ATTUALITÀ 9 del sacrificio del marito ucciso C dalla mafia ... · accompagnato anche la...

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Come famiglia abbiamo aspettato qualche anno, poi abbiamo autorizzato il film a patto di poterne seguire i vari passaggi. Abbiamo accompagnato anche la lavorazione del film nel 1994, che fu girato in parte sotto casa nostra. Poi siamo stati però soddisfatti, non ci sono sbavature. A fine gennaio ci sarà anche una fiction su Raiuno, che speriamo sia altrettanto garbata e professionale. Non ha avuto paura per la sua vita e per quella dei figli. La ricacciavo via e mi affidavo alla versione che mi aveva dato mio marito. Mi preoccupai un giorno che gli fecero trovare sul bidone delle immondizie una rivoltella girata verso la sua automobile. Era un avvertimento mafioso ma lui s’inventò che apparteneva ad un tossicodipendente, per tenermi tranquilla. Anche per la realtà di oggi c’è bisogno di persone oneste come suo marito? Si, nell’andazzo attuale molte persone ritengono normali anche le bustarelle o l’evasione fiscale. Dobbiamo prendere coscienza dei nostri doveri nei confronti della società. Ai funerali di suo marito non c’erano autorità dello Stato: come avete interpretato quest’assenza? Avevo 37 anni e tre bambini piccoli, non m’importava chi fosse presente quella mattina. Pensandoci dopo, non mi sono meravigliata di quest’assenza visto come Giorgio era stato trattato. L’unica istituzione che lo sosteneva era la Banca d’Italia. Siete stati soddisfatti del corso della giustizia? Sì, ieri Giorgio avrebbe compiuto 80 anni e un’amica mi ha avvertito che su Rai 24 c’era una trasmissione di Minoli sul processo a mio marito: ho avuto ancora una volta la certezza che la giustizia ha fatto un ottimo lavoro nei confronti di Giorgio. Si discute molto di perdono da parte dei familiari delle vittime del terrorismo. Che ne pensa? E’ un discorso molto lungo. Il processo del perdono è molto lento. Da subito ho sentito che a costituirmi parte civile mettevo i responsabili nelle condizioni di dover ammettere di aver fatto un errore, e questo è il primo passaggio: solo se uno si rende conto di aver commesso un crimine è possibile poi cominciare a parlare di perdono. Il rapporto fra fede e lavoro, per Giorgio? Era molto credente ma fermamente laico nei comportamenti. Ha voluto che i figli crescessero nella fede e andassero agli scout. Un particolare, quando andava a Roma andava a pregare sulla tomba di Papa Pacelli. Il “metodo Ambrosoli” ha avuto frutti nel tentativo di scardinare l’intreccio fra mafia, politica, logge... Un vangelo dice che quando il seme muore dà frutto. Tanti frutti non li vediamo ma ci sono, anche se purtroppo sui giornali prevale il male del bene. Penso a tanti giovani che si dedicano al volontariato... Vedo che anche i miei figli sono cresciuti sereni, nonostante tutto. Umberto ha scritto un bel libro su suo padre: questi sono i frutti che ho visto a casa mia e mi auguro che ce ne sono molti altri in giro. l quanto ministro degli esteri ritardò l’estradizione in Italia. Come fa un cittadino normale a combattere la corruzione? Basta che si comporti onestamente. Credendo fermamente in quello che fa. Nel film “Un eroe borghese” di Michele Placido, tratto dal libro di Staiano del 1992, si capisce quale tensione dovette sopportare suo marito... Quando uno è convinto di fare una cosa giusta, la paura scompare. E’ il dono del discernimento: saper distinguere il bene dal male, nelle piccole e nelle grandi cose. Il film restituisce bene la figura di sua marito? 3 novembre 2013 vita trentina 9 ATTUALITÀ C di Diego Andreatta “C on la sua vita, mio marito Giorgio ha dimostrato che nella vita non si deve rinunciare ai propri ideali, non si può tradire se stessi. Era libero dalla smania di potere, mentre Sindona, il mandante del suo assassinio, ne era schiavo”. Così Anna Lori Ambrosoli ha sintetizzato per i giovani delle classi quarte del liceo “Galilei” la testimonianza umana di suo marito in un inedito confronto allestito nell’ambito del recente Festival delle professioni, promosso dal Gipro a Trento. Ecco il botta e risposta, un dialogo che ha rievocato il clima degli anni Settanta. Signora Anna, chi era suo marito Giorgio Ambrosoli? Un avvocato civilista eliminato l’11 luglio 1975 da un sicario del banchiere Michele Sindona, sulle cui attività stava indagando. Fino al settembre 1974 mio marito lavorava senza preoccupazioni nel suo studio, faceva una vita serena con tre figli piccoli. Sulla base di un precedente lavoro, un giorno venne chiamato dal governatore Carli come commissario liquidatore della Banca Privata Italiana a seguito del crack creato dal finanziere Michele Sindona. Quando a Roma ha appreso di essere l’unico commissario - aveva 40 anni - mi ha detto preoccupato “sono solo” e io gli ho detto, per sdrammatizzare, “così farai quello che vorrai”. Perchè viene indicato come un professionista esemplare? Ha svolto il suo lavoro con dedizione e impegno, ma ne è rimasto vittima. Se ne è reso conto presto perchè pochi mesi dopo l’incarico ha scritto una lettera testamento in cui prevedeva che avrebbe “pagato a caro prezzo questo incarico”. Niente lo ha fermato. Anche quando si è reso conto dei pericoli, è andato avanti per la sua strada. Non ha mai fatto politica? No, l’ha fatta a suo modo. Con l’incarico ricevuto sentiva di avere un dovere nei confronti dello Stato e nei confronti dei cittadini correntisti che dipendevano da questa Banca. A 40 anni – mi aveva scritto – così ho fatto politica, e in nome dello Stato e non per un partito. Non ebbe mai ripensamenti, l’idea di lasciare l’incarico? No, mai. Era sereno perché nonostante le minacce sperava che non avrebbero portato a termine il progetto annunciato: era troppo evidente da che parte arrivavano. Aveva la scorta? Non l’ha voluta, perchè dopo la morte di Moro con la sua scorta, Giorgio non si sentiva di mettere a repentaglio la vita degli altri per difendere la sua. Qualche uomo politico è stato vicino a suo marito? A mio marito no, invece vicino a Sindona c’era una parte della Democrazia Cristiana e in particolare Giulio Andreotti, che in Le classi del Liceo “Galilei” a colloquio con Anna Ambrosoli, vedova di Giorgio (a fianco) Anna Ambrosoli parla con gli studenti del “Galilei” del sacrificio del marito ucciso dalla mafia: “Comportarsi onestamente è vincere la corruzione”

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Come famiglia abbiamo aspettatoqualche anno, poi abbiamoautorizzato il film a patto di poterneseguire i vari passaggi. Abbiamoaccompagnato anche la lavorazionedel film nel 1994, che fu girato in partesotto casa nostra. Poi siamo stati peròsoddisfatti, non ci sono sbavature. Afine gennaio ci sarà anche una fictionsu Raiuno, che speriamo siaaltrettanto garbata e professionale.Non ha avuto paura per la sua vita eper quella dei figli.La ricacciavo via e mi affidavo allaversione che mi aveva dato mio marito.Mi preoccupai un giorno che gli fecerotrovare sul bidone delle immondizie unarivoltella girata verso la sua

automobile. Era un avvertimentomafioso ma lui s’inventò cheapparteneva ad un tossicodipendente,per tenermi tranquilla.Anche per la realtà di oggi c’è bisognodi persone oneste come suo marito?Si, nell’andazzo attuale molte personeritengono normali anche le bustarelle o

l’evasione fiscale. Dobbiamo prenderecoscienza dei nostri doveri nei

confronti della società.Ai funerali di suo marito non c’eranoautorità dello Stato: come aveteinterpretato quest’assenza?Avevo 37 anni e tre bambini piccoli, nonm’importava chi fosse presente quellamattina. Pensandoci dopo, non mi sonomeravigliata di quest’assenza vistocome Giorgio era stato trattato. L’unicaistituzione che lo sosteneva era laBanca d’Italia.Siete stati soddisfatti del corso dellagiustizia?Sì, ieri Giorgio avrebbe compiuto 80anni e un’amica mi ha avvertito che suRai 24 c’era una trasmissione di Minolisul processo a mio marito: ho avutoancora una volta la certezza che lagiustizia ha fatto un ottimo lavoro neiconfronti di Giorgio.Si discute molto di perdono da partedei familiari delle vittime delterrorismo. Che ne pensa?E’ un discorso molto lungo. Il processodel perdono è molto lento. Da subito hosentito che a costituirmi parte civilemettevo i responsabili nelle condizionidi dover ammettere di aver fatto unerrore, e questo è il primo passaggio:solo se uno si rende conto di avercommesso un crimine è possibile poicominciare a parlare di perdono.Il rapporto fra fede e lavoro, perGiorgio?Era molto credente ma fermamentelaico nei comportamenti. Ha voluto chei figli crescessero nella fede e andasseroagli scout. Un particolare, quandoandava a Roma andava a pregare sullatomba di Papa Pacelli.Il “metodo Ambrosoli” ha avuto fruttinel tentativo di scardinare l’intrecciofra mafia, politica, logge...Un vangelo dice che quando il sememuore dà frutto. Tanti frutti non livediamo ma ci sono, anche se purtropposui giornali prevale il male del bene.Penso a tanti giovani che si dedicano alvolontariato...Vedo che anche i miei figli sono cresciutisereni, nonostante tutto. Umberto hascritto un bel libro su suo padre: questisono i frutti che ho visto a casa mia e miauguro che ce ne sono molti altri in giro.

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quanto ministro degli esteri ritardòl’estradizione in Italia.Come fa un cittadino normale acombattere la corruzione?Basta che si comporti onestamente.Credendo fermamente in quello che fa.Nel film “Un eroe borghese” diMichele Placido, tratto dal libro diStaiano del 1992, si capisce qualetensione dovette sopportare suomarito...Quando uno è convinto di fare una cosagiusta, la paura scompare. E’ il dono deldiscernimento: saper distinguere ilbene dal male, nelle piccole e nellegrandi cose.Il film restituisce bene la figura di suamarito?

3 novembre 2013

vita trentina9ATTUALITÀ

Cdi Diego Andreatta

“C on la sua vita, miomarito Giorgio hadimostrato che nellavita non si deve

rinunciare ai propri ideali, non sipuò tradire se stessi. Era libero dallasmania di potere, mentre Sindona, ilmandante del suo assassinio, ne eraschiavo”.Così Anna Lori Ambrosoli hasintetizzato per i giovani delleclassi quarte del liceo “Galilei” latestimonianza umana di suomarito in un inedito confrontoallestito nell’ambito del recenteFestival delle professioni,promosso dal Gipro a Trento. Ecco ilbotta e risposta, un dialogo che harievocato il clima degli anniSettanta.Signora Anna, chi era suo maritoGiorgio Ambrosoli?Un avvocato civilista eliminato l’11luglio 1975 da un sicario delbanchiere Michele Sindona, sulle cuiattività stava indagando. Fino alsettembre 1974 mio marito lavoravasenza preoccupazioni nel suo studio,faceva una vita serena con tre figlipiccoli. Sulla base di un precedentelavoro, un giorno venne chiamatodal governatore Carli comecommissario liquidatore della BancaPrivata Italiana a seguito del crackcreato dal finanziere MicheleSindona. Quando a Roma ha appresodi essere l’unico commissario -aveva 40 anni - mi ha dettopreoccupato “sono solo” e io gli hodetto, per sdrammatizzare, “cosìfarai quello che vorrai”.Perchè viene indicato come unprofessionista esemplare?Ha svolto il suo lavoro con dedizionee impegno, ma ne è rimasto vittima.Se ne è reso conto presto perchèpochi mesi dopo l’incarico ha scrittouna lettera testamento in cuiprevedeva che avrebbe “pagato acaro prezzo questo incarico”. Nientelo ha fermato. Anche quando si èreso conto dei pericoli, è andatoavanti per la sua strada.Non ha mai fatto politica?No, l’ha fatta a suo modo. Conl’incarico ricevuto sentiva di avereun dovere nei confronti dello Stato enei confronti dei cittadini correntistiche dipendevano da questa Banca. A40 anni – mi aveva scritto – così hofatto politica, e in nome dello Statoe non per un partito.Non ebbe mai ripensamenti, l’ideadi lasciare l’incarico?No, mai. Era sereno perchénonostante le minacce sperava chenon avrebbero portato a termine ilprogetto annunciato: era troppoevidente da che parte arrivavano.Aveva la scorta?Non l’ha voluta, perchè dopo lamorte di Moro con la sua scorta,Giorgio non si sentiva di mettere arepentaglio la vita degli altri perdifendere la sua.Qualche uomo politico è statovicino a suo marito?A mio marito no, invece vicino aSindona c’era una parte dellaDemocrazia Cristiana e inparticolare Giulio Andreotti, che in

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Le classi del Liceo “Galilei”a colloquio con Anna

Ambrosoli, vedova di Giorgio (a fianco)

Anna Ambrosoliparla con gli studenti del “Galilei” del sacrificio del marito uccisodalla mafia:“Comportarsionestamente è vincere la corruzione”