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ICoN, il portale della cultura italiana intervista a Marco Santagata - di Barbara Grossi La teledidattica nel nostro ateneo Una rete “storica” nell’Europa dei crediti di Ann Katherine Isaacs Il sistema dei crediti italiano e quello europeo Gli studenti Socrates raccontano Solidarietà con gli studenti del Sud del mondo di Brunello Passaponti La condizione dello studente straniero di Andrea Addobbati A quando l’apertura del Centro di accoglienza? Mirabilia e naturalia di Andrea Addobbati L’eccellenza e i fondamenti del sapere intervista a Salvatore Settis - di Gabriela Jacomella La scommessa sul futuro del Sant’Anna intervista a Riccardo Varaldo - di Vincenzo Letta La riforma secondo gli studenti la voce dei rappresentanti delle liste in Senato Notizie @gendaWeb APPROFONDIMENTi 4 7 10 12 20 23 30 34 25 19 8 6 9 15 Lettere 29 Athenet, Periodico dell’Università di Pisa, numero 3 - Febbraio 2001, www.unipi.it/athenet Sommario

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ICoN, il portale della cultura italianaintervista a Marco Santagata - di Barbara Grossi

La teledidattica nel nostro ateneo

Una rete “storica” nell’Europa dei creditidi Ann Katherine Isaacs

Il sistema dei crediti italiano e quello europeoGli studenti Socrates raccontano

Solidarietà con gli studenti del Sud del mondodi Brunello Passaponti

La condizione dello studente stranierodi Andrea Addobbati

A quando l’apertura del Centro di accoglienza?

Mirabilia e naturaliadi Andrea Addobbati

L’eccellenza e i fondamenti del sapereintervista a Salvatore Settis - di Gabriela Jacomella

La scommessa sul futuro del Sant’Annaintervista a Riccardo Varaldo - di Vincenzo Letta

La riforma secondo gli studentila voce dei rappresentanti delle liste in Senato

Notizie

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Lettere 29

Athenet, Periodico dell’Università di Pisa, numero 3 - Febbraio 2001, www.unipi.it/athenet

Sommario

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Athenetperiodico dell’Università di Pisa

Direttore responsabile: Luciano Modica

Redazione: Andrea Addobbati,Barbara Grossi, Vincenzo Letta

Lungarno Pacinotti 43 - PISAtel: 050 2212113e-mail: [email protected] on-line: www.unipi.it/athenet

Progetto grafico: Vincenzo Letta

Stampa: tipografia universitaria

Autorizzazione n° 7 del 01-04-1981presso il Tribunale di Pisa

In copertina:calco in gesso della Atena di Velletri,conservato presso la gipsoteca del dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa.(foto: Fausto Gabrielli)

La rivista viene spedita adomicilio a tutti i professori,ricercatori, e dipendentidell’Università di Pisa.La tiratura di questo numeroè stata di 4400 copie.

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Editoriale◆

La riforma universitaria entra nel vivo. Le università italiane saranno im-pegnate nei prossimi mesi a mettere in pratica le indicazioni della rifor-ma, o per meglio dire, dovranno interpretare queste indicazioni appro-

fittando in maniera creativa degli ambiti di autonomia che la riforma stessaaccorda agli atenei. Si tratta di predisporre il piano dei corsi di studio secon-do la nuova articolazione del 3+2, di calibrare l'offerta formativa tenendo con-to delle esigenze del mondo produttivo - senza rinunciare per questo ad un'i-struzione saldamente ancorata ai fondamenti delle discipline - di mettere apunto il nuovo sistema dei crediti e le nuove procedure di autovalutazione del-le attività didattiche. Insomma, l'Università italiana, nel giro di qualche anno,cambierà radicalmente volto, facendo propria un'impostazione ed una filoso-fia condivisa da tutti i sistemi universitari europei, a partire dalle dichiarazio-ni d'intenti di Parigi ‘98 e Bologna ‘99.Per avere gli esiti sperati, a Pisa come in ogni altro ateneo, la riforma dovrà faraffidamento sull'impegno straordinario di tutti: docenti, studenti e ammini-stratori, e questo sarà possibile quanto più sarà garantita, nella transizione dalvecchio al nuovo sistema, un'informazione esauriente e corretta sugli indiriz-zi del processo riformatore e sulle diverse esperienze in atto.Sarà opportuno quindi che si sviluppino strumenti di comunicazione adatti afornire una informazione rapida. In questo senso sarà fondamentale il ruolodi Internet: la creazione nei siti di facoltà di pagine dedicate alla riforma op-portunamente collegate con la pagina già esistente sul sito centrale di ateneo(www.unipi.it/riforma2/) è sicuramente uno di questi strumenti.La redazione di Athenet intende dare il suo contributo per portare avanti que-sto impegno. Continueremo, come già in passato, a proporre commenti au-torevoli sulla riforma universitaria e articoli di approfondimento su tutte lequestioni particolari legate alla sua attuazione. Si tratterà di alimentare il di-battito con interventi di qualità, ma anche di raggiungere un sempre maggiornumero di lettori ed è a questo proposito che siamo lieti di annunciare unagrande novità: Athenet ha finalmente preso il largo sul web. Alla rivista tradi-zionale è stata infatti affiancata una versione on-line (www.unipi.it/athenet),nella speranza che questo sforzo ulteriore possa tornare utile all'Università diPisa nella sfida che il futuro le prospetta.

La Redazione e Dino Pedreschi (Prorettore per la didattica)

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Come è nato ICoN, prof.Santagata? Il consorzio è natocon l’idea di cooperare alla dif-

fusione della lingua e della cultura ita-liana nel mondo. Per cultura intendia-mo la cultura italiana in tutte le sue ma-nifestazioni, sia presenti che passate.Così ICoN non sarà la prima universitàtelematica, ma sarà sicuramente la pri-ma università con ambizioni di questotipo: sarà cioè il primo portale della cul-tura italiana e la prima università di unpaese che si rivolge al resto del mondocon una missione di questo tipo. Inquesto settore ICoN è sicuramente ilprimo esperimento al mondo.

Quindi non è solo un progetto di ita-lianistica….Assolutamente no. Ci occupiamo ditutto ciò che ha a che fare con la cultu-ra italiana, ovviamente con un impianto umanistico: quindi distoria, archeologia, urbanistica, diritto,storia delle istituzioni, arte, musica, cu-cina, design. Tutto quello che attienealla cultura italiana passa e può passareattraverso ICoN.La nostra missione è la diffusione dellalingua e della cultura italiana: essendoun consorzio di università facciamoformazione e abbiamo scelto di farlausando internet, una tecnologia a bas-so costo che consente di raggiungere unnumero di persone molto alto.Attraverso un portale all’indirizzowww.italicon.it diffondiamo corsi divario tipo (non solo di lingua, ma an-che di design, di musica, storia dell’ar-te, ecc..). Ci rivolgiamo prevalente-mente all’estero, a utenti stranieri. Maoggi i processi di globalizzazione fannosì che anche il concetto di estero siamolto vago: per esempio gli extraco-munitari in Italia sono nostri utenti.

Cosa offre ICoN?ICoN offre la prima laurea telematicamondiale in Lingua e cultura italiana -che partirà il 1° novembre prossimo- eun pacchetto di corsi di lingua italianaon-line per principianti, per intermedi eper avanzati.Il corso di laurea preparerà docenti diitaliano all’estero e sarà legalmente rico-nosciuto a nome delle università asso-

ciate, che sono 23 in tutta Italia, più laScuola Superiore di Studi Universitari S.Anna di Pisa e il Consorzio Net.t.uno.ICoN rilascerà il titolo di una laureatriennale di 180 crediti legalmente rico-nosciuta. Gli studenti stranieri che pren-deranno questa laurea triennale attraver-so ICoN, potranno venire a continuaregli studi in Italia iscrivendosi ad una lau-rea specialistica dell’università italiana.Saranno riconosciuti anche i singoli cre-diti maturati: per cui se uno studente hamaturato 20 crediti attraverso ICoN, gliverranno riconosciuti e potrà venire acontinuare gli studi in Italia. Le lezionidei singoli moduli dei corsi (italiano,storia, arte, musica, geografia, filosofia,antichistica) sono in fase di preparazio-ne dai vari docenti delle università ade-renti al consorzio che stanno preparan-do anche gli apparati che servono per se-guire le lezioni (test di autovalutazione,esercizi, tutoraggio).Chi si vuole iscrivere invece ai corsi dilingua italiana deve sottoporsi ad un te-st preliminare; sulla base del risultatonoi sappiamo qual è il suo livello di co-noscenza dell’italiano e da qui lo indi-rizziamo al corso più adatto: quello perprincipianti, quello intermedio oppurel’avanzato. Alla fine del corso gli allievisosterranno per via telematica le proveper conseguire le certificazioni di cono-scenza della lingua italiana come linguaseconda (L2) che saranno rilasciate dal-le Università per Stranieri di Perugia eSiena e dall’Università di Roma III.Abbiamo inoltre un corso per cittadiniextracomunitari in Italia e un corso di

Nelle università italiane stiamo assistendo alla diffusione di nuove tecnologie per l’insegnamento e alla conseguente nascita dimoltissimi corsi via web. Il nostro ateneo è stato tra i primi a sperimentare questi strumenti, ma solo per singoli insegnamenti odiscipline. Il consorzio ICoN (che sta per Italian Culture on the Net) è il primo esperimento di campus interamente virtuale cheha scelto l’utilizzo esclusivo di internet per la sua attività didattica e di tutorato: ICoN consentirà infatti di laurearsi in linguae cultura italiana via web. L’esperimento, che si rivolge esclusivamente a stranieri, prenderà il via il 1° novembre prossimo. Saràpossibile preiscriversi a partire dal primo maggio 2001. Abbiamo chiesto al presidente di ICoN di illustraci questo progetto.

ICoN, il portale della cultura italianaÈ partito il primo esperimento di teledidatticadell’Università di Pisa

intervista a Marco SantagataPR

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Il prof. Marco Santagata, presidente delConsorzio ICoN a cui aderiscono 23università italiane, la Scuola Superioredi Studi Universitari S. Anna di Pisa eil Consorzio Net.t.uno.

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italiano scritto professionale (tra cui uncorso per uffici pubblici, per banche eper aziende).Tutti i contenuti del sito sono comun-que liberi: chiunque può collegarsi awww.italicon.it e leggere liberamentetutte le lezioni -che saranno fornite an-che in traduzione-, fruire delle banchedati, del museo, dell’audioteca, dellavideoteca (i cui materiali filmati docu-mentari sono stati forniti dalla Scuolanazionale del Cinema e dall’IstitutoLuce)e della grande enciclopedia(messa a disposizione dalla Treccani)completa di vocabolari e tavole crono-logiche.

L’esame sarà on-line? L’esame sarà sostenuto in forma scrittaper via telematica, con forme diversifi-cate a seconda del tipo di esame: ci po-trà essere anche videoconferenza.

E per l’identificazione? Non crede checi potranno essere problemi?Sì, ma qui scatta l’altro meccanismo le-gato alla didattica: abbiamo bisogno diavere una rete fisica, non basta esserevirtuali. Dobbiamo avere sparsi per ilmondo tutta una serie di punti ai qua-li gli studenti possano rivolgersi per so-

stenere le prove d’esame, essere identi-ficati e fare gli esami senza che barino.E per fare questo ci rivolgiamo alle isti-tuzioni italiane all’estero: consolati,

istituti italiani di cultura, scuole italia-ne all’estero, associazioni di italiani al-l’estero, e a tutti gli altri enti dove si faformazione legata all’Italia (diparti-menti universitari, scuole internaziona-li nei quali ci siano insegnamenti di ita-liano, ecc). Stiamo creando una granderete fisica, abbiamo già i primi accordi.In questo ci aiuta la convenzione con ilMinistero degli Affari Esteri che ci per-mette di usufruire delle strutture italia-ne all’estero.

Le tasse? Saranno dello stesso importo diquelle universitarie oppure ci sarà unosgravio rispetto a queste? Con la teledi-dattica i costi si abbattono: non c’è piùbisogno di aule per la didattica, di labo-ratori, di servizi, etc..Saranno differenziate a seconda delle areegeografiche: non possiamo far pagare ne-gli Stati Uniti la stessa cifra che in India.In ogni caso pensiamo di far pagare dei ca-noni inferiori rispetto alle tasse universi-tarie attuali. Per i paesi in via di sviluppostiamo pensando di allestire un numeroconsistente di allacciamenti gratuiti.

Un grossissimo investimento sulla tele-didattica, sulla didattica a distanza …Si, siamo convinti che in futuro questa di-dattica avrà un peso sempre maggiore,quindi dobbiamo cominciare ad attrez-zarsi.

Volevo arrivare proprio a questo: unadelle idee di fondo di questo progetto èquindi anche quella che l’insegnamentoprobabilmente in futuro sarà sempre piùvirtuale?Io sono convinto che in un futuro nem-meno troppo lontano l’insegnamento adistanza avrà un peso grandissimo e nonsoltanto affiancherà l’insegnamento fron-

Sul portale di ICoN (www.italicon.it) sono liberamente a disposizione la più grande biblioteca digitale di testi italiani (oltre 1200opere complete dal Medioevo al Novecento), una raccolta di immagini della cultura italiana antica e moderna e un’enciclopedia conmigliaia di voci relative a personaggi, autori, fatti, movimenti e luoghi della storia e della realtà italiana.

In un futuro non troppolontano l’insegnamento a di-stanza avrà un peso grandissi-mo e non solo affiancherà l’in-

segnamento frontale, ma inmolti casi lo soppianterà.[...]Le università hanno l’obbligo

di riflettere su queste nuove for-me di insegnamento e di nonlasciarle alla spontaneità del

mercato e dei singoli

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tale, integrandolo e arricchendolo; ma inmolti casi soppianterà l’insegnamentofrontale. Nell’università del futuro lenuove tecnologie sostituiranno le formetradizionali di didattica: e questo è terre-no su cui bisogna muoversi in fretta. Nonso quali siano i tempi, ma secondo me so-no abbastanza rapidi.Fino ad oggi non abbiamo avuto un gros-so stimolo a sviluppare forme di didatti-ca di questo tipo perché le dimensioni delpaese in cui viviamo, la ricchezza di isti-tuzioni universitarie, il fatto che le uni-versità siano aperte a tutti hanno fatto sìche non ci sia stata una vera necessità asviluppare questo settore. Ma lo stimoloviene una volta che si entra in un sistemaintegrato mondiale: se non siamo noi adoccuparcene, siccome le nuove tecnolo-gie non conoscono frontiere, saranno al-tri. Bisogna cominciare a pensare che co-sa significa una competizione globale an-che nel settore della formazione, tenendopresente che la formazione è uno deigrandi business di questo momento e chelo sarà sempre di più in futuro. Basta ve-dere che c’è un’esplosione di offerta di for-mazione a tutti i livelli. Le università se-condo me hanno l’obbligo di riflettere suquesto e di non lasciare la questione allaspontaneità del mercato e dei singoli. Leuniversità possono e devono garantire laqualità della formazione.Questo crea grossi problemi di organiz-zazione e di qualità. Noi stiamo cercandodi fare un sito di alta qualità, e sul webquesto non è sempre semplice: queste for-me di didattica sono efficaci, ma al mo-mento non hanno la stessa efficacia delladidattica frontale.

Ed ecco un altro punto che volevo tocca-re: i problemi della teledidattica…..Noi collaboriamo con la altre università,con gli istituti di cultura, cioè integriamole forme di didattica che ci sono già; manon vogliamo soppiantare né fare concor-renza a chi già all’estero fa formazione inquesto settore. Il nostro tentativo è quellodi agganciare tutto quel pubblico (che ègrandissimo) che non ha contatti con leistituzioni formative: allargare la plateadegli italofoni, fornire a loro formazione acui non avrebbero avuto accesso al loropaese (perché non hanno l’università, nonpossono andare all’università, non hannostrutture, non hanno lo stesso tipo di cul-tura, ecc).È evidente che il servizio che noi fornia-mo non potrà avere la stessa qualità diun’università, però noi forniamo un servi-

zio che altri non forniscono, cioè cerchia-mo di aumentare nel mondo il pubblicodelle persone che possono venire a con-tatto con la cultura italiana.

Qual è la maggior richiesta di formazio-ne che avete avuto per il momento?La formazione che fino a questo momen-to ci viene richiesta di più è quella per in-segnanti di lingua italiana all’estero: quasisempre quando entriamo in contatto conle istituzioni straniere ci chiedono di lavo-rare in questo settore. Un’altra richiestamolto forte è la formazione di traduttori.

Quali istituzioni straniere vi contattano?Soprattutto le università: l’Università cat-tolica del Cile, l’Università di New Delhi,l’Università del Cairo, quella di Città delMessico.Ci sono poi le fondazioni: la FondazioneTorino di Belho Orizonte in Brasile, che èun istituto dove si fa formazione seconda-ria, ci ha contattato per la formazione didocenti. Oltre alle richieste di formazione comun-que riceviamo anche molto interesse pergli apparati documentari, le immagini, ilmuseo, i testi e la biblioteca del sito.Fortissima inoltre è anche la richiesta daparte dei discendenti degli italiani all’este-ro: viviamo infatti in una fase in cui c’è

una forte richiesta di lingua e cultura ita-liana perché le nuove generazioni degli ita-liani all’estero (che non si sentono più ita-liani, ma che si sentono pienamente citta-dini dei paesi dove sono nati), a differen-za dei padri e dei nonni che si vergogna-vano di essere italiani, non si vergognanopiù, e sono curiosi di andare a vedere dadove sono venuti.Inoltre è cresciuto il ruolo internazionaledell’Italia nel mondo. Insomma, tuttoquesti fattori concorrono a far sì che ci siauna grande richiesta internazionale di lin-gua italiana.

Non l’avrei detto….Sì, è un fenomeno diffuso, legato anchead altri motivi: ad esempio al fatto che gliitaliani sono diventati un popolo di turi-sti, che viaggiano, per cui l’italiano è di-ventato una delle grandi lingue interna-zionali. Quindi è un fenomeno non sololegato alla cultura, ma anche alla presenzadegli italiani. Mentre il francese è in unafase di lunga regressione, l’italiano è inespansione.

Quindi colmiamo un po’ il nostro gap dinon presenza…Ci proviamo.

Barbara [email protected]

La teledidattica nel nostro ateneo

Nell’ateneo pisano oltre al Consorzio ICoN è partito un altro progetto promosso dalConsorzio Interuniversitario per le Telecomunicazioni (CNIT) in collaborazione conEutelsat, l’Organizzazione Europea per le Telecomunicazioni via Satellite. Eutelsat met-terà a disposizione una rete satellitare interuniversitaria che, attraverso una serie dicorsi a distanza, permetterà di conseguire il dottorato di ricerca in telecomunicazioni.Si tratta del primo teledottorato in telecomunicazioni: il suo impianto didattico si ar-ticola in una serie di 27 corsi di 10 ore l’uno in inglese, erogati in diretta e differitagrazie al satellite Eutelsat, e messi a disposizione in forma numerica anche sul web. Iprimi sette atenei collegati dalla rete satellitare sono Pisa, Bologna, Catania, Firenze,Genova, Napoli e Padova.Sempre su satellite sono i corsi diffusi da NETTUNO (Network per l’università ovunque)a cui anche l’Università di Pisa partecipa con alcuni insegnamenti all’interno del diplo-ma di ingegneria informatica e di ingegneria elettrica. NETTUNO è la prima universitàtelematica italiana che utilizza sia reti televisive satellitari della RAI (RAI NETTUNO SAT1 E RAI NETTUNO SAT 2) sia internet per la trasmissione dei propri corsi e per lo svol-gimento di tutte le attività didattiche. I dati ufficiali diffusi nella relazione delle attivitàdel 1999 parlano di 6.000 iscritti, con la previsione di oltre 1.000 nuove matricole al-l’anno. Nella pagina informativa sui metodi pedagogici utilizzati da NETTUNO leggiamoche “il modello di insegnamento a distanza proposto da NETTUNO è un nuovo model-lo pedagogico che risponde in primo luogo all’esigenza di flessibilità, e che consenteal tempo stesso di evitare l’isolamento dello studente. L’insegnamento avviene senzapiù limiti di spazio e di tempo, ma allo stesso tempo è possibile avere fasi di interazionediretta tra docenti e studenti.”.

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Tredici anni fa la Commissione eu-ropea decise di sperimentare unsistema di crediti per facilitare il ri-

conoscimento del lavoro accademicocompiuto all’estero degli studenti dei pae-si della Comunità. Si trattò di un impor-tante passo per incoraggiare la mobilitàdegli studenti e quindi per costruire unospazio comune in Europa per lo sviluppodelle conoscenze.Così ebbe inizio un progetto pilota per ve-rificare sul campo e per perfezionare il si-stema poi noto come ECTS (EuropeanCredit Transfer System). Cinque gruppidi università rappresentative di tutti i pae-si membri parteciparono alla sperimenta-zione; a ciascun gruppo fu affidata una

specifica area disciplinare. Il corso di lau-rea in Storia del nostro ateneo si candidò,fu selezionato e collaborò attivamente findall’inizio per il settore di Storia, coordi-nato a livello centrale dall’Università diGroningen.Per calibrare il sistema dei crediti fu ne-cessaria la partecipazione non solo dei do-centi e del personale amministrativo —bisognava trovare soluzioni ad una serie diproblemi formali per avviare l’usodell’ECTS — ma anche di studenti di-sposti a compiere un’esperienza di studioall’estero, cosa a quell’epoca né comune nébanale.Oltre a definire la misura del carico di la-voro, ci si impegnò fin dall’inizio a creareuna prassi amministrativa uniforme, sem-plice, volta ad assicurare trasparenza e cer-tezza: bisognava garantire, da un lato, al-lo studente il pieno riconoscimento del la-voro, preventivamente concordato e poicompiuto; dall’altro che le istituzioni aves-sero una conoscenza precisa e previa di ciòche i loro studenti avrebbero fatto pressole sedi ospitanti. A tale scopo si crearonodegli opuscoli informativi e dei modulistandardizzati ECTS (disponibili in varielingue – vedi http://europa.eu.int/com-m/education/socrates/usersg.html): ladomanda (Application Form), il contrattodi apprendimento (Learning Agreement) ela certificazione del lavoro svolto(Transcript of Records).Il sistema è usato oggi dalla maggior par-te delle università europee per il ricono-

scimento delle attività dei loro studentipresso sedi in altri paesi. Inoltre, laDichiarazione di Bologna lo propone co-me modello comune da adottare nellariorganizzazione dei singoli sistemi uni-versitari.Ciò che distingue il sistema dei creditiECTS da quelli da tempo utilizzati nelmondo anglosassone è l’unicità e la chia-rezza del parametro impiegato. I creditieuropei sono calcolati sulla base del lavo-ro necessario allo studente per completa-re un anno tipo, definito come equivalen-te a 60 crediti, e non sulla base delle ore dilezione, quindi di lavoro del docente.Oltre alla misurazione del carico di lavo-ro dello studente in termini di crediti, l’u-so dell’ECTS richiede la chiarezza e l’am-piezza delle informazioni riguardanti: lastruttura dei programmi di studio, laquantità di lavoro necessario per superareciascuna unità didattica (corso, esercita-zione, seminario, laboratorio, tirocinio oaltro), i metodi didattici, il livello dell’in-segnamento, le modalità di accertamentoo valutazione (esame scritto o orale, test,prova pratica ecc., condotti come, quan-do e da chi), il sistema di votazione e la di-stribuzione dei voti effettivamente asse-gnati. Lo studente deve sapere in che co-sa consiste un corso prima di intrapren-derlo, ed essere certo che, se lo supera, glisarà riconosciuto nel suo programma distudio secondo gli accordi presi.La riforma del sistema universitario italia-no oggi in atto utilizza gli strumenti e i

Una rete “storica” nell’Europa dei creditiDal Progetto Pilota a CLIOHNET

di Ann Katherine Isaacs

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Gli inizi della Rete ECTS-Storia risalgono al 1988 quando alcune università europee, fra le quali la nostra, furono designate per speri-mentare un nuovo sistema di crediti. Al termine della fase sperimentale il sistema, perfezionato, fu pronto per essere impiegato non solo pergestire gli scambi internazionali, ma anche come strumento per organizzare i nuovi sistemi universitari nazionali (tra cui anche quello ita-liano - vedi il box di approfondimento). Intanto le università impegnate per l’area disciplinare storica hanno continuato la loro collabora-zione, costituendo una Rete dedicata al rinnovamento della didattica in una prospettiva europea. Negli ultimi anni la Rete, ribattezzataCLIOH e coordinata dall’Università di Pisa, si è allargata e oggi comprende 38 università di 27 paesi. Così il nostro ateneo si trova all’a-vanguardia nel processo di estensione delle attività SOCRATES nell’area umanistica, grazie anche alla partecipazione degli studenti: ognianno nella sola facoltà di Lettere e Filosofia se ne contano circa cento in arrivo mentre altrettanti partono per studiare in altri paesi europei.

La Prof. Isaacs durante un incontro congli studenti del programma Socrates.

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principi sperimentati durante il progettopilota ECTS. Oltre ad assumere piena-mente il sistema dei crediti basato sul ca-rico di lavoro degli studenti, la riforma siispira anche alle esigenze di chiarezza e di

compatibilità con gli altri paesi europei.Terminata la fase sperimentale dell’ECTS,le università appartenenti al gruppo disci-plinare di Storia decisero di continuare laloro collaborazione, mettendo a frutto in

un contesto diverso il loro patrimonio diconoscenze. L’obiettivo era di avviare unprocesso di innovazione nel modo in cuisi studiano e si insegnano le discipline sto-riche a livello universitario. Il gruppo, checomprendeva allora 26 università di 17paesi, ottenne il sostegno della Comunitàeuropea, nell’ambito del programmaERASMUS (poi SOCRATES) per unprogramma di sviluppo dei curricula inti-tolato “Storia dell’idea e della realtàd’Europa”.L’Università di Pisa (in collaborazione conquella di Reykjavik) coordinò un gruppodi 21 università nell’affrontare gli aspettipolitici della storia europea. La finalitànon era di creare una nuova storia euro-pea, unitaria e uguale per tutti, da sosti-tuire alle singole storiografie nazionali. Sidesiderava al contrario stimolare il con-fronto e accrescere la consapevolezza del-la varietà e molteplicità degli approcci edell’interconnessione della storia europea.Accostando le tradizioni esistenti si rite-neva di poter mettere in piena luce le ca-ratteristiche delle singole storie nazionali(regionali in molti casi) e, contempora-neamente, di incrementare la conoscenza

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Il sistema di crediti previsto dalla riforma universitaria è basato sulsistema ECTS. Il decreto di attuazione dei nuovi gradi accademici inItalia fa esplicito riferimento al sistema europeo, e la progettazionedei nuovi corsi di studio si fonda sui “crediti formativi universitari”o CFU, che corrispondono in modo esatto ai crediti ECTS. Secondoi decreti ministeriali, 60 CFU rappresentano un anno di lavoro di unostudente tipo, proprio come i crediti ECTS.Negli ultimi anni si sono compiuti nuovi passi verso l’applicazione diun unico sistema dei crediti in tutti i paesi europei. Con laDichiarazione di Bologna, nella quale i ministri di 29 paesi si sonoimpegnati a rendere compatibili i sistemi di istruzione superiore inEuropa, i crediti sono diventati uno dei principali strumenti per la ri-organizzazione dei sistemi nazionali. L’“European Credit System” stadiventando la base comune per misurare il lavoro necessario per ot-tenere i gradi accademici di primo o di secondo ciclo all’interno diciascun paese o di ciascuna università, anche per chi non intendecompiere una parte dei propri studi all’estero. Quando l’estensionedel sistema dei crediti sarà completa, i vari sistemi universitari eu-ropei saranno immediatamente compatibili. Anche per l’Italia lacompatibilità con il sistema europeo sarà immediata.Alcuni paesi utilizzano già da tempo sistemi di crediti simili o iden-tici all’ECTS. Nel caso italiano, invece, i crediti vengono impiegati nonper descrivere un sistema esistente, ma per organizzarne uno nuo-vo. Sono diventati quindi uno strumento di progettazione. Perchiarezza, la normativa italiana quantifica le ore di lavoro cor-rispondenti ad un credito in termini assoluti, e non solo in terminirelativi: ogni CFU corrisponde a 25 ore di lavoro dello studente.I crediti vengono “accumulati”: lo studente, quando avrà ottenuto i

crediti richiesti dal suo corso di studio, conseguirà il grado accade-mico relativo. Per “accumulo” non si intende che i crediti possanoessere ottenuti con la semplice presenza alle lezioni, ai seminari oad altre attività di apprendimento. Il credito è sempre espressione diuna quantità di lavoro, e si ottiene solo quando la qualità del lavorocompiuto è stata accertata mediante un esame o una prova. Il nu-mero di crediti, quindi, va corredato con altre indicazioni: il voto, illivello e i contenuti.La vera sfida è di utilizzare a pieno le potenzialità offerte dal sistemadei crediti per riformare in modo profondo, positivo ed efficace ilnostro sistema universitario. Per fare ciò, bisogna anzitutto accettareil rovesciamento di prospettiva che i crediti portano con sé. I credi-ti ECTS o CFU — come abbiamo visto – sono basati sulla quantità dilavoro che uno studente può ragionevolmente compiere in un anno.La definizione delle classi delle lauree è basato su 180 crediti (treanni di lavoro), quella della lauree specialistiche su 300 crediti (5anni di lavoro). Progettare i nuovi corsi a partire dallo studente, equindi da ciò che è effettivamente possibile fare in un dato periododi tempo, vuol dire ripensare la didattica dalle fondamenta. Vuol direcompiere delle scelte.Gli organizzatori dei nuovi corsi di studio sono chiamati a definireex novo, in termini di obiettivi e di competenze, i risultati che desider-ano ottenere nel corso dei tre o dei cinque anni. Le nostre strategiedi docenti dovranno essere affinate; non sarà possibile semplice-mente travasare i programmi attuali in nuovi contenitori. Partire dal-lo studente e dal suo impegno piuttosto che dalle ore di lezione cat-tedratica ci obbliga infatti a disegnare nuovi percorsi, a definire meto-di e contenuti innovativi.

L’evoluzione della Rete ECTS-Storia: in grigio scuro i primi Paesi europei che ne han-no fatto parte, in grigio chiaro quelli che si sono aggiunti fino al 1999.

Il sistema dei crediti italiano e quello europeo

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dei contesti politici e culturali nei quali so-no state create.Negli ultimi due anni ci sono stati cam-biamenti importanti nell’organizzazionee nelle finalità di quella che era divenutauna vera e propria rete di università checollaboravano da oltre un decennio. APisa, nel maggio del 1999, in occasionedi una conferenza europea sull’insegna-mento delle discipline storiche, fu presala decisione di estendere la Rete per in-cludere università di tutti i paesi appenaammessi alla partecipazione ai program-mi europei, trasformando quindi il grup-po basato su scelte compiute nel 1988 enegli anni immediatamente successivi inuna Rete nuova, che rispecchiasse megliola realtà e le prospettive dell’Unione eu-ropea del 2000. Durante l’estate del 1999l’Università di Pisa ha concluso accordibilaterali con università di 11 paesi:Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia,Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria,Slovenia, Romania, Bulgaria, e Norvegia.Nasceva così CLIOH (il titolo per estesoè “Refounding Europe: Creating Linksand Overviews for a new History agen-da”), che comprende 38 università di 27paesi. Gli accordi prevedono la mobilitàdi studenti e docenti nonché l’adesione alnuovo progetto di sviluppo dei curriculanel settore storico-umanistico.La prima riunione plenaria si è svolta aLipsia nell’ottobre del 2000. In quell’oc-casione i coordinatori delle sedi partnershanno avviato il programma triennaleper la preparazione di moduli CORE emoduli COMPASS (moduli didatticisulla Storia europea per il primo ciclo eper studenti di qualsiasi settore discipli-nare che intendono compiere un’espe-rienza SOCRATES); hanno inoltre ap-provato il progetto per una Rete temati-ca SOCRATES intitolata CLIOHNET(coordinata dall’Università di Pisa, i pro-ponenti sono 50 università di tutti paesieuropei compresi Malta e Cipro).Il prossimo appuntamento è a Pisa nelmaggio del 2001. La seconda riunioneplenaria di CLIOH sarà tenuta pressoil nostro Ateneo in congiunzione conun Programma Intensivo SOCRATESintitolato “Sistemi politici e definizio-ni di ruoli di genere”, che vedrà la par-tecipazione di studenti e docenti di tut-ta la Rete.

Ann Katherine Isaacs Coordinatore Centrale della Rete ECTS

Storia e Consigliere ECTS per laCommissione Europea

Janika Aso - studente di Storia e Storiadell’Arte all’Università di Tartu, Estonia.

Perché ho scelto di fare un’esperienzaErasmus in Italia? Quando sono entra-

ta all’università già avevo il sogno di venirein Italia e studiare la lingua e la storia. Erauna possibilità ideale per me. Ho lavoratoper due anni solo per questo, per venire inItalia.Come mi trovo a Pisa? Sono contentissima.Seguo un corso sul Rinascimento, uno diStoria dell’Arte e Architettura medievale.Anche i corsi di lingua sono buonissimi.L’Università di Tartu è abbastanza antica.Agli italiani non sembrerà così antica, maper gli estoni è una cosa diversa. Fu fonda-ta nel 1632 dal re svedese Gustavo AdolfoII. È l’università più antica in Estonia ed èanche l’unica vera universitas nel senso chesi può studiare tutto. Le altre università so-no specializzate, ma l’Università di Tartu ècome quella di Pisa. Si possono studiare tut-te le discipline. Per uno studente pisano sa-rebbe un’esperienza molto bella studiare aTartu. La lingua può essere un problema,perché la lingua estone è molto difficile.Però ci sono corsi di lingua estone per stra-nieri nella mia università, per principianti eper i più avanzati. Se uno studente italianovolesse studiare il francese, il russo o lo sve-dese, allora sarebbe bello studiare inEstonia, perché la mia Università dà un’ot-tima conoscenza delle lingue.

Liudas Jovaisa - dottorando in Storia dellachiesa all’Università di Vilnius, Lituania.

Ho saputo che sarei potuto venire a Pisaall’inizio di quest’anno. Sono qui per

consultare le biblioteche sulla storia dellachiesa, del ‘500 e del ‘600, perché inLituania non abbiamo altrettanti materialisu questo tema. Ho trovato le informazio-ni sull’Università di Pisa su internet; doveho potuto consultare la guida dei corsi e lepagine sulle biblioteche. Cosa deve fare uno studente di Pisa che vo-lesse andare all’Università di Vilnius?Innanzitutto consiglio di studiare la lingua.Qui nella Facoltà di Lettere avete PietroDini che è un noto baltista; quindi avete lapossibilità eccezionale di prepararvi beneper un periodo di studio in Lituania. Per chinon sa il lituano molti dipartimenti offro-no corsi in inglese o tedesco. Poiché laLituania è un paese piccolo la gente nor-malmente sa usare qualche lingua stranie-ra: inglese, tedesco, francese. È possibile co-municare anche in queste lingue.Nell’Università lituana ci sono tre livelli: civogliono tre anni per il baccalaureato, poidue anni per il “Magister”, e infine c’è il dot-torato. Le frontiere fra i paesi sono state im-penetrabili per un certo periodo. Il mio pae-se non sembra esistere nella coscienza euro-pea occidentale. Ma per noi è molto im-portante essere parte dell’Europa, o meglio,ritornare a farne parte...

Gli studenti Socrates raccontano

Quest'anno sono iscritti all'Università di Pisa studenti SOCRATES-ERASMUS prove-nienti da quasi tutti i nuovi partners di CLIOH: dalle Università di Tartu, Vilnius, Riga,Cracovia, Debrecen, Brno, Praga, Leipzig, Sofia, Bratislava e Cluj sono infatti arrivatistudenti che stanno seguendo corsi della nostra facoltà di Lettere. È la prima volta chel'Università di Pisa ospita studenti SOCRATES di alcuni di questi paesi. Nel nostro Ateneoesiste da alcuni anni un "Coordinamento SOCRATES", un gruppo di studenti volontari(recentemente trasformato in associazione) che ha lo scopo di aiutare gli studenti prove-nienti dai paesi stranieri a trovare un alloggio e, più in generale, a risolvere tutti i proble-mi che incontrano al loro arrivo e durante la permanenza a Pisa. L'indirizzo e-mail del-l'associazione è: [email protected]. Abbiamo chiesto a due degli studenti pro-venienti dai nuovi paesi aderenti a CLIOH di dirci qualcosa sulla loro esperienza e sullepossibilità, per i nostri studenti, di studiare nei loro paesi. Ecco come hanno risposto.

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Chi vive nell’università ha certa-mente presenti le difficoltà e i di-sagi che debbono affrontare gli

studenti provenienti dai paesi poveri,specie dell’Africa, dell’Asia e dell’Ameri-ca Latina. Paesi non di rado colpiti dacrisi politico-sociali, turbati da disordi-ni interni se non da veri e propri conflittibellici.Per venire incontro a queste situazioni, ungruppo di persone, per la maggior partedocenti del nostro Ateneo, ha costituitonel dicembre scorso l’Associazione “SanteMalatesta”.Questo sodalizio, di natura giuridica pri-vata e senza fini di lucro, si propone difornire un sostegno a studenti stranieri,senza discriminazione politica, di sesso,razza, lingua, cultura o religione, iscrittiall’Università di Pisa, in modo da favorir-ne l’inserimento nella vita universitaria ecittadina, eliminando o almeno riducen-do i momenti di disorientamento e gliostacoli alla loro integrazione socio-eco-nomica-culturale.La dedica a Sante Malatesta vuole ricor-dare un insigne studioso, docente diElettronica nella facoltà di Ingegneria enell’Accademia navale di Livorno, scom-parso due anni or sono e protagonista invita di opere di solidarietà e sostegno deipoveri e degli emarginati che hanno la-sciato il segno nella nostra città.I giovani stranieri giunti per studiare aPisa da paesi in situazioni critiche sono isoggetti più deboli dell’intera realtà stu-dentesca. Provenienti da contesti cultura-li molto differenti dal nostro, spesso in ri-strettezze economiche e, almeno all’ini-zio, sempre a disagio con la lingua, que-sti giovani devono organizzarsi una vita

nuova in un mondo in gran parte scono-sciuto e pieno di problemi: i rapporti conle istituzioni e la burocrazia (iscrizione aicorsi e relativa documentazione, permes-si di soggiorno, attestazioni per fruire dieventuali borse di studio ecc.) la ricerca dialloggio, le preoccupazioni per il pastoquotidiano, l’assistenza sanitaria, l’inseri-mento nel tessuto umano e sociale dellacittà. Anche gli studenti italiani, soprat-tutto quando arrivano da regioni lontane,possono avere difficoltà analoghe ma, seci pensiamo, per quelli stranieri dei paesipoveri la situazione è senz’altro più gravee spesso drammatica.Se ne è avuta conferma nella gestione diuna borsa di studio riservata agli iscrittiall’Università di Pisa e finanziata con li-bere contribuzioni raccolte fra docenti,personale tecnico-amministrativo e stu-denti del nostro Ateneo. I casi più meri-tevoli di attenzione, talvolta di una gra-vità inimmaginabile, riguardavano sem-pre giovani di paesi extracomunitari eco-nomicamente arretrati e con crisi politi-co-sociali in atto. Inoltre, il quadro cheemergeva dall’analisi delle situazioni pre-se in considerazione era tale che ha fattoben presto capire come, per un aiuto con-creto e con un minimo di efficacia, oc-corresse qualcosa di più impegnativo estabile di una borsa di studio. Qualcosa,come appunto un’associazione, suscetti-bile di diventare in qualche modo un ter-mine di riferimento non occasionale perquesti studenti stranieri i quali, se abban-donati a se stessi, rischiano di scontrarsicon difficoltà per loro insormontabili, dinon poter concretamente partecipare alprocesso di formazione scientifica e pro-fessionale per cui sono venuti in Italia e

di subire un’umiliante e pericolosa emar-ginazione sociale, dagli sbocchi davveroimprevedibili.L’Associazione Malatesta è naturalmenteben consapevole di non poter risolverecon le sole sue forze, quali che siano quel-le che riuscirà effettivamente a coinvolge-re, un insieme così ampio e diversificatodi problemi. Essa si prospetta compitioperativi, per quanto potrà essere in con-creto alla sua portata, e propositivi, neiconfronti di enti e istituzioni politico-so-ciali, là dove le competenze toccano la sfe-ra pubblica. In ogni caso è aperta alla col-laborazione con qualsiasi altra realtà sin-gola od organizzata – amministrazioni,uffici, organismi e strutture di volonta-riato nonché persone di buona volontà –che possa contribuire al più efficace per-seguimento degli obiettivi di sostegno edaiuto ai soggetti ai quali il sodalizio desti-na la propria azione.l’Associazione ha attivato un proprio spor-tello per il ricevimento degli studenti,operativo tutti i martedì, dalle 17 alle 19,presso la sede di Piazza San Frediano.Nell’ambiente è già abbastanza conosciu-to e numerosi sono stati i casi affrontatinei primi mesi di attività. Si è andati dalsupporto per i rinnovi dei permessi disoggiorno o per il superamento di disgui-di o situazioni controverse con organi isti-tuzionali, agli aiuti per i problemi logisti-ci (alloggio, mensa) per il regolamento ditasse e contributi arretrati, per la battitu-ra e rilegatura di tesi, per la ricerca di stru-menti tecnici (soprattutto computer) perl’ottenimento di occasionali lavori nei pe-riodi di vacanza e cose del genere.Ulteriori iniziative potranno essere as-sunte una volta raccolte altre forze e mes-

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Solidarietà con gli studentidel Sud del mondoUna nuova associazione per favorirel'inserimento degli studenti stranieri

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di Brunello Passaponti

L'associazione "Sante Malatesta" è nata per promuovere attività di sostegno a favore degli studenti stranieri più svantaggiati. Ungran numero di docenti hanno aderito all'iniziativa dando la propria disponibilità a svolgere attività di tutoraggio, a prestareaiuto e a consigliare tutti quei ragazzi del Sud del mondo che incontrano difficoltà nello studio o che faticano ad ambientarsi nelnostro ateneo. Il presidente, prof. Brunello Passaponti, ci illustra i programmi della nuova associazione.

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sa meglio a punto l’organizzazione asso-ciativa. Sarà importante impostare un’at-tività di prima accoglienza per dare aiutoagli studenti nel momento delicatissimodell’impatto con la realtà nuova. Aiutoche può consistere tanto in sostegni ma-teriali, quanto, ove possibile, nell’elimi-nazione di lacune e difficoltà iniziali (pre-parazione generale e specifica, padronan-za linguistica ecc.) che potrebbero rende-re assai arduo l’approccio con gli studi chesi vorrebbero intraprendere. In quest’ul-tima prospettiva, ma non solo, potrebbe

essere particolarmente efficace un’operadi tutoraggio, nella quale dovrebbero esse-re coinvolti sia docenti che studenti dellefacoltà dove i nostri stranieri si iscrivono. Ancora, e questo è specificamente previ-sto dallo statuto sociale, sarà di grandeutilità la costituzione di un “Fondo finan-ziario”, al quale far confluire parte del get-tito delle quote annue dei soci ed altre ri-sorse da acquisire all’esterno, per il sup-porto a studenti in difficoltà economichee per l’erogazione di borse di studio fina-lizzate al completamento dei percorsi uni-

versitari. Per capire l’importanza di que-sto strumento, si pensi semplicementeche le borse di cui usufruiscono gli uni-versitari stranieri, comprese quelle eroga-te dal nostro governo, le più diffuse tra glistudenti provenienti dai paesi poveri, so-no strettamente correlate agli anni di cor-so delle tabelle curriculari. Ora ben sap-piamo, sulla base di dati oggettivi, che èdel tutto eccezionale per gli stessi studen-ti italiani rispettare queste tabelle e con-cludere gli studi nei tempi canonici.Figuriamoci cosa può essere per gli stra-nieri, soprattutto quando accusano certihandicap di partenza. Accade così cheuno studente, supponiamo di ingegneriao di agraria, superato il quinto anno diiscrizione, magari con risultati brillanti,avendo però ancora esami da sostenereperde ogni forma di sostentamento. Se lasua famiglia non è in grado di provvede-re, questo studente dovrà arrangiarsi persopravvivere, cercando lavoretti saltuaried altre forme occasionali di guadagno.Con quali effetti sul prosieguo degli stu-di si può ben capire.Questo “Fondo”, una volta finanziato, do-vrà essere gestito dagli organi dell’associa-zione secondo un preciso regolamento,da redigere e fare approvare dall’assem-blea. Una sua caratteristica potrebbe esse-re quella della rotazione, con la formuladel prestito d’onore, da rimborsare una vol-ta completati gli studi ed acquisite, daparte del beneficiario, fonti stabili di red-dito. In questo modo, oltre che responsa-bilizzare gli assegnatari, si avrebbe unacontinua e naturale rialimentazione del

Agraria: Ludovico Galleni, Franco TognoniBiochimica: Carlo BauerChimica: Paolo Gianni, Francesco MalatestaEconomia: Emilio Barucci, Carlo Casarosa,

Paola Miolo Vitali, Brunello PassapontiFarmacia: Irene GiorgiFilosofia: Adriano FabrisFisica: Giampaolo GoriniGiurisprudenza: Eugenio Ripepe, Aldo Santilli,

Attilio PolleraInformatica: Giorgio GalloIngegneria: Fabio Fineschi, Franco Flandoli,

Sebastiano Francaviglia, Enrico MariaLa Trofa, Lucio Verrazzani

Istituti di via Derna: Maria Luisa Ceccarelli,Marina Soriani Innocenti,

Marco TangheroniIstituti di via San Zeno: Giuseppina Barsacchi,Gino MalvaldiLingue: Roberto AielloMatematica: Franco Favilli, Antonio Marino,Maurizio PratelliMedicina: Massimo Ermini, Gino SantoroPalazzo Agonigi: Marisa Bonamici, Cesare LettaPalazzo Ricci: Piero Floriani, Alessandro MartinengoScienze della terra: Fabrizio InnocentiScienze politiche: Raffaello Ciucci, Enrico TalianiVeterinaria: Paolo Marroni, Giorgio Montagnoli,Giovanna RenzoniScuola Normale Superiore: Franco BassaniS.S.S.U.P. "Sant’Anna": Andrea Bonaccorsi,Emanuele Rossi

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Sante Malatesta, insigne docente di elettronica scomparso due anni or sono, ha inseg-nato nella nostra facoltà di Ingegneria e all'Accademia navale di Livorno. Scienziatodi rilievo internazionale, Malatesta deve essere ricordato anche per la grande dedizioneverso i poveri e gli emarginati. Impegnato nel sociale sin da giovanissimo, aderì allaFuci e successivamente alla Società di San Vincenzo de' Paoli. Di entrambe è stato aivertici delle strutture diocesane di Pisa, lasciando in ciascuna il segno di un grandeequilibrio e di un'azione di stimolo sempre efficace e coinvolgente.

I referenti dell’associazione “Sante Malatesta”

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Innanzi tutto è bene ricordare cheper gli stranieri extracomunitaril’accesso alle università italiane

non è libero. I visti d’ingresso sonoconcessi ogni anno in numero limita-to dal Ministero degli Esteri, di con-certo col MURST, su indicazione del-le sedi universitarie e sentito il pareredella commissione parlamentare com-petente.Possono iscriversi a parità di condizio-ni con gli italiani solo gli extracomu-nitari che posseggano già un permessodi soggiorno per altro motivo: lavoro,ricongiungimento familiare, asilo etc.Tutti gli altri ragazzi non europei chevogliono studiare in Italia devono faredomanda di preiscrizione alle rappre-sentanze diplomatiche italiane delpaese in cui risiedono e fornire garan-zie per quanto riguarda la disponibi-lità dei mezzi di sostentamento.Ottenuto il visto di ingresso, devonorecarsi presso l’università prescelta persostenere un esame di lingua e spera-re, una volta superatolo, di rientrarenella quota fissata.Il permesso di soggiorno per motivi di

studio deve essere annualmente rinno-vato. A questo effetto lo studente de-ve dimostrare all’ufficio stranieri dellaQuestura di aver superato due esaminel corso dell’anno e di disporre di al-meno un milione al mese per la sussi-stenza. I diritti a cui dà accesso questotipo di permesso sono tuttavia limita-ti ed è per questo che gli studenti, overicorrano i requisiti prescritti dalla leg-ge, preferiscono fare domanda perconvertirlo in permesso per motivi dilavoro. Ma ottenere la conversionenon è semplice. Gibrail, studente pa-lestinese in medicina, ce l’ha fatta, ap-profittando delle facilitazioni accorda-te dalla legge Martelli agli stranieripresenti in Italia prima del 1989: “hoconvertito il permesso per un fattomolto semplice: per rinnovare il per-messo da studente dovevi pagare ognianno 155 mila lire; anche se può sem-brare poco, io parlo di dieci anni fa,era una cifra enorme per uno studen-te; invece il permesso per lavoro noncosta niente, in più, dura almeno dueanni e se non lavori puoi sempre iscri-verti al collocamento. Infine, ed è la

cosa più importante, con il permessoper lavoro si usufruisce del Servizio sa-nitario nazionale. Lo studente stranie-ro invece deve pagarsi ogni prestazio-ne sanitaria e 350 mila lire per avere ilmedico di famiglia”.Il numero chiuso per gli stranieri è l’u-nica discriminazione relativa al dirittoallo studio prevista dall’attuale nor-mativa. Per il resto, la legge 40 del1998 ha sancito il principio della pa-rità di trattamento in materia di istru-zione universitaria, ribaltando così lafilosofia delle precedenti disposizioniche garantivano il diritto degli stra-nieri con provvedimenti mirati e quo-te riservate. Oggi gli stranieri, almenoin linea di principio, possono concor-rere su un piede d’uguaglianza con gliitaliani per ottenere tutte le agevola-zioni assicurate dalle aziende del DSUe dagli atenei agli studenti che abbia-no determinati requisiti di merito e direddito. “Negli ultimi anni — affermaMunir, studente al quarto anno di far-macia — sono cambiate molte cose inmeglio. La legge che ha stabilito la pa-rità di trattamento è stata una cosa

La condizione dello studente stranierodiritti sanciti e diritti esigibili

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di Andrea Addobbati

Gli studenti stranieri sono una piccola minoranza nella nostra università, poco più dell’1% di tutta la popolazione studentesca. La metàdi essi viene da paesi poveri, con un reddito medio pro capite che non arriva alla metà di quello italiano. Sono i ragazzi che incontrano lemaggiori difficoltà di ambientamento e che faticano di più a terminare gli studi. Nel loro caso i consueti problemi di ogni studente fuorisede (l’alloggio, il mantenimento, il costo dell’iscrizione e dei libri) sono spesso ingigantiti dalla mancanza di mezzi adeguati, dall’imper-fetta conoscenza della lingua e, all’inizio, dal senso di disorientamento che colpisce chiunque si trovi in un paese straniero senza relazioni eamicizie. Athenet ha condotto una piccola inchiesta su questi problemi, andando a parlare con alcuni ragazzi stranieri che studiano a Pisa.

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grande. Siamo considerati uguali agliitaliani. Io, ad esempio, pagavo un mi-lione di tasse, pagavo l’affitto, cioè,l’alloggio con il DSU, pagavo la men-sa, avevo gli stessi anni di corso, ma-gari ero anche più bravo di altri, peròvenendo dal Marocco ero sfavorito.Da quest’anno invece, grazie alla leg-ge 40, gli stranieri possono accederealle graduatorie della borsa: ho parte-cipato e ho vinto”.L’articolo 37 della legge 40 ha apertosicuramente molte porte, ma c’è anco-ra tanto da fare per assicurare l’esigi-bilità del diritto, ostacolata dalla catti-va informazione degli interessati e da-gli strumenti imperfetti adoperati nel-la valutazione della loro condizioneeconomica. Nei concorsi per l’asse-gnazione delle borse, dei posti allog-gio, dei lavori part-time e per ottene-re la riduzione delle tasse, il reddito fa-miliare degli stranieri è valutato se-condo il tasso di cambio medio del-l’anno decorso, ma parificato per po-tere d’acquisto ai redditi italiani attra-verso coefficienti di rivalutazione fis-sati dalle Nazioni Unite e recepiti dalDPCM del 30 aprile 1997. Occorrefar notare che questi coefficienti, pe-riodicamente aggiornati, furono daprincipio adottati (prima della legge40) per valutare, a fini fiscali, i reddi-ti esteri dei cittadini italiani e solo inun secondo tempo per equiparare iredditi degli stranieri. L’equiparazionebasata sul potere d’acquisto servirà pu-re a difendere gli italiani dalla concor-renza degli stranieri, ma è basata sullapresunzione assurda che lo stranierostudi in Italia e consumi al suo paese.I coefficienti vanificano il principiodella parità più di quanto non appaiaa prima vista. Nella maggioranza deicasi gli studenti provenienti dal terzomondo appartengono infatti a fami-glie che nel loro paese sono privilegia-te, ma che non lo sarebbero più se per-cepissero lo stesso reddito in Italia.L’equiparazione perciò pone molti ra-gazzi fuori dalle fasce di reddito degliaventi diritto. Il problema è colto intutta la sua immediatezza nelle paroledi uno studente in scienze economichedi famiglia benestante: il padre è inge-gnere in Albania [coefficiente di riva-lutazione 8.25]: “Non si capisce beneperché i due milioni e rotti che guada-gna mio padre vengono ricalcolati equi diventano venti. Capisco che mil-le lire qui non valgono mille lire in

Albania, ma alla fine mio padre più dicentomila lire il mese non mi puòmandare”.Il nuovo regolamento sulla contribu-zione dell’Università di Pisa introduceun corretivo almeno per quel che ri-guarda la disciplina delle riduzioni.Per gli studenti provenienti da un cer-to numero di paesi considerati eufe-misticamente “in via di sviluppo” siapplica d’ufficio una riduzione che ab-batte l’importo delle tasse di un milio-ne, mentre per quelli che provengonoda paesi un po’ meno poveri, detti “fa-voriti”, l’abbattimento è di 500 milalire. Il regolamento, quindi, avvertechiaramente il problema, ma deve far-vi fronte, per forza di cose, con uno

strumento approssimativo e imperfet-to. La distinzione tra paesi “in via disviluppo” e paesi “favoriti” è destinataa far discutere. Lascia perplessi adesempio l’inclusione tra i “favoriti”delle repubbliche balcaniche colpitedalla guerra, in particolare la Bosnia,la Jugoslavia e la Macedonia il cui PILpro capite è attualmente analogo aquello di un qualsiasi paese dell’Africasubsahariana. C’è poi l’annoso proble-ma dei palestinesi con cittadinanzaisraeliana. In Israele le disparità socia-li coincidono in buona parte con la di-stinzione nazionale: la differenza direddito tra i palestinesi e gli altri citta-dini di Israele è in media di 1 a 17 (da-ti “Il Sole 24 Ore”). Il regolamento

Eric William Juice, studente camerunense al quinto anno di medicina: “uno dei mag-giori problemi per gli studenti stranieri a Pisa è quello dell’alloggio”.

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sulle tasse prende correttamente attodi questa situazione, tant’è vero cheequipara i palestinesi agli altri studen-ti provenienti dai paesi più svantag-giati. Ma il problema è che per i pale-stinesi risulta estremamente difficolto-so certificare la propria condizione:“con i documenti israeliani — diceGibrail — finisce che sei svantaggiato.Per gli israeliani infatti non è previstoalcun finanziamento, nessun aiuto,perché Israele è considerato un paesemediamente ricco, quasi europeo. E tucome fai a dimostrare che sei palesti-nese? Quando chiedi l’alloggio o la ri-duzione delle tasse puoi solo sperareche ti accettino l’autocertificazione; edico sperare perché su questo non haialcuna certezza. Ci sono dei ragazzi pa-lestinesi che hanno dovuto pagare letasse per intero perché sulla carta sonoisraeliani. E ogni anno cambiano le re-gole. Due anni fa anche con un’auto-certificazione potevi ottenere la ridu-zione; quest’anno invece non bastapiù: devi parlare col Rettore, con qual-che responsabile delle Segreterie, esperare nella loro comprensione”.Uno dei maggiori problemi emersi dalnostro colloquio con gli studenti stra-nieri di Pisa è la carenza di struttured’accoglienza e di primo orientamen-to che rendano meno violento l’im-patto con la nuova realtà. Tutti gli stu-denti fuori sede al loro arrivo sono

spaesati, ma per gli stranieri questaesperienza può diventare drammatica:“Quando uno arriva — è Munir a par-lare — cosa deve fare? dove deve an-dare? e soprattutto, dove può dormi-re? Tutto questo non si sa. Conoscostudenti che hanno passato quindicinotti alla stazione; poi per fortunahanno incontrato un marocchino cheha offerto loro un tetto, un amico (so-no diventati amici dopo). In quei gior-ni qualcuno di loro aveva deciso di tor-nare a casa, perché venire qui a studia-re per migliorare la propria situazione,e ritrovarsi a fare il barbone non è unacosa che t’incoraggia”. La prima acco-glienza, quindi, è sicuramente un gros-so problema. “Se non si provvede inqualche modo — osserva Eric, stu-dente camerunense in medicina —potrà trarsi d’impaccio e superare que-sto primo scoglio solo chi avrà la for-tuna di incontrare degli amici dispostiad ospitarlo, o chi avrà i soldi per pa-garsi l’albergo”. Ma per Arturo, stu-dente palestinese in medicina, non c’èsolo il problema dell’alloggio; lo spae-samento si produce anche in facoltà:“lo straniero — dice — ha maggioriproblemi ad ambientarsi. Quando ar-riva in facoltà gira a vuoto, non sa checosa fare, quali corsi seguire, perdeinutilmente un sacco di tempo.Secondo me ogni facoltà dovrebbe no-minare un tutore incaricato di seguire

gli stranieri, un professore che possadar loro consigli. All’inizio ci sonosempre dei problemi che potrebberoessere facilmente superati se ci fossequalcuno a darti delle indicazioni”.L’associazione Sante Malatesta è nataproprio per venire incontro a questaesigenza, ma sarebbe bene che il tuto-rato non fosse lasciato alla benemeritainiziativa di alcuni volenterosi.Per concludere, la condizione deglistudenti stranieri è molto miglioratanegli ultimi anni, ma occorre fare dipiù per rendere effettiva la parità ditrattamento. E se l’ateneo e il DSUhanno hanno grandi responsabilità inquesto, anche gli studenti devono farela loro parte. Fino a pochi anni fa eraattiva nella nostra città l’USAPP,l’Unione degli Studenti Africani dellaProvincia di Pisa. Purtroppo questaesperienza è andata esaurendosi.Bisogna quindi che l’associazione, al-largata a tutti gli stranieri, risorga pertornare ad essere quel che era in passa-to: un punto di riferimento importan-tissimo per i nuovi arrivati, e un inter-locutore dell’Ateneo e del DSU pertutte queste problematiche. Eric,Munir, Artur, Gibrail, e tutti gli altriragazzi che abbiamo incontrato se loaugurano; e Athenet, con loro.

Andrea [email protected]

Gli studenti stranieri iscritti a Pisa tra il 1990 e il 1999 provenienti da paesi con PIL procapite inferiore ai diecimila dolla-ri annui. Si può rilevare come sia cresciuta negli ultimi anni la presenza di studenti provenienti dai paesi dell’Est.

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Il problema dell’alloggio può diventareparticolarmente gravoso per gli studen-

ti stranieri. Arrivati a Pisa, i ragazzi conmodesti mezzi economici non sanno a chirivolgersi per ottenere ospitalità; capitacosì che alcuni di loro, prima di trovareuna decorosa sistemazione, siano costret-ti a pernottare più volte nelle sale d’aspet-to della stazione.Si tratta di un’esperienza limite, ma nontanto infrequente come si potrebbe pensa-re. Interpellati sulla questione, alcuni no-stri concittadini impegnati nel sociale han-no confermato la testimonianza di Munir(si veda l’inchiesta a pag.12). Le autoritàaccademiche, a conoscenza di questa si-tuazione, da tempo si sono attivate per por-vi rimedio. Nel 1995 il prof. GiulianoCampioni, come delegato alla ConsultaRegionale sull’immigrazione, ottenne perl’Università di Pisa un finanziamento dadestinarsi, in base alla legge Martelli del‘90, alle politiche d’integrazione. Furonocosì poste le basi per portare ad effetto unprogetto importante: la ristrutturazione diun immobile da adibire a centro di primaaccoglienza per studenti stranieri.Nel patrimonio dell’ateneo fu individuatauna struttura sufficientemente adatta alloscopo: un’antica casa colonica posta aS.Piero a Grado, ma regolarmente collega-ta al centro cittadino dal servizio pubblico.I lavori di ristrutturazione sono ultimati datempo. L’ufficio all’edilizia dell’ateneo haconsegnato il nuovo centro di prima acco-glienza, completo di mobilia e suppelletti-li, più di due anni fa. Da allora si è postoil problema della gestione. Il CdA di ateneoha giustamente pensato di affidare la strut-tura al DSU.L’azienda regionale per il Diritto allo Studioinfatti, oltre ad essere il soggetto pubblicoistituzionalmente competente, gestisce lamaggior parte degli alloggi studenteschi sulterritorio e quindi, assumendo la gestionedel nuovo centro, può mettere in campoquelle economie di scala di cui l’ateneonon sarebbe capace, con comprensibile ri-sparmio di risorse. In base a questa consi-derazione, si giunse, nel 1999, alla stipuladi una convenzione tra Ateneo e DSU. (de-libera 406/9-11-99) Quel che dispiace èche a tutt’oggi il centro rimanga chiuso einutilizzato, col rischio, per altro, di de-grado per la struttura.È possibile che l’inerzia del DSU sia ricon-ducibile ad alcune condizioni onerose

contenute nella convenzione. In particola-re, sappiamo che i termini di permanenzae gli obblighi che ne derivano per l’azien-da sono un aspetto sul quale si sono regi-strate opinioni divergenti. La convenzioneinfatti stabilisce che l’ospite non possatrattenersi al centro per più di un mese eche il DSU nel frattempo si faccia carico direperire una sistemazione alternativa perl’interessato.È naturale che un centro di prima acco-glienza non possa fornire una soluzionedefinitiva agli studenti che necessitano diun alloggio; bisogna che la permanenza siatemporanea per garantire l’universalitàdel diritto ed evitare che questo si trasfor-mi in un privilegio, resta tuttavia incom-prensibile la decisione di fissare il termi-ne ad un mese. È vero che gli otto posti let-to del centro di accoglienza non possonoesaurire la domanda — si veda la tabelladelle immatricolazioni alla pagina 12 —,ma a parte il fatto che non tutti gli studen-ti stranieri hanno un pari bisogno, occor-re tener presente una circostanza fonda-mentale ai fini dell’organizzazione del ser-vizio: la richiesta di prima accoglienza nonsi distribuisce su tutto l’arco dell’anno, masi verifica in coincidenza degli esami diammissione ai corsi, fra ottobre e novem-bre. Limitare la permanenza ad un mese si-gnifica lasciare la struttura inutilizzata pergran parte dell’anno, rendendo allo stessotempo più difficoltoso il reperimento diuna soluzione alternativa al DSU. Il tempodi permanenza allora potrebbe essere pro-tratto a un anno — il primo anno di cor-so, periodo particolarmente delicato perl’ambientamento dello studente straniero—; dopo tutto, quel che è importante è chela struttura sia disponibile per accoglierei nuovi arrivati all’inizio di ogni anno ac-cademico.Non è escluso che la mancata attivazionedel servizio sia legata anche ad altri pro-blemi, concernenti l’individuazione degliaventi diritto, la manutenzione della strut-tura, l’eventuale compartecipazione disoggetti terzi nella gestione etc. In ogni ca-so, bisogna evitare che passi un altro annoinutilmente: tutti i responsabili e gli inte-ressati devono sforzarsi di trovare al piùpresto una soluzione affinché con l’annoaccademico 2001-2002 il centro di acco-glienza possa finalmente aprire i battenti.

(a.a)

“Fondo” che consentirebbe di fronteggia-re, nel tempo, un numero assai ampio disituazioni.Queste sono alcune delle cose che già stafacendo o si propone di fare l’Associazione“Sante Malatesta”. La sua nascita risale al-la fine di dicembre del 1999. Dopo un pe-riodo di conduzione a cura di un ristrettoComitato provvisorio, presieduto dal pro-fessor Eugenio Ripepe, per impostare lepiù immediate attività, farsi conoscere nel-l’ambiente e raccogliere un certo numerodi adesioni al progetto, nel maggio scorsosi è tenuta la prima assemblea dei soci perdefinire un’iniziale linea di indirizzo e perdar vita agli organi sociali. Nel Consigliodirettivo sono stati nominati, oltre a chiscrive in qualità di Presidente, il professorFranco Favilli (Vice Presidente), il profes-sor Attilio Pollera (Tesoriere), DonSeverino Dianich, il professor EnricoMaria Latrofa, la signora Maria GraziaMartini Righi, Don Claudio Masini e,con funzioni di segreteria, il dottor MarcoAllegrini ed il signor Claudio Righi. Acomporre invece il Collegio sindacale, so-no stati chiamati, la dottoressa ElenaTangolo (Presidente), il commercialistaGiovanni Del Chicca e l’avvocato AldoSantilli.La sede sociale è in Piazza San Frediano,5 dove agisce anche lo sportello per il rice-vimento degli studenti. I soci affiliati so-no già oltre il centinaio e chiunque con-divide certi ideali di solidarietà, e vuolecontribuire all’impegno che l’associazio-ne porta avanti, può in qualsiasi momen-to iscriversi compilando la scheda di ade-sione e versando la quota annuale. Lascheda può essere richiesta, insieme allostatuto, ai referenti di zona dell’associazio-ne, che costituiscono una rete assai capil-larmente diffusa nelle strutture universi-tarie e dei quali, a parte, viene riprodottol’elenco. La quota corrente è di 50.000 li-re e può essere versata tramite il c/c ban-cario (n° 11.11.01706, Cassa di Risparmiodi Pisa – ABI 06255, CAB 14011) od ilc/c postale (n° 14659551) intestatiall’Associazione oppure, volendo, può es-sere trasmessa anche per contanti attra-verso un referente.

Brunello Passapontidocente di

Metodologie e determinazioniquantitative d'azienda [email protected]

Solidarietà con...Segue da pag. 11

A quando l’apertura del Centro di accoglienza?

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«In terra si rappresentano alla vistatutte cose nuove, si quanto allepiante come degli animali e de-

gli uomini. I frutti sono molti e di variafigura; e ‘l mandar quest’anno semi o al-tre mostre d’essi non ha auto luogo, per-ché sono venuti tardi, e a questa scala pri-va d’ogni comodità per simili gentilezzenon ho potuto far nessuna diligenza inquesta parte. Ma spero di emendar la fal-ta l’anno prossimo, perché, andando aGoa doppo la spedizione di queste navi,potrò provvedermi con più comodo ditutte queste novità.»Quando scrisse queste righe —nel1584— Filippo Sassetti si trovava inIndia, a Cochin, per soprintendere al traf-fico di pepe del genovese GiambattistaRovellasco. Gli interessi naturalistici delcolto mercante fiorentino erano nati di-versi anni addietro, quando da studentedell’ateneo pisano ebbe modo di frequen-tare l’insigne botanico e medico AndreaCesalpino. In seguito, il giovane Filippodovette abbandonare gli studi per la mer-catura; questo però non gli impedì di far-si una salda reputazione di letterato e bo-tanico, tanto che al momento di salpareper le Indie Orientali ricevette dai Medici,il granduca Francesco e il CardinalFerdinando, la richiesta di spedir loroqualche meraviglia delle terre lontane cheavrebbe visitato e in particolare qualcheseme di nuove specie vegetali. Ma il desi-derio dei principi non poteva essere facil-mente soddisfatto. La scienza dei “sempli-ci” —noi diremmo la farmacopea— inquei luoghi non era coltivata abbastanza:era inutile rivolgersi all’unico speziale diCochin, “i limoni [eran] la più fine drogache egli [avesse] in bottega”, perciò, come

confidò a Baccio Valori in una lettera delgennaio del 1586, per accontentare i suoipadroni Sassetti fu costretto a impiantarea Goa un vero e proprio giardino botani-co, mettendo così in pratica le conoscen-ze apprese anni addietro a Pisa: “Ho perquesto effetto comprato un orto in Goa,dove disegno di mettere fino ad un centi-naio di piante delle più nominate in que-ste parti, che ce ne sono molte in predica-mento di meravigliose”.Filippo Sassetti non fu l’unico viaggiatorea raccogliere esemplari di specie nuove esconosciute. Tutti gli europei disseminatilungo le rotte delle due Indie, i mercantiin cerca di nuove fonti di guadagno, i mis-sionari cacciatori di anime e persino gli av-venturieri più spregiudicati, anche se pri-vi delle competenze scientifiche di unSassetti, non poterono fare a meno di por-tare con sé in Europa qualche tangibile te-stimonianza degli straordinari paesi che

avevano visitati. Alcuni di questi oggetti—i più stravaganti— andarono ad arric-chire le collezioni di curiosità naturalisti-che dei principi, altri furono acquistati daistituzioni accademiche e scientifiche.Anche il nucleo originario delle collezioniche possiamo ancor oggi ammirare alMuseo di Storia naturale e del Territoriodi Calci fu riunito al tempo dei galeoni edelle scoperte geografiche: un’età che videil dilatarsi degli orizzonti e l’accrescersidella curiosità verso tutte le sorprendentimanifestazioni di una natura apparsa, adun tratto, molto più varia e “vaga” di quan-to non si fosse sino ad allora sospettato.Non era solo la stranezza esotica che ecci-tava la curiosità; ogni nuova pianta, ogninuovo animale, ogni minerale poteva pos-sedere qualche segreta virtù: spettava aimedici, ai botanici, ai cultori di filosofianaturale scoprirla.Luca Ghini, famoso medico e botanico, fu

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Mirabilia e naturaliaIl Museo di Scienze Naturali tra passato e presente

di Andrea AddobbatiST

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Nel Museo di scienze naturali e del territorio sono conservate magnifiche collezioni di indubbio interesse per il naturalista e lo storicodelle scienze. Gli oggetti più antichi risalgono alla fine del XVI secolo, epoca in cui fu istituita una prima Galleria di reperti presso l'an-tico Giardino dei Semplici. L'articolo che segue traccia a grandi linee la storia del museo, soffermandosi sulle tappe fondamentali che nehanno contrassegnato l'evoluzione sino alle formule espositive realizzate in tempi recenti con il trasferimento nell'antica Certosa di Calci.

Il Museo di Calci possiede una delle più complete collezioni di scheletri di cetacei.

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tra i primi a capire che le opere di Galeno,Dioscoride e Plinio servivano a poco difronte a questa nuova e sorprendente va-rietà. Per cominciare a mettere ordine nelcaos della natura, fattosi ora più ingarbu-gliato, bisognava avvalersi dell’osservazio-ne diretta. È su questi presupposti che nel1544 nacque, per interessamento direttodi Cosimo I, il “Giardino dei Semplici” diPisa, il primo orto botanico annesso aduna università. Infaticabile, il Ghini, co-me primo prefetto del Giardino iniziò araccogliere per tutto il ducato erbe e pian-te. Dieci anni più tardi, la carica passò algià ricordato Cesalpino, autore tra l’altrodel De Plantis, prima grande classificazio-ne sistematica del regno vegetale, precor-ritrice dell’opera di Carlo Linneo, come lostesso naturalista svedese ebbe a ricono-scere. In seguito, la cattedra di botanica ela prefettura del Giardino furono affidatead Aloiso Leoni e poi a LorenzoMazzanga. A cinquant’anni dall’istituzio-ne, tuttavia, il Giardino non aveva ancoratrovato la sua sede definitiva. Dapprimaubicato presso il Monastero di S.Vito, nel-le vicinanze dell’Arsenale, dovette esseretrasferito nel 1563 al Convento diS.Marta e solo nel 1590 andò ad occupa-re la sua sede attuale nei pressi della viaS.Maria.Annessa al Giardino vi era sempre statauna raccolta di oggetti naturalistici, rari ecuriosi, ma solo con la sede definitiva fupossibile allestire una Galleria. Se ne inca-ricò il prefetto di allora JosephGoedenhuize, un botanico fiammingoche italianizzò il nome in GiuseppeCasabona e che arricchì il Giardino e lecollezioni della Galleria con nuovi repertiraccolti in diverse spedizioni in Italia, nel-le isole del Tirreno, a Creta.Il frate minorita Francesco Malocchi, suc-cessore del Casabona, proseguì l’opera diraccolta; effettuò alcune spedizioni nel-l’entroterra toscano e in Liguria, ma so-prattutto, poté procurare alla galleria nuo-vi oggetti ed esemplari provenienti da pae-si d’oltremare grazie alla sua assidua fre-quentazione degli ambienti portuali livor-nesi. In quegli anni, infatti, la città nuovavoluta dai Medici si avviava a diventare laporta del granducato sul mondo. I basti-menti finivano per convergervi da tuttal’area mediterranea, dal Nord Europa edalle due Indie, perciò era sempre possi-bile trovarvi cose stravaganti e reperti na-turali da inserire nella collezione. Il gran-de emporio di Livorno accrebbe questasua caratteristica nel Settecento, quandoun ricco mercante come Cinzio Micali

riuscì a mettere insieme un grande ma-gazzino di oggetti esotici e inconsueti lacui varietà fu capace di sbalordire un uo-mo di mondo come il Gorani. Anche aitempi del Malocchi tuttavia le occasioniper fare qualche acquisto interessante nonmancavano. Nel 1609, tanto per fare unesempio, fece ritorno dal Brasile il galeo-netto di Robert Thornton, portando consé alcuni reperti naturalistici rari e mera-vigliosi. Non erano esattamente i repertiche gli erano stati commissionati alla par-tenza: il granduca Ferdinando I, finan-ziando la spedizione di questo ex-corsaroinglese, sperava piuttosto di prendere par-te al saccheggio delle ricchezze del nuovomondo. Il Thornton avrebbe dovuto av-vicinare gli indiani dell’Orinoco e “cavareda loro dove siano smeraldi e quello chepiù vi potessi essere di droghe e altro”.Robert Dudley, navigatore e geografo alservizio dei Medici, era certo che risalen-do il fiume sarebbe stato possibile imbat-tersi in “assai miniere di oro, assai droghe,pietre… e penne di uccelli di valore”. Laspedizione però non ebbe fortuna e pernon tornare a mani vuote RobertThornton imbarcò “sei indiani… moltipappagalli e delle scimie”. Non sappiamose padre Malocchi approfittò della spedi-

zione del Thornton, certo è che non sa-rebbe stato possibile mettere insieme lecollezioni di cui la Galleria si faceva unvanto senza lo sviluppo commerciale del-l’emporio livornese. La Galleria fu organizzata secondo criteriallora consueti, suddividendola nelle tresezioni generali dei “naturalia”, “artificia-lia” e “curiosa”. Le ragioni di fondo chepresiedevano alla disposizione degli esem-plari all’interno di ogni sezione non sonodel tutto chiare, ma sembra credibile l’i-potesi secondo cui quell’apparente confu-sione di oggetti eterogenei appesi alle pa-reti e sul soffitto dovesse in realtà stabilireprecise corrispondenze tra il macrocosmoe il microcosmo; riprodurre l’ordine del-l’universo, in modo da facilitarne la com-prensione e il dominio. Del resto, questogenere di convinzioni, ancora legate ad unforte senso del “magico”, erano comuni amolti naturalisti rinascimentali, da Telesioa Paracelso, e le si riscontra in molte col-lezioni eclettiche dell’epoca a cominciaredalle famose Wunderkammer posseduteda principi e privati facoltosi. La Galleriapisana, simile per certi versi a queste col-lezioni sorte per appagare il gusto per ilmeraviglioso dei proprietari, se ne diffe-renziava tuttavia per gli scopi chiaramen-

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te scientifici, resi evidenti, fra l’altro, dal-lo stretto rapporto con il Giardino, la bi-blioteca e la “fonderia” che le fu annessa:un laboratorio dove botanici e mediciestorcevano alla natura i suoi segreti percombinarli e ricavarne farmaci e sostanzemiracolose.Gli inventari più antichi che ci sono per-venuti testimoniano della ricchezza e stra-vaganza della collezione. I naturalia e gliartificialia furono riuniti nelle medesimestanze, senza ordine apparente. Assieme airitratti dei più celebri “semplicisti” furonoappesi alle pareti esemplari e oggetti ete-rogenei: coccodrilli esiccati, spugne, co-ralli, una mummia; mentre negli armadi,protetti da una rete, in modo che gli stu-denti potessero osservare senza allungarele mani, vennero disposti gli oggetti piùpreziosi o rari: conchiglie, fossili, animaliimbalsamati, “ossa di giganti” etc. I curio-sa, separati dal resto, erano per lo più ri-produzioni di animali, in piombo, argen-to, corallo; manufatti orientali, idoli e ar-mi di paesi lontani. Fra le molte bizzarrie,“un quadro dove è una donna con le bra-che che bastona il marito” (1626), una“borsa fatta da uno che haveva 104 anni”,

un “ochiale di Galileo rotto” (1673) e al-tre ingenue mirabilia che sarebbe troppolungo elencare.Vale la pena però di ricordare almenoqualcuno dei reperti più rari e preziosi, acominciare dal “corno di unicorno”—inrealtà un dente di narvalo— cui erano at-tribuiti grandi poteri contro i veleni (lagalleria ne possedeva un pezzetto) e poi lazampa della “gran bestia”, ossia l’alce, po-tente rimedio contro l’epilessia. E poi an-cora, due crani di uccelli esotici, tuttoraconservati a Calci e donati nel 1592 daipadri delle missioni nelle isole di Giava eSumatra. Si trattava del CalaoRinoceronte (Buceros Rhynoceros Latta)e della Semenda (Buceros Galeatus), que-st’ultima identificata con la mitica arabaFenice. In questo reliquiario laico, facevainfine bella mostra di sé il pezzo forte del-la collezione: “una testa di morto impie-trita con incrustatione bianca di coralloi-de, e nato sopra un pezzo di corallo ros-so”. I visitatori stranieri restavano affasci-nati dalla stravaganza di questo cranio.Secondo alcune voci raccolte dalMalocchi nel 1599, a rinvenirlo nei maridella Sardegna sarebbe stato un certo

“Francesco, pescatore di Arassi”.Nel corso del Sette-Ottocento, gli svilup-pi della tassonomia, la separazione e pre-cisazione delle discipline modificaronoprofondamente la Galleria pisana che per-se il suo originario carattere eclettico, finoa diventare un moderno museo scientifi-co. Il nuovo ordine nelle idee si riflesse nel-l’ordine delle collezioni, in particolare sot-to la direzione di Paolo Savi, quando laGalleria con le sue rinnovate raccolte zoo-logiche, geologiche, paleontologiche e mi-neralogiche fu resa del tutto autonoma dalGiardino dei Semplici (1814), e trasfor-mata in una delle realtà museali più im-portanti d’Italia. Più recentemente, agliinizi degli anni ‘80 del secolo appena tra-scorso, la prestigiosa tradizione del museoè stata rilanciata con il trasferimento nelsuggestivo scenario della Certosa di Calcie con la creazione di un centro interdi-partimentale responsabile della conserva-zione e fruibilità delle collezioni, incarica-to inoltre di sviluppare la cultura natura-listica promuovendo attività didattiche edi ricerca. Grazie all’impegno di EzioTongiorgi e di quanti allora lo affiancaro-no in questa impresa, il Museo di StoriaNaturale e del Territorio può contare og-gi su una superficie espositiva di 3.550mq, cui sono annessi officine di restauro,studi e laboratori di ricerca, aule didatti-che e una biblioteca.Per la sua nuova collocazione, la visita almuseo ha acquistato un fascino tutto par-ticolare. La Certosa di Calci è infatti unodei più splendidi monumenti della pro-vincia. Fondata nel lontano 1366, assun-se l’aspetto attuale, con la chiesa, le cap-pelle, i chiostri, le celle e tutti i suoi pre-ziosismi decorativi, solo in pieno ‘700. Inquesto contesto architettonico, concepitooriginariamente per la severa vita mona-stica dei certosini, il visitatore è pervaso daun senso di pace: sembra quasi che vigaancora la regola di San Bruno, istitutoredell’ordine, il quale raccomandò ai con-fratelli la solitudine e il silenzio assoluto:“o beata solitudo, o sola beatitudo”. Nonè possibile sottrarsi a queste suggestioni:l’ultima fatica letteraria della BrunaLupetti Battaglini sta lì a dimostrarlo.I curatori del museo hanno giustamenteprivilegiato un percorso espositivo cheporta il visitatore a ritroso nel tempo, al-l’epoca della fondazione della Galleria, perpoi dispiegare le ricche collezioni natura-listiche di più recente formazione. É stataperciò ricreata una camera delle meravi-glie Cinque-Seicentesca con i non moltioggetti che hanno resistito all’usura del

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Uno degli scheletri di primate esposti nel museo.

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tempo e alle dispersioni della storia: la co-razza del coccodrillo, l’unicorno, i pescidalle più strane fattezze etc. Dopo questotuffo nel bizzarro, il visitatore è invitato inun percorso museale che si snoda in treprincipali sezioni, la zoologica, la paleon-tologica e la mineralogica. Degna di notala collezione di animali imbalsamati nellaprima metà dell’Ottocento da Paolo Savi:i lupi in lotta con il cane pastore, la leo-nessa e l’antilope, il cinghiale ucciso du-rante una battuta di caccia e numerose al-tre situazioni di vita animale immortalatecon grande naturalezza. Nel complesso, lacollezione zoologica comprende circa 800mammiferi, 200 tra rettili e anfibi, 3000uccelli, 1500 preparati anatomici. Le se-zioni mineralogica e paleontologica (piùdi una decina di migliaia di campioni traminerali e fossili) sono costituite da variecollezioni associate ai nomi di famosiesponenti della scuola scientifica pisana,da Giuseppe Meneghini a AntonioD’Achiardi, da Leopoldo Pilla a MarioCanevari. Ultimo acquisto in ordine ditempo, la collezione di minerali messa as-sieme da Attilio Cerpelli e costituita da uncentinaio di campioni provenienti dalleAlpi Apuane.Tra le più antiche collezioni, bisogna inol-tre ricordare la bella raccolta di conchigliedi Niccolò Gualtieri, autore nel 1742dell’Index Testarum Conchyliorum, e le an-cor più belle riproduzioni in vetro di in-vertebrati marini, realizzate probabilmen-te intorno al 1870 da Leopold Blaschka,un artigiano specializzato di Dresda. Il fio-re all’occhiello del museo resta tuttavia la

galleria dei cetacei, dove sono raccolti ungran numero di esemplari. In Europa, sol-tanto il British Museum of Natural Historypuò vantare in questo campo una colle-zione più ricca. Si tratta di circa una tren-tina di scheletri, la maggior parte dei qua-li raccolti alla fine dell’Ottocento daSebastiano Richiardi e ora esposti nelgrande loggiato della Certosa, protetti davetri e ordinati in maniera sistematica,presentando prima il sottordine degliOdontoceti, poi quello dei Misticeti. Nonvi è dubbio: siamo ormai molto lontanidai tempi di padre Malocchi, quando l’ac-quisto di un’osso di balena all’attracco del-la darsena di Livorno era immancabil-mente accompagnato dai racconti di unmarinaio che favoleggiava di mostri spa-ventosi provenienti dagli abissi.Il pensiero del frate sarà andato al libro diGiona, o al gran pesce dei viaggi diS.Brandano che alcuni sprovveduti mari-nai poterono scambiare per un isola.Oggi, al contrario, qualsiasi essere trova lesua rassicurante collocazione in un ordinefinalmente rivelato; non suscita più l’in-quietante senso di inadeguatezza che do-vettero provare i primi naturalisti. La con-quista di sempre nuove conoscenze hacomportato un netto miglioramento del-la nostra vita, ma ha anche mutato il no-stro atteggiamento nei confronti della na-tura. Perduto il senso del mistero, siamodiventati più spavaldi, e non è detto chequesto rappresenti un vantaggio.

Andrea [email protected]

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Il libro

Bruna Lupetti Battaglini,Dove nascono i quadrifogli,prefazioni di Antonia Anielloe Franco Strumia, Baroni ed.,Viareggio, 2000.

Bruna Lupetti Battaglini è nativa diCalci; impiegata dell’ateneo fino al1999, prima agli uffici centrali, poi, dal1982, al Museo di Storia Naturale e delTerritorio ha pubblicato articoli divul-gativo-scientifici su riviste e giornali.Molteplici i campi di interesse: dalla fo-tografia alla micologia, dalla botanica alteatro, dalla storia alla poesia.Chi o che cosa è protagonista di questolibro? I1 silenzio forse, la semplicità, illavoro di chi conserva la memoria; èforse il vecchio Aquilio l’uomo con il bas-co blu messo un po’ di traverso e con quellesue mani ossute, ma ancora forti e vig-orose, il personaggio che gioca il ruolo diun Virgilio accompagnando l’Autriceper i luoghi della Certosa e trasmetten-dole la storia dei suoi frati. Ma forse è laCertosa stessa ad essere protagonista,così grande, ma estremamente discreta:Forse proprio perché era lì da sempre, eroabituata alla sua presenza e alla suacertezza, la pensavo come “dovuta” al miopaese e, passandoci davanti, nemmeno misoffermavo per un’occhiata appena più at-tenta: la Certosa c’era e basta.In un posto incantato possiamo imbat-terci per caso e, superficialmente, possi-amo lasciarci passare addosso l’incan-tesimo godendone per un breve ma in-tenso momento. Bruna LupettiBattaglini invece si è caparbiamente ca-lata dentro il sogno certosino riuscendonon soltanto a dare il suo contributo perla conservazione dei luoghi incantati,ma anche a raccontarci nel suo libro lavita dentro un paradiso in cui il temponon scorre.Mi accorgo che da questo punto di vistariesco a cogliere meglio il significato dellavita certosina. Non facciata esteriore dimarmi lucenti, ma vita interiore piena dicose umili e sempliciLa Certosa di Calci è oggi luogo recu-perato ed offerto a tutti, è musco di sto-ria naturale, la storia del creato in un ot-tica meno scientifica, con buona pacedel caro Aquilio che sovente rimpiange-va il tempo dei frati.

Il museo napoletano di Ferrante Imperato (raffigurato in questa stampa del 1599) è unsignificativo esempio di Wunderkammer cinquecentesca, simile all’antica galleria pisana.

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Dall’intervento del professorLa Penna, pubblicato sul nu-mero di settembre di questa

rivista, si evince un forte senso diaspettativa nei confronti della rete discuole d’eccellenza. Lei è d’accordo sulconsiderare queste strutture come ilconcretizzarsi di una tendenza volta ascindere la ricerca pura da quella ap-plicata, creando così scuole a forte pre-minenza teorica in contrasto con ilnuovo indirizzo “aziendale” dell’uni-versità italiana?

Ho ammirato molto l’intervista di LaPenna, che è persona di altissima qua-lità e possiede una conoscenza profon-da della Scuola Normale e del mondouniversitario; sono d’accordo, nella so-stanza, con tutto ciò che egli dice.Aggiungerei tuttavia una sfumatura si-gnificativa: a mio avviso, si registra og-gi una progressiva riduzione della di-stanza tra ricerca pura e ricerca applica-ta. In moltissimi settori i risultati teori-ci trovano una loro applicazione prati-ca molto più velocemente di quantonon avvenisse prima, ad esempio nellebiotecnologie, o nei campi dell’infor-matica e dei beni culturali. Anche lespeculazioni matematiche più astrattepossono influenzare campi marcata-mente applicativi, dalla finanza alle ci-tate biotecnologie. Ne risulta, credo,un’accresciuta importanza della ricercapura, che si presta ad essere applicatacon un’immediatezza ed un’efficaciainimmaginabili qualche decennio fa econ possibilità di trarne vantaggi po-tenzialmente enormi.

Per chi si occupa di ricerca pura siaprono, dunque, due strade: venireformati per l’insegnamento, soprat-tutto universitario, ma anche esserechiamati ad interagire con altri ambi-ti professionali.Vorrei proporre una riflessione dettatadal senso comune e dall’esperienza:conosco degli ottimi professori di liceoche hanno svolto tesi su argomenti di

cui non hanno la minima occasione diparlare a scuola; ma la ricerca fatta al-lora, l’abitudine a scomporre i dati cer-cando di individuarne le fonti, è statacomunque per loro un’esperienza vita-le per sviluppare uno spirito critico.Ricordo l’esempio straordinario delPresidente della Repubblica CarloAzeglio Ciampi che, nel corso del suointervento alla nostra cerimonia diconsegna dei diplomi del 6 dicembrescorso, ha affermato con parole moltoefficaci che studiare filologia classicapuò servire anche per dirigere la Bancad’Italia. Non è una battuta: la trasferi-

bilità del modo di ragionare, dello spi-rito critico e di libertà che deriva dal-la ricerca è un elemento assolutamen-te essenziale. Ora, se si separa troppola teoria dalla pratica, si rischia di pro-muovere un modello per cui, nellosvolgimento di qualsiasi lavoro prati-co, servirebbero conoscenze puramen-te esecutive. Ritengo che questa siauna pericolosa banalizzazione del pro-cesso formativo, che porterebbe l’indi-viduo ad essere mero anello di una ca-tena, sprovvisto della capacità di ra-gionare e quindi di influire sui mecca-nismi che lo circondano. È soltanto at-traverso la ricerca che, in qualsiasicampo, nasce l’innovazione.Detto questo, ci terrei a chiarire chenon considero la sfera della ricerca co-me una “riserva di caccia” per le scuo-le d’eccellenza. Se questo rapporto pri-vilegiato con la ricerca restasse confi-nato alla Scuola Normale e ad altri cin-que o sei posti in Europa, l’impoveri-mento delle capacità immaginative,innovative e critiche dei cittadini sa-rebbe inevitabile. Semplicemente, lescuole d’eccellenza devono saper pro-porre un itinerario formativo a più al-to tasso di ricerca. Questo è senz’altroun privilegio, ma si configura anchecome proposta e sperimentazione diun modello.

La rete di scuole d’eccellenza nasce,allora, con l’intento di sviluppare ediffondere questa modalità privile-giata di rapportarsi con la ricerca?Ne approfitto per chiarire alcuni equi-voci sorti in merito alla creazione del-la “rete”. Non dobbiamo essere con-trari alla nascita di altre scuole, ma nelprogettarle è necessario avere in men-te un modello preesistente, e questo inItalia non può che essere, per ragionistoriche, la Scuola Normale. Mi preoc-cupa l’ipotesi che si parta con un pro-getto di “scuola d’eccellenza” senza de-terminare a priori che cosa essa sia,senza sapere come se ne costruisce laqualità, senza dotarla di sedi, labora-tori, strutture decenti. Si corre il ri-schio di usare questa etichetta perché“è di moda”, e quindi richiama finan-ziamenti, attenzioni, studenti. Se ven-gono meno certi presupposti, un gio-vane ingegno può essere attratto dauna semplice definizione priva di con-tenuti e mancare un’occasione impor-tante per la sua vita. La mia unica rac-comandazione è che alla base di que-

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L’eccellenza e i fondamenti del sapereLa Scuola Normale Superiore e la riforma

intervista a Salvatore Settis

Mentre il sistema universitario è investito dal processo di riforma, si svolge un'interes-sante discussione sul progetto di una rete di scuole di eccellenza. In questo mutamentodi contesto si delinea una separazione di compiti: da una parte le università, cui spette-rebbe di formare laureati con competenze e attitudini teorico-pratiche più rispondentialle esigenze del mondo produttivo e delle professioni, dall'altra un circuito di scuole dialta formazione orientate allo studio delle scienze pure. Intervistato da Athenet, ilDirettore della Normale, esprime la sua opinione sul futuro dell'istruzione superiore.

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La trasferibilità del modo diragionare, dello spirito criti-

co e di libertà che derivadalla ricerca è un elementoassolutamente essenziale.[...] se si separa troppo la

teoria dalla pratica si rischiauna pericolosa banalizzazio-

ne del processo formativo

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ste nuove realtà si pongano delle nor-me certe e garantite, e la Normale in-tende lavorare al fianco delle altrescuole perché così avvenga. Sarebbeauspicabile passare ad una fase concre-ta, vale a dire all’individuazione di li-nee d’azione condivisibili e di proget-ti in cui, lavorando fianco a fianco, lenuove scuole confrontino i propri me-todi con l’esperienza di quelle antiche.Bisogna insomma costruire un’ideafondante comune, per evitare che laparola “eccellenza” resti una definizio-ne vuota, banale, volgare. Un altroproblema su cui vorrei richiamare l’at-tenzione è quello del corpo docente in-terno. La Scuola Normale, almeno apartire dall’Unità d’Italia, ha un pro-prio corpo docente, che consta di pro-fessori provenienti anche e soprattut-to da altre realtà universitarie; questoconsente di offrire percorsi didatticinon solo integrativi, ma pure alterna-tivi a quelli già dati. Il confronto trametodologie differenti che ne derivadà allo studente la possibilità di un ap-proccio diverso, più critico e stimo-lante, aiutandolo a formarsi un’ideachiara ed autonoma. È fondamentaleche le nuove scuole sappiano affronta-re da subito il problema didattico: nonsi tratta solo di avere studenti “più bra-vi”, ma anche docenti che li aiutino aesser tali.

Resta immutata la necessità di strut-ture d’appoggio logistico.Considerando la sempre crescente do-manda di adesione da parte degli stu-denti (un fenomeno chiaramente ri-scontrabile, nel corso degli ultimi an-ni, all’interno della stessa Normale),come ha reagito la città di Pisa?Siamo in un momento felice, perchéPisa ha risposto molto bene a questeesigenze. In particolare la Provincia diPisa, l’Azienda Regionale per ilDiritto allo Studio ed il Ministero diGrazia e Giustizia hanno appena fir-mato un protocollo di intenti per l’as-segnazione alla Normale delConvento di San Silvestro, che già nefu sede nel periodo napoleonico e chea tutt’oggi è un complesso molto bel-lo e di ampie dimensioni; in questomodo, reperite le consistenti risorsenecessarie per il suo recupero, il nu-mero di stanze a nostra disposizionepotrà essere raddoppiato. Proprio in merito al problema dei fi-nanziamenti, si registra un’importan-

te differenza fra le nuove scuole d’ec-cellenza e quelle preesistenti. SiaCatania che Lecce hanno attirato in-gentissimi finanziamenti da parte del-le rispettive Regioni, Province eComuni. A Pisa noi non abbiamo so-stegni di questo tipo; credo che ciò siada attribuire in parte ad una ragionestorica (Pisa vive talmente dei suoi in-sediamenti universitari che sembradarne per scontata l’esistenza), in par-te forse al fatto che si tratta di unacittà più piccola e meno ricca. In ognimodo, è indicativo il fatto che, men-tre noi dobbiamo sostanzialmentepuntare tutto sui sussidi statali, lenuove scuole possono contare anchesull’intervento di sostenitori locali(Comune, Regione, banche).Naturalmente ciò si giustifica anche

per il fatto che queste scuole sono inuna fase iniziale, di “decollo”. Ma nonbisogna dimenticare che pure le realtàpiù antiche e consolidate hanno biso-gno di aggiornarsi, di espandersi, disperimentare nuove metodologie e diottimizzare la resa nei settori già esi-stenti: in breve, di funzionare meglio. Infine, l’adeguamento del corso distudi normalistico al nuovo ordina-mento universitario comporterà in-dubbiamente un incremento (pari acirca un quinto) degli studenti inter-ni, essendo ipotizzabile che pochi sifermeranno alla laurea triennale: daqui l’esigenza di potenziare le struttu-re logistiche di cui abbiamo parlato,con i problemi finanziari che ne deri-vano. Vorrei aggiungere anche un’ultima os-

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servazione, relativa alla provenienzadegli studenti. Così come già avvieneper la Scuola Normale, dove allieviprovenienti da tutto il Paese possonoconfrontarsi, scambiare esperienze equindi arricchirsi sul piano umano eculturale, anche per le scuole d’eccel-lenza è di fondamentale importanzasaper attrarre giovani da tutta Italia.Nelle due Scuole pisane la presenza distudenti toscani è inferiore a quella dialtre regioni, per esempio dellaLombardia o del Lazio, mentre nellescuole di Catania e di Lecce, almenoper ora, oltre il novanta per cento de-gli allievi proviene dalle rispettive re-gioni. L’obiettivo di una scuola d’ec-cellenza che voglia veramente esseretale deve essere, in prima istanza, quel-lo di sviluppare un potenziale di attra-zione al di fuori del normale bacino diutenza; questo perché in termini diformazione, di risultati e di scelte di vi-ta il punto di forza di scuole come lanostra è evidentemente costituito da-gli studenti, molto più di quanto nonsia per qualsiasi altra università od en-te di ricerca. In conclusione, non si avrebbe unosviluppo sano se ogni città universita-ria avesse la sua scuola d’eccellenza,perché questo porterebbe ad unaframmentazione e ad una dispersionedelle forze. È importante che i ragaz-zi vengano informati delle opportu-nità offerte da tutti questi centri, nuo-vi e vecchi, nonché di ciò che li diffe-renzia tra di loro e rispetto alle altrerealtà formative.

Quindi, i corsi d’orientamento uni-versitario proposti ogni anno dallaScuola Normale divengono un tas-sello fondamentale nel quadro di unavvicinamento degli studenti a realtàspesso misconosciute, quali appuntole scuole d’eccellenza.Trovo molto importante l’esperienzadei corsi d’orientamento così comevengono organizzati dalla ScuolaNormale: essi sono infatti impostatisul contatto diretto tra studenti sele-zionati delle scuole superiori e studio-si, ricercatori e professionisti che si di-vertono a fare il proprio lavoro e cheraccontano come può essere piacevo-le fare il medico o il filologo classico.Inoltre nei corsi vengono presentateanche discipline assenti nellaNormale, in quanto l’obiettivo è quel-lo di offrire un ampio ventaglio su cui

esercitare la propria scelta. Un ragaz-zo a questa età gode di una straordi-naria ed invidiabile libertà. Proprioperché può scegliere qualsiasi cosa, èimportante aiutarlo a capirsi, ancheconfrontandosi con qualificate figuredelle diverse arti e professioni. In fon-do, lo scopo dei corsi è di far sì che,nel momento di una scelta ineludibi-le e spesso irrevocabile, il ragazzo op-ti per ciò che ritiene gli piacerà farenella vita.

Anche con la riforma universitaria,per la Scuola Normale sarà facilemantenere la propria specificità nel-l’ambito della ricerca teorica, con ilriconoscimento tacito di una diffe-renza che continuerà a sussistere ri-spetto al mondo universitario.Ritiene che questa linea di demarca-zione possa assottigliarsi, ad esempio,nel caso della Scuola Sant’Anna, incui da sempre ci si occupa di ricerchepiù applicative?

Può anche darsi che il limite si assot-tigli e che la differenza non venga per-cepita istantaneamente. Ma Varaldo,nel suo discorso di inaugurazione del-l’anno accademico, ha ricordato chegli studenti della Scuola Sant’Annahanno creato, solo nel corso dell’ulti-mo anno, quattro piccole imprese: giàquesto mi sembra un segno tangibiledi differenza. Anche nell’ambito dimaterie già presenti nell’università, èpossibile occuparsene diversamente,con maggiore intensità, in modo piùstimolante. In particolare, credo che infuturo dovremmo preoccuparci di of-frire ai nostri ragazzi stages, corsi diformazione, contatti più precoci con ilmondo del lavoro. È concepibile chestrutture quali la Scuola Normale pos-sano garantirlo ad ogni studente, men-

tre non è pensabile che altrettanto pos-sa fare una grande università con tuttii suoi iscritti. Questa attenzione pecu-liare alla formazione dovrebbe costi-tuire un fattore di distinzione, evitan-do la pura ripetizione e sovrapposizio-ne di esperienze. Altro fattore fondamentale dovrà esse-re la dotazione di laboratori e centri diricerca. In una scuola d’eccellenza glistudenti sono integrati da subito aquesta realtà, con evidenti vantaggi. Ilcontatto diretto con la ricerca insegnamolto più dei libri, ma diverse univer-sità italiane sono estremamente pove-re di laboratori, biblioteche ed archi-vi. Il nostro intento resta quello disvolgere una funzione trainante, di-mostrando che tali elementi, come av-viene per i nostri allievi, sono il verolievito che porta al massimo rendi-mento negli studi (laureandosi prima,ottimizzando tempi e risultati). Questo può indubbiamente essere distimolo per tutto il mondo universita-rio, che si appresta a subire i cambia-menti di una riforma globale. Mi ri-sulta difficile prevederne l’esito; credoche si lasci tale libertà di organizzazio-ne alle singole sedi (addirittura a sin-gole facoltà o corsi di laurea), che nonè facile intuirne immediatamente glieffetti globali. Però questo non ci de-ve portare ad un atteggiamento remis-sivo e rinunciatario. Non credo chequesta riforma imponga necessaria-mente la “licealizzazione” dell’univer-sità. Credo anzi che chiunque sia par-tecipe del suo funzionamento debbaimpegnarsi a conservarla quale luogodove ci si propone sia di insegnare e diformare gli studenti, sia di produrrescienza al più alto livello. Ho fiduciache non sarà la “morte della cultura”che alcuni hanno paventato; vedremocome andranno le cose, ma senza aste-nerci dal collaborare per garantirne ilbuon esito. E proprio in questo qua-dro mutevole e complesso diviene fon-damentale la riflessione qui condottasul ruolo da assegnare, all’interno delsistema universitario, alle ScuoleSuperiori ad ordinamento speciale:che non si perda un’irripetibile occa-sione per fondare su basi solide e du-rature lo sviluppo futuro della ricercae della cultura italiana.

Gabriela [email protected]

Pisa, 15 dicembre 2000

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[L’esperienza delle scuoled’eccellenza] può indubbia-mente essere di stimolo per

tutto il mondo universitario,che si appresta a subire i

cambiamenti di una riformaglobale. [L’esito incerto dellastessa]non ci deve portare adun atteggiamento remissivo

e rinunciatario

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Uno degli obiettivi della riformauniversitaria è di rendere laformazione più professionaliz-

zante, interdisciplinare e collegata almondo del lavoro. Questa impostazio-ne fa parte da tempo del patrimoniogenetico della Scuola SuperioreSant’Anna, che per sua natura si rivol-ge alla realtà applicativa.Come intendete rispondere a questocambiamento di contesto? Ripetendoquanto viene già offerto dalle univer-sità, ma a un livello superiore, oppureoffrendo anche qualcosa di sostanzial-mente diverso?

Io penso che la riforma sarà un’occasio-ne per le scuole superiori di reinventareil proprio ruolo, sia all’interno del nuo-vo scenario universitario che in quellodel Paese, anch’esso di fronte a passaggiimportanti di cui bisogna tenere conto.È vero, la riforma sta portando l’uni-versità su di una strada simile a quellache noi stiamo percorrendo da anni:prima di tutto differenziando l’offertaformativa per livelli e tipologie di corsi,e poi rivolgendosi a una utenza non piùesclusivamente studentesca, mi riferiscoalla cosiddetta formazione continua,quella pensata per chi già lavora o inse-gna e ha bisogno di aggiornarsi.La divisione della laurea tradizionale indue livelli fa sì che dobbiamo ricalibra-re il nostro intervento didattico inte-grativo rispetto ai corsi dell’Universitàdi Pisa. Questo rimarrà sostanzialmen-te invariato accanto alla laurea di primolivello conseguita nelle facoltà pisane,ma dovrà necessariamente mutare per lalaurea specialistica. Da una logica inte-grativa, infatti, bisognerà passare a unalogica di complementarietà. I corsi cheistituiremo, cioè, conferiranno allo stu-dente una vera e propria laurea di se-condo livello che si andrà ad aggiunge-re, arricchendolo, al ventaglio di offertedell’ateneo pisano. Gli argomenti deicorsi saranno quelli tradizionali dellanostra Scuola, tendenzialmente propo-sti con un’impostazione multidiscipli-nare, in modo da valorizzare le compe-tenze di contenuto e di metodo già pre-senti al Sant’Anna. E cercheremo diproporre percorsi formativi che offranoqualcosa di diverso e che siano fruttodella collaborazione con istituzioni edenti di ricerca non solo pisani o italiani,ma anche stranieri.Nel nuovo panorama universitario poidovremo ricollocare i nostri Master.

Potrebbero rimanere autonomi, cioèfuori dalla filiera delle lauree, mante-nendo una propria identità culturale,

oppure integrarsi con le nuove lauree disecondo livello con opportune sinergie.

Nell’intervista rilasciata nello scorsonumero di Athenet il Prof. Antonio LaPenna sosteneva che con i cambiamen-ti della riforma le scuole d’eccellenzadevono accentuare la tendenza a svol-gere studi di tipo teorico per bilancia-re questa tendenza alla professionaliz-zazione. Il Prof. Settis - Direttore del-la Scuola Normale – si trova sostan-zialmente d’accordo, (vedi l’intervistaa pag. 20) ma avverte che questa sceltanon deve tradursi in un’arroccamento:lei cosa ne pensa?

Sicuramente una delle carte che laScuola Normale di Pisa può giocareadesso per riaffermare la sua identitàculturale e ridefinire il proprio ruolo in

questo mutamento di contesto è quelladi ribadire con forza la sua natura discuola dove si studiano le cosiddettescienze pure. Questo noi non lo possia-mo evidentemente fare, perché abbia-mo, come è noto, tutt’altra vocazione.Tuttavia anche noi possiamo trovare unrapporto particolare tra ricerca pura eapplicazione che ci consenta di offrirequalcosa di originale rispetto ai centriuniversitari tradizionali.Innanzitutto confermando e rafforzan-do la volontà di non impostare le nostrefinalità di ricerca unicamente seguendoin maniera pedestre i bisogni dell’im-mediato, ma rispondendo alle sollecita-zioni del mondo delle imprese e dellasocietà civile mantenendo una chiaraautonomia di progettazione. Occorrecioè non appiattirsi in un ruolo pura-mente esecutorio, ma riservarsi il dirit-to di cercare la strada dell’innovazioneanche là dove questa non sembra essereimmediatamente riscontrabile.Solo così la nostra vocazione alla realtàapplicativa potrà produrre risultati qua-litativamente elevati, che si riverserannonaturalmente sulla nostra didattica, di-stinguendola dalle altre in positivo.Sarebbe sbagliato limitare la nostra of-ferta formativa a quegli specialismi chesul momento sono avidamente ricer-cati dal mondo delle imprese, ma cherischiano di diventare rapidamenteobsoleti a mano a mano che progredi-sce l’innovazione tecnologica: prefe-riamo insegnare ad apprendere piutto-sto che trasferire conoscenze che in-vecchiano presto.

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La scommessa sul futuro del Sant’AnnaAutonomia della ricerca come presupposto dell’eccellenza

intervista a Riccardo Varaldo

Alla luce delle novità introdotte dalla riforma si può dire che alcuni principi base del mo-dello didattico della Scuola Superiore Sant’Anna abbiano trovato una sostanziale conferma.La Scuola, infatti, da tempo ha scelto una impostazione interdisciplinare e ha differenziatola propria offerta formativa per livelli e tipologie di corsi. Una volta che le università avran-no applicato quanto previsto dalla riforma il Sant’Anna vedrà indebolito il proprio prima-to che proviene anche dall’originalità della sua filosofia didattica? Assolutamente no, rispon-de il Direttore Varaldo, anzi, sarà l’occasione per reinventare e consolidare il proprio ruolo.

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Occorre non appiattirsi in unruolo puramente esecutorio,

ma riservarsi il diritto di cer-care la strada dell’innovazioneanche là dove questa non sem-bra essere immediatamente ri-scontrabile. Solo così la nostravocazione alla realtà applicati-

va potrà produrre risultatiqualitativamente elevati

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È stata creata da poco una rete fra lescuole d’eccellenza. Uno dei temi di di-battito, o forse di polemica, riguarda icriteri da seguire per istituire una nuo-va scuola di questo tipo. È auspicabileche si definiscano dei requisiti minimi?

Intanto constato che in Italia sta cre-scendo la voglia di istituire scuole supe-riori. Da una parte la cosa non può cheessere motivo di soddisfazione, perchéconferma il successo di un modello cheabbiamo contribuito a creare.La nascita di queste scuole non solo con-soliderà la “strategia dell’eccellenza”, mala farà diventare una componente natu-rale e non straordinaria del sistema for-mativo italiano, permettendoci di inse-guire Paesi come la Francia o laGermania che sono molto più avanti dinoi.Dall’altra, però, è anche motivo dipreoccupazione, perché se si va verso lacreazione di scuole del genere di profilonon elevato e con una impostazione ditipo localistico, si andrebbe a snaturarecompletamente la filosofia che è alla ba-se del loro successo. Una scuola superio-re che si rispetti deve puntare ad imba-stire una serie di relazioni con l’esternoche abbiano un respiro come minimonazionale. Si cotruisce l’eccellenza so-prattutto attraverso lo scambio con espe-rienze didattiche e di ricerca diverse dal-le proprie, e da questo punto di vista unodegli effetti prodotti dalla riforma uni-versitaria in corso costituirà un pesanteostacolo in questo senso, sia per le scuo-le superiori, sia per le università. Mi ri-ferisco al fatto che gli atenei saranno in-

vogliati - per una serie di ragioni princi-palmente economiche - a cercare e man-tenere un corpo docente di provenienzalocale. Ci sono dei meccanismi che ac-centuano in maniera preoccupante la re-strizione delle cattedre diponibili in undeterminato ateneo a coloro i quali giàoperano e insegnano in quell’ateneo.Credo che questo comporti un gravedanno alle università, che in questo mo-do si chiuderanno sempre più su loro

stesse diventando culturalmente e scien-tificamente autoreferenziali.Alla Scuola Sant’Anna, invece, abbiamosempre attuato, e sempre difenderemo,una filosofia opposta, quella cioè di fa-vorire gli scambi con esperienze cultura-li e didattiche diverse.Credo che questa debba essere una dellacaratteristiche che contraddistingue unavera scuola superiore.

Nei confronti della riforma sono sta-ti espressi pareri molto diversi. Le

chiedo, visto che lei dirige una scuo-la che dichiara apertamente di rivol-gersi a una élite, cosa pensa di queigiudizi netti che bollano questa rifor-ma come una sorta di “anticameradella mediocrità”.

Teoricamente credo che il 3+2 possafunzionare e che risponda a varie esi-genze oggi molto avvertite. Sono estre-mamente preoccupato invece - e in que-sto senso l’espressione che mi ha segna-lato non mi sembra esagerata - dai mo-di coi quali questa riforma si sta attuan-do. In particolare vedo un eccesso di ac-canimento nel far partire una miriade dicorsi di primo livello spezzettando inmaniera avventata i tradizionali corsi dilaurea. Si va verso una iper-specializza-zione che altro non è che la salvaguardiadi particolari interessi corporativi di sin-goli raggruppamenti disciplinari. Lalaurea triennale non dovrebbe avere co-me fine il mero trasferimento di una cer-ta porzione ristretta di conoscenze, madovrebbe invece insegnare un metododi apprendimento col quale poter ag-giornarsi periodicamente all’interno diambiti disciplinari che oggi mutanomolto velocemente.Credo che i primi tre anni di studio nondebbano raggiungere il grado di specia-lizzazione da molti proposto prima ditutto perché disorienta notevolmente ilgiovane che si affaccia all’università.Spesso il neo diplomato ha difficoltà ascegliere addirittura se studiare discipli-ne umanistiche o scientifiche, figuria-moci adesso che i corsi di laurea au-mentano a dismisura. In secondo luogosono molto scettico sul fatto che alla fi-ne di tre anni di studio così specialisticie settoriali un giovane possa trovareun’occupazione. E questa opinione miviene confermata dal ritardo in cui sitrovano tutte quelle riforme che sonocollaterali a quella universitaria: mi rife-risco al fatto che il mondo del lavoro, siapubblico che privato, non è ancora sta-to riorganizzato in funzione delle duelauree previste dalla riforma. Se noi nonriusciamo a creare attorno alla laureatriennale - che è la novità sostanziale diquesta rivoluzione - le condizioni delsuo successo facciamo fallire tutta lariforma.

Pisa, 24 dicembre 2000

Vincenzo [email protected]

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Un’immagine della prima edizione del convegno IRME (Innovazione e regolazionedei mercati) organizzato alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa nel 1999.

Ci sono dei meccanismiche accentuano in manierapreoccupante la restrizione

delle cattedre diponibiliin un determinato ateneo

a coloro i quali già operanoe insegnano in quell’ateneo.Credo che questo comporti

un grave dannoalle università

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I crediti: la chiavedi volta della riformadi Giuseppe Forterappresentante in Senato Accademicodella lista “Sinistra Per”.

La riforma che ormai sta per entrarenei nostri atenei impone profonde

riflessione e probabilmente un nuovomodo di lavorare per tutti, docenti e stu-denti. Il lavoro svolto in questi anni dalgoverno verso una riforma indispensabi-le del sistema universitario sta per veni-re alla luce. Ma chi pensa che il lavorosia ormai terminato si sbaglia.La fase più delicata è proprio questa, lafase in cui si deciderà del futuro dellariforma, il suo successo o il suo falli-mento.L’attuazione della riforma dovrà avere lapartecipazione di studenti e docenti inprima linea come capacità critica e comeesperienza da spendere. Come studentiad ogni livello dovremo farci riconosce-re i nostri diritti di partecipazione e dicittadinanza all’interno degli atenei, apartire dalla commissioni didattiche pa-ritetiche, luogo in cui verranno discussii riordini dei percorsi formativi e l’in-troduzione dei crediti formativi.L’autonomia e l’inevitabile concorrenzache aumenterà tra gli atenei dovrannotrasformarsi in una competizione vir-tuosa che porti all’innalzamento dellaqualità dell’offerta formativa e dei servi-zi in generale. Sarà ancora imprescindi-bile chiedere con forza una serie di con-dizioni al contorno indispensabili, qua-li una riforma dello stato giuridico deidocenti, che preveda un maggiore cari-co di lavoro per gli stessi, un aumentodei finanziamenti per il miglioramentoe l’ampliamento delle strutture esistenti,certezze per quanto riguarda la spendi-bilità dei nuovi titoli nel mondo del la-voro.La riforma in atto presenta novità im-portantissime sull’organizzazione delladidattica. Partendo dal fatto che gli ate-nei potranno finalmente rilasciare unavarietà di titoli accademici,dalla laureaalla laurea specialistica, dai master di pri-mo a quelli di secondo livello, le grandiopportunità verranno dalla possibilità diincidere sui contenuti del sapere e sul-l’introduzione dei crediti formativi.Da studente quest’ultimo punto mi in-teressa particolarmente. Tempi di laureainfiniti, esami grandi come macigni, cal-colati in peso dei libri e non in termini

di conoscenze è la situazione, un po’ esa-gerata, attuale della realtà. Quella vera econcreta è fatta di giovani che arrivanoal mondo del lavoro già stanchi e “an-

ziani”, con un bagaglio di conoscenzeutili, ma spesso distanti dalle esigenzedel mondo lavorativo. Poi stranamentel’università italiana prepara quasi tutti isuoi studenti per un futuro di ricerca edi specializzazione: a giudicare dai datisulla ricerca in Italia, però, questa pre-parazione non produce sbocchi signifi-cativi. L’Università che verrà, quella im-maginata all’inizio del percorso riforma-tore, differenzierà queste possibilità. Dauna parte dovrà preparare giovani pron-ti al mondo del lavoro, con la possibilitàdi rientrare nell’università in qualsiasimomento della vita, e dall’altra darà lapossibilità per chi vuole di continuare gli

studi verso il campo specialistico e versola ricerca e la formazione avanzata. Lachiave di volta sarà proprio l’introduzio-ne dei crediti formativi. La cosa che dastudenti ci preoccupa è che riformandosi lasci la situazione attuale immutata,un cambiamento “gattopardesco” tantofamoso in Italia, quasi una bandiera.Ma il nostro paese non è più solo, viveintegralmente nell’Unione Europea,un’Europa che nel campo della forma-zione viaggia a marce differenti. La definizione del credito formativoporta l’attenzione sul tempo di lavorodello studente, sulle ore di lezione fron-tali e apprendimento per studio indivi-duale. In questa fase in cui in ogni cor-so di laurea è aperta la discussione sullariorganizzazione didattica dovrà esserechiaro il significato della sua introduzio-ne. Un credito vale 25 ore di lavoro, ognianno uno studente ne dovrà acquisire 60tra tutte le attività formative, senza di-menticare l’introduzione degli stage e irelativi crediti, di quelli a scelta dello stu-dente, di quelli relativi alle conoscenzelinguistiche ed informatiche. Liquidarela faccenda scomoda dei crediti con deisemplici conti matematici del tipo “cin-que esami all’anno, abbiamo sessantacrediti, allora sessanta diviso 5 fa 12 cre-diti ad esame, fatta la riforma!” non do-vrà accadere. La riforma, che è incentra-ta sull’autonomia didattica, dà molte re-sponsabilità ai singoli atenei, ma anchela possibilità di scegliersi percorsi origi-nali e adatti alle esigenze locali.

La riforma secondo gli studentiIl loro contributo è una delle condizioni per la sua riuscita

dei rappresentanti delle liste in Senato Accademico

La nuova università prospettata dalla riforma presenta ancora molte incognite: qualiconseguenze avrà la ristrutturazione dei corsi sulla didattica? Il nuovo titolo di studioacquisterà realmente, con il 3+2, una maggiore spendibilità sul mercato del lavoro?E come sarà gestito il periodo di transizione? Su queste e altre questioni i rappresentan-ti degli studenti hanno opinioni diverse, ma tutti concordano sulla necessità di ricono-scere la componente studentesca come parte attiva del processo riformatore. Il coinvolgi-mento degli studenti è indispensabile per una attuazione positiva della riforma.

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Giuseppe Forte

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I contenuti del sapere fissati con schemiministeriali rigidi si stanno esaurendo.L’ateneo dovrà utilizzare quest’opportu-nità nel migliore dei modi, non stravol-gendo la sua grande storia, ma coniu-gando questa tradizione con le esigenzedell’innovazione. Non bisogna dimenti-care che sempre di più le università ver-ranno esaminate e giudicate, e gli stu-denti potranno scegliere più liberamen-te cosa fare: se ci sarà un diritto allo stu-

dio attento e sensibile ai cambiamenti inatto lo studente sarà allora veramente li-bero di scegliere anche dove studiare.Un processo di riforma, di cambiamen-to, fa sempre paura - è inutile nascon-derlo - porta con sé molte incertezze e siscontra inevitabilmente con situazioniconsolidate da tempo, dure a scompari-re. Ma la riforma è necessaria, ed è ne-cessario farla bene. Sarà tutta nostra laresponsabilità del suo successo come del

suo fallimento. Da studente mi sonosempre battuto per il cambiamento, peril miglioramento delle condizioni stu-dentesche, della vita e della cittadinanzaall’interno degli atenei. Questa riformaha bisogno dell’apporto critico e intel-lettuale di tutti: studenti, docenti, tecni-ci amministrativi. Non mi resta a questopunto che augurare un buon lavoro atutti.

Una occasione perduta?di Dario De Matteisrappresentante in Senato Accademicodella lista “Azione universitaria”

Parlare di riforma in questo periodoall’Università di Pisa significa tro-

varsi concretamente di fronte ai primiproblemi che la stessa comporta.L’autonomia didattica, fino a poco tem-po fa solo vagheggiata, si concretizza nel-le proposte delle varie facoltà di istitui-re nuovi corsi di studio, che per adessoriguardano solo il diploma di laurea ( lac.d. laurea triennale).I tempi ristrettissimi in cui si trova adoperare la Commissione didattica diAteneo probabilmente non faranno esa-minare i progetti con la dovizia che sa-rebbe richiesta, ma ho il timore che il no-bile intento di far partire i nuovi corsiper l’anno accademico 2001-2002 saràfrustrato dai numerosi altri adempimen-ti che la Commissione avrà da compieree dai tempi non proprio velocissimi delMinistero dell’Università, considerandoanche che ci saranno le elezioni politichedi mezzo.Numerosi problemi già si pongono, in-nestandosi sul tronco del grosso proble-ma che la riforma ha subito ,nella sua ve-ste legislativa, accelerazioni e decelera-zioni schizzofreniche e che più che unprogetto organico e complessivo sembraun insieme di progetti sparsi qua e là conuna loro consequenzialità tutta da in-ventare.Dall’analisi dei diversi ordinamenti deiprogetti di nuovi corsi di studio presen-tati in Commissione didattica nonemerge un giudizio univoco, alcune fa-coltà hanno certamente operato benecon l’attenzione del caso, altre invece,colte dalla fretta e forse con un po’ di suf-ficienza, hanno presentato progetti ca-renti in più parti, altre ancora si sono li-mitate ad un compitino facile facile, tan-to per esserci, che vanifica in manierainequivocabile gli obiettivi principali

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della riforma, che sono poi quelli di ave-re dei diplomi realmente conseguibili intre anni e di dare alle facoltà la possibi-lità di istituire corsi a misura delle esi-genze culturali e professionali dello stu-dente e di legare l’università alle realtàproduttive del territorio.Nodo cruciale del passaggio dal vecchioal nuovo sarà la previsione chiara e pun-tuale di una disciplina del transitorio, di-sciplina ancora tutta da inventare, chenon penalizzi chi vuole passare dal vec-chio al nuovo ordinamento attribuen-dogli un numero di crediti ridotto ri-spetto agli esami già sostenuti.Un problema grosso che investe tuttal’università italiana e tocca in manieraconcreta anche l’ateneo pisano è quellodelle strutture.Ad una riforma pensata per uno studen-te frequentante, che assegna grossa im-portanza alle lingue ed all’informatica,corrisponde una (non nuova!) preoccu-pante carenza di investimenti struttura-li, in un disegno curiosissimo che miraad incentivare gli atenei ad offrire unaofferta formativa più vasta possibile maallo stesso tempo non intende fornire lo-ro le strutture adatte dove questa offertadovrebba concretizzarsi.Purtroppo questo problema è presentein maniera rilevante nel nostro Ateneo,dove si utilizzano ancora i cinema per fa-re lezione e dove alcune facoltà da tem-po lamentano situazionui strutturali ca-

renti ed alle lamentele "storiche" si sonodi recente unite quelle di facoltà che siriferiscono espressamente alla difficoltàdi attivare nuovi corsi con gli spazi a di-sposizione. In questa fase non si può cer-tamente dare un giudizio complessivosulla riforma, il percorso è ancora lungoe probabilmente molto tortuoso, sta al-la rappresentanza studentesca non di-

strarsi e seguire come un’ombra l’evol-versi della riforma, tenendo ben presen-ti le esigenze culturali e professionali de-gli studenti e battendosi perché i loro di-ritti e le loro aspettative non venganofrustrate.Un quadro composito quindi, tutto dadecifrare, un quadro in cui qualcuno haforse perso una buona occasione.

Università supermercatodi Daniele Ippolitorappresentante in Senato Accademicodella lista “Collettivi studenteschi”

La riforma dei corsi di studio, attual-mente in fase di approvazione, rap-

presenta una parte di un progetto di ri-strutturazione complessiva del sistemauniversitario che ha preso l’avvio con lalegge Ruberti del ’90 e di cui l’autonomiafinanziaria ha segnato una prima applica-zione importante. Una sempre maggiorecompetizione tra atenei e un forte legamecon il mondo imprenditoriale hanno co-stituito le linee guida del nuovo modellodi Università. È per questo che una breveriflessione su alcune innovazioni intro-dotte negli ultimi anni può consentirci diavere un’idea più chiara sull’evoluzionedel processo riformatore. Può essere utile,ad esempio, un ragionamento sulla diffu-sione dei diplomi universitari, al cui mo-dello di corsi di studio professionalizzan-ti, di breve durata e di contenuti più limi-tati rispetto all’attuale laurea si ispiranogran parte delle nuove lauree triennali. LaConfindustria potrà cantare vittoria, es-sendo riuscita a garantire ad un certo nu-mero di aziende manodopera gratuita perun semestre l’anno. Per gli studenti, inve-ce, i diplomi, lungi dal rappresentare unachiave d’accesso definitiva all’occupazio-ne, hanno contribuito ad accelerare unprocesso di precarizzazione del mondo dellavoro. È il rapporto Diogene ’97-’98dell’Università di Pisa a riconoscere, in-fatti, come le prospettive occupazionalidei diplomati siano meno stabili rispettoa quelle dei laureati (pagg. 69-76). Ma c’è un altro elemento preoccupante,ossia la progressiva limitazione dell’acces-so alla formazione universitaria. Chi vorràiscriversi ad un corso di primo livello po-trà essere soggetto al meccanismo perver-so dei debiti formativi, penalizzante ancheper l’assegnazione dei benefici del DSU.Per le lauree specialistiche, invece, per co-loro che non supereranno il test d’ammis-

sione non sarà possibile iscriversi neanchecon riserva. Si va profilando quindi un si-stema della formazione sempre più elita-rio, in cui i laureati si troveranno di fron-te, oltre ai meccanismi di selezione per lalaurea specialistica, una serie di numerichiusi veri e propri per l’accesso ai diplo-mi di specializzazione, alle scuole per l’in-segnamento e a quelle per l’abilitazione al-le professioni. Non saranno pochi coloroche non riusciranno ad esservi ammessi oche non avranno la disponibilità di soste-nere altri periodi di studi senza alcun so-stegno economico. Per gli studenti che sifermeranno alla laurea, come avviene giàoggi per i diplomati, difficilmente si apri-ranno prospettive di lavoro diverse dalprecariato.Inoltre, non si possono trascurare i pro-blemi della transizione tra i vecchi e i nuo-vi ordinamenti. I bilanci delle facoltà, in-fatti, non prevedono la garanzia per tuttigli studenti iscritti di concludere il per-corso di studi già avviato, in quanto nonsi potranno mantenere tutti gli attuali in-segnamenti e contemporaneamente atti-vare i nuovi. La mancanza di un’adeguatacopertura finanziaria per la riforma ren-derà difficile anche istituire corsi di linguae di informatica, pur essendo questi pre-visti dagli ordinamenti.Non si può quindi esprimere una valuta-zione positiva sulla riforma dei corsi di stu-dio soltanto per la sua pretesa, tutta da ve-rificare, di ridurre il pur grande divario tradurata legale e durata reale dei tempi dilaurea. Occorrono invece scelte diverse,che puntino a rilanciare il sistema univer-sitario partendo da un netto aumento del-le risorse pubbliche ad esso destinate.Bisogna poi avviare una discussione ge-nerale anche sulla formazione alle pro-fessioni ma in un’ottica diversa da quel-la attuale, fondata invece sulla subalter-

Daniele Ippolito

Dario De Matteis

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nità dell’Università alle richieste delmercato. È necessario infine garantire unreale diritto allo studio per tutti i gradidel sapere, garantendo forme concrete disostegno economico.

Sbagliato non avercoinvolto gli studentidi Vincenzo Miragliottarappresentante in Senato Accademicodella lista “Ateneo studenti”

Parlare di riforma impone, innanzitut-to, di chiarire quali siano stati gli scopi

che la hanno animata e che, nel bene e nelmale, la caratterizzano: armonizzare i tito-li di studio italiani in una prospettiva eu-ropea, rispondere alle nuove e moltepliciesigenze di un mercato del lavoro in conti-nua trasformazione, ridurre i tempi di lau-rea.La riforma, così come ci si presenta og-gi, suscita alcune perplessità, innanzituttonella prospettiva di uno svilimento del pa-trimonio culturale italiano dovuto allaconfusione riguardo ai nuovi percorsi for-mativi, triennali e non. La formazione su-periore infatti se orientata a figure profes-sionali troppo specifiche, cesserebbe di es-sere universitaria; spostando gli insegna-menti specializzanti ai primi tre anni di cor-so, si potrebbe verificare una carenza dellaformazione critica dello studente.Praticamente si rischia di ridurre l’univer-sità ad un luogo in cui non si educa più adsenso critico con cui affrontare la realtà maal massimo si insegna l’applicazione di unmetodo contribuendo così a ridurre nellostudente le capacità critiche. RomanoGuardini a riguardo affermava: “Colui chestudia in vista della professione deve con-

servare in se stesso almeno una piccola scin-tilla della volontà di ricerca altrimenti eglidiventa, intellettualmente parlando, unmanovale”.Per cercare di ridurre i rischi che una rifor-ma così concepita inevitabilmente porta,occorre evitare di:- banalizzare gli insegnamenti di base, ri-ducendo l’approfondimento critico;- ridurre le ore di didattica frontale, neces-sarie affinché il rapporto studente-docentepossa instaurarsi, così da imparare l’atteg-giamento curioso, rigoroso, scientifico checaratterizza lo studio universitario;- creare dei percorsi didattici comprimen-do il programma di cinque anni nel nuo-vo corso triennale.Ciò significherebbe insegnare molte cosesuperficialmente, quando l’università ita-liana è stimata in tutto il mondo per la ca-pacità che un nostro laureato possiede diaffrontare in profondità qualsiasi proble-ma. Proprio per questo, pur contestandoil fatto che gli studenti sono stati sostan-zialmente tenuti a margine della riforma econsultati solo a giochi fatti, non ci si puòtirare fuori da questo lavoro: la riforma or-mai c’è ed è necessario mettere le mani inpasta perché sia attuata in modo da arre-care meno danni possibili. Da questo punto di vista i due problemiche vediamo più urgenti riguardano dauna parte la modalità di assegnazione deicrediti, che non può ridursi a una mera di-visione aritmetica tra gli insegnamenti ri-sultando così cieca rispetto agli obiettividei percorsi formativi e dall’altra le pro-blematiche legate al periodo transitorio incui diverse centinaia di migliaia di stu-denti si troveranno a fare i conti con i nuo-vi programmi e con i nuovi percorsi di-dattici con il rischio di perdere parte del la-

voro già svolto. Un’attenzione particolareinoltre deve essere rivolta al nuovo regimedi autonomia degli atenei tanto sbandie-rata. Tale autonomia è stato il primo e ori-ginale titolo di nascita dell’università sindalle sue origini, sebbene sia stato in se-guito misconosciuto. L’università è natainfatti da gruppi di studenti e docenti cheautoreggendosi, hanno organizzato e svi-luppato una comunità scientifica elabo-rando autonomamente il proprio lavorodidattico e di ricerca. L’autonomia pro-spettata oggi rischia invece di essere una ri-proposizione su scala locale dello statali-smo vigente finora. Uno statalismo più pe-ricoloso, che vede un eccesso di normati-ve e il moltiplicarsi di regolamenti che li-mitano di fatto la libertà di azione dei sog-getti che operano in università. Al con-trario, la vera autonomia delle Universitàè quella capace di tutelare l’autonomia nel-le Università, riducendo la presenza asfis-siante dell’istituzione favorendo l’iniziati-va e le capacità individuali (l’individuo el’Università ad ogni buon conto è nata pri-

ma dello Stato). Da rivendicare infine è ilruolo centrale dello studente, reale prota-gonista del mondo universitario, cui va ri-conosciuta una presenza sempre più atti-va negli organi di governo degli atenei e,soprattutto la possibilità di creare e gestireopere sia come singolo sia come associa-zione. A questo scopo va ricordata la NotaMinisteriale del 10 ottobre ’98 (purtrop-po mai recepita dalle singole Università)che afferma l’utilità di sostenere e preferi-re le attività promosse da e indirizzate astudenti universitari svolte da associazionie cooperative studentesche destinate alladidattica e all’organizzazione e gestione dispazi per lo studio. Senza la valorizzazionedello studente come protagonista e noncome utente dell’Università, nessunariforma potrà mai essere positiva.

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Vincenzo Miragliotta

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LO SPORT NELL’ATENEO PISANO

In Italia lo sport universitario è organizzato dai CUS, associazio-ni federate al CONI che non dispongono di finanziamenti pro-pri, né posseggono impianti sportivi. Gli impianti sono degli ate-nei, i quali ne affidano la gestione ai CUS fornendo il relativo fi-nanziamento. Il personale dirigente dei CUS è formato da vo-lontari che prestano gratuitamente la loro opera, mentre il per-sonale di segreteria ed i custodi-manutensori degli impianti sonodipendenti dei CUS, anche se vengono stipendiati dagli atenei.Questa separazione fra proprietà e gestione crea molti problemi:atenei e CUS hanno visioni differenti e non sempre conciliabi-li. L’Università di Pisa, attraverso appositi organismi, si preoccu-pa di programmare lo sviluppo degli impianti senza però avereuna piena conoscenza delle effettive necessità. Il CUS, da partesua, ha spesso le mani legate nel progettare le attività sportive per-ché non può garantire che l’università metta a disposizione lestrutture necessarie.Rispetto al passato, su cui non voglio soffermarmi, la situazioneè molto migliorata. Le disfunzioni che si erano venute a crearehanno indotto il rettore a promuovere una nuova agenzia, la AS-SUP, per i problemi dello sport. La ASSUP è perciò divenuta l’in-terlocutore diretto del CUS Pisa: gestisce la convenzione fra uni-versità e CUS, ne controlla l’attuazione e cura tutti gli aspetti re-lativi allo sviluppo degli impianti. L’azione dell’ASSUP ha fini-to quindi per sovrapporsi a quella dell’organismo previsto dallavigente normativa che è il comitato per lo sport.È mia opinione che dovrebbe essere innanzi tutto garantita lapossibilità di praticare sport a livello amatoriale e ricreativo a tut-ti gli studenti. Attualmente, a Pisa, il numero di studenti che pra-tica, anche saltuariamente, dello sport si aggira intorno ai 2500su 40.000 iscritti. Il principio cui dovremmo attenerci in futu-ro, a mio avviso, dovrà essere quello secondo cui uno studente,per il solo fatto di essere iscritto deve avere libero accesso agli im-pianti. Sono stati fatti alcuni passi in questa direzione, ma l’o-biettivo finora non è stato raggiunto. Per uno studente che vo-glia giocare a tennis è molto più semplice, pagando 30 mila lirel’ora, avere l’accesso ai campi del Tennis Club comunale, che aquelli del CUS. Questa situazione trae origine da una legge re-gionale che impone, giustamente, a chi organizza dello sport, aqualunque titolo lo faccia, l’obbligo di richiedere un certificatodi idoneità alla pratica sportiva. Resta da capire perché, nella si-tuazione presentata, l’università è un ente che organizza sport edil tennis club comunale no.L’ateneo si è dato da fare per cercare di rimuovere questa diffi-coltà. Attraverso una convezione con Clinica Medica, che costa80 milioni, gli studenti possono farsi visitare gratuitamente. Sitratta di un fatto molto positivo che però non basta a risolvere ilproblema e ne crea, purtroppo, qualche altro.L’esperienza ha mostrato che la richiesta di visite si è concentra-ta nei mesi di ottobre e novembre. Chi ha prenotato intorno al

10 di ottobre si è visto fissare l’appuntamento per dicembre ogennaio perché le strutture non erano in grado di smaltire le ri-chieste. Risultato: questi studenti o iniziano la loro attività a gen-naio o si fanno fare un certificato a proprie spese. È possibile ri-solvere questo problema?Si potrebbe intanto richiedere il certificato di idoneità al mo-mento dell’iscrizione. Inoltre, varrebbe la pena ripristinare conuna spesa contenuta, valutabile sugli 8 milioni l’anno, il serviziomedico ambulatoriale nelle strutture di via Napoli, in modo dagarantire la presenza di un medico sportivo, in grado anche di ri-lasciare gratuitamente i certificati necessari.

Prof. Sebastiano Francaviglia associato di Analisi Matematicapresso la Facoltà di Ingegneria, responsabile organizzativo

per il calcio e la pallavolo per il CUS Pisa

INCENTIVI ALLA DIDATTICALettera aperta al Preside di Medicina, Prof. Mario Campa.

Caro Preside, nel corso delle comunicazioni dello scorsoConsiglio di Facoltà hai descritto nelle sue linee generali il pro-getto di incentivazione dell’attività didattica: alla tua nota infor-mativa è seguito un intervento su possibili sperequazioni tra i do-centi clinici contenute nella proposta in discussione e, infine, iltuo commento circa i meccanismi per l’elargizione del premioeconomico all’attività didattica, che saranno argomento di in-tenso dibattito nei prossimi consigli. È a questo proposito che tiscrivo. Trovo che la proposta di incentivare i docenti ad assolve-re la loro principale attività istituzionale, quella per cui vengonopagati, offrendogli un premio in danaro sia paradossale e mipreoccupa l’idea che le prossime riunioni di facoltà saranno de-dicate a discutere (e a lungo) non già la sostanza della propostama i meccanismi con cui scegliere quelli tra noi ‘meritevoli’ delpremio. Ritengo che un’indagine sulla qualità della didatticasvolta nella nostra facoltà sia sicuramente utile e perciò sono fa-vorevole a che gli studenti esprimano le loro opinioni sulle mo-dalità con cui vengono insegnate le diverse materie e condotte leesercitazioni pratiche. Queste informazioni possono rappresen-tare una sorta di rapido feed-back per coordinare al meglio i di-versi insegnamenti, biologici e clinici, e per potenziare l’attivitàdidattica se e dove necessario. Riguardo all’incentivazione eco-nomica sento però di dover fare una proposta radicale. Propongoche i docenti che vengono segnalati dagli studenti come parti-colarmente dediti e attenti all’insegnamento, non ricevano inpremio un’aggiunta di danaro sullo stipendio ma piuttosto unbonus di entità equivalente, immediatamente spendibile per ac-quistare monografie e riviste, autentici strumenti d’incentivo edi supporto di una buona didattica. Ti saluto cordialmente.

Proff. Marirosa Di Stefano, Pierlorenzo Marchiafava,Daniela Musumeci, Antonio Colantuoni

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Lettere al giornale

Questa rubrica è dedicata a domande, dubbi, richieste di chiarimenti o anchesemplici spunti di riflessione. Le lettere possono essere inviate al seguente recapito:

Ufficio Comunicazione, Lungarno Pacinotti 43, 56100 Pisae-mail: [email protected]

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Al via la valutazionecomplessivadell’ateneo

È partita il 1° dicembre scorso la pri-ma valutazione complessiva del-

l’ateneo pisano. Dopo alcuni anni di sper-imentazione all’interno di alcuni corsi dilaurea, quest’anno la valutazioneriguarderà tutte le facoltà del nostro ate-neo. Per il momento sono stati chiamati aesprimersi le facoltà dove sono in vigorecorsi semestrali e che a dicembre hannoconcluso quindi il primo semestre: ingeg-neria, chimica, medicina, veterinaria,agraria, economia, farmacia, il corso di lau-rea e di diploma in informatica e il corsodi laurea in scienze ambientali. L’iniziativariguarda sia studenti che docenti; quest’ul-timi potranno esprimersi sulla qualità dellestrutture didattiche e sui servizi. Per en-trambi da quest’anno la procedura di val-utazione è solo via web: infatti, poiché non

era pensabile raccogliere parecchie centi-naia di migliaia di moduli cartacei, si è pen-sato di compiere l’intera operazione su in-ternet. Questo tra l’altro consente di averei dati finali disponibili 20 giorni dopo lachiusura dell’intera procedura. L’indirizzoa cui collegarsi per esprimere la propria va-lutazione è: http://virmap.unipi.it/valu-tazione/.Gli studenti valuteranno non solo la qual-ità della didattica dei corsi che hanno se-guito, ma anche organizzazione didatticadella propria facoltà (orari, calendari d’e-sami, ecc), disponibilità di aule studio,posti in biblioteca, qualità del tutorato,puntualità negli orari di ricevimento daparte dei professori.I questionari compilati affluiranno diret-tamente in un computer dell’UfficioStatistico d’ateneo. I risultati finali(disponibili a luglio prossimo dopo chesaranno terminati tutti i corsi di studio)saranno diffusi sotto forma di dati aggre-gati agli organi centrali di governo del-l’ateneo e alle commissioni didattiche

paritetiche nonchè ai responsabili di corsidi studio e della facoltà. I risultati comp-lessivi relativi all’intero ateneo saranno co-munque pubblicati nella relazione annualedel Nucleo di valutazione dell’ateneo en-tro la fine del prossimo anno accademico.

(b.g.)

“Nozze d’oroe d’argentocon la laurea”

Il 10 giugno presso il Palazzo deiCongressi di Pisa, si terrà la XLVI

manifestazione “Nozze d'oro e d'argentocon la laurea “ organizzata dal nostro ate-neo. Sono cordialmente invitati a parte-cipare tutti coloro che si sono laureatipresso l'Università di Pisa negli anni ac-cademici 1950-51 e 1975-76. Invitiamotutti a contattare, per dare conferma osmentita della partecipazione, laSegreteria del Rettorato:Giuliana Bigongiali, tel. 050 2212136Claudia Medaglia, tel. 050 2212175fax 050 2212305 - 050 42446.

Un momento della cerimonia dello scorso anno.

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Il nuovo corso diInformatica giuridica

È partito nel marzo scorso il pri-mo Corso di Informatica giuri-dica indetto dalla facoltà diGiurisprudenza dell’ateneo pisa-

no e tenuto dal prof. MaurizioConverso, docente presso la SecondaUniversità degli Studi di Napoli, non-ché coordinatore de “Il Foro Italiano”.Vi hanno partecipato con entusiasmocirca un centinaio di studenti.L’interesse suscitato dal corso è senzadubbio giustificato. Oggi per orientar-si nella babele di informazioni giuridi-che contenute nelle banche dati off-linee on-line è sempre più importante ri-correre a operatori esperti, che sappia-no fare ricerca con gli strumenti appro-priati, non necessariamente elettronici,e perciò, di fronte alla diffusione delladocumentazione a testo integrale, ri-torna prepotentemente alla ribalta “l’e-logio del riassunto”: rispuntano le mas-sime e gli abstracts, come introduzioneintelligente e mirata alla lettura di do-cumenti a testo integrale, non facil-mente dominabili, altrimenti, nei tu-multuosi ritmi di studio e di lavoro.La “documentazione giuridica”, com-presi gli strumenti cartacei che ne cu-stodiscono i principi fondamentali, èstata finora considerata una materia se-condaria, trascurata nella quasi totalitàdelle università italiane e nei corsi diformazione post-universitaria o quantomeno confusa con l’Informatica giuri-dica.Il seminario ha inteso fornire una gui-da alla consultazione degli strumentitradizionali (repertori, massimari, rivi-ste giuridiche e raccolte legislative), con

applicazioni pratiche riguardanti ilRepertorio del Foro Italiano, Il ForoItaliano, La Gazzetta Ufficiale, Le Leggidel Foro Italiano etc., ma non solo: nell’aula informatica della Sapienza sonostate effettuate dagli studenti delle in-terrogazioni on-line sui siti più cono-sciuti del mondo giuridico, con ricercaconcreta di una sentenza della CorteCostituzionale o di un atto parlamen-tare. È stata condotta anche una ricer-ca di gruppo per la raccolta di docu-mentazione su di un dato argomento,secondo lo schema di classificazione

adottato dal Repertorio del ForoItaliano e si è utilizzato un database,Button File, per l’archiviazione perso-nale di dati e la trasmissione degli stes-si per posta elettronica al docente.Il corso ha riportato un considerevolesuccesso e si è concluso il 5 maggio conil rilascio di un attestato e la segnala-zione di una grossa novità: dal 2001l’informatica giuridica diverrà materiad’esame obbligatoria a Pisa, all’internodel corso di laurea in Giurisprudenza.

Giuditta Antonietta Pulitanò

La visita del Presidente Ciampi a PisaIl Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, giunto a Pisa nel dicembrescorso per l'inaugurazione ufficiale dell'area di ricerca del CNR a S.Cataldo, havoluto onorare il nostro ateneo incontrando le autorità accademiche e i rappresen-tanti dell'imprenditoria cittadina al palazzo "Alla giornata", sede del Rettorato.Nella foto: il Presidente viene accolto dal Rettore e da una folla di cittadini.

I nuovi prorettoridell’Universitàdi Pisa

Nominati i nuovi prorettoridell’Università di Pisa.

Le novità più grandi riguardano l’isti-tuzione di due nuovi incarichi: quelloper i rapporti con il territorio, che si oc-cuperà dei rapporti istituzionali con glienti territoriali e culturali con partico-lare riguardo ai problemi dell’espan-sione dell’ateneo e della sua presenza

culturale nel bacino territoriale di rifer-imento; e quello per gli affari economi-ci con funzioni nell’area della program-mazione, del bilancio e del controllo digestione, con particolare riguardo aiproblemi di ripartizione delle risorse edella valutazione della loro utilizzazione.Sono stati inoltre scissi due attualiprorettorati: la didattica è stata scissa indidattica e studenti; il prorettorato perla ricerca diviso in ricerca di base e ricer-ca applicata. Ecco nel dettaglio gli undi-ci prorettori:Prorettore vicario: Guido Paduano.Rapporti internazionali: Lorenzo Calabi.

Edilizia: Aldo Frediani.Sanità: Mario Mariani.Affari giuridici: Giovanna Colombini.Studenti: Gianfranco Denti.Rapporti con il territorio: TommasoFanfani.Ricerca di base: Margherita Galbiati.Affari economici: Roberto Lorenzi.Didattica: Dino Pedreschi.Ricerca applicata: Emilio Vitale.Sono state prorogate fino al 31 ottobre2001 le nomine dei prorettorati all’infor-matica a Vincenzo Ambriola e alla valu-tazione a Maria Francesca Romano.

(b.g.)

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Nel dicembre scorso si è tenuto aPisa, presso il Centro Congressi

dell'ex Monastero delle Benedettine, ilconvegno “Innovare per crescere: la qua-lità dei processi nell'amministrazioneuniversitaria”.Il convegno è stato organizzatodall'Università di Pisa nell'ambito delleiniziative promosse dal Coordinamentodei Direttori amministrativi delleUniversità italiane (CO.DA.U.), con lacollaborazione della Scuola S. Anna e del-la Scuola Normale Superiore. Per una uni-versità che voglia assolvere ai suoi compitiistituzionali con efficacia, la buona ammi-nistrazione deve essere considerata come ilpresupposto indispensabile che garantiscela riuscita di ogni sua attività, didattica odi ricerca. Su questo tema importantissi-mo si sono confrontati numerosi rappre-sentanti degli atenei italiani, cercando an-

che il confronto con le esperienze ammi-nistrative maturate in aziende del settoreprivato. Dopo l'intervento introduttivodel Rettore, prof. Luciano Modica, i lavo-ri del convegno sono proseguiti con il con-tributo del dott. Guido Fiegna, membrodel Comitato Nazionale per la Valutazionedel Sistema Universitario.I convegnisti sono stati poi invitati a riflet-tere su diverse esperienze illustrate nelle re-lazioni del prof. Andrea De Guttry (ScuolaS. Anna), della prof.ssa Paola Miolo Vitali,dell'ing. Piero De Risi (ConsorzioQualital) e della dott.ssa Paola Nataledell'Università di Pisa. Il prof. PieroFloriani è intervenuto sul tema della co-municazione pubblica, sottolineandonel'importanza ai fini della trasparenza equindi dell'efficacia del procedimento am-ministrativo. Infine, l'attenzione si è spo-stata sul mondo delle imprese con la rela-

zione della dott.ssa Angela Gargani dellaTelecom e sull'evoluzione delle normeISO, tema trattato dal dott. PompeoVagliani (ISVOR Fiat), il quale si è soffer-mato a considerare, più in particolare, il lo-ro impatto sugli enti di formazione.

(a.a.)

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Un successoil convegno sullafigura di Cristo

Lo scorso novembre all’ex-mona-stero delle Benedettine si è tenuto

il tradizionale convegno di ateneo, dedi-cato quest’anno alla figura di Cristo.Con il convegno “Heri et hodie, figure diCristo nella storia”, l’Università di Pisa hachiamato a raccolta, in occasione dell’an-no giubilare, numerosi studiosi di varie di-scipline per invitarli a riflettere sulle mol-teplici tradizioni cristologiche succedute-si in Occidente dalle origini del cristiane-simo al pluralismo confessionale della mo-dernità e sulla loro ricezione in ambiti eti-co-religiosi extraeuropei.I ricercatori che hanno portato il loro con-tributo al dibattito hanno esaminato il te-ma da prospettive diversissime e talvoltasorprendenti.Nella prima sessione del convegnoClaudio Giannotto e Paolo Sacchi hannofatto il punto sullo stato attuale della ri-cerca. La storicità della figura di Gesù èstata discussa tenendo presente le tensio-ni politiche e culturali dell’epoca, tra spi-ritualismo delle prime comunità di cre-denti e attesa messianica nell’ebraismo. Con uno scarto di prospettiva che ha por-tato la discussione sui fondamenti della re-ligiosità attuale, la seconda sessione del

convegno è stata invece dedicata ai rap-porti tra cristianesimo e modernità. Oltrealle relazioni di Salvatore Natoli, GianMario Cazzaniga e Adriano Fabris, è in-tervenuto su questo tema l’Arcivescovo diMilano Cardinal Carlo Maria Martini.Inutile dire che la seduta è stata parteci-patissima. Il Cardinal Martini, la cui po-polarità, in effetti, è dovuta più all’impe-gno instancabile con cui interpreta la mis-sione pastorale, che alla sua opera di ese-geta dei testi sacri, ha richiamato un pub-blico talmente numeroso che è stato ne-cessario spostare la seduta del convegnonella vicina chiesa di S.Paolo a Ripad’Arno.Infine, abbandonata la prospettiva più

strettamente storica, nella terza ed ultimasessione è stata esaminata la ricezione delmessaggio evangelico e il problema dellaraffigurazione del Cristo in ambiti con-fessionali diversi (dall’ebraismo, alle di-verse chiese riformate, senza dimenticareil mondo islamico) nelle arti figurative,nella letteratura, nel cinema.Oltre agli studiosi già ricordati, sono in-tervenuti su questi problemi RomanoPenna, Adriana Destro, Mauro Pesce,Enrico Norelli, Piero Stefani, Paolo Ricca,Mohammed Arkoun, Lorenzo Cuccu,Gigetta Dalli Regoli, Valentino Vago,Claudio Olivieri, Giuseppe Alberigo,Severino Dianich e Aldo Gargani.

(a.a.)

Il Cardinal Martini viene ricevuto in rettorato dal Prof. Paduano e dal Senato Accademico.

Il Direttore amministrativo dell’Uni-versità di Pisa, Giovanni Paolo Andreotti.

“Innovare per crescere: la qualità dei processinell'amministrazione universitaria"◆

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Lo sperimentalismonel teatro occidentale

Ripensare nel suo complesso l’artedrammatica europea per aprire

nuove vie alla sperimentazione.Con questo ambizioso obiettivo si è svol-to a Pisa e a Cascina, tra il 30 novembree il 2 dicembre scorsi, il convegno “Losperimentalismo nella storia del teatrooccidentale”.Organizzato dall’Università di Pisa e dal-la Fondazione Sipario Toscana, il conve-gno ha portato a conclusione un progettodi ricerca finanziato dal MURST al qualehanno collaborato diverse università; oltreal nostro ateneo: Bologna, L’Aquila,Palermo, Roma - La Sapienza e la ScuolaNormale Superiore. L’idea di fondo che hapervaso tutto il progetto - spiega il diret-tore, prof. Guido Paduano - è stata quelladi far dialogare in maniera proficua duerealtà che troppo spesso si ignorano: ladrammaturgia pratica di chi calca le scenee gli studiosi di letteratura e di teatro.La partecipazione della FondazioneSipario Toscana, diretta da AlessandroGarzella, ha dato concretezza a questo dia-logo, permettendo di individuare nuoviriferimenti comuni tra pratica e ricerca.Il convegno si è articolato in tre momen-ti. In un primo ciclo di conferenze, svol-tosi all’ex-monastero delle benedettine, al-cuni dei più importanti studiosi di lette-ratura e di teatro, sia italiani che stranieri,hanno affrontato la questione della messain scena, spaziando dal teatro greco a quel-lo contemporaneo. L’intento di questa in-

vestigazione ad ampio raggio, condotta at-traverso una prospettiva diacronica, è sta-to quello di gettare le basi di una nuovastagione di studi che definisca una “gram-matica della sperimentazione teatrale”. Ilconfronto è stato inoltre arricchito da unaserie di incontri pubblici con personalitàdi spicco dello spettacolo. Sono interve-nuti, portando la loro preziosa testimo-nianza, Luigi Maria Musatidell’Accademia Nazionale d’ArteDrammatica “Silvio D’Amico” di Roma,Armando Punzo, del Teatro CarteBlanche, Compagnia della Fortezza diVolterra, Gabriele Vacis, del TeatroSettimo, di Settimo Torinese e Leo deBerardinis del Teatro di Leo di Bologna.A conclusione del convegno, al teatroPoliteama di Cascina, sono stati portati inscena tre spettacoli, tutti applauditissimi.Un nutrito pubblico di addetti ai lavori,

di semplici appassionati e di studenti uni-versitari ha potuto seguire ed apprezzare lavicenda del soldato di Ramuz, la sua lottaper resistere alle tentazioni del grande in-gannatore, nell’originale realizzazione sce-nica di Paolo Baiocco. Dopo “L’histoiredu soldat”, di cui va segnalata la convin-cente interpretazione di MartineBrochàrd (nella foto) e la sognante esecu-zione di Stravinsky dell’Orchestra daCamera dell’Umbria, è stata la volta delCRT di Pontedera che ha rappresentato“Oblomov, quando ci si sveglia si è mor-ti”, un adattamento del noto romanzo diGoncarov ad opera del regista RobertoBacci. Infine, l’amara comicità de “I veriuomini sputano lontano”, un testo origi-nale di Donatella Diamanti e FabrizioCassanelli, che ne è stato anche interpre-te sotto la regia Alessandro Garzella.

(v.l.)

Martine Brochàrd in una scena de “L’histoire du soldat”.

Sul primo numero di Athenet si eraaccennato ai corsi di scrittura orga-nizzati dal Dipartimento di Studi

Italianistici per l’Anno Accademico1999-2000. Lo scorso anno sono stati attivati dodicicorsi di scrittura destinati a varie tipolo-gie di utenza: studenti delle Facoltà diInformatica e di Matematica, dipendentidegli uffici amministrativi dell’Universitàdi Pisa, e studenti del corso di laurea inlingue della facoltà di Lettere.In particolar modo, i corsi organizzati pergli studenti della Facoltà di Lettere, naticon l’intento di prepararli all’esame scrit-to di italiano, hanno avuto un buon suc-cesso: un’alta percentuale degli studenti

del corso di Laurea in lingue che avevanofrequentato i corsi ha superato la provascritta al primo appello.Visti i risultati, la nostra Facoltà ha atti-vato anche per quest’anno accademicoveri e propri laboratori di scrittura. I cor-si sono sei: quattro nell’ambito del corsodi letteratura italiana, due – introdottiper la prima volta – nell’ambito del corsodi didattica della lingua italiana. Di recente, il Ministro della PubblicaIstruzione De Mauro ha resi noti i risul-tati della ricerca effettuata dal CentroEuropeo dell’Educazione (già diffusi agiugno 2000) sulla competenza alfabeti-ca in Italia. I dati non sono affatto con-fortanti: il 65% della popolazione adulta

(fra i 16 e i 65 anni) è a rischio alfabeticoper quanto riguarda l’uso della scrittura.La maggioranza degli italiani, insomma,non è in grado o fa molta fatica a com-prendere e utilizzare informazioni con-tenute in testi scritti: quindi a comuni-care.In seguito alla ricerca del CEDE, su IlSole 24 Ore del 17 maggio è apparso unarticolo dal titolo provocatorio diLaureati incapaci di scrivere: Antiseri, cheha firmato l’articolo, denunciava che ilproblema è più diffuso di quanto si cre-da, anche fra i laureati: “l’8% di chi hapreso il fatidico pezzo di carta, oggi riescea malapena a capire una semplice frase.”Per quanto riguarda la nostra esperienza,pur se recente, possiamo osare un certoentusiasmo e dire che la nostra Facoltà li-cenzierà laureati capaci di scrivere!

Tiziana Paladini

Continuano con successo i corsi di scrittura

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www.africam.com

È un sito su alcune riserve naturali africane, in Namibia, SudAfrica, Zambia etc. Sebbene non presenti informazioni di par-ticolare interesse scientifico, vale ugualmente la pena visitar-lo perché permette di assistere in diretta ad alcune scene di vi-ta selvaggia per mezzo di una decina di videocamere disloca-te in altrettante postazioni all’interno di quattro aree protet-te. Le postazioni si trovano in luoghi strategici, per lo più inprossimità di abbeveratoi artificiali e pozze naturali.Con un po’ di pazienza e di fortuna si possono vedere, in tem-po reale, i fotogrammi dei vari animali che sostano per bere:gazzelle, zebre e altri animali tipici della fauna di savana.(a.a.)

@gendaWeb

www.seaturtle.org/mtrg/projects/ascension/

L’isola di Ascension nell’Atlantico meridionale ospita un’importan-te colonia di tartartartarughe marughe marineine la cui sopravvivenza potrebbe es-sere minacciata dall’innalzamento della temperatura del pianeta. Inquesta specie, la determinazione del sesso nei nuovi nati è legata in-fatti alla temperatura di incubazione delle uova: un mutamento delclima può esserle fatale. Per questo motivo le tartarughe verdi diAscension sono tenute sotto osservazione da un gruppo di ricerca-tori inglesi e italiani, tra cui il prof. Floriano Papi e il dott. PaoloLuschi del Dipartimento di Etologia del nostro ateneo. La loro at-tività è documentata in questo sito, interamente dedicato alle tar-tarughe marine. Chi volesse saperne di più può procurarsi il bel li-bro di Sergio Ghione, L’Isola delle tartarughe, edito da Laterza. (a.a.)

www.hq.nasa.gov/alsj/frame.html

Rivedere le foto di una delle più straordinarie imprese che sianomai state compiute fa sicuramente un certo effetto. Soprattuttoquando sono corredate dalla trascrizione, e in molti casi dalla ri-produzione audio e video, dei dialoghi fra gli astronauti e i centria terra, magari durante le fasi cruciali di alcune delle missioni piùfamose. È quello che offre una delle tantissime sezioni del sito del-la Nasa, l’ente spaziale americano, che ha messo a disposizionedel pubblico un importante archivio di informazioni sulle mismis--sioni “sioni “AApollopollo””, quelle che portarono per la prima volta l’uomosulla Luna. Questo e altro nelle altre sezioni del sito, dove graziea un efficace motore di ricerca (www.nasa.gov/siteindex.html) èpossibile orientarsi tra le migliaia di pagine presenti. (v.l.)

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http://gallica.bnf.fr/

Gallica 2000 è una risorsa fondamentale per tutti gli studiosi e gliappassionati di letteratura e cultura franceseletteratura e cultura francese. Nella sua nuovaversione il sito curato dalla Bibliothèque National de France met-te infatti a disposizione del navigatore 80.000 documenti, testi let-terari, filosofici, scientifici dal primo Medioevo agli inizi del ‘900.La maggior parte di essi sono disponibili in PDF o in formato im-magine (TIFF), ma ve ne sono anche diverse migliaia scaricabilicome testo. Oltre al catalogo generale, esistono sul sito degli inte-ressanti percorsi di consultazione tematici e cronologici, partico-larmente utili alla attività didattica. La realizzazione di questo gran-de archivio di documenti è stato possibile grazie alla collaborazio-ne di numerose istituzioni pubbliche e case editrici private. (a.a.)

http://medialab.di.unipi.it/

È il sito del LaboratorLaboratorio multimedialeio multimediale del dipartimento diInformatica all’interno del quale troviamo la presentazione diprogetti informatici applicati ai più vari campi della ricerca. Siva dalla ricostruzione in 3D di volti di mummie dell’anticoEgitto, alla classificazione di vasi e cassette canopiche realizza-ta in collaborazione con gli egittologi del nostro ateneo, dallarealizzazione di simulazioni di regata che permetteranno aglistudenti dell’Accademia Navale di Livorno di esercitarsi vir-tualmente, alla predisposizione di materiali didattici utili a raf-finare lo stile di scrittura. Un chiaro esempio (se ancora ce nefosse stato bisogno) di come l’informatica può essere d’ausilioa tutte le discipline. (b.g.)

www.khm.at/

Al KKhunsthistorhunsthistorische Mische Museum di useum di ViennaVienna sono conservate lecollezioni d’arte riunite nei secoli dalla casa d’Asburgo: un’espo-sizione permanente fra le più ricche e spettacolari al mondo, ac-cessibile ora anche attraverso internet. Il sito del museo è suddi-viso in numerose sezioni; dall’arte antica, egiziana, greca e roma-na, alle splendide raccolte di pittura medievale, rinascimentale ebarocca. Ogni opera è corredata da una scheda informativa, inlingua tedesca o inglese. Oltre alle collezioni permanenti, sono at-tualmente visitabili nelle sale del museo e in rete, due mostre tem-poranee. La prima dedicata all’arte persiana e consistente in par-te delle collezioni del Museo Nazionale di Teheran, l’altra sullamonetazione dell’antica Roma, dal titolo "Non olet". (a.a.)

www.fnal.gov/

Il FFerermilab milab dell’U.S. Departement of Energy è il più potente ac-celeratore di particelle al mondo. I ricercatori che operano all’in-terno di questo importante laboratorio, molti dei quali provenientidalla nostra università, studiano la struttura fondamentale dellamateria e più in particolare la composizione delle singole particellesubatomiche interne al nucleo. Si tratta di ricerche fondamentaliche possono fornirci la chiave per comprendere le semplici leggifisiche che governano l’universo. Il laboratorio di Batavia, Illinois,porta il nome di uno dei più grandi fisici del XX secolo ed intrat-tiene uno storico rapporto di collaborazione con la nostra univer-sità e con l’INFN. Nel suo sito è possibile reperire una vasta do-cumentazione sulle attività e le ricerche in corso. (a.a.)

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Finito di stampare nel febbraio 2001presso il Centro stampadell’Università di Pisa

Athenet on-line: www.unipi.it/athenet

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