Audizione MediaLaws

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CAMERA DEI DEPUTATI COMMISSIONE PER I DIRITTI E I DOVERI RELATIVI AD INTERNET Audizione del 26 marzo 2015, ore 10.00 Marco Bassini 1 Buongiorno, Ringrazio la Presidenza e la Commissione per l’invito e l’onore concessomi di rappresentare oggi, in questa sede, la posizione di MediaLaws sulla bozza di Dichiarazione dei diritti in Internet sottoposta a consultazione pubblica. Mi preme, anzitutto, precisare che MediaLaws è una piattaforma di approfondimento critico di tematiche relative al diritto di Internet e dei media, fondata nel 2010 dal Prof. Oreste Pollicino (docente di Diritto dei media presso l’Università Bocconi) e composta da un gruppo di professionisti e accademici, non solo giuristi, che si confrontano quotidianamente con le sfide poste dalle nuove tecnologie e con le problematiche che questa Commissione ha ben presenti. Si tratta di una piattaforma plurale, aperta e indipendente, che non riceve alcun finanziamento da terzi e non è esponente di interessi particolari, fondando la propria capacità di contribuire al dibattito critico unicamente sull’autorevolezza dei propri autori e dei contenuti offerti. *** Preliminarmente, si deve segnalare un aspetto che merita senz’altro un chiarimento, ossia lobiettivo sotteso alla Dichiarazione. Tale obiettivo, invero, non è apparso cristallino al momento della messa in consultazione pubblica della Dichiarazione, ma ci sembra divenuto più chiaro lungo il suo corso. Ci pare di comprendere che l’ambizione della Commissione sia di disegnare un quadro di principi che, lungi dall’aspirare al consolidamento in norme di rango costituzionale o comunque legislativo, sia in grado di guidare la mano del legislatore sul terreno di Internet, pur senza pretendere di poterla piegare, operazione che del resto richiederebbe una sua collocazione nel novero delle fonti. Quest’ultima soluzione, come già evidenziato nel Documento di sintesi prodotto all’attenzione della Commissione nel corso della consultazione pubblica, sarebbe foriera di diverse criticità e non merita approvazione. L’iniziativa di cui la Commissione si è fatta promotrice pare invece destinata a confluire in una risoluzione che impegni in primo luogo il Governo, così fornendo uno strumento che sarebbe utile a evitare, per esempio, che vengano

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    Audizione del 26 marzo 2015, ore 10.00

    Marco Bassini

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    Buongiorno, Ringrazio la Presidenza e la Commissione per linvito e lonore concessomi

    di rappresentare oggi, in questa sede, la posizione di MediaLaws sulla bozza di Dichiarazione dei diritti in Internet sottoposta a consultazione pubblica.

    Mi preme, anzitutto, precisare che MediaLaws una piattaforma di approfondimento critico di tematiche relative al diritto di Internet e dei media, fondata nel 2010 dal Prof. Oreste Pollicino (docente di Diritto dei media presso lUniversit Bocconi) e composta da un gruppo di professionisti e accademici, non solo giuristi, che si confrontano quotidianamente con le sfide poste dalle nuove tecnologie e con le problematiche che questa Commissione ha ben presenti.

    Si tratta di una piattaforma plurale, aperta e indipendente, che non riceve alcun finanziamento da terzi e non esponente di interessi particolari, fondando la propria capacit di contribuire al dibattito critico unicamente sullautorevolezza dei propri autori e dei contenuti offerti.

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    Preliminarmente, si deve segnalare un aspetto che merita senzaltro un chiarimento, ossia l'obiettivo sotteso alla Dichiarazione. Tale obiettivo, invero, non apparso cristallino al momento della messa in consultazione pubblica della Dichiarazione, ma ci sembra divenuto pi chiaro lungo il suo corso.

    Ci pare di comprendere che lambizione della Commissione sia di disegnare un quadro di principi che, lungi dallaspirare al consolidamento in norme di rango costituzionale o comunque legislativo, sia in grado di guidare la mano del legislatore sul terreno di Internet, pur senza pretendere di poterla piegare, operazione che del resto richiederebbe una sua collocazione nel novero delle fonti. Questultima soluzione, come gi evidenziato nel Documento di sintesi prodotto allattenzione della Commissione nel corso della consultazione pubblica, sarebbe foriera di diverse criticit e non merita approvazione.

    Liniziativa di cui la Commissione si fatta promotrice pare invece destinata a confluire in una risoluzione che impegni in primo luogo il Governo, cos fornendo uno strumento che sarebbe utile a evitare, per esempio, che vengano

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    coniate norme come quelle fortunatamente balzate immediatamente allattenzione anche di alcuni membri di questa Commissione e rapidamente stralciate- contenute negli emendamenti al c.d. decreto anti-terrorismo. Norme che sono parse collocarsi in una direzione radicalmente opposta, quanto al bilanciamento tra tutela dei dati personali e della sicurezza pubblica, rispetto alle indicazioni, invero recenti e assai precise, della Corte di giustizia dellUnione europea nella decisione dello scorso 8 aprile che ha annullato la direttiva 2006/24/CE (c.d. direttiva sulla data retention).

    ***

    Assumendo dunque che sia questo lobiettivo della Dichiarazione, in sintonia con lo spirito della consultazione pubblica, abbiamo ritenuto di sottoporre alla Commissione alcune proposte di emendamenti che potrebbero rendere i principi espressi dalla Dichiarazione maggiormente compatibili con lecosistema costituzionale ed europeo di riferimento.

    Tali proposte possono essere formulate e motivate come segue. Il diritto di accesso a Internet Senzaltro condivisibile lintento della Commissione di dare spazio al

    diritto di accesso a Internet allinterno della Dichiarazione. Lart. 2 configura una fisionomia ben precisa di questo diritto, definito come fondamentale sebbene sia, nei fatti, descritto in termini essenzialmente prestazionali, alla stregua di un diritto sociale. La norma, infatti, auspica la garanzia a tutti i cittadini di un accesso in condizioni di parit e con modalit tecnologicamente adeguate e aggiornate, in modo da assicurare leguaglianza sostanziale dei cittadini. Si tratta di un diritto che, secondo lart. 2, deve essere assicurato nei suoi presupposti sostanziali.

    Sotto questo profilo, per quanto senzaltro condivisibile lauspicio di un impegno, da parte del legislatore, a garantire un accesso a Internet non in termini puramente formali e minimalistici, si deve segnalare il dibattito in corso lungo queste settimane che vede confrontarsi la 1a Commissione permanente Affari costituzionali del Senato con due disegni di legge costituzionale che mirano a introdurre un diritto di accesso a Internet, rispettivamente, mediante un art. 21-bis e un art. 34-bis.

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    Lopinione prevalente nel senso che un diritto di accesso a Internet non abbisogni di una esplicita costituzionalizzazione per essere tutelato, in quanto diritto strumentale allesercizio di altre libert costituzionalmente tutelate. In ogni caso, trattandosi di un diritto di prestazione, il suo inserimento in sede costituzionale sarebbe preferibile nella sedes materiae occupata dai diritti sociali, e quindi nella forma di un art. 34-bis.

    Stanti questi sviluppi, si raccomanda che la fisionomia di questo diritto, come definita dalla Dichiarazione, sia coerente con gli sviluppi sul dibattito che interessa lopportunit di unespressa previsione di rango costituzionale.

    La tutela dei dati personali Appaiono complessivamente soddisfacenti le previsioni che si occupano del

    diritto alla protezione dei dati personali. La disposizione affidata allart. 4 consolida una serie di principi che gi informano la legislazione di matrice comunitaria e di recepimento vigente in materia.

    Si segnala lesigenza che la norma, nellenucleare questo set di principi, tenga in debita considerazione le evoluzioni che si potranno registrare rispetto ad alcuni aspetti nellambito delliter di discussione (e futura approvazione) del Regolamento europeo in materia di tutela dei dati personali. Per esempio, la disposizione allude a un consenso effettivamente informato della persona interessata, cos lasciando intendere che il consenso al trattamento dei dati personali debba essere esplicito. Al riguardo, il confronto in corso tra le istituzioni dellUnione europea ha fatto emergere la possibilit di definire il consenso inequivocabile, ammettendo cos un consenso per fatti concludenti da parte dellinteressato. Rispetto a questo e ad altri elementi occorrer che la Dichiarazione si conformi o adotti soluzioni comunque compatibili con il futuro testo del Regolamento.

    Si suggerisce di eliminare linciso finale del c. 3, laddove si precisa che in ogni caso, prevale il diritto di ogni persona allautodeterminazione informativa. Tale proposta di emendamento non muove, ovviamente, dalla volont di sguarnire lautodeterminazione informativa della fondamentale importanza che essa riveste nelleconomia della disciplina dei dati personali; ma piuttosto, da quella di non ostacolare (o non rendere aprioristicamente squilibrate) possibili operazioni di bilanciamento che involgono, oltre alla tutela dei dati personali, altri diritti fondamentali.

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    Si ritiene invece preferibile eliminare il penultimo comma, che sembra voler condizionare lefficacia del consenso nel rendere lecito un trattamento di dati personali allo squilibrio (rectius: equilibrio) di potere tra il titolare del trattamento e linteressato.

    Anonimato Lart. 9 in tema di anonimato disposizione che merita a nostro avviso un

    ripensamento, in quanto muove da un approccio che vede nella possibilit di esprimere il proprio pensiero in forma anonima la regola e nel suo a volto scoperto leccezione. A nostro avviso, sarebbe opportuno rovesciare questa impostazione, alla luce di una norma costituzionale come lart. 21 che sembra condizionare la tutela della libert di espressione al fatto che lautore di un pensiero dichiari pubblicamente la propria identit: la norma allude infatti alla libert di manifestare il proprio pensiero. Questo rilievo non esclude che lanonimato possa comunque beneficiare di una tutela, anche di rango costituzionale: ma appare preferibile una disposizione che rimetta al legislatore, con il meccanismo della riserva di legge, la possibilit di definire i casi in cui sia garantito lesercizio in forma anonima questa libert. La trasparenza, in altri termini, costituisce la regola, mentre lanonimato dovrebbe rimanere uneccezione. Cos facendo, peraltro, si risolverebbe alla radice una possibile distonia con lo statuto della stampa, che vieta in quanto stampa clandestina le pubblicazioni anonime: se su Internet fosse garantito lesercizio in forma anonima della libert di espressione, si assisterebbe, a questo riguardo, a unirragionevole differenziazione fondata sulla natura del mezzo.

    Diritto alloblio La disposizione contenuta nellart. 10 sul diritto alloblio appare migliorabile

    sotto diversi profili. Anzitutto, la norma sembra codificare un diritto alloblio in armonia con la

    pronuncia della Corte di giustizia dello scorso 13 maggio nel caso Google Spain. Il contenuto del diritto alloblio su Internet non pu tuttavia essere ridotto alla sola pretesa alla rimozione dai risultati generati dai motori di ricerca (c.d. de-listing), dovendosi pi correttamente ricomprendere in tale concetto anche il diritto alla cancellazione dei propri dati personali dalle pagine web dei siti sorgente qualora, per esempio, sia venuto totalmente meno linteresse pubblico alla loro

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    divulgazione. Ovviamente, anche a questo riguardo occorre assicurare un adeguato bilanciamento con la libert di informazione e con la libert dei cittadini di ricevere informazioni.

    In secondo luogo, non appare pienamente condivisibile il riferimento alle persone note, contenuto nel secondo comma dellart. 10: introdurre categorie dai confini indefiniti e incerti operazione che rischia di ingenerare criticit nella misura in cui non appaiono immediatamente determinabili le condizioni che presiedono a una possibile, quantunque legittima, differenziazione di tutela. Sarebbe forse opportuno ricondurre la valutazione in ordine alla meritevolezza della rimozione al parametro dellinteresse pubblico, che sembra poter efficacemente guidare tale giudizio.

    Infine, lultimo comma dellart. 10 introduce una previsione evidentemente ispirata dallobiettivo di conciliare il diritto alloblio (inteso in questo frangente come diritto alla deindicizzazione dai motori di ricerca) con la libert di informazione (sia nel suo profilo attivo, sia in quello passivo), riconoscendo a chiunque il diritto di conoscere tali casi (vale a dire i casi in cui sia stata accordata la rimozione dai motori di ricerca) e di impugnare la decisione davanti allautorit giudiziaria. Facendo premessa delle difficolt che la soluzione elaborata dalla Corte di giustizia nella sentenza Google Spain pone con riguardo al rispetto della riserva di giurisdizione, e rammentando che la decisione ora richiamata ammette a conoscere delle richieste di deindicizzazione anche lautorit amministrativa competente, si ritiene di suggerire leliminazione del riferimento alla possibilit di conoscere i casi di deindicizzazione per chiunque. Tale opzione, infatti, sottende un intervento normativo che si colloca esattamente nella direzione opposta a quella cui mira il riconoscimento del diritto alloblio: in altri termini, pur condividendo la necessit di assicurare un bilanciamento con linteresse pubblico allinformazione, si rileva che una scelta siffatta esporrebbe a pubblicit proprio coloro che desiderano invece giovarsi delloblio, con il rischio di uninvolontaria eterogenesi dei fini.

    Diritti e garanzie delle persone sulle piattaforme La disposizione dettata allart. 11 della Dichiarazione riveste una posizione

    peculiare, essendo dedicata ai diritti delle persone sulle piattaforme e dunque, anzich a rapporti di tipo verticale (Stato-individuo), a rapporti inter-privati di natura orizzontale. Nonostante questa apparente anomalia rispetto a una carta

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    dei diritti (pur nei termini sopra precisati), la disposizione condivisibile, seppure migliorabile.

    Riteniamo opportuno che sia pi precisamente definito il novero dei soggetti cui la norma si riferisce. La formula responsabili delle piattaforme digitali appare ambigua, potendo designare un campo di applicazione teoricamente molto ampio.

    Dalla lettura della disposizione nella sua integrit, si pu accreditare lassunto che la Dichiarazione intenda riferirsi ai prestatori di servizi Internet, definiti dalle norme di riferimento vigenti a livello europeo e interno come prestatori di servizi della societ dellinformazione.

    Analogo chiarimento sembra imporsi laddove, al c. 1, la norma declina un obbligo di comportarsi con lealt e correttezza nei confronti di altri soggetti, fra cui, genericamente, si individuano i fornitori. Assumendo che destinatari della norma siano effettivamente i prestatori di servizi, il riferimento potrebbe essere precisato (per esempio, specificando che si tratta di fornitori di contenuti).

    Linciso con cui si conclude il c. 2 dellart. 11 appare troppo vago: se da un lato sembra volersi tutelare la correttezza del rapporto negoziale, per altro verso questa formulazione introduce elementi che attengono a profili pi squisitamente concorrenziali e relativi alla correttezza delle pratiche commerciali. Inoltre, non sembrano potersi agevolmente determinare comportamenti che possano determinare difficolt o discriminazioni nellaccesso. Al riguardo, si ritiene che i riferimenti contenuti alla net neutrality possano essere sufficienti a regolare la condotta degli operatori in tal senso.

    Si ritiene altrettanto emendabile il c. 3 della disposizione, che sembra limitare al caso di mutamento delle condizioni contrattuali nel rapporto con i responsabili delle piattaforme digitali linterruzione del rapporto, unendo poi in modo probabilmente incongruo questa norma con profili che attengono alla tutela dei dati personali (la c.d. data portability e il diritto alla cancellazione dei dati dellinteressato).

    La libert di espressione Lart. 12, norma che dedicata alla sicurezza in rete, senzaltro

    condivisibile nella sua prima parte. Il secondo comma, invece, sembra voler dettare una tutela della libert di espressione che meriterebbe invece una collocazione autonoma. La libert di espressione costituisce infatti la libert

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    cardine su Internet. Sebbene Internet rappresenti uno dei diversi mezzi attraverso i quali tale libert pu essere esercitata, in un documento come la Dichiarazione, che pure pervaso di riferimenti a questa libert, sembra maggiormente opportuno dedicare, anche per guidare il bilanciamento con altri diritti fondamentali, una disposizione apposita alla libert di espressione. La Dichiarazione, del resto, detta diritti degli utenti (come laccesso) e disegna caratteristiche del mezzo (la neutralit) che, pur condivisibili, sono di fatto sganciati dal bene giuridico da cui derivano.

    Pertanto, una disposizione come lart. 12, c. 2, sembra poter trovare pi coerentemente collocazione in una sede autonoma, che si premuri di dichiarare linviolabilit delle libert di manifestazione del pensiero su Internet con unenunciazione solenne, che le tributi la cruciale importanza che essa riveste nellera del web 2.0.

    In questambito, si rileva che unesplicita menzione della libert di manifestazione del pensiero potrebbe costituire la sede privilegiata per un richiamo, da parte della Dichiarazione (con auspicabile efficacia persuasiva verso il legislatore e la giurisprudenza), alla necessit di estendere alle pubblicazioni che replichino su Internet le caratteristiche degli stampati la tutela contro il sequestro preventivo dettata dallart. 21, c. 3, della Costituzione.

    Anche il diritto dautore, che della libert di espressione costituisce -secondo una celebre statuizione della Corte suprema statunitense- il motore, non trova menzione espressa allinterno della Dichiarazione. Pur non dubitandosi della sensibilit della Commissione su questo tema, lintroduzione di una disposizione ad hoc sarebbe auspicabile in quanto favorirebbe, preso atto della natura ormai consolidata di diritto fondamentale che il diritto dautore riveste nel panorama costituzionale europeo, le dinamiche di bilanciamento di cui questo diritto protagonista con altre libert fondamentali. Il dibattito sulladozione, da parte dellAutorit per le garanzie nelle comunicazioni, di un regolamento per la tutela del diritto dautore online, testimonia quanto il punto sia delicato e cruciale.

    La dimensione partecipativa della rete e la tutela delle formazioni sociali

    sul web Da ultimo, occorre rilevare limpronta prettamente individualistica che

    informa limpianto della Dichiarazione: molti dei diritti richiamati dalla Dichiarazione si distinguono come libert tipicamente individuali, spiegandosi

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    perlopi nel rapporto tra il singolo e il potere pubblico. Accanto alla sfera pi intimamente individualistica, per, si scorge su Internet uno spazio sempre pi importante di esercizio di prerogative che sono proprie non dellindividuo in quanto tale, ma in quanto appartenente alle formazioni sociali dove, ai sensi dellart. 2 della Costituzione, si esplica la sua personalit. Potrebbe essere utile, allora, dare spazio della dimensione partecipativa che caratterizza Internet e alle istanze che sono proprie delle formazioni sociali.

    ***

    Con questi rilievi si inteso motivare le proposte di emendamento formulate rispetto alla bozza della Dichiarazione dei diritti in Internet sottoposta a consultazione pubblica. Nessuna pretesa di esaustivit caratterizza queste brevi considerazioni, che si confida possano comunque stimolare una riflessione da parte della Commissione in ordine agli aspetti che presentano, allo stato, maggiori criticit e la cui riconsiderazione potrebbe condurre a un sensibile miglioramento del contenuto della Dichiarazione.