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1 ANNO VIII n. 1 - Maggio 2016 ATC informa ATC RC-1 | Via Caserma Borrace, 67 | 89122 Reggio Calabria | Tel. 0965/814015 Fax 0965/327890 | e-mail: [email protected] (periodicità quadrimestrale. Periodico tecnico-venatorio-ambientale - Autorizzazione Tribunale di Reggio Calabria n. 13-05 del 24-10-05 Ci vuole coraggio Un piccolo calibro Aspromonte dal tirreno allo jonio I superpoteri del piccione Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 2 e 3, Aut: ATSUD/RC/393/04.2015;

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ANNO VIII n. 1 - Maggio 2016

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(periodicità quadrimestrale. Periodico tecnico-venatorio-ambientale - Autorizzazione Tribunale di Reggio Calabria n. 13-05 del 24-10-05

Ci vuole coraggio

Un piccolo calibro

Aspromonte daltirreno allo jonioI superpoteridel piccione

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Punto e a capo

Ci vuole coraggiodi Giorgio Panuccio

Il consiglio regionale della tosca-na, ha approvato di recente una legge proposta dal Pd che auto-rizza gli abbattimenti straordina-ri degli ungulati (cinghiali, daini, caprioli) che nei boschi della To-scana, avrebbero ormai superato la cifra di 200mila esemplari.Per comprendere meglio i nu-meri, è giusto che si sappia che in toscana vi è una densità di ungulati quattro volte superiore alla media nazionale e gli inci-denti stradali provocati da que-sti animali dai duecento l’anno del 2013 sono passati a quasi mille di oggi, considerando inoltre che la regione rimborsa ogni anno circa 2,5 milioni di euro di danni agli agricoltori.Di fronte a questa emergenza, bisognava fare qualcosa. E’ così è stato predisposto un piano per diminuire l’aumento degli ungu-lati, previsto dalla legge, studiato in collaborazione con l’Ispra, l’I-stituto superiore per la protezio-ne e la ricerca ambientale.

Il piano riguarda circa 150mila animali da abbattere in tre anni, di cui solo 20mila sono caprioli. Quindi è evidente che è il cinghiale il vero obiettivo da ridimensionare.Naturalmente non potevano mancare le proteste dei “profes-sionisti del no”, un coro unani-me di animalisti, ambientalisti ed intellettuali da salotto, contro questa legge, “ammazzacinghia-li” da loro ribattezzata. Puntuali, come un orologio svizzero, per dire no a questa legge disastro, che nelle loro dichiarazioni, au-torizza una fucilazione di massa, in favore dei cacciatori.Come sempre dicono no, ma si guardano bene dal proporre so-luzioni alternative, si crogiolano nelle loro posizioni protezioni-stiche estreme, ma non dicono come affrontare il problema. Ma, oltre al prelievo controllato, dove il cacciatore diventa il mez-zo ma non il fine di questa legge, cosa avrebbero potuto proporre? forse la distribuzione di profilat-tici o l’uso della pillola del giorno dopo per controllarne le nascite? oppure la cattura degli ungulati ed il loro trasferimento presso un isola deserta? o forse, come qual-che animalista ha balbettato, con la reintroduzione di predatori che contribuisca a ristabilire l’equili-brio naturale, (questa poi sarebbe una toppa peggiore del buco). Provare a ricomporre un equili-brio naturale è un dovere, e dob-biamo farlo con gli strumenti che abbiamo, la caccia di selezione è uno di questi, ed è il più eco-nomico per la collettività. Non dimentichiamo che la caccia assolve anche ad una funzione pubblica, poiché l’attività ve-

Componenti Comitato di gestione

Arcieri Salvatore ColdirettiBarbaro Giuseppe ConfagricolturaBarbera Paolo ColdirettiBarca Antonio Associazione

AmbientalistaBenedetto Giuseppe CIACiulla Andrea Associazione

AmbientalistaDelfino Francesco Domenico E.P.S.Fedele Domenico Unione Nazionale

EnalcacciaIero Domenico FedercacciaInsana Massimo A.N.L.C.Laganà Concetto A.N.C.I.Pansera Domenico ProvinciaPanuccio Giorgio ProvinciaPassalia Alessadro CopagriPolimeni Francesco Associazione

AmbientalistaPolimeni Marco Francesco A.N.C.I.Politi Angelo ConfagricolturaSiciliano Carmelo Associazione

AmbientalistaSpoleti Francesco Arci Caccia

Comitato

Presidente Laganà Concetto A.N.C.I.Vice Presidente Siciliano Carmelo Associazione

AmbientalistaVice Presidente Insana Massimo A.N.L.C.Segretario Iero Domenico FedercacciaComponete Arcieri Salvatore Coldiretti

Commissioni

1° COMMISSIONEProgetto di miglioramenti ambientali

con finalità faunistiche

Arcieri SalvatoreBarbera PaoloBenedetto GiuseppeCiulla AndreaPansera DomenicoPassalia Alessandro (vice-coordinatore)Politi Angelo (coordinatore)Spoleti Francesco

2° COMMISSIONEGestione fauna

Arcieri Salvatore (vice-coordinatore)Barca AntonioCiulla AndreaFedele DomenicoInsana MassimoPansera Domenico (coordinatore)

3° COMMISSIONEBanca dati terriotirali

Barbaro GiuseppeCiulla Andrea (vice-coordinatore)Iero DomenicoPolimeni FrancescoPolimeni Marco (coordinatore)

4° COMMISSIONEInformazione e formazione

Fedele DomenicoIero Domenico (vice-coordinatore)Panuccio Giorgio (coordinatore)Siciliano Carmelo

Revisori dei Conti

Dott. Cosimo Forgione (Presidente)Dott. Consolato Mesiano (Componente)Dott.ssa Mariangela Capua (Componente)

Revisori dei Conti supplenti

Dott. Domenico InusoGaetano Stuppino

Direttore ResponsabileMassimo Calabrò

Redazione ATC RC1 - Via Caserma Borrace, 67 - 89122 Reggio Calalabria

Hanno collaborato alla redazione di questo numero:Leandro Branca; Antonino Falcomatà; Domenico Iero; Domenico Pansera; Giorgio Panuccio; Carlo Rizzini; Francesco Spoleti.

Grafica, stampa e spedizione:DEL GALLO EDITORI D.G.E.Green Printing s.r.l.delgalloeditori.comZ.I. Loc. S. Chiodo, Via dei Tornitori, 7 06049 Spoleto (Pg)Tel. 0743 778383 Fax 0743 778384

ANNO VIII n. 1 - Maggio 2016

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(periodicità quadrimestrale. Periodico tecnico-venatorio-ambientale Autorizzazione Tribunale di Reggio Calabria n. 13-05 del 24-10-05

natoria è una concessione dello Stato finalizzata alla conserva-zione dell’equilibrio della natura. Nell’ambito di questa attività, il prelievo venatorio è indiscutibil-mente uno strumento utile.Questa legge, voluta con corag-gio (visti i tempi) dalla regio-ne toscana, è dalla parte degli agricoltori, e non dei cacciatori, come gli animalisti vogliono far credere all’opinione pubblica. Inoltre questa legge propone di creare una filiera alimentare ad hoc, così sui banchi dei super-mercati si troverebbe carne col marchio della Regione, quindi un problema che viene trasfor-mato in risorsa.Ecco perchè ci vuole coraggio, per chi fino ad oggi non ha avuto coraggio, questo sia un monito e allo stesso tempo uno stimolo per le altre regioni italiane che hanno lo stesso problema, ma che non l’affrontano per timore degli attacchi mediatici del mon-do animal/ambientalista.Un plauso va quindi alla regio-ne toscana, che attraverso questa legge si è garantita un “taglian-do” annuale per valutare esiti ed effetti che gli consentano di pro-porzionare la presenza degli un-gulati alle diverse caratteristiche del territorio regionale. Tutto ciò per garantire sia la conservazione delle specie autoctone nelle aree ad esse riservate, sia la conser-vazione delle attività antropiche e dei valori ambientali tipici del paesaggio rurale regionale, nelle altre aree.Quindi spiace pensare che gli animal/ambientalisti si preoc-cupano solo dei cinghiali e non delle condizioni degli agricoltori e dei cittadini toscani.

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Un piccolo calibro per un grande gestodi Carlo Rizzini

Usare il piccolo calibro e’ roba da intenditori, e’ come suona-re un violino Stradivari. La sua musica si recepisce e si diffonde nel nostro cuore. E’ una sensa-zione unica riservata a tutti co-loro che si vogliono avvicinare a questa nuova filosofia degli anni 2016 in poi. Il club del .410 di Carlo Rizzini e’ nato per una immensa richie-sta da parte di migliaia di italia-ni e di altri cacciatori europei, di andare a caccia in questa nuova ottica e filosofia, dove al peso del carniere viene dato ampio spazio alle soddisfazioni. Fare bersaglio

con solo 18 grammi circa, maga-ri assieme ad altri amici di caccia che stanno usando il cosiddetto “trombone in cal 12”, e riusci-re nell’evento penso che sia una soddisfazione immensa.Non si hanno date certe per la nascita (trasformazione) di que-sto calibro, sicuramente e’ inco-minciato a diventare un po’ po-polare negli Stati Uniti a partire dal 1900 circa. Veniva usato ed avviene tutt’ora, come fucile per far apprendere ai figli l’arte dello sparare diritto. Difatti con solo (originariamente caricava 14 grammi di pallini) i 18 grammi

attuali, rende possibile praticare con i piattelli in maniera molto vicina ai calibri maggiori abi-tuando i neofiti a soppesare bene prima di premere il grilletto.E’ stato chiamato .410 perche’ vuol dire che il diametro della canna e’ 0.410 di pollice, cioe’ 10.4 millimetri. Il calibro 36, suo gemello, sono invece il nu-mero delle sfere di pari diametro che si possono ricavare da una libbra di piombo, in questo caso sono 36 del diametro di 10.4 millimetri. Due diverse classifi-cazioni per lo stesso calibro. La differenza sostanziale invece e’

che il .410 usa cartucce di 76mm (3 Pollici) di lunghezza mentre il 36 usa cartucce normali lunghe 60-62 millimetri.Balisticamente parlando e rife-rendomi all’esperienza avuta un po’ il tutto il mondo su animali diversi dalla grossa oca Cana-dese al piccolo Beccaccino, io lo considero piu’ micidiale di qual-siasi altro calibro esistente. La maggiore pressione che svilup-pano le cartucce, circa 900 bar mentre per i calibri normali e’ 600 circa, la scelta delle strozza-ture che dovranno essere realiz-zate in modo che la maggior par-te dei pallini sia concentrata nei 30 cm di diametro e logicamente una precisione estrema del tira-tore, a mio modesto avviso lo rendono “more challenging” che dei fratelli maggiori. C’e’ solo da tenere conto degli anti-cipi per chi usa cartucce di vec-chio stampo, in quanto il .410 essendo un calibro magnum ed usando polveri a combustione un po’ piu’ lenta, la velocita’ di sucita della rosata e’ inferiore di un 10% rispetto ai calibri tradi-zionali. Per le cartucce di nuova generazione invece non c’e’ dif-ferenza di velocita’.L’Associazione si propone le se-guenti finalità:Operare per la promozione e la divulgazione in Italia e all’estero della caccia sportiva con il fuci-le calibro 410 e, più in generale, con l’impiego di armi, calibri e metodiche intese a riequilibrare il rapporto tra cacciatore e selva-tico e che rendano più nobile ed appagante il prelievo della sel-vaggina; operare per l’afferma-zione di una cultura venatoria qualitativa e non quantitativa, disinteressata al raggiungimento del carniere ma invece tesa a va-lorizzare l’impegno e la passione del cacciatore e del suo ausiliare;

coltivare e promuovere l’interes-se, la conoscenza ed il rispetto del contesto naturale, culturale e sociale in cui si pratica la caccia con particolare attenzione sia alla sostenibilità ambientale che al profilo etico, estetico e didatti-co dell’esercizio venatorio;Promuovere e realizzare ogni iniziativa, manifestazione, even-to tesi a promuovere le finalità di cui al capoverso che precede, in particolare organizzando oc-casioni di incontro tra i caccia-tori per la divulgazione e condi-visione dei predetti valori;allacciare ed intrattenere rap-porti con altre associazioni ve-natorie anche settoriali (e sem-plificativamente dedicate alla cinofilia ed al tiro sportivo) ita-liane ed estere sempre al fine di divulgare e condividere i valori del sodalizio.Codice etico:La nostra parola d’ordine sarà “etica venatoria”, dall’abbiglia-mento, alla caccia, al rispetto degli animali che andremo cac-ciare, al piccolo calibro che an-dremo ad usare, a tutto quello che ci renderà sempre più vicino alla natura ma con il massimo rispettoTutto e’ cominciato qualche anno fa’ quando mio figlio Alberto, mi propose di passare ad un picco-lo calibro in quanto ormai con il cal 12, non ci trovavo piu’ sod-disfazione. Cosi’ abbiamo detto perche’ non il piu’ piccolo? Agli inizi e’ stata veramente una sfida che ci ha impegnato in prove e sperimentazioni a lungo.Un bel giorno sono stato contat-tato da un’azienda armiera della Val Trompia a Brescia, abbiamo congiunto tutte le mie esperienze di caccia nel mondo ed abbiamo messo a punto un’arma decisa-mente micidiale sotto l’aspetto della balistica: distribuzione ro-

sata, forza di penetrazione, rosa-ta molto stretta anche a lunghe distanze. Abbiamo trovato un grande appoggio dalle case pro-duttrici di cartucce, le quali si e’ subito messa a disposizione per migliorare la velocita’ della car-tucce e il killing power.Dopo diversi test fatti su diversi tipi di animali, abbiamo concor-dato che la lunghezza delle can-ne ideale per fare un po’ tutte le cacce e’ di cm 71, il motivo prin-cipale e’ che a 71 cm si e’ com-pletante sicuri che tutta la polve-re, almeno per le cartucce usa-te per i test, e’ completamente bruciata e raggiunge la massima forza di penetrazione. I vecchi testi di balistica inglese vedono questa soglia a 380 metri sec, il che vuol dire che i pallini rilasce-ranno tutte la loro energia con questa velocita’ ottimale.Per le strozzature poi, abbiamo optato per 2 stelle di prima can-na ed una stella di seconda, per chi vorra’ fare le caccie con di-stanze superiori ai 30 mt., mente 3 stelle modificata ed una stella per chi fara’ le classiche caccie con il cane con tiri dai 10 ai 30 metri.Un’altro importante segreto per chi vuole avvicinarsi al .410 e’ che il calcio deve esser fatto su misura. Difatti bastano pochi millimetri di differenza e la pic-cola rosata rimarra’ fuori ber-saglio. Poi dal 2015 attraverso il ns club abbiamo incominciato ad organizzare eventi per raccoglie-re fondi da donare solo ed esclu-sivamente a bambini Italiani che necessitano di aiuto economico. Siamo i primi anche in questo settore, aiutare chi ne ha piu’ di bisogno.Vi aspetto numerosi nel nostro Club e divulgate la nostra filo-sofia.

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Anche il fido prova empatia: dimostrato il contagio emotivo dei caniIl mondo animale non smette mai di sorprenderci, un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa ha pubblicato uno studio che dimostra che anche i cani provano empatia proprio come gli umani

di Giorgio Panuccio

Ancora una volta potremmo trovarci di fronte alla sco-perta che siamo più simili ad altri animali sociali di quanto non vorremmo credere e numerosi sono i poten-ziali sviluppi di questo studio promosso dagli etologi del Museo di Storia Naturale dell’Ateneo pisano, che è stato pubblicato sulla rivista della Royal Society bri-tannica. I migliori amici dell’uomo provano davvero empatia. Lo dice una ricerca che ha dimostrato per la prima volta che anche i cani hanno un “contagio emotivo”. Non solo gli esseri umani e le scimmie antropomorfe, dunque, hanno una reazione involontaria, automatica e rapidissima alla mimica facciale dei propri simili.I ricercatori sono partiti dall’analisi del comportamento dei cani durante il gioco, prendendo in considerazione sia la mimica facciale con bocca socchiusa e rilassata, sia quella corporea con inchino giocoso.La risposta involontaria del cane alla gestualità facciale

e corporea di un proprio simile esiste ed è rapida quanto quella umana, ma non solo: le sessioni di gioco in cui la mimica facciale e corporea erano più frequenti era-no anche quelle di maggior durata e se a giocare erano cani ‘amici’ la mimica facciale era ancora più marcata. La capacità di leggere attraverso il corpo e la ‘faccia’ le emozioni altrui e di rispondere in modo appropriato è alla base dell’evoluzione del comportamento prosociale e dell’altruismo, alla base cioè di quei comportamenti che vengono catalogati come empatici.In futuro si spera di poter studiare la mimica anche nel lupo per capire quanto questo fenomeno sia frutto del processo di domesticazione o sia invece radicato nell’e-voluzione della comunicazione emotiva dei carnivori so-ciali. Se così fosse si aprirebbero infinite linee di ricerca e di sicuro le risposte potrebbero farci scoprire molto sulla capacità di condivisione delle emozioni negli altri anima-li, oltre che sulle nostre.

L’emozione del confronto faccia a faccia con un animale intelligente e scaltro come il cinghiale è l’essenza di ogni battuta di cacciadi Francesco Spoleti

Condividere una passione

“Solanoti” e “Regina”: due squadre, due diverse realtà, ma un’unica grande passione. Era da tempo nell’aria l’idea di condividere insieme una meravigliosa giornata all’insegna del divertimento…finalmente il momento è giunto! La giornata è trascorsa magnificamente, lascian-do spazio anche ai ricordi: aneddoti, racconti, esperienze e consigli di chi ci ha preceduto che hanno lasciato segni indelebili nella nostra cultura. È stata un’occasione di crescita per i giovani cacciatori, che hanno potuto tocca-re con mano l’unione, l’amicizia e il rispetto che i vetera-ni della caccia al cinghiale reciprocamente si scambiano. Tante le nuove leve che compongono e sostengono le squadre, impegnate in vari ruoli: dai battitori a coloro i quali hanno il compito di raggiungere le postazioni più faticose. La forza e l’energia dei giovani combinata all’e-sperienza degli esperti dell’arte venatoria in discussione, sono il giusto mix per la massima efficienza delle battute di caccia. Tra gli altri, è impossibile non citare Gaeta-no Santo, Melo Moio, Giuseppe Bueti, Nato Ciccone, Sergio Santoro, Giuseppe Oliveri, Giuseppe Nocera, Pa-squale Bueti e Nino Favano.Proposte per la gestione di questa cacciaCiò che oggi risulta indispensabile è che il tecnico fauni-sta gestisca le regole all’interno del territorio agro-silvo-pastorale compreso nel nostro ATC RC1. La presenza di numerose squadre presenti nella stessa area, rende difficile la gestione della stessa, generando così una con-fusione tale da renderne impossibile il controllo. Si con-siglia pertanto una stretta collaborazione tra il tecnico faunista, l’ATC RC1 e i capi squadra, in maniera tale da fornire le giuste indicazioni per trovare un corretto equi-

librio tra squadre-territorio-fauna. È la mentalità, però, la prima cosa che deve mutare…il fatto di aver cacciato sempre in un determinato territorio, non significa diven-tarne i proprietari a vita. Ogni cacciatore che risiede nel territorio dell’atc, ha diritto in egual misura a praticare la propria passione. I suggerimenti per il controllo del territorio:

- Esaminare la zona di residenza di ogni squadra- Rotazione delle squadre della medesima area- Possibilità di unificazione di 2 o più squadre

È fondamentale rivedere la zonizzazione, in quanto le mappe di alcune squadre si sovrappongono con altre.Far gestione oculata del cinghiale non significa necessa-riamente impegnarsi per esclusivo amor di carniere, ma adoperarsi per un fine più ampio, con un occhio al ter-ritorio e uno all’ambiente, con particolare attenzione al numero di cinghiali presenti. L’impegno degli atc è inol-tre quello di responsabilizzare le squadre affinchè siano in grado di saper governare il territorio relazionandosi con le istituzioni. Bisogna necessariamente intervenire sul regolamento delle colture a perdere in modo tale da permettere ai cacciatori di agire anche in piccoli appez-zamenti di terreno, così da impedire ai cinghiali di recar-si nelle colture intensive. Operando in questa direzione, è possibile instaurare un rapporto di collaborazione con gli agricoltori, facendo dunque prevenzione di denunce per atti di bracconaggio. Lo scopo è quello di dare la possibilità a due o più squadre che agiscono sulla stes-sa area di condividere delle battute di caccia, potendolo fare congiuntamente mantenendo ciascuno la propria identità.

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Aspromonte dal Tirreno allo Joniodi Antonino Falcomatà

Il periodo migliore per effettuare la traversata dell’Aspromonte è in estate, quando la neve che permane alle quote più elevate si è comple-tamente sciolta, lasciando le strade libere al transito di automezzi. Si suggerisce un percorso automobili-stico che dalla costa tirrenica con-duce a quella ionica e che consente di osservare le implicazioni natu-rali più significative del massiccio, avendo valicato il centro della mon-tagna. Se il tempo disponibile è li-mitato ad una giornata, sicuramen-te si dovrà rinunciare a qualcosa e, allora, è preferibile svolgere l’itine-rario in due giorni, facendo tappa a Gambarie. Lasciata Reggio, si rag-giunge, sul versante tirrenico, Scil-la. Dalla cittadina sorta intorno al promontorio (l’antico Scyllaeum), “porta d’ingresso dello Stretto di Messina” e “Porta di accesso” del Parco dell’Aspromonte, si sale ver-so la frazione Melia posta a quota 660 metri s.l.m. e che si raggiunge dopo 10 km. Non lontano da que-sta località si trovano le “Grotte di Tremusa” di natura calcareo - con-chiglifera. In questo tratto di strada accompagnano il visitatore i cedui di castagno scesi a quote inferiori ed i terreni fortemente terrazzati, dove vengono coltivati la vite e al-tri fruttiferi. La vegetazione tipica è la macchia mediterranea, compo-sta da numerose specie arboree ed arbustive come il leccio, il corbez-zolo, il mirto, il lauro, l’erica, ecc. Si raggiungono, quindi, i “Piani d’Aspromonte”, ampi terrazzi di-sposti su aree a dislivello ridotto, dove si pratica una ricca agricoltu-ra di montagna, i cui prodotti sono spesso venduti direttamente sulle strade. Da alcune piazzole stradali si possono ammirare dei panorami unici al mondo: lo sguardo si perde lontano da Capo Vaticano ai Monti Peloritani della vicina Sicilia. Sono

così ammirabili Monte Sant’Elia e tutta la Costa viola con Bagnara e Scilla, le Isole Eolie con Stromboli e Vulcano. In questo tratto di stra-da la vegetazione tipica è quella del piano submontano dominato da formazioni di latifoglie eliofi-le costituite da castagni e querce, cui si accompagnano ontani, aceri, frassini, pioppi, olmi. Raggiunta la S.S. 183 si può, svoltando a sinistra per circa 3.5 km e quindi a destra, per 2 km, raggiungere, il “Cippo di Garibaldi”. In tale luogo il Gene-rale fu ferito ed è possibile vedere il Pino sul quale Garibaldi pare si sia appoggiato per essere curato. Si lascia tale luogo d’interesse storico per l’Unità d’Italia, e, ritornando indietro, percorrendo sempre la S.S. 183, si incontra il Centro visi-

ta del Parco dell’Aspromonte “Vil-laggio De Leo”, un’antica segheria, tra le prime industrie aspromonta-ne per la lavorazione del legname, esempio di avanguardia tecnologi-ca dell’epoca e punto di riferimen-to del commercio dell’altopiano. Si possono ammirare tracce dell’an-tica Decauville; primo modello di strada ferrata adoperata per faci-litare il trasporto dei tronchi dalla montagna.Oltre alla cultura ed alle tradizioni, il Villaggio offre un’am-pia area giochi ben attrezzata dove poter trascorrere momenti di relax insieme alle famiglie. Dopo 6 chi-lometri, continuando, si raggiunge Gambarie, avendo fatto prima una piccola deviazione, per visitare il laghetto artificiale di Rumia, situa-to ad una altitudine di 1300 metri

e ricadente nel comune di San Ro-berto, Nel tratto appena percorso i castagneti lasciano il posto alle fag-gete, alle pinete e alle abetine. Nella località climatica, frazione del Co-mune di Santo Stefano in Aspro-monte, non mancano gli alberghi, ristoranti e i negozi di souvenir. Se si decide di pernottare e si arriva in tempo utile, si può prendere la seggiovia e giungere fino a Monte Scirocco, posto a 1670 metri s.l.m., oppure percorrere uno dei sentieri che gravitano intorno al centro tu-ristico. A pochi chilometri da Gam-barie, sulla strada che porta a San-to Stefano, in località Cucullaro, è stato aperto l’Osservatorio per la biodiversità. Qui, oltre alle sale at-trezzate per consultare via web dei database e delle schede di fauna e flora, è possibile accedere ed inter-rogare il web gis della biodiversità della Calabria. Dopo avere fatto il pieno all’automobile (i distributo-ri di carburante si incontreranno solo alla fine dell’itinerario ovvero sulla S.S. 106 della costa ionica) comincia il tratto più avventuro-so, caratterizzato dalla mancanza di ogni forma di assistenza in caso di necessità. Si imbocca la S.S. 183 verso Melito e dopo circa 3.5 km si svolta a sinistra in direzione Mon-talto. La vegetazione dominante da questo momento è quella tipica del piano montano, caratterizza-to da formazioni a prevalenza di faggio,al quale, in alcune località,

si ha una commistione tra il sacro e il profano, oppure, dalla località già citata “putichej”, prendere la strada che conduce sia a Delianuo-va che a San Luca e quindi arrivare sul litorale ionico. A mano a mano che si perde quota si nota lo stesso avvicendarsi delle fasce vegetali al-titudinali. In particolare, in questo versante ionico, la macchia medi-terranea raggiunge gli 850 metri s.l.m., mentre il piano submontano arriva ai 1200 metri s.l.m. e quello montano fino a 1850 metri s.l.m.. Lungo la discesa incontriamo “Ta-baccari”, “Portella Mastrangelo” e quindi il bivio dal quale a sinistra ci si dirige verso Delianuova, men-tre continuando conduce lungo la strada delle grandi pietre, che si sviluppa sulla sinistra idrografi-ca della Fiumara Bonamico. Dalla Località Serro Alto è possibile os-servare i grandi monoliti eocenici, la cima di Montalto e la frana che ha originato il lago Costantino di recente memoria. Man mano che si scende ci appare la grandiosità “ di Pietra Cappa” che si può raggiunge attraverso una sterrata che si ori-gina prima di aver lambito “Pietra Lunga”. Scendendo ancora a de-stra si eleva, in lontananza, “Pietra Castello” la cui base è ammanta-ta dalla verde macchia mediterra-nea. Questo itinerario si conclude sulla costa ionica, tra Bovalino e Bianco, dopo aver lasciato dietro San Luca, paese natale di Corra-do Alvaro e sede, presso il centro “Falcone-Borsellino”, di un altro Centro Visita del Parco Nazionale d’Aspromonte.

si associano il pino laricio e l’abe-te bianco. Si supera la località “tre limiti” dalla quale si origina la stra-da che conduce dapprima alla Diga sul Menta” e poi, a piedi, alle ca-scate Maesano. Quindi si lambisce una ex area militare e superate le località Nardello I° e II°, dopo 19 km si raggiunge la località “ puti-chej” e, dopo 100 metri a destra, inizia il ripido sentiero che rag-giunge la cima più alta dell’Aspro-monte dove a 1956 s.l.m. svetta da 110 anni una statua del Redentore. L’ambiente è integro e il paesaggio, suggestivo, con una veduta a 360 gradi. Nelle giornate migliori non è difficile vedere l’Etna, lo Stretto di Messina, le Isole Eolie, la costa ionica e tirrenica e le Serre. Qua-lunque commento non renderebbe giustizia a tanta beltà. Rimane im-pressa, per sempre, nella memoria di chi ha visto l’alba sul mare Io-nio, osservata da questa località. A questo punto si può o scendere ver-so il Santuario di Polsi, luogo dove

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Consuntivo deludente per la migratoria in Calabriadi Leandro Branca

La stagione venatoria decorsa si è rivelata molto fallimentare sia in Calabria che in Sicilia,nonché da ricerche fatte quasi in tutto il paese. Lo scadente esodo della selvaggina migratoria fa ingenerare serie pre-occupazioni per gli amici di Diana. Secondo stime sommarie le migra-zioni hanno subito e registrato un calo di circa il sessanta per cento. Certamente tale fenomeno è com-plesso ed affascinante. Quali sono i fattori? In primavera ed autunno si notano stormi di uccelli migra-re verso climi più miti e quindi più favorevoli e più ricche di cibo ne-cessario per la loro sopravvivenza. L’esodo che compiono di andata e ritorno, a distanza di mesi, è sog-getto a notevoli rischi, infatti, una parte considerevole di selvaggina non riesce a giungere a destinazio-ne o rientrare poiché disorientata da correnti avverse, venti contrari, nebbie, temporali, luci artificiali degli aereoporti, luci di città, non-

ché da continue guerre nel mondo che ci circonda. Il loro percorso o migrazione è di circa tremila chi-lometri al giorno, dall’Alaska al Messico, dal Nord Europa all’A-frica meridionale, attraversando l’Italia intera. Le soste sono ine-sistenti, le specie prima di sverna-re cercano di nutrirsi preventiva-mente fino al raddoppio di peso. Questo avviene da migliaia di anni prendendo il nome “il grande volo degli uccelli migratori”. Le princi-pale cause , secondo la teoria del grande climatologo Italiano Vin-cenzo Ferrara, dell’ENEA, vanno ricondotte sulle condizioni metere-ologi che, climatiche e gli sconvol-gimenti che stanno rivoluzionando l’intero pianeta. Le stagioni subi-scono picchi notevoli di variabili-tà, dal caldo si passa al freddo sia nella stessa giornata che a giorni alterni, Era raro che in Arabia Sau-dita ci fosse la presenza della neve ed interi ghiacciai che si sciolgono

sulle Alpi ed i fiumi che diventano distese di sabbia per la notevole siccità. Conseguentemente saltano gli equilibri ed i secolari fenomeni ciclici. Queste risultanze altamente negative hanno costretto gli Stati più potenti del Mondo a riunirsi per concertare ed attuare le misure necessarie poiché il fattore climati-co costituisce un grande handicap a livello mondiale sia di natura ambientale (pericoli) che di natura economica. La Comunità Europea, ed in particolare il nostro Paese, al di là delle diatribe,dovrebbe af-frontare la suesposta problematica al fine di scongiurare conseguenze nefaste ed irrimediabili. Il reale soggetto, nelle vesti di protagoni-sta assoluto è il territorio e quindi l’Ambiente che ci circonda deno-minato patrimonio monumenta-le da proteggere e salvaguardare. Auspichiamo il coinvolgimento dell’ISPRA, emanazione del Mini-stero dell’Ambiente ed agricoltura, le Associazioni venatorie, agricole ed ambientaliste affinchè concerti-no il da farsi per arginare una pro-blematica che potrebbe diventare annosa. Sarà sempre determinante il contributo della scienza, zoo-logia ed ornitologia ed un plauso particolare va rivolto agli appas-sionati volontari inanellatori che, mediante i sacrifici profusi, hanno contribuito a svelare l’arcano delle rotte degli uccelli. La nostra conso-lidata coerenza, va nella direzione di salvaguardare la natura basata sulle tre P: Proteggere, Program-mare e Produrre, la stessa non è af-fatto avulsa dal contesto del nostro Pianeta Terra.

Riunione annuale dei delegati all’ATC RC1Alla presenza di numerosi Delega-ti regolarmente eletti alle Assemblee dei Cacciatori nei 59 Comuni facenti parte dell’ATC-RC1 , presso il palazzo della Provincia di Spirito Santo in RC, il 27 di aprile u.s. si è regolarmente tenuta la riunione per la presa d’atto della relazione gestionale e del bilan-cio relativo all’anno decorso.La seduta è stata presieduta dal Vice Presidente anziano Carmelo Siciliano con la presenza del Vice Presidente Massimo Insana e del segretario Do-menico Iero presenti, inoltre, al tavolo della Presidenza il Componente Do-menico Fedele ed il collegio dei Revi-sori dei Conti.Nel dare inizio ai lavori Carmelo Si-ciliano ha portato i saluti del Presi-dente Laganà impedito a partecipare per inderogabili motivi di lavoro fuori sede e, salutando e ringraziando tutti i presenti, da la parola al Segretario per la relazione sull’andamento della ge-stione che di seguito viene esplicitata:Durante l’anno 2015 il Comitato ha regolarmente svolto le proprie funzio-ni istituzionali,procedendo a gestire secondo i programmi prefissati le se-guenti attività:-nuove disposizioni per l’accredito delle squadre di cinghiali;-progetto x-caccia –value applicazio-ne sul telefonino androide che gesti-ste tutti i territori di vocazione al cin-ghiale assegnate alle singole squadre, i confini dell’ATC con riferimento alle aree protette (parco Aspromonte –ZPS costa viola- Sic ecc);-ripristino della pubblicazione della rivista ATC-INFORMA con tre nu-meri annui;- corso di formazione Capo squadra di cinghiale in collaborazione con l’Ente Provincia ed autorizzato dall’Ispra;-ripopolamenti faunistici con l’acqui-sto della selvaggina attraverso bandi pubblici in particolare sul territorio è stata immessa, sotto le direttive del Tecnico faunistico dott. Andrea Gag-gioli la seguente fauna :a) Mese di febbraio 2015 – N° 783 lepri adulte e N° 930 fagiani ripro-duttori;b) dal mese di aprile al mese di luglio 2015 sono stati impiantati N° 11 re-cinti mobili per ambientare N° 222 leprotti da 90-120 giorni;

c- sono stati costruiti N° 2 recinti fissi in agro di Sinopoli e di San Roberto per il pre ambientamento di lepri e fagiani;dal 24- al 26 di agosto 2015 sono stati immessi su tutto il territorio dei 59 Co-muni N° 5.000 fagianotti nei territori di vocazione faunistica ;d- miglioramenti ambientali ai fini faunistici, realizzati attraverso bando pubblico per individuare gli agricolto-ri disposti ad aderire al progetto die-tro pagamento di prestazioni. I tecnici Agronomi incaricati dall’ATC, hanno individuato le fattibilità tecniche auto-rizzando gli stessi agricoltori ad effet-tuare le semine adatte ad accogliere la selvaggina sia migratoria che stanziale. Le stesse culture a perdere si renderan-no utili, costituendo l’habitat ideale per la selvaggina sopra detta. Hanno aderito al progetto 44 Agricoltori se-guiti da 8 Dottori Agronomi nominati dall’ATC attraverso manifestazione di interesse . Il progetto è in corso di com-pletamento:La posizione finanziaria netta al 31/12/2015 era la seguente (in Euro).-depositi sul conto corrente postale € 483.084,40 con un incremento del 250% rispetto al 2014.Sono stati investisti nel corso dell’e-sercizio € 13.013,03 per l’acquisto di due recinti mobili elettrificati e per la costruzione dei due recinti fissi.

Sull’ evoluzione prevedibile della ge-stione viene esplicitato quanto segue:Il Comitato nel mese di settembre 2015 ha approvato i progetti relativi alla gestione per potere avere uno svi-luppo ottimale, detti progetti trasmessi all’Ente Provincia ed alla Regione Ca-labria a tutt’oggi non hanno trovato finanziamento, nessuna nota è perve-nuta nei tempi tecnici e biologici per effettuare gli interventi. Attraverso i solleciti ripetutamente effettuati , so-lamente in data 08 marzo u.s , è per-venuta una nota del responsabile del procedimento Regionale P. A. Nicola Matragrano, che ci assegna l’esigua somma di € 21.000,00 per effettuare i ripopolamenti faunistici. Il giorno suc-cessivo, questo ATC inviava una nota di risposta con le osservazioni di rito, necessarie per stigmatizzare che detta somma è alquanto riduttiva per il fi-nanziamento del progetto generale di

292.425,46 Euro a suo tempo inviato e nel contempo si chiedeva di impegnare ulteriori risorse disponibili nel nostro bilancio per € 97.963,00 per potere effettuare i se-guenti interventi: -immissione di 450 leprotti in recinti elettrificati con l’acquisto di ulteriore attrezzatura necessaria oltre a quella disponibile;-progetto di reintroduzione della co-turnice;-acquisto dell’attrezzatura necessaria per l’auto riproduzione di lepri at-traverso gli agricoltori interessati al progetto predisposto dal tecnico fau-nistico;-acquisto di 4800 fagianotti da immet-tere sul territorio.A tutt’oggi, nonostante i solleciti, nes-suna risposta è pervenuta.L’Assemblea prende atto, all’unanimi-tà, della relazione egregiamente espo-sta dal segretario Iero.Successivamente viene data la parola al Presidente del Collegio dei revisori, dott. Cosimo Forgione, per leggere la relazione al bilancio consuntivo 2015, ultimati i lavori l’Assemblea per alzata di mano prende atto all’unanimità.Infine viene data la parola ai Delegati ove si è discusso sulle problematiche venatorie in itinere, numerosi gli inter-venti ed in particolare quello molto ap-prezzato di Leandro Branca che ha tra-scinato agli applausi tutta l’Assemblea.

IL SEGRETARIO DELL’ATC-RC1DOMENICO IERO

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Giovani cacciatori alla sesta edizione della cena di fine stagione venatoria

Oltre 360 presenti per la tradizionale “Cena di Fine Stagione Venatoria”, giunta alla sua sesta edizione, organizzata dall’Associazione Giova-ni Cacciatori presso il Ristorante Windy Hill di Gallina a Reggio Calabria. Una serata di aggregazione ed allegria per tutto il movimento venatorio calabrese dove, tra una portata e l’altra a base di cinghiale, si è potuto chiacchierare spensieratamente della stagione appena conclusa facendo tornare alla mente tut-te le emozioni venatorie vissute.L’Associazione Giovani Cacciatori, da sempre equidistante da tutte le associazioni venatorie , ha voluto fungere da stimolo per una politica venatoria unitaria che possa dare un futuro a questa bellissima passione. Presenti in sala insieme a tantissimi Cacciatori e non, anche diversi enti come l’ATC RC1, l’ATC RC2 e associazioni venatorie.Durante la cena sono state effettuate diverse premiazioni nei confronti di persone che si sono distinte nelle varie associazioni.Inoltre sono stati sorteggiati tantissimi premi, tra cui un viaggio di caccia a Colombacci e due giornate di Caccia a Starne, tra tutti i cacciatori presenti ed offerti dall’amico Nino Martino.Una serata speciale, che è solo l’inizio del pro-

gramma annuale dell’associazione Giovani Cac-ciatori, con tante iniziative, tra cui gare di tiro al piattello e cinofile, e che avrà il suo culmine con il Raduno Pre Apertura che si svolgerà, come tradizione vuole, ad Agosto.

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Da sempre gli umani hanno sottovalutato le poten-ziali capacità degli animali. Questa volta a stupirci sono degli uccelli, uccelli molto comuni, i piccioni (Columbia livia).A dimostrarlo è una ricerca della University of Iowa e della University of California di Davis, che ha studiato le potenzialità di apprendimento e il sistema visivo dei piccioni, valutandone la capacità di riconoscere masse sospette all’interno di imma-gini digitalizzate di mammografie. I risultati, sono stati pubblicati sulla rivista Plos One, ed hanno di-mostrano che con il giusto addestramento questi volatili possono imparare a riconoscere la presenza di un tumore al seno in alcuni tipi di immagini, con un’accuratezza simile a quella di uno specialista umano. Interessati a studiare più a fondo i limiti del sistema visivo dei piccioni, i ricercatori hanno deciso di metterli alla prova in una delle branche

umani per sviluppare e testare nuove tecnologie di di imaging medico. Questi animali”, potrebbero assistere realmente ricercatori e ingegneri nello svi-luppo di strumenti sempre più innovativi. Tra i superpoteri degli animali, merita una men-zione anche il cane, per la capacità di diagnostica-re malattie nei propri simili e negli esseri umani. Diversi studi, per esempio, hanno accertato che i cani sono in grado di percepire la presenza di can-cro al polmone o al seno dall’odore dell’alito, di cancro alle ovaie dall’odore del sangue, di mela-noma dall’odore della pelle e di cancro al colon-retto dall’odore delle feci. Ma anche la Drosophila melanogaster non scherza, il comune moscerino della frutta ha un olfatto estremamente sviluppa-to: un’équipe di scienziati ha pubblicato un lavo-ro su Scientific Report in cui si mostra che i re-cettori presenti sulle antenne dell’insetto sono in grado di rivelare odori “clinicamente significativi” anche in bassissime concentrazioni. Il moscerino della frutta quindi in futuro potrebbe diventare il “gold standard” per valutare gli odori correlati alle malattie. Insomma aspettiamoci per il futuro un cospicuo numero di animali che fungeranno da assistenti medici.

I superpoteri del piccioneUna ricerca ha dimostrato che i piccioni sono in grado di riconoscere una massa tumorale osservando una mammografiadi Giorgio Panuccio

della scienza che si affida maggiormente alla vi-sta: la radiologia. Per farlo hanno addestrato un gruppo di uccelli utilizzando una procedura classi-ca definita condizionamento operante: gli animali venivano cioè ricompensati con del cibo ogni vol-ta che riconoscevano correttamente la presenza (o l’assenza) di una lesione tumorale all’interno di un set di mammografie.Gli uccelli si sono rivelati incredibilmente capaci nel riconoscere la presenza di tumori al seno mali-gni nelle immagini, un compito complesso persino per un esperto osservatore umano, che impiega di solito anni per ottenere le capacità necessarie. Il primo giorno la loro accuratezza nel riconoscere le immagini a bassa risoluzione era del 50%, ed è salita fino all’85% nel giro di 13-15 giorni.Per un essere umano servono anni di studio, di spe-cializzazione, e una lunga pratica.

A un piccione invece bastano 15 giorni di adde-stramento per trasformarsi in un ottimo radiologo. Il risultato forse è ancor più sorprendente se si pensa che il cervello di un piccione è grande più o meno come la punta del vostro mignolo. Dimen-sioni ridottissime quindi, che non impediscono a questi volatili di possedere incredibili capacità di discriminare e categorizzare oggetti e immagini. Questi volatili non smettono mai di stupirci, la loro memoria visiva è impressionante, le ricer-che svolte negli ultimi 50 anni hanno dimostra-to che i piccioni possono riconoscere l’identità e le espressioni di un volto umano, distinguere le lettere dell’alfabeto, identificare capsule difettose di farmaci e persino distinguere tra un dipinto di Monet e uno di Picasso.I risultati dei piccioni, sono paragonabili a quelli ottenuti da specialisti e studenti di radiologia a cui è stato sottoposto lo stesso set di immagini. E se non dovete aspettarvi di essere visitati da un pic-cione, almeno nel prossimo futuro, le straordina-rie capacità di questi uccelli potrebbero realmente trovare applicazione nel campo della radiologia. I piccioni, spiegano infatti gli autori della ricerca, potrebbero essere utilizzati al posto degli esseri

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LO SAPEVATE CHE..........

Becco più lungo rispetto al resto del corpo: Colibrì becco a spada Ensifera ensiferaIl Colibrì becco a spada è l’unico uccello al mondo ad avere il becco più lungo del corpo. Il becco è lungo fino a 12 cm, mentre il corpo varia dai 6 ai 12 cm.Quando riposa, tende a tenere il becco in posizione verticale per diminuire la tensione sul collo. Vive nelle foreste montane del Sud America, è un uccello stanziale. È talmente legato al suo territorio da ricordare la posizione di ogni pianta che visita. Si nutre seguendo un percorso abituale, per dare il tempo al nettare di riformarsi nei fiori.

Becco più corto: Succiacapre Caprimulgus europaeusIl succiacapre ha un il becco più corto tra gli uccelli, dagli 8 ai 10 mm. Anche se corto, il becco e la bocca sono molto larghi, in modo da poter inghiottire insetti grandi come le falene. Per cacciare in volo la bocca molto larga è utile, funzionando come una sorta di retino per farfalle. Il nome deriva dalla cre-denza popolare che questi animali si nutrissero succhiando dalle mammelle degli animali da pascolo. Credenza dovuta all’alto numero di questi animali nei pressi delle mandrie e dalla strana forma della bocca. Ovviamente è una credenza completamente priva di fondamento.

Unico caso di becco curvo lateralmente: Beccostorto Anarhynchus frontalisIl Becco storto, come suggerisce il nome, è l’unico uccello al mondo con il bec-co curvo lateralmente. Questo uccello vive in Nuova Zelanda, la popolazione complessiva è stimata intorno ai 4.500 – 5.000 individui, ma è una specie difficile da monitorare. Negli ultimi 40 anni il Beccostorto è andato progressi-vamente calando di numero, a causa della distruzione del suo habitat naturale. Oggi è considerato un animale a rischio di estinzione in natura.

Numero massimo di penne: Cigno trombettiere Cygnus buccinatorCon un conteggio di 25.216 penne, il Cigno trombettiere è l’animale con il maggior numero di penne contate. Questo uccello è originario del Nord Ame-rica, migra in stormi dalla caratteristica formazione a V lungo le coste orientali degli Stati Uniti. Si nutre principalmente di piante acquatiche, ma si accontenta anche di erba che cresce nei campi sulla terra ferma. I piccoli vengono nutriti con insetti e piccoli crostacei, la loro dieta viene diventa completamente vege-tariana dopo il primo mese di vita.

Numero minimo di penne: Colibrì gola rubino Archilochus colubrisCon solo 940 penne, il Colibrì gola rubino è l’uccello con il minor numero di penne con-tate. È un uccello piuttosto piccolo, arriva al massimo a 9 cm di lunghezza. Sono animali solitari e molto territoriali, i maschi non esitano a scacciare i propri simili a colpi di becco e zampe. In caso di freddo eccessivo, il Colibrì gola rubino riesce ad abbassare le sue fun-zioni vitali fino ad arrivare ad uno stato di torpore simile all’ibernazione. Questo animale ha olfatto e tatto molto sviluppati. Inoltre riesce a vedere sia nello spettro del visibile che in quello dell’ultravioletto.

ETOLOGIA IN PILLOLERipensiamo la caccia, ma anche i parchidi Mimmo PanseraIn un’epoca nella quale tutto sembra rapidamente degradarsi e perdersi, pubbli-care norme a tutela della natura è un interesse comune di rilievo.Se da un lato è necessario dotarsi di norme, dall’altro è parimenti indispensabile seguire le modifiche naturali che nel tempo si verificano al fine di aggiornare e adeguare le norme per ogni novella che lo richiede, in caso contrario ogni sforzo potrà non solo risultare vano ma addirittura deleterio. Sopra si sono presi in esame solo alcuni punti delle norme che nel tempo si sono sommate a tutela della natura. Una analisi attenta evidenzia che si è destinata una vasta area di territorio pro-tetto, scelto secondo criteri evidentemente scientifici e tra quelli più idonei per la conservazione della natura e le specie che la popolano, senza tener presente delle direttive della legge 157, che riserva una precisa percentuale delle aree inibite alla caccia, che non deve superare il 26% del territorio regionale. Una stima attendibile dovrebbe valutare la proporzione tra cittadini residenti e praticanti e aree tutelate (parchi e ZPS), che andrebbero segnalate tutte con apposite tabelle, ad esclusione dei parchi istituiti con decreto ministeriale. Dalla nascita dei parchi (anno 1991) e all’interno di essi, secondo fonti ufficiali interpellati, ad oggi le iniziative che hanno consentito, oltre che tutela del territo-rio, sviluppo e lavoro, come previsto da norma, sono state disattese.A sostenere la documentata inerzia si possono identificare molteplici cause. Da un osservatorio ristretto che non è quello degli addetti ai lavori esperti del campo specifico, viene immediato parlare di norme molto rigide che regolamentano i parchi e le zone protette. Tali norme rendono difficili gli iter autorizzativi per le varie iniziative. Senza contare l’aggravante della burocrazia ancora esaspe-ratamente lenta con l’ulteriore complicazione sostenuta da norme spesso poco chiare, la cui interpretazione può lasciare varchi a strumentalizzazioni di correnti di opinione.Di fatto osservando il territorio protetto sembra che all’interno di esso tutto sia cristallizzato. Ecosistemi non più in equilibrio ancestrale, ad una attenta osserva-zione, sono in degrado. Alcune specie animali crescono rapidamente di numero, i corvidi (alla cui famiglia appartengono anche le gazze) sono numerosi, ciò ha inevitabilmente comportato un drastico abbattimento del numero di uccelli mi-nori che vengono predati nel nido dagli stessi corvidi. I cinghiali, notoriamente prolifici, (possono riprodursi mediamente da due a tre volte l’anno e per ogni ge-stazione vengono partoriti fino a quattro cuccioli) a loro volta non sono predati e pertanto crescono in modo incontrollato. Lo stesso si può dire per le volpi (si riproducono una volta l’anno partorendo fino a sei cuccioli). La processionaria in alcune zone ha messo in evidente sofferenza interi boschi di conifere. Questo elenco sicuramente potrebbe essere più esaustivo se discusso da esperti. Si vuo-le evidenziare che norme troppo rigide immobilizzano il sistema producendone involuzione.Immaginiamo un parco che possa essere gestito con criterio e possa accogliere cacciatori guidati su percorsi idonei ad abbattimenti controllati di selvaggina (pensiamola anche da lancio dopo ambientamento). Questo comporterebbe l’in-centivazione in loco ad allevamenti, la formazione di giovani avviati al lavoro come guide e guardia-parchi. Immaginiamo tappe di gare venatorie inseriti in circuiti di ampio respiro. Quel parco diventerebbe meta di turismo venatorio controllato che ad oggi avviene solo verso l’estero. Sembra conseguenziale che tale attività possa dare sviluppo all’ accoglienza, (agriturismo, alberghi ristoranti ecc.) senza pensare all’indotto industriale che si accompagna alla caccia, armi cartucce, allevamenti di cani, abbigliamento, accessori, ecc..Similmente si potrebbe fare per la pesca, basterebbe creare bacini artificiali o sfruttare quelli già esistenti (viene di pensare alla diga sul fiume Metramo che ha creato un vasto bacino).Se poi si volessero meglio sviluppare: equitazione, agriturismo, trekking, ecc. attività tutte seguite da personale in loco, lo stesso parco, cui magari resterebbe-ro porzioni più congrue rispetto all’attuale di rigida inviolabilità, diventerebbe fonte di reddito sicura per cittadini oggi disoccupati e sulla soglia della povertà. Invito chiunque a visitare i piccoli borghi dell’entroterra calabro e a fermarsi a parlare con i residenti di varie età circa le prospettive occupazionali, emergereb-bero realtà a dir poco inquietanti, eppure ancora si identifica la conservazione della natura come prioritaria rispetto alla sua conservazione non disgiunta da impiego utile ai cittadini. La natura non deve essere solo oggetto di divieti per essi, al punto da scadere nel grottesco. Come prova di tale affermazione pare uti-le riportare un aneddoto occorso ad un cittadino che, posteggiata la propria auto a margine di una strada sterrata all’interno di un bosco e senza arrecare alcun danno tangibile all’ambiente, al ritorno da una escursione a piedi si è ritrovato al parabrezza dell’auto una sanzione per divieto di sosta affissa da autorità prepo-ste, in quanto auto posteggiata senza autorizzazione all’interno di parco. Nella sostanza la sanzione è corretta ma si configura senza dubbio come episodio grot-tesco. Ho sempre creduto che le leggi debbano essere pensate per migliorare la qualità della vita dei cittadini, non per avvilirla. Oggi è reato anche solo entrare o raccogliere senza autorizzazione una castagna caduta in terra in un parco. Bisogna riflettere su questi aspetti e non farsi trascinare da enfasi protezionistica senza criterio.

Quando anche non sia concesso parlare di sviluppo e lavoro sostenibile, sia al-meno consentita ora una analisi dello stato dell’arte di alcuni sport che necessa-riamente hanno subito conseguenze per il diritto di tutela della natura sostenuto dai parchi.Nello specifico si tratta di caccia e pesca. Ammetto i miei limiti di conoscenza

per quanto riguarda la pesca, sento invece di potere argomentare sulla caccia.Chi la pratica oggi fruisce di pochi territori utili per i previsti fini, ciò ha provo-cato la concentrazione di molti praticanti in aree ristrette residue. Tali aree già in partenza non particolarmente vocate per l’incontro con la selvaggina, oggi per osservate modifiche ambientali e i conseguenti adattamenti dei selvatici hanno quasi completamente perso interesse nello specifico per fini venatori. A rendere impervia la possibilità di praticare la caccia inoltre con la riduzione del territorio fruibile, si è verificato un effetto collaterale di rilievo, ovvero l’alta concentrazione di cacciatori in poco spazio ha dato vita a concorrenza sleale tra i praticanti. Non a caso (anche se poco propagandato dai mass media) ogni anno si registrano numerosi casi di avvelenamento di cani da caccia, si potrebbe pensare ad un tentativo dei residenti, che si sono visti invasi i pochi territori a disposizione e un tempo scarsamente frequentati, di fare desistere i concorrenti non locali? Le autorità preposte per tali crimini ad oggi non hanno prodotto tangibili risultati. Ci si chiede quale è la differenza nella dignità di tutela tra un selvatico e un animale di proprietà.

A complicare ancora di più le cose è noto che da tempo i cacciatori subiscono rapine a mano armata di fucili e non solo. Gran parte di tali reati non fanno più notizia, al punto che non sono neanche diffusi con puntualità a mezzo cronaca. Si chiede di sapere quali risultati siano stati conseguiti dalle autorità preposte per la prevenzione e la repressione di tali reati?Nonostante tutto, seguaci della dea Diana continuano ancora a praticare il loro sport. Si tratta di cittadini certamente incensurati (anche tra i parenti diretti), in caso contrario non potrebbero essere in possesso di regolare licenza di porto d’armi. Lo stesso porto d’armi di norma oggi è considerato una concessione da parte dello Stato e non un diritto, ciò comporta una rigorosa valutazione in meri-to al possesso dei requisiti sia giuridici che di idoneità psico-fisica dei destinatari i quali al momento del rilascio sono ulteriormente valutati da apposita commis-sione d’esame preposta prima del rilascio del titolo stesso. Naturalmente quanto sopra comporta una rigorosa selezione dei titolari di licenza di porto d’armi.Coloro che ne vantano il possesso, al momento di esercitare la caccia, impattano con un territorio vincolato da molte restrizioni alcune delle quali spesso scar-samente percepibili, e talvolta mal interpretate anche dalle autorità preposte al controllo. A tal proposito sono noti numerosi casi di cacciatori sanzionati per presunzione di illeciti, che si sono visti vincenti in sede di ricorso. Pare solo il caso evidenziare che tali iter giudiziari, non di rado lunghi, hanno ingiustamente penalizzato i malcapitati cacciatori che forzosamente hanno dovuto interrompe-re l’attività venatoria, in merito non sono noti risarcimenti per l’ingiusto danno patito. La conferma di tutto, è avvalorata dalle tante sentenze emesse dalla ma-gistratura a favore dei cacciatori, che non sto ad elencare, in quanto occupereb-bero tantissimo spazio e sicuramente annoierebbero i lettori.Visto lo scarso territorio lasciato concesso per attività venatoria, ormai apparen-temente non gradito dalla selvaggina e quindi assente, preso atto della elevata concentrazione in esso dei cacciatori che inevitabilmente pongono in essere reci-proco disturbo, avuto riguardo al rischio avvelenamento cani e al rischio rapina, e a dubbi interpretativi di norme non sempre chiare che possono indurre in erro-re con conseguenze giuridiche importanti, viene naturale chiedersi quale possa essere la godibilità nel praticare la caccia e quali sono le iniziative poste in essere dalle autorità preposte per la soluzione dei problemi rappresentati. Ricordo a tal proposito di un tale che avendo il proprio albicocco sporgente su strada di passaggio si vedeva sistematicamente derubato dei frutti e per sanare il problema pensò un giorno di tagliare l’albero …. Per analogia al fine di risolvere i problemi dei cacciatori si potrebbe chiudere definitivamente la caccia … Una agonia lenta è oltremodo indesiderabile!L’alternativa possibile è andare a caccia all’estero ove i calendari venatori e le specie cacciabili risultano molto più favorevoli che in Italia al punto da essere meta privilegiata di chi, avendone possibilità economiche, può permetterselo. Oltre che prendere atto di ingenti capitali spesi all’estero piuttosto che in patria, si conferma che il povero è sempre emarginato e non è mai tutelato nei propri diritti. A tal proposito ricordo che la nota affermazione “sperimentare in corpore vili” secondo alcuni Autori significava che in un remoto passato i medici faceva-no esperimenti su persone di poca importanza, povere, non tutelate, che, pur di sfamarsi, erano disposte ad accettare di fare da cavia umana dietro compenso. “Sic transit gloria mundi”.

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Preparazione:Pulite le quaglie e farcitele con mezzo spicchio d’aglio, aghi di rosmarino, una foglia di salvia, sale e pepe. Mettetele in un tegame con un po’ d’olio e fatele colorire, salate, versate un bicchiere di vino, cuocete, coperto, a fuoco basso per 20 minuti. Vini di accompagnamento: Terre Di Franciacorta Rosso DOC, Montefalco Rosso DOC, Copertino Rosso DOC.

Ingredienti per 4 persone:

8 quaglie1/2 spicchio di aglio

alcuni aghi di rosmarino1 foglia di salvia

1 bicchiere di vino biancoolio d’oliva

salepepe

Preparazione:Per prima cosa tagliare la carne, a me piace tagliarla a pezzi piuttosto piccoli in modo che si insaporisca meglio. Altra cosa importante è rosolare bene prima la carne con un filo d’olio, solo in seguito aggiungo cipolla aglio carota e sedano tritati e rosolo bene anche loro, una volta rosolato il tutto, una spruzzata di vino bianco tenendo la fiamma alta per qualche minuto. Aggiungere i pomodori secchi tritati grossolanamente, i capperi interi o tritati, come preferite, la salsa di pomodoro e l’alloro, iniziare la cottura tenendo la pentola coperchiata e aggiungere qualche mestolo di acqua ogni tanto se dovesse asciugarsi troppo, i tempi di cottura variano in base alla carne, io l’ho lasciata cuocere per quasi due ore, provare a pungere con una forchetta per valutare. Servire calda, subito o se dopo qualche ora ancora meglio perchè avrà assorbito bene tutti i sapori.

Ingredienti

Una lepre da 1 kg circa3/4 carotemezza cipolla mediauno spicchio d’aglioun gambo di sedano4 cucchiai di salsa di pomodoro1 cucchiaio di capperi2/3 foglie di alloro2/3 pomodori secchivino biancoolio extravergine d’oliva

QUAGLIE AL VINO BIANCO

LEPRE ALLA CACCIATORA

A cura dell’ Associazione Giovani Cacciatori [email protected]

Marzaiola ( Anas querquedula) Cacciabile dal 20 settembre 2015 al 31 gennaio 2016

Identificazione: con una lunghezza di 40 cm e con 48-50 cm di apertura alare, è assieme all’alzavola una delle anatre più piccole. Differisce da quest’ultima, oltre che per le dimensioni lievemente maggiori per il piumaggio. Il maschio presenta un vistoso sopracciglio bianco che discende dietro la nuca fino al collo, la parte superiore del capo è di colore bruno-scuro come il sottobecco. Collo e petto di colore bruno con fitte macchie nere, il basso ventre ed i fianchi sono chiari assumendo sugli ultimi tinte grigio metallico. Le piume delle spalle sono lunghe ed appuntite rigate di bianco. Lo specchio alare è verde mentre il becco è nero. La femmina presenta tinte meno accese che vanno dal bruno al castano chiaro, il sopracciglio è molto meno evidente del maschio, lo specchio alare invece è grigio scuro. Tali caratteri la rendono distinguibile dall’azavola femmina. I giovani maschi, prima dell’autunno, possono essere confusi con le femmine. Volo: anatra dal volo molto veloce, caratterizzato da rapidi battiti. Nel periodo di migrazione assume prevalentemente formazioni tondeggianti, non disdegna le tipiche formazioni a V o in line retta, può formare branchi molto folti. Migra preferibilmente di notte riposando il giorno. Voce: caratteristico è il verso simile ad un tamburellare metallico, a questo si aggiunge il tipico quack quack, le femmine emettono un verso nasale di richiamo tipo jag-jag. Habitat: acquitrini con vegetazione lacustre, risaie, ampi laghi e fiumi a lento corso. Frequentemente riposa in branchi sul mare. Riproduzione: avviene tra aprile e maggio, effettua da una a due covate. Il nido è costruito in una depressione del terreno, foderato con erbe e piumino. Depone da 7 a 14 uova, queste presentano una colorazione bianco-fulviccia, vengono covate per 21-23 giorni. Alimentazione: la dieta comprende granaglie, insetti, molluschi e vegetali.

A cura dell’ Associazione Giovani Cacciatori [email protected]

Marzaiola ( Anas querquedula) Cacciabile dal 20 settembre 2015 al 31 gennaio 2016

Identificazione: con una lunghezza di 40 cm e con 48-50 cm di apertura alare, è assieme all’alzavola una delle anatre più piccole. Differisce da quest’ultima, oltre che per le dimensioni lievemente maggiori per il piumaggio. Il maschio presenta un vistoso sopracciglio bianco che discende dietro la nuca fino al collo, la parte superiore del capo è di colore bruno-scuro come il sottobecco. Collo e petto di colore bruno con fitte macchie nere, il basso ventre ed i fianchi sono chiari assumendo sugli ultimi tinte grigio metallico. Le piume delle spalle sono lunghe ed appuntite rigate di bianco. Lo specchio alare è verde mentre il becco è nero. La femmina presenta tinte meno accese che vanno dal bruno al castano chiaro, il sopracciglio è molto meno evidente del maschio, lo specchio alare invece è grigio scuro. Tali caratteri la rendono distinguibile dall’azavola femmina. I giovani maschi, prima dell’autunno, possono essere confusi con le femmine. Volo: anatra dal volo molto veloce, caratterizzato da rapidi battiti. Nel periodo di migrazione assume prevalentemente formazioni tondeggianti, non disdegna le tipiche formazioni a V o in line retta, può formare branchi molto folti. Migra preferibilmente di notte riposando il giorno. Voce: caratteristico è il verso simile ad un tamburellare metallico, a questo si aggiunge il tipico quack quack, le femmine emettono un verso nasale di richiamo tipo jag-jag. Habitat: acquitrini con vegetazione lacustre, risaie, ampi laghi e fiumi a lento corso. Frequentemente riposa in branchi sul mare. Riproduzione: avviene tra aprile e maggio, effettua da una a due covate. Il nido è costruito in una depressione del terreno, foderato con erbe e piumino. Depone da 7 a 14 uova, queste presentano una colorazione bianco-fulviccia, vengono covate per 21-23 giorni. Alimentazione: la dieta comprende granaglie, insetti, molluschi e vegetali.

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