Athame n° 6 - Periodico di Wicca e Stregoneria

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Athame è la prima rivista italiana dedicata alla Wicca. Pubblicata dall'Associazione Circolo dei Trivi.

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Editoriale La stagione invernale volge al termine e con il giungere della primavera cominciamo a prepararci alle iniziative che ci vedranno coinvolti fino all’autunno prossimo, ad aprile cominceremo con la seconda edizione del seminario introduttivo alle tecniche della Wicca che durerà con cadenza bisettimanale fino all’estate, inoltre vi proponiamo per la prima settimana di agosto la partecipazione al Witchcamp continentale 2004 a cui parteciperà anche Starhawk, un evento a cui il nostro Circolo non mancherà. Tutte le informazioni all’interno. Sempre quest’estate invece prenderemo parte all’organizzazione di un Workshop intensivo di una settimana promosso dal gruppo del Pagan Pride Day di cui potrete conoscere tutti i dettagli e le mo-dalità di iscrizione sul nostro sito e su queste pagine nel prossimo numero, e già si profilano le atti-vità autunnali con la terza edizione del Convegno Wicca 2004 a cura del Branco dell’Antica Quer-cia, ma non andiamo troppo in là… Gli impegni si moltiplicano, ma cerchiamo di farvi fronte a testa alta, soprattutto perché desideria-mo cercare di tenervi informati e aggiornati sulle principali iniziative che si svolgono in Italia e an-che in giro per l’Europa e potervi far “sentire” sempre le mille voci della Wicca, Tra le altre cose in questo numero vi portiamo niente meno che la “voce” di Phyllis Curott e quella di Laura Rangoni, ad entrambe queste autrici vanno i nostri più sentiti ringraziamenti per la loro preziosissima colla-borazione. Anche questo numero ci è costato una grande fatica, ma malgrado tutte le nostre traversie siamo an-cora qui. Essere wiccan in questo mondo non è cosa facile, richiede una capacità di confronto e una maturità che spesso pochi possiedono, richiede la forza di conoscere i propri abissi e le proprie altez-ze, un compito difficilissimo. Andare d’accordo tra di noi non è facile, cento persone e cento idee di-verse, siamo estrosi e creativi, ma possiamo essere anche individualisti e infantili. Ognuno di noi at-traversa vette impervie e mari oscuri e tuttavia qualcosa ci spinge avanti, sempre più avanti, qualco-sa ci impedisce di mollare di fronte alle difficoltà, e allora eccoci ancora qui… Il mio augurio per tutti voi è che la primavera che giunge possa regalarvi tanti sogni realizzati e tanti progetti da realizzare, sognare è importante, così come è importante vedere che qualcuno di questi sogni si trasforma in realtà.

Buona lettura Cronos

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Athame

Anno III - n° 6 II/2004

Direttore editoriale Davide Marrè (Cronos)

Redazione Gabrio Andena (Gabriel) Daniele Tronco (Elaphe)

Hanno collaborato Phyllis Curott

Falco Mnemosyne (Rosalba di Milano)

Laura Rangoni Taliesin (Mario Zausa)

Tal Nutag (Roberto Salituro) Upui

Disegno in copertina: Upui

Informazioni Tel :

340 1282118

e-mail: [email protected]

Stampato in proprio presso

“Circolo dei Trivi” Via Medaglie d’Oro 19

Casorate Sempione (VA)

Tutti i diritti di proprietà e il marchio Athame sono riservati a:

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3° Ufficio Entrate Milano

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Athame è un bollettino interno non a scopo di

lucro

La distribuzione è riserva-ta a soci e simpatizzanti

Athame non si occupa nè di raccolta, nè di commento e di elaborazione critica di notizie attuali, nè è caratterizzato dalla tempestività di informazione diretta a sollecitare i cittadini, non ha periodicità definita, nè è diretto al pubblico, ma a soci e simpatizzanti dell’Associazione, pertanto secondo l’insegnamento co-stante della Corte di Cassazione e ai sensi della legge sull’editoria 47/1948 e seguenti, non può essere conside-rato testata soggetta a registra-zione.

Indice

La Strega buona Pag 3

Quattro donne in auto… e al Tor

Pag 7 Divinità della natura

Pag 13 Maghi da televisione

Pag 16

Il respiro di Gaia nel grembo di Gea Pag 18

La biblioteca della strega

Pag 21 Il senso degli Dei e il nulla

Pag 28

La piccola Dea Pag 30

WitchWeb

Pag 32 Per un monachesimo pagano

Pag 34

Scoprirsi Strega Pag 37

INTERNATIONAL LORELEY-WITCHCAMP IN EUROPE (Loreley - Campo internazionale delle Streghe in Europa) Una settimana di magia, trasformazione, rituali e comunità

nella Tradizione Reclaiming

Dal 29 luglio al 5 agosto 2004 a Getelo, Germania del Nord

con la straordinaria partecipazione di

Starhawk autrice de “La danza a spirale”

Tutte le informazioni a pagina 21

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La strega cattiva è morta! E la notizia si sta diffondendo nella cultura di massa. Oggi, alcuni dei più popolari shows televisivi, films e libri nel mondo sono sulle streghe buone. Per secoli la cultura dominante ha dipinto le streghe come cattive. Ma benché questo stereotipo negativo resista, l’odioso vecchio stereotipo viene bandito dalla cultura di massa.

Perchè? La risposta è che il contemporaneo revival della strego-neria, comunemente nota come Wicca – attualmente una delle sue particola-ri e più diffuse forme – è la pratica spirituale che in America, Inghilterra, Canada e Australia sta crescendo più velocemente. E la cultura popolare va dove può trovare ascolto. L’industria dell’intrattenimento è molto sensibile agli interessi dei suoi consumatori. E quando la vera Strega appare nel mondo reale, immagini della Strega buona appaiono presto nella cultura popolare – televisione, film e libri.

L’America e il resto del mondo, stanno scoprendo che dietro la ma-schera della strega cattiva c’è l’affascinante volto della Dea. A di-spetto dell’originaria influenza delle tradizioni della magia cerimoniale, la Wicca attualmente si sta evolvendo come una forma di moderno shamani-smo, la rinascita contemporanea della antica spiritualità pre-cristiana della Dea, anche nota come la Vecchia Religione. La parola Witch, cioè stre-ga in inglese, viene dalla parola an-glosassone wicce, che significa sag-gia. In Italiano Streghe probabilmente deriva dalla parola strighe (a sua volta derivata dal latino strix,strigis. NdT), che indicava un tipo di civetta che era l’antico simbolo della Dea della saggezza, Athena.

Sfortunatamente, la parola evoca anche l’immagine di una vecchiaccia dalla faccia verdognola che cavalca una scopa e prepara pozioni venefi-che, uno stereotipo negativo che ha dominato a lungo nella cultura popo-lare. Le scompigliate megere nel Ma-cbeath sono infami, e le incisioni di Durer catturano la personificazione

de l -la strega malvagia. Fu portata in vita in modo vivido sia nel famoso film hollywoodiano “Il mago di Oz” dall’attrice Margaret Hamilton, sia da Bette Midler nel film “Hocus Pocus”, e nel recente “Blair Witch Project”. Questo stereotipo di base ci conduce alle origini dell’idea di streghe cattive e della loro persistente presenza nel-la cultura popolare. Ma da dove vie-ne questa visione distorta?

C’è una ragione storica mol-to specifica. L’immagine della brutta Strega dal grande naso e adoratrice

di Satana era una diretta conseguen-za dell’Inquisizione della Chiesa Cat-tolica contro gli Ebrei che dominò nell’Europa del 1400. Le accuse di relazioni sessuali e di adorazione del demonio, di sacrificare i bambini cri-stiani, di avere zoccoli e corna, un “marchio del diavolo”, e forse il più interessante dettaglio – un grosso

naso ad uncino, erano tutte accuse precedentemente usate contro gli ebrei durante l’Inquisizione.

Il successo di quella campa-gna diffamatoria, che continua an-che ai nostri giorni, incoraggiò la Chiesa a continuare il suo assalto alle altre religioni in un continuo sforzo per accumulare ricchezza, egemonia religiosa e potere politi-co, accanto alla soppressione dei diritti delle donne. Nel tardo ‘400, la Vecchia Religione, e il culto della Dea, fu definita satanica dalla Chiesa Cattolica.

Non esiste alcun diavolo nella Vecchia Religione e le Streghe non lo adorano, ma centinaia di migliaia furono torturate e uccise. Quasi il 90% di queste vittime era-no donne e quelle donne che so-

pravvissero persero quasi tutti i loro diritti legali, divennero “oggetti”, fu loro proibito di possedere o ereditare proprietà, ricevere un’educazione, praticare medicina o lo sciamanismo dell’Europa pre-cristiana. Questo pro-lungato periodo di persecuzione, co-nos c i u to come “Wi t c h c raze” (Ossessione delle streghe, ndT), e l’Olocausto delle donne, assicurò la supremazia dello stereotipo della Strega cattiva. Col passare dei secoli, la megera divenne personificazione dell’ombra della cultura, paura della cultura del-

La Strega buona La nuova eroina dei media moderni

di Phyllis W. Curott, H. Ps., J.D.

Phyllis Curott

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le donne, il loro potere di donare la vita, la loro sessualità, e spiritualità. Fiabe, rappresentazioni teatrali, im-magini, film e sermoni – la cultura popolare di ogni generazione – per-petuarono questa concezione.

Ma i tempi stanno cambian-do e la Dea sta tornando. La realtà della Strega buona è rimasta nella memoria della nostra cultura. Negli ultimi quarant’anni, l’industria della televisione e quella cinematografica hanno fornito almeno una Strega buo-na ogni decade: Glinda, la Strega Buona del Nord nel “Mago di Oz”,

Veronika Lake in “Ho spo-sato una strega”, Kim No-vak in “Una strega in para-diso”, ed Elizabeth Mon-tgomery nella famosa se-rie televisiva degli anni sessanta “Vita da strega”. Oggi, le Streghe buone sono ovunque, con Hol-lywood alla testa di una svolta radicale della per-cezione pubblica, ritratte in modo positivo in “Sabrina”, in “Streghe”, nel personaggio di Willow in “Buffy l’ammazzavampiri”, nel film “Amori e incantesi-mi” che è stato numero uno di incassi, e naturalmente nel successo da record dei libri e film di Harry Potter. Personaggi Wiccan (negli

USA, ndT) ora compaiono in ogni gene-re di spettacoli televisivi, spesso descrit-ti come individui normali. Tuttavia molte di queste nuove descri-zioni contengono ancora stereotipi e caratteristiche da favola che si trascina-no: per esempio, che solo le donne sono Streghe, che le Streghe hanno poteri soprannaturali, che la Magia è sopran-naturale, e la nuova immagine popola-re che le Streghe sono bellissime. Il fat-to che la cultura popolare non descriva le Streghe e la religione effettiva in modo realistico è visto da molti prati-canti di questa bellissima religione co-me degradante e quindi molto ango-scioso. Naturalmente ciò è comprensi-

bile. Essendo stata una pubblica professio-nista, un avvocato dichiarato in favo-re dei diritti delle Streghe in tribunale e un’attivista nei media per quasi vent’anni, ho un punto di vista un po’ diverso che vorrei condividere con voi. Sono d’accordo che i nuovi stereotipi sono riprovevoli, ma credo che deb-bano essere visti in un contesto storico di cambiamento, che ci dovrebbe rendere più pazienti, realistici e otti-misti circa il nostro futuro dentro e fuori la cultura popolare. Credo che ciò che è più importante riguardo alle rappresentazioni attuali delle Streghe, sia che quasi tutte que-ste immagini sono POSITIVE. Le Stre-ghe sono eroine, e nel caso di Harry Potter anche eroi, che sono sempre buoni. Essi rappresentano il carattere morale, lo strumento di misura di ciò che è buono, corretto, giusto, ed equo. Inoltre spiegano sempre che la Stre-goneria non ha niente a che fare con il Satanaismo, e solo questo è già un grande passo avanti. La rappresenta-

Il nostro giornale è uno spazio aperto pertanto siamo sempre alla ricerca di persone che abbiamo qualcosa da dire sulla Wicca.

Se sei interessato a dire la tua contattaci!

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Fiona Horne

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zione delle Streghe come eroiche e buone è un cambiamento storico signi-ficativo e radicale – è un’inversione a 180° di un’oscura immagine durata troppo a lungo. E a tutte queste quali-tà positive si può aggiungere che le descrizioni sono accurate. È molto significativo che questi ritratti positivi di Streghe arrivino da fonti della cultura di massa e quindi dall’interno della cultura dominante, che fino ad ora aveva, tranne rare eccezioni, raffigurato la Strega come malvagia. Ed è importante ricordare che la cultura di massa è un mezzo per raccontare storie. È la versione moderna della fiaba e del mito. Rico-noscendo sia la sua origine nella cul-tura dominante, che la sua funzione quale moderna creatrice di miti, pos-siamo comprendere alcune sue limita-zioni come il bisogno di mitizzare la Strega con poteri soprannaturali e moderni effetti speciali. Ma ora la Strega viene mitizzata come buona, e questa è una profonda trasformazio-ne storica, sociologica e spirituale che emerge dall’interno della cultura do-minante. È una straordinaria e merita-ta innovazione, che non dovrebbe mai essere sottovalutata.

Nicole Kidman e Sandra Bullock interpretarono due sorelle Streghe nel film “Amori e incantesimi”, basato sul libro di Alice Hoffman, che

conquistò il primo posto al botteghino quando uscì. Quando Sandra spiega che “non c’è alcun male nell’Arte”, e che “la magia è più di incantesimi e pozio-ni”, milioni di persone sentirono impor-tanti messaggi che avrebbero aiutato le vere Streghe a praticare la loro reli-gione in pace e sicurezza e con una più vasta approvazione pubblica.

Molti dei programmi televisivi p iù famosi , “Sabr ina” , “Buffy l’ammazzavampiri” e “Streghe”, presen-tano giovani donne forti, indipendenti e attraenti, che sono Streghe; uno dei personaggi principali di una soap ope-ra che va in onda nel pomeriggio negli USA, esclama “Oh mia Dea! “ regolar-mente e svolge graziosi rituali alla Dea come parte della trama. Il famoso tele-film “Friends” dedicò un intero episodio alla scoperta della Dea interiore da parte dei perso-naggi femminili; e in una delle serie televisive più di successo e di tendenza, cioè “Sex and the city”, si ritrae la p r o t a g o n i s t a principale, Car-rie, mentre dice al suo ragazzo che va a passare la serata con le

sue amiche , “a fare quella cosa Wic-ca così di moda adesso”. Così molti altri show televisivi famosi mostrano Streghe come personaggi comprensivi e realistici che praticano una religione seria.

E non devo sprecare tempo per ricordare ai lettori che i libri di Harry Potter sono tra i più venduti nel mondo, e i film riscuotono un enorme successo. Personalmente, prevedo una notevole affluenza nella Wicca di giovani uomini e donne entro una decina d’anni.

Ogni immagine positiva di una Strega nella cultura di massa, con o senza effetti speciali, allontana lo stereotipo negativo e rende la realtà della Stregoneria più accettabile. Questo è importante e inestimabile. In relazione alla lunghezza di tempo della permanenza dello stereotipo negativo, questa trasformazione sta avvenendo molto, molto rapidamente – ed è una delle benedizioni dell’informazione globale. È anche solo un passo in un lungo processo di trasformazione storica. E, come Stre-ghe, dobbiamo guardare avanti, es-sere pazienti con il processo di cam-biamento della nostra immagine nella cultura di massa. La Wicca è una reli-gione della terra. La Magia lavora con la Natura e i cambiamenti in Na-tura richiedono tempo. è un processo organico. Non puoi far crescere le piante più velocemente tirandole. Ma le puoi aiutare togliendo le er-bacce, annaffiando e fertilizzando, e soprattutto facendo l’amore nei campi

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e nelle foreste. Puoi aiutare il proces-so di trasformazione osservando, leg-gendo, ascoltando e rispondendo alle immagini negative quando appaiono nei media. Le Streghe Americane sono diventate sempre più conosciute, e questo è il motivo per cui ci sono fa-mosi programmi, film e libri favorevoli ed esse sono sempre più esplicite nel reagire ai ritratti negativi. In entrambi i modi stanno avendo un impatto im-portante e crescente sulle rappresen-tazioni da parte dei media. Con l’avvento dei reality shows le S t r e g he s t a n n o p e r a ve r e l’opportunità di vedersi ritrarre con grande accuratezza. L’autrice e Stre-ga Fiona Horne è anche una nota cantante e pop-star in Australia che, come ho fatto io, ha messo la sua reputazione professionale in pericolo ed ha usato la sua celebrità per mo-strarsi in pubblico come Strega. Ha appena terminato di girare tredici settimane di un reality show in cui verrà rappresentata la sua vita di Strega praticante. E’ impossibile sa-pere che tipo di montaggio subirà il programma, ma Fiona ha un grande coraggio e ha corso un enorme rischio personale mettendosi in prima linea per mostrare chi siamo realmente, in cosa crediamo veramente e come pratichiamo di fatto la nostra religio-ne. La Stregoneria sta anche ricevendo un’attenzione sempre maggiore da parte di trasmissioni più “impegnate”. Durante gli ultimi anni, la publicazione

de “Il sentiero della Dea” e “L’arte della magia”, la cre-scita della Wicca e la sua maggio-re visibilità, la presenza di Stre-ghe tra i militari, e le numerose battaglie legali per assicurare la libertà religiosa delle Streghe, hanno promosso

la pubblicazione di storie reali e rispet-tose sui principali quotidiani e su innu-merevoli giornali locali, su riviste famo-se, e come argomento di discussione nei più importanti shows televisivi negli Stati Uniti e all’estero. La protesta Wic-can contro “The Blair Witch Project” ha ottenuto una buona copertura dai noti-ziari.

Secondo il New York Times, la Wicca è anche il tema in più veloce crescita e più redditizio in campo edito-riale. In questo momento, la Magia, sta subendo una enorme trasformazione – storie sulle Streghe sono sempre più spesso scritte da Streghe. Non più confi-nate nel ripostiglio delle scope, le Stre-ghe sono più pubbliche e fiduciose nell’esercizio dei loro diritti di esprime-re se stesse e la verità sulla loro religio-ne.

La Strega sta ancora una volta recuperando il suo ruolo di sciamano della cultura, colui/colei che racconta i miti che sono i nostri sogni collettivi. Sta di nuovo raccon-tando storie sa-cre che riportano e ispirano il no-stro incontro con la Divinità. Come Strega, la storia che racconto ne “Il sentiero della Dea” è un viag-gio spirituale per scoprire la Dea interiore. È una storia di

magia vera e fu un best seller in Italia e Australia con un impressionante continuità di vendite in America. E nel 2005 sarà pubblicato il seguito: “L’incantesimo d’amore”.

Sappiamo che i poteri colti-vati da una Strega non sono sopran-naturali; essi sono completamente naturali, doni divini latenti in ciascuno di noi. Dalle nostre pratiche spirituali, noi Streghe sappiamo che la magia è la co-creazione della propria vita con il Divino e che la vera magia fluisce dalla nostra connessione con quella divinità. Possiamo lavorare insieme per bandire le menzogne e per invo-care la bellezza e il potere della verità. Piaccia che sia così.

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La Gran Sacerdotessa Phyllis Curott è un avvocato, insegnante ed autore dei best-sellers internazionali “Il sentiero della Dea” e L’arte della magia, e autrice de “L’incantesimo d’amore” che verrà pubblicato da Gotham Books negli USA nel Gennaio 2005. E’ la fondatrice del Tempio di Ara e insegna e tiene conferenze a livello internazionale. Tornerà in Italia per workshop e seminari nell’autunno 200 4 . V i s i ta t e i s u o i s i t i : w w w . p h y l l i s c u r o t t . c o m e www.templeofara.com

Traduzione di Stregatta

e Cronos

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In questo numero interrompo la trat-tazione dei “sensi wiccani”, iniziata nel numero scorso con “la Vista” e che riprenderà con la prossima uscita di “Athame”, per condurvi con me in un viaggio davvero speciale. Questa è la cronaca del “pellegriviaggio” che io e tre sorelle abbiamo effettuato lo scorso mese di novembre da Londra a Glastonbury, via Stonehenge.

Reduci dai festeggiamenti del Wi-

tchfest in quel di Londra [a questo proposito vi ricordo che potrete leg-gerne una cronaca completa nel n. 5, Samhain 2003], ancora ebbre dell’atmosfera spumeggiante vissuta in quel giorno particolare e delle danze sfrenate ballate al ritmo degli Inkubus Sukkubus, le quattro-sorelle-pellegrine-quattro decidono dunque di continuare il proprio viaggio...

Appuntamento a Croydon, di fronte

alle Fairfield Halls. Ci siamo noi, il nostro entusiasmo, i bagagli, alcune copie del testo fondamentale di Jean Shinoda Bolen “Pellegrinaggio ad Ava-lon” (ed. Piemme), che sarà la nostra preziosa guida, borse ricolme di cri-stalli e carte divinatorie ed una fiam-mante auto con la guida a destra ed il cambio automatico che abbiamo f a t i c o s a m e n t e n o l e g g i a t o . “Faticosamente” per il semplice moti-vo che le signorine dell’autonoleggio non si convincevano del fatto che quattro streghe con il loro indispensa-bile bagaglio NON potessero starci in una Mercedes Classe “A” (avete presente, quella piccola con il baga-gliaio inesistente?! Appunto…). Sfo-derato tutto il nostro Oxford English

(con parolacce in milanese e cagliari-tano, tanto per vivacizzare un po’ la conversazione) ed un micro incantesi-mo di annichilimento, che là per là ci sembrava potesse essere utile, otte-niamo finalmente l’auto che desideria-mo. Al prezzo pattuito. Ecccchecaz-zzzzzzo. E comunque la prossima vol-ta prendiamo la scopa (broom, in inglese). E’ deciso!

Condizioni meteo super propizie. Si

parte! La dea di Britannia ci dona giorna-

te magnifiche, immagini luminose del-la campagna ruggine e gialla del Somerset (contrazione – non a caso! – di termini che significano “terra dell’estate”), evanescenti rare foschie in lontananza, tramonti corallo ed indaco… Una meraviglia!

La dea Mnemosyne, invece, dona le cartine stradali accuratamente evi-denziate nottetempo in giallo fosfore-scente perché, va bene la Magia, ma per andare in giro ci vuole anche la testa… Necessariamente memore (eheh!) del suo motto, che ripete allo sfinimento a tutte le Muse, che mente e cuore devono camminare a braccet-to.

La strada si snoda lineare, l’auto

procede sicura e, dentro l’auto, le quattro-sorelle-pellegrine-quattro riempiono lo spazio di parole e di complicità. In vista di Stonehenge, l’energia è profondamente diversa. Un qualsiasi mezzo di trasporto ripie-no di streghe “giuste” si trasforma in breve tempo in un luogo incantato. E senza bisogno di alcun incantesimo. C ’ è una mag ia par t i co la re nell’allegria irriverente e complice delle confidenze al femminile. La sfo-deriamo in tutto il suo splendore du-rante il viaggio, prima di perdere le parole di fronte alla potenza delle pietre di Stonehenge.

STONEHENGE - L’INCUBAZIONE

Per chi non lo sapesse (credo dav-

vero pochi, tra i lettori di questa rivi-sta), Stonehenge è senz’altro il sito megalitico più noto e più visitato del nostro emisfero. Il dizionario di Eso-net.org ci dice che: “…É senza dubbio il luogo misterioso più conosciuto d'Eu-ropa. In una della prime opere dedi-cate a Re Artù, la Vita Merlini (circa 1140) di Geoffrey di Monmouth, si

Quattro donne in auto… e al Tor

di Mnemosyne

"Le esperienze della Dea avvengono attraverso singoli individui che, con la propria e-spressione creativa, danno vita alla riemergente coscienza della Dea."

(Jean Shinoda Bolen)

Cronaca di un pellegriviaggio a Glastonbury

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parla di un complesso circolare com-posto da enormi pietre, la Chorea Gigantum (Danza dei giganti) che si trovava in Africa, poi era stato porta-to in Irlanda da un popolo di giganti. Qui era stato sistemato sul Monte Killarus, come monumento funebre per quattrocentosessanta nobili soldati di Aurelio Ambrosius, uccisi dai Sassoni. Re Uther Pendragon tentò di traspor-tarlo in Inghilterra, ma l'impresa era superiore alle sue forze, così dovette rivolgersi al mago Merlino. Questi, con l'aiuto degli angeli, lo trasferì nella piana di Salisbury, presso Ame-sbury (Wiltshire), dove esiste tuttora con il nome di Stonehenge. Ai giorni nostri il primo impatto con Stonehenge è quantomeno deludente, in quanto forse eccessivamente organizzata per il turismo di massa. Infatti la zona è circondata da una specie di fiera da strapaese, con venditori di souvenir, bibite e cartoline; ma è sufficiente riuscire ad estraniarsi da quella gran bagarre per trovarsi avvolti dal fasci-no misterioso che permea l'intero am-biente. Massi oblunghi simili a colonne spesso sormontati da architravi del peso di parecchie tonnellate si levano tutt'intorno distribuiti in cerchi concen-trici; l'effetto generale è quello di una magica arena in cui non è difficile

immaginare antichi sacerdoti Druidi intenti a misteriose evocazioni. Dopo un'occhiata panoramica a 360 gradi, al visitatore non rimane che alzare gli occhi al cielo: è forse lì che si trova la risposta ai molti interrogativi sollevati dalla disposizione dei Megaliti. E difatti pare che sia così. Abbandonata l'inizia-le ipotesi che il complesso fosse una sorta di cattedrale elevata dai Druidi su un terreno magico e destinata ai sacrifici umani, la probabile funzione di Stonehenge è stata forse identificata all'inizio di questo nostro secolo. Gli studi dell'astronomo e scienziato Sir Norman Lockyer hanno portato alla datazione delle varie fasi del comples-so. I megaliti sono stati eretti attorno al 2800 a.C., parzialmente distrutti, risi-stemati nel 1560 a.C. e successivamente di nuovo abbattuti. Nel corso dei secoli Stonehenge ha subìto vari attacchi, non ultimo quello dei sacerdoti cristiani che vi vedevano una sorta di tempio del demonio. Gli archi che compongono i vari cerchi concentrici sono rivolti verso il Sole e le costellazioni. Secondo il Lo-ckyer, lo scopo sarebbe stato di poter studiare gli spostamenti di questi astri, in base alle ombre proiettate dalle pietre e a certi allineamenti tra il Sole e gli archi che si verificano in alcuni giorni dell'anno. Secondo Gerald Hawkins,

astronomo americano, Stonehenge altro non è che un gigantesco compu-ter di pietra, che consente di effettua-re complicati calcoli sul sorgere e tramontare del Sole, sui movimenti della Luna e sulle eclissi. Euan Mac Kie, direttore del museo di Glasgow, sostiene che esisteva una sorta di scuola nei dintorni di Durington Walls, ove i discepoli venivano iniziati ad antiche misteriose discipline. Intanto, incuranti delle conclusioni scientifiche e della sorveglianza della Polizia di Sua Maestà, ancor oggi membri del United Ancient Order of Druids , una setta fondata nel 1883, continuano ad utilizzare quella che loro ritengono la Cattedrale dei Druidi per compiervi riti misteriosi. Nel 1986 è stata loro vietata la celebrazione del tradizio-nale Festival di mezza estate, dopo violenti scontri tra la polizia e i parte-cipanti.”

[da: http://www.esonet.org/dizionario/s

09.htm]. Io vi dico che, superato l’impatto

della strada che passa a poca distan-za dal sito, tagliando innaturalmente il regolare colore della campagna circostante, e la presenza del nego-zietto di souvenir (non ho visto feno-meni di fiera da strapaese, davvero! Solo un’ordinata, molto british gestio-ne turistica. Con ingresso a pagamen-to), la visione di quelle pietre e la permanenza in quel luogo NON pos-sono lasciarvi indifferenti. Ma non vi chiedo di crederlo. Sperimentatelo! Potrei raccontarvi di come sono preci-pitata nel tempo del mito, di quanto mi sia sentita nell’utero della terra (osservate con attenzione le piantine del sito che illustrano questo articolo) raggomitolata all’inizio dei mondi, della qualità del respiro che ha preso un andamento circolare facendomi fluire tra cielo e terra in un moto in-cessante…

E tutto questo senza aver fumato un

bel niente, se non le mie solite sigaret-te. Di solo tabacco. Ve lo assicuro.

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Tant’è che, al termine di questa

esperienza, ho potuto tranquillamente riprendere la guida del veicolo fino a Glastonbury. E le mie compagne di viaggio non hanno lamentato alcuna incertezza, né pericolo nello stile di conduzione dell’automobile… Almeno credo, eheh!

Il fatto è che ogni luogo ha una sua magia. Ma alcuni molta di più. E sta a noi percepirla e renderla mani-festa. Non possiamo sostituirci a nes-suno nella specifica, personale espe-rienza. Io non posso narrarvi ciò che hanno provato le mie compagne di pellegriviaggio. Ma anche le parole per descrivere il mio personale sentire non sono che una pallida fotocopia dell’emozione. E l’emozione ha una sola modalità per essere compresa: occorre provarla.

GLASTONBURY - LA RINASCITA

Procediamo lungo il nostro percor-so, e sulla scia di un tramonto che scioglie i colori del giorno in un cielo fiammeggiante, giungiamo col buio a Glastonbury. Raggiungiamo il nostro delizioso bed and breakfast, l’Apple Tree House, particolare poiché ogni stanza porta il nome di una dea. Ca-rino, vero?! La nostra camera è dedi-cata a Gaia, è lilla, profuma di la-vanda e c’è una bellissima statuetta di una divinità femminile. Poi, più tar-di, profumerà anche di zenzero, la tisana serale dolce-piccante che la mia compagna di stanza mi invita a

bere ogni sera, da quando dividiamo la camera a Londra… “La tisana di zenzero aiuta a dire di no”, mi dice. Ma sento che non avrò bisogno di negare nulla, in questi giorni. Naturalmente l’Apple Tree House ha un grande albe-ro di mele che troneggia in un bel giar-dino dove abita una deliziosa King Charles Spaniel con due sue cuccioline adorabili di sole nove settimane che si infilano vivaci tra le nostre gambe. In fondo al giardino, dietro l’albero di mele, un altarino di specchi, luci di can-dele ed incenso, dove un Green Man occhieggia sornione, ricordandoci che l’energia femminile è potenza e crea-zione, ma è quella maschile che la tra-sforma in azione… E c’è anche un cer-chietto di pietre, piccoli spazi magici per trasformare un qualsiasi giardino in un luogo sacro dell’anima. La luna ci osserva immensa e luminosissima. Il Tor incombe alle nostre spalle. Sebbene la padrona di casa ci racconti di aver lasciato la religione della Dea per tor-nare al cristianesimo, è evidente che la dea continua ad essere presente nel suo quotidiano. Quanto ci dice la padrona di casa non è inusuale a Glastonbury. Glastonbury è tradizionalmente identi-ficata con Ynys-Witrin, l’isola di cristal-lo, il luogo sulla Terra dove i veli tra i mondi diventano sottilissimi e dove si può giungere ad Avalon per unirsi alle sacerdotesse della Dea. Ma è anche il posto dove, si dice, approdò Giuseppe di Arimatea con il Sacro Graal. E da queste parti è piuttosto condivisa la teoria che il santo Graal fosse proprio il “sang raal”, ossia il “sangue reale”, la discendenza regale di stirpe divina del Cristo, portata nel ventre dalla Madda-lena. Che a Glastonbury è molto cono-sciuta e venerata e viene rappresenta-ta con una presenza fisica che sconfina nel divino più di ispirazione tantrica che di estasi mistica. Trattandosi di un luogo eminentemente sacro alla Dea, e prima che i cristiani decidessero di scalzarne il culto con i loro sistemi non propriamente ortodossi, pare che per un certo perio-do di tempo i due culti abbiano potuto

convivere, sovrapponendosi in un cu-rioso sincretismo su un territorio che emanava sacralità da ogni zolla di terra [sul sincretismo potete anche leg-gere o ri-leggere l’articolo presente sul n. 3, Beltane 2003, pag. 24]. Forse non esistono prove storiche suf-ficienti per poter affermare questo con la sicurezza degli studiosi, però posso dirvi che, per quanto è a mia conoscenza, Glastonbury è veramente unica nel suo genere. Pullula di chiese e chiesette (molte dedicate alla Mad-dalena) aperte e disponibili per chiunque. Nulla di strano che nella stessa chiesa, dove le sedie sono di-sposte a cerchio, alle 19 ci sia un in-contro di cristiani che pregano la Ver-gine e, dopo un’oretta, le medesime sedie accolgano i seguaci della Dea che cantano di fronte al medesimo altare la gioia e le meraviglie di Our Lady of Avalon, la Grande Madre… Ho trovato questa cosa decisamente straordinaria. E significativa. In ogni modo, per quanto grata delle ottime condizioni meteo, vorrei poter salire sul Tor, il giorno dopo, con la nebbia. E’ quanto desidero da quan-do sono partita da Milano. Santi Nu-mi, non si può salire sul Tor con il sole. E le nebbie di Avalon?! Detto fatto. Evidentemente abbiamo chiesto alla Dea giusta, eheh! Il giorno dopo, difatti, la giornata è grigia, il cielo nuvoloso ed il Tor è avvolto da una nebbia clamorosa che cela allo sguardo la Torre di S. Mi-chele arcangelo, ultimo resto di una chiesa cristiana che era stata costruita sulla sua sommità. Fantastico! Così dev’essere il Tor. [Inutile dirvi che il giorno successivo non ci sarà più trac-cia alcuna di nebbia e potremo pro-seguire la nostra visita verso Aquae Sulis nuovamente accompagnate da un delizioso sole autunnale, amichevo-le e corroborante.] Ma prima di recarci sul Tor, decidia-mo di visitare l’Abbazia di Glaston-bury. Ed accade l’inimmaginabile…

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L’Abbazia di Glastonbury (o, meglio, ciò che ne rimane) è una costruzione immensa il cui nucleo originario risale addirittura al VII sec., ad opera dei Sassoni cristianizzati, e che raggiunge il suo massimo splendore nel XIV sec., per poi essere pressocchè completa-mente distrutta tra il 1536 ed il 1541 ad opera del re Enrico VIII. I resti sono adagiati su un tappeto erboso verdissimo e sono davvero splendidi. Archi slanciati verso il cielo, sospesi nel nulla, ancora più belli nel-la rappresentazione dell’assenza che li circonda. E’ come se la Natura si fosse ripresa lo spazio che le spetta, lasciando i ruderi di quanto creato dall’uomo per ricordarci che non si può celebrare il divino all’interno di un tempio costruito da mano umana. La percezione del sacro è talmente vivida ed intensa che un architetto contemporaneo, Cristopher Verdesi, si è ispirato proprio a questi luoghi per il suo progetto di un memorial da edificare in luogo delle Twin Towers distrutte (se siete curiosi, potete ve-derlo nel sito indicato in calce a que-sto articolo). Il primo luogo che visitiamo è la cap-pella di Our Lady (Nostra Signora o Mary Chapel). Tra tutti gli edifici è uno dei meglio conservati. Vi si distin-gue bene la grotta della cripta, al cui interno appare un altare. Sono sola quando lo vedo. Stiamo visitando lo spazio dell’Abbazia ognuna per pro-prio conto, per poter assaporare in silenzio ed in concentrazione indivi-duale le infinite sensazioni che proma-nano da questo luogo. Qualche anno fa, durante una meditazione nell’ambito di un seminario intensivo di yoga, avevo avuto una visione. Un flash: una grotta, tipo chiesa bizanti-na. Un altare al suo centro, coperto da una semplice tovaglia bianca. Due lampade ad olio che scendevano parallele dal soffitto. Null’altro. Velo-ce com’era apparsa, la visione era svanita al mio occhio interiore. Ma il

ricordo è sempre stato così presente che, anche senza volerlo, se mi capitava di entrare in un qualsiasi luogo sacro, o presunto tale, finivo per cercare quell’immagine. Ed ora, nella cappella di Our Lady, mi pare di riconoscere proprio “quel” posto. Curioso… Mi av-vicino alle altre sorelle. Continuiamo il nostro giro insieme, ora. La visita alle cucine (l’unico edificio completamente integro del complesso), e subito dietro l’omphalos, una pietra ovale piuttosto grande con una “pozzetta” sul lato su-periore. Si dice che l’omphalos appar-tenesse ai culti precedenti e che vi si accoccolassero sopra le sacerdotesse della Dea, durante il periodo mestrua-le, per raccogliere nella pozzetta il sangue della luna ed utilizzarlo per riti successivi… Vediamo la presunta tom-ba di Re Artù (credo si tratti di un pic-colo artificio “turistico”, ma in tutta que-sta meraviglia penso proprio glielo si possa perdonare…) ed identifichiamo un punto protetto, tra gli archi di quello che doveva essere il corpo principale dell’Abbazia, presumibilmente il luogo dove si trovava l’altare principale. Lì facciamo un piccolo cerchio, per aiutare a far rivivere alla coscienza universale il ricordo del culto che ha reso sacri questi luoghi prima di qualunque al-tro… Propongo, poi, di tornare alla cappel-la di Our Lady per poter scattare qual-che foto. Ma ora la cripta è occupata da un gruppo di persone che stanno meditando sulla Dea. Non vorrei avvici-narmi, temo di disturbare… E qui due delle mie compagne di percorso mi danno una delle “lezioni” più significati-ve, tra le tante che ho appreso durante questo viaggio straordinario: “Non stare nell’ottica del “disturbare”. Noi non di-sturbiamo. Noi ci integriamo. Entra nella vivencia dell’integrazione. Fluisci…”. E procedono spedite verso la cripta che ho indicato loro. Hanno ragione. E’ sem-pre così: quando pensiamo di aver su-perato alcune “resistenze” interiori, ecco che piccoli, insignificanti episodi ci rivestono immediatamente con il vecchio mantello nel quale usavamo avvolgerci.

Fortunatamente, lungo la strada, in-contriamo persone speciali che, talvol-ta, ci aiutano a sollevare prontamente il “cappuccio” nel quale nascondiamo il viso per non vedere la trasforma-zione che sta avvenendo, dentro e fuori di noi… Ogni giorno sono grata per queste Magie. Nel gruppo di persone subito una ci colpisce. E’ una donna molto bella, lunare nella sua florida rotondità, i capelli lunghissimi color argento, gli occhi scuri brillanti di spezie d’oltremare. Il gruppo ha concluso la meditazione e si allontana. Lei resta. Ci sorride. Comincia a parlare con noi. Ci mostra due pietre particolaris-sime, apparentemente semplici sassi raccolti su una spiaggia, ma preziosi e caldi, vibrano di energia e trasmet-tono la pulsazione del cuore morbido e bollente della Terra alle nostre ma-ni. E poi tutti i suoi cristalli. Ci chiede di accompagnarla in un punto specia-le sul prato dell’Abbazia dove inten-de effettuare una loro purificazione. La seguiamo. Non c’è altro da ag-giungere. Nulla da spiegare. Nel punto prescelto tutte ribaltano le bor-se che svelano i loro contenuti di cri-stalli colorati e luminosi. Un tappeto di ametiste lilla e viola, quarzi e rodo-crositi rosa, acquamarine, topazi az-zurri e gialli, tormaline blu, diaspri rossi, opali e labradoriti luminescenti, occhi di tigre cangianti che spiccano

Omphalos di Glastonbury

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sull’erba verde ed umida in un cerchio di magia della Terra e degli Elementi che ben presto ci risucchia nel suo vortice energetico. E non siamo più lì, ma trasportate in un tempo senza tempo, ogni confine diluito e poi can-cellato. Mi pare di udire le armonie dei senza tempo che ancora permea-no del loro spirito i nostri mondi. E canti antichi, voci perdute negli spazi siderali… La nostra nuova compagna, d’un tratto, intona un canto. E’ un can-to libero, un inno di gioia alla Dea. E lei ha una voce davvero meravigliosa, calda ed intensa, ricorda le cantanti di gospels. E canta quanto sia felice di cantare la sua gioia alla Dea. Scopriremo successivamente che lei canta di mestiere. O almeno così ci dice. Di padre indiano e madre por-toghese, si trova a Glastonbury con il suo gruppo, e semplicemente le face-va piacere percorrere questo breve tratto di strada con noi. Avrà tempo e modo di riunirsi al gruppo con il quale l’avevamo incontrata. Ci invita ancora a seguirla nella chiesa della Madda-lena per cantare nuovamente alla Dea. Sebbene il Tor ci attenda, sap-piamo che l’incontro con questa perso-na speciale non è casuale. E sceglia-mo di cogliere l’occasione. La seguia-mo ancora e di nuovo ci incontriamo con il divino della sua voce. Siamo noi cinque ed un ragazzo che si unisce a noi nella “chiesa” in meditazione, così come normalmente accade in questi posti. Con naturalezza e fluendo n e l l ’ i n f i n i t o a b b r a c c i o dell’integrazione, che è unione e rico-noscimento di fratellanza e sorellan-za. Terminato il canto, ci saluta. Merry meet, merry part and merry meet again. Ci sorridiamo, ci abbracciamo. Noi ci dirigiamo verso il Tor, lei... chissà! Glastonbury è molto piccola e ci è capitato di rincontrare molto spesso alcune persone, incrociando i nostri sguardi, un cenno del capo tra pellegrini complici, ognuno alla ricerca del proprio personale “divino”. Lei no. Non la vedremo più.

Questo breve incontro tra anime ci aveva già abbondantemente appaga-to. Ed eravamo tutte colme dello stupo-re magico che ci pervade quando en-triamo in contatto con le sincronicità dell’Universo che, per quanto ovvie o banali, comportano comunque uno spi-raglio di comprensione verso quei dise-gni energetici più ampi che tutto conten-gono e tutto spiegano… forse! Eppure il meglio doveva ancora arri-vare. Finalmente il Tor. Consapevole della mia scarsa propensione all’attività fisi-ca, arrivata ai piedi del Tor e non ve-dendone la sommità (anche grazie alla provvidenziale e desiderata nebbia), comincio a dubitare della mia capacità di arrivare fino in cima… Fortuna che le mie preziose amiche e sorelle pensano bene di incoraggiarmi con un dolce e suadente: “Ti ci portiamo su a calci nel sedere. Non fare storie!”. Ritemprata da cotanta delicata sorel-lanza, mi avvio con il mio ritmo. Anda-mento lento. Ma deciso ed inesorabile. E saliamo, saliamo… Il Tor è spazzato, come sempre, da un vento pazzesco. Ed il vento trascina lembi di nebbia che si insinuano lungo la nostra strada in una danza muta. Witchcraft at work. Cominciamo a percepire la Dea. Finalmente in cima. Dalla nebbia ap-pare la torre di S. Michele e non sem-bra un simbolo cristiano. Proprio no. E siamo completamente sole, sebbene l’orario sia centrale e normalmente il Tor sia un luogo molto frequentato. Ci aggiriamo sulla sommità del Tor, intorno alla torre, nei pressi di una rosa dei venti che indica le direzioni. Invo-chiamo gli Elementi, rivolgiamo ognuna un pensiero a qualcosa cui il nostro cuo-re anela. Nutrimento per l’anima. Come sempre quando mi trovo al cospetto della sacralità espressa così potente-mente nella Natura, provo un senso di estensione immensa e vorrei che tutte le persone che amo fossero lì con me in

quel preciso momento per poter con-dividere con loro la grandezza dell’Universo che sento irrompere dentro di me. Tutto dura un istante. Ma è un istante che ha le caratteristi-che dell’infinito. D’un tratto, mentre siamo lì sempre spazzate dal vento ed abbracciate dalle lingua di nebbia, una musica. Possibile??!! Già stavo pensando al prossimo articolo per Athame dedica-to all’ascolto e, per la Dea!, mi tocca-no pure le allucinazioni uditive?! Non ci posso credere!! Forse ho esagerato. Cosa c’era nella tisana di zenzero ieri sera? La musica sembra provenire dal ventre cavo del Tor. E’ un effetto ve-ramente magico. Da film! Il mistero è ben presto risolto. Nella Torre sono entrati altri quattro pellegrini, due donne e due uomini. Un lui suona uno strano flauto doppio, una lei una cu-riosa valigetta di legno che apre e chiude con una mano come una fisar-monica, un’altra una campana tibeta-na, il quarto intona un canto armonico. Noi fuori seguiamo quest’armonia celestiale. In un attimo appaiono chia-rissime a noi tutte le parole che Phyllis Curott ha pronunciato qualche giorno prima durante il suo intervento al Witchfest: “Il Divino è dentro di voi ed è presente dappertutto nel mondo natu-rale. E tutto quanto è collegato da questa energia sacra. Questo è il principio della divinità immanente al centro della nostra spiritualità. Non è qualcosa in cui crediamo, è qualcosa "che noi sappiamo perché la proviamo" con l'uso delle nostre pratiche e attra-verso il nostro rapporto con la Natura. Le streghe non hanno fede nel Divino, esse hanno esperienza del Divi-no.” Appunto. L’esperienza del Divino. Se anche fossi una scrittrice straordi-naria, non potrei mai rendere con la pochezza delle parole il senso della manifestazione del Divino. E dunque non posso far altro che augurarvi di provare una simile esperienza, o di

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richiamarla alla memoria se avete avuto l’opportunità di sperimentar-la… Scendendo dal Tor, l’ultimo piccolo-grande prodigio: avanziamo lungo il sentiero e le nebbie si aprono ai no-stri piedi. I contorni nitidi della Win-dmill Hill e della Chalice Hill si mo-strano al nostro sguardo come palco-scenici mitici finalmente liberi dalle tende di un sipario. Ed i personaggi del mito cominciano a giocare i propri ruoli sotto i nostri occhi affascinati… CHALICE WELL - LA CONDENSA-ZIONE Il giorno successivo ad un’esperienza come quella vissuta sul Tor, saremmo potute andare ovunque… E chi ci fermava più?! Scartati viaggi siderali ed esplorazioni spaziali, optiamo per una tranquilla passeggiata… sulle acque! Raggiungiamo quindi Bath, l’antica Aquae Sulis, che si trova a poche mi-glia da Glastonbury. Quando i Roma-ni conquistarono la Britannia, trovaro-no questo posto magico e meraviglio-so, dove dal terreno scaturivano ac-que calde e medicamentose, sacro alla Dea celtica Sulis. Lo apprezzaro-no e, com’era nel loro stile, decisero non solo di utilizzarlo quale fonte termale per ritemprare le proprie legioni ma, in ossequio e con rispetto per il culto celtico che vi si teneva, pensarono bene di erigervi un tempio “termale” straordinariamente grande e ricco dedicato, naturalmente, a Su-lis, che già regnava su quelle terre, ed alla Dea Minerva, le cui caratteri-stiche parevano a loro avviso assai simili a quelle delle Dea autoctona. In nome del sincretismo che loro pratica-vano abitualmente nei confronti delle popolazioni conquistate, Minerva aggiunse il nome di Sulis al proprio e ad Aquae Sulis si venerava la “Dea” Sulis-Minerva. Visitando gli antichi bagni romani (che in realtà erano parte integrante del tempio, ed ancora al giorno

d’oggi vi sono alcune zone - la vasca del cuore sacro - fortu-natamente interdette ai turisti), le quattro-sorelle-pellegrine-quattro cominciano a fluire al ritmo dello sgorgare delle sor-genti. Sorgenti che continuano a zampil-lare acque calde ferrose le quali, scorrendo costantemente nei letti loro consentiti, lasciano una traccia arancio-rossa, memoria del minerale trasporta-to dall’acqua e prodigio della divinità per gli antichi popoli. Che, per analo-gia, attribuirono a quell’impronta rossa il valore ed il simbolo del sangue me-struale. E se la Terra è una divinità fem-minile, dunque quelle acque dovevano essere il suo ciclo… Pertanto ancora più magiche e medicamentose di quanto non potessero essere per le loro pro-prie qualità organolettiche… Seguendo questa traccia mitica e mito-logica, ritorniamo verso Glastonbury, dove ci attende ancora il Chalice Well. Ossia il Pozzo del Calice chiamato così perché, secondo l’esoterista e filosofo inglese Wellesley Tudor Pole, Giuseppe d’Arimatea vi aveva nascosto il Santo Graal al suo approdo in Britannia. * * * * * * * Di certo non avrei avuto simili esperien-ze senza la vicinanza delle tre sorelle “pellegrine” che qui, in conclusione, ho il piacere ed il privilegio di ringraziare ancora pubblicamente per la loro inso-stituibile e preziosa presenza. Per o-gnuna di Voi: Tu sei la Dea! * * * * * * * Per chi desidera approfondire: In rete: http://mysite.verizon.net/verdesi/index.html Mists of Avalon A World Trade Center Memorial In-spired by Glastonbury Abbey

and Modern Day Knights on Fire Stairs by Christopher Verdesi, Ossining, N.Y. (In inglese) http://www.kathyjones.co.uk/local/h-pages/kathyj/ap-goddess.html La Dea a Glastonbury - di Kathy Jones (interessantissimo! In inglese) http://www.esoteria.org/documenti/misteri/graal/artuilsantograal.htm Il Santo Graal - a cura di Alfredo Castelli http://web.infinito.it/utenti/g/gianluigi27/geos/geos.htm Geometria sacra e la Vesica Piscis In libreria: Marion Zimmer Bradley - “Le nebbie di Avalon” (TEA) Jean Shinoda Bolen - “Passaggio ad Avalon” (Piemme) Michael Baigent, Richard Leigh e Henry Lincoln - “The Holy Blood and the Holy Grail “ (Il Santo Graal, Oscar Mondadori ) Alfredo Castelli - “L'Enciclopedia dei Misteri” (Oscar Mondadori)

Vescica Piscis

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Nel mondo classico erano numerose le comunità che riconoscevano la manife-stazione sotto forma animale di de-terminate divinità. Una figura che possiamo fare derivare dalle comuni-tà di cacciatori nomadi della preisto-ria è senz'altro il Signore o la Signora degli animali. Se vogliamo cercare una definizione di questa figura possiamo ricorrere agli studi di Angelo Brelich (Introduzione alla storia delle religioni, pag. 19-20): "colui che manda o con-cede la selvaggina al cacciatore, ma può anche trattenerla e nasconderla; può far riuscire e fallire l'impresa del cacciatore; e la fa fallire soprattutto se questi non rispetta le norme tribali, tra cui quelle riguardanti la caccia (...) si crede, in generale, che il Signore degli animali viva insieme con gli ani-mali della foresta e ne porti anche le sembianze (...). La caratteristica forma del culto del Signore degli animali è l'offerta primiziale: della selvaggina abbattuta o del miele trovato nel bosco si lascia una parte sul posto, invitando il Signore degli animali a prenderla". Una delle più belle raffigurazioni del Signore degli animali è probabilmen-te la figura ibrida della grotta dei Troi-Fréres che si trova nell'Ariége, nel sud della Francia. Questo perso-naggio ha il viso si presuppone coper-to da una maschera, presenta orecchi di lupo, artigli di orso, grandi corna di cervo o di renna e una lunga coda di cavallo. Egli si muove come se dan-zasse. Figure simili si trovano in pa-recchie pitture rupestri, ad esempio in una del monte Bego in Liguria, e di-versi "sacerdoti" della Valcamonica, raffigurati assieme a cacciatori e a un animale solitamente preso in trappo-

la. Alcuni studiosi ipotizzano che la figura di Cernunnos compaia nelle nostre regioni del nord Italia verso il IV seco-lo a.C. Sappiamo per certo che que-sta divinità era venerata in tutte le zone europee dove si fece sentire l ' i n f l uenza ce l t i ca e i l p iù bell’esemplare che abbiamo ritrovato è raffigurato nel famoso calderone di Gundestrup, databile al I secolo a.C. Sono senz'altro da notare in questa figura le corna: Cernunnos infatti si-gnifica cornuto. Questa caratteristica è strettamente connessa alla fertilità della natura, degli animali e degli uomini. Molto simile al celtico Cernunnos è l'italico Faunus, adorato anche con il nome di Silvanus. Il primo è una divini-tà che ha templi e culto pubblico, mentre il secondo non ha luoghi di culto particolari, ma è sempre presen-te nelle iscrizioni che i privati gli dedi-cano. Secondo alcuni studiosi Silvanus era il nome che il dio assumeva nel culto privato, mentre Faunus quello con il quale era adorato in forma pubblica. Ambedue queste figure sono la rappresentazione dell'antico Signore degli animali, personaggio a tratti ambiguo, il cui incontro è causa di incertezza, quando non di vera e propria paura o di timore. Dionigi di Alicarnasso (V, 16, 3) sostiene che "i romani infatti attribuiscono a questa divinità il timor panico; e dicono che siano opera di questo dio tutte le apparizioni che si possono presentare alla vita degli uomini, ora in una for-ma ed ora in un'altra, ispiranti terro-re, e tutte le voci soprannaturali che possono risuonare paurosamente alle loro orecchie". Anche se veniva descritto come una

presenza inquietante, questo dio veni-va considerato buono e propizio. Ad esempio nell'Eneide il re Latino si cori-ca sulle pelli delle pecore che ha sa-crificato presso la fonte Albunea e attende di incontrare il dio Fauno che viene chiamato “fatidico genitore”. Essendo divinità fortemente legate alla sessualità come forma di fertilità, il loro culto era rigorosamente vietato alle donne, come ci descrive Catone nel De Agricultura. Esiste anche una versione femminile della divinità latina Fauno, chiamata Fauna, dea che viveva nei boschi ed era spesso invocata semplicemente con l’appellativo di Bona Dea. Il culto tributato a questa figura era segreto e faceva parte delle religioni misteri-che. Infatti partecipavano ai rituali officiati per conto dello stato sola-mente le Vestali e le più importanti madri di famiglia romane. Questa antica dea italica è molto simile alla Signora degli animali gre-ca, chiamata pothnia draconton, Si-gnora dei serpenti, stupendamente raffigurata in parecchi reperti soprat-tutto della civiltà cretese. Anche la dea dei Marsi Angitia è una figura simile. Le sacerdotesse di queste divi-nità femminili venivano istruite nei segreti delle virtù delle erbe, le rac-coglievano e gestivano all'interno dei templi un erbario, una sorta di farma-cia dei semplici, alla quale potevano accedere soprattutto le donne. A queste dee della natura e in parti-colare alla Signora degli animali bi-sogna assimilare anche Diana e Circe, che viene chiamata “dominatrice di belve” nell’Eneide di Virgilio. La po-tenza di Circe è tanta che persino Ulisse, l’eroe per eccellenza, deve ricorrere a una droga vegetale costi-

Divinità della natura Storia e culto degli Dei della Terra

di Laura Rangoni

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tuita dalla mitica erba moly, che se-condo alcuni autori altro non è che la mandragora officinalis, per resistere alla maga e non farsi trasformare in animale. Alcuni studiosi ritengono che Circe sia il nome di un'antica potnia italica, chiamata Marìca, nome che probabilmente prende origine da mara, che significa palude o acquitri-nio, e che i primi navigatori greci vol-lero identificare la figlia del sole Cir-ce con questa divinità locale. Sempre nei pressi del Circeo, luogo che si dice fosse la residenza della Maga Circe, nel territorio paludoso di Terracina, era adorata un'altra dea della natu-ra, chiamata Feronia. La sua natura ci viene rivelata dal suo stesso nome: infatti ferus significa non coltivato, indomito, silvestre. Questa era consi-derata madre del mitico re della città di Preneste, Erulus. Livio ci riporta la notizia che i soldati di Annibale fece-ro scempio di un antico tempio dedi-cato alla dea Feronia che sorgeva vicino al monte Soratte, meta di pelle-grinaggi da parte di persone che portavano offerte in primizie e in oro. Questa dea era intermediatrice tra le potenze selvagge della natura e l'uo-mo, mettendo a disposizione dei pro-pri fedeli gli animali e i vegetali ne-cessari alla loro sopravvivenza in cambio di un culto in luoghi solitari e lontani dalle città. Sempre in Italia troviamo tracce di una dea simile ad Artemide, che viveva in un bosco sa-cro nei pressi del fiume Timavo. All'in-terno di questo bosco gli animali era-no tutti domestici e vivevano accanto senza sbranarsi: cervi, lupi, uccelli, eccetera. Si tratta probabilmente della dea Reitia, adorata dai Reti, che derivarono da lei il loro nome, ed era protettrice sia degli animali sel-vatici, sia delle donne in quanto por-tatrice di fertilità. Secondo alcuni studiosi il santuario di sant’Antonio di Padova, protettore delle zitelle, è stato costruito su un tempio dedicato alla dea, come si evince dalla cosid-detta paletta votiva di Padova, un reperto trovato nel 1899 durante alcuni lavori di restauro della basilica,

nel quale una donna offre un tributo all'antica Madre. Tra gli attributi di queste dee vi è la triplicità: essa infatti governano la creazione, la conservazio-ne e la distruzione, come la greca Ecate dai tre volti e altre dee del pantheon celtico. Ma la più famosa Signora degli animali delle mitologie latina e italica è senza dubbio Diana, alla quale è consacrato il più antico centro cultuale sul colle di Corne, nei pressi di Tuscolo. Le fonti ci riportano attestati di devozione alla Diana nemorense, alla quale era consa-crato un bosco sacro, e che viene spesso rappresentata armata di arco e frecce mentre corre nella foresta. Compagni animali della dea erano un’oca selvati-ca e una cerva bianca. È evidente che il culto di questa dea era essenzialmente silvestre, Diana viene invocata come signora delle selve e dei monti ed era strettamente legata alla Luna, tanto da avere l'appellativo di Lucina, che solita-mente è attribuito a Giunone. Questa dea era a volte accompagnata da Silvano, e quando era adorata nelle città non veniva rappresentata, vi era solamente uno spazio sacro dedicato alla divinità quale ad esempio quello che troviamo raffigurato in un rilievo della Porta Maggiore a Roma: un recin-to sacro nel quale vi erano una colonna molto alta sormontata da un vaso e tutto attorno vi era un albero che si arrampicava attorno alla colonna. Tra le offerte vi erano le pigne, palchi di corna di cervo, alberi di alloro. La dea non era rappresentata antropomorfica-mente: tuttavia la sua presenza era viva ed era evocata da questi simboli e soprattutto dalla figura del cervo. Alcu-ni studiosi sono propensi a pensare che le corna del cervo, associate alla dea latina italica degli animali, possano far risalire al concetto di dea come elargi-trice di sovranità. Fin dalla preistoria abbiamo trovato abbondanti esempi di corna sacre, ad esempio nei villaggi neolitici, le corna sono state spesso scol-pite su pietre sacre come in certi dol-men bretoni o nelle incisioni della Val-camonica o del monte Bego. Appare quindi abbastanza probabile che le

corna siano il simbolo dell'acquisizio-ne della potenza divina dovuta alla stretta comunione con la divinità e vengano considerate un simbolo della funzione regale. Una caratteristica di queste dee fem-minili della Natura è la presenza di una divinità maschile con una chiara funzione subordinata, con il quale la divinità si accompagna senza alcun vincolo coniugale. Queste potnie in-fatti sono definite virgo, che non signi-fica vergine in senso fisico, ma priva di vincoli coniugali. Tra tutti gli antichi dèi della Natura, quello che apparentemente è stato ai nostri giorni dimenticato e che più è stato demonizzato dalla Chiesa è sicuramente Priapo, antico dio della fertilità e della procreazione simbo-leggiato dal fallo eretto. Eppure ancora negli ultimi anni del 1700, soprattutto nel sud Italia, vi erano ex voto che rappresentavano l'organo virile eretto lasciati in prossi-mità dei crocicchi o negli angoli dei campi. Questo è evidentemente un residuo ben preciso del culto di Pria-po. Questi, che era un dio dei giardi-ni, favoriva la fecondità di tutta la natura e in particolare del genere umano e proteggeva dal malocchio. Il suo nome deriva dal greco priepos che potrebbe significare colui che è dotato di un grosso organo sessuale. Probabilmente questo dio proviene dal nord dell'Asia minore dove era una divinità fallica posta a guardia degli orti e dei giardini. Alcune fonti lo ritengono figlio di Dioniso e di A-frodite, altre di Giove e di Afrodite, altre ancora della ninfa Naide e di Dioniso. Il suo luogo di origine è una città dell'Ellesponto, Lampsaco, dalla quale è partito il culto che si è esteso a tutta la Grecia. E i suoi natali sono significativi: la madre, Afrodite, è sicuramente il simbolo della forza generatrice dell'acqua (non dimenti-chiamo che la dea dell'amore è nata dal membro virile di Urano evirato dal figlio Crono, caduto in mare) e Dioniso è strettamente legato sia alla produzione agricola e sia all'orgia

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rituale. Dei genitori il dio eredita la capacità di fecondare della madre e la caratteristica di essere un dio della vegetazione, soprattutto quella che cresce sugli alberi, dal padre. Un'altra leggenda sostiene che questo dio sia stato concepito da Afrodite per merito di Giove, che Era, gelosa, abbia toccato il ventre della Dea quando era incinta e per questo moti-vo il giovane dio sia nato particolar-mente brutto e deforme, con un enor-me fallo. La madre lo abbandonò su un monte, dove fu trovato e allevato da un pastore e in seguito trovò pro-prio tra i pastori i suoi primi adorato-ri. Le effigi di questo dio venivano inta-gliate rozzamente negli alberi: un tronco che recava in cima una testa ed era caratterizzato dalla presenza di un enorme fallo veniva posto a guardia della campagna, degli orti, delle vigne. Attaccati a questo tronco vi erano offerte ed ex voto: grappoli d'uva fatti di cera, mele e altri frutti. Egli proteggeva anche le capre e le api ed era adorato dai pastori e dagli allevatori. La sua funzione era soprattutto quella di proteggere le coltivazioni dal malocchio e dall'invi-dia di chi passava di là. Ben presto questo dio giunse in Italia e incontrò un notevole favore, che è testimoniato da molti monumenti, me-daglie, monete, cammei ed epigrafi dedicatorie che auspicano la fecondi-tà e sotto alle quali a volte venivano lasciate offerte di latte e miele. È sicuramente da notare che questo dio era adorato soprattutto dalla plebe, da quella cultura di contadini e alle-vatori che vedeva nella fecondazione vegetale e animale una condizione necessaria alla propria sopravviven-za e nella tutela contro il malocchio una sicurezza dai rischi di perdere tutto ciò che si possedeva. Ovviamente la Chiesa lo ha conside-rato una divinità oscena ed ha cerca-to in tutti i modi di demonizzare il culto, che però è rimasto per lungo tempo, clandestino, inossidabile agli anatemi dei cristiani. Per costoro le

cerimonie in onore di Priapo erano con-trarie ai principali dettami morali della società e alla decenza e all'ordine, e spesso si legge nei loro scritti che la raffigurazione di questa divinità era più adatta a essere adorata nei bor-delli che altrove. Al seguito di Priapo vi erano altre divi-nità che erano emanazioni del potere creativo della natura: satiri, fauni e ninfe che probabilmente, secondo alcuni studiosi, simboleggiavano la materia organizzata dal principio creatore fe-condante. Nel mondo romano ad esem-pio i sileni erano rappresentati come creature brutte, grasse, quasi informi, poiché simboleggiavano la materia bruta e inerte, mentre il dio Pan, le cui forme erano fuse con quelle del capro, era la metafora del potere creativo che ha fecondato la materia. Gli scrittori antichi parlano spesso di templi dedicati al dio della fertilità, costituiti solamente da piccoli recinti al centro dei quali vi era un rozzo e disa-dorno altare di pietra sul quale a volte era acceso un fuoco sacro e venivano poste le offerte. Un dio molto amato dai pastori, origi-nario dell’Arcadia, che non salì mai sull'Olimpo è Pan. Alcuni sostengono che sia figlio di Hermes e della ninfa Drio-pe e per molti tratti egli assomiglia a Priapo, con il quale finisce per sovrap-porsi. Anche Pan infatti appena nato era così brutto, dotato di corna, barba, gambe e coda di capro che la madre rimase terrorizzata e lo abbandonò. Hermes prese il piccolo e lo portò sul-l'Olimpo per far divertire gli altri dèi con la sua mostruosità. Pan non si trova-va bene in mezzo alle divinità e tornò quindi nella sua Arcadia, dove viveva pascolando le greggi e allevando le api, giocando come le ninfe e aiutando i cacciatori a trovare le loro prede. Una caratteristica di questo dio era la sua passione per il riposo pomeridiano: nelle prime ore dopo il pranzo Pan si appisolava e il suo sonno era sacro, infatti chi per caso lo disturbava e lo svegliava di soprassalto udiva un grido terrificante in grado di terrorizzare

chiunque. Da questo aspetto del mito deriva il concetto di panico come paura di qualcosa che non si può ve-dere. Un'altra caratteristica del dio Pan era il fatto di essere particolarmente sen-sibile al fascino femminile, al punto tale che, quando non riusciva a con-quistare la sua preda, la violentava. Egli sedusse parecchie ninfe, dalle quali ebbe molti figli, ma sono rima-ste celebri alcune fanciulle che, terro-rizzate dall’aspetto del dio, gli hanno resistito. È il caso ad esempio di Piti che pregò gli dèi di salvarla e fu trasformata in un albero di fico, con il quale Pan si fece una sorta di scapo-lare, per non separarsi mai dalla sua amata. Oppure è il caso di Siringa, che fu seguita dal dio attraverso valli e monti fino a quando ella giunse, stremata, sulla riva del fiume Ladone, dove fu trasformata in un giunco. Pan l'amava e non voleva lasciarla, ma non riusciva più a distinguerla dalle altre canne che crescevano in quel luogo, quindi le tagliò tutte e si costruì uno zufolo dal quale non si separava mai. Un giorno però, mentre il dio era addormentato, Hermes glie lo rubò e lo copiò, poi si vantò di averlo inven-tato e lo vendette ad Apollo, rimasto incantato dalla dolce melodia che si poteva ottenere da quel rozzo stru-mento. Un marinaio egiziano di nome Tamo stava navigando in direzione dell'Ita-lia quando udì una voce divina prove-niente dal di là del mare gridare che il dio Pan era morto. Questa storia fu udita e riportata da Plutarco durante la seconda metà del I secolo a.C.. In realtà non è vero, in quanto Pausania ci racconta che durante il suo viaggio in Grecia, all'incirca nella seconda metà del I secolo d.C., scoprì che i santuari, gli altari e tutte le grotte dedicate al dio Pan erano ancora oggetto di culto.

### Laura Rangoni, scrittrice e saggista, ha pubblicato per la Xenia edizioni, La Wicca, Manuale della Strega Buo-na.

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Venerdì 03/01/2004 è una data da dimenticare.

Chiunque, occultista o profano, ab-bia assistito alla puntata del Maurizio Costanzo Show ha visto uno spettaco-lo a dir poco indecente.

Costanzo, becero come sempre, lampante esempio di come NON si conduce una trasmissione televisiva, ha dato del suo peggio, e io posso dire di aver visto il “cavaliere del piccolo popolo”, o meglio l’alfiere del popolino, fin dai suoi esordi con “bontà loro” negli anni ’70: l’impressione fin da allora era di ave-re di fronte un omuncolo che confe-zionava programmucoli per un pub-blico di livello ultrapopolare e semia-nalfabeta, dando il calcio d’inizio a quel gioco perverso che ha finito per trasformare l’italico teleschermo in un immondezzaio di programmi spazza-tura

Costanzo ha paura dei maghi, di quelli veri, non dell’Otelma di turno, e si sente spalleggiato dal “suo” pubblico, omuncoli e don-nuncole come lui, quando li attac-ca dal palco del Parioli o li bac-chetta a tu per tu accusandoli di prendere soldi ai creduloni, lui che percepisce uno stipendio a cinque zeri da Mediaset, che rastrella questi soldi grazie alla pubblicità che poi grava, come è noto, sul prezzo finale del prodotto e quin-di sul consumatore…

Cosa è accaduto venerdi 03/01/2004? Un certo Piero Mura, giovane

occultista genovese molto noto negli ambienti esoterici della mia città, si è presentato al MCS nella sua veste di co-fondatore e co-responsabile della A.D.A.M., l’accademia delle arti magiche comparsa da qualche tempo sul

web, e che si presenta come un “gioco di ruolo di Harry Potter” anche se poi nel corso delle lezioni si parla SERIA-MENTE di magia, specie Cerimoniale e Cabalistica…

Non condivido tali iniziative: la Ma-gia è una cosa seria e mettere la sovraccopertina di Harry Potter su Il Dogma dell’Alta Magia di Eliphas Levi non avvicina chi cerca la vera cono-scenza occulta e delude chi cerca come far volare la scopa nel cortile di Hogwarts!

Cavalcare l’onda del maghetto della Rowlings è una pura operazione di marketing per vendere corsi di … babbanologia a chi non sa cosa sia davvero la Magia ma con noi veri occultisti non ha a che fare nulla di nulla!!!

Conosco Piero Mura da circa un decennio, so che possiede una vastissi-ma cultura magica e una considerevo-le esperienza “sul campo” nonostante

la giovane età: manca però della necessaria saggezza nell’usare le sue conoscenze e della prudenza di evita-re trappole mediatiche come quelle tesegli da quel vecchio volpone di Costanzo!

Improprio il linguaggio adottato “per far accettare la magia alle per-sone normali” e che invece ha dato l’impressione di non avere nulla di serio da dire, come se la magia fosse solo un gioco da bambini, errata l’impostazione di parlare dalla plate-a, inaccettabile ghettizzazione da parte di chi sul palco del teatro Pa-rioli ha fatto salire cani & porci…

Le ragazze che sono state intervi-

state, anch’esse mie conoscenze, di cui conosco la serietà e conosco l’impegno nel perseguire la conoscen-za magica, portate lì e offerte al pubblico ludibrio dallo stesso impru-dente Mura, nei confronti del quale

(purtroppo per loro) nutrono una incondizionata fiducia, hanno certamente detto molto più di ciò che si è visto e sentito in TV, e sarebbe stato il caso di porre precise condizioni alla messa in onda del filmato: montaggio va bene, ma con rispetto di chi ha parlato e di quello che di serio e importante è stato detto, inve-ce l’impressione è stata quella di tre eccentriche ragazze che giocavano a Maga Magò! Il giornalista che ha provato a fare il filtro, impropriamente definito pozione, ha se non altro dimostrato che maghi e streghe non ci si improvvisa: certo è sba-gliato rivolgersi alla fattucchiera del piano di sotto o alla vicina della casa di campagna della nonna per farsi fare un filtro d’amore ma pasticciare per

Maghi da televisione Cronaca ordinaria di TV spazzatura

di Taliesin

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conto proprio senza avere le basi e le idee chiare può sortire ben più dele-teri effetti! La magia non è per chiun-que, bisogna crederci e lavorare so-do altro che cappelli a punta…

Allora perché non si è maggiormen-te tutelato dai suoi prevedibili attac-chi andando a vele spiegate dritto nelle fauci di uno dei peggiori nemeci di chi pratica la Magia?

La Sindrome di Peter Pan è il nome scientifico di quello che il lessico po-polare definisce rimbambimento, e questa è l’impressione che Piero Mura e la sua Accademia Delle Arti Magi-che hanno dato di noi: adulti che non vogliono affrontare la vita reale e si rifugiano in un mondo tutto loro, dove immaginano di poter raddrizzare i torti a colpi di bacchetta magica, proprio come il maghetto di Ho-gwarts….

Per esempio perché quando Costan-zo ha detto che lui “parla degli gnomi

ma non si fa pagare per farlo” nessuno gli ha risposto che lui è profumatamente pagato da Berlusca per parlare di cio che vuole in TV? Perché quando ha iro-nizzato pesantemente sui “genitori che portano i figli alla scuola di magia “ nessuno ha ribattuto che le famiglie che portano i figli al catechismo fanno qual-cosa di simile? Certo, sarebbe scoppia-to un putiferio, ma a quel punto… inve-ce si è arrivati a permettergli toni aper-tamente minacciosi in chiusura, (“ guardi che la tengo d’occhio ho la registrazio-ne” “ non si allarghi” ecc.) per di più con chi lo aveva omaggiato di un imme-ritato (quanto infondato) riconoscimen-to! Non è questa la strada per farsi cono-scere dalle persone estranee al mondo della Stregoneria, così ci rendiamo solo ridicoli! Io mi dissocio completamente da tali iniziative, non potrei fare altri-menti, nutro un grande amore, un pro-

fondo rispetto e una devozione im-mensa per la Magia in generale e la Stregoneria in particolare e non pos-so vederla divenire lo zimbello di Maurizio Costanzo e dei suoi predilet-ti giornalisti presenti sul palco del Parioli! Spero che questo rimanga un episo-dio isolato ma temo che gli strascici non si faranno attendere… Purtroppo la televisione è una macchi-na tritatutto e chi ne tiene le leve gio-ca con la faccia degli altri come gli pare e piace, grave errore quello di andarsi a ficcare nelle fauci di uno dei nostri peggiori detrattori, così oltre che dei ladri ora potrà darci anche dei buffoni!

Complimenti al maghetto di Genova!

DOMENICA 18 APRILE 2004

Ore 16.30 Il

“Circolo dei Trivi”

Presso:

Libreria Alternativa Via dei Transiti 25

Milano www.libreriaalternativa.it

Presenta:

LE VIE DELLA WICCA L’evoluzione della spiritualità wiccan dagli esordi ad oggi

Nel corso dell’incontro verranno toccati i principali aspetti teorico-pratici della Wicca attraverso un approccio evolutivo e tramite l’analisi dei simboli e dei miti che questa via di saggezza riporta

in vita.

Relatori:

Cronos (Presidente del “Circolo dei Trivi” e direttore dei quaderni di Wicca e stregoneria “Athame”)

e i redattori e collaboratori di “Athame”

Ingresso Libero

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Che il sapere porti con sé solo un’(altra) infinita serie di domande è cosa nota. La struttura della realtà che tutti noi diamo per scontata ed acquisita, la filigrana fattuale ed oggettiva che è binario dei nostri cammini è, come ogni scienziato con-corderebbe, nulla più che un rado intreccio di comprensione sospeso sulle profondità oscure della nostra ignoranza. Vi sono certezze scritte nelle ossa, è chiaro: che il sole sorgerà domani e le stagioni faranno il loro corso, che gli Dei esistono e sono in noi. Ma nei nostri sensi si annidano anche vere e proprie illusioni di stabilità: necessità della nostra mente razionale di aggrapparsi ad un qualun-que substrato di logica “scientifica”. È umano ag-grapparsi al razionale ed accettare le convenzioni che l’ambiente in cui vivia-mo porta con sé, che siano basate sulla vox populi, sui detti della nonna o sulla fisica subnucleare…sarebbe super-fluo, e vano, addentrarsi in una disa-mina di quanto spesso le teorie scien-tifiche (dovremmo dire “del sapere”) siano state snaturate nel tramutarle in strumento per propugnare o afferma-re un’idea; sarebbe oltretutto piutto-sto triste. È mia personale impressione che ciò sia accaduto nel momento in cui da foriere di domande ulteriori le teorie sono divenute fonte di risposte, o di risposta ultima. Nel momento in cui ci si lascia andare alle ipotesi e queste divengono una lente attraverso cui osservare ogni aspetto della nostra realtà, ecco che nascono gli assiomi, i postulati su cui

costruire una nuova realtà, o meglio un nuovo modello interiore a cui far riferimento per comprendere il mondo in cui viviamo. Va da sé che vista la componente emotiva coinvolta in que-sto processo con esso si superino i limiti della scienza, e quindi un’ipotesi (onesta) debba cambiarsi in una me-tafora, una linea guida, perdendo il

suo valore oggettivo se mai ne ha avuto uno ed acquisendo valenze strettamente personali ed intime. Così anche la cosiddetta “Ipotesi Gaia”: elegante, interessante, coinvol-gente e foriera di sviluppi inarresta-bili. Ma procediamo con un minimo di ordine: James Lovelock, biochimico, pubblica, nel 1979, Gaia: a New Look at Life on Earth (1), un saggio in cui sviluppa una serie di teorie su cui andava lavorando da una quindicina d’anni. L’ipotesi di base è che la bio-sfera, quella sottile buccia vivente di cui il nostro pianeta è ricoperto: suolo, mari, strati più bassi dell’atmosfera, sia un organismo “cibernetico”

(termine su cui converrà tornare) in grado di autoregolarsi ed autososte-nersi, ferme restando le inesorabili leggi della termodinamica secondo cui la vita non è che scivolare lenta-mente su di un raggio di Sole verso la notte eterna. Questo organismo, con l’ipotesi che lo presuppone, viene battezzato Gaia su suggerimento

dello scrittore William Gol-ding (Lovelock ammette candidamente le sue lacune Classiche). La necessità, per ogni spe-cie vivente, di raggiungere l’immortalità ha portato tutti noi che zampettiamo, gal-leggiamo o fotosintetizzia-mo su questo pianeta ad adottare la caleidoscopica varietà adattativa di cui costantemente ci meravi-gliamo. Questa molteplicità è risultato primariamente dell’adattamento continuo all’ambiente circostante: infatti, il ventaglio delle condizioni ambientali com-patibili con la vita è ampis-s i m o . T u t t a v i a ,

l’adattamento di ogni singola specie al proprio ambiente è talmente stretto da non permettere che delle variazio-ni minime nelle condizioni climatiche; la stragrande maggioranza delle specie viventi oltretutto risiede e si è sviluppata in una fascia geografica molto stretta. La capacità di organi-smi viventi di colonizzare microam-bienti anche estremi è sempre stata ed è presente (del resto è grazie a questa se abbiamo dei polmoni) ma molto limitata dal fatto che non può essere, almeno su scala planetaria, autosufficiente. Siamo, e lo siamo sempre stati, estremamente vulnerabili (anche come specie) ad una qualun-

Il respiro di Gaia nel grembo di Gea

Considerazioni sparse su un’ipotesi minimalista

di Elaphe

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que fluttuazione della temperatura t e r r e s t r e o c o m p o s i z i o n e dell’atmosfera. Ciò che rende vera-mente sconcertante il perdurare della delicata situazione di equilibrio in cui ci troviamo è che tale equilibrio è dinamico: come l’atmosfera si è adat-tata, anche drasticamente, nel corso dei miliardi di anni dalla comparsa della vita ad oggi, così essa continua a fare tuttora. Un adattamento che ha come effetto - o come scopo - la preservazione della vita e nel quale la vita stessa svolge un ruolo essen-ziale. Il concetto di “Vita”, come giu-stamente riporta Lovelock, “fino ad oggi ha resistito a tutti i tentativi di definizione fisica formale”. Ancora più difficile, forse, definirlo quando come qui viene inteso in una scala che va ben oltre l’individuo o anche la singo-l a s p e c i e , a b b r a c c i a n d o nell’accezione interi e complessi ecosi-stemi. Lovelock appare chiaramente in difficoltà nel dare una collocazione sistematica a Gaia (e come non po-trebbe…). L’ipotesi Gaia si basa, l ’abbiamo visto, sul la visione dell’intera biosfera terrestre come un sistema cibernetico. La cibernetica, sempre secondo Lovelock, da cui in questo campo mi faccio fiduciosamen-te guidare, è la “branca di studi con-nessa ai sistemi di comunicazione e di regolazione negli organismi viventi o nelle macchine”. Così esposta, la defi-nizione lascia ovviamente aperta la

questione che più po-trebbe premerci in questa sede, ossia se sia possibile o pensa-bile dimostrare che in Gaia vi sia una co-scienza ed un proposi-to. Ciò è esplicitamen-te negato da Lovelock, che vede la “sua” Gaia dotata di quella stessa intelligenza che presiede agli scambi intercellulari: un orga-nismo in grado di so-pravvivere ma non di vivere, potremmo dire.

In chiusura di libro, tuttavia, il linguag-gio dell’autore abbandona la scientifi-cità per esplodere in una selva di inte-ressanti “e se?” che possono facilmente sciogliere qualunque briglia ci si sia posti all’immaginazione. Le implicazioni, in più di un senso fantastiche, di questo modello, se se ne potesse verificare la correttezza, scuoterebbero parecchi paradigmi. Fatto è che Gaia, per ora, dal punto di vista strettamente scientifico rimane null’altro che un’ipotesi. Fatto è anche che non si vive di sola scienza, come chi scrive e probabilmen-te chi legge sostiene. Raggruppare ogni singolo paramecio, porcino, calendula o commercialista in un unico insieme, e sostenere che le pure funzioni vitali di tale insieme siano in grado di tendere armonicamente ed in massima parte inconsapevolmente ad un unico scopo è ardita impresa. Che poi Lovelock, ad esempio, riporti fra le attività regolatrici delle concentrazioni atmosferiche dei gas le emissioni intesti-nali di metano non contribuisce a rende-re meno incredibile, ad un senso della realtà meno allenato, l’intera ipotesi. Sappiamo però che ben pochi di coloro abbiano scoperto l’esistenza di una simile teoria non ne siano rimasti quan-tomeno affascinati: non per quanto è stato scritto in merito (né del resto la

maggioranza dei filogaiani ha mai letto le divulgazioni di Lovelock) ma proprio per quei vibranti sottintesi e possibilità che si possono scorgere fra le maglie degli equilibri gassosi. Come Ronald Hutton fa notare(2), punto chiave nell’accoglimento da parte del grande pubblico di un as-sioma così ardito risiede nella situa-zione culturale di una fascia piuttosto larga della popolazione europea e nordamericana al momento della pubblicazione dei primi lavori. Le foto scattate nello spazio al nostro piane-ta, la prima visione della Terra come una gemma verde-azzurra, e la ne-cessità di un contatto “reale” con Essa hanno cambiato le aspettative e la ricettività del pubblico. Il 1979 è an-che l’anno in cui The Spiral Dance di Starhawk viene pubblicato negli Stati Uniti. La certezza che il Divino, come lo si voglia definire, è immanente nel nostro pianeta si apre ad una dimen-sione coraggiosamente panteistica (un panteismo cosmico più che planetario, indubbiamente). La sinergia che que-ste due opere accendono va ben oltre le scientificità Lovelockiane. A viag-giare ed a diffondersi in ogni strato della società non saranno, del resto, le formule di bilanciamento chimico ed energetico, ma le selvagge potenzia-lità che queste incorniciano. Ed il misti-cismo cosmico che a loro volta queste potenzialità suscitano. Lovelock è quasi infantile nel suo ten-tare di mantenersi strettamente nei ranghi del rigore scientifico, quando tutti noi ci rendiamo conto che il suo testo non di scienza parla ma di reli-gione. Certo, ce ne accorgiamo per-ché per gran parte della nostra vita siamo stati in qualche modo consape-voli che il nostro pianeta possa costi-tuire un’unità: forse nel 1979 sarem-mo stati meno permeabili all’idea. Lo scienziato vorrebbe mantenere (“Per quanto?” ci si potrebbe chiede-re, e le sue successive pubblicazioni non risolveranno il problema) il suo agnostico distacco, e la sua mano trema nell’avvicinarsi a concetti reali e facilmente riscontrabili (la Vita,

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l’Intelligenza) ma così difficili a defi-nirsi. Sarà proprio questo non-detto ad infiltrarsi nelle nostre vite. Sarà la certezza di quell’intelligenza planeta-ria che Lovelock non riconosce. Il sognatore-scienziato vorrebbe po-ter credere, né ce lo nasconde, ad una Gaia in cui l’Uomo si è integrato (ha una certa, dubbiosa fiducia in merito, più o meno ribadita nelle pub-blicazioni successive): la specie uma-na, forse non da sola, come “sistema nervoso” di un organismo planetario. L ’ a l t e r n a t i v a a l l a p e r d i t a dell’individualità, avverte, è la totale presa di responsabilità della conser-vazione degli equilibri ecologici da parte della nostra specie: l’uomo pilo-ta della “astronave Terra”, un mondo in cui il sistema di automantenimento non è più attivo e Gaia si è “ritirata fra i fanghi”. Commovente nel proprio antropocentrismo, è una possibilità coerente con le ipotesi proposte. E ovviamente, vista con occhi di Stre-ga, è una possibilità molto limitante. La nostra esperienza del Divino, as-sieme alla certezza che la vita su ed in questo pianeta si spinge molto oltre i confini del visibile, ci permette di volare molto più in alto con i nostri sogni. Per esseri così fieramente indi-vidualisti ed assieme così certi della vibrazione magica esistente in questo pianeta, l’annullamento mistico è una via possibile ma non esclusiva. Noi non abbiamo bisogno che ci ven-ga dimostrato qualcosa che già sap-piamo: per molti di noi la personalità di Gaia è reale e strutturata (tanto da dover considerare il singolare

riduttivo), oltre che dotata di intelligenza. Se fusione deve es-sere, ebbene, sia: ma avvenga co-me partecipazio-ne di questa in-telligenza colletti-va e con il mante-nimento delle personalità che ci contraddistinguo-

no. Lovelock vide qualcosa di più che una struttura coloniale nella sua ricerca di una soluzione alle dicotomie Terra-Uomo: noi possiamo vedere molto oltre. Ma, alla fin fine, ammettendo che Gaia sia: è (Una? La?) Dea? Panteismo, oggi, non significa più la stessa cosa di un secolo, ma neppure di trent’anni fa. Dietro alle immagini ed alle manifestazioni divine che la mag-gioranza di noi percepisce su un piano di certezza si staglia la cibernetica dei gas di un controverso biochimico ingle-se. Gea è Gaia, nel senso che è anche, ovviamente, in essa…ma questo non La esaurisce certo. Gaia è stata ed è tuttora un affasci-nante giocattolo per le nostre menti, oltre che un’idea ormai saldamente radicata nella nostra cultura. Un grimal-

dello della Dea, potrebbe dire qual-cuno, per introdursi nella nostra co-scienza. E nei nostri computer, grazie all’onnipresente Microsoft. Ora un piccolo pianeta Terra (guarda caso chiamato Gaia) occhieggia dal mio foglio di Word, e non solo sul mio. Pochi, se mai, lo trovano stupido. Nel mio intimo, parallelamente, rico-nosco un battito comune negli uomini e nelle altre forme di vita; lo stesso sentire che molti fra coloro che non saprebbero riconoscere una cutrettola da un cardellino avvertono loro mal-grado. Prima che uno strano scienzia-to inglese mettesse per iscritto le sue estreme conclusioni non sarebbe acca-duto nulla di ciò. E per una teoria strampalata non mi sembra un risultato da poco. Ed. It. J. Lovelock Gaia – Nuove idee sull’ecologia, Bollati Boringhieri 1981 R. Hutton The Triumph of the Moon, Oxford University Press 1999

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Eccoci al secondo appuntamento con la rubrica periodica di “recensioni” letterarie. Senza alcuna velleità da critico, si tratta semplicemente della segnalazione di testi a mio avviso particolarmente interessanti e…da tenere sott’occhio. Non si tratterà sempre e solo di testi e-sclusivamente wiccan. Questo perché, come ho avuto modo di sostenere in molteplici occasioni, vivere wiccan significa per me estendere i propri confini ed acquisire una consapevolezza, una cultura, una sensibili-tà che vadano ben al di là di quanto ci viene quotidianamente propinato dai mez-zi di informazione. Le buone letture posso-no essere un canale per spaziare con l’animo e con l’intelletto, decidendo di trascorrere una piacevole serata in com-pagnia di pensatori sensibili, piuttosto che sobillati dal povero (di spirito!) conduttore televisivo di turno. Chi mi legge su “lemusenellarete” , http://it.groups.yahoo.com/group/lemusenellarete/, potrà, talvolta, trovare qualche segnalazione che ho già inserito in Mailing List. Poco male. Repetita iuvant! In ogni caso si tratterà di recensioni brevi, che intendono stimolare la curiosità ed il desiderio di entrare in libreria per guar-darsi il libro con i propri occhi. Un suggeri-mento amichevole, per incuriosire e stimo-lare, come sempre, la discussione e la libe-ra espressione del proprio giudizio. Aggiungo che si tratta di testi scelti libe-ramente, esclusivamente sulla base dei miei gusti e sensibilità personali. Non ri-specchiano tendenze redazionali né, tanto meno, provengono da segnalazioni di case editrici. In questo numero i libri parlano di Inquisi-zione e Stregoneria. Buona lettura!

La biblioteca della strega

Rubrica a cura di Mnemosyne

Bambini al rogo!

Comincio col suggerirVi un testo decisamente molto interessante e ricco di spunti di riflessione (tristissimi, ma indispensabili lungo il nostro percorso…). Scritto da Eveline Hasler si intitola "LA STREGA BAMBINA" edito da TEA Prezzo: 7,80 Euro Silvia Giacomoni, de “La Repubblica” ha scritto: “Pensavamo di sapere tutto sulle streghe, ma questo romanzo ci rivela che ignoriamo il peggio.” In effetti l’Autrice, svolgendo un attento ed accurato lavoro su fonti docu-mentali, in questa storia romanzata ci descrive quanto accadeva in Svizze-ra ed in Alta Svevia, nella seconda metà del XVII sec., quando la caccia alle streghe imperversava in tutta Europa. Sull’onda di tale “isterismo” col-lettivo, furono bruciati anche dei bambini (femminucce e maschietti) accusati di stregoneria. Il libro è crudo, a tratti poetico, e merita senz’altro una lettura. E’ bello ed appassionante. La narrazione è vivace e condotta con ritmo impeccabile. Ineccepibile dal punto di vista della ricerca storiografica e delle fonti (in calce al testo vengono riportati gli atti originali dei rispettivi processi), ci racconta con disarmante semplicità e chiarezza le vicende di Katharina Schmidlin, giustiziata il 16 novembre 1652, all’età di 11 anni, poiché si vantava di saper fare uccellini di fango che diventavano vivi, e dei fratelli-ni Isau e Maria Lehner, rispettivamente di 12 e 15 anni, uccisi il 27 novem-bre 1662 con l’accusa di stregoneria, devozione al demonio e libidinoso incesto…non credo siano necessari ulteriori commenti. I fatti sono di per sé ingiustificabili, secondo i parametri attuali di “giusto” e “sbagliato”. Tutta-via il racconto reca in sé una modernità “inquietante”, il passato ci aiuta a comprendere ed a spiegare taluni fenomeni contemporanei. La crudeltà e l’insensatezza non sono esclusivo patrimonio dei secoli passati, ma un’ombra che accompagna il nostro vivere presente e della quale dobbia-mo essere consapevoli per riuscire ad andare “oltre”… Eveline Hasler è nata a Glarus (Svizzera) e vive nel Canton Ticino. I suoi romanzi, largamente apprezzati dal pubblico e dalla critica, sono stati tradotti in numerosi Paesi europei e negli Stati Uniti.

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Una strega padana Sebastiano Vassalli

“La Chimera”

Einaudi Prezzo: 9,00 Euro Libro molto noto e bellissimo. Un vero piacere per lo spirito e per la mente. Per commentarlo userò alcune delle parole perfette di G.L. Beccaria, pubblicate su “L’Indice” 1990, n. 5, e che condivido totalmente: “ […] Ne "La chimera", Vassalli ci porta sulle rive del Sesia, dove nel sec. XVII esisteva Zardino. Ne ha ricostruito l'ambiente e le pietre attraverso tracce della storia d'una giovane, Antonia, la strega di Zardino, processata e arsa viva a Novara nel 1610. È lei il personaggio principale. La sua figura prende corpo non perché l'autore ne stagli il tutto tondo, ne sbalzi e approfondisca pensieri, psicologia: prende corpo piuttosto, come in un formicolante bassorilievo, da quello che c'è intorno. Notevole il modo con cui, passo passo, Antonia incolpevole diventa 'strega', sulla base della 'voce', di voci, pettegolezzi, intrighi, calunnie e assurdità di comari, dei loro livori, dalle loro ossessioni, un delirio verbale che finisce per sovrapporsi alla realtà fino a diventare esso stesso la realtà. Antonia viene accusata di stregoneria unicamente perché si innamora di un vagabondo, un "camminante"; e ancor prima un pittore vagabondo l'aveva fatta posare per dare il volto alla Ma-donna di un pilone, e poi ancora aveva fatto cosa sconveniente a lasciarsi trascinare una sera a un ballo in piazza coi Lanzichenecchi. […] “Il tempo si è chiuso su quelle storie spietate. Nella bassa tutto passa in fretta, nulla o quasi lascia un segno di sé, né della strega bruciata, né di Zardino resta memoria, soltanto pallide tracce: la memoria non incide solchi, "al contrario di quanto accade nelle valli alpine, dove il ricordo e la leggenda di un fatto possono conservarsi da un millennio all'altro; la pianura è un mare dove le onde del tempo si succedono e si annullano, evento dopo evento, secolo dopo secolo: migrazioni, invasioni, epidemie, carestie, guerre vengono oggi ricordate soltanto perché sono scritte nei libri; se non ci fosse la scrittura, non ne resterebbe traccia". Le nostre valli alpine sono ricche di leggende: l'uomo selvatico, il 'servan', e folletti, diavoli. Qui nulla. Vassalli rievoca appena una dimenticata, mitica 'fierabestia', segnalata nella bassa ancora alla fine del secolo scorso e all'inizio del nostro, una sorta di torello o di grosso cane con testa di cinghiale, o di 'porcocane', come dicevano. Questa storia, come la storia di Antonia, è una di quelle di cui si parlò per secoli nelle veglie, nelle stalle, poi tutto scomparve; non solo i miti, le superstizioni, il porcocane, ma anche le cose vere in carne e ossa, le pietre, la casa della strega, Zardino, in un giorno imprecisato, e anche quelle chiacchiere, cessarono di esistere. Vassalli ne ha dato una grandiosa ricostruzione. Ormai ha deciso che nel presente non c'è niente che meriti di essere raccontato. Scrive però con l'intento di narrare il passato come segnale del futuro, del nostro tempo (numerose nel romanzo le sottolineature esplicite in questo senso). Io non credo però che la riuscita del libro risieda nell'aver indicato le radici lontane del malessere contemporaneo. A mio avviso sta innanzitutto nella capacità di ricostruire un mondo, ambienti, realtà. Il romanzo 'storico' di Vassalli è certo simbolico: nell'atto di descrivere superstizioni, atrocità e corruzioni dell'età della Controriforma e del-l'Inquisizione Vassalli si interroga sul senso, sul perché delle cose di ieri e di oggi. Come già nell'"Oro del mondo", così nella "chimera" cerca di agguantare in qualche modo il 'carattere nazionale' […] “

Per chi fosse interessato ad approfondire, segnalo un testo dedicato a questo libro: La Chimera. Storia e fortuna del romanzo di Sebastiano Vassalli Prezzo € 12,00 128 p. (a cura di Roberto Cicala e G.Tesio) Anno 2003 Edizioni Interlinea "La chimera" di Sebastiano Vassalli, uno dei romanzi più letti e ristampati negli ultimi dieci anni: studi, interviste, bibliogra-fia delle edizioni italiane e straniere, lettere ed inediti raccolti nel segno della storia e sulla fortuna anche all'estero di un romanzo celebre e sempre più letto nelle scuole. Sebastiano Vassalli è nato a Genova nel 1941, ma ha vissuto a Novara fin dall’infanzia. Tra gli anni ’60 e ’70, nei quali ha svolto attività di insegnante (è laureato in Lettere con una tesi sull’arte contemporanea e la psicanalisi), ha partecipato, anche come pittore e fondando riviste quali “Ant. End.” e “Pianura”, alle vicende della cosiddetta neoavanguardia – nell’ambito del Gruppo ’63 – con alcune prose sperimentali (Narcisso è del 1968, cui seguono Tempo di màssacro e L’arrivo della lozione) e con plaquette poetiche (Il millennio che muore è del 1972), travasando nella pagina, attraverso un furore linguistico, le inquietudini politico-sociali di quegli anni. Rispetto a queste esperienze giovanili, Abitare il vento del 1980 segna un distacco ed una svolta. Il protagonista, come nel successivo Mareblù, si sente incapace di cambiare il mondo con metodi trasgressivi e rivoluzionari (e poi si chiede: contro chi?). Vassalli cerca quindi nuovi per-sonaggi o, meglio, una letteratura pura (in questo senso è per lui emblematico il poeta Dino Campana, riproposto nella Notte della co-meta) e una dimensione esistenziale anch’essa pura, come la fanciullezza, che è al centro della ricerca delle origini della società odierna nel romanzo L’oro del mondo, ambientato nel dopoguerra. Intanto Vassalli non smette di indagare il mondo con eclettismo intellettuale (si pensi ai pamphlet Sangue e suolo e Il neoitaliano). L’investigazione letteraria delle radici e dei segni di un passato che illumini l’inquietudine del presente e ricostruisca il carattere nazionale degli italiani è quindi approdata prima al Seicento con La chimera, un

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successo editoriale del 1990, poi al Settecento di Marco e Mattio, uscito l’anno dopo, quindi all’Ottocento e agli inizi del Novecento prima con Il Cigno nel 1993 e (dopo la parentesi quasi fantascientifica, inquietante e satirica, di 3012) successivamente con Cuore di pietra, ricreando un’epopea della storia democratica dell’unità d’Italia fissando come protagonista una grande casa di Novara. Vassalli attualmente è anche opinionista del “Corriere della Sera”.

Recensione a cura di Cronos

Stregonerie italiane…

Sheanan — ArdathLili Il Sabba italiano Prezzo 20 € Stampato in proprio Anno 2003 E’ sicuramente un testo di piacevole lettura, ricco di spunti e di elementi creativi, tuttavia parte da un gigantesco equivoco, nel testo si afferma infatti che: “L’attuale Wicca in particolare, con la quale la Stregheria viene spesso accomunata, pog-gia le sue basi sull’emancipazione odierna femminile all’interno del culto relgioso e fondamentalmente indirizza i propri ideali basandosi su leggi promulgate dal “Concilio delle Streghe”, una sorta di decalogo dettato dalla sacerdotessa Do-reen Valiente nel 1974, in cui trovano spazio teorie a nostro avviso prive di senso come la Legge del Tre” E’ curiosa innanzitutto la scarsezza e scorrettezza di informazioni rispetto alla Wicca. Con i tredici postulati del Concilio delle Streghe americane del 1974, l’inglese Doreen Valiente non ebbe alcun ruolo, ma lo stesso Concilio venne organizza-to dalla Llewellyn Press, una casa editrice sotto la guida di Carl Weschcke. Nei principi non si fa cenno né al Rede e nem-meno alla legge del tre di cui tra l’altro proprio Doreen Valiente fu una delle prime accanite contestatrici, si veda l’interevento alla Pagan Federation del 1999, legge che da molti Wiccan non è nemmeno presa in considerazione. Il discorso sarebbe lungo, ma ad ogni modo tornando al testo si tenta per la Stregheria italiana esattamente lo stesso procedimento che aveva tentato Gardner, cioè ricostruire un culto da pochissimi elementi: un libro che, pur sputando nel piatto in cui mangia, la Wicca, è ad ogni modo “perfettamente” Wiccan almeno nella “concezione”. Una delle fonti principali è “Aradia: il Vangelo delle Streghe”, oltre ad “Etruscan Roman remains”, di C. G. Leland, ricor-diamo che Gardner, oltre a conoscere questi testi, faceva parte della sua stessa associazione che si occupava di folklore. Anche negli elementi formali del testo ci ritroviamo col pentacolo, le invocazioni ai quattro elementi, l’Athame diventato Roncola, il Libro delle Ombre e persino gli otto sabba, e se per quanto riguarda gli elementi possiamo sforzarci di pensa-re che siano un retaggio della stregherai italiana, altrettanto non possiamo fare per il pentacolo e soprattutto per gli otto sabba. Nella stregheria italiana, si veda Ginzburg e altri, compaiono piuttosto le quattro tempora! Inoltre invocazioni come questa che cito dal libro: “Madre Diana, […] Aiutami ad innalzare il più antico degli altari, Che in passato ogni strega ha adorato. […] Il Pugnale che serro tra le mani Diventi simbolo del maschio e della tenebra E che la coppa che attende il suo Cornuto Signore Sia femmina e Luce Essi insieme congiunti portino la benedizione […] che a te chiedo. E sia così” Somigliano un po’ troppo al più classico Grande Rito della Wicca nella versione alexandriana: “Assistimi per erigere il sacro altare, che tutti adoravano nei giorni passati; […]” E alla formula canonica: “Come l’Athame è il maschile, così la coppa è il femminile E congiunti portano la loro benedizione” E con tanto di “So Mote it be!” In sostanza si tenta un esperimento già tentato negli stati Uniti da Raven Grimassi con il suo libro “Italian Witchcraft” che come tanti altri ha dichiarato che la sua tradizione era più vera e più originaria della Wicca (errore gravissimo visto le conseguenze e le smentite) finendo poi col creare una delle tante tradizioni della Wicca stessa, viste anche le similitudini, similitudini che, come abbiamo visto, non possiamo fare a meno di non notare anche in questo contesto. Fatte queste dovute premesse è un libro che integra alcuni elementi della cultura popolare nostrana con la Wicca operan-done una profonda revisione e strutturando quella che potremmo definire una nuova, e sottolineo nuova, tradizione italica. Tenendo presenti questi concetti è sicuramente un libro da leggere e da cui trarre ispirazione!

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Loreley

Witchcamp Reclaiming Europeo 29 Luglio – 5 Agosto 2004

Germania occidentale

Con Starhawk, David, Brook, Moira, Morgaine ed Ewa Dimentica il tempo e lo spazio per una settimana e sii parte della comunità che noi chiamiamo witchcamp. Persone da diverse nazioni, uomini e donne, giovani e anziani, si incontrano per far muovere le cose e farsi smuovere. Meditiamo, cantiamo, danziamo, suoniamo il tamburo e celebriamo il nostro potere, la nostra unità e le nostre differenze. Con gli strumenti della magia e del rituale, impariamo ad entrare in contatto con la nostra conoscenza interiore, a lasciar andare il vecchio e dare il benvenuto al nuovo, che vuole (ri)nascere. Scopriremo come possiamo esaudire i desideri dei nostri cuori e creare la connessione che cerchiamo – magari addirittura creare un mondo nuovo…di sicuro vi garantiamo che la vostra prospettiva inizierò a cambiare e forse anche la vostra vita! Che Sentiero scegli? Scegli il sentiero che è giusto per te. Forse vuoi finalmente congiungere il tuo lavoro spirituale con le azioni politiche e sociali o fare esperienza di qualcosa che alimenti il tuo impegno, se sei un’attivista. Forse ti senti portato verso il Sentiero della trasformazione interiore e della guarigione, dove puoi imparare a conoscere i tuoi talenti, le tue risorse e i tuoi alleati e imparare a creare relazioni, una vita e una comunità in accordo col tuo sé auten-tico. O forse vuoi imparare a connetterti con le tue sorgenti di potere e a portare la magia nella tua vita quotidiana, in modo che ti aiuti a raggiungere i tuoi obiettivi personali. Questo è il posto per imparare tutto questo. Nella mattina svolgerai in gruppo il lavoro per il Sentiero da te scelto. Nel pomeriggio avrai occasione di approfondire le esperienze della mattina, un momento per conoscere meglio tutti gli altri partecipanti oppure seguire uno dei seminari offerti dai tuoi compagni di campo. Dopo cena l’intera campo si riunisce per il rituale serale attorno al fuoco per lavorare con la nostra storia, cantare e cele-brare. Reclaiming Il Reclaiming è una rete di persone che combinano attivismo politico con la spiritualità della Terra e la guarigione. Il Re-claiming propone in molte nazioni diverse seminari, rituali pubblici, corsi intensivi e corsi di addestramento nella tradizio-ne della Dea e nell’attivismo magico. Come branca della moderna religione Pagana, le comunità Reclaiming di tutto il mondo riconoscono il valore dei tre piedi del calderone di crescita delle streghe: la Magia, la guarigione personale e l’attivismo politico ed ecologico.

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Reclaiming su Internet Loreley-Camp (Febbraio 2004): www.reclaimingloreley.org Reclaiming International: www.reclaiming.org Reclaiming nei Paesi Bassi: www.reclaiming.nl REA (Reclaiming-Earth-Activists-Network): www.linien-und-wege.de (link: REA) Witchcamp di Avalon in Inghilterra: www.reclaim.demon.co.uk/avalon/camp.htm Witchcamp in Germania: www.witchcamp.de Centro di ritiro Staremo in quella che era una vecchia fattoria, in una zona piacevole e tranquilla della Germania vicino al confi-ne Olandese. Gli insegnanti Siamo orgogliosi e felici di presentarvi il nostro splendido team di insegnanti. Per chi ha già sentito questi nomi, fin d’ora il Loreley apparirà irresistibile. Starhawk ed Ewa insegneranno il Sentiero dell’Attivismo Magico Starhawk: - Ero presente alla nascita del Reclaiming e ho continuato a lavorare in ogni parte del mondo con la comunità Re-claiming. In molti libri ho riportato la saggezza venuta dal Reclaiming e dalla pratica personale. La mia attenzione è rivol-ta al lavoro all’interno del movimento per la giustizia globale, addestrando i partecipanti e prendendo parte in molte delle azioni dirette più importanti. Sto anche lavorando con la permacultura come esempio di come la sostenibilità può essere praticamente realizzata e ho sviluppato dei seminari intensivi che combinano progetti di permacultura, organizzazione e attivismo politico, e spiritualità della Terra, conosciuti come EAT, Earth Activist Training. www.starhawk.org. Ewa: - Sono nata in Polonia, cresciuta in Germania, mi sono trasferita negli Stati Uniti nell’89 e ora San Franci-sco è la mia casa. Nella vita quotidiana sono la madre single di due magici gemelli, un’ipnoterapista e una strega. Negli ultimi 5 anni sono stata un membro attivo nella comunità Reclaiming della Bay Area, organiz-zando e celebrando rituali pubblici e altri eventi, oltre che manifestando per la pace e la giustizia nelle strade di SF. Fluiscono nel mio lavoro e nella mia magia un impegno per la guarigione profonda, la speranza ed il desiderio di trasformare le zone d’ombra individuali e collettive. David e Moira insegneranno il Sentiero della Trasformazione Interiore e della Guarigione David: - La mia danza attraverso la vita mi ha portato ad essere un autore, un cantante, una strega, un cantasto-rie, un pacifista, un insegnante di workshop, un padre ed un nonno. Faccio parte del collettivo di streghe Reclaiming a San Francisco. Per oltre dodici anni ho tenuto corsi riguardanti il Reclaming, la tradizione Wicca femminista, negli Stati Uniti, in Canada ed in Europa, con la mia compagna Starhawk, con altri sa-cerdoti e sacerdotesse Reclaiming o da solo. Tengo corsi e conferenze sulla spiritualità femminista e sul pacifismo, oltre a cantare con il mio gruppo, ‘David Miller and the old Europe Band’. In Germania ho ado-rato le acque della vita ad Amersee in Baviera, mi sono purificato in solitario presso al Caverna della Leonessa vicino ad Ulm, ho parlato con Schoene Lau alla Blautopf di Blaubeuren, e presto canterò sul Reno con Loreley. www.honkytonkwitch.com Moira: Mi occupo di scienze sociali ed ho lavorato in qualità di insegnante e counsellor per 12 anni. Visto il mio coinvolgimento nella Tradizione Reclaiming fin dal 1995, amo accostare diversi strumenti che possono aiu-tarci a trovare le speciali qualità individuali ed imparare a far buon uso di esse nel creare vita e lavoro in

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armonia col proprio sé più autentico. I miei studi successivi di terapia sistemica nell’ambito della selezio-ne mi sono molto utili in tale processo. Ho collaborato per anni a festival stagionali pubblici ed altri ritua-li, oltre ad istruire singoli e gruppi, in Germania ed in tutta Europa, alla creazione di rituali e di attività energetiche e di transe. Sono inoltre fra i fondatori del REA, Reclaiming Earth Activists Network in Eu-rope. Spero si riesca a creare una frazione di quell’”altro mondo possibile” durante questo camp e portare con me questa esperienza per alimentare “comunità di gioia, equilibrio e bellezza” (Donald Engstrom). www.limien-und-wege.de Brook e Morgaine insegneranno il Sentiero degli Elementi e dei Tamburi Rituali Brook: Lavoro con la comunità Reclaiming di San Francisco fin dal 1982. Nello stesso periodo studiavo e lavoravo per la visibilità ed i workshop in tutti gli Stati Uniti. Ho condotto il mio primo workshop di Stregoneria nel 1990. Il mio cuore canta mentre aiuto la gente a trovare la propria crescita interiore tramite la Stre-goneria, l’azione politica e dinamiche interpersonali e di gruppo. Ecco alcuni dei mie strumenti: Tarocchi, tamburi, i diversi aspetti dei misteri maschili e la Ruota dell’Anno. Trovo che il miracolo della vita che si dipana giorno per giorno sia la più profonda delle magie. www.reclaiming.org (nella lista dei contatti) Morgaine: - Mi occupo di medicina e guarigione naturali in un piccolo centro dove vivo coi miei figli, nelle vicinanze di Madrid in Spagna. Sono tedesca. Ho cominciato nel 2002 a presentare dei workshop di stampo Reclaiming in Spagna. La mia specialità è favorire il contatto con gli spiriti delle piante e delle pietre, oltre che il lavoro quotidiano che ci permette di rimanere in contatto con il dio e la dea dentro di noi. Uno dei miei metodi favoriti per smuovere le energie è la danza del ventre! Sono affascinata dalla magia che si può creare nel momento in cui culture differenti entrano in contatto, ecco perché non vedo l’ora di vivere questo witchcamp Europeo come una meravigliosa opportunità per noi tutti di cominciare ad intessere una società nuova e più integra compiendo assieme del lavoro spirituale. www.circulosagrado.org Prezzi (comprendono: alloggio, iscrizione, tre pasti al giorno): Campeggio: Saldo entro il 31 Marzo 2004: 500 Euro. Successivamente: 550 Euro Dormitorio: Saldo entro il 31 Marzo 2004: 600 Euro. Successivamente: 650 Euro Partecipazioni agevolate: Informazioni disponibili a richiesta Una caparra di 100 Euro è dovuta all’iscrizione. L’importo rimanente dev’essere già sul nostro conto per il 1 Luglio 2004 Possibilità di vitto vegetariano o vegan. Nel campo non sono ammessi alcol e droghe Per alter informazioni contattare Petra: [email protected], Phone: 0031-6215-64111 Qualora venga raggiunto un numero sufficiente di partecipanti il Circolo dei Trivi si occuperà di or-ganizzare il viaggio per il Witchcamp dall’Italia. Verrà inoltre offerta un’assistenza per la traduzione simultanea a tutti coloro che non hanno famil-iarità con l’inglese. Per informazioni e prenotazioni contattare il Circolo presso [email protected] .

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Modulo di iscrizione per il Loreley-Witchcamp Please send to / Inviare a: Petra Schotman, F.Bolstraat 14, 6717 PE Ede, The Netherlands Name / Nome: ________________________________________ Address / Indirizzo: ________________________________________

________________________________________ T e l e p h o n e N u m b e r / N u m e r o d i t e l e f o n o :

________________________________________ E-mail address / Indirizzo e-mail: ________________________________________ Number of persons / Numero di persone: ______ I apply for / Mi iscrivo per: ( ) Dormroom, number of people / Dormitorio, numero di persone: __________ ( ) Camping, number of tents / Campeggio, numero tende: __________ Dietary needs (allergy, vegan etc) / Necessità alimentari (allergie, vegan, ecc.): ________________________________________________________ Payment / Pagamento ( ) I have paid / Ho pagato ( ) Full amount of / L’intera somma di _________ Euro ( ) The deposit / La caparra di _________ Euro for / per _____ person(s) / persona/e to the following bank-account / sul seguente conto corrente bancario: BIC: ABNANL2A IBAN: NL28ABNA503307351 Bank account: 503307351 a.t. Loreley-Camp, L. Bindels, Nonnenkuil 1, 5111CP Baarle Nassau, Holland. IMPORTANTE: E’ necessario citare i codici BIC ed IBAN per evitare costi aggiuntivi di

bonifico. ( ) I am applying for a concessionary place so I didn't pay anything yet / Richiedo una partecipa-

zione agevolata, quindi non ho ancora effettuato alcun pagamento. I add a letter with an explanation, why I need a concessionary place / Allego una lettera con la

motivazione della mia richiesta. Acknowledgement / Certificazione: With this form I apply for Loreley witchcamp. I know it is an alcohol- and drugfree camp and take full responsibility for

my own behaviour. I know that I can be asked to leave camp, if I behave inappropriately. / Con questo modulo mi iscrivo al witch-camp di Loreley. So che è un camp in cui sono proibiti alcool e droghe e mi prendo la piena responsabilità per il mio comportamento. So che mi può essere richiesto di lasciare il campo, se mi comportassi in modo inappropriato.

Signed / Firma (se il modulo viene usato per più di una persona, tutte le firme sono richieste): ________________________________________________________________________

__ Data: ______________________

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La notte porta con sé un’esperienza mistica - gli incontri della notte, in qualsiasi modo si dispieghino, sono estatici, le cose perdono il loro contor-no, i confini non sono più netti, si allar-gano, lasciano intravedere l’infinito; ma per alcuni da questo infinito fa capolino l’uomo nero, l’ombra più cupa che testimonia della possibilità dell’”assenza”. Ricordiamoci che la nostra mente ten-de a personalizzare tutto: già da bambini, come ha ben dimostrato la Klein, una delle più grandi psicanali-ste dopo Freud, l’assenza della ma-dre è colta come presenza di qual-cos’altro, di qualco-sa di divorante, come la strega cat-tiva che mangia i bambini e che rie-merge nelle favole. Quando non riuscia-mo a dare un volto a ciò che ci circon-da, sia esso il volto della strega divora-trice (in termini psi-cologici altrettanto essenziale rispetto alla strega buona o alla fata delle fiabe), siamo inermi, perché la minac-cia a cui diamo un volto è “affrontabile”, ma la minaccia imper-sonale non è invece possibile affron-tarla. Quando all’inizio dell’era Comune, questa in cui viviamo da duemila anni, gli Dei hanno cominciato a “lasciare” il mondo - o forse è più corretto dire: quando all’inizio di questa era l’uomo è fuggito dagli Dei - le forze “caotiche” hanno cominciato a perde-re il loro volto ed il cristianesimo ha portato avanti un’idea di male che è

fondamentalmente “assenza”, la pri-vatio boni, un nulla che pur personifi-cato dal demonio e manifesto nel peccato, ha sempre di più perso le sue connotazioni specifiche per diven-tare una “mancanza” assoluta, un male assoluto e totale. Le riforme del pensiero cristiano, quelle protestanti, con l’abolizione delle immagini e la rivoluzione scientifica, hanno fatto il resto. L’invenzione della luce elettrica che ha illuminato il nostro secolo non è altro che il sintomo crescente della paura del nulla che la nostra società

manifesta, l’oblio in cui è caduta la morte non è altro che il pallido tenta-tivo dell’umanità per esorcizzarla. La medicina stessa ha ormai lanciato l’ultima sfida alla morte, ma il luogo dove è stata relegata, sempre pre-sente nelle profondità del nostro esse-re, l’ha anche liberata su un piano più alto e più assoluto, nei termini di quel-la distruzione totale di cui l’umanità si è resa capace con la scoperta della bomba atomica. Nella mia esperienza la possibilità di questa assenza, di questo varco, è quell’ansia che sale all’avvicinarsi del

crepuscolo, è l’ansia di un sonno non voluto e di un oblio non cercato, è la schiavitù ad un’immensa lucidità che non può cedere all’incoscienza, l’unica liberazione possibile è il “sacrificio” agli Dei. Non che la Dea richieda sacrifici, essi non sono necessari agli Dei, ma agli uomini, per riconoscere di nuovo il potere degli Dei dentro di noi e fuori di noi. Sacrificio non signifi-ca solamente sgozzare un animale su un’ara e lasciarlo lì, cosa che un tem-po voleva dire privazione da un cibo che non era certo abbondante come

oggi, sacrificio si-gnifica rinuncia a qualcosa che abbia i c a r a t t e r i dell’”essenzialità”; il risvolto deve essere sempre interiore, la capacità a rinuncia-re per qualcosa di più alto, una delle più alte forme di venerazione nei confronti degli Dei. Attenzione, qui non si sta parlando di rinuncia in termini cristiani, rinuncia e privazione come

mezzo di umiliazione, al contrario! Il sacrificio in questi termini deve essere un modo per rafforzarsi in se stessi e solo in questo modo è possibile rico-noscere la potenza del divino interio-re. E’ come dare uno sguardo nel buio, tra i confini e le sfumature dell’oscurità, e in questo senso si può avvertire che il giorno può essere perso, nella sua finitezza, con la sua vitalità spesso assolutamente vana, con l’affaccendarsi domestico e il dovere sociale: niente altro che sogni. C’è poca “verità” in tutto questo, nes-suna realtà nel perseguire uno scopo

Il senso degli Dei e il nulla Esperienza del limite e comunione con il divino

di Cronos

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durante il giorno o nel non perseguirlo schiavi della quotidianità. Siamo fatti per altro, per qualcosa d’altro, per esperire in noi la prova del nulla, perché è proprio attraverso di noi che l’essere, manifestandosi nella consa-pevolezza, subisce anche uno scacco, si apre una breccia, un tomento talora inspiegabile, è la ferita sull’essere che si fa sentire, l’assenza che si manifesta perché essendo individui coscienti il nostro essere viene limitato dalla no-stra stessa consapevolezza che è con-sapevolezza del limite innanzi tutto. Dietro questa si apre l’abisso, la pos-sibilità dell’inconsapevole, il varco che si apre e lascia passare qualcosa d’altro, il vuoto e il vacuo che possia-mo percepire talvolta dentro di noi. L’affaccendarsi quotidiano ci ripara da queste percezioni fin tanto che non ci interroghiamo sul senso di questo affaccendarci, allora di nuovo la breccia si apre, allora di nuovo il sacrificio diventa “senso”: quando sacrificando il nostro “quotidiano”, qualcosa che ci sembra vitale e non lo è, usciamo per un attimo dai nostri limiti e quell’assenza priva di senso si trasforma, la rinuncia, ben lungi dal significare umiliazione, diventa aper-tura e forza interiore. Nel suo estremo manifestarsi nella presenza attraverso l’uomo, l’essere, giunto al suo apogeo, deve cedere il passo, confrontarsi con un altrove che solo la consapevolezza, la coscienza rende tale, un “altro” oltre i confini del percepito e del percipiente, un

inconoscibile che è appunto, in quanto inconosci-bile, nulla. Nien-te vale quanto questa sensazio-ne, il nulla, in quanto non ente, non può essere misurato se non nel sentimento di assenza, in quel-la sensazione di vuoto che sta dentro ogni con-

fine; e se il vuoto è già qualcosa sotto un profilo logico razionale, dobbiamo dire che il vuoto che si esperisce spro-fondando in certi stati d’animo, è un vuoto senza confini e quindi un non vuo-to, il terrore, come sentimento primor-diale dell’essere umano, ha per ogget-to l’infinito, che è come dire che si ha terrore quando si sperimenta la possibi-lità di entrare nei confini, di annullarli, perderli e sprofondare nell’infinito. Gli Dei dimorano qui in questa dimensione che dischiude il limite nell’infinito, averli persi significa che l’infinito è diventato nulla. In questi secoli si è fatta una terribile confusione con il concetto di infinito, che è così ingannevole. Noi pensiamo ad un ente che possa esperire l’infinità, ma l’ente in quanto tale non può esprimere la non finitezza, e non mi riferisco qui ai termini temporali, ma in particolare ai termini esperienziali: tutto ciò che è, tutto ciò che manifesta la sua presenza e cioè tutto ciò che noi possiamo coglie-re, compresi noi stessi, lo cogliamo pro-prio attraverso i suoi limiti, il metro dell’essere è infatti il limite, la finitezza, la compiutezza, paradossalmente tutto ciò che è, è in quanto limitato. Non si da una presenza senza la coscienza del limite e anche considerando l’uomo pre-sente a se stesso, tralasciando per un attimo il mondo, la consapevolezza si realizza in questa intima distinzione tra un nucleo personale e i prodotti, cioè i pensieri di questo nucleo che sono altro da lui. E’ proprio la percezione di que-

sto limite tra ciò che produco come pensiero o immaginazione e il sogget-to di questo pensiero che stabilisce la presenza, ma una presenza, un esser-ci, deve essere conoscenza del limite prima ancora del dispiegamento al mondo. In questo modo il mondo che si rappresenta nella nostra percezio-ne come struttura e pensiero del mon-do ci conferma nella presenza allo stesso modo in cui noi testimoniamo della sua presenza attraverso una distinzione che è il limite stesso. Tutta-via nel medesimo tempo questi due termini fanno parte di un’unica unità e in questo senso noi siamo una cosa sola con il cosmo intorno a noi, perché entrambi questi termini sono essenzia-li. Questo limite tra noi e il cosmo que-sto varco da cui nasce la possibilità del nulla o dell’infinito, in questo var-co stanno tutti gli Dei, che sono me-diatori e testimoni dell’essere e che ripristinano una continuità nella di-scontinuità. Una spiritualità oggi è possibile solo se consideriamo le divinità come ter-mini unificanti, dentro di noi e dentro il Cosmo, custodi del limite e volti dell’infinito: è solo attraverso i sensi, cioè attraverso una percezione che significa sensazione, che noi ristabilia-mo il nostro rapporto con il Cosmo, perché ci conferma nell’essere, come altro da noi, ma che allo stesso modo partecipa della nostra stessa natura che è divina. Ecco che nel crepuscolo, confine tra il giorno e la notte, possia-mo udire la voce della Dea e il sospi-ro del Dio, uniti e al contempo divisi, vivere di questa dimensione significa avere dato un senso al proprio miste-ro, è aver compreso la natura della finitezza della cose e al contempo partecipare dell’infinito che ha il volto degli Dei.

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Nel medioevo la tradizione classica, il paganesimo tardo-antico e i culti dei popoli cosiddetti barbarici concorrono a creare una base fertilissima per la fondazione dell’humus culturale del periodo. La progressiva rielaborazio-ne di questo enorme e spesso etero-geneo patrimonio, alla luce della nuova religione, finì col produrre le basi della cultura europea come noi la conosciamo, proprio nel senso di un’ambigua conviven-za tra elementi religio-si differentissimi, gli uni soggiogati agli altri, traslati dal loro signifi-cato originario. I l c r i s t i a ne s i m o , all’inizio dell’epoca, lungi dall’essere la religione maggiorita-ria, non poté che ac-quisire dunque e rein-terpretare parte di questi culti e motivi pagani per attirare in maniera non traumatica le masse ancora legate alle vecchie religioni. I culti dei santi e della Madonna soprattutto, attirano motivi religiosi del tutto paganeg-gianti; la Madonna riceve titoli onori-fici che erano già propri di Iside nella tarda-antichità: “Stella del mare”, “Trono”, eccetera. Alcune tematiche della cultura musica-le del medioevo ci offrono un interes-sante spaccato, in tal senso, se la si guarda da una prospettiva di ricerca antropologica, sulle sopravvivenze del paganesimo in seno alla società medievale…naturalmente non consce, ma inequivocabili. La musica medievale, da un punto strettamente tecnico e teorico è in realtà spesso più debitrice a quella orientale o medio-orientale che non a quella tardo-antica, dalla quale in

pratica eredita la teoria dei modi e alcune riflessioni estetiche ed organo-logiche – passate attraverso l’opera di Boezio. La musica sacra – dai canti primitivi, mozarabico, gallicano, am-brosiano, eccetera – fino al gregoria-no e poi alla polifonia, sorta speri-mentalmente in Francia nel XIII secolo, è solo in parte responsabile dello sviluppo della musica profana, cui è legata non tanto da un rapporto di

filiazione, quanto da un rapporto di influenza spesso non del tutto afferra-bile. Quale che sia l’origine della musica profana, cui probabilmente ha concorso anche l’influsso delle musiche popolari dei popoli “barbarici”, ha caratteristiche e tematiche piuttosto dissimili da quelle della musica sacra. Una delle più originali manifestazioni della cultura musicale profana si ori-ginò in Provenza, nell’ambito di quel-la particolare società nota come “società cortese” (tra il XII e il XIV secolo) . Questa struttura, intimamente informata dal feudalesimo, sua estre-ma evoluzione, che ha appunto acqui-sito in Provenza delle caratteristiche del tutto d’avanguardia, prevedeva al suo centro il signore del castello, che ospitava a corte tutta una serie di personaggi che gli si legavano secon-

do un patto implicito di fedeltà, cui il signore doveva rispondere con libe-ralità di doni. La piccola nobiltà senza feudo, quella che non poteva più ricevere, come accadeva in epoca carolingia, terre come pagamento di prestazioni, af-follava la corte del signore del castel-lo, in totale dipendenza economica dalla sua generosità. In questo am-biente si era formata una classe par-

ticolarissima, quella d e i t r o v a t o r i (trobador, trouvère, minnesaenger), musici e poeti al contempo, cantori dell’amore – in ultima analisi l’intero motore della società cortese. Non si vuole di certo controbattere alle teorie validissime di chi ha spiegato la lirica in voga nella

presso la civiltà cortese dal punto di vista socio-economico o solo poetico, in senso stretto. Si potrebbe, invece, aggiungere una nuova prospettiva: la lirica provenzale, nel senso di poesia e melodia, era lo strumento principe dei trovatori, la dama del castello, Midons “La mia Signora” era l’oggetto del loro culto…l’amore che li legava a lei, non sempre del tutto casto, aveva una chiara connotazione religiosa e, soprattutto, una grande visibilità sociale. L’adulterio, consuma-to praticamente o meno, non solo era tollerato in seno a questo genere di schema sociale, ma quasi obbligato, come tappa nell’educazione di un giovane cavaliere, che riceveva dal favore della Dama Castellana un grande riconoscimento sociale. La donna – spesso la Donna, come Eterno Femminile – era la causa di

La piccola Dea LA RELIGIONE DEL FEMMINILE NELLA MUSICA MEDIEVALE

di Tal Nutag

Apollo suona la lira

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una trasformazione personale, spin-geva colla sua sola presenza all’autotrasformazione, al migliora-mento di chi poneva la suo servizio. Antesignane della Beatrice dantesca, le dame provenzali attiravano un’adorazione che le poneva in ma-niera assai evidente in una posizione “divina” o “semidivina”. Se da un lato è possibile che la pecu-liarità della cultura cortese derivi dalla posizione giuridicamente miglio-re delle donne provenzali, e che il legame dama-cavalier servente sia stato una traslazione del legame si-gnore-vassallo, particolarmente senti-to in Provenza, è pur vero che la sua specificità, di prendere la donna o, meglio, il femminile, come oggetto di adorazione che diventa palesemente divino, ci suggerisce rimandi ai culti pagani materni. L’associazione don-na-divino si palesa anche nel titolo spesso dato alla Dama, cioè Midons, dal latino Meus dominus, cioè il Mio Signore, il mio Dio. Il passaggio dalla tematica amorosa della letteratura cortese a quella religiosa era inevitabile: la donna divina diventava la Donna Divina per eccellenza, cioè la Madonna. Molti trovatori si posero al servizio della Vergine con lo stesso fervore con cui si sarebbero messi al servizio della loro Dama. Il passaggio avvenne, ad esempio, alla corte di Alfonso X il Saggio (1221-1284), re della Gali-zia – terra di lontane origini celtiche - e per pochi anni Imperatore del Sa-cro Romano Impero, che aveva invita-to i suoi trovatori a comporre, secon-do la metrica provenzale e in lingua gallega, alcune centinaia di lodi nei confronti della Madonna. La raccolta, la più ampia di melodie medievali, è nota come “As cantigas de Santa Maria” (in verità a lui personalmente attribuite). Le liriche possono essere di lode, ap-punto, nei confronti delle molte virtù della Vergine, oppure raccontare i miracoli che compie. Se ne ricava un quadro religioso in cui il culto maria-no, che proprio in quel periodo tende-

va a imporsi in occidente, diventava il fulcro della vita cristiana. Amministratri-ce di virtù divine, salvatrice degli op-pressi, addirittura guerriera, la Madon-na presentata nelle Cantigas assurgeva di diritto allo stato di divinità vera e propria del tutto autonoma. E’ vero che non venivano mai persi i riferimenti al Cristo o al Dio Padre, ma è pur vero che la specificità mariana risaltava con grande evidenza. Maria guarisce i malati, aiuta i poveri nelle loro difficoltà quotidiane, ad e-sempio dona la parola a una pecora che era stata rubata da un guardiano imbroglione perché la sua padrona possa ritrovarla, oppure salva un pelle-grino dagli attacchi di un drago. Maria è, in una delle più note liriche (“Rosa das Rosas”), paragonata a un fiore, sviluppando una tendenza già presente nei culti pre-cristiani e, in ge-nerale, se parliamo di archetipi, è spes-so vero che il fiore è associato alla donna e ai suoi organi genitali: essa è “rosa tra le rose e fiore tra i fiori”. La rosa è il fiore della trasformazione, dell’ascesa spirituale: come nell’Asino d’oro, dove provoca la trasformazione del protagonista da asino a essere umano, secondo i suggerimenti di Iside. La rosa, uno dei cardini dell’estetica floreale del medioevo, simbolo ambiva-lente dell’amore sacro e profano, della sensualità e della mistica, si associa inevitabilmente a Maria. Anche in que-sto erede delle Dee dell’antichità, in cui l’amore sessuale e quello spirituale non erano separabili, Maria riceve dai tro-vatori di Re Alfonso delle dichiarazioni di amore che non sono prive di sensuali-tà: “Donna di bellezza d’apparire / e fiore d’allegria di piacere”. Erede anche delle Midons provenzali ella è “donna tra le donne e Signora tra le Signore” e anche in questo dop-piamente collegata a elementi antropo-logici e culturali che non hanno del tutto a che vedere col cristianesimo. Lo stesso culto delle Dame provenzali ha, infine, saputo mescolare saggia-mente la carne e lo spirito: soprattutto agli albori della cultura cortese, nelle

opere, ad esempio, del primo trova-tore Guglielmo IX, è ben chiara che l’adorazione per la Dama avrà il suo esito naturale in una sana sessualità. Se alla fine dell’epoca cortese, in seguito alla decadenza della regione dovuta alla crociata contro gli Albi-gesi, il culto della Dama diventa sem-pre più etereo e il soddisfacimento dei sensi viene alle volte surclassato dal piacere puramente morale di entrare al servizio di Midons, tuttavia non viene mai persa la prospettiva del tutto realistica dell’attrazione erotica per la Signora e della spe-ranza di riceverne i favori un giorno. Il culto del femminile, quindi, nella musica profana medievale ha un po-sto peculiare. Potremmo, senza cade-re in esagerazione, parlare di una nemmeno troppo sotterranea religio-ne del femminile, bizzarramente tolle-rata dal patriarcato cristiano. In fon-do, la Chiesa era sempre riuscita a ricondurre i culti non del tutto ortodos-si al suo servizio; culti tollerati proprio perché attiravano energie spirituali che il culto cristiano non poteva assor-bire se non declinandosi al di là delle apparenze verso sottili concessioni al paganesimo. Riconducendo a sé que-ste energie latenti, la Chiesa è riuscita a monopolizzare per i suoi fini politici le esigenze inconsce e collettive degli uomini medievali. Come Dama e come Madonna, come Piccola Dea, in fondo, la Donna è lodata in molte composizioni sacre e profane: la cultura cortese elevando la Donna agli altari, ha di certo anche tratto linfa dai culti della femminilità pre-cristiani, come il culto della Ma-donna ha tratto per la maggior parte ispirazione da quello isiaco della tarda antichità. Allo stesso tempo, proiettandosi nel futuro, la Dama provenzale diventerà in breve la Donna stilnovistica, la Beata Beatrix, il Femminile fonte di ispirazione, per arrivare senza soluzione di continuità all’epoca romantica e all’idea goe-thiana dell’Eterno Femminino.

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Inizia con questo articolo una nuova rubrica di Athame, andremo ad ogni numero a fare le “pulci” ad un paio di siti del panorama pagano italiano. È oramai qualche annetto che giro per la rete e negli ultimi due o tre anni i siti sulla Stregoneria e sulla Wicca si sono moltiplicati. Ricordo ancora quando, tre anni fa, se si digitava Wicca su un qualsiasi motore di ricerca forse si trovavano un paio di pagine con qualche sito sull’argomento, mentre ora non si finisce più di guardarli. Ma sono tutti “buoni” questi siti? Beh, ovviamente una recensione, che sia di un libro o di un sito internet, presuppone che si tratti dell’opinione personale di chi scrive, dunque ogni qualsivoglia giudizio è un parere individuale. Spero di non offendere alcuno con i miei giudizi, che non vogliono né esaltare né mettere in ridicolo il lavoro degli altri. Siate benedetti.

WitchWeb Rubrica a cura di Falco

Luce di strega

Andiamo quindi ad analizzare e recensire il sito Luce di Strega che si trova all’indirizzo www.lucedistrega.net, una grafi-ca accattivante cattura il lettore, ottima l’idea di fare una versione solo testuale più facile da navigare anche per chi ha una risoluzione inferiore rispetto a quella richiesta dal sito stesso. Si tratta del sito personale di Lae Stormwind: non è un sito wiccan, è più incentrato sulla Stregoneria e sul Paganesimo, nel manifesto l’autrice spiega chiaramente cosa riporta in questo sito e limpidamente avverte che si tratta di opinioni per-sonali legati in prevalenza ad una stregoneria tradizionale italiana. Il sito è fatto decisamente bene anche nei contenuti, varie sono le sezioni e le sottosezioni che compongono il sito, è pre-sente una pagina in cui viene spiegato il modo migliore per leggere le informazioni contenute. Nella sezione “Documenti” sono presenti vari articoli, molto interessanti, sulla storia di antiche popolazioni, sulla storia del paganesimo europeo, alcune curiose leggende sulle streghe e altri articoli riguardanti stregoneria moderna e antica. Nella sezione “Pratica” Lae Stormwind ha inserito un notevole numero di brani, tabelle e corrispondenze sulla pratica della magia popolare, da non perdere per chi si trova alle prime armi e a bisogno di un aiuto per iniziare. Un’elevata quantità di indicazioni librarie sono poste nella biblioteca del sito, non è comune nei siti internet italiani, salvo pochi, tro-vare delle indicazioni così precise. Pochi invece sono i siti segnalati tra i link, questo può anche voler dire che l’autrice ha scelto la qualità alla quantità, poiché molti sono i siti internet, ma pochi quelli ben fatti ed interessanti. Notevole la sezio-

ne “Rassegna Stampa”, in cui vengono riportati articoli di curiosità sulle streghe e sul paganesimo, oltre a molti altri più tecnici, trovati sulla stam-pa. Il sito fornisce anche ai lettori un servizio di Forum, ben moderato, e una chat aperta al pubblico, in modo da permettere, a chi lo desidera, uno scambio di idee e di esperienze. Tirando le somme posso affermare che si tratta, sicuramente, di un sito da non perdere, insomma uno di quelli da inserire nei preferiti e andare a rivedere, anche spesso, dato che ha aggiornamenti molto frequenti e sostanziali. Se dovessi dare le stelline, o meglio i pentagrammini d’oro, su una scala di cinque ne metterei cinque.

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Non solo Wicca Dopo un sito sul Paganesimo e sulla Stregoneria tradizionale, cercherò di recensire un sito di Wicca: per l’occasione ho scovato il sito di Sothis riesumandolo dai miei preferiti. Non è un sito di riferimento, anzi tutt’altro, la grafica è carina e semplice, alcuni effetti sono interessanti, i contenuti storici sono ricercati anche se in parte errati: si parla di non meno di 500 mila uccisioni di streghe o forse un milione, quando ormai sappiamo che il numero varia da 60 mila a 100 mila, ma questo è un errore comune di molti siti e libri. Nella sezione sulla Wicca gli argomenti sono i soliti, a parte un curioso arti-colo su “una dieta equilibrata”; le altre sezioni parlano di un po’ di tutto, dagli elementali ai chakra fino al Feng shui, passando per celti ed egizi, forse un miscuglio che può confondere, ma comunque argomenti non trattati con approfondi-menti specifici. Certo il nome del sito da un po’ di libertà in più a chi scrive, infatti si trova all’indirizzo www.nonsolowicca.it, il sito non è poi male, certo non dà molti spunti di riflessione, almeno dal mio punto di vista, però non è dei peggiori che io abbia mai visto: direi che un paio di pentagrammini e mezzo se li merita, anche per lo humor

Il Circolo dei Trivi in collaborazione con AFD organizza:

TEORIA E PRATICA DELLA WICCA

Scopo del Corso è quello di fornire una visione e una padronanza completa completa delle tecniche fondamentali della Wicca.

Martedì 20 aprile 2004 ore 21.00

I Incontro ingresso libero

Presso: AFD

Via Zuretti 50 Milano

Insegnanti:

Cronos (Davide Marrè): Presidente del Circolo dei Trivi e direttore della rivista di Wicca e Stregoneria “Athame”. Si occupa da anni di Wicca e di esoterismo, cultore della tradizione alexandriana e praticante delle tecniche sciamaniche, ha seguito inoltre i seminari di Phyllis Curott in Italia e il primo mini-witchcamp reclaiming italiano. Relatore sulla stroia della Wicca al II Convegno di Wicca e Stregoneria. E’ socio della International Pagan Federation ed è inoltre membro dell’Associazione Delphi per lo studio della psicologia, affiliata alla SICO (Società Italiana Counceling). Maurizia Merati: abbraccia la tradizione del Tempio di Ara. E’ stata organizzatrice e traduttrice per i seminari e i corsi tenuti da Phyllis Curott in Italia. Ha seguito i corsi di Lorena Menegoni sul Core Shamanism ed è praticante di Reiki di secondo livello. E’ un artista e nei suoi lavori trasfonde le sue esperienze nel cammino della Vecchia Religione, utilizzando i colori e le forme, come porte per comunicare con gli Dei e la Natura e come mezzo di guarigione spirituale. Gabriel: segretario e socio fondatore del Circolo dei Trivi e redattore di Athame. Si dedica allo studio della magia, delle religioni comparate e della mitologia, interessandosi in particolari agli aspetti filosofici e teorici dei vari sistemi magici ed iniziatici, sia orientali che occidentali. Da alcuni anni segue la via della Wicca, riferendosi in particolare alla tradizione alexandriana, ma sperimentando anche altre tradizioni. Elaphe: (Daniele Tronco): socio fondatore dell’Associazione Circolo de Trivi, redattore della rivista di Wicca e Stregoneria Athame. Si occupa attivamente di neopaganesimo, dal punto di vista storico e della pratica, da alcuni anni. E’ socio della Pagan Federation International, ha partecipato ai seminari di Phyllis Curott e al primo mini-witchcamp italiano (di tradizione Reclaiming). Si è interessato al Core Shamanis di Michael Harner. E’ un esperto astrologo e cartomante.

Programma: I incontro 20 aprile (ingresso libero) (a cura di Cronos, Gabriel, Elaphe, Maurizia): Introduzione alla Wicca: la via degli Dei II incontro 4 maggio (a cura di Cronos e Maurizia): Dalla concentrazione alla divinazione III incontro 18 maggio (a cura di Maurizia e Gabrio): La dimensione magica IV incontro 8 giugno (a cura di Maurizia e Gabrio): Costruire il tempio (I parte): Strumenti rituali e magia degli elementi V incontro 22 giugno(a cura di Cronos ed Elaphe): Costruire il tempio (II parte): Il cerchio e lo spazio sacro VI incontro 6 luglio(a cura di Cronos ed Elaphe): Il rituale VII incontro data eventuale da stabilire (facoltativo): Celebrazione collettiva

per informazioni ed iscrizioni chiamare:

AFD — Assistenza Formazione Didattica Tel 02-67490342

Oppure scrivere a [email protected]

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Friedrich Nietzsche in una delle sue prime opere, La Nascita della Tra-gedia, nel tentativo di comprendere l’arte greca e, in specifico, la genesi della tragedia, adopera due catego-rie interpretative che molto fortuna avranno nell’estetica successiva: l’apollineo ed il dionisiaco. Frantuman-do l’immagine neoclassica e romantica della Grecia antica come paradiso di perfezione formale e bellezza, regno incontrastato di Apollo, Nietzsche fiuta le tracce di un’oscura ango-scia senza nome, di un timore ser-peggiante, e riscopre al fondo dell’anima greca il selvaggio fre-mito di Dioniso.

Ho sopra riportato la citazione di una ben nota autrice Wiccan, Vivianne Crowley, esponente di punta della Tradizione Alexandriana. La sua Tradizione spic-ca, accanto a quella Gardneriana cui è molto simile, come una delle più “formali”, in un certo senso, all’interno dell’ampio panorama delle Tradizioni della Wicca, avendo incorporato svariati elementi di magia rituale. I nostri lettori senza dubbio ricorderan-no qualcosa del suo intervento alla Witchfest, di cui abbiamo riportato un sunto nello scorso numero. Eppure, nonostante il “formalismo” alexan-driano, la Crowley, dopo averci spie-gato che per molti popoli pagani il Nord era la direzione sacra, lo asso-cia all’oscurità, alla notte e all’inconscio, affermando recisamente che, all’opposto dell’altare cristiano,

orientato a Est, verso il Sole nascente, l’altare wiccan ha come asse di riferi-mento le tenebre e la fusione dell’inconscio – Dioniso e non Apollo, come per i cristiani.

Un’affermazione per me stuzzi-cante, che mi ha dato parecchio da pensare. Appena letta mi ha riportato alla mente un’identica posizione, so-stenuta da alcuni amici, Streghe e Stregoni, ad una certa cena in pizze-

r ia : la Wicca , s i d i s se i n quell’occasione, è ebbrezza dionisia-ca, è una religione dei sensi, orgiasti-ca, estatica. Ecco, rimango sempre un poco assorto e titubante, qualcosa non mi convince nell’esaltazione del dionisiaco a spese dell’apollineo. Pri-ma di spiegarvi i miei motivi – mi ren-do conto: strettamente personali - è bene però spendere qualche parola in più cercando di tratteggiare queste due opposte polarità.

Due piccoli chiarimenti preliminari. Le successive caratterizzazioni sono in parte tratte da Nietzsche e bisogna tener presente che gli attributi da lui associati ai due Dei, Apollo e Dioniso, vanno ben al di là delle caratterizza-zioni che ci riporta la mitologia. Inol-tre preciso che a Nietzsche non inte-ressa un’analisi storica o filologica,

ma gli interessa intuire, afferrare, cogliere quei principi, da intendersi come impulsi quasi biologici, e non come norme guida, che portano alla misteriosa nascita della tragedia, la più compiuta fra le opere d’arte, se-condo lui.

Apollo è un Dio solare, luminoso, chiaro. Ci viene presentato dalla sta-tuaria come un Dio bello, giovane, atletico – il suo corpo ben modellato

segue sempre linee armoniose, composte. Il richiamo alla statuaria non è casuale: Nie-tzsche ritiene che, fra le varie forme d’arte, quella in cui l’apollineo si manifesta con

più trasparenza sia proprio la scultu-ra – l’arte apollinea è un’arte di for-me, in cui non c’è nessun mistero, nes-sun angolo buio, tutto è lì, in superfi-cie, in un perfetto universo di equili-brio formale. Febo è il Dio di Delfi, del famoso oracolo che indicò in So-crate l’uomo più saggio, in Socrate, uno dei padri della filosofia. Questo elemento è importante per capire il contrasto fra apollineo e dionisiaco. Apollo è il Dio che colpisce da lonta-no, con l’arco dorato del Sole, è un Dio che non perde mai la bella par-venza, anche nel momento dell’ira, che non perde mai l’equilibrio, un Dio di moderazione e misura. Ecco il vero contrasto con l’ebbrezza dionisiaca: Apollo tiene tutto distinto, tutto è su-perficie, non c’è alcuna segreta con-nessione, tutto è equilibrio di parti

Per un monachesimo pagano La Wicca fra apollineo e dionisiaco

di Gabriel

“Le differenze nell’orientazione dell’altare fra la Wicca e il Cristianesimo riflettono le tendenze, rispettivamente, Dioni-siache e Apollinee: la religione della notte e la religione del giorno, dell’inconscio contrapposto al conscio.”

Wicca, V. Crowley, pag. 44

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che, per mantenere la loro bellezza, rimangono ben distinte, ordinate. A-pollo che colpisce a distanza, tiene anche a distanza, guarda con occhio distaccato, solare ma implacabile – lui, dice Nietzsche, è il Dio del princi-pium individuationis, quel principio filosofico per cui ogni cosa è quel che è, si mantiene distinta e separata dalle altre nella sua individualità. Il figlio di Latona è nemico di tutto quanto è scomposto, passionale, ec-cessivo.

Dioniso, all’estremo opposto, na-sce quando il principium individuationis vien meno. Laddove l’orrore e l’estasi si inseguono, dove le cose e gli essere viventi scivolano uno nell’altro, ecco c h e c o m p a r e D i o n i s o , D i o dell’ebbrezza. Direi che una delle più affascinanti presentazioni di questo Dio, con buona pace di Nietzsche, sta proprio in un tragediografo da lui odiato, Euripide, che nel suo Le Bac-canti, mostra Dioniso come Dio della follia, del teatro, della molteplicità, della falsità e dell’inganno, delle grida animalesche e del silenzio più profondo, un Dio che sfugge ad ogni categoria e logica umana, un Dio del Mistero; a differenza di Apollo, che è la fonte di ogni misura e ragione. Con Dioniso l’uomo, la natura, gli animali, le piante e persino le pietre si riconci-liano, tutto diventa vivo, danzante, si fonde in una mistica unità in cui ognu-no perde se stesso per ritrovarsi nell’unione indifferenziata della Natu-ra. Un nume frenetico, dunque, sel-vaggio, che ci fa immergere nei pia-ceri dei sensi fino all’estremo, senza limiti, fino a farci superare il confine dell’umano. L’arte dionisiaca suprema è la musica, in cui nulla è apparenza, ma solo un flusso poderoso e travol-gente di sentire e passione, un’arte che si abbatte su chi la ascolta e lo avvolge, annullando ogni distanza.

Veniamo ora alla Wicca e cerchia-mo di inquadrarla fra apollineo e dionisiaco.

L’elemento dionisiaco nella Wicca è forte. In primis c’è l’immanenza: la fusione e la comunione fra tutte le

cose e gli esseri è una buona caratteriz-zazione di immanenza, tratto distintivo del neopaganesimo in generale. Inoltre questa immanenza è specificamente radicata nella natura, nel mondo vege-tale e animale, ben più che nelle crea-zioni dell’uomo.

Sempre in questa linea di pensieri, ricordiamo quali sono i Volti che assu-mono il Dio e la Dea nella Stregoneria: il Dio Bicorne e la Grande Madre – la Wicca nasce e fiorisce come religione di fecondità, il suo perno è un simboli-smo sessuale, di unione fra maschile e femminile. Il Dio Bicorne è Signore dei Boschi, della danza, delle creature sel-vagge, è il Dio Cervo – difficile non avvicinarlo a Dioniso o non notare lo sguardo di sbieco che il raffinato Apol-lo lancia al nostro Kernunnos. La Gran-de Madre poi è Dea della nascita, del-la vita rigogliosa – ma ha anche un lato oscuro e tenebroso, come Dea della fusione primigenia, la Madre come sim-bolo della fusione indifferenziata dell’utero, Madre che non vuole lasciare andare il suo Figlio.

A questo si aggiunga il valore che la Wicca attribuisce ai sensi e ai piace-ri. Ogni buona celebrazione si conclude con un bel banchetto! Ben nota è anche la massima: gli Dei provano piacere quando noi proviamo piacere. La ses-sualità viene vissuta come elemento naturale, a volte persino sacro, sano, gioioso, in qualunque forma o modo si manifesti. La danza è parte integrante di molti Sabbat e molti Esbat, così come i viaggi sciamanici, le estasi, le trance, gli stati alterati di coscienza, il vino – insomma, la liturgia e la pratica sono tutte tempestate di connotati notturni e dionisiaci.

Legittima domanda, a questo punto: c’è spazio ancora per Apollo? Ovvia la risposta, per chi ha letto qualcuno dei miei articoli: certo che sì!

Innanzitutto la Wicca, pur essendo sorta come culto della fertilità, si è man mano trasformata, pur conservando il simbolismo sessuale, giustamente, come suo fondamento. Nel percorrere i sen-tieri degli antichi miti sono state incon-trate molti, troppi Dei che è impossibile

ricondurre ad una matrice dionisiaca. Li si lascia ad altri neopagani? Ma come non riconoscere la portata di queste forze modellatrici e spesso civilizzatrici? Che, diciamolo pure, Dioniso non è un campione della civil-tà, che nasce nel distacco dalla Natu-ra. Dioniso è essenziale per non di-menticare il nostro legame con la na-tura, ma se si vuole essere uomini, bisogna staccarsi da lui – l’uomo è tale perché non è immerso completa-mente nell’ambiente circostante, ma, in qualche misura, lo trascende e lo può plasmare: unico fra tutti gli ani-mali, l’uomo crea il suo ambiente.

Già la considerazione che gli Dei si danno in molti Volti, che mai esauri-scono la loro ricchezza, è un ben pre-ciso richiamo alla loro trascendenza, al distacco che c’è fra gli Dei e noi mortali – un limite, una misura che diviene anche massima morale: non dimentichiamoci il nostro posto, i nostri confini, non pecchiamo di tracotanza, di hybris. Il mondo sono gli Dei, ma gli Dei non sono il mondo, essi vanno ben al di là. Vogliamo anche accennare all’etica degli antichi, in particolare del paganesimo classico? Un’etica tutta umana, improntata al dominio delle passioni, alla compostezza, alla moderazione, alla verità, all’onestà, alla giustizia.

Inoltre la Wicca non è solo una religione di estasi mistica: come neo-Stregoneria è anche – e secondo il sottoscritto, soprattutto – una religione magica. Gli incantesimi, le tecniche, le visualizzazioni, la capacità di concen-trazione di manipolazione delle ener-gie: personalmente, probabilmente per formazione personale da magi-sta, sento in tutto ciò un forte spirito apollineo. Per la magia è senz’altro essenziale lo stato alterato di coscien-za e un certo trasporto passionale, ma perché il potere non ci sfugga di mano e venga debitamente indirizza-to serve anche polso fermo, volontà d’acciaio, controllo dei pensieri.

Qui mi scopro: mi considero un Wiccan, comprendo il valore dell’abbandonarsi, della sensualità,

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del rapimento estatico – ma in me agisce sempre anche un’altra tenden-za, il residuo di un’antica vocazione monastica. Rimango incantato di fron-t e a l l a d i s c i p l i n a f e r r e a , all’autocontrollo, al rigorismo etico, all’ascesi, studio con passione la ma-gia rituale e il mio amore per la filo-sofia non può di certo ricondursi sotto l’egida di Dioniso, non per il mio mo-do di fare filosofia. Questo articolo in fondo non vuole essere altro che uno schizzo paesaggistico, un breve diario di viaggio di una ricerca personale di conciliazione fra apollineo e dionisia-co, un’avventura per me non ancora conclusa.

Ho definito prima le due polarità come opposte, e Nietzsche stesso se-gue questa strada…ma sono opposti che si escludono o c’è una possibilità

di conciliazione? Anche il Dio e la Dea sono opposti, ma opposti complementa-ri, che nella loro tensione dinamica sono fonte di creatività, di nascita. E Apollo e Dioniso? Nietzsche che ci dice?

Facciamo dunque un passo avanti e arriviamo alla conclusione dell’articolo. Il buon Friedrich, non dimentichiamolo, ha tirato fuori i due Dei per render conto di quel che secondo lui è un affa-scinante enigma: il mistero della nascita della tragedia attica. La sua risoluzio-ne? La tragedia attica, somma forma d’arte, nasce proprio quando, per un miracolo della volontà ellenica, apolli-neo e dionisiaco si fondono, mantenen-do vivo però il loro contrasto: ed è sul filo dell’energia che si sprigiona da questo incredibile connubio, il distacca-to e solare Apollo e l’ebbro e notturno Dioniso fianco a fianco, che la gemma

dell’arte, la più alta fra le creazioni umane, viene alla luce.

Non so dirvi se sia possibile anco-ra oggi seguire la stessa strada, né dove essa conduca, né se vada bene per tutti o solo per alcuni. Insomma, per una volta non so dirvi granché. Ma questa è una via che ho intenzio-ne di battere sino in fondo, la via dell’equilibrio dinamico degli opposti, alla ricerca di un monachesimo paga-no, dionisiaco, per quanto ciò possa apparire contraddittorio. Se è un paradosso, probabilmente è vero, diceva un autore di qualche trattato di magia.

Speriamo!

Le Muse nella rete MailingList

http://it.groups.yahoo.com/group/lemusenellarete/

Le Muse, che hanno l’onore e l’orgoglio di accogliere tra i propri membri la grande Phyllis Curott, dialogano di Cultura, magia, Benessere e Gioia di vivere. Bene accetti articoli sulla Wicca, recensioni di film, opere teatrali, libri, di argomento esoterico e non, che arricchiscano il nostro “bagaglio” di viaggiatori sui percorsi magici.

Giornate di Magia per Bambini/e e Ragazzi/e dai 7 ai 14 Anni

Sono disponibile ad organizzare giornate o week-end a contatto con la natura, con gruppi di bambini/e e ragaz-

zi/e (con o senza la presenza dei rispettivi genitori) in cui praticare insieme la magia attraverso: - piccoli rituali; - attività di relazione con le 5 direzioni/elementi (est, aria – sud, fuoco – ovest, acqua – nord, terra – centro) e

con la Madre Terra. Il posto e le date sono da concordare con chi è interessato, comunque in primavera o durante l’estate. I costi saranno da definire in relazione alla consistenza numerica del gruppo, della durata e dell’agriturismo prescelto. Sono Annamaria (Colei che cammina nella notte); sono diplomata ISEF e in PSICOMOTRICITA’; insegno dal 1981 attività pratiche sul

corpo e con il corpo in situazioni espressive e/o ginniche; attualmente insegno principalmente (ma non solo) nella scuola media infe-riore. Seguo dal 1997 la tradizione Reclaiming; nel 2003 ho partecipato allo staff organizzativo del primo MINI-WITCHCAMP italiano (trad. Reclaiming) con ZOE RED BEAR e ho collaborato con lei nell’insegnamento.

Se sei interessato puoi contattarmi lasciando un recapito telefonico: C.I. AH7572928 FERMO POSTA – 23805 ROSSINO (LC).

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Introduzione La vita di tutti i giorni è caotica , e i ritmi che questa ci impone alle volte ci procurano una certa insoddisfazio-ne interiore . Svegliarsi tutte le mattine per andare al lavoro , e magari una volta che siamo arrivati in ufficio arrab-biarsi con il collega di turno perché qualcosa va sempre per come non dovrebbe andare . Insomma a questo si è ridotta la nostra quotidianità . Alle volte ci chiediamo se sia tutto qui ! Insomma ci deve essere qualcosa che vada oltre , e che ci possa anche procurare quel-la pace interiore che cerchiamo E’ sulla strada del ritorno a casa che ci accorgiamo che qualcosa riesce a darci quell’emozione Vera di cui abbiamo bisogno . Guardiamo gli alberi e le montagne , op-pure ci lasciamo “trasportare” guardando i fiumi e i ruscelli , qualcosa di ancestrale ci lega a tutto ciò . Nei giorni liberi cerchiamo di andare in quei posti che ci pos-sano fare dono di intense Emo-zioni , rimaniamo affascinati dai paesaggi e dalla Natura in gene-re . Nel Nostro animo torna a farsi viva quell’insoddisfazione quotidiana che si confronta con ciò che in quel momento stiamo provando, quasi co-me se una voce di natura spirituale ci chiedesse, che cosa è meglio per Noi? Certo , ad ogni modo non possiamo completamente abbandonare la vita in società , perché ormai siamo abi-

tuati a vivere secondo certi ritmi da cui difficilmente possiamo staccarci . Siamo così dipendenti da questo “sistema di cose” , ognuno di noi ha la “sua droga” dalla quale sembra im-possibile venir fuori ( possiamo defi-nirci come una sorta di tossicodipen-denti , solo che noi siamo dei “sistema

di cose-dipendenti” ) . Ma dopo tutto questo , rimane il fatto che Noi sentiamo nel Nostro interiore il richiamo della Natura , un certo risveglio che ci induce alla riflessione ! Come già detto , si tratta di qualcosa di ancestrale qualcosa che è così inti-mamente legato a noi che pur conti-nuando a vivere in questo “sistema di cose” non possiamo rinunciarci . In questo articolo , ovviamente tutto il

discorso è sviluppato dai presupposti della Stregoneria , e dunque e a que-sta che si vuol ricondurre quella certa insoddisfazione interiore . Ma che cosa è Stregoneria ? O meglio, come cominciare il proprio percorso verso questo tipo di Religiosità ?

Ci tengo a precisare , che ad ogni modo tutto ciò è profon-damente legato al sentire indi-viduale , e dunque ogni tipo di argomentazione che potrei suggerire deve per forza pas-sare sotto il filtro della propria sensibilità . In nessun libro pos-siamo trovare spiegato esatta-mente come cominciare , per-ché questo tipo di pratica de-ve essere sviluppato da Noi e dunque non vedo come io po-trei suggerire a un altro come accostarsi al Divino o alla Na-tura. Almeno questo è quello che io penso . In ogni sito inter-net e in ogni libro possiamo al massimo farci un’idea di come certe ritualità vengono a cre-arsi , ma siamo poi noi attra-verso la Nostra pratica che dobbiamo eseguire un Rituale che sia consono al Nostro senti-re .

Non esiste bibbia e non esiste vange-lo che possa sostituirsi al Nostro acco-starci al Divino e alla Natura , poiché siamo Noi il Tempio in cui dobbiamo riuscire a identificare e a saper leg-gere il Nostro Vangelo ! Nei prossimi passi ho cercato di spie-gare come iniziare e ho parlato an-che di questioni fortemente legate alla Strega stessa . Il tutto è affronta-to , partendo da quelle che sono le

Scoprirsi strega La pratica dell’Arte

di Upui

Non esiste bibbia e non esiste vangelo , che possa sostituirsi al Nostro accostarci al Divino e alla Natura , poiché siamo Noi STREGHE il Tempio in cui dobbiamo riu-

scire a identificare e a saper leggere il Nostro Vangelo !

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mie pratiche . Come ? Quale libro posso leggere per cono-scere e imparare la Stregoneria ? E’ questa la domanda che mi sento spesso rivolgere da quanti mi scrivo-no. Naturalmente, senza togliere nulla a nessuno, io penso che la “Stregoneria” non risieda in nessun libro, poiché si tratta di un qualcosa che riguarda l’individuo singolarmente e dunque è nel Nostro animo che dobbiamo ricercare le basi della Stregoneria che ci interessa . Ma non fraintendetemi! Non sto di-cendo che ogni ricerca che possiamo fare intorno le varie tradizioni strego-nesche , sia una ricerca vana e che non porti a nulla di costruttivo . Riten-go che sia importante cercare di ac-quisire informazioni dalle esperienze di coloro che ci hanno preceduto su questo percorso , al fine anche di poterle concretizzare o addirittura di cercare di eccellere sugli “insuccessi” di coloro che per l’appunto ci hanno preceduto . Ma sono sempre dell’opinione che la migliore pratica della Stregoneria sia quella che ci riguarda direttamente . E’ all’interno di Noi stessi che dob-biamo ricercare tutte le possibili infor-mazioni . Come? Dobbiamo cominciare a lasciarci “trasportare” dalle Nostre Emozioni . Possiamo cominciare a cercare una guida nella Natura che ci circonda , mi riferisco al contatto con gli “Spiriti Verdi” . Per fare questo ovviamente dobbia-mo recarci nel Bosco e cercare di en-trare in armonia con l’ambiente che ci circonda . Sia chiaro , io non sto di-cendo che questo sia un percorso bre-ve oppure che basti recarsi nei boschi per una settimana per entrare in con-tatto con le “Entità” . Certamente sulla base dei presupposti che “illustrerò” più avanti , mi sento anche in grado di garantirvi che anche in una mezza

giornata riuscirete a fare questo. Tanto per essere chiaro , in questa sede non ho certamente la presunzione di insegnarVi che cosa sia la Stregoneria . Anche perché in questo campo è impor-tante la componente soggettiva dell’individuo che si accosta alla Pratica . Dunque non si scappa , la Stregoneria risiede nel Nostro interiore . Se in que-sto campo non si è veramente portati è inutile cercare di andare avanti . Si tratta di una sorta di vocazione . Ma ad ogni modo se non si prova co-me possiamo scoprirlo ? Io ritengo che la “metodologia strego-nesca” sia un qualcosa anche di ogget-tivo , nel senso che la soggettività dell’individuo arriva fino a un certo punto e che oltre , la “ Pratica Strego-nesca” diventa riproducibile anche da terzi e con successo . Ritengo che tutto ciò possa servire come spunto di riflessione , e non ho la pretesa di esporre qualcosa di esausti-vo sull’argomento Stregoneria o Inizia-zione . Praticare l’ARTE ( Stregoneria )! Tralasciando tutto l’aspetto teorico e storico per quanto riguarda Stregone-ria , viene il momento in cui dobbiamo mettere in pratica ciò che sentiamo! I Rituali di una Strega sono l’aspetto concreto della Sua operatività , ma giustamente ci si può chiedere il motivo di questo aspetto pratico: perché “praticare l’ARTE” ? Ho diviso il Rituale in tre “categorie” ( le tre “D” ) , elaborando delle defini-zioni allo scopo anche di voler chiarire i presupposti con cui iniziare . I Rituali si dividono in tre diverse categorie : Rituale di , Devozione , Divinazione , Destinazione ,

RITUALE DI DEVOZIONE ( o di Ado-razione ) : Per i Rituali di “Devozione” esistono in commercio tutta una serie di testi , che arrivano a spiegare come esegui-re i Rituali descrivendo l’impiego dei vari strumenti . Possiamo trovare in questi testi delle dettagliate descri-zioni delle varie festività e di come celebrarle sulla base del loro signifi-cato più profondo .Per coloro che si accostano per la prima volta alla pratica , tutto ciò può rappresentare un modello di Rituale a cui rifarsi. Ma per una “elaborazione” più pro-fonda del senso che ci dovrebbe es-sere in un Rituale, dal mio punto di vista ritengo che tali descrizioni siano superflue ( datemi il tempo di spiega-re ) . E’ sicuramente importante tenere bene a mente il significato intrinseco di Yule o di Samhain e delle festività in gene-re e non perdere di vista il ruolo che il Divino gioca in queste celebrazioni . Ma nel pensare che tutte le descrizio-ni dei Rituali siano superflue intende-vo semplicemente dire che dal punto di vista della Nostra Spiritualità sog-gettiva qualsiasi influenza e pratica esterna non sono affatto necessarie. Nel Nostro rapporto con il Divino non dovrebbe contare poi molto qualsiasi influenza esterna . Le preghiere e le invocazioni sono una questione che ci riguarda direttamente e dunque nulla deve interferire in quella “possibilità” spirituale che ci fornisce l’energia giusta per poter elaborare da Noi i Rituali e le preghiere . In molti testi si consiglia di disporre l’altare in un certo modo o con parti-colari strumenti consacrati e disposti ora a nord e ora a ovest! Ma perché tutto questo ? Perché in un Rituale personale che riguarda in particolare la mia “devozione” al Divino non pos-so mettere quel particolare attrezzo a est ? A t t e n z i o n e , i o c r e d o c h e l’affermazione “ è questo il modo di

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procedere “ non dovrebbe esistere in un Rituale personale . Nessuno può dettare regole nel mio rapporto con gli Dei e sono libero di praticare ed esercitare nella maniera che mi è più consona ! Dopo questo discorso ci tengo a sotto-lineare che non è mia intenzione “demonizzare” gli scritti che riguarda-no l’esecuzione dei Rituali , se qualche lettore ritiene che nella sua pratica personale si vuol rifare a spiegazioni di terzi è liberissimo di farlo . In que-sto capitolo sto semplicemente dicen-do che vige la più totale libertà per quanto riguarda l’esecuzione dei Ri-tuali . RITUALE DI DIVINAZIONE : Qui entriamo in una sfera soggettiva e per quanto riguarda il Rituale di Divinazione, il praticante è libero di esercitare sulla base dello scopo fina-le del rituale che si propone di ese-guire ! La pratica della Stregoneria non è solamente celebrare i vari sabba

seguendo il calen-dario e in questo modo cercare il contatto con il Divi-no , ma esistono anche dei Rituali attraverso cui il praticante può rag-giungere una com-pleta comprensione di ciò che alla fin fine lo lega appun-to alla Stregoneria (questa intesa come pratica della Ma-gia). Dal mio punto di vista forse si tende a fare troppa confusione su ciò che è Paganesimo e ciò che è Stregoneria , ma queste sono considerazioni che necessiterebbero di un chiarimento una

volta per tutte . Ovviamente in questo momento sto par-lando dal punto di vista di quello che mi compete in prima persona. Nei miei Rituali di Divinazione per esempio sto cercando di ricostruire sempre più la mia precedente reincarnazione, utiliz-zando per questo scopo il mio persona-le “Cerchio Sacro” . In questo spazio riesco, attraverso delle specifiche metodologie di rilassamento e concentrazione, a oltrepassare la “nebula del tempo“! In questo momento il lettore si chiederà certamente di che cosa io stia esatta-mente parlando e anche che cosa io intenda dire con l’espressione “nebula del tempo” . In questa pratica mi inte-ressa oltrepassare la barriera tempo-rale per ricostruire la mia vita prece-dente , e in questa “operazione” sono coinvolti gli Spiriti con cui io opero . Il Rituale di Divinazione in pratica è scol-legato dal Rituale che ho descritto so-pra , poiché l’oggetto principale dello scopo di questo Rituale non è la Divinità , ma riguarda la Nostra vita oppure la vita di quelle persone che possono ri-volgersi a Noi (intendo anche per un

probabile consulto). RITUALE DI DESTINAZIONE : Questi Rituali che io definisco di de-stinazione, riguardano quelle pratiche che sono connesse all’utilizzo di ener-gie aventi lo scopo di proteggere o di difendersi da “realtà ostili”! Utiliz-zare specifiche “energie” da destina-re al mittente… Ovviamente l’etica con cui muoversi in queste realtà è sempre connessa alla coscienza di chi riesce a smuoverle. Anche per quanto riguarda queste pratiche esistono tutta una serie di libri e documentazione che arrivano a spiegare fin nei minimi dettagli le pratiche . Come ho fatto finora per i punti che ho esposto anche per questo tipo di Ritualità ci si dovrebbe rifare al pro-prio sentire . La Strega o l’individuo che si accosta alla Magia possiede in se tutte quelle facoltà che gli permettono di entrare in sintonia con “energie” e “Spiriti” . Personalmente ho già avuto modo di attuare dei diversi tipi di “Rituale di Destinazione”! In diversi frangenti e insieme con un mio Fratello, siamo riusciti a sprigionare delle particolari energie che dovevano difendere un luogo alberato dall’imminente distru-zione . Abbiamo anche avuto modo di con-statare direttamente l’efficacia di tale Rituale perché improvvisamente una certa mano invisibile si è adoperata in soccorso di tale luogo alberato (tutt’ora il luogo è protetto e nessuno si può avvicinare ad esso). In un altro caso ho attuato un preciso Rituale di Destinazione per respingere le energie negative che percepivo provenire da un “luogo” ben definito . E’ stato durante un mio viaggio a Triora che ho pensato di attuare que-sto Rituale e in questo modo proteg-germi da questa Situazione .

Ragione e Istintività Diversità di approccio alla pratica

della Stregoneria

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Viviamo in una società materialista e dove tutto appare schematizzato . Per certi versi è uno stile di vita che ci porta travisare la realtà fino a farci credere che non vi possa essere alcu-no spazio per nessun tipo di Religiosi-tà . A tutto deve esserci una spiegazione scientifica (cioè materialista), e l’essere umano sembra aver dimenti-cato quello strumento indispensabile che gli può consentire un approccio diverso alla realtà che lo circonda : il fattore istintivo e soggettivo! In questo contesto di “materialismo scientifico”, tematiche importanti come reincarnazione o magia vengono eva-se in maniera frettolosa o relegate nell’ambito della fantasia e della superstizione. Tutto il tentativo spiri-tuale dell’uomo di emergere dalla sua storia sembra un’utopia quando si osserva lo stile di vita della società che si è costruita da questa storia . Anche la religione delle Streghe il più delle volte è affrontata sotto un a-spetto tipicamente folkrostico o cultu-rale . Gli studi storici e antropologici ci spiegano che la Stregoneria non è altro che il risultato di secoli di intolle-ranza e persecuzioni in cui la Donna essendo il “soggetto più debole” è finita con il fare la parte della Strega ! Per certi versi si tende ad far diventa-re la Strega come il “prodotto” di secoli di incomprensione o di ignoran-za , e dunque proprio per il fatto che sia nata come conseguenza di questa intolleranza secolare , tutto quello che è la Stregoneria come “pratica della Magia” viene relegato in ambito di fideismo medievale . La magia non esiste è solo superstizio-ne popolare, come mi sono sentito rispondere da qualcuno . Analizzando gli scritti di questi stu-diosi mi sono sempre accorto di come in queste loro analisi si dimentichino sempre di considerare la Realtà del ruolo che certe energie naturali eser-citano nell’operato di una Strega (o

di chiunque si accosti a questo tipo di pratica). A mio avviso bisognerebbe saper fare una distinzione tra la Stregoneria come conseguenza dell’intolleranza della chiesa nei confronti della Donna e la pratica della Stregoneria come utilizzo di determinate energie naturali a cui l’essere umano (uomo o donna) è in grado di pervenire accostandosi alla Natura e al Divino che in questa si ri-specchia . Tutta la moderna erboristeria esiste grazie alle pratiche di Stregoneria che hanno portato degli individui ad acco-starsi all’utilizzo delle erbe come pro-prietà curativa. Allo stesso modo la moderna chimica deve molto alle prati-che di alchimia che miravano alla crea-zione della pietra filosofale. Mi interessa sottolineare il fatto che, malgrado la nostra ragione ormai si sia fatta influenzare da una certa tenden-za a razionalizzare l’approccio alle varie questioni, non si dovrebbe scarta-re la possibilità reale che la soggettivi-tà umana possa realmente percepire mondi non verificabili con altre metodo-logie. La nostra ragione tende sempre a porci un freno in pratiche che nel mondo di oggi si continua a definire come frutto di ignoranza e superstizione. Alle volte non si riesce proprio perché la nostra ragione ci dice che è impossibile riusci-re, è impossibile percepire l’essenza profonda di un albero perché il solo suo utilizzo è finalizzato alla costruzio-ne di un comodino . Ho cominciato il mio percorso deciden-do di non ascoltare la ragione che mi porta a scartare la presenza di realtà profonde. Forse il mio passato nell’ambito della cristianità mi ha molto aiutato in questo, proprio perché pro-vengo già da un contesto di fede. Ho sempre ascoltato quella Voce che è possibile percepire nel nostro interiore. Sulla base di questa istintività ho comin-ciato a vivere tutta una serie di espe-rienze fidandomi ciecamente di quella voce che mi accompagnava in tutto ciò. Un “Viaggio Astrale” è stato fondamen-

tale ai fini del mio “risveglio interiore” e già parlare di questo e quindi ac-cettarne l’eventualità per me rappre-senta una conquista non indifferente . Ho cominciato a percepire in un modo gradualmente sempre più completo delle “Entità di Natura” che mi spie-gavano molte cose e mi ispiravano nelle mie varie creazioni artistiche . Mi sono affidato completamente a tutte quelle sensazioni del momento che stavo vivendo. Tutto ciò era interessante, comprende-vo che solamente attraverso quell’approccio istintivo sarei potuto giungere alla padronanza di tutto ciò che mi riguardava . Comprendevo l’importanza di quello “strumento” che avevo a disposizione poiché vi era da un lato la ragione che mi diceva che tutto ciò non poteva verificarsi e dall’altra la Realtà che grazie a questa istintività avevo mo-do di provare e analizzare. Provare e riprovare, uno “strumento” che fun-zionava…. Ho capito che la ragione serve solo a farmi capire che quando vado a com-prare del cibo, è giusto pagare per quanto mi viene richiesto di pagare, ma per tutto quello che riguarda il mio approccio al Divino e alla Magia preferisco seguire il mio istinto . Mi lascio trasportare dalle mie sensa-zioni del momento perché ho avuto modo di realizzare concretamente la mia pratica in espressione Artistica e perché attraverso ciò ho sempre potu-to percepire il Divino. Per terminare queste mie considera-zioni relative alla pratica dell’ARTE , ribadisco l’opinabilità delle mie rifles-sioni e mi metto a disposizione del lettore che intenda comunicarmi una sua precisa metodologia .

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