 2009 sono cresciuti del 12%, e le giornate di ricovero sono cresciute del 37%)

� Necessità di attuazione del servizio di pronto intervento sociale; (gli utenti ADI, dal 2007 al 2009, sono cresciuti del 13%)

� “Esplosione” dei consumi sanitari dovuta al ricorso a ricoveri ospedalieri impropri, alto consumo di farmaci e forte richiesta di ausili.

La situazione attuale è, inoltre, caratterizzata dalla carenza di posti di residenzialità e soprattutto di semiresidenzialità, in particolare per poter realizzare dimissioni protette di anziani ricoverati in ospedale che hanno superato la fase acuta della malattia. Tale problematica può trovare adeguata soluzione con la realizzazione degli interventi previsti dal Piano Locale per la Non Autosufficienza.

7.3. Linee strategiche. Qui di seguito si esplicitano sinteticamente le linee strategiche che a nostro avviso devono ispirare l’attività della Ulss n.1 di Belluno:

- affermare una cultura ed una sensibilità della prevenzione primaria e secondaria; - orientare la linea produttiva su prestazioni appropriate ed effettivamente benefiche per gli

utenti, privilegiando una logica di processo/governo clinico, rispetto a quella storicamente prevalente di mera ed incrementale produzione di prestazioni;

- applicazione sistematica delle disposizioni previste dal Piano Aziendale per il Contenimento dei tempi di attesa delle prestazioni specialistiche ambulatoriali e di ricovero, in applicazione delle disposizioni della DGR 600/07;

- ispirare l’attività resa a una sistematica verifica del rapporto costo/beneficio e rischio/beneficio; - migliorare la qualità tecnico-professionale delle attività rese in un’ottica permanente di “best

practice”; - rendere prassi diffusa un modello ispirato a rigorosi concetti di pianificazione e di verifica di

risultato, che possa avere adeguate caratteristiche predittive rispetto ad una corretta previsione di bilancio e ad una ottimale collocazione delle risorse regionali;

- utilizzare le economie derivanti dalla reingegnerizzazione dell’ospedale per potenziare le attività territoriali.

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

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È necessario, quindi, dare compiuta attuazione al progetto di riorganizzazione dell’attività ospedaliera, tesa a definire la destinazione funzionale di ogni singolo ospedale in un contesto di rete e correlandoli tra loro secondo un principio di integrazione non concorrenziale, con una attenzione particolare mirata a raggiungere l’equilibrio dovuto tra accessibilità adeguata ai servizi e dispersione degli stessi sul territorio.

7.4 Tasso di ospedalizzazione e contenimento dei te mpi di attesa Negli ultimi anni, con la riduzione dei posti letto e la drastica diminuzione della produzione di ricoveri sono migliorati tutti gli indici di efficienza ospedalieri quali la degenza media, il tasso di utilizzo dei posti letto e l’indice di rotazione ed è stata eliminata un’attività non determinante per le attese di salute della popolazione a tutto vantaggio di altre attività ritenute critiche ed ineludibili per la collettività quali il potenziamento delle attività domiciliari integrate ex DGR 5273 del 29.12.1998 ed il contenimento delle liste d’attesa per le prestazioni ambulatoriali secondo gli orientamenti della DGRV 1799/98, DGRV 3535/04, DGR 2066/06 e DGRV 600/07.

7.5 La dimissione protetta: l'ospedale ed il distre tto nelle politiche per la salute Le leggi di riforma sanitaria, di valenza epocale, varate fra il 1978 e il 1999, e i numerosi successivi provvedimenti esecutivi di carattere nazionale e regionale, hanno profondamente modificato, nel corso degli ultimi 15 anni, il panorama complessivo dell’assistenza sanitaria in Italia rimodulando, in chiave moderna ed europea, il ruolo dell’ospedale e dell’assistenza territoriale opportunamente potenziata e valorizzata.

Ciò è avvenuto attraverso l’affermazione di nuovi principi valoriali, fra i quali la centralità della persona e la definizione dei livelli essenziali di assistenza, intesi quali diritti esigibili per tutti i cittadini, l’efficacia e appropriatezza degli interventi, l’affermazione di specifici modelli strutturali e organizzativi, l’assegnazione di ruoli, di competenze e di responsabilità, l’orientamento alla formazione professionale continua e al miglioramento continuo della qualità.

L’ospedale e l’articolazione territoriale dei servizi extraospedalieri, ridefinita nel concetto di “distretto socio sanitario”, sono stati riproposti nel ruolo rinnovato di “strutture operative complesse” tenute ad interagire fra loro in modo sinergico e complementare: - l’ospedale, organizzato su funzioni di media ed elevata intensità, deve farsi carico dei bisogni caratterizzati esclusivamente da acuzie, gravità e complessità, cui deve dare risposte di tipo diagnostico e terapeutico tramite il continuo adeguamento e modernizzazione del proprio assetto tecnologico e specialistico; - nell’ambito distrettuale devono invece ritrovare sede appropriata tutte le attività sia di carattere preventivo, che alternative all’ospedalizzazione, che destinate alla cronicità, sistematicamente indotte da bisogni di valenza sanitaria e/o bisogni di protezione sociale, che vanno assicurate secondo principi di continuità, globalità e integrazione multiprofessionale e multidisciplinare, con l’obiettivo di promuovere e sostenere efficacemente percorsi integrati di promozione e tutela della salute intesa nella sua accezione più ampia e moderna.

In tale delicato e complesso contesto culturale e organizzativo si sono progressivamente affermati alcuni concetti fondamentali quali la deospedalizzazione , per la necessità di riservare il ricovero ospedaliero alle situazioni di acuzie, la domiciliarità , per l’opportunità di mantenere il più a lungo possibile il paziente con dipendenza socio-sanitaria fra le mura domestiche, la “rete dei servizi ” intesa quale insieme di risorse, di servizi e di professionalità, di diversa provenienza e competenza, in grado di rispondere in forma unitaria, coordinata ed integrata ad ogni singolo bisogno complesso individuale/familiare.

In coerenza con il processo di modernizzazione messo in atto assume rilevanza strategica l’ambito della Dimissione ospedaliera Protetta. Tale condizione si pone qualora emerga la necessità di assicurare la continuità dell’assistenza sanitaria e socio-assistenziale, nel passaggio dalle cure ospedaliere a quelle territoriali, alle persone in dimissione ospedaliera che presentino condizioni di

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

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significativa dipendenza sanitaria e/o socio assistenziale protratta o permanente. L’obiettivo è determinato dalla necessità di attivare tempestivamente l’assistenza domiciliare integrata (ADI) o, in alternativa, l’assistenza residenziale extraospedaliera.

La Dimissione Protetta rappresenta uno dei fattori di maggior criticità nel complesso rapporto fra i servizi ospedalieri e i servizi terr itoriali. Ciò si verifica qualora emerga la difficoltà di coniugare gli obiettivi della dimissione del paziente con la possibilità concreta di predisporre gli opportuni interventi territoriali ove questi siano pesantemente condizionati da alcuni elementi di complessità quali la fragilità della rete assistenziale familiare, la precarietà abitativa o la rigidità del sistema di offerta residenziale extraospedaliera.

Sono fattori gravemente vincolanti che gli studi demografici ed epidemiologici inducono ad interpretare in progressiva evoluzione e con margini d’intervento sempre più limitati ed onerosi.

Nella consapevolezza di tale contesto sociale e delle risorse disponibili l’unica soluzione sostenibile è posta ancora nella capacità di attivare un ulteriore sforzo comune sul piano culturale e organizzativo. La “strategia della comunicazione”, la cultura di sistema e della presa in carico, l’adozione di procedure operative condivise, ne rappresentano oggi i cardini fondamentali, verosimilmente unici, in grado assicurare la continuità e globalità dell’assistenza attraverso la mobilitazione e attivazione tempestiva ed efficace di tutti gli operatori e i servizi della “rete” ospedaliera ed extraospedaliera.

L’ Ulss n.1 di Belluno si è attivata in questi anni per l'adozione di procedure per l’integrazione operativa ospedale/territorio e dimissione protetta. I risultati, nonostante la chiarezza delle procedure, non sono ancora adeguati alle effettive esigenze per la mancanza di una decisa e continua formazione di tutti gli operatori coinvolti sia a livello ospedaliero che sul territorio, indispensabile per creare la necessaria cultura in tal senso.

7.6 La rete dell'emergenza. A nostro parere è importante concentrarsi sul consolidamento della rete dell’emergenza secondo gli indirizzi del DPR 27.3.1992 e disposizioni attuative regionali con le seguenti connotazioni d’eccellenza:

- centrale operativa 118 con protocollo operativo provinciale; - attività di elisoccorso integrata con operatori del CNSAS per le esigenze peculiari del

territorio montano; - sperimentazione volo notturno dell’elisoccorso; - capillarizzazione sul territorio dei punti ambulanza con costi sostenibili consentiti da rapporti

convenzionali con il volontariato e il privato sociale; - medicalizzazione dei mezzi di soccorso con tempi di copertura dell’urgenza/emergenza

contenuta nei 30/40 minuti. Bisognerà, infine, perseguire la realizzazione e implementazione della rete di offerta della residenzialità extra-ospedaliera, ulteriormente qualificata da iniziative, quale l’hospice per malati terminali nell’area ospedaliera di Belluno e quella della RSA con annessi servizi distrettuali di Pieve di Cadore.

7.7 Servizio di urgenza ed emergenza. Per un efficace servizio di urgenza ed emergenza adatto alle caratteristiche territoriali ed all’importante afflusso turistico delle stagioni invernali ed estive occorre garantire servizi efficaci e pronti nella seguente rete di servizi: - Pronto Soccorso Ospedale di Belluno; - Pronto Soccorso Ospedale di Agordo; - Pronto Soccorso Ospedale di Pieve di Cadore, sede della Centrale Operativa del 118 dotata di servizio di elisoccorso; - Punto di Primo Intervento del Centro Sanitario Polifunzionale di Auronzo di Cadore;

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

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- Punto di Primo Intervento Ospedale di Cortina d’Ampezzo; - Medicalizzazione del soccorso primario: Pieve h.24/24, Belluno, Agordo, Auronzo e Cortina h.12/24. - Servizio Prevenzione Igiene e Sanità degli Ambienti di Lavoro; - Servizio Igiene degli Alimenti e Nutrizione; - Servizio Igiene e Sanità Pubblica; - Servizio Veterinario area A e B; - I punti di erogazione dei servizi del dipartimento di prevenzione sono situati presso le sedi

distrettuali

7.8 Specifici Servizi erogati dall'Ulss n. 1 di Bel luno. � Auronzo di Cadore: ospedale riconvertito in centro sanitario polifunzionale e ospedale di

comunità; � R.S.A. di Agordo in gestione diretta con 112 posti letto; � Ser.S.A. – Servizi Sociali Assistenziali – (33% ULSS 1 e 66% Comune di Belluno) che

opera nel campo dei servizi a carattere socio-assistenziale e socio-sanitario per gli anziani e le persone non autosufficienti;

� Istituto Pio XII di Misurina: centro di diagnosi, cura e riabilitazione dell’asma infantile, convenzionato con il Servizio Sanitario Regionale;

� Casa Tua 1: alloggio per familiari degli ammalati bisognosi di assistenza e per i malati che si sottopongono a terapie oncologiche situato nell’area dell’Ospedale di Belluno e gestito dal volontariato;

� Casa Tua 2: hospice per il trattamento dei malati oncologici terminali (8 posti letto) situato nell’area dell’Ospedale di Belluno.

7.9 Organizzazione distrettuale. L’organizzazione distrettuale è stata costruita, a partire dalle criticità ambientali, per consentire una rete dei servizi distrettuali efficace in quanto territorialmente decentrata. Altrettanto rilevante è stato il criterio del collegamento/rispecchiamento tra Distretti Socio-Sanitari e l’identità storico/territoriale e politico/istituzionale dei livelli di rappresentanza e di governo (Comuni e Comunità Montane) per consentire significativi spazi di autodeterminazione alla programmazione locale nel contesto unitario del Piano di Zona dei Servizi alla Persona ed alla Comunità. La riorganizzazione dei Distretti ha previsto la permanenza di n.3 Distretti Socio-Sanitari, due in deroga (Distretto n.1 del Cadore e Distretto n.2 di Agordo) alla dimensione demografica minima prevista dalla normativa vigente, per corrispondere nel modo più efficace ai bisogni di salute della popolazione e dei turisti. L’organizzazione distrettuale, pur progettata per aderire alla specificità del contesto ambientale, ha, in ogni caso, previsto, per consentire un uso efficiente ed appropriato delle risorse umane e finanziarie, degli scostamenti significativi rispetto al modello regionale, senza contraddirne gli obiettivi come riconosciuto dalla Regione Veneto con DGR n.220 del 07.02.03.

7.10 Medici di base - Utap

Occorre una politica di investimento su tutte le risorse professionali, ma soprattutto sui MMG - medici di medicina generale. Molti di essi lasceranno il servizio prossimamente per raggiunti limiti di età e risulta difficile la loro sostituzione.

Va rivista l'attività dei MMG, anche dal punto di vista organizzativo e strutturale. Gli adempimenti burocratici richiesti (vedi certificazioni Inps) non sono dappertutto possibili perchè non in tutti i paesi o vallate vi è la disponibilità delle linee Adsl. Ciò rallenta il lavoro.

I medici sono sottoposti alle pressioni dovute alle razionalizzazioni, vi è difficoltà di comunicazione fra gli ospedali ed il territorio, soprattutto causa le deospedalizzazioni che non riescono ad essere accolte adeguatamente per la mancanza di idonei servizi territoriali. La medicina sta cambiando diventando medicina di iniziativa. E' una evoluzione che si dovrebbe

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

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basare di più sugli audit, gli screening e la prevenzione, però si conoscono poco i propri pazienti/cittadini e questi hanno difficoltà a trovare i servizi più idonei.

Ci servono dei punti di primo intervento efficaci ed efficienti. Occorre promuovere per questi percorsi formativi adeguati, in un'area turistica di montagna la guardia turistica deve essere capillare. Le Utap hanno cambiato la vita dei medici e quella dei pazienti, che trovano servizi per 12 hs/giorno. Però le sperimentazioni fatte nel ns territorio (Comelico, Zoldo e Longarone) hanno avuto anche delle criticità: problemi logistici (a Longarone), finanziamenti inadeguati (tra Longarone e Zoldo i servizi sono aperti 17 ore con finanziamenti per 12). Le Utap dovrebbero favorire l'abbattimento dei codici bianchi che intasano i pronto soccorso, però è una questione di cultura dato che i cittadini alle volte preferiscono fare la fila in pronto soccorso anziché riferirsi al proprio medico di base. La medicina deve essere soprattutto quella del territorio. Si devono promuovere i servizi che vedono i medici collegati in rete tra di loro, che si abituino a confrontarsi e poi occorre una condivisione degli obiettivi sui singoli casi anche con i medici degli ospedali.

Va valorizzata a tale scopo la rete capillare delle case di riposo. La deospedalizzazione dei pazienti potrebbe trovare appoggio, per periodi limitati e per alleviare in particolare i bisogni degli ammalati anziani, presso le case di riposo che sono in sofferenza, ma che costano 1/5 in meno rispetto gli ospedali. Occorre potenziare, grazie all'apporto dei medici, la prevenzione e la cultura dell'uso appropriato dei servizi.

7.11 Reclutamento e formazione del personale. Infine è opportuno richiamare l’attuale criticità legata alle risorse umane e alla loro formazione. Le difficoltà comuni a tutte le Aziende Socio-sanitarie di reperire sul mercato medici specialisti, personale infermieristico, personale tecnico e di assistenza (OSS), infatti, è estremamente acuta nell’Ulss n.1 soprattutto nelle aree periferiche. Rispetto alle ricadute organizzative e gestionali di tali difficoltà si segnala, quindi, il perseguimento di 2 obiettivi prioritari: - la presenza dell’Ulss n.1 (Ospedale S. Martino) quale nodo della formazione specialistica post-laurea all’interno dell’intesa Regione -Università; - il potenziamento dell’attività formativa, già in parte attivata in collaborazione con l’Ulss n.2 di Feltre, riferita alle professionalità infermieristiche.

Occorre però che si realizzino percorsi formativi adeguati, anche a favore di figure con specialità non mediche per interventi ponte come richiesto anche dalla Unione Europea. Serve quindi un potenziamento di organico e di sistema che è quindi un problema di riorganizzazione delle competenze professionali piuttosto che un problema di assunzioni.

7.12 Dipartimenti amministrativi. In ambito tecnico-amministrativo, invece, si è consolidato il processo di progressiva riorganizzazione dei servizi amministrativi, finalizzati a improntarne la relativa attività a criteri di efficienza, efficacia ed economicità. Con tali criteri sono state poste le basi, anche operative, che hanno portato alla definizione all’interno dell’Atto Aziendale, di due dipartimenti “Gestione risorse umane” ed “Economia e finanza” al fine di verificare e rendere funzionale ai servizi da erogare la migliore utilizzazione del personale tecnico-amministrativo e delle risorse a disposizione. Risulta, però, evidente che anche la struttura tecnico-amministrativa, essendo a supporto di quella sanitaria, risente direttamente della distribuzione capillare sul territorio di quest’ultima. Se da un lato, infatti, investimenti tecnologici e di reingegnerizzazione organizzativa hanno permesso di compattare l’attività soddisfacentemente in termini quali-quantitativi, da un altro non è possibile centralizzare tutta l’attività tecnico-amministrativa a scapito della garanzia dei livelli essenziali di supporto nelle sedi periferiche.

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

37 Documento sul PSSR della Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno – PSSR 2011 - ottobre 2011

8. Area vasta. In questi ultimi anni l’Ulss n.1 di Belluno ha dato avvio ad un processo di collaborazione ed integrazione a livello provinciale e interprovinciale (Area Vasta) che ha consentito la realizzazione di alcune economie di scala suggerite dalla Regione Veneto, attraverso:

a) l’attivazione del Centro Unico di Prenotazione con l’Azienda Ulss n.2 di Feltre; b) la realizzazione di procedure d’acquisto in comune con l’Ulss n.2 di Feltre, oltre alla

partecipazione agli acquisti centralizzati su scala regionale, anche grazie alla recente condivisione del dirigente amministrativo responsabile del Dipartimento Inter-aziendale per l’acquisizione, organizzazione e gestione delle risorse materiali;

c) l’integrazione dello sviluppo tecnologico ed informatico grazie alla condivisione della dirigenza tecnica nell’area del sistema informativo che ha permesso una comune pianificazione e sviluppo dei relativi interventi;

d) il progetto comune di telemedicina che riguarda lo sviluppo dell’ingegneria clinica e dei sistemi informatici di supporto.

e) la ricerca di sinergie con l’Ulss n.2 di Feltre nei servizi logistici e nelle attività formative relative alle professionalità infermieristiche e OSS – operatori socio sanitari.

Siamo del parere che oggi sia indispensabile attuare un modello che mantenga le eccellenze già presenti nel territorio provinciale, proprio per andare nella direzione che consideri l'area vasta di riferimento tutta la provincia di Belluno. Ciò significa costruire una rete ospedaliera provinciale complementare fra le due Ulss provinciali che si vedono compartecipi di un unico progetto di sanità di montagna che risponda alle vere necessità di salute della sua popolazione. Vanno quindi abbandonate le battaglie di retroguardia per intraprendere, assieme, un percorso di proposte innovative partendo dalla valorizzazione delle eccellenze esistenti in entrambe le due Ulss. Siamo infatti convinti che sia giunto il momento che le due comunità siano in grado di siglare un PATTO fondato sulla chiara reciprocità e lealtà tra le comunità, tutelandone le peculiarità di ciascuna, integrandosi per attuare un modello di sanità pubblica da proporre con orgoglio come modello di sanità di montagna. Solo così garantiremo la sopravvivenza degli ospedali di Belluno e Feltre, oltre che degli attuali ospedali di vallata. Tenendo conto delle potenzialità esistenti nelle due Ulss provinciali ci permettiamo di evidenziare alcuni ambiti caratterizzanti la sanità del nostro territorio provinciale e che ovviamente andranno approfonditi in sede tecnica prima e politica poi nei percorsi di integrazione e complementarietà che si auspica possano concretamente essere attivati al più presto:

− oncologia, (visto il più alto indice di neuplasie del Veneto e d'Europa); le strutture dell'hospice con la rete delle cure palliative e la chirurgia elettiva, oltre che la formazione in campo infermieristico a Feltre;

− il servizio di riabilitazione funzionale, nonché del modulo di riabilitazione cardiologica di Lamon;

− angioplastica primaria, neurochirurgia, neuroradiologia, malattie infettive e radioterapia a Belluno;

− osteomielite e traumatologia a Cortina d'Ampezzo; − centro alcologico ad Auronzo di Cadore; − ortopedia (protesi e trapianti cartilagine, chirurgia del ginocchio, anca e spalla) e chirurgia

vascolare ad Agordo; − attività di procreazione medico assistita ed elisoccorso a Pieve di Cadore.

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

Documento “Una provincia di montagna, una sanità di montagna”

ALLEGATO N. 1 Le firme dei sindaci e dei portatori di interesse

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Il Documento è sottoscritto dai rappresentanti dei Comuni : NOME E COGNOME COMUNE INCARICO

Andrea Franceschi Cortina d'Ampezzo Sindaco

Angelo Paganin Belluno Assessore

Antonio Prade Belluno Sindaco

Luca De Carlo Calalzo di Cadore Sindaco

Renata Dal Farra Limana Assessore

Sisto Da Roit Agordo Vicesindaco

Giuseppe Belfi Borca di Cadore Vice Sindaco

Roberto Bacchilega Lorenzago di Cadore Assessore

Daniele Zandonella Comelico Superiore Assessore

Mariapia Chitano Valle di Cadore Consigliere

Maria Antonia Ciotti Pieve di Cadore Sindaco

Alessandra Buzzo Santo Sfefano di Cadore Sindaco

Andrea Fiori S. Vito di Cadore Sindaco

Bruno Savaris Valle di Cadore Sindaco

Carmen Stabile Perarolo di Cadore Assessore

Gianluca Masolo Vodo di Cadore Sindaco

Stefano Murer Falcade Sindaco

Claudio Sorarui Livinallongo Vice Sindaco

Oscar Troi Colle S.Lucia Sindaco

Patrizia Gabrieli Rocca Pietore Vice Sindaco

Romeo Zanicolo Selva di Cadore Consigliere

Daniela Coden Chies d’Alpago Vice Sindaco

Chiara Fistarol Pieve d’Alpago Assessore

Paolo Vendramini Ponte nelle Alpi Vice Sindaco

Ali Chreyha Longarone Assessore

Roberto Molin Pradel Zoldo Alto Sindaco

Rinaldo Atto Tambre d’Alpago Vice Sindaco

Camillo De Pellegrin Forno di Zoldo Sindaco

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Il Documento è sottoscritto dai rappresentanti dei Portatori d’interesse : NOME E COGNOME ASSOCIAZIONE INCARICOOttorina Bompani CITTADINANZA ATTIVA E

TRIBUNALE DEL MALATO COORDINATRICE

Tiziana Bolla NUOVI TRAGUARDI PRESIDENTE

Giorgio Zampieri COMITATO D’INTESA TRA LE ASSOCIAZIONI VOLONTARISTICHE DELLA PROVINCIA DI BELLUNO

PRESIDENTE

Nadia dell’Agnola CUCCHINI AGORDO PRESIDENTE

Edoardo Comiotto CONFAGRICOLTURA BELLUNO

DIRETTORE

Pier Giorgio Olivieri A.V.O. PRESIDENTE

Marco Mognol CONSULTA GIOVANI ALPAGO

PRESIDENTE

Luigi Pais De Mori COLLEGIO IPASVI PRESIDENTE

Renato Bressan Anna Orsini Massimiliano Piccolo

SINDACATI CGIL-CISL-UIL SEGRETARI GENERALI: CGIL CISL UIL

Valeria Antoniacomi COMITATO PER LA SANITA’ PIEVE DI CADORE E VALBOITE

PRESIDENTE

Carmen Dal Farra AMaRV Referente Provinciale

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

Documento “Una provincia di montagna, una sanità di montagna”

ALLEGATO N. 2 Elenco e date di tutti gli incontri fatti a livello di Ulss e all’interno di ogni Distretto

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Allegato 2 - Elenco e date di tutti gli incontri f atti a livello di Ulss e all’interno di ogni Distre tto

Incontri generali a livello Ulss

Portatori di interesse coinvolti -invitati

16 maggio 31 maggio 21 giugno segreterie provinciali sindacati (CGIL, CISL, UIL) e segreterie provinciali SPI

(CGIL, CISL, UIL) 23 giugno organizzazioni di volontariato in ambito ospedaliero e sociosanitario 11 luglio Incontro dell’Esecutivo della Conferenza Sindaci 13 luglio Associazioni di categoria (ASCOM, APPIA, Unione Artigiani) 15 luglio Incontro della Conferenza Sindaci 20 luglio Collegio di Direzione dell’Ulss 1 Belluno 2 agosto Associazioni di Agricoltori 2 agosto Consulte giovanili 9 agosto 17 agosto 30 agosto 15 settembre 16 settembre Comitati della salute pubblica di Agordo, Cortina, Feltre e Pieve di Cadore 27 settembre Audizione in 5° Commissione Consiliare Regionale 5 ottobre Portatori interesse per firma e presentazione documento

Incontri Distretto n.1

Portatori di interesse coinvolti-invitati

8 giugno 14 giugno 21 giugno 16 agosto 23 agosto 3 incontri ad agosto

Operatori sanitari e sociali a Borca di Cadore e Pieve di Cadore

12 settembre 30 settembre Comitati della salute pubblica di Agordo, Cortina, Feltre e Pieve di Cadore

Incontri Distretto n.2

Portatori di interesse coinvolti-invitati

27 aprile Incontro con il Comitato Sindaci Distretto n.2 e la Direzione Strategica dell’Ulss 1

7 maggio Figure professionali agordine 20 maggio Associazioni e forze politiche locali 26 maggio Comitato Ospedale Cortina 8 giugno Comitato dei Sindaci di Distretto n.2 10 giugno Gruppi giovanili e consulte��21 giugno Gruppi giovanili e consulte 22 luglio 5 agosto Gruppi giovanili e consulte 11 agosto Figure professionali agordine 23 agosto 10 settembre Gruppi giovanili e consulte 30 settembre Comitati della salute pubblica di Agordo, Cortina, Feltre e Pieve di Cadore

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Incontri Distretto n.3

Portatori di interesse coinvolti-invitati

9 giugno 20 giugno Associazioni ed operatori sanitari dell’Alpago 8 agosto Operatori sociali e sanitari 12 agosto Operatori sociali 18 agosto Operatori sanitari 19 agosto Operatori sanitari 26 settembre Operatori sanitari 30 settembre Comitati della salute pubblica di Agordo, Cortina, Feltre e Pieve di Cadore

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

Documento “Una provincia di montagna, una sanità di montagna”

ALLEGATO N. 3 Elenco dei partecipanti del Gruppo di Lavoro sulla Sanità dell'Ulss n. 1 di Belluno

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Membri dell’Esecutivo della Conferenza Sindaci Ulss 1 e membri dei Gruppi di Lavoro

Membri Gruppo di Lavoro Distretto n.1 Cadore �

- �

Membri Gruppo di Lavoro Distretto n.2 Agordino

Nome Cognome Ruolo Comune

Andrea Franceschi Sindaco e Componente dell’Esecutivo della Conferenza Cortina d'Ampezzo

Angelo Paganin Assessore e Componente dell’Esecutivo della Conferenza Belluno

Luca De Carlo Sindaco e Componente dell’Esecutivo della Conferenza Calalzo di Cadore

Renata Dal Farra Assessore e Componente dell’Esecutivo della Conferenza

Limana

Sisto Da Roit Vicesindaco e Componente dell’Esecutivo della Conferenza

Agordo

Nome Cognome Ruolo Comune

Giuseppe Belfi Vice Sindaco Borca di Cadore

Roberto Bacchilega Assessore Lorenzago di Cadore

Daniele Zandonella Assessore Comelico Superiore

Mariapia Chitano Consigliere Valle di Cadore

Maria Antonia Ciotti Sindaco Pieve di Cadore

Alessandra Buzzo Sindaco Santo Sfefano di Cadore

Teo Doriguzzi Assessore Santo Sfefano di Cadore

Bruno Savaris Sindaco Valle di Cadore

Carmen Stabile Assessore Perarolo di Cadore

Nome Cognome Ruolo Comune

Stefano Murer Sindaco Falcade

Claudio Sorarui Vice Sindaco Livinallongo

Patrizia Gabrieli Vice Sindaco Rocca Pietore

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Membri Gruppo di Lavoro Distretto n.1 Bellunese �

Nome Cognome Ruolo Comune

Daniela Coden Vice Sindaco Chies d’Alpago

Chiara Fistarol Assessore Pieve d’Alpago

Paolo Vendramini Vice Sindaco Ponte nelle Alpi

Ali Chreyha Assessore Longarone

Roberto Molin Pradel Sindaco Zoldo Alto

Camillo De Pellegrin Sindaco Forno di Zoldo

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

Documento “Una provincia di montagna, una sanità di montagna”

ALLEGATO N. 4 Documenti che ci hanno inviato/consegnato i vari po rtatori di interesse

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ONLUS

Via Carducci n. 8 – 32100 BELLUNO E-MAIL- [email protected] Tel. E Fax sede 0437-291073 – cell. 347-7300738

Oggetto: incontro con il Gruppo di Lavoro della Conferenza Sindaci sulla sanità dell’Ulss n. 1 di Belluno.

Sono stata soddisfatta dell’incontro con il gruppo di lavoro della conferenza sindaci sulla sanità della ULSS n. 1 di Belluno. Con la presente vorrei suggerire agli addetti a questo lavoro alcuni punti da tenere conto sul nuovo piano socio Sanitario.

1) Oltre il budget, bisogna avere come punto di riferimento la centralità della persona, di patologie più o meno grave.

2) l’umanizzazione – vedere il paziente non come numero, ma come essere umano, curarlo, cioè avere attorno a sé personale qualificato.

3) Liste d’attesa – non compatibili con l’esigenza dei pazienti.

4) Codici di riferimento non rispettati oppure, i pazienti vengono inviati nel reparto dove dovrebbero effettuare la prestazione, la segreteria del reparto fa la fotocopia della prescrizione del medico di base e al paziente viene detto che sarà richiamato, ma non si sa quando! Perché la prescrizione deve essere vista dallo specialista e stabilire se è giusto o meno la visita e se il codice indicato dal medico di base è appropriato. Questo è uno dei punti che mi trovo quasi giornalmente a dover affrontare.

Mi domando : se il medico di base indica la “ B “ già dal CUP dovrebbero stabilire entro 10 giorni la visita. Come ho già fatto presente sia alla Direzione Generale dell’USSL n. 1 di Belluno che all’assessore alla sanità della regione Veneto. Inoltre il problema maggiore che la popolazione ha è quello di vedere depotenziare l’ospedale San Martino di Belluno per privilegiare gli ospedali della pianura. L’associazione Cittadinanzattiva – Tribunale per i Diritti del Malato tocca con mano i problemi che giornalmente i pazienti debbono affrontare, con questo non intendo dire che in ogni paese ci debba essere un ospedale, anzi sono completamente contraria ad avere doppioni nella stessa USSL n. 1 , invece ritengo utile potenziare molto di più l’ospedale di riferimento

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cioè quello di Belluno in modo che chi abita a Belluno e dintorni non debba andare fuori provincia. A questo proposito parliamo dell’Emodinamica : non sono affatto d’accordo che una sala di Emodinamica come questa di Belluno debba funzionare solo 12h e non 24h, forse perché si è preferito far funzionare di più Conegliano ? a discapito di Belluno; è evidente che se mandiamo i pazienti altrove i numeri per la casistica saranno sempre inferiori per l’ospedale di Belluno. Si ritorna a ripetere sempre la stesse cose, la situazione geografica della provincia di Belluno è evidente diversa da quella di Treviso, ecco un motivo valido in più per potenziare l’Emodinamica dell’ospedale San Martino di Belluno che accoglie tutte le vallate limitrofe in caso di persone infartuate. Gli ospedali di Agordo e Pieve di Cadore dovrebbero diventare sempre di più di pronto soccorso ed emergenza attrezzati con una sala operatoria. Su un’altra cosa dove il sistema socio sanitario è deficitario è l’assistenza territoriale, se è vero che la vita si è allungata la sanità deve dare qualità agli anni di vita, perché non ci sono solo patologie acute ma anche croniche, e bisogna investire molto su questo settore territoriale. Vorrei dire che chi amministra i beni pubblici dovrebbe sempre rendere conto ai cittadini di come i soldi vengono utilizzati. E’ facile tagliare i servizi, ma perché ci deve rimettere sempre il cittadino? Parlo del cittadino debole e non di quei cittadini che si sanno difendere da soli. Anche la nostra associazione Cittadinanzattiva – Tribunale per i diritti del Malato mette in evidenza ciò che non va, ma molte volte evidenziamo anche ciò che è positivo. Non posso far a meno di evidenziare quello che è stato fatto tra Cittadinanzattiva e il reparto della chirurgia dell’ospedale San Martino di Belluno. Il progetto che è partito a settembre 2010 e che si è concluso a dicembre 2010 ha visto la partecipazione tramite la compilazione del questionario di 110 utenti. Il questionario era incentrato su tre aspetti: 1 ) rapporti umani 2 ) servizi sanitari 3 ) accoglienza Per quanto riguarda i rapporti umani gli utenti hanno risposto positivamente per il 100%. Per quanto riguarda i servizi il 70% si è detto soddisfatto, mentre per la programmazione del ricovero, l’accoglienza all’ingresso i servizi di segreteria, le risposte positive sono state al 100%. Risultati quindi più che soddisfacenti per il reparto diretto dal Dottor Fabio Ricagna che ha adottatola “ Carta della Qualità in Chirurgia”.Il progetto è ispirato ai 14 diritti della “ Carta Europea del Malato “ promossa da Cittadinanzattiva.E’ con molto piacere che possiamo affermare che il reparto di chirurgia dell’ospedale San Martino di Belluno è un reparto ben diretto e organizzato che svolge la propria attività in maniera positiva e con il coinvolgimento di tutto il personale.

Cordiali saluti.

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A:Ma.R.V. Associazione Malati Reumatici del Veneto Sede Regionale - P.le S.L. Giustiniani, 6 – 30174 Mestre VE – Tel 0415040987

Sede Provinciale – via del Piave 5 c/o Casa del Volontariato – 32100 Belluno - tel 0437/25775 Apertura sportello provinciale venerdì dalle 15.30 alle 17.00

AMARV Associazione Malati Reumatici del Veneto ONLUS Sezione di Belluno

SINTESI DEI BISOGNI E DELLE CRITICITÀ EMERSI NEL TERRITORIO BELLUNESE RIGUARDO LE

PATOLOGIE REUMATICHE

• TEMPISTICA DELLE PRIME VISITE REUMATOLOGICHE: liste di attesa troppo lunghe rispetto al bisogno di diagnosi e quindi di cure adeguate tempestive;

• TEMPISTICA DELLE VISITE DI CONTROLLO REUMATOLOGICHE: tempi di attesa eccessivi rispetto al bisogno di gestione che la malattia impone;

• TEMPISTICA VISITE FISIATRICHE: liste di attesa inadeguate per dare risposte in tempi utili alla gestione della malattia reumatica;

• MANCANZA DI PERCORSI DI ATTIVITA’ MOTORIA ripetibili sistematicamente, a fini conservativi delle capacità residue e preventivi di ulteriori danni patologici;

• ISTITUZIONE TEAM DI VALUTAZIONE DELLA MALATTIA REUMATICA MULTIDISCIPLINARE;

• PRESCRIZIONE FARMACI BIOLOGICI PRESSO L’OSPEDALE DI BELLUNO;

• SOMMINISTRAZIONE FARMACI BIOLOGICI A PIEVE DI CADORE, AGORDO E FELTRE;

• MANCANZA DEL MEDICO SPECIALISTA REUMATOLOGO nelle commissioni di invalidità civile;

• GIUDIZI DI IDONEITA’ AL LAVORO/ALLA MANSIONE:mancano della specifica delle capacità residue del lavoratore, rendendo mortificante per quest’ultimo e complicato per il datore di lavoro l’adeguamento e/o ricollocazione in ambito lavorativo;

• FORMAZIONE SPECIFICA MEDICI MEDICINA GENERALE;

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A:Ma.R.V. Associazione Malati Reumatici del Veneto Sede Regionale - P.le S.L. Giustiniani, 6 – 30174 Mestre VE – Tel 0415040987

Sede Provinciale – via del Piave 5 c/o Casa del Volontariato – 32100 Belluno - tel 0437/25775 Apertura sportello provinciale venerdì dalle 15.30 alle 17.00

• SINERGIA TRA ULSS 1 E 2 PER GESTIONE DEI SERVIZI RIVOLTI AI MALATI REUMATICI

IPOTESI/suggerimenti LISTE DI ATTESA PER VISITE REUMATOLOGICHE Aumentare le ore di ambulatorio dedicate, investire risorse in formazione specifica dei Medici di Medicina Generale a supporto della gestione costante della malattia reumatica. LISTE DI ATTESA PER VISITE FISIATRICHE Predisporre percorso “veloce” dedicato ai malati reumatici per accesso alla visita affinché il tempo di valutazione corrisponda all’esigenza della patologia e permetta interventi tempestivi di prevenzione e mantenimento, evitando la successiva incidenza di costi e prestazioni certamente più impegnativi, sia per il malato che per il sistema sanitario, a causa di accesso tardivo alla riabilitazione. PERCORSI ATTIVITA’ MOTORIA 1. Accesso veloce al medico reumatologo o al fisiatra per prescrizione di

percorsi di riabilitazione e attività motoria adattata;

2. Abilitare/convenzionare/autorizzare soggetti adeguatamente formati ed attrezzati già presenti nel territorio provinciale a fornire prestazioni

di riabilitazione ed attività motoria (Centri per gli Anziani, palestre, piscine, professionisti).

SOMMINISTRAZIONE FARMACI BIOLOGICI A PIEVE DI CADORE, AGORDO, FELTRE

1. Individuazione di team medico specialistico che a cadenza regolare si sposta presso i presidi diversi dall’Ospedale S.Martino per la somministrazione dei farmaci biologici (sull’esempio del team specialistico di neurochirurgia già presente al S.Martino di Belluno).

INSERIMENTO E SOPRATTUTTO AFFIANCAMENTO DEL MALATO REUMATICO IN ETA’ LAVORATIVA

1. Inserimento del medico reumatologo nelle commissioni per l’idoneità lavorativa con specifica accurata delle capacità residue del lavoratore,

sia per quanto riguarda la mansione propria che la capacità lavorativa

residua generale;

2. Creazione di “percorsi/strategie”cuscinetto” per sostenere il malato reumatico a fronte della difficoltà e/o impossibilità a sostenere una

settimana lavorativa a tempo pieno.

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A:Ma.R.V. Associazione Malati Reumatici del Veneto Sede Regionale - P.le S.L. Giustiniani, 6 – 30174 Mestre VE – Tel 0415040987

Sede Provinciale – via del Piave 5 c/o Casa del Volontariato – 32100 Belluno - tel 0437/25775 Apertura sportello provinciale venerdì dalle 15.30 alle 17.00

L’utilizzo della L.104/92 sembra risultare talvolta insufficiente da questo punto di vista (3 giorni al mese sono , per qualche malato reumatico in relazione al proprio decorso patologico, insufficienti per poter “sopportare” l’intera settimana lavorativa dal punto di vista delle risorse fisiche residue), obbligando il lavoratore ad una gestione “a strappo”: presente in servizio a tempo pieno finchè riesce a reggere e poi malattia, con effetti collaterali importanti sulla gestione della patologia, che in questo modo alterna periodi di sovraccarico a periodi di inattività, entrambi inopportuni in termine di corretta gestione delle risorse residue. Bisogna tenere anche presente lo sbarramento in termini di giiorni di malattia contrattualmente possibili e delle decurtazioni economiche in relazione alla fascia di comporto per assenza raggiunto. E’ da tenere presente che l’uso del part time – ammesso sia fruibile dal punto di vista aziendale – può essere certamente considerato risorsa positiva, ma va ad incidere sulle risorse economiche del soggetto lavoratore, già utilizzate in modo impegnativo per la gestione della patologia reumatica (farmaci costosi, terapie continuative, esami, visite).

3. Creazione di protocollo (presso il SIL?) di riferimento per una gestione sinergica dei lavoratori attivi affetti da patologie reumatiche

particolarmente invalidanti e degenerative, al fine di creare percorsi virtuosi per l’utilizzo della risorsa lavorativa nell’ottica del mantenimento in servizio fintanto che il soggetto è portatore di capacità lavorativa, seppur residuale rispetto alla piena funzionalità. Ciò allo scopo di utilizzare tutte le risorse lavorative utili, per la quantità di tempo e di carico di lavoro compatibile con il decorso della patologia, nell’ottica che esercitare la propria professione ed attività lavorativa fa parte del percorso di cura e mantenimento del malato reumatico. Ciò assicura un risparmio certo in termini di costi assistenziali nel medio lungo periodo e la prevenzione/limitazione di situazioni di disagio e/o emarginazione lavorativa e sociale dovute alla progressiva perdita di capacità ed autonomia del lavoratore.

SINERGIA TRA ULSS 1 E 2 Rendere fruibili a tutti gli assistiti dal SSN i servizi mirati ai

malati reumatici, senza limite di ULSS al fine di evitare doppioni inutili dal punto di vista logistico ed economico e la dispersione di risorse specialistiche.

Belluno 22 giugno 2011

AMaRV – Sez. di Belluno La Referente Provinciale

Carmen Dal Farra

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Federazione Provinciale Coldiretti di Belluno

Viale Fantuzzi 17 - 32100 BELLUNO - CF 80003610252 TEL. 0437.949640 FAX 0437.944339

E-mail: [email protected]

Belluno, 08 agosto 2011

Al Sig. Presidente della Conferenza dei Sindaci

USL n° 1 di Belluno

OGGETTO: PROPOSTE P.S.S.R. Veneto

Come da Sua richiesta la scrivente Federazione Provinciale Coldiretti ha predisposto questo documento su cui discutere riguardo la tematica di cui all oggetto:

Salvaguardare i piccoli Ospedali di Montagna

ambiente e nel

valorizzazione delle attività tradizionali. Ma proprio questa agricoltura è a rischio se assieme allo sviluppo aziendale non si assiste ad un analogo sviluppo dei servizi socio-

Salvaguardare quindi i piccoli ospedali di montagna alla luce del nuovo Piano Socio-Sanitario Regionale, puntando nello stesso tempo sulla qualità e sulla sicurezza dei sche ci dobbiamo dare.

Le piccole realtà territoriali, come quelle rurali e montane, sono a rischio su tutto il fronte dei servizi essenziali, per questo Coldiretti Belluno chiede alla Regione per tramite di questa Conferenza dei Sindaci, di tenere in considerazione la specificità dei bisogni di salute e di assistenza, garantendo il buon funzionamento e la sicurezza delle piccole strutture ospedaliere già presenti, che in questi anni sono diventate un punto di riferimento indispensabile per i cittadini della montagna.

Questi alcuni dei punti:

- bloccare eventuali meccanismi di smantellamento o di ridimensionamento delle strutture ospedaliere già esistenti;

- definire insieme le funzioni ed i criteri di valutazione sulla qualità e sulla sicurezza dei piccoli ospedali, tenendo in considerazione anche delle difficoltà ambientali, oltre chedello stato complessivo dei servizi della zona (come, ad esempio, la valutazione dei tempi di percorrenza);

- i servizi dei

Certi di aver fatto cosa gradita porgo distinti saluti

Il Presidente

Silvano Dal Paos

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Prot. 412/2011

Incontro con il GdL della Conferenza Sindaci sulla sanità dell’Ulss n.1 del 23.6.2011

Alcune considerazioni: Il nostro è un territorio complesso e sicuramente non si può pensare alla nostra provincia con una visione mutuata dalla pianura. La nostra è una provincia con tanta superficie, ma per la maggior parte di montagna: l'area sotto i 500 metri di altitudine è una piccola parte, ma ospita la maggior parte dei residenti; La densità della popolazione è di abitanti 58,1 al Kmq (Padova 433,2; Treviso 356,9 Rovigo 138,2; Venezia 348,2; Vicenza 317,9; Verona 293). Dobbiamo tener conto che la popolazione bellunese è invecchiata, si è rovesciato il rapporto giovani/anziani e manca di forze per progettare il futuro. Anche le famiglie diventano sempre meno numerose creando problemi per gli anziani e per i giovani, mettendo in crisi le strutture dei servizi sociali, l'equilibrio delle famiglie, la coesione delle comunità. L'importante è non rassegnarsi e avere un progetto condiviso attorno a cui lavorare e la possibilità di gestire con la nostra ottica le risorse disponibili, i servizi alla persona, la sanità e i servizi sociali. Prendiamo un esempio: i dati con molta chiarezza dicono che la sanità in montagna costa mediamente il 25% in più rispetto alla pianura. In termini economici questo significa portare a casa alcune centinaia di milioni di euro all'anno da gestire nelle vallate, garantendo una sanità equiparabile a quelle della pianura e quindi con la salvaguardia delle specializzazioni, gli ambulatori nei paesi, il trasporto degli anziani, l'assistenza sociale. La Regione ci assegna le risorse del 5%, quanta è la popolazione del territorio bellunese rispetto alla regione, ma abbiamo il 20% del territorio da governare, il 20% di territorio da infrastrutturare, il 20% di territorio da gestire. Se vogliamo una montagna viva abbiamo bisogno di tenere la gente in montagna e per tenere la gente in montagna bisogna decentrare i servizi. Questa è una preoccupazione che i responsabili politici non dovrebbero mai dimenticare. E' importante si confermi il tavolo di concertazione con le forze sociali, economiche e politiche portando a conoscenza di tutti, dati certi sulle risorse disponibili e confrontarsi anche con la Ulss2. Sapere quale è la volontà politica in merito a possibili dislocazioni di strutture di eccellenze che, senza una ferma volontà locale comporteranno il passaggio ad altre aree vaste Belluno su Treviso e Feltre con Castelfranco. Contemperare le esigenze, superare con intelligenza le contrapposizioni

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ancorché legittime e giustificate ma che solo con un progetto e un percorso di uniti sarà possibile raggiungere.

Osservazioni sul piano socio-sanitario regionale 20 11-2013

• Gli obiettivi sono indicati solo in termini qualitativi. In diverse parti si fanno riferimenti generici al problema della sostenibilità. Esempi: • le misure previste dalla manovra finanziaria […] potrebbero condizionare il mantenimento delle attuali standard quali - quantitativi dell'assistenza socio-sanitaria regionale, • tenute presenti le risorse ivi disponibili», p. 28; forme di compartecipazione alla spesa per alcune tipologie di servizi e per alcune categorie di cittadini», p. 47; • tutti questi condizionamenti riducono la significatività e le garanzia del contenuto; • il documento sottolinea il ruolo del volontariato, evidenziandone il «contributo rilevante in ambiti non sempre efficacemente presidiati dall'intervento pubblico»; • ma mancano adeguate regole di rappresentanza del volontariato e degli altri soggetti non istituzionali, come condizione per forme di concertazione più strutturate e sistematiche; • il volontariato è definito come "raccordo e consultazione" e questo è un arretramento poco comprensibile rispetto alle linee guida 2010 per la formazione dei piani di zona in cui la partecipazione del volontariato viene definita con l'espressione "concertazione", ben altrimenti impegnativa.

Un’ulteriore criticità è rappresentata dal processo di valutazione È necessario per migliorarne l’efficacia e l’efficienza, che l'analisi sia estesa con periodici incontri e con specifiche metodologie di valutazione dei risultati, ai cittadini e ai soggetti non istituzionali (il volontariato e tutti i corpi sociali) in un processo di programmazione partecipata

Sempre sul PSSR Area anziani – La visione che sembra emergere è quella tradizionale della "problematicità" della condizione dell'anziano. A questa visione va affiancata quella dell'anziano come “risorsa”, l'auto-organizzazione degli anziani, ridare agli anziani un ruolo attivo nella società

Area disabilità – La condizione del disabile e la sua possibilità di accedere ai servizi variano in maniera considerevole a seconda del luogo di residenza e non è quindi equo. Vanno definiti criteri di omogeneità dell'offerta dei servizi e delle condizioni economiche degli stessi (ISEE)

Area delle dipendenze – Definito in modo puntuale «il sostegno costante alla rete del volontariato dedicato, soprattutto nell'area alcologica, per potenziare la rete dei gruppi di auto-mutuo aiuto operanti nel territorio regionale; preoccupa la tendenza a non garantirne il sostegno o confermarlo. E i piani di zona 2011-2015 non sembrano avere invertito la tendenza?

Area della salute mentale – I principi indicati nel documento appaiono largamente condivisibili; – c’è l'esigenza dell'applicazione del progetto obiettivo salute mentale (posm) e di destinare effettivamente all'area della salute mentale il 5% delle risorse di bilancio regionale per la sanità come da obiettivo

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Dai Piani di zona alcune sottolineature

Area disabilità Viene confermato l’orientamento adottato da parte dell’ULSS rispetto ai Progetti di Vita Indipendente, da non considerare come meri contributi economici ma come aiuto per sostenere esperienze di autonomia e protagonismo della persona disabile nella comunità di vita. Resta, tuttavia, il limite dell’esiguità dei fondi insufficienti per consentire la realizzazione di percorsi significativi in questo senso. Progetti previsti nel P.d.Z da concretizzare:

- ristrutturazione Casa del Sole con possibilità per persone con disabilità fisica di usufruire di alloggi senza barriere architettoniche e protetti per esperienze di autonomia;

- messa in rete dell’appartamento domotizzato presso la Casa del Volontariato del Comitato d’Intesa/C.S.V

Rispetto all’integrazione sociale e scolastica dei minori: bene si sia di recente preso nuovamente in esame il “Progetto Accoglienza”, già previsto nel PdZ precedente, che coinvolge i reparti di Pediatria, i Servizi Territoriali e le Associazioni di riferimento; e il Progetto “Uno Sguardo Oltre la Scuola” che con proficue collaborazioni interviene nell’alternanza scuola-lavoro, Mancano contenitori adeguati alle esperienze di alternanza scuola lavoro, cioè le realtà produttive.

Area Immigrazione Priorità - Bisogni consolidati e richiamati. Migliorare la conoscenza della lingua Italiana tra i cittadini stranieri residenti; Conoscenza dei diritti e doveri costituenti la cittadinanza delle persone immigrate e anche dei residenti e la conoscenza dell’ordinamento giuridico italiano e regionale; Inserimento positivo dell’immigrato nella comunità locale come titolare di diritti e di doveri; Maggiore conoscenza della rete dei servizi socio-sanitari territoriali.

Area inclusione sociale non inserita nel PDZ che ri proponiamo Attivare una sorta di “camera di compensazione” in cui gli enti che hanno competenze specifiche, anche indirette, in materie che possono essere attinenti alla vita delle persone in situazioni di disagio (reddito, lavoro, abitazione, salute, ecc) possano trovare un momento unico di analisi del bisogno specifico al fine di pensare a, e organizzare una, risposta.

Area anziani: domiciliarità Potenziamento dei ricoveri temporanei a sostegno della domiciliarità Proporre il Progetto Anna Vienna (dedicato agli anziani ultrasettantacinquenni condiviso dal Comune di Belluno, dalla Ser.sa. e dal volontariato) ad altre realtà del territorio con il coinvolgimento del volontariato locale e degli enti. Nuovi centri diurni nelle zone con strutture carenti del servizio e alloggi protetti in alternativa alla Casa di Riposo per tipologia di utenza particolare (soggetti con problemi di dipendenza o per persone che vivono in case non idonee specialmente nel periodo invernale).

Per concludere è importante focalizzarsi sul principio di sussidiarietà, non sempre inteso

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correttamente. La caratterizzazione dei rapporti tra volontariato e organizzazioni pubbliche (art. 118 della Carta Costituzionale) delinea un quadro in cui le odv svolgano un ruolo di servizi e attività in cooperazione in un clima di reciproco riconoscimento. Tale processo da parte delle odv si è però spesso connotato sul “fare” e le PA spesso hanno visto più l’opportunità di mantenere attivi i servizi, comprimendo i costi e migliorandone l’immagine pubblica. Si sono affermati modelli di supplenza relegando le associazioni a ruolo di prestatore d’opera e questo non è corretto, pur rispettando le PA e le associazioni che hanno come propria vocazione il servizio. Credo vada sviluppata una riflessione affinchè la presenza del volontariato non diventi sostitutiva, sovrapposta o supplente del pubblico ma piuttosto si trovino i modi di cooperare con il riconoscimento di eguale dignità. La PA ha il ruolo di garantire la risposta e la soddisfazione dei bisogni e il compito di vigilanza, di garanzia e di responsabilità. Ma è fondamentale ci sia un rapporto che preveda il volontariato non solo come erogatore di servizi ma parte integrante della gestione di un sistema facendolo partecipare alla progettazione e alla verifica dei servizi stessi.

L’auspicio finale è quello di condividere una proposta: creare un ufficio del volontariato locale con una nuova fisionomia, più adatta a seguirne le attività e le evoluzioni, meno limitata di quella attuale perchè è una realtà importante. Un ufficio con un registro provinciale autonomo del volontariato trasferendo competenze e risorse ora delegate alla Regione.

Giorgio Zampieri Presidente Comitato d’Intesa e CSV di Belluno

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COMUNE DI LONGARONE – ASSESSORE AI SERVIZI SOCIALI

Premessa

La montagna è stata negli ultimi cinquant’anni “pia llata” di tutte le sue risorse, senza alcun beneficio per i territori. Ma senza servizi, in montagna, diventa complesso e difficile parlare di sviluppo. «Poste Italiane ha tolto i suoi uffici –– i negozi hanno chiuso, le scuole e gli ospedali oggi sono oggetto di continui tagli. La montagna si è piegata alle logiche economiche troppe volte, e questa volta dice “basta”. Non ancora una volta vuole fare le spese dei bilanci in rosso dell’intera collettività». Per le “aree a domanda debole”, come viene considerata la montagna, servono iniziative politiche speciali, leggi che semplifichino la burocrazia e, per gli ospedali, un’analisi diversa del territorio.

Affinché si vada oltre la logica dei numeri e dei tagli nelle aree montane, sul tavolo, prima di effettuare tagli a scuole e ospedali, è opportuno verificare gli effettivi vantaggi e i “costi” che lechiusure e i ridimensionamenti comportano per le comunità locali. Immaginiamo siano immensi e fonte di crisi per i territori montani che cercano con determinazione nuove frontiere di sviluppo. L’Italia spende per la sanità il 7% del proprio Pil. Gli Stati Uniti il 17, la Germania il 14. Gravissima anche la situazione degli infermieri e dei medici, sostituirne solo il 50% renderà tutto ancora più problematico. Un impoverimento che ancora una volta potrebbe ricadere sui territori più disagiati, come quelli di montagna. La nostra è una battaglia non tanto per difendere il servizio sotto casa a ogni costo, ma per una collettività dispersa. Composta in larga parte da anziani, pazienti cronici, che hanno bisogno di curecostanti, non di sovraccaricare i già intasati ospedali di città. Semmai i nostri piccoli ospedali andrebbero potenziati.

Impensabile per chiunque voglia continuare a vivere in valle poter contare esclusivamente su un nosocomio di città. E conclude: «Operare altri tagli? Discutiamone. Ma che a pagare non siano sempre e solo le aree più disagiate. I sindaci del Distretto sanitario 3, sono per chiedere alla Regione –– la conferma della piena operatività per quanto riguarda nella gestione delle emergenze, il mantenimento del Pronto soccorso 24 ore su 24. Il nostro impegno di amministratori della montagna in tal senso è costante, attiveremo se necessario tutti i canali disponibili per far sì che alla gente delle valli venga garantito il diritto ad un’assistenza sanitaria adeguata». «Il territorio a domanda dispersa –esige una copertura medica diversa, che tenga conto dell’ampia distanza che esiste non solo da valle a valle, ma da paese a paese. Perciò non un medico ogni mille mutuati, come accade in città, ma un operatore sanitario ogni 600 pazienti.

Secondo problema: la distribuzione dei farmaci. Servono più punti di distribuzione, come le poste oppure in un punto unico di aggregazione di tutti i servizi fondamentali per poter vivere dignitosamente in montagna. Infine serve individuare una volta per tutte i bisogni di assistenza in montagna: come affrontare le patologie più diffuse? Siamo disponibili ad aprire un serio confronto con Regione ed enti locali così da delineare quali strategie adottare per organizzare un servizio che restituisca alla nostra gente la dignità di un diritto essenziale: la salute.

Appare allora necessario individuare alcuni criteri oggettivi che, descrivendo le zone montane, ne possano enucleare il disagio rispetto alle prestazioni sanitarie e sociosanitarie. Questi elementi devono essere valutati in chiave scientifica, ma non possono prescindere dalla considerazione di (almeno) quattro indici: • l’altitudine

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• l’indice di dispersione nel territorio dei nuclei abitati • il rapporto tra popolazione residente e superficie complessiva • l’indice di invecchiamento (peso della popolazione ultrasessantacinquenne rispetto a quella della fascia 0-14 anni) spesso abbinato a condizioni di vita in solitudine.

L’allocazione delle risorse finanziarie - di questo intreccio di fattori - deve tener conto nel costruire un modello della sanità di montagna capace di assicurare l’assistenza primaria di base, sia ospedaliera che territoriale, in linea con i principi enunciati dal Piano sanitario nazionale.

Alle zone montane, il Welfare deve garantire l’effettività di un servizio sanitario commisurato non solo su parametri basati sul mero dato demografico (“trasferimenti” pro capite, senza correttivi, sono chiaramente penalizzanti per le aree montane) bensì su criteri perequativi più articolati e flessibili. Non vi è dubbio che favorire lo sviluppo dell’abitare in montana, agevolandovi la permanenza delle persone, è anche mezzo per la salvaguardia attiva del territorio, a beneficio dell’intera comunità nazionale. Non a caso la legge fondamentale sulle zone montane, la legge 97/1994, dedica alla qualità dei servizi un passo chiave. Nel settore sociale, l’art.1 invoca infatti “adeguati servizi per la collettività” che vive in montagna. Nell’aprile 1999, nella scia anche delle previsioni normative della legge 97, è stata resa pubblica lacosiddetta “Carta di Feltre” presentata in occasione della Conferenza nazionale “Salute e sanità nelle aree di montagna”. Il suo principio ispiratore era orientato a trovare meccanismi in grado di “permettere alla sanità di montagna l’evoluzione verso contenuti di modernizzazione evitando il pericolo, altrimenti sempre più concreto, di un grave scadimento dei livelli dei servizi”. Pressante la richiesta alle Regioni di “parametri differenziati” per le Aziende sanitarie operanti in territori “classificati montani”. I nostri piccoli ospedali andrebbero potenziati.

Il criterio di progettazione della sanità in montagna deve comunque tenere conto della specificità e tipologia della domanda di servizi e della necessità di organizzare l’offerta in modo duttile, per conciliare qualità, efficienza ed accessibilità. Va osservato che è difficile immaginare una programmazione sui territori montani che non tenga conto di fattori discriminanti all’interno stessi come ad esempio l’altitudine, che generalmente condiziona l’assetto territoriale e la distribuzione della popolazione. Si ritiene inoltre che in territorio montano vadano perseguite con forza l’integrazione tra sanità ed assistenza e la valorizzazione del volontariato e di tutte le iniziative del settore non profit.

LE RISORSE FINANZIARIE La sanità in montagna, in termini di risorse economico-finanziarie, comporta costi aggiuntivi, per la produzione di servizi, notevolmente superiori alla media nazionale. I maggiori costi sono dovuti alla necessità di garantire servizi ospedalieri e territoriali diffusi che, operando in piccoli bacini di utenza, hanno economie di scala quasi inesistenti ed una bassa produttività di sistema. Il modello di funzionamento delle aziende sanitarie di montagna dev’esser perciò diverso e tenere conto dei maggiori costi di produzione dei servizi.Va pertanto ribadito negli strumenti di programmazione a tutti i livelli che la popolazione in montagna deve essere “pesata” di più nella quota capitaria, in base ai bisogni di salute ed ai maggiori costi necessari per l’erogazione dei servizi.

LE RISORSE umane Le Aziende sanitarie di montagna hanno crescenti difficoltà nel reperire sul mercato, in talune discipline, medici specialisti e personale tecnico ed infermieristico.

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La mancanza di risorse umane ha raggiunto livelli di criticità tale da ingenerare difficoltà nell’assicurare servizi vitali legati all’emergenza e lo sviluppo delle attività assistenziali domiciliari e distrettuali. Vanno quindi pensati sistemi di incentivazione che stimolino i giovani ad intraprendere percorsi formativi universitari in grado di rispondere alla domanda inevasa. Andranno messi in atto accordi con l’Università per garantire adeguati spazi agli studenti provenienti dai territori montani che si impegnano a rimanervi, una volta completati gli studi e a prestare la loro opera per almeno cinque anni. Se l’emergenza dovesse continuare, vanno studiati altresì meccanismi di incentivazione economica per il personale che volesse trasferirsi in montagna. I medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta vanno valorizzati, motivati a integrarsi nelle politiche aziendali (budget, percorsi diagnostico-terapeutici): sono loro i veri protagonisti dei processi assistenziali sul territorio. A tale proposito vanno guardate con attenzione e incentivate tutte le forme associative tra medici, i processi di informatizzazione, le formule sperimentali innovative (es. “country hospital”).

NUOVI MODELLI ORGANIZZATIVI Fare sanità in montagna, come si è detto comporta un notevole sforzo organizzativo di messa “in rete” dei vari operatori, immaginando anche modelli organizzativi innovativi, che possono differire da impostazioni pensate, a livello nazionale, in modo uniforme. Lo strumento della sperimentazione gestionale previsto dal decreto legislativo 229/99 (art.9bis) potrebbe trovare, nelle strutture sanitarie di montagna, applicazione utile attraverso anche una semplificazione delle procedure decisionali (ad esempio delegandole “in toto” alle Regioni). E’ comunque chiaro che, soprattutto nel caso di interventi complessi e di maxiemergenza, lo sforzo organizzativo dovrà essere rivolto allo studio e alla realizzazione di specifici protocolli operativi per la definizione delle rispettive competenze e responsabilità. Nell’ambito di un piano organico di razionalizzazione delle risorse, è utile stabilire rapporti convenzionali fra enti ed associazioni di volontariato (Cnsas, Pubbliche assistenze o Misericordie, Croce rossa italiana, Soccorso piste, ecc.), in modo da favorire l’integrazione e la più efficace copertura del territorio montano di competenza. Visto l’ormai consolidato rapporto convenzionale fra Ssn e Cnsas, in relazione anche alla quasi totalità di implicazioni sanitarie degli interventi di soccorso in ambiente montano o ipogeo, è prioritario che i finanziamenti destinati al CnSAs vengano inseriti, a livello regionale e nazionale,nei capitoli di bilancio della Sanità. Le ambulanze di soccorso e trasporto impiegate in territorio montano devono essere adeguatamente equipaggiate per poter intervenire in condizioni meteorologiche avverse e su terreni difficili.

I SERVIZI SANITARI Le zone di montagna sono caratterizzate principalmente dalla dispersione della popolazione e dalla difficoltà di accesso ai servizi che di norma si concentrano laddove c’è una maggiore densità di popolazione. I servizi sanitari non si sottraggono a questa logica anche se, per la loro importanza e peculiarità, si sono diffusi nelle zone periferiche anche a prescindere da considerazioni di natura economica e talvolta da considerazioni legate all’appropriatezza e all’efficacia delle prestazioni erogate. La sanità, peraltro, sta subendo una serie di importanti cambiamenti che necessariamente stanno portando ad un ripensamento complessivo dei servizi e delle strutture di offerta, anche in montagna. I cambiamenti più significativi sono costituiti da:

a) dinamiche demografiche (aumento della popolazione anziana), epidemiologiche (prevalenza delle malattie croniche rispetto a quelle acute) e sociali (inurbamento con tendenza allo spopolamento della montagna, immigrazione);

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b) esigenze economiche (contrazione delle risorse finanziarie, tendenza verso maggiori livelli di efficienza);

c) nuove visioni culturali (perseguimento della salute come stato di benessere e non come assenza di malattia con conseguente aumento delle attese e della fiducia nella medicina);

d) sviluppo della medicina (attraverso il miglioramento soprattutto delle capacità diagnostiche, ma anche di quelle terapeutiche);

e) “rete” come nuova metafora organizzativa dell’attività umana e quindi anche dell’assistenza sanitaria;

f) evoluzione delle telecomunicazioni (le informazioni si muovono al posto delle persone rendendo possibile il decentramento di una più ampia gamma di servizi che possono essere trasferiti dall’ospedale al territorio e dal territorio al domicilio).

Alla luce delle considerazioni esposte e dei cambiamenti che stanno caratterizzando la sanità, la ricerca di soluzioni possibili che consentano di tenere in considerazione, in una logica di equilibrio, una serie di spinte talvolta opposte è impresa difficile. In ogni caso, senza avere la pretesa di essere esaustivi, vengono proposte alcune ipotesi dI soluzione per l’organizzazione dei servizi sanitari nelle aree di montagna: • perseguire il mantenimento delle persone malate a domicilio favorendo la massima integrazione fra la componente sanitaria e quella sociale dei servizi; • specializzare i servizi sanitari privilegiando i servizi territoriali e residenziali rispetto a quelli di degenza; • specializzare le strutture di degenza in strutture in grado di assicurare efficaci ed appropriate prestazioni di urgenza ed emergenza sanitaria, di assistenza sanitaria post-acuzie e di lungodegenza strutture per acuti di riferimento (modello “hub and spokes”); • integrare i servizi sanitari territoriali e di degenza in un sistema a rete utilizzando la modalità organizzativa dipartimentale ed adottando metodologie telematiche (telemedicina, teleassistenza) per favorire il coordinamento degli operatori, lo sviluppo delle competenze professionali e l’efficacia degli interventi.

IL SISTEMA “MEDICINA DI MONTAGNA” Mountain-biking, ciclismo di montagna, sci alpino, sci di fondo, sci-alpinismo,ecc.. recentemente, stiamo assistendo ad un grande sviluppo delle attività ricreative in montagna e, conseguentemente, ad un enorme aumento dei frequentatori delle catene montuose di tutto il mondo. Dal Colorado al Nepal, alle Alpi, agli Appennini. L’ambiente montano è divenuto il “terreno di gioco” per un crescente numero di attività fisiche e di sport sia agonistici sia ludico-ricreativi (alpinismo, escursionismo, parapendio, ecc.). Così pure è enormemente aumentato il numero di soggetti che praticano questi sport. Oltre a ciò, la pratica di queste attività fisiche non è limitata ad atleti agonisti, quindi allenati e valutati da un punto di vista medico, ma si estende ad una popolazione estremamente ampia come fascia di età, molto spesso senza una adeguata preparazione ed una preliminare valutazione clinica e funzionale. Non solo: in molti di questi soggetti possono essere presenti patologie croniche (cardiovascolari, polmonari, renali, ematologiche, metaboliche, ecc.) che possono condizionare la risposta dell’organismo all’ambiente montano e, a loro volta, risentirne in maniera favorevole o sfavorevole a seconda della quota, del clima, della rapidità di esposizione, delle condizioni cliniche del paziente. Oltre a tutto questo si considerino le peculiari caratteristiche ambientali della montagna, ove accanto all’isolamento e alle asperità del terreno sono presenti alcuni elementi fisici tipici, quali la riduzione della temperatura e della pressione atmosferica. Quest’ultimo elemento, in particolare, può comportare una riduzione della pressione parziale di ossigeno tale per cui già alle medie quote alpine (> 2.000 metri) possono essere avvertibili gli effetti dell’ipossia ipobarica.

Dal punto di vista generale, possiamo individuare alcuni obiettivi: • stimare la popolazione dei frequentatori, non residenti, delle aree montane tracciandone un profilo in relazione ai caratteri individuali e sociali, al tipo al tipo di attività svolta (lavorativa, turistica,

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sportiva) e all’ambiente frequentato (città e paesi, sentieri, alpeggi, rifugi, vie ferrate, vie di roccia o ghiaccio); • studiare l’epidemiologia, traumatologica e non, di questa popolazione ed, in particolare, verificarese esistano patologie tipiche e/o correlabili all’ambiente montano (traumatologia sciistica, incidenzadel mal di montagna alle quote delle alpi • raccogliere i dati esistenti, verificandoli e completandoli ove necessario, sul comportamento dei soggetti affetti da patologie croniche durante l’esposizione all’ambiente montano, al fine di ricavarne indicazioni comportamentali; • valutare, infine, se l’esposizione intermittente e/o cronica ad un ambiente montano ed in particolare all’ipossia delle medie quote, rappresenti un fattore protettivo nei confronti di insulti ischemici o ipossici o possa modificare in maniera favorevole eventuali fattori di rischio presenti.

Scopo di tutto ciò è la promozione di un corretto approccio alla montagna da parte dei suoi frequentatori, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile della montagna e della promozione della salute dell’individuo. In questo senso la montagna rappresenta una risorsa per la salute ed i frequentatori contribuiscono al suo sviluppo ambientale ed economico. Non è questa la sede per discutere i modelli di questa integrazione. Ne possiamo tuttavia indicare le modalità attuative. Sono essenzialmente tre: l’informazione, l’educazione, la prevenzione. Tutte e tre dovranno essere modulate sulla base del tipo di frequentatore: sportivo, turista, paziente. Così come diversa sarà la figura sanitaria deputata ad attuarle: medico dello sport, medico di medicina generale, specialista. Ciascuno di questi dovrà, all’interno delle sue competenze, sviluppare una preparazione specifica in medicina di montagna. L’obiettivo è di arrivare alla costituzione di un sistema integrato di “medicina di montagna” in cui il flusso di informazioni possa svilupparsi in direzione centrifuga e centripeta. La realizzazione di questo sistema permetterà di fornire delle risposte alle esigenze di qualsiasi frequentatore della montagna sia in termini di informazione (materiale divulgativo, linee guida, indicazioni comportamentali), sia di educazione (corsi per medici ed altri operatori sanitari, lezioninell’ambito di corsi di educazione alla salute, di alpinismo a qualsiasi livello, ecc.), sia di prevenzione (visite medico-sportive, valutazioni clinico-funzionali dei pazienti). Di ritorno, si potrebbe realizzare una rete di rilevamento epidemiologico delle eventuali patologie di più frequente riscontro o peculiari nei frequentatori della montagna, al fine di stabilirne eventuali fattori di rischio e poterne quindi proporre le adeguate misure preventive, perseguendo così gli obiettivi generali sopra delineati. Tutto questo avverrà mediante l’individuazione o la creazione di Centri di riferimento, coordinati tra loro ed in grado non solamente di attuare le modalità operative (informazione, educazione, prevenzione), ma, nel contempo, di svolgere attività di osservazione ed analisi epidemiologica. Nella fase iniziale i Centri potranno essere rappresentati da strutture già esistenti ed operanti nel loro settore.

CENTRO PER LO STUDIO E LA PROMOZIONE DELL’ATTIVITà FISICA E SPORTIVA IN MONTAGNA

CENTRO PER LO STUDIO E LA RIABILITAZIONE DEL CARDIOPATICO IN MONTAGNA

CENTRO PER LO STUDIO E LA RIABILITAZIONE DEL PAZIENTE PNEUMOPATICO IN MONTAGNA

Dott. ALI CHREYHA

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COLLEGIO IPASVI

Standard Regione Veneto Con nota prot n. 4423 del 05 gennaio 2011, veniva comunicato l’avvio del sistema di rilevazione teso ad acquisire, secondo modalità omogenee, informazioni sul’organizzazione del lavoro (articolazione oraria) per ogni singola azienda sanitaria, nonché sulle risorse umane dalla stessa impiegate nell’assistenza ospedaliera. Tale percorso, rientra nell’obiettivo regionale di avviare, ai sensi della D.G.R. del 14 dicembre 2010 n. 3140, un processo teso a definire il costo standard delle prestazioni anche attraverso la determinazione degli organici “standard”. L’individuazione di criteri omogenei tesi a stabilire in maniera chiara ed univoca il fabbisogno di personale nelle aziende è certamente un obiettivo condivisibile che ha una forte valenza di carattere professionale con ricadute sui livelli di assistenza assicurati ai cittadini. I dati trasmessi alle aziende però, nell’evidenziare l’ampio divario tra le dotazioni attuali e dotazioni di riferimento proposte dalla segreteria regionale, confermano la necessità di addivenire ad un sistema di pesatura e valorizzazione della funzione assistenziale che non può non considerare due elementi fondamentali:

1) il primo è rappresentato dal paziente, o meglio dalla complessità assistenziale, quale espressione del livello di compromissione dei bisogni, che concorrono a definire il livello di dipendenza dell’assistito;

2) Il secondo è dato dal contesto aziendale di riferimento. La determinazione del fabbisogno di personale non può non considerare le molteplici variabili aziendali che incidono significativamente sul personale di assistenza (percorsi, tecnologia, logistica, servizi di supporto, tipologia dei profili presenti, modelli organizzativi, ecc..)

A tal proposito, se si considera che attualmente la situazione delle aziende, per quanto riguarda la disponibilità di risorse del comparto è già problematica, risulta chiaro come gli standard proposti presentino degli elementi di criticità che rischiano di minarne l’attendibilità. Al fine quindi di fornire un contributo costruttivo si è provveduto ad esaminare compiutamente la situazione evidenziando i seguenti aspetti: • Vengono aggregati nella raccolta dati alla voce “personale infermieristico” anche infermieri

generici, puericultrici e infermieri psichiatrici cat C. La normativa vigente pone in capo al CPS Infermiere Cat D l’assistenza infermieristica. L’infermiere generico ed il psichiatrico devono essere perciò considerati personale di supporto;

• Tra il personale di supporto sono stati considerati anche profili quali gli Ausiliari e gli Operatori Tecnici, spesso esito delle riqualificazioni avvenute negli anni, o comunque assunti per attività non assistenziali (trasporto materiali, altre attività alberghiere ecc..). Questi vanno esclusi dal computo assistenziale;

• L’apporto delle figure di supporto all’assistenza viene considerato nella misura del 70%, probabilmente prendendo spunto da alcune indagini condotte anni fa in ambito regionale dalle quali risultava che il 30% circa delle attività svolte dagli infermieri poteva essere attribuito al personale OSS (attività improprie). Va qui distinto il concetto di attività impropria svolta dall’infermiere che va riassegnata all’OSS, come peraltro già avvenuto nelle aziende anche in ottemperanza a quanto dettato dalla D.G.R.V. 3096/2003, dal “tempo assistenziale”, che deriva dal partecipare direttamente all’assistenza infermieristica da parte delle figure di supporto. Il contributo di queste figure nell’assistenza diretta è però variabile, ed oscilla di norma tra valori che non superano il 30-50%;

• Il personale presente nelle unità operative non assicura solo attività assistenziali e domestico alberghiere, spesso gravano sulle unità operative attività quali: trasporto rifiuti e biancheria, distribuzione pasti, lavaggio stoviglie, ritiro farmaci e materiale di magazzino, accompagnamento pazienti da/verso i gruppi operatori, trasporti per consulenze, per indagini diagnostiche sia all’interno della struttura che verso altre sedi, per trasferimenti, attività amministrative o di supporto organizzativo, gestione di pazienti in pre-ricovero, assistenza per consulenze di pronto soccorso ecc... Queste attività quando presenti

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assorbono intere unità nell’arco delle 24 ore, che vanno pertanto detratte dal compiuto per la definizione del tempo assistenziale;

• All’interno di alcune aree, quali ad esempio le terapie intensive, la figura di supporto non può essere assolutamente considerata quale figura che eroga assistenza infermieristica;

• Uno degli elementi di riferimento nella costruzione degli standard è dato dal D.P.R. 128/1969, cui si rifanno in parte i tempi medi di assistenza previsti dalla regione per le varie discipline. Attualmente però, le norme che disciplinano l’esercizio della professione infermieristica e che ne delineano precise responsabilità, pongono in capo a questo personale comportamenti ed interventi che vanno ben oltre la semplice esecuzione di prestazioni, quali: valutazione accurata delle condizioni del paziente, prevenzione dei danni correlati all’ospedalizzazione, rilevazione precoce della comparsa di complicanze e monitoraggio della loro evoluzione una volta che queste si sono verificate, educazione alla corretta gestione di aspetti quali l’igiene, l’alimentazione, la mobilizzazione ecc.. L’evoluzione del sistema sanitario, delle tecnologie, dei bisogni presenti nella popolazione, i modelli organizzativi presenti, hanno fortemente contribuito a rendere molto più ampia ed articolata l’assistenza infermieristica erogata ai degenti, rendendo complesse anche le condizioni in cui la stessa viene garantita.

• Il solo riferimento alla presenza media e non alla complessità assistenziale da un lato ed agli indicatori di attività dall’altro (indice di turn over, indice di rotazione, degenza media, indice di case mix ecc..), rischia di non far cogliere elementi che sono invece fondamentali per una corretta definizione del fabbisogno di personale.

• Le risultanze del lavoro condotto in alcuni casi sono anche difficilmente comparabili con standard regionali precedentemente definiti ( ad es: per la salute mentale, con DGR 1616/2008); contrastano poi con la necessità di garantire almeno una presenza minima nelle 24 ore nelle aree di degenza e con l’obbligo di programmare turni di servizio nel rispetto degli istituti normativi e contrattuali in generale (ferie, riposi, orario di lavoro, ecc..);

• Ancora, si ritiene vada considerato come tra il personale presente siano oggi numerose le prescrizioni anche molto rilevanti, che di fatto pur non rendendo inidoneo l’operatore ne condizionano pesantemente la sua resa lavorativa. Vi sono poi spesso infermieri ed OSS non idonei ma di fatto ancora inquadrati nel loro profilo in attesa di essere ricollocati in profili diversi. Il loro contributo rispetto al tempo assistenziale garantito va quindi definito caso per caso;

• Va inoltre considerato come nella rilevazione non sia stato considerato il debito orario legato alla fruizione dei benefici di cui alla Legge 104, ed il debito orario legato alle assenze per aspettativa a vario titolo, non sostituite;

• Il parametro ore lavoro considerato è pari a 1550 ed è sensibilmente superiore al tempo effettivamente lavorato al netto di assenze programmabili e non;

Gli standard proposti, a fronte delle considerazioni sin qui esposte, non possono quindi essere applicati in ragione delle prevedibili ripercussioni negative sull’assistenza erogata e sulla sicurezza degli assistiti. Si ritiene pertanto in conclusione, che vada certamente colta l’opportunità di definire standard di riferimento, che siano però condivisi dai professionisti, a partire da quanto già disponibile sia in letteratura che nella pratica professionale, affinchè siano garantiti adeguati livelli di assistenza e di sicurezza per il paziente, per gli operatori e per le aziende.

IL PRESIDENTELUIGI PAIS DEI MORI

COLLEGIO IPASVI PIAZZALE RESISTENZA 3 32100 BELLUNO TEL. 0437.30466/FAX.0437.30717

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

Documento “Una provincia di montagna, una sanità di montagna”

ALLEGATO N. 5 Dati relativi a risorse e attività degli ospedali d ell'Ulss n. 1 di Belluno

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AZIENDA U.L.S.S. N. 1 DI BELLUNO

DATI DI ATTIVITA’ E COSTO RELATIVI ALL’OSPEDALE DI AGORDO A CONFRONTO CON L’INTERA ULSS

Giugno 2011

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OSPEDALE DI AGORDO

TOTALE OSPEDALITOTALE AZIENDA

ULSS N. 1 di BELLUNO

INCIDENZA AGORDO/TOT.

OSPEDALI

INCIDENZA AGORDO/TOT. AZIENDA ULSS

BENI SANITARI 2.214.251 17.669.881 27.519.013 12,5% 8,0%

BENI NON SANITARI 535.418 2.283.019 2.948.928 23,5% 18,2%

PERSONALE 10.938.872 85.315.283 112.062.487 12,8% 9,8%

FATTURATO 10.205.594 91.250.439 11,2%

Ricoveri ordinari 6.003.701 51.077.138 11,8%

Day hospital 655.018 6.712.835 9,8%

Prestaz. spec. ambulatoriali

3.546.875 33.460.466 10,6%

ANNO 2010 Costo per i soli fattori produttivi "personale" e "beni di consumo"

fatturato per ricoveri ordinari, day hospital e prestazioni specialistiche ambulatoriali

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Azienda U.L.S.S. N. 1 - Belluno

ATTIVITA' CHIRURGICA

INTERVENTI OPERATORI

REGIME DI RICOVERO

ORDINARIO E DAY-SURGERY2006 2007 2008 2009 2010

AGORDO 1.242 1.427 1.409 1.292 1.243

BELLUNO 6.797 6.754 6.474 5.777 5.714

PIEVE DI CADORE 1.092 1.135 1.189 933 807

TOTALE 9.131 9.316 9.072 8.002 7.764

ATTIVITA' AMBULATORIALE *2006 2007 2008 2009 2010

AGORDO 0 30 29 40 49

BELLUNO 1.237 1.216 1.296 1.394 1.770

TOTALE 1.237 1.246 1.325 1.434 1.819

* interventi di tunnel carpale, cristallino, stripping vene ed ernia inguinale

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AGORDO 164 AGORDO 558

CADORE 338

BELLUNO 711 BELLUNO 799

TOTALE 1213 1357

AGORDO 424 AGORDO 97

CADORE 244

BELLUNO 302 BELLUNO 562

TOTALE 970 659

AGORDO 0 AGORDO 49

BELLUNO 0 BELLUNO 62

TOTALE 0 111

DETTAGLIO ATTIVITA' OPERATORIA ANNO 2010REPARTI DI CHIRURGIA E ORTOPEDIA

CHIRURGIA ORTOPEDIA

CHIRURGIA ORTOPEDIA

CHIRURGIA ORTOPEDIA

in RICOVERO ORDINARIO

in DAY HOSPITAL

in REGIME AMBULATORIALE

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Azienda U.L.S.S. N. 1 - Belluno

ATTIVITA' PRONTO SOCCORSO - ACCESSI

PRONTO SOCCORSO2006 2007 2008 2009 2010 2006 2007 2008 2009 2010

AGORDO 16.067 14.732 15.392 14.977 14.562 10,1% 10,1% 7,0% 6,6% 6,7%

BELLUNO 39.882 37.382 40.070 42.051 40.490 11,2% 12,1% 12,6% 10,7% 11,1%

PIEVE DI CADORE 16.317 15.540 16.179 16.253 16.237 16,2% 12,4% 9,3% 7,9% 6,2%

PPI AURONZO 3.918 4.014 3.850 3.845 3.613 8,7% 7,6% 2,6% 0,6% 0,3%

TOTALE 76.184 71.668 75.491 77.126 74.902 11,9% 11,5% 10,2% 8,8% 8,7%

N. ACCESSI IN PRONTO SOCCORSO % ACCESSI TERMINATI IN RICOVERO

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Azienda U.L.S.S. N. 1 - Belluno

OSSERVAZIONI BREVI INTENSIVE

2006 2007 2008 2009 2010 2006 2007 2008 2009 2010 2006 2007 2008 2009 2010

P.S. AGORDO 1.045 979 864 802 604 11,3 10,8 10,8 11,6 12,3 11,1% 11,2% 13,1% 11,0% 15,7%

P.S. BELLUNO 2.654 2.574 2.863 2.951 2.557 8,6 9,0 9,1 8,6 9,3 28,0% 27,1% 28,6% 19,8% 16,7%

u.o. PEDIATRIA BELLUNO 735 715 610 489 331 17,0 16,5 17,6 15,9 16,4 22,9% 17,8% 21,5% 13,3% 20,2%

P.S. PIEVE DI CADORE 1.321 1.839 1.576 1.235 1.019 12,7 11,7 12,1 13,3 14,5 21,7% 21,6% 20,8% 18,0% 18,5%

TOTALE 5.755 6.107 5.913 5.477 4.511 10,2 10,2 10,2 10,3 11,0 22,8% 22,3% 23,8% 17,9% 17,0%

N. O.B.I. % O.B.I. SEGUITE DA RICOVERODURATA MEDIA O.B.I. (h)

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Azienda ULSS n.1 Belluno Servizio Controllo di gestione

1/1

Report relativi a risorse e attività degli ospedali dell’ULSS n.1 Nota metodologica di supporto alla lettura dei repo rt

Tabelle “costi” e “fatturati”

Sono riportati i costi relativi ad una parte dei fattori produttivi: personale, beni sanitari e beni non sanitari. Nella tabella di dettaglio i dati sono articolati per i centri di responsabilità relativi a unità operative di degenza, mentre nella voce “altri centri di responsabilità” sono inseriti i dati relativi alle restanti unità operative, alla direzione medica ospedaliera e ai servizi di supporto nello specifico presidio (ad esempio il personale della portineria e centralino in servizio nello specifico presidio). Il costo del personale è calcolato in base alle voci stipendiali di competenza 2010 erogate fino a luglio 2011, con l’aggiunta degli importi di competenza 2010 da erogare successivamente, stimata sulla base dei valori esposti in bilancio; quest’ultima aggiunta non era stata consideratanella precedente versione del report, consegnata a giugno 2011, che pertanto riportava un costo del personale più basso. Il “fatturato” è calcolato valorizzando le quantità di ricoveri e prestazioni specialistiche prodotte per le tariffe regionali in vigore. Nel porre in relazione il “fatturato” con i “costi” va tenuto presente che i costi riportati corrispondono solo a una parte dei fattori produttivi impiegati nelle attività dei tre ospedali. Sono esclusi i costi diretti di altri fattori produttivi quali servizi, manutenzioni, utenze.

Tabelle “distribuzione dei ricoveri dei residenti ULSS per struttura” (dati di mobilità)

I dati sono riferiti al complesso dei ricoveri ospedalieri (ordinari + day hospital), distinti per distretto di residenza del paziente e per struttura di ricovero. Per ciascun distretto di residenza è evidenziata la distribuzione percentuale dei ricoveri nelle diverse strutture ospedaliere, sia in termini di numero di casi, sia in termini di valore dei DRG. Questa seconda misura consente di valutare la distribuzione dei ricoveri “pesati” in base al loro valore economico, ossia in base alla loro complessità.

Tabella “impiego di personale medico aggiuntivo a quello strutturato negli ospedali”

Per ciascun ospedale la tabella elenca le attività per le quali sono stati effettuati nel 2010 accessi di personale medico aggiuntivo ai dipendenti ULSS in servizio nell’ospedale, distinguendo quattro tipologie di rapporto:

• medici esterni con incarico professionale individuale • convenzione tra ULSS n.1 e altra azienda ULSS o ospedaliera • medici specialisti ambulatoriali interni (S.A.I.) • medici dipendenti dell’ULSS n.1 in servizio nell’ospedale di Belluno che prestano parte delle proprie ore di servizio negli ospedali di Agordo o Pieve

di Cadore.

Tabella “Costo complessivo a livello aziendale per macrolivello di assistenza e costo pro-capite per assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale”

I dati sono tratti direttamente dal “modello LA”, rilevazione ufficiale acquisita annualmente dalla Regione e dal Ministero della Salute, che riclassifica tutti i costi esposti nel bilancio aziendale in base alla loro destinazione per “livello di assistenza”. Tale rilevazione rappresenta il riferimento per il monitoraggio degli obiettivi regionali di costo pro-capite per assistenza ospedaliera e specialistica ambulatoriale, e più in generale per la valutazione dei costi standard.

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Regione Veneto Azienda U.L.S.S. n° 1 - Belluno

BENI SANITARI

BENI NON SANITARI

PERSONALE

FATTURATO

R.O.

D.H.

PRESTAZIONI

OSPEDALE DI AGORDO

OSPEDALE DI BELLUNO

OSPEDALE DEL CADORE

TOTALE OSPEDALITOTALE AZIENDA

ULSS N. 1 di BELLUNO

2.219.906 13.553.627 1.941.466 17.714.999 27.589.293

554.216 1.511.664 297.186 2.363.066 3.052.460

11.421.809 60.049.945 15.977.516 87.449.270 115.390.216

10.205.594 58.921.538 11.064.366 80.191.498 82.212.107

6.003.701 30.218.344 4.861.472 41.083.517 41.083.517

655.018 5.111.457 831.909 6.598.383 7.403.460 *

3.546.875 23.591.737 5.370.986 32.509.598 33.725.131

* il day hospital alcologico è classificato nell'area territoriale e non nella struttura ospedaliera di Pieve di Cadore

ANNO 2010

Costo per i soli fattori produttivi "personale" e "beni di consumo" fatturato per ricoveri ordinari, day hospital e prestazioni specialistiche ambulatoriali

Servizio Controllo di Gestione 08/09/2011

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BENI SANITARI

BENI NON SANITARI

PERSONALE

FATTURATO

R.O.

D.H.

PRESTAZIONI

OSPEDALE DI AGORDO

OSPEDALE DI BELLUNO

OSPEDALE DEL CADORE

TOTALE OSPEDALI

13% 77% 11% 100%

23% 64% 13% 100%

13% 69% 18% 100%

13% 73% 14% 100%

15% 74% 12% 100%

10% 77% 13% 100%

11% 73% 17% 100%

ANNO 2010

Composizione percentuale sul totale area ospedaliera

Servizio Controllo di Gestione 08/09/2011

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CENTRO DI RESPONSABILITA' BENI SANITARIBENI NON SANITARI

PERSONALERICOVERI ORDINARI

DAY HOSPITAL PRESTAZIONI TOTALE

chirurgia generale 130.516 6.247 1.309.245 636.609 523.748 55.523 1.215.879

medicina generale 147.991 16.030 2.518.940 2.735.662 139.896 2.875.558

ortopedia e traumatologia 1.291.854 17.682 1.622.837 2.631.431 131.270 310.758 3.073.458

altri centri di responsabilità 649.545 514.258 5.970.786 3.040.699 3.040.699

TOTALE 2.219.906 554.216 11.421.809 6.003.701 655.018 3.546.875 10.205.594

OSPEDALE DI AGORDO - ANNO 2010

COSTI FATTURATI

Servizio Controllo di Gestione 08/09/2011

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CENTRO DI RESPONSABILITA'BENI

SANITARIBENI NON SANITARI

PERSONALERICOVERI ORDINARI

DAY HOSPITAL

PRESTAZIONI TOTALE

anestesia e rianimazione 614.768 40.725 4.396.386 902.241 49.686 951.927

cardiologia 1.362.593 33.507 3.702.048 3.302.305 1.188.059 832.358 5.322.721

chirurgia generale 210.624 12.195 2.393.134 3.329.537 361.208 108.728 3.799.473

dermatologia 143.718 5.000 909.047 328.249 99.210 216.789 644.248

geriatria 141.285 7.693 1.346.547 1.448.663 50.672 1.499.335

lungodegenza 2.706 7 619.684 542.497 542.497

malattie infettive 96.538 3.113 1.041.991 565.928 30.113 596.042

medicina generale 638.855 17.686 3.998.811 2.807.170 150.433 341.190 3.298.793

nefrologia e dialisi 589.009 9.559 1.448.426 474.077 1.587.460 2.061.537

neurochirurgia 370.885 8.221 126.873 1.102.087 102.356 1.204.443

neurologia 75.056 7.848 2.112.216 1.300.092 78.710 197.366 1.576.168

oculistica 606.075 52.692 1.789.692 218.591 104.827 2.571.045 2.894.463

oncologia medica 1.024.402 8.287 1.506.326 743.416 915.938 1.659.354

ortopedia e traumatologia 1.227.724 10.722 2.464.243 4.233.471 709.309 281.477 5.224.257

ostetricia e ginecologia 289.943 43.573 1.997.067 1.628.649 1.088.373 300.300 3.017.322

otorinolaringoiatria 106.652 9.610 1.548.455 1.076.824 613.998 289.246 1.980.067

pediatria 187.726 22.860 1.988.083 1.097.703 39.344 187.647 1.324.693

pneumologia 201.223 27.394 1.605.454 2.272.126 197.275 2.469.401

psichiatria 17.696 3.159 1.126.851 1.143.800 1.143.800

urologia 364.028 25.950 2.017.107 1.700.920 677.987 212.206 2.591.112

altri centri di responsabilità 5.282.122 1.161.863 21.911.504 15.119.885 15.119.885

TOTALE 13.553.627 1.511.664 60.049.945 30.218.344 5.111.457 23.591.737 58.921.538

OSPEDALE DI BELLUNO - ANNO 2010

COSTI FATTURATI

Servizio Controllo di Gestione 08/09/2011

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Regione Veneto Azienda U.L.S.S n° 1 - Belluno

CENTRO DI RESPONSABILITA'BENI

SANITARIBENI NON SANITARI

PERSONALERICOVERI ORDINARI

DAY HOSPITAL

PRESTAZIONI TOTALE

anestesia e rianimazione 101.401 8.182 1.639.543 145.434 49.675 195.109

chirurgia generale 126.014 8.459 1.685.398 1.582.136 391.065 192.862 2.166.063

medicina generale 146.411 13.948 1.781.952 1.962.957 47.435 93.270 2.103.663

ostetricia e ginecologia 32.894 13.072 1.210.868 405.751 393.409 100.738 899.898

pediatria 14.758 5.235 890.371 217.850 91.608 309.457

psichiatria 23.863 1.329 580.049 547.343 547.343

altri centri di responsabilità 1.496.126 246.960 8.189.335 4.842.833 4.842.833

TOTALE 1.941.466 297.186 15.977.516 4.861.472 831.909 5.370.986 11.064.366

OSPEDALE DEL CADORE - ANNO 2010

COSTI FATTURATI

Servizio Controllo di Gestione 08/09/2011

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Azienda U.L.S.S. n°1 - Belluno

DISTRETTO DI RESIDENZA DEL

PAZIENTE ↓OC Cortina

OC Pieve di Cadore

OC Agordo OC Belluno ULSS n.1Altre strutture

Veneto

Strutture EXTRA

REGIONETOTALI

505 1.868 34 1.508 3.915 940 1365 6.2208% 30% 1% 24% 63% 15% 22% 100%35 33 1.614 1.058 2.740 518 263 3.5211% 1% 46% 30% 78% 15% 7% 100%144 231 351 7.442 8.168 1.969 797 10.9341% 2% 3% 68% 75% 18% 7% 100%684 2.132 1.999 10.008 14.823 3.427 2.425 20.6753% 10% 10% 48% 72% 17% 12% 100%

OC CortinaOC Pieve di

CadoreOC Agordo OC Belluno ULSS n.1

n. casi 2.040 452 390 3.069 5.951% extra ULSS* 75% 17% 16% 23% 29%

* percentuale di ricoveri per pazienti residenti fuori ULSS sul totale dei ricoveri

STRUTTURA DI RICOVERO

Pazienti residenti fuori ULSS

Tutte le specialitàDistribuzione dei ricoveri (n. casi) dei residenti ULSS 1 per struttura - anno 2010

BELLUNO

ULSS n.1

PIEVE DI CADORE

AGORDO

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Azienda U.L.S.S. n°1 - Belluno

DISTRETTO DI RESIDENZA DEL

PAZIENTE ↓OC Cortina

OC Pieve di Cadore

OC Agordo OC Belluno ULSS n.1Altre strutture

Veneto

Strutture EXTRA

REGIONETOTALI

1.695.410 4.784.700 124.009 4.514.009 11.118.127 4.344.575 3.644.433 19.107.1359% 25% 1% 24% 58% 23% 19% 100%

176.380 76.093 4.563.100 2.780.146 7.595.718 1.921.593 902.800 10.420.1112% 1% 44% 27% 73% 18% 9% 100%

536.534 400.136 876.723 19.507.199 21.320.593 7.952.886 2.679.657 31.953.1352% 1% 3% 61% 67% 25% 8% 100%

2.408.324 5.260.929 5.563.832 26.801.353 40.034.438 14.219.054 7.226.890 61.480.3824% 9% 9% 44% 65% 23% 12% 100%

OC CortinaOC Pieve di

CadoreOC Agordo OC Belluno ULSS n.1

importo DRG 7.699.748 1.242.286 1.097.631 8.520.944 18.560.609% extra ULSS* 76% 19% 16% 24% 32%

* percentuale di ricoveri per pazienti residenti fuori ULSS sul totale dei ricoveri

Pazienti residenti fuori ULSS

Tutte le specialità

STRUTTURA DI RICOVERO

Distribuzione dei ricoveri (valore DRG in €) dei re sidenti ULSS 1 per struttura - anno 2010

BELLUNO

ULSS n.1

PIEVE DI CADORE

AGORDO

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Azienda U.L.S.S. n°1

DISTRETTO DI RESIDENZA DEL

PAZIENTE ↓OC Cortina

OC Pieve di Cadore

OC Agordo OC Belluno ULSS n.1Altre strutture

Veneto

Strutture EXTRA

REGIONETOTALI

410 18 178 606 119 140 86547% 2% 21% 70% 14% 16% 100%

27 356 17 400 52 54 5065% 70% 3% 79% 10% 11% 100%116 135 644 895 234 181 1.3109% 10% 49% 68% 18% 14% 100%553 509 839 1.901 405 375 2.681

21% 19% 31% 71% 15% 14% 100%

OC CortinaOC Pieve di

CadoreOC Agordo OC Belluno ULSS n.1

n. casi 1.610 251 424 2.285

% extra ULSS* 74% 33% 34% 55%

* percentuale di ricoveri per pazienti residenti fuori ULSS sul totale dei ricoveri

Pazienti residenti fuori ULSS

Specialità: Ortopedia e traumatologia

STRUTTURA DI RICOVERO

Distribuzione dei ricoveri (n. casi) dei residenti ULSS 1 per struttura - anno 2010

BELLUNO

ULSS n.1

PIEVE DI CADORE

AGORDO

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Azienda U.L.S.S. n°1 - Belluno

DISTRETTO DI RESIDENZA DEL

PAZIENTE ↓OC Cortina

OC Pieve di Cadore

OC Agordo OC Belluno ULSS n.1Altre strutture

Veneto

Strutture EXTRA

REGIONETOTALI

1.387.990 81.920 928.502 2.398.413 535.859 444.071 3.378.34241% 2% 27% 71% 16% 13% 100%

150.410 1.300.226 78.820 1.529.456 222.898 206.946 1.959.3008% 66% 4% 78% 11% 11% 100%

461.439 531.313 2.477.145 3.469.897 1.037.708 513.839 5.021.4439% 11% 49% 69% 21% 10% 100%

1.999.838 1.913.459 3.484.468 7.397.765 1.796.465 1.164.855 10.359.08619% 18% 34% 71% 17% 11% 100%

OC CortinaOC Pieve di

CadoreOC Agordo OC Belluno ULSS n.1

importo DRG 6.350.597 849.241 1.458.312 8.658.150% extra ULSS* 76% 31% 30% 54%

* percentuale di ricoveri per pazienti residenti fuori ULSS sul totale dei ricoveri

STRUTTURA DI RICOVERO

Pazienti residenti fuori ULSS

Specialità: ortopedia e traumatologiaDistribuzione dei ricoveri (valore DRG in €) dei re sidenti ULSS 1 per struttura - anno 2010

BELLUNO

ULSS n.1

PIEVE DI CADORE

AGORDO

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Azienda U.L.S.S. n°1 - Belluno

DISTRETTO DI RESIDENZA DEL

PAZIENTE ↓OC Cortina

OC Pieve di Cadore

OC Agordo OC Belluno ULSS n.1Altre strutture

Veneto

Strutture EXTRA

REGIONETOTALI

631 7 93 731 128 363 1.22252% 1% 8% 60% 10% 30% 100%

8 413 65 486 55 43 5841% 71% 11% 83% 9% 7% 100%89 191 849 1.129 206 158 1.4936% 13% 57% 76% 14% 11% 100%728 611 1.007 2.346 389 564 3.299

22% 19% 31% 71% 12% 17% 100%

OC CortinaOC Pieve di

CadoreOC Agordo OC Belluno ULSS n.1

n. casi 102 91 262 455% extra ULSS* 12% 13% 21% 16%

* percentuale di ricoveri per pazienti residenti fuori ULSS sul totale dei ricoveri

STRUTTURA DI RICOVERO

Pazienti residenti fuori ULSS

Distribuzione dei ricoveri (n. casi) dei residenti ULSS 1 per struttura - anno 2010Specialità: chirurgia generale

BELLUNO

ULSS n.1

PIEVE DI CADORE

AGORDO

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Azienda U.L.S.S. n°1 - Belluno

DISTRETTO DI RESIDENZA DEL

PAZIENTE ↓OC Cortina

OC Pieve di Cadore

OC Agordo OC Belluno ULSS n.1Altre strutture

Veneto

Strutture EXTRA

REGIONETOTALI

1.619.325 10.344 331.138 1.960.807 644.658 991.459 3.596.92445% 0% 9% 55% 18% 28% 100%

15.329 736.345 262.587 1.014.261 236.818 129.532 1.380.6111% 53% 19% 73% 17% 9% 100%

142.797 279.872 2.292.148 2.714.818 816.170 376.224 3.907.2124% 7% 59% 69% 21% 10% 100%

1.777.451 1.026.561 2.885.873 5.689.886 1.697.646 1.497.215 8.884.747

20% 12% 32% 64% 19% 17% 100%

OC CortinaOC Pieve di

CadoreOC Agordo OC Belluno ULSS n.1

importo DRG 197.165 135.153 802.098 1.134.416% extra ULSS* 10% 12% 22% 17%

* percentuale di ricoveri per pazienti residenti fuori ULSS sul totale dei ricoveri

Pazienti residenti fuori ULSS

Specialità: chirurgia generale

STRUTTURA DI RICOVERO

Distribuzione dei ricoveri (valore DRG in €) dei re sidenti ULSS 1 per struttura - anno 2010

ULSS n.1

PIEVE DI CADORE

AGORDO

BELLUNO

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STRUTTURA OSPEDALIERA DI

IMPIEGOUnità Operativa di impiego e/o attività svolta Tipo di rapporto

OSPEDALE DI AGORDO U.O. accettazione e pronto soccorso Incarico professionale ad 1 medico OSPEDALE DI AGORDO U.O. anestesia e rianimazione Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI AGORDO Attività ambulatoriale di gastroenterologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI AGORDO Attività ambulatoriale di oculistica Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI AGORDO Attività ambulatoriale di otorinolaringoiatria Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI AGORDO Attività ambulatoriale di ostetricia e ginecologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di Belluno + 1 medico S.A.I.OSPEDALE DI AGORDO Attività ambulatoriale di nefrologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI AGORDO Attività di urologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di Belluno + 1 medico S.A.I.OSPEDALE DI AGORDO Attività ambulatoriale di neurologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI AGORDO Attività ambulatoriale di dermatologia n. 1 medico S.A.I. OSPEDALE DI AGORDO Attività ambulatoriale di cardiologia n. 1 medico S.A.I. OSPEDALE DI AGORDO Attività ambulatoriale di odontostomatologia n. 1 medico S.A.I. OSPEDALE DI PIEVE DI CADORE U.O. di pediatria Incarico professionale ad 1 medico OSPEDALE DI PIEVE DI CADORE U.O. di ostetricia e ginecologia Incarico professionale ad 1 medico OSPEDALE DI PIEVE DI CADORE U.O. di ostetricia e ginecologia Convenzione con l'Azienda ULSS n. 9 di TrevisoOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE S.U.E.M. Convenzione con l'Azienda ULSS n. 9 di TrevisoOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività ambulatoriale di gastroenterologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività ambulatoriale di oculistica Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività ambulatoriale di otorinolaringoiatria Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività ambulatoriale di oncologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività ambulatoriale di nefrologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività di urologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di Belluno + 1 medico S.A.I.OSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività ambulatoriale di neurologia Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività ambulatoriale di geriatria (dal 2011) Personale medico ULSS 1 in servizio nell'Ospedale di BellunoOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività di ortopedia Personale medico in servizio nell'Ospedale di CortinaOSPEDALE DI PIEVE DI CADORE Attività ambulatoriale di dermatologia n. 1 medico S.A.I. OSPEDALE DI BELLUNO /

OSPEDALE DI PIEVE DI CADORE

U.O. di pediatria Incarico professionale a 2 medici

OSPEDALE DI BELLUNO Attività di chirurgia vascolare Convenzione con l'Azienda Ospedaliera di PadovaOSPEDALE DI BELLUNO U.O. di neurochirurgia Convenzione con l'Azienda ULSS n. 9 di TrevisoOSPEDALE DI BELLUNO Attività di cardiologia - emodinamica -

cardiochirurgia

Convenzione con l'Azienda ULSS n. 9 di Treviso

OSPEDALE DI BELLUNO Attività di endocrinologia pediatrica Convenzione con l'Azienda ULSS n. 9 di TrevisoOSPEDALE DI BELLUNO Attività di chirurgia plastica Convenzione con l'Azienda ULSS n. 9 di TrevisoOSPEDALE DI BELLUNO U.O. di pediatria Incarico professionale a 2 medici OSPEDALE DI BELLUNO U.O. di medicina trasfusionale Incarico professionale ad 1 medico OSPEDALE DI BELLUNO U.O. di anatomia patologica Incarico professionale ad 1 medico OSPEDALE DI BELLUNO U.O. di chirurgia generale Incarico professionale ad 1 medico

IMPIEGO DI PERSONALE MEDICO AGGIUNTIVO A QUELLO STRUTTURATO NEGLI OSPEDALI - anno 2010

08/09/2011

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Regione Veneto Azienda U.L.S.S. n° 1 - Belluno

Assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro 8.744

Assistenza distrettuale 147.974

Assistenza ospedaliera 129.789

Servizi generali 12.953

Totale 299.460

Costo pro-capite per ASSISTENZA OSPEDALIERA € 806

Obiettivo regionale € 616

Scost. da obiettivo regionale 31%

Costo pro-capite per ASSISTENZA SPECIALISTICA AMBULATORIALE € 193

Obiettivo regionale € 160

Scost. da obiettivo regionale 21%

Note

- esclusa la diagnostica di laboratorio

Costo Azienda U.L.S.S. 1 per macrolivello di assist enza - Anno 2010

(dati in migliaia di euro)

Costi pro-capite - Anno 2010

- per residente pesato, considerando al denominatore la popolazione pesata anno 2009 da Libro Bianco del Servizio Socio Sanitario Regionale 2000-2009 (dato 2010 da acquisire dalla Regione Veneto)

- al netto dei servizi generali e della mobilità attiva

Il costo pro-capite è calcolato:

Servizio Controllo di Gestione 08/09/2011

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DOTAZIONE ORGANICA E TURNISTICA DEL PERSONALE:

francesco bortolansegreteria regionale per la sanità

regione veneto, italy

dotazione organica e turnistica

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DOTAZIONE ORGANICA E TURNISTICA: IL CONTESTO

dotazione organica e turnistica

Gennaio 2011: predisposizione del modello di raccolta dati su composizione UUOO, attività

Febbraio - Marzo 2011: condivisione e consegna del modello alle Aziende.

Marzo - Aprile 2011: restituzione del modello compilato dalle Aziende.

Giugno - Luglio 2011: importazione dei dati e analisi delle informazioni.

Settembre 2011: consegna del presente elaborato alle Aziende.

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DOTAZIONE ORGANICA E TURNISTICA : IL METODO (1)

Il metodo si propone di valutare dei turni previsti in ciascuna UO, per ogni istituto di ciascuna Azienda. esaminata in termini di minuti di presenza, di Infermieri e Operatori addetti . è quantificata in base ai turni specificati direttamente dalle Aziende modello consegnato in primavera.

stato adottato il modello organizzativo impiegato in Regione Lombardia (rif. DGR VI/38123/1998 «definizione di requisiti e indicatori per delle strutture sanitarie»).

Indicatore Tema impiegato per quantificare i risultati : minuto/paziente/die.

Il tempo assistenziale degli Infermieri è stato sommato al 70% del tempo assistenziale degli Operatori.

Al fine di garantire una analisi il più possibile vicina alla reale organizzazione di reparto, il riferimento al paziente è stato considerato utilizzando «presenza media», tralasciando dunque «posti letto». Laddove la presenza media non è stata correttamente specificata, si è provveduto a valorizzare tale informazione con i dati provenienti dal datawarehouse regionale.

dotazione organica e turnistica

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DOTAZIONE ORGANICA E TURNISTICA : IL METODO (2)

Tema è stato successivamente confrontato con il parametro introdotto dalla DGR e sotto riportato associato alla intensità di cura corrispondente alle specialità (una o più) cui riferisce ciascuna UO (e.g. UO «cardiologia + ucic» 2 specialità 2 indicatori 2 intensità di cura).

Specialità di base 120 Specialità di media assistenza 180 Riabilitazione 160 Lungodegenza 140 Specialità di elevata assistenza 240

-intensiva 300 600

In caso di Unità Operativa operante in più specialità con intensità assistenziale differenti, alla ripartizione del tempo assistenziale di Infermieri e Operatori è stato applicato un coefficiente di proporzionalità pari assistenziale relativa.

Il metodo ha in seguito estratto il Personale equivalente necessario alla copertura dei turni dichiarati (FTE), utilizzando il parametro 1.550 (ore/anno).

In una sezione del documento sono rappresentate tutte le Aziende con le rispettive UUOO.

In una ulteriore sezione, al fine di comparare i dati tra medesime specialità di tutte le Aziende della presenza media a priori considera la complessità di una singola struttura,

dunque i dati diventano totalmente comparabili anche in caso di Aziende di dimensioni molto diverse), sono state confrontate le specialità analizzate.

dotazione organica e turnistica

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DOTAZIONE ORGANICA E TURNISTICA :

TEMA: Tasso di Erogazione Minuti di Assistenza

Note:

Tema è funzione di: Azienda, Istituto, UO, Specialità Per valutare il tasso di occupazione: Presenza Media (PM), non Posti Letto Contributo degli Operatori sul valore : 70% di minuti effettivi Ore/Uomo annue per Infermieri e Operatori nel processo di calcolo FTE : 1.550 Coefficiente correttivo proporzionale alla intensità di cura applicabile alla specialità

Specialità di base 120 Specialità di media assistenza 180 Riabilitazione 160 Lungodegenza 140 Specialità di elevata assistenza 240

-intensiva 300 600

dotazione organica e turnistica

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DOTAZIONE ORGANICA E TURNISTICA DEL PERSONALE:

parte prima: AZIENDE

dotazione organica e turnistica

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O.C. BELLUNO NEUROLOGIA + NEUROCHIRURGIA 5.08 NEUROCHIRURGIA C - ELEVATA ASSISTENZA 9.33

O.C. BELLUNO NEUROLOGIA + NEUROCHIRURGIA 16.08 NEUROLOGIA B - MEDIA ASSISTENZA 7.00

O.C. BELLUNO ONCOLOGIA 5.58 ONCOLOGIA B - MEDIA ASSISTENZA 9.69

O.C. BELLUNO ORL + OCULISTICA 1.31 OCULISTICA A - BASE 6.74

O.C. BELLUNO ORL + OCULISTICA 11.18 OTORINOLARINGOIATRIA A - BASE 6.74

O.C. BELLUNO ORTOPEDIA 26.43 ORTOPEDIA E TRAUMATOLOGIA A - BASE 15.21

O.C. BELLUNO OSTETRICIA + GINECOLOGIA 11.74 OSTETRICIA E GINECOLOGIA A - BASE 17.26

O.C. BELLUNO PEDIATRIA + NIDO + TERAPIA INTENSIVA NEONATALE 6.99 NIDO C - ELEVATA ASSISTENZA 5.33

O.C. BELLUNO PEDIATRIA + NIDO + TERAPIA INTENSIVA NEONATALE 3.93 PEDIATRIA B - MEDIA ASSISTENZA 4.00

O.C. BELLUNO PEDIATRIA + NIDO + TERAPIA INTENSIVA NEONATALE 2.64 TERAPIA INTENSIVA NEONATALE E - AREA INTENSIVA 13.33

O.C. BELLUNO PNEUMOLOGIA 17.49 PNEUMOLOGIA A - BASE 12.92

O.C. BELLUNO PSICHIATRIA 11.49 PSICHIATRIA C - ELEVATA ASSISTENZA 11.45

O.C. BELLUNO TERAPIA INTENSIVA 5.54 TERAPIA INTENSIVA E - AREA INTENSIVA 22.25

O.C. BELLUNO UCIC 7.26 UNITA` CORONARICA D - AREA SUB-INTENSIVA 10.98

O.C. BELLUNO UROLOGIA + NEFROLOGIA 3.52 NEFROLOGIA B - MEDIA ASSISTENZA 8.42

O.C. BELLUNO UROLOGIA + NEFROLOGIA 14.20 UROLOGIA A - BASE 5.62

O.C. PIEVE DI CADORE CENTRO DI RIABILITAZIONE ESTENSIVA SERT 14.41 RECUPERO E RIABILITAZIONE FUNZIONALE G - RIABILITAZIONE 3.79

O.C. PIEVE DI CADORE CHIRURGIA GENERALE 15.51 CHIRURGIA GENERALE A - BASE 9.16

O.C. PIEVE DI CADORE MEDICINA GENERALE 26.73 MEDICINA GENERALE A - BASE 9.63

O.C. PIEVE DI CADORE OSTETRICIA E GINECOLOGIA 4.57 OSTETRICIA E GINECOLOGIA A - BASE 9.69

O.C. PIEVE DI CADORE PSICHIATRIA 6.58 PSICHIATRIA C - ELEVATA ASSISTENZA 9.49

O.C. PIEVE DI CADORE TERAPIA SUB INTENSIVA 1.67 TERAPIA INTENSIVA E - AREA INTENSIVA 5.81

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DOTAZIONE ORGANICA E TURNISTICA DEL PERSONALE:

Hanno partecipato alla realizzazione :

francesco cideni, Azienda Vicentinocesare comberlato, Azienda Vicentino

dotazione organica e turnistica

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Conferenza dei Sindaci Ulss n. 1 di Belluno

ALLEGATO n. 6 La montagna, ambito particolare che necessità di sa nità specifica

6.1 Per la montagna programmazione e servizi per l a montagna Alle zone montane, il Welfare deve garantire l’effettività di un servizio sanitario commisurato non solo su parametri basati sul mero dato demografico (“trasferimenti” pro capite, senza correttivi, sono chiaramente penalizzanti per le aree montane) bensì su criteri perequativi più articolati e flessibili. Non vi è dubbio che favorire lo sviluppo dell’abitare in montana, agevolandovi la permanenza delle persone, è anche mezzo per la salvaguardia attiva del territorio, a beneficio dell’intera comunità nazionale. Non a caso la legge fondamentale sulle zone montane, la legge 97/1994, dedica alla qualità dei servizi un passo chiave. Nel settore sociale, l’art. 1 invoca infatti “adeguati servizi per la collettività” che vive in montagna.

Nell’aprile 1999, nella scia anche delle previsioni normative della legge 97, è stata resa pubblica la cosiddetta “Carta di Feltre” presentata in occasione della Conferenza nazionale “Salute e sanità nelle aree di montagna”. Il suo principio ispiratore era orientato a trovare meccanismi in grado di “permettere alla sanità di montagna l’evoluzione verso contenuti di modernizzazione evitando il pericolo, altrimenti sempre più concreto, di un grave scadimento dei livelli dei servizi”. Pressante la richiesta alle Regioni di “parametri differenziati” per le Aziende sanitarie operanti in territori “classificati montani”.

La prospettiva del Piano sanitario nazionale 2001-2003 suggerisce perciò di studiare le soluzioni più appropriate per garantire equi livelli di assistenza ed accessibilità ai servizi sanitari nelle zone montane. Per altro verso, la programmazione delle Regioni dovrà prevedere per i territori montani parametri differenziati in termini di posti letto per abitante, tasso di ospedalizzazione, in ragione delle specifiche realtà locali. La morfologia territoriale, la bassa densità demografica hanno favorito nel passato modelli di assistenza ospedaliera con ampia diffusione sul territorio. Ora, una visione moderna della sanità impone di ripensarli in un’ottica di sistema, per conciliare bisogni e standard di appropriatezza. Il criterio di progettazione della sanità in montagna deve comunque tenere conto della specificità e tipologia della domanda di servizi e della necessità di organizzare l’offerta in modo duttile, per conciliare qualità, efficienza ed accessibilità. Va osservato che è difficile immaginare una programmazione sui territori montani che non tenga conto di fattori discriminanti all’interno stessi come ad esempio l’altitudine, che generalmente condiziona l’assetto territoriale e la distribuzione della popolazione. Si ritiene inoltre che in territorio montano vadano perseguite con forza l’integrazione tra sanità ed assistenza e la valorizzazione del volontariato e di tutte le iniziative del settore non profit.

6.2 Le risorse finanziarie La sanità in montagna, in termini di risorse economico-finanziarie, comporta costi aggiuntivi, per la produzione di servizi, notevolmente superiori alla media nazionale. I maggiori costi sono dovuti alla necessità di garantire servizi ospedalieri e territoriali diffusi che, operando in piccoli bacini di utenza, hanno economie di scala quasi inesistenti ed una bassa produttività di sistema. Il modello di funzionamento delle aziende sanitarie di montagna dev’essere perciò diverso

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e tenere conto dei maggiori costi di produzione dei servizi. Va pertanto ribadito negli strumenti di programmazione a tutti i livelli che la popolazione in montagna deve essere “pesata” di più nella quota capitaria, in base ai bisogni di salute ed ai maggiori costi necessari per l’erogazione dei servizi.

6.3 Le risorse umane Le Aziende sanitarie di montagna hanno crescenti difficoltà nel reperire sul mercato, in talune discipline, medici specialisti e personale tecnico ed infermieristico. La mancanza di risorse umane ha raggiunto livelli di criticità tale da ingenerare difficoltà nell’assicurare servizi vitali legati all’emergenza e lo sviluppo delle attività assistenziali domiciliari e distrettuali. Vanno quindi pensati sistemi di incentivazione che stimolino i giovani ad intraprendere percorsi formativi universitari in grado di rispondere alla domanda inevasa. Andranno messi in atto accordi con l’Università per garantire adeguati spazi agli studenti provenienti dai territori montani che si impegnano a rimanervi, una volta completati gli studi e a prestare la loro opera per almeno cinque anni. Se l’emergenza dovesse continuare, vanno studiati altresì meccanismi di incentivazione economica per il personale che volesse trasferirsi in montagna. I medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta vanno valorizzati, motivati a integrarsi nelle politiche aziendali (budget, percorsi diagnostico-terapeutici): sono loro i veri protagonisti dei processi assistenziali sul territorio. A tale proposito vanno guardate con attenzione e incentivate tutte le forme associative tra medici, i processi di informatizzazione, le formule sperimentali innovative (es. “country hospital”).

6.4 Nuovi modelli organizzativi Fare sanità in montagna, come si è detto comporta un notevole sforzo organizzativo di messa “in rete” dei vari operatori, immaginando anche modelli organizzativi innovativi, che possono differire da impostazioni pensate, a livello nazionale, in modo uniforme. Lo strumento della sperimentazione gestionale previsto dal decreto legislativo 229/99 (art.9bis) potrebbe trovare, nelle strutture sanitarie di montagna, applicazione utile attraverso anche una semplificazione delle procedure decisionali (ad esempio delegandole “in toto” alle Regioni). E’ comunque chiaro che, soprattutto nel caso di interventi complessi e di maxiemergenza, lo sforzo organizzativo dovrà essere rivolto allo studio e alla realizzazione di specifici protocolli operativi per la definizione delle rispettive competenze e responsabilità.

Nell’ambito di un piano organico di razionalizzazione delle risorse, è utile stabilire rapporti convenzionali fra enti ed associazioni di volontariato (Cnsas, Pubbliche assistenze o Misericordie, Croce rossa italiana, Soccorso piste, ecc.), in modo da favorire l’integrazione e la più efficace copertura del territorio montano di competenza.

Visto l’ormai consolidato rapporto convenzionale fra SSN e Cnsas, in relazione anche alla quasi totalità di implicazioni sanitarie degli interventi di soccorso in ambiente montano o ipogeo, è prioritario che i finanziamenti destinati al Cnsas vengano inseriti, a livello regionale e nazionale, nei capitoli di bilancio della Sanità. Le ambulanze di soccorso e trasporto impiegate in territorio montano devono essere adeguatamente equipaggiate per poter intervenire in condizioni meteorologiche avverse e su terreni difficili

6.5 I servizi sanitari Le zone di montagna sono caratterizzate principalmente dalla dispersione della

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popolazione e dalla difficoltà di accesso ai servizi che di norma si concentrano laddove c’è una maggiore densità di popolazione. I servizi sanitari non si sottraggono a questa logica anche se, per la loro importanza e peculiarità, si sono diffusi nelle zone periferiche anche a prescindere da considerazioni di natura economica e talvolta da considerazioni legate all’appropriatezza e all’efficacia delle prestazioni erogate.

La sanità, peraltro, sta subendo una serie di importanti cambiamenti che necessariamente stanno portando ad un ripensamento complessivo dei servizi e delle strutture di offerta, anche in montagna. I cambiamenti più significativi sono costituiti da: a) dinamiche demografiche (aumento della popolazione anziana), epidemiologiche (prevalenza delle malattie croniche rispetto a quelle acute) e sociali (inurbamento con tendenza allo spopolamento della montagna, immigrazione); b) esigenze economiche (contrazione delle risorse finanziarie, tendenza verso maggiori livelli di efficienza); c) nuove visioni culturali (perseguimento della salute come stato di benessere e non come assenza di malattia con conseguente aumento delle attese e della fiducia nella medicina); d) sviluppo della medicina (attraverso il miglioramento soprattutto delle capacità diagnostiche, ma anche di quelle terapeutiche); e) “rete” come nuova metafora organizzativa dell’attività umana e quindi anche dell’assistenza sanitaria; f) evoluzione delle telecomunicazioni (le informazioni si muovono al posto delle persone rendendo possibile il decentramento di una più ampia gamma di servizi che possono essere trasferiti dall’ospedale al territorio e dal territorio al domicilio).

Alla luce delle considerazioni esposte e dei cambiamenti che stanno caratterizzando la sanità, la ricerca di soluzioni possibili che consentano di tenere in considerazione, in una logica di equilibrio, una serie di spinte talvolta opposte è impresa difficile. In ogni caso, senza avere la pretesa di essere esaustivi, vengono proposte alcune ipotesi di soluzione per l’organizzazione dei servizi sanitari nelle aree di montagna: • perseguire il mantenimento delle persone malate a domicilio favorendo la massima integrazione fra la componente sanitaria e quella sociale dei servizi; • specializzare i servizi sanitari privilegiando i servizi territoriali e residenziali rispetto a quelli di degenza; • specializzare le strutture di degenza in strutture in grado di assicurare efficaci ed appropriate prestazioni di urgenza ed emergenza sanitaria, di assistenza sanitaria post-acuzie e di lungodegenzastrutture per acuti di riferimento (modello “hub and spokes”); • integrare i servizi sanitari territoriali e di degenza in un sistema a rete utilizzando la modalità organizzativa dipartimentale ed adottando metodologie telematiche (telemedicina, teleassistenza) per favorire il coordinamento degli operatori, lo sviluppo delle competenze professionali e l’efficacia degli interventi.

6.6 Il sistema “medicina di montagna” Recentemente, stiamo assistendo ad un grande sviluppo delle attività ricreative in montagna e, conseguentemente, ad un enorme aumento dei frequentatori delle catene montuose di tutto il mondo. Dal Colorado al Nepal, alle Alpi, agli Appennini. L’ambiente montano è divenuto il “terreno di gioco” per un crescente numero di attività fisiche e di sport sia agonistici sia ludico-ricreativi (alpinismo, escursionismo, mountain-biking, ciclismo di montagna, sci alpino, sci di fondo, sci-alpinismo, parapendio, ecc.). Così pure è enormemente aumentato il numero di soggetti che praticano questi sport. Oltre a ciò, la pratica di queste attività fisiche non è limitata ad atleti agonisti, quindi allenati e valutati da un punto di vista medico, ma si estende ad una popolazione

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estremamente ampia come fascia di età, molto spesso senza una adeguata preparazione ed una preliminare valutazione clinica e funzionale. Non solo: in molti di questi soggetti possono essere presenti patologie croniche (cardiovascolari, polmonari, renali, ematologiche, metaboliche, ecc.) che possono condizionare la risposta dell’organismo all’ambiente montano e, a loro volta, risentirne in maniera favorevole o sfavorevole a seconda della quota, del clima, della rapidità di esposizione, delle condizioni cliniche del paziente. Oltre a tutto questo si considerino le peculiari caratteristiche ambientali della montagna, ove accanto all’isolamento e alle asperità del terreno sono presenti alcuni elementi fisici tipici, quali la riduzione della temperatura e della pressione atmosferica. Quest’ultimo elemento, in particolare, può comportare una riduzione della pressione parziale di ossigeno tale per cui già alle medie quote alpine (> 2.000 metri) possono essere avvertibili gli effetti dell’ipossia ipobarica. Dal punto di vista generale, possiamo individuare alcuni obiettivi: • stimare la popolazione dei frequentatori, non residenti, delle aree montane tracciandone un profilo in relazione ai caratteri individuali e sociali, al tipo al tipo di attività svolta (lavorativa, turistica, sportiva) e all’ambiente frequentato (città e paesi, sentieri, alpeggi, rifugi, vie ferrate, vie di roccia o ghiaccio); • studiare l’epidemiologia, traumatologica e non, di questa popolazione ed, in particolare, verificare se esistano patologie tipiche e/o correlabili all’ambiente montano (traumatologia sciistica, incidenza del mal di montagna alle quote delle alpi • raccogliere i dati esistenti, verificandoli e completandoli ove necessario, sul comportamento dei soggetti affetti da patologie croniche durante l’esposizione all’ambiente montano, al fine di ricavarne indicazioni comportamentali; • valutare, infine, se l’esposizione intermittente e/o cronica ad un ambiente montano ed in particolare all’ipossia delle medie quote, rappresenti un fattore protettivo nei confronti di insulti ischemici o ipossici o possa modificare in maniera favorevole eventuali fattori di rischio presenti. Scopo di tutto ciò è la promozione di un corretto approccio alla montagna da parte dei suoi frequentatori, nell’ottica di uno sviluppo sostenibile della montagna e della promozione della salute dell’individuo. In questo senso la montagna rappresenta una risorsa per la salute ed i frequentatori contribuiscono al suo sviluppo ambientale ed economico. Non è questa la sede per discutere i modelli di questa integrazione.

Ne possiamo tuttavia indicare le modalità attuative. Sono essenzialmente tre: l’informazione, l’educazione, la prevenzione. Tutte e tre dovranno essere modulate sulla base del tipo di frequentatore: sportivo, turista, paziente. Così come diversa sarà la figura sanitaria deputata ad attuarle: medico dello sport, medico di medicina generale, specialista. Ciascuno di questi dovrà, all’interno delle sue competenze, sviluppare una preparazione specifica in medicina di montagna L’obiettivo è di arrivare alla costituzione di un sistema integrato di “medicina di montagna” in cui il flusso di informazioni possa svilupparsi in direzione centrifuga e centripeta. La realizzazione di questo sistema permetterà di fornire delle risposte alle esigenze di qualsiasi frequentatore della montagna sia in termini di informazione (materiale divulgativo, linee guida, indicazioni comportamentali), sia di educazione (corsi per medici ed altri operatori sanitari, lezioni nell’ambito di corsi di educazione alla salute, di alpinismo a qualsiasi livello, ecc.), sia di prevenzione (visite medico-sportive, valutazioni clinico-funzionali dei pazienti). Di ritorno, si potrebbe realizzare una rete di rilevamento epidemiologico delle eventuali patologie di più frequente riscontro o peculiari nei frequentatori della montagna, al fine di stabilirne eventuali fattori di rischio e poterne quindi proporre le adeguate misure preventive, perseguendo così gli obiettivi generali sopra

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delineati.

Tutto questo avverrà mediante l’individuazione o la creazione di Centri di riferimento, coordinati tra loro ed in grado non solamente di attuare le modalità operative (informazione, educazione, prevenzione), ma, nel contempo, di svolgere attività di osservazione ed analisi epidemiologica .Nella fase iniziale i Centri potranno essere rappresentati da strutture già esistenti ed operanti nel loro settore.