Astronomia - Liber Liber · Spettroscopia e la costituzione fisica del Sole; il capito-lo quinto...

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Joseph Norman LockyerAstronomia

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TITOLO: AstronomiaAUTORE: Lockyer, Joseph NormanTRADUTTORE: Celoria, GiovanniCURATORE: Celoria, GiovanniNOTE:CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D’AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Astronomia / di J. Norman Lockyer ; nuovaversione libera con note ed aggiunte di Giovanni Ce-loria. – Milano : U. Hoepli, 1904. - XVI, 255, 64 p.: ill. ; 15 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 13 luglio 2020

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 1

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TRATTO DA: Astronomia / di J. Norman Lockyer ; nuovaversione libera con note ed aggiunte di Giovanni Ce-loria. – Milano : U. Hoepli, 1904. - XVI, 255, 64 p.: ill. ; 15 cm.

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0: affidabilità bassa 1: affidabilità media 2: affidabilità buona 3: affidabilità ottima

SOGGETTO: SCI004000 SCIENZA / Astronomia

DIGITALIZZAZIONE:Gianluigi Trivia, [email protected]

REVISIONE:Ruggero Volpes, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Gianluigi Trivia, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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PROPRIETÀ LETTERARIA

Stab. Tipografico Marino BellinzaghiMilano, Corso Porta Nuova, 26

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Indice generaleLiber Liber.....................................................................................4PREFAZIONE ALLA QUARTA EDIZIONE.............................10PREFAZIONE ALLA PRESENTE QUINTA EDIZIONE..........12PRIME NOZIONI DI ASTRONOMIA. INTRODUZIONE.......14CAPITOLO PRIMO La Terra e i suoi movimenti.......................18

§ I. La Terra non è piana.........................................................18§ II. La Terra è molto grande..................................................23§ III. La Terra è isolata nello spazio, da nulla pende sospesa, sunulla si appoggia.....................................................................28§ IV. La Terra ruota sopra sè stessa.........................................30§ V. La Terra compie una rotazione in un giorno di ventiquat-tro ore......................................................................................40§ VI. La Terra è alquanto schiacciata ai poli della sua rotazio-ne. Piccoli movimenti osservati in detti poli...........................44§ VII. La Terra ha un altro movimento oltre quello di rotazio-ne.............................................................................................47§ VIII. I due movimenti della Terra non si effettuano nel me-desimo piano...........................................................................54§ IX. Perchè su tutta la Terra, eccetto che all’equatore e ai poli,e perchè sulla Terra in qualunque epoca dell’anno, salvo che aquella degli equinozii, i giorni non sono eguali alle notti.......58§ X. La varia durata dei diversi giorni dell’anno è la causa del-le stagioni................................................................................73§ XI. Come si spiega il movimento apparente del Sole attra-verso le costellazioni dello zodiaco........................................83§ XII. Le stelle e il loro moto diurno apparente quali si osser-vano da varii luoghi della Terra..............................................88

CAPITOLO SECONDO La Luna...............................................95§ I. Moti apparenti della Luna e sue fasi.................................95§ II. In che modo la Luna diventa la causa delle eclissi........105§ III. Distanza, forma, dimensioni della Luna, e particolaritàdella sua superficie................................................................113

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Indice generaleLiber Liber.....................................................................................4PREFAZIONE ALLA QUARTA EDIZIONE.............................10PREFAZIONE ALLA PRESENTE QUINTA EDIZIONE..........12PRIME NOZIONI DI ASTRONOMIA. INTRODUZIONE.......14CAPITOLO PRIMO La Terra e i suoi movimenti.......................18

§ I. La Terra non è piana.........................................................18§ II. La Terra è molto grande..................................................23§ III. La Terra è isolata nello spazio, da nulla pende sospesa, sunulla si appoggia.....................................................................28§ IV. La Terra ruota sopra sè stessa.........................................30§ V. La Terra compie una rotazione in un giorno di ventiquat-tro ore......................................................................................40§ VI. La Terra è alquanto schiacciata ai poli della sua rotazio-ne. Piccoli movimenti osservati in detti poli...........................44§ VII. La Terra ha un altro movimento oltre quello di rotazio-ne.............................................................................................47§ VIII. I due movimenti della Terra non si effettuano nel me-desimo piano...........................................................................54§ IX. Perchè su tutta la Terra, eccetto che all’equatore e ai poli,e perchè sulla Terra in qualunque epoca dell’anno, salvo che aquella degli equinozii, i giorni non sono eguali alle notti.......58§ X. La varia durata dei diversi giorni dell’anno è la causa del-le stagioni................................................................................73§ XI. Come si spiega il movimento apparente del Sole attra-verso le costellazioni dello zodiaco........................................83§ XII. Le stelle e il loro moto diurno apparente quali si osser-vano da varii luoghi della Terra..............................................88

CAPITOLO SECONDO La Luna...............................................95§ I. Moti apparenti della Luna e sue fasi.................................95§ II. In che modo la Luna diventa la causa delle eclissi........105§ III. Distanza, forma, dimensioni della Luna, e particolaritàdella sua superficie................................................................113

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CAPITOLO TERZO Il Sistema solare......................................124§ I. Idea generale...................................................................124§ II. Come si presentano, visti dalla Terra, i pianeti interiori nelloro giro intorno al Sole........................................................132§ III. Notizie speciali sopra i pianeti inferiori.......................138

Mercurio...........................................................................138Venere...............................................................................143

§ IV. Come si presentano, visti dalla Terra, i pianeti superiorinel loro giro intorno al Sole..................................................147§ V. Notizie speciali sopra i pianeti esteriori.........................149

Marte................................................................................149Gli asteroidi o piccoli pianeti. Il piccolo pianeta Eros.....160Giove................................................................................163Saturno.............................................................................174Urano................................................................................178Nettuno. Se altri pianeti esistano al di là di Nettuno........181

§ VI. Comete, Stelle cadenti e Meteoriti...............................183CAPITOLO QUARTO Il Sole...................................................196

§ I. Il Sole e sua influenza sugli altri corpi del Sistema solare................................................................................................196§ II. Calore, luce, grandezza e distanza del Sole...................197§ III. Superficie del Sole.......................................................199§ IV. Le macchie del Sole.....................................................200§ V. L’atmosfera del Sole......................................................204§ VI. La luce del Sole non è omogenea. Spettro della luce sola-re. Righe di Fraunhofer.........................................................207§ VII. Spettri prodotti da diverse sorgenti di luce. Spettrosco-pia..........................................................................................209§ VIII. Paragone dello spettro solare cogli spettri prodotti davapori metallici incandescenti...............................................210§ IX. Della materia solare.....................................................211§ X. Costituzione fisica del Sole. Origine del calore solare. 213

CAPITOLO QUINTO Le stelle.................................................218§ I. Il sole è una stella, e la più vicina di tutte le stelle.........218

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CAPITOLO TERZO Il Sistema solare......................................124§ I. Idea generale...................................................................124§ II. Come si presentano, visti dalla Terra, i pianeti interiori nelloro giro intorno al Sole........................................................132§ III. Notizie speciali sopra i pianeti inferiori.......................138

Mercurio...........................................................................138Venere...............................................................................143

§ IV. Come si presentano, visti dalla Terra, i pianeti superiorinel loro giro intorno al Sole..................................................147§ V. Notizie speciali sopra i pianeti esteriori.........................149

Marte................................................................................149Gli asteroidi o piccoli pianeti. Il piccolo pianeta Eros.....160Giove................................................................................163Saturno.............................................................................174Urano................................................................................178Nettuno. Se altri pianeti esistano al di là di Nettuno........181

§ VI. Comete, Stelle cadenti e Meteoriti...............................183CAPITOLO QUARTO Il Sole...................................................196

§ I. Il Sole e sua influenza sugli altri corpi del Sistema solare................................................................................................196§ II. Calore, luce, grandezza e distanza del Sole...................197§ III. Superficie del Sole.......................................................199§ IV. Le macchie del Sole.....................................................200§ V. L’atmosfera del Sole......................................................204§ VI. La luce del Sole non è omogenea. Spettro della luce sola-re. Righe di Fraunhofer.........................................................207§ VII. Spettri prodotti da diverse sorgenti di luce. Spettrosco-pia..........................................................................................209§ VIII. Paragone dello spettro solare cogli spettri prodotti davapori metallici incandescenti...............................................210§ IX. Della materia solare.....................................................211§ X. Costituzione fisica del Sole. Origine del calore solare. 213

CAPITOLO QUINTO Le stelle.................................................218§ I. Il sole è una stella, e la più vicina di tutte le stelle.........218

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§ II. Splendore e grandezza delle stelle.................................220§ III. Colori delle stelle.........................................................222§ IV. Le stelle temporarie o «nuove.»...................................224§ V. Le stelle variabili...........................................................226§ VI. La Via Lattea. Distribuzione apparente delle stelle.....229§ VII. Le costellazioni. — I nomi delle stelle.......................230§ VIII. Spettri delle stelle......................................................234§ IX. Spettri stellari tipici......................................................235§ X. Spettri dei corpi semplici e dei composti......................237§ XI. Diversa temperatura e diversa composizione chimicadelle stelle.............................................................................237§ XII. Movimenti apparenti e proprii delle stelle..................239§ XIII. Stelle doppie e multiple.............................................244§ XIV. Cumuli e nebule.........................................................246§ XV. Spettri e natura delle nebule........................................250

CAPITOLO SESTO Fotografia astronomica...........................254§ I. Come la fotografia divenne un nuovo metodo di osserva-zione astronomica.................................................................254§ II. Fotografie della Luna, di Giove e di Saturno................259§ III. Fotografie del Sole. Granuli, grani di riso, filamenti luci-di della fotosfera....................................................................262§ IV. Fotografie della cromosfera e delle protuberanze delSole. Spettro-eliografo..........................................................264§ V. Tentativi fatti per ottenere fotografie della «corona» anchea Sole non eclissato. Costituzione della «corona». Coronio.267§ VI. Fotografia delle stelle. Risultati suoi di indole generale edi importanza cosmica..........................................................270§ VII. Carta fotografica del Cielo. Catalogo delle stelle dallaprima all’undecima grandezza..............................................276§ VIII. Applicazione della Fotografia alla scoperta dei piccolipianeti....................................................................................279§ IX. Fotografia degli spettri delle stelle...............................280§ X. Fotografie di alcune parti della Via Lattea....................282§ XI. Fotografia delle nebule................................................283

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§ II. Splendore e grandezza delle stelle.................................220§ III. Colori delle stelle.........................................................222§ IV. Le stelle temporarie o «nuove.»...................................224§ V. Le stelle variabili...........................................................226§ VI. La Via Lattea. Distribuzione apparente delle stelle.....229§ VII. Le costellazioni. — I nomi delle stelle.......................230§ VIII. Spettri delle stelle......................................................234§ IX. Spettri stellari tipici......................................................235§ X. Spettri dei corpi semplici e dei composti......................237§ XI. Diversa temperatura e diversa composizione chimicadelle stelle.............................................................................237§ XII. Movimenti apparenti e proprii delle stelle..................239§ XIII. Stelle doppie e multiple.............................................244§ XIV. Cumuli e nebule.........................................................246§ XV. Spettri e natura delle nebule........................................250

CAPITOLO SESTO Fotografia astronomica...........................254§ I. Come la fotografia divenne un nuovo metodo di osserva-zione astronomica.................................................................254§ II. Fotografie della Luna, di Giove e di Saturno................259§ III. Fotografie del Sole. Granuli, grani di riso, filamenti luci-di della fotosfera....................................................................262§ IV. Fotografie della cromosfera e delle protuberanze delSole. Spettro-eliografo..........................................................264§ V. Tentativi fatti per ottenere fotografie della «corona» anchea Sole non eclissato. Costituzione della «corona». Coronio.267§ VI. Fotografia delle stelle. Risultati suoi di indole generale edi importanza cosmica..........................................................270§ VII. Carta fotografica del Cielo. Catalogo delle stelle dallaprima all’undecima grandezza..............................................276§ VIII. Applicazione della Fotografia alla scoperta dei piccolipianeti....................................................................................279§ IX. Fotografia degli spettri delle stelle...............................280§ X. Fotografie di alcune parti della Via Lattea....................282§ XI. Fotografia delle nebule................................................283

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PREFAZIONEALLA QUARTA EDIZIONE

Incaricato dal solerte editore di curare questa nuovae quarta edizione dell’Astronomia di J. Norman Loc-kyer, mi proposi due scopi: svecchiare il libro, ridando-gli il carattere di contemporaneità che in questi ultimianni esso era andato man mano perdendo; dare mag-gior estensione ad alcune sue parti, sicchè esso avessea riuscire nel suo insieme più armonico.

A raggiungere l’intento propostomi, poche modifica-zioni. se non di forma, dovetti arrecare ai capitoli primoe secondo del Lockyer, veramente aurei; mi bastò in essiapporre sei note a piè di pagina, intercalare una nuovafigura (la 4 bis), fare aggiunte notevoli ai soli capi onumeri 20, 21, 25, 46, 83 e 95. Maggiori modificazionirichiesero i capitoli successivi; nel capitolo terzo fu ne-cessario apporre otto note, intercalare le nuove figure29 bis, 31 bis, 34 a, 34 b, aggiungere i capi 126, 127,128, 129, 130, 131, 134, 135, 136, 137, 138, 142, 143,144, 145, 151, 152, 153, 154, 159, 160, 161, 162, 165,180, 181, 182; nel capitolo quarto, nuovo è il capo 188,nuovi sono i paragrafi VI, VII, VIII, IX, X, riguardanti laSpettroscopia e la costituzione fisica del Sole; il capito-lo quinto richiese le nuove figure 41, 42, 45, e i nuoviparagrafi III, IV, V, VIII, IX, X, XI, XV. Un intero capitolo, ilsesto, mi fu infine necessario scrivere intorno alla foto-grafia astronomica.

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PREFAZIONEALLA QUARTA EDIZIONE

Incaricato dal solerte editore di curare questa nuovae quarta edizione dell’Astronomia di J. Norman Loc-kyer, mi proposi due scopi: svecchiare il libro, ridando-gli il carattere di contemporaneità che in questi ultimianni esso era andato man mano perdendo; dare mag-gior estensione ad alcune sue parti, sicchè esso avessea riuscire nel suo insieme più armonico.

A raggiungere l’intento propostomi, poche modifica-zioni. se non di forma, dovetti arrecare ai capitoli primoe secondo del Lockyer, veramente aurei; mi bastò in essiapporre sei note a piè di pagina, intercalare una nuovafigura (la 4 bis), fare aggiunte notevoli ai soli capi onumeri 20, 21, 25, 46, 83 e 95. Maggiori modificazionirichiesero i capitoli successivi; nel capitolo terzo fu ne-cessario apporre otto note, intercalare le nuove figure29 bis, 31 bis, 34 a, 34 b, aggiungere i capi 126, 127,128, 129, 130, 131, 134, 135, 136, 137, 138, 142, 143,144, 145, 151, 152, 153, 154, 159, 160, 161, 162, 165,180, 181, 182; nel capitolo quarto, nuovo è il capo 188,nuovi sono i paragrafi VI, VII, VIII, IX, X, riguardanti laSpettroscopia e la costituzione fisica del Sole; il capito-lo quinto richiese le nuove figure 41, 42, 45, e i nuoviparagrafi III, IV, V, VIII, IX, X, XI, XV. Un intero capitolo, ilsesto, mi fu infine necessario scrivere intorno alla foto-grafia astronomica.

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Il libro per tal modo mi si andò trasformando ed am-pliando sotto mano; i capi suoi da 206 che erano saliro-no a 309; i suoi capitoli da cinque salirono a sei. Iospero però che esso così trasformato, pur essendo affat-to elementare, varrà a dare al lettore un concetto chiarodello stato presente dell’Astronomia, e a meglio popola-rizzare fra noi una scienza, fra le scienze naturali rico-nosciuta scienza principe, dotata d’una rara potenzaeducatrice, fatta per ispirare concetti sani e sereni, persollevare la mente senza portarla nell’incomprensibile,per allargarne i confini senza avviarla a creazioni fan-tastiche; fatta per essere conforto e sprone al pensatoredegno di tal nome, il quale alla scienza in generale nondomanda più di quello che essa nè può, nè vuole, nè,qualunque cosa dicasi dagli avversari suoi, presumedare, il quale per profondo convincimento sa che lascienza, grazie alla natura sua essenzialmente critica,finisce lei dove comincia la religione.

G. CELORIA.

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Il libro per tal modo mi si andò trasformando ed am-pliando sotto mano; i capi suoi da 206 che erano saliro-no a 309; i suoi capitoli da cinque salirono a sei. Iospero però che esso così trasformato, pur essendo affat-to elementare, varrà a dare al lettore un concetto chiarodello stato presente dell’Astronomia, e a meglio popola-rizzare fra noi una scienza, fra le scienze naturali rico-nosciuta scienza principe, dotata d’una rara potenzaeducatrice, fatta per ispirare concetti sani e sereni, persollevare la mente senza portarla nell’incomprensibile,per allargarne i confini senza avviarla a creazioni fan-tastiche; fatta per essere conforto e sprone al pensatoredegno di tal nome, il quale alla scienza in generale nondomanda più di quello che essa nè può, nè vuole, nè,qualunque cosa dicasi dagli avversari suoi, presumedare, il quale per profondo convincimento sa che lascienza, grazie alla natura sua essenzialmente critica,finisce lei dove comincia la religione.

G. CELORIA.

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PREFAZIONE ALLA PRESENTEQUINTA EDIZIONE

Per mantenere a questo Manuale il carattere dellacontemporaneità dovetti in questa nuova e quinta suaedizione apportare qua e là qualche cambiamento e fareparecchie aggiunte.

La figura 45 fu sostituita con altra ricavata da recen-ti fotografie che meglio e più fedelmente rappresentanola splendida nebulosa di Orione.

Le aggiunte furono o poste come Note a piè di paginao intercalate nel testo. Le maggiori fra esse riguardano:le migrazioni dei poli sulla superficie terrestre; la costi-tuzione fisica e alcuni dettagli della superficie dellaLuna; la rotazione di Venere; i fenomeni e le configura-zioni della superficie di Marte; il piccolo pianeta Eros;la macchia rossa di Giove; la durata della rotazione diSaturno; la forma e la rotazione di Urano; il suppostopianeta trasnettuniano; il numero probabile delle come-te esistenti; gli sciami meteorici delle Perseidi, delleLeonidi, e delle. Andromedidi; le macchie del Sole e lerelazioni loro coi fenomeni della Fisica terrestre; laCromosfera e la Corona del Sole; l’Elio; l’origine delcalor solare; l’importanza del colore delle Stelle; l’ori-gine probabile delle stelle nuove; il moto di traslazionedel Sole e i moti proprii delle stelle: l’ipotesi meteoricasull’origine delle nebulose; le fotografie della Luna edel Sole; l’irradiazione termica della Corona solare; i

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PREFAZIONE ALLA PRESENTEQUINTA EDIZIONE

Per mantenere a questo Manuale il carattere dellacontemporaneità dovetti in questa nuova e quinta suaedizione apportare qua e là qualche cambiamento e fareparecchie aggiunte.

La figura 45 fu sostituita con altra ricavata da recen-ti fotografie che meglio e più fedelmente rappresentanola splendida nebulosa di Orione.

Le aggiunte furono o poste come Note a piè di paginao intercalate nel testo. Le maggiori fra esse riguardano:le migrazioni dei poli sulla superficie terrestre; la costi-tuzione fisica e alcuni dettagli della superficie dellaLuna; la rotazione di Venere; i fenomeni e le configura-zioni della superficie di Marte; il piccolo pianeta Eros;la macchia rossa di Giove; la durata della rotazione diSaturno; la forma e la rotazione di Urano; il suppostopianeta trasnettuniano; il numero probabile delle come-te esistenti; gli sciami meteorici delle Perseidi, delleLeonidi, e delle. Andromedidi; le macchie del Sole e lerelazioni loro coi fenomeni della Fisica terrestre; laCromosfera e la Corona del Sole; l’Elio; l’origine delcalor solare; l’importanza del colore delle Stelle; l’ori-gine probabile delle stelle nuove; il moto di traslazionedel Sole e i moti proprii delle stelle: l’ipotesi meteoricasull’origine delle nebulose; le fotografie della Luna edel Sole; l’irradiazione termica della Corona solare; i

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risultati di indole generale e di importanza cosmica del-la fotografia stellare, e della fotografia delle nebulose.

Molte sono queste aggiunte, moltissime anzi se sipensi che esse furono necessarie in una edizione la qua-le segue di nove anni soltanto la precedente. Per esseviene con evidenza dimostrato quanto incessanti siano iprogressi dell’Astronomia, che oggi si inoltra sicura pervie diverse, alcune delle quali affatto nuove.

Milano, marzo 1904.

G. CELORIA.

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risultati di indole generale e di importanza cosmica del-la fotografia stellare, e della fotografia delle nebulose.

Molte sono queste aggiunte, moltissime anzi se sipensi che esse furono necessarie in una edizione la qua-le segue di nove anni soltanto la precedente. Per esseviene con evidenza dimostrato quanto incessanti siano iprogressi dell’Astronomia, che oggi si inoltra sicura pervie diverse, alcune delle quali affatto nuove.

Milano, marzo 1904.

G. CELORIA.

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PRIME NOZIONI DI ASTRONOMIA.INTRODUZIONE

1. Chiunque voi siate, che vi ponete a leggere questolibro, saprete che cosa sia una casa, e di certo conosce-rete la vostra propria. Saprete altresì che l’insieme ditutte le case e di tutte le vie forma il villaggio, o la cittàin cui siete nato, in cui vivete.

E se ne siete uscito, avrete certo veduto in lontananzaspuntar campanili e torri elevatissime di mezzo ad altriaggruppamenti di case, che formano a volta loro altreborgate o altre città.

Il complesso dei villaggi e delle città, colle circostanticampagne, ove si parla la vostra lingua, costituisce ilvostro paese, la vostra patria, l’Italia.

2. Ma queste cose, o lettore, voi le sapete; e sapeteche in Italia a centinaia si contano le città, a migliaia leborgate e i villaggi. E non dovete neppur ignorare, per-chè l’avete letto od udito, che, oltre all’Italia che

L’Appennin parte e il mar circonda e l’Alpe,

v’ha la Francia e l’Allemagna, v’hanno al di là altri pae-si, i quali coll’Italia, colla Francia, colla Germania ap-partengono a un tutto che si chiama Europa.

Se poi avrete studiato alquanto di Geografia potretedirmi che dall’Europa si passa, anche per terra, in Asia edall’Asia in Africa, le quali due vaste contrade insiemeall’Europa costituiscono il Continente Antico, tutto cir-

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PRIME NOZIONI DI ASTRONOMIA.INTRODUZIONE

1. Chiunque voi siate, che vi ponete a leggere questolibro, saprete che cosa sia una casa, e di certo conosce-rete la vostra propria. Saprete altresì che l’insieme ditutte le case e di tutte le vie forma il villaggio, o la cittàin cui siete nato, in cui vivete.

E se ne siete uscito, avrete certo veduto in lontananzaspuntar campanili e torri elevatissime di mezzo ad altriaggruppamenti di case, che formano a volta loro altreborgate o altre città.

Il complesso dei villaggi e delle città, colle circostanticampagne, ove si parla la vostra lingua, costituisce ilvostro paese, la vostra patria, l’Italia.

2. Ma queste cose, o lettore, voi le sapete; e sapeteche in Italia a centinaia si contano le città, a migliaia leborgate e i villaggi. E non dovete neppur ignorare, per-chè l’avete letto od udito, che, oltre all’Italia che

L’Appennin parte e il mar circonda e l’Alpe,

v’ha la Francia e l’Allemagna, v’hanno al di là altri pae-si, i quali coll’Italia, colla Francia, colla Germania ap-partengono a un tutto che si chiama Europa.

Se poi avrete studiato alquanto di Geografia potretedirmi che dall’Europa si passa, anche per terra, in Asia edall’Asia in Africa, le quali due vaste contrade insiemeall’Europa costituiscono il Continente Antico, tutto cir-

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condato da sterminate estensioni di acque, che diconsioceani e mari; e penserete che, come l’Europa va divisain diversi paesi, popolati di città e di villaggi ove si par-lano differenti favelle, così divise andranno le altre partidel nostro antico Continente.

Avrete ben inteso che al di là degli oceani vi sono duealtri continenti, l’America e l’Australia; che i continentitutti, insieme cogli oceani e coi mari, formano il globoterraqueo, la Terra, su cui vivono milioni d’uomini si-mili a voi.

3. Come la vostra casa fa parte della città, e come lavostra città è una delle tante che coi loro territorii for-mano l’Italia, così l’Italia può essere, come è infatti,parte di un continente, e un continente parte della Terra.È a quel modo che voi conoscete il quartiere o rione incui è la vostra dimora, e sapete non solo questa ritrovarepasseggiando per la città vostra, ma altresì indicarne adaltrui il sito preciso e la forma e la grandezza, del parialtri, dopo aver viaggiato sulla superficie della Terra,potrà dare a voi notizia di lontani paesi, di altri conti-nenti, e dirvi insieme quale ne sia la estensione e la for-ma.

Nulla di più interessante che siffatte narrazioni, e nul-la di più alto a destare la curiosità, felice dono che la na-tura fece all’uomo; e la curiosità, una volta eccitata, maisi acqueta e ad una domanda altra fa seguire. Esaurita laGeografia, ossia la descrizione della superficie dellaTerra, mi par d’udirvi chiedere che cosa sia in sostanzacodesta Terra su cui il vostro narratore ha viaggiato at-

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condato da sterminate estensioni di acque, che diconsioceani e mari; e penserete che, come l’Europa va divisain diversi paesi, popolati di città e di villaggi ove si par-lano differenti favelle, così divise andranno le altre partidel nostro antico Continente.

Avrete ben inteso che al di là degli oceani vi sono duealtri continenti, l’America e l’Australia; che i continentitutti, insieme cogli oceani e coi mari, formano il globoterraqueo, la Terra, su cui vivono milioni d’uomini si-mili a voi.

3. Come la vostra casa fa parte della città, e come lavostra città è una delle tante che coi loro territorii for-mano l’Italia, così l’Italia può essere, come è infatti,parte di un continente, e un continente parte della Terra.È a quel modo che voi conoscete il quartiere o rione incui è la vostra dimora, e sapete non solo questa ritrovarepasseggiando per la città vostra, ma altresì indicarne adaltrui il sito preciso e la forma e la grandezza, del parialtri, dopo aver viaggiato sulla superficie della Terra,potrà dare a voi notizia di lontani paesi, di altri conti-nenti, e dirvi insieme quale ne sia la estensione e la for-ma.

Nulla di più interessante che siffatte narrazioni, e nul-la di più alto a destare la curiosità, felice dono che la na-tura fece all’uomo; e la curiosità, una volta eccitata, maisi acqueta e ad una domanda altra fa seguire. Esaurita laGeografia, ossia la descrizione della superficie dellaTerra, mi par d’udirvi chiedere che cosa sia in sostanzacodesta Terra su cui il vostro narratore ha viaggiato at-

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traverso continenti e mari, e di cui forse v’avrà anchedetto d’aver fatto il giro!

E poi, quando ben saprete che cos’è la Terra, vi na-scerà il dubbio, cui vorrete pur chiarire, che la Terrastessa possa far parte di qualche altro tutto più grande,nel quale potrebbero, per avventura, trovarsi altre terresimili ad essa. E allora vorrete sapere eziandio qual po-sto in quel tutto essa Terra occupa, a quel modo che giàsapete, qual sito occupa la casa vostra nella vostra città,e già veduto avete sulle carte geografiche qual posto oc-cupa la vostra città nel paese vostro e il paese vostronell’Europa. Nè tralascerete poi d’informarvi altresì se ilSole, la Luna, le Stelle facciano parte anch’essi di quel-lo stesso tutto, se siano vicini o lontani, quanto sianograndi e se realmente si muovono nel cielo, così comeappare agli occhi vostri. E cammin facendo altri corpidello spazio diversi dal Sole, dalla Luna, dalle Stelle im-parerete a conoscere, e più e più vi persuaderete che inTerra e in cielo vi sono ben più cose di quelle che la fan-tasia nostra possa immaginare e la nostra scienza pensa-re.

4. Ora di tutto questo voglio provarmi, o lettore, adarvi notizia in questo piccolo libro. Veramente non ècosa tanto facile, trattandosi di oggetti immensi di mole,e di distanze sterminatamente grandi; tuttavia, se voim’aiutate colla vostra attenzione, credo che vi riuscirò.E quando avrete fatto questo studio, troverete anchemolta minor difficoltà a comprendere certe cose che siincontrano nei libri specialmente destinati alla descrizio-

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traverso continenti e mari, e di cui forse v’avrà anchedetto d’aver fatto il giro!

E poi, quando ben saprete che cos’è la Terra, vi na-scerà il dubbio, cui vorrete pur chiarire, che la Terrastessa possa far parte di qualche altro tutto più grande,nel quale potrebbero, per avventura, trovarsi altre terresimili ad essa. E allora vorrete sapere eziandio qual po-sto in quel tutto essa Terra occupa, a quel modo che giàsapete, qual sito occupa la casa vostra nella vostra città,e già veduto avete sulle carte geografiche qual posto oc-cupa la vostra città nel paese vostro e il paese vostronell’Europa. Nè tralascerete poi d’informarvi altresì se ilSole, la Luna, le Stelle facciano parte anch’essi di quel-lo stesso tutto, se siano vicini o lontani, quanto sianograndi e se realmente si muovono nel cielo, così comeappare agli occhi vostri. E cammin facendo altri corpidello spazio diversi dal Sole, dalla Luna, dalle Stelle im-parerete a conoscere, e più e più vi persuaderete che inTerra e in cielo vi sono ben più cose di quelle che la fan-tasia nostra possa immaginare e la nostra scienza pensa-re.

4. Ora di tutto questo voglio provarmi, o lettore, adarvi notizia in questo piccolo libro. Veramente non ècosa tanto facile, trattandosi di oggetti immensi di mole,e di distanze sterminatamente grandi; tuttavia, se voim’aiutate colla vostra attenzione, credo che vi riuscirò.E quando avrete fatto questo studio, troverete anchemolta minor difficoltà a comprendere certe cose che siincontrano nei libri specialmente destinati alla descrizio-

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ne della Terra e delle sue diverse regioni, dell’Universoe delle sue plaghe sterminate.

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ne della Terra e delle sue diverse regioni, dell’Universoe delle sue plaghe sterminate.

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CAPITOLO PRIMOLa Terra e i suoi movimenti.

§ I.La Terra non è piana.

5. Prima d’ogni altra cosa voi domanderete che cosa èquesta Terra su cui esistono continenti e mari; è un cor-po opaco, oscuro, di immensa mole, che gira intorno adun altro molto più grande, da cui riceve luce e calore.

Cerchiamo di farci un qualche concetto della sua for-ma e della sua grandezza.

Se noi potessimo staccarci dalla Terra e trasportarcilontan lontano, sì da poterne abbracciare collo sguardol’insieme, ci riuscirebbe agevole il riconoscerne la for-ma; ma standovi sopra, piccoli come siamo in confrontodella sua estesa superficie, la cosa può parere quasi im-possibile; eppure vi riesciremo.

6. Dovunque noi ci rechiamo, o camminando per di-porto, o viaggiando da una ad altra città, troviamo osta-coli che impediscono il libero espandersi del nostrosguardo. Se percorriamo un paese montuoso, son colli-ne, son monti che limitano da ogni parte la vista; seascendiamo una vetta, le visuali in alcune direzioni siarrestano sopra vette più alte, in altre direzioni si spro-fondano in valli più o meno anguste; se ci moviamo in

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CAPITOLO PRIMOLa Terra e i suoi movimenti.

§ I.La Terra non è piana.

5. Prima d’ogni altra cosa voi domanderete che cosa èquesta Terra su cui esistono continenti e mari; è un cor-po opaco, oscuro, di immensa mole, che gira intorno adun altro molto più grande, da cui riceve luce e calore.

Cerchiamo di farci un qualche concetto della sua for-ma e della sua grandezza.

Se noi potessimo staccarci dalla Terra e trasportarcilontan lontano, sì da poterne abbracciare collo sguardol’insieme, ci riuscirebbe agevole il riconoscerne la for-ma; ma standovi sopra, piccoli come siamo in confrontodella sua estesa superficie, la cosa può parere quasi im-possibile; eppure vi riesciremo.

6. Dovunque noi ci rechiamo, o camminando per di-porto, o viaggiando da una ad altra città, troviamo osta-coli che impediscono il libero espandersi del nostrosguardo. Se percorriamo un paese montuoso, son colli-ne, son monti che limitano da ogni parte la vista; seascendiamo una vetta, le visuali in alcune direzioni siarrestano sopra vette più alte, in altre direzioni si spro-fondano in valli più o meno anguste; se ci moviamo in

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paese piano, la vista è circoscritta da alberi, da edifizii,talora anche da cime di montagne che lontane si elevanodietro di essi. E quivi, alla pianura, da qualunque partevolgiamo lo sguardo, ci pare di trovarci al centro di uncircolo il cui contorno, segnato da boscaglie, da siepi, dacase o da colline, sembra toccare in qualunque suo pun-to il firmamento; e in qualsivoglia direzione ci movia-mo, quel circolo ci accompagna sempre per così dire, esembra a noi di occupare continuamente il centro delpaese che ci si estende allo intorno.

Non è quindi in mezzo a monti, e neppure al pianoche noi potremo giudicare con fondamento della vera fi-gura della superficie terrestre; rechiamoci in luogo dovequesta si pari dinanzi a noi senza rilievi, senza accidentidi alberi, di edifizii o d’altro che ne disturbino la regola-rità; avviciniamoci alla riva del mare.

7. Eccovici. Osserviamo quella nave che parte per unlungo viaggio. Essa è ancora a noi vicina (in A, fig. 1);noi la vediamo tutta in mezzo al mare che si estende aldi qua e al di là di essa; mano mano che s’allontana,essa s’impicciolisce, pur rimanendo tutta per intero visi-bile; continua ad allontanarsi e intanto va crescendo lospazio di mare che ci separa da essa, diminuendo quelloche è tra essa e la linea PQ, linea la quale pare segni ilconfine tra il mare e il cielo.

Non passa molto tempo e la nave arriva in C, propriosulla linea PQ; la si vede ancor tutta dal livello delle ac-que fino alla punta degli alberi suoi, e nettamente si di-segna sul fondo del cielo; il mare sembra tutto al di qua

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paese piano, la vista è circoscritta da alberi, da edifizii,talora anche da cime di montagne che lontane si elevanodietro di essi. E quivi, alla pianura, da qualunque partevolgiamo lo sguardo, ci pare di trovarci al centro di uncircolo il cui contorno, segnato da boscaglie, da siepi, dacase o da colline, sembra toccare in qualunque suo pun-to il firmamento; e in qualsivoglia direzione ci movia-mo, quel circolo ci accompagna sempre per così dire, esembra a noi di occupare continuamente il centro delpaese che ci si estende allo intorno.

Non è quindi in mezzo a monti, e neppure al pianoche noi potremo giudicare con fondamento della vera fi-gura della superficie terrestre; rechiamoci in luogo dovequesta si pari dinanzi a noi senza rilievi, senza accidentidi alberi, di edifizii o d’altro che ne disturbino la regola-rità; avviciniamoci alla riva del mare.

7. Eccovici. Osserviamo quella nave che parte per unlungo viaggio. Essa è ancora a noi vicina (in A, fig. 1);noi la vediamo tutta in mezzo al mare che si estende aldi qua e al di là di essa; mano mano che s’allontana,essa s’impicciolisce, pur rimanendo tutta per intero visi-bile; continua ad allontanarsi e intanto va crescendo lospazio di mare che ci separa da essa, diminuendo quelloche è tra essa e la linea PQ, linea la quale pare segni ilconfine tra il mare e il cielo.

Non passa molto tempo e la nave arriva in C, propriosulla linea PQ; la si vede ancor tutta dal livello delle ac-que fino alla punta degli alberi suoi, e nettamente si di-segna sul fondo del cielo; il mare sembra tutto al di qua

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di essa. Stiamo attenti a quel che sta per succedere.La nave continua il suo cammino e sembra abbassarsi

sotto la linea PQ; a poco a poco il suo scafo scompare, ein D di essa non vedonsi più che le vele e l’alberatura;l’apparente immersione continua: in Q sono appena di-scernibili le cime degli alberi, tutto il resto della nave èinvisibile ed è sotto la linea PQ; poco al di là di Q anchela cima dell’alberatura scompare e della nave non vedesipiù traccia.

Stando a bordo della nave noi avremmo veduto inve-ce la torre MP scomparire a poco a poco, cominciandole parti più basse di essa ad immergersi apparentementenelle acque, poi quelle di mezzo, e finalmente il fastigio.

Portiamoci ancora in M e rivolgiamo la nostra atten-zione ad una nave in arrivo: accade il rovescio di quantogià osservammo per la nave in partenza. Da principio sivedono appena le punte degli alberi; poi gli alberi si er-gono interi sopra la linea PQ; indi appare a poco a pocoil corpo della nave; finalmente la nave vien tutta in vista

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di essa. Stiamo attenti a quel che sta per succedere.La nave continua il suo cammino e sembra abbassarsi

sotto la linea PQ; a poco a poco il suo scafo scompare, ein D di essa non vedonsi più che le vele e l’alberatura;l’apparente immersione continua: in Q sono appena di-scernibili le cime degli alberi, tutto il resto della nave èinvisibile ed è sotto la linea PQ; poco al di là di Q anchela cima dell’alberatura scompare e della nave non vedesipiù traccia.

Stando a bordo della nave noi avremmo veduto inve-ce la torre MP scomparire a poco a poco, cominciandole parti più basse di essa ad immergersi apparentementenelle acque, poi quelle di mezzo, e finalmente il fastigio.

Portiamoci ancora in M e rivolgiamo la nostra atten-zione ad una nave in arrivo: accade il rovescio di quantogià osservammo per la nave in partenza. Da principio sivedono appena le punte degli alberi; poi gli alberi si er-gono interi sopra la linea PQ; indi appare a poco a pocoil corpo della nave; finalmente la nave vien tutta in vista

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e si avvicina a noi lasciando dietro a sè sempre più largotratto di mare.

8. Or come spiegare tutti questi fatti? Non crederemocerto che la nave in partenza siasi realmente affondatanell’acqua, nè che l’altra in arrivo ne sia sorta; tanto piùche quanto di esse navi avvenne, accade di tutte le altrenavi che partono ed arrivano.

Riflettiamoci meglio. Quella linea PQ, dove pare cheil mare finisca e lungo la quale esso, per così dire, toccail cielo, di certo non segna un limite vero e reale dellaTerra; ad essa arrivate infatti, le navi in partenza nonscompaiono a un tratto, come corpo che giunto all’orlodi un piano ne cada; esse si occultano invece a poco apoco, abbassandosi gradatamente, mentre a chi sta sullaspiaggia aspettando una nave in arrivo, questa pare in-nalzarsi più e più di mano in mano che esso va alla stes-sa linea PQ accostandosi.

Non avete mai, o lettore, veduto alcuno salire sopraun monticello, raggiungere la vetta e scendere dalla ban-da opposta? E se ben vi avete posto mente non parvi ditrovare qualche analogia tra quello che notaste allora equello che sulla spiaggia adesso vedete?

Avete voi osservato da vicino e da ambo i lati quelmonticello? Se sì, la superficie vi sarà certamente appar-sa convessa.

Ebbene, anche la superficie del mare è una superficieconvessa.

Ora dei due fatti posso darvi a un tempo la spiegazio-ne, e posso provarvi insieme la giustezza del mio para-

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e si avvicina a noi lasciando dietro a sè sempre più largotratto di mare.

8. Or come spiegare tutti questi fatti? Non crederemocerto che la nave in partenza siasi realmente affondatanell’acqua, nè che l’altra in arrivo ne sia sorta; tanto piùche quanto di esse navi avvenne, accade di tutte le altrenavi che partono ed arrivano.

Riflettiamoci meglio. Quella linea PQ, dove pare cheil mare finisca e lungo la quale esso, per così dire, toccail cielo, di certo non segna un limite vero e reale dellaTerra; ad essa arrivate infatti, le navi in partenza nonscompaiono a un tratto, come corpo che giunto all’orlodi un piano ne cada; esse si occultano invece a poco apoco, abbassandosi gradatamente, mentre a chi sta sullaspiaggia aspettando una nave in arrivo, questa pare in-nalzarsi più e più di mano in mano che esso va alla stes-sa linea PQ accostandosi.

Non avete mai, o lettore, veduto alcuno salire sopraun monticello, raggiungere la vetta e scendere dalla ban-da opposta? E se ben vi avete posto mente non parvi ditrovare qualche analogia tra quello che notaste allora equello che sulla spiaggia adesso vedete?

Avete voi osservato da vicino e da ambo i lati quelmonticello? Se sì, la superficie vi sarà certamente appar-sa convessa.

Ebbene, anche la superficie del mare è una superficieconvessa.

Ora dei due fatti posso darvi a un tempo la spiegazio-ne, e posso provarvi insieme la giustezza del mio para-

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gone, per mezzo di una figura in cui vi rappresenterò ilcammino della nave di profilo invece che di prospetto(fig. 2).

È PM la torre appiè della quale eravamo poc’anzi, edOABCD è la superficie del mare lungo lo strada percor-sa dalla nave. Da P il nostro occhio getta la visuale PQtangente in B alla linea OBD, e non vede quindi che laporzione di mare compresa fra i punti O e B. Finchè unanave è in A o in B essa rimane visibile per intero, poichènulla fra essa e noi arresta la nostra vista. Ma al di là delpunto B lo sguardo, pur propagandosi lontano lunghessola retta BQ. non può vedere punti come C, D collocatisotto di essa retta, poichè la porzione di mare che siestende dall’osservatore fino a B, nasconde all’occhiodell’osservatore stesso la porzione che si estende al di làdi B.

Non vi ricorda la curva ABD della superficie del mareil profilo certamente più marcato del monticello? Non viriesce ora evidente il perchè la nave arrivata in C nonpossa vedersi tutta, e il perchè le parti che ne rimangonoancora per poco visibili sieno le più alte, e debban que-ste essere le ultime a scendere sotto la visuale PQ?

9. Se saliamo in M, in cima alla torre (fig. 3), la no-stra visuale diventa la Mq, mentre quella del luogo ovestavano prima era la PQ. Dal piè della torre il punto Barresta la visuale, e da quella posizione si cessa di veder

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gone, per mezzo di una figura in cui vi rappresenterò ilcammino della nave di profilo invece che di prospetto(fig. 2).

È PM la torre appiè della quale eravamo poc’anzi, edOABCD è la superficie del mare lungo lo strada percor-sa dalla nave. Da P il nostro occhio getta la visuale PQtangente in B alla linea OBD, e non vede quindi che laporzione di mare compresa fra i punti O e B. Finchè unanave è in A o in B essa rimane visibile per intero, poichènulla fra essa e noi arresta la nostra vista. Ma al di là delpunto B lo sguardo, pur propagandosi lontano lunghessola retta BQ. non può vedere punti come C, D collocatisotto di essa retta, poichè la porzione di mare che siestende dall’osservatore fino a B, nasconde all’occhiodell’osservatore stesso la porzione che si estende al di làdi B.

Non vi ricorda la curva ABD della superficie del mareil profilo certamente più marcato del monticello? Non viriesce ora evidente il perchè la nave arrivata in C nonpossa vedersi tutta, e il perchè le parti che ne rimangonoancora per poco visibili sieno le più alte, e debban que-ste essere le ultime a scendere sotto la visuale PQ?

9. Se saliamo in M, in cima alla torre (fig. 3), la no-stra visuale diventa la Mq, mentre quella del luogo ovestavano prima era la PQ. Dal piè della torre il punto Barresta la visuale, e da quella posizione si cessa di veder

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la nave quando questa è in H. Saliti in M la nostra visua-le lambisce la superficie del mare in b, e di là si cessa diveder la nave quando è in h: noti il lettore che i luoghi bed h sono molto più lontani dall’osservatore di quel cherispettivamente lo sieno B ed H.

Il campo visuale si va, conchiudiamo quindi, esten-dendo quanto più si sale; l’apparente vertice della curvadella superficie liquida si allontana sempre più. Checosa ne dedurremo? Che quella curva è dolcissima, os-sia di una debolissima convessità; ragione per cui sullaterra ferma e anche alla pianura, per pochi e lievi chesiano gli accidenti del suolo, ci riesce impossibile diconstatarne la curvità; chè anzi, in un raggio di 5 o 6 mi-glia e anche più, la superficie nel cui centro crediamo ditrovarci ci sembra perfettamente piana.

§ II.La Terra è molto grande.

10. Che la superficie del mare sia convessa, e che lacurvatura di questa superficie sia lievissima, l’ho prova-to coll’esempio della nave e coll’osservazione fattadall’alto della torre. Ma la stessa cosa non vi parrà forsealtrettanto facile a dimostrare e a capire quando si trattidella superficie asciutta della Terra, disseminata di mon-

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la nave quando questa è in H. Saliti in M la nostra visua-le lambisce la superficie del mare in b, e di là si cessa diveder la nave quando è in h: noti il lettore che i luoghi bed h sono molto più lontani dall’osservatore di quel cherispettivamente lo sieno B ed H.

Il campo visuale si va, conchiudiamo quindi, esten-dendo quanto più si sale; l’apparente vertice della curvadella superficie liquida si allontana sempre più. Checosa ne dedurremo? Che quella curva è dolcissima, os-sia di una debolissima convessità; ragione per cui sullaterra ferma e anche alla pianura, per pochi e lievi chesiano gli accidenti del suolo, ci riesce impossibile diconstatarne la curvità; chè anzi, in un raggio di 5 o 6 mi-glia e anche più, la superficie nel cui centro crediamo ditrovarci ci sembra perfettamente piana.

§ II.La Terra è molto grande.

10. Che la superficie del mare sia convessa, e che lacurvatura di questa superficie sia lievissima, l’ho prova-to coll’esempio della nave e coll’osservazione fattadall’alto della torre. Ma la stessa cosa non vi parrà forsealtrettanto facile a dimostrare e a capire quando si trattidella superficie asciutta della Terra, disseminata di mon-

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ti e di valli che la rendono tanto irregolare. Tuttavia,mercè alcune considerazioni che appoggererno sui no-stri ricordi e sull’altrui testimonianza, vi proverò anchequesto.

Sul mare, il campo visuale si allarga quanto più lo sicontempla dall’alto: ora io vi dico che lo stesso avvieneanche sulla terra ferma.

Chiunque salga in cima a un campanile domina collosguardo tutto il circuito della borgata circostante o dellacittà; se la cima è molto elevata, come avviene per ilcampanile di Giotto a Firenze e per la guglia del Duomodi Milano, l’occhio si spinge molto al di là del circuitoabitato ed abbraccia tutto all’ingiro una grande estensio-ne di campagne. Se il lettore ha qualche volta raggiuntala vetta di un monte altissimo, avrà spinto lo sguardoben più lungi che dalla cima di un edifizio, e, spaziandocon esso sopra intere provincie, avrà notato come, vedu-ti da quell’altezza, i monti più bassi e le ineguaglianzedel terreno sembrino svanire e come l’orizzonte di làrassomigli a quello del mare. Avverrebbe questo, se an-che la superficie della terra ferma non avesse la medesi-ma forma di quella del mare, e se non fosse essa purelievemente convessa?

11. Or che siete persuasi essere la superficie generaledei mari e dei continenti curva, resta che io vi dia la ra-gione della debole convessità di detta superficie.

Non aveste mai tra le mani un compasso e non trac-ciaste mai con esso dei circoli e degli archi come BOB',COC'? (fig. 4).

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ti e di valli che la rendono tanto irregolare. Tuttavia,mercè alcune considerazioni che appoggererno sui no-stri ricordi e sull’altrui testimonianza, vi proverò anchequesto.

Sul mare, il campo visuale si allarga quanto più lo sicontempla dall’alto: ora io vi dico che lo stesso avvieneanche sulla terra ferma.

Chiunque salga in cima a un campanile domina collosguardo tutto il circuito della borgata circostante o dellacittà; se la cima è molto elevata, come avviene per ilcampanile di Giotto a Firenze e per la guglia del Duomodi Milano, l’occhio si spinge molto al di là del circuitoabitato ed abbraccia tutto all’ingiro una grande estensio-ne di campagne. Se il lettore ha qualche volta raggiuntala vetta di un monte altissimo, avrà spinto lo sguardoben più lungi che dalla cima di un edifizio, e, spaziandocon esso sopra intere provincie, avrà notato come, vedu-ti da quell’altezza, i monti più bassi e le ineguaglianzedel terreno sembrino svanire e come l’orizzonte di làrassomigli a quello del mare. Avverrebbe questo, se an-che la superficie della terra ferma non avesse la medesi-ma forma di quella del mare, e se non fosse essa purelievemente convessa?

11. Or che siete persuasi essere la superficie generaledei mari e dei continenti curva, resta che io vi dia la ra-gione della debole convessità di detta superficie.

Non aveste mai tra le mani un compasso e non trac-ciaste mai con esso dei circoli e degli archi come BOB',COC'? (fig. 4).

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In allora vi sarete accorto che per tracciare circoli piùgrandi doveste vie più allargare le gambe del compasso,e in altre parole, prendere raggi più grandi; vi sarete ac-corti ancora che un arco piccolo descritto con un raggiograndissimo può quasi sembrare una linea retta.

12. Un corpo rotondo come una palla, da qualunquelato si guardi, presenta sempre all’occhio un circolo: didue corpi rotondi di differente grossezza il più grandepresenta necessariamente un circolo di maggior raggio,e, per quel che si è or ora detto, ha una superficie con-vessa molto meno curva.

Voi intenderete questo forse anche meglio, esaminan-do la fig. 4. Voi vi trovate in O e lì immagnatevi rappre-sentato dalla retta OA; per i vostri piedi passano due li-nee BOB', COC', la prima più convessa della seconda:da A voi gettate le visuali AB, AB' tangenti alla prima li-nea, gettate ancora le visuali AC, AC' tangenti alla se-conda; le visuali AB, AB' abbracceranno sulla prima li-nea un tratto BOB' molto più piccolo del tratto COC'compreso sulla seconda dalle visuali AC, AC'. E se que-sto tratto COC', oltre all’essere già grandissimo, s’allar-

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In allora vi sarete accorto che per tracciare circoli piùgrandi doveste vie più allargare le gambe del compasso,e in altre parole, prendere raggi più grandi; vi sarete ac-corti ancora che un arco piccolo descritto con un raggiograndissimo può quasi sembrare una linea retta.

12. Un corpo rotondo come una palla, da qualunquelato si guardi, presenta sempre all’occhio un circolo: didue corpi rotondi di differente grossezza il più grandepresenta necessariamente un circolo di maggior raggio,e, per quel che si è or ora detto, ha una superficie con-vessa molto meno curva.

Voi intenderete questo forse anche meglio, esaminan-do la fig. 4. Voi vi trovate in O e lì immagnatevi rappre-sentato dalla retta OA; per i vostri piedi passano due li-nee BOB', COC', la prima più convessa della seconda:da A voi gettate le visuali AB, AB' tangenti alla prima li-nea, gettate ancora le visuali AC, AC' tangenti alla se-conda; le visuali AB, AB' abbracceranno sulla prima li-nea un tratto BOB' molto più piccolo del tratto COC'compreso sulla seconda dalle visuali AC, AC'. E se que-sto tratto COC', oltre all’essere già grandissimo, s’allar-

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gherà anche più per poco che sul punto O vi eleviate,voi potrete esser certo che desso appartiene ad un circo-lo di raggio lunghissimo.

In qualunque punto della superficie terrestre voi vitroviate, le apparenze sono ognora le stesse; i vostri pie-di sono sempre sopra curve di una debolissima conves-sità, e la Terra, il cui contorno è circoscritto per ogniverso da simili curve, dev’essere quindi un corpo roton-deggiante di grandissima mole, o, con altre parole, uncorpo poco diverso da una palla o da un globo.

13. Come si possa giungere a conoscere la grandezzadella Terra, io non vel posso spiegare in questo piccololibro1; vi posso però dire, che da alcuni principii inse-

1 Non mi par difficile dare, a chi conosce anche solo i principiielementari della geometria, una idea chiara dei procedimenti coiquali si riesce a determinare le dimensioni della Terra.

Se si ammette ch’essa sia una sfera, basta, a risolvere il proble-ma delle sue dimensioni, cercare il suo raggio; e poichè il raggiodi una sfera è identico al raggio di ogni suo circolo massimo, epoichè ancora, data la lunghezza della circonferenza di un circolomassimo, ne è implicitamente dato il raggio, il problema in que-stione si riduce in ultima analisi a cercare quale sia la lunghezzadella circonferenza di uno dei circoli massimi della Terra.

È impossibile misurare direttamente una tale circonferenza, maper fortuna non è nemmeno necessario.

In ogni circonferenza di circolo si hanno due elementi distinti:l’ampiezza angolare che è di 360 gradi, la lunghezza della circon-ferenza che è il diametro moltiplicato per il numero costante3,1416. In ogni arco di circolo massimo si può considerare delpari l’ampiezza angolare, espressa in gradi, minuti primi e minutisecondi, la lunghezza, espressa in unità metriche. Fra questi ele-menti diversi esiste una proporzione assai semplice che si espri-

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gherà anche più per poco che sul punto O vi eleviate,voi potrete esser certo che desso appartiene ad un circo-lo di raggio lunghissimo.

In qualunque punto della superficie terrestre voi vitroviate, le apparenze sono ognora le stesse; i vostri pie-di sono sempre sopra curve di una debolissima conves-sità, e la Terra, il cui contorno è circoscritto per ogniverso da simili curve, dev’essere quindi un corpo roton-deggiante di grandissima mole, o, con altre parole, uncorpo poco diverso da una palla o da un globo.

13. Come si possa giungere a conoscere la grandezzadella Terra, io non vel posso spiegare in questo piccololibro1; vi posso però dire, che da alcuni principii inse-

1 Non mi par difficile dare, a chi conosce anche solo i principiielementari della geometria, una idea chiara dei procedimenti coiquali si riesce a determinare le dimensioni della Terra.

Se si ammette ch’essa sia una sfera, basta, a risolvere il proble-ma delle sue dimensioni, cercare il suo raggio; e poichè il raggiodi una sfera è identico al raggio di ogni suo circolo massimo, epoichè ancora, data la lunghezza della circonferenza di un circolomassimo, ne è implicitamente dato il raggio, il problema in que-stione si riduce in ultima analisi a cercare quale sia la lunghezzadella circonferenza di uno dei circoli massimi della Terra.

È impossibile misurare direttamente una tale circonferenza, maper fortuna non è nemmeno necessario.

In ogni circonferenza di circolo si hanno due elementi distinti:l’ampiezza angolare che è di 360 gradi, la lunghezza della circon-ferenza che è il diametro moltiplicato per il numero costante3,1416. In ogni arco di circolo massimo si può considerare delpari l’ampiezza angolare, espressa in gradi, minuti primi e minutisecondi, la lunghezza, espressa in unità metriche. Fra questi ele-menti diversi esiste una proporzione assai semplice che si espri-

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gnati dalle matematiche e da alcune misure fatte diretta-mente sulla superficie della Terra si è potuto dedurrecon discreta esattezza la lunghezza media del suo dia-metro uguale, in cifra tonda, a 12741 chilometri, quelladella circonferenza di un suo circolo massimo esatta-mente uguale a 40000 chilometri.

14. L’altezza delle montagne più elevate che si cono-scano è alquanto maggiore di 8 chilometri; tali monta-gne sembrano ai nostri occhi qualche cosa di enorme.Eppure, se si rappresentasse la Terra con un globo artifi-ciale di 1 metro di raggio, esse, trasportate in iscala suquel globo, figurerebbero come deboli rughe, come sca-brosità alte poco più di un millimetro. Potete da questoarguire quanto grande sia questo mondo terraqueo cheabitiamo.

15. La Terra ha dunque press’a poco la forma di unaimmensa palla il cui giro abbraccia non meno di 40000chilometri: per farvi una idea di questa lunghezza vi ba-

me così: l’ampiezza di un arco di circolo massimo sta alla sualunghezza, come 360 gradi stanno al numero 3,1416 moltiplicatoper il diametro del circolo stesso.

Se ci riesce quindi, ciò che non è difficile, a misurare sulla Terral’ampiezza e la lunghezza di un suo arco anche breve di circolomassimo, di un suo arco di meridiano ad esempio, il solo diame-tro terrestre rimane nella proporzione sopra riferita incognito, econ calcolo semplicissimo lo si può determinare.

La forma della Terra non è quella di una sfera, sebbene moltonon se ne allontani; solo quando si vuol tener conto della formarigorosa della Terra, il problema della determinazione delle suedimensioni diventa complesso e impossibile ad essere esposto po-polarmente.

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gnati dalle matematiche e da alcune misure fatte diretta-mente sulla superficie della Terra si è potuto dedurrecon discreta esattezza la lunghezza media del suo dia-metro uguale, in cifra tonda, a 12741 chilometri, quelladella circonferenza di un suo circolo massimo esatta-mente uguale a 40000 chilometri.

14. L’altezza delle montagne più elevate che si cono-scano è alquanto maggiore di 8 chilometri; tali monta-gne sembrano ai nostri occhi qualche cosa di enorme.Eppure, se si rappresentasse la Terra con un globo artifi-ciale di 1 metro di raggio, esse, trasportate in iscala suquel globo, figurerebbero come deboli rughe, come sca-brosità alte poco più di un millimetro. Potete da questoarguire quanto grande sia questo mondo terraqueo cheabitiamo.

15. La Terra ha dunque press’a poco la forma di unaimmensa palla il cui giro abbraccia non meno di 40000chilometri: per farvi una idea di questa lunghezza vi ba-

me così: l’ampiezza di un arco di circolo massimo sta alla sualunghezza, come 360 gradi stanno al numero 3,1416 moltiplicatoper il diametro del circolo stesso.

Se ci riesce quindi, ciò che non è difficile, a misurare sulla Terral’ampiezza e la lunghezza di un suo arco anche breve di circolomassimo, di un suo arco di meridiano ad esempio, il solo diame-tro terrestre rimane nella proporzione sopra riferita incognito, econ calcolo semplicissimo lo si può determinare.

La forma della Terra non è quella di una sfera, sebbene moltonon se ne allontani; solo quando si vuol tener conto della formarigorosa della Terra, il problema della determinazione delle suedimensioni diventa complesso e impossibile ad essere esposto po-polarmente.

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sti riflettere che a percorrerla a piedi, camminando dì enotte e senza interruzione, in ragione di chilometri 4,6all’ora, si impiegherebbe un anno; e occorrerebbero duemesi di viaggio in ferrovia se il treno avesse la velocitàordinaria di 20 chilometri all’ora e mai si fermasse pervia.

§ III.La Terra è isolata nello spazio, da nulla

pende sospesa, su nulla si appoggia.

16. Avrete, probabilmente, in qualche libro di Storia odi Geografia, letto di quei famosi navigatori portoghesie spagnuoli, che fecero per i primi il giro del globo.Dopo di loro, in epoche relativamente a noi vicine, altriviaggiatori, e italiani e francesi e inglesi, rifecero il giro,parte per mare, parte per terra, in tutti i versi, sicchè sesi tracciassero con linee sensibili i loro itinerarii, si ot-terrebbero delle curve intersecantisi in mille guise e tut-te insieme formanti una fitta rete intorno alla Terra.

Ebbene, quei viaggiatori non incontrarono altri osta-coli sul loro cammino che catene di monti, cui bastòloro salire per un versante e scendere dall’altro per con-tinuare il viaggio, che fiumi, laghi e mari, facilmente su-perabili colla navigazione. Partiti in una direzione, versoest ad esempio, continuando a camminare sempre inquella direzione stessa, sono ritornati a casa dalla dire-zione opposta. Dappertutto ebbero il cielo sopra le loroteste; dappertutto videro il Sole la Luna e le stelle girare

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sti riflettere che a percorrerla a piedi, camminando dì enotte e senza interruzione, in ragione di chilometri 4,6all’ora, si impiegherebbe un anno; e occorrerebbero duemesi di viaggio in ferrovia se il treno avesse la velocitàordinaria di 20 chilometri all’ora e mai si fermasse pervia.

§ III.La Terra è isolata nello spazio, da nulla

pende sospesa, su nulla si appoggia.

16. Avrete, probabilmente, in qualche libro di Storia odi Geografia, letto di quei famosi navigatori portoghesie spagnuoli, che fecero per i primi il giro del globo.Dopo di loro, in epoche relativamente a noi vicine, altriviaggiatori, e italiani e francesi e inglesi, rifecero il giro,parte per mare, parte per terra, in tutti i versi, sicchè sesi tracciassero con linee sensibili i loro itinerarii, si ot-terrebbero delle curve intersecantisi in mille guise e tut-te insieme formanti una fitta rete intorno alla Terra.

Ebbene, quei viaggiatori non incontrarono altri osta-coli sul loro cammino che catene di monti, cui bastòloro salire per un versante e scendere dall’altro per con-tinuare il viaggio, che fiumi, laghi e mari, facilmente su-perabili colla navigazione. Partiti in una direzione, versoest ad esempio, continuando a camminare sempre inquella direzione stessa, sono ritornati a casa dalla dire-zione opposta. Dappertutto ebbero il cielo sopra le loroteste; dappertutto videro il Sole la Luna e le stelle girare

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apparentemente in cielo intorno a loro. È quindi ben cer-to e dai fatti dimostrato che la Terra stà isolata in mezzoallo spazio; che non è sospesa ad alcuna fune, nè appog-giata ad alcun sostegno2.

17. Tutti gli abitanti della Terra ne occupano la super-ficie; essi, ed in generale tutti gli oggetti terrestri, sonotrattenuti sovra tal superficie dal loro peso, che è unaforza la quale tende ad avvicinarli al centro della Terra.

Una pietra, lasciata cadere in un pozzo, non si ferma,sinchè il suo peso non l’ha tratta fino al fondo, e se ilpozzo arrivasse col fondo suo fino al centro delle Terra,essa pietra non si fermerebbe che giunta a questo centro.

Un corpo che cade è un corpo che si avvicina al cen-tro della Terra. Giunto a questo centro esso non potreb-be proseguire il suo cammino che salendo nella direzio-ne contraria.

In conseguenza di questi fatti, tutti gli abitanti dellaTerra hanno il basso, i piedi, verso il centro di essa, e

2 Che la terra si libri sospesa nello spazio è cosa che qui si di-mostra e si accetta come verità di fatto, ma della quale è difficileacquistar coscienza intera. L’antichità pure l’ammise, ma si puòaffermare con sicurezza che essa non seppe mai spiegare a sè me-desima come la Terra e come in generale un corpo possa nellospazio librarsi isolato per ogni parte, nè sospeso, nè appoggiato.

Di questo fatto la vera ragione potè darsi solo nel secolo deci-mosettimo dopo la scoperta del principio della gravitazione uni-versale; di esso si riesce ad aver coscienza piena solo dopo essersiper lunga meditazione resa famigliare la conoscenza e delle rela-zioni che esistono fra le forze e i movimenti da esse prodotte, edelle leggi meccaniche che governano i moti dei proiettili o deigravi in generale.

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apparentemente in cielo intorno a loro. È quindi ben cer-to e dai fatti dimostrato che la Terra stà isolata in mezzoallo spazio; che non è sospesa ad alcuna fune, nè appog-giata ad alcun sostegno2.

17. Tutti gli abitanti della Terra ne occupano la super-ficie; essi, ed in generale tutti gli oggetti terrestri, sonotrattenuti sovra tal superficie dal loro peso, che è unaforza la quale tende ad avvicinarli al centro della Terra.

Una pietra, lasciata cadere in un pozzo, non si ferma,sinchè il suo peso non l’ha tratta fino al fondo, e se ilpozzo arrivasse col fondo suo fino al centro delle Terra,essa pietra non si fermerebbe che giunta a questo centro.

Un corpo che cade è un corpo che si avvicina al cen-tro della Terra. Giunto a questo centro esso non potreb-be proseguire il suo cammino che salendo nella direzio-ne contraria.

In conseguenza di questi fatti, tutti gli abitanti dellaTerra hanno il basso, i piedi, verso il centro di essa, e

2 Che la terra si libri sospesa nello spazio è cosa che qui si di-mostra e si accetta come verità di fatto, ma della quale è difficileacquistar coscienza intera. L’antichità pure l’ammise, ma si puòaffermare con sicurezza che essa non seppe mai spiegare a sè me-desima come la Terra e come in generale un corpo possa nellospazio librarsi isolato per ogni parte, nè sospeso, nè appoggiato.

Di questo fatto la vera ragione potè darsi solo nel secolo deci-mosettimo dopo la scoperta del principio della gravitazione uni-versale; di esso si riesce ad aver coscienza piena solo dopo essersiper lunga meditazione resa famigliare la conoscenza e delle rela-zioni che esistono fra le forze e i movimenti da esse prodotte, edelle leggi meccaniche che governano i moti dei proiettili o deigravi in generale.

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l’alto, il capo, nella direzione opposta, all’infuori dellasuperficie della Terra. Tutti ci appoggiamo coi piedi adessa superficie, tutti portiamo alta la testa, ed abbiamolo spazio celeste sopra il nostro capo.

Gli abitanti dei paesi che distano da noi di una mezzacirconferenza di circolo massimo e che si trovano quindirispetto a noi dall’altra parte del centro della Terra, vol-gono verso di noi i loro piedi e noi i nostri verso di loro:possiamo dire che essi sono sotto di noi, ed essi diconoche noi siamo sotto di loro. Questi abitanti di punti dellaTerra diametralmente opposti hanno i piedi rivolti gliuni verso gli altri, e soglionsi per questo chiamare anti-podi.

§ IV.La Terra ruota sopra sè stessa.

18. Si tratta ora di sapere se la Terra, librata com’ènello spazio, stia o non sempre ferma ed immobile allostesso posto. Osserviamo e riflettiamo. Ecco dei fatti, te-niamone calcolo.

Il Sole sorge la mattina, tramonta la sera, e nel tempoche passa fra il suo sorgere e tramontare abbiamo ilgiorno, in quello che passa fra il suo tramontare e il suosuccessivo sorgere abbiamo la notte. Questo è indubbia-mente l’effetto di un movimento o del Sole o della Ter-ra. Vediamo se dell’uno o dell’altra.

Noi assistiamo coi nostri proprii occhi al sorgere e altramontar del Sole; noi vediamo il Sole sorgere a levan-

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l’alto, il capo, nella direzione opposta, all’infuori dellasuperficie della Terra. Tutti ci appoggiamo coi piedi adessa superficie, tutti portiamo alta la testa, ed abbiamolo spazio celeste sopra il nostro capo.

Gli abitanti dei paesi che distano da noi di una mezzacirconferenza di circolo massimo e che si trovano quindirispetto a noi dall’altra parte del centro della Terra, vol-gono verso di noi i loro piedi e noi i nostri verso di loro:possiamo dire che essi sono sotto di noi, ed essi diconoche noi siamo sotto di loro. Questi abitanti di punti dellaTerra diametralmente opposti hanno i piedi rivolti gliuni verso gli altri, e soglionsi per questo chiamare anti-podi.

§ IV.La Terra ruota sopra sè stessa.

18. Si tratta ora di sapere se la Terra, librata com’ènello spazio, stia o non sempre ferma ed immobile allostesso posto. Osserviamo e riflettiamo. Ecco dei fatti, te-niamone calcolo.

Il Sole sorge la mattina, tramonta la sera, e nel tempoche passa fra il suo sorgere e tramontare abbiamo ilgiorno, in quello che passa fra il suo tramontare e il suosuccessivo sorgere abbiamo la notte. Questo è indubbia-mente l’effetto di un movimento o del Sole o della Ter-ra. Vediamo se dell’uno o dell’altra.

Noi assistiamo coi nostri proprii occhi al sorgere e altramontar del Sole; noi vediamo il Sole sorgere a levan-

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te, salire sull’orizzonte, raggiungere sovr’esso un’altez-za massima, discendere in seguito verso esso, tramonta-re a ponente, descrivendo in cielo un grande arco che siappoggia, per modo di dire, a due punti quasi opposti diquel circolo che si è chiamato orizzonte e che limita lasuperficie visibile della campagna; lo stesso vediam farela Luna, e di notte le stelle pure vediamo sorgere, innal-zarsi sull’orizzonte, abbassarsi ver esso, tramontare.Tutti i corpi del cielo sorgono in un punto dell’orizzon-te, tramontano in un punto opposto; il tempo che impie-gano a sorgere, tramontare e successivamente risorgereè per tutti lo stesso; si direbbe che il cielo gira attorno anoi e con sè porta tutti gli astri.

Gli antichi, illusi da quest’apparenza, per molti secolicredettero ciò che noi pure, ove ci lasciassimo guidaredalla mera apparenza, potremmo credere, credetterocioè che la Terra fosse assolutamente immobile nel cen-tro del firmamento e che il firmamento intorno ad essaTerra girasse.

Tale credenza prevalse fino ai tempi di due illustriastronomi, Copernico e Galileo, del quale ultimo avreteforse udito citare il celebre motto «eppur si muove.» Male osservazioni continuate, il ragionamento, la criticaappoggiata al buon senso a poco a poco mandarono indiscredito quell’opinione. Riconosciutosi infatti che ilSole e le stelle sono anch’essi corpi immensi, molte emolte volte maggiori della Terra, come mai potevasicontinuar a credere che essi girassero perpetuamente in-torno al piccol globo terrestre, a differenti grandissime

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te, salire sull’orizzonte, raggiungere sovr’esso un’altez-za massima, discendere in seguito verso esso, tramonta-re a ponente, descrivendo in cielo un grande arco che siappoggia, per modo di dire, a due punti quasi opposti diquel circolo che si è chiamato orizzonte e che limita lasuperficie visibile della campagna; lo stesso vediam farela Luna, e di notte le stelle pure vediamo sorgere, innal-zarsi sull’orizzonte, abbassarsi ver esso, tramontare.Tutti i corpi del cielo sorgono in un punto dell’orizzon-te, tramontano in un punto opposto; il tempo che impie-gano a sorgere, tramontare e successivamente risorgereè per tutti lo stesso; si direbbe che il cielo gira attorno anoi e con sè porta tutti gli astri.

Gli antichi, illusi da quest’apparenza, per molti secolicredettero ciò che noi pure, ove ci lasciassimo guidaredalla mera apparenza, potremmo credere, credetterocioè che la Terra fosse assolutamente immobile nel cen-tro del firmamento e che il firmamento intorno ad essaTerra girasse.

Tale credenza prevalse fino ai tempi di due illustriastronomi, Copernico e Galileo, del quale ultimo avreteforse udito citare il celebre motto «eppur si muove.» Male osservazioni continuate, il ragionamento, la criticaappoggiata al buon senso a poco a poco mandarono indiscredito quell’opinione. Riconosciutosi infatti che ilSole e le stelle sono anch’essi corpi immensi, molte emolte volte maggiori della Terra, come mai potevasicontinuar a credere che essi girassero perpetuamente in-torno al piccol globo terrestre, a differenti grandissime

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distanze e nello stesso intervallo di tempo? Si giudicò,con miglior criterio, che non il cielo con tutti gli astrisuoi girasse, ma la Terra sola ruotasse invece sopra sèstessa, e ciò tanto più a ragione in quantochè, sia che ilcielo con tutti i suoi astri giri attorno alla Terra, sia chegiri invece la Terra attorno ad un proprio asse di rotazio-ne e in verso opposto, le apparenze non mutano, comeverrò mostrandovi con qualche paragone.

Voi vedete sorgere gli astri a levante e tramontare aponente, e non avete intorno a voi nessun punto fisso alquale riferire il moto di essi astri e non siete per conse-guenza in grado di giudicare se siano gli astri che giranoo se non siate piuttosto voi che girate in direzione oppo-sta; nessuna scossa, nessun rumore, nessun spostamentofra gli oggetti terrestri intorno a voi ve ne avverte.

A ben capire come questo avvenga giova riflettere unmomento al fatto seguente ben noto: quando voi viag-giate chiuso nella carrozza di un convoglio ferroviarioin moto, se guardate fuor dal finestrino, vedete i pali deltelegrafo, gli alberi, le cantoniere e tutto ciò che è fissoal terreno corrervi incontro e fuggire quasi dietro di voi;se guardate invece dentro la carrozza ogni cosa sta fer-ma a suo posto e i viaggiatori comodamente seduti si in-trattengono fra di loro come nel salotto di una casa. Senon sapeste positivamente di esser velocemente traspor-tati dalla locomotiva, non è egli vero che voi potrestepensare essere gli alberi, i pali, gli edifizi che si muovo-no, correndo in direzione opposta a quella del convo-glio? Al modo stesso il cielo sembra rotare attorno ad un

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distanze e nello stesso intervallo di tempo? Si giudicò,con miglior criterio, che non il cielo con tutti gli astrisuoi girasse, ma la Terra sola ruotasse invece sopra sèstessa, e ciò tanto più a ragione in quantochè, sia che ilcielo con tutti i suoi astri giri attorno alla Terra, sia chegiri invece la Terra attorno ad un proprio asse di rotazio-ne e in verso opposto, le apparenze non mutano, comeverrò mostrandovi con qualche paragone.

Voi vedete sorgere gli astri a levante e tramontare aponente, e non avete intorno a voi nessun punto fisso alquale riferire il moto di essi astri e non siete per conse-guenza in grado di giudicare se siano gli astri che giranoo se non siate piuttosto voi che girate in direzione oppo-sta; nessuna scossa, nessun rumore, nessun spostamentofra gli oggetti terrestri intorno a voi ve ne avverte.

A ben capire come questo avvenga giova riflettere unmomento al fatto seguente ben noto: quando voi viag-giate chiuso nella carrozza di un convoglio ferroviarioin moto, se guardate fuor dal finestrino, vedete i pali deltelegrafo, gli alberi, le cantoniere e tutto ciò che è fissoal terreno corrervi incontro e fuggire quasi dietro di voi;se guardate invece dentro la carrozza ogni cosa sta fer-ma a suo posto e i viaggiatori comodamente seduti si in-trattengono fra di loro come nel salotto di una casa. Senon sapeste positivamente di esser velocemente traspor-tati dalla locomotiva, non è egli vero che voi potrestepensare essere gli alberi, i pali, gli edifizi che si muovo-no, correndo in direzione opposta a quella del convo-glio? Al modo stesso il cielo sembra rotare attorno ad un

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asse proprio di rotazione da oriente ad occidente, mentrein realtà non ruota e siam noi che ruotiamo colla Terranel verso opposto da occidente ad oriente.

Qui però è da notare una piccola differenza;nell’esempio accennato, le piante, gli edifizii vi corronoincontro e fuggono in linea retta, e ciò dipende dal fattoche voi pure correte in linea retta. Gli astri invece de-scrivono in cielo degli archi di circonferenze di circolo,e questo facilmente per analogia si spiega ammettendo,come si è pur ora asserito, che non gli astri ma l’osser-vatore stesso descriva una circonferenza, e la descrivastando sulla Terra. E poichè altrettanto accade per tuttigli osservatori sparsi sulla superficie terrestre, ragionvuole si dica che essi tutti girano, che cioè la Terra, laquale tutti li porta, gira e fa che essi girino in determina-te circonferenze; questo fatto si enuncia colle seguentiparole: la Terra ruota sopra sè stessa.

19. Spieghiamo bene che cosa significhi questa frase«ruotare sopra sè stesso, o intorno al proprio asse.»

Il fatto del ruotare vi è di certo caduto sott’occhio mi-gliaia di volte senza che forse vi abbiate posto mente;fors’anco esso vi sarà più volte apparso complicato daquello della traslazione, e in tal caso vi sarà riuscito dif-ficile distinguere chiaramente l’un moto dall’altro.Complesso ad esempio è il moto delle ruote di una car-rozza, le quali ruotano, ovvero girano intorno alle lorosale o assi, nel tempo stesso che trasportano la carrozzada un luogo ad un altro. Semplice invece è il moto d’unaruota da affilare; essa non ha altro moto che quello di

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asse proprio di rotazione da oriente ad occidente, mentrein realtà non ruota e siam noi che ruotiamo colla Terranel verso opposto da occidente ad oriente.

Qui però è da notare una piccola differenza;nell’esempio accennato, le piante, gli edifizii vi corronoincontro e fuggono in linea retta, e ciò dipende dal fattoche voi pure correte in linea retta. Gli astri invece de-scrivono in cielo degli archi di circonferenze di circolo,e questo facilmente per analogia si spiega ammettendo,come si è pur ora asserito, che non gli astri ma l’osser-vatore stesso descriva una circonferenza, e la descrivastando sulla Terra. E poichè altrettanto accade per tuttigli osservatori sparsi sulla superficie terrestre, ragionvuole si dica che essi tutti girano, che cioè la Terra, laquale tutti li porta, gira e fa che essi girino in determina-te circonferenze; questo fatto si enuncia colle seguentiparole: la Terra ruota sopra sè stessa.

19. Spieghiamo bene che cosa significhi questa frase«ruotare sopra sè stesso, o intorno al proprio asse.»

Il fatto del ruotare vi è di certo caduto sott’occhio mi-gliaia di volte senza che forse vi abbiate posto mente;fors’anco esso vi sarà più volte apparso complicato daquello della traslazione, e in tal caso vi sarà riuscito dif-ficile distinguere chiaramente l’un moto dall’altro.Complesso ad esempio è il moto delle ruote di una car-rozza, le quali ruotano, ovvero girano intorno alle lorosale o assi, nel tempo stesso che trasportano la carrozzada un luogo ad un altro. Semplice invece è il moto d’unaruota da affilare; essa non ha altro moto che quello di

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rotazione, e, ruotando, fa sì che tutti i punti della sua pe-riferia vengano successivamente a passare sotto gli oc-chi dell’arrotino.

Ma per venire ad un paragone più calzante, osservateuna palla montata su un tornio, mentre l’operaio la fa gi-rare per darle l’ultima mano: voi siete in una camera,dalla cui unica finestrella un largo fascio di luce entran-do batte proprio sulla palla. Una metà della palla, quellaverso la finestra, è sempre illuminata, l’altra metà,dall’opposta banda, è sempre oscura; immaginate unnodo oppure un qualunque piccolo disegno nel legnoche è sul tornio, guardate e vedrete che esso ad ogni giropassa per il fascio dei raggi del Sole, e per una parte delgiro attraversa lo sprazzo di luce solare, per la restanteparte resta nell’ombra.

Vediamo ora più da vicino come giri la palla. Le pun-te dei toppi la stringono in due punti opposti che sonoagli estremi di un suo diametro; questi punti voi non livedete girare, ma intorno ad essi gira visibilmente lapalla, quasi fosse attraversata da una spina.

Noi possiamo immaginare che la Terra analogamentegiri; ai punti che durante la rotazione rimangono fermidaremo il nome di poli, al diametro che attraverso allaTerra possiamo immaginare dall’un polo all’altro dare-mo il nome di asse della rotazione. Se per avventura ilnodo o il piccolo disegno che immaginaste nella pallamontata sul tornio si trovasse proprio ad egual distanzadalle punte dei toppi, il circolo ch’esso descriverebbedurante un giro vi potrebbe dar un’idea di ciò che sulla

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rotazione, e, ruotando, fa sì che tutti i punti della sua pe-riferia vengano successivamente a passare sotto gli oc-chi dell’arrotino.

Ma per venire ad un paragone più calzante, osservateuna palla montata su un tornio, mentre l’operaio la fa gi-rare per darle l’ultima mano: voi siete in una camera,dalla cui unica finestrella un largo fascio di luce entran-do batte proprio sulla palla. Una metà della palla, quellaverso la finestra, è sempre illuminata, l’altra metà,dall’opposta banda, è sempre oscura; immaginate unnodo oppure un qualunque piccolo disegno nel legnoche è sul tornio, guardate e vedrete che esso ad ogni giropassa per il fascio dei raggi del Sole, e per una parte delgiro attraversa lo sprazzo di luce solare, per la restanteparte resta nell’ombra.

Vediamo ora più da vicino come giri la palla. Le pun-te dei toppi la stringono in due punti opposti che sonoagli estremi di un suo diametro; questi punti voi non livedete girare, ma intorno ad essi gira visibilmente lapalla, quasi fosse attraversata da una spina.

Noi possiamo immaginare che la Terra analogamentegiri; ai punti che durante la rotazione rimangono fermidaremo il nome di poli, al diametro che attraverso allaTerra possiamo immaginare dall’un polo all’altro dare-mo il nome di asse della rotazione. Se per avventura ilnodo o il piccolo disegno che immaginaste nella pallamontata sul tornio si trovasse proprio ad egual distanzadalle punte dei toppi, il circolo ch’esso descriverebbedurante un giro vi potrebbe dar un’idea di ciò che sulla

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Terra chiamiamo equatore: un circolo massimo equidi-stante dai poli in tutti i suoi punti; la Terra ne resta divi-sa in due emisferi d’egual estensione, di cui uno, quelloin cui trovasi l’Italia, chiamasi boreale o settentrionale,l’altro australe o meridionale.

20. La Terra adunque ruota sopra sè stessa come segirasse intorno ad un asse vero materiale che tuttal’attraversasse da un polo all’altro. Questa sua rotazioneproduce il sorgere e il tramontare del Sole e di tutti gliastri del cielo, produce quel movimento diurno che lapiù semplice osservazione basta a dimostrare comune atutte le stelle. Il movimento diurno della sfera celeste acui non si sottraggono nè il Sole, nè la Luna, nè i piane-ti, nè le stelle non è che apparente: la volta celeste è im-mobile: è la Terra che gira e fa sì che mentre noi credia-mo una data stella avere percorso da oriente ad occiden-te un certo arco di circonferenza di circolo, siamo noiinvece che un arco parallelo descritto abbiamo inconsciiin verso opposto, da occidente ad oriente.

Esaminiamo ora. vi prego, con qualche attenzione levarie parti delle vicine figure 4 bis e 5. Nella fig. 4 bis ilcircolo PQP'B rappresenta un circolo massimo della sfe-ra terrestre e quindi la Terra; i punti diametralmente op-posti P, P' rappresentano i poli della Terra; il diametroPP' rappresenta l’asse intorno a cui la Terra ruota. I luo-ghi della Terra come Q, p, m descrivono, durante un girodi essa, altrettanti circoli situati in piani perpendicolariall’asse PP' e proiettantisi sulla fig. 4 bis secondo le ret-te QB, pq, mn. Il circolo descritto da Q ha tutti i suoi

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Terra chiamiamo equatore: un circolo massimo equidi-stante dai poli in tutti i suoi punti; la Terra ne resta divi-sa in due emisferi d’egual estensione, di cui uno, quelloin cui trovasi l’Italia, chiamasi boreale o settentrionale,l’altro australe o meridionale.

20. La Terra adunque ruota sopra sè stessa come segirasse intorno ad un asse vero materiale che tuttal’attraversasse da un polo all’altro. Questa sua rotazioneproduce il sorgere e il tramontare del Sole e di tutti gliastri del cielo, produce quel movimento diurno che lapiù semplice osservazione basta a dimostrare comune atutte le stelle. Il movimento diurno della sfera celeste acui non si sottraggono nè il Sole, nè la Luna, nè i piane-ti, nè le stelle non è che apparente: la volta celeste è im-mobile: è la Terra che gira e fa sì che mentre noi credia-mo una data stella avere percorso da oriente ad occiden-te un certo arco di circonferenza di circolo, siamo noiinvece che un arco parallelo descritto abbiamo inconsciiin verso opposto, da occidente ad oriente.

Esaminiamo ora. vi prego, con qualche attenzione levarie parti delle vicine figure 4 bis e 5. Nella fig. 4 bis ilcircolo PQP'B rappresenta un circolo massimo della sfe-ra terrestre e quindi la Terra; i punti diametralmente op-posti P, P' rappresentano i poli della Terra; il diametroPP' rappresenta l’asse intorno a cui la Terra ruota. I luo-ghi della Terra come Q, p, m descrivono, durante un girodi essa, altrettanti circoli situati in piani perpendicolariall’asse PP' e proiettantisi sulla fig. 4 bis secondo le ret-te QB, pq, mn. Il circolo descritto da Q ha tutti i suoi

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punti equidistanti sì da P che da P'; è quindi esso pureun circolo massimo della sfera e rappresenta l’equatore:i circoli descritti da p e da m sono circoli minori dellasfera terrestre, i quali corrono paralleli all’equatore, eappunto per ciò paralleli vengono chiamati.

Se si guarda la Terra da un altro punto di vista, se siimmagina chi osserva collocato sulla linea P'P prolun-gata al di là di P, e collocato inoltre molto lontano da P,si vedranno le linee della figura 4 bis così come sonorappresentate dalla figura 5.

Il circolo descritto nella rotazione da Q, ossia l’equa-tore, si vedrà in tutta la sua forma e grandezza, e quindicome il circolo QABC della fig. 5; il punto P, nella fig. 4bis una delle estremità del diametro P'P, si vedrà nellafig. 5 in P centro del circolo QABC; i due circoli minoridescritti durante una rotazione della Terra dai due luoghicome p ed m, fig. 4 bis, si vedranno, fig. 5, come due

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punti equidistanti sì da P che da P'; è quindi esso pureun circolo massimo della sfera e rappresenta l’equatore:i circoli descritti da p e da m sono circoli minori dellasfera terrestre, i quali corrono paralleli all’equatore, eappunto per ciò paralleli vengono chiamati.

Se si guarda la Terra da un altro punto di vista, se siimmagina chi osserva collocato sulla linea P'P prolun-gata al di là di P, e collocato inoltre molto lontano da P,si vedranno le linee della figura 4 bis così come sonorappresentate dalla figura 5.

Il circolo descritto nella rotazione da Q, ossia l’equa-tore, si vedrà in tutta la sua forma e grandezza, e quindicome il circolo QABC della fig. 5; il punto P, nella fig. 4bis una delle estremità del diametro P'P, si vedrà nellafig. 5 in P centro del circolo QABC; i due circoli minoridescritti durante una rotazione della Terra dai due luoghicome p ed m, fig. 4 bis, si vedranno, fig. 5, come due

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circoli pq, mn concentrici all’equatore.

Nella fig. 5 si suppone inoltre che in S stia il Sole, chein B sull’equatore terrestre stia il lettore, che in OO',tangente nel punto B al circolo QABC, sia l’orizzontedel luogo B, che analogamente nelle tangenti SAS',SCS" sieno rispettivamente gli orizzonti dei luoghi A, C.

Come si vedrà più tardi, la distanza del Sole dallaTerra è grandissima, ed avendo assunto il circolo QABCcome rappresentante la Terra bisognerebbe sul disegno,per conservare i giusti rapporti fra le diverse sue parti,collocare il punto S ad una distanza grandissima; soloper necessità di formato lo si colloca vicino. Sta al letto-re di supporlo trasportato a distanza tale che rispetto adessa il diametro ac diventi una quantità trascurabile, ecapire insieme che in tal caso le due rette AS, CS fareb-bero in S un angolo molto acuto in realtà tanto piccolo

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circoli pq, mn concentrici all’equatore.

Nella fig. 5 si suppone inoltre che in S stia il Sole, chein B sull’equatore terrestre stia il lettore, che in OO',tangente nel punto B al circolo QABC, sia l’orizzontedel luogo B, che analogamente nelle tangenti SAS',SCS" sieno rispettivamente gli orizzonti dei luoghi A, C.

Come si vedrà più tardi, la distanza del Sole dallaTerra è grandissima, ed avendo assunto il circolo QABCcome rappresentante la Terra bisognerebbe sul disegno,per conservare i giusti rapporti fra le diverse sue parti,collocare il punto S ad una distanza grandissima; soloper necessità di formato lo si colloca vicino. Sta al letto-re di supporlo trasportato a distanza tale che rispetto adessa il diametro ac diventi una quantità trascurabile, ecapire insieme che in tal caso le due rette AS, CS fareb-bero in S un angolo molto acuto in realtà tanto piccolo

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da autorizzare a ritenere senza error sensibile parallelele due rette stesse.

Ciò posto ricordiamo di aver detto dianzi che una diqueste due cose deve succedere.

O il Sole si muove intorno alla Terra, supposta ferma,e allora esso per voi che state in B sorge nel punto O,reca il mezzodì quando è in S, tramonta in O'.

O il Sole è fermo in S e voi vi movete, portato dallaTerra, ed allora ecco quanto accade.

Voi portato dalla Terra percorrete inconscio il circoloBCQA; al mattino vi trovate, supponiamo, in A e vedetespuntare il Sole S sul vostro orizzonte SS': continuate agirare colla Terra nel verso della freccia in direzionecontraria a quella del moto apparente del Sole, passatesuccessivamente per le posizioni B, C, e nel tragitto ave-te sempre il Sole in vista e la luce del giorno; continuateil vostro giro, passate per Q, tornate di nuovo in A, e nelfrattempo perdete la vista del Sole ed avete la notte.

Quando siete stato in B, il vostro orizzonte fu OO' eallora fu per voi mezzogiorno; quando eravate in C ave-vate per orizzonte SS", e per voi in quell’istante il Soletramontava. Nel vostro tragitto da C ad A, segnato daltratto di circonferenza CQA, non vedeste il Sole che erasotto di voi, aveste notte, e sopra il vostro capo la voltadel cielo ingemmata di stelle3.

21. La Terra gira, o meglio ruota, e voi senza avve-3 In realtà, come appena si disse e come più sotto si ripeterà, i

fascii solari SS', SS" si possono considerare come paralleli fraloro, e i punti per conseguenza nei quali essi lambono la sfera ter-restre sono a, c invece che A, C.

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da autorizzare a ritenere senza error sensibile parallelele due rette stesse.

Ciò posto ricordiamo di aver detto dianzi che una diqueste due cose deve succedere.

O il Sole si muove intorno alla Terra, supposta ferma,e allora esso per voi che state in B sorge nel punto O,reca il mezzodì quando è in S, tramonta in O'.

O il Sole è fermo in S e voi vi movete, portato dallaTerra, ed allora ecco quanto accade.

Voi portato dalla Terra percorrete inconscio il circoloBCQA; al mattino vi trovate, supponiamo, in A e vedetespuntare il Sole S sul vostro orizzonte SS': continuate agirare colla Terra nel verso della freccia in direzionecontraria a quella del moto apparente del Sole, passatesuccessivamente per le posizioni B, C, e nel tragitto ave-te sempre il Sole in vista e la luce del giorno; continuateil vostro giro, passate per Q, tornate di nuovo in A, e nelfrattempo perdete la vista del Sole ed avete la notte.

Quando siete stato in B, il vostro orizzonte fu OO' eallora fu per voi mezzogiorno; quando eravate in C ave-vate per orizzonte SS", e per voi in quell’istante il Soletramontava. Nel vostro tragitto da C ad A, segnato daltratto di circonferenza CQA, non vedeste il Sole che erasotto di voi, aveste notte, e sopra il vostro capo la voltadel cielo ingemmata di stelle3.

21. La Terra gira, o meglio ruota, e voi senza avve-3 In realtà, come appena si disse e come più sotto si ripeterà, i

fascii solari SS', SS" si possono considerare come paralleli fraloro, e i punti per conseguenza nei quali essi lambono la sfera ter-restre sono a, c invece che A, C.

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dervene partecipate al suo moto di rotazione.Voi inconsciamente attribuite il moto vostro reale, di

cui non avete coscienza, al Sole, alle stelle, ai corpi tuttidel cielo, al cielo stesso; e poichè circolare realmente èil vostro moto, circolare è di conseguenza il moto cheattribuite alla volta celeste.

Durante ogni rotazione della Terra voi, portato daessa, percorrete ora la parte di circolo ABC, ora la parteCQA, (rigorosamente ora il semicircolo aBc, ora quellocQa); durante il primo percorso avete il giorno, duranteil secondo la notte, e questo vi spiega il perchè e i giornie le notti si susseguono con regolare e non interrotta al-ternativa.

Supponiamo che nella fig. 5 il circolo QABC rappre-senti il nostro emisfero, l’emisfero settentrionale o bo-reale; il punto P rappresenterà il polo che è sull’emisfe-ro nostro, il polo nord o boreale. Trasportatevi col pen-siero in P, e supponete di essere là diritto in piedi sulpolo. Da qualunque parte voi volgiate la fronte è mani-festo che, finchè il Sole rimane fermo nel punto S, voivedrete luce diurna, e che, attribuendo al Sole la rotazio-ne vostra incessante, voi vedrete il Sole girare incessan-temente sull’orizzonte vostro e andare dalla vostra sini-stra verso la destra.

22. Osserviamo finalmente i due circoli interni pq,mn, concentrici all’equatore: il luogo p, a cui si riferisceil primo di detti circoli, compie un giro nel tempo istes-so in cui uno ne compie il luogo A dell’equatore; ma ilcircolo pq è più piccolo, e la sua periferia ha una lun-

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dervene partecipate al suo moto di rotazione.Voi inconsciamente attribuite il moto vostro reale, di

cui non avete coscienza, al Sole, alle stelle, ai corpi tuttidel cielo, al cielo stesso; e poichè circolare realmente èil vostro moto, circolare è di conseguenza il moto cheattribuite alla volta celeste.

Durante ogni rotazione della Terra voi, portato daessa, percorrete ora la parte di circolo ABC, ora la parteCQA, (rigorosamente ora il semicircolo aBc, ora quellocQa); durante il primo percorso avete il giorno, duranteil secondo la notte, e questo vi spiega il perchè e i giornie le notti si susseguono con regolare e non interrotta al-ternativa.

Supponiamo che nella fig. 5 il circolo QABC rappre-senti il nostro emisfero, l’emisfero settentrionale o bo-reale; il punto P rappresenterà il polo che è sull’emisfe-ro nostro, il polo nord o boreale. Trasportatevi col pen-siero in P, e supponete di essere là diritto in piedi sulpolo. Da qualunque parte voi volgiate la fronte è mani-festo che, finchè il Sole rimane fermo nel punto S, voivedrete luce diurna, e che, attribuendo al Sole la rotazio-ne vostra incessante, voi vedrete il Sole girare incessan-temente sull’orizzonte vostro e andare dalla vostra sini-stra verso la destra.

22. Osserviamo finalmente i due circoli interni pq,mn, concentrici all’equatore: il luogo p, a cui si riferisceil primo di detti circoli, compie un giro nel tempo istes-so in cui uno ne compie il luogo A dell’equatore; ma ilcircolo pq è più piccolo, e la sua periferia ha una lun-

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ghezza minore di quella del circolo ABCQ; il luogo p faquindi nell’istesso tempo una strada più corta che non illuogo A, e necessariamente gira con velocità minore diquella di A. Il luogo m, essendo situato sopra una cir-conferenza più piccola ancora, ragion vuole che si muo-va anche più lentamente; e quindi appar manifesto che iluoghi della superficie del globo, quanto più son vicini aun polo, debbono avere una velocità sempre minore, cheil polo stesso non deve averne alcuna, e rimaner fermo.Esso è, il lettore si ricorda, come quel punto della pallasul tornio, su cui si appoggiava la punta del toppo.

§ V.La Terra compie una rotazione in un giorno

di ventiquattro ore.

23. Approfittiamo ancora della fig. 5 in cui il circoloABCQ rappresenta la sfera terrestre. Consideriamo ilSole S, e pensiamo ad un tempo che esso è lontanissimodalla Terra; consideriamo le due posizioni A, Cdell’osservatore. A cagione dell’immensa distanza delSole, i fascii luminosi, che da esso arrivano a luoghi op-posti della Terra, si possono considerare come paralleli,e i fascii SS' SS", i quali lambiscono il globo terrestre, sela figura fosse proporzionale al vero, cadrebbero, comegià si notò, nei punti a, c, e non in A, C come nel dise-gno.

La linea ac per effetto di prospettiva è nel disegnouna linea retta, anzi un diametro del circolo ABCQ. ma

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ghezza minore di quella del circolo ABCQ; il luogo p faquindi nell’istesso tempo una strada più corta che non illuogo A, e necessariamente gira con velocità minore diquella di A. Il luogo m, essendo situato sopra una cir-conferenza più piccola ancora, ragion vuole che si muo-va anche più lentamente; e quindi appar manifesto che iluoghi della superficie del globo, quanto più son vicini aun polo, debbono avere una velocità sempre minore, cheil polo stesso non deve averne alcuna, e rimaner fermo.Esso è, il lettore si ricorda, come quel punto della pallasul tornio, su cui si appoggiava la punta del toppo.

§ V.La Terra compie una rotazione in un giorno

di ventiquattro ore.

23. Approfittiamo ancora della fig. 5 in cui il circoloABCQ rappresenta la sfera terrestre. Consideriamo ilSole S, e pensiamo ad un tempo che esso è lontanissimodalla Terra; consideriamo le due posizioni A, Cdell’osservatore. A cagione dell’immensa distanza delSole, i fascii luminosi, che da esso arrivano a luoghi op-posti della Terra, si possono considerare come paralleli,e i fascii SS' SS", i quali lambiscono il globo terrestre, sela figura fosse proporzionale al vero, cadrebbero, comegià si notò, nei punti a, c, e non in A, C come nel dise-gno.

La linea ac per effetto di prospettiva è nel disegnouna linea retta, anzi un diametro del circolo ABCQ. ma

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in realtà essendo tracciata sopra una sfera, è un mezzocerchio che continua dalla parte opposta e qui compieuna circonferenza di circolo massimo.

La linea ac rappresenta quello che si chiama circolod’illuminazione della Terra, circolo che, come accerta lafigura stessa, divide la Terra in due metà, o in due emi-sferi. Uno di essi è rivolto al Sole, ed è da esso tutto il-luminato; l’altro è dalla parte opposta a quella in cui stail Sole e rimane quindi tutto nell’ombra, analogamente aciò che già si è notato a proposito della palla montatasul tornio.

24. Immaginiamo la Terra e il Sole fermi ambedue: èevidente che in tal caso non avremmo giorni e notti al-ternantisi e susseguentisi, che avremmo invece giornoperpetuo in ogni luogo dell’emisfero ABC, e contempo-raneamente notte perpetua ovunque sull’emisfero CQA.

Supponiamo che le cose siano in realtà come le pre-senta la figura 5, supponiamo cioè il Sole sul pianodell’equatore, che nel disegno è lo stesso foglio di carta.In questo caso qualunque punto della Terra, ruotandoquesta intorno al proprio polo P, avrebbe altrettante oredi giorno quante di notte, avrebbe giorni e notti di eguallunghezza, e ciò perchè le circonferenze BQ, bq, mn,ecc., sono appunto divise per metà dal circolo d’illumi-nazione.

Si verifica desso quest’ultimo fatto? Tutti possono ri-spondere che esso si verifica due sole volte in un anno;ai 22 di marzo e ai 22 di settembre si hanno infatti 12ore di giorno e altrettante di notte in tutti i luoghi della

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in realtà essendo tracciata sopra una sfera, è un mezzocerchio che continua dalla parte opposta e qui compieuna circonferenza di circolo massimo.

La linea ac rappresenta quello che si chiama circolod’illuminazione della Terra, circolo che, come accerta lafigura stessa, divide la Terra in due metà, o in due emi-sferi. Uno di essi è rivolto al Sole, ed è da esso tutto il-luminato; l’altro è dalla parte opposta a quella in cui stail Sole e rimane quindi tutto nell’ombra, analogamente aciò che già si è notato a proposito della palla montatasul tornio.

24. Immaginiamo la Terra e il Sole fermi ambedue: èevidente che in tal caso non avremmo giorni e notti al-ternantisi e susseguentisi, che avremmo invece giornoperpetuo in ogni luogo dell’emisfero ABC, e contempo-raneamente notte perpetua ovunque sull’emisfero CQA.

Supponiamo che le cose siano in realtà come le pre-senta la figura 5, supponiamo cioè il Sole sul pianodell’equatore, che nel disegno è lo stesso foglio di carta.In questo caso qualunque punto della Terra, ruotandoquesta intorno al proprio polo P, avrebbe altrettante oredi giorno quante di notte, avrebbe giorni e notti di eguallunghezza, e ciò perchè le circonferenze BQ, bq, mn,ecc., sono appunto divise per metà dal circolo d’illumi-nazione.

Si verifica desso quest’ultimo fatto? Tutti possono ri-spondere che esso si verifica due sole volte in un anno;ai 22 di marzo e ai 22 di settembre si hanno infatti 12ore di giorno e altrettante di notte in tutti i luoghi della

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Terra, i Poli esclusi. Di questa eccezione si comprenderàpiù sotto il motivo, e allora si vedrà pure per qual ragio-ne per noi, in tutte le altre epoche dell’anno, la duratadel giorno non è uguale a quella della notte.

25. La rotazione della Terra intorno al proprio assesuccede in modo che la si può ritenere, senza errore per-cettibile, regolare ed uniforme. È questo un fatto degnodi molta attenzione ed importantissimo, poichè in graziadi esso la rotazione della Terra diventa una preziosa enaturale misura del tempo.

Gli antichi desunsero una tale misura dal sorgere e daltramontare del Sole; ma il sorgere e il tramontare delSole, come il sorgere e il tramontare di tutti gli astri,così come il moto sensibile dell’intera volta celestesono, lo dimostrammo or ora, fatti apparenti, determina-ti in realtà dalla rotazione della Terra.

Nel tempo che passa fra il sorgere di una stella e ilsuo sorgere immediatamente successivo, la Terra com-pie una rotazione precisa intorno al proprio asse, e poi-chè questa rotazione è regolare ed uniforme, ne segueche la durata sua è sempre la stessa, che il tempo il qua-le trascorre fra il sorgere di una stella e il suo risorgere èpur esso sempre lo stesso; ne segue ancora che comemisura della durata della rotazione terrestre possiamoprendere il tempo che passa fra il sorgere o il tramontaredi una stella e il suo sorgere o il suo tramontare succes-sivo, oppure, ciò che torna lo stesso, il tempo che tra-scorre fra i passaggi successivi di una stella per un de-terminato piano condotto per il centro della Terra, per il

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Terra, i Poli esclusi. Di questa eccezione si comprenderàpiù sotto il motivo, e allora si vedrà pure per qual ragio-ne per noi, in tutte le altre epoche dell’anno, la duratadel giorno non è uguale a quella della notte.

25. La rotazione della Terra intorno al proprio assesuccede in modo che la si può ritenere, senza errore per-cettibile, regolare ed uniforme. È questo un fatto degnodi molta attenzione ed importantissimo, poichè in graziadi esso la rotazione della Terra diventa una preziosa enaturale misura del tempo.

Gli antichi desunsero una tale misura dal sorgere e daltramontare del Sole; ma il sorgere e il tramontare delSole, come il sorgere e il tramontare di tutti gli astri,così come il moto sensibile dell’intera volta celestesono, lo dimostrammo or ora, fatti apparenti, determina-ti in realtà dalla rotazione della Terra.

Nel tempo che passa fra il sorgere di una stella e ilsuo sorgere immediatamente successivo, la Terra com-pie una rotazione precisa intorno al proprio asse, e poi-chè questa rotazione è regolare ed uniforme, ne segueche la durata sua è sempre la stessa, che il tempo il qua-le trascorre fra il sorgere di una stella e il suo risorgere èpur esso sempre lo stesso; ne segue ancora che comemisura della durata della rotazione terrestre possiamoprendere il tempo che passa fra il sorgere o il tramontaredi una stella e il suo sorgere o il suo tramontare succes-sivo, oppure, ciò che torna lo stesso, il tempo che tra-scorre fra i passaggi successivi di una stella per un de-terminato piano condotto per il centro della Terra, per il

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piano ad es. che s’usa chiamare meridiano.Gli antichi, invece che una stella, considerarono il

Sole. A dir vero, il tempo che trascorre fra due passaggisuccessivi del Sole per un meridiano non è rigorosamen-te uguale alla durata di una rotazione della Terra, ma ladifferenza non è grande, ed in ogni caso può sempre conrigore affermarsi che dal tempo che trascorre fra duepassaggi successivi del Sole per un dato meridiano, edanche da quello che trascorre fra due suoi tramonti suc-cessivi, si può dedurre la vera durata della rotazione del-la Terra.

Al tempo che trascorre fra due passaggi successivi delSole per un meridiano si dà il nome di giorno solare, efin dall’antichità tal tempo fu diviso in 24 parti uguali,ognuna delle quali rappresenta un’ora. Antica pure è lasuddivisione di un’ora in 60 parti uguali, dette minutiprimi, o semplicemente minuti; non meno antica èl’ulteriore suddivisione di un minuto in altre 60 partiuguali, suddivisione che dà il minuto secondo, che èpoco più della durata ordinaria d’una battuta di polso.

Già dissimo che ogni rotazione della Terra apporta anoi un giorno ed una notte, intese queste parole nel lorosignificato ordinario; già dissimo ancora che in due soleepoche dell’anno noi abbiamo il giorno lungo così comela notte successiva. In ogni altra epoca il nostro giorno ela successiva notte hanno durate disuguali fra loro, mala somma delle singole durate successive dell’uno edell’altra è sempre costante ed uguale alle 24 ore delgiorno solare.

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piano ad es. che s’usa chiamare meridiano.Gli antichi, invece che una stella, considerarono il

Sole. A dir vero, il tempo che trascorre fra due passaggisuccessivi del Sole per un meridiano non è rigorosamen-te uguale alla durata di una rotazione della Terra, ma ladifferenza non è grande, ed in ogni caso può sempre conrigore affermarsi che dal tempo che trascorre fra duepassaggi successivi del Sole per un dato meridiano, edanche da quello che trascorre fra due suoi tramonti suc-cessivi, si può dedurre la vera durata della rotazione del-la Terra.

Al tempo che trascorre fra due passaggi successivi delSole per un meridiano si dà il nome di giorno solare, efin dall’antichità tal tempo fu diviso in 24 parti uguali,ognuna delle quali rappresenta un’ora. Antica pure è lasuddivisione di un’ora in 60 parti uguali, dette minutiprimi, o semplicemente minuti; non meno antica èl’ulteriore suddivisione di un minuto in altre 60 partiuguali, suddivisione che dà il minuto secondo, che èpoco più della durata ordinaria d’una battuta di polso.

Già dissimo che ogni rotazione della Terra apporta anoi un giorno ed una notte, intese queste parole nel lorosignificato ordinario; già dissimo ancora che in due soleepoche dell’anno noi abbiamo il giorno lungo così comela notte successiva. In ogni altra epoca il nostro giorno ela successiva notte hanno durate disuguali fra loro, mala somma delle singole durate successive dell’uno edell’altra è sempre costante ed uguale alle 24 ore delgiorno solare.

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§ VI.La Terra è alquanto schiacciata ai poli dellasua rotazione. Piccoli movimenti osservati

in detti poli.

26. Nel discorrere della figura della Terra abbiamoconcluso (§ II) che essa è un corpo rotondeggiante, pocodiverso da una palla o da un globo, che essa in altre pa-role ha approssimativamente la forma sferica. Approssi-mativamente, perchè già le ineguaglianze e la scabrositàdella sua superficie, sebbene piccolissime, come vedem-mo, in confronto delle sue dimensioni, bastano ad impe-dire che la figura della Terra possa mai essere considera-ta come esattamente sferica.

Ora che noi abbiamo imparato a conoscere sulla Terrai poli della sua rotazione, e il circolo detto equatore, sia-mo in grado di intendere bene un’altra deviazione dellaTerra dalla esatta figura sferica, deviazione alla quale sidà il nome di schiacciamento.

27. Tale deviazione proviene da ciò che i diametridella Terra, cioè le linee condotte per il suo centro e ter-minate da ambe le parti a punti opposti della superficie,non sono perfettamente uguali, anche quando si facciaastrazione dalle ineguaglianze prodotte dalle montagne.

Nella figura 6 sia C il centro della Terra; P, P' siano idue poli: la retta PP' rappresenterà l’asse di rotazione, ela retta EE' sarà la rappresentazione di un diametrodell’equatore. Or bene, per mezzo di esatte misure, in

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§ VI.La Terra è alquanto schiacciata ai poli dellasua rotazione. Piccoli movimenti osservati

in detti poli.

26. Nel discorrere della figura della Terra abbiamoconcluso (§ II) che essa è un corpo rotondeggiante, pocodiverso da una palla o da un globo, che essa in altre pa-role ha approssimativamente la forma sferica. Approssi-mativamente, perchè già le ineguaglianze e la scabrositàdella sua superficie, sebbene piccolissime, come vedem-mo, in confronto delle sue dimensioni, bastano ad impe-dire che la figura della Terra possa mai essere considera-ta come esattamente sferica.

Ora che noi abbiamo imparato a conoscere sulla Terrai poli della sua rotazione, e il circolo detto equatore, sia-mo in grado di intendere bene un’altra deviazione dellaTerra dalla esatta figura sferica, deviazione alla quale sidà il nome di schiacciamento.

27. Tale deviazione proviene da ciò che i diametridella Terra, cioè le linee condotte per il suo centro e ter-minate da ambe le parti a punti opposti della superficie,non sono perfettamente uguali, anche quando si facciaastrazione dalle ineguaglianze prodotte dalle montagne.

Nella figura 6 sia C il centro della Terra; P, P' siano idue poli: la retta PP' rappresenterà l’asse di rotazione, ela retta EE' sarà la rappresentazione di un diametrodell’equatore. Or bene, per mezzo di esatte misure, in

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questo libro impossibili a descrivere, si è trovato che ildiametro polare PP' della Terra è alquanto minore deidiametri equatoriali come EE' e che ogni diametro MM'intermedio obliquo è minore di EE', maggiore di PP'.Questo è l’insieme dei fatti ai quali si accenna, quandosi dice che la Terra è compressa o schiacciata ai poli.

Non bisogna tuttavia immaginare che la Terra cessiper ciò di avere all’ingrosso la forma di una palla. Ladifferenza fra il maggior diametro EE' e il minore PP' èsoltanto di una trecentesima parte di EE'; cioè ove laTerra potesse rappresentarsi con un disegno avente ildiametro EE' di 300 millimetri, bisognerebbe, per resta-re nel vero, dare al diametro PP' 299 millimetri di lun-ghezza. È piccolissima nel supposto disegno questa dif-ferenza di un millimetro fra EE' e PP', e nel disegno no-stro essa riescirebbe affatto insensibile all’occhio. Si èdovuto nella figura 6 esagerare di molto la disproporzio-ne fra EE' e PP' appunto per rendere all’occhio più evi-dente ciò che in questo paragrafo si doveva dire.

La vera lunghezza del diametro EE' è, stando alle piùesatte misure, di chilometri 12755: quella del diametro

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questo libro impossibili a descrivere, si è trovato che ildiametro polare PP' della Terra è alquanto minore deidiametri equatoriali come EE' e che ogni diametro MM'intermedio obliquo è minore di EE', maggiore di PP'.Questo è l’insieme dei fatti ai quali si accenna, quandosi dice che la Terra è compressa o schiacciata ai poli.

Non bisogna tuttavia immaginare che la Terra cessiper ciò di avere all’ingrosso la forma di una palla. Ladifferenza fra il maggior diametro EE' e il minore PP' èsoltanto di una trecentesima parte di EE'; cioè ove laTerra potesse rappresentarsi con un disegno avente ildiametro EE' di 300 millimetri, bisognerebbe, per resta-re nel vero, dare al diametro PP' 299 millimetri di lun-ghezza. È piccolissima nel supposto disegno questa dif-ferenza di un millimetro fra EE' e PP', e nel disegno no-stro essa riescirebbe affatto insensibile all’occhio. Si èdovuto nella figura 6 esagerare di molto la disproporzio-ne fra EE' e PP' appunto per rendere all’occhio più evi-dente ciò che in questo paragrafo si doveva dire.

La vera lunghezza del diametro EE' è, stando alle piùesatte misure, di chilometri 12755: quella del diametro

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PP' di chilometri 12712: lo schiacciamento è la metàdella differenza fra questi due diametri, cioè 21 chilo-metri circa per parte. Questo schiacciamento si estendea tutta la superficie della Terra, tanto a quella deglioceani, che a quella dei continenti. A cagione di esso sidice talvolta che la Terra è uno sferoide o un ellissoideschiacciato.

Lo schiacciamento, la forma ovale della Terra, la ro-tazione terrestre sono fatti intimamente e meccanica-mente collegati fra di loro. Il moto di rotazione dellaTerra produce come necessaria conseguenza la formasua ovale e schiacciata verso i poli; studiare i mutui rap-porti esistenti fra la rotazione e lo schiacciamento terre-stre fu ed è uno dei problemi più difficili, più interessan-ti, più suggestivi dell’astronomia.

1 progrediti metodi di osservazione, la grande preci-sione con cui oggi si fanno le misure astronomiche han-no recentemente reso possibile di dimostrare che i polidella rotazione terrestre non sono fissi ma si spostanosulla superficie della Terra in modo sensibile e suscetti-bile di misura. Descrivono essi attorno ad una loro posi-zione media e ideale una linea spiraliforme, complessa,che tutta si svolge su un’area di piccolissima estensione,che non può dirsi peranco esattamente determinata e co-nosciuta in ogni suo dettaglio, ma della quale non è piùpossibile dubitare.

Queste migrazioni dei poli della rotazione sulla su-perficie terrestre costituiscono uno dei fatti più impor-tanti scoperti dalla scienza contemporanea. Astronomi e

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PP' di chilometri 12712: lo schiacciamento è la metàdella differenza fra questi due diametri, cioè 21 chilo-metri circa per parte. Questo schiacciamento si estendea tutta la superficie della Terra, tanto a quella deglioceani, che a quella dei continenti. A cagione di esso sidice talvolta che la Terra è uno sferoide o un ellissoideschiacciato.

Lo schiacciamento, la forma ovale della Terra, la ro-tazione terrestre sono fatti intimamente e meccanica-mente collegati fra di loro. Il moto di rotazione dellaTerra produce come necessaria conseguenza la formasua ovale e schiacciata verso i poli; studiare i mutui rap-porti esistenti fra la rotazione e lo schiacciamento terre-stre fu ed è uno dei problemi più difficili, più interessan-ti, più suggestivi dell’astronomia.

1 progrediti metodi di osservazione, la grande preci-sione con cui oggi si fanno le misure astronomiche han-no recentemente reso possibile di dimostrare che i polidella rotazione terrestre non sono fissi ma si spostanosulla superficie della Terra in modo sensibile e suscetti-bile di misura. Descrivono essi attorno ad una loro posi-zione media e ideale una linea spiraliforme, complessa,che tutta si svolge su un’area di piccolissima estensione,che non può dirsi peranco esattamente determinata e co-nosciuta in ogni suo dettaglio, ma della quale non è piùpossibile dubitare.

Queste migrazioni dei poli della rotazione sulla su-perficie terrestre costituiscono uno dei fatti più impor-tanti scoperti dalla scienza contemporanea. Astronomi e

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geodeti allo studio di esse migrazioni attendono con os-servazioni diuturne e incessanti, ma dire ampiamentedelle migrazioni stesse, delle deduzioni e delle induzionialle quali esse già diedero luogo non è possibile in un li-bro che è e deve rimanere elementare; qui basta avernefatto un breve cenno.

§ VII.La Terra ha un altro movimento oltre quello

di rotazione.

28. Debbo adesso provarmi a dimostrarvi che la Terraha un altro movimento, oltre quello di rotazione, e chein grazia di questo altro movimento essa si trasporta, os-sia cambia di posto nello spazio. È un moto che dicesi dirivoluzione, perchè si compie dalla Terra intorno alSole, come vedrassi qui appresso, e perchè in causa diesso la Terra rivolgesi appunto attorno al Sole.

Per la mia dimostrazione è necessario che voi abbiateosservato il cielo di notte, o meglio che voi lo osserviatemeco, quando è sereno e stellato, ponendo mente adun’apparenza che esso ci presenta.

29. Sapete già che cosa s’intende per orizzonte; ora ilfirmamento o il cielo, come più vi piace, il quale sembraappoggiarsi sul contorno di esso orizzonte, il firmamen-to ripeto ci abbraccia lunghesso tutto l’orizzonte stesso,ci copre, ci avvolge da ogni porte, sicchè quella che conlinguaggio famigliare chiamiamo la vôlta del cielo asso-miglia ad una grande cupola, ad una porzione di una su-

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geodeti allo studio di esse migrazioni attendono con os-servazioni diuturne e incessanti, ma dire ampiamentedelle migrazioni stesse, delle deduzioni e delle induzionialle quali esse già diedero luogo non è possibile in un li-bro che è e deve rimanere elementare; qui basta avernefatto un breve cenno.

§ VII.La Terra ha un altro movimento oltre quello

di rotazione.

28. Debbo adesso provarmi a dimostrarvi che la Terraha un altro movimento, oltre quello di rotazione, e chein grazia di questo altro movimento essa si trasporta, os-sia cambia di posto nello spazio. È un moto che dicesi dirivoluzione, perchè si compie dalla Terra intorno alSole, come vedrassi qui appresso, e perchè in causa diesso la Terra rivolgesi appunto attorno al Sole.

Per la mia dimostrazione è necessario che voi abbiateosservato il cielo di notte, o meglio che voi lo osserviatemeco, quando è sereno e stellato, ponendo mente adun’apparenza che esso ci presenta.

29. Sapete già che cosa s’intende per orizzonte; ora ilfirmamento o il cielo, come più vi piace, il quale sembraappoggiarsi sul contorno di esso orizzonte, il firmamen-to ripeto ci abbraccia lunghesso tutto l’orizzonte stesso,ci copre, ci avvolge da ogni porte, sicchè quella che conlinguaggio famigliare chiamiamo la vôlta del cielo asso-miglia ad una grande cupola, ad una porzione di una su-

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perficie sferica immensa, ad una immensa callotta sferi-ca.

Essa è disseminata di stelle, che, diversamente qua elà aggruppate, formano delle configurazioni ben distintel’una dall’altra, le quali mantengono sempre tra loro lestesse relative distanze e posizioni.

Questo che diciamo per noi, abitanti dell’emisferonord della Terra, è vero ancora per un osservatore cheabiti nell’altro emisfero, in Australia ad esempio. Le ap-parenze essenzialmente non mutano; solo l’australianovede la sua cupola celeste, il cielo suo ingemmati daconfigurazioni stellari differenti dalle nostre.

Il cielo è incommensurabile, indefinito, senza fondo;la Terra, benchè per sè stessa così grande in confronto alcielo è molto piccola tanto piccola da potersi, quasi sen-za errore, ritenere come un semplice punto in mezzoallo spazio disseminato di astri, sicchè diventa lecitodire che gli abitanti antipodi si toccano quasi coi piedi.Riuniamo le loro due mezze sfere di cielo, le loro duevôlte celesti; esse vengono a formare la intera sfera ce-leste, denominazione che si dà, a cagione appunto delleottiche apparenze, a quell’insieme di astri, che, per laloro sterminata lontananza, appaiono tutti situati ad unastessa distanza da noi e infissi alla vôlta azzurra del fir-mamento, vôlta che è una pura e semplice parvenza.

30. La Terra è dunque d’ogni intorno circondata dacorpi celesti, i quali per la massima parte sono più lonta-ni, molto più lontani, del Sole, e i quali ricevettero ilnome generico di stelle. Nella figura 7, il circolo mag-

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perficie sferica immensa, ad una immensa callotta sferi-ca.

Essa è disseminata di stelle, che, diversamente qua elà aggruppate, formano delle configurazioni ben distintel’una dall’altra, le quali mantengono sempre tra loro lestesse relative distanze e posizioni.

Questo che diciamo per noi, abitanti dell’emisferonord della Terra, è vero ancora per un osservatore cheabiti nell’altro emisfero, in Australia ad esempio. Le ap-parenze essenzialmente non mutano; solo l’australianovede la sua cupola celeste, il cielo suo ingemmati daconfigurazioni stellari differenti dalle nostre.

Il cielo è incommensurabile, indefinito, senza fondo;la Terra, benchè per sè stessa così grande in confronto alcielo è molto piccola tanto piccola da potersi, quasi sen-za errore, ritenere come un semplice punto in mezzoallo spazio disseminato di astri, sicchè diventa lecitodire che gli abitanti antipodi si toccano quasi coi piedi.Riuniamo le loro due mezze sfere di cielo, le loro duevôlte celesti; esse vengono a formare la intera sfera ce-leste, denominazione che si dà, a cagione appunto delleottiche apparenze, a quell’insieme di astri, che, per laloro sterminata lontananza, appaiono tutti situati ad unastessa distanza da noi e infissi alla vôlta azzurra del fir-mamento, vôlta che è una pura e semplice parvenza.

30. La Terra è dunque d’ogni intorno circondata dacorpi celesti, i quali per la massima parte sono più lonta-ni, molto più lontani, del Sole, e i quali ricevettero ilnome generico di stelle. Nella figura 7, il circolo mag-

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giore, su cui son distribuite delle piccole croci a conven-zionalmente rappresentare delle stelle, richiamar devealla mente l’apparente superficie della sfera celeste. Ilcircolo minore concentrico al precedente segna il cam-mino, detto propriamente orbita, che la Terra percorre,come voglio dimostrare, intorno al Sole.

I due circoli sono per necessità di formato tracciatil’uno all’altro vicini; in realtà la loro distanza reciprocaè infinitamente grande.

In T1. T2. T3, T4 sono segnate quattro posizioni dellaTerra nella propria orbita: in ciascuna delle quattro posi-zioni, la porzione della Terra rivolta al Sole ha giorno, egli abitanti di essa non vedono le stelle perchè «scompa-

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giore, su cui son distribuite delle piccole croci a conven-zionalmente rappresentare delle stelle, richiamar devealla mente l’apparente superficie della sfera celeste. Ilcircolo minore concentrico al precedente segna il cam-mino, detto propriamente orbita, che la Terra percorre,come voglio dimostrare, intorno al Sole.

I due circoli sono per necessità di formato tracciatil’uno all’altro vicini; in realtà la loro distanza reciprocaè infinitamente grande.

In T1. T2. T3, T4 sono segnate quattro posizioni dellaTerra nella propria orbita: in ciascuna delle quattro posi-zioni, la porzione della Terra rivolta al Sole ha giorno, egli abitanti di essa non vedono le stelle perchè «scompa-

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re ogni astro in faccia al Sol» e perchè le stelle restanooffuscate dal grande splendore della luce solare; la parteod emisfero opposto ha notte, e sugli orizzonti degli abi-tanti suoi splendono come gemme le stelle.

31. Lasciamo per un istante la figura, e ricordiamoprima quello che ognuno può riconoscere e verificare,quando voglia con qualche perseveranza osservare ilcielo durante un anno nelle notti serene.

Ad una data ora della notte, e sia sempre la stessa, inuna determinata plaga del cielo, per esempio quella amezzodì, le configurazioni di stelle che vedonsi d’estateson tutt’altre da quelle che si veggono d’inverno; nèquesto è tutto: non sono le stesse neppure da un meseall’altro, anzi, osservando bene in quel posto del cielo, aquell’ora, per più sere di seguito, v’accorgerete che unadata configurazione presa di mira va di giorno in giornomovendosi verso occidente insieme a tutte le altre che lacircondano: e poichè fanno così tutte le stelle e tutti igruppi di stelle senza verun mutamento nelle loro di-stanze e posizioni reciproche, e’ ci pare che tutta la vôltaceleste di mese in mese si sposti lentamente da orienteverso occidente.

32. Ricordiamo ancora un altro fatto: se osserviamoad un’ora determinata, a mezzanotte per es., una costel-lazione, od anche solamente una stella ben riconoscibi-le, mentre sorge a levante, noi riosservandola sempreall’ora istessa la vedremo dopo tre mesi, alta sull’oriz-zonte, a metà cammino fra il levante e il ponente; conti-nuando ad osservarla, dopo altri tre mesi, a quella istes-

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re ogni astro in faccia al Sol» e perchè le stelle restanooffuscate dal grande splendore della luce solare; la parteod emisfero opposto ha notte, e sugli orizzonti degli abi-tanti suoi splendono come gemme le stelle.

31. Lasciamo per un istante la figura, e ricordiamoprima quello che ognuno può riconoscere e verificare,quando voglia con qualche perseveranza osservare ilcielo durante un anno nelle notti serene.

Ad una data ora della notte, e sia sempre la stessa, inuna determinata plaga del cielo, per esempio quella amezzodì, le configurazioni di stelle che vedonsi d’estateson tutt’altre da quelle che si veggono d’inverno; nèquesto è tutto: non sono le stesse neppure da un meseall’altro, anzi, osservando bene in quel posto del cielo, aquell’ora, per più sere di seguito, v’accorgerete che unadata configurazione presa di mira va di giorno in giornomovendosi verso occidente insieme a tutte le altre che lacircondano: e poichè fanno così tutte le stelle e tutti igruppi di stelle senza verun mutamento nelle loro di-stanze e posizioni reciproche, e’ ci pare che tutta la vôltaceleste di mese in mese si sposti lentamente da orienteverso occidente.

32. Ricordiamo ancora un altro fatto: se osserviamoad un’ora determinata, a mezzanotte per es., una costel-lazione, od anche solamente una stella ben riconoscibi-le, mentre sorge a levante, noi riosservandola sempreall’ora istessa la vedremo dopo tre mesi, alta sull’oriz-zonte, a metà cammino fra il levante e il ponente; conti-nuando ad osservarla, dopo altri tre mesi, a quella istes-

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sa ora, la vedremo invece sul lembo dell’orizzonte adoccidente. Durante i sei mesi successivi non la vedremopiù alla stessa ora di mezzanotte in nessun luogo del cie-lo visibile, e trascorsi i sei mesi la rivedremo riappariread est, là dove per la prima volta un anno prima la ve-demmo.

Non vi pare di poter concludere da questi fatti che ilcielo tutt’insieme si muove, gira, nell’intervallo di unanno, intorno alla Terra, da sinistra a destra nel vostropaese, da destra a sinistra nel paese de’ vostri antìpodi?

Ma questa è una illusione; il cielo, ossia la sfera cele-ste come si usa dire, non gira punto intorno alla Terra. Aquel modo che il levare del sole a oriente e il suo tra-montare a occidente, a cui consegue l’alternarsi del dì edella notte, è un effetto del moto di rotazione della Terranel verso da occidente a oriente, così il lento e perpetuotrasportarsi delle stelle in cielo da levante verso ponen-te, il giro ch’esse compiono in un anno sono mere appa-renze, e sono un effetto del moto di rivoluzione dellaTerra che realmente succede intorno al Sole in verso op-posto, e che deve compiersi appunto nell’intervallo diun anno.

33. Ora torniamo alla nostra figura. Consideriamo laposizione T1 della Terra; l’emisfero rivolto al Sole, (laparte sinistra del circoletto che rappresenta la Terra) hagiorno; l’altro emisfero ha notte. La Terra non possieda,per un supposto, altro moto che quello di rotazione; nenasceranno le apparenze seguenti: di notte saranno per-petuamente visibili agli abitanti della Terra le configura-

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sa ora, la vedremo invece sul lembo dell’orizzonte adoccidente. Durante i sei mesi successivi non la vedremopiù alla stessa ora di mezzanotte in nessun luogo del cie-lo visibile, e trascorsi i sei mesi la rivedremo riappariread est, là dove per la prima volta un anno prima la ve-demmo.

Non vi pare di poter concludere da questi fatti che ilcielo tutt’insieme si muove, gira, nell’intervallo di unanno, intorno alla Terra, da sinistra a destra nel vostropaese, da destra a sinistra nel paese de’ vostri antìpodi?

Ma questa è una illusione; il cielo, ossia la sfera cele-ste come si usa dire, non gira punto intorno alla Terra. Aquel modo che il levare del sole a oriente e il suo tra-montare a occidente, a cui consegue l’alternarsi del dì edella notte, è un effetto del moto di rotazione della Terranel verso da occidente a oriente, così il lento e perpetuotrasportarsi delle stelle in cielo da levante verso ponen-te, il giro ch’esse compiono in un anno sono mere appa-renze, e sono un effetto del moto di rivoluzione dellaTerra che realmente succede intorno al Sole in verso op-posto, e che deve compiersi appunto nell’intervallo diun anno.

33. Ora torniamo alla nostra figura. Consideriamo laposizione T1 della Terra; l’emisfero rivolto al Sole, (laparte sinistra del circoletto che rappresenta la Terra) hagiorno; l’altro emisfero ha notte. La Terra non possieda,per un supposto, altro moto che quello di rotazione; nenasceranno le apparenze seguenti: di notte saranno per-petuamente visibili agli abitanti della Terra le configura-

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zioni stellari sparse sulla mezza sfera celeste ABD; lestelle prossime ad A si vedranno a levante, le stelle D aponente; e per tutti i trecentosessantacinque giornidell’anno, e per un’infinita serie di anni, sarà semprecosì.

Ma, direte voi, ciò non concorda punto colla realtà.Avete ragione, ed infatti ciò non è quello che abbiamoosservato.

Bisogna dunque andar in cerca di qualche causa chedia ragione di quel che vediamo. Noi ne troviamo due, oa dir meglio, possiamo supporne due: possiamo suppor-re cioè, o che il Sole giri e compia, nell’intervallo di unanno, un giro intorno alla Terra, o che nell’istesso perio-do di tempo la Terra giri e compia un giro intorno alSole.

Il primo supposto è da porsi, come lo abbiamo giàfatto, da parte per molte ragioni che s’intenderanno inseguito, e di cui qui non è luogo di parlare, ma fra lequali basterebbe questa, per quanto volgare, che il Soleessendo immensamente più grande della Terra, è assaipiù probabile che sia esso il centro del moto della Terra,anzichè sia esso che intorno alla Terra giri. Del restonon abbiano bisogno di discutere questa supposizioneche urta il buon senso, dacchè abbiamo l’altra più vero-simile, già da me posta innanzi, la quale rende comple-tamente ragione dei fatti che voi stessi avete notati.

Ricordiamoci, infatti, d’aver già considerato la Terranella sua posizione T1 quando gli abitanti suoi vedono amezzanotte le stelle B; consideriamola ora nella sua po-

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zioni stellari sparse sulla mezza sfera celeste ABD; lestelle prossime ad A si vedranno a levante, le stelle D aponente; e per tutti i trecentosessantacinque giornidell’anno, e per un’infinita serie di anni, sarà semprecosì.

Ma, direte voi, ciò non concorda punto colla realtà.Avete ragione, ed infatti ciò non è quello che abbiamoosservato.

Bisogna dunque andar in cerca di qualche causa chedia ragione di quel che vediamo. Noi ne troviamo due, oa dir meglio, possiamo supporne due: possiamo suppor-re cioè, o che il Sole giri e compia, nell’intervallo di unanno, un giro intorno alla Terra, o che nell’istesso perio-do di tempo la Terra giri e compia un giro intorno alSole.

Il primo supposto è da porsi, come lo abbiamo giàfatto, da parte per molte ragioni che s’intenderanno inseguito, e di cui qui non è luogo di parlare, ma fra lequali basterebbe questa, per quanto volgare, che il Soleessendo immensamente più grande della Terra, è assaipiù probabile che sia esso il centro del moto della Terra,anzichè sia esso che intorno alla Terra giri. Del restonon abbiano bisogno di discutere questa supposizioneche urta il buon senso, dacchè abbiamo l’altra più vero-simile, già da me posta innanzi, la quale rende comple-tamente ragione dei fatti che voi stessi avete notati.

Ricordiamoci, infatti, d’aver già considerato la Terranella sua posizione T1 quando gli abitanti suoi vedono amezzanotte le stelle B; consideriamola ora nella sua po-

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sizione T3; ci persuaderemo senz’altro che quelle stessestelle B sarebbero visibili solo di giorno e sono in realtàoffuscate dal Sole S, che è tra esse e la Terra, che di not-te appariranno tut’altre stelle, quelle cioè che stanno fraA e C e fra C e D.

A passare da T1 in T3 la Terra impiegò sei mesi; la-sciamone passare altri sei, e la Terra ritornata in T1, ri-porrà i suoi abitanti in condizione di veder di nuovo du-rante la notte al medesimo posto le stelle B. Parmi cosìabbastanza spiegata la diversità del cielo stellato in dueepoche opposte dell’anno.

34. Completiamo però la nostra dimostrazione. Voiavete appreso nel paragrafo V precedente che un abitan-te qualsiasi della Terra ha mezzogiorno quando arriva ametà del periodo di tempo detto giorno, ha mezzanotte,quando giunge al mezzo del periodo detto notte.

Guardando verso il mezzodì, ossia verso il punto suddel nostro orizzonte, noi abbiamo l’est o levante a sini-stra, l’ovest o ponente a destra.

Or dunque, quando la Terra (fig. 7), è in T1, l’osserva-tore situato nel mezzo del semicircoletto oscuro vede amezzanotte (l’ora da noi più sopra scelta) dinanzi a sè lestelle B, alla sua manca le stelle A, alla destra le stelleD. Dopo tre mesi, trovandosi in T2, egli verificherà quel-lo che insieme già abbiam constatato nelle nostre osser-vazioni notturne, egli avrà cioè le stelle B a destra (oriz-zonte ovest), e nuove stelle C, che non vedeva prima,sull’orizzonte est, cioè alla sua sinistra, ed è chiaro persè che nel tempo da lui impiegato per trasportarsi colla

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sizione T3; ci persuaderemo senz’altro che quelle stessestelle B sarebbero visibili solo di giorno e sono in realtàoffuscate dal Sole S, che è tra esse e la Terra, che di not-te appariranno tut’altre stelle, quelle cioè che stanno fraA e C e fra C e D.

A passare da T1 in T3 la Terra impiegò sei mesi; la-sciamone passare altri sei, e la Terra ritornata in T1, ri-porrà i suoi abitanti in condizione di veder di nuovo du-rante la notte al medesimo posto le stelle B. Parmi cosìabbastanza spiegata la diversità del cielo stellato in dueepoche opposte dell’anno.

34. Completiamo però la nostra dimostrazione. Voiavete appreso nel paragrafo V precedente che un abitan-te qualsiasi della Terra ha mezzogiorno quando arriva ametà del periodo di tempo detto giorno, ha mezzanotte,quando giunge al mezzo del periodo detto notte.

Guardando verso il mezzodì, ossia verso il punto suddel nostro orizzonte, noi abbiamo l’est o levante a sini-stra, l’ovest o ponente a destra.

Or dunque, quando la Terra (fig. 7), è in T1, l’osserva-tore situato nel mezzo del semicircoletto oscuro vede amezzanotte (l’ora da noi più sopra scelta) dinanzi a sè lestelle B, alla sua manca le stelle A, alla destra le stelleD. Dopo tre mesi, trovandosi in T2, egli verificherà quel-lo che insieme già abbiam constatato nelle nostre osser-vazioni notturne, egli avrà cioè le stelle B a destra (oriz-zonte ovest), e nuove stelle C, che non vedeva prima,sull’orizzonte est, cioè alla sua sinistra, ed è chiaro persè che nel tempo da lui impiegato per trasportarsi colla

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Terra da T1 verso T2, egli avrà visto la configurazionedelle stelle B muoversi di giorno in giorno sempre piùverso la sua destra, ossia verso ponente. Trascorsi seimesi dacchè egli fu nel luogo T2, il nostro osservatorearriverà colla Terra in T1; vedrà, verso l’ora di mezza-notte, ricomparire alla sua sinistra le stelle B. e dopo al-tri tre mesi, tornato colla Terra in T1, rivedrà ancora lemedesime stelle B dinanzi a sè al posto che occupavanoun anno prima.

Resta così provato che la Terra compie un giro intor-no al Sole nell’intervallo di un anno4.

§ VIII.I due movimenti della Terra non si

effettuano nel medesimo piano.

35. Forse, per il giovane lettore, la frase posta in capoa questo paragrafo «i moti della Terra non si effettuanonel medesimo piano» esige qualche dilucidazione, cheposso dargli valendomi della figura 8 seguente.

4 Questo moto della Terra costituisce la più ardita e profondaconquista dello spirito umano; è opera di ingegni sovrani, e peressa i nomi di Copernico, dì Galileo, di Kepler e di Newton sali-rono ad un’altezza, cui altri potrà forse raggiungere ma oltrepas-sare mai.

La Terra in un giorno compie una rotazione intorno a sè medesi-ma, in un anno compie una rivoluzione attorno al Sole. Gira attor-no al Sole mantenendosi sempre a grande distanza da esso; gira,si sposta nello spazio con velocità vertiginosa, e in un minuto se-condo di tempo percorre nello spazio 30 chilometri circa.

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Terra da T1 verso T2, egli avrà visto la configurazionedelle stelle B muoversi di giorno in giorno sempre piùverso la sua destra, ossia verso ponente. Trascorsi seimesi dacchè egli fu nel luogo T2, il nostro osservatorearriverà colla Terra in T1; vedrà, verso l’ora di mezza-notte, ricomparire alla sua sinistra le stelle B. e dopo al-tri tre mesi, tornato colla Terra in T1, rivedrà ancora lemedesime stelle B dinanzi a sè al posto che occupavanoun anno prima.

Resta così provato che la Terra compie un giro intor-no al Sole nell’intervallo di un anno4.

§ VIII.I due movimenti della Terra non si

effettuano nel medesimo piano.

35. Forse, per il giovane lettore, la frase posta in capoa questo paragrafo «i moti della Terra non si effettuanonel medesimo piano» esige qualche dilucidazione, cheposso dargli valendomi della figura 8 seguente.

4 Questo moto della Terra costituisce la più ardita e profondaconquista dello spirito umano; è opera di ingegni sovrani, e peressa i nomi di Copernico, dì Galileo, di Kepler e di Newton sali-rono ad un’altezza, cui altri potrà forse raggiungere ma oltrepas-sare mai.

La Terra in un giorno compie una rotazione intorno a sè medesi-ma, in un anno compie una rivoluzione attorno al Sole. Gira attor-no al Sole mantenendosi sempre a grande distanza da esso; gira,si sposta nello spazio con velocità vertiginosa, e in un minuto se-condo di tempo percorre nello spazio 30 chilometri circa.

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Anzi tutto è duopo sapere che un piano è una esten-sione su cui si possono adagiare dei circoli, e non sol-tanto tracciare delle circonferenze che di quei circoli se-gnino il limite esteriore: una circonferenza essendo il li-mite di una estensione circolare appartenente ad un pia-no, ne consegue che quando si dice «piano di un circo-lo» s’intende la superficie piana su cui il circolo è de-scritto, e s’intende indicare non solo la parte di pianoche intorno intorno è limitata dalla circonferenza di cir-colo, ma la parte stessa prolungata quanto vuolsi in tuttele direzioni.

36. Ciò premesso, osservisi la fig. 8 che chiariràquanto sto per dire.

Il circolo più grande, che suppongo orizzontale e cheper legge di prospettiva appare ovale, determina un pia-

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Anzi tutto è duopo sapere che un piano è una esten-sione su cui si possono adagiare dei circoli, e non sol-tanto tracciare delle circonferenze che di quei circoli se-gnino il limite esteriore: una circonferenza essendo il li-mite di una estensione circolare appartenente ad un pia-no, ne consegue che quando si dice «piano di un circo-lo» s’intende la superficie piana su cui il circolo è de-scritto, e s’intende indicare non solo la parte di pianoche intorno intorno è limitata dalla circonferenza di cir-colo, ma la parte stessa prolungata quanto vuolsi in tuttele direzioni.

36. Ciò premesso, osservisi la fig. 8 che chiariràquanto sto per dire.

Il circolo più grande, che suppongo orizzontale e cheper legge di prospettiva appare ovale, determina un pia-

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no (orizzontale); il circolo più piccolo, inclinato al cir-colo più grande, determina un altro piano che attraversail piano del primo circolo tagliandolo lungo la retta NM.I due circoli hanno il centro nello stesso punto C, edN'M' sono i loro diametri presi sulla loro comune inter-sezione. Tracciati due raggi CP, CO, entrambi perpendi-colari a questa comune intersezione, essi comprenderan-no fra loro un angolo: è l’angolo dei piani dei due circo-li.

Vi darò un paragone. Le pagine di un libro chiusosono altrettanti piani paralleli fra loro; aprite il libro unpoco verso il mezzo senza levarlo dal tavolino su cuiposa, le pagine che avete allontanate da quelle rimaste alloro posto sono tanti piani inclinati a queste; aprite il li-bro per metà, le pagine alzate saranno perpendicolarialle rimaste in posto.

37. Ora facciamo ruotare quei circoli come fosserodue piastrelle infilate sopra un fuscellino, e facciamoliruotare nel verso delle frecce; il punto P, che appartienealla periferia del circolo orizzontale, si muove nel pianodi questo circolo; il punto O, situato sulla periferiadell’altro circolo, si muove nel piano di quest’altro cir-colo; dunque i punti P, O si muovono o più propriamen-te girano in piani diversi.

Se il circolo minore s’inclinasse fino a cadere sul pia-no del circolo maggiore e con esso coincidere, quei duepunti girerebbero nel medesimo piano.

38. Dopo ciò, se supponiamo che il circolo più picco-lo NOMO' diventi l’equatore terrestre, diremo che la

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no (orizzontale); il circolo più piccolo, inclinato al cir-colo più grande, determina un altro piano che attraversail piano del primo circolo tagliandolo lungo la retta NM.I due circoli hanno il centro nello stesso punto C, edN'M' sono i loro diametri presi sulla loro comune inter-sezione. Tracciati due raggi CP, CO, entrambi perpendi-colari a questa comune intersezione, essi comprenderan-no fra loro un angolo: è l’angolo dei piani dei due circo-li.

Vi darò un paragone. Le pagine di un libro chiusosono altrettanti piani paralleli fra loro; aprite il libro unpoco verso il mezzo senza levarlo dal tavolino su cuiposa, le pagine che avete allontanate da quelle rimaste alloro posto sono tanti piani inclinati a queste; aprite il li-bro per metà, le pagine alzate saranno perpendicolarialle rimaste in posto.

37. Ora facciamo ruotare quei circoli come fosserodue piastrelle infilate sopra un fuscellino, e facciamoliruotare nel verso delle frecce; il punto P, che appartienealla periferia del circolo orizzontale, si muove nel pianodi questo circolo; il punto O, situato sulla periferiadell’altro circolo, si muove nel piano di quest’altro cir-colo; dunque i punti P, O si muovono o più propriamen-te girano in piani diversi.

Se il circolo minore s’inclinasse fino a cadere sul pia-no del circolo maggiore e con esso coincidere, quei duepunti girerebbero nel medesimo piano.

38. Dopo ciò, se supponiamo che il circolo più picco-lo NOMO' diventi l’equatore terrestre, diremo che la

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Terra ruota nel piano di quel circolo, perchè nella suarotazione tutti i suoi punti descrivono circoli paralleli aquel piano; e se immaginiamo altresì che il Sole si muo-va nel verso della freccia percorrendo la periferia delcircolo maggiore, diremo che il Sole si muove in un pia-no inclinato all’equatore.

Ma noi ora sappiamo che il Sole è fermo e che il suomoto apparente è effetto di quello reale della Terra; dun-que, per porre le cose nel loro vero stato, collocheremoil Sole nel centro del circolo maggiore, e sulla circonfe-renza di questo faremo muovere la Terra nel verso dellasaetta. Per far ciò, attenendoci alla verità, non avremoche a trasportare il centro del circolo minore (che ab-biam finto or ora rappresentasse l’equatore) sulla cir-conferenza del circolo maggiore P'M'PN' conservandofra i piani di essi la primiera inclinazione. Così avremo

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Terra ruota nel piano di quel circolo, perchè nella suarotazione tutti i suoi punti descrivono circoli paralleli aquel piano; e se immaginiamo altresì che il Sole si muo-va nel verso della freccia percorrendo la periferia delcircolo maggiore, diremo che il Sole si muove in un pia-no inclinato all’equatore.

Ma noi ora sappiamo che il Sole è fermo e che il suomoto apparente è effetto di quello reale della Terra; dun-que, per porre le cose nel loro vero stato, collocheremoil Sole nel centro del circolo maggiore, e sulla circonfe-renza di questo faremo muovere la Terra nel verso dellasaetta. Per far ciò, attenendoci alla verità, non avremoche a trasportare il centro del circolo minore (che ab-biam finto or ora rappresentasse l’equatore) sulla cir-conferenza del circolo maggiore P'M'PN' conservandofra i piani di essi la primiera inclinazione. Così avremo

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rappresentato la Terra che ruota intorno a sè stessa in unpiano, e che ad un tempo muovesi in un altro piano alprimo inclinato.

39. Poste le cose in questa forma, possiamo modifica-re la fig. 8 in modo da trasformarla nella fig. 9, e possia-mo paragonare la fig. 9 colla realtà, la quale è appuntodalla figura 9 rappresentata in proporzioni minime.

Noi vediamo in P' la Terra col suo equatore inclinatoal piano del gran circolo P'M'PN', circolo di cui la cir-conferenza è percorsa dalla Terra in un anno, ed è quellalinea cui gli astronomi chiamano orbita terrestre e di-stinguono col nome di eclittica. Le saette indicano la di-rezione dei due moti della Terra, uno di rotazione intor-no al suo asse BB, l’altro di traslazione sulla eclittica.

Il piano dell’equatore e quello dell’eclittica fanno traloro quell’angolo costante che si chiama obliquitàdell’eclittica rispetto all’equatore, e che è di 23° 28' inmedia, o ad un dipresso la quarta parte di un angolo ret-to.

§ IX.Perchè su tutta la Terra, eccetto che

all’equatore e ai poli, e perchè sulla Terra inqualunque epoca dell’anno, salvo che aquella degli equinozii, i giorni non sono

eguali alle notti.

40. Da tutto ciò che si è detto e dimostrato nei numeri

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rappresentato la Terra che ruota intorno a sè stessa in unpiano, e che ad un tempo muovesi in un altro piano alprimo inclinato.

39. Poste le cose in questa forma, possiamo modifica-re la fig. 8 in modo da trasformarla nella fig. 9, e possia-mo paragonare la fig. 9 colla realtà, la quale è appuntodalla figura 9 rappresentata in proporzioni minime.

Noi vediamo in P' la Terra col suo equatore inclinatoal piano del gran circolo P'M'PN', circolo di cui la cir-conferenza è percorsa dalla Terra in un anno, ed è quellalinea cui gli astronomi chiamano orbita terrestre e di-stinguono col nome di eclittica. Le saette indicano la di-rezione dei due moti della Terra, uno di rotazione intor-no al suo asse BB, l’altro di traslazione sulla eclittica.

Il piano dell’equatore e quello dell’eclittica fanno traloro quell’angolo costante che si chiama obliquitàdell’eclittica rispetto all’equatore, e che è di 23° 28' inmedia, o ad un dipresso la quarta parte di un angolo ret-to.

§ IX.Perchè su tutta la Terra, eccetto che

all’equatore e ai poli, e perchè sulla Terra inqualunque epoca dell’anno, salvo che aquella degli equinozii, i giorni non sono

eguali alle notti.

40. Da tutto ciò che si è detto e dimostrato nei numeri

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precedenti si è potuto stabilire essere ben fondata lacongettura che la Terra giri intorno al Sole, mantenendoil suo centro sopra una linea pressochè circolare chiama-ta eclittica.

Ho detto poc’anzi che l’equatore della Terra è inclina-to sul piano dell’eclittica, ed ora proverò che questa in-clinazione ed il congetturato moto della Terra intorno alSole bastano a rendere ragione della diversa durata deigiorni e delle notti.

41. L’anno si divide in quattro stagioni: Primavera,Estate, Autunno e Inverno. Questo fatto si collega inti-mamente colla diversa durata del giorno, sicchè ne tro-veremo la ragione nella spiegazione stessa di questa di-versa durata.

42. Osservate la figura 10. S è il Sole, lontanissimodalla Terra che è raffigurata nel circolo PEPE'. La OS èuna retta che passa per i loro centri e può quindi rappre-

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precedenti si è potuto stabilire essere ben fondata lacongettura che la Terra giri intorno al Sole, mantenendoil suo centro sopra una linea pressochè circolare chiama-ta eclittica.

Ho detto poc’anzi che l’equatore della Terra è inclina-to sul piano dell’eclittica, ed ora proverò che questa in-clinazione ed il congetturato moto della Terra intorno alSole bastano a rendere ragione della diversa durata deigiorni e delle notti.

41. L’anno si divide in quattro stagioni: Primavera,Estate, Autunno e Inverno. Questo fatto si collega inti-mamente colla diversa durata del giorno, sicchè ne tro-veremo la ragione nella spiegazione stessa di questa di-versa durata.

42. Osservate la figura 10. S è il Sole, lontanissimodalla Terra che è raffigurata nel circolo PEPE'. La OS èuna retta che passa per i loro centri e può quindi rappre-

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sentare di profilo o in proiezione il piano dell’orbita ter-restre.L’equatore EE' è inclinato a questo piano e per conse-guenza ad esso piano inclinato è pure l’asse di rotazionedella Terra.

Il mezzo circolo superiore EPE' appartiene all’emi-sfero nord della Terra, l’inferiore appartiene all’emisferosud; a destra della linea o del diametro ab' è l’emisferooscuro, quello che ha notte; a sinistra quello per il qualeè giorno.

Studiamo bene la configurazione presentataci dal di-segno. Ecco: la Terra ruota nel verso della freccia: vede-te voi i punti h, c? Essi, durante il giorno, percorronociascuno un arco di cui hr, cp sono le rispettive metà edi notte percorrono ciascuno un arco più grande di cuirh', pc' sono pure le rispettive metà; in altri termini, nel-la raffigurata posizione della Terra, i luoghi h, cdell’emisfero boreale hanno i giorni più brevi delle not-ti.

Che cosa avviene intanto per l’emisfero australe? Pre-cisamente il contrario, giacchè i luoghi m, d di esso, lasemplice ispezione della figura ne persuade, hanno igiorni più lunghi delle notti.

43. Ho detto poco fa che i due piani dell’equatore edell’eclittica sono inclinati l’uno rispetto all’altro, cheper conseguenza l’asse di rotazione, ossia l’asse polaredella Terra, è pur esso inclinato al piano dell’eclittica.

La misura dell’inclinazione dell’asse polare è, natu-ralmente, in necessaria relazione coll’obliquità

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sentare di profilo o in proiezione il piano dell’orbita ter-restre.L’equatore EE' è inclinato a questo piano e per conse-guenza ad esso piano inclinato è pure l’asse di rotazionedella Terra.

Il mezzo circolo superiore EPE' appartiene all’emi-sfero nord della Terra, l’inferiore appartiene all’emisferosud; a destra della linea o del diametro ab' è l’emisferooscuro, quello che ha notte; a sinistra quello per il qualeè giorno.

Studiamo bene la configurazione presentataci dal di-segno. Ecco: la Terra ruota nel verso della freccia: vede-te voi i punti h, c? Essi, durante il giorno, percorronociascuno un arco di cui hr, cp sono le rispettive metà edi notte percorrono ciascuno un arco più grande di cuirh', pc' sono pure le rispettive metà; in altri termini, nel-la raffigurata posizione della Terra, i luoghi h, cdell’emisfero boreale hanno i giorni più brevi delle not-ti.

Che cosa avviene intanto per l’emisfero australe? Pre-cisamente il contrario, giacchè i luoghi m, d di esso, lasemplice ispezione della figura ne persuade, hanno igiorni più lunghi delle notti.

43. Ho detto poco fa che i due piani dell’equatore edell’eclittica sono inclinati l’uno rispetto all’altro, cheper conseguenza l’asse di rotazione, ossia l’asse polaredella Terra, è pur esso inclinato al piano dell’eclittica.

La misura dell’inclinazione dell’asse polare è, natu-ralmente, in necessaria relazione coll’obliquità

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dell’eclittica, e questa essendo invariabile (o almeno po-tendosi in queste nozioni elementari ritener come tale),anche l’inclinazione dell’asse di rotazione è sempreeguale a sè stessa. Ma nello stesso tempo, ed è facile in-tenderlo, il circolo di illuminazione della Terra, rappre-sentato nel disegno da ab', è sempre perpendicolare alpiano dell’eclittica, rappresentato in proiezione da SO.Ne segue che l’asse di rotazione PP' non può mai fare innessun caso col piano del circolo d’illuminazione un an-golo maggiore di quello che l’equatore fa coll’eclittica,mentre può benissimo in certi casi, che avremo occasio-ne di esaminare un po’ più innanzi, trovarsi in quel pia-no stesso.

Pertanto, posto che nella configurazione rappresentatanel disegno si supponga che l’angolo della linea aO col-la retta OP sia il massimo, cioè eguale all’obliquitàdell’eclittica, la posizione della Terra nel disegno consi-derata si riferisce a quel punto del ciclo annuale in cuicade per noi il giorno più corto, seguito dalla più lunganotte, punto che dicesi Solstizio d’inverno5 per il nostroemisfero, e che evidentemente per l’emisfero oppostorappresenta invece il Solstizio d’estate.

Noi vedremo fra poco che una seconda posizione, si-mile e simmetrica a quella or ora considerata. corrispon-de per noi all’epoca della massima durata del giorno, eper l’emisfero opposto all’epoca della sua durata mini-ma.

5 La parola solstizio deriva da Solis statio, cioè fermata delSole.

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dell’eclittica, e questa essendo invariabile (o almeno po-tendosi in queste nozioni elementari ritener come tale),anche l’inclinazione dell’asse di rotazione è sempreeguale a sè stessa. Ma nello stesso tempo, ed è facile in-tenderlo, il circolo di illuminazione della Terra, rappre-sentato nel disegno da ab', è sempre perpendicolare alpiano dell’eclittica, rappresentato in proiezione da SO.Ne segue che l’asse di rotazione PP' non può mai fare innessun caso col piano del circolo d’illuminazione un an-golo maggiore di quello che l’equatore fa coll’eclittica,mentre può benissimo in certi casi, che avremo occasio-ne di esaminare un po’ più innanzi, trovarsi in quel pia-no stesso.

Pertanto, posto che nella configurazione rappresentatanel disegno si supponga che l’angolo della linea aO col-la retta OP sia il massimo, cioè eguale all’obliquitàdell’eclittica, la posizione della Terra nel disegno consi-derata si riferisce a quel punto del ciclo annuale in cuicade per noi il giorno più corto, seguito dalla più lunganotte, punto che dicesi Solstizio d’inverno5 per il nostroemisfero, e che evidentemente per l’emisfero oppostorappresenta invece il Solstizio d’estate.

Noi vedremo fra poco che una seconda posizione, si-mile e simmetrica a quella or ora considerata. corrispon-de per noi all’epoca della massima durata del giorno, eper l’emisfero opposto all’epoca della sua durata mini-ma.

5 La parola solstizio deriva da Solis statio, cioè fermata delSole.

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Intanto che cosa avviene ai poli della Terra? La figuralo mostra: entro un piccolo spazio intorno al polo Pnord, compreso nel circoletto aa' ossia sulla calotta po-lare aa'P, si ha notte per tutte le 24 ore del dì che consi-deriamo; si ha giorno invece per tutte le 24 ore entrouno spazio eguale, compreso nel circoletto bb', intornoall’altro polo P' ossia sulla calotta polare australe bb'P'

44. Lo studioso può qui, osservando attentamente lafigura 10, persuadersi che, qualunque sia l’angolo com-preso fra la linea Oa e la retta OP (che sappiamo variarsoltanto tra zero e il valore dell’obliquità), l’equatore re-sta pur sempre diviso per metà dal circolo d’illumina-

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Intanto che cosa avviene ai poli della Terra? La figuralo mostra: entro un piccolo spazio intorno al polo Pnord, compreso nel circoletto aa' ossia sulla calotta po-lare aa'P, si ha notte per tutte le 24 ore del dì che consi-deriamo; si ha giorno invece per tutte le 24 ore entrouno spazio eguale, compreso nel circoletto bb', intornoall’altro polo P' ossia sulla calotta polare australe bb'P'

44. Lo studioso può qui, osservando attentamente lafigura 10, persuadersi che, qualunque sia l’angolo com-preso fra la linea Oa e la retta OP (che sappiamo variarsoltanto tra zero e il valore dell’obliquità), l’equatore re-sta pur sempre diviso per metà dal circolo d’illumina-

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zione proiettato in ab', e che per conseguenza un paesesituato sull’equatore deve aver sempre, come ha infatti,il giorno eguale alla notte.

45. Fra le varie giaciture che si potrebbero colla fan-tasia attribuire all’asse di rotazione, vi sarebbe quellaper cui riuscisse perpendicolare al piano proiettato inSO, fig. 10, dell’eclittica. Ma oltre che quest’ipotesi nonrisponde ai fatti testè dimostrati, essa cade tosto da sèappena si rifletta un momento alle conseguenze cheavrebbe per noi questa ipotetica condizione di cose.

Se essa infatti corrispondesse alla realtà, tutti i luoghidella Terra, percorrendo nella rotazione diurna dei circo-li divisi per mezzo da quello d’illuminazione, avrebberocostantemente i giorni e le notti di egual durata, cioè adire sempre una stessa stagione simile a quella che oggisi ha in primavera ed in autunno. Ne deriverebbe unauniforme e graduale variazione di climi dall’equatore aipoli, temperandosi alquanto gli ardori dei paesi vicini aitropici, e mitigandosi i freddi delle regioni prossime aipoli per la presenza del Sole sugli orizzonti polari inogni giorno dell’anno, ne deriverebbe che le zone tem-perate non fruirebbero più dei calori canicolari a cui lanostra vegetazione va debitrice della sua rigogliosità.

Benchè l’eguaglianza del giorno e della notte al 22 dimarzo e al 22 settembre sia un fatto che si potrebbe an-che spiegare supponendo l’asse terrestre perpendicolareall’orbita della Terra, questa supposizione non è peròammissibile, perchè darebbe necessariamente luogo afatti che in realtà non avvengono.

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zione proiettato in ab', e che per conseguenza un paesesituato sull’equatore deve aver sempre, come ha infatti,il giorno eguale alla notte.

45. Fra le varie giaciture che si potrebbero colla fan-tasia attribuire all’asse di rotazione, vi sarebbe quellaper cui riuscisse perpendicolare al piano proiettato inSO, fig. 10, dell’eclittica. Ma oltre che quest’ipotesi nonrisponde ai fatti testè dimostrati, essa cade tosto da sèappena si rifletta un momento alle conseguenze cheavrebbe per noi questa ipotetica condizione di cose.

Se essa infatti corrispondesse alla realtà, tutti i luoghidella Terra, percorrendo nella rotazione diurna dei circo-li divisi per mezzo da quello d’illuminazione, avrebberocostantemente i giorni e le notti di egual durata, cioè adire sempre una stessa stagione simile a quella che oggisi ha in primavera ed in autunno. Ne deriverebbe unauniforme e graduale variazione di climi dall’equatore aipoli, temperandosi alquanto gli ardori dei paesi vicini aitropici, e mitigandosi i freddi delle regioni prossime aipoli per la presenza del Sole sugli orizzonti polari inogni giorno dell’anno, ne deriverebbe che le zone tem-perate non fruirebbero più dei calori canicolari a cui lanostra vegetazione va debitrice della sua rigogliosità.

Benchè l’eguaglianza del giorno e della notte al 22 dimarzo e al 22 settembre sia un fatto che si potrebbe an-che spiegare supponendo l’asse terrestre perpendicolareall’orbita della Terra, questa supposizione non è peròammissibile, perchè darebbe necessariamente luogo afatti che in realtà non avvengono.

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46. Debbo ora dichiarare che l’asse di rotazione dellaTerra, oltre all’essere inclinato sul piano dell’orbita ter-restre, si mantiene anche sempre parallelo a sè stesso,intanto che la Terra ruota intorno ad esso asse e ad untempo gira lungo la sua orbita intorno al Sole.

Possiamo noi stessi verificare facilmente questo im-portante fatto.

La Terra ruota, lo dimostrammo, intorno a sè medesi-ma e la sua rotazione produce il moto apparente diurnodella vôlta celeste. Rotatorio è il moto reale della Terra,rotatorio quindi dev’essere il conseguente moto appa-rente della vôlta celeste.

La rotazione reale della Terra si fa intorno ad un asse(asse polare o terrestre), e intorno ad un asse (asse cele-ste) deve farsi pure la rotazione apparente del cielo.

Ruotando la Terra, tutti i suoi punti descrivono circoliperpendicolari al suo asse di rotazione tranne due, i politerrestri, che rimangono fermi, e lo stesso deve avvenireapparentemente del cielo; tutti i punti di questo devonoapparentemente descrivere circoli perpendicolariall’asse celeste, due soli esclusi i quali rimangono fermie che per analogia dovran dirsi i poli del cielo. E poichèla rotazione apparente del cielo è determinata dalla rota-zione reale della Terra, l’asse della rotazione apparenteceleste deve essere determinato da quello della rotazio-ne reale terrestre; e poichè il cielo abbraccia e chiude daogni parte la Terra, l’asse celeste non può essere altroche l’asse terrestre prolungato, e dove quest’asse pro-lungato tocca la vôlta apparente del cielo debbono esser-

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46. Debbo ora dichiarare che l’asse di rotazione dellaTerra, oltre all’essere inclinato sul piano dell’orbita ter-restre, si mantiene anche sempre parallelo a sè stesso,intanto che la Terra ruota intorno ad esso asse e ad untempo gira lungo la sua orbita intorno al Sole.

Possiamo noi stessi verificare facilmente questo im-portante fatto.

La Terra ruota, lo dimostrammo, intorno a sè medesi-ma e la sua rotazione produce il moto apparente diurnodella vôlta celeste. Rotatorio è il moto reale della Terra,rotatorio quindi dev’essere il conseguente moto appa-rente della vôlta celeste.

La rotazione reale della Terra si fa intorno ad un asse(asse polare o terrestre), e intorno ad un asse (asse cele-ste) deve farsi pure la rotazione apparente del cielo.

Ruotando la Terra, tutti i suoi punti descrivono circoliperpendicolari al suo asse di rotazione tranne due, i politerrestri, che rimangono fermi, e lo stesso deve avvenireapparentemente del cielo; tutti i punti di questo devonoapparentemente descrivere circoli perpendicolariall’asse celeste, due soli esclusi i quali rimangono fermie che per analogia dovran dirsi i poli del cielo. E poichèla rotazione apparente del cielo è determinata dalla rota-zione reale della Terra, l’asse della rotazione apparenteceleste deve essere determinato da quello della rotazio-ne reale terrestre; e poichè il cielo abbraccia e chiude daogni parte la Terra, l’asse celeste non può essere altroche l’asse terrestre prolungato, e dove quest’asse pro-lungato tocca la vôlta apparente del cielo debbono esser-

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vi i poli celesti.Tutte queste cose sono letteralmente confermate dai

fatti.Osserviamo il cielo per una notte intera, e vedremo

appunto le sue stelle percorrere altrettanti circoli paral-leli fra di loro e tutti perpendicolari alla direzionedell’asse terrestre prolungato. Osserviamolo meglio, evedremo nei paesi nostri alto sul nostro orizzonte circa45 gradi, mezz’angolo retto, un punto del cielo che ri-mane fermo tutta la notte; è uno dei poli celesti, il polonord.

Per fortuna vicinissima a questo polo v’è una stellalucida, facilmente riconoscibile, che appartiene alla con-figurazione di stelle detta costellazione dell’Orsa mino-re, e alla quale appunto per ciò si dà il nome di stellapolare.

Osserviamo una, due, tre notti di seguito, osserviamoper un anno intero il cielo, e vedremo ogni notte il poloceleste nord nella stessa posizione rispetto alla stella po-lare, e, poichè questa è una stella fissa, dedurre ne dob-biamo che il polo celeste nord, determinato come già di-cemmo dal prolungamento dell’asse polare terrestre,non solo non si muove col moto apparente e di ognigiorno della vôlta celeste, ma per tutto l’anno corrispon-de allo stesso punto dello spazio e in quello resta immo-bile6.

6 Si fu qui astrazione dal moto proprio delle stelle fisse e dalmoto del polo ogni anno piccolissimo, moti che diventano percet-tibili solo dopo osservazioni prolungate per decine e centinaiad’anni.

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vi i poli celesti.Tutte queste cose sono letteralmente confermate dai

fatti.Osserviamo il cielo per una notte intera, e vedremo

appunto le sue stelle percorrere altrettanti circoli paral-leli fra di loro e tutti perpendicolari alla direzionedell’asse terrestre prolungato. Osserviamolo meglio, evedremo nei paesi nostri alto sul nostro orizzonte circa45 gradi, mezz’angolo retto, un punto del cielo che ri-mane fermo tutta la notte; è uno dei poli celesti, il polonord.

Per fortuna vicinissima a questo polo v’è una stellalucida, facilmente riconoscibile, che appartiene alla con-figurazione di stelle detta costellazione dell’Orsa mino-re, e alla quale appunto per ciò si dà il nome di stellapolare.

Osserviamo una, due, tre notti di seguito, osserviamoper un anno intero il cielo, e vedremo ogni notte il poloceleste nord nella stessa posizione rispetto alla stella po-lare, e, poichè questa è una stella fissa, dedurre ne dob-biamo che il polo celeste nord, determinato come già di-cemmo dal prolungamento dell’asse polare terrestre,non solo non si muove col moto apparente e di ognigiorno della vôlta celeste, ma per tutto l’anno corrispon-de allo stesso punto dello spazio e in quello resta immo-bile6.

6 Si fu qui astrazione dal moto proprio delle stelle fisse e dalmoto del polo ogni anno piccolissimo, moti che diventano percet-tibili solo dopo osservazioni prolungate per decine e centinaiad’anni.

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Questo fatto deve giungere inaspettato al lettore cheriflette. Detto abbiamo che la Terra ruota intorno ad unsuo asse, e che contemporaneamente ed incessantemen-te si sposta con grande velocità nello spazio. Se la terracambia di posizione nello spazio, anche il suo asse pola-re cambiar deve la sua posizione nello spazio; e poichèin ogni istante l’asse polare terrestre determina l’asseceleste, cambiare deve di posizione nello spazio anchel’asse celeste; e poichè i due poli del cielo sono determi-nati dall’asse celeste, anch’essi cambiare devono di po-sizione in cielo.

Il fatto ci avverte invece che e l’uno e l’altro polo ce-leste durante un anno non mutano punto di posto. Oracome mai questo avviene?

Avviene per le due ragioni seguenti: primo, perchè lavôlta celeste è a distanza infinitamente grande dalla Ter-ra, tanto grande che rispetto ad essa il diametrodell’orbita percorsa dalla Terra attorno al Sole può con-siderarsi come una quantità trascurabile, come un punto;secondo, perchè l’asse della rotazione terrestre si spostabensì con la Terra incessantemente nello spazio ma ri-mane sempre parallelo a sè stesso, ossia prende posizio-ni successive le quali tutte sono parallele fra loro.

47. È un fatto importantissimo, come già dissi, questodel parallelismo dell’asse polare della Terra nei diversiluoghi dello spazio da questa occupati successivamente,e senza di esso non potrebbe spiegarsi così semplice-mente come si fa la varietà delle stagioni, l’ordine dellaloro successione, la loro dipendenza dalla variabile du-

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Questo fatto deve giungere inaspettato al lettore cheriflette. Detto abbiamo che la Terra ruota intorno ad unsuo asse, e che contemporaneamente ed incessantemen-te si sposta con grande velocità nello spazio. Se la terracambia di posizione nello spazio, anche il suo asse pola-re cambiar deve la sua posizione nello spazio; e poichèin ogni istante l’asse polare terrestre determina l’asseceleste, cambiare deve di posizione nello spazio anchel’asse celeste; e poichè i due poli del cielo sono determi-nati dall’asse celeste, anch’essi cambiare devono di po-sizione in cielo.

Il fatto ci avverte invece che e l’uno e l’altro polo ce-leste durante un anno non mutano punto di posto. Oracome mai questo avviene?

Avviene per le due ragioni seguenti: primo, perchè lavôlta celeste è a distanza infinitamente grande dalla Ter-ra, tanto grande che rispetto ad essa il diametrodell’orbita percorsa dalla Terra attorno al Sole può con-siderarsi come una quantità trascurabile, come un punto;secondo, perchè l’asse della rotazione terrestre si spostabensì con la Terra incessantemente nello spazio ma ri-mane sempre parallelo a sè stesso, ossia prende posizio-ni successive le quali tutte sono parallele fra loro.

47. È un fatto importantissimo, come già dissi, questodel parallelismo dell’asse polare della Terra nei diversiluoghi dello spazio da questa occupati successivamente,e senza di esso non potrebbe spiegarsi così semplice-mente come si fa la varietà delle stagioni, l’ordine dellaloro successione, la loro dipendenza dalla variabile du-

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rata del giorno.48. Nella figura 10 il Sole era rappresentato alla sini-

stra della Terra, nella figura 12 è invece alla destra, e ciòperchè nel frattempo la Terra ha compiuto un mezzogiro intorno al Sole.

Poniamo le figure 10 e 12 di fronte; esse rappresenta-no due posizioni prese dalla Terra a sei mesi d’interval-lo, ed in esse le due linee PP' sono parallele fra di loro,e tali sono disegnate appunto per quello che si è appenadimostrato, che cioè l’asse della rotazione terrestre, inqualunque punto dell’orbita si consideri la Terra, è sem-pre parallelo a sè stesso.

Vediamo ora che cosa succede: adesso, fig. 12,nell’emisfero settentrionale gli stessi punti h, c, primaconsiderati nella fig. 10, percorrono sotto la luce solarearchi più grandi di quelli percorsi nella oscurità, ed han-no per conseguenza il giorno più lungo della notte.Adesso nell’emisfero meridionale i luoghi d, m, contra-riamente a quanto facevano nella fig. 10, percorrono du-

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rata del giorno.48. Nella figura 10 il Sole era rappresentato alla sini-

stra della Terra, nella figura 12 è invece alla destra, e ciòperchè nel frattempo la Terra ha compiuto un mezzogiro intorno al Sole.

Poniamo le figure 10 e 12 di fronte; esse rappresenta-no due posizioni prese dalla Terra a sei mesi d’interval-lo, ed in esse le due linee PP' sono parallele fra di loro,e tali sono disegnate appunto per quello che si è appenadimostrato, che cioè l’asse della rotazione terrestre, inqualunque punto dell’orbita si consideri la Terra, è sem-pre parallelo a sè stesso.

Vediamo ora che cosa succede: adesso, fig. 12,nell’emisfero settentrionale gli stessi punti h, c, primaconsiderati nella fig. 10, percorrono sotto la luce solarearchi più grandi di quelli percorsi nella oscurità, ed han-no per conseguenza il giorno più lungo della notte.Adesso nell’emisfero meridionale i luoghi d, m, contra-riamente a quanto facevano nella fig. 10, percorrono du-

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rante il giorno archi più brevi che durante la notte.Adesso la calotta attorno al polo nord nel piccolo spaziocompreso entro il circolo aa' ha giorno per 24 ore conti-nue, mentre ha notte di 24 ore invece lo spazio egualeche, limitato da bb', circonda il polo sud.

Questa posizione della Terra, in cui la linea, ba', chesegna la proiezione del circolo d’illuminazione, fa dinuovo il massimo angolo (obliquità) coll’asse di rota-zione, corrisponde all’estate, più precisamente al solsti-zio estivo del nostro emisfero e al solstizio d’invernodell’emisfero australe.

Fra questa posizione della Terra e quella rappresenta-

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rante il giorno archi più brevi che durante la notte.Adesso la calotta attorno al polo nord nel piccolo spaziocompreso entro il circolo aa' ha giorno per 24 ore conti-nue, mentre ha notte di 24 ore invece lo spazio egualeche, limitato da bb', circonda il polo sud.

Questa posizione della Terra, in cui la linea, ba', chesegna la proiezione del circolo d’illuminazione, fa dinuovo il massimo angolo (obliquità) coll’asse di rota-zione, corrisponde all’estate, più precisamente al solsti-zio estivo del nostro emisfero e al solstizio d’invernodell’emisfero australe.

Fra questa posizione della Terra e quella rappresenta-

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ta nella figura 10 v’è pertanto un assoluto contrasto; lostato cioè delle cose è nelle due figure invertito, comeinvertite sono le condizioni climatologiche che noi espe-rimentiamo nelle due stagioni d’inverno e d’estate.

Riflettete bene alla differenza fra le nostre condizioniclimatologiche in queste due epoche dell’anno ed esa-minate di nuovo le figure 10 e 12.

L’asse terrestre inclinato sul piano dell’orbita dellaTerra dovendo in ogni punto di essa orbita mantenersisempre parallelo a sè stesso, fa sì che nell’inverno (posi-zione della fig. 10) il polo nord della Terra si trova pen-dere dalla parte opposta al Sole, e che nell’estate (posi-zione della figura 12) esso si trova inclinato invece ver-so il Sole; ne segue che i due poli della Terra devonoavere, ed hanno difatti, uno alla volta alternativamenteper sei mesi giorno continuo e per sei altri mesi notte al-trettanto continua.

49. Ora, con un semplice ragionamento, consideran-do, se vogliamo, soltanto il nostro emisfero, si può in-tendere come debbanvi necessariamente essere due epo-che nell’anno, nelle quali tutti i luoghi della superficieterrestre indistintamente devono avere giorni e notti diuguale durata.

Se si deve infatti, nel giro di circa sei mesi, dalla mi-nima lunghezza del giorno, passare gradatamente e qua-si insensibilmente alla massima, se nell’intervallo stessodi tempo si deve con vece inversa passare dalla massimaalla minima lunghezza della notte, è pur necessario chearrivi quel momento in cui le durate del giorno e della

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ta nella figura 10 v’è pertanto un assoluto contrasto; lostato cioè delle cose è nelle due figure invertito, comeinvertite sono le condizioni climatologiche che noi espe-rimentiamo nelle due stagioni d’inverno e d’estate.

Riflettete bene alla differenza fra le nostre condizioniclimatologiche in queste due epoche dell’anno ed esa-minate di nuovo le figure 10 e 12.

L’asse terrestre inclinato sul piano dell’orbita dellaTerra dovendo in ogni punto di essa orbita mantenersisempre parallelo a sè stesso, fa sì che nell’inverno (posi-zione della fig. 10) il polo nord della Terra si trova pen-dere dalla parte opposta al Sole, e che nell’estate (posi-zione della figura 12) esso si trova inclinato invece ver-so il Sole; ne segue che i due poli della Terra devonoavere, ed hanno difatti, uno alla volta alternativamenteper sei mesi giorno continuo e per sei altri mesi notte al-trettanto continua.

49. Ora, con un semplice ragionamento, consideran-do, se vogliamo, soltanto il nostro emisfero, si può in-tendere come debbanvi necessariamente essere due epo-che nell’anno, nelle quali tutti i luoghi della superficieterrestre indistintamente devono avere giorni e notti diuguale durata.

Se si deve infatti, nel giro di circa sei mesi, dalla mi-nima lunghezza del giorno, passare gradatamente e qua-si insensibilmente alla massima, se nell’intervallo stessodi tempo si deve con vece inversa passare dalla massimaalla minima lunghezza della notte, è pur necessario chearrivi quel momento in cui le durate del giorno e della

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notte siano eguali. E poichè il moto della Terra nella suaorbita è sensibilmente regolare e uniforme, quel mo-mento deve cadere verso la metà fra i due solstizii: quelmomento è l’Equinozio di primavera (22 marzo). La pa-rola equinozio suona: eguaglianza delle notti su tutta laTerra, e infatti in tutti i paesi della Terra (salvo che nelleimmediate adiacenze dei poli) si hanno in tale epocagiorni di 12 ore e notti di 12 ore.

Una cosa simile deve accadere nel tragitto dall’estateall’inverno, ossia nella seconda metà dell’anno, quandoi giorni, dopo esser stati i più lunghi, vanno decrescendofino a raggiungere la loro durata minima, intanto che lenotti variano in modo opposto; accade infatti, e verso lametà del secondo periodo considerato dell’anno abbia-mo l’Equinozio di autunno (22 settembre), epoca nella

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notte siano eguali. E poichè il moto della Terra nella suaorbita è sensibilmente regolare e uniforme, quel mo-mento deve cadere verso la metà fra i due solstizii: quelmomento è l’Equinozio di primavera (22 marzo). La pa-rola equinozio suona: eguaglianza delle notti su tutta laTerra, e infatti in tutti i paesi della Terra (salvo che nelleimmediate adiacenze dei poli) si hanno in tale epocagiorni di 12 ore e notti di 12 ore.

Una cosa simile deve accadere nel tragitto dall’estateall’inverno, ossia nella seconda metà dell’anno, quandoi giorni, dopo esser stati i più lunghi, vanno decrescendofino a raggiungere la loro durata minima, intanto che lenotti variano in modo opposto; accade infatti, e verso lametà del secondo periodo considerato dell’anno abbia-mo l’Equinozio di autunno (22 settembre), epoca nella

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quale di nuovo i giorni diventano, quanto a durata,eguali alle notti.

50. Riassumiamo tutto quanto si è detto fin qui e os-serviamo un po’ più dappresso una qualunque delle dueposizioni della Terra che corrispondono agli equinozii.

Consideriamo la vicina fig. 14. La grande linea ovaleè l’eclittica, sul cui piano immaginiamo di trovarci inpiedi col corpo nell’emisfero nord del cielo; essa è per-corsa dalla Terra nel verso delle saette. La Terra occupasu di essa, nel disegno, le quattro posizioni caratteristi-che, per dir così, del suo moto, rappresentate in Tl T2 T3

T4. In dette quattro posizioni gli assi polari terrestri sonoinclinati al piano dell’orbita e paralleli fra di loro; ilpunto p segna il polo nord in ciascuna posizione e la li-

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quale di nuovo i giorni diventano, quanto a durata,eguali alle notti.

50. Riassumiamo tutto quanto si è detto fin qui e os-serviamo un po’ più dappresso una qualunque delle dueposizioni della Terra che corrispondono agli equinozii.

Consideriamo la vicina fig. 14. La grande linea ovaleè l’eclittica, sul cui piano immaginiamo di trovarci inpiedi col corpo nell’emisfero nord del cielo; essa è per-corsa dalla Terra nel verso delle saette. La Terra occupasu di essa, nel disegno, le quattro posizioni caratteristi-che, per dir così, del suo moto, rappresentate in Tl T2 T3

T4. In dette quattro posizioni gli assi polari terrestri sonoinclinati al piano dell’orbita e paralleli fra di loro; ilpunto p segna il polo nord in ciascuna posizione e la li-

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nea abc l’equatore; vi prego di pôr mente alla giacituradel circolo d’illuminazione che divide la parte illumina-ta della Terra da quella in ombra.

51. Prendiamo in esame le posizioni T2 e T4 che corri-spondono, come si scorge facilmente, agli equinozii.

Gli assi terrestri p, p sono disposti in modo, a motivodel loro parallelismo, da giacere nel piano del circolod’illuminazione, e questo per conseguenza passa preci-samente per i poli della Terra.

Da questa condizione di cose necessariamente derivache nelle posizioni T2 e T4 un punto qualunque fral’equatore e i due poli percorre, durante la rotazione del-

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nea abc l’equatore; vi prego di pôr mente alla giacituradel circolo d’illuminazione che divide la parte illumina-ta della Terra da quella in ombra.

51. Prendiamo in esame le posizioni T2 e T4 che corri-spondono, come si scorge facilmente, agli equinozii.

Gli assi terrestri p, p sono disposti in modo, a motivodel loro parallelismo, da giacere nel piano del circolod’illuminazione, e questo per conseguenza passa preci-samente per i poli della Terra.

Da questa condizione di cose necessariamente derivache nelle posizioni T2 e T4 un punto qualunque fral’equatore e i due poli percorre, durante la rotazione del-

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la Terra, un circolo diviso per metà da quello d’illumi-nazione, così come avverrebbe se l’asse polare terrestrefosse perpendicolare all’eclittica. Consegue ancora chenelle posizioni stesse il giorno e la notte durano ciascu-no 12 ore in tutti i luoghi della Terra, così come si è det-to al capo 49. Solo per i luoghi vicinissimi al polo bo-reale, nella posizione T2, della Terra, comincia il grangiorno di sei mesi, e per i luoghi prossimi al polo sudesso finisce, mentre l’opposto accade nella posizione T4.

Le figure 11, 13, 15, 16, rappresentano la Terra cosìcome sarebbe veduta dal Sole nei due solstizii e nei dueequinozii.

§ X.La varia durata dei diversi giorni dell’anno

è la causa delle stagioni.

52. Per potervi spiegare il fenomeno delle stagioni epiù innanzi facilitarvi l’intelligenza di certi altri fatti, dicui avrò a parlarvi, mi è necessario intrattenervi alcunpoco sopra talune definizioni, per le quali dovrò valermidi vocaboli rigorosamente astronomici, ma non tuttiperò esclusi dal linguaggio comune e famigliare. Alcunidi essi, come verticale, zenit, meridiano, paralleli e simi-li non vi riusciranno anzi nuovi affatto; ciò malgradosarà bene che prima di procedere oltre ci intendiamochiaramente sul loro preciso significato.

53. Tutti i corpi abbandonati nello spazio a loro stessicadono a terra; ciò si sa da tutti, anche da coloro che

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la Terra, un circolo diviso per metà da quello d’illumi-nazione, così come avverrebbe se l’asse polare terrestrefosse perpendicolare all’eclittica. Consegue ancora chenelle posizioni stesse il giorno e la notte durano ciascu-no 12 ore in tutti i luoghi della Terra, così come si è det-to al capo 49. Solo per i luoghi vicinissimi al polo bo-reale, nella posizione T2, della Terra, comincia il grangiorno di sei mesi, e per i luoghi prossimi al polo sudesso finisce, mentre l’opposto accade nella posizione T4.

Le figure 11, 13, 15, 16, rappresentano la Terra cosìcome sarebbe veduta dal Sole nei due solstizii e nei dueequinozii.

§ X.La varia durata dei diversi giorni dell’anno

è la causa delle stagioni.

52. Per potervi spiegare il fenomeno delle stagioni epiù innanzi facilitarvi l’intelligenza di certi altri fatti, dicui avrò a parlarvi, mi è necessario intrattenervi alcunpoco sopra talune definizioni, per le quali dovrò valermidi vocaboli rigorosamente astronomici, ma non tuttiperò esclusi dal linguaggio comune e famigliare. Alcunidi essi, come verticale, zenit, meridiano, paralleli e simi-li non vi riusciranno anzi nuovi affatto; ciò malgradosarà bene che prima di procedere oltre ci intendiamochiaramente sul loro preciso significato.

53. Tutti i corpi abbandonati nello spazio a loro stessicadono a terra; ciò si sa da tutti, anche da coloro che

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non ne conoscono il perchè. Una pietruzza cadendo se-gue una certa linea retta che porta l’appellativo di verti-cale; se la si tien sospesa mediante un filo, questo filo,che resta teso a cagion del peso del sassolino, segna ap-punto la verticale di colui che tiene in mano il filo.

Tutte le verticali, in qualunque contrada, città o puntodella Terra, tendono, ovvero sono sensibilmente diretteverso il centro della sfera terrestre.

Prolungate indefinitamente col pensiero attraverso laTerra e lo spazio circostante la vostra verticale, dovun-que vi troviate; dalla vostra parte incontrerà, per un sup-posto, una stella; ebbene là dove pare che tocchi il cielo,è quel punto che gli astronomi chiamano zenit; sarebbecome a dire quel punto della vôlta celeste che è equidi-stante da tutti i punti del contorno del vostro orizzonte, evi sta proprio sopra il capo, poichè voi, ritto in piedi, perlegge di equilibrio, siete in posizione verticale.

La porzione della verticale, prolungata entro il corpodella Terra, ne segue un diametro, e là dove ne escestanno i nostri antipodi; prolungata ancora al di là, in-contra l’altro emisfero celeste in un punto ideale che sichiama nadir, e che è lo zenit dei nostri antipodi.

54. Se ben riflettete alla definizione che abbiamo datodi una sfera, capirete che questa può considerarsi comechiusa entro infiniti circoli, quasi come un gomitolo ton-do formato da un numero grandissimo di circoli ches’intrecciano svariatissimamente sulla sua superficie.

Sulla Terra tutti i circoli uguali fra loro, che passanoper i poli suoi di rotazione, che hanno per conseguenza

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non ne conoscono il perchè. Una pietruzza cadendo se-gue una certa linea retta che porta l’appellativo di verti-cale; se la si tien sospesa mediante un filo, questo filo,che resta teso a cagion del peso del sassolino, segna ap-punto la verticale di colui che tiene in mano il filo.

Tutte le verticali, in qualunque contrada, città o puntodella Terra, tendono, ovvero sono sensibilmente diretteverso il centro della sfera terrestre.

Prolungate indefinitamente col pensiero attraverso laTerra e lo spazio circostante la vostra verticale, dovun-que vi troviate; dalla vostra parte incontrerà, per un sup-posto, una stella; ebbene là dove pare che tocchi il cielo,è quel punto che gli astronomi chiamano zenit; sarebbecome a dire quel punto della vôlta celeste che è equidi-stante da tutti i punti del contorno del vostro orizzonte, evi sta proprio sopra il capo, poichè voi, ritto in piedi, perlegge di equilibrio, siete in posizione verticale.

La porzione della verticale, prolungata entro il corpodella Terra, ne segue un diametro, e là dove ne escestanno i nostri antipodi; prolungata ancora al di là, in-contra l’altro emisfero celeste in un punto ideale che sichiama nadir, e che è lo zenit dei nostri antipodi.

54. Se ben riflettete alla definizione che abbiamo datodi una sfera, capirete che questa può considerarsi comechiusa entro infiniti circoli, quasi come un gomitolo ton-do formato da un numero grandissimo di circoli ches’intrecciano svariatissimamente sulla sua superficie.

Sulla Terra tutti i circoli uguali fra loro, che passanoper i poli suoi di rotazione, che hanno per conseguenza

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come loro diametro comune l’asse della rotazione terre-stre, chiamansi meridiani7.

Se voi guardate la vôlta stellata o luminosa del firma-mento, se vi immaginate un immenso circolo che passiper la stella polare (o almeno vicinissimo) e per il vostrozenit, voi avrete ideato il meridiano celeste che corri-sponde in cielo al meridiano geografico in terra. Questopassa per i vostri piedi e per il polo del vostro emisfero,quello ne è il prolungamento per ogni verso e passa,come appena dicemmo per il polo celeste, e per il vostrozenit.

55. Un’altra parola, che dovremo in seguito usare, equesta vi riescirà nuova, è culminazione; significa ilpassaggio di un astro per il vostro meridiano celeste.

Gli astri tutti, nell’intervallo di circa 12 ore, sorgonoall’est, s’innalzano sull’orizzonte, salgono fino ad uncerto punto, ne discendono, s’abbassano ver l’orizzonte,tramontano all’ovest; precisamente nel punto più alto diquesta loro corsa apparente avviene la loro culminazio-ne, e poichè questa significa passaggio per il meridiano,ne segue che a volta sua il meridiano passa per tutti ipunti più alti degli archi percorsi in cielo dal Sole duran-te i differenti giorni, dalle stelle durante le notti.

Da voi medesimo capirete ora che la culminazionedel Sole avviene all’istante preciso del mezzodì vero, eche è mezzanotte quando, 12 ore dopo, il Sole passa dal-

7 A cagione della forma alquanto schiacciata della Terra i meri-diani terrestri non sono precisamente circonferenze di circoli, macurve ovali pochissimo diverse da circonferenze di circoli. Ciònulla cambia alle cose che qui si vanno spiegando.

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come loro diametro comune l’asse della rotazione terre-stre, chiamansi meridiani7.

Se voi guardate la vôlta stellata o luminosa del firma-mento, se vi immaginate un immenso circolo che passiper la stella polare (o almeno vicinissimo) e per il vostrozenit, voi avrete ideato il meridiano celeste che corri-sponde in cielo al meridiano geografico in terra. Questopassa per i vostri piedi e per il polo del vostro emisfero,quello ne è il prolungamento per ogni verso e passa,come appena dicemmo per il polo celeste, e per il vostrozenit.

55. Un’altra parola, che dovremo in seguito usare, equesta vi riescirà nuova, è culminazione; significa ilpassaggio di un astro per il vostro meridiano celeste.

Gli astri tutti, nell’intervallo di circa 12 ore, sorgonoall’est, s’innalzano sull’orizzonte, salgono fino ad uncerto punto, ne discendono, s’abbassano ver l’orizzonte,tramontano all’ovest; precisamente nel punto più alto diquesta loro corsa apparente avviene la loro culminazio-ne, e poichè questa significa passaggio per il meridiano,ne segue che a volta sua il meridiano passa per tutti ipunti più alti degli archi percorsi in cielo dal Sole duran-te i differenti giorni, dalle stelle durante le notti.

Da voi medesimo capirete ora che la culminazionedel Sole avviene all’istante preciso del mezzodì vero, eche è mezzanotte quando, 12 ore dopo, il Sole passa dal-

7 A cagione della forma alquanto schiacciata della Terra i meri-diani terrestri non sono precisamente circonferenze di circoli, macurve ovali pochissimo diverse da circonferenze di circoli. Ciònulla cambia alle cose che qui si vanno spiegando.

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la parte opposta per lo stesso meridiano per il quale èpassato nella culminazione di mezzodì. Questa ultimaculminazione si usa chiamare superiore, per distinguerlada quella a noi invisibile, che si dice culminazione infe-riore.

56. Se avete un po’ studiato Geografia, saprete checosa sono i paralleli geografici; sono circoli minori dellasfera terrestre situati su piani paralleli a quellodell’equatore, ed ogni punto della superficie terrestre,ogni osservatore ha il suo parallelo.

Orbene anche la sfera celeste ha i suoi paralleli, esono quei circoli che sembrano segnar la strada apparen-temente percorsa in cielo dagli astri per effetto della ro-tazione terrestre.

Come voi avete il vostro meridiano celeste, avretepure un parallelo celeste; e voi capite già che questopasserà per il vostro zenit, inquantochè, la Terra e il cie-lo essendo concentrici, tutte le verticali condotte per ipunti di un parallelo terrestre segneranno in cielo uncorrispondente parallelo celeste; e voi capite ancora cheuna stella percorre il vostro parallelo celeste quando nelsuo apparente corso notturno passerà per il vostro zenit.

57. Ciò posto, se voi siete osservatore, vi sarete facil-mente accorto di un fatto che accompagna il succedersidelle stagioni. Avrete cioè notato, osservando il Sole peralcuni giorni di seguito dopo il solstizio d’inverno (22dicembre), che esso di giorno in giorno sale e diventasempre più alto sull’orizzonte quando arriva al meridia-no, che esso culmina cioè ogni giorno sempre più alto, e

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la parte opposta per lo stesso meridiano per il quale èpassato nella culminazione di mezzodì. Questa ultimaculminazione si usa chiamare superiore, per distinguerlada quella a noi invisibile, che si dice culminazione infe-riore.

56. Se avete un po’ studiato Geografia, saprete checosa sono i paralleli geografici; sono circoli minori dellasfera terrestre situati su piani paralleli a quellodell’equatore, ed ogni punto della superficie terrestre,ogni osservatore ha il suo parallelo.

Orbene anche la sfera celeste ha i suoi paralleli, esono quei circoli che sembrano segnar la strada apparen-temente percorsa in cielo dagli astri per effetto della ro-tazione terrestre.

Come voi avete il vostro meridiano celeste, avretepure un parallelo celeste; e voi capite già che questopasserà per il vostro zenit, inquantochè, la Terra e il cie-lo essendo concentrici, tutte le verticali condotte per ipunti di un parallelo terrestre segneranno in cielo uncorrispondente parallelo celeste; e voi capite ancora cheuna stella percorre il vostro parallelo celeste quando nelsuo apparente corso notturno passerà per il vostro zenit.

57. Ciò posto, se voi siete osservatore, vi sarete facil-mente accorto di un fatto che accompagna il succedersidelle stagioni. Avrete cioè notato, osservando il Sole peralcuni giorni di seguito dopo il solstizio d’inverno (22dicembre), che esso di giorno in giorno sale e diventasempre più alto sull’orizzonte quando arriva al meridia-no, che esso culmina cioè ogni giorno sempre più alto, e

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che così fa per sei mesi fino al solstizio d’estate; avretenotato ancora che, dopo quest’epoca, la sua culminazio-ne si fa sempre più bassa, finchè trascorsi altri sei mesi,raggiunge di nuovo il suo limite inferiore.

Voi però, che abitate in Italia, non avrete mai visto ilSole culminare più vicino all’orizzonte di quel che ognianno culmini ai 22 di dicembre, nè mai nelle sue culmi-nazioni avvicinarsi allo zenit più di quel che ogni annofaccia ai 22 di giugno; e avrete ancora avvertito che,quando si ha da noi il giorno uguale alla notte, il Soleculmina in un punto del cielo che giace a metà distanzafra quello a cui corrisponde la culminazione più alta, equello a cui corrisponde la più bassa.

Nel nostro emisfero l’estate comincia nel giorno incui avviene la culminazione più alta del Sole, l’invernoquando ha luogo la sua culminazione più bassa; nel di-scendere dalla più alta alla più bassa, il Sole passa ne-cessariamente per una culminazione media fra le due;nel salire dalla più bassa alla più alta fa altrettanto; aduna delle due culminazioni medie principia l’autunno,all’altra comincia la primavera.

58. V’ha pertanto un rapporto necessario fra l’altezzameridiana del Sole, la durata del giorno e le stagioni.Esaminiamolo bene ed attentamente.

Noi chiamiamo giorno il periodo di tempo durante ilquale il Sole è visibile sopra l’orizzonte, ossia il periodocompreso fra il suo nascere e il suo tramontare. Ora,man mano che i giorni, a partire dall’equinozio di pri-mavera, si vanno allungando, il Sole rimane sempre più

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che così fa per sei mesi fino al solstizio d’estate; avretenotato ancora che, dopo quest’epoca, la sua culminazio-ne si fa sempre più bassa, finchè trascorsi altri sei mesi,raggiunge di nuovo il suo limite inferiore.

Voi però, che abitate in Italia, non avrete mai visto ilSole culminare più vicino all’orizzonte di quel che ognianno culmini ai 22 di dicembre, nè mai nelle sue culmi-nazioni avvicinarsi allo zenit più di quel che ogni annofaccia ai 22 di giugno; e avrete ancora avvertito che,quando si ha da noi il giorno uguale alla notte, il Soleculmina in un punto del cielo che giace a metà distanzafra quello a cui corrisponde la culminazione più alta, equello a cui corrisponde la più bassa.

Nel nostro emisfero l’estate comincia nel giorno incui avviene la culminazione più alta del Sole, l’invernoquando ha luogo la sua culminazione più bassa; nel di-scendere dalla più alta alla più bassa, il Sole passa ne-cessariamente per una culminazione media fra le due;nel salire dalla più bassa alla più alta fa altrettanto; aduna delle due culminazioni medie principia l’autunno,all’altra comincia la primavera.

58. V’ha pertanto un rapporto necessario fra l’altezzameridiana del Sole, la durata del giorno e le stagioni.Esaminiamolo bene ed attentamente.

Noi chiamiamo giorno il periodo di tempo durante ilquale il Sole è visibile sopra l’orizzonte, ossia il periodocompreso fra il suo nascere e il suo tramontare. Ora,man mano che i giorni, a partire dall’equinozio di pri-mavera, si vanno allungando, il Sole rimane sempre più

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sui nostri orizzonti e tanto meno per conseguenza sugliorizzonti dei luoghi dell’altro emisfero.

Ne segue che il calore solare, a cui noi dobbiamo losviluppo della vegetazione e d’ogni vita terrestre, va, apartire dall’equinozio di primavera, accumulandosi allasuperficie del nostro emisfero, e ciò per due ragioni; pri-ma perchè il suolo non ha tempo sufficiente a perdere,durante la notte, tutto il calore assorbito durante il gior-no, poi perchè sopraggiunge il domani e il grande astroaltro calore irradia.

Ne segue ancora che, a partire dall’equinozio di pri-mavera, noi esperimentiamo temperature ognora cre-scenti, caldo sempre maggiore finchè raggiungiamol’estate, i cui calori più intensi (appunto per il calore as-sorbito dal suolo e in seguito da esso irradiato) noncoincidono coi giorni più lunghi, ma li seguono sempredi alcune settimane.

Reciprocamente, quando nel nostro emisfero i giornis’accorciano e le notti s’allungano, quando il rovescioaccade nell’emisfero australe, noi vediamo il Sole sog-giornare sempre minor tempo sul nostro orizzonte, il no-stro suolo perdere di notte sempre maggior calore, fin-chè arriva il momento in cui esso si raffredda di nottepiù di quel che durante il giorno si scaldi: abbiamo allo-ra l’inverno.

59. La primavera comincia all’equinozio di primaverae non ai 22 di dicembre giorno a partire dal quale il Soleprende a culminare più e più alto; comincia all’equino-zio perchè appena nei giorni dell’equinozio di primave-

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sui nostri orizzonti e tanto meno per conseguenza sugliorizzonti dei luoghi dell’altro emisfero.

Ne segue che il calore solare, a cui noi dobbiamo losviluppo della vegetazione e d’ogni vita terrestre, va, apartire dall’equinozio di primavera, accumulandosi allasuperficie del nostro emisfero, e ciò per due ragioni; pri-ma perchè il suolo non ha tempo sufficiente a perdere,durante la notte, tutto il calore assorbito durante il gior-no, poi perchè sopraggiunge il domani e il grande astroaltro calore irradia.

Ne segue ancora che, a partire dall’equinozio di pri-mavera, noi esperimentiamo temperature ognora cre-scenti, caldo sempre maggiore finchè raggiungiamol’estate, i cui calori più intensi (appunto per il calore as-sorbito dal suolo e in seguito da esso irradiato) noncoincidono coi giorni più lunghi, ma li seguono sempredi alcune settimane.

Reciprocamente, quando nel nostro emisfero i giornis’accorciano e le notti s’allungano, quando il rovescioaccade nell’emisfero australe, noi vediamo il Sole sog-giornare sempre minor tempo sul nostro orizzonte, il no-stro suolo perdere di notte sempre maggior calore, fin-chè arriva il momento in cui esso si raffredda di nottepiù di quel che durante il giorno si scaldi: abbiamo allo-ra l’inverno.

59. La primavera comincia all’equinozio di primaverae non ai 22 di dicembre giorno a partire dal quale il Soleprende a culminare più e più alto; comincia all’equino-zio perchè appena nei giorni dell’equinozio di primave-

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ra va stabilendosi un certo equilibrio fra il calore perdu-to dal suolo e quello solare ricevuto, e perchè solo alloral’acquisto giornaliero di calore supera più e più la perdi-ta.

L’autunno, per la ragione inversa, principia all’equi-nozio di autunno e non ai 22 di giugno; a quell’epoca(equinozio d’autunno) il punto in cui il Sole culmina co-mincia ad abbassarsi molto sensibilmente lungo il meri-diano, i giorni notevolmente si accorciano e sempre mi-nor quantità di calore è irradiata dal Sole verso il nostroemisfero; le notti più e più lunghe lasciano maggiortempo al suolo di raffreddarsi e la temperatura decresce.

In primavera la natura si risveglia dopo l’assopimentoinvernale; in autunno essa ha quasi esaurite le sue forze,e si prepara al suo sonno; come l’uomo, dopo la suagiornata di lavoro, la natura si abbandona al necessarioriposo.

60. Consideriamo un’altra causa che influisce assaisul carattere delle varie stagioni.

Non trovate voi, almeno sotto un certo punto di vista,qualche analogia fra il giorno e l’anno? V’aiuterò a sco-prirla.

Al mattino e alla sera il Sole è basso, cioè vicino allembo dell’orizzonte; esso è al principio e alla fine dellasua carriera diurna; il calore da esso irradiato è meno in-tenso che a metà della giornata; al mattino e verso sera iraggi solari arrivano obliqui rispetto all’orizzonte, e per-ciò sono meno cocenti e riescono anche più sopportabilialla vista. Cosi è dell’anno.

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ra va stabilendosi un certo equilibrio fra il calore perdu-to dal suolo e quello solare ricevuto, e perchè solo alloral’acquisto giornaliero di calore supera più e più la perdi-ta.

L’autunno, per la ragione inversa, principia all’equi-nozio di autunno e non ai 22 di giugno; a quell’epoca(equinozio d’autunno) il punto in cui il Sole culmina co-mincia ad abbassarsi molto sensibilmente lungo il meri-diano, i giorni notevolmente si accorciano e sempre mi-nor quantità di calore è irradiata dal Sole verso il nostroemisfero; le notti più e più lunghe lasciano maggiortempo al suolo di raffreddarsi e la temperatura decresce.

In primavera la natura si risveglia dopo l’assopimentoinvernale; in autunno essa ha quasi esaurite le sue forze,e si prepara al suo sonno; come l’uomo, dopo la suagiornata di lavoro, la natura si abbandona al necessarioriposo.

60. Consideriamo un’altra causa che influisce assaisul carattere delle varie stagioni.

Non trovate voi, almeno sotto un certo punto di vista,qualche analogia fra il giorno e l’anno? V’aiuterò a sco-prirla.

Al mattino e alla sera il Sole è basso, cioè vicino allembo dell’orizzonte; esso è al principio e alla fine dellasua carriera diurna; il calore da esso irradiato è meno in-tenso che a metà della giornata; al mattino e verso sera iraggi solari arrivano obliqui rispetto all’orizzonte, e per-ciò sono meno cocenti e riescono anche più sopportabilialla vista. Cosi è dell’anno.

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Quand’é infatti che il Sole sta più basso sui nostriorizzonti? Appunto poco dopo la metà di dicembre,quando finisce e principia l’anno solstiziale; allora i rag-gi solari ci arrivano molto obliqui, e in certo modo sfio-rando il suolo non vi penetrano; il terreno e l’atmosferanon assorbono che pochissimo calore; bassa è la tempe-ratura; fa freddo.

Grado grado il Sole nei successivi mezzodì va culmi-nando più alto; esso sale per così dire in cielo ogni gior-no più, fino a raggiungere, il dì del solstizio d’estate, lasua altezza massima sull’orizzonte; allora i suoi raggison quasi verticali; dardeggiano cocenti; grande è il ri-scaldamento del suolo e dell’atmosfera; è estate; fa cal-do; è il mezzogiorno dell’anno.

61. Non posso a meno di compiere colle poche se-guenti considerazioni lo studio delle fasi del moto dellaTerra intorno al Sole, in quanto esse servono a gettarluce sopra parecchie quistioni della geografia fisica delnostro globo.

Fissate lo sguardo sulla figura 17 qui di contro, e se-guite attentamente la mia dimostrazione.

Il cerchio più grande rappresenta il vostro meridianoceleste, ed esso, voi lo sapete, accompagna la Terra nelsuo moto lunghesso l’eclittica qui rappresentata dalla li-nea SS'. Il luogo che voi occupate nell’emisfero nord siaz; sarà (capo 53) Z il vostro zenit, sarà in proiezione zz'il vostro parallelo terrestre, sarà zZ la vostra verticale,avrete nella linea ZZ' rappresentato sempre in proiezioneil parallelo celeste che gli corrisponde. Ricordatevi quel-

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Quand’é infatti che il Sole sta più basso sui nostriorizzonti? Appunto poco dopo la metà di dicembre,quando finisce e principia l’anno solstiziale; allora i rag-gi solari ci arrivano molto obliqui, e in certo modo sfio-rando il suolo non vi penetrano; il terreno e l’atmosferanon assorbono che pochissimo calore; bassa è la tempe-ratura; fa freddo.

Grado grado il Sole nei successivi mezzodì va culmi-nando più alto; esso sale per così dire in cielo ogni gior-no più, fino a raggiungere, il dì del solstizio d’estate, lasua altezza massima sull’orizzonte; allora i suoi raggison quasi verticali; dardeggiano cocenti; grande è il ri-scaldamento del suolo e dell’atmosfera; è estate; fa cal-do; è il mezzogiorno dell’anno.

61. Non posso a meno di compiere colle poche se-guenti considerazioni lo studio delle fasi del moto dellaTerra intorno al Sole, in quanto esse servono a gettarluce sopra parecchie quistioni della geografia fisica delnostro globo.

Fissate lo sguardo sulla figura 17 qui di contro, e se-guite attentamente la mia dimostrazione.

Il cerchio più grande rappresenta il vostro meridianoceleste, ed esso, voi lo sapete, accompagna la Terra nelsuo moto lunghesso l’eclittica qui rappresentata dalla li-nea SS'. Il luogo che voi occupate nell’emisfero nord siaz; sarà (capo 53) Z il vostro zenit, sarà in proiezione zz'il vostro parallelo terrestre, sarà zZ la vostra verticale,avrete nella linea ZZ' rappresentato sempre in proiezioneil parallelo celeste che gli corrisponde. Ricordatevi quel-

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lo che si è detto nella seconda parte nel capo 53; il vo-stro orizzonte sarà nella figura che abbiamo sott’occhiorappresentato dalla retta OO' perpendicolare alla CzZ.

L’asse di rotazione pp' comune alla Terra e alla sferaceleste, è inclinato (di 66° 32') sull’eclittica; ne segueche questa resta per la metà CS sopra e per la metà CS'sotto il vostro orizzonte.

Il Sole sembra, nel corso di 6 mesi, percorrerenell’uno o nell’altro verso i punti successivi della lineaSS', e percorrere insieme ogni dì il parallelo corrispon-dente al punto in cui si trova. Così quando è in S percor-re il parallelo proiettalo in SA, che ha per corrispondentesulla Terra il parallelo proiettato in sa, detto tropico del

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lo che si è detto nella seconda parte nel capo 53; il vo-stro orizzonte sarà nella figura che abbiamo sott’occhiorappresentato dalla retta OO' perpendicolare alla CzZ.

L’asse di rotazione pp' comune alla Terra e alla sferaceleste, è inclinato (di 66° 32') sull’eclittica; ne segueche questa resta per la metà CS sopra e per la metà CS'sotto il vostro orizzonte.

Il Sole sembra, nel corso di 6 mesi, percorrerenell’uno o nell’altro verso i punti successivi della lineaSS', e percorrere insieme ogni dì il parallelo corrispon-dente al punto in cui si trova. Così quando è in S percor-re il parallelo proiettalo in SA, che ha per corrispondentesulla Terra il parallelo proiettato in sa, detto tropico del

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Capricorno; quando si trova in S', percorre il paralleloproiettato in S'A', a cui pur corrisponde sulla Terral’altro parallelo proiettalo in a's', detto tropico del Can-cro; quando è in C, percorre l’equatore. Ne deriva che alsolstizio d’inverno il Sole culmina allo zenit degli abi-tanti del tropico del Capricorno; all’altro solstizio cul-mina allo zenit degli abitanti del tropico del Cancro; agliequinozii passa allo zenit di chi si trova sull’equatore.

62. La zona pertanto dei 365 paralleli celesti percorsidal Sole nel corso di un anno è compresa fra i due paral-leli estremi SA, S'A', i cui corrispondenti sulla superficieterrestre, cioè i due tropici, limitano quella fascia o zonache geograficamente denominasi torrida. e i cui abitantiveggono due volte all’anno culminare il Sole al loro ze-nit.

63. Appartengono alle zone glaciali quegli spazii in-torno ai due poli, nei quali il giorno e la notte possono,nelle epoche dei solstizii, durar più di 24 ore (capi 43,48). Le zone glaciali formano quindi attorno ai poli duecalotte le quali si estendono sopra ciascun emisfero dalrispettivo polo fino al parallelo di latitudine uguale a66° 32'.

I due paralleli terrestri che limitano le zone glacialidiconsi circoli polari.

I raggi solari arrivano, alle regioni comprese fra que-sti circoli polari e i poli, molto obliqui, dotati per conse-guenza di poca efficacia termica e insufficienti a scio-gliere i ghiacci che vi si accumulano durante le lunghis-sime notti.

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Capricorno; quando si trova in S', percorre il paralleloproiettato in S'A', a cui pur corrisponde sulla Terral’altro parallelo proiettalo in a's', detto tropico del Can-cro; quando è in C, percorre l’equatore. Ne deriva che alsolstizio d’inverno il Sole culmina allo zenit degli abi-tanti del tropico del Capricorno; all’altro solstizio cul-mina allo zenit degli abitanti del tropico del Cancro; agliequinozii passa allo zenit di chi si trova sull’equatore.

62. La zona pertanto dei 365 paralleli celesti percorsidal Sole nel corso di un anno è compresa fra i due paral-leli estremi SA, S'A', i cui corrispondenti sulla superficieterrestre, cioè i due tropici, limitano quella fascia o zonache geograficamente denominasi torrida. e i cui abitantiveggono due volte all’anno culminare il Sole al loro ze-nit.

63. Appartengono alle zone glaciali quegli spazii in-torno ai due poli, nei quali il giorno e la notte possono,nelle epoche dei solstizii, durar più di 24 ore (capi 43,48). Le zone glaciali formano quindi attorno ai poli duecalotte le quali si estendono sopra ciascun emisfero dalrispettivo polo fino al parallelo di latitudine uguale a66° 32'.

I due paralleli terrestri che limitano le zone glacialidiconsi circoli polari.

I raggi solari arrivano, alle regioni comprese fra que-sti circoli polari e i poli, molto obliqui, dotati per conse-guenza di poca efficacia termica e insufficienti a scio-gliere i ghiacci che vi si accumulano durante le lunghis-sime notti.

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Gli spazii compresi fra i tropici e i circoli polari costi-tuiscono le due zone temperate, le quali si estendonoquindi, su ciascuno dei due emisferi, dalla latitudine di23° 28' a quella di 66° 32', e sono dette temperate per-chè sono egualmente lontane e dagli eccessi di caloredella zona torrida, e da quelli di freddo delle zone gla-ciali.

§ XI.Come si spiega il movimento apparente del

Sole attraverso le costellazioni dellozodiaco.

64. Ho mostrato nei precedenti paragrafi che il feno-meno del moto annuo apparente di tutta la sfera stellatae quello delle stagioni si spiegano completamente colmoto della Terra intorno al Sole. Di questo fatto possia-mo procurarci un’altra preziosa prova, osservando lesuccessive posizioni del Sole nel cielo di mese in mese.Con quest’ultima osservazione chiuderò questa parte delnostro manualetto, che tratta dei movimenti della Terra.

65. Non avete voi mai letto negli almanacchi in capoall’effemeride di ciascun mese, le proposizioni: il Soleentra in Aquario, il Sole entra in Toro, e simili? Checosa significano queste espressioni? Attestano un fattoapparente che l’illusione dei sensi, la quale mai da noi siscompagna, ci fa prendere per una realtà.

L’insieme dei corpi celesti, o pianeti, che girano attor-no al Sole, fra i quali figura la nostra Terra, è ben poca

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Gli spazii compresi fra i tropici e i circoli polari costi-tuiscono le due zone temperate, le quali si estendonoquindi, su ciascuno dei due emisferi, dalla latitudine di23° 28' a quella di 66° 32', e sono dette temperate per-chè sono egualmente lontane e dagli eccessi di caloredella zona torrida, e da quelli di freddo delle zone gla-ciali.

§ XI.Come si spiega il movimento apparente del

Sole attraverso le costellazioni dellozodiaco.

64. Ho mostrato nei precedenti paragrafi che il feno-meno del moto annuo apparente di tutta la sfera stellatae quello delle stagioni si spiegano completamente colmoto della Terra intorno al Sole. Di questo fatto possia-mo procurarci un’altra preziosa prova, osservando lesuccessive posizioni del Sole nel cielo di mese in mese.Con quest’ultima osservazione chiuderò questa parte delnostro manualetto, che tratta dei movimenti della Terra.

65. Non avete voi mai letto negli almanacchi in capoall’effemeride di ciascun mese, le proposizioni: il Soleentra in Aquario, il Sole entra in Toro, e simili? Checosa significano queste espressioni? Attestano un fattoapparente che l’illusione dei sensi, la quale mai da noi siscompagna, ci fa prendere per una realtà.

L’insieme dei corpi celesti, o pianeti, che girano attor-no al Sole, fra i quali figura la nostra Terra, è ben poca

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cosa se lo si considera in rapporto all’immensità deglispazii stellari.

Questo insieme o gruppo di terre illuminate e riscal-date dal Sole è infatti circondato ad una distanza stermi-nata da un numero incalcolabile di corpi luminosi chenoi chiamiamo volgarmente stelle.

Le stelle sono in realtà disseminate nello spazio a di-stanze svariatissime le une dalle altre, ma sembrano alnostro occhio appartenere alla vôlta celeste e formaresovr’essa degli aggruppamenti di varia forma, aggrup-pamenti caratteristici ai quali gli astronomi fin dall’anti-chità più remota diedero il nome di costellazioni.

Or aggiungerò che i pianeti, mentre percorrono leloro orbite intorno al Sole, a chi li guarda dalla Terra pa-iono muoversi tutti entro una zona determinata del fir-mamento; che questa zona fu, per la prima forse, divisain costellazioni; che queste costellazioni furono dodicied ebbero i seguenti nomi: Aquario, Pesci, Ariete, Toro,Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Libra, Scorpione, Sa-gittario e Capricorno.

La zona stellare percorsa dai pianeti, ed or ora defini-ta, è larga poco più di 1/20 di circonferenza, è divisa permetà dal piano dell’orbita terrestre esteso indefinitamen-te per ogni verso, e fu chiamata zodiaco.

Essa è tutta occupata dalle dodici costellazioni detteappunto dello zodiaco, e queste si succedono l’unaall’altra senza interruzione e per modo che, a chi stessesul Sole, la Terra apparirebbe stanziare durante un meseed in un mese attraversare una delle dodici costellazioni

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cosa se lo si considera in rapporto all’immensità deglispazii stellari.

Questo insieme o gruppo di terre illuminate e riscal-date dal Sole è infatti circondato ad una distanza stermi-nata da un numero incalcolabile di corpi luminosi chenoi chiamiamo volgarmente stelle.

Le stelle sono in realtà disseminate nello spazio a di-stanze svariatissime le une dalle altre, ma sembrano alnostro occhio appartenere alla vôlta celeste e formaresovr’essa degli aggruppamenti di varia forma, aggrup-pamenti caratteristici ai quali gli astronomi fin dall’anti-chità più remota diedero il nome di costellazioni.

Or aggiungerò che i pianeti, mentre percorrono leloro orbite intorno al Sole, a chi li guarda dalla Terra pa-iono muoversi tutti entro una zona determinata del fir-mamento; che questa zona fu, per la prima forse, divisain costellazioni; che queste costellazioni furono dodicied ebbero i seguenti nomi: Aquario, Pesci, Ariete, Toro,Gemelli, Cancro, Leone, Vergine, Libra, Scorpione, Sa-gittario e Capricorno.

La zona stellare percorsa dai pianeti, ed or ora defini-ta, è larga poco più di 1/20 di circonferenza, è divisa permetà dal piano dell’orbita terrestre esteso indefinitamen-te per ogni verso, e fu chiamata zodiaco.

Essa è tutta occupata dalle dodici costellazioni detteappunto dello zodiaco, e queste si succedono l’unaall’altra senza interruzione e per modo che, a chi stessesul Sole, la Terra apparirebbe stanziare durante un meseed in un mese attraversare una delle dodici costellazioni

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zodiacali, così come, a chi sta sulla Terra, il Sole appareogni mese percorrere la costellazione dello zodiaco dia-metralmente opposta a quella che essa Terra percorre-rebbe se vista dal Sole.

Egli è perciò che osservando e riconoscendo qualedelle costellazioni zodiacali culmini a mezzanotte il pri-mo di d’ogni mese si può dedurre qual’è quella in cuivedrebbesi culminare il Sole a mezzodì, se i raggi solarinon rendessero invisibili le stelle col loro preponderantefulgore; ed è questa ultima costellazione appunto quellache si trova accennata negli almanacchi e nei calendarii,per una usanza ereditata dagli astrologhi, i quali ammet-

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zodiacali, così come, a chi sta sulla Terra, il Sole appareogni mese percorrere la costellazione dello zodiaco dia-metralmente opposta a quella che essa Terra percorre-rebbe se vista dal Sole.

Egli è perciò che osservando e riconoscendo qualedelle costellazioni zodiacali culmini a mezzanotte il pri-mo di d’ogni mese si può dedurre qual’è quella in cuivedrebbesi culminare il Sole a mezzodì, se i raggi solarinon rendessero invisibili le stelle col loro preponderantefulgore; ed è questa ultima costellazione appunto quellache si trova accennata negli almanacchi e nei calendarii,per una usanza ereditata dagli astrologhi, i quali ammet-

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tevano, come ognuno sa, una certa relazione fra gli av-venimenti umani, la sorte degli uomini e le posizioni de-gli astri.

Tuttociò vi sarà chiaro se osservate la fig. 18, nel cuimezzo in T sta la Terra, e nella quale, per conformarci aquanto il senso rileva, fu collocato il Sole sulla sua orbi-ta apparente SS1 S2S3 intorno alla Terra.

66. L’apparente trasportarsi del Sole lungo una lineadel cielo che attraversa la fascia dello zodiaco, è cagionedi un fatto su cui richiamo la vostra attenzione, perchè,collegato colla varia lunghezza del giorno.

Ecco in che consiste. Al solstizio d’inverno, quando igiorni sono più brevi, il Sole sorge sull’orizzonte versol’est da una parte e tramonta verso l’ovest dall’altra, nonperò esattamente nei punti est ed ovest, ma in puntidell’orizzonte situati alquanto più verso il sud. Daquell’epoca, senza interruzioni. fino a primavera e finoal solstizio d’estate, i punti, nei quali il Sole ogni giornosorge e tramonta, vanno man mano avvicinandosi cia-scuno al punto nord dell’orizzonte, e insieme va sempreanticipando l’istante del nascere del Sole, ritardandoquello del suo tramonto, ciò che naturalmente cagiona ladurata sempre maggiore del giorno in confronto a quelladella notte.

A partire dal solstizio d’estate fino a quello d’inverno,i punti, nei quali ogni giorno il Sole sorge e tramonta,retrocedono sempre più verso il sud dell’orizzonte, sem-pre più ritarda l’ora del nascere del Sole e anticipa l’oradel suo tramonto, i giorni per conseguenza si accorciano

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tevano, come ognuno sa, una certa relazione fra gli av-venimenti umani, la sorte degli uomini e le posizioni de-gli astri.

Tuttociò vi sarà chiaro se osservate la fig. 18, nel cuimezzo in T sta la Terra, e nella quale, per conformarci aquanto il senso rileva, fu collocato il Sole sulla sua orbi-ta apparente SS1 S2S3 intorno alla Terra.

66. L’apparente trasportarsi del Sole lungo una lineadel cielo che attraversa la fascia dello zodiaco, è cagionedi un fatto su cui richiamo la vostra attenzione, perchè,collegato colla varia lunghezza del giorno.

Ecco in che consiste. Al solstizio d’inverno, quando igiorni sono più brevi, il Sole sorge sull’orizzonte versol’est da una parte e tramonta verso l’ovest dall’altra, nonperò esattamente nei punti est ed ovest, ma in puntidell’orizzonte situati alquanto più verso il sud. Daquell’epoca, senza interruzioni. fino a primavera e finoal solstizio d’estate, i punti, nei quali il Sole ogni giornosorge e tramonta, vanno man mano avvicinandosi cia-scuno al punto nord dell’orizzonte, e insieme va sempreanticipando l’istante del nascere del Sole, ritardandoquello del suo tramonto, ciò che naturalmente cagiona ladurata sempre maggiore del giorno in confronto a quelladella notte.

A partire dal solstizio d’estate fino a quello d’inverno,i punti, nei quali ogni giorno il Sole sorge e tramonta,retrocedono sempre più verso il sud dell’orizzonte, sem-pre più ritarda l’ora del nascere del Sole e anticipa l’oradel suo tramonto, i giorni per conseguenza si accorciano

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e le notti si allungano.67. Il lettore consulti adesso la figura 19, nella quale

OO' rappresenta l’orizzonte di uno spettatore M che haper zenit il punto Z; s"s' rappresenta l’eclittica; S', Ssono le proiezioni dei punti dell’orizzonte nei quali ri-spettivamente sorge il Sole al solstizio d’inverno e alsolstizio d’estate; s"s"', ss' rappresentano i paralleli cele-sti che il Sole rispettivamente percorre all’una e all’altradi quelle due epoche, e che abbracciano per conseguen-za tutti i paralleli ch’esso percorre nel corso dell’anno; ilsemi-arco che si proietta in S's" è il semi-arco diurnopercorso dal Sole nel solstizio d’inverno; il semi-arcoche si proietta in Ss rappresenta il semi-arco diurno per-corso dal Sole nel solstizio d’estate.

Appare dalla figura che il semi-arco S's" è molto piùbreve del semi-arco Ss, che il punto S' è più vicino alpunto sud dell’orizzonte, che il punto S è più vicino alpunto nord, cose tutte le quali permettono al lettore diverificare facilmente sul disegno quanto si è enunziatonel capo o numero precedente, e di persuadersi ancorache le posizioni, prese durante l’anno dal Sole al suo na-scere ed al suo tramonto, oscillano sul lembo dell’oriz-zonte intorno a due punti fissi intermedii, che sono ipunti di vero Est e di vero Ovest (proiettantisi amenduenel punto M della figura), nei quali il Sole si leva e tra-monta agli equinozii.

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e le notti si allungano.67. Il lettore consulti adesso la figura 19, nella quale

OO' rappresenta l’orizzonte di uno spettatore M che haper zenit il punto Z; s"s' rappresenta l’eclittica; S', Ssono le proiezioni dei punti dell’orizzonte nei quali ri-spettivamente sorge il Sole al solstizio d’inverno e alsolstizio d’estate; s"s"', ss' rappresentano i paralleli cele-sti che il Sole rispettivamente percorre all’una e all’altradi quelle due epoche, e che abbracciano per conseguen-za tutti i paralleli ch’esso percorre nel corso dell’anno; ilsemi-arco che si proietta in S's" è il semi-arco diurnopercorso dal Sole nel solstizio d’inverno; il semi-arcoche si proietta in Ss rappresenta il semi-arco diurno per-corso dal Sole nel solstizio d’estate.

Appare dalla figura che il semi-arco S's" è molto piùbreve del semi-arco Ss, che il punto S' è più vicino alpunto sud dell’orizzonte, che il punto S è più vicino alpunto nord, cose tutte le quali permettono al lettore diverificare facilmente sul disegno quanto si è enunziatonel capo o numero precedente, e di persuadersi ancorache le posizioni, prese durante l’anno dal Sole al suo na-scere ed al suo tramonto, oscillano sul lembo dell’oriz-zonte intorno a due punti fissi intermedii, che sono ipunti di vero Est e di vero Ovest (proiettantisi amenduenel punto M della figura), nei quali il Sole si leva e tra-monta agli equinozii.

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§ XII.Le stelle e il loro moto diurno apparentequali si osservano da varii luoghi della

Terra.

68. Abbiamo veduto quali conseguenze il moto di ro-tazione della Terra produca rispetto al Sole per abitantisituati ai poli, sull’equatore, e fra quelli e questo in cia-scun emisfero terrestre. Ora ci conviene studiare le con-seguenze stesse per rispetto alle stelle.

Avrete certamente avvertito che le stelle percorronoapparentemente in cielo degli archi paralleli fra loro edegualmente inclinati per un istesso orizzonte. Non dove-te credere che questa inclinazione sia la stessa per qua-lunque luogo della Terra; essa varia a seconda del luogoche si considera, a seconda, in altra parola, della latitu-dine del luogo dell’osservatore.

Se sapeste che il Sole è una stella come tutte le altre,ciò che però non vi ho per anco dimostrato, ne trovere-ste da voi medesimi la ragione. Infatti il Sole, essendouna stella, deve presentarci le medesime apparenze diogni altra stella del cielo, modificate solo dall’effettoche sovra esse ha il moto di rivoluzione della Terra nellapropria orbita.

L’effetto non è grande, e consiste solo in ciò che ilSole, come or ora si è visto, non si leva e non tramontamai due giorni di seguito negli stessi punti dell’orizzon-te per nessun paese della Terra; laddove le stelle cam-

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§ XII.Le stelle e il loro moto diurno apparentequali si osservano da varii luoghi della

Terra.

68. Abbiamo veduto quali conseguenze il moto di ro-tazione della Terra produca rispetto al Sole per abitantisituati ai poli, sull’equatore, e fra quelli e questo in cia-scun emisfero terrestre. Ora ci conviene studiare le con-seguenze stesse per rispetto alle stelle.

Avrete certamente avvertito che le stelle percorronoapparentemente in cielo degli archi paralleli fra loro edegualmente inclinati per un istesso orizzonte. Non dove-te credere che questa inclinazione sia la stessa per qua-lunque luogo della Terra; essa varia a seconda del luogoche si considera, a seconda, in altra parola, della latitu-dine del luogo dell’osservatore.

Se sapeste che il Sole è una stella come tutte le altre,ciò che però non vi ho per anco dimostrato, ne trovere-ste da voi medesimi la ragione. Infatti il Sole, essendouna stella, deve presentarci le medesime apparenze diogni altra stella del cielo, modificate solo dall’effettoche sovra esse ha il moto di rivoluzione della Terra nellapropria orbita.

L’effetto non è grande, e consiste solo in ciò che ilSole, come or ora si è visto, non si leva e non tramontamai due giorni di seguito negli stessi punti dell’orizzon-te per nessun paese della Terra; laddove le stelle cam-

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biano bensì di giorno in giorno l’ora del loro levare edel loro tramonto, ma il luogo in cui appaiono sull’oriz-zonte e scompaiono sotto di questo, è sempre lo stessoper ciascuna di loro.

69. Troverete però un’analogia fra il Sole e le stelle inquesto, che a quel modo che il Sole quando percorre incielo paralleli settentrionali si leva assai prima chequando corre per paralleli meridionali, così, di tutte lestelle che trovansi sopra un medesimo meridiano cele-ste, che in tal caso chiamerò circolo orario, le prime aspuntare sull’orizzonte son quelle che appartengonoall’emisfero nord del cielo, le ultime quelle che appar-tengono all’emisfero sud. Lo mostra benissimo qui con-

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biano bensì di giorno in giorno l’ora del loro levare edel loro tramonto, ma il luogo in cui appaiono sull’oriz-zonte e scompaiono sotto di questo, è sempre lo stessoper ciascuna di loro.

69. Troverete però un’analogia fra il Sole e le stelle inquesto, che a quel modo che il Sole quando percorre incielo paralleli settentrionali si leva assai prima chequando corre per paralleli meridionali, così, di tutte lestelle che trovansi sopra un medesimo meridiano cele-ste, che in tal caso chiamerò circolo orario, le prime aspuntare sull’orizzonte son quelle che appartengonoall’emisfero nord del cielo, le ultime quelle che appar-tengono all’emisfero sud. Lo mostra benissimo qui con-

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tro la fig. 19 che ora vi spiego.La Terra, e voi con essa, punto impercettibile della

gran sfera del cielo è in M; Z è il vostro zenit, OO' rap-presenta il vostro orizzonte; P,P' sono i poli di rotazionedella vôlta stellata; PSS'P' è la proiezione di un circoloorario, ossia di un circolo che nella rotazione verrà acoincidere per un istante col vostro meridiano PZOP'.Su di esso circolo orario notate le crocette a, b, c, d, e,che figurano altrettante stelle.

A sinistra della figura trovandosi la plaga meridionaledell’orizzonte, a destra quella settentrionale, le stellepercorrono in cielo i rispettivi paralleli nel verso indica-to dalle frecce e colla velocità uniforme di 1/24 di cir-conferenza (15 gradi) in un’ora.

Voi vedete tosto che la stella b non ha a percorrereche l’arco proiettato in bB per arrivare all’orizzonte,mentre la stella c, più meridionale, deve percorrere unarco ben maggiore che proiettasi in cC; voi vedete anco-ra che la stella b culminerà nel punto b' più vicino allozenit che non la stella c, la quale culmina in c' a ben mi-nore altezza sull’orizzonte e che sì la stella b come la cculmineranno nel medesimo istante di tempo.

70. Intanto, senza abbandonar la figura, osserviamo, equesto per noi che abitiamo la zona temperata, che nontutte le stelle della sfera celeste ci possono essere visibi-li. Alcune troppo meridionali, ad esempio la stella e,non arrivano fino al nostro orizzonte e culminano, il di-segno lo dimostra per la stessa stella e, sotto di esso; al-tre invece, quasi a compensarci, non tramontano mai,

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tro la fig. 19 che ora vi spiego.La Terra, e voi con essa, punto impercettibile della

gran sfera del cielo è in M; Z è il vostro zenit, OO' rap-presenta il vostro orizzonte; P,P' sono i poli di rotazionedella vôlta stellata; PSS'P' è la proiezione di un circoloorario, ossia di un circolo che nella rotazione verrà acoincidere per un istante col vostro meridiano PZOP'.Su di esso circolo orario notate le crocette a, b, c, d, e,che figurano altrettante stelle.

A sinistra della figura trovandosi la plaga meridionaledell’orizzonte, a destra quella settentrionale, le stellepercorrono in cielo i rispettivi paralleli nel verso indica-to dalle frecce e colla velocità uniforme di 1/24 di cir-conferenza (15 gradi) in un’ora.

Voi vedete tosto che la stella b non ha a percorrereche l’arco proiettato in bB per arrivare all’orizzonte,mentre la stella c, più meridionale, deve percorrere unarco ben maggiore che proiettasi in cC; voi vedete anco-ra che la stella b culminerà nel punto b' più vicino allozenit che non la stella c, la quale culmina in c' a ben mi-nore altezza sull’orizzonte e che sì la stella b come la cculmineranno nel medesimo istante di tempo.

70. Intanto, senza abbandonar la figura, osserviamo, equesto per noi che abitiamo la zona temperata, che nontutte le stelle della sfera celeste ci possono essere visibi-li. Alcune troppo meridionali, ad esempio la stella e,non arrivano fino al nostro orizzonte e culminano, il di-segno lo dimostra per la stessa stella e, sotto di esso; al-tre invece, quasi a compensarci, non tramontano mai,

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ossia percorrono paralleli situati per intero sopra l’oriz-zonte; tale è il caso della stella a, il cui parallelo è rap-presentalo da a'a".

Tutte le stelle che rimangon sempre visibili sopral’orizzonte diconsi circumpolari, perchè appunto, al paridelle stelle dell’Orsa Maggiore (Carro di Boote), sem-brano aggirarsi intorno alla stella polare, così come ap-pare dalla fig. 20 qui di contro. Esse hanno quindi dueculminazioni, entrambe visibili, una superiore in a' (fig.19) tra il polo e lo zenit, una inferiore in a" tra il polo el’orizzonte settentrionale.

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ossia percorrono paralleli situati per intero sopra l’oriz-zonte; tale è il caso della stella a, il cui parallelo è rap-presentalo da a'a".

Tutte le stelle che rimangon sempre visibili sopral’orizzonte diconsi circumpolari, perchè appunto, al paridelle stelle dell’Orsa Maggiore (Carro di Boote), sem-brano aggirarsi intorno alla stella polare, così come ap-pare dalla fig. 20 qui di contro. Esse hanno quindi dueculminazioni, entrambe visibili, una superiore in a' (fig.19) tra il polo e lo zenit, una inferiore in a" tra il polo el’orizzonte settentrionale.

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Ripeto che tutto quanto è detto fin qui va inteso perpaesi della Terra giacenti tra l’equatore e i poli; ora ve-dremo come vanno le cose per un osservatore collocatoo sull’equatore o sui poli.

71. Io vi pongo dapprima sott’occhio la figura 21, chesi riferisce al caso di un osservatore al polo nord. Egliha per zenit la stella polare e per orizzonte l’equatorerappresentato da OEE'O'.

Anzitutto per questo osservatore, abitante del nostropolo, qualunque stella a, b si consideri, nè mai sorge, nèmai tramonta, ma, circolando essa parallelamenteall’equatore, si muove in giro conservandosi ad una al-tezza costante sull’orizzonte; in secondo luogo a lui nonsono visibili che le stelle aventi i loro paralleli nell’emi-

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Ripeto che tutto quanto è detto fin qui va inteso perpaesi della Terra giacenti tra l’equatore e i poli; ora ve-dremo come vanno le cose per un osservatore collocatoo sull’equatore o sui poli.

71. Io vi pongo dapprima sott’occhio la figura 21, chesi riferisce al caso di un osservatore al polo nord. Egliha per zenit la stella polare e per orizzonte l’equatorerappresentato da OEE'O'.

Anzitutto per questo osservatore, abitante del nostropolo, qualunque stella a, b si consideri, nè mai sorge, nèmai tramonta, ma, circolando essa parallelamenteall’equatore, si muove in giro conservandosi ad una al-tezza costante sull’orizzonte; in secondo luogo a lui nonsono visibili che le stelle aventi i loro paralleli nell’emi-

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sfero nord; le altre, come la stella b, gli rimangono sem-pre invisibili, perchè situate sempre al di sotto del suoorizzonte che è l’equatore. Per lui le stelle visibili sipossono dire tutte circumpolari, perchè è manifesto chela stella polare è il centro dei circoli ch’esse descrivono.

Ad un osservatore situato sull’altro polo diventanomanifestamente invisibili invece le costellazioni setten-trionali; egli vede circolare tutte le stelle del cielo au-strale in circoli paralleli al suo orizzonte ed aventi comecentro comune il suo zenit. Questo zenit però non è perlui determinato da nessun astro importante, perchè ilcielo australe non ha nelle vicinanze del polo alcunastella, che si possa comparare per splendore alla nostrastella polare.

72. Passiamo all’ultima combinazione, rappresentatanella seguente fig. 22. L’osservatore trovasi sull’equato-re terrestre, il suo zenit Z giace nel piano dell’equatore

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sfero nord; le altre, come la stella b, gli rimangono sem-pre invisibili, perchè situate sempre al di sotto del suoorizzonte che è l’equatore. Per lui le stelle visibili sipossono dire tutte circumpolari, perchè è manifesto chela stella polare è il centro dei circoli ch’esse descrivono.

Ad un osservatore situato sull’altro polo diventanomanifestamente invisibili invece le costellazioni setten-trionali; egli vede circolare tutte le stelle del cielo au-strale in circoli paralleli al suo orizzonte ed aventi comecentro comune il suo zenit. Questo zenit però non è perlui determinato da nessun astro importante, perchè ilcielo australe non ha nelle vicinanze del polo alcunastella, che si possa comparare per splendore alla nostrastella polare.

72. Passiamo all’ultima combinazione, rappresentatanella seguente fig. 22. L’osservatore trovasi sull’equato-re terrestre, il suo zenit Z giace nel piano dell’equatore

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stesso ed il suo orizzonte OO' passa per i poli P, P'. Èfacile riconoscere che i paralleli di tutte le stelle, comea, b, c, d, sono divisi per metà dall’orizzonte del nostroosservatore e giacciono in piani ad esso orizzonte per-pendicolari.

Da ciò consegue che qualsivoglia abitante situatosull’equatore vedrebbe ogni notte dell’anno pressol’orizzonte la stella polare, se questa occupasse precisa-mente il luogo del polo; che inoltre tutte le altre costel-lazioni dei due emisferi celesti sono ad esso abitante vi-sibili per 12 ore di seguito; che le stelle descrivono perlui archi perpendicolari al suo orizzonte; che infine lestelle equatoriali passano tutte per il suo zenit.

73. In Italia, e precisamente per Milano, ad una latitu-dine di circa 45 gradi e mezzo, sono sempre sull’oriz-zonte le stelle che distano dall’equatore più che 44 gradie mezzo di circolo massimo, o che in altre parole hannouna declinazione8 boreale maggiore di 44 gradi e mezzo;sono invisibili quelle che hanno una declinazione au-strale maggiore di 44 gradi e mezzo; il numero di questestelle costantemente invisibili nel nostro clima è di circa15 per ogni 100 stelle esistenti nel cielo.

8 Declinazione è, per gli astri, qualcosa di analogo a ciò che èla latitudine per i luoghi terrestri, ossia è la distanza angolare diun astro dall’equatore misurata su un circolo massimo della sferaceleste.

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stesso ed il suo orizzonte OO' passa per i poli P, P'. Èfacile riconoscere che i paralleli di tutte le stelle, comea, b, c, d, sono divisi per metà dall’orizzonte del nostroosservatore e giacciono in piani ad esso orizzonte per-pendicolari.

Da ciò consegue che qualsivoglia abitante situatosull’equatore vedrebbe ogni notte dell’anno pressol’orizzonte la stella polare, se questa occupasse precisa-mente il luogo del polo; che inoltre tutte le altre costel-lazioni dei due emisferi celesti sono ad esso abitante vi-sibili per 12 ore di seguito; che le stelle descrivono perlui archi perpendicolari al suo orizzonte; che infine lestelle equatoriali passano tutte per il suo zenit.

73. In Italia, e precisamente per Milano, ad una latitu-dine di circa 45 gradi e mezzo, sono sempre sull’oriz-zonte le stelle che distano dall’equatore più che 44 gradie mezzo di circolo massimo, o che in altre parole hannouna declinazione8 boreale maggiore di 44 gradi e mezzo;sono invisibili quelle che hanno una declinazione au-strale maggiore di 44 gradi e mezzo; il numero di questestelle costantemente invisibili nel nostro clima è di circa15 per ogni 100 stelle esistenti nel cielo.

8 Declinazione è, per gli astri, qualcosa di analogo a ciò che èla latitudine per i luoghi terrestri, ossia è la distanza angolare diun astro dall’equatore misurata su un circolo massimo della sferaceleste.

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CAPITOLO SECONDOLa Luna.

§ I.Moti apparenti della Luna e sue fasi.

74. Il lettore conosce ora abbastanza la Terra e i rap-porti che essa, come pianeta, ha col Sole, poichè ne hastudiato il duplice movimento di rotazione e di rivolu-zione, causa il primo per la quale ogni 24 ore si alterna-no il giorno e la notte, ragione il secondo per la qualeogni anno si succedono sempre nello stesso ordine lequattro stagioni.

Ma la Terra, nel suo giro attorno al Sole, si trae dietrola Luna, suo satellite, sua vicina e inseparabile compa-gna di viaggio, di cui essa sente e rivela il potente in-flusso col perpetuo oscillare de’ suoi oceani; la Lunache, or piena, or falcata, a guisa di specchio ci rinvia iraggi del Sole, e con una luce placida e pallida ci com-pensa delle brevi periodiche assenze della gran fiaccoladel firmamento.

Il lettore è certamente curioso di aver qualche notiziasu questo astro singolare, così vicino da lasciar discer-nere ad occhio nudo certune disuguaglianze della suasuperficie.

75. Per soddisfare pertanto a questa sua legittima cu-

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CAPITOLO SECONDOLa Luna.

§ I.Moti apparenti della Luna e sue fasi.

74. Il lettore conosce ora abbastanza la Terra e i rap-porti che essa, come pianeta, ha col Sole, poichè ne hastudiato il duplice movimento di rotazione e di rivolu-zione, causa il primo per la quale ogni 24 ore si alterna-no il giorno e la notte, ragione il secondo per la qualeogni anno si succedono sempre nello stesso ordine lequattro stagioni.

Ma la Terra, nel suo giro attorno al Sole, si trae dietrola Luna, suo satellite, sua vicina e inseparabile compa-gna di viaggio, di cui essa sente e rivela il potente in-flusso col perpetuo oscillare de’ suoi oceani; la Lunache, or piena, or falcata, a guisa di specchio ci rinvia iraggi del Sole, e con una luce placida e pallida ci com-pensa delle brevi periodiche assenze della gran fiaccoladel firmamento.

Il lettore è certamente curioso di aver qualche notiziasu questo astro singolare, così vicino da lasciar discer-nere ad occhio nudo certune disuguaglianze della suasuperficie.

75. Per soddisfare pertanto a questa sua legittima cu-

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riosità, andrò dimostrando in alcuni paragrafi i rapportiche vincolano la Luna alla Terra, a quel modo che espli-cai quelli che legano la Terra stessa al Sole.

E per cominciare, vi chiederò anzi tutto, o lettore, seavete mai notato due particolarità che la Luna ci offre,delle quali nessun altro corpo celeste sembra porgercicosì facile esempio. Eccole; primo: la Luna non è visibi-le sempre di continuo tutte le notti; secondo: non hasempre la medesima forma apparente.

A darvi ragione di questi due fatti, che primi nellaLuna attraggono la nostra attenzione, mi è duopo aspet-tare che io vi abbia prima edotti e persuasi di altri fatti,che possono essere avvertiti solo da chi osservi la Lunacon una certa attenzione e perseveranza.

76. In primo luogo, osservando le posizioni dellaLuna in cielo per parecchie sere di seguito, ci tornerà fa-cile notare due fatti analoghi a quelli che già potemmoconstatare nel moto apparente del Sole.

Anche la Luna si muove sulla volta del cielo attraver-so le costellazioni da ovest verso est, ma il suo moto èmolto più celere di quello del Sole, nè lo si può per con-seguenza spiegare semplicemente come un’apparenzaprodotta dal moto della Terra nella sua orbita. Bisognaricorrere ad un moto proprio e reale della Luna stessa;bisogna ammettere che la Luna si muove intorno a noinello stesso verso in cui noi ci trasportiamo in giro alSole, cosa questa della quale or ora vi darò la prova.

77. In secondo luogo la Luna, in qualunque epocadell’anno la si osservi, ritarda ogni dì il momento del

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riosità, andrò dimostrando in alcuni paragrafi i rapportiche vincolano la Luna alla Terra, a quel modo che espli-cai quelli che legano la Terra stessa al Sole.

E per cominciare, vi chiederò anzi tutto, o lettore, seavete mai notato due particolarità che la Luna ci offre,delle quali nessun altro corpo celeste sembra porgercicosì facile esempio. Eccole; primo: la Luna non è visibi-le sempre di continuo tutte le notti; secondo: non hasempre la medesima forma apparente.

A darvi ragione di questi due fatti, che primi nellaLuna attraggono la nostra attenzione, mi è duopo aspet-tare che io vi abbia prima edotti e persuasi di altri fatti,che possono essere avvertiti solo da chi osservi la Lunacon una certa attenzione e perseveranza.

76. In primo luogo, osservando le posizioni dellaLuna in cielo per parecchie sere di seguito, ci tornerà fa-cile notare due fatti analoghi a quelli che già potemmoconstatare nel moto apparente del Sole.

Anche la Luna si muove sulla volta del cielo attraver-so le costellazioni da ovest verso est, ma il suo moto èmolto più celere di quello del Sole, nè lo si può per con-seguenza spiegare semplicemente come un’apparenzaprodotta dal moto della Terra nella sua orbita. Bisognaricorrere ad un moto proprio e reale della Luna stessa;bisogna ammettere che la Luna si muove intorno a noinello stesso verso in cui noi ci trasportiamo in giro alSole, cosa questa della quale or ora vi darò la prova.

77. In secondo luogo la Luna, in qualunque epocadell’anno la si osservi, ritarda ogni dì il momento del

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suo nascere. È un ritardo ora più ora meno lungo, in me-dia uguale a quasi 49 minuti; è un ritardo che esso pureè naturale conseguenza, corno si vedrà in breve, delmoto proprio della Luna testè accennato.

Se oggi, ad esempio, vediamo la Luna vicinissima alSole tramontare appena dopo di esso, domani la Lunatramonterà circa tre quarti d’ora dopo il Sole, trovandosida questo ben più discosta verso est, di quel che ogginon fosse; dopodomani, al cader del Sole, la Luna saràancor più alta sull’orizzonte verso ponente, e rispetto alSole tarderà un’ora e mezza circa a tramontare; cosìcontinuerà via via, lasciandosi in certo modo sempre piùprecorrere dal Sole, finchè, passati alcuni giorni, essaculminerà, ossia si troverà nel mezzo del suo arco diur-no, quando si fa sera, quando cioè il Sole scompare aponente.

Trascorreranno altri giorni e la Luna passerà al meri-diano a mezzanotte, in ritardo sul Sole di quasi 12 ore;aumenterà questo ritardo nei dì susseguenti: verrà ungiorno in cui si vedrà la Luna levare sull’orizzonte ap-pena un po’ prima del Sole; poi si leverà col Sole, di-ventando invisibile perchè offuscata dal grande splendo-re di questo, e finalmente sorgerà dopo il Sole. Alloraanche il suo tramonto succederà al tramonto del Sole, sirinnoveranno le apparenze appena descritte e il periodoloro sarà compiuto.

Riassumendo, par quasi che nel periodo considerato ilSole corra davanti alla Luna lasciandosela di giorno ingiorno sempre più addietro, e che aumentando sempre la

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suo nascere. È un ritardo ora più ora meno lungo, in me-dia uguale a quasi 49 minuti; è un ritardo che esso pureè naturale conseguenza, corno si vedrà in breve, delmoto proprio della Luna testè accennato.

Se oggi, ad esempio, vediamo la Luna vicinissima alSole tramontare appena dopo di esso, domani la Lunatramonterà circa tre quarti d’ora dopo il Sole, trovandosida questo ben più discosta verso est, di quel che ogginon fosse; dopodomani, al cader del Sole, la Luna saràancor più alta sull’orizzonte verso ponente, e rispetto alSole tarderà un’ora e mezza circa a tramontare; cosìcontinuerà via via, lasciandosi in certo modo sempre piùprecorrere dal Sole, finchè, passati alcuni giorni, essaculminerà, ossia si troverà nel mezzo del suo arco diur-no, quando si fa sera, quando cioè il Sole scompare aponente.

Trascorreranno altri giorni e la Luna passerà al meri-diano a mezzanotte, in ritardo sul Sole di quasi 12 ore;aumenterà questo ritardo nei dì susseguenti: verrà ungiorno in cui si vedrà la Luna levare sull’orizzonte ap-pena un po’ prima del Sole; poi si leverà col Sole, di-ventando invisibile perchè offuscata dal grande splendo-re di questo, e finalmente sorgerà dopo il Sole. Alloraanche il suo tramonto succederà al tramonto del Sole, sirinnoveranno le apparenze appena descritte e il periodoloro sarà compiuto.

Riassumendo, par quasi che nel periodo considerato ilSole corra davanti alla Luna lasciandosela di giorno ingiorno sempre più addietro, e che aumentando sempre la

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distanza fra i due astri, il Sole finisca per raggiungere laLuna, oltrepassarla di nuovo e così di seguito.

78. Queste cose tutte non vi sarà difficile di verificar-le. purchè abbiate la buona volontà di vegliare un po’tardi la sera e di alzarvi un poco prima dell’alba durantel’intervallo di un mese, e di fare queste vostre osserva-zioni consultando ogni volta il vostro orologio.

79. Nel medesimo tempo che osserverete queste cose,avvertirete quelle due particolarità della Luna già primaaccennate: cioè il suo rimanere invisibile di notte perqualche tempo, il suo presentare a dati intervalli formeapparenti diverse.

Noterete ancora che queste differenti forme si ripro-ducono periodicamente e coincidono sempre esattamen-te con certi determinati rapporti di tempo e di distanzafra la Luna e il Sole, nè tarderete a persuadervi che essesono strettamente collegate colle varie posizioni dellaLuna rispetto al Sole, e che la Luna gira realmente conmoto regolare intorno a noi.

Agevolmente forse, anche da voi stesso, capirete lasuaccennata concomitanza di fatti; ma per aiutare la vo-stra intelligenza mi vi soffermerò sopra ancora un poco.

Voi avrete visto, non ne dubito, la mezza Luna, che sichiama alternativamente primo ed ultimo quarto; avretevisto la Luna piena, quale essa è quando ci presental’intero suo disco rotondo illuminato. Ebbene la Luna èsempre mezza quando culmina nelle ore in cui il Soletramonta o sorge; è sempre piena quando sorge mentre ilSole tramonta, e quando culmina per conseguenza a

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distanza fra i due astri, il Sole finisca per raggiungere laLuna, oltrepassarla di nuovo e così di seguito.

78. Queste cose tutte non vi sarà difficile di verificar-le. purchè abbiate la buona volontà di vegliare un po’tardi la sera e di alzarvi un poco prima dell’alba durantel’intervallo di un mese, e di fare queste vostre osserva-zioni consultando ogni volta il vostro orologio.

79. Nel medesimo tempo che osserverete queste cose,avvertirete quelle due particolarità della Luna già primaaccennate: cioè il suo rimanere invisibile di notte perqualche tempo, il suo presentare a dati intervalli formeapparenti diverse.

Noterete ancora che queste differenti forme si ripro-ducono periodicamente e coincidono sempre esattamen-te con certi determinati rapporti di tempo e di distanzafra la Luna e il Sole, nè tarderete a persuadervi che essesono strettamente collegate colle varie posizioni dellaLuna rispetto al Sole, e che la Luna gira realmente conmoto regolare intorno a noi.

Agevolmente forse, anche da voi stesso, capirete lasuaccennata concomitanza di fatti; ma per aiutare la vo-stra intelligenza mi vi soffermerò sopra ancora un poco.

Voi avrete visto, non ne dubito, la mezza Luna, che sichiama alternativamente primo ed ultimo quarto; avretevisto la Luna piena, quale essa è quando ci presental’intero suo disco rotondo illuminato. Ebbene la Luna èsempre mezza quando culmina nelle ore in cui il Soletramonta o sorge; è sempre piena quando sorge mentre ilSole tramonta, e quando culmina per conseguenza a

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mezzanotte.Siccome poi con un orologio comune è facile verifi-

care il già notato ritardo di circa tre quarti d’ora al gior-no nel sorgere o nel tramontare della Luna, così con unfacile computo si trova che in un po’ più di 7 giorni laLuna si allontana dal Sole di un quarto di circonferenza,e che ad ogni periodo di 29 a 30 giorni, su per giù, essariprende una medesima posizione rispetto al Sole.

80. Riassumiamo col pensiero tutte le osservazionifatte e sentiremo di poter a ragione conchiudere: che ef-fettivamente la Luna gira intorno alla Terra; che a com-piere un giro impiega un po’ meno di 30 giorni; che laTerra compiendo un giro intorno al Sole nell’intervallodi 12 mesi ossia di un anno, in un anno si conterannododici rivoluzioni e mezza circa della Luna attorno allaTerra o lunazioni.

81. Esaminando la seguente fig. 23 abbracceremomeglio l’insieme di tutti questi fatti, e ci risulterà piùevidente la ragione dei medesimi.

Guardiamo: a sinistra, molto lontano, dobbiamo im-maginare il Sole; in mezzo al disegno è la Terra, ed essaoccupa il centro della circonferenza punteggiata cherappresenta l’orbita della Luna. Nella figura l’orbita del-la Luna giace per opportunità di disegno nel pianodell’orbita AB della Terra, ma in realtà essa è un po’ in-clinata su questo piano, e di questa inclinazione vedre-mo le conseguenze, quando avremo a parlare delle eclis-si. Le saette segnano la direzione dei movimenti tantodella Luna quanto della Terra.

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mezzanotte.Siccome poi con un orologio comune è facile verifi-

care il già notato ritardo di circa tre quarti d’ora al gior-no nel sorgere o nel tramontare della Luna, così con unfacile computo si trova che in un po’ più di 7 giorni laLuna si allontana dal Sole di un quarto di circonferenza,e che ad ogni periodo di 29 a 30 giorni, su per giù, essariprende una medesima posizione rispetto al Sole.

80. Riassumiamo col pensiero tutte le osservazionifatte e sentiremo di poter a ragione conchiudere: che ef-fettivamente la Luna gira intorno alla Terra; che a com-piere un giro impiega un po’ meno di 30 giorni; che laTerra compiendo un giro intorno al Sole nell’intervallodi 12 mesi ossia di un anno, in un anno si conterannododici rivoluzioni e mezza circa della Luna attorno allaTerra o lunazioni.

81. Esaminando la seguente fig. 23 abbracceremomeglio l’insieme di tutti questi fatti, e ci risulterà piùevidente la ragione dei medesimi.

Guardiamo: a sinistra, molto lontano, dobbiamo im-maginare il Sole; in mezzo al disegno è la Terra, ed essaoccupa il centro della circonferenza punteggiata cherappresenta l’orbita della Luna. Nella figura l’orbita del-la Luna giace per opportunità di disegno nel pianodell’orbita AB della Terra, ma in realtà essa è un po’ in-clinata su questo piano, e di questa inclinazione vedre-mo le conseguenze, quando avremo a parlare delle eclis-si. Le saette segnano la direzione dei movimenti tantodella Luna quanto della Terra.

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82. La Luna, movendosi attorno alla Terra, deve adogni rivoluzione passare una volta fra la Terra e il Sole;è allora che di notte, per tre giorni di seguito, non la ve-diamo in nessuna parte del cielo; si ha allora quel chesuolsi chiamare comunemente Luna nuova; nella nostrafig. 23 la Luna occupa allora la posizione segnata con lalettera E.

83. Consideriamo dapprima quali apparenze debbonopresentarsi, ad un osservatore terrestre, quando la Lunasi trova nel suddetto punto E della sua orbita, vicino alladirezione che congiunge il Sole colla Terra.

L’osservatore è immaginato in O; ha per orizzonte pp'ha in p il suo oriente, in p' l’occidente, e per lui, nel mo-mento che consideriamo, è mezzogiorno, il Sole trovan-

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82. La Luna, movendosi attorno alla Terra, deve adogni rivoluzione passare una volta fra la Terra e il Sole;è allora che di notte, per tre giorni di seguito, non la ve-diamo in nessuna parte del cielo; si ha allora quel chesuolsi chiamare comunemente Luna nuova; nella nostrafig. 23 la Luna occupa allora la posizione segnata con lalettera E.

83. Consideriamo dapprima quali apparenze debbonopresentarsi, ad un osservatore terrestre, quando la Lunasi trova nel suddetto punto E della sua orbita, vicino alladirezione che congiunge il Sole colla Terra.

L’osservatore è immaginato in O; ha per orizzonte pp'ha in p il suo oriente, in p' l’occidente, e per lui, nel mo-mento che consideriamo, è mezzogiorno, il Sole trovan-

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dosi in un piano perpendicolare al suo orizzonte. LaLuna, la quale si trova in E nello stesso piano che il Solee la Terra, culmina necessariamente col Sole, sebbeneculmini in un punto del meridiano situato sopra o sottoal punto in cui culmina il Sole, e, culminando insieme,sorge e tramonta pure contemporaneamente ad esso.Sorge, culmina, tramonta col Sole, ma l’osservatore Onon la vede, perchè l’emisfero che essa a lui rivolge èdalla parte opposto al Sole, da questo non è illuminatoed è quindi assolutamente oscuro.

Passano tre giorni e mezzo, la Luna nel frattempo èvenuta in T: il nostro osservatore in quel dì vedrà il Solepassare per il meridiano prima che vi giunga la Luna, eal tramonto che cosa accadrà? È facile prevederlo; appe-na il Sole sarà tramontato, la Luna diventerà visibile nelcrepuscolo, mostrando una piccola falce luminosa collagobba a ponente9, come è rappresentata in T'.

In capo ad altri tre giorni o quattro la Luna, conti-nuando il suo giro attorno alla Terra, viene a trovarsi inF: l’osservatore O nell’istante del mezzodì la vede esat-tamente ad est dalla parte del punto p sul proprio oriz-zonte, e quando dopo 6 ore circa il Sole per lui tramontaad occidente dalla parte del punto p', la Luna viene apassare per il suo meridiano ossia per il piano che nellafigura nostra proiettasi in OE e nel prolungamento suo.

La Luna in tal momento dista quindi dal Sole di unmezzo arco diurno e presenta mezzo il suo disco illumi-

9 È noto il motto volgare: Luna crescente, gobba a ponente;Luna calante, gobba a levante.

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dosi in un piano perpendicolare al suo orizzonte. LaLuna, la quale si trova in E nello stesso piano che il Solee la Terra, culmina necessariamente col Sole, sebbeneculmini in un punto del meridiano situato sopra o sottoal punto in cui culmina il Sole, e, culminando insieme,sorge e tramonta pure contemporaneamente ad esso.Sorge, culmina, tramonta col Sole, ma l’osservatore Onon la vede, perchè l’emisfero che essa a lui rivolge èdalla parte opposto al Sole, da questo non è illuminatoed è quindi assolutamente oscuro.

Passano tre giorni e mezzo, la Luna nel frattempo èvenuta in T: il nostro osservatore in quel dì vedrà il Solepassare per il meridiano prima che vi giunga la Luna, eal tramonto che cosa accadrà? È facile prevederlo; appe-na il Sole sarà tramontato, la Luna diventerà visibile nelcrepuscolo, mostrando una piccola falce luminosa collagobba a ponente9, come è rappresentata in T'.

In capo ad altri tre giorni o quattro la Luna, conti-nuando il suo giro attorno alla Terra, viene a trovarsi inF: l’osservatore O nell’istante del mezzodì la vede esat-tamente ad est dalla parte del punto p sul proprio oriz-zonte, e quando dopo 6 ore circa il Sole per lui tramontaad occidente dalla parte del punto p', la Luna viene apassare per il suo meridiano ossia per il piano che nellafigura nostra proiettasi in OE e nel prolungamento suo.

La Luna in tal momento dista quindi dal Sole di unmezzo arco diurno e presenta mezzo il suo disco illumi-

9 È noto il motto volgare: Luna crescente, gobba a ponente;Luna calante, gobba a levante.

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nato (F' nella figura), colla convessità rivolta a ponente;ha luogo il suo primo quarto ed è Luna crescente, appel-lativo che essa prende nella prima metà della lunazione,finchè non è piena, appellativo al quale si contrappone,nella seconda metà della lunazione10, quello di Luna ca-lante.

Trascorsi 7 giorni circa dal dì in cui era in F, la Lunaviene a trovarsi in G; l’osservatore O nell’istante delmezzodì ha allora il Sole e la Luna amendue nel propriomeridiano, il Sole alto sul proprio orizzonte e ben visibi-le, la Luna invisibile e sotto ad esso orizzonte. Trascorse12 ore, a mezzanotte, l’osservatore rotando colla Terra èpassato in O'; il Sole e la Luna sono ancora ambedue nelpiano del suo meridiano, ma si son scambiate le parti; laLuna culmina alta sull’orizzonte, ben visibile al nostroosservatore: il Sole, per lui invisibile, passa per la cul-minazione inferiore ossia per un punto del meridiano si-tuato sotto all’orizzonte. La Luna alla sull’orizzontebrilla del suo massimo splendore, e presenta la sua fac-cia tutta illuminata all’osservatore O passato, come ap-pena dissi, in O'; è Luna piena, ed il suo aspetto è sullafigura rappresentato in G'. La Luna è a 180 gradi, ossiaa mezza circonferenza esatta dal Sole, e come passa perla culminazione inferiore quando a mezzodì il Sole ènella culminazione superiore, come passa nella culmina-zione superiore quando a mezzanotte il Sole è nella cul-minazione inferiore, così sorge quando il Sole tramonta,va sotto all’orizzonte quando il Sole s’alza sovr’esso.

10 Nell’originale: "luminazione" [nota per l’edizione Manuzio].

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nato (F' nella figura), colla convessità rivolta a ponente;ha luogo il suo primo quarto ed è Luna crescente, appel-lativo che essa prende nella prima metà della lunazione,finchè non è piena, appellativo al quale si contrappone,nella seconda metà della lunazione10, quello di Luna ca-lante.

Trascorsi 7 giorni circa dal dì in cui era in F, la Lunaviene a trovarsi in G; l’osservatore O nell’istante delmezzodì ha allora il Sole e la Luna amendue nel propriomeridiano, il Sole alto sul proprio orizzonte e ben visibi-le, la Luna invisibile e sotto ad esso orizzonte. Trascorse12 ore, a mezzanotte, l’osservatore rotando colla Terra èpassato in O'; il Sole e la Luna sono ancora ambedue nelpiano del suo meridiano, ma si son scambiate le parti; laLuna culmina alta sull’orizzonte, ben visibile al nostroosservatore: il Sole, per lui invisibile, passa per la cul-minazione inferiore ossia per un punto del meridiano si-tuato sotto all’orizzonte. La Luna alla sull’orizzontebrilla del suo massimo splendore, e presenta la sua fac-cia tutta illuminata all’osservatore O passato, come ap-pena dissi, in O'; è Luna piena, ed il suo aspetto è sullafigura rappresentato in G'. La Luna è a 180 gradi, ossiaa mezza circonferenza esatta dal Sole, e come passa perla culminazione inferiore quando a mezzodì il Sole ènella culminazione superiore, come passa nella culmina-zione superiore quando a mezzanotte il Sole è nella cul-minazione inferiore, così sorge quando il Sole tramonta,va sotto all’orizzonte quando il Sole s’alza sovr’esso.

10 Nell’originale: "luminazione" [nota per l’edizione Manuzio].

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La Luna prosegue il suo cammino; quando essa per-venne in G erano passati 14 giorni e mezzo dal dì dellaLuna nuova; quand’essa ritornerà ad esser nuova altri 14giorni e mezzo saran passati poichè, come risulta anchedalla figura, nella posizione G la Luna è a metà del suogiro intorno alla Terra.

Nel secondo tratto del suo cammino attorno alla Terrala Luna presenterà in ordine inverso tutte le apparenze ele circostanze che già mostrò nel primo tratto di esso.

Consideriamola infatti nel punto H della sua orbita.Essa dista dal Sole un mezzo arco diurno, così come nedistava quand’era in F, e per l’orizzonte che nella fig. 23si proietta in OO' essa culmina per conseguenzanell’istante in cui il Sole nasce, essa tramonta a mezzodìossia nell’istante in cui culmina il Sole.

Nella posizione H la Luna appare ancora per metà il-luminata, così come appariva in F, ma in H il suo lemboconvesso è invece rivolto a levante, ed essa è al suo ulti-mo quarto.

La Luna da H passa in E, il suo giro è compiuto; ri-torna la Luna nuova: la Luna torna a sorgere e tramonta-re insieme al Sole.

84. Le quattro posizioni caratteristiche della Luna,che ho chiamate novilunio, primo quarto, plenilunio, ul-timo quarto, costituiscono le fasi della Luna, delle qualiquanto si è detto basta a rendere completa ragione.

Se voi voleste riprodurre in piccolo, nel vostro gabi-netto, queste fasi, e verificare quanto vi ho detto con unaesperienza, nulla di più facile: ponetevi dinanzi ad una

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La Luna prosegue il suo cammino; quando essa per-venne in G erano passati 14 giorni e mezzo dal dì dellaLuna nuova; quand’essa ritornerà ad esser nuova altri 14giorni e mezzo saran passati poichè, come risulta anchedalla figura, nella posizione G la Luna è a metà del suogiro intorno alla Terra.

Nel secondo tratto del suo cammino attorno alla Terrala Luna presenterà in ordine inverso tutte le apparenze ele circostanze che già mostrò nel primo tratto di esso.

Consideriamola infatti nel punto H della sua orbita.Essa dista dal Sole un mezzo arco diurno, così come nedistava quand’era in F, e per l’orizzonte che nella fig. 23si proietta in OO' essa culmina per conseguenzanell’istante in cui il Sole nasce, essa tramonta a mezzodìossia nell’istante in cui culmina il Sole.

Nella posizione H la Luna appare ancora per metà il-luminata, così come appariva in F, ma in H il suo lemboconvesso è invece rivolto a levante, ed essa è al suo ulti-mo quarto.

La Luna da H passa in E, il suo giro è compiuto; ri-torna la Luna nuova: la Luna torna a sorgere e tramonta-re insieme al Sole.

84. Le quattro posizioni caratteristiche della Luna,che ho chiamate novilunio, primo quarto, plenilunio, ul-timo quarto, costituiscono le fasi della Luna, delle qualiquanto si è detto basta a rendere completa ragione.

Se voi voleste riprodurre in piccolo, nel vostro gabi-netto, queste fasi, e verificare quanto vi ho detto con unaesperienza, nulla di più facile: ponetevi dinanzi ad una

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lampada ad una distanza di circa un passo, e tenendocon una mano sospesa ad un filo una pallottola tinta inbianco, senza muovere la persona, fate col braccio de-scrivere lentamente alla pallottola un giro intorno allalampada; vedrete in microscopiche proporzioni ripro-dotto sulla pallottola lo spettacolo delle fasi lunari.

85. Nel presentarvi la fig. 23, ho supposto che la Ter-ra, durante il periodo di una lunazione, stia ferma; ciònon è esatto ed apporta un errore, poichè durante una lu-nazione la Terra percorre un dodicesimo all’incirca dellasua orbita.

Se la Terra fosse ferma, la durata di una lunazione,ossia l’intervallo di tempo che corre fra una Luna nuovae la successiva, e la durata di una rivoluzione della Lunaintorno alla Terra sarebbero necessariamente uguali. Mala Terra si muove nella sua orbita nello stesso verso incui nella propria orbita si muove la Luna, ed è facile in-tendere per conseguenza che la Luna deve aver percorsapiù che una rivoluzione intera, ossia più che 360 gradidi circonferenza di circolo, prima di tornare in congiun-zione, che in altre parole ogni novilunio deve avveniredopo il novilunio precedente a un intervallo di tempomaggiore di quello impiegato dalla Luna e descrivere ungiro completo intorno alla Terra.

Si tratta d’una differenza non grande; si tratta di 2giorni e un quarto circa; la rivoluzione lunare intornoalla Terra si compie infatti in 27 giorni, 7 ore, 43 minutie 5 secondi, e la durata di una lunazione, cioè il tempoche decorre da un novilunio al successivo, è invece di

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lampada ad una distanza di circa un passo, e tenendocon una mano sospesa ad un filo una pallottola tinta inbianco, senza muovere la persona, fate col braccio de-scrivere lentamente alla pallottola un giro intorno allalampada; vedrete in microscopiche proporzioni ripro-dotto sulla pallottola lo spettacolo delle fasi lunari.

85. Nel presentarvi la fig. 23, ho supposto che la Ter-ra, durante il periodo di una lunazione, stia ferma; ciònon è esatto ed apporta un errore, poichè durante una lu-nazione la Terra percorre un dodicesimo all’incirca dellasua orbita.

Se la Terra fosse ferma, la durata di una lunazione,ossia l’intervallo di tempo che corre fra una Luna nuovae la successiva, e la durata di una rivoluzione della Lunaintorno alla Terra sarebbero necessariamente uguali. Mala Terra si muove nella sua orbita nello stesso verso incui nella propria orbita si muove la Luna, ed è facile in-tendere per conseguenza che la Luna deve aver percorsapiù che una rivoluzione intera, ossia più che 360 gradidi circonferenza di circolo, prima di tornare in congiun-zione, che in altre parole ogni novilunio deve avveniredopo il novilunio precedente a un intervallo di tempomaggiore di quello impiegato dalla Luna e descrivere ungiro completo intorno alla Terra.

Si tratta d’una differenza non grande; si tratta di 2giorni e un quarto circa; la rivoluzione lunare intornoalla Terra si compie infatti in 27 giorni, 7 ore, 43 minutie 5 secondi, e la durata di una lunazione, cioè il tempoche decorre da un novilunio al successivo, è invece di

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29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi.

§ II.In che modo la Luna diventa la causa delle

eclissi.

86. Quando nel paragrafo precedente parlai dell’appa-rente muoversi della Luna in cielo, dissi che dessa al no-vilunio, se non fosse immersa nella luce diffusa delSole, si vedrebbe passare per il meridiano contempora-neamente al Sole, ma di esso o un po’ sopra o un po’sotto (capo 83).

Non a caso mi sono espresso così, poichè se in ognisua congiunzione la Luna incontrasse la retta condottadall’occhio dell’osservatore al centro del Sole, essa na-sconderebbe all’osservatore stesso, e nel momento pre-ciso d’ogni novilunio, in tutto o in parte, il disco delSole, il che di raro si verifica. Solo qualche volta acca-de, ed è allora che si hanno eclissi di Sole, o parziali ototali o annulari, come vedremo fra breve.

Analogamente se in ogni sua opposizione la Luna nonsolo venisse a trovarsi colla Terra e col Sole in un mede-simo piano, ma venisse ad incontrare inoltre il prolunga-mento della retta che passa per i centri del Sole e dellaTerra, essa entrerebbe necessariamente nell’ombra chela Terra proietta dietro di sè dalla parte opposta al Sole,ombra la quale, a cagione della forma sferica e dellepiccole dimensioni della Terra rispetto al Sole, ha formadi cono, e la quale per conseguenza si chiama cono

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29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi.

§ II.In che modo la Luna diventa la causa delle

eclissi.

86. Quando nel paragrafo precedente parlai dell’appa-rente muoversi della Luna in cielo, dissi che dessa al no-vilunio, se non fosse immersa nella luce diffusa delSole, si vedrebbe passare per il meridiano contempora-neamente al Sole, ma di esso o un po’ sopra o un po’sotto (capo 83).

Non a caso mi sono espresso così, poichè se in ognisua congiunzione la Luna incontrasse la retta condottadall’occhio dell’osservatore al centro del Sole, essa na-sconderebbe all’osservatore stesso, e nel momento pre-ciso d’ogni novilunio, in tutto o in parte, il disco delSole, il che di raro si verifica. Solo qualche volta acca-de, ed è allora che si hanno eclissi di Sole, o parziali ototali o annulari, come vedremo fra breve.

Analogamente se in ogni sua opposizione la Luna nonsolo venisse a trovarsi colla Terra e col Sole in un mede-simo piano, ma venisse ad incontrare inoltre il prolunga-mento della retta che passa per i centri del Sole e dellaTerra, essa entrerebbe necessariamente nell’ombra chela Terra proietta dietro di sè dalla parte opposta al Sole,ombra la quale, a cagione della forma sferica e dellepiccole dimensioni della Terra rispetto al Sole, ha formadi cono, e la quale per conseguenza si chiama cono

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d’ombra. Se ciò fosse, la Luna, in ogni opposizione eper tutto il tempo da essa impiegato ad attraversare ilcono d’ombra privo della luce solare, sparirebbe alla no-stra vista, e noi avremmo una eclisse di Luna ad ogniplenilunio. il che non è.

87. Premessi i fatti notorii a tutti, diamone la spiega-zione.

Non ha luogo eclisse solare ad ogni novilunio, nèeclisse lunare ad ogni plenilunio, per due ragioni: la pri-ma è che il piano dell’orbita della Luna non giace puntoin quello dell’orbita della Terra, ma è ad esso inclinato;la seconda è che i nodi dell’orbita lunare, dei quali vidarò a momenti la definizione, girano intorno alla Terra,descrivendo una circonferenza di circolo nell’intervallodi quasi 18 anni.

L’orbita della Luna essendo obliqua rispetto a quelladella Terra (eclittica), ne vien di conseguenza anzituttoche essa, rispetto al piano dell’eclittica, si trova permetà da una parte, ossia sopra, e per metà dell’altra, ov-vero sotto; ne consegue in secondo luogo che la Luna,percorrendo la propria orbita, deve attraversare il pianodell’orbita terrestre in due punti diametralmente opposti,punti che in astronomia diconsi nodi.

88. Questi nodi, dei quali già dissi che descrivono unacirconferenza di circolo intorno a noi in 18 anni circa,ritornano periodicamente, dopo tale intervallo di tempo,e in grazia unicamente del loro moto, in posizioni quasiidentiche rispetto alla Luna ed al Sole; e poichè eclissiin generale avvengono solo quando la Luna passa per

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d’ombra. Se ciò fosse, la Luna, in ogni opposizione eper tutto il tempo da essa impiegato ad attraversare ilcono d’ombra privo della luce solare, sparirebbe alla no-stra vista, e noi avremmo una eclisse di Luna ad ogniplenilunio. il che non è.

87. Premessi i fatti notorii a tutti, diamone la spiega-zione.

Non ha luogo eclisse solare ad ogni novilunio, nèeclisse lunare ad ogni plenilunio, per due ragioni: la pri-ma è che il piano dell’orbita della Luna non giace puntoin quello dell’orbita della Terra, ma è ad esso inclinato;la seconda è che i nodi dell’orbita lunare, dei quali vidarò a momenti la definizione, girano intorno alla Terra,descrivendo una circonferenza di circolo nell’intervallodi quasi 18 anni.

L’orbita della Luna essendo obliqua rispetto a quelladella Terra (eclittica), ne vien di conseguenza anzituttoche essa, rispetto al piano dell’eclittica, si trova permetà da una parte, ossia sopra, e per metà dell’altra, ov-vero sotto; ne consegue in secondo luogo che la Luna,percorrendo la propria orbita, deve attraversare il pianodell’orbita terrestre in due punti diametralmente opposti,punti che in astronomia diconsi nodi.

88. Questi nodi, dei quali già dissi che descrivono unacirconferenza di circolo intorno a noi in 18 anni circa,ritornano periodicamente, dopo tale intervallo di tempo,e in grazia unicamente del loro moto, in posizioni quasiidentiche rispetto alla Luna ed al Sole; e poichè eclissiin generale avvengono solo quando la Luna passa per

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l’uno o per l’altro nodo, anche le eclissi si ripetono ogni18 anni con ordine approssimativamente identico, nonperò con periodo matematicamente esatto, e ciò per ra-gioni che in questo libro è impossibile spiegare.

89. Nelle eclissi solari la Luna può coprir tutto ilSole, e si ha l’eclisse totale; può coprire soltanto il cen-tro del Sole lasciando tutto intorno un anello luminoso,e si ha l’eclisse annulare; può coprire solo un segmentodel Sole e l’eclisse dicesi parziale. Spiegherò la ragionedi queste varietà.

90. L’orbita della Luna non è una circonferenza dicircolo, ma una linea ovale, una ellisse come si dice, e laTerra non si trova nel centro di questa ovale. Ne conse-gue che la Luna non se ne sta sempre alla medesima di-stanza dalla Terra, e che non ci appare sempre della me-desima grandezza.

Quando la Luna passa per la massima sua vicinanzaalla Terra, il suo disco ci pare un poco più grande chequello del Sole; se allora il suo moto proprio la portaprecisamente davanti al Sole, essa tutto intiero può rico-prirlo generando così una eclisse totale di Sole conoscurità quasi completa.

Quando la Luna è alla sua massima distanza dallaTerra, essa, ancora che occupi col suo centro il centrodel disco solare, o meglio ancora che si proietti col suocentro nel centro del disco solare, non giunge a coprirtutto il Sole, il quale ha in quel momento un diametroapparente più grande di quello della Luna. I lembi delSole sopravanzano allora da ogni parte il contorno luna-

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l’uno o per l’altro nodo, anche le eclissi si ripetono ogni18 anni con ordine approssimativamente identico, nonperò con periodo matematicamente esatto, e ciò per ra-gioni che in questo libro è impossibile spiegare.

89. Nelle eclissi solari la Luna può coprir tutto ilSole, e si ha l’eclisse totale; può coprire soltanto il cen-tro del Sole lasciando tutto intorno un anello luminoso,e si ha l’eclisse annulare; può coprire solo un segmentodel Sole e l’eclisse dicesi parziale. Spiegherò la ragionedi queste varietà.

90. L’orbita della Luna non è una circonferenza dicircolo, ma una linea ovale, una ellisse come si dice, e laTerra non si trova nel centro di questa ovale. Ne conse-gue che la Luna non se ne sta sempre alla medesima di-stanza dalla Terra, e che non ci appare sempre della me-desima grandezza.

Quando la Luna passa per la massima sua vicinanzaalla Terra, il suo disco ci pare un poco più grande chequello del Sole; se allora il suo moto proprio la portaprecisamente davanti al Sole, essa tutto intiero può rico-prirlo generando così una eclisse totale di Sole conoscurità quasi completa.

Quando la Luna è alla sua massima distanza dallaTerra, essa, ancora che occupi col suo centro il centrodel disco solare, o meglio ancora che si proietti col suocentro nel centro del disco solare, non giunge a coprirtutto il Sole, il quale ha in quel momento un diametroapparente più grande di quello della Luna. I lembi delSole sopravanzano allora da ogni parte il contorno luna-

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re, e producono il magnifico spettacolo di un anello lu-minosissimo che circonda un disco tondo scuro cupo; èl’eclisse solare annulare.

Eclisse di Sole parziale si ha ogni volta che la Lunanon passando esattamente col suo centro sul centro deldisco solare, viene durante il suo passaggio ad occuparedi questo disco solo una porzione più o meno grande:sono le eclissi più frequenti, e si possono osservare qua-si ogni anno.

91. Voi non potete ignorare, tanto è notorio, che quan-do per un luogo dell’emisfero terrestre che ha giorno ac-cade una eclisse totale di Sole, per un altro luogo può lastessa eclisse essere soltanto parziale. Di questo fatto vidarò la ragione valendomi della vicina figura 24.

92. Voi vedete in LC la Luna, in T la Terra; alla lorosinistra lontanissimo vi dovete immaginare il Sole digran lunga più voluminoso che la Terra e la Luna.

La luce che emana da tutto l’emisfero solare rivolto

alla Luna involge quest’ultima, ne lambe il contorno eproduce dietro ad essa un cono d’ombra tanto più allun-gato quanto più la Luna è discosta dal Sole e vicina alla

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re, e producono il magnifico spettacolo di un anello lu-minosissimo che circonda un disco tondo scuro cupo; èl’eclisse solare annulare.

Eclisse di Sole parziale si ha ogni volta che la Lunanon passando esattamente col suo centro sul centro deldisco solare, viene durante il suo passaggio ad occuparedi questo disco solo una porzione più o meno grande:sono le eclissi più frequenti, e si possono osservare qua-si ogni anno.

91. Voi non potete ignorare, tanto è notorio, che quan-do per un luogo dell’emisfero terrestre che ha giorno ac-cade una eclisse totale di Sole, per un altro luogo può lastessa eclisse essere soltanto parziale. Di questo fatto vidarò la ragione valendomi della vicina figura 24.

92. Voi vedete in LC la Luna, in T la Terra; alla lorosinistra lontanissimo vi dovete immaginare il Sole digran lunga più voluminoso che la Terra e la Luna.

La luce che emana da tutto l’emisfero solare rivolto

alla Luna involge quest’ultima, ne lambe il contorno eproduce dietro ad essa un cono d’ombra tanto più allun-gato quanto più la Luna è discosta dal Sole e vicina alla

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Terra.Se la Luna è nella sua maggior vicinanza a noi. il

cono di ombra incontra la Terra formando sulla superfi-cie di questa come una macchia circolare oscura. In tut-to lo spazio occupato da questa macchia non giunge as-solutamente nessun raggio di Sole, e si ha per conse-guenza eclisse totale di Sole. Ma intorno al conod’ombra esiste una zona di mezza luce, che in fisica sichiama penombra; in questa zona (ab), la quale circon-da a guisa d’anello la macchia centrale circolare oscura,una porzione soltanto del disco solare manda i propriiraggi, e quella porzione sola quindi è visibile a chi sitrovi entro di essa zona, per esempio in B11, rimanendo-gli l’altra parte del disco del Sole mascherata da quellooscuro della Luna.

93. La figura 24 rende, come appena s’è visto, chiararagione di quanto succede nelle eclissi solari totali oparziali.

Le circostanze di una eclisse annulare di Sole sonorappresentate dalla figura 25, nella quale si vede che ilcono d’ombra proiettato dalla Luna non giunge colla suapunta a toccare la Terra. Lo spettatore terrestre in Ovede nascosto quel tratto MM' del Sole, che per lui stadietro della Luna, ed è compreso fra le visuali OLM,ODM' radenti il globo lunare; le porzioni SM, S'M' delcorpo solare gli restano tuttavia visibili all’intorno dellaparte centrale nascosta MM' e producono appunto

11 Il luogo B va immaginato entro lo spazio ab, e questo vuolindicare la lineetta che nella figura sta a lato di B.

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Terra.Se la Luna è nella sua maggior vicinanza a noi. il

cono di ombra incontra la Terra formando sulla superfi-cie di questa come una macchia circolare oscura. In tut-to lo spazio occupato da questa macchia non giunge as-solutamente nessun raggio di Sole, e si ha per conse-guenza eclisse totale di Sole. Ma intorno al conod’ombra esiste una zona di mezza luce, che in fisica sichiama penombra; in questa zona (ab), la quale circon-da a guisa d’anello la macchia centrale circolare oscura,una porzione soltanto del disco solare manda i propriiraggi, e quella porzione sola quindi è visibile a chi sitrovi entro di essa zona, per esempio in B11, rimanendo-gli l’altra parte del disco del Sole mascherata da quellooscuro della Luna.

93. La figura 24 rende, come appena s’è visto, chiararagione di quanto succede nelle eclissi solari totali oparziali.

Le circostanze di una eclisse annulare di Sole sonorappresentate dalla figura 25, nella quale si vede che ilcono d’ombra proiettato dalla Luna non giunge colla suapunta a toccare la Terra. Lo spettatore terrestre in Ovede nascosto quel tratto MM' del Sole, che per lui stadietro della Luna, ed è compreso fra le visuali OLM,ODM' radenti il globo lunare; le porzioni SM, S'M' delcorpo solare gli restano tuttavia visibili all’intorno dellaparte centrale nascosta MM' e producono appunto

11 Il luogo B va immaginato entro lo spazio ab, e questo vuolindicare la lineetta che nella figura sta a lato di B.

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quell’anello lucido che è caratteristico di ogni eclisseannulare di Sole.

94. Veniamo ora alle eclissi di Luna.Il lettore si ricorderà aver io già avvertito che le eclis-

si di Luna, mentre non possono accadere che durante lafase del plenilunio, non si verificano però ad ogni pleni-lunio. Il perchè sta ancora nell’inclinazione dell’orbitalunare sulla terrestre e nel moto dei nodi dell’orbita lu-nare.

La Luna può entrare tutta nel cono d’ombra proiettatodalla Terra, quando il nodo dell’orbita lunare per cuipassa al momento del plenilunio si trova vicino all’assedi quel cono; può non entrarvi che in parte, se il nodo neè più lontano; nel primo caso l’eclisse di Luna è totale,nell’altro è parziale.

95. La Luna nelle sue eclissi totali non diventa taloracompletamente invisibile, non si oscura del tutto e si co-lora invece di una tinta rosso-cuprea. Accade ciò spe-cialmente quando essa si trova nelle sue maggiori di-stanze dalla Terra, e di ciò la causa risiede in ultima ana-

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quell’anello lucido che è caratteristico di ogni eclisseannulare di Sole.

94. Veniamo ora alle eclissi di Luna.Il lettore si ricorderà aver io già avvertito che le eclis-

si di Luna, mentre non possono accadere che durante lafase del plenilunio, non si verificano però ad ogni pleni-lunio. Il perchè sta ancora nell’inclinazione dell’orbitalunare sulla terrestre e nel moto dei nodi dell’orbita lu-nare.

La Luna può entrare tutta nel cono d’ombra proiettatodalla Terra, quando il nodo dell’orbita lunare per cuipassa al momento del plenilunio si trova vicino all’assedi quel cono; può non entrarvi che in parte, se il nodo neè più lontano; nel primo caso l’eclisse di Luna è totale,nell’altro è parziale.

95. La Luna nelle sue eclissi totali non diventa taloracompletamente invisibile, non si oscura del tutto e si co-lora invece di una tinta rosso-cuprea. Accade ciò spe-cialmente quando essa si trova nelle sue maggiori di-stanze dalla Terra, e di ciò la causa risiede in ultima ana-

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lisi nell’atmosfera che, come è noto, avvolge da ogniparte il globo terrestre.

I fascii di luce solare che lambono la superficie solidae la oceanica della Terra devono attraversare l’atmosferaterrestre, ma nell’attraversarla vengono, come la fisicainsegna, rifratti, dispersi e in parte assorbiti.

In causa della rifrazione i fasci luminosi abbandona-no il cammino rettilineo che avrebbero dovuto seguire,si inflettono verso l’interno del cono d’ombra, prendonouna direzione nuova per la quale ancor pervengono allasuperficie della Luna che altrimenti non avrebbero rag-giunta più; in causa della dispersione e dell’assorbimen-to non tutti i raggi luminosi diversamente colorati checostituiscono i bianchi fascii solari riescono a raggiun-gere la superficie lunare: alcuni soltanto vi riescono do-tati di colori speciali. È in grazia della rifrazione quindi,prodotta dall’atmosfera terrestre, che i raggi solari rie-scono ad illuminare, sebbene debolmente, la superficiedella Luna anche se immersa nel cono d’ombra dellaTerra; è in grazia della dispersione e dell’assorbimentoprodotti dall’atmosfera terrestre stessa che la superficiedella Luna durante le sue eclissi totali si colora.

96. Una eclisse di Luna è visibile a tutto interoquell’emisfero terrestre che ha la Luna sull’orizzonte,laddove una eclisse di Sole è ristretta a quella parte dellasuperficie terrestre che è occupata ad ogni istantedall’ombra e dalla penombra (fig. 24 e 25).

Durante una eclisse solare l’ombra e la penombra sitrasportano sulla superficie terrestre, e il loro spostarsi è

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lisi nell’atmosfera che, come è noto, avvolge da ogniparte il globo terrestre.

I fascii di luce solare che lambono la superficie solidae la oceanica della Terra devono attraversare l’atmosferaterrestre, ma nell’attraversarla vengono, come la fisicainsegna, rifratti, dispersi e in parte assorbiti.

In causa della rifrazione i fasci luminosi abbandona-no il cammino rettilineo che avrebbero dovuto seguire,si inflettono verso l’interno del cono d’ombra, prendonouna direzione nuova per la quale ancor pervengono allasuperficie della Luna che altrimenti non avrebbero rag-giunta più; in causa della dispersione e dell’assorbimen-to non tutti i raggi luminosi diversamente colorati checostituiscono i bianchi fascii solari riescono a raggiun-gere la superficie lunare: alcuni soltanto vi riescono do-tati di colori speciali. È in grazia della rifrazione quindi,prodotta dall’atmosfera terrestre, che i raggi solari rie-scono ad illuminare, sebbene debolmente, la superficiedella Luna anche se immersa nel cono d’ombra dellaTerra; è in grazia della dispersione e dell’assorbimentoprodotti dall’atmosfera terrestre stessa che la superficiedella Luna durante le sue eclissi totali si colora.

96. Una eclisse di Luna è visibile a tutto interoquell’emisfero terrestre che ha la Luna sull’orizzonte,laddove una eclisse di Sole è ristretta a quella parte dellasuperficie terrestre che è occupata ad ogni istantedall’ombra e dalla penombra (fig. 24 e 25).

Durante una eclisse solare l’ombra e la penombra sitrasportano sulla superficie terrestre, e il loro spostarsi è

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specialmente prodotto dal moto di rotazione della Terra;è tenendo conto di questo moto che gli astronomi posso-no tracciare, anche preventivamente, su di una cartageografica la zona della Terra in cui sono compresi ipaesi che debbono vedere successivamente una dataeclisse di Sole.

97. Vi sarà facile adesso procurarvi una rappresenta-zione in piccolo del fenomeno delle eclissi in generale,mercè una lampadina a globo di vetro e una pallottolabianca. Quella vi raffiguri il Sole e questa la Luna; il vo-stro occhio sia l’osservatore.

Tenete, dapprima, sostenendola con un filo, la pallot-tola tra voi e la lampadina, in modo che la pallottola na-sconda all’occhio vostro il globo di vetro della lampadi-na; poi in un secondo esperimento ritiratevi un po’ lon-tano finchè ad una certa distanza vedrete il globo stessosporger fuori tutto ingiro alla pallottola di cui voi nonvedrete che la parte oscura. Nel primo caso avrete la ri-produzione di una eclisse totale di Sole, nel secondo diuna annulare; potrete, volendo, avere anche la riprodu-zione di una eclisse parziale scostando alquanto a destrao a sinistra la pallottola.

98. Se poi volgerete le spalle alla lampadina e terretela pallottola dinanzi a voi introducendola nell’ombraprodotta dalla vostra testa, la vedrete oscurarsi e divenirquasi invisibile; allora avrete voi stesso prodotto qualco-sa di analogo ad una piccola eclisse di Luna.

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specialmente prodotto dal moto di rotazione della Terra;è tenendo conto di questo moto che gli astronomi posso-no tracciare, anche preventivamente, su di una cartageografica la zona della Terra in cui sono compresi ipaesi che debbono vedere successivamente una dataeclisse di Sole.

97. Vi sarà facile adesso procurarvi una rappresenta-zione in piccolo del fenomeno delle eclissi in generale,mercè una lampadina a globo di vetro e una pallottolabianca. Quella vi raffiguri il Sole e questa la Luna; il vo-stro occhio sia l’osservatore.

Tenete, dapprima, sostenendola con un filo, la pallot-tola tra voi e la lampadina, in modo che la pallottola na-sconda all’occhio vostro il globo di vetro della lampadi-na; poi in un secondo esperimento ritiratevi un po’ lon-tano finchè ad una certa distanza vedrete il globo stessosporger fuori tutto ingiro alla pallottola di cui voi nonvedrete che la parte oscura. Nel primo caso avrete la ri-produzione di una eclisse totale di Sole, nel secondo diuna annulare; potrete, volendo, avere anche la riprodu-zione di una eclisse parziale scostando alquanto a destrao a sinistra la pallottola.

98. Se poi volgerete le spalle alla lampadina e terretela pallottola dinanzi a voi introducendola nell’ombraprodotta dalla vostra testa, la vedrete oscurarsi e divenirquasi invisibile; allora avrete voi stesso prodotto qualco-sa di analogo ad una piccola eclisse di Luna.

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§ III.Distanza, forma, dimensioni della Luna, e

particolarità della sua superficie.

99. La Luna è tanto vicina alla Terra che chiunquepuò, anche ad occhio nudo, notare delle disuguaglianzedi splendore sul suo disco illuminato, e con un cannoc-chiale comune può anche osservare, quando non è pie-na, che la linea la quale separa sovr’essa la parte lumi-nosa dalla oscura è assai irregolare e quasi dentellata.

In vero nessun altro corpo celeste, se non le stelle ca-denti, ove vogliansi considerare come tali, è così vicinoalla Terra quanto la Luna.

100. La sua distanza da noi è circa 1/400 di quella delSole; sicchè mentre il grande astro dal quale ci vieneluce, calore e vita, dista da noi in media circa 150 milio-ni di chilometri (press’a poco 12 mila diametri terrestri)la Luna dista solamente 384 mila chilometri in media, o30 diametri terrestri.

Questa distanza, paragonata a quelle alle quali l’uomopuò giungere colla sua vista alla superficie della Terra, èancora enorme; tuttavia la superficie della Luna è cosìirregolare e variata, che un buon cannocchiale ci mettein grado di discernere sovr’essa distintamente i monti, egli avvallamenti, e tutti quegli altri accidenti del suosuolo ai quali volgarmente si dà il nome di macchie.

Son queste macchie quelle che fan di Caino favoleg-giare altrui, e che già negli antichi tempi suggerirono

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§ III.Distanza, forma, dimensioni della Luna, e

particolarità della sua superficie.

99. La Luna è tanto vicina alla Terra che chiunquepuò, anche ad occhio nudo, notare delle disuguaglianzedi splendore sul suo disco illuminato, e con un cannoc-chiale comune può anche osservare, quando non è pie-na, che la linea la quale separa sovr’essa la parte lumi-nosa dalla oscura è assai irregolare e quasi dentellata.

In vero nessun altro corpo celeste, se non le stelle ca-denti, ove vogliansi considerare come tali, è così vicinoalla Terra quanto la Luna.

100. La sua distanza da noi è circa 1/400 di quella delSole; sicchè mentre il grande astro dal quale ci vieneluce, calore e vita, dista da noi in media circa 150 milio-ni di chilometri (press’a poco 12 mila diametri terrestri)la Luna dista solamente 384 mila chilometri in media, o30 diametri terrestri.

Questa distanza, paragonata a quelle alle quali l’uomopuò giungere colla sua vista alla superficie della Terra, èancora enorme; tuttavia la superficie della Luna è cosìirregolare e variata, che un buon cannocchiale ci mettein grado di discernere sovr’essa distintamente i monti, egli avvallamenti, e tutti quegli altri accidenti del suosuolo ai quali volgarmente si dà il nome di macchie.

Son queste macchie quelle che fan di Caino favoleg-giare altrui, e che già negli antichi tempi suggerirono

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l’idea di rappresentare la Luna con una faccia umana12.101. Nelle eclissi di Sole e nella fase del plenilunio

abbiamo potuto accertarci che la Luna è un corpo roton-do; la misura diretta ci apprende che il suo diametro ap-parente, l’angolo cioè che le visuali condotte dall’occhioai punti estremi di un diametro della Luna formano fraloro, è in media quasi eguale a quello del Sole.

Con questi dati, conoscendo il rapporto delle distanze12 Giova soffermarsi un momento sulla distanza che separa la

Terra dalla Luna, perchè da essa può trarsi un concetto concreto epraticamente utilissimo delle dimensioni degli oggetti più piccoliche ancora si possono distinguere sulla Luna.

Alla distanza di cui trattasi, un angolo ampio un minuto secon-do d’arco abbraccia coi suoi lati, sottende, 1803 metri. Un secon-do d’arco d’altra parte equivale a 1:1865 del diametro apparentelunare ed è all’occhio nudo assolutamente invisibile; 1863 metrirappresentano quindi una dimensione lineare che è molto mamolto al disotto di ciò che il nostro occhio nudo può ancora di-stinguere sulla Luna.

È vero che noi abbiamo i cannocchiali, i quali aumentanod’assai la potenza dell’occhio, ma non l’aumentano oltre un certolimite. Col più potente dei cannocchiali d’oggi giorno si distingueun oggetto sulla Luna solo se esso abbia in ogni direzione dimen-sioni di almeno 320 metri, se ne riconosce la forma solo nel casoche esso in ogni direzione misuri 641 metri almeno. Sono questi inumeri che oggi segnano l’ultimo limite dell’ancora visibile e di-scernibile sulla superficie lunare, ed in massima si può ritenereche quanto sulla Luna appare con forma distinta misura in ognidirezione circa un chilometro.

È già molto, ma siamo ben lontani dalle dimensioni degli ultimidettagli che sulla Terra misuriamo ancora direttamente. Quante eimportanti cose della Terra ci sfuggirebbero se dalla Luna avessi-mo a guardarle sia pure col più potente dei nostri cannocchiali!

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l’idea di rappresentare la Luna con una faccia umana12.101. Nelle eclissi di Sole e nella fase del plenilunio

abbiamo potuto accertarci che la Luna è un corpo roton-do; la misura diretta ci apprende che il suo diametro ap-parente, l’angolo cioè che le visuali condotte dall’occhioai punti estremi di un diametro della Luna formano fraloro, è in media quasi eguale a quello del Sole.

Con questi dati, conoscendo il rapporto delle distanze12 Giova soffermarsi un momento sulla distanza che separa la

Terra dalla Luna, perchè da essa può trarsi un concetto concreto epraticamente utilissimo delle dimensioni degli oggetti più piccoliche ancora si possono distinguere sulla Luna.

Alla distanza di cui trattasi, un angolo ampio un minuto secon-do d’arco abbraccia coi suoi lati, sottende, 1803 metri. Un secon-do d’arco d’altra parte equivale a 1:1865 del diametro apparentelunare ed è all’occhio nudo assolutamente invisibile; 1863 metrirappresentano quindi una dimensione lineare che è molto mamolto al disotto di ciò che il nostro occhio nudo può ancora di-stinguere sulla Luna.

È vero che noi abbiamo i cannocchiali, i quali aumentanod’assai la potenza dell’occhio, ma non l’aumentano oltre un certolimite. Col più potente dei cannocchiali d’oggi giorno si distingueun oggetto sulla Luna solo se esso abbia in ogni direzione dimen-sioni di almeno 320 metri, se ne riconosce la forma solo nel casoche esso in ogni direzione misuri 641 metri almeno. Sono questi inumeri che oggi segnano l’ultimo limite dell’ancora visibile e di-scernibile sulla superficie lunare, ed in massima si può ritenereche quanto sulla Luna appare con forma distinta misura in ognidirezione circa un chilometro.

È già molto, ma siamo ben lontani dalle dimensioni degli ultimidettagli che sulla Terra misuriamo ancora direttamente. Quante eimportanti cose della Terra ci sfuggirebbero se dalla Luna avessi-mo a guardarle sia pure col più potente dei nostri cannocchiali!

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del Sole e della Luna da noi, si potrebbe, se non vi fos-sero metodi più rigorosi, calcolare il diametro reale del-la Luna; diametro uguale a 3482 chilometri, un poco piùche un quarto (0,273) di quello della Terra. E’ ci vuolequindi 50 volte circa il volume della Luna per formareun globo grande come la Terra.

102. L’osservazione del disco della Luna ci autorizzacome ho detto a ritenere sferica la forma del globo luna-re. Tale possiamo ritenere almeno quella porzione diesso globo che vediamo; porzione limitata, poichè laLuna rivolge alla Terra un istesso emisfero per tutto ilcorso di ogni sua rivoluzione.

Che la cosa sia così, chiunque può accertarsenecoll’ispezione degli accidenti della superficie lunare, iquali sono sempre i medesimi e sempre sensibilmenteall’istesso posto rispetto al centro di figura del disco.L’emisfero opposto non diventa mai per noi visibile, enoi ne ignoriamo la forma e le particolarità; solamenteper analogia siamo indotti ad arguire che esso sia similea quello costantemente rivolto verso di noi.

103. Accertato questo fatto, ne segue naturalmentequale sia la durata della rotazione della Luna intorno alsuo asse.

La Luna ruota intorno ad un suo asse così come laTerra, ma a compiere una rotazione impiega molto mag-gior tempo, impiega cioè tutto il tempo che essa impiegaa compiere una rivoluzione intorno a noi.

A persuadersene basta considerare che essa nel pleni-lunio rivolge al Sole l’emisfero stesso che noi vediamo;

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del Sole e della Luna da noi, si potrebbe, se non vi fos-sero metodi più rigorosi, calcolare il diametro reale del-la Luna; diametro uguale a 3482 chilometri, un poco piùche un quarto (0,273) di quello della Terra. E’ ci vuolequindi 50 volte circa il volume della Luna per formareun globo grande come la Terra.

102. L’osservazione del disco della Luna ci autorizzacome ho detto a ritenere sferica la forma del globo luna-re. Tale possiamo ritenere almeno quella porzione diesso globo che vediamo; porzione limitata, poichè laLuna rivolge alla Terra un istesso emisfero per tutto ilcorso di ogni sua rivoluzione.

Che la cosa sia così, chiunque può accertarsenecoll’ispezione degli accidenti della superficie lunare, iquali sono sempre i medesimi e sempre sensibilmenteall’istesso posto rispetto al centro di figura del disco.L’emisfero opposto non diventa mai per noi visibile, enoi ne ignoriamo la forma e le particolarità; solamenteper analogia siamo indotti ad arguire che esso sia similea quello costantemente rivolto verso di noi.

103. Accertato questo fatto, ne segue naturalmentequale sia la durata della rotazione della Luna intorno alsuo asse.

La Luna ruota intorno ad un suo asse così come laTerra, ma a compiere una rotazione impiega molto mag-gior tempo, impiega cioè tutto il tempo che essa impiegaa compiere una rivoluzione intorno a noi.

A persuadersene basta considerare che essa nel pleni-lunio rivolge al Sole l’emisfero stesso che noi vediamo;

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che nel novilunio al Sole rivolge invece l’emisfero pernoi sempre invisibile. Uno spettatore collocato nel Solevedrebbe quindi successivamente, nella durata di una lu-nazione, passare davanti a sè una volta tutte le regionidella Luna, o, in altri termini, vedrebbe girare la Lunauna volta intorno a sè medesima.

104. Se volete convincervi ancor meglio di questofatto importante, fate una prova sopra voi medesimo,nella vostra camera. Ponetevi verso il mezzo di essa, egirate sopra voi stesso; voi ne vedrete successivamentele quattro pareti. Ebbene, le vedrete del pari se girereteintorno al tavolo che della camera occupa la parte cen-trale, tenendo sempre la faccia rivolta ad un oggetto po-sto in mezzo ad esso. Quest’ultima esperienza paragona-ta con la prima, vi persuaderà che voi realmente nelcompiere un giro intorno al tavolo, avete pure ruotatouna volta sopra voi stesso. Voi avete fatto intorno aquell’oggetto, posto sul tavolo, quello che fa la Luna in-torno alla Terra.

La Luna compie dunque una rotazione nello stessotempo che impiega a fare una rivoluzione.

105. Sull’emisfero lunare, che, come ho detto, è sem-pre rivolto a noi, si osservano degli spazii oscuri, deglispazii luminosi, e qua e là dei punti brillanti.

Gli spazii oscuri, grazie all’aspetto loro, per gran tem-po si credettero mari, laghi, seni, paludi, e come tali ri-cevettero nomi diversi quali: mare degli Umori, maredelle Crisi, mare della Serenità, mare delle Pioggie, lagodella Morte, seno delle Epidemie, palude del Sonno,

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che nel novilunio al Sole rivolge invece l’emisfero pernoi sempre invisibile. Uno spettatore collocato nel Solevedrebbe quindi successivamente, nella durata di una lu-nazione, passare davanti a sè una volta tutte le regionidella Luna, o, in altri termini, vedrebbe girare la Lunauna volta intorno a sè medesima.

104. Se volete convincervi ancor meglio di questofatto importante, fate una prova sopra voi medesimo,nella vostra camera. Ponetevi verso il mezzo di essa, egirate sopra voi stesso; voi ne vedrete successivamentele quattro pareti. Ebbene, le vedrete del pari se girereteintorno al tavolo che della camera occupa la parte cen-trale, tenendo sempre la faccia rivolta ad un oggetto po-sto in mezzo ad esso. Quest’ultima esperienza paragona-ta con la prima, vi persuaderà che voi realmente nelcompiere un giro intorno al tavolo, avete pure ruotatouna volta sopra voi stesso. Voi avete fatto intorno aquell’oggetto, posto sul tavolo, quello che fa la Luna in-torno alla Terra.

La Luna compie dunque una rotazione nello stessotempo che impiega a fare una rivoluzione.

105. Sull’emisfero lunare, che, come ho detto, è sem-pre rivolto a noi, si osservano degli spazii oscuri, deglispazii luminosi, e qua e là dei punti brillanti.

Gli spazii oscuri, grazie all’aspetto loro, per gran tem-po si credettero mari, laghi, seni, paludi, e come tali ri-cevettero nomi diversi quali: mare degli Umori, maredelle Crisi, mare della Serenità, mare delle Pioggie, lagodella Morte, seno delle Epidemie, palude del Sonno,

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nomi che sussistono ancora sulle moderne carte lunari13.Questa opinione, che attribuisce le macchie scure lu-

nari a masse liquide, persistette finchè la potenza deglistrumenti non constatò la natura rigida delle macchiestesse, e finchè altre osservazioni non persuasero che laLuna non ha atmosfera sensibile, e non può quindi averealla sua superficie acqua o liquidi di sorta14. L’acqua ed

13 Queste macchie più o meno oscure, mari, laghi, seni, paludi,occupano circa i due quinti dell’emisfero lunare per noi visìbile:sono più numerose ad est ed a nord, meno nelle parti centrali everso ovest, mancano affatto nelle alte latitudini meridionali dellaLuna.

Il lettore che fosse vago di meglio conoscere i dettagli delleconfigurazioni diverse della superficie lunare potrebbe con profit-to consultare l’Atlante Astronomico (2ª edizione) edito da UlricoHoepli in Milano.

14 Oggi così stanno realmente le cose, ma non è a pensare checosì siano sempre state. Acqua e atmosfera sono esistite sullaLuna in epoche di molto anteriori alla nostra, e sembra anzi che inun’epoca lontana, posteriore però al primo consolidarsi della su-perficie lunare, siavi sulla Luna stata un’atmosfera di grande den-sità. Alla sparizione sua seguì necessariamente un grande abbas-samento della temperatura media lunare, abbassamento generale,indipendente dalla irradiazione del Sole, e del quale possiamo far-ci un concetto adeguato pensando a quello che esperimentiamosulla Terra nel passare dal livello del mare alle sommità dellemaggiori montagne.

Tale raffreddamento, quantunque esteso al globo intiero dellaLuna, deve essere stato diverso nelle diverse zone di latitudine.La zona equatoriale della Luna deve essersi in conseguenza diesso raffreddata incomparabilmente più che non le calotte polari,deve essere quindi stata soggetta a contrazioni che ne hanno ab-bassato il livello, e che hanno prodotto un fluire verso l’equatore

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nomi che sussistono ancora sulle moderne carte lunari13.Questa opinione, che attribuisce le macchie scure lu-

nari a masse liquide, persistette finchè la potenza deglistrumenti non constatò la natura rigida delle macchiestesse, e finchè altre osservazioni non persuasero che laLuna non ha atmosfera sensibile, e non può quindi averealla sua superficie acqua o liquidi di sorta14. L’acqua ed

13 Queste macchie più o meno oscure, mari, laghi, seni, paludi,occupano circa i due quinti dell’emisfero lunare per noi visìbile:sono più numerose ad est ed a nord, meno nelle parti centrali everso ovest, mancano affatto nelle alte latitudini meridionali dellaLuna.

Il lettore che fosse vago di meglio conoscere i dettagli delleconfigurazioni diverse della superficie lunare potrebbe con profit-to consultare l’Atlante Astronomico (2ª edizione) edito da UlricoHoepli in Milano.

14 Oggi così stanno realmente le cose, ma non è a pensare checosì siano sempre state. Acqua e atmosfera sono esistite sullaLuna in epoche di molto anteriori alla nostra, e sembra anzi che inun’epoca lontana, posteriore però al primo consolidarsi della su-perficie lunare, siavi sulla Luna stata un’atmosfera di grande den-sità. Alla sparizione sua seguì necessariamente un grande abbas-samento della temperatura media lunare, abbassamento generale,indipendente dalla irradiazione del Sole, e del quale possiamo far-ci un concetto adeguato pensando a quello che esperimentiamosulla Terra nel passare dal livello del mare alle sommità dellemaggiori montagne.

Tale raffreddamento, quantunque esteso al globo intiero dellaLuna, deve essere stato diverso nelle diverse zone di latitudine.La zona equatoriale della Luna deve essersi in conseguenza diesso raffreddata incomparabilmente più che non le calotte polari,deve essere quindi stata soggetta a contrazioni che ne hanno ab-bassato il livello, e che hanno prodotto un fluire verso l’equatore

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ogni altro liquido sotto l’azione del calore solare si con-vertirebbe infatti in vapore, e questo finirebbe per for-mare intorno alla Luna, quello che non esiste, una spe-cie di atmosfera cioè.

A dir vero, alcuni pretendono che attorno alla Lunaun’atmosfera ancora vi sia, tanto bassa da occupare sol-tanto le depressioni e le profonde cavità del suolo, maquesta per il momento è una congettura e nulla più.

106. Se voi osservate la Luna con un telescopio od uncannocchiale capace di un sufficiente ingrandimento,vedrete non solo le parti sue oscure, quali più qualimeno, scabre ed irregolari, ma vedrete ancora le partiluminose, quelle che da tempo si ritengono continenti,disseminate di montagne circolari, intersecate da cateneo serie di monti molto alti relativamente alle altre di-mensioni lunari.

Quelle montagne circolari sembrano vulcani o megliocrateri di vulcani estinti, e molte di esse hanno tali di-mensioni in larghezza da non trovar riscontro nei crateriterrestri, anche i più giganteschi.

Spesso dal centro dei crateri lunari s’ergono dei pic-chi altissimi le cui vette brillano di una luce più viva di

delle masse liquide allora ancora esistenti nelle alte latitudini lu-nari.

Tutto questo è confermato dai fatti. Da tempo fu osservata sullaLuna la preponderanza dei così detti mari nelle basse latitudini, ela sommersione parziale delle montagne della regione equatoria-le. Le fotografie lunari mostrano oggi in gran numero le traccie diantiche correnti superficiali dirette nei due emisferi dai poli versol’equatore.

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ogni altro liquido sotto l’azione del calore solare si con-vertirebbe infatti in vapore, e questo finirebbe per for-mare intorno alla Luna, quello che non esiste, una spe-cie di atmosfera cioè.

A dir vero, alcuni pretendono che attorno alla Lunaun’atmosfera ancora vi sia, tanto bassa da occupare sol-tanto le depressioni e le profonde cavità del suolo, maquesta per il momento è una congettura e nulla più.

106. Se voi osservate la Luna con un telescopio od uncannocchiale capace di un sufficiente ingrandimento,vedrete non solo le parti sue oscure, quali più qualimeno, scabre ed irregolari, ma vedrete ancora le partiluminose, quelle che da tempo si ritengono continenti,disseminate di montagne circolari, intersecate da cateneo serie di monti molto alti relativamente alle altre di-mensioni lunari.

Quelle montagne circolari sembrano vulcani o megliocrateri di vulcani estinti, e molte di esse hanno tali di-mensioni in larghezza da non trovar riscontro nei crateriterrestri, anche i più giganteschi.

Spesso dal centro dei crateri lunari s’ergono dei pic-chi altissimi le cui vette brillano di una luce più viva di

delle masse liquide allora ancora esistenti nelle alte latitudini lu-nari.

Tutto questo è confermato dai fatti. Da tempo fu osservata sullaLuna la preponderanza dei così detti mari nelle basse latitudini, ela sommersione parziale delle montagne della regione equatoria-le. Le fotografie lunari mostrano oggi in gran numero le traccie diantiche correnti superficiali dirette nei due emisferi dai poli versol’equatore.

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quella che domina sulle parti circostanti. Spesso le mag-giori cavità chiuse da circuiti montuosi e che ebbero ilnome di circhi, misurano 100 e più chilometri di diame-tro; l’altezza di alcuni picchi fu trovata di 5500, di 6000e persino di 7600 metri.

Nulla prova che i monti della Luna e le vallate cheessi includono fra le loro balze sieno rivestite di vegeta-zione come sulla nostra Terra; gli uni e le altre appaionoaffatto brulle, aride, deserte, e cotesto aspetto, per cosìdire, desolato è comune a tutta la superficie del suolodella Luna15.

15 La parte della Luna, che appare all’occhio più luminosa, èquasi senza eccezione aspra, disuguale, seminata di altissime mon-tagne, variamente aggruppate, e in generale addossate le une allealtre senz’ordine apparente. Queste montagne hanno contorni piùerti e più frastagliati delle nostre, e la loro struttura dirupatissimadimostra essa pure la mancanza assoluta di acqua sulla superficielunare. Manca su questa l’azione della grande livellatrice terre-stre, ossia dell’acqua, e nelle montagne lunari non s’incontranonè dolci pendìi, nè passaggi blandi da uno ad altro piano: tutto inesse procede a salti bruschi e scoscesi.

Nè le montagne però, nè i mari costituiscono il vero dettaglio ti-pico e caratteristico della superficie visibile lunare; esso sta neicrateri.

I maggiori o circhi hanno 89, 100, perfin 200 chilometri di dia-metro: hanno struttura complessa, e si direbbero antichi craterisconvolti da un cataclisma. Più numerosi sono i crateri di dimen-sioni medie, i cui diametri vanno da 15 a 40 a 60 chilom., e neiquali la forma è più regolare di quella che riscontrasi nei circhi.Innumerevoli invece, regolari di forma, sparsi per ogni dove sonoi crateri piccoli, con diametri minori di 15 chilometri; si opina cheil numero loro superi i 100 mila, e se ne hanno in catalogo già più

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quella che domina sulle parti circostanti. Spesso le mag-giori cavità chiuse da circuiti montuosi e che ebbero ilnome di circhi, misurano 100 e più chilometri di diame-tro; l’altezza di alcuni picchi fu trovata di 5500, di 6000e persino di 7600 metri.

Nulla prova che i monti della Luna e le vallate cheessi includono fra le loro balze sieno rivestite di vegeta-zione come sulla nostra Terra; gli uni e le altre appaionoaffatto brulle, aride, deserte, e cotesto aspetto, per cosìdire, desolato è comune a tutta la superficie del suolodella Luna15.

15 La parte della Luna, che appare all’occhio più luminosa, èquasi senza eccezione aspra, disuguale, seminata di altissime mon-tagne, variamente aggruppate, e in generale addossate le une allealtre senz’ordine apparente. Queste montagne hanno contorni piùerti e più frastagliati delle nostre, e la loro struttura dirupatissimadimostra essa pure la mancanza assoluta di acqua sulla superficielunare. Manca su questa l’azione della grande livellatrice terre-stre, ossia dell’acqua, e nelle montagne lunari non s’incontranonè dolci pendìi, nè passaggi blandi da uno ad altro piano: tutto inesse procede a salti bruschi e scoscesi.

Nè le montagne però, nè i mari costituiscono il vero dettaglio ti-pico e caratteristico della superficie visibile lunare; esso sta neicrateri.

I maggiori o circhi hanno 89, 100, perfin 200 chilometri di dia-metro: hanno struttura complessa, e si direbbero antichi craterisconvolti da un cataclisma. Più numerosi sono i crateri di dimen-sioni medie, i cui diametri vanno da 15 a 40 a 60 chilom., e neiquali la forma è più regolare di quella che riscontrasi nei circhi.Innumerevoli invece, regolari di forma, sparsi per ogni dove sonoi crateri piccoli, con diametri minori di 15 chilometri; si opina cheil numero loro superi i 100 mila, e se ne hanno in catalogo già più

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107. La fig. 26 rappresenta il circo o cratere lunare, alquale si suol dare il nome Copernico, e che è uno deipiù belli della sua specie. Intorno ad esso è disseminatauna quantità di crateri minori; di piccolissimi ve n’hauna moltitudine16.

di 32 mila.16 Intorno al cratere lunare Copernico si osservano rughe ca-

ratteristiche, specie di solchi o scanalature sottili e lunghe. Questisolchi, scanalature o cordoni che dire si vogliano esistono in varieparti della superficie lunare, e si prolungano generalmente in li-nea retta.

La loro lunghezza raggiunge talora i 100 chilometri, la larghez-za non supera mai i 2000 metri: i loro bordi sono frastagliati escoscesi. Si arrestano generalmente ai contorni dei crateri, e solorare volte attraversano questi ultimi. Si svolgono in generale iso-lati; eccezionalmente convergono, si incontrano e nel punto di in-contro formano un intreccio molto complesso. A Luna piena ap-paiono luminosi e brillanti; durante le fasi lunari sembrano oscuri,in causa dell’ombra proiettata sul fondo loro dai bordi scoscesi ea ripida scarpa.

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107. La fig. 26 rappresenta il circo o cratere lunare, alquale si suol dare il nome Copernico, e che è uno deipiù belli della sua specie. Intorno ad esso è disseminatauna quantità di crateri minori; di piccolissimi ve n’hauna moltitudine16.

di 32 mila.16 Intorno al cratere lunare Copernico si osservano rughe ca-

ratteristiche, specie di solchi o scanalature sottili e lunghe. Questisolchi, scanalature o cordoni che dire si vogliano esistono in varieparti della superficie lunare, e si prolungano generalmente in li-nea retta.

La loro lunghezza raggiunge talora i 100 chilometri, la larghez-za non supera mai i 2000 metri: i loro bordi sono frastagliati escoscesi. Si arrestano generalmente ai contorni dei crateri, e solorare volte attraversano questi ultimi. Si svolgono in generale iso-lati; eccezionalmente convergono, si incontrano e nel punto di in-contro formano un intreccio molto complesso. A Luna piena ap-paiono luminosi e brillanti; durante le fasi lunari sembrano oscuri,in causa dell’ombra proiettata sul fondo loro dai bordi scoscesi ea ripida scarpa.

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108. Immaginatevi pertanto un mondo senza acqua, eperciò senza nuvole che ne proteggano il suolo dagli in-fuocati raggi del Sole, senza rugiada che lo abbeverinelle lunghe notti, senza pioggie nè nevi, senza fiumi nèrivi; un mondo senza atmosfera, e quindi senza crepu-scoli, nel quale repentinamente si passa dalla luce piùviva alle tenebre più cupe, nel quale nessuno strato at-mosferico colora colle belle tinte d’oro e di porpora leaurore ed i tramonti; un mondo immerso in un eterno si-lenzio, perchè senz’aria veicolo del suono; un mondo su

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108. Immaginatevi pertanto un mondo senza acqua, eperciò senza nuvole che ne proteggano il suolo dagli in-fuocati raggi del Sole, senza rugiada che lo abbeverinelle lunghe notti, senza pioggie nè nevi, senza fiumi nèrivi; un mondo senza atmosfera, e quindi senza crepu-scoli, nel quale repentinamente si passa dalla luce piùviva alle tenebre più cupe, nel quale nessuno strato at-mosferico colora colle belle tinte d’oro e di porpora leaurore ed i tramonti; un mondo immerso in un eterno si-lenzio, perchè senz’aria veicolo del suono; un mondo su

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cui ad ogni passo non s’incontrano che tracce di tremen-de commozioni, e di eruzioni vulcaniche, e di spavente-voli cataclismi. Tale è la Luna17.

17 Antica e non meno attraente è la quistione se un globo qualeè la Luna sia abitato ed abitabile.

Senza atmosfera e senz’acqua certo si è che vita o animale o ve-getale analoga a quella della Terra è assolutamente inconcepibile.Questo però non vuol dire ancora che la Luna sia un mondo spen-to o assolutamente privo d’ogni vita, presa questa parola nel suosignificato più vasto e vero.

La vita è varia, multiforme nel suo svolgersi, nè dalla vita sullaTerra può arguirsi con sicurezza la vita nel cosmos. Sulla Terrastessa la vita ha preso nelle diverse età geologiche forme intera-mente diverse, ed ancora oggi nessuna mente, che non fosse gui-data dall’osservazione dei fatti, potrebbe concepire tutte le formesotto le quali la vita terrestre si mostra, e dalle condizioni di essasui continenti ideare la vita quale si svolge nelle profonditàdell’Oceano, o dalla vita umana arguire le strane e mirabili e rapi-de trasformazioni per le quali passa quella di un insetto.

Non è impossibile quindi che anche sulla Luna una certa vitapossa esservi, ma se vita esiste, essa ha certissimamente forme di-verse dalle vite che hanno soggiorno in Terra, forme inoltre chenoi non possiamo intuire.

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cui ad ogni passo non s’incontrano che tracce di tremen-de commozioni, e di eruzioni vulcaniche, e di spavente-voli cataclismi. Tale è la Luna17.

17 Antica e non meno attraente è la quistione se un globo qualeè la Luna sia abitato ed abitabile.

Senza atmosfera e senz’acqua certo si è che vita o animale o ve-getale analoga a quella della Terra è assolutamente inconcepibile.Questo però non vuol dire ancora che la Luna sia un mondo spen-to o assolutamente privo d’ogni vita, presa questa parola nel suosignificato più vasto e vero.

La vita è varia, multiforme nel suo svolgersi, nè dalla vita sullaTerra può arguirsi con sicurezza la vita nel cosmos. Sulla Terrastessa la vita ha preso nelle diverse età geologiche forme intera-mente diverse, ed ancora oggi nessuna mente, che non fosse gui-data dall’osservazione dei fatti, potrebbe concepire tutte le formesotto le quali la vita terrestre si mostra, e dalle condizioni di essasui continenti ideare la vita quale si svolge nelle profonditàdell’Oceano, o dalla vita umana arguire le strane e mirabili e rapi-de trasformazioni per le quali passa quella di un insetto.

Non è impossibile quindi che anche sulla Luna una certa vitapossa esservi, ma se vita esiste, essa ha certissimamente forme di-verse dalle vite che hanno soggiorno in Terra, forme inoltre chenoi non possiamo intuire.

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CAPITOLO TERZOIl Sistema solare.

§ I.Idea generale.

109. Finora non abbiamo considerato che la Terra, ilSole e la Luna.

Abbiamo veduto che la Terra gira intorno al Sole, de-scrivendo nello spazio un’orbita chiusa, quasi un circoloperielio, e tutta percorrendola in un anno.

Nello spazio, a grandi distanze gli uni dagli altri, esi-stono altri corpi simili alla Terra; vengon detti pianeti,ed essi pure girano quasi circolarmente intorno al Sole,e descrivono orbite i cui piani pochissimo si discostanodal piano dell’orbita terrestre.

L’insieme della Terra e dei pianeti forma col Sole,centro comune delle loro rivoluzioni, ciò che si dice Si-stema planetario18, del quale una immagine approssima-tiva si ha nella figura 27.

110. Il grosso punto che in questa fig. 27 segna il cen-tro di tutti i circoli rappresenta il Sole; il più piccolo dei

18 La Terra è uno dei pianeti; attorno al Sole, oltre i pianeti, gi-rano, altri corpi di cui si dirà in seguito: Il Sole, i pianeti, i rima-nenti corpi aggirantisi attorno al Sole costituiscono, presi nel loroinsieme, il Sistema solare.

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CAPITOLO TERZOIl Sistema solare.

§ I.Idea generale.

109. Finora non abbiamo considerato che la Terra, ilSole e la Luna.

Abbiamo veduto che la Terra gira intorno al Sole, de-scrivendo nello spazio un’orbita chiusa, quasi un circoloperielio, e tutta percorrendola in un anno.

Nello spazio, a grandi distanze gli uni dagli altri, esi-stono altri corpi simili alla Terra; vengon detti pianeti,ed essi pure girano quasi circolarmente intorno al Sole,e descrivono orbite i cui piani pochissimo si discostanodal piano dell’orbita terrestre.

L’insieme della Terra e dei pianeti forma col Sole,centro comune delle loro rivoluzioni, ciò che si dice Si-stema planetario18, del quale una immagine approssima-tiva si ha nella figura 27.

110. Il grosso punto che in questa fig. 27 segna il cen-tro di tutti i circoli rappresenta il Sole; il più piccolo dei

18 La Terra è uno dei pianeti; attorno al Sole, oltre i pianeti, gi-rano, altri corpi di cui si dirà in seguito: Il Sole, i pianeti, i rima-nenti corpi aggirantisi attorno al Sole costituiscono, presi nel loroinsieme, il Sistema solare.

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circoli rappresenta l’orbita del pianeta più vicino alSole, pianeta che si chiama Mercurio; il secondo circo-lo, che è concentrico al primo ed inoltre lo abbraccia, èquello descritto dal pianeta Venere.

I due pianeti Mercurio e Venere si chiamano pianetiinteriori (od anche inferiori) perchè sono più vicini alSole che la Terra, e le loro orbite sono chiuse dentrol’orbita descritta da questa.

Sempre nella fig. 27 voi vedrete l’orbita della Terranel terzo circolo che incontrate a partire dal centro. LaTerra è figurata su essa orbita da un punto; intorno aquesto punto un altro circolo estremamente piccolo (tut-tavia molto più grande di quello che in proporzione do-vrebbe essere) rappresenta l’orbita della Luna; già sap-piamo infatti che la Luna gira intorno alla Terra e nonintorno al Sole.

111. I circoli orbitali della fig. 27 aventi diametrimaggiori di quello della Terra appartengono a pianeti iquali distano dal Sole più che la Terra, e vengono perciò appunto detti pianeti esteriori (od anche superiori).Voi leggerete facilmente sulla figura successivamente inomi di Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno; sonoscritti secondo l’ordine della loro distanza crescente dalSole, e sono i principali dei pianeti superiori finora co-nosciuti.

Tra le orbite di Marte e di Giove sulla all’occhio unazona risultante da molti circoli vicinissimi fra loro; conquesti circoli s’intende di rappresentare le orbite degliasteroidi o piccoli pianeti, i quali nella plaga dello spa-

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circoli rappresenta l’orbita del pianeta più vicino alSole, pianeta che si chiama Mercurio; il secondo circo-lo, che è concentrico al primo ed inoltre lo abbraccia, èquello descritto dal pianeta Venere.

I due pianeti Mercurio e Venere si chiamano pianetiinteriori (od anche inferiori) perchè sono più vicini alSole che la Terra, e le loro orbite sono chiuse dentrol’orbita descritta da questa.

Sempre nella fig. 27 voi vedrete l’orbita della Terranel terzo circolo che incontrate a partire dal centro. LaTerra è figurata su essa orbita da un punto; intorno aquesto punto un altro circolo estremamente piccolo (tut-tavia molto più grande di quello che in proporzione do-vrebbe essere) rappresenta l’orbita della Luna; già sap-piamo infatti che la Luna gira intorno alla Terra e nonintorno al Sole.

111. I circoli orbitali della fig. 27 aventi diametrimaggiori di quello della Terra appartengono a pianeti iquali distano dal Sole più che la Terra, e vengono perciò appunto detti pianeti esteriori (od anche superiori).Voi leggerete facilmente sulla figura successivamente inomi di Marte, Giove, Saturno, Urano e Nettuno; sonoscritti secondo l’ordine della loro distanza crescente dalSole, e sono i principali dei pianeti superiori finora co-nosciuti.

Tra le orbite di Marte e di Giove sulla all’occhio unazona risultante da molti circoli vicinissimi fra loro; conquesti circoli s’intende di rappresentare le orbite degliasteroidi o piccoli pianeti, i quali nella plaga dello spa-

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zio considerata e in numero stragrande si aggirano intor-no al Sole. Sono talmente piccoli questi asteroidi, che,tutti agglomerati insieme, non riuscirebbero a fare unamassa uguale a quella del più piccolo fra i pianeti sopraindicati, nè il loro grande numero basta a compensarel’esiguità dei loro corpi.

112. Intorno ai pianeti Giove, Saturno, Urano e Nettu-no sono nella fig. 27, tracciati alcuni piccoli circoli.Questi rappresentano (in proporzione molto esagerata ri-spetto al resto della figura) le orbite delle lune o dei sa-telliti rispettivi di quei pianeti; satelliti che intorno alproprio pianeta si aggirano così come la Luna si aggiraintorno alla Terra.

La Terra ha un solo satellite, la Luna; Marte ha duelune o satelliti19, Giove ne ha cinque, Saturno otto, Ura-no quattro; il lontano Nettuno ha esso pure una solaluna, o almeno fino ad oggi non si riuscì a vederne in-torno ad esso più che una.

Tutte queste lune descrivono, intorno al rispettivopianeta, orbite quasi circolari, situate in piani poco di-versi dal piano dell’orbita del pianeta stesso, e si muo-vono nel medesimo verso che i pianeti. Solo i satelliti diUrano e di Nettuno fanno eccezione a questa regola.

113. Nel disegno riprodotto dalla fig. 27 non fu possi-bile rappresentare i diametri dei pianeti secondo le vereloro proporzioni.

Per avere un’idea esatta di queste proporzioni, imma-

19 Per l’estrema piccolezza delle proporzioni del disegno non èstato possibile rappresentarvi le orbite dei due satelliti di Marte.

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zio considerata e in numero stragrande si aggirano intor-no al Sole. Sono talmente piccoli questi asteroidi, che,tutti agglomerati insieme, non riuscirebbero a fare unamassa uguale a quella del più piccolo fra i pianeti sopraindicati, nè il loro grande numero basta a compensarel’esiguità dei loro corpi.

112. Intorno ai pianeti Giove, Saturno, Urano e Nettu-no sono nella fig. 27, tracciati alcuni piccoli circoli.Questi rappresentano (in proporzione molto esagerata ri-spetto al resto della figura) le orbite delle lune o dei sa-telliti rispettivi di quei pianeti; satelliti che intorno alproprio pianeta si aggirano così come la Luna si aggiraintorno alla Terra.

La Terra ha un solo satellite, la Luna; Marte ha duelune o satelliti19, Giove ne ha cinque, Saturno otto, Ura-no quattro; il lontano Nettuno ha esso pure una solaluna, o almeno fino ad oggi non si riuscì a vederne in-torno ad esso più che una.

Tutte queste lune descrivono, intorno al rispettivopianeta, orbite quasi circolari, situate in piani poco di-versi dal piano dell’orbita del pianeta stesso, e si muo-vono nel medesimo verso che i pianeti. Solo i satelliti diUrano e di Nettuno fanno eccezione a questa regola.

113. Nel disegno riprodotto dalla fig. 27 non fu possi-bile rappresentare i diametri dei pianeti secondo le vereloro proporzioni.

Per avere un’idea esatta di queste proporzioni, imma-

19 Per l’estrema piccolezza delle proporzioni del disegno non èstato possibile rappresentarvi le orbite dei due satelliti di Marte.

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ginate che il Sole sia rappresentato da un globo di unbraccio milanese (sessanta centimetri) di diametro: Mer-curio sarà allora rappresentato da una testa di spillo, chedescriva intorno a quel globo un circolo alla distanza, incifra tonda, di 25 metri; Venere da un pisello posto alladistanza di 47 metri; la Terra da un altro pisello alla di-stanza di 64 metri, Marte da una grossa testa di spilloalla distanza di 98 metri; i piccoli pianeti da minutissimigranelli di sabbia a distanze diverse fra 143 e 227 metri;Giove da una grossa arancia alla distanza di 335 metri;Saturno da una piccola arancia alla distanza di 614 me-tri; Urano, Nettuno da due grosse ciliegie a distanze ri-spettivamente di 1234 e di 1933 metri.

L’orbita di Nettuno, nelle proporzioni per ipotesi quisopra immaginate avrebbe un diametro di 3866 metri, etale sarebbe quindi, nelle proporzioni stesse, lo spaziooccupato da tutto il Sistema planetario quale è oggi co-nosciuto. Le distanze in questo Sistema, appena occorreil dirlo, sono immensamente grandi in paragone alle di-mensioni sì del Sole che dei singoli pianeti.

114. Volendo formarsi un’idea concreta delle dimen-sioni vere di questo immenso tutto che è il Sistema pla-netario, bisogna pensare che la media distanza dalla Ter-ra al Sole, la quale nel microscopico sistema qui sopraimmaginato è rappresentata da 64 metri, in realtà èuguale a 82 milioni di miglia italiane, ossia a 148,7 e incifra tonda a 150 milioni di chilometri.

È così grande questa distanza che un buon cammina-tore, il quale, senza mai fermarsi, andasse dalla Terra

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ginate che il Sole sia rappresentato da un globo di unbraccio milanese (sessanta centimetri) di diametro: Mer-curio sarà allora rappresentato da una testa di spillo, chedescriva intorno a quel globo un circolo alla distanza, incifra tonda, di 25 metri; Venere da un pisello posto alladistanza di 47 metri; la Terra da un altro pisello alla di-stanza di 64 metri, Marte da una grossa testa di spilloalla distanza di 98 metri; i piccoli pianeti da minutissimigranelli di sabbia a distanze diverse fra 143 e 227 metri;Giove da una grossa arancia alla distanza di 335 metri;Saturno da una piccola arancia alla distanza di 614 me-tri; Urano, Nettuno da due grosse ciliegie a distanze ri-spettivamente di 1234 e di 1933 metri.

L’orbita di Nettuno, nelle proporzioni per ipotesi quisopra immaginate avrebbe un diametro di 3866 metri, etale sarebbe quindi, nelle proporzioni stesse, lo spaziooccupato da tutto il Sistema planetario quale è oggi co-nosciuto. Le distanze in questo Sistema, appena occorreil dirlo, sono immensamente grandi in paragone alle di-mensioni sì del Sole che dei singoli pianeti.

114. Volendo formarsi un’idea concreta delle dimen-sioni vere di questo immenso tutto che è il Sistema pla-netario, bisogna pensare che la media distanza dalla Ter-ra al Sole, la quale nel microscopico sistema qui sopraimmaginato è rappresentata da 64 metri, in realtà èuguale a 82 milioni di miglia italiane, ossia a 148,7 e incifra tonda a 150 milioni di chilometri.

È così grande questa distanza che un buon cammina-tore, il quale, senza mai fermarsi, andasse dalla Terra

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verso il Sole in ragione di 100 chilometri per giorno,impiegherebbe per arrivare al Sole un milione e mezzodi giorni, ossia 4107 anni; un convoglio di ferrovia, fa-cendo ogni giorno mille chilometri, vi arriverebbe in410,7 anni; una palla di cannone animata da una veloci-tà di 500 metri al secondo vi arriverebbe in 3472 giornicioè in poco meno di 10 anni20.

20 La luce, che percorre circa 300 mila chilometri al minuto se-condo, impiega 8 minuti e 13 secondi a giungere dal Sole a noi.

Quando si tratta di distanze espresse in centinaia o in migliaia dimilioni di chilometri è difficilissimo farsene un’idea concreta.Sono distanze per le quali sulla Terra la nostra mente non trovatermine di confronto possibile, e le quali di troppo superano larealtà, delle dimensioni terrestri in mezzo alle quali viviamo. Diquesto bisogna ben persuadersi se si vuole acquistare coscienza diquel che siano le dimensioni cosmiche, e di quel che realmentesiano le distanze espresse dai numeri delle ultime colonne deibreve quadro numerico seguente.

In esso per ogni pianeta è dato nella prima colonna numerica ildiametro espresso in chilometri: nella seconda colonna è dato an-cora il diametro ma espresso in diametri della Terra; nella penulti-ma colonna è data la distanza media dal Sole espressa in milionidi chilometri; nell’ultima colonna è data la distanza stessa pren-dendo uguale ad uno la distanza che in media separa la Terra dalSole. Piccole incertezze esistono tuttora in questi numeri, masono tali che da esse può farsi astrazione in un libro elementare, eche di esse dar ragione sarebbe inopportuno nel libro nostro.

Pianeti Diametri Distanze dal SoleMercurio 4816 0,38 57,5 0,887Venere 11969 0,91 107,5 0,723Terra 12756 1.00 148,7 1,000Marte 6745 0,53 226,5 1,524Giove 143757 11,27 773,8 5,203

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verso il Sole in ragione di 100 chilometri per giorno,impiegherebbe per arrivare al Sole un milione e mezzodi giorni, ossia 4107 anni; un convoglio di ferrovia, fa-cendo ogni giorno mille chilometri, vi arriverebbe in410,7 anni; una palla di cannone animata da una veloci-tà di 500 metri al secondo vi arriverebbe in 3472 giornicioè in poco meno di 10 anni20.

20 La luce, che percorre circa 300 mila chilometri al minuto se-condo, impiega 8 minuti e 13 secondi a giungere dal Sole a noi.

Quando si tratta di distanze espresse in centinaia o in migliaia dimilioni di chilometri è difficilissimo farsene un’idea concreta.Sono distanze per le quali sulla Terra la nostra mente non trovatermine di confronto possibile, e le quali di troppo superano larealtà, delle dimensioni terrestri in mezzo alle quali viviamo. Diquesto bisogna ben persuadersi se si vuole acquistare coscienza diquel che siano le dimensioni cosmiche, e di quel che realmentesiano le distanze espresse dai numeri delle ultime colonne deibreve quadro numerico seguente.

In esso per ogni pianeta è dato nella prima colonna numerica ildiametro espresso in chilometri: nella seconda colonna è dato an-cora il diametro ma espresso in diametri della Terra; nella penulti-ma colonna è data la distanza media dal Sole espressa in milionidi chilometri; nell’ultima colonna è data la distanza stessa pren-dendo uguale ad uno la distanza che in media separa la Terra dalSole. Piccole incertezze esistono tuttora in questi numeri, masono tali che da esse può farsi astrazione in un libro elementare, eche di esse dar ragione sarebbe inopportuno nel libro nostro.

Pianeti Diametri Distanze dal SoleMercurio 4816 0,38 57,5 0,887Venere 11969 0,91 107,5 0,723Terra 12756 1.00 148,7 1,000Marte 6745 0,53 226,5 1,524Giove 143757 11,27 773,8 5,203

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115. Già fu notato che i satelliti, meno poche eccezio-ni, si muovono nel verso in cui si muove il rispettivopianeta; notiamo ora che tutti i pianeti girano intorno alSole in un medesimo verso. Guardando il Sistema pla-netario dalla parte boreale o settentrionale del cielo(come lo guarderebbe ad esempio uno spettatore collo-cato nella stella polare), il movimento dei pianeti appareeseguirsi nel verso indicato nella figura 27 dalle saette,cioè nel verso opposto a quello secondo cui si muovonogli indici dei comuni orologi.

Le velocità di movimento non sono eguali per tutti ipianeti, e i più vicini al Sole si muovono più rapidamen-te dei più lontani. Le circonferenze dei circoli descrittidai pianeti al Sole più vicini sono naturalmente più bre-vi che quelle descritte dai più lontani. Ne segue che amisura che si va lontano dal Sole, i tempi delle rivolu-zioni orbitali diventano sempre più lunghi, siccome mo-stra il seguente prospetto, nel quale i tempi stessi sonodati in giorni ed espressi in cifre tonde.

Pianeti Durata delle rivoluzioniMercurio giorni 88Venere ” 225Terra ” 365Marte ” 687Giove ” 4333 (12 anni)Saturno ” 10759 (29 ½ anni)Urano ” 30681 (84 anni)

Saturno 119080 9,55 1417,8 9,539Urano 59171 4.64 2851,4 19,183Nettuno 54979 4,31 4467,6 30,057

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115. Già fu notato che i satelliti, meno poche eccezio-ni, si muovono nel verso in cui si muove il rispettivopianeta; notiamo ora che tutti i pianeti girano intorno alSole in un medesimo verso. Guardando il Sistema pla-netario dalla parte boreale o settentrionale del cielo(come lo guarderebbe ad esempio uno spettatore collo-cato nella stella polare), il movimento dei pianeti appareeseguirsi nel verso indicato nella figura 27 dalle saette,cioè nel verso opposto a quello secondo cui si muovonogli indici dei comuni orologi.

Le velocità di movimento non sono eguali per tutti ipianeti, e i più vicini al Sole si muovono più rapidamen-te dei più lontani. Le circonferenze dei circoli descrittidai pianeti al Sole più vicini sono naturalmente più bre-vi che quelle descritte dai più lontani. Ne segue che amisura che si va lontano dal Sole, i tempi delle rivolu-zioni orbitali diventano sempre più lunghi, siccome mo-stra il seguente prospetto, nel quale i tempi stessi sonodati in giorni ed espressi in cifre tonde.

Pianeti Durata delle rivoluzioniMercurio giorni 88Venere ” 225Terra ” 365Marte ” 687Giove ” 4333 (12 anni)Saturno ” 10759 (29 ½ anni)Urano ” 30681 (84 anni)

Saturno 119080 9,55 1417,8 9,539Urano 59171 4.64 2851,4 19,183Nettuno 54979 4,31 4467,6 30,057

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Nettuno ” 60117 (165 anni)I numeri appena scritti confermano per intero quanto

rispetto alla diversa velocità dei pianeti diversi si è orora detto. Mentre ad esempio Nettuno fa un giro intornoal Sole, la Terra ne fa 165 e Mercurio ne fa 683, e ciòmalgrado che il giro fatto da Nettuno sia soltanto 30volte maggiore di quello della Terra, e 78 volte più lun-go che quello di Mercurio.

116. I pianeti si muovono tutti nella stessa direzione econ moto quasi uniforme intorno al Sole; i movimentiloro attraverso alle stelle del ciclo appaiono all’abitantedella Terra molto diversi da quelli che si mostrerebberoa chi li osservasse stando sul Sole.

Un osservatore che fosse sul Sole trovandosi quasinel centro delle circonferenze percorse dai pianeti, ve-drebbe le orbite planetarie così come realmente sono, evedrebbe quindi i pianeti descrivere perpetuamente conmoto quasi regolare delle circonferenze di circolo, odelle curve pochissimo diverse da esse, in direzione co-stante.

Per un osservatore che sia sulla Terra tutto muta, nonsolo perchè diverso è il punto di vista suo, ma ancoraperchè egli partecipa al moto della Terra, è da questatrasportato lungo l’eclittica, e colla Terra quindi muove-si nella stessa direzione in cui si muovono i pianeti, convelocità maggiore di quella dei pianeti superiori, con ve-locità minore di quella dei pianeti inferiori. Ciò che dal-la Terra vedesi in cielo del movimento di un pianeta èl’effetto combinato del movimento proprio della Terra e

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Nettuno ” 60117 (165 anni)I numeri appena scritti confermano per intero quanto

rispetto alla diversa velocità dei pianeti diversi si è orora detto. Mentre ad esempio Nettuno fa un giro intornoal Sole, la Terra ne fa 165 e Mercurio ne fa 683, e ciòmalgrado che il giro fatto da Nettuno sia soltanto 30volte maggiore di quello della Terra, e 78 volte più lun-go che quello di Mercurio.

116. I pianeti si muovono tutti nella stessa direzione econ moto quasi uniforme intorno al Sole; i movimentiloro attraverso alle stelle del ciclo appaiono all’abitantedella Terra molto diversi da quelli che si mostrerebberoa chi li osservasse stando sul Sole.

Un osservatore che fosse sul Sole trovandosi quasinel centro delle circonferenze percorse dai pianeti, ve-drebbe le orbite planetarie così come realmente sono, evedrebbe quindi i pianeti descrivere perpetuamente conmoto quasi regolare delle circonferenze di circolo, odelle curve pochissimo diverse da esse, in direzione co-stante.

Per un osservatore che sia sulla Terra tutto muta, nonsolo perchè diverso è il punto di vista suo, ma ancoraperchè egli partecipa al moto della Terra, è da questatrasportato lungo l’eclittica, e colla Terra quindi muove-si nella stessa direzione in cui si muovono i pianeti, convelocità maggiore di quella dei pianeti superiori, con ve-locità minore di quella dei pianeti inferiori. Ciò che dal-la Terra vedesi in cielo del movimento di un pianeta èl’effetto combinato del movimento proprio della Terra e

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del movimento proprio del pianeta stesso, è in altre pa-role un moto risultante apparente.

L’osservazione dimostra che il moto apparente deipianeti non è equabile, ma certe volte più rapido, altrevolte più lento; in certi punti anzi il pianeta pare rimane-re per qualche tempo immobile nel cielo, come se fosseuna stella e si dice allora che fa una stazione; ripiglia ilsuo moto, ma da oriente verso occidente, cioè in versocontrario al suo moto abituale, e si dice allora che simuove di moto retrogrado; cessa il moto retrogrado, perqualche tempo il pianeta si ferma un’altra volta, e faun’altra stazione; riprende il suo moto abituale analogoa quello del Sole e della Luna, riprende il moto direttocioè da occidente verso oriente; continua con vicendaperpetua ad esser ora fermo in istazione, a muoversi ta-lora di moto retrogrado, più spesso di moto diretto.

Tutte queste irregolarità di movimento, le quali offri-rono tanto filo da torcere agli antichi osservatori, sonopure apparenze; in realtà i pianeti si muovono tutti intor-no al Sole con una velocità quasi interamente unifor-me21.

21 Questo rallentarsi, stare, retrocedere, riavanzare dei pianetisuperiori è uno degli argomenti capitali che guidarono la scienzaa scoprire come realmente avvengono i fatti nel Sistema solare, ea dimostrare che in esso la Terra si muove nello spazio come ognialtro pianeta, ed il Sole sta fermo presso al centro delle orbite pla-netarie.

Finchè in questo centro si volle tener fissa la Terra, i moti tuttidei pianeti, non importa se inferiori o superiori, costituirono uninestricabile nodo gordiano, ed ebbero spiegazioni complicate,

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del movimento proprio del pianeta stesso, è in altre pa-role un moto risultante apparente.

L’osservazione dimostra che il moto apparente deipianeti non è equabile, ma certe volte più rapido, altrevolte più lento; in certi punti anzi il pianeta pare rimane-re per qualche tempo immobile nel cielo, come se fosseuna stella e si dice allora che fa una stazione; ripiglia ilsuo moto, ma da oriente verso occidente, cioè in versocontrario al suo moto abituale, e si dice allora che simuove di moto retrogrado; cessa il moto retrogrado, perqualche tempo il pianeta si ferma un’altra volta, e faun’altra stazione; riprende il suo moto abituale analogoa quello del Sole e della Luna, riprende il moto direttocioè da occidente verso oriente; continua con vicendaperpetua ad esser ora fermo in istazione, a muoversi ta-lora di moto retrogrado, più spesso di moto diretto.

Tutte queste irregolarità di movimento, le quali offri-rono tanto filo da torcere agli antichi osservatori, sonopure apparenze; in realtà i pianeti si muovono tutti intor-no al Sole con una velocità quasi interamente unifor-me21.

21 Questo rallentarsi, stare, retrocedere, riavanzare dei pianetisuperiori è uno degli argomenti capitali che guidarono la scienzaa scoprire come realmente avvengono i fatti nel Sistema solare, ea dimostrare che in esso la Terra si muove nello spazio come ognialtro pianeta, ed il Sole sta fermo presso al centro delle orbite pla-netarie.

Finchè in questo centro si volle tener fissa la Terra, i moti tuttidei pianeti, non importa se inferiori o superiori, costituirono uninestricabile nodo gordiano, ed ebbero spiegazioni complicate,

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117. Al Sistema solare appartengono ancora altri cor-pi; le comete e le stelle cadenti; di esse mi riserbo diparlare fra poco, a luogo più opportuno.

§ II.Come si presentano, visti dalla Terra, ipianeti interiori nel loro giro intorno al

Sole.

118. Si osservi la qui a lato figura 28; il circolo mag-giore vi rappresenta l’orbita della Terra che supponiamocollocata nel punto designato colla lettera T. Col circolominore ed interno intendiamo indicata l’orbita di Mer-curio, e nel centro comune dei due circoli sta figurato ilSole nel punto S. Mentre lo spettatore collocato sullaTerra vede il Sole nella direzione TS, vedrà Mercurio inuna od in un’altra direzione, secondo il luogo che esso

contorte, difficilissime. Dato il moto alla Terra tutto si semplificò;i fatti pili complessi naturalmente, spontaneamente si poteronospiegare.

Apparente è il moto che porta il Sole lungo l’eclittica ed è pro-dotto da un movimento analogo cui la Terra eseguisce trasportan-dosi nello spazio.

Apparente è il rallentarsi, lo stare, il retrogradare dei pianeti su-periori, e proviene da ciò che la Terra e i pianeti si muovono con-temporaneamente per istrade diverse e con diverse velocità.

Apparenti sono le peculiarità dei movimenti dei pianeti inferio-ri, e provengono, così come nel prossimo § II di questo manualet-to sarà spiegato, dalla posizione che l’orbita della Terra ha nellospazio rispetto alle orbite dai pianeti stessi.

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117. Al Sistema solare appartengono ancora altri cor-pi; le comete e le stelle cadenti; di esse mi riserbo diparlare fra poco, a luogo più opportuno.

§ II.Come si presentano, visti dalla Terra, ipianeti interiori nel loro giro intorno al

Sole.

118. Si osservi la qui a lato figura 28; il circolo mag-giore vi rappresenta l’orbita della Terra che supponiamocollocata nel punto designato colla lettera T. Col circolominore ed interno intendiamo indicata l’orbita di Mer-curio, e nel centro comune dei due circoli sta figurato ilSole nel punto S. Mentre lo spettatore collocato sullaTerra vede il Sole nella direzione TS, vedrà Mercurio inuna od in un’altra direzione, secondo il luogo che esso

contorte, difficilissime. Dato il moto alla Terra tutto si semplificò;i fatti pili complessi naturalmente, spontaneamente si poteronospiegare.

Apparente è il moto che porta il Sole lungo l’eclittica ed è pro-dotto da un movimento analogo cui la Terra eseguisce trasportan-dosi nello spazio.

Apparente è il rallentarsi, lo stare, il retrogradare dei pianeti su-periori, e proviene da ciò che la Terra e i pianeti si muovono con-temporaneamente per istrade diverse e con diverse velocità.

Apparenti sono le peculiarità dei movimenti dei pianeti inferio-ri, e provengono, così come nel prossimo § II di questo manualet-to sarà spiegato, dalla posizione che l’orbita della Terra ha nellospazio rispetto alle orbite dai pianeti stessi.

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occupa nella propria circonferenza di circolo. QuandoMercurio è nella posizione A, cioè fra il Sole e la Terra,non sarà visibile, perchè involto nello splendore preva-lente del Sole. Lo stesso si deve dire quando il pianeta èin B, cioè quando il Sole sta fra Mercurio e la Terra.

119. Ne segue che il pianeta non sarà ben visibile senon lungo le direzioni delle tangenti TC, TD, quandoesso trovasi nei punti C, D della sua orbita, cioè nellesue massime digressioni dal Sole. Ne segue ancora cheil pianeta sarà visto ora a destra ora a sinistra del Sole,che esso, accompagnando il Sole nel suo corso annuale

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occupa nella propria circonferenza di circolo. QuandoMercurio è nella posizione A, cioè fra il Sole e la Terra,non sarà visibile, perchè involto nello splendore preva-lente del Sole. Lo stesso si deve dire quando il pianeta èin B, cioè quando il Sole sta fra Mercurio e la Terra.

119. Ne segue che il pianeta non sarà ben visibile senon lungo le direzioni delle tangenti TC, TD, quandoesso trovasi nei punti C, D della sua orbita, cioè nellesue massime digressioni dal Sole. Ne segue ancora cheil pianeta sarà visto ora a destra ora a sinistra del Sole,che esso, accompagnando il Sole nel suo corso annuale

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apparente, non se ne scosterà mai oltre un certo limite.Quando Mercurio è in C o in D, dalla Terra si vedrà

solo metà circa del suo disco, quella metà cioè che è il-luminata dal Sole; l’altra metà sulla quale non possonoarrivare i raggi del Sole sarà scura ed invisibile. Mercu-rio apparirà allora così come la Luna nel primo onell’ultimo quarto.

Quando Mercurio è in A esso rivolge alla Terra la suafaccia oscura e riesce per conseguenza invisibile, esclu-so il caso contemplato qui sotto al capo 120.

Quando Mercurio è in B si dovrebbe vedere il discosuo rotondo e interamente illuminato, ma allora essosorge e tramonta col Sole, affoga l’intero giorno nellagran luce di questo e resta invisibile.

Durante la sua rivoluzione attorno al Sole, Mercuriopresenta quindi delle fusi simili a quelle della Luna, e daquesta si differenzia solo in ciò, che esso sembra oramolto più grande ora molto più piccolo della sua dimen-sione media, secondo che si trova a distanza minore omaggiore dalla Terra.

120. Se le orbite di Mercurio e della Terra giacesseroesattamente nel medesimo piano, come di necessità av-viene nella nostra figura, si dovrebbe vedere Mercuriopassare davanti al disco del Sole, in forma di macchianera, tutte le volte che esso si trova in A. Ma l’orbita diMercurio, come quelle di tutti gli altri pianeti, non giaceesattamente nello stesso piano dell’orbita della Terra; incerte parti essa si eleva alcun poco su d’esso piano, inaltre sta un poco più sotto, e coincide con quel piano in

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apparente, non se ne scosterà mai oltre un certo limite.Quando Mercurio è in C o in D, dalla Terra si vedrà

solo metà circa del suo disco, quella metà cioè che è il-luminata dal Sole; l’altra metà sulla quale non possonoarrivare i raggi del Sole sarà scura ed invisibile. Mercu-rio apparirà allora così come la Luna nel primo onell’ultimo quarto.

Quando Mercurio è in A esso rivolge alla Terra la suafaccia oscura e riesce per conseguenza invisibile, esclu-so il caso contemplato qui sotto al capo 120.

Quando Mercurio è in B si dovrebbe vedere il discosuo rotondo e interamente illuminato, ma allora essosorge e tramonta col Sole, affoga l’intero giorno nellagran luce di questo e resta invisibile.

Durante la sua rivoluzione attorno al Sole, Mercuriopresenta quindi delle fusi simili a quelle della Luna, e daquesta si differenzia solo in ciò, che esso sembra oramolto più grande ora molto più piccolo della sua dimen-sione media, secondo che si trova a distanza minore omaggiore dalla Terra.

120. Se le orbite di Mercurio e della Terra giacesseroesattamente nel medesimo piano, come di necessità av-viene nella nostra figura, si dovrebbe vedere Mercuriopassare davanti al disco del Sole, in forma di macchianera, tutte le volte che esso si trova in A. Ma l’orbita diMercurio, come quelle di tutti gli altri pianeti, non giaceesattamente nello stesso piano dell’orbita della Terra; incerte parti essa si eleva alcun poco su d’esso piano, inaltre sta un poco più sotto, e coincide con quel piano in

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due soli punti, che sono i nodi dell’orbita sua. È eviden-te che solo quando Mercurio si trova fra il Sole e la Ter-ra, e nello stesso tempo occupa un punto del suo corsoorbitale vicino a uno dei nodi, può avvenire il così dettosuo passaggio sul disco solare, cioè può vedersi il pia-neta, come una piccola macchia nera, rotonda, attraver-sare nell’intervallo di alcune ore il disco del Sole.

I passaggi di Mercurio sul Sole non sono rari, e fra al-tri ne accadde uno degno di nota il giorno 6 maggio del187822. Ordinariamente però avviene che quando Mer-curio si trova fra la Terra e il Sole, esso nella sua orbitaè o troppo alto o troppo basso rispetto al Sole; in questicasi esso passa lateralmente al Sole senza apparente-mente toccarne il disco, e rimane invisibile ed avvoltodallo splendore intenso dei raggi solari.

121. Analoghe a quelle di Mercurio sono le apparen-ze di Venere.

Venere si muove attorno al Sole in un’orbita più pic-cola di quella della Terra; le apparenze prodotte dal suomoto si possono quindi desumere, così come per Mercu-rio, dalla figura 28, e Venere segue quindi anch’essa ilSole nel suo corso annuale apparente, ora precedendoloa destra, ora seguendolo a sinistra, sì a destra che a sini-stra raggiungendo due punti come C, D di massima di-

22 Sono 28 i passaggi di Mercurio finora osservati, a comincia-re da quello del 7 novembre 1631; sono fra i più prossimi a noiquelli del 6 maggio del 1878, del 7 novembre del 1881, del 10maggio del 1891, del 10 novembre del 1894, l’ultimo del secolodecimonono: del secolo presente il primo passaggio avverrà il 12novembre del 1907.

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due soli punti, che sono i nodi dell’orbita sua. È eviden-te che solo quando Mercurio si trova fra il Sole e la Ter-ra, e nello stesso tempo occupa un punto del suo corsoorbitale vicino a uno dei nodi, può avvenire il così dettosuo passaggio sul disco solare, cioè può vedersi il pia-neta, come una piccola macchia nera, rotonda, attraver-sare nell’intervallo di alcune ore il disco del Sole.

I passaggi di Mercurio sul Sole non sono rari, e fra al-tri ne accadde uno degno di nota il giorno 6 maggio del187822. Ordinariamente però avviene che quando Mer-curio si trova fra la Terra e il Sole, esso nella sua orbitaè o troppo alto o troppo basso rispetto al Sole; in questicasi esso passa lateralmente al Sole senza apparente-mente toccarne il disco, e rimane invisibile ed avvoltodallo splendore intenso dei raggi solari.

121. Analoghe a quelle di Mercurio sono le apparen-ze di Venere.

Venere si muove attorno al Sole in un’orbita più pic-cola di quella della Terra; le apparenze prodotte dal suomoto si possono quindi desumere, così come per Mercu-rio, dalla figura 28, e Venere segue quindi anch’essa ilSole nel suo corso annuale apparente, ora precedendoloa destra, ora seguendolo a sinistra, sì a destra che a sini-stra raggiungendo due punti come C, D di massima di-

22 Sono 28 i passaggi di Mercurio finora osservati, a comincia-re da quello del 7 novembre 1631; sono fra i più prossimi a noiquelli del 6 maggio del 1878, del 7 novembre del 1881, del 10maggio del 1891, del 10 novembre del 1894, l’ultimo del secolodecimonono: del secolo presente il primo passaggio avverrà il 12novembre del 1907.

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gressione dal Sole, con questa sola differenza da Mercu-rio che la sua orbita essendo più grande le sue deviazio-ni o digressioni massime sono anche più grandi.

Anche Venere presenta fasi simili a quelle della Luna,e siccome le sue distanze dalla Terra variano nel rappor-to di 1 a 6, così anche il diametro del suo disco apparen-te varia nella proporzione di 6 a 1, e la superficie delsuo disco in quella di 36 a 1, così anche il suo splendoreapparente presenta grandi diversità secondo la posizioneche essa occupa rispetto al Sole e alla Terra.

Nella fig. 29 sono rappresentate in dimensioni pro-porzionali gli aspetti di Venere: 1º quando si trova vici-na al punto A della fig. 28, o alla congiunzione inferiorecol Sole; 2º quando si trova in D, cioè nella massimaelongazione a destra del Sole (per gli osservatori setten-trionali); 3º quando si trova in B, nella congiunzione su-

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gressione dal Sole, con questa sola differenza da Mercu-rio che la sua orbita essendo più grande le sue deviazio-ni o digressioni massime sono anche più grandi.

Anche Venere presenta fasi simili a quelle della Luna,e siccome le sue distanze dalla Terra variano nel rappor-to di 1 a 6, così anche il diametro del suo disco apparen-te varia nella proporzione di 6 a 1, e la superficie delsuo disco in quella di 36 a 1, così anche il suo splendoreapparente presenta grandi diversità secondo la posizioneche essa occupa rispetto al Sole e alla Terra.

Nella fig. 29 sono rappresentate in dimensioni pro-porzionali gli aspetti di Venere: 1º quando si trova vici-na al punto A della fig. 28, o alla congiunzione inferiorecol Sole; 2º quando si trova in D, cioè nella massimaelongazione a destra del Sole (per gli osservatori setten-trionali); 3º quando si trova in B, nella congiunzione su-

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periore o alla massima distanza dalla Terra.In certe posizioni più favorevoli, Venere può splende-

re tanto da far gettare ai corpi, sui quali cade la sua luce,ombre sensibili, sebbene senza confronto meno scure epiù difficili a riconoscere di quelle prodotte dai corpi il-luminati o dal Sole o dalla Luna.

122. Quando Venere si trova, per noi, a sinistra delSole e tramonta quindi dopo di esso, la vediamo brillarela sera nel crepuscolo, e le diamo allora il nome diEspero o stella della sera. Quando si trova a destra delSole, si leva, il mattino prima di questo, e risplendenell’aurora come stella del mattino, indi il nome di Fo-sforo o di Lucifero, che significa apportatore della luce.

123. Se noterete Venere come stella della sera in unacerta epoca, voi la rivedrete come stella della sera incondizioni press’a poco simili dopo diciannove mesicirca, o, più precisamente, dopo 584 giorni.

Mercurio, anch’esso compare, come stella della sera,ogni 116 giorni, ma esso si scosta nelle sue elongazionicosì poco dal Sole, e rimane sempre così immerso den-tro il crepuscolo, che si richiede un’attenzione particola-re per riconoscerlo, e, prima della invenzione dei can-nocchiali, non pochi astronomi morirono senza maiaverlo veduto.

124. I passaggi di Venere sul disco solare sono moltopiù rari che quelli di Mercurio, e si ripetono ad intervallimolto disuguali, come si può vedere dalle date di alcunidi essi che qui riferisco:

Anno 1761 5 giugno

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periore o alla massima distanza dalla Terra.In certe posizioni più favorevoli, Venere può splende-

re tanto da far gettare ai corpi, sui quali cade la sua luce,ombre sensibili, sebbene senza confronto meno scure epiù difficili a riconoscere di quelle prodotte dai corpi il-luminati o dal Sole o dalla Luna.

122. Quando Venere si trova, per noi, a sinistra delSole e tramonta quindi dopo di esso, la vediamo brillarela sera nel crepuscolo, e le diamo allora il nome diEspero o stella della sera. Quando si trova a destra delSole, si leva, il mattino prima di questo, e risplendenell’aurora come stella del mattino, indi il nome di Fo-sforo o di Lucifero, che significa apportatore della luce.

123. Se noterete Venere come stella della sera in unacerta epoca, voi la rivedrete come stella della sera incondizioni press’a poco simili dopo diciannove mesicirca, o, più precisamente, dopo 584 giorni.

Mercurio, anch’esso compare, come stella della sera,ogni 116 giorni, ma esso si scosta nelle sue elongazionicosì poco dal Sole, e rimane sempre così immerso den-tro il crepuscolo, che si richiede un’attenzione particola-re per riconoscerlo, e, prima della invenzione dei can-nocchiali, non pochi astronomi morirono senza maiaverlo veduto.

124. I passaggi di Venere sul disco solare sono moltopiù rari che quelli di Mercurio, e si ripetono ad intervallimolto disuguali, come si può vedere dalle date di alcunidi essi che qui riferisco:

Anno 1761 5 giugno

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„ 1769 3 giugno„ 1874 10 dicembre„ 1882 6 dicembre„ 2004 9 giugno„ 2012 6 giugno

Venere appare, in questi passaggi, come una grossamacchia nera, rotonda (il suo diametro è allora circa1/30 del diametro apparente del Sole), che attraversa ildisco solare da levante verso ponente, nello spazio di al-cune ore. L’osservazione di questi passaggi è celebre perla sua rarità, e più ancora perchè da essi si può con cal-coli opportuni (e che qui sarebbe fuor di luogo il riferi-re) dedurre sì la distanza del Sole dalla Terra, che le di-stanze di tutti i pianeti dal Sole.

§ III.Notizie speciali sopra i pianeti inferiori.

MERCURIO.125. Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, gira in-

torno ad esso ad una distanza media di circa 58 milionidi chilometri. Il suo anno è meno che un quarto del no-stro; è di 88 giorni in cifra tonda (87g 23h 15m 44s).

La forma di Mercurio è quella di una sfera; il suo dia-metro è un terzo circa (0,38) di quello della Terra, e mi-sura 4816 chilometri; la sua superficie è appena la setti-ma parte circa della superficie terrestre; il suo volume èmeno che i sei centesimi del volume della Terra. Qual-

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„ 1769 3 giugno„ 1874 10 dicembre„ 1882 6 dicembre„ 2004 9 giugno„ 2012 6 giugno

Venere appare, in questi passaggi, come una grossamacchia nera, rotonda (il suo diametro è allora circa1/30 del diametro apparente del Sole), che attraversa ildisco solare da levante verso ponente, nello spazio di al-cune ore. L’osservazione di questi passaggi è celebre perla sua rarità, e più ancora perchè da essi si può con cal-coli opportuni (e che qui sarebbe fuor di luogo il riferi-re) dedurre sì la distanza del Sole dalla Terra, che le di-stanze di tutti i pianeti dal Sole.

§ III.Notizie speciali sopra i pianeti inferiori.

MERCURIO.125. Mercurio, il pianeta più vicino al Sole, gira in-

torno ad esso ad una distanza media di circa 58 milionidi chilometri. Il suo anno è meno che un quarto del no-stro; è di 88 giorni in cifra tonda (87g 23h 15m 44s).

La forma di Mercurio è quella di una sfera; il suo dia-metro è un terzo circa (0,38) di quello della Terra, e mi-sura 4816 chilometri; la sua superficie è appena la setti-ma parte circa della superficie terrestre; il suo volume èmeno che i sei centesimi del volume della Terra. Qual-

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che incertezza, sebbene non grande, regna tuttora neinumeri appena scritti.

Mercurio è opaco, e splende per luce solare che la suasuperficie riflette, ed esso riceve dal Sole una luce settevolte circa più intensa di quella che riceve la Terra. Bril-la quindi di vivissima luce, e per essa, in certe epocheed in circostanze d’atmosfera favorevoli, l’occhio nudoriesce a rintracciarlo e vederlo per qualche tempo, o ap-pena dopo il tramonto o poco prima del levar del Sole.Coi cannocchiali moderni si riesce ad osservarlo consuccesso nella piena luce del giorno, in presenza delSole sempre ad esso vicino, attraverso all’atmosfera ter-restre potentemente illuminata.

126. Intorno alla costituzione fisica di Mercurio pocosi sa, e quel poco dipende in gran parte da osservazionifatte in questi ultimi anni a Milano dall’illustre astrono-mo italiano G. Schiaparelli.

127. È probabilissimo che attorno a Mercurio, cosìcome attorno alla Terra, esista un’atmosfera.

La presenza di un’atmosfera in Mercurio fu già datempo congetturata, ma solo le osservazioni recenti rie-scirono a dare di essa indizii più sicuri ed evidenti. Nonsi può ancora affermare con certezza che essa esista, mala probabilità che esista è così grande, che poco dallacertezza si discosta.

128. La superficie di Mercurio è sparsa di macchieoscure (fig 29 bis), delle quali le forme sono permanen-ti, e delle quali permanente è pure la disposizione reci-proca. Sono difficilissime ad essere osservate, e non rie-

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che incertezza, sebbene non grande, regna tuttora neinumeri appena scritti.

Mercurio è opaco, e splende per luce solare che la suasuperficie riflette, ed esso riceve dal Sole una luce settevolte circa più intensa di quella che riceve la Terra. Bril-la quindi di vivissima luce, e per essa, in certe epocheed in circostanze d’atmosfera favorevoli, l’occhio nudoriesce a rintracciarlo e vederlo per qualche tempo, o ap-pena dopo il tramonto o poco prima del levar del Sole.Coi cannocchiali moderni si riesce ad osservarlo consuccesso nella piena luce del giorno, in presenza delSole sempre ad esso vicino, attraverso all’atmosfera ter-restre potentemente illuminata.

126. Intorno alla costituzione fisica di Mercurio pocosi sa, e quel poco dipende in gran parte da osservazionifatte in questi ultimi anni a Milano dall’illustre astrono-mo italiano G. Schiaparelli.

127. È probabilissimo che attorno a Mercurio, cosìcome attorno alla Terra, esista un’atmosfera.

La presenza di un’atmosfera in Mercurio fu già datempo congetturata, ma solo le osservazioni recenti rie-scirono a dare di essa indizii più sicuri ed evidenti. Nonsi può ancora affermare con certezza che essa esista, mala probabilità che esista è così grande, che poco dallacertezza si discosta.

128. La superficie di Mercurio è sparsa di macchieoscure (fig 29 bis), delle quali le forme sono permanen-ti, e delle quali permanente è pure la disposizione reci-proca. Sono difficilissime ad essere osservate, e non rie-

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scono sempre ugualmente manifeste, divenendo essetalvolta più intense tale altra più pallide, l’una o l’altradivenendo per qualche tempo perfino invisibile affatto.

La permanenza di forma e di reciproca disposizionedimostra che queste macchie oscure appartengono allasuperficie o al suolo del pianeta, che esse ne sono confi-gurazioni stabili, così come della superficie terrestre losono i continenti, le isole, gli oceani.

I diversi gradi di visibilità per i quali le macchie inquestione passano incessantemente non si sanno attri-buire ad altra causa più ovvia che ad una atmosfera delpianeta, ed a condensazioni transitorie in essa producen-tisi, analoghe per natura alle nostre nuvole. È chiaro checondensazioni siffatte possono impedire più o menocompletamente la veduta del suolo di Mercurio in alcu-ne parti or qua or là; è chiaro dico, poichè apparenzeidentiche dovrebbero presentare le regioni annuvolatedella Terra a un osservatore che le contemplasse da unpunto dello spazio molto lontano, e in condizioni analo-

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scono sempre ugualmente manifeste, divenendo essetalvolta più intense tale altra più pallide, l’una o l’altradivenendo per qualche tempo perfino invisibile affatto.

La permanenza di forma e di reciproca disposizionedimostra che queste macchie oscure appartengono allasuperficie o al suolo del pianeta, che esse ne sono confi-gurazioni stabili, così come della superficie terrestre losono i continenti, le isole, gli oceani.

I diversi gradi di visibilità per i quali le macchie inquestione passano incessantemente non si sanno attri-buire ad altra causa più ovvia che ad una atmosfera delpianeta, ed a condensazioni transitorie in essa producen-tisi, analoghe per natura alle nostre nuvole. È chiaro checondensazioni siffatte possono impedire più o menocompletamente la veduta del suolo di Mercurio in alcu-ne parti or qua or là; è chiaro dico, poichè apparenzeidentiche dovrebbero presentare le regioni annuvolatedella Terra a un osservatore che le contemplasse da unpunto dello spazio molto lontano, e in condizioni analo-

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ghe a quelle in cui noi siamo rispetto a Mercurio.129. Le macchie oscure di Mercurio sono, come già

dissi, difficili ad osservarsi, e non meno difficili ad esse-re ben studiate. Ne segue che altrettanto difficile diven-ta, per il momento almeno, esporre un’opinione alquan-to fondata sulla loro natura.

Possono provenire dalla diversa materia e strutturadegli strati solidi superficiali, come nel capitolo secondodi questo manuale già dimostrammo essere il caso dellaLuna. Ma dal momento che su Mercurio può esistereun’atmosfera capace di condensazioni e forse anche diprecipitazioni, possono provenire ancora da qualchecosa di analogo ai nostri mari. Non si hanno argomentidecisivi per sostenere questa piuttosto che la prima opi-nione.

Poco di certo possiamo quindi dire sulla natura dellemacchie oscure; meno ancora possiamo ricavare, dalleosservazioni almeno fatte fin qui, intorno alla naturadelle parti lucide di Mercurio, e intorno all’ordine dicose esistenti sulla sua superficie in generale.

130. Le macchie oscure, in grazia della loro perma-nenza, permettono di verificare se Mercurio ruoti o nonintorno a sè medesimo, e permettono ancora di determi-nare, sebbene non senza difficoltà, quanto tempo essoimpieghi a compiere una tal rotazione.

Come ciò avvenga diventa chiaro al lettore, se appenaegli pensa che un tratto di superficie più oscuro dei trattiche lo circondano, avente inoltre contorni determinati econfigurazione sua propria, diventa per l’osservatore

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ghe a quelle in cui noi siamo rispetto a Mercurio.129. Le macchie oscure di Mercurio sono, come già

dissi, difficili ad osservarsi, e non meno difficili ad esse-re ben studiate. Ne segue che altrettanto difficile diven-ta, per il momento almeno, esporre un’opinione alquan-to fondata sulla loro natura.

Possono provenire dalla diversa materia e strutturadegli strati solidi superficiali, come nel capitolo secondodi questo manuale già dimostrammo essere il caso dellaLuna. Ma dal momento che su Mercurio può esistereun’atmosfera capace di condensazioni e forse anche diprecipitazioni, possono provenire ancora da qualchecosa di analogo ai nostri mari. Non si hanno argomentidecisivi per sostenere questa piuttosto che la prima opi-nione.

Poco di certo possiamo quindi dire sulla natura dellemacchie oscure; meno ancora possiamo ricavare, dalleosservazioni almeno fatte fin qui, intorno alla naturadelle parti lucide di Mercurio, e intorno all’ordine dicose esistenti sulla sua superficie in generale.

130. Le macchie oscure, in grazia della loro perma-nenza, permettono di verificare se Mercurio ruoti o nonintorno a sè medesimo, e permettono ancora di determi-nare, sebbene non senza difficoltà, quanto tempo essoimpieghi a compiere una tal rotazione.

Come ciò avvenga diventa chiaro al lettore, se appenaegli pensa che un tratto di superficie più oscuro dei trattiche lo circondano, avente inoltre contorni determinati econfigurazione sua propria, diventa per l’osservatore

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un’area sulla quale egli in ogni istante può orientarsi, ese egli pensa insieme che a giudicare, per via sperimen-tale, della rotazione di un astro lontano, solo mezzo pos-sibile è fissare prima un punto determinato della sua su-perficie, seguirne poi lo spostamento continuo e succes-sivo che la rotazione dell’astro produce.

131. Mercurio non solo si rivolge attorno al Sole, maruota insieme intorno a sè medesimo. Di questo siamocerti, ed il lettore sa per quale via ce ne siamo accertati.

Per lungo tempo si ritenne nel secolo decimonono ladurata di questa rotazione uguale a 24 ore circa, 24h 5m,ma lo Schiaparelli dalle proprie osservazioni fu portatoa conchiudere che in Mercurio la rotazione e la rivolu-zione hanno ugual durata.

Mercurio, in altre parole, gira intorno al Sole in modosimile a quello con cui la Luna gira intorno alla Terra.Abbiamo visto che la Luna descrive il suo corso intornoalla Terra, mostrandoci sempre ad un di presso la mede-sima faccia e le medesime macchie. Altrettanto fa Mer-curio nel percorrere la sua orbita attorno al Sole; essopresenta al gran luminare sempre a un di presso il mede-simo emisfero della sua superficie.

Vi sono regioni su Mercurio le quali non vedono maiil Sole; ve ne sono altre che perpetuamente lo vedono.Questo fatto fu confermato appieno nel 1896 dall’astro-nomo americano Lowel, fu da altri parzialmente confer-mato in seguito, e, quantunque dipenda da osservazionidifficilissime in ogni clima, tutto porta a pensare chesarà ancora da altre osservazioni in avvenire conferma-

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un’area sulla quale egli in ogni istante può orientarsi, ese egli pensa insieme che a giudicare, per via sperimen-tale, della rotazione di un astro lontano, solo mezzo pos-sibile è fissare prima un punto determinato della sua su-perficie, seguirne poi lo spostamento continuo e succes-sivo che la rotazione dell’astro produce.

131. Mercurio non solo si rivolge attorno al Sole, maruota insieme intorno a sè medesimo. Di questo siamocerti, ed il lettore sa per quale via ce ne siamo accertati.

Per lungo tempo si ritenne nel secolo decimonono ladurata di questa rotazione uguale a 24 ore circa, 24h 5m,ma lo Schiaparelli dalle proprie osservazioni fu portatoa conchiudere che in Mercurio la rotazione e la rivolu-zione hanno ugual durata.

Mercurio, in altre parole, gira intorno al Sole in modosimile a quello con cui la Luna gira intorno alla Terra.Abbiamo visto che la Luna descrive il suo corso intornoalla Terra, mostrandoci sempre ad un di presso la mede-sima faccia e le medesime macchie. Altrettanto fa Mer-curio nel percorrere la sua orbita attorno al Sole; essopresenta al gran luminare sempre a un di presso il mede-simo emisfero della sua superficie.

Vi sono regioni su Mercurio le quali non vedono maiil Sole; ve ne sono altre che perpetuamente lo vedono.Questo fatto fu confermato appieno nel 1896 dall’astro-nomo americano Lowel, fu da altri parzialmente confer-mato in seguito, e, quantunque dipenda da osservazionidifficilissime in ogni clima, tutto porta a pensare chesarà ancora da altre osservazioni in avvenire conferma-

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to. Esso permette al lettore di immaginare quanto diver-so sia l’ordine delle cose esistente su Mercurio e sullaTerra.

VENERE.

132. A 108 milioni di chilometri circa di distanza dalSole, gira nella propria orbita Venere; compie una rivo-luzione in poco meno che 225 (224,7) giorni; ritornaperò ad una stessa congiunzione soltanto ogni 584 gior-ni, e questo periodo che trascorre fra due congiunzionisuccessive si dice rivoluzione sinodica.

133. Delle fasi che presenta Venere abbiam già dettonel § II del presente capitolo. Ora noteremo soltanto chenoi non possiamo ammirare questo bell’astro quando hail suo diametro apparente massimo, ossia nella sua con-giunzione inferiore, poichè esso non ci presenta il suodisco quasi pieno, se non in vicinanza all’altra congiun-zione, la superiore, allora quando la sua distanza da noi

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to. Esso permette al lettore di immaginare quanto diver-so sia l’ordine delle cose esistente su Mercurio e sullaTerra.

VENERE.

132. A 108 milioni di chilometri circa di distanza dalSole, gira nella propria orbita Venere; compie una rivo-luzione in poco meno che 225 (224,7) giorni; ritornaperò ad una stessa congiunzione soltanto ogni 584 gior-ni, e questo periodo che trascorre fra due congiunzionisuccessive si dice rivoluzione sinodica.

133. Delle fasi che presenta Venere abbiam già dettonel § II del presente capitolo. Ora noteremo soltanto chenoi non possiamo ammirare questo bell’astro quando hail suo diametro apparente massimo, ossia nella sua con-giunzione inferiore, poichè esso non ci presenta il suodisco quasi pieno, se non in vicinanza all’altra congiun-zione, la superiore, allora quando la sua distanza da noi

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è accresciuta di quasi tutta la lunghezza del diametrodella sua orbita, che è di circa 216 milioni di chilometri.

La fig. 30 rappresenta la forma apparente di falce cheprende Venere quando lo splendore suo diventa massi-mo.

134. Venere ha in realtà forma esattamente sferica, enon mostra schiacciamento sensibile; fra tutti i pianeti èquello che per grandezza più richiama la Terra; il suodiametro si può, con qualche incertezza ancora, ritenereuguale a 0,97 del diametro terrestre; la sua superficie eil suo volume sono quindi certamente di poco più picco-li della superficie e del volume della Terra.

135. Attorno a Venere esiste un’atmosfera molto den-sa, due volte circa più densa che quella della Terra.

Le osservazioni più recenti, le apparenze di Venerequando è vicina alla sua culminazione inferiore, i fattiosservati durante gli ultimi suoi passaggi sul Sole rendo-no probabilissima l’esistenza d’una densa atmosferasovr’essa.

Vicino alla culminazione inferiore, quando Venereappare sotto forma di falce sottile, qualche volta si è vi-sto illuminato anche il suo contorno che più dista dalSole, in altre parole s’è visto tutto attorno al disco suo,non esclusa la parte oscura di esso, un sottile anello diluce.

Durante i passaggi di Venere sul Sole, quando essacon metà del suo globo già è entrata sul disco solare e suquesto appare come una macchia scura a forma di seg-mento semicircolare, più volte fu vista apparire subita-

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è accresciuta di quasi tutta la lunghezza del diametrodella sua orbita, che è di circa 216 milioni di chilometri.

La fig. 30 rappresenta la forma apparente di falce cheprende Venere quando lo splendore suo diventa massi-mo.

134. Venere ha in realtà forma esattamente sferica, enon mostra schiacciamento sensibile; fra tutti i pianeti èquello che per grandezza più richiama la Terra; il suodiametro si può, con qualche incertezza ancora, ritenereuguale a 0,97 del diametro terrestre; la sua superficie eil suo volume sono quindi certamente di poco più picco-li della superficie e del volume della Terra.

135. Attorno a Venere esiste un’atmosfera molto den-sa, due volte circa più densa che quella della Terra.

Le osservazioni più recenti, le apparenze di Venerequando è vicina alla sua culminazione inferiore, i fattiosservati durante gli ultimi suoi passaggi sul Sole rendo-no probabilissima l’esistenza d’una densa atmosferasovr’essa.

Vicino alla culminazione inferiore, quando Venereappare sotto forma di falce sottile, qualche volta si è vi-sto illuminato anche il suo contorno che più dista dalSole, in altre parole s’è visto tutto attorno al disco suo,non esclusa la parte oscura di esso, un sottile anello diluce.

Durante i passaggi di Venere sul Sole, quando essacon metà del suo globo già è entrata sul disco solare e suquesto appare come una macchia scura a forma di seg-mento semicircolare, più volte fu vista apparire subita-

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mente anche la parte del globo suo non ancora arrivatasul Sole, ed apparire insieme l’intero contorno di essoglobo.

Sono fatti questi che e l’uno e l’altro appena si posso-no spiegare per mezzo di rifrazioni della luce solare pro-dotte da una densa atmosfera del pianeta.

136. Sul disco di Venere non è stato ancora possibilericonoscere con piena sicurezza macchie permanenti,che accennino a mari, o in generale a configurazioni sta-bili e caratteristiche del suolo.

Di rado si riusci a poter constatare su Venere qualchemacchia, ma si tratta sempre di macchie tenui, diffuse,aventi carattere transitorio; più che macchie sono ecces-si di splendore in certe regioni, irregolari deficienze incerte altre, apparenze mutabili e fuggevoli.

Solo nelle regioni più australi del pianeta occorronotalvolta macchie meglio definite, ma anche di questepoco finora si è con certezza veduto.

Della superficie di Venere poco quindi si conosce, eciò probabilmente in causa della densa sua atmosferache, potentemente illuminata dal Sole, impedisce di ve-dere, anche verso il mezzo del disco, il nucleo solido delpianeta.

137. Il carattere transitorio delle macchie general-mente osservabili su Venere rende assai difficile deter-minare quanto tempo essa impieghi a compiere una ro-tazione intorno a sè medesima, anzi può dirsi che la du-rata di questa rotazione è tuttora un problema aperto edinsoluto.

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mente anche la parte del globo suo non ancora arrivatasul Sole, ed apparire insieme l’intero contorno di essoglobo.

Sono fatti questi che e l’uno e l’altro appena si posso-no spiegare per mezzo di rifrazioni della luce solare pro-dotte da una densa atmosfera del pianeta.

136. Sul disco di Venere non è stato ancora possibilericonoscere con piena sicurezza macchie permanenti,che accennino a mari, o in generale a configurazioni sta-bili e caratteristiche del suolo.

Di rado si riusci a poter constatare su Venere qualchemacchia, ma si tratta sempre di macchie tenui, diffuse,aventi carattere transitorio; più che macchie sono ecces-si di splendore in certe regioni, irregolari deficienze incerte altre, apparenze mutabili e fuggevoli.

Solo nelle regioni più australi del pianeta occorronotalvolta macchie meglio definite, ma anche di questepoco finora si è con certezza veduto.

Della superficie di Venere poco quindi si conosce, eciò probabilmente in causa della densa sua atmosferache, potentemente illuminata dal Sole, impedisce di ve-dere, anche verso il mezzo del disco, il nucleo solido delpianeta.

137. Il carattere transitorio delle macchie general-mente osservabili su Venere rende assai difficile deter-minare quanto tempo essa impieghi a compiere una ro-tazione intorno a sè medesima, anzi può dirsi che la du-rata di questa rotazione è tuttora un problema aperto edinsoluto.

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Fino al 1800 si ritenne universalmente tale duratauguale a poco meno che 24 ore, 23h 21m 22s. Lo Schia-parelli fu in quell’anno dalle proprie osservazioni e dauna critica stringente delle ricerche anteriori condotto apensare che la rotazione di Venere è lentissima, che essasuccede intorno ad un asse press’a poco coincidente col-la perpendicolare al piano dell’orbita del pianeta, e cheprobabilmente si compie in giorni 224,7 cioè in un pe-riodo esattamente uguale a quello della rivoluzione delpianeta intorno al Sole.

Le conclusioni dello Schiaparelli. secondo le qualiVenere rivolgerebbe essa pure, così come pare facciaMercurio, sempre lo stesso emisfero al Sole, furono daalcuni osservatori o appoggiate o interamente conferma-te, furono da altri contraddette, ma recentemente, nel1902 e nel 1903, l’astronomo americano A. Lowell, in-dagando il controverso problema per vie nuove, nullatrovò che favorisca il concetto di una rapida rotazionedel pianeta quale sarebbe quella che si compie in 24 ore,trovò invece risultati favorevoli ad una stessa durata del-la rotazione e della rivoluzione del pianeta.

È questo quanto appunto affermò nel 1890 lo Schia-parelli, e che riceve quindi dalle più recenti osservazioniuna nuova e autorevole riconferma.

138. Talora mentre Venere brilla sull’orizzonte ridottaa falce sottilissima, si vede di essa l’intero disco graziead una luce debole ed incerta sovr’esso diffusa. È unaluce che dicesi secondaria, e che finora non si sa spie-gare.

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Fino al 1800 si ritenne universalmente tale duratauguale a poco meno che 24 ore, 23h 21m 22s. Lo Schia-parelli fu in quell’anno dalle proprie osservazioni e dauna critica stringente delle ricerche anteriori condotto apensare che la rotazione di Venere è lentissima, che essasuccede intorno ad un asse press’a poco coincidente col-la perpendicolare al piano dell’orbita del pianeta, e cheprobabilmente si compie in giorni 224,7 cioè in un pe-riodo esattamente uguale a quello della rivoluzione delpianeta intorno al Sole.

Le conclusioni dello Schiaparelli. secondo le qualiVenere rivolgerebbe essa pure, così come pare facciaMercurio, sempre lo stesso emisfero al Sole, furono daalcuni osservatori o appoggiate o interamente conferma-te, furono da altri contraddette, ma recentemente, nel1902 e nel 1903, l’astronomo americano A. Lowell, in-dagando il controverso problema per vie nuove, nullatrovò che favorisca il concetto di una rapida rotazionedel pianeta quale sarebbe quella che si compie in 24 ore,trovò invece risultati favorevoli ad una stessa durata del-la rotazione e della rivoluzione del pianeta.

È questo quanto appunto affermò nel 1890 lo Schia-parelli, e che riceve quindi dalle più recenti osservazioniuna nuova e autorevole riconferma.

138. Talora mentre Venere brilla sull’orizzonte ridottaa falce sottilissima, si vede di essa l’intero disco graziead una luce debole ed incerta sovr’esso diffusa. È unaluce che dicesi secondaria, e che finora non si sa spie-gare.

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Alcuni l’hanno attribuita ad una fosforescenza intrin-seca all’atmosfera e alla superficie del pianeta, ma an-che questa spiegazione ha il suo lato debole. Se veraessa fosse, la luce secondaria di Venere non potrebbe es-sere, come nel fatto è, un fenomeno saltuario, ed osser-vabile solo a lunghi intervalli di tempo.

§ IV.Come si presentano, visti dalla Terra, ipianeti superiori nel loro giro intorno al

Sole.

139. Non è difficile rendersi ragione di quello chedeve succedere di un pianeta superiore veduto dalla Ter-ra; basta considerare la vicina figura, nella quale si sup-pone che il circolo più grande rappresenti l’orbita di unpianeta esteriore, per esempio di Marte.

Anzitutto, stando la Terra in T, fig. 31, è chiaro cheMarte può rispetto alla Terra prendere nell’orbita suatutte le posizioni possibili, e presentare quindi ad essadiversi aspetti.

Fra i punti della propria orbita che ogni pianeta este-riore può occupare, alcuni meritano una considerazionespeciale.

Se il pianeta si trova in B, si trova cioè dietro del Solerispetto allo spettatore che si suppone in T, questi non lovedrà perchè esso sarà od occultato dal globo stesso delSole, o per lo meno reso invisibile dallo splendore diquesto; dicesi in questo caso che il pianeta è in congiun-

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Alcuni l’hanno attribuita ad una fosforescenza intrin-seca all’atmosfera e alla superficie del pianeta, ma an-che questa spiegazione ha il suo lato debole. Se veraessa fosse, la luce secondaria di Venere non potrebbe es-sere, come nel fatto è, un fenomeno saltuario, ed osser-vabile solo a lunghi intervalli di tempo.

§ IV.Come si presentano, visti dalla Terra, ipianeti superiori nel loro giro intorno al

Sole.

139. Non è difficile rendersi ragione di quello chedeve succedere di un pianeta superiore veduto dalla Ter-ra; basta considerare la vicina figura, nella quale si sup-pone che il circolo più grande rappresenti l’orbita di unpianeta esteriore, per esempio di Marte.

Anzitutto, stando la Terra in T, fig. 31, è chiaro cheMarte può rispetto alla Terra prendere nell’orbita suatutte le posizioni possibili, e presentare quindi ad essadiversi aspetti.

Fra i punti della propria orbita che ogni pianeta este-riore può occupare, alcuni meritano una considerazionespeciale.

Se il pianeta si trova in B, si trova cioè dietro del Solerispetto allo spettatore che si suppone in T, questi non lovedrà perchè esso sarà od occultato dal globo stesso delSole, o per lo meno reso invisibile dallo splendore diquesto; dicesi in questo caso che il pianeta è in congiun-

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zione col Sole.Se il pianeta passa da B in A, la Terra rimanendo per

ipotesi sempre in T, esso non solo sarà visibile di notte,ma giungerà anche al massimo del suo splendore e delsuo diametro apparente, vedendosi allora il suo discotutto illuminato, ed essendo inoltre la sua distanza dallaTerra la più piccola possibile. Nella posizione A il pia-neta si trova, rispetto alla Terra, in direzione esattamenteopposta a quella del Sole, e per ciò si dice che esso è al-lora in opposizione.

In altri punti dell’orbita, come in C e in D, solo unaporzione della parte illuminata del pianeta diventa visi-bile dalla Terra, ed il disco suo in conseguenza può nonapparire pieno del tutto. Si tratta di un difetto di formache è sensibile soltanto in Marte; gli altri pianeti esterio-ri non l’accusano in modo percettibile, e sembrano quasi

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zione col Sole.Se il pianeta passa da B in A, la Terra rimanendo per

ipotesi sempre in T, esso non solo sarà visibile di notte,ma giungerà anche al massimo del suo splendore e delsuo diametro apparente, vedendosi allora il suo discotutto illuminato, ed essendo inoltre la sua distanza dallaTerra la più piccola possibile. Nella posizione A il pia-neta si trova, rispetto alla Terra, in direzione esattamenteopposta a quella del Sole, e per ciò si dice che esso è al-lora in opposizione.

In altri punti dell’orbita, come in C e in D, solo unaporzione della parte illuminata del pianeta diventa visi-bile dalla Terra, ed il disco suo in conseguenza può nonapparire pieno del tutto. Si tratta di un difetto di formache è sensibile soltanto in Marte; gli altri pianeti esterio-ri non l’accusano in modo percettibile, e sembrano quasi

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costantemente affatto rotondi. Quando la linea che dallaTerra va al pianeta diventa perpendicolare a quella cheva dal Sole alla Terra (come sulla figura accade di TC edi TD). il pianeta dicesi in quadratura.

Ogni pianeta esteriore può, visto dal punto T, prende-re rispetto al Sole tutte le posizioni possibili, passare perla congiunzione, per l’opposizione, per le quadrature,mostrarsi a tutte le possibili distanze angolari dal Sole.Altrettanto non avviene di Mercurio e di Venere, chenon possono mai apparire nè in opposizione nè in qua-dratura col Sole, come facilmente si rileva dal § II delpresente capitolo.

§ V.Notizie speciali sopra i pianeti esteriori.

MARTE.140. Il quarto pianeta, in ordine di distanza dal centro

del Sistema, e quindi il primo dei pianeti, rispetto allaTerra, esterni o superiori è Marte; esso gira intorno alSole entro un’orbita di forma ovale alquanto allungata(eccentrica), il cui raggio medio misura, a un dipresso,227 milioni di chilometri.

141. Il luogo dell’orbita in cui Marte si trova nellecondizioni più favorevoli per essere ben osservato dallaTerra è, come già si disse nel precedente paragrafo, ilpunto A, fig. 31. Il pianeta è allora nella sua opposizionecol Sole, ci presenta il suo disco interamente illuminato,

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costantemente affatto rotondi. Quando la linea che dallaTerra va al pianeta diventa perpendicolare a quella cheva dal Sole alla Terra (come sulla figura accade di TC edi TD). il pianeta dicesi in quadratura.

Ogni pianeta esteriore può, visto dal punto T, prende-re rispetto al Sole tutte le posizioni possibili, passare perla congiunzione, per l’opposizione, per le quadrature,mostrarsi a tutte le possibili distanze angolari dal Sole.Altrettanto non avviene di Mercurio e di Venere, chenon possono mai apparire nè in opposizione nè in qua-dratura col Sole, come facilmente si rileva dal § II delpresente capitolo.

§ V.Notizie speciali sopra i pianeti esteriori.

MARTE.140. Il quarto pianeta, in ordine di distanza dal centro

del Sistema, e quindi il primo dei pianeti, rispetto allaTerra, esterni o superiori è Marte; esso gira intorno alSole entro un’orbita di forma ovale alquanto allungata(eccentrica), il cui raggio medio misura, a un dipresso,227 milioni di chilometri.

141. Il luogo dell’orbita in cui Marte si trova nellecondizioni più favorevoli per essere ben osservato dallaTerra è, come già si disse nel precedente paragrafo, ilpunto A, fig. 31. Il pianeta è allora nella sua opposizionecol Sole, ci presenta il suo disco interamente illuminato,

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non è lontano in media da noi che 82 milioni di chilo-metri, mentre, nella congiunzione, si allontana in mediafino a 388 milioni di chilometri circa23.

Fra l’opposizione e le quadrature, § precedente, il di-sco di Marte non è pieno, ma presenta una leggiera fasesimile a quella della Luna un po’ prima e un po’ dopo ilplenilunio.

142. Marte in circa 687 giorni (686g 23h 30m 41s)compie una rivoluzione attorno al Sole; il tempo che laTerra impiega a compiere la sua rivoluzione intorno alSole determina il nostro anno, e l’abbiamo dimostratonel paragrafo VII del capitolo primo; 687 giorni terrestrirappresentano quindi ciò che per analogia può chiamarsila durata dell’anno di Marte, e l’anno di Marte è perconseguenza poco meno che doppio di quello della Ter-ra.

Marte in 24 ore circa (24h 37m 23s) compie una rota-zione intorno a sè medesimo; l’asse intorno a cui Marteruota ha, per rispetto al piano della sua orbita, un’incli-nazione poco differente da quella dell’asse terrestre

23 Marte nelle suo opposizioni può avvicinarsi alla Terra fino a59 milioni di chilometri, e può allontanarsene nelle congiunzionifino a 407.

La distanza fra Marte e la Terra muta da una ad un’altra opposi-zione, secondo che questa avviene trovandosi il pianeta nell’unoo nell’altro punto dell’orbita sua, e ciò perchè questa essendoovale e non circolare, ha nei diversi punti suoi distanze diversedai punti più vicini dell’orbita terrestre.

I numeri dati nel testo sono, come più sopra già si notò, numerimedii fra quelli corrispondenti alle singole opposizioni e congiun-zioni.

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non è lontano in media da noi che 82 milioni di chilo-metri, mentre, nella congiunzione, si allontana in mediafino a 388 milioni di chilometri circa23.

Fra l’opposizione e le quadrature, § precedente, il di-sco di Marte non è pieno, ma presenta una leggiera fasesimile a quella della Luna un po’ prima e un po’ dopo ilplenilunio.

142. Marte in circa 687 giorni (686g 23h 30m 41s)compie una rivoluzione attorno al Sole; il tempo che laTerra impiega a compiere la sua rivoluzione intorno alSole determina il nostro anno, e l’abbiamo dimostratonel paragrafo VII del capitolo primo; 687 giorni terrestrirappresentano quindi ciò che per analogia può chiamarsila durata dell’anno di Marte, e l’anno di Marte è perconseguenza poco meno che doppio di quello della Ter-ra.

Marte in 24 ore circa (24h 37m 23s) compie una rota-zione intorno a sè medesimo; l’asse intorno a cui Marteruota ha, per rispetto al piano della sua orbita, un’incli-nazione poco differente da quella dell’asse terrestre

23 Marte nelle suo opposizioni può avvicinarsi alla Terra fino a59 milioni di chilometri, e può allontanarsene nelle congiunzionifino a 407.

La distanza fra Marte e la Terra muta da una ad un’altra opposi-zione, secondo che questa avviene trovandosi il pianeta nell’unoo nell’altro punto dell’orbita sua, e ciò perchè questa essendoovale e non circolare, ha nei diversi punti suoi distanze diversedai punti più vicini dell’orbita terrestre.

I numeri dati nel testo sono, come più sopra già si notò, numerimedii fra quelli corrispondenti alle singole opposizioni e congiun-zioni.

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sull’eclittica.Dalla rotazione della Terra è determinato il nostro

giorno (§ V, capitolo primo); dalla rotazione di Marte èdeterminato il giorno di chi in esso abitasse; i giorni del-la Terra e di Marte hanno quindi press’a poco la stessadurata.

L’inclinazione dell’equatore terrestre sull’eclittica de-termina sulla Terra la varia durata dei giorni e il succe-dersi delle stagioni diverse (§§ IX e X, capitolo primo),e poichè su Marte l’inclinazione dell’equatore all’orbitadel pianeta è poco diversa dall’inclinazione analoga chealla Terra si riferisce, analoghe alle terrestri devono es-sere le stagioni di Marte.

Chi abitasse su Marte vedrebbe nell’intervallo dipoco più che 24 ore la luce succedersi con perpetua vi-cenda alle tenebre nelle zone non troppo lontanedall’equatore; vedrebbe i giorni e le notti durare mesiinteri nelle zone più prossime ai poli; vedrebbe in gene-rale il giorno e la notte succedersi là come qui con ugua-li rapporti reciproci, con uguali differenze fra stagione estagione, fra clima e clima; là come qui avrebbe duezone glaciali o polari, due zone temperate, una zona tor-rida; doppia quasi della nostra avrebbe la duratadell’anno, e poco meno che doppie del pari avrebbe ledurate delle singole stagioni.

V’è quindi una grande analogia fra Marte e la Terra, equesta analogia sarà vieppiù confermata da quanto sidirà qui sotto.

Non si è ben certi se Marte abbia la forma di una sfe-

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sull’eclittica.Dalla rotazione della Terra è determinato il nostro

giorno (§ V, capitolo primo); dalla rotazione di Marte èdeterminato il giorno di chi in esso abitasse; i giorni del-la Terra e di Marte hanno quindi press’a poco la stessadurata.

L’inclinazione dell’equatore terrestre sull’eclittica de-termina sulla Terra la varia durata dei giorni e il succe-dersi delle stagioni diverse (§§ IX e X, capitolo primo),e poichè su Marte l’inclinazione dell’equatore all’orbitadel pianeta è poco diversa dall’inclinazione analoga chealla Terra si riferisce, analoghe alle terrestri devono es-sere le stagioni di Marte.

Chi abitasse su Marte vedrebbe nell’intervallo dipoco più che 24 ore la luce succedersi con perpetua vi-cenda alle tenebre nelle zone non troppo lontanedall’equatore; vedrebbe i giorni e le notti durare mesiinteri nelle zone più prossime ai poli; vedrebbe in gene-rale il giorno e la notte succedersi là come qui con ugua-li rapporti reciproci, con uguali differenze fra stagione estagione, fra clima e clima; là come qui avrebbe duezone glaciali o polari, due zone temperate, una zona tor-rida; doppia quasi della nostra avrebbe la duratadell’anno, e poco meno che doppie del pari avrebbe ledurate delle singole stagioni.

V’è quindi una grande analogia fra Marte e la Terra, equesta analogia sarà vieppiù confermata da quanto sidirà qui sotto.

Non si è ben certi se Marte abbia la forma di una sfe-

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ra perfetta, oppure ruoti esso pure, come la Terra, intor-no ad un asse più corto che il suo diametro equatorialeed abbia per conseguenza la forma di un ellissoideschiacciato ai poli della rotazione. Le ricerche più recen-ti paiono favorevoli alla forma sua ellissoidica, e dannoper lo schiacciamento polare valori compresi fra 1:220 e1:190. Certo è che Marte è più piccolo della Terra; il suodiametro medio di poco supera la metà di quello dellaTerra, e ne è i 0.53; la sua superficie è meno che i tre de-cimi della superficie della Terra; il suo volume è un set-timo circa del volume della Terra.

143. Se si guarda Marte ad occhio nudo, esso ci appa-re di una tinta rossastra, che lo rende facilmente distin-guibile da qualunque altro pianeta. Ma se lo si osservacon un buon telescopio, quella tinta uniforme scompareper lasciar luogo a macchie scure, che qua e là turbanolo splendore generale del suo disco. Sono macchie fissee permanenti, che in 60 anni e più non hanno mutatoforma ed aspetto; non poche sono cupe; hanno estensio-ni diverse, e van separate le une dalle altre da macchiemeno scure, più lucenti, diversamente colorate. Striscielunghe e nere attraversano le macchie lucenti, e rileganole oscure. Macchie e striscie formano un intreccio com-plicato di dettagli difficili a decifrare, ricchi di contrastidi colore, di gradazioni e sfumature di ombre e di luce.

Sull’emisfero australe le macchie oscure (mari) sonopiù grandi, più numerose, più forti e meglio definite.Sull’emisfero boreale predominano le macchie lucenti(continenti), e, attraverso ad esse, striscie scure (canali)

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ra perfetta, oppure ruoti esso pure, come la Terra, intor-no ad un asse più corto che il suo diametro equatorialeed abbia per conseguenza la forma di un ellissoideschiacciato ai poli della rotazione. Le ricerche più recen-ti paiono favorevoli alla forma sua ellissoidica, e dannoper lo schiacciamento polare valori compresi fra 1:220 e1:190. Certo è che Marte è più piccolo della Terra; il suodiametro medio di poco supera la metà di quello dellaTerra, e ne è i 0.53; la sua superficie è meno che i tre de-cimi della superficie della Terra; il suo volume è un set-timo circa del volume della Terra.

143. Se si guarda Marte ad occhio nudo, esso ci appa-re di una tinta rossastra, che lo rende facilmente distin-guibile da qualunque altro pianeta. Ma se lo si osservacon un buon telescopio, quella tinta uniforme scompareper lasciar luogo a macchie scure, che qua e là turbanolo splendore generale del suo disco. Sono macchie fissee permanenti, che in 60 anni e più non hanno mutatoforma ed aspetto; non poche sono cupe; hanno estensio-ni diverse, e van separate le une dalle altre da macchiemeno scure, più lucenti, diversamente colorate. Striscielunghe e nere attraversano le macchie lucenti, e rileganole oscure. Macchie e striscie formano un intreccio com-plicato di dettagli difficili a decifrare, ricchi di contrastidi colore, di gradazioni e sfumature di ombre e di luce.

Sull’emisfero australe le macchie oscure (mari) sonopiù grandi, più numerose, più forti e meglio definite.Sull’emisfero boreale predominano le macchie lucenti(continenti), e, attraverso ad esse, striscie scure (canali)

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variamente s’intrecciano formando strane poligonazioni.Sull’uno e sull’altro emisfero macchie e striscie dàn-

no luogo a configurazioni geografiche analoghe peraspetto a quelle della Terra, sì che, vedendole, le parolecontinente, mare, isola, itsmo, stretto, golfo, penisola,promontorio, seno, canale e via sorgono spontanee nellamente e corrono al labbro. Appartengono queste confi-gurazioni alla superficie immutabile del pianeta, e le siconoscono oramai tanto sicuramente che con esse si rie-sce a formare carte di Marte, le quali prendono il nomedi carte aregrafiche, perchè analoghe alle carte delleconfigurazioni della superficie terrestre ossia alle cartegeografiche.

La fig. 31 bis qui di contro rappresenta, così comeesige il formato, in piccolo una carta generale di Martetratta dai lavori dello Schiaparelli.

144. Sul disco di Marte esistono due macchie perma-nenti, dalle altre diversissime e che meritano una men-

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variamente s’intrecciano formando strane poligonazioni.Sull’uno e sull’altro emisfero macchie e striscie dàn-

no luogo a configurazioni geografiche analoghe peraspetto a quelle della Terra, sì che, vedendole, le parolecontinente, mare, isola, itsmo, stretto, golfo, penisola,promontorio, seno, canale e via sorgono spontanee nellamente e corrono al labbro. Appartengono queste confi-gurazioni alla superficie immutabile del pianeta, e le siconoscono oramai tanto sicuramente che con esse si rie-sce a formare carte di Marte, le quali prendono il nomedi carte aregrafiche, perchè analoghe alle carte delleconfigurazioni della superficie terrestre ossia alle cartegeografiche.

La fig. 31 bis qui di contro rappresenta, così comeesige il formato, in piccolo una carta generale di Martetratta dai lavori dello Schiaparelli.

144. Sul disco di Marte esistono due macchie perma-nenti, dalle altre diversissime e che meritano una men-

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zione speciale. Sono due macchie bianche e splendenticome neve, che occupano le regioni circostanti ai duepoli di rotazione del pianeta. Esse si restringono durantel’estate del rispettivo emisfero, si ricostituiscono duran-te l’inverno.

Ciascuna di esse all’approssimarsi della stagione cal-da del proprio emisfero incomincia a restringersi, a di-minuire nella sua parte periferica, e va progressivamenteriducendo la sua grandezza fino a circa due mesi e mez-zo dopo il rispettivo solstizio, a partire dal quale succe-de un lento incremento delle dimensioni sue, incrementoche continua per tutta le stagione invernale.

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zione speciale. Sono due macchie bianche e splendenticome neve, che occupano le regioni circostanti ai duepoli di rotazione del pianeta. Esse si restringono durantel’estate del rispettivo emisfero, si ricostituiscono duran-te l’inverno.

Ciascuna di esse all’approssimarsi della stagione cal-da del proprio emisfero incomincia a restringersi, a di-minuire nella sua parte periferica, e va progressivamenteriducendo la sua grandezza fino a circa due mesi e mez-zo dopo il rispettivo solstizio, a partire dal quale succe-de un lento incremento delle dimensioni sue, incrementoche continua per tutta le stagione invernale.

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La similitudine di posizione e di colore colle nevi deipoli terrestri è perfetta; come le nostre nevi polari, essesubiscono variazioni dipendenti dalle stagioni o dallepiù o meno intensa irradiazione del Sole a cui van sog-gette; supporre quindi che esse sieno qualche cosa dianalogo alle nostre nevi, che esse sieno realmente massedi materia congelata e cristallizzata, è fare una supposi-zione non solo probabilissima ma di certezza quasi asso-luta.

I due disegni (fig. 32 e 33) rappresentano la macchiabianca del polo australe di Marte in due posizioni diver-se del pianeta.

145. Oltre alle macchie fisse e permanenti, su Martesi osservano talora macchie mutabili, transitorie, fugaci.

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La similitudine di posizione e di colore colle nevi deipoli terrestri è perfetta; come le nostre nevi polari, essesubiscono variazioni dipendenti dalle stagioni o dallepiù o meno intensa irradiazione del Sole a cui van sog-gette; supporre quindi che esse sieno qualche cosa dianalogo alle nostre nevi, che esse sieno realmente massedi materia congelata e cristallizzata, è fare una supposi-zione non solo probabilissima ma di certezza quasi asso-luta.

I due disegni (fig. 32 e 33) rappresentano la macchiabianca del polo australe di Marte in due posizioni diver-se del pianeta.

145. Oltre alle macchie fisse e permanenti, su Martesi osservano talora macchie mutabili, transitorie, fugaci.

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Si formano con vicenda più o meno rapida, si muovono,si deformano, si allungano in diverse maniere, e qualchevolta si sciolgono in filamenti paralleli; nascondono perqualche tempo i dettagli ben noti della superficie delpianeta, quasi fossero un velo; si sciolgono, scompaionoe i dettagli superficiali riappaiono.

Evidentemente Marte è circondato da un’atmosfera, ele macchie sue transitorie sono intorbidamenti momen-tanei della sua atmosfera. Sono nebbie e nubi dell’atmo-sfera di Marte; e poichè ghiacci e nevi polari esistonosulla superficie di Marte; e poichè ghiacci e nevi che sisquagliano e si ricostituiscono non si sanno immaginaresenza masse liquide sulla superficie del pianeta, senzavapori da queste generati e successivamente condensati-si; e poichè infine osservazioni, delle quali qui non è op-portuno parlare, dimostrano che nell’atmosfera di Martevapori d’acqua esistono, sono nebbie e nubi probabilis-simamente analoghe alle terrestri.

Da qualunque punto di vista lo si consideri, Martepresenta una somiglianza grandissima alla Terra. Somi-glianza non vuol però dire identità. La natura non copiamai sè stessa, e Marte, pur ricordando molto da vicino laTerra, ne è per certi riguardi molto diverso; ha una me-teorologia propria che non è la terrestre, presenta detta-gli sul suolo suo che sulla Terra non hanno riscontro al-cuno.

Caratteristici su Marte sono i canali. Una linea di uncolor rosso-bruno poco più oscuro del fondo dal quale sistacca, talora intensamente nera, in ogni caso ben defini-

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Si formano con vicenda più o meno rapida, si muovono,si deformano, si allungano in diverse maniere, e qualchevolta si sciolgono in filamenti paralleli; nascondono perqualche tempo i dettagli ben noti della superficie delpianeta, quasi fossero un velo; si sciolgono, scompaionoe i dettagli superficiali riappaiono.

Evidentemente Marte è circondato da un’atmosfera, ele macchie sue transitorie sono intorbidamenti momen-tanei della sua atmosfera. Sono nebbie e nubi dell’atmo-sfera di Marte; e poichè ghiacci e nevi polari esistonosulla superficie di Marte; e poichè ghiacci e nevi che sisquagliano e si ricostituiscono non si sanno immaginaresenza masse liquide sulla superficie del pianeta, senzavapori da queste generati e successivamente condensati-si; e poichè infine osservazioni, delle quali qui non è op-portuno parlare, dimostrano che nell’atmosfera di Martevapori d’acqua esistono, sono nebbie e nubi probabilis-simamente analoghe alle terrestri.

Da qualunque punto di vista lo si consideri, Martepresenta una somiglianza grandissima alla Terra. Somi-glianza non vuol però dire identità. La natura non copiamai sè stessa, e Marte, pur ricordando molto da vicino laTerra, ne è per certi riguardi molto diverso; ha una me-teorologia propria che non è la terrestre, presenta detta-gli sul suolo suo che sulla Terra non hanno riscontro al-cuno.

Caratteristici su Marte sono i canali. Una linea di uncolor rosso-bruno poco più oscuro del fondo dal quale sistacca, talora intensamente nera, in ogni caso ben defini-

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ta, quasi tracciata a penna, uniforme e regolare in tuttala sua lunghezza, attraversa la superficie rossastra delpianeta (fig. 31 bis). Per analogia la si chiama un canale,ma di essa la natura vera è finora un enigma.

Si osservano nei canali di Marte variazioni sensibili: acerte epoche essi divengono invisibili: a certe altre cam-biano di larghezza, e da un filo appena percettibile sitrasformano in una riga nera perfettamente e facilmentevisibile. Appaiono per tal modo diversamente intensi, ele variazioni di intensità si estendono in un dato canalesimultaneamente a tutta la sua lunghezza, ed avvengonobruscamente senza transizione apprezzabile. Se si trattidi un canale che con altri si incontri e da essi venga di-viso in più parti o sezioni, l’intensità sua rimane unifor-me in ognuna delle sezioni, pur essendo diversa da unaad un’altra sezione. La rete alla quale nel loro insieme icanali danno origine (fig. 31 bis) non ha quindi nulla distabile, e ad epoche poco lontane presenta aspetti e dise-gni assai diversi.

Il fenomeno più curioso presentato dai canali di Mar-te è quello che lo Schiaparelli chiamò la geminazioneloro.

In pochi giorni, forse in poche ore, per un processo ditrasformazione di cui i dettagli sono fino al presentesfuggiti, un canale si presenta doppio e formato di duestriscie ordinariamente uguali e parallele. In apparenzasono l’una all’altra vicinissime, in realtà la loro distanzavaria da 6 a 12 gradi di circonferenza di circolo massi-mo del globo di Marte, da 350 a 700 chilometri. L’una

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ta, quasi tracciata a penna, uniforme e regolare in tuttala sua lunghezza, attraversa la superficie rossastra delpianeta (fig. 31 bis). Per analogia la si chiama un canale,ma di essa la natura vera è finora un enigma.

Si osservano nei canali di Marte variazioni sensibili: acerte epoche essi divengono invisibili: a certe altre cam-biano di larghezza, e da un filo appena percettibile sitrasformano in una riga nera perfettamente e facilmentevisibile. Appaiono per tal modo diversamente intensi, ele variazioni di intensità si estendono in un dato canalesimultaneamente a tutta la sua lunghezza, ed avvengonobruscamente senza transizione apprezzabile. Se si trattidi un canale che con altri si incontri e da essi venga di-viso in più parti o sezioni, l’intensità sua rimane unifor-me in ognuna delle sezioni, pur essendo diversa da unaad un’altra sezione. La rete alla quale nel loro insieme icanali danno origine (fig. 31 bis) non ha quindi nulla distabile, e ad epoche poco lontane presenta aspetti e dise-gni assai diversi.

Il fenomeno più curioso presentato dai canali di Mar-te è quello che lo Schiaparelli chiamò la geminazioneloro.

In pochi giorni, forse in poche ore, per un processo ditrasformazione di cui i dettagli sono fino al presentesfuggiti, un canale si presenta doppio e formato di duestriscie ordinariamente uguali e parallele. In apparenzasono l’una all’altra vicinissime, in realtà la loro distanzavaria da 6 a 12 gradi di circonferenza di circolo massi-mo del globo di Marte, da 350 a 700 chilometri. L’una

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delle striscie conserva talora il luogo del canale primiti-vo; talora nè l’una nè l’altra delle nuove formazionicoincide coll’antico canale.

Le geminazioni si producono per una rapida meta-morfosi, ma non tutti i canali si geminano insieme nellostesso momento. Il fenomeno loro pare regolato dal pe-riodo delle stagioni di Marte, e avviene principalmenteun po’ dopo l’equinozio di primavera del pianeta e unpo’ prima dell’equinozio di autunno: esse scompaiono ingran parte all’epoca del solstizio boreale, scompaionotutte all’epoca del solstizio australe di Marte; alcune benvisibili in una data opposizione del pianeta, non si vedo-no affatto nelle opposizioni successive.

Quel che sieno in realtà i canali di Marte non si puòancora dire. Supposero alcuni che Marte sia occupatotuttora da immensi ghiacciai, che le sue lunghe stagionisingolarmente favoriscano lo svolgimento e lo scompi-glio periodico delle sue grandi masse di ghiaccio, che icosì detti canali sieno crepacci di ghiaccio. Ma questaipotesi glaciale non è guari sostenibile, contraddettacome è dalla fusione dei ghiacci polari che su Martesuccede ogni estate in modo più rapido che da noi, e alpolo australe quasi completamente. D’altra parte l’ipote-si che i canali siano percorsi da masse liquide, l’ipotesiche essi sieno grandiosi manufatti, l’ipotesi che essi pro-vengano da speciali vegetazioni o colture, e ogni altraipotesi che si possa immaginare dietro analogie trattedalla Terra punto si accorda con la nessuna fissità loro econ le altre apparizioni lungo essi osservate.

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delle striscie conserva talora il luogo del canale primiti-vo; talora nè l’una nè l’altra delle nuove formazionicoincide coll’antico canale.

Le geminazioni si producono per una rapida meta-morfosi, ma non tutti i canali si geminano insieme nellostesso momento. Il fenomeno loro pare regolato dal pe-riodo delle stagioni di Marte, e avviene principalmenteun po’ dopo l’equinozio di primavera del pianeta e unpo’ prima dell’equinozio di autunno: esse scompaiono ingran parte all’epoca del solstizio boreale, scompaionotutte all’epoca del solstizio australe di Marte; alcune benvisibili in una data opposizione del pianeta, non si vedo-no affatto nelle opposizioni successive.

Quel che sieno in realtà i canali di Marte non si puòancora dire. Supposero alcuni che Marte sia occupatotuttora da immensi ghiacciai, che le sue lunghe stagionisingolarmente favoriscano lo svolgimento e lo scompi-glio periodico delle sue grandi masse di ghiaccio, che icosì detti canali sieno crepacci di ghiaccio. Ma questaipotesi glaciale non è guari sostenibile, contraddettacome è dalla fusione dei ghiacci polari che su Martesuccede ogni estate in modo più rapido che da noi, e alpolo australe quasi completamente. D’altra parte l’ipote-si che i canali siano percorsi da masse liquide, l’ipotesiche essi sieno grandiosi manufatti, l’ipotesi che essi pro-vengano da speciali vegetazioni o colture, e ogni altraipotesi che si possa immaginare dietro analogie trattedalla Terra punto si accorda con la nessuna fissità loro econ le altre apparizioni lungo essi osservate.

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Le geminazioni sopratutto rimangono ribelli ad ognispiegazione; non sono permanenti e connesse indissolu-bilmente con la superficie solida del pianeta; paionopiuttosto formazioni transitorie e capaci di riprodursi,ma che cosa siano non si sa, nè mancano coloro i qualidubitano della loro realtà e le considerano come appa-renze ottiche subiettive. Secondo alcuni anzi i canalistessi indicherebbero soltanto confini di regioni inugual-mente tinte, oppure provverrebbero da una integrazioneottica di dettagli troppo piccoli per essere visti l’unodall’altro distinti.

La verità si è che se si paragonano le carte di Marteuscite dal 1840 al 1903, si nota in esse un grande e gra-duale progresso. Tutte accennano all’evoluzione com-piutasi nelle cognizioni nostre intorno alle configurazio-ni della superficie del pianeta, tutte riproducono unacomplessità sempre maggiore di dettagli. Della maggiorparte di questi dettagli non sappiamo però ancora darciragione, e quanti si occupano seriamente di essi ammet-tono, loro malgrado, che troppo piccolo è ancora il nu-mero delle osservazioni, degne di tal nome, sovr’essifatte, perchè sia possibile determinare con critica sicuraquale fra le varie ipotesi eccitate dalla loro indefinita va-rietà sia la preferibile.

146. Fino agli ultimi tempi si è creduto che Marte,come Mercurio e Venere, fosse privo di satelliti. Manell’agosto del 1877, essendosi il pianeta avvicinatomolto alla Terra, riuscì all’astronomo americano profes-sore Hall, armato di un gigantesco telescopio, di scoprir-

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Le geminazioni sopratutto rimangono ribelli ad ognispiegazione; non sono permanenti e connesse indissolu-bilmente con la superficie solida del pianeta; paionopiuttosto formazioni transitorie e capaci di riprodursi,ma che cosa siano non si sa, nè mancano coloro i qualidubitano della loro realtà e le considerano come appa-renze ottiche subiettive. Secondo alcuni anzi i canalistessi indicherebbero soltanto confini di regioni inugual-mente tinte, oppure provverrebbero da una integrazioneottica di dettagli troppo piccoli per essere visti l’unodall’altro distinti.

La verità si è che se si paragonano le carte di Marteuscite dal 1840 al 1903, si nota in esse un grande e gra-duale progresso. Tutte accennano all’evoluzione com-piutasi nelle cognizioni nostre intorno alle configurazio-ni della superficie del pianeta, tutte riproducono unacomplessità sempre maggiore di dettagli. Della maggiorparte di questi dettagli non sappiamo però ancora darciragione, e quanti si occupano seriamente di essi ammet-tono, loro malgrado, che troppo piccolo è ancora il nu-mero delle osservazioni, degne di tal nome, sovr’essifatte, perchè sia possibile determinare con critica sicuraquale fra le varie ipotesi eccitate dalla loro indefinita va-rietà sia la preferibile.

146. Fino agli ultimi tempi si è creduto che Marte,come Mercurio e Venere, fosse privo di satelliti. Manell’agosto del 1877, essendosi il pianeta avvicinatomolto alla Terra, riuscì all’astronomo americano profes-sore Hall, armato di un gigantesco telescopio, di scoprir-

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ne due piccolissimi, i quali si aggirano intorno al pianetaa poca distanza da esso, l’uno, Phobos, nel periodo dicirca 8 ore, l’altro, Deimos, di 30 circa. Questi sono dacontarsi fra i più piccoli corpi del Sistema planetario, e,a giudicare dalla poca luce che mandano, si può stimareche il loro diametro non possa di molto eccedere lequindici miglia24.

GLI ASTEROIDI O PICCOLI PIANETI.IL PICCOLO PIANETA EROS.

147. Dopo Marte, nella regione del cielo che si esten-de fra questo pianeta e Giove, circolano gli asteroidi opiccoli pianeti ad una distanza media dal Sole pressochèsettupla di quella di Mercurio. Il loro numero è orauguale a 512, ma non passa anno, non passa quasi mesesenza che se ne scopra qualcuno.

Sono disseminati sopra una estensione larga tre voltecirca la distanza che in media separa la Terra dal Sole;sono tutti piccolissimi e, tranne i principali, non supera-no in isplendore le stelle di 10ª grandezza: soltanto unodi essi, Vesta è abbastanza grande da diventar qualchevolta visibile all’occhio nudo, quando si trova nella suamaggior vicinanza alla Terra. Ve ne sono anche di cosìpiccoli da non avere una superficie eccedente l’estensio-ne di una delle nostre provincie.

A cagione della loro esiguità non è meraviglia chenulla di ben sicuro siasi potuto saper finora circa la loro

24 Sappiamo ora che il diametro di Phobos misura appena chi-lometri 9,5; quello di Deimos chilometri 8,4.

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ne due piccolissimi, i quali si aggirano intorno al pianetaa poca distanza da esso, l’uno, Phobos, nel periodo dicirca 8 ore, l’altro, Deimos, di 30 circa. Questi sono dacontarsi fra i più piccoli corpi del Sistema planetario, e,a giudicare dalla poca luce che mandano, si può stimareche il loro diametro non possa di molto eccedere lequindici miglia24.

GLI ASTEROIDI O PICCOLI PIANETI.IL PICCOLO PIANETA EROS.

147. Dopo Marte, nella regione del cielo che si esten-de fra questo pianeta e Giove, circolano gli asteroidi opiccoli pianeti ad una distanza media dal Sole pressochèsettupla di quella di Mercurio. Il loro numero è orauguale a 512, ma non passa anno, non passa quasi mesesenza che se ne scopra qualcuno.

Sono disseminati sopra una estensione larga tre voltecirca la distanza che in media separa la Terra dal Sole;sono tutti piccolissimi e, tranne i principali, non supera-no in isplendore le stelle di 10ª grandezza: soltanto unodi essi, Vesta è abbastanza grande da diventar qualchevolta visibile all’occhio nudo, quando si trova nella suamaggior vicinanza alla Terra. Ve ne sono anche di cosìpiccoli da non avere una superficie eccedente l’estensio-ne di una delle nostre provincie.

A cagione della loro esiguità non è meraviglia chenulla di ben sicuro siasi potuto saper finora circa la loro

24 Sappiamo ora che il diametro di Phobos misura appena chi-lometri 9,5; quello di Deimos chilometri 8,4.

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costituzione fisica.Notevole fra tutti è il piccolo pianeta Eros, contrasse-

gnato dal numero (433). Scoperto nell’agosto del 1898dall’astronomo tedesco G. Witt, fu in seguito rintraccia-to su parecchie fotografie del cielo fatte anteriormenteall’osservatorio Harvard, in Cambridge S. U., nei giorni4 e 5 di giugno del 1896. Colle osservazioni del 1896 edel 1898 fu possibile calcolare del pianeta un’orbita ab-bastanza precisa, e per mezzo delle posizioni di Eros daessa determinate ritrovare il pianeta in altre fotografiedel cielo eseguite anteriormente a cominciare dal 1903.Dimostrano esse che nell’ottobre del 1893 il pianeta eradi decima grandezza, che il suo splendore crebbe rapi-damente fino a diventare di settima grandezza nel gen-naio del 1894, che nel marzo successivo era già di nonasoltanto, che poco dopo verso la fine dell’aprile, era tor-nato di decima. Permisero esse una ulteriore elaborazio-ne dell’orbita del pianeta alla quale attese l’astronomoitaliano E. Millosevich, che pose inoltre a base dei pro-prii calcoli le migliaia di osservazioni fatte in molte spe-cole nel 1898, nel 1899, nel 1900 e nel 1901.

Gli elementi dell’orbita di Eros accennano ad un astroil quale si muove nello spazio a grande distanza dallosciame dei piccoli pianeti, e il quale portato dal suo mo-vimento orbitale si avvicina al Sole ben più che Marte,si avvicina alla Terra molto più che ogni altro dei pianetinoti. Mentre i piccoli pianeti si osservano ad una distan-za dal Sole uguale in media a 394 milioni di chilometri,la media distanza di Eros dal Sole è, sempre in milioni

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costituzione fisica.Notevole fra tutti è il piccolo pianeta Eros, contrasse-

gnato dal numero (433). Scoperto nell’agosto del 1898dall’astronomo tedesco G. Witt, fu in seguito rintraccia-to su parecchie fotografie del cielo fatte anteriormenteall’osservatorio Harvard, in Cambridge S. U., nei giorni4 e 5 di giugno del 1896. Colle osservazioni del 1896 edel 1898 fu possibile calcolare del pianeta un’orbita ab-bastanza precisa, e per mezzo delle posizioni di Eros daessa determinate ritrovare il pianeta in altre fotografiedel cielo eseguite anteriormente a cominciare dal 1903.Dimostrano esse che nell’ottobre del 1893 il pianeta eradi decima grandezza, che il suo splendore crebbe rapi-damente fino a diventare di settima grandezza nel gen-naio del 1894, che nel marzo successivo era già di nonasoltanto, che poco dopo verso la fine dell’aprile, era tor-nato di decima. Permisero esse una ulteriore elaborazio-ne dell’orbita del pianeta alla quale attese l’astronomoitaliano E. Millosevich, che pose inoltre a base dei pro-prii calcoli le migliaia di osservazioni fatte in molte spe-cole nel 1898, nel 1899, nel 1900 e nel 1901.

Gli elementi dell’orbita di Eros accennano ad un astroil quale si muove nello spazio a grande distanza dallosciame dei piccoli pianeti, e il quale portato dal suo mo-vimento orbitale si avvicina al Sole ben più che Marte,si avvicina alla Terra molto più che ogni altro dei pianetinoti. Mentre i piccoli pianeti si osservano ad una distan-za dal Sole uguale in media a 394 milioni di chilometri,la media distanza di Eros dal Sole è, sempre in milioni

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di chilometri, espressa dal numero 217. Mentre Martenel punto dell’orbita suo più vicino al Sole dista da que-sto 205 milioni di chilometri in cifra tonda, Eros si avvi-cina al Sole fino a prendere da esso la distanza minimadi 166 milioni di chilometri. Mentre fra i piccoli pianetiquelli che più si avvicinano alla Terra ne distano ancora119 milioni di chilometri, mentre Venere e Marte nellaloro vicinanza massima alla Terra restano da questa a di-stanze rispettivamente di 37 e di 54 milioni di chilome-tri, Eros alla Terra si avvicina fino a soli 22 milioni dichilometri.

Per la grande vicinanza alla Terra in alcuna delle sueopposizioni, per la piccolezza del suo diametro apparen-te, uguale al più a un quarto di minuto secondo d’arco,Eros è nel Sistema solare l’astro meglio atto a determi-nare la precisa distanza che separa il Sole dalla Terra, ea tale scopo numerose osservazioni sistematiche interna-zionali furono fatte durante la sua opposizione del 1900-1901.

Per lo splendor suo che, in causa delle diversissimedistanze che esso prende in tempi diversi dalla Terra,oscilla fra la sesta e la duodecima grandezza, Eros di-venta anche dal punto di vista fotometrico uno degliastri più attraenti. Si potrà per esso verificare la ben notalegge per la quale si ritiene che l’intensità della luce va-ria in ragione inversa del quadrato delle distanze; si po-trà per esso ad un tempo stabilire se nel sistema del Soleesista o no un mezzo capace di assorbire e di estinguerefino a un certo punto la luce. Già le osservazioni del

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di chilometri, espressa dal numero 217. Mentre Martenel punto dell’orbita suo più vicino al Sole dista da que-sto 205 milioni di chilometri in cifra tonda, Eros si avvi-cina al Sole fino a prendere da esso la distanza minimadi 166 milioni di chilometri. Mentre fra i piccoli pianetiquelli che più si avvicinano alla Terra ne distano ancora119 milioni di chilometri, mentre Venere e Marte nellaloro vicinanza massima alla Terra restano da questa a di-stanze rispettivamente di 37 e di 54 milioni di chilome-tri, Eros alla Terra si avvicina fino a soli 22 milioni dichilometri.

Per la grande vicinanza alla Terra in alcuna delle sueopposizioni, per la piccolezza del suo diametro apparen-te, uguale al più a un quarto di minuto secondo d’arco,Eros è nel Sistema solare l’astro meglio atto a determi-nare la precisa distanza che separa il Sole dalla Terra, ea tale scopo numerose osservazioni sistematiche interna-zionali furono fatte durante la sua opposizione del 1900-1901.

Per lo splendor suo che, in causa delle diversissimedistanze che esso prende in tempi diversi dalla Terra,oscilla fra la sesta e la duodecima grandezza, Eros di-venta anche dal punto di vista fotometrico uno degliastri più attraenti. Si potrà per esso verificare la ben notalegge per la quale si ritiene che l’intensità della luce va-ria in ragione inversa del quadrato delle distanze; si po-trà per esso ad un tempo stabilire se nel sistema del Soleesista o no un mezzo capace di assorbire e di estinguerefino a un certo punto la luce. Già le osservazioni del

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1901 diedero al riguardo risultati non aspettati, e dimo-strarono che lo splendore di Eros è soggetto a fluttuazio-ni di corto periodo, le quali per altro non sembrano per-manenti.

GIOVE.148. Giove, dopo il Sole, tiene nel Sistema solare il

primo posto; è il più grande di tutti i pianeti conosciuti;il suo splendore apparente, malgrado la tanto maggioresua distanza dal Sole, è poco inferiore al massimo splen-dore di Venere; non è però possibile confondere l’unocoll’altro pianeta, perchè Venere spessissimo scintilla alpari di una stella, mentre la luce di Giove è sempre tran-quilla.

Giove muovesi ad una distanza media dal Sole di cir-ca 774 milioni di chilometri, epperò la sua orbita, cheesso percorre in 4332 giorni (quasi 12 anni), include tut-te quelle degli asteroidi.

Ogni 400 giorni all’incirca Giove si trova alla sua mi-nima distanza dalla Terra: allora esso si presenta nellecondizioni più favorevoli all’osservazione dei fenomenisingolari del suo disco splendente, il suo diametro appa-rente arrivando ad essere press’a poco la quarantesimaparte di quello del disco lunare.

149. Le dimensioni effettive di Giove sono enormi, esi calcola che esso col suo volume occupa uno spaziosufficiente a contenere 1431 globi eguali alla Terra. Performarsi un’idea approssimata del grande e poderosopianeta, si pensi che un treno celerissimo, il quale viag-

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1901 diedero al riguardo risultati non aspettati, e dimo-strarono che lo splendore di Eros è soggetto a fluttuazio-ni di corto periodo, le quali per altro non sembrano per-manenti.

GIOVE.148. Giove, dopo il Sole, tiene nel Sistema solare il

primo posto; è il più grande di tutti i pianeti conosciuti;il suo splendore apparente, malgrado la tanto maggioresua distanza dal Sole, è poco inferiore al massimo splen-dore di Venere; non è però possibile confondere l’unocoll’altro pianeta, perchè Venere spessissimo scintilla alpari di una stella, mentre la luce di Giove è sempre tran-quilla.

Giove muovesi ad una distanza media dal Sole di cir-ca 774 milioni di chilometri, epperò la sua orbita, cheesso percorre in 4332 giorni (quasi 12 anni), include tut-te quelle degli asteroidi.

Ogni 400 giorni all’incirca Giove si trova alla sua mi-nima distanza dalla Terra: allora esso si presenta nellecondizioni più favorevoli all’osservazione dei fenomenisingolari del suo disco splendente, il suo diametro appa-rente arrivando ad essere press’a poco la quarantesimaparte di quello del disco lunare.

149. Le dimensioni effettive di Giove sono enormi, esi calcola che esso col suo volume occupa uno spaziosufficiente a contenere 1431 globi eguali alla Terra. Performarsi un’idea approssimata del grande e poderosopianeta, si pensi che un treno celerissimo, il quale viag-

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giasse giorno e notte senza interruzione colla velocità di50 chilometri all’ora, impiegherebbe un anno e un terzodi mese circa a farne il giro.

150. La figura di Giove non è esattamente quella diuna sfera. Essa è sensibilmente ovale, e Giove rapida-mente ruota intorno a sè medesimo; verso i poli apparecompresso; appar rigonfio verso l’equatore. Anche laTerra è schiacciata ai poli, ma in Giove lo schiacciamen-to è assai più sensibile e lo si riconosce a colpod’occhio; il suo diametro equatoriale è infatti di circa unsedicesimo più grande che il polare.

Giove compie intorno al suo asse polare una rotazio-ne completa in meno di 10 ore, (9h 55m), e lo dimostra-rono alcune macchie del suo disco attentamente e perqualche tempo osservate. I punti dell’equatore di Giovepercorrono quindi in meno di 10 ore una circonferenzalunga 450 mila chilometri, e si muovono colla velocitàdi 45 e più mila chilometri all’ora. È una velocità verti-ginosa, e a persuadersene pensi il lettore che in graziadella rotazione terrestre un punto del nostro equatore simuove colla velocità di soli 1667 chilometri all’ora.

Alla superficie di Giove, i corpi, a motivo della enor-me massa del pianeta25, debbono pesare poco meno cheil triplo26 di quello che pesano sulla Terra, ma questopeso, d’altra parte, viene moderato nelle regioni equato-riali da una grande forza centrifuga dovuta alla straordi-

25 Massa che è 317 volte circa quella della Terra.26 Per calcolare questo numero bisogna tener conto, oltre che

della massa, anche del diametro del pianeta, che si può ritenere 11e più volte il diametro terrestre.

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giasse giorno e notte senza interruzione colla velocità di50 chilometri all’ora, impiegherebbe un anno e un terzodi mese circa a farne il giro.

150. La figura di Giove non è esattamente quella diuna sfera. Essa è sensibilmente ovale, e Giove rapida-mente ruota intorno a sè medesimo; verso i poli apparecompresso; appar rigonfio verso l’equatore. Anche laTerra è schiacciata ai poli, ma in Giove lo schiacciamen-to è assai più sensibile e lo si riconosce a colpod’occhio; il suo diametro equatoriale è infatti di circa unsedicesimo più grande che il polare.

Giove compie intorno al suo asse polare una rotazio-ne completa in meno di 10 ore, (9h 55m), e lo dimostra-rono alcune macchie del suo disco attentamente e perqualche tempo osservate. I punti dell’equatore di Giovepercorrono quindi in meno di 10 ore una circonferenzalunga 450 mila chilometri, e si muovono colla velocitàdi 45 e più mila chilometri all’ora. È una velocità verti-ginosa, e a persuadersene pensi il lettore che in graziadella rotazione terrestre un punto del nostro equatore simuove colla velocità di soli 1667 chilometri all’ora.

Alla superficie di Giove, i corpi, a motivo della enor-me massa del pianeta25, debbono pesare poco meno cheil triplo26 di quello che pesano sulla Terra, ma questopeso, d’altra parte, viene moderato nelle regioni equato-riali da una grande forza centrifuga dovuta alla straordi-

25 Massa che è 317 volte circa quella della Terra.26 Per calcolare questo numero bisogna tener conto, oltre che

della massa, anche del diametro del pianeta, che si può ritenere 11e più volte il diametro terrestre.

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naria velocità di rotazione.L’asse intorno a cui Giove ruota è quasi perpendicola-

re al piano dell’orbita sua. Le conseguenze generali diquesto fatto già furono indagate al capo 45 del paragrafoIX del capitolo primo. Per esso in Giove si ha una uni-forme variazione di climi dall’equatore ai poli, e pocosensibili sono le diversità fra l’una e l’altra delle suelunghe stagioni, in quanto almeno climi e stagioni di-pendono dalla radiazione del Sole.

151. Osservando Giove con un buon cannocchiale, sene vede il disco brillante attraversato da parecchie stri-scie o bande scure sensibilmente parallele all’equatore.

Lunghesso quest’ultimo salta all’occhio una larga

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naria velocità di rotazione.L’asse intorno a cui Giove ruota è quasi perpendicola-

re al piano dell’orbita sua. Le conseguenze generali diquesto fatto già furono indagate al capo 45 del paragrafoIX del capitolo primo. Per esso in Giove si ha una uni-forme variazione di climi dall’equatore ai poli, e pocosensibili sono le diversità fra l’una e l’altra delle suelunghe stagioni, in quanto almeno climi e stagioni di-pendono dalla radiazione del Sole.

151. Osservando Giove con un buon cannocchiale, sene vede il disco brillante attraversato da parecchie stri-scie o bande scure sensibilmente parallele all’equatore.

Lunghesso quest’ultimo salta all’occhio una larga

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zona bianca e lucida che, a mo’ di fascia non interrotta,circonda intorno intorno tutto il corpo del pianeta. Ailati di essa due altre fascie di color grigio-scuro quasiplumbeo, d’ampiezze press’a poco uguali, cingono diqua e di là dall’equatore e parallelamente ad esso tutto ilpianeta. Più oltre verso nord e verso sud, su ciascunodegli emisferi, altre e molte striscie si osservano alterna-tivamente bianche ed oscure, tutte però più strette e pal-lide delle equatoriali, tutte limitate ad un breve tratto disuperficie, talune anzi bruscamente terminate, quasi rot-te. A misura che dall’equatore uno si avvicina ai poli latinta generale del pianeta diventa più omogenea e gri-giastra, e le regioni polari appaiono d’ordinario azzurro-gnole.

152. Tale è l’aspetto generale, la figura tipica dellasuperficie di Giove, quale d’ordinario si osserva, quale

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zona bianca e lucida che, a mo’ di fascia non interrotta,circonda intorno intorno tutto il corpo del pianeta. Ailati di essa due altre fascie di color grigio-scuro quasiplumbeo, d’ampiezze press’a poco uguali, cingono diqua e di là dall’equatore e parallelamente ad esso tutto ilpianeta. Più oltre verso nord e verso sud, su ciascunodegli emisferi, altre e molte striscie si osservano alterna-tivamente bianche ed oscure, tutte però più strette e pal-lide delle equatoriali, tutte limitate ad un breve tratto disuperficie, talune anzi bruscamente terminate, quasi rot-te. A misura che dall’equatore uno si avvicina ai poli latinta generale del pianeta diventa più omogenea e gri-giastra, e le regioni polari appaiono d’ordinario azzurro-gnole.

152. Tale è l’aspetto generale, la figura tipica dellasuperficie di Giove, quale d’ordinario si osserva, quale

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talora per mesi interi perdura, e quale è sommariamenteindicata dalle nostre figure 34, 34a e 34b. Essa però nonconservasi sempre uguale a sè medesima.

Le maggiori fascie, le minori striscie non hanno strut-tura uniforme, nè presentano in ogni loro parte una iden-tica intensità luminosa; in alcuni tratti più lucide, in altrimeno; in alcuni tratti cupe come per maggior addensa-mento di materia, in altri tenui quasi formate di materiararefatta. Tal luogo loro che oggi appare denso ed inten-samente oscuro, quasi un nodo nella loro struttura gene-rale, cambia in seguito per intero e intensità e splendore;i margini stessi hanno esse mutabilissimi; talora distinti,netti, continui, tale altra qua e là interrotti con insenatu-re, sporgimenti e bracci laterali.

La gran fascia equatoriale, bianca generalmente, ap-pare talora rossa, talora verdognola, talora giallastra,

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talora per mesi interi perdura, e quale è sommariamenteindicata dalle nostre figure 34, 34a e 34b. Essa però nonconservasi sempre uguale a sè medesima.

Le maggiori fascie, le minori striscie non hanno strut-tura uniforme, nè presentano in ogni loro parte una iden-tica intensità luminosa; in alcuni tratti più lucide, in altrimeno; in alcuni tratti cupe come per maggior addensa-mento di materia, in altri tenui quasi formate di materiararefatta. Tal luogo loro che oggi appare denso ed inten-samente oscuro, quasi un nodo nella loro struttura gene-rale, cambia in seguito per intero e intensità e splendore;i margini stessi hanno esse mutabilissimi; talora distinti,netti, continui, tale altra qua e là interrotti con insenatu-re, sporgimenti e bracci laterali.

La gran fascia equatoriale, bianca generalmente, ap-pare talora rossa, talora verdognola, talora giallastra,

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passando per una grande varietà di tinte dalla rossa allagialla. Ed essa e le due fascie laterali cambiano talorarapidamente e forma e colore; fiumane grandi e nerespingonsi talora violentemente nella grande zona equa-toriale del pianeta, fig. 34 a, e la separano in molte e di-stinte regioni, e allora par quasi che una forza gagliar-dissima sconvolga tutta quanta la massa superficiale evisibile del pianeta.

Eccezionalmente appaiono su Giove macchie singola-ri, con caratteri proprii e diversi da tutto ciò che le cir-conda. Scompaiono, si trasformano profondamente lestriscie e le fascie a loro d’intorno; ed esse perduranomesi ed anni partecipando solo al moto generale di rota-zione del pianeta27.

153. Non è facile spiegare queste macchie tem- pora-riamente permanenti; non è facile nemmeno spiegare levariazioni di colore, di forma, di splendore, di strutturaper le quali passano estesissimi tratti della superficie diGiove; è difficile dire a quali profondità possono arriva-re gli sconvolgimenti della sua superficie.

27 È famosa fra tali macchie quella apparsa nel mese di lugliodel 1878, subitamente cospicua, intensamente rossa, di formaovale, e situata nell’emisfero australe sul confine fra la zona tro-pica e temperata del pianeta. Anni e anni perdurò, passando pergradi diversi di splendore. Nel 1902 divenne così pallida che ilsuo contorno appena lo si poteva seguire con molta incertezza:durante il 1903 scomparve affatto, solo il luogo da essa anterior-mente occupato apparve lucido, più splendente assai che ognunadelle fascie del pianeta. Va questa vasta macchia rossa dissolven-dosi, oppure è da aspettarsi un prossimo suo ritorno alle apparen-ze del 1878? È impossibile dare oggi una risposta sicura.

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passando per una grande varietà di tinte dalla rossa allagialla. Ed essa e le due fascie laterali cambiano talorarapidamente e forma e colore; fiumane grandi e nerespingonsi talora violentemente nella grande zona equa-toriale del pianeta, fig. 34 a, e la separano in molte e di-stinte regioni, e allora par quasi che una forza gagliar-dissima sconvolga tutta quanta la massa superficiale evisibile del pianeta.

Eccezionalmente appaiono su Giove macchie singola-ri, con caratteri proprii e diversi da tutto ciò che le cir-conda. Scompaiono, si trasformano profondamente lestriscie e le fascie a loro d’intorno; ed esse perduranomesi ed anni partecipando solo al moto generale di rota-zione del pianeta27.

153. Non è facile spiegare queste macchie tem- pora-riamente permanenti; non è facile nemmeno spiegare levariazioni di colore, di forma, di splendore, di strutturaper le quali passano estesissimi tratti della superficie diGiove; è difficile dire a quali profondità possono arriva-re gli sconvolgimenti della sua superficie.

27 È famosa fra tali macchie quella apparsa nel mese di lugliodel 1878, subitamente cospicua, intensamente rossa, di formaovale, e situata nell’emisfero australe sul confine fra la zona tro-pica e temperata del pianeta. Anni e anni perdurò, passando pergradi diversi di splendore. Nel 1902 divenne così pallida che ilsuo contorno appena lo si poteva seguire con molta incertezza:durante il 1903 scomparve affatto, solo il luogo da essa anterior-mente occupato apparve lucido, più splendente assai che ognunadelle fascie del pianeta. Va questa vasta macchia rossa dissolven-dosi, oppure è da aspettarsi un prossimo suo ritorno alle apparen-ze del 1878? È impossibile dare oggi una risposta sicura.

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Probabilmente Giove è in tutto od in massima parteancora fluido; la sua massa fluida e di grande densità èprobabilmente in preda a sconvolgimenti continui; forsele fascie di Giove sono dovute a vapori che violente-mente erompono da grandi profondità al di sotto dellasua superficie visibile; forse le macchie di Giove sonovapori che dalle viscere del pianeta per lungo tempovengono eruttati e lanciati fin nelle più alte regioni dellasua atmosfera; forse su Giove l’elettricità esercita azionipotenti; forse Giove è in un periodo di violenta trasfor-mazione, e attraversa uno stadio di esistenza che la Ter-ra da secoli e secoli ha passalo.

Certo è che quanto oggi succede su Giove non si puòragionevolmente spiegare per mezzo di analogie trattedai fenomeni attuali della Terra. Giove non è solo unpianeta immenso, rispetto al quale la Terra appare comeun pisello a lato d’una melarancia, ma è un mondo dallaTerra interamente diverso quanto allo stato e modo diessere della sua materia. Sovr’esso noi non possiamoimmaginare continenti e mari e atmosfera in condizionianaloghe alle terrestri, così come abbiamo fondamentodi fare per Mercurio, per Venere e più ancora per Marte.Giove è una massa tuttora fluida, dotata di grande densi-tà, forse di calore grandissimo, certo di grande instabili-tà.

154. Giove, come già più sopra si disse, ha cinque sa-telliti che come lune si aggirano intorno ad esso, e conesso formano un mirabile Sistema minore nel maggiorSistema del Sole.

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Probabilmente Giove è in tutto od in massima parteancora fluido; la sua massa fluida e di grande densità èprobabilmente in preda a sconvolgimenti continui; forsele fascie di Giove sono dovute a vapori che violente-mente erompono da grandi profondità al di sotto dellasua superficie visibile; forse le macchie di Giove sonovapori che dalle viscere del pianeta per lungo tempovengono eruttati e lanciati fin nelle più alte regioni dellasua atmosfera; forse su Giove l’elettricità esercita azionipotenti; forse Giove è in un periodo di violenta trasfor-mazione, e attraversa uno stadio di esistenza che la Ter-ra da secoli e secoli ha passalo.

Certo è che quanto oggi succede su Giove non si puòragionevolmente spiegare per mezzo di analogie trattedai fenomeni attuali della Terra. Giove non è solo unpianeta immenso, rispetto al quale la Terra appare comeun pisello a lato d’una melarancia, ma è un mondo dallaTerra interamente diverso quanto allo stato e modo diessere della sua materia. Sovr’esso noi non possiamoimmaginare continenti e mari e atmosfera in condizionianaloghe alle terrestri, così come abbiamo fondamentodi fare per Mercurio, per Venere e più ancora per Marte.Giove è una massa tuttora fluida, dotata di grande densi-tà, forse di calore grandissimo, certo di grande instabili-tà.

154. Giove, come già più sopra si disse, ha cinque sa-telliti che come lune si aggirano intorno ad esso, e conesso formano un mirabile Sistema minore nel maggiorSistema del Sole.

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Quattro dei satelliti furono trovati contemporanea-mente nel 161028 da Galileo, e segnano la prima scoper-ta astronomica fatta con cannocchiali; uno fu scopertonel 1892 dall’astronomo americano Barnard; fu in se-guito riosservato e parecchie volte riveduto, ma non èaccessibile che ai più potenti cannocchiali del mondo.Furono a questi satelliti dati nomi speciali poco accetta-ti, e si preferisce distinguerli l’uno dall’altro cogli ap-pellativi affatto aritmetici di primo, secondo, terzo,quarto e quinto.

I primi quattro sono i galileiani; hanno tutti un diame-tro maggiore di quello della Luna, e per ciascuno di essiil seguente quadro numerico dà: la distanza dal centro diGiove espressa in raggi equatoriali di questo: la duratadella rivoluzione intorno a Giove espressa in giorni, ore,minuti primi e secondi: il diametro espresso in chilome-tri, e in numeri ancora abbastanza incerti.

Satellite Distanza dalcentro

Durata della rivoluzio-ne Diametro

I 5,94 1g 18h 27m 33s 3814II 9,46 3 13 13 42 3413

III 15,08 7 3 42 33 5580IV 26,54 16 16 32 11 4771

Il quinto satellite è dei precedenti molto più vicino alpianeta, e per questa vicinanza difficilissimo a rintrac-ciare. Esso compie una rivoluzione attorno a Giove inmeno di 12 ore (11h 57m 22s,6), e mentre i quattro satelli-ti galileiani splendono in cielo come stelle di sesta gran-

28 Nel testo: 1710 [nota per l’edizione Manuzio]

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Quattro dei satelliti furono trovati contemporanea-mente nel 161028 da Galileo, e segnano la prima scoper-ta astronomica fatta con cannocchiali; uno fu scopertonel 1892 dall’astronomo americano Barnard; fu in se-guito riosservato e parecchie volte riveduto, ma non èaccessibile che ai più potenti cannocchiali del mondo.Furono a questi satelliti dati nomi speciali poco accetta-ti, e si preferisce distinguerli l’uno dall’altro cogli ap-pellativi affatto aritmetici di primo, secondo, terzo,quarto e quinto.

I primi quattro sono i galileiani; hanno tutti un diame-tro maggiore di quello della Luna, e per ciascuno di essiil seguente quadro numerico dà: la distanza dal centro diGiove espressa in raggi equatoriali di questo: la duratadella rivoluzione intorno a Giove espressa in giorni, ore,minuti primi e secondi: il diametro espresso in chilome-tri, e in numeri ancora abbastanza incerti.

Satellite Distanza dalcentro

Durata della rivoluzio-ne Diametro

I 5,94 1g 18h 27m 33s 3814II 9,46 3 13 13 42 3413

III 15,08 7 3 42 33 5580IV 26,54 16 16 32 11 4771

Il quinto satellite è dei precedenti molto più vicino alpianeta, e per questa vicinanza difficilissimo a rintrac-ciare. Esso compie una rivoluzione attorno a Giove inmeno di 12 ore (11h 57m 22s,6), e mentre i quattro satelli-ti galileiani splendono in cielo come stelle di sesta gran-

28 Nel testo: 1710 [nota per l’edizione Manuzio]

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dezza, esso ha una grandezza apparente non superiorealla tredicesima. A farsi un qualche concetto di questegrandezze sesta e tredicesima, sulle quali torneremo inaltro capitolo, pensi il lettore che diconsi di sesta gran-dezza le ultime stelle visibili ad occhio nudo, di sedice-sima le ultime viste coi grandi cannocchiali moderni sulfondo del cielo.

155. I satelliti galileiani percorrono tutti, eccetto ilquarto, orbite assai poco inclinate sul piano dell’orbitadel pianeta; ne segue che ogni qualvolta essi passano fraGiove e il Sole, v’ha quasi sempre per qualche luogodella superficie del pianeta eclisse solare; le eclissi pro-dotte dal quarto satellite sono più rare, perchè la sua or-bita è, rispetto all’orbita di Giove, un po’ più inclinata diquelle degli altri tre; le eclissi prodotte da questi tresono invece frequentissime.

156. Osservati con un buon cannocchiale, i moti revo-lutorii dei satelliti galileiani, a motivo della poca incli-nazione delle orbite loro sull’orbita di Giove, e dellapoca inclinazione di questa sul piano dell’eclittica, ciappaiono quali moti oscillatorii rispetto al pianeta; ve-diamo cioè i satelliti stessi passare alternativamente dauna parte all’altra del disco di Giove, e brillare ora a de-stra ora a sinistra di esso.

In ciascuna di queste oscillazioni, ogni satellite passauna volta fra la Terra e Giove, una volta dietro di Giove;nel primo caso ha luogo un transito o passaggio del sa-tellite sul disco di Giove; nel secondo caso ha luogo oduna eclisse od una occultazione del satellite stesso.

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dezza, esso ha una grandezza apparente non superiorealla tredicesima. A farsi un qualche concetto di questegrandezze sesta e tredicesima, sulle quali torneremo inaltro capitolo, pensi il lettore che diconsi di sesta gran-dezza le ultime stelle visibili ad occhio nudo, di sedice-sima le ultime viste coi grandi cannocchiali moderni sulfondo del cielo.

155. I satelliti galileiani percorrono tutti, eccetto ilquarto, orbite assai poco inclinate sul piano dell’orbitadel pianeta; ne segue che ogni qualvolta essi passano fraGiove e il Sole, v’ha quasi sempre per qualche luogodella superficie del pianeta eclisse solare; le eclissi pro-dotte dal quarto satellite sono più rare, perchè la sua or-bita è, rispetto all’orbita di Giove, un po’ più inclinata diquelle degli altri tre; le eclissi prodotte da questi tresono invece frequentissime.

156. Osservati con un buon cannocchiale, i moti revo-lutorii dei satelliti galileiani, a motivo della poca incli-nazione delle orbite loro sull’orbita di Giove, e dellapoca inclinazione di questa sul piano dell’eclittica, ciappaiono quali moti oscillatorii rispetto al pianeta; ve-diamo cioè i satelliti stessi passare alternativamente dauna parte all’altra del disco di Giove, e brillare ora a de-stra ora a sinistra di esso.

In ciascuna di queste oscillazioni, ogni satellite passauna volta fra la Terra e Giove, una volta dietro di Giove;nel primo caso ha luogo un transito o passaggio del sa-tellite sul disco di Giove; nel secondo caso ha luogo oduna eclisse od una occultazione del satellite stesso.

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Se quando accade il passaggio di un satellite noi citroviamo fuori della linea che va dal Sole a Giove, ilcorpo del satellite non potendo in tal caso nascondereagli occhi nostri l’ombra che esso getta dietro di sè, noivediamo l’ombra stessa, proiettata sul disco del pianeta,passare sovr’esso come un punto nero.

157. L’eclisse di un satellite avviene, come per la no-stra Luna, quando esso entra nel cono d’ombra proietta-to nello spazio da Giove; l’occultazione avviene quandoesso passa semplicemente dietro il disco del pianeta.

Allorchè noi ci troviamo lontani della retta che va dalSole a Giove, questo non può nasconderci col suo corpol’ombra che esso proietta; può accadere allora che unsatellite scompaia alla nostra vista prima di toccare illembo del disco del pianeta dietro cui deve passare, eciò appunto perchè entra prima nell’ombra proiettata dalpianeta; quando tutto questo si avvera succede perl’appunto quello che chiamato abbiamo l’eclisse di quel

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Se quando accade il passaggio di un satellite noi citroviamo fuori della linea che va dal Sole a Giove, ilcorpo del satellite non potendo in tal caso nascondereagli occhi nostri l’ombra che esso getta dietro di sè, noivediamo l’ombra stessa, proiettata sul disco del pianeta,passare sovr’esso come un punto nero.

157. L’eclisse di un satellite avviene, come per la no-stra Luna, quando esso entra nel cono d’ombra proietta-to nello spazio da Giove; l’occultazione avviene quandoesso passa semplicemente dietro il disco del pianeta.

Allorchè noi ci troviamo lontani della retta che va dalSole a Giove, questo non può nasconderci col suo corpol’ombra che esso proietta; può accadere allora che unsatellite scompaia alla nostra vista prima di toccare illembo del disco del pianeta dietro cui deve passare, eciò appunto perchè entra prima nell’ombra proiettata dalpianeta; quando tutto questo si avvera succede perl’appunto quello che chiamato abbiamo l’eclisse di quel

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satellite (fig. 35).158. S’intenderanno meglio le cose appena dette os-

servando appunto la figura 35, nella quale i circoletti E,F rappresentano la Terra in due posizioni particolari del-la sua orbita; il circoletto J rappresenta il corpo di Giovein un punto determinato della sua orbita; il cono ches’appoggia su J rappresenta il cono d’ombra che Gioveproietta nello spazio in direzione opposta al Sole; i quat-tro circoli attorno ad J rappresentano le orbite dei quat-tro satelliti galileiani; i punti N, P, O, M, rappresentano isatelliti stessi in un luogo speciale della rispettiva orbita.

Allorchè la Terra si trova nel punto E della sua orbita,il satellite N è per essa Terra nel suo passaggio; il satelli-te M sta, prima per essere occultato, poi per eclissarsi edemergere dal cono d’ombra abbastanza lontano dal di-sco di Giove; il satellite O, sempre per la Terra in E, nonè visibile, perchè eclissato ed occultato nel medesimotempo.

Dalla posizione E della Terra ogni satellite si vede oc-cultato prima che esso entri nel cono d’ombra, e si vedericomparire soltanto quando esso dal cono d’ombraemerge. Quando la Terra trovasi invece in F, nessun sa-tellite può, da essa, essere visto in occultazione primache si eclissi, perocchè, come ben lo mostra il disegno,esso deve incontrar il cono d’ombra innanzi di passardietro del pianeta: ogni satellite eclissato riappare poialla sinistra del disco di Giove, come se fosse stato inoccultazione.

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satellite (fig. 35).158. S’intenderanno meglio le cose appena dette os-

servando appunto la figura 35, nella quale i circoletti E,F rappresentano la Terra in due posizioni particolari del-la sua orbita; il circoletto J rappresenta il corpo di Giovein un punto determinato della sua orbita; il cono ches’appoggia su J rappresenta il cono d’ombra che Gioveproietta nello spazio in direzione opposta al Sole; i quat-tro circoli attorno ad J rappresentano le orbite dei quat-tro satelliti galileiani; i punti N, P, O, M, rappresentano isatelliti stessi in un luogo speciale della rispettiva orbita.

Allorchè la Terra si trova nel punto E della sua orbita,il satellite N è per essa Terra nel suo passaggio; il satelli-te M sta, prima per essere occultato, poi per eclissarsi edemergere dal cono d’ombra abbastanza lontano dal di-sco di Giove; il satellite O, sempre per la Terra in E, nonè visibile, perchè eclissato ed occultato nel medesimotempo.

Dalla posizione E della Terra ogni satellite si vede oc-cultato prima che esso entri nel cono d’ombra, e si vedericomparire soltanto quando esso dal cono d’ombraemerge. Quando la Terra trovasi invece in F, nessun sa-tellite può, da essa, essere visto in occultazione primache si eclissi, perocchè, come ben lo mostra il disegno,esso deve incontrar il cono d’ombra innanzi di passardietro del pianeta: ogni satellite eclissato riappare poialla sinistra del disco di Giove, come se fosse stato inoccultazione.

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SATURNO.159. Questo pianeta offre, osservato con un buon tele-

scopio, il magnifico spettacolo di un globo di diametrosensibile, circondalo da 8 satelliti e da un grande anelloluminoso (fig. 36).

Esso è in media lontano 1418 milioni di chilometricirca dal centro del nostro Sistema, e intorno ad esso siaggira compiendo un intero giro in press’a poco 29 annie mezzo29.

Dopo Giove è il più grosso pianeta del nostro Siste-ma, misurando il suo diametro circa nove (9,299) dia-metri terrestri; sotto un volume così grande però, essocontiene una massa che è solo una piccola frazione (3decimi circa) della massa di Giove, e circa i 13 centesi-mi di quella che contener dovrebbe se la densità mediadei materiali suoi fosse eguale a quella dei materialionde la Terra è formata, ciò che significa essere la den-

29 29 anni; 166 giorni e qualche ora.

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SATURNO.159. Questo pianeta offre, osservato con un buon tele-

scopio, il magnifico spettacolo di un globo di diametrosensibile, circondalo da 8 satelliti e da un grande anelloluminoso (fig. 36).

Esso è in media lontano 1418 milioni di chilometricirca dal centro del nostro Sistema, e intorno ad esso siaggira compiendo un intero giro in press’a poco 29 annie mezzo29.

Dopo Giove è il più grosso pianeta del nostro Siste-ma, misurando il suo diametro circa nove (9,299) dia-metri terrestri; sotto un volume così grande però, essocontiene una massa che è solo una piccola frazione (3decimi circa) della massa di Giove, e circa i 13 centesi-mi di quella che contener dovrebbe se la densità mediadei materiali suoi fosse eguale a quella dei materialionde la Terra è formata, ciò che significa essere la den-

29 29 anni; 166 giorni e qualche ora.

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sità della materia onde Saturno risulta assai piccola.La luce di Saturno è tranquilla e bianca; il suo splen-

dore è pari a quello delle stelle più lucide, ma non rag-giunge mai nè quello di Giove, nè quello di Venere. Pergli astrologi Saturno fu l’astro della melanconia e dellesventure.

Durante la sua rivoluzione attorno al Sole, or più ormeno si allontana dalla Terra, e prende da essa tutte ledistanze comprese fra 1196 e 1654 milioni di chilometri;cambia per conseguenza di grandezza apparente, e lo sivede talora sotto un angolo di 21 secondi d’arco, tale al-tra sotto uno di 15, più sovente sotto angoli che stannofra i due.

160. Saturno ha forma ovale, e ruota rapidissimamen-te intorno a sè, compiendo in circa 10 ore (10h 16m 0s)una rotazione. Si dedusse questa durata dalla osserva-zione di alcune macchie che qualche volta, sebbene ra-ramente, si scorgono sul suo disco30.

30 Una macchia osservata su Saturno nel 1876 diede un perio-do di rotazione del pianeta uguale a 10h 14m 23s 8: un’altra mac-chia osservata nel 1903 diede per esso periodo il valore 10h 39m

21s,l.La macchia del 1876 apparteneva alla zona equatoriale del pia-

neta, quella del 1903 alla zona che va da 30 a 45 gradi di latitudi-ne boreale.

È quindi probabile che in Saturno le macchie sotto diverse lati-tudini diano durate di rotazione sistematicamente diverse; è pro-babile ancora che Saturno ruoti più rapidamente all’equatore chesotto latitudini dall’equatore lontane; ma è più ovvio e fondatoammettere che le diverse durate di rotazione dedotte dalle osser-vazioni di macchie diverse provengono da moti proprii delle mac-

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sità della materia onde Saturno risulta assai piccola.La luce di Saturno è tranquilla e bianca; il suo splen-

dore è pari a quello delle stelle più lucide, ma non rag-giunge mai nè quello di Giove, nè quello di Venere. Pergli astrologi Saturno fu l’astro della melanconia e dellesventure.

Durante la sua rivoluzione attorno al Sole, or più ormeno si allontana dalla Terra, e prende da essa tutte ledistanze comprese fra 1196 e 1654 milioni di chilometri;cambia per conseguenza di grandezza apparente, e lo sivede talora sotto un angolo di 21 secondi d’arco, tale al-tra sotto uno di 15, più sovente sotto angoli che stannofra i due.

160. Saturno ha forma ovale, e ruota rapidissimamen-te intorno a sè, compiendo in circa 10 ore (10h 16m 0s)una rotazione. Si dedusse questa durata dalla osserva-zione di alcune macchie che qualche volta, sebbene ra-ramente, si scorgono sul suo disco30.

30 Una macchia osservata su Saturno nel 1876 diede un perio-do di rotazione del pianeta uguale a 10h 14m 23s 8: un’altra mac-chia osservata nel 1903 diede per esso periodo il valore 10h 39m

21s,l.La macchia del 1876 apparteneva alla zona equatoriale del pia-

neta, quella del 1903 alla zona che va da 30 a 45 gradi di latitudi-ne boreale.

È quindi probabile che in Saturno le macchie sotto diverse lati-tudini diano durate di rotazione sistematicamente diverse; è pro-babile ancora che Saturno ruoti più rapidamente all’equatore chesotto latitudini dall’equatore lontane; ma è più ovvio e fondatoammettere che le diverse durate di rotazione dedotte dalle osser-vazioni di macchie diverse provengono da moti proprii delle mac-

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Lo schiacciamento del disco di Saturno è sensibilissi-mo, maggiore dello schiacciamento di Giove, e il dia-metro intorno a cui Saturno ruota sta a quello equatoria-le press’a poco nel rapporto di 8 a 9.

161. L’asse intorno a cui Saturno ruota fa col pianodell’orbita in cui esso si rivolge un angolo di 64 gradi emezzo circa. È un angolo non molto diverso da quelloche l’asse di rotazione della Terra fa coll’eclittica, e poi-chè da questo angolo, come a lungo si è spiegato nel ca-pitolo primo, dipende l’andamento delle nostre stagioni,lecito diventa arguire che, per quanto dipendonodall’elemento qui considerato, analoghe alle terrestrisono le stagioni di Saturno, astrazion fatta dalla lorolunghezza, la quale (essendo uguale al quarto della du-rata della rivoluzione del pianeta) su Saturno è sette vol-te circa più grande che non sulla Terra.

162. La superficie di Saturno, fig. 36, presenta strisciee fascie oscure, parallele al suo equatore, analoghe aquelle di Giove, di queste anzi più larghe, sebbene piùdifficili ad essere osservate.

Questa corrispondenza delle apparenze superficiali,altri fatti dei quali sarà più tardi discorso, portano a pen-sare che analoga a quella di Giove sia in questo momen-to la costituzione fisica di Saturno, che esso pure sia cir-condato da un’atmosfera molto densa, e che la sua mas-sa sia dessa pure in tutto od in massima parte allo stato

chie stesse contemporanei a quello sistematico prodotto dalla ro-tazione del pianeta, e da ciò che la superficie di Saturno e forsel’intera sua massa sono in preda a sconvolgimenti continui.

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Lo schiacciamento del disco di Saturno è sensibilissi-mo, maggiore dello schiacciamento di Giove, e il dia-metro intorno a cui Saturno ruota sta a quello equatoria-le press’a poco nel rapporto di 8 a 9.

161. L’asse intorno a cui Saturno ruota fa col pianodell’orbita in cui esso si rivolge un angolo di 64 gradi emezzo circa. È un angolo non molto diverso da quelloche l’asse di rotazione della Terra fa coll’eclittica, e poi-chè da questo angolo, come a lungo si è spiegato nel ca-pitolo primo, dipende l’andamento delle nostre stagioni,lecito diventa arguire che, per quanto dipendonodall’elemento qui considerato, analoghe alle terrestrisono le stagioni di Saturno, astrazion fatta dalla lorolunghezza, la quale (essendo uguale al quarto della du-rata della rivoluzione del pianeta) su Saturno è sette vol-te circa più grande che non sulla Terra.

162. La superficie di Saturno, fig. 36, presenta strisciee fascie oscure, parallele al suo equatore, analoghe aquelle di Giove, di queste anzi più larghe, sebbene piùdifficili ad essere osservate.

Questa corrispondenza delle apparenze superficiali,altri fatti dei quali sarà più tardi discorso, portano a pen-sare che analoga a quella di Giove sia in questo momen-to la costituzione fisica di Saturno, che esso pure sia cir-condato da un’atmosfera molto densa, e che la sua mas-sa sia dessa pure in tutto od in massima parte allo stato

chie stesse contemporanei a quello sistematico prodotto dalla ro-tazione del pianeta, e da ciò che la superficie di Saturno e forsel’intera sua massa sono in preda a sconvolgimenti continui.

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di fluidità.163. Veniamo ora all’anello, di cui ho fatto cenno

precedentemente, o meglio agli anelli che sono la piùbella particolarità la quale contraddistingua questo pia-neta.

Una zona di materia disgregata, ma probabilmentenon gasosa, e staccata dal pianeta per una distanza dicirca 32 mila chilometri, lo circonda nel pianodell’equatore, estendendosi sopra una larghezza di circa48 mila chilometri, con una grossezza o spessore nonbene determinato che però certamente non sorpassaqualche centinaio di chilometri, fig. 36. Questa zona ècostituita da tre anelli concentrici, separati fra loro daintervalli oscuri di sensibile larghezza; e questi stessianelli sembrerebbero risultare ciascuno di altri più stret-ti.

Dei tre grandi anelli i due esterni sono assai più lumi-nosi dell’anello interno, il quale sembra piuttosto unanebulosità e che perciò riesce appena visibile ne’ fortitelescopi.

Certamente la materia disgregata (nebulosa o pulve-rulenta), di cui sono composti gli anelli, gira intorno alpianeta, e il tempo della rivoluzione è maggiore per leparti degli anelli che si trovano a maggiori distanze dalcentro di Saturno31.

31 Il mirabile insieme degli anelli di Saturno vedesi soltantocon forti cannocchiali.

In esso più volte furono osservate mutazioni notevoli, apparen-ze nuove, non vedute prima, non rivedute poi. Questa mutabilità èin accordo colle teorie meglio accettate intorno alla costituzione

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di fluidità.163. Veniamo ora all’anello, di cui ho fatto cenno

precedentemente, o meglio agli anelli che sono la piùbella particolarità la quale contraddistingua questo pia-neta.

Una zona di materia disgregata, ma probabilmentenon gasosa, e staccata dal pianeta per una distanza dicirca 32 mila chilometri, lo circonda nel pianodell’equatore, estendendosi sopra una larghezza di circa48 mila chilometri, con una grossezza o spessore nonbene determinato che però certamente non sorpassaqualche centinaio di chilometri, fig. 36. Questa zona ècostituita da tre anelli concentrici, separati fra loro daintervalli oscuri di sensibile larghezza; e questi stessianelli sembrerebbero risultare ciascuno di altri più stret-ti.

Dei tre grandi anelli i due esterni sono assai più lumi-nosi dell’anello interno, il quale sembra piuttosto unanebulosità e che perciò riesce appena visibile ne’ fortitelescopi.

Certamente la materia disgregata (nebulosa o pulve-rulenta), di cui sono composti gli anelli, gira intorno alpianeta, e il tempo della rivoluzione è maggiore per leparti degli anelli che si trovano a maggiori distanze dalcentro di Saturno31.

31 Il mirabile insieme degli anelli di Saturno vedesi soltantocon forti cannocchiali.

In esso più volte furono osservate mutazioni notevoli, apparen-ze nuove, non vedute prima, non rivedute poi. Questa mutabilità èin accordo colle teorie meglio accettate intorno alla costituzione

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164. I satelliti di Saturno non hanno per noiquell’interesse che hanno quelli di Giove, perchè la lorodistanza e piccolezza ci rendono difficile e rara l’osser-vazione dei loro passaggi e delle loro occultazioni.

Il più vicino al pianeta è poco distante dal lemboesterno dell’anello, e gira intorno a Saturno in meno diun giorno. Il più lontano dista da Saturno 29 diametri diquesto pianeta, e compie il suo giro in 79 giorni. Unsolo di questi satelliti (cioè il sesto in ordine di distanzada Saturno), è visibile nei piccoli telescopi32.

sua.Secondo le medesime, gli anelli di Saturno non possono essere

solidi e continui, e, questo ritenuto oramai per fermo e dimostra-to, pensano alcuni che essi siano semplici aggregati di materia di-scontinua, quasi sciami di corpuscoli staccati che si aggirino at-torno al pianeta, pensano altri che essi sieno invece masse fluidevischiose, l’oscuro eccettuato che potrebbe anche essere gaseifor-me.

32 Dei satelliti di Saturno uno fu scoperto già nel 1665, quattrolo furono fra il 1671 e il 1684, due nel 1789, uno nel 1848. Ordi-nati secondo le loro distanze crescenti dal pianeta, prendono inastronomia i nomi seguenti:

1. Mimas.2. Encelado.3. Teti.4. Dione.5. Rhea.6. Titano.7. Iperione.8. Iapeto.

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164. I satelliti di Saturno non hanno per noiquell’interesse che hanno quelli di Giove, perchè la lorodistanza e piccolezza ci rendono difficile e rara l’osser-vazione dei loro passaggi e delle loro occultazioni.

Il più vicino al pianeta è poco distante dal lemboesterno dell’anello, e gira intorno a Saturno in meno diun giorno. Il più lontano dista da Saturno 29 diametri diquesto pianeta, e compie il suo giro in 79 giorni. Unsolo di questi satelliti (cioè il sesto in ordine di distanzada Saturno), è visibile nei piccoli telescopi32.

sua.Secondo le medesime, gli anelli di Saturno non possono essere

solidi e continui, e, questo ritenuto oramai per fermo e dimostra-to, pensano alcuni che essi siano semplici aggregati di materia di-scontinua, quasi sciami di corpuscoli staccati che si aggirino at-torno al pianeta, pensano altri che essi sieno invece masse fluidevischiose, l’oscuro eccettuato che potrebbe anche essere gaseifor-me.

32 Dei satelliti di Saturno uno fu scoperto già nel 1665, quattrolo furono fra il 1671 e il 1684, due nel 1789, uno nel 1848. Ordi-nati secondo le loro distanze crescenti dal pianeta, prendono inastronomia i nomi seguenti:

1. Mimas.2. Encelado.3. Teti.4. Dione.5. Rhea.6. Titano.7. Iperione.8. Iapeto.

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URANO.165. Urano è il settimo dei nostri grandi pianeti, e fu

agli antichi ignoto. All’occhio nudo esso appare comeuna stella di sesta grandezza, e quale stella fu appuntoosservato nel 1690 e nel 1756. Solo nel 1781 fu ricono-sciuto il suo moto proprio apparentemente lentissimo, fudeterminata l’orbita sua e scoperta la vera sua natura dipianeta.

Esso si aggira attorno al Sole ad una distanza da essograndissima, ed in media uguale a 2851 milioni di chilo-metri; a percorrere la sua vasta orbita impiega 84 anni;visto attraverso ad un cannocchiale, il cui ingrandimentosia di almeno 100 diametri, appare come un dischettopallido, largo apparentemente soli quattro secondid’arco, di forma non esattamente circolare ma sensibil-mente ovale; il suo diametro reale è più che quattro vol-te (4,64) quello della Terra, ed uguale quindi a 59171chilometri.

Poco si può affermare con sicurezza intorno alla rota-zione e alla costituzione fisica di Urano; pare che esso,come Giove e come Saturno, ruoti rapidissimamente in-torno a sè medesimo, pare che attorno ad esso esistaun’atmosfera densa, capace di esercitare sulla luce sola-re un’efficace azione assorbente.

In quale misura Urano sia ovale, e quale ne sia loschiacciamento non si può ben dire, alcuni avendolo tro-vato piccolissimo, altri dando per esso valori che oscil-lano fra 1:10 e 1:14.

Col maggiore o minore schiacciamento della forma

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URANO.165. Urano è il settimo dei nostri grandi pianeti, e fu

agli antichi ignoto. All’occhio nudo esso appare comeuna stella di sesta grandezza, e quale stella fu appuntoosservato nel 1690 e nel 1756. Solo nel 1781 fu ricono-sciuto il suo moto proprio apparentemente lentissimo, fudeterminata l’orbita sua e scoperta la vera sua natura dipianeta.

Esso si aggira attorno al Sole ad una distanza da essograndissima, ed in media uguale a 2851 milioni di chilo-metri; a percorrere la sua vasta orbita impiega 84 anni;visto attraverso ad un cannocchiale, il cui ingrandimentosia di almeno 100 diametri, appare come un dischettopallido, largo apparentemente soli quattro secondid’arco, di forma non esattamente circolare ma sensibil-mente ovale; il suo diametro reale è più che quattro vol-te (4,64) quello della Terra, ed uguale quindi a 59171chilometri.

Poco si può affermare con sicurezza intorno alla rota-zione e alla costituzione fisica di Urano; pare che esso,come Giove e come Saturno, ruoti rapidissimamente in-torno a sè medesimo, pare che attorno ad esso esistaun’atmosfera densa, capace di esercitare sulla luce sola-re un’efficace azione assorbente.

In quale misura Urano sia ovale, e quale ne sia loschiacciamento non si può ben dire, alcuni avendolo tro-vato piccolissimo, altri dando per esso valori che oscil-lano fra 1:10 e 1:14.

Col maggiore o minore schiacciamento della forma

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del pianeta è intimamente collegata la maggiore o mino-re velocità della sua rotazione.

Sul disco di Urano si avvertirono qualche volta mac-chie pallide e striscie di colore diverso, dalle quali sipotè indurre con sicurezza che Urano esso pure ruota ra-pidissimamente intorno a sè medesimo, ma non si potècon altrettanta sicurezza dedurre il tempo nel quale unarotazione si compie, incertissima essendo la durata di 10ore circa trovata dall’astronomo Perrotin nel 1883.

L’incertezza delle nozioni nostre su Urano dipendespecialmente da ciò che le osservazioni delle apparenzesue sono tra le più difficili, e richiedono, oltrecchè po-tenza non comune di cannocchiali, condizioni di atmo-sfera molto buone ed eccezionali. A portare quindi qual-che luce sulle nozioni stesse, lasciata la via diretta delleosservazioni, si tentò di recente quella indiretta delle in-dagini teorico-matematiche.

La teoria insegna che lo schiacciamento della formadi un pianeta esercita sul movimento dei suoi satellitiun’azione, la quale è accusata da un moto speciale delgrand’asse delle orbite loro. Fu quindi sottoposta ad at-tento esame l’orbita del satellite Ariel (v. il n. 166), e sitrovò che il moto annuo del punto di essa orbita più vi-cino a Urano, in quanto dipende dallo schiacciamento diquesto, è uguale a 14 gradi.

L’ellitticità della forma di Urano viene per tal modoconfermata e messa fuori di dubbio. Resta ancora incer-ta la sua misura: secondo le ricerche teoriche fatte, il nu-mero che meglio esprime lo schiacciamento di Urano

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del pianeta è intimamente collegata la maggiore o mino-re velocità della sua rotazione.

Sul disco di Urano si avvertirono qualche volta mac-chie pallide e striscie di colore diverso, dalle quali sipotè indurre con sicurezza che Urano esso pure ruota ra-pidissimamente intorno a sè medesimo, ma non si potècon altrettanta sicurezza dedurre il tempo nel quale unarotazione si compie, incertissima essendo la durata di 10ore circa trovata dall’astronomo Perrotin nel 1883.

L’incertezza delle nozioni nostre su Urano dipendespecialmente da ciò che le osservazioni delle apparenzesue sono tra le più difficili, e richiedono, oltrecchè po-tenza non comune di cannocchiali, condizioni di atmo-sfera molto buone ed eccezionali. A portare quindi qual-che luce sulle nozioni stesse, lasciata la via diretta delleosservazioni, si tentò di recente quella indiretta delle in-dagini teorico-matematiche.

La teoria insegna che lo schiacciamento della formadi un pianeta esercita sul movimento dei suoi satellitiun’azione, la quale è accusata da un moto speciale delgrand’asse delle orbite loro. Fu quindi sottoposta ad at-tento esame l’orbita del satellite Ariel (v. il n. 166), e sitrovò che il moto annuo del punto di essa orbita più vi-cino a Urano, in quanto dipende dallo schiacciamento diquesto, è uguale a 14 gradi.

L’ellitticità della forma di Urano viene per tal modoconfermata e messa fuori di dubbio. Resta ancora incer-ta la sua misura: secondo le ricerche teoriche fatte, il nu-mero che meglio esprime lo schiacciamento di Urano

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sarebbe 1:17; il valore più probabile della durata dellarotazione suo sarebbe uguale a 11 ore e mezza.

166. Quattro sono i satelliti di Urano; di alcuni altrisatelliti è stata affermata l’esistenza, ma non sufficiente-mente provata.

I satelliti di Urano presentano una singolarità, ed èche il loro moto di rivoluzione si effettua in un pianoquasi perpendicolare a quello dell’orbita del pianeta,mentre tutti gli altri satelliti si muovono press’a poconello stesso piano che il loro pianeta principale.

Sono fra gli oggetti del cielo più difficili ad essere ve-duti; furono denominati, Ariel, Umbriel, Titania, Obe-ron.

NETTUNO.SE ALTRI PIANETI ESISTANO AL DI LÀ DI NETTUNO.

167. Nettuno, l’ultimo nella serie dei pianeti, compieintorno al Sole, e a grande distanza, da esso, una rivolu-zione in circa 165 anni (164,78). Esso segna oggi il con-fine noto del Sistema planetario, e poichè la distanzamedia di Nettuno dal Sole è uguale a 4468 milioni dichilometri, il Sistema planetario si estende ad uno spa-zio press’a poco circolare, del quale il diametro è dipoco inferiore a 9 mila milioni di chilometri; è un dia-metro immenso ed a percorrerlo una palla da cannone,colla velocità di 500 metri al minuto secondo, impieghe-rebbe 570 anni.

168. Il diametro di Nettuno è circa 4 volte e mezzo(4,39) il terrestre, epperò Nettuno occupa col corpo suo

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sarebbe 1:17; il valore più probabile della durata dellarotazione suo sarebbe uguale a 11 ore e mezza.

166. Quattro sono i satelliti di Urano; di alcuni altrisatelliti è stata affermata l’esistenza, ma non sufficiente-mente provata.

I satelliti di Urano presentano una singolarità, ed èche il loro moto di rivoluzione si effettua in un pianoquasi perpendicolare a quello dell’orbita del pianeta,mentre tutti gli altri satelliti si muovono press’a poconello stesso piano che il loro pianeta principale.

Sono fra gli oggetti del cielo più difficili ad essere ve-duti; furono denominati, Ariel, Umbriel, Titania, Obe-ron.

NETTUNO.SE ALTRI PIANETI ESISTANO AL DI LÀ DI NETTUNO.

167. Nettuno, l’ultimo nella serie dei pianeti, compieintorno al Sole, e a grande distanza, da esso, una rivolu-zione in circa 165 anni (164,78). Esso segna oggi il con-fine noto del Sistema planetario, e poichè la distanzamedia di Nettuno dal Sole è uguale a 4468 milioni dichilometri, il Sistema planetario si estende ad uno spa-zio press’a poco circolare, del quale il diametro è dipoco inferiore a 9 mila milioni di chilometri; è un dia-metro immenso ed a percorrerlo una palla da cannone,colla velocità di 500 metri al minuto secondo, impieghe-rebbe 570 anni.

168. Il diametro di Nettuno è circa 4 volte e mezzo(4,39) il terrestre, epperò Nettuno occupa col corpo suo

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un volume a riempire il quale occorrerebbero 85 globigrossi come la Terra.

Poco si può dire sulla costituzione fisica di Nettuno;alcuni fatti lasciano pensare che essa sia analoga a quel-la di Urano.

Finora non si conosce di Nettuno che un solo satellite,il quale compie intorno al pianeta il suo giro nel periododi poco meno che 6 giorni (5g 21h 2,m7); il suo moto èretrogrado, succede cioè da est verso ovest, ossia nelverso opposto a quello secondo cui si muovono tutti ipianeti ed i satelliti di Saturno, di Giove, di Marte e del-la Terra.

169. È interessante il fatto della scoperta di Nettunoavvenuta nel 1846, imperocchè prova che, studiate le ir-regolarità del moto di un pianeta, e trovatane la causanell’influenza esercitata su di esso da un corpo lontano,incognito, è possibile calcolare gli elementi fisici eastronomici di questo corpo, come la massa, il peso, e laposizione, i quali sono capaci di produrre quell’influen-za. Così è accaduto per Nettuno che fu trovatodall’astronomo tedesco Galle nel luogo preciso del cieloassegnatogli da Le Verrier, dietro il calcolo delle pertur-bazioni osservate nel moto di Urano.

169 bis. Se al di là di Nettuno esistano o no uno o piùpianeti finora ignoti è questione ardua, della quale astro-nomi di polso e di riconosciuta competenza si occuparo-no.

S. Newcomb fu dalle proprie ricerche condotto ad af-fermare che a spiegare i fatti finora osservati non vi è

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un volume a riempire il quale occorrerebbero 85 globigrossi come la Terra.

Poco si può dire sulla costituzione fisica di Nettuno;alcuni fatti lasciano pensare che essa sia analoga a quel-la di Urano.

Finora non si conosce di Nettuno che un solo satellite,il quale compie intorno al pianeta il suo giro nel periododi poco meno che 6 giorni (5g 21h 2,m7); il suo moto èretrogrado, succede cioè da est verso ovest, ossia nelverso opposto a quello secondo cui si muovono tutti ipianeti ed i satelliti di Saturno, di Giove, di Marte e del-la Terra.

169. È interessante il fatto della scoperta di Nettunoavvenuta nel 1846, imperocchè prova che, studiate le ir-regolarità del moto di un pianeta, e trovatane la causanell’influenza esercitata su di esso da un corpo lontano,incognito, è possibile calcolare gli elementi fisici eastronomici di questo corpo, come la massa, il peso, e laposizione, i quali sono capaci di produrre quell’influen-za. Così è accaduto per Nettuno che fu trovatodall’astronomo tedesco Galle nel luogo preciso del cieloassegnatogli da Le Verrier, dietro il calcolo delle pertur-bazioni osservate nel moto di Urano.

169 bis. Se al di là di Nettuno esistano o no uno o piùpianeti finora ignoti è questione ardua, della quale astro-nomi di polso e di riconosciuta competenza si occuparo-no.

S. Newcomb fu dalle proprie ricerche condotto ad af-fermare che a spiegare i fatti finora osservati non vi è

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necessità alcuna di ricorrere all’esistenza di un pianetatrans-nettuniano.

W. Lau, il quale da tempo lavora a correggere le tavo-le dei movimenti di Urano e di Nettuno lasciate da LeVerrier, afferma: che la teoria di Le Verrier rappresentaperfettamente i movimenti di Urano e di Nettuno; chel’ipotesi di un unico pianeta trans-nettuniano è inammis-sibile; che a rappresentare i movimenti di Urano e diNettuno è superfluo ammettere al di là di Nettuno parec-chi pianeti perturbatori ignoti; che l’ipotesi di questi di-versi pianeti ignoti è inoltre inverosimile, perchènell’orbita di Nettuno non esistono perturbazioni delraggio vettore (distanza del pianeta dal Sole).

§ VI.Comete, Stelle cadenti e Meteoriti.

170. La forza attrattiva della immensa massa solare sifa sentire ancora molto al di là dell’orbita di Nettuno;epperò mentre, come già s’è notato, si dà il nome di Si-stema planetario al gruppo dei corpi fin qui da noi pas-sati in rapida rivista, quello che si chiama Sistema solareestendesi molto oltre i confini dello spazio occupato daipianeti. Ne danno prova le comete periodiche, le stellecadenti ed i meteoriti, corpi celesti che sono venuti evengono da lontanissime regioni a far parte, stabilmenteo temporariamente, del Sistema planetario.

171. Chi ha veduto una cometa almeno una volta invita sua, certo non ne avrà scordato il singolare aspetto,

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necessità alcuna di ricorrere all’esistenza di un pianetatrans-nettuniano.

W. Lau, il quale da tempo lavora a correggere le tavo-le dei movimenti di Urano e di Nettuno lasciate da LeVerrier, afferma: che la teoria di Le Verrier rappresentaperfettamente i movimenti di Urano e di Nettuno; chel’ipotesi di un unico pianeta trans-nettuniano è inammis-sibile; che a rappresentare i movimenti di Urano e diNettuno è superfluo ammettere al di là di Nettuno parec-chi pianeti perturbatori ignoti; che l’ipotesi di questi di-versi pianeti ignoti è inoltre inverosimile, perchènell’orbita di Nettuno non esistono perturbazioni delraggio vettore (distanza del pianeta dal Sole).

§ VI.Comete, Stelle cadenti e Meteoriti.

170. La forza attrattiva della immensa massa solare sifa sentire ancora molto al di là dell’orbita di Nettuno;epperò mentre, come già s’è notato, si dà il nome di Si-stema planetario al gruppo dei corpi fin qui da noi pas-sati in rapida rivista, quello che si chiama Sistema solareestendesi molto oltre i confini dello spazio occupato daipianeti. Ne danno prova le comete periodiche, le stellecadenti ed i meteoriti, corpi celesti che sono venuti evengono da lontanissime regioni a far parte, stabilmenteo temporariamente, del Sistema planetario.

171. Chi ha veduto una cometa almeno una volta invita sua, certo non ne avrà scordato il singolare aspetto,

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e a chi non ne vide mai può la figura 37 darne una palli-da idea.

I due disegni delle fig. 37 e 38, che riproducono:l’uno l’immagine della cometa Donati apparsa nel 1858,l’altro, in maggior scala, la forma del suo capo, non sidevono per altro prendere per tipo di tutti gli astri chevanno sotto il nome di comete.

La parola cometa significa astro chiomato, ma nontutte le comete hanno quella specie di chioma, fig. 38,dalla quale prendono il nome; soventi esse hanno unacoda, talvolta due o più, più soventi ancora esse appaio-no come un punto brillante in mezzo ad un’aureola o ne-

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e a chi non ne vide mai può la figura 37 darne una palli-da idea.

I due disegni delle fig. 37 e 38, che riproducono:l’uno l’immagine della cometa Donati apparsa nel 1858,l’altro, in maggior scala, la forma del suo capo, non sidevono per altro prendere per tipo di tutti gli astri chevanno sotto il nome di comete.

La parola cometa significa astro chiomato, ma nontutte le comete hanno quella specie di chioma, fig. 38,dalla quale prendono il nome; soventi esse hanno unacoda, talvolta due o più, più soventi ancora esse appaio-no come un punto brillante in mezzo ad un’aureola o ne-

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bulosità circolare; svariatissime sono in generale le for-me loro, tanto varie che si può quasi dire non ve ne siandue affatto uguali fra loro33.

172. Le comete presentano in generale verso il loro33 Le più grandi comete osservate mostrarono ad una ad una

apparenze speciali, pur tutte avendo una fisionomia stessa, quasidi famiglia; le une bianche come d’argento, le altre rosseggianti,sanguigne; le une diritte come una lama di stilo, le altre curvecome una scimitarra; le une sottili e lunghe, le altre corte e larghe;le une di larghezza uniforme, le altre aperte a mo’ di ventaglio;tutte grandi però, tutte splendenti, fantastiche e trasformantisi conrapidità.

Non tutte le comete raggiungono grande splendore; molte, lapiù gran parte anzi, rimangono invisibili all’occhio nudo e vengo-no per ciò dette telescopiche: anch’esse però presentano forme di-versissime, strutture irregolari, mutabili.

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bulosità circolare; svariatissime sono in generale le for-me loro, tanto varie che si può quasi dire non ve ne siandue affatto uguali fra loro33.

172. Le comete presentano in generale verso il loro33 Le più grandi comete osservate mostrarono ad una ad una

apparenze speciali, pur tutte avendo una fisionomia stessa, quasidi famiglia; le une bianche come d’argento, le altre rosseggianti,sanguigne; le une diritte come una lama di stilo, le altre curvecome una scimitarra; le une sottili e lunghe, le altre corte e larghe;le une di larghezza uniforme, le altre aperte a mo’ di ventaglio;tutte grandi però, tutte splendenti, fantastiche e trasformantisi conrapidità.

Non tutte le comete raggiungono grande splendore; molte, lapiù gran parte anzi, rimangono invisibili all’occhio nudo e vengo-no per ciò dette telescopiche: anch’esse però presentano forme di-versissime, strutture irregolari, mutabili.

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mezzo un punto, che dicesi nucleo, più splendente delresto della loro massa; quando hanno coda, questa è purluminosa, ma meno del nucleo, e d’ordinario meno lun-ghesso la linea mediana che sui lembi; la coda fa l’effet-to di una vaporosità tubulare che vada man mano dimi-nuendo di densità dal nucleo alla estremità, e si perdaquasi sfumando nello spazio.

Le dimensioni di molte comete sono veramente enor-mi; in compenso le densità delle loro masse sono relati-vamente piccolissime; la cometa di Donati ad esempioera splendidissima, seguita da coda che misurava in lun-ghezza molti e molti milioni di chilometri; eppure attra-verso ad essa si potevano scorgere stelle debolissimeche la più leggera nuvoletta avrebbe offuscate34.

173. Le orbite delle comete hanno tutte le inclinazionipossibili rispetto al piano dell’eclittica; il moto delle co-mete è diretto per alcune, retrogrado per altre; le orbiteloro sono in generale molto eccentriche, ossia allunga-tissime, e in ciò molto si differenziano delle orbite pla-netarie, le quali sono quasi circolari.

A cagione della grande distanza a cui le comete si al-lontanano dal Sole quando percorrono la parte più remo-ta della loro orbita allungata, esse rimangono invisibilinella maggior parte del loro corso, e cominciano a

34 Fra le grandi comete del nostro secolo, oltre quella di Dona-ti ricordata nel testo, vanno annoverate quelle del 1807, del 1811,del 1835, del 1843. del 1861, del 1862, del 1874, del 1880, del1881, del 1882. Dopo le splendide comete del 1881 e del 1882nessuna più venne a colpire veramente l’attenzione del pubbliconel nostro emisfero.

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mezzo un punto, che dicesi nucleo, più splendente delresto della loro massa; quando hanno coda, questa è purluminosa, ma meno del nucleo, e d’ordinario meno lun-ghesso la linea mediana che sui lembi; la coda fa l’effet-to di una vaporosità tubulare che vada man mano dimi-nuendo di densità dal nucleo alla estremità, e si perdaquasi sfumando nello spazio.

Le dimensioni di molte comete sono veramente enor-mi; in compenso le densità delle loro masse sono relati-vamente piccolissime; la cometa di Donati ad esempioera splendidissima, seguita da coda che misurava in lun-ghezza molti e molti milioni di chilometri; eppure attra-verso ad essa si potevano scorgere stelle debolissimeche la più leggera nuvoletta avrebbe offuscate34.

173. Le orbite delle comete hanno tutte le inclinazionipossibili rispetto al piano dell’eclittica; il moto delle co-mete è diretto per alcune, retrogrado per altre; le orbiteloro sono in generale molto eccentriche, ossia allunga-tissime, e in ciò molto si differenziano delle orbite pla-netarie, le quali sono quasi circolari.

A cagione della grande distanza a cui le comete si al-lontanano dal Sole quando percorrono la parte più remo-ta della loro orbita allungata, esse rimangono invisibilinella maggior parte del loro corso, e cominciano a

34 Fra le grandi comete del nostro secolo, oltre quella di Dona-ti ricordata nel testo, vanno annoverate quelle del 1807, del 1811,del 1835, del 1843. del 1861, del 1862, del 1874, del 1880, del1881, del 1882. Dopo le splendide comete del 1881 e del 1882nessuna più venne a colpire veramente l’attenzione del pubbliconel nostro emisfero.

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splendere solo nelle vicinanze del Sole, quando il gran-de astro le illumina colla sua luce, e sollevando in essecol suo calore nuove ed immense masse di vapore, ac-cresce a molti e molti doppi il loro volume.

Molte comete nel loro perielio (punto della loro orbitapiù prossimo al Sole) si avvicinano al Sole più che laTerra, e non poche invadono la regione in cui si muovo-no Venere e Mercurio; la cometa apparsa nel febbraiodel 1880 si avvicinò al Sole tanto da toccarne quasi lasuperficie35.

35 La cometa prima del 1882 passò il 10 di giugno a nove mi-lioni di chilometri dal Sole, un sesto circa della distanza che dalSole separa Mercurio; la cometa seconda del 1882, altrimenti lagrande cometa del 1882, passò il 17 di settembre, giorno della suaminima distanza dal Sole, a poco più di un milione di chilometrida esso, non lo urtò, ma per un giorno affogò, uscendone incolu-me, nel profondo strato di luce che circonda il Sole.

Le comete, per la natura e varietà delle orbite loro si avvicinanoqualche volta anche molto alla Terra. La grande cometa del 1874,ad esempio, passò nel luglio sì vicino alla Terra, che per pocoquesta non rimase dalla sua coda avvolta, e nulla vieta a pensareche altre comete possano avvicinarsi alla Terra assai di più, rasen-tarla, scontrarla anche.

La maggior parte delle comete osservate ha il perielio della pro-pria orbita nello spazio che corre fra il Sole e la Terra; per pochis-sime il perielio cade fra Marte e Giove. Non c’è ragione di pensa-re che non debbano esistere comete aventi il perielio della propriaorbita negli spazii interplanetari fra Giove e Nettuno; solo è logi-co ritenere che tali comete distano troppo dal Sole per diventarevisibili dalla Terra.

Le comete osservate sono oramai a centinaia, e il numero lorocresce ogni anno. Durante l’intero secolo decimosettimo si hanno

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splendere solo nelle vicinanze del Sole, quando il gran-de astro le illumina colla sua luce, e sollevando in essecol suo calore nuove ed immense masse di vapore, ac-cresce a molti e molti doppi il loro volume.

Molte comete nel loro perielio (punto della loro orbitapiù prossimo al Sole) si avvicinano al Sole più che laTerra, e non poche invadono la regione in cui si muovo-no Venere e Mercurio; la cometa apparsa nel febbraiodel 1880 si avvicinò al Sole tanto da toccarne quasi lasuperficie35.

35 La cometa prima del 1882 passò il 10 di giugno a nove mi-lioni di chilometri dal Sole, un sesto circa della distanza che dalSole separa Mercurio; la cometa seconda del 1882, altrimenti lagrande cometa del 1882, passò il 17 di settembre, giorno della suaminima distanza dal Sole, a poco più di un milione di chilometrida esso, non lo urtò, ma per un giorno affogò, uscendone incolu-me, nel profondo strato di luce che circonda il Sole.

Le comete, per la natura e varietà delle orbite loro si avvicinanoqualche volta anche molto alla Terra. La grande cometa del 1874,ad esempio, passò nel luglio sì vicino alla Terra, che per pocoquesta non rimase dalla sua coda avvolta, e nulla vieta a pensareche altre comete possano avvicinarsi alla Terra assai di più, rasen-tarla, scontrarla anche.

La maggior parte delle comete osservate ha il perielio della pro-pria orbita nello spazio che corre fra il Sole e la Terra; per pochis-sime il perielio cade fra Marte e Giove. Non c’è ragione di pensa-re che non debbano esistere comete aventi il perielio della propriaorbita negli spazii interplanetari fra Giove e Nettuno; solo è logi-co ritenere che tali comete distano troppo dal Sole per diventarevisibili dalla Terra.

Le comete osservate sono oramai a centinaia, e il numero lorocresce ogni anno. Durante l’intero secolo decimosettimo si hanno

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174. Alcune fra le molte comete conosciute od appar-se da remotissimi tempi appartengono realmente al Si-stema planetario, ed attualmente sono membri anch’essedi quella famiglia di astri che circolano intorno al Soleentro orbite determinate.

Di tutte le altre comete però non si può dire altrettan-to; queste sono piuttosto visitatrici che abitatrici dellaregione celeste occupata dal Sistema solare; esse, prove-nienti da lontanissime regioni dello spazio, entrano, at-tratte dalle masse planetarie e dal Sole, nel nostro Siste-ma, lo attraversano, passano vicino al centro del medesi-mo, poi tornano verso altre regioni del cielo per non farforse mai più ritorno alla regione nostra.

Le comete che fanno stabilmente parte del Sistemanotizie di sole 27 comete viste, mentre oggi altrettante comete siosservano in media in meno di quattro anni. Un facile calcolo diprobabilità, partendo dal numero delle comete note e osservate,non che dalla relativamente angusta plaga di spazio da esse occu-pata, guida per induzione al numero delle comete verosimilmenteesistenti, numero che nello spazio universo sale, non c’è fonda-mento per dubitarne, a milioni.

Limitandosi a considerare lo spazio occupato dal sistema delSole, e ponendo per ipotesi uguale a 5 il numero delle comete cheogni anno, portate dal loro moto proprio, passano fra la Terra e ilSole, si trova che il numero delle comete, le quali ogni anno en-trano nel Sistema solare e da esso escono, è eguale a 240, e che ilnumero medio delle comete esistenti in ogni istante di tempo en-tro il sistema del Sole non è minore di 5934. Si tratta di numeriverosimili e solo lontanamente approssimati, ma certo è che, rela-tivamente al grande numero delle comete ognora esistenti nel no-stro Sistema, minimo è il numero delle comete cui gli astronomiriescono ogni anno a vedere e osservare.

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174. Alcune fra le molte comete conosciute od appar-se da remotissimi tempi appartengono realmente al Si-stema planetario, ed attualmente sono membri anch’essedi quella famiglia di astri che circolano intorno al Soleentro orbite determinate.

Di tutte le altre comete però non si può dire altrettan-to; queste sono piuttosto visitatrici che abitatrici dellaregione celeste occupata dal Sistema solare; esse, prove-nienti da lontanissime regioni dello spazio, entrano, at-tratte dalle masse planetarie e dal Sole, nel nostro Siste-ma, lo attraversano, passano vicino al centro del medesi-mo, poi tornano verso altre regioni del cielo per non farforse mai più ritorno alla regione nostra.

Le comete che fanno stabilmente parte del Sistemanotizie di sole 27 comete viste, mentre oggi altrettante comete siosservano in media in meno di quattro anni. Un facile calcolo diprobabilità, partendo dal numero delle comete note e osservate,non che dalla relativamente angusta plaga di spazio da esse occu-pata, guida per induzione al numero delle comete verosimilmenteesistenti, numero che nello spazio universo sale, non c’è fonda-mento per dubitarne, a milioni.

Limitandosi a considerare lo spazio occupato dal sistema delSole, e ponendo per ipotesi uguale a 5 il numero delle comete cheogni anno, portate dal loro moto proprio, passano fra la Terra e ilSole, si trova che il numero delle comete, le quali ogni anno en-trano nel Sistema solare e da esso escono, è eguale a 240, e che ilnumero medio delle comete esistenti in ogni istante di tempo en-tro il sistema del Sole non è minore di 5934. Si tratta di numeriverosimili e solo lontanamente approssimati, ma certo è che, rela-tivamente al grande numero delle comete ognora esistenti nel no-stro Sistema, minimo è il numero delle comete cui gli astronomiriescono ogni anno a vedere e osservare.

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solare e sono vincolate entro la sfera d’attrazione delSole, s’aggirano attorno a questo entro orbite di formaovale allungata (vedi fig. 27), sicchè se ne possono age-volmente calcolare i ritorni periodici al punto della loromassima vicinanza al Sole, punto a cui gli astronomi so-gliono dare, come già abbiamo detto, il nome di perie-lio.

Nel numero di queste comete periodiche trovasi la co-meta di Encke, che ha un periodo di circa 40 mesi, equella di Halley, che torna al perielio ogni 74 anni cir-ca36.

175. Anche le comete più splendide, come appuntoquella di Donati, e quella più antica e famosa di Halley,

36 Il numero delle comete periodiche delle quali il ritorno èstato osservato, sale in questo momento a diciotto. Alcune ritor-nano a lunghi periodi come quella di Olbers con periodo di anni72,6; quella di Tempel con periodo di anni 33,2. Altre compionol’orbita loro in intervalli di tempo relativamente brevi; tali sono lacometa D’Arrest con periodo di poco più che sei anni, la cometaWinnecke con periodo di cinque anni e mezzo, la cometa Fayecon periodo di sette anni, la cometa Brorsen con periodo di 2032giorni.

Fra le comete di breve periodo merita una menzione specialequella di Biela con periodo di sei anni e mezzo. Essa fu vista nel-le sue apparizioni del 1772, del 1806, del 1826, del 1832, e la suamassa non presentò mai fenomeni singolarmente notevoli; duran-te la sua apparizione del 1845-1846 improvvisamente si sdoppiò;nel 1852 le due comete gemelle, frammenti della cometa primiti-va, tornarono a riapparire con debolissimo splendore: dopo il1852 avrebbero dovuto riapparire più volte, ma ogni volta furonocercate invano, sicchè della loro sparizione, o meglio, della di-spersione delle masse loro non si può ormai più dubitare.

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solare e sono vincolate entro la sfera d’attrazione delSole, s’aggirano attorno a questo entro orbite di formaovale allungata (vedi fig. 27), sicchè se ne possono age-volmente calcolare i ritorni periodici al punto della loromassima vicinanza al Sole, punto a cui gli astronomi so-gliono dare, come già abbiamo detto, il nome di perie-lio.

Nel numero di queste comete periodiche trovasi la co-meta di Encke, che ha un periodo di circa 40 mesi, equella di Halley, che torna al perielio ogni 74 anni cir-ca36.

175. Anche le comete più splendide, come appuntoquella di Donati, e quella più antica e famosa di Halley,

36 Il numero delle comete periodiche delle quali il ritorno èstato osservato, sale in questo momento a diciotto. Alcune ritor-nano a lunghi periodi come quella di Olbers con periodo di anni72,6; quella di Tempel con periodo di anni 33,2. Altre compionol’orbita loro in intervalli di tempo relativamente brevi; tali sono lacometa D’Arrest con periodo di poco più che sei anni, la cometaWinnecke con periodo di cinque anni e mezzo, la cometa Fayecon periodo di sette anni, la cometa Brorsen con periodo di 2032giorni.

Fra le comete di breve periodo merita una menzione specialequella di Biela con periodo di sei anni e mezzo. Essa fu vista nel-le sue apparizioni del 1772, del 1806, del 1826, del 1832, e la suamassa non presentò mai fenomeni singolarmente notevoli; duran-te la sua apparizione del 1845-1846 improvvisamente si sdoppiò;nel 1852 le due comete gemelle, frammenti della cometa primiti-va, tornarono a riapparire con debolissimo splendore: dopo il1852 avrebbero dovuto riapparire più volte, ma ogni volta furonocercate invano, sicchè della loro sparizione, o meglio, della di-spersione delle masse loro non si può ormai più dubitare.

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non sono visibili se non quando si trovano in vicinanzaal Sole; il maggior numero delle comete passa inosser-vato al pubblico perchè telescopiche ed indiscernibili adocchio nudo.

È questa la ragione per cui fin quasi ai tempi nostri lecomete, e per la loro rarità e per le loro forme strane, fu-rono per le moltitudini oggetto di terrore, e le loro com-parse tenute in conto di presagi funesti.

176. Un’altra classe di corpi celesti, che ho detto ap-partenere al Sistema solare, è quella delle così dettestelle cadenti, o volgarmente meteore.

Chi ha osservato il cielo nelle notti serene, non puònon aver notata la repentina apparizione, in vari luoghidel firmamento, di punti brillanti come stelle, che, velo-cemente descrivendo un breve tratto di cielo, scompaio-no pure repentinamente, lasciandosi talora dietro un mo-mentaneo strascico luminoso. Non v’ha notte dell’annoin cui non si vedano siffatte apparizioni, e anzi in certedeterminate epoche esse sono così numerose che rice-vettero il nome di pioggie o di flussi di stelle cadenti.

Sono esse corpuscoli infiammati, di dimensioni relati-vamente minime, che attraversano la nostra atmosfera.

177. I corpuscoli cosmici, di cui parliamo, sono per sèstessi oscuri, come qualsivoglia corpo planetario, ma,dotati come sono di un moto rapidissimo, allorchè siprecipitano attraverso la nostra atmosfera, si riscaldanosiffattamente, a cagione dell’urto e dell’attrito contro lemolecole dell’aria, che si accendono, e si consumano af-fatto prima di poter cadere sulla Terra. La loro massa è

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non sono visibili se non quando si trovano in vicinanzaal Sole; il maggior numero delle comete passa inosser-vato al pubblico perchè telescopiche ed indiscernibili adocchio nudo.

È questa la ragione per cui fin quasi ai tempi nostri lecomete, e per la loro rarità e per le loro forme strane, fu-rono per le moltitudini oggetto di terrore, e le loro com-parse tenute in conto di presagi funesti.

176. Un’altra classe di corpi celesti, che ho detto ap-partenere al Sistema solare, è quella delle così dettestelle cadenti, o volgarmente meteore.

Chi ha osservato il cielo nelle notti serene, non puònon aver notata la repentina apparizione, in vari luoghidel firmamento, di punti brillanti come stelle, che, velo-cemente descrivendo un breve tratto di cielo, scompaio-no pure repentinamente, lasciandosi talora dietro un mo-mentaneo strascico luminoso. Non v’ha notte dell’annoin cui non si vedano siffatte apparizioni, e anzi in certedeterminate epoche esse sono così numerose che rice-vettero il nome di pioggie o di flussi di stelle cadenti.

Sono esse corpuscoli infiammati, di dimensioni relati-vamente minime, che attraversano la nostra atmosfera.

177. I corpuscoli cosmici, di cui parliamo, sono per sèstessi oscuri, come qualsivoglia corpo planetario, ma,dotati come sono di un moto rapidissimo, allorchè siprecipitano attraverso la nostra atmosfera, si riscaldanosiffattamente, a cagione dell’urto e dell’attrito contro lemolecole dell’aria, che si accendono, e si consumano af-fatto prima di poter cadere sulla Terra. La loro massa è

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esigua; il loro peso di rado raggiunge alcuni grammi,quasi sempre equivale ad una frazione di grammo; illoro numero è grandissimo.

178. Assidue osservazioni hanno mostrato che in cer-te notti, la maggior quantità di stelle cadenti sembra sca-turire da determinate plaghe del cielo, e in altre notti daaltre plaghe; hanno pur reso evidente che le così dettepioggie di cadenti si producono in certe epoche determi-nate delle quali le più rimarchevoli sono il 13-14 di no-vembre, il 23-27 di novembre e il 10 di agosto. Le stelledella prima di queste epoche paiono escire dalla costel-lazione del Leone, e furono perciò dette Leonidi; le stel-le del 23-27 di novembre divergono in apparenza dallacostellazione di Andromeda, e col nome di Andromedei-di o di Andromedidi vengono indicate; le stelle di agostopartono dalla costellazione di Perseo, e furono dettePersèidi.

Le Perseidi dell’agosto da tempo ogni anno si posso-no osservare, pur variando esse assai di numero e displendore nelle loro diverse apparizioni, In alcuni annise ne contarono da 150 a 200 in un’ora; in altri il nume-ro loro in un’ora discese a 30 e a 20.

Le Leonidi e le Andromedeidi ogni anno ripassano inpiccolo numero, ma a periodi determinati diedero, inepoche anche non lontane, luogo a splendide e memora-bili pioggie di stelle cadenti.

179. Lo studio accurato dei periodi di massima fre-quenza nelle loro apparizioni, della direzione generaledelle brevi linee o traiettorie che descrivono, dei luoghi

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esigua; il loro peso di rado raggiunge alcuni grammi,quasi sempre equivale ad una frazione di grammo; illoro numero è grandissimo.

178. Assidue osservazioni hanno mostrato che in cer-te notti, la maggior quantità di stelle cadenti sembra sca-turire da determinate plaghe del cielo, e in altre notti daaltre plaghe; hanno pur reso evidente che le così dettepioggie di cadenti si producono in certe epoche determi-nate delle quali le più rimarchevoli sono il 13-14 di no-vembre, il 23-27 di novembre e il 10 di agosto. Le stelledella prima di queste epoche paiono escire dalla costel-lazione del Leone, e furono perciò dette Leonidi; le stel-le del 23-27 di novembre divergono in apparenza dallacostellazione di Andromeda, e col nome di Andromedei-di o di Andromedidi vengono indicate; le stelle di agostopartono dalla costellazione di Perseo, e furono dettePersèidi.

Le Perseidi dell’agosto da tempo ogni anno si posso-no osservare, pur variando esse assai di numero e displendore nelle loro diverse apparizioni, In alcuni annise ne contarono da 150 a 200 in un’ora; in altri il nume-ro loro in un’ora discese a 30 e a 20.

Le Leonidi e le Andromedeidi ogni anno ripassano inpiccolo numero, ma a periodi determinati diedero, inepoche anche non lontane, luogo a splendide e memora-bili pioggie di stelle cadenti.

179. Lo studio accurato dei periodi di massima fre-quenza nelle loro apparizioni, della direzione generaledelle brevi linee o traiettorie che descrivono, dei luoghi

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del cielo dai quali sembrano irradiare, ha reso palese ilfatto che le stelle cadenti appartengono a sciami o cor-renti di corpuscoli cosmici solidi, oscuri; che questisciami provengono da lontanissime regioni del cielo, e,attratti dal Sole, passano, nel loro viaggio attraverso allospazio, in vicinanza del Sole stesso; che alcuni di essisciami formano immensi anelli ellittici rotanti intorno alSole.

Ma il più singolare risaltato ottenuto dall’esame dellaforma, della grandezza e della posizione delle orbite dicosì fatte correnti meteoriche, si è la quasi certezza cheesse hanno grande analogia colle comete, parecchie diqueste essendosi dimostrato avere orbite identiche aquelle di certi nembi di stelle cadenti. Si crede anzi chele stelle meteoriche o cadenti siano prodotte dalla disso-luzione totale o parziale delle comete in piccolissime enumerosissime particelle37.

37 Nota è la cometa la cui orbita è identica alle orbite percorsedallo sciame delle Leonidi, che produsse le stupefacenti e splen-dide pioggie meteoriche del 1799, del 1833 e del 1866 (13-14 no-vembre). Se ne aspettava il ritorno per il 14-15 novembre del1899 o del 1900, ma la generale e viva aspettazione andò delusa.

Se la Terra non attraversò lo sciame durante le ore diurne diquelle contrade che avrebbero potuto vedere la pioggia meteoricaaspettata, forza è conchiudere che dopo il 1866 di molto si è mo-dificata l’orbita percorsa dallo sciame negli spazii interplanetari, eche le nostre cognizioni sulla corrente delle Leonidi sono tuttoraincerte, quelle sovratutto che riguardano la struttura e le dimen-sioni dello sciame nel verso normale alla corrente, che è quellosecondo cui press’a poco la corrente stessa viene attraversata dal-la Terra.

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del cielo dai quali sembrano irradiare, ha reso palese ilfatto che le stelle cadenti appartengono a sciami o cor-renti di corpuscoli cosmici solidi, oscuri; che questisciami provengono da lontanissime regioni del cielo, e,attratti dal Sole, passano, nel loro viaggio attraverso allospazio, in vicinanza del Sole stesso; che alcuni di essisciami formano immensi anelli ellittici rotanti intorno alSole.

Ma il più singolare risaltato ottenuto dall’esame dellaforma, della grandezza e della posizione delle orbite dicosì fatte correnti meteoriche, si è la quasi certezza cheesse hanno grande analogia colle comete, parecchie diqueste essendosi dimostrato avere orbite identiche aquelle di certi nembi di stelle cadenti. Si crede anzi chele stelle meteoriche o cadenti siano prodotte dalla disso-luzione totale o parziale delle comete in piccolissime enumerosissime particelle37.

37 Nota è la cometa la cui orbita è identica alle orbite percorsedallo sciame delle Leonidi, che produsse le stupefacenti e splen-dide pioggie meteoriche del 1799, del 1833 e del 1866 (13-14 no-vembre). Se ne aspettava il ritorno per il 14-15 novembre del1899 o del 1900, ma la generale e viva aspettazione andò delusa.

Se la Terra non attraversò lo sciame durante le ore diurne diquelle contrade che avrebbero potuto vedere la pioggia meteoricaaspettata, forza è conchiudere che dopo il 1866 di molto si è mo-dificata l’orbita percorsa dallo sciame negli spazii interplanetari, eche le nostre cognizioni sulla corrente delle Leonidi sono tuttoraincerte, quelle sovratutto che riguardano la struttura e le dimen-sioni dello sciame nel verso normale alla corrente, che è quellosecondo cui press’a poco la corrente stessa viene attraversata dal-la Terra.

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180. Noto quanto quello delle stelle cadenti è il feno-meno della caduta degli aeroliti, masse di pietra o dimetallo che cadono dal cielo solcando l’atmosfera congrande sviluppo di luce, e piombano sulla Terra congrande impeto e fracasso. Diconsi anche meteoriti o pie-tre meteoriche; sono corpi cosmici che attraversanol’atmosfera terrestre con grandissima rapidità, e devonol’incandescenza loro al calore sviluppato dalla compres-

A meglio conoscere la natura di questo sciame, che certo occu-pa co’ suoi corpuscoli in modo continuo e con gruppi di diversadensità e numero l’intera orbita sua. non resta per il momento agliastronomi che vegliare attentamente al suo ritorno di ogni anno,notando il numero delle stelle cadenti alle quali esso dà luogo, levariazioni di esso numero di anno in anno, così come già si facollo sciame delle Perseidi.

Allo sciame delle Andromedidi appartiene la cometa di Biela dicui il periodo di rivoluzione è uguale a sei anni e mezzo. La co-meta da molti anni (v. nota a pag. 166[184]) più non riapparve, ei suoi materiali probabilmente andarono dispersi. Rimane solo losciame meteorico che percorre un’orbita identica a quella dellacometa, e che già produsse tre pioggie memorabili di cadenti, duenegli anni 1872 e 1885 il giorno 27 del mese di novembre, unanel 1892 il giorno 23. La differenza delle date fu spiegata comeeffetto di perturbazioni nel movimento dello sciame prodotto dal-la vicinanza del pianeta Giove. Nell’anno 1899 un certo numerodi Andromedidi fu osservato la notte del 24 di novembre e neglianni prossimi bisognerà quindi fra il 23 e il 27 di novembre starebene attenti per avvertire se un risveglio prima, una riproduzionepoi della pioggia delle Andromedidi non avvenga, chè il volerepreanunziare il prossimo ritorno di quella pioggia meteorica, fin-chè meglio non sia conosciuta l’estensione e la forma della cor-rente cosmica relativa, sarebbe opera di grande presunzione.

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180. Noto quanto quello delle stelle cadenti è il feno-meno della caduta degli aeroliti, masse di pietra o dimetallo che cadono dal cielo solcando l’atmosfera congrande sviluppo di luce, e piombano sulla Terra congrande impeto e fracasso. Diconsi anche meteoriti o pie-tre meteoriche; sono corpi cosmici che attraversanol’atmosfera terrestre con grandissima rapidità, e devonol’incandescenza loro al calore sviluppato dalla compres-

A meglio conoscere la natura di questo sciame, che certo occu-pa co’ suoi corpuscoli in modo continuo e con gruppi di diversadensità e numero l’intera orbita sua. non resta per il momento agliastronomi che vegliare attentamente al suo ritorno di ogni anno,notando il numero delle stelle cadenti alle quali esso dà luogo, levariazioni di esso numero di anno in anno, così come già si facollo sciame delle Perseidi.

Allo sciame delle Andromedidi appartiene la cometa di Biela dicui il periodo di rivoluzione è uguale a sei anni e mezzo. La co-meta da molti anni (v. nota a pag. 166[184]) più non riapparve, ei suoi materiali probabilmente andarono dispersi. Rimane solo losciame meteorico che percorre un’orbita identica a quella dellacometa, e che già produsse tre pioggie memorabili di cadenti, duenegli anni 1872 e 1885 il giorno 27 del mese di novembre, unanel 1892 il giorno 23. La differenza delle date fu spiegata comeeffetto di perturbazioni nel movimento dello sciame prodotto dal-la vicinanza del pianeta Giove. Nell’anno 1899 un certo numerodi Andromedidi fu osservato la notte del 24 di novembre e neglianni prossimi bisognerà quindi fra il 23 e il 27 di novembre starebene attenti per avvertire se un risveglio prima, una riproduzionepoi della pioggia delle Andromedidi non avvenga, chè il volerepreanunziare il prossimo ritorno di quella pioggia meteorica, fin-chè meglio non sia conosciuta l’estensione e la forma della cor-rente cosmica relativa, sarebbe opera di grande presunzione.

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sione dell’aria che essi attraversano.Hanno aspetto frammentario, e alla loro superficie ap-

paiono fusi e in certo modo vetrificati; hanno volumi epesi diversissimi; i maggiori pesano 25000-780-300 chi-logrammi e sono eccezioni; raramente essi superano i 50chilogrammi, e il peso loro discende talora a qualchegrammo e a pochi decigrammi perfino; esemplari di me-teoriti vengono oggi conservati nei principali musei diEuropa.

181. I chimici, com’è ben naturale, si sono affrettati astudiare la composizione di quei frammenti di meteoritiche loro vennero fra le mani, e trovarono che, sieno essidi natura quasi esclusivamente metallica (contenendoferro, nichelio, ecc.), sieno essi di natura prevalente-mente pietrosa (contenendo silice, magnesia, allumina,ecc.), sono però tutti composti di materiali congeneri aquelli che compongono molte roccie terrestri. Non sisono mai in essi incontrate traccie di sostanze che nonesistano sulla Terra, o nel Sole; 25 degli elementi chimi-ci noti, l’elio incluso, furono trovati negli aeroliti, ma fi-nora di elementi nuovi neppure uno.

182. In un determinato luogo della Terra la caduta diun meteorite è fenomeno rarissimo. Le statistiche peròportano in media a 180 le cadute di meteoriti ogni annoosservate sui diversi continenti, e poichè grandissima èl’estensione degli oceani, e grandi sono le plaghe conti-nentali o deserte o barbariche, forza è pensare che il nu-mero dei meteoriti realmente cadenti è ben maggioredell’osservato, e che la caduta di pietre meteoriche sulla

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sione dell’aria che essi attraversano.Hanno aspetto frammentario, e alla loro superficie ap-

paiono fusi e in certo modo vetrificati; hanno volumi epesi diversissimi; i maggiori pesano 25000-780-300 chi-logrammi e sono eccezioni; raramente essi superano i 50chilogrammi, e il peso loro discende talora a qualchegrammo e a pochi decigrammi perfino; esemplari di me-teoriti vengono oggi conservati nei principali musei diEuropa.

181. I chimici, com’è ben naturale, si sono affrettati astudiare la composizione di quei frammenti di meteoritiche loro vennero fra le mani, e trovarono che, sieno essidi natura quasi esclusivamente metallica (contenendoferro, nichelio, ecc.), sieno essi di natura prevalente-mente pietrosa (contenendo silice, magnesia, allumina,ecc.), sono però tutti composti di materiali congeneri aquelli che compongono molte roccie terrestri. Non sisono mai in essi incontrate traccie di sostanze che nonesistano sulla Terra, o nel Sole; 25 degli elementi chimi-ci noti, l’elio incluso, furono trovati negli aeroliti, ma fi-nora di elementi nuovi neppure uno.

182. In un determinato luogo della Terra la caduta diun meteorite è fenomeno rarissimo. Le statistiche peròportano in media a 180 le cadute di meteoriti ogni annoosservate sui diversi continenti, e poichè grandissima èl’estensione degli oceani, e grandi sono le plaghe conti-nentali o deserte o barbariche, forza è pensare che il nu-mero dei meteoriti realmente cadenti è ben maggioredell’osservato, e che la caduta di pietre meteoriche sulla

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Terra in generale è fenomeno di ogni giorno.Alcuni ritengono che stelle cadenti e meteoriti sono

una stessa cosa, che le apparenze loro formano i puntiestremi di una scala di fenomeni la quale offre dall’unoall’altro una serie di gradazioni continua, e che differi-scono fra di loro in ciò solo che le cadenti passano aduna distanza molto più grande dalla Terra. Nello statoattuale della scienza tutte queste cose non si possonoperò ritenere abbastanza dimostrate; meteoriti e stellecadenti sono certamente corpi cosmici, ma, se sieno onon una stessa cosa, rimane per il momento insoluto.

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Terra in generale è fenomeno di ogni giorno.Alcuni ritengono che stelle cadenti e meteoriti sono

una stessa cosa, che le apparenze loro formano i puntiestremi di una scala di fenomeni la quale offre dall’unoall’altro una serie di gradazioni continua, e che differi-scono fra di loro in ciò solo che le cadenti passano aduna distanza molto più grande dalla Terra. Nello statoattuale della scienza tutte queste cose non si possonoperò ritenere abbastanza dimostrate; meteoriti e stellecadenti sono certamente corpi cosmici, ma, se sieno onon una stessa cosa, rimane per il momento insoluto.

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CAPITOLO QUARTOIl Sole.

§ I.Il Sole e sua influenza sugli altri corpi del

Sistema solare.

183. Nelle pagine precedenti ho cercato di farvi com-prendere che cosa sia la Terra.

Noi abbiamo veduto che essa è un corpo relativamen-te freddo alla sua superficie38 il quale si muove regolar-mente intorno al Sole.

La Terra non risplende di luce propria, e deve al Solel’illuminazione della sua superficie.

I pianeti, i quali sono altrettante terre descriventi cia-scuno il proprio giro intorno al Sole, sono relativamentefreddi alla superficie ed opachi come la Terra; la luce dicui risplendono è luce del Sole riflessa dalla loro super-ficie.

184. Si è veduto ancora che la lunghezza dell’anno,sulla Terra e sugli altri pianeti, dipende dal tempo che

38 Nell’interno la temperatura della Terra è generalmente piùelevata che alla superficie, come dimostrano le osservazioni fattenelle profonde miniere, le sorgenti d’acque calde, e sopratutto ivulcani. Ma lo studio della Terra, sotto questo aspetto, appartienealla Geografia fisica e alla Geologia.

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CAPITOLO QUARTOIl Sole.

§ I.Il Sole e sua influenza sugli altri corpi del

Sistema solare.

183. Nelle pagine precedenti ho cercato di farvi com-prendere che cosa sia la Terra.

Noi abbiamo veduto che essa è un corpo relativamen-te freddo alla sua superficie38 il quale si muove regolar-mente intorno al Sole.

La Terra non risplende di luce propria, e deve al Solel’illuminazione della sua superficie.

I pianeti, i quali sono altrettante terre descriventi cia-scuno il proprio giro intorno al Sole, sono relativamentefreddi alla superficie ed opachi come la Terra; la luce dicui risplendono è luce del Sole riflessa dalla loro super-ficie.

184. Si è veduto ancora che la lunghezza dell’anno,sulla Terra e sugli altri pianeti, dipende dal tempo che

38 Nell’interno la temperatura della Terra è generalmente piùelevata che alla superficie, come dimostrano le osservazioni fattenelle profonde miniere, le sorgenti d’acque calde, e sopratutto ivulcani. Ma lo studio della Terra, sotto questo aspetto, appartienealla Geografia fisica e alla Geologia.

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ciascuno di questi corpi impiega a fare il suo giro intor-no al Sole; che la durata del giorno è determinata dallavelocità con cui ogni pianeta ruota intorno al proprioasse, portando così successivamente sotto la luce delSole le varie regioni della sua superficie.

185. Da ultimo ho tentato di dimostrarvi come dallaposizione dell’asse di rotazione di ciascun pianeta di-pendano le vicende delle stagioni, le quali principalmen-te sono prodotte dal diverso modo sotto cui ogni datopaese è presentato alla illuminazione solare nelle diver-se epoche dell’anno ossia della rivoluzione del pianeta.

186. Dal Sole, può adunque dirsi, dipende in ultimaanalisi la massima parte dei fatti naturali: il giorno,l’anno, le stagioni e il loro regolare avvicendarsi. Checosa è mai questo corpo così importante, i cui raggi dif-fondono la luce, il calore e la vita su tutti i pianeti, e cheè collocato nel centro dei loro giri, delle orbite loro?

§ II.Calore, luce, grandezza e distanza del Sole.

187. Il Sole può essere considerato come un globo difuoco intenso; in termini più scientifici esso può ritener-si un ammasso di vapori in istato di violentissima igni-zione.

Più tardi potrò dare qualche notizia maggiore intornoalla costituzione fisica del Sole, ma qualunque essa sia,certo è che il Sole riscalda, che potente è la sua energiatermica, che la temperatura sua, cui la scienza non può

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ciascuno di questi corpi impiega a fare il suo giro intor-no al Sole; che la durata del giorno è determinata dallavelocità con cui ogni pianeta ruota intorno al proprioasse, portando così successivamente sotto la luce delSole le varie regioni della sua superficie.

185. Da ultimo ho tentato di dimostrarvi come dallaposizione dell’asse di rotazione di ciascun pianeta di-pendano le vicende delle stagioni, le quali principalmen-te sono prodotte dal diverso modo sotto cui ogni datopaese è presentato alla illuminazione solare nelle diver-se epoche dell’anno ossia della rivoluzione del pianeta.

186. Dal Sole, può adunque dirsi, dipende in ultimaanalisi la massima parte dei fatti naturali: il giorno,l’anno, le stagioni e il loro regolare avvicendarsi. Checosa è mai questo corpo così importante, i cui raggi dif-fondono la luce, il calore e la vita su tutti i pianeti, e cheè collocato nel centro dei loro giri, delle orbite loro?

§ II.Calore, luce, grandezza e distanza del Sole.

187. Il Sole può essere considerato come un globo difuoco intenso; in termini più scientifici esso può ritener-si un ammasso di vapori in istato di violentissima igni-zione.

Più tardi potrò dare qualche notizia maggiore intornoalla costituzione fisica del Sole, ma qualunque essa sia,certo è che il Sole riscalda, che potente è la sua energiatermica, che la temperatura sua, cui la scienza non può

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ancor precisare od esprimere in numeri, è enorme edeguale a migliaia forse a milioni di gradi; certo è ancorache in grazia della sua temperatura altissima il Sole ri-splende di luce propria, ciò che non possono fare nè ipianeti, nè i satelliti.

188. Le dimensioni del Sole sono così sterminate, cheil suo volume equivale a cinquecento volte il volume ditutti i pianeti presi insieme. Il suo diametro misura1394260 chilometri ed equivale a 109,3 diametri dellaTerra; la sua massa vale molto approssimativamente324439 volte la massa della Terra.

Malgrado il suo gran volume e le sue dimensioni ster-minate, il Sole appare al nostro occhio così comeall’occhio appare la Luna, sotto un angolo apparentecioè di poco più che mezzo grado, in media 32'3",64.Egli è che ogni corpo appare più e più piccolo quantopiù lontano lo si porta; egli è che il Sole si trova a gran-de distanza dalla Terra, ad una distanza che in media sipuò ritenere uguale a 149,5 in numeri rotondi a 150 mi-lioni di chilometri. È tale questa distanza, che per essaun angolo avente il suo vertice sulla Terra ed aventeun’ampiezza uguale ad un minuto secondo d’arco ab-braccia co’ suoi lati sul Sole una lunghezza di 724,8 chi-lometri, mentre un secondo d’arco segna qualche cosadi affatto invisibile all’occhio nudo, ed è l’angolo sottocui si vedrebbe un millimetro portato alla distanza di206 metri dall’occhio, un decimo di millimetro alla di-stanza di metri 20,6.

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ancor precisare od esprimere in numeri, è enorme edeguale a migliaia forse a milioni di gradi; certo è ancorache in grazia della sua temperatura altissima il Sole ri-splende di luce propria, ciò che non possono fare nè ipianeti, nè i satelliti.

188. Le dimensioni del Sole sono così sterminate, cheil suo volume equivale a cinquecento volte il volume ditutti i pianeti presi insieme. Il suo diametro misura1394260 chilometri ed equivale a 109,3 diametri dellaTerra; la sua massa vale molto approssimativamente324439 volte la massa della Terra.

Malgrado il suo gran volume e le sue dimensioni ster-minate, il Sole appare al nostro occhio così comeall’occhio appare la Luna, sotto un angolo apparentecioè di poco più che mezzo grado, in media 32'3",64.Egli è che ogni corpo appare più e più piccolo quantopiù lontano lo si porta; egli è che il Sole si trova a gran-de distanza dalla Terra, ad una distanza che in media sipuò ritenere uguale a 149,5 in numeri rotondi a 150 mi-lioni di chilometri. È tale questa distanza, che per essaun angolo avente il suo vertice sulla Terra ed aventeun’ampiezza uguale ad un minuto secondo d’arco ab-braccia co’ suoi lati sul Sole una lunghezza di 724,8 chi-lometri, mentre un secondo d’arco segna qualche cosadi affatto invisibile all’occhio nudo, ed è l’angolo sottocui si vedrebbe un millimetro portato alla distanza di206 metri dall’occhio, un decimo di millimetro alla di-stanza di metri 20,6.

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§ III.Superficie del Sole.

189. Le osservazioni della superficie visibile del Sole,così a occhio nudo, come telescopiche, debbono esserfatte coll’aiuto di vetri anneriti o di altri mezzi atti a di-minuire l’intensa luce, che abbaglia l’occhio e può giun-gere ad acciecarlo, quando non s’impieghino le debiteprecauzioni.

190. Adoperando un vetro convenientemente anneri-to, il Sole appare come un globo sempre perfettamenterotondo, tutto coperto alla superficie da uno stratod’intensa luce, al quale si usa dare il nome di fotosfera.La fotosfera è quindi la superficie luminosa che appa-rentemente contermina il Sole. Vista con forti cannoc-chiali, essa non appare continua ed uniforme; mostra in-vece una struttura minuta, irregolare, soggetta a muta-zioni incessanti, a movimenti grandiosi, qualche voltaviolentissimi.

Quando s’impieghi un telescopio di conveniente am-plificazione, raramente avverrà che non si scorgano suldisco lucente del Sole una o più macchie nere. Questepossono avere differenti ampiezze; alcune volte sonotali da eccedere le dimensioni dei maggiori continentiterrestri; in qualche rara occasione sono grandi abba-stanza da essere vedute senza cannocchiale, cioècoll’occhio semplicemente protetto da un vetro conve-nientemente affumicato.

191. In prossimità delle macchie solari spesso si scor-

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§ III.Superficie del Sole.

189. Le osservazioni della superficie visibile del Sole,così a occhio nudo, come telescopiche, debbono esserfatte coll’aiuto di vetri anneriti o di altri mezzi atti a di-minuire l’intensa luce, che abbaglia l’occhio e può giun-gere ad acciecarlo, quando non s’impieghino le debiteprecauzioni.

190. Adoperando un vetro convenientemente anneri-to, il Sole appare come un globo sempre perfettamenterotondo, tutto coperto alla superficie da uno stratod’intensa luce, al quale si usa dare il nome di fotosfera.La fotosfera è quindi la superficie luminosa che appa-rentemente contermina il Sole. Vista con forti cannoc-chiali, essa non appare continua ed uniforme; mostra in-vece una struttura minuta, irregolare, soggetta a muta-zioni incessanti, a movimenti grandiosi, qualche voltaviolentissimi.

Quando s’impieghi un telescopio di conveniente am-plificazione, raramente avverrà che non si scorgano suldisco lucente del Sole una o più macchie nere. Questepossono avere differenti ampiezze; alcune volte sonotali da eccedere le dimensioni dei maggiori continentiterrestri; in qualche rara occasione sono grandi abba-stanza da essere vedute senza cannocchiale, cioècoll’occhio semplicemente protetto da un vetro conve-nientemente affumicato.

191. In prossimità delle macchie solari spesso si scor-

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gono tratti lucidissimi più fortemente luminosi che il re-sto del disco; si dà loro il nome di facole, e probabil-mente sono immense masse di vapori luminosi lunghemigliaia e migliaia di miglia; le facole appaiono infattilunghe, sottili, ramificate, quasi venature lucide della fo-tosfera.

Se si osserva più giorni di seguito una stessa macchiaod una stessa facola, si trova che l’una e l’altra vannocontinuamente cambiando di forma, finchè, dopo averpersistito per alcuni giorni od anche per alcune settima-ne, scompaiono, cedendo il posto ad altre macchie e adaltre facole che van formandosi in altri punti della su-perficie del disco.

§ IV.Le macchie del Sole.

192. Sebbene il Sole sia tanto distante da noi, glisconvolgimenti che hanno luogo alla sua superficie as-sumono tuttavia proporzioni così gigantesche, che i pro-dotti loro cioè le macchie e le facole, mostrano allospettatore armato di telescopio numerose e curiosissimeparticolarità. Vi presento nella figura qui vicina una del-le più vaste macchie solari, il cui circuito misurava piùvolte la periferia della Terra (fig. 39).

193. Se si osserva una di queste macchie e si nota conattenzione, a due o tre giorni d’intervallo, il luogo preci-so da essa occupato sul disco del Sole, si trova che essacambia di posizione e che si avvicina progressivamente

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gono tratti lucidissimi più fortemente luminosi che il re-sto del disco; si dà loro il nome di facole, e probabil-mente sono immense masse di vapori luminosi lunghemigliaia e migliaia di miglia; le facole appaiono infattilunghe, sottili, ramificate, quasi venature lucide della fo-tosfera.

Se si osserva più giorni di seguito una stessa macchiaod una stessa facola, si trova che l’una e l’altra vannocontinuamente cambiando di forma, finchè, dopo averpersistito per alcuni giorni od anche per alcune settima-ne, scompaiono, cedendo il posto ad altre macchie e adaltre facole che van formandosi in altri punti della su-perficie del disco.

§ IV.Le macchie del Sole.

192. Sebbene il Sole sia tanto distante da noi, glisconvolgimenti che hanno luogo alla sua superficie as-sumono tuttavia proporzioni così gigantesche, che i pro-dotti loro cioè le macchie e le facole, mostrano allospettatore armato di telescopio numerose e curiosissimeparticolarità. Vi presento nella figura qui vicina una del-le più vaste macchie solari, il cui circuito misurava piùvolte la periferia della Terra (fig. 39).

193. Se si osserva una di queste macchie e si nota conattenzione, a due o tre giorni d’intervallo, il luogo preci-so da essa occupato sul disco del Sole, si trova che essacambia di posizione e che si avvicina progressivamente

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al lembo occidentale del disco. Continuando queste os-servazioni, il moto della macchia verso ponente divente-rà sempre più evidente, e da ultimo si vedrà la macchiagiungere vicino all’orlo occidentale del Sole e poi scom-parire poco a poco.

Tutte le macchie presentano un simile fatto e tutte,comparendone spesso parecchie in una volta, cammina-no nella medesima direzione mantenendo le relativeloro distanze. Da questo appare che le macchie non sonocorpi staccati i quali circolino ad una certa distanza dalSole, che esse sono attaccate alla superficie di questo, eche la superficie del Sole è quella che si muove traspor-tando tutte quelle macchie da levante a ponente.

Se una macchia di forma ben distinta venga oggi os-servata nella sua disparizione al lembo occidentale deldisco solare, dopo alquanti giorni, 13 circa, la si vedràriapparire al lembo orientale, riattraversare il discocome dianzi, scomparire una seconda volta alquantigiorni, 27 circa, dopo la prima disparizione. La macchiaha quindi girato dietro il globo solare nell’intervallo di

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al lembo occidentale del disco. Continuando queste os-servazioni, il moto della macchia verso ponente divente-rà sempre più evidente, e da ultimo si vedrà la macchiagiungere vicino all’orlo occidentale del Sole e poi scom-parire poco a poco.

Tutte le macchie presentano un simile fatto e tutte,comparendone spesso parecchie in una volta, cammina-no nella medesima direzione mantenendo le relativeloro distanze. Da questo appare che le macchie non sonocorpi staccati i quali circolino ad una certa distanza dalSole, che esse sono attaccate alla superficie di questo, eche la superficie del Sole è quella che si muove traspor-tando tutte quelle macchie da levante a ponente.

Se una macchia di forma ben distinta venga oggi os-servata nella sua disparizione al lembo occidentale deldisco solare, dopo alquanti giorni, 13 circa, la si vedràriapparire al lembo orientale, riattraversare il discocome dianzi, scomparire una seconda volta alquantigiorni, 27 circa, dopo la prima disparizione. La macchiaha quindi girato dietro il globo solare nell’intervallo di

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tempo compreso fra la sua scomparsa e la sua riappari-zione; tutto il Sole per conseguenza ruota intorno al suoasse, portando seco in giro tutte le macchie e tutte le fa-cole.

Il Sole, come la Terra, ruota con moto uniforme intor-no a sè stesso; la rotazione sua si compie in 25 giornicirca, 25g,38 secondo Carrington; la rotazione sua, perchi lo guarda dalla Terra, si fa da sinistra a destra intor-no ad un asse quasi perpendicolare al piano dell’orbitaterrestre, inclinato cioè all’eclittica di un angolo quasiretto ed uguale ancora secondo Carrington a 82° e 45'.

194. Le facole possono prodursi in tutte le regionidella superficie del Sole; solo appaiono più facilmentedistinte verso il contorno del disco solare. Non così lemacchie; queste non si vedono mai nelle vicinanze deipoli della rotazione solare, sono limitate alle regioni vi-cine all’equatore, e si mostrano in più gran quantità indue zone poste simmetricamente a nord e a suddell’equatore stesso, fra il decimo e il trentesimo gradodi latitudine solare.

Il numero delle macchie in un dato istante visibili sulSole varia di anno in anno in modo regolare e periodico,prendendo nell’intervallo di undici anni circa un valoremassimo ed uno minimo; v’è in altre parole nell’appari-zione delle macchie solari un periodo undecennale39.

39 È opinione di molti che le macchie del Sole abbiano un cer-to influsso sulla temperatura dell’atmosfera terrestre e sul nostrotempo, ma quale sia il carattere di questo influsso, quale ne sia lamisura non si sa ancora, la relazione che corre fra i due ordini difatti essendo tutt’altro che semplice.

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tempo compreso fra la sua scomparsa e la sua riappari-zione; tutto il Sole per conseguenza ruota intorno al suoasse, portando seco in giro tutte le macchie e tutte le fa-cole.

Il Sole, come la Terra, ruota con moto uniforme intor-no a sè stesso; la rotazione sua si compie in 25 giornicirca, 25g,38 secondo Carrington; la rotazione sua, perchi lo guarda dalla Terra, si fa da sinistra a destra intor-no ad un asse quasi perpendicolare al piano dell’orbitaterrestre, inclinato cioè all’eclittica di un angolo quasiretto ed uguale ancora secondo Carrington a 82° e 45'.

194. Le facole possono prodursi in tutte le regionidella superficie del Sole; solo appaiono più facilmentedistinte verso il contorno del disco solare. Non così lemacchie; queste non si vedono mai nelle vicinanze deipoli della rotazione solare, sono limitate alle regioni vi-cine all’equatore, e si mostrano in più gran quantità indue zone poste simmetricamente a nord e a suddell’equatore stesso, fra il decimo e il trentesimo gradodi latitudine solare.

Il numero delle macchie in un dato istante visibili sulSole varia di anno in anno in modo regolare e periodico,prendendo nell’intervallo di undici anni circa un valoremassimo ed uno minimo; v’è in altre parole nell’appari-zione delle macchie solari un periodo undecennale39.

39 È opinione di molti che le macchie del Sole abbiano un cer-to influsso sulla temperatura dell’atmosfera terrestre e sul nostrotempo, ma quale sia il carattere di questo influsso, quale ne sia lamisura non si sa ancora, la relazione che corre fra i due ordini difatti essendo tutt’altro che semplice.

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195. L’osservazione attenta del modo con cui le mac-chie si presentano alla vista nelle diverse loro distanzedall’orlo dal Sole, ha fatto concludere che esse sono ca-vità aperte nello strato luminoso che forma la superficiedel Sole; cavità però non vuote, ma occupate da vapori,in parte opachi, i quali impediscono che la luce arrivi anoi dal fondo delle cavità stesse. Quindi il color neroche per lo più distingue lo spazio verso il mezzo dellemacchie, in altre parole il color nero del nucleo delle

Le statistiche meteorologiche delle nostre regioni, e di quelleche in generale hanno latitudini abbastanza boreali poco dimo-strano, le perturbazioni locali fra noi tendendo fino ad un certopunto a mascherare gli effetti delle variazioni delle radiazioni so-lari. Pare ad esempio che nel clima nostro al crescere delle mac-chie solari corrisponda un aumento della temperatura dell’aria,ma i due aumenti non sono simultanei, il massimo relativo dellatemperatura seguendo di tre anni circa quello delle macchie. Pareche nell’occidente di Europa abbiansi in corrispondenza del mini-mo delle macchie estati più calde, inverni più freddi e chel’amplitudine annua della temperatura sia negli anni corrispon-denti a un minimo di macchie più grande che nelle epoche dimassimo delle macchie stesse. Pare in generale che i massimi dimacchie sieno accompagnati da più copiose pioggie e da più in-tensi commovimenti della nostra atmosfera; che le stagioni nostreperò seguano in qualche modo le vicende delle macchie solarinon si può ancora affermare in modo assoluto ma solo con oppor-tune riserve.

Più probabile è la connessione del magnetismo terrestre collemacchie del Sole; una relazione certamente esiste fra le macchiestesse e le variazioni diurne dei nostri magneti, ma anche qui trat-tasi di relazioni complesse delle quali la scienza avvenire finiràper avere la chiave che la contemporanea ancora non possiede.

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195. L’osservazione attenta del modo con cui le mac-chie si presentano alla vista nelle diverse loro distanzedall’orlo dal Sole, ha fatto concludere che esse sono ca-vità aperte nello strato luminoso che forma la superficiedel Sole; cavità però non vuote, ma occupate da vapori,in parte opachi, i quali impediscono che la luce arrivi anoi dal fondo delle cavità stesse. Quindi il color neroche per lo più distingue lo spazio verso il mezzo dellemacchie, in altre parole il color nero del nucleo delle

Le statistiche meteorologiche delle nostre regioni, e di quelleche in generale hanno latitudini abbastanza boreali poco dimo-strano, le perturbazioni locali fra noi tendendo fino ad un certopunto a mascherare gli effetti delle variazioni delle radiazioni so-lari. Pare ad esempio che nel clima nostro al crescere delle mac-chie solari corrisponda un aumento della temperatura dell’aria,ma i due aumenti non sono simultanei, il massimo relativo dellatemperatura seguendo di tre anni circa quello delle macchie. Pareche nell’occidente di Europa abbiansi in corrispondenza del mini-mo delle macchie estati più calde, inverni più freddi e chel’amplitudine annua della temperatura sia negli anni corrispon-denti a un minimo di macchie più grande che nelle epoche dimassimo delle macchie stesse. Pare in generale che i massimi dimacchie sieno accompagnati da più copiose pioggie e da più in-tensi commovimenti della nostra atmosfera; che le stagioni nostreperò seguano in qualche modo le vicende delle macchie solarinon si può ancora affermare in modo assoluto ma solo con oppor-tune riserve.

Più probabile è la connessione del magnetismo terrestre collemacchie del Sole; una relazione certamente esiste fra le macchiestesse e le variazioni diurne dei nostri magneti, ma anche qui trat-tasi di relazioni complesse delle quali la scienza avvenire finiràper avere la chiave che la contemporanea ancora non possiede.

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macchie40.

§ V.L’atmosfera del Sole.

196. Il disco rotondo che noi chiamiamo Sole, nonforma tutto il Sole, ma solamente la parte più densa epiù splendente di esso. Intorno al disco del Sole, che sipuò considerare come il suo nucleo più luminoso, sonodisposti degli strati di vapori più rari, i quali si elevanomolte migliaia di miglia sopra la sua superficie.

Tali strati non sono visibili nelle ordinarie circostanzee coi mezzi ordinari, perchè la loro luce è debole ed èoffuscata dal chiarore vivissimo della fotosfera; ma nel-le eclissi totali del Sole, quando la Luna nasconde tuttointiero il disco solare luminoso, essi, quasi inviluppiesterni, diventano visibilissimi, mostrando i più stupendicolori, fra i quali predomina il rosso.

Lo schizzo qui di contro (fig. 40), dà un’idea lontana-mente approssimata di ciò che appunto si vede in unaeclisse totale.

40 Si ammette quasi generalmente che le macchie sono cavità,squarciature cioè nella fotosfera solare, profonde secondo Wilsonseimila e più chilometri, ma riesce tuttora difficile il dire qualisiano le condizioni dei materiali che esse contengono, e quali lecause dell’oscurità dell’ombra e della penombra loro. Molto si èstudiato oramai intorno alle macchie, ma il problema delle mac-chie solari è ancora lontano dall’essere risolto in modo esauriente,e uno studio ulteriore delle radiazioni di esse macchie è tuttorapiù che mai necessario.

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macchie40.

§ V.L’atmosfera del Sole.

196. Il disco rotondo che noi chiamiamo Sole, nonforma tutto il Sole, ma solamente la parte più densa epiù splendente di esso. Intorno al disco del Sole, che sipuò considerare come il suo nucleo più luminoso, sonodisposti degli strati di vapori più rari, i quali si elevanomolte migliaia di miglia sopra la sua superficie.

Tali strati non sono visibili nelle ordinarie circostanzee coi mezzi ordinari, perchè la loro luce è debole ed èoffuscata dal chiarore vivissimo della fotosfera; ma nel-le eclissi totali del Sole, quando la Luna nasconde tuttointiero il disco solare luminoso, essi, quasi inviluppiesterni, diventano visibilissimi, mostrando i più stupendicolori, fra i quali predomina il rosso.

Lo schizzo qui di contro (fig. 40), dà un’idea lontana-mente approssimata di ciò che appunto si vede in unaeclisse totale.

40 Si ammette quasi generalmente che le macchie sono cavità,squarciature cioè nella fotosfera solare, profonde secondo Wilsonseimila e più chilometri, ma riesce tuttora difficile il dire qualisiano le condizioni dei materiali che esse contengono, e quali lecause dell’oscurità dell’ombra e della penombra loro. Molto si èstudiato oramai intorno alle macchie, ma il problema delle mac-chie solari è ancora lontano dall’essere risolto in modo esauriente,e uno studio ulteriore delle radiazioni di esse macchie è tuttorapiù che mai necessario.

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Nelle immediate vicinanze dell’orlo del disco oscurolunare, che copre e nasconde quello del Sole, i vaporisono molto più luminosi e formano uno strato basso,continuo, rosso purpureo, detto cromosfera, strato chespinge in alto colonne o getti di luce di egual tinta, sva-riatissimi di forma e di posizione, a cui si suol dare ilnome di protuberanze.

La cromosfera ha struttura filamentosa, quasi risultas-se da un fascio di tanti getti sottili di luce; il suo splen-dore varia nelle diverse sue parti e nei diversi tempi, edè comunemente molto intenso nelle località delle mac-chie; la sua altezza varia essa pure nelle diverse parti delcontorno solare; ordinariamente più alta vicino ai poliche non all’equatore, non supera in generale i 12 secon-di d’arco, un centosessantesimo del medio diametro ap-parente del Sole. La cromosfera ha variazioni corrispon-denti a quelle della fotosfera, ed è sul Sole qualche cosadi caratteristico. La sua distribuzione irregolare sulla su-perficie del Sole, la sua struttura ne fanno un oggettoben distinto da una atmosfera nel senso ordinario dellaparola; probabilmente essa è prodotta da eruzioni conti-nue.

Le protuberanze si spingono ad altezze apparenti no-tevoli, misurate da 1, 2, 3. 4 minuti primi d’arco ed ec-cezionalmente da 6 a 7 minuti primi. Nelle protuberanzesi osservano movimenti di straordinaria velocità, tra-sporti vertiginosi di materiali. Esse non possono esseresemplici sollevamenti della cromosfera, nè i loro feno-meni possono spiegarsi colla diffusione e coll’espansio-

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Nelle immediate vicinanze dell’orlo del disco oscurolunare, che copre e nasconde quello del Sole, i vaporisono molto più luminosi e formano uno strato basso,continuo, rosso purpureo, detto cromosfera, strato chespinge in alto colonne o getti di luce di egual tinta, sva-riatissimi di forma e di posizione, a cui si suol dare ilnome di protuberanze.

La cromosfera ha struttura filamentosa, quasi risultas-se da un fascio di tanti getti sottili di luce; il suo splen-dore varia nelle diverse sue parti e nei diversi tempi, edè comunemente molto intenso nelle località delle mac-chie; la sua altezza varia essa pure nelle diverse parti delcontorno solare; ordinariamente più alta vicino ai poliche non all’equatore, non supera in generale i 12 secon-di d’arco, un centosessantesimo del medio diametro ap-parente del Sole. La cromosfera ha variazioni corrispon-denti a quelle della fotosfera, ed è sul Sole qualche cosadi caratteristico. La sua distribuzione irregolare sulla su-perficie del Sole, la sua struttura ne fanno un oggettoben distinto da una atmosfera nel senso ordinario dellaparola; probabilmente essa è prodotta da eruzioni conti-nue.

Le protuberanze si spingono ad altezze apparenti no-tevoli, misurate da 1, 2, 3. 4 minuti primi d’arco ed ec-cezionalmente da 6 a 7 minuti primi. Nelle protuberanzesi osservano movimenti di straordinaria velocità, tra-sporti vertiginosi di materiali. Esse non possono esseresemplici sollevamenti della cromosfera, nè i loro feno-meni possono spiegarsi colla diffusione e coll’espansio-

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ne di gas in un mezzo rarefatto. Esse sono vere esplosio-ni della massa solare, e i loro materiali di eruzione pareportino nel proprio seno cause gagliarde, elettriche for-se, di smembramento e di dissoluzione.

Al disopra della cromosfera, fra le protuberanze e so-pra di esse, l’atmosfera luminosa che circonda il Solediventa più rara e dà origine a quella parte di essa che

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ne di gas in un mezzo rarefatto. Esse sono vere esplosio-ni della massa solare, e i loro materiali di eruzione pareportino nel proprio seno cause gagliarde, elettriche for-se, di smembramento e di dissoluzione.

Al disopra della cromosfera, fra le protuberanze e so-pra di esse, l’atmosfera luminosa che circonda il Solediventa più rara e dà origine a quella parte di essa che

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dicesi corona.Finalmente al disopra della corona, alcuni raggi o me-

glio fasci luminosi si svolgono più o meno lunghi, irre-golari, dissimetrici, e formano i così detti pennacchi.

La Corona o atmosfera coronale forma un ultimo gu-scio attorno al Sole. La sua costituzione è complessa, el’aspetto suo generale muta se diversamente intensi di-ventano i commovimenti della fotosfera e della cromo-sfera. Durante le eclissi che avvengono nel periodo dalmassimo delle macchie, essa acquista un maggior splen-dore e si svolge quasi simmetrica tutto attorno al Sole.Se l’eclisse succede in un momento di minimo dellemacchie, essa appare più pallida e stranamente dissime-trica rispetto al contorno del Sole; essa slancia allora aldi là del suo contorno esteriore a distanze grandissimedegli strascichi immensi di luce persistente, i pennacchi.

Quel che precisamente siano i pennacchi la scienzanon lo sa ancora. Forse sono una dipendenza della coro-na; forse sono sciami meteorici, nubi di polveri cosmi-che che gravitano attorno al Sole.

§ VI.La luce del Sole non è omogenea. Spettro

della luce solare. Righe di Fraunhofer.

197. Se si fa passare un raggio di Sole attraverso unafessura sottile, e lo si fa cadere sopra un prisma di vetro(fig. 41), esso, attraversando il prisma, si decompone neicolori dell’arco baleno, e produce una specie di nastro

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dicesi corona.Finalmente al disopra della corona, alcuni raggi o me-

glio fasci luminosi si svolgono più o meno lunghi, irre-golari, dissimetrici, e formano i così detti pennacchi.

La Corona o atmosfera coronale forma un ultimo gu-scio attorno al Sole. La sua costituzione è complessa, el’aspetto suo generale muta se diversamente intensi di-ventano i commovimenti della fotosfera e della cromo-sfera. Durante le eclissi che avvengono nel periodo dalmassimo delle macchie, essa acquista un maggior splen-dore e si svolge quasi simmetrica tutto attorno al Sole.Se l’eclisse succede in un momento di minimo dellemacchie, essa appare più pallida e stranamente dissime-trica rispetto al contorno del Sole; essa slancia allora aldi là del suo contorno esteriore a distanze grandissimedegli strascichi immensi di luce persistente, i pennacchi.

Quel che precisamente siano i pennacchi la scienzanon lo sa ancora. Forse sono una dipendenza della coro-na; forse sono sciami meteorici, nubi di polveri cosmi-che che gravitano attorno al Sole.

§ VI.La luce del Sole non è omogenea. Spettro

della luce solare. Righe di Fraunhofer.

197. Se si fa passare un raggio di Sole attraverso unafessura sottile, e lo si fa cadere sopra un prisma di vetro(fig. 41), esso, attraversando il prisma, si decompone neicolori dell’arco baleno, e produce una specie di nastro

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colorato nel quale il rosso, l’aranciato, il giallo, il ver-de, l’azzurro, l’indaco, il violetto si succedono con bel-lissimo effetto. A questo nastro lucido e variopinto, nelquale non c’è una linea esatta di confine fra un colore eil successivo, ma si passa insensibilmente per gradazionisfumanti da uno in altro colore, si dà il nome di spettrodella luce solare, o più brevemente di spettro solare.

Le luci diversamente colorate di questo spettro sonosemplici, vale a dire non possono essere ulteriormentedecomposte. È la luce bianca del Sole che è complessa,ossia formata dalla riunione di luci di colore diverso,dalla riunione cioè delle luci che appaiono separate nelsuo spettro.

198. Nello spettro solare i colori diversi non occupa-no tutti una uguale estensione; più esteso di tutti è il vio-letto, di tutti meno esteso è l’aranciato.

Se si osserva attentamente con un cannocchiale lospettro del Sole, lo si vede solcato qua e là trasversal-mente da sottili righe oscure, le quali conservano sem-

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colorato nel quale il rosso, l’aranciato, il giallo, il ver-de, l’azzurro, l’indaco, il violetto si succedono con bel-lissimo effetto. A questo nastro lucido e variopinto, nelquale non c’è una linea esatta di confine fra un colore eil successivo, ma si passa insensibilmente per gradazionisfumanti da uno in altro colore, si dà il nome di spettrodella luce solare, o più brevemente di spettro solare.

Le luci diversamente colorate di questo spettro sonosemplici, vale a dire non possono essere ulteriormentedecomposte. È la luce bianca del Sole che è complessa,ossia formata dalla riunione di luci di colore diverso,dalla riunione cioè delle luci che appaiono separate nelsuo spettro.

198. Nello spettro solare i colori diversi non occupa-no tutti una uguale estensione; più esteso di tutti è il vio-letto, di tutti meno esteso è l’aranciato.

Se si osserva attentamente con un cannocchiale lospettro del Sole, lo si vede solcato qua e là trasversal-mente da sottili righe oscure, le quali conservano sem-

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pre fra di loro i medesimi rapporti d’ordine e di intensi-tà, ed occupano sempre le stesse posizioni relativamenteai colori dello spettro. Nella figura 4241 sono segnate leprincipali soltanto di queste righe oscure scoperte daFraunhofer; le si usano indicare rispettivamente collelettere dell’alfabeto A, a, B, C, D, E. F, G, h, H1, H2, e sichiamano complessivamente righe di Fraunhofer.

§ VII.Spettri prodotti da diverse sorgenti di luce.

Spettroscopia.

199. Non solamente la luce del Sole, ma le luci anco-ra che da altre sorgenti emanano, se fatte attraversare unprisma di vetro, producono spettri. V’è una scienza cheindaga e studia questi spettri; il suo nome è spettrosco-pia, e di essa i precipui principii fondamentali sono que-

41 Le figure 41, 42 sono tratte dal Manuale di Ottica del pro-fessore E. Gelcich.

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pre fra di loro i medesimi rapporti d’ordine e di intensi-tà, ed occupano sempre le stesse posizioni relativamenteai colori dello spettro. Nella figura 4241 sono segnate leprincipali soltanto di queste righe oscure scoperte daFraunhofer; le si usano indicare rispettivamente collelettere dell’alfabeto A, a, B, C, D, E. F, G, h, H1, H2, e sichiamano complessivamente righe di Fraunhofer.

§ VII.Spettri prodotti da diverse sorgenti di luce.

Spettroscopia.

199. Non solamente la luce del Sole, ma le luci anco-ra che da altre sorgenti emanano, se fatte attraversare unprisma di vetro, producono spettri. V’è una scienza cheindaga e studia questi spettri; il suo nome è spettrosco-pia, e di essa i precipui principii fondamentali sono que-

41 Le figure 41, 42 sono tratte dal Manuale di Ottica del pro-fessore E. Gelcich.

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sti.Ogni corpo, o solido o fluido, semplicemente incan-

descente produce uno spettro continuo, senza righe.Ogni qualvolta si ottiene uno spettro discontinuo, si

ha certamente a fare con una sorgente di luce gasosa.I vapori incandescenti di un metallo producono uno

spettro discontinuo, un nastro cioè, una fascia oscura in-terrotta da righe trasversali lucide e colorate, le qualihanno caratteri speciali di posizione e di colore dipen-denti dalla natura del metallo dal quale emanano. Sonocosì marcati questi caratteri, che si possono facilmentedistinguere i metalli gli uni dagli altri per mezzo dellospettro da essi prodotto.

§ VIII.Paragone dello spettro solare cogli spettriprodotti da vapori metallici incandescenti.

200. Lo spettro del Sole è un nastro lucido, di coloridiversi, solcato da righe oscure; lo spettro prodotto davapori metallici incandescenti è un nastro oscuro, solca-to da righe lucide e colorate.

Un intimo nesso esiste fra questi due spettri di carat-tere opposto, e dipende da ciò che ogni sostanza, allostato di vapore, assorbe quei raggi medesimi cui essaemetterebbe se fosse in istato luminoso. Il sodio, adesempio, allo stato luminoso produce uno spettro condue righe gialle caratteristiche; allo stato di vapore, seattraversato da un raggio di luce prima che questo cada

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sti.Ogni corpo, o solido o fluido, semplicemente incan-

descente produce uno spettro continuo, senza righe.Ogni qualvolta si ottiene uno spettro discontinuo, si

ha certamente a fare con una sorgente di luce gasosa.I vapori incandescenti di un metallo producono uno

spettro discontinuo, un nastro cioè, una fascia oscura in-terrotta da righe trasversali lucide e colorate, le qualihanno caratteri speciali di posizione e di colore dipen-denti dalla natura del metallo dal quale emanano. Sonocosì marcati questi caratteri, che si possono facilmentedistinguere i metalli gli uni dagli altri per mezzo dellospettro da essi prodotto.

§ VIII.Paragone dello spettro solare cogli spettriprodotti da vapori metallici incandescenti.

200. Lo spettro del Sole è un nastro lucido, di coloridiversi, solcato da righe oscure; lo spettro prodotto davapori metallici incandescenti è un nastro oscuro, solca-to da righe lucide e colorate.

Un intimo nesso esiste fra questi due spettri di carat-tere opposto, e dipende da ciò che ogni sostanza, allostato di vapore, assorbe quei raggi medesimi cui essaemetterebbe se fosse in istato luminoso. Il sodio, adesempio, allo stato luminoso produce uno spettro condue righe gialle caratteristiche; allo stato di vapore, seattraversato da un raggio di luce prima che questo cada

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sul prisma, produce nello spettro due righe oscure esat-tamente là dove prima produceva le gialle; le righe luci-de e gialle dapprima si cambiano, si rovesciano in righeoscure dappoi. L’idrogeno, per dare un secondo esem-pio, allo stato luminoso ha uno spettro con, fra l’altre,una riga rossa caratteristica; se lo si mantiene allo statodi vapore, e si fa attraverso ad esso passare un raggio lu-minoso, esso produce nello spettro una riga oscura esat-tissimamente là dove prima produceva la rossa.

§ IX.Della materia solare.

201. I pochi principii di spettroscopia esposti nei pa-ragrafi precedenti bastano a rendere ragione del come sipossa, in generale, dall’esame della luce emanata da uncorpo risalire alla composizione chimica del corpo, delcome, nel caso speciale del Sole, si possano, malgradola grande distanza, analizzare i materiali ond’esso risul-ta.

In questo caso speciale basta infatti osservare con-temporaneamente, giustapporre lo spettro di un metallobruciato ad un’alta temperatura e lo spettro del Sole. Seuna riga oscura di questo corrisponde esattamente aduna riga lucida del primo, ragion vuole che si ammettache il raggio luminoso partito dal Sole ha attraversatouna atmosfera contenente vapore di quel metallo stesso,e che nel Sole quel vapore metallico esiste; ragion vuoleche si ammetta ancora esistere anzitutto sul Sole una su-

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sul prisma, produce nello spettro due righe oscure esat-tamente là dove prima produceva le gialle; le righe luci-de e gialle dapprima si cambiano, si rovesciano in righeoscure dappoi. L’idrogeno, per dare un secondo esem-pio, allo stato luminoso ha uno spettro con, fra l’altre,una riga rossa caratteristica; se lo si mantiene allo statodi vapore, e si fa attraverso ad esso passare un raggio lu-minoso, esso produce nello spettro una riga oscura esat-tissimamente là dove prima produceva la rossa.

§ IX.Della materia solare.

201. I pochi principii di spettroscopia esposti nei pa-ragrafi precedenti bastano a rendere ragione del come sipossa, in generale, dall’esame della luce emanata da uncorpo risalire alla composizione chimica del corpo, delcome, nel caso speciale del Sole, si possano, malgradola grande distanza, analizzare i materiali ond’esso risul-ta.

In questo caso speciale basta infatti osservare con-temporaneamente, giustapporre lo spettro di un metallobruciato ad un’alta temperatura e lo spettro del Sole. Seuna riga oscura di questo corrisponde esattamente aduna riga lucida del primo, ragion vuole che si ammettache il raggio luminoso partito dal Sole ha attraversatouna atmosfera contenente vapore di quel metallo stesso,e che nel Sole quel vapore metallico esiste; ragion vuoleche si ammetta ancora esistere anzitutto sul Sole una su-

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perficie o meglio uno strato splendente di temperaturaaltissima che emette luce d’ogni natura, e esistere in se-condo luogo al disopra di esso strato di altissima tempe-ratura un secondo strato di temperatura meno alta, matale ancora da mantenere allo stato di vapore metalli chesulla Terra esistono allo stato solido. È questo secondostrato quello che, attraversato dai raggi luminosi emessidallo strato ad esso sottoposto, produce le righe oscurecaratteristiche dello spettro solare.

202. Paragonando gli spettri dei diversi vapori metal-lici incandescenti collo spettro del Sole, si è potuto di-mostrare la presenza nel Sole di un certo numero de’ no-stri metalli, non già allo stato solido o di fusione, ma,come appena si disse, allo stato di vapori infuocati; ècosì enorme il calore alla superficie del Sole, che colà imetalli svaporano, come da noi l’acqua e il ghiaccioesposti al fuoco.

I nomi dei principali metalli, dei quali si è finora rico-nosciuta con certezza l’esistenza nella materia solare,sono il magnesio, il calcio, il sodio, il ferro, il mangane-se, il nichelio, il bario, lo stronzio, i quali tutti s’incon-trano, in più o meno grande quantità, nei materiali di cuiè composta la nostra Terra.

Ai corpi costituenti il Sole fu nel 1895 aggiunto ilcosì detto Helium (elio), caratteristico per questo che lasua presenza è dimostrata non, come per gli altri compo-nenti, dalle righe oscure di Fraunhofer. ma da righe luci-de speciali nello spettro della cromosfera.

Vi sono sul Sole alcuni gas; fra questi predomina

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perficie o meglio uno strato splendente di temperaturaaltissima che emette luce d’ogni natura, e esistere in se-condo luogo al disopra di esso strato di altissima tempe-ratura un secondo strato di temperatura meno alta, matale ancora da mantenere allo stato di vapore metalli chesulla Terra esistono allo stato solido. È questo secondostrato quello che, attraversato dai raggi luminosi emessidallo strato ad esso sottoposto, produce le righe oscurecaratteristiche dello spettro solare.

202. Paragonando gli spettri dei diversi vapori metal-lici incandescenti collo spettro del Sole, si è potuto di-mostrare la presenza nel Sole di un certo numero de’ no-stri metalli, non già allo stato solido o di fusione, ma,come appena si disse, allo stato di vapori infuocati; ècosì enorme il calore alla superficie del Sole, che colà imetalli svaporano, come da noi l’acqua e il ghiaccioesposti al fuoco.

I nomi dei principali metalli, dei quali si è finora rico-nosciuta con certezza l’esistenza nella materia solare,sono il magnesio, il calcio, il sodio, il ferro, il mangane-se, il nichelio, il bario, lo stronzio, i quali tutti s’incon-trano, in più o meno grande quantità, nei materiali di cuiè composta la nostra Terra.

Ai corpi costituenti il Sole fu nel 1895 aggiunto ilcosì detto Helium (elio), caratteristico per questo che lasua presenza è dimostrata non, come per gli altri compo-nenti, dalle righe oscure di Fraunhofer. ma da righe luci-de speciali nello spettro della cromosfera.

Vi sono sul Sole alcuni gas; fra questi predomina

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l’idrogeno, del quale paiono appunto formate in massi-ma parte la cromosfera e le protuberanze.

Vi sono molto probabilmente nel Sole alcune materie,delle quali sulla Terra le indagini chimiche non hannoancora trovato tracce ben certe.

In questo argomento però bisogna procedere colla piùgrande cautela, e nulla sovratutto affermare o negare inmodo assoluto. Troppo diverse sono le condizioni in cuii corpi si trovano nel Sole e nella Terra, e lo spettro ditaluno dei materiali terrestri potrebbe sul Sole avere ca-ratteri diversi dallo spettro del corpo stesso studiato neilaboratori nostri.

203. La densità del Sole, composto, come sembra,tutto di vapori, non può essere molto grande; ed infattiessa fu trovata quattro volte circa minore della densitàdella Terra.

§ X.Costituzione fisica del Sole. Origine del

calore solare.

204. Del Sole noi conosciamo poco più che i fenome-ni superficiali; risalire da questi alla massa intiera delSole è problema difficilissimo; dire con certezza qualesia questa massa, quale la costituzione fisica del Sole ènello stato attuale della scienza ancora impossibile.

Sulla costituzione fisica del Sole più che un sistemadi verità dimostrate si hanno teorie ipotetiche, meglioopinioni, diverse, e le principali di esse si possono così

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l’idrogeno, del quale paiono appunto formate in massi-ma parte la cromosfera e le protuberanze.

Vi sono molto probabilmente nel Sole alcune materie,delle quali sulla Terra le indagini chimiche non hannoancora trovato tracce ben certe.

In questo argomento però bisogna procedere colla piùgrande cautela, e nulla sovratutto affermare o negare inmodo assoluto. Troppo diverse sono le condizioni in cuii corpi si trovano nel Sole e nella Terra, e lo spettro ditaluno dei materiali terrestri potrebbe sul Sole avere ca-ratteri diversi dallo spettro del corpo stesso studiato neilaboratori nostri.

203. La densità del Sole, composto, come sembra,tutto di vapori, non può essere molto grande; ed infattiessa fu trovata quattro volte circa minore della densitàdella Terra.

§ X.Costituzione fisica del Sole. Origine del

calore solare.

204. Del Sole noi conosciamo poco più che i fenome-ni superficiali; risalire da questi alla massa intiera delSole è problema difficilissimo; dire con certezza qualesia questa massa, quale la costituzione fisica del Sole ènello stato attuale della scienza ancora impossibile.

Sulla costituzione fisica del Sole più che un sistemadi verità dimostrate si hanno teorie ipotetiche, meglioopinioni, diverse, e le principali di esse si possono così

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riassumere:a) Il Sole è un corpo freddo ed oscuro, circondato da

un sottile guscio gasoso, nel quale forze fisiche specialisvolgono incessantemente luce e calore; dal suo nucleosolido partono eruzioni gasose, che formano le macchie.

b) La temperatura eccettuata, il Sole è fatto come laTerra; esso ha un’atmosfera come la nostra; dei ventialisei come i nostri, delle nubi come le nostre, anzi dellenubi sovrapposte.

c) Il Sole ha la sensibilità, l’impressionabilità dellematerie esplodenti; le più deboli azioni, quelle ad es. deipianeti Giove, Terra, Venere, bastano ad eccitare i feno-meni grandiosi della sua superficie.

d) Il nucleo solido e freddo del Sole è circondato dapiù gusci gasosi; nel guscio esterno, sotto l’influenza diventi costanti, si formano dei turbini che penetrano talo-ra nei gusci sottoposti e generano le macchie.

e) Il Sole è un corpo riscaldato dall’urto incessantedei meteoriti che cadono sulla sua superficie.

f) Il Sole è un corpo combustibile, che da un certotempo brucia in un’atmosfera ossidante.

g) Il Sole è un globo liquido incandescente, sul qualeappaiono delle scorie (macchie) come sopra un bagno dimetallo in fusione.

h) Il Sole è una massa gasosa ad una temperatura dimilioni di gradi, continuamente agitata da eruzioni; lesue macchie sono dovute direttamente a queste eruzioni,o indirettamente alle deiezioni loro.

i) Il Sole è una massa di gas, ma la sua fotosfera è un

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riassumere:a) Il Sole è un corpo freddo ed oscuro, circondato da

un sottile guscio gasoso, nel quale forze fisiche specialisvolgono incessantemente luce e calore; dal suo nucleosolido partono eruzioni gasose, che formano le macchie.

b) La temperatura eccettuata, il Sole è fatto come laTerra; esso ha un’atmosfera come la nostra; dei ventialisei come i nostri, delle nubi come le nostre, anzi dellenubi sovrapposte.

c) Il Sole ha la sensibilità, l’impressionabilità dellematerie esplodenti; le più deboli azioni, quelle ad es. deipianeti Giove, Terra, Venere, bastano ad eccitare i feno-meni grandiosi della sua superficie.

d) Il nucleo solido e freddo del Sole è circondato dapiù gusci gasosi; nel guscio esterno, sotto l’influenza diventi costanti, si formano dei turbini che penetrano talo-ra nei gusci sottoposti e generano le macchie.

e) Il Sole è un corpo riscaldato dall’urto incessantedei meteoriti che cadono sulla sua superficie.

f) Il Sole è un corpo combustibile, che da un certotempo brucia in un’atmosfera ossidante.

g) Il Sole è un globo liquido incandescente, sul qualeappaiono delle scorie (macchie) come sopra un bagno dimetallo in fusione.

h) Il Sole è una massa gasosa ad una temperatura dimilioni di gradi, continuamente agitata da eruzioni; lesue macchie sono dovute direttamente a queste eruzioni,o indirettamente alle deiezioni loro.

i) Il Sole è una massa di gas, ma la sua fotosfera è un

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guscio di materia parzialmente condensata; la massa so-lare non è in istato di agitazione perpetua; le eruzionisolari sono un fenomeno luminoso non una realtà; i fe-nomeni tutti della superficie solare si spiegano con con-siderazioni tratte puramente ed esclusivamente dallachimica.

Tutte queste opinioni diverse hanno, quale più qualemeno, un fianco vulnerabile.

Due fra esse sono le meglio oggi accettate; la g che fadel Sole un globo liquido incandescente, la h che lo ri-tiene una massa interamente gasosa.

Il Sole tutto un ammasso di gas ha il più gran numerodi difensori e i più strenui; nelle pagine precedenti talelo si è pure ritenuto.

205. Fra le questioni che da lungo tempo si agitano eintorno alle quali poco si sa di positivo vi è quella cheriguarda la causa del calore intenso che il Sole irradia.

È certo che nel Sole non trattasi di una semplice com-bustione. Se così fosse, se il Sole fosse anche un solidodi carbone che bruciasse nell’ossigeno puro, esso nonpotrebbe durare che circa 6000 anni, e sarebbe già con-sumato per quasi un terzo dal principio dell’êra cristia-na.

È certo ancora che l’origine del calor solare non sipuò cercare nel semplice raffreddamento di masse in-candescenti. La sua temperatura altissima dovrebbe intal caso diminuire più che sensibilmente in un migliaiod’anni, e l’osservazione dice invece che l’emissione delcalor del Sole non ha subito nell’intensità sua variazione

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guscio di materia parzialmente condensata; la massa so-lare non è in istato di agitazione perpetua; le eruzionisolari sono un fenomeno luminoso non una realtà; i fe-nomeni tutti della superficie solare si spiegano con con-siderazioni tratte puramente ed esclusivamente dallachimica.

Tutte queste opinioni diverse hanno, quale più qualemeno, un fianco vulnerabile.

Due fra esse sono le meglio oggi accettate; la g che fadel Sole un globo liquido incandescente, la h che lo ri-tiene una massa interamente gasosa.

Il Sole tutto un ammasso di gas ha il più gran numerodi difensori e i più strenui; nelle pagine precedenti talelo si è pure ritenuto.

205. Fra le questioni che da lungo tempo si agitano eintorno alle quali poco si sa di positivo vi è quella cheriguarda la causa del calore intenso che il Sole irradia.

È certo che nel Sole non trattasi di una semplice com-bustione. Se così fosse, se il Sole fosse anche un solidodi carbone che bruciasse nell’ossigeno puro, esso nonpotrebbe durare che circa 6000 anni, e sarebbe già con-sumato per quasi un terzo dal principio dell’êra cristia-na.

È certo ancora che l’origine del calor solare non sipuò cercare nel semplice raffreddamento di masse in-candescenti. La sua temperatura altissima dovrebbe intal caso diminuire più che sensibilmente in un migliaiod’anni, e l’osservazione dice invece che l’emissione delcalor del Sole non ha subito nell’intensità sua variazione

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alcuna durante tutti i secoli della storia dell’uomo.Fino a ieri due erano le teorie proposte a spiegare

l’origine del calore persistente del Sole; una di esse met-teva la fonte di esso calore nell’urto incessante di mate-riali meteorici contro il Sole, l’altra in una lenta contra-zione del Sole stesso.

La prima spiega certamente almeno una parte del ca-lore del Sole, ma è dubbio se il contributo dovutoall’urto della materia meteorica basti a produrre nondico tutto il calor solare, ma nemmeno una grande partedi esso.

La seconda basta a rendere conto dell’intera provvistadel calor solare, ma non vi è finora nessuna prova diret-ta e tratta dalle osservazioni che il Sole realmente sicontragga.

Oggi il grande progresso fatto dalla Fisica nello stu-dio della costituzione della materia in generale, la gran-de tenuità sotto alla quale la materia stessa si può conce-pire, le emanazioni del radio e dei corpi radio-attivi ingenerale aprono una nuova e feconda via anche alla Fi-sica solare, e permettono di dare dell’energia termica delSole una spiegazione nuova e abbastanza fondata.

Secondo Wilson la ragione di tale energia sta in ciòche fra i componenti del Sole vi è pure il radio. Dietroesperienze recenti un grammo di radio produce 100 ca-lorie all’ora; il Sole emette 828 milioni di calorie permetro cubo e per ora; a produrre altrettanta energia ter-mica bastano nel Sole 3,6 grammi di radio per ogni me-tro cubo.

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alcuna durante tutti i secoli della storia dell’uomo.Fino a ieri due erano le teorie proposte a spiegare

l’origine del calore persistente del Sole; una di esse met-teva la fonte di esso calore nell’urto incessante di mate-riali meteorici contro il Sole, l’altra in una lenta contra-zione del Sole stesso.

La prima spiega certamente almeno una parte del ca-lore del Sole, ma è dubbio se il contributo dovutoall’urto della materia meteorica basti a produrre nondico tutto il calor solare, ma nemmeno una grande partedi esso.

La seconda basta a rendere conto dell’intera provvistadel calor solare, ma non vi è finora nessuna prova diret-ta e tratta dalle osservazioni che il Sole realmente sicontragga.

Oggi il grande progresso fatto dalla Fisica nello stu-dio della costituzione della materia in generale, la gran-de tenuità sotto alla quale la materia stessa si può conce-pire, le emanazioni del radio e dei corpi radio-attivi ingenerale aprono una nuova e feconda via anche alla Fi-sica solare, e permettono di dare dell’energia termica delSole una spiegazione nuova e abbastanza fondata.

Secondo Wilson la ragione di tale energia sta in ciòche fra i componenti del Sole vi è pure il radio. Dietroesperienze recenti un grammo di radio produce 100 ca-lorie all’ora; il Sole emette 828 milioni di calorie permetro cubo e per ora; a produrre altrettanta energia ter-mica bastano nel Sole 3,6 grammi di radio per ogni me-tro cubo.

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. Che il radio esista nel Sole pare confermato da ciòche l’elio, il quale pur si trova in abbondanza nel Sole,si trova pure nell’uranio, nel torio e in altre sostanze ra-dio-attive. L’elio stesso parrebbe anzi essere prodottodalla disintegrazione atomica del radio, e l’analisi spet-trale dimostra che un sale di radio produce nello spettrootto righe caratteristiche, delle quali 4 e forse 5 si con-fondono con quelle dello spettro dell’elio.

Ci sono quindi molti argomenti che permettono dipensare con qualche fondamento; essere l’elio un pro-dotto del radio; essere la presenza dell’elio nel Sole unaconseguenza dell’esistenza del radio nel Sole stesso; nelradio, date le potenti sue proprietà radio-attive, stare lasorgente del calore del Sole.

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. Che il radio esista nel Sole pare confermato da ciòche l’elio, il quale pur si trova in abbondanza nel Sole,si trova pure nell’uranio, nel torio e in altre sostanze ra-dio-attive. L’elio stesso parrebbe anzi essere prodottodalla disintegrazione atomica del radio, e l’analisi spet-trale dimostra che un sale di radio produce nello spettrootto righe caratteristiche, delle quali 4 e forse 5 si con-fondono con quelle dello spettro dell’elio.

Ci sono quindi molti argomenti che permettono dipensare con qualche fondamento; essere l’elio un pro-dotto del radio; essere la presenza dell’elio nel Sole unaconseguenza dell’esistenza del radio nel Sole stesso; nelradio, date le potenti sue proprietà radio-attive, stare lasorgente del calore del Sole.

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CAPITOLO QUINTOLe stelle.

§ I.Il sole è una stella, e la più vicina di tutte le

stelle.

206. Ho parlato alquanto a lungo della composizionedel Sole, non solo perchè essa è molto differente daquella della Terra e degli altri pianeti, ma altresì perchèdal Sole possiamo argomentare che cosa siano le stelle.Infatti ora è cosa stabilita con tutta certezza, che il Soleè niente altro che una delle innumerevoli stelle ond’èpopolato lo spazio celeste: è una stella che appare moltopiù grande e luminosa delle altre, non perchè realmentene differisca per alcuna qualità essenziale, ma semplice-mente perchè è molto più vicina a noi.

Il Sistema solare, dunque, consta di un certo, numerodi corpi opachi, pianeti, aggirantisi intorno ad un centroluminoso, il Sole. E come noi possiamo considerare laTerra come tipo dei pianeti, così il Sole può prendersiper tipo delle stelle scintillanti sparse nell’universo; nè èimprobabile che, come il Sole, anche le stelle sieno cir-condate da corpi oscuri o da altri pianeti, sebbene nulladi questo consti finora per osservazioni dirette. I pianetidelle stelle, se esistono, difficilmente possono essere ab-

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CAPITOLO QUINTOLe stelle.

§ I.Il sole è una stella, e la più vicina di tutte le

stelle.

206. Ho parlato alquanto a lungo della composizionedel Sole, non solo perchè essa è molto differente daquella della Terra e degli altri pianeti, ma altresì perchèdal Sole possiamo argomentare che cosa siano le stelle.Infatti ora è cosa stabilita con tutta certezza, che il Soleè niente altro che una delle innumerevoli stelle ond’èpopolato lo spazio celeste: è una stella che appare moltopiù grande e luminosa delle altre, non perchè realmentene differisca per alcuna qualità essenziale, ma semplice-mente perchè è molto più vicina a noi.

Il Sistema solare, dunque, consta di un certo, numerodi corpi opachi, pianeti, aggirantisi intorno ad un centroluminoso, il Sole. E come noi possiamo considerare laTerra come tipo dei pianeti, così il Sole può prendersiper tipo delle stelle scintillanti sparse nell’universo; nè èimprobabile che, come il Sole, anche le stelle sieno cir-condate da corpi oscuri o da altri pianeti, sebbene nulladi questo consti finora per osservazioni dirette. I pianetidelle stelle, se esistono, difficilmente possono essere ab-

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bastanza illuminati dal loro corpo centrale per rendersivisibili a noi da così straordinarie distanze.

207. Per comprendere in qual modo astri, in apparen-za così diversi per grandezza e per splendore, apparten-gano realmente alla medesima classe, basterà riflettereche la più vicina fra le stelle, di cui si è misurata la di-stanza, è ancora 258000 volte più distante da noi che ilSole, ossia dista da noi circa 38700000 milioni di chilo-metri, distanza immensa della quale la nostra mente nonarriva a formarsi un concetto concreto42. Due sorgentiluminose di identico splendore, collocate rispettivamen-te dalla Terra alla distanza del Sole e alla distanza di38700000 milioni di chilometri stanno fra loro come leluci di due candele, una delle quali fosse lontana da noiun metro e l’altra fosse lontana 258000 metri, che èquanto dire più che Torino o Bologna o Venezia da Mi-lano in diretta linea. Mentre la prima può ancora bene il-luminare il libro su cui leggete, a veder la seconda nonvi sarà vista umana nè cannocchiale che basti.

208. Misurando le distanze di certe stelle, e compa-rando l’intensità del loro splendore con quella del Sole,gli astronomi sono riusciti a persuadersi che v’hannostelle più piccole del Sole, e che ve ne ha anche di piùgrandi; onde il considerare il Sole come una stella digrandezza comune, è fondato, non soltanto sulla ragio-

42 La stella α della costellazione del Centauro appartenenteall’emisfero australe, a noi invisibile, e dopo Sirio la stella piùbrillante di tutto il cielo, si reputa la più vicina alla Terra, eppurela sua luce deve impiegare circa 4,4 anni a venire a noi, laddovequella del Sole ci arriva in 8 minuti primi e 17 minuti secondi.

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bastanza illuminati dal loro corpo centrale per rendersivisibili a noi da così straordinarie distanze.

207. Per comprendere in qual modo astri, in apparen-za così diversi per grandezza e per splendore, apparten-gano realmente alla medesima classe, basterà riflettereche la più vicina fra le stelle, di cui si è misurata la di-stanza, è ancora 258000 volte più distante da noi che ilSole, ossia dista da noi circa 38700000 milioni di chilo-metri, distanza immensa della quale la nostra mente nonarriva a formarsi un concetto concreto42. Due sorgentiluminose di identico splendore, collocate rispettivamen-te dalla Terra alla distanza del Sole e alla distanza di38700000 milioni di chilometri stanno fra loro come leluci di due candele, una delle quali fosse lontana da noiun metro e l’altra fosse lontana 258000 metri, che èquanto dire più che Torino o Bologna o Venezia da Mi-lano in diretta linea. Mentre la prima può ancora bene il-luminare il libro su cui leggete, a veder la seconda nonvi sarà vista umana nè cannocchiale che basti.

208. Misurando le distanze di certe stelle, e compa-rando l’intensità del loro splendore con quella del Sole,gli astronomi sono riusciti a persuadersi che v’hannostelle più piccole del Sole, e che ve ne ha anche di piùgrandi; onde il considerare il Sole come una stella digrandezza comune, è fondato, non soltanto sulla ragio-

42 La stella α della costellazione del Centauro appartenenteall’emisfero australe, a noi invisibile, e dopo Sirio la stella piùbrillante di tutto il cielo, si reputa la più vicina alla Terra, eppurela sua luce deve impiegare circa 4,4 anni a venire a noi, laddovequella del Sole ci arriva in 8 minuti primi e 17 minuti secondi.

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ne, ma anche sull’esperienza.

§ II.Splendore e grandezza delle stelle.

209. Osservando di notte il cielo stellato, una delleprime cose che attraggono la nostra attenzione è la di-versità degli splendori apparenti delle stelle.

Questa diversità proviene dalle due cause seguenti: lestelle non hanno tutte eguali dimensioni, e la superficiedell’una è più lucente che quella dell’altra; le stelle nonsono egualmente lontane, ma sono variamente dissemi-nate in tutta la profondità dello spazio.

Vi hanno infatti stelle delle quali fondatamente si puòdire che sono dieci o cento volte più distanti che altrestelle, e ciò sebbene al nostro sguardo le stelle paianoincastonate tutte in una stessa vôlta azzurra, di forma ro-tondeggiante. Da lungo tempo però è noto che tale vôltanon esiste, che essa è una semplice illusione, di cui nontutte le cause sono ancora ben conosciute.

210. Le stelle visibili ad occhio nudo soglionsi classi-ficare in sei ordini di grandezza: le stelle di prima gran-dezza sono circo 20, e sono anche le più brillanti delcielo; le stelle di sesta grandezza sono quelle che ancorasi possono discernere ad occhio nudo, da chi ha buonavista, in una notte ben serena e senza Luna; le stelle diseconda, terza, quarta e quinta grandezza segnano inproporzione uniforme gradi intermedi di splendore.

Le stelle visibili ad occhio nudo, in tutto il cielo, sono

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ne, ma anche sull’esperienza.

§ II.Splendore e grandezza delle stelle.

209. Osservando di notte il cielo stellato, una delleprime cose che attraggono la nostra attenzione è la di-versità degli splendori apparenti delle stelle.

Questa diversità proviene dalle due cause seguenti: lestelle non hanno tutte eguali dimensioni, e la superficiedell’una è più lucente che quella dell’altra; le stelle nonsono egualmente lontane, ma sono variamente dissemi-nate in tutta la profondità dello spazio.

Vi hanno infatti stelle delle quali fondatamente si puòdire che sono dieci o cento volte più distanti che altrestelle, e ciò sebbene al nostro sguardo le stelle paianoincastonate tutte in una stessa vôlta azzurra, di forma ro-tondeggiante. Da lungo tempo però è noto che tale vôltanon esiste, che essa è una semplice illusione, di cui nontutte le cause sono ancora ben conosciute.

210. Le stelle visibili ad occhio nudo soglionsi classi-ficare in sei ordini di grandezza: le stelle di prima gran-dezza sono circo 20, e sono anche le più brillanti delcielo; le stelle di sesta grandezza sono quelle che ancorasi possono discernere ad occhio nudo, da chi ha buonavista, in una notte ben serena e senza Luna; le stelle diseconda, terza, quarta e quinta grandezza segnano inproporzione uniforme gradi intermedi di splendore.

Le stelle visibili ad occhio nudo, in tutto il cielo, sono

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forse 600043; ma moltitudini sempre maggiori di stelle sivedono con cannocchiali di potenza crescente, e coicannocchiali della massima forza, sinora costruiti, sicalcola che diventino visibili almeno venti milioni distelle.

Per le stelle telescopiche si continua la scala degli or-dini di grandezza stabilita per le stelle visibili ad occhionudo, e si addotta fra le successive grandezze la stessaprogressione adottata per le stelle più luminose. Le pri-me stelle invisibili all’occhio nudo si dicono della setti-ma grandezza, e giù giù si discende, passando per legrandezze ottava, nona e via, fino alle stelle della sedi-cesima grandezza, che sono le ultime e più fioche stellemanifestate dagli apparati ottici della maggior potenza.

L’esperienza ha fatto vedere che le stelle di una datagrandezza hanno in generale circa due volte e mezzo piùsplendore apparente di quelle della grandezza consecuti-va, che cioè una stella ad es. della sesta grandezza è cir-ca due volte e mezzo più luminosa (in apparenza) cheuna stella della settima grandezza, e così via44.

43 5719 secondo alcuni, 5850 secondo altri.44 Le grandezze fotometriche delle stelle formano una progres-

sione geometrica nella quale il rapporto costante della intensitàluminosa di una stella dell’ordine n a quella di una stelladell’ordine n+1 è espresso dal numero 2,5119: con altre parolequesto numero rappresenta quanto una stella di una grandezza de-terminata splende meno di una stella di maggior splendore e digrandezza diversa di una unità.

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forse 600043; ma moltitudini sempre maggiori di stelle sivedono con cannocchiali di potenza crescente, e coicannocchiali della massima forza, sinora costruiti, sicalcola che diventino visibili almeno venti milioni distelle.

Per le stelle telescopiche si continua la scala degli or-dini di grandezza stabilita per le stelle visibili ad occhionudo, e si addotta fra le successive grandezze la stessaprogressione adottata per le stelle più luminose. Le pri-me stelle invisibili all’occhio nudo si dicono della setti-ma grandezza, e giù giù si discende, passando per legrandezze ottava, nona e via, fino alle stelle della sedi-cesima grandezza, che sono le ultime e più fioche stellemanifestate dagli apparati ottici della maggior potenza.

L’esperienza ha fatto vedere che le stelle di una datagrandezza hanno in generale circa due volte e mezzo piùsplendore apparente di quelle della grandezza consecuti-va, che cioè una stella ad es. della sesta grandezza è cir-ca due volte e mezzo più luminosa (in apparenza) cheuna stella della settima grandezza, e così via44.

43 5719 secondo alcuni, 5850 secondo altri.44 Le grandezze fotometriche delle stelle formano una progres-

sione geometrica nella quale il rapporto costante della intensitàluminosa di una stella dell’ordine n a quella di una stelladell’ordine n+1 è espresso dal numero 2,5119: con altre parolequesto numero rappresenta quanto una stella di una grandezza de-terminata splende meno di una stella di maggior splendore e digrandezza diversa di una unità.

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§ III.Colori delle stelle.

211. Vi sono in cielo stelle rosseggianti, ve ne sono dibiancheggianti, di gialle, di aranciate, di azzurre, di ver-di. Il color verde e l’azzurro sono però eccezioni; la piùgran parte delle stelle hanno colori che si lasciano clas-sificare per mezzo di una scala cromatica, la quale co-mincia dal bianco puro, passa per tutte le gradazioni delgiallo e finisce nel rosso.

Non pare che esistano stelle di color bianco puro; nel-le ritenute bianche v’è sempre una traccia di giallo.

Numerose sono le stelle rosse, ma non bisogna crede-re che esse sieno di color rosso puro, poichè il vero ros-so del carminio non s’incontra in nessuna stella. Più cherosse son rosseggianti, d’un color cioè giallo intensotendente più o meno al rosso.

Se nella scala dei colori più su accennata si pone ilbianco puro uguale a zero, si indica col numero 4 il gial-lo puro, col 6 il giallo intenso proprio dell’oro, col 10 ilrosso spoglio da ogni miscela di giallo, non v’è stella ilcui colore sia rappresentato dallo zero della scala, e tuttele stelle rosse vengono rappresentate da numeri compre-si fra 6,5 e 9.

212. Alcuni hanno riconosciuto dei cangiamenti pe-riodici nei colori delle stelle, ma questo fatto, che sareb-be importantissimo, non è ancora ben certo.

Ad esempio Sirio, la stella più brillante della costella-zione del Cane maggiore, la stella storica che annunzia-

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§ III.Colori delle stelle.

211. Vi sono in cielo stelle rosseggianti, ve ne sono dibiancheggianti, di gialle, di aranciate, di azzurre, di ver-di. Il color verde e l’azzurro sono però eccezioni; la piùgran parte delle stelle hanno colori che si lasciano clas-sificare per mezzo di una scala cromatica, la quale co-mincia dal bianco puro, passa per tutte le gradazioni delgiallo e finisce nel rosso.

Non pare che esistano stelle di color bianco puro; nel-le ritenute bianche v’è sempre una traccia di giallo.

Numerose sono le stelle rosse, ma non bisogna crede-re che esse sieno di color rosso puro, poichè il vero ros-so del carminio non s’incontra in nessuna stella. Più cherosse son rosseggianti, d’un color cioè giallo intensotendente più o meno al rosso.

Se nella scala dei colori più su accennata si pone ilbianco puro uguale a zero, si indica col numero 4 il gial-lo puro, col 6 il giallo intenso proprio dell’oro, col 10 ilrosso spoglio da ogni miscela di giallo, non v’è stella ilcui colore sia rappresentato dallo zero della scala, e tuttele stelle rosse vengono rappresentate da numeri compre-si fra 6,5 e 9.

212. Alcuni hanno riconosciuto dei cangiamenti pe-riodici nei colori delle stelle, ma questo fatto, che sareb-be importantissimo, non è ancora ben certo.

Ad esempio Sirio, la stella più brillante della costella-zione del Cane maggiore, la stella storica che annunzia-

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va col suo sorgere eliaco agli Egizii lo straripare delNilo, fu da Tolomeo annoverata fra le stelle rosse, edoggi brilla invece di luce bianca. Secondo alcuni il cam-biamento del suo colore avvenne fra i tempi di Tolomeoe il fiorire della civiltà degli Arabi. Secondo altri il cam-biamento del colore di Sirio non è realmente avvenuto, eSirio fu erroneamente annoverata da Tolomeo fra le stel-le rosse, nè questo è inverosimile, poichè gli antichi pre-starono solo un’attenzione superficiale ai colori stellari,e non riconobbero per rossa fra le altre una delle stellepiù splendenti e più facili ad essere osservate ad occhionudo, la alfa dell’Orsa maggiore.

In questo argomento dei colori stellari vi è una parteche ancora dipende dalle attitudini speciali dell’occhiodei diversi osservatori, e in generale i colori delle stellesi distinguono meglio col telescopio che coll’occhio di-sarmato, per il quale specialmente nelle stelle menosplendide, tutte le tinte finiscono per diventare inafferra-bili.

L’importanza che al colore delle stelle deve attribuirsicrebbe in questi ultimi anni in grazia dei progressi fattidalla spettrografia, la quale, come si dirà nei paragrafiVIII e IX del presente capitolo, riuscì a dimostrare nonsolo che tutti gli spettri stellari si possono ridurre a po-chi tipi principali. ma che la diversa natura dei tipi spet-trali e quindi la diversa costituzione fisica delle stelle hauna relazione non dubbia col colore loro.

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va col suo sorgere eliaco agli Egizii lo straripare delNilo, fu da Tolomeo annoverata fra le stelle rosse, edoggi brilla invece di luce bianca. Secondo alcuni il cam-biamento del suo colore avvenne fra i tempi di Tolomeoe il fiorire della civiltà degli Arabi. Secondo altri il cam-biamento del colore di Sirio non è realmente avvenuto, eSirio fu erroneamente annoverata da Tolomeo fra le stel-le rosse, nè questo è inverosimile, poichè gli antichi pre-starono solo un’attenzione superficiale ai colori stellari,e non riconobbero per rossa fra le altre una delle stellepiù splendenti e più facili ad essere osservate ad occhionudo, la alfa dell’Orsa maggiore.

In questo argomento dei colori stellari vi è una parteche ancora dipende dalle attitudini speciali dell’occhiodei diversi osservatori, e in generale i colori delle stellesi distinguono meglio col telescopio che coll’occhio di-sarmato, per il quale specialmente nelle stelle menosplendide, tutte le tinte finiscono per diventare inafferra-bili.

L’importanza che al colore delle stelle deve attribuirsicrebbe in questi ultimi anni in grazia dei progressi fattidalla spettrografia, la quale, come si dirà nei paragrafiVIII e IX del presente capitolo, riuscì a dimostrare nonsolo che tutti gli spettri stellari si possono ridurre a po-chi tipi principali. ma che la diversa natura dei tipi spet-trali e quindi la diversa costituzione fisica delle stelle hauna relazione non dubbia col colore loro.

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§ IV.Le stelle temporarie o «nuove.»

213. Sono stelle che subitamente appaiono in cielo, eche a gradi a gradi, nel giro di pochi mesi, scompaiono.

Sono celebri in astronomia, ed eccitarono la più vivacuriosità del pubblico, le stelle nuove del 1572 e del1604. Relativamente numerose ed oggetto di osserva-zioni fredde ed attente sono le stelle nuove del temponostro, quelle subitamente apparse in cielo nel 1848, nel1866, nel 1876, nel 1885, nel 1889, nel 1892, nel 1901,per limitare l’enumerazione alle maggiori nuove divenu-te visibili all’occhio nudo.

Appartengono queste stelle nuove, che più propria-mente dovrebbero dirsi temporarie, alla categoria dellestelle variabili, delle quali sarà trattato nel paragrafo se-guente.

Alcuni, pensando alle grandi eruzioni di gas idrogenoosservate sul Sole, spiegarono le stelle nuove ammetten-do in esse l’eruzione e l’incendio di una potente massadi idrogeno; conseguenza prima di questo incendio sa-rebbe un altissimo grado di calore e di splendore cherenderebbe le stelle di un tratto visibili; conseguenza se-conda sarebbe che, desso incendio spegnendosi, le stellesi raffredderebbero, perderebbero a poco a poco il lorosplendore e diventerebbero invisibili.

Questa ipotesi non è più sostenibile. I fatti osservatinelle stelle nuove ultimamente apparse, in ispecie nellamemorabile stella del 1901, Nova Persei, dimostrarono

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§ IV.Le stelle temporarie o «nuove.»

213. Sono stelle che subitamente appaiono in cielo, eche a gradi a gradi, nel giro di pochi mesi, scompaiono.

Sono celebri in astronomia, ed eccitarono la più vivacuriosità del pubblico, le stelle nuove del 1572 e del1604. Relativamente numerose ed oggetto di osserva-zioni fredde ed attente sono le stelle nuove del temponostro, quelle subitamente apparse in cielo nel 1848, nel1866, nel 1876, nel 1885, nel 1889, nel 1892, nel 1901,per limitare l’enumerazione alle maggiori nuove divenu-te visibili all’occhio nudo.

Appartengono queste stelle nuove, che più propria-mente dovrebbero dirsi temporarie, alla categoria dellestelle variabili, delle quali sarà trattato nel paragrafo se-guente.

Alcuni, pensando alle grandi eruzioni di gas idrogenoosservate sul Sole, spiegarono le stelle nuove ammetten-do in esse l’eruzione e l’incendio di una potente massadi idrogeno; conseguenza prima di questo incendio sa-rebbe un altissimo grado di calore e di splendore cherenderebbe le stelle di un tratto visibili; conseguenza se-conda sarebbe che, desso incendio spegnendosi, le stellesi raffredderebbero, perderebbero a poco a poco il lorosplendore e diventerebbero invisibili.

Questa ipotesi non è più sostenibile. I fatti osservatinelle stelle nuove ultimamente apparse, in ispecie nellamemorabile stella del 1901, Nova Persei, dimostrarono

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essere impossibile pensare che nelle stelle nuove trattisio dell’esplosione di corpi solidi, o di immani eruzionivulcaniche, o di mondi in fiamme.

Si ammette oggi con qualche fondamento che l’avvi-cinarsi o lo scontrarsi di due astri sia la causa prima eplausibile delle stelle temporarie o nuove.

Questo ammesso in generale, suppongono alcuni chedei due corpi cosmici, i quali si scontrano o si avvicina-no, l’uno sia una stella l’altro una nebulosa. In tale sup-posizione ogni stella nuova deriverebbe da un intensoprocesso di conflagrazione, prodotto da ciò che una stel-la nella sua corsa attraverso gli spazii cosmici incontre-rebbe una grande massa nebulare o pulverulenta o gaso-sa.

Pensano altri che lo scontro di due grandi astri, oppu-re quello di un grande astro e di una nebulosa non possaessere la causa vera delle stelle nuove. Secondo costorole stelle nuove derivano ancora da uno scontro, ma dalloscontro di due fiumane cosmiche, di due correnti meteo-riche. La subitanea luce delle stelle nuove, i fenomeniche l’accompagnano e la seguono dipenderebbero inquesta ipotesi da una interpenetrazione di due o piùsciami di meteoriti.

Non è a credersi che l’una o l’altra di queste nuoveipotesi risolvano in modo esauriente il controverso pro-blema dell’origine delle stelle nuove, e l’attraentissimaquestione in esso implicitamente compresa dell’evolu-zione fisica delle stelle in generale. Questa rimanetutt’ora oscura; molti fatti rimangono a spiegare fra gli

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essere impossibile pensare che nelle stelle nuove trattisio dell’esplosione di corpi solidi, o di immani eruzionivulcaniche, o di mondi in fiamme.

Si ammette oggi con qualche fondamento che l’avvi-cinarsi o lo scontrarsi di due astri sia la causa prima eplausibile delle stelle temporarie o nuove.

Questo ammesso in generale, suppongono alcuni chedei due corpi cosmici, i quali si scontrano o si avvicina-no, l’uno sia una stella l’altro una nebulosa. In tale sup-posizione ogni stella nuova deriverebbe da un intensoprocesso di conflagrazione, prodotto da ciò che una stel-la nella sua corsa attraverso gli spazii cosmici incontre-rebbe una grande massa nebulare o pulverulenta o gaso-sa.

Pensano altri che lo scontro di due grandi astri, oppu-re quello di un grande astro e di una nebulosa non possaessere la causa vera delle stelle nuove. Secondo costorole stelle nuove derivano ancora da uno scontro, ma dalloscontro di due fiumane cosmiche, di due correnti meteo-riche. La subitanea luce delle stelle nuove, i fenomeniche l’accompagnano e la seguono dipenderebbero inquesta ipotesi da una interpenetrazione di due o piùsciami di meteoriti.

Non è a credersi che l’una o l’altra di queste nuoveipotesi risolvano in modo esauriente il controverso pro-blema dell’origine delle stelle nuove, e l’attraentissimaquestione in esso implicitamente compresa dell’evolu-zione fisica delle stelle in generale. Questa rimanetutt’ora oscura; molti fatti rimangono a spiegare fra gli

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osservati nelle stelle nuove.

§ V.Le stelle variabili.

214. In cielo a partire dalla fine del secolo decimose-sto si sono andate osservando stelle che passano succes-sivamente per diversi gradi di intensità luminosa, ed allequali si diede l’appellativo di variabili. Desse, a secondadelle oscillazioni della loro luce, si dividono ora in pa-recchie classi.

215. La prima classe di variabili è quella delle stellenuove; di esse or ora si trattò abbastanza a lungo nel pa-ragrafo precedente.

216. La seconda classe di variabili, la più numerosa,abbraccia le stelle che passano da uno splendore massi-mo ad uno minimo in un periodo oscillante fra sei mesie due anni; presentano differenze di splendore grandi;non tutti i massimi e i minimi di luce per i quali passanosono uguali fra loro; non sempre la durata del loro pe-riodo è costante.

Caratteristica di questa classe è la stella ο della Bale-na (Mira Ceti), la quale nel suo massimo splendore è diseconda grandezza, nel minimo è per lo più invisibileanche con buoni telescopi, ed ha un periodo di 331 gior-ni.

217. Nella terza classe di variabili stanno alcune stel-le il cui splendore è soggetto a lievi mutazioni in appa-renza irregolari; tali sono ad esempio le stelle alfa di

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osservati nelle stelle nuove.

§ V.Le stelle variabili.

214. In cielo a partire dalla fine del secolo decimose-sto si sono andate osservando stelle che passano succes-sivamente per diversi gradi di intensità luminosa, ed allequali si diede l’appellativo di variabili. Desse, a secondadelle oscillazioni della loro luce, si dividono ora in pa-recchie classi.

215. La prima classe di variabili è quella delle stellenuove; di esse or ora si trattò abbastanza a lungo nel pa-ragrafo precedente.

216. La seconda classe di variabili, la più numerosa,abbraccia le stelle che passano da uno splendore massi-mo ad uno minimo in un periodo oscillante fra sei mesie due anni; presentano differenze di splendore grandi;non tutti i massimi e i minimi di luce per i quali passanosono uguali fra loro; non sempre la durata del loro pe-riodo è costante.

Caratteristica di questa classe è la stella ο della Bale-na (Mira Ceti), la quale nel suo massimo splendore è diseconda grandezza, nel minimo è per lo più invisibileanche con buoni telescopi, ed ha un periodo di 331 gior-ni.

217. Nella terza classe di variabili stanno alcune stel-le il cui splendore è soggetto a lievi mutazioni in appa-renza irregolari; tali sono ad esempio le stelle alfa di

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Orione e alfa di Cassiopea.218. Vi sono stelle, quali beta della Lira e delta di

Cefeo, che cambiano continuamente; nel corso di pochigiorni talune nel corso di poche ore, di quattro ore adesempio, passano per una serie non interrotta di splen-dori diversi, serie che ripetesi poi esattamente e regolar-mente. Queste stelle formano una quarta classe di varia-bili.

219. La quinta ed ultima classe di variabili compren-de alcune stelle le quali mantengono, durante la più granparte del tempo, invariato il loro splendore, ma ad inter-valli regolari perdono poi in poche ore quasi intieramen-te la loro luce, e con uguale rapidità la riacquistano. Lapiù caratteristica fra le stelle di questa classe è Algol obeta di Perseo.

Questa stella è per lo più della seconda grandezza, maad intervalli di 2 giorni, 20 ore, 49 minuti, diminuiscefino a diventare della quarta grandezza, rimanendo intale stato un’ora ed anche meno. Si è trovato che il pe-riodo suo, cioè l’intervallo fra due diminuzioni consecu-tive dello splendore suo, va lentamente abbreviandosi.

220. Non s’è finora trovata ipotesi che valga a spiega-re da sola tutti indistintamente i fenomeni presentati dal-le diverse classi di variabili, forse perchè ad ogni classedi esse corrispondono una o più cause speciali di pertur-bazioni dello splendore.

Già dissi (paragrafo precedente) in qual modo si cer-chino di spiegare le stelle della prima classe o nuove;non si potrebbero certo in ugual modo spiegare le varia-

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Orione e alfa di Cassiopea.218. Vi sono stelle, quali beta della Lira e delta di

Cefeo, che cambiano continuamente; nel corso di pochigiorni talune nel corso di poche ore, di quattro ore adesempio, passano per una serie non interrotta di splen-dori diversi, serie che ripetesi poi esattamente e regolar-mente. Queste stelle formano una quarta classe di varia-bili.

219. La quinta ed ultima classe di variabili compren-de alcune stelle le quali mantengono, durante la più granparte del tempo, invariato il loro splendore, ma ad inter-valli regolari perdono poi in poche ore quasi intieramen-te la loro luce, e con uguale rapidità la riacquistano. Lapiù caratteristica fra le stelle di questa classe è Algol obeta di Perseo.

Questa stella è per lo più della seconda grandezza, maad intervalli di 2 giorni, 20 ore, 49 minuti, diminuiscefino a diventare della quarta grandezza, rimanendo intale stato un’ora ed anche meno. Si è trovato che il pe-riodo suo, cioè l’intervallo fra due diminuzioni consecu-tive dello splendore suo, va lentamente abbreviandosi.

220. Non s’è finora trovata ipotesi che valga a spiega-re da sola tutti indistintamente i fenomeni presentati dal-le diverse classi di variabili, forse perchè ad ogni classedi esse corrispondono una o più cause speciali di pertur-bazioni dello splendore.

Già dissi (paragrafo precedente) in qual modo si cer-chino di spiegare le stelle della prima classe o nuove;non si potrebbero certo in ugual modo spiegare le varia-

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bili delle altre classi.Prendendo per base le cognizioni che abbiamo del

Sole, pensano alcuni che stelle com’esso costituite, enelle quali le macchie si svolgessero in più vaste pro-porzioni, dovrebbero presentare cambiamenti notevolidi splendore. Danno in questo modo fino ad un certopunto ragione delle variabili della classe seconda, espiegano naturalissimamente quelle della terza.

È assai diffusa l’ipotesi la quale vorrebbe spiegare levariabili, supponendo che le parti diverse della loro su-perficie sieno diversamente splendenti, e rivolgansi suc-cessivamente alla Terra portate dalla rotazione dellestelle intorno a un proprio asse. È un’ipotesi che, severa, spiegherebbe solo le variabili della quarta classe.

Rimangono le variabili della classe quinta. Le si spie-gano per mezzo di un corpo oscuro o satellite della stel-la, il quale, portato dal proprio movimento intorno allastella, passa a periodi determinati fra la stella e la Terra,ed occulta in tutto od in gran parte la stella.

Tali sono le ipotesi diverse ideate rispetto alle variabi-li; malgrado esse, può però affermarsi che delle variabilila scienza non è ancora giunta a rendersi conto esatto,pur riconoscendo in esse un indizio sicuro di grandi ri-volgimenti nelle atmosfere stellari, o di vere e proprieevoluzioni fisiche nelle stelle.

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bili delle altre classi.Prendendo per base le cognizioni che abbiamo del

Sole, pensano alcuni che stelle com’esso costituite, enelle quali le macchie si svolgessero in più vaste pro-porzioni, dovrebbero presentare cambiamenti notevolidi splendore. Danno in questo modo fino ad un certopunto ragione delle variabili della classe seconda, espiegano naturalissimamente quelle della terza.

È assai diffusa l’ipotesi la quale vorrebbe spiegare levariabili, supponendo che le parti diverse della loro su-perficie sieno diversamente splendenti, e rivolgansi suc-cessivamente alla Terra portate dalla rotazione dellestelle intorno a un proprio asse. È un’ipotesi che, severa, spiegherebbe solo le variabili della quarta classe.

Rimangono le variabili della classe quinta. Le si spie-gano per mezzo di un corpo oscuro o satellite della stel-la, il quale, portato dal proprio movimento intorno allastella, passa a periodi determinati fra la stella e la Terra,ed occulta in tutto od in gran parte la stella.

Tali sono le ipotesi diverse ideate rispetto alle variabi-li; malgrado esse, può però affermarsi che delle variabilila scienza non è ancora giunta a rendersi conto esatto,pur riconoscendo in esse un indizio sicuro di grandi ri-volgimenti nelle atmosfere stellari, o di vere e proprieevoluzioni fisiche nelle stelle.

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§ VI.La Via Lattea. Distribuzione apparente

delle stelle.

221. Nelle notti serene e non illuminate dal chiarordella Luna, non è chi non abbia contemplato la Via Lat-tea, la quale attraversa la vôlta celeste da una plagadell’orizzonte alla plaga opposta, in forma di una splen-dida zona di nubi luminose.

222. Esaminando la Via Lattea con un telescopio sivede che essa è composta di un numero stragrande dipiccole stelle, tanto vicine l’una all’altra da produrrenell’occhio la sensazione di una massa continua di luce;essa accoglie in sè la maggior parte delle stelle telesco-piche.

Questa agglomerazione gigantesca di stelle forma nelcielo un anello continuo, sebbene irregolare di densità edi forma; il Sole occupa nell’interno dell’anello una po-sizione abbastanza centrale; altre stelle son disseminatecon minor frequenza al di fuori, nell’interno e da ambo ilati dell’anello.

Le dimensioni di questo anello o Sistema di stellesono certamente grandissime, sebbene non sia ancorapossibile esprimerle in numeri, neppure approssimativa-mente.

Non si può dire neppure se questo Sistema formi dasè tutto l’universo visibile, oppure, se esistano altri si-stemi della stessa specie in regioni più lontane dellospazio. Tutto quello che si è affermato in questa materia

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§ VI.La Via Lattea. Distribuzione apparente

delle stelle.

221. Nelle notti serene e non illuminate dal chiarordella Luna, non è chi non abbia contemplato la Via Lat-tea, la quale attraversa la vôlta celeste da una plagadell’orizzonte alla plaga opposta, in forma di una splen-dida zona di nubi luminose.

222. Esaminando la Via Lattea con un telescopio sivede che essa è composta di un numero stragrande dipiccole stelle, tanto vicine l’una all’altra da produrrenell’occhio la sensazione di una massa continua di luce;essa accoglie in sè la maggior parte delle stelle telesco-piche.

Questa agglomerazione gigantesca di stelle forma nelcielo un anello continuo, sebbene irregolare di densità edi forma; il Sole occupa nell’interno dell’anello una po-sizione abbastanza centrale; altre stelle son disseminatecon minor frequenza al di fuori, nell’interno e da ambo ilati dell’anello.

Le dimensioni di questo anello o Sistema di stellesono certamente grandissime, sebbene non sia ancorapossibile esprimerle in numeri, neppure approssimativa-mente.

Non si può dire neppure se questo Sistema formi dasè tutto l’universo visibile, oppure, se esistano altri si-stemi della stessa specie in regioni più lontane dellospazio. Tutto quello che si è affermato in questa materia

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è frutto di congetture più o meno arbitrarie. Una cosasola possiamo per il momento affermare, ed è che la di-stribuzione apparente delle stelle in cielo non è unifor-me. Esse si addensano nella regione della Via Lattea, di-ventano più e più rare quanto più si considerano regionidalla Via Lattea lontane.

§ VII.Le costellazioni. — I nomi delle stelle.

223. In tempi antichissimi, e probabilmente per operadei Caldei, le stelle furono aggruppate in costellazioni, aciascuna delle quali fu assegnato un nome. Della mag-gior parte di questi nomi è ora difficile assegnare l’origi-ne e la ragione.

Fra le costellazioni, notissime sono quelle che il Soleattraversa, come abbiam detto nel paragrafo XI del capi-tolo primo, in grazia del suo corso annuale apparentelungo l’eclittica. Sono le costellazioni zodiacali, e Zo-diaco si chiama la zona di cielo che le comprende; neabbiamo già enunciati i nomi (paragrafo appena citato)parlando del moto apparente annuo del Sole.

La zona zodiacale divide il cielo in due parti, una po-sta a settentrione, l’altra ad ostro; diconsi boreali o set-tentrionali le costellazioni a nord dello Zodiaco, australio meridionali quelle a sud di esso.

224. Oltre alle 12 costellazioni zodiacali, noi abbiamodunque le seguenti costellazioni boreali:

Grande Orsa Serpente

230

è frutto di congetture più o meno arbitrarie. Una cosasola possiamo per il momento affermare, ed è che la di-stribuzione apparente delle stelle in cielo non è unifor-me. Esse si addensano nella regione della Via Lattea, di-ventano più e più rare quanto più si considerano regionidalla Via Lattea lontane.

§ VII.Le costellazioni. — I nomi delle stelle.

223. In tempi antichissimi, e probabilmente per operadei Caldei, le stelle furono aggruppate in costellazioni, aciascuna delle quali fu assegnato un nome. Della mag-gior parte di questi nomi è ora difficile assegnare l’origi-ne e la ragione.

Fra le costellazioni, notissime sono quelle che il Soleattraversa, come abbiam detto nel paragrafo XI del capi-tolo primo, in grazia del suo corso annuale apparentelungo l’eclittica. Sono le costellazioni zodiacali, e Zo-diaco si chiama la zona di cielo che le comprende; neabbiamo già enunciati i nomi (paragrafo appena citato)parlando del moto apparente annuo del Sole.

La zona zodiacale divide il cielo in due parti, una po-sta a settentrione, l’altra ad ostro; diconsi boreali o set-tentrionali le costellazioni a nord dello Zodiaco, australio meridionali quelle a sud di esso.

224. Oltre alle 12 costellazioni zodiacali, noi abbiamodunque le seguenti costellazioni boreali:

Grande Orsa Serpente

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Piccola Orsa SaettaDragone AquilaCefeo DelfinoBoote Piccolo CavalloCorona boreale PegasoErcole AndromedaLira TriangoloCigno GiraffaCassiopea LevrieriPerseo Volpe coll’OcaAuriga o Cocchiere Leone minoreChioma di Berenice LucertolaSerpentario od Ofiuco Lince

e abbiamo le seguenti costellazioni australi, di cui unaparte è d’invenzione moderna:

Balena Cane minoreOrione Nave argoEridano IdraLepre Cratere o TazzaCane maggiore GruFenice OttanteTucano MensaIndiano IdroCorvo MoscaCentauro CompassoLupo Triangolo australeAltare EldoradoCorona australe OrologioPesce australe ReticoloRinoceronte o Unicorno PittoreCroce australe NormaPavone TelescopioColomba Cielo

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Piccola Orsa SaettaDragone AquilaCefeo DelfinoBoote Piccolo CavalloCorona boreale PegasoErcole AndromedaLira TriangoloCigno GiraffaCassiopea LevrieriPerseo Volpe coll’OcaAuriga o Cocchiere Leone minoreChioma di Berenice LucertolaSerpentario od Ofiuco Lince

e abbiamo le seguenti costellazioni australi, di cui unaparte è d’invenzione moderna:

Balena Cane minoreOrione Nave argoEridano IdraLepre Cratere o TazzaCane maggiore GruFenice OttanteTucano MensaIndiano IdroCorvo MoscaCentauro CompassoLupo Triangolo australeAltare EldoradoCorona australe OrologioPesce australe ReticoloRinoceronte o Unicorno PittoreCroce australe NormaPavone TelescopioColomba Cielo

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Pesce volante MicroscopioCamaleonte ScultoreUccello di paradiso Fornello chimicoScudo di Sobieski Macchina pneumaticaSestante Bussola

225. Per imparare a conoscere le posizioni delle co-stellazioni o delle stelle principali coi loro nomi è neces-sario provvedersi di una carta o planisfero celeste, eraccomandarsi a qualche persona che additi una costel-lazione più rimarchevole da cui cominciare il confrontotra la carta ed il cielo. Una delle più opportune a questofine è, per i paesi nostri, la costellazione della GrandeOrsa o Carro maggiore nelle sere d’estate, la costella-zione di Orione nelle sere d’inverno.

226. Per distinguere le stelle più brillanti di una me-desima costellazione si usano le lettere dell’alfabetogreco, e si dice α (alfa) la stella più brillante, β (beta) laseconda, γ (gama) la terza in ordine di splendore, ecc.Così α della Lira significa la stella più brillante della co-stellazione della Lira, e β del Cigno indica la secondafra le stelle di questa costellazione in ordine di splendo-re. Qualche volta l’ordine degli splendori non è esatta-mente osservato, ma bisogna in ogni caso attenersi allelettere segnate sulla Carta celeste.

227. I Greci e gli Arabi hanno fatto uso di nomi spe-ciali per le stelle più brillanti, alcuni dei quali si sonoconservati fino al nostro tempo; importa conoscerli.Sono:

Arturo ossia α di BooteGemma ,, α della Corona boreale

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Pesce volante MicroscopioCamaleonte ScultoreUccello di paradiso Fornello chimicoScudo di Sobieski Macchina pneumaticaSestante Bussola

225. Per imparare a conoscere le posizioni delle co-stellazioni o delle stelle principali coi loro nomi è neces-sario provvedersi di una carta o planisfero celeste, eraccomandarsi a qualche persona che additi una costel-lazione più rimarchevole da cui cominciare il confrontotra la carta ed il cielo. Una delle più opportune a questofine è, per i paesi nostri, la costellazione della GrandeOrsa o Carro maggiore nelle sere d’estate, la costella-zione di Orione nelle sere d’inverno.

226. Per distinguere le stelle più brillanti di una me-desima costellazione si usano le lettere dell’alfabetogreco, e si dice α (alfa) la stella più brillante, β (beta) laseconda, γ (gama) la terza in ordine di splendore, ecc.Così α della Lira significa la stella più brillante della co-stellazione della Lira, e β del Cigno indica la secondafra le stelle di questa costellazione in ordine di splendo-re. Qualche volta l’ordine degli splendori non è esatta-mente osservato, ma bisogna in ogni caso attenersi allelettere segnate sulla Carta celeste.

227. I Greci e gli Arabi hanno fatto uso di nomi spe-ciali per le stelle più brillanti, alcuni dei quali si sonoconservati fino al nostro tempo; importa conoscerli.Sono:

Arturo ossia α di BooteGemma ,, α della Corona boreale

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Voga ,, α della LiraDeneb ,, α del CignoCapra ,, α dell’AurigaAlgol ,, β di PerseoAltair ,, α dell’AquilaAldebaran ,, α del ToroCastore ,, α dei GemelliPolluce ,, β dei GemelliRegolo ,, α del LeoneDenebola ,, β del LeoneSpica ,, α della VergineAntares ,, α dello ScorpioneBetelgeuze ,, α di OrioneRigel ,, β di OrioneSirio ,, α del Cane maggioreProcione ,, α del Cane minoreFomalhaut ,, α del Pesce australeCanopo ,, α della Nave ArgoAchernar ,, α dell’Eridano

Fra queste, Sirio o o del Cane maggiore è di gran lun-ga la più brillante: viene in secondo luogo Canopo o αdi Argo, che è invisibile nelle nostre latitudini per la suatroppa vicinanza al polo antartico.

228. Non per il suo splendore, ma per la sua posizio-ne ed importanza, sì geografica che nautica, ha meritatoun nome speciale anche la stella α dell’Orsa minore, laquale si chiama più spesso stella polare, od anche soloPolare, perchè di tutte le stelle visibili ad occhio nudo, èla più vicina al polo artico. Questa circostanza fa sìch’essa tanto poco apparentemente si sposta che nonsembra cambiar di sito durante la rotazione diurna dellasfera celeste.

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Voga ,, α della LiraDeneb ,, α del CignoCapra ,, α dell’AurigaAlgol ,, β di PerseoAltair ,, α dell’AquilaAldebaran ,, α del ToroCastore ,, α dei GemelliPolluce ,, β dei GemelliRegolo ,, α del LeoneDenebola ,, β del LeoneSpica ,, α della VergineAntares ,, α dello ScorpioneBetelgeuze ,, α di OrioneRigel ,, β di OrioneSirio ,, α del Cane maggioreProcione ,, α del Cane minoreFomalhaut ,, α del Pesce australeCanopo ,, α della Nave ArgoAchernar ,, α dell’Eridano

Fra queste, Sirio o o del Cane maggiore è di gran lun-ga la più brillante: viene in secondo luogo Canopo o αdi Argo, che è invisibile nelle nostre latitudini per la suatroppa vicinanza al polo antartico.

228. Non per il suo splendore, ma per la sua posizio-ne ed importanza, sì geografica che nautica, ha meritatoun nome speciale anche la stella α dell’Orsa minore, laquale si chiama più spesso stella polare, od anche soloPolare, perchè di tutte le stelle visibili ad occhio nudo, èla più vicina al polo artico. Questa circostanza fa sìch’essa tanto poco apparentemente si sposta che nonsembra cambiar di sito durante la rotazione diurna dellasfera celeste.

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La Polare segna, rispetto all’orizzonte, una direzionepoco men che fissa, che è quella del nord, o settentrione,per tutti i luoghi dell’emisfero settentrionale della Terra.

§ VIII.Spettri delle stelle.

229. Le stelle dànno, come il Sole, uno spettro lumi-noso, solcato da righe oscure. Nella loro costituzione es-senzialmente non differiscono quindi dal Sole; questonon è che una delle stelle del cielo, e le stelle sono al-trettanti soli. Questa affermazione, già espressa nel para-grafo primo del capitolo presente, non ha quindi in sènulla di arbitrario, ma riposa su un fatto certo ed indi-scutibile.

230. Nei §§ VI, VII ed VIII del capitolo quarto giàfurono abbozzati i principi precipui della Spettroscopia.Là si disse: che i vapori incandescenti di un metallo pro-ducono uno spettro oscuro solcato da righe lucide e co-lorate; che lo spettro del Sole invece è luminoso e solca-to da righe oscure. Qui giova aggiungere altri due fatti.

Qualche volta le righe lucide e colorate dello spettroottico dei metalli, invece che sottili, appaiono sensibil-mente larghe, ed in tal caso non hanno una tinta unifor-me in tutta la loro larghezza, ma, intensamente coloratesopra uno dei lati, van via via sfumando e prendendouna tinta sempre meno intensa, fino ad apparire sul latoopposto debolissimamente colorate. Si dice in questocaso che lo spettro è solcato da scanalature lucide.

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La Polare segna, rispetto all’orizzonte, una direzionepoco men che fissa, che è quella del nord, o settentrione,per tutti i luoghi dell’emisfero settentrionale della Terra.

§ VIII.Spettri delle stelle.

229. Le stelle dànno, come il Sole, uno spettro lumi-noso, solcato da righe oscure. Nella loro costituzione es-senzialmente non differiscono quindi dal Sole; questonon è che una delle stelle del cielo, e le stelle sono al-trettanti soli. Questa affermazione, già espressa nel para-grafo primo del capitolo presente, non ha quindi in sènulla di arbitrario, ma riposa su un fatto certo ed indi-scutibile.

230. Nei §§ VI, VII ed VIII del capitolo quarto giàfurono abbozzati i principi precipui della Spettroscopia.Là si disse: che i vapori incandescenti di un metallo pro-ducono uno spettro oscuro solcato da righe lucide e co-lorate; che lo spettro del Sole invece è luminoso e solca-to da righe oscure. Qui giova aggiungere altri due fatti.

Qualche volta le righe lucide e colorate dello spettroottico dei metalli, invece che sottili, appaiono sensibil-mente larghe, ed in tal caso non hanno una tinta unifor-me in tutta la loro larghezza, ma, intensamente coloratesopra uno dei lati, van via via sfumando e prendendouna tinta sempre meno intensa, fino ad apparire sul latoopposto debolissimamente colorate. Si dice in questocaso che lo spettro è solcato da scanalature lucide.

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In alcuni spettri le righe oscure appaiono non più sot-tili, ma sensibilmente larghe, non più uniformementeoscure in tutta la loro ampiezza, ma oscure su un fianco,sfumate sul fianco opposto. Prendono allora il nome discanalature oscure o d’assorbimento, nome suggerito aiprimi osservatori dal loro aspetto stesso.

231. Negli spettri ottici delle diverse sorgenti di lucesi possono adunque avere, a seconda dei casi; o righeoscure altrimenti dette d’assorbimento; o righe lucide ecolorate; o scanalature oscure altrimenti dette d’assorbi-mento; o finalmente scanalature lucide e colorate.

§ IX.Spettri stellari tipici.

232. Gli spettri stellari si possono ridurre a quattrotipi principali.

233. Il primo tipo è uno spettro formato dalla succes-sione quasi continua dei sette colori ordinari dell’iride, esolcato da poche righe oscure, alcune delle quali più in-tense.

Le stelle, che producono questo tipo di spettro, sono obiancheggianti o azzurrognole.

234. Il secondo tipo è uno spettro del primo nonmeno luminoso, ma solcato traversalmente da righeoscure, numerose, sottili e occupanti le stesse posizioniche quelle dello spettro solare.

È questo secondo tipo uno spettro perfettamente simi-le a quello del Sole, ed è prodotto dalle stelle gialle.

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In alcuni spettri le righe oscure appaiono non più sot-tili, ma sensibilmente larghe, non più uniformementeoscure in tutta la loro ampiezza, ma oscure su un fianco,sfumate sul fianco opposto. Prendono allora il nome discanalature oscure o d’assorbimento, nome suggerito aiprimi osservatori dal loro aspetto stesso.

231. Negli spettri ottici delle diverse sorgenti di lucesi possono adunque avere, a seconda dei casi; o righeoscure altrimenti dette d’assorbimento; o righe lucide ecolorate; o scanalature oscure altrimenti dette d’assorbi-mento; o finalmente scanalature lucide e colorate.

§ IX.Spettri stellari tipici.

232. Gli spettri stellari si possono ridurre a quattrotipi principali.

233. Il primo tipo è uno spettro formato dalla succes-sione quasi continua dei sette colori ordinari dell’iride, esolcato da poche righe oscure, alcune delle quali più in-tense.

Le stelle, che producono questo tipo di spettro, sono obiancheggianti o azzurrognole.

234. Il secondo tipo è uno spettro del primo nonmeno luminoso, ma solcato traversalmente da righeoscure, numerose, sottili e occupanti le stesse posizioniche quelle dello spettro solare.

È questo secondo tipo uno spettro perfettamente simi-le a quello del Sole, ed è prodotto dalle stelle gialle.

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235. Il terzo tipo è prodotto dalle stelle aranciate erosseggianti. È uno spettro nel quale vi sono diversebande o larghe zone colorate, solcate in alcuni punti darighe oscure sottili, in altri da righe larghe o scanalatureoscure dalla parte verso il violetto, sfumate da quellaverso il rosso.

Nel suo insieme questo spettro si presenta come unacolonna scanalata veduta di prospetto.

236. Il quarto tipo è il più bizzarro e vario. È formatoda bande luminose interpolate con bande oscure, e nelsuo insieme presenta esso pure, come il terzo, l’aspettodi colonna scanalata, ma si distingue nettamente dal ter-zo per questo, che in esso mancano righe sottili oscure,e le scanalature sono oscure dalla parte verso il rosso,sfumate da quella verso il violetto.

Questo quarto tipo raccoglie alcune stelle di piccolagrandezza e per lo più di colore quasi rosso.

237. Poche stelle producono spettri diversi dai quattrotipi descritti. Sono spettri che hanno righe semplici iso-late, che, al posto di alcune righe oscure degli spettri or-dinari, portano delle righe lucide, e che, volendo, po-trebbero radunarsi in un quinto tipo a righe lucide45.

45 Altri raccolgono, per rispetto al loro spettro, le stelle in tresole categorie: stelle nel cui spettro le righe metalliche od oscuresono debolissime o interamente invisibili; stelle nel cui spettro lerighe metalliche sono numerose e ben visibili; stelle nel cui spet-tro, oltre alle righe metalliche, si incontrano larghe zone o megliobande oscure.

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235. Il terzo tipo è prodotto dalle stelle aranciate erosseggianti. È uno spettro nel quale vi sono diversebande o larghe zone colorate, solcate in alcuni punti darighe oscure sottili, in altri da righe larghe o scanalatureoscure dalla parte verso il violetto, sfumate da quellaverso il rosso.

Nel suo insieme questo spettro si presenta come unacolonna scanalata veduta di prospetto.

236. Il quarto tipo è il più bizzarro e vario. È formatoda bande luminose interpolate con bande oscure, e nelsuo insieme presenta esso pure, come il terzo, l’aspettodi colonna scanalata, ma si distingue nettamente dal ter-zo per questo, che in esso mancano righe sottili oscure,e le scanalature sono oscure dalla parte verso il rosso,sfumate da quella verso il violetto.

Questo quarto tipo raccoglie alcune stelle di piccolagrandezza e per lo più di colore quasi rosso.

237. Poche stelle producono spettri diversi dai quattrotipi descritti. Sono spettri che hanno righe semplici iso-late, che, al posto di alcune righe oscure degli spettri or-dinari, portano delle righe lucide, e che, volendo, po-trebbero radunarsi in un quinto tipo a righe lucide45.

45 Altri raccolgono, per rispetto al loro spettro, le stelle in tresole categorie: stelle nel cui spettro le righe metalliche od oscuresono debolissime o interamente invisibili; stelle nel cui spettro lerighe metalliche sono numerose e ben visibili; stelle nel cui spet-tro, oltre alle righe metalliche, si incontrano larghe zone o megliobande oscure.

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§ X.Spettri dei corpi semplici e dei composti.

238. Per giudicare dell’importanza che hanno i diver-si spettri stellari osservati, bisogna conoscere due fattiche nella Spettroscopia si ritengono abbastanza dimo-strati ed indubitabili.

I corpi semplici ad altissime temperature danno unospettro a righe strette, distinte, sottili; se ad altissimetemperature, ed inoltre sottoposti a forti pressioni, dàn-no nello spettro righe meno ben limitate e definite daamendue le parti.

I composti chimici dànno spettri di tutt’altra natura.Gli ossidi, i cloruri, le differenti specie di idrogeno car-bonato mostrano allo spettroscopio bande oscure, nonuniformemente oscure in tutta la loro superficie, ma sfu-mate, fosche cioè da uno dei lati e più chiare dall’altro.

§ XI.Diversa temperatura e diversa

composizione chimica delle stelle.

239. Se si paragonano fra di loro i fatti esposti nei dueparagrafi precedenti, si scorge senza altro che gli spettridelle stelle offrono appunto i diversi caratteri degli spet-tri dei corpi semplici e dei composti, e nasce spontaneoil pensiero che la diversa temperatura e la conseguentediversa composizione chimica sieno le cause che produ-

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§ X.Spettri dei corpi semplici e dei composti.

238. Per giudicare dell’importanza che hanno i diver-si spettri stellari osservati, bisogna conoscere due fattiche nella Spettroscopia si ritengono abbastanza dimo-strati ed indubitabili.

I corpi semplici ad altissime temperature danno unospettro a righe strette, distinte, sottili; se ad altissimetemperature, ed inoltre sottoposti a forti pressioni, dàn-no nello spettro righe meno ben limitate e definite daamendue le parti.

I composti chimici dànno spettri di tutt’altra natura.Gli ossidi, i cloruri, le differenti specie di idrogeno car-bonato mostrano allo spettroscopio bande oscure, nonuniformemente oscure in tutta la loro superficie, ma sfu-mate, fosche cioè da uno dei lati e più chiare dall’altro.

§ XI.Diversa temperatura e diversa

composizione chimica delle stelle.

239. Se si paragonano fra di loro i fatti esposti nei dueparagrafi precedenti, si scorge senza altro che gli spettridelle stelle offrono appunto i diversi caratteri degli spet-tri dei corpi semplici e dei composti, e nasce spontaneoil pensiero che la diversa temperatura e la conseguentediversa composizione chimica sieno le cause che produ-

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cono i diversi tipi di spettri stellari.Le stelle sono altrettanti soli, ma questa affermazione

non deve essere presa nel senso letterale della parola, nèsuona identità. Fra il Sole e le stelle, fra stelle e stelleesistono differenze non solo di colore e di splendore; leosservazioni accennano inoltre a vere differenze di com-posizione chimica.

240. Esistono stelle a temperatura elevatissima. I gasmetallici esistenti nelle loro atmosfere esercitano sullaluce delle loro fotosfere un assorbimento minimo, e lerighe oscure sono per conseguenza nei loro spettri o te-nuissime, o affatto invisibili, o rovesciate qualche voltain lucide.

Sono le stelle che dànno spettri del primo e del quintotipo.

241. Esistono stelle a temperatura più bassa di quelladelle stelle appena considerate, ma ancora assai elevata.Nelle loro atmosfere, così come in quella del Sole, pos-sono esistere vapori metallici capaci di assorbire la lucedella fotosfera, e dei quali la facoltà assorbente è resamanifesta appunto dalle numerose righe oscure dellospettro.

Sono le stelle che producono spettri del secondo tipo.242. Esistono stelle a temperatura molto bassa, e bas-

sa al punto che composti chimici possono generarsi emantenersi nelle loro atmosfere, producendo un assorbi-mento forte, e reso nello spettro loro manifesto dallescanalature oscure, passanti per sfumature da uno ad unaltro grado di oscurità.

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cono i diversi tipi di spettri stellari.Le stelle sono altrettanti soli, ma questa affermazione

non deve essere presa nel senso letterale della parola, nèsuona identità. Fra il Sole e le stelle, fra stelle e stelleesistono differenze non solo di colore e di splendore; leosservazioni accennano inoltre a vere differenze di com-posizione chimica.

240. Esistono stelle a temperatura elevatissima. I gasmetallici esistenti nelle loro atmosfere esercitano sullaluce delle loro fotosfere un assorbimento minimo, e lerighe oscure sono per conseguenza nei loro spettri o te-nuissime, o affatto invisibili, o rovesciate qualche voltain lucide.

Sono le stelle che dànno spettri del primo e del quintotipo.

241. Esistono stelle a temperatura più bassa di quelladelle stelle appena considerate, ma ancora assai elevata.Nelle loro atmosfere, così come in quella del Sole, pos-sono esistere vapori metallici capaci di assorbire la lucedella fotosfera, e dei quali la facoltà assorbente è resamanifesta appunto dalle numerose righe oscure dellospettro.

Sono le stelle che producono spettri del secondo tipo.242. Esistono stelle a temperatura molto bassa, e bas-

sa al punto che composti chimici possono generarsi emantenersi nelle loro atmosfere, producendo un assorbi-mento forte, e reso nello spettro loro manifesto dallescanalature oscure, passanti per sfumature da uno ad unaltro grado di oscurità.

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Sono le stelle che producono gli spettri del terzo e delquarto tipo.

243. Trassero alcuni, da quanto si è appena detto, laconseguenza che le stelle passano per diverse fasi disvolgimento, contrassegnate ciascuna da un diverso gra-do di temperatura, e che esse sono astri i quali vannosuccessivamente perdendo di calore, predestinati tutti aspegnersi col tempo.

È una conseguenza prematura, e che per ora non hafondamento sufficiente di verità. Il problema dell’evolu-zione fisica delle stelle è ancora troppo oscuro perchè inesso sieno oggi possibili affermazioni o negazioni asso-lute di sorta. Solo osservazioni lunghe e rigorose per-metteranno agli astronomi avvenire di scrivere intornoad esso uno dei capitoli più interessanti della scienza.

§ XII.Movimenti apparenti e proprii delle stelle.

244. Noi abbiamo veduto che la Terra, isolata nellospazio, ha due movimenti: uno di rivoluzione intorno alSole, ed uno di rotazione intorno al proprio asse. Abbia-mo veduto quali apparenze producano questi due movi-menti nell’aspetto del cielo; ci siamo persuasi che taliapparenze prendono anche esse la forma di movimenti:uno lento del Sole, che sembra girare intorno a noi daponente a levante nell’intervallo di un anno; l’altro,molto più rapido, della vôlta celeste, da levante a ponen-te, e che si compie in 24 ore.

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Sono le stelle che producono gli spettri del terzo e delquarto tipo.

243. Trassero alcuni, da quanto si è appena detto, laconseguenza che le stelle passano per diverse fasi disvolgimento, contrassegnate ciascuna da un diverso gra-do di temperatura, e che esse sono astri i quali vannosuccessivamente perdendo di calore, predestinati tutti aspegnersi col tempo.

È una conseguenza prematura, e che per ora non hafondamento sufficiente di verità. Il problema dell’evolu-zione fisica delle stelle è ancora troppo oscuro perchè inesso sieno oggi possibili affermazioni o negazioni asso-lute di sorta. Solo osservazioni lunghe e rigorose per-metteranno agli astronomi avvenire di scrivere intornoad esso uno dei capitoli più interessanti della scienza.

§ XII.Movimenti apparenti e proprii delle stelle.

244. Noi abbiamo veduto che la Terra, isolata nellospazio, ha due movimenti: uno di rivoluzione intorno alSole, ed uno di rotazione intorno al proprio asse. Abbia-mo veduto quali apparenze producano questi due movi-menti nell’aspetto del cielo; ci siamo persuasi che taliapparenze prendono anche esse la forma di movimenti:uno lento del Sole, che sembra girare intorno a noi daponente a levante nell’intervallo di un anno; l’altro,molto più rapido, della vôlta celeste, da levante a ponen-te, e che si compie in 24 ore.

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Il moto apparente diurno della sfera stellata, comesappiamo, si fa intorno a due poli; la posizione di questinon è fissa, ma varia lentamente col corso dei secoli. Lastella che ora chiamiamo Polare, alcune migliaia di annifa era molto lontana dal nostro polo, e di nuovo ne saràmolto lontana in capo ad altre migliaia d’anni. Questavariazione della direzione dell’asse intorno a cui la sferaceleste sembra rivolgersi, è ancor essa un’apparenza,prodotta da questo che la direzione dell’asse della rota-zione diurna della Terra non è costante nello spazio, mava lentissimamente cambiando coll’andar dei secoli. È ilfenomeno conosciuto sotto il nome di precessione.

Tutti i predetti movimenti però non alterano per nullale posizioni e le distanze relative delle stelle fra loro, nèla forma o la grandezza delle costellazioni, perchè essinon avrebbero luogo se noi, invece che sulla Terra mo-bile, ci trovassimo fissali in un punto dello spazio co-smico senza alcun moto nostro proprio.

245. Ma dopo di aver tenuto conto di tutte queste ap-parenze, le esatte osservazioni da un secolo in qua hanfatto riconoscere nelle stelle altri movimenti, che furonodetti movimenti proprii.

Mi spiego con un paragone: supponiamo di trovarciin mare entro un battello circondato da varie altre naviferme, e di avanzarci fra queste in una qualunque dire-zione determinata. È evidente che quelle navi le quali sitrovano a destra o a sinistra della nostra strada ci sem-breranno muoversi in verso contrario a quello secondocui noi ci moviamo. È evidente ancora che quelle navi a

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Il moto apparente diurno della sfera stellata, comesappiamo, si fa intorno a due poli; la posizione di questinon è fissa, ma varia lentamente col corso dei secoli. Lastella che ora chiamiamo Polare, alcune migliaia di annifa era molto lontana dal nostro polo, e di nuovo ne saràmolto lontana in capo ad altre migliaia d’anni. Questavariazione della direzione dell’asse intorno a cui la sferaceleste sembra rivolgersi, è ancor essa un’apparenza,prodotta da questo che la direzione dell’asse della rota-zione diurna della Terra non è costante nello spazio, mava lentissimamente cambiando coll’andar dei secoli. È ilfenomeno conosciuto sotto il nome di precessione.

Tutti i predetti movimenti però non alterano per nullale posizioni e le distanze relative delle stelle fra loro, nèla forma o la grandezza delle costellazioni, perchè essinon avrebbero luogo se noi, invece che sulla Terra mo-bile, ci trovassimo fissali in un punto dello spazio co-smico senza alcun moto nostro proprio.

245. Ma dopo di aver tenuto conto di tutte queste ap-parenze, le esatte osservazioni da un secolo in qua hanfatto riconoscere nelle stelle altri movimenti, che furonodetti movimenti proprii.

Mi spiego con un paragone: supponiamo di trovarciin mare entro un battello circondato da varie altre naviferme, e di avanzarci fra queste in una qualunque dire-zione determinata. È evidente che quelle navi le quali sitrovano a destra o a sinistra della nostra strada ci sem-breranno muoversi in verso contrario a quello secondocui noi ci moviamo. È evidente ancora che quelle navi a

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cui ci andiamo accostando, sembreranno allontanarsil’una dall’altra e allargare i loro intervalli; è evidenteinoltre che quelle navi da cui ci veniamo allontanandosembreranno avvicinarsi fra loro e formar un insiemepiù compatto. È evidente infine che questo effetto pro-spettico accadrà non solo quando le navi siano fermeciascuna al proprio posto, ma anche quando esse simuovano, purchè i loro movimenti si facciano indiffe-rentemente in tutte le direzioni ciascuna in un verso dif-ferente dalle altre. Giudicando quindi non da ciascunanave presa ad una ad una, ma dall’intero loro numero, edall’insieme delle apparenze da esse presentate, si potràarguire qual sia la direzione del moto del battello nostroe affermare che noi ci moviamo verso quella partedell’orizzonte, dove le navi paiono diventare più grossee più rare.

246. Questo è esattamente il caso delle stelle. Si trovache esse tutte, o almeno la massima parte, sono dotate dilentissimi movimenti, molto varii e nella direzione enella proporzione della velocità. Si trova che nella re-gione celeste occupata dalla costellazione di Ercole lestelle tendono ad allontanarsi le une dalle altre e le loroconfigurazioni od allargarsi; si trova che paiono invecerestringersi gli intervalli fra le stelle delle costellazioniintorno alla Lepre e alla Colomba. Si trova infine chenelle regioni del cielo intermedie fra le costellazioni diErcole da una parte, della Lepre e della Colomba dallaparte opposta, l’andamento generale dei moti delle stel-le, quali si manifestano in mezzo alla loro infinita varie-

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cui ci andiamo accostando, sembreranno allontanarsil’una dall’altra e allargare i loro intervalli; è evidenteinoltre che quelle navi da cui ci veniamo allontanandosembreranno avvicinarsi fra loro e formar un insiemepiù compatto. È evidente infine che questo effetto pro-spettico accadrà non solo quando le navi siano fermeciascuna al proprio posto, ma anche quando esse simuovano, purchè i loro movimenti si facciano indiffe-rentemente in tutte le direzioni ciascuna in un verso dif-ferente dalle altre. Giudicando quindi non da ciascunanave presa ad una ad una, ma dall’intero loro numero, edall’insieme delle apparenze da esse presentate, si potràarguire qual sia la direzione del moto del battello nostroe affermare che noi ci moviamo verso quella partedell’orizzonte, dove le navi paiono diventare più grossee più rare.

246. Questo è esattamente il caso delle stelle. Si trovache esse tutte, o almeno la massima parte, sono dotate dilentissimi movimenti, molto varii e nella direzione enella proporzione della velocità. Si trova che nella re-gione celeste occupata dalla costellazione di Ercole lestelle tendono ad allontanarsi le une dalle altre e le loroconfigurazioni od allargarsi; si trova che paiono invecerestringersi gli intervalli fra le stelle delle costellazioniintorno alla Lepre e alla Colomba. Si trova infine chenelle regioni del cielo intermedie fra le costellazioni diErcole da una parte, della Lepre e della Colomba dallaparte opposta, l’andamento generale dei moti delle stel-le, quali si manifestano in mezzo alla loro infinita varie-

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tà, è una tendenza ad allontanarsi dalla costellazione diErcole e ad avvicinarsi alle costellazioni della Lepre edella Colomba.

Osservando adunque e discutendo le più precise os-servazioni, gli astronomi hanno per mezzo dei fatti ap-pena descritti potuto accertare che la Terra, con tutto ilSistema planetario, si va allontanando dalle stelle postenella direzione della Lepre e della Colomba, e si va av-vicinando alle stelle di Ercole. La natura di questo mo-vimento, e la forma della linea descritta dal centro delSistema solare nel suo progresso, non si possono oggidefinire, e formeranno materia di studio nei secoli avve-nire.

Risulta dalle ricerche finora fatte che si può con fon-damento affermare il moto di traslazione del Sole attra-verso agli spazii cosmici, ma che l’ultima parola nonpuò ancora pronunciarsi rispetto alla direzione di esso ealla velocità sua. Si ritiene in generale che il Sole simuove verso un punto del cielo boreale situato nella co-stellazione di Ercole, si trovano per la velocità del suomoto valori numerici non troppo diversi fra loro e nonlontani da quelli delle velocità grandi e note dei corpicosmici in generale, ma sono risultati per il momentosolo più o meno probabili.

247. Non si creda che con questo siano esauriti tutti imovimenti delle stelle. Oltre al moto generale apparenteche ad esse deriva, come vedemmo, dal moto reale ditraslazione del Sistema solare nello spazio, esistono inmolte stelle movimenti speciali, individuali, reali i quali

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tà, è una tendenza ad allontanarsi dalla costellazione diErcole e ad avvicinarsi alle costellazioni della Lepre edella Colomba.

Osservando adunque e discutendo le più precise os-servazioni, gli astronomi hanno per mezzo dei fatti ap-pena descritti potuto accertare che la Terra, con tutto ilSistema planetario, si va allontanando dalle stelle postenella direzione della Lepre e della Colomba, e si va av-vicinando alle stelle di Ercole. La natura di questo mo-vimento, e la forma della linea descritta dal centro delSistema solare nel suo progresso, non si possono oggidefinire, e formeranno materia di studio nei secoli avve-nire.

Risulta dalle ricerche finora fatte che si può con fon-damento affermare il moto di traslazione del Sole attra-verso agli spazii cosmici, ma che l’ultima parola nonpuò ancora pronunciarsi rispetto alla direzione di esso ealla velocità sua. Si ritiene in generale che il Sole simuove verso un punto del cielo boreale situato nella co-stellazione di Ercole, si trovano per la velocità del suomoto valori numerici non troppo diversi fra loro e nonlontani da quelli delle velocità grandi e note dei corpicosmici in generale, ma sono risultati per il momentosolo più o meno probabili.

247. Non si creda che con questo siano esauriti tutti imovimenti delle stelle. Oltre al moto generale apparenteche ad esse deriva, come vedemmo, dal moto reale ditraslazione del Sistema solare nello spazio, esistono inmolte stelle movimenti speciali, individuali, reali i quali

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di ognuna di esse sono proprii. Trattasi di movimentiche le stelle descrivono con varia velocità nella direzio-ne della visuale secondo cui dalla Terra sono viste; trat-tasi di altri movimenti che avvengono nella direzionedella perpendicolare ad essa visuale, movimenti che noistudiamo distinti ma che si compongono poi in un movi-mento unico risultante.

Può quindi affermarsi di molte stelle che esse si muo-vono nello spazio secondo una propria direzione, conuna velocità loro propria. Il moto del Sole verso la co-stellazione di Ercole non è che un esempio particolare ditali movimenti, perchè, come sappiamo, il Sole è unastella anch’esso.

248. Circa la velocità di questi movimenti, noi sap-piamo soltanto ch’essa è grande e paragonabile affattoalla velocità con cui i pianeti percorrono le loro orbite.Ma a cagione della enorme distanza delle stelle da noi,questi movimenti ci appaiono estremamente lenti. Il piùveloce di essi è, per quanto si conosca, quello di unapiccola stella della Grande Orsa, la quale però impiegapiù di 250 anni a percorrere nel cielo un tratto uguale aldiametro apparente del Sole o della Luna. Tutti i movi-menti proprii apparenti delle altre stelle sono molto piùlenti.

Quando bene si conosceranno le direzioni e le veloci-tà dei moti singoli delle stelle, la direzione e la velocitàdel moto di traslazione del Sole, l’Astronomia sideraleverrà ad assumere una fisionomia affatto nuova, e i prin-cipii fondamentali della meccanica troveranno nel Siste-

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di ognuna di esse sono proprii. Trattasi di movimentiche le stelle descrivono con varia velocità nella direzio-ne della visuale secondo cui dalla Terra sono viste; trat-tasi di altri movimenti che avvengono nella direzionedella perpendicolare ad essa visuale, movimenti che noistudiamo distinti ma che si compongono poi in un movi-mento unico risultante.

Può quindi affermarsi di molte stelle che esse si muo-vono nello spazio secondo una propria direzione, conuna velocità loro propria. Il moto del Sole verso la co-stellazione di Ercole non è che un esempio particolare ditali movimenti, perchè, come sappiamo, il Sole è unastella anch’esso.

248. Circa la velocità di questi movimenti, noi sap-piamo soltanto ch’essa è grande e paragonabile affattoalla velocità con cui i pianeti percorrono le loro orbite.Ma a cagione della enorme distanza delle stelle da noi,questi movimenti ci appaiono estremamente lenti. Il piùveloce di essi è, per quanto si conosca, quello di unapiccola stella della Grande Orsa, la quale però impiegapiù di 250 anni a percorrere nel cielo un tratto uguale aldiametro apparente del Sole o della Luna. Tutti i movi-menti proprii apparenti delle altre stelle sono molto piùlenti.

Quando bene si conosceranno le direzioni e le veloci-tà dei moti singoli delle stelle, la direzione e la velocitàdel moto di traslazione del Sole, l’Astronomia sideraleverrà ad assumere una fisionomia affatto nuova, e i prin-cipii fondamentali della meccanica troveranno nel Siste-

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ma delle stelle applicazioni nuove e grandiose. Gli studipazienti e oggi popolarmente poco apprezzati dei movi-menti dai quali il presente paragrafo prende il titolo han-no quindi un grande avvenire.

Col tempo in conseguenza di questi moti proprii dellestelle, le costellazioni cambieranno di forma e i gruppistellari si costituiranno diversamente; tuttavia tali muta-zioni non produrranno effetti sensibili che in capo amolte migliaia di anni.

§ XIII.Stelle doppie e multiple.

249. Un’altra specie di moto proprio stellare, assaidegno di considerazione, è quello di una stella, che de-scrive un’orbita intorno ad un’altra, ossia di un Sole chefa come da pianeta ad un altro Sole (fig. 43).

Di questi sistemi doppii se ne conoscono oramai pa-recchie migliaia; però solamente in cinquecento o sei-cento di essi il moto è abbastanza rapido, perchè lo si siapotuto accertare nei non molti decenni dacchè s’inco-minciò a studiarlo.

In alcuni di questi sistemi stellari la durata della rivo-luzione è più breve di quella di Urano e di Nettuno in-torno al Sole. Così il piccolo astro che serve di satellitea Sirio descrive la sua orbita intorno a Sirio stessa nelperiodo di soli cinquant’anni; la stella η della Corona ècomposta di due stelline eguali, che girano l’una intornoall’altra (probabilmente invece tutte due intorno ad un

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ma delle stelle applicazioni nuove e grandiose. Gli studipazienti e oggi popolarmente poco apprezzati dei movi-menti dai quali il presente paragrafo prende il titolo han-no quindi un grande avvenire.

Col tempo in conseguenza di questi moti proprii dellestelle, le costellazioni cambieranno di forma e i gruppistellari si costituiranno diversamente; tuttavia tali muta-zioni non produrranno effetti sensibili che in capo amolte migliaia di anni.

§ XIII.Stelle doppie e multiple.

249. Un’altra specie di moto proprio stellare, assaidegno di considerazione, è quello di una stella, che de-scrive un’orbita intorno ad un’altra, ossia di un Sole chefa come da pianeta ad un altro Sole (fig. 43).

Di questi sistemi doppii se ne conoscono oramai pa-recchie migliaia; però solamente in cinquecento o sei-cento di essi il moto è abbastanza rapido, perchè lo si siapotuto accertare nei non molti decenni dacchè s’inco-minciò a studiarlo.

In alcuni di questi sistemi stellari la durata della rivo-luzione è più breve di quella di Urano e di Nettuno in-torno al Sole. Così il piccolo astro che serve di satellitea Sirio descrive la sua orbita intorno a Sirio stessa nelperiodo di soli cinquant’anni; la stella η della Corona ècomposta di due stelline eguali, che girano l’una intornoall’altra (probabilmente invece tutte due intorno ad un

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punto intermedio) in 43 anni; il satellite della stella ζ diErcole si rivolge intorno alla sua stella principale in 36anni; un’altra stella doppia nella costellazione dettaChioma di Berenice ha una durata di rivoluzione ugualea soli 25 anni.

250. Esistono anche, nel cielo, molte stelle triple; po-

che però di esse hanno manifestato movimenti sensibili.Il caso più interessante è quello della stella ζ del Can-

cro, composta di tre stelle quasi eguali: due di esse, vici-nissime fra loro, si aggirano l’una intorno all’altra com-piendo una rivoluzione in 60 anni; la terza, un po’ piùlontana, gira intorno alle due prime in un periodo di piùcentinaia d’anni, la cui durata precisa non è però ancorabene definita.

Le orbite descritte dai satelliti delle stelle doppie sonocertamente dell’istesso ordine di grandezza delle orbitedescritte dai pianeti intorno al Sole. Ma a cagionedell’immensa distanza quei sistemi orbitali ci appaionosotto dimensioni estremamente piccole. L’ampiezza ap-

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punto intermedio) in 43 anni; il satellite della stella ζ diErcole si rivolge intorno alla sua stella principale in 36anni; un’altra stella doppia nella costellazione dettaChioma di Berenice ha una durata di rivoluzione ugualea soli 25 anni.

250. Esistono anche, nel cielo, molte stelle triple; po-

che però di esse hanno manifestato movimenti sensibili.Il caso più interessante è quello della stella ζ del Can-

cro, composta di tre stelle quasi eguali: due di esse, vici-nissime fra loro, si aggirano l’una intorno all’altra com-piendo una rivoluzione in 60 anni; la terza, un po’ piùlontana, gira intorno alle due prime in un periodo di piùcentinaia d’anni, la cui durata precisa non è però ancorabene definita.

Le orbite descritte dai satelliti delle stelle doppie sonocertamente dell’istesso ordine di grandezza delle orbitedescritte dai pianeti intorno al Sole. Ma a cagionedell’immensa distanza quei sistemi orbitali ci appaionosotto dimensioni estremamente piccole. L’ampiezza ap-

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parente dell’orbita descritta, ad esempio, da η della Co-rona è quella che presenterebbe un nostro anello ordina-rio veduto alla distanza di due chilometri. Gli strumentiastronomici permettono di vedere un anello di sì piccoledimensioni apparenti; i procedimenti micrometrici, altriprocedimenti recentemente tratti dalla Spettroscopia edei quali non è qui possibile trattare, permettono benanco di misurarlo.

251. Le stelle doppie sono in generale colorate, anzile colorazioni più rimarchevoli ed i contrasti più curiosidi colore vengono in cielo mostrati dalle stelle multiple.

Se le componenti hanno grandezze uguali o poco di-verse, hanno in generale lo stesso colore, o bianco ogiallo; se le grandezze loro sono notevolmente diverse,la componente maggiore, poche eccezioni fatte, ha colo-re meno rifrangibile e che va dal giallo al rosso, le com-ponenti minori hanno colori più rifrangibili e che vannodall’azzurro al violetto.

§ XIV.Cumuli e nebule.

252. Le stelle sono sparse su tutto il cielo in modomolto irregolare; si incontrano in cielo ampi spazii dovenon splende alcuna stella; in spazii angusti invece si ve-dono stelle numerose aggruppate e fra loro vicinissime.

È notevolissimo il gruppo delle Pleiadi, nella costel-lazione del Toro. Presenta, a chi è dotato di vista comu-ne, sei stelle, raccolte in uno spazio poco maggiore di

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parente dell’orbita descritta, ad esempio, da η della Co-rona è quella che presenterebbe un nostro anello ordina-rio veduto alla distanza di due chilometri. Gli strumentiastronomici permettono di vedere un anello di sì piccoledimensioni apparenti; i procedimenti micrometrici, altriprocedimenti recentemente tratti dalla Spettroscopia edei quali non è qui possibile trattare, permettono benanco di misurarlo.

251. Le stelle doppie sono in generale colorate, anzile colorazioni più rimarchevoli ed i contrasti più curiosidi colore vengono in cielo mostrati dalle stelle multiple.

Se le componenti hanno grandezze uguali o poco di-verse, hanno in generale lo stesso colore, o bianco ogiallo; se le grandezze loro sono notevolmente diverse,la componente maggiore, poche eccezioni fatte, ha colo-re meno rifrangibile e che va dal giallo al rosso, le com-ponenti minori hanno colori più rifrangibili e che vannodall’azzurro al violetto.

§ XIV.Cumuli e nebule.

252. Le stelle sono sparse su tutto il cielo in modomolto irregolare; si incontrano in cielo ampi spazii dovenon splende alcuna stella; in spazii angusti invece si ve-dono stelle numerose aggruppate e fra loro vicinissime.

È notevolissimo il gruppo delle Pleiadi, nella costel-lazione del Toro. Presenta, a chi è dotato di vista comu-ne, sei stelle, raccolte in uno spazio poco maggiore di

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quello apparente occupato dal disco lunare; persone divista eccellente scorgono in esso 12 o 13 stelle; con can-nocchiali potenti se ne possono contare più di 400.

Nella costellazione del Cancro v’è il così detto Prese-pe, che ad occhio nudo, sembra una piccola nube bian-castra. Basta un piccolo cannocchiale per mostrarech’esso è un gruppo di 40 o 50 piccole stelle, la lucedelle quali si confonde nell’occhio, generando l’impres-sione d’uno nubecula luminosa a cagione della grandevicinanza in cui esse stelle si trovano fra loro.

Un’altra piccola nube luminosa dello stesso genere sitrova nella Via Lattea, fra le costellazioni di Perseo e diCassiopea; essa pure, con un mediocre telescopio, si de-compone in centinaia di piccole stelle.

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quello apparente occupato dal disco lunare; persone divista eccellente scorgono in esso 12 o 13 stelle; con can-nocchiali potenti se ne possono contare più di 400.

Nella costellazione del Cancro v’è il così detto Prese-pe, che ad occhio nudo, sembra una piccola nube bian-castra. Basta un piccolo cannocchiale per mostrarech’esso è un gruppo di 40 o 50 piccole stelle, la lucedelle quali si confonde nell’occhio, generando l’impres-sione d’uno nubecula luminosa a cagione della grandevicinanza in cui esse stelle si trovano fra loro.

Un’altra piccola nube luminosa dello stesso genere sitrova nella Via Lattea, fra le costellazioni di Perseo e diCassiopea; essa pure, con un mediocre telescopio, si de-compone in centinaia di piccole stelle.

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253. Tali aggruppamenti di stelle sogliono chiamarsicumuli; è difficile ammettere ch’essi sieno l’effetto diuna causale proiezione prospettica, è difficile non am-mettere che le stelle di ogni cumulo formino un vero especiale sistema fisico, un sistema in altre parole di solivicini fra loro. La fig. 44 qui di contro può dare un’ideadell’aspetto di queste formazioni.

Il numero dei cumuli è stragrande, perchè esaminan-do il cielo con un cannocchiale anche mediocre, compa-iono subito centinaia di piccole nubi luminose, le quali,alla lor volta, con cannocchiali maggiori, si risolvono inmoltitudini di piccolissime stelle. Tale ad esempio è un

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253. Tali aggruppamenti di stelle sogliono chiamarsicumuli; è difficile ammettere ch’essi sieno l’effetto diuna causale proiezione prospettica, è difficile non am-mettere che le stelle di ogni cumulo formino un vero especiale sistema fisico, un sistema in altre parole di solivicini fra loro. La fig. 44 qui di contro può dare un’ideadell’aspetto di queste formazioni.

Il numero dei cumuli è stragrande, perchè esaminan-do il cielo con un cannocchiale anche mediocre, compa-iono subito centinaia di piccole nubi luminose, le quali,alla lor volta, con cannocchiali maggiori, si risolvono inmoltitudini di piccolissime stelle. Tale ad esempio è un

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bellissimo cumulo, il quale si trova fra le stelle ζ ed η diErcole, e che sopra una superficie apparente minore diun decimo del disco lunare, mostra in un cannocchialedi qualche forza più migliaia di stelle estremamente mi-nute. Questo cumulo si riconosce facilmente ad occhio ocon qualunque debole cannocchiale; appare in tal casocome una piccola nube biancastra, più luminosa al cen-tro che nel suo contorno.

254. Accrescendo la potenza dei telescopi si accresceil numero di tali nubecule luminose, delle quali la riso-luzione in stelle è riservata ad altri telescopi più potenti.Ma oltre a queste nebule risolubili, ne esistono altre ir-resolubili, che nessuna potenza di telescopio ha potutoscindere in stelle, e ciò probabilmente a cagione dellaloro natura effettivamente nebulare. Queste sono le verenebule, altrimenti delle anche nebulose.

L’esempio più bello di questa specie è dato dalla ne-bulosa d’Orione (fig. 45), che si trova nella costellazio-ne di questo nome. La sua forma è affatto irregolare, ra-mificata nel modo più bizzarro, indescrivibile, senzacontare che variazioni di aspetto furono in essa constata-te per mezzo di osservazioni fatte coi grandi cannoc-chiali americani, i più potenti del mondo.

Altre nebule hanno invece aspetto simmetrico, peresempio quella vicina alla stella ν di Andromeda, dettaperciò nebulosa d’Andromeda (fig. 46). Dessa è visibilead occhio nudo, e la sua forma è regolarissima, quasiperfettamente ovale.

Esistono nebule aventi la forma o di globo, o di disco,

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bellissimo cumulo, il quale si trova fra le stelle ζ ed η diErcole, e che sopra una superficie apparente minore diun decimo del disco lunare, mostra in un cannocchialedi qualche forza più migliaia di stelle estremamente mi-nute. Questo cumulo si riconosce facilmente ad occhio ocon qualunque debole cannocchiale; appare in tal casocome una piccola nube biancastra, più luminosa al cen-tro che nel suo contorno.

254. Accrescendo la potenza dei telescopi si accresceil numero di tali nubecule luminose, delle quali la riso-luzione in stelle è riservata ad altri telescopi più potenti.Ma oltre a queste nebule risolubili, ne esistono altre ir-resolubili, che nessuna potenza di telescopio ha potutoscindere in stelle, e ciò probabilmente a cagione dellaloro natura effettivamente nebulare. Queste sono le verenebule, altrimenti delle anche nebulose.

L’esempio più bello di questa specie è dato dalla ne-bulosa d’Orione (fig. 45), che si trova nella costellazio-ne di questo nome. La sua forma è affatto irregolare, ra-mificata nel modo più bizzarro, indescrivibile, senzacontare che variazioni di aspetto furono in essa constata-te per mezzo di osservazioni fatte coi grandi cannoc-chiali americani, i più potenti del mondo.

Altre nebule hanno invece aspetto simmetrico, peresempio quella vicina alla stella ν di Andromeda, dettaperciò nebulosa d’Andromeda (fig. 46). Dessa è visibilead occhio nudo, e la sua forma è regolarissima, quasiperfettamente ovale.

Esistono nebule aventi la forma o di globo, o di disco,

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o di anello, o di spirale; esistono nebule o doppie, o tri-ple; esistono nebulose variabili.

Vi sono infine nebule rotonde, nel cui centro brillauna stella, e che sogliono chiamarsi stelle nebulose.

§ XV.Spettri e natura delle nebule.

255. Lo spettro delle nebule è formato da tre o daquattro righe lucide, le quali dimostrano anzitutto chel’idrogeno è uno dei componenti loro principali, in se-condo luogo che in ultima analisi lo spettro delle nebuleè uguale a quello dei gas luminosi. Questo fatto impor-tantissimo autorizza ad affermare che le nebule constanodi masse gasose, o di vapori luminosi rarissimi ed occu-panti spazii enormi.

256. Le nebulose sono quindi in uno stato fisico total-

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o di anello, o di spirale; esistono nebule o doppie, o tri-ple; esistono nebulose variabili.

Vi sono infine nebule rotonde, nel cui centro brillauna stella, e che sogliono chiamarsi stelle nebulose.

§ XV.Spettri e natura delle nebule.

255. Lo spettro delle nebule è formato da tre o daquattro righe lucide, le quali dimostrano anzitutto chel’idrogeno è uno dei componenti loro principali, in se-condo luogo che in ultima analisi lo spettro delle nebuleè uguale a quello dei gas luminosi. Questo fatto impor-tantissimo autorizza ad affermare che le nebule constanodi masse gasose, o di vapori luminosi rarissimi ed occu-panti spazii enormi.

256. Le nebulose sono quindi in uno stato fisico total-

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mente diverso da quello delle stelle e del Sole.Le stelle sono in istato di incandescenza, emettono

raggi d’ogni specie, e solo una parte di questi è in esseassorbita dalle loro atmosfere.

Nelle nebule la materia è invece in uno stato di meracombinazione chimica, così com’è nelle nostre fiamme,ed emette per conseguenza raggi di una o pochissimequalità.

La diversa costituzione fisica delle nebulose e dellestelle ha fatto pensare che le nebulose possano esserecomparativamente più vicine al nostro sistema planeta-rio che le stelle. Finora però a questo proposito le osser-vazioni poco dicono. Di rare nebulose si potè determi-nare con precisione non grande la distanza, e questa futrovata dell’ordine delle distanze delle stelle.

257. Molto si è scritto e pensato intorno all’originedelle nebulose, ma un’ipotesi che tutte le spieghi, appa-iano esse o tonde o irregolari o spiraliformi, per il mo-mento non si ha.

Alcuni pensarono che le nebule si debbano considera-re come stelle o gruppi di stelle in via di formazione. Inquest’ipotesi la materia rara di cui sono composte le ne-bule andrebbe concentrandosi a quel modo press’a pococon cui nelle nuvole si concentrano e generano le gocciedi pioggia. In quest’ipotesi tutto il sistema stellato, e ilSole con esso, non sarebbe stato, da principio, cheun’enorme massa di vapori sparsi per gli spazii dell’uni-verso. Tale massa, dividendosi e concentrandosi intornoad un gran numero di centri o nuclei, avrebbe dato origi-

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mente diverso da quello delle stelle e del Sole.Le stelle sono in istato di incandescenza, emettono

raggi d’ogni specie, e solo una parte di questi è in esseassorbita dalle loro atmosfere.

Nelle nebule la materia è invece in uno stato di meracombinazione chimica, così com’è nelle nostre fiamme,ed emette per conseguenza raggi di una o pochissimequalità.

La diversa costituzione fisica delle nebulose e dellestelle ha fatto pensare che le nebulose possano esserecomparativamente più vicine al nostro sistema planeta-rio che le stelle. Finora però a questo proposito le osser-vazioni poco dicono. Di rare nebulose si potè determi-nare con precisione non grande la distanza, e questa futrovata dell’ordine delle distanze delle stelle.

257. Molto si è scritto e pensato intorno all’originedelle nebulose, ma un’ipotesi che tutte le spieghi, appa-iano esse o tonde o irregolari o spiraliformi, per il mo-mento non si ha.

Alcuni pensarono che le nebule si debbano considera-re come stelle o gruppi di stelle in via di formazione. Inquest’ipotesi la materia rara di cui sono composte le ne-bule andrebbe concentrandosi a quel modo press’a pococon cui nelle nuvole si concentrano e generano le gocciedi pioggia. In quest’ipotesi tutto il sistema stellato, e ilSole con esso, non sarebbe stato, da principio, cheun’enorme massa di vapori sparsi per gli spazii dell’uni-verso. Tale massa, dividendosi e concentrandosi intornoad un gran numero di centri o nuclei, avrebbe dato origi-

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ne al Sole, ai pianeti, alle stelle, a tutto quanto esiste nelmondo materiale.

È questa un’ipotesi seducente che per qualche tempotrovò favore fra gli scienziati, ma essa è oggi abbando-nata perchè troppo inetta a dare ragione di tutti i fatti co-nosciuti, e meno che mai dell’Universo.

Fu osservato che i vapori di frammenti di meteoritiportati ad alta temperatura danno spettri luminosi identi-ci, per quel che riguarda l’idrogeno e il carbonio, aglispettri delle nebulose.

Questo fatto diede qualche favore all’ipotesi meteori-ca, secondo la quale le nebulose del cielo deriverebberotutte da associazioni di meteoriti.

I meteoriti non sono, è vero, per sè medesimi lumino-si ma tali diventerebbero in grazia di urti e collisioni re-ciproche. Uno sciame meteorico nel quale avvenisserocollisioni continue, finirebbe per irradiare luce che ema-nerebbe dall’ardere dei gas prodotti dalle collisioni. Aspiegare poi collisioni continue, basterebbe immaginaresciami in cui i meteoriti si rivolgessero in orbite chiuseattorno ad un centro di gravità.

Molti fatti attentamente studiati portano oggi a pensa-re con fondamento che lo spazio sia realmente un ple-num meteorico. Le diverse forme di nebulose indiche-rebbero moti, incontri, compenetrazioni di sciami me-teorici. Le nebulose più splendenti e le parti più splen-denti di una data nebulosa accennerebbero ad un mag-gior numero di collisioni in un dato volume o spazio.

Vi sono negli urti e nelle collisioni di meteoriti, negli

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ne al Sole, ai pianeti, alle stelle, a tutto quanto esiste nelmondo materiale.

È questa un’ipotesi seducente che per qualche tempotrovò favore fra gli scienziati, ma essa è oggi abbando-nata perchè troppo inetta a dare ragione di tutti i fatti co-nosciuti, e meno che mai dell’Universo.

Fu osservato che i vapori di frammenti di meteoritiportati ad alta temperatura danno spettri luminosi identi-ci, per quel che riguarda l’idrogeno e il carbonio, aglispettri delle nebulose.

Questo fatto diede qualche favore all’ipotesi meteori-ca, secondo la quale le nebulose del cielo deriverebberotutte da associazioni di meteoriti.

I meteoriti non sono, è vero, per sè medesimi lumino-si ma tali diventerebbero in grazia di urti e collisioni re-ciproche. Uno sciame meteorico nel quale avvenisserocollisioni continue, finirebbe per irradiare luce che ema-nerebbe dall’ardere dei gas prodotti dalle collisioni. Aspiegare poi collisioni continue, basterebbe immaginaresciami in cui i meteoriti si rivolgessero in orbite chiuseattorno ad un centro di gravità.

Molti fatti attentamente studiati portano oggi a pensa-re con fondamento che lo spazio sia realmente un ple-num meteorico. Le diverse forme di nebulose indiche-rebbero moti, incontri, compenetrazioni di sciami me-teorici. Le nebulose più splendenti e le parti più splen-denti di una data nebulosa accennerebbero ad un mag-gior numero di collisioni in un dato volume o spazio.

Vi sono negli urti e nelle collisioni di meteoriti, negli

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svolgimenti di calore, di vapori, di gas, sui quali riposaquest’ipotesi meteorica, questioni ardue di meccanica,di fisica, di chimica finora insolute, e che potrebberorendere impossibile forse inverosimile l’ipotesi stessa.Ciò toglie all’ipotesi meteorica per ora il carattere diuna teoria scientifica dimostrata, ma non fa che essaipotesi non abbia caratteri atti ad attrarre e fermarel’attenzione degli scienziati e dei pensatori.

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svolgimenti di calore, di vapori, di gas, sui quali riposaquest’ipotesi meteorica, questioni ardue di meccanica,di fisica, di chimica finora insolute, e che potrebberorendere impossibile forse inverosimile l’ipotesi stessa.Ciò toglie all’ipotesi meteorica per ora il carattere diuna teoria scientifica dimostrata, ma non fa che essaipotesi non abbia caratteri atti ad attrarre e fermarel’attenzione degli scienziati e dei pensatori.

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CAPITOLO SESTOFotografia astronomica.

§ I.Come la fotografia divenne un nuovometodo di osservazione astronomica.

258. La fotografia costituisce oggi un nuovo metododi misura, un vero e nuovo metodo di osservazioneastronomica.

Numerosi ostacoli si dovettero superare per riuscire aun tale risultato, per stringere in connubio fecondo la fo-tografia e l’astronomia, quella uno fra i moderni trovatidell’ingegno umano, la più popolare fra le invenzionidel nostro tempo, questa la più antica, la più solitaria eforse la più aristocratica fra le scienze.

259. Un primo ostacolo a superare stà nella mobilitàestrema del Sole, della Luna, dei pianeti, delle stelle, ditutti gli astri in generale.

Si vince questo ostacolo per mezzo di un meccanismoquasi di orologeria, il quale dà alla lente, che raccoglie iraggi luminosi partiti dall’astro, un movimento analogoe sincrono a quello dell’astro stesso, sicchè e lente edastro movendosi di conserva, l’immagine dell’astro fini-sce per rimanere lungamente fissa nel fuoco della lente.Sono ormai comuni e varii questi congegni meccanici,

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CAPITOLO SESTOFotografia astronomica.

§ I.Come la fotografia divenne un nuovometodo di osservazione astronomica.

258. La fotografia costituisce oggi un nuovo metododi misura, un vero e nuovo metodo di osservazioneastronomica.

Numerosi ostacoli si dovettero superare per riuscire aun tale risultato, per stringere in connubio fecondo la fo-tografia e l’astronomia, quella uno fra i moderni trovatidell’ingegno umano, la più popolare fra le invenzionidel nostro tempo, questa la più antica, la più solitaria eforse la più aristocratica fra le scienze.

259. Un primo ostacolo a superare stà nella mobilitàestrema del Sole, della Luna, dei pianeti, delle stelle, ditutti gli astri in generale.

Si vince questo ostacolo per mezzo di un meccanismoquasi di orologeria, il quale dà alla lente, che raccoglie iraggi luminosi partiti dall’astro, un movimento analogoe sincrono a quello dell’astro stesso, sicchè e lente edastro movendosi di conserva, l’immagine dell’astro fini-sce per rimanere lungamente fissa nel fuoco della lente.Sono ormai comuni e varii questi congegni meccanici,

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detti in linguaggio tecnico montature parallatiche, chedanno al cannocchiale un movimento sincrono ed analo-go a quello degli astri che si vogliono osservare.

260. Un secondo ostacolo complesso, e che pratica-mente si risolve in diversi ostacoli parziali, dipende dal-la natura stessa dell’astronomia.

Essa vuole osservazioni, ed osservare non vuol direvedere o rappresentare, ma è sinonimo di misurare. Leimmagini date dalla fotografia, in quanto mirano a tor-nar utili all’astronomo, devono avere, non come le im-magine fotografiche ordinarie, la sfumatura e la graziadi un contorno artistico, ma la precisione netta e crudadi un contorno geometrico; devono avere dimensioni ecaratteri tali che su di esse l’astronomo possa vederequello a cui l’occhio anche armato di potente telescopionon arriva per ragioni fisiologiche od altro, possa faremisure che superino o almeno uguaglino in precisionequelle per altra via ottenibili.

261. Non basta quindi all’astronomo fotografare lapiccola immagine che si forma al fuoco di una lente or-dinaria, ridurre in seguito a dimensioni maggiori questaimmagine, e sui successivi ingrandimenti suoi eseguirealla fine le misure. Coll’ampliarsi dell’immagine foto-grafica si ampliano ad un tempo i difetti propri della fo-tografia, nè le misure prese su immagini successivamen-te ampliate coi procedimenti proprii del fotografo pos-sono ispirare fiducia.

A riuscire precise le misure devono essere fatte sullaimmagine direttamente incisa dai raggi luminosi, e poi-

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detti in linguaggio tecnico montature parallatiche, chedanno al cannocchiale un movimento sincrono ed analo-go a quello degli astri che si vogliono osservare.

260. Un secondo ostacolo complesso, e che pratica-mente si risolve in diversi ostacoli parziali, dipende dal-la natura stessa dell’astronomia.

Essa vuole osservazioni, ed osservare non vuol direvedere o rappresentare, ma è sinonimo di misurare. Leimmagini date dalla fotografia, in quanto mirano a tor-nar utili all’astronomo, devono avere, non come le im-magine fotografiche ordinarie, la sfumatura e la graziadi un contorno artistico, ma la precisione netta e crudadi un contorno geometrico; devono avere dimensioni ecaratteri tali che su di esse l’astronomo possa vederequello a cui l’occhio anche armato di potente telescopionon arriva per ragioni fisiologiche od altro, possa faremisure che superino o almeno uguaglino in precisionequelle per altra via ottenibili.

261. Non basta quindi all’astronomo fotografare lapiccola immagine che si forma al fuoco di una lente or-dinaria, ridurre in seguito a dimensioni maggiori questaimmagine, e sui successivi ingrandimenti suoi eseguirealla fine le misure. Coll’ampliarsi dell’immagine foto-grafica si ampliano ad un tempo i difetti propri della fo-tografia, nè le misure prese su immagini successivamen-te ampliate coi procedimenti proprii del fotografo pos-sono ispirare fiducia.

A riuscire precise le misure devono essere fatte sullaimmagine direttamente incisa dai raggi luminosi, e poi-

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chè la precisione vuole ad un tempo, che queste misuresieno eseguite su immagini sufficientemente grandi, ne-cessità vuole che nella fotografia celeste si ricorra aduna disposizione ottica tale, che porti sulla lastra foto-grafica un’immagine dell’astro di sufficienti dimensioni.

262. Per ottenere grandi immagini non vi sono chedue mezzi: impiegare una lente di breve distanza focale,ed ampliare l’immagine necessariamente piccola for-mantesi al suo fuoco, facendo che i raggi da essa imma-gine emananti attraversino un apparato ottico specialeprima di arrivare alla lastra fotografica sensibile; impie-gare una lente di lunga distanza focale, capace di daresenz’altro un’immagine avente le dimensioni richieste, elà dove si forma quest’immagine porre la lastra sensibi-le.

Sul primo principio è fondata la costruzione dei cosìdetti foto-eliografi, divenuti celebri per le applicazioniche se ne son fatte specialmente in Inghilterra.

Sul secondo principio è fondata oggi la costruzionedella più gran parte degli strumenti destinati in astrono-mia ad osservazioni fotografiche, di quelli in ispecieusati nella fotografia delle stelle.

263. Già fu detto che l’immagine fotografica deve inastronomia avere un contorno preciso, netto, geometri-co.

Nel paragrafo sesto del capitolo quarto fu detto ancheche un raggio di luce il quale attraversa un prisma di ve-tro si decompone nei colori diversi dell’iride.

Quello che là si disse per un prisma, vale per ogni

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chè la precisione vuole ad un tempo, che queste misuresieno eseguite su immagini sufficientemente grandi, ne-cessità vuole che nella fotografia celeste si ricorra aduna disposizione ottica tale, che porti sulla lastra foto-grafica un’immagine dell’astro di sufficienti dimensioni.

262. Per ottenere grandi immagini non vi sono chedue mezzi: impiegare una lente di breve distanza focale,ed ampliare l’immagine necessariamente piccola for-mantesi al suo fuoco, facendo che i raggi da essa imma-gine emananti attraversino un apparato ottico specialeprima di arrivare alla lastra fotografica sensibile; impie-gare una lente di lunga distanza focale, capace di daresenz’altro un’immagine avente le dimensioni richieste, elà dove si forma quest’immagine porre la lastra sensibi-le.

Sul primo principio è fondata la costruzione dei cosìdetti foto-eliografi, divenuti celebri per le applicazioniche se ne son fatte specialmente in Inghilterra.

Sul secondo principio è fondata oggi la costruzionedella più gran parte degli strumenti destinati in astrono-mia ad osservazioni fotografiche, di quelli in ispecieusati nella fotografia delle stelle.

263. Già fu detto che l’immagine fotografica deve inastronomia avere un contorno preciso, netto, geometri-co.

Nel paragrafo sesto del capitolo quarto fu detto ancheche un raggio di luce il quale attraversa un prisma di ve-tro si decompone nei colori diversi dell’iride.

Quello che là si disse per un prisma, vale per ogni

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mezzo rifrangente, e per ogni lente; anche nell’attraver-sare una lente di vetro la luce si decompone nei coloridiversi onde essa risulta, e poichè ad ogni colore corri-sponde una speciale distanza focale, una lente dà di uncorpo luminoso immagini diverse, diversamente colora-te e situate in piani diversi.

Per poter usare con vantaggio delle lenti rifrangenti,fu necessario studiare il modo di riunire e di scolorare leimmagini formantisi al loro fuoco, fu necessaria la sco-perta dell’acromatismo delle lenti. Senza di essa sarebbestato impossibile ottenere, per mezzo di una lente rifran-gente, l’immagine scolorata, precisa dei contorni di unoggetto.

264. Ora l’acromatismo necessario alla precisionedell’immagine non è lo stesso per l’immagine luminosae per la fotografica.

Per ottenere un’immagine otticamente precisa, biso-gna cercare di riunire, di fondere quasi insieme tutti iraggi diversamente colorati dello spettro, ma più spe-cialmente quelli che fanno sull’occhio un’impressionepiù viva, e che partono dalla regione dello spettro colo-rata in giallo.

La precisione dell’immagine fotografica richiede in-vece che insieme sieno riuniti quei raggi che emananodalla regione dello spettro dotata di maggior potenzachimica, che agiscono sulla lastra fotografica sensibilecon maggiore efficacia, e che appartengono alla zonadello spettro colorata in violaceo.

Le lenti ordinarie costrutte per i nostri cannocchiali

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mezzo rifrangente, e per ogni lente; anche nell’attraver-sare una lente di vetro la luce si decompone nei coloridiversi onde essa risulta, e poichè ad ogni colore corri-sponde una speciale distanza focale, una lente dà di uncorpo luminoso immagini diverse, diversamente colora-te e situate in piani diversi.

Per poter usare con vantaggio delle lenti rifrangenti,fu necessario studiare il modo di riunire e di scolorare leimmagini formantisi al loro fuoco, fu necessaria la sco-perta dell’acromatismo delle lenti. Senza di essa sarebbestato impossibile ottenere, per mezzo di una lente rifran-gente, l’immagine scolorata, precisa dei contorni di unoggetto.

264. Ora l’acromatismo necessario alla precisionedell’immagine non è lo stesso per l’immagine luminosae per la fotografica.

Per ottenere un’immagine otticamente precisa, biso-gna cercare di riunire, di fondere quasi insieme tutti iraggi diversamente colorati dello spettro, ma più spe-cialmente quelli che fanno sull’occhio un’impressionepiù viva, e che partono dalla regione dello spettro colo-rata in giallo.

La precisione dell’immagine fotografica richiede in-vece che insieme sieno riuniti quei raggi che emananodalla regione dello spettro dotata di maggior potenzachimica, che agiscono sulla lastra fotografica sensibilecon maggiore efficacia, e che appartengono alla zonadello spettro colorata in violaceo.

Le lenti ordinarie costrutte per i nostri cannocchiali

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non possono quindi essere senz’altro applicate alla foto-grafia, e specialmente alla fotografia astronomica. Sivoglia usare un foto-eliografo oppure un cannocchialedi lunga distanza focale, bisogna costrurre nel primocaso l’apparecchio ottico destinato ad ampliare l’imma-gine data dalla lente obbiettiva, nel secondo caso co-strurre la lente obbiettiva stessa in modo che sia chimi-camente acromatica.

E l’uno e l’altro problema fu felicemente risolto, edoggi specialmente, per le lenti chimicamente acromati-che, si hanno metodi sicuri e diversi di costruzione.

A Iena, in Germania, dopo un lungo e ostinato lavoro,si sanno oggi fabbricare nuove paste vitree i cui indici dirifrazione vanno da 1.5019 a 1.9626 e che oggi permet-tono, nel caso limitato di diametri non superiori ai 15cent. circa, la costruzione di obbiettivi dal punto di vistadell’acromatismo perfetti, obbiettivi dagli ottici e dai fo-tografi apprezzatissimi.

265. Dal momento che all’astronomia occorre di faremisure direttamente sulle immagini fotografiche, biso-gna che queste sieno di dette misure suscettibili; bisognache le immagini fotografiche non subiscano col tempotrasformazioni dovute al contrarsi della pellicola sensi-bile: bisogna che non esista irradiazione fotografica,che cioè l’immagine fotografica di un oggetto vivamen-te luminoso non ne oltrepassi il vero contorno geometri-co; bisogna infine che la precisione possibile ad ottener-si con misure fatte su prove fotografiche sia quale è ri-chiesta dalle esigenze astronomiche.

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non possono quindi essere senz’altro applicate alla foto-grafia, e specialmente alla fotografia astronomica. Sivoglia usare un foto-eliografo oppure un cannocchialedi lunga distanza focale, bisogna costrurre nel primocaso l’apparecchio ottico destinato ad ampliare l’imma-gine data dalla lente obbiettiva, nel secondo caso co-strurre la lente obbiettiva stessa in modo che sia chimi-camente acromatica.

E l’uno e l’altro problema fu felicemente risolto, edoggi specialmente, per le lenti chimicamente acromati-che, si hanno metodi sicuri e diversi di costruzione.

A Iena, in Germania, dopo un lungo e ostinato lavoro,si sanno oggi fabbricare nuove paste vitree i cui indici dirifrazione vanno da 1.5019 a 1.9626 e che oggi permet-tono, nel caso limitato di diametri non superiori ai 15cent. circa, la costruzione di obbiettivi dal punto di vistadell’acromatismo perfetti, obbiettivi dagli ottici e dai fo-tografi apprezzatissimi.

265. Dal momento che all’astronomia occorre di faremisure direttamente sulle immagini fotografiche, biso-gna che queste sieno di dette misure suscettibili; bisognache le immagini fotografiche non subiscano col tempotrasformazioni dovute al contrarsi della pellicola sensi-bile: bisogna che non esista irradiazione fotografica,che cioè l’immagine fotografica di un oggetto vivamen-te luminoso non ne oltrepassi il vero contorno geometri-co; bisogna infine che la precisione possibile ad ottener-si con misure fatte su prove fotografiche sia quale è ri-chiesta dalle esigenze astronomiche.

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I progressi fatti dalla tecnica fotografica nella costru-zione delle lastre sensibili, le esperienze fatte sulle pro-ve fotografiche date da queste lastre non lasciano dub-bio che a tutte le esigenze di un’osservazione astronomi-ca la fotografia è ora in grado di soddisfare.

§ II.Fotografie della Luna, di Giove e di

Saturno.

266. Oramai la fotografia è il mezzo più efficace dicui la scienza possa disporre nella costruzione delle car-te della Luna, e nello studio dei dettagli della superficielunare.

L’esperienza ha dimostrato che parti della Lunaugualmente brillanti e luminose, uguali in altre paroledel punto di vista ottico, tali non sono dal punto di vistachimico; che nelle immagini lunari fotografiche la lucee l’ombra non corrispondono in ogni caso alla luce eall’ombra delle immagini ottiche; che la fotografia ren-de di frequente visibili dettagli i quali sfuggonoall’occhio.

Vi sono difficoltà speciali ad ottenere una bella foto-grafia della Luna; la parte ad esempio di superficie luna-re più vicina, nelle fasi, al suo lembo oscuro si ottienesolo con grande difficoltà; talora a ricavare distintamen-te l’immagine delle regioni illuminate da un raggio sola-re molto obliquo si richiede un’esposizione da cinque asei volte più grande di quella che basta per altri tratti ap-

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I progressi fatti dalla tecnica fotografica nella costru-zione delle lastre sensibili, le esperienze fatte sulle pro-ve fotografiche date da queste lastre non lasciano dub-bio che a tutte le esigenze di un’osservazione astronomi-ca la fotografia è ora in grado di soddisfare.

§ II.Fotografie della Luna, di Giove e di

Saturno.

266. Oramai la fotografia è il mezzo più efficace dicui la scienza possa disporre nella costruzione delle car-te della Luna, e nello studio dei dettagli della superficielunare.

L’esperienza ha dimostrato che parti della Lunaugualmente brillanti e luminose, uguali in altre paroledel punto di vista ottico, tali non sono dal punto di vistachimico; che nelle immagini lunari fotografiche la lucee l’ombra non corrispondono in ogni caso alla luce eall’ombra delle immagini ottiche; che la fotografia ren-de di frequente visibili dettagli i quali sfuggonoall’occhio.

Vi sono difficoltà speciali ad ottenere una bella foto-grafia della Luna; la parte ad esempio di superficie luna-re più vicina, nelle fasi, al suo lembo oscuro si ottienesolo con grande difficoltà; talora a ricavare distintamen-te l’immagine delle regioni illuminate da un raggio sola-re molto obliquo si richiede un’esposizione da cinque asei volte più grande di quella che basta per altri tratti ap-

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parentemente non più luminosi ma più favorevolmenteilluminati; gli altipiani dell’emisfero australe della Lunasi possono fotografare molto più facilmente che i bassifondi, comunemente detti mari, i quali abbondanonell’emisfero lunare opposto.

Malgrado queste ed altre difficoltà di ordine diverso,il lavoro ostinato degli ultimi quarant’anni riuscì ad ot-tenere in Europa e in America fotografie lunari che or-mai possono dirsi perfette46.

267. La fotografia poco o nulla contribuì ad accresce-re le cognizioni nostre sulla costituzione fisica dei pia-neti. Quello che a questo riguardo sappiamo lo si devealla Spettroscopia e all’osservazione diretta fatta conpotenti cannocchiali: per la fotografia sono troppo pic-coli i diametri apparenti dei pianeti; sono troppo piccoligli ingrandimenti dei quali i fotografi possono con van-taggio usare; sono troppo minuti per una prova fotogra-fica i dettagli che importa studiare sulle superfici diMarte, di Giove, di Saturno, dei pianeti in generale.

Due sono i casi nei quali la fotografia ha sull’occhioumano un vantaggio innegabile: il caso in cui si tratta dirappresentare un oggetto debolmente luminoso, una pal-lida nebulosa del cielo ad esempio: il caso in cui si tratta

46 Sono apprezzatissime fra gli astronomi le fotografie lunarifatte in America all’osservatorio Lick sul Monte Hamilton colgrande cannocchiale di 36 pollici di apertura; le altre fatteall’osservatorio di Parigi e che formano l’ornamento precipuodell’opera “Atlas photographique de la Lune publié par l’obser-vatoire de Paris exécuté par MM. M. Loewy et P. Puiseux„ Paris,Imprimerie nationale, opera arrivata oggi al suo settimo fascicolo.

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parentemente non più luminosi ma più favorevolmenteilluminati; gli altipiani dell’emisfero australe della Lunasi possono fotografare molto più facilmente che i bassifondi, comunemente detti mari, i quali abbondanonell’emisfero lunare opposto.

Malgrado queste ed altre difficoltà di ordine diverso,il lavoro ostinato degli ultimi quarant’anni riuscì ad ot-tenere in Europa e in America fotografie lunari che or-mai possono dirsi perfette46.

267. La fotografia poco o nulla contribuì ad accresce-re le cognizioni nostre sulla costituzione fisica dei pia-neti. Quello che a questo riguardo sappiamo lo si devealla Spettroscopia e all’osservazione diretta fatta conpotenti cannocchiali: per la fotografia sono troppo pic-coli i diametri apparenti dei pianeti; sono troppo piccoligli ingrandimenti dei quali i fotografi possono con van-taggio usare; sono troppo minuti per una prova fotogra-fica i dettagli che importa studiare sulle superfici diMarte, di Giove, di Saturno, dei pianeti in generale.

Due sono i casi nei quali la fotografia ha sull’occhioumano un vantaggio innegabile: il caso in cui si tratta dirappresentare un oggetto debolmente luminoso, una pal-lida nebulosa del cielo ad esempio: il caso in cui si tratta

46 Sono apprezzatissime fra gli astronomi le fotografie lunarifatte in America all’osservatorio Lick sul Monte Hamilton colgrande cannocchiale di 36 pollici di apertura; le altre fatteall’osservatorio di Parigi e che formano l’ornamento precipuodell’opera “Atlas photographique de la Lune publié par l’obser-vatoire de Paris exécuté par MM. M. Loewy et P. Puiseux„ Paris,Imprimerie nationale, opera arrivata oggi al suo settimo fascicolo.

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di rappresentare un oggetto intensamente luminosocome il Sole, o un oggetto lucido che rapidamente simuova. Nell’un caso il fotografo riesce nell’intento suoprolungando quanto è necessario la posa; nell’altro rie-sce aumentando la sensibilità della lastra, e riducendoad un istante, a una frazione di minuto secondo, la dura-ta dell’esposizione.

Nei casi intermedii fra i due estremi considerati, nelcaso di Marte ad esempio, non di rado l’occhio el’osservazione diretta vincono ancora oggi i metodi fo-tografici.

Fotografie di pianeti, di Giove e di Saturno in ispecie,furono in luoghi diversi eseguite, ed esse valsero a di-mostrare che nella luce dei corpi celesti lo splendore el’azione chimica, altrimenti detta potere attinico, non sicorrispondono esattamente.

Lo splendore di Giove, ad esempio, in alcune circo-stanze fu stimato un terzo dello splendore generale dellaLuna, ed il potere attinico della sua luce fu contempora-neamente trovato uguale a quattro o cinque sesti di quel-lo della luce lunare; Saturno in generale impiega 12 vol-te il tempo che Giove a produrre una fotografia di ugualperfezione, e, ciò malgrado, qualche volta in brevissimotempo si riuscì ad ottenere contemporaneamente la foto-grafia di Saturno e della Luna, proprio nell’istante in cuiil pianeta emergeva di dietro al disco lunare.

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di rappresentare un oggetto intensamente luminosocome il Sole, o un oggetto lucido che rapidamente simuova. Nell’un caso il fotografo riesce nell’intento suoprolungando quanto è necessario la posa; nell’altro rie-sce aumentando la sensibilità della lastra, e riducendoad un istante, a una frazione di minuto secondo, la dura-ta dell’esposizione.

Nei casi intermedii fra i due estremi considerati, nelcaso di Marte ad esempio, non di rado l’occhio el’osservazione diretta vincono ancora oggi i metodi fo-tografici.

Fotografie di pianeti, di Giove e di Saturno in ispecie,furono in luoghi diversi eseguite, ed esse valsero a di-mostrare che nella luce dei corpi celesti lo splendore el’azione chimica, altrimenti detta potere attinico, non sicorrispondono esattamente.

Lo splendore di Giove, ad esempio, in alcune circo-stanze fu stimato un terzo dello splendore generale dellaLuna, ed il potere attinico della sua luce fu contempora-neamente trovato uguale a quattro o cinque sesti di quel-lo della luce lunare; Saturno in generale impiega 12 vol-te il tempo che Giove a produrre una fotografia di ugualperfezione, e, ciò malgrado, qualche volta in brevissimotempo si riuscì ad ottenere contemporaneamente la foto-grafia di Saturno e della Luna, proprio nell’istante in cuiil pianeta emergeva di dietro al disco lunare.

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§ III.Fotografie del Sole. Granuli, grani di riso,

filamenti lucidi della fotosfera.

268. Fotografare il Sole equivale a fotografare la su-perficie luminosa che lo contermina, quella che noi di-rettamente vediamo e che nel paragrafo terzo del capito-lo quarto abbiamo detto chiamarsi fotosfera.

269. Risalgono al 1858 i primi tentativi di fotografareil Sole; in tutte le eclissi di Sole avvenute dal 1868 inpoi sempre fu applicata la fotografia alla loro osserva-zione; dal giorno in cui si cominciarono a costrurre foto-eliografi, l’esecuzione di fotografie solari divenne pernon pochi osservatorii astronomici una delle occupazio-ni normali; ai foto-eliografi fu con successo sostituitapiù tardi una lente di lunga distanza focale, e, ad evitar-ne il difficile maneggio, si combinò: di mantenere anzi-tutto la lente, la montatura sua, tutti gli accessorii chedella montatura fan parte, in una posizione fissa ed im-mutabile; di collocare in secondo luogo di fronte allalente uno specchio piano che, mosso da un opportunocongegno, rifletta continuamente l’immagine del Solenella direzione voluta dalla posizione fissa della lentestessa.

270. Con quest’ultima disposizione si ottengono daqualche anno della fotosfera solare fotografie bellissi-me.

Sono prove che rappresentano il Sole come un discolargo 30 centimetri; che richiedono una durata di esposi-

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§ III.Fotografie del Sole. Granuli, grani di riso,

filamenti lucidi della fotosfera.

268. Fotografare il Sole equivale a fotografare la su-perficie luminosa che lo contermina, quella che noi di-rettamente vediamo e che nel paragrafo terzo del capito-lo quarto abbiamo detto chiamarsi fotosfera.

269. Risalgono al 1858 i primi tentativi di fotografareil Sole; in tutte le eclissi di Sole avvenute dal 1868 inpoi sempre fu applicata la fotografia alla loro osserva-zione; dal giorno in cui si cominciarono a costrurre foto-eliografi, l’esecuzione di fotografie solari divenne pernon pochi osservatorii astronomici una delle occupazio-ni normali; ai foto-eliografi fu con successo sostituitapiù tardi una lente di lunga distanza focale, e, ad evitar-ne il difficile maneggio, si combinò: di mantenere anzi-tutto la lente, la montatura sua, tutti gli accessorii chedella montatura fan parte, in una posizione fissa ed im-mutabile; di collocare in secondo luogo di fronte allalente uno specchio piano che, mosso da un opportunocongegno, rifletta continuamente l’immagine del Solenella direzione voluta dalla posizione fissa della lentestessa.

270. Con quest’ultima disposizione si ottengono daqualche anno della fotosfera solare fotografie bellissi-me.

Sono prove che rappresentano il Sole come un discolargo 30 centimetri; che richiedono una durata di esposi-

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zione brevissima, di appena un duemillesimo di minutosecondo; che abbisognano di processi delicati e specialisia nella preparazione delle lastre sensibili che nello svi-luppo delle immagini.

Sono prove che rappresentano della fotosfera solarenon solo i maggiori dettagli, come le facole e le macchiedelle quali si è nel capitolo quarto parlato, ma che dànnoancora un concetto preciso de’ suoi dettagli minori edella struttura sua che già definimmo minuta, irregolare,soggetta a mutazioni incessanti.

271. La fotosfera solare, quale appare nelle recentisue prove fotografiche, è sparsa di punti lucentissimi,detti granuli, separati fra loro da interstizii meno lucidi,per ragione di contrasto oscuri, quasi neri in apparenza.Più che una fotosfera, essa dovrebbe dirsi una rete foto-sferica, poichè il suo fondo generale oscuro, dissemina-to di granuli lucidi, discontinui, presenta appuntol’aspetto di una rete a maglie molto minute.

272. I granuli per il loro grande splendore risaltanocome punti di fuoco sulla fotosfera; se ne incontrano suquesta per ogni dove; hanno un’esistenza propria ed in-dipendente, ma hanno insieme una tendenza marcatissi-ma a riunirsi, come se dominati da attrazioni reciproche.Talora si radunano in gruppi di due, tre.... dieci e forma-no grani pel loro aspetto detti di riso. Talora si dispon-gono in lunghe serie e solcono la fotosfera con fili lumi-nosi, filamenti lucidi.

Caratteri precipui dei granuli sono lo splendore e lamobilità, e queste qualità caratteristiche essi comunica-

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zione brevissima, di appena un duemillesimo di minutosecondo; che abbisognano di processi delicati e specialisia nella preparazione delle lastre sensibili che nello svi-luppo delle immagini.

Sono prove che rappresentano della fotosfera solarenon solo i maggiori dettagli, come le facole e le macchiedelle quali si è nel capitolo quarto parlato, ma che dànnoancora un concetto preciso de’ suoi dettagli minori edella struttura sua che già definimmo minuta, irregolare,soggetta a mutazioni incessanti.

271. La fotosfera solare, quale appare nelle recentisue prove fotografiche, è sparsa di punti lucentissimi,detti granuli, separati fra loro da interstizii meno lucidi,per ragione di contrasto oscuri, quasi neri in apparenza.Più che una fotosfera, essa dovrebbe dirsi una rete foto-sferica, poichè il suo fondo generale oscuro, dissemina-to di granuli lucidi, discontinui, presenta appuntol’aspetto di una rete a maglie molto minute.

272. I granuli per il loro grande splendore risaltanocome punti di fuoco sulla fotosfera; se ne incontrano suquesta per ogni dove; hanno un’esistenza propria ed in-dipendente, ma hanno insieme una tendenza marcatissi-ma a riunirsi, come se dominati da attrazioni reciproche.Talora si radunano in gruppi di due, tre.... dieci e forma-no grani pel loro aspetto detti di riso. Talora si dispon-gono in lunghe serie e solcono la fotosfera con fili lumi-nosi, filamenti lucidi.

Caratteri precipui dei granuli sono lo splendore e lamobilità, e queste qualità caratteristiche essi comunica-

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no alla fotosfera, la quale è sempre tutta agitata da motigrandiosi.

273. I granuli, i grani di riso, i filamenti lucidi, lastruttura reti-forme sono i dettagli minori della fotosferasolare, gli ultimi dettagli che ancor sia possibile osser-vare; ma sul Sole quanto, dietro le apparenze, noi dicia-mo piccolo e piccolissimo, vuol essere preso in un sensospeciale e relativo.

Dietro quanto più sopra, nel capitolo quarto paragrafosecondo, abbiamo detto circa la distanza e le dimensionidel Sole, facile è dedurre che i grani di riso, dei quali lagrandezza apparente, ossia l’angolo sotto cui si vedono,oscilla fra uno e due secondi d’arco, in realtà hanno di-mensioni che vanno da 720 a 1440 km.; che i granuli,gli ultimi elementi visibili della fotosfera, grandi appa-rentemente una frazione di secondo d’arco, misurano inrealtà centinaia di km.

§ IV.Fotografie della cromosfera e delle

protuberanze del Sole. Spettro-eliografo.

274. Attorno alla fotosfera, come già si disse nel pa-ragrafo quinto del capitolo quarto, si svolge la cromo-sfera, colla quale sono in relazione intima le protube-ranze, fiamme giganti che dalla cromosfera appuntos’innalzano a grandi altezze.

275. La cromosfera, che come un guscio avvolge lafotosfera, è uno strato la cui altezza apparente varia fra

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no alla fotosfera, la quale è sempre tutta agitata da motigrandiosi.

273. I granuli, i grani di riso, i filamenti lucidi, lastruttura reti-forme sono i dettagli minori della fotosferasolare, gli ultimi dettagli che ancor sia possibile osser-vare; ma sul Sole quanto, dietro le apparenze, noi dicia-mo piccolo e piccolissimo, vuol essere preso in un sensospeciale e relativo.

Dietro quanto più sopra, nel capitolo quarto paragrafosecondo, abbiamo detto circa la distanza e le dimensionidel Sole, facile è dedurre che i grani di riso, dei quali lagrandezza apparente, ossia l’angolo sotto cui si vedono,oscilla fra uno e due secondi d’arco, in realtà hanno di-mensioni che vanno da 720 a 1440 km.; che i granuli,gli ultimi elementi visibili della fotosfera, grandi appa-rentemente una frazione di secondo d’arco, misurano inrealtà centinaia di km.

§ IV.Fotografie della cromosfera e delle

protuberanze del Sole. Spettro-eliografo.

274. Attorno alla fotosfera, come già si disse nel pa-ragrafo quinto del capitolo quarto, si svolge la cromo-sfera, colla quale sono in relazione intima le protube-ranze, fiamme giganti che dalla cromosfera appuntos’innalzano a grandi altezze.

275. La cromosfera, che come un guscio avvolge lafotosfera, è uno strato la cui altezza apparente varia fra

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soli 8 e 12 minuti secondi d’arco, che in realtà oscillafra 5766 e 8648 km.

Le protuberanze, che hanno indefinita varietà di for-me e che, anche apparentemente, si spingono ad altezzenotevoli sulla cromosfera, raggiungono non di radol’altezza reale di 43242 km., eccezionalmente altezzequattro, cinque e perfin sette volte maggiori.

276. E cromosfera e protuberanze risultano in granparte di idrogeno ed hanno luce rossa, di un solo colore,monocromatica.

Per qualche tempo le si son viste soltanto durante leeclissi totali di Sole, la loro luce non essendo abbastanzaintensa per vincere la luce diurna diffusa nella nostra at-mosfera.

Nel 1868 si pensò che smorzando in qualche modo laluce diurna sarebbesi resa sensibile e visibile la luce del-la cromosfera e delle protuberanze, e si trovò che a rag-giungere tale scopo bastava l’uso dello spettroscopio.Da quel giorno si poterono ogni giorno vedere ed osser-vare nelle specole sì la cromosfera che le protuberanzedel Sole.

277. Da qualche anno fu inventato in America lo stru-mento detto spettro-eliografo. Scopo suo è di ottenerefotografie del Sole utilizzandone non tutta la luce com-plessa, ma utilizzando, secondo i casi, solo la luce diquesto o quel colore, luce in una parola monocromatica.Con esso furono nel 1893 ottenute fotografie del Soleche riproducono non solo le macchie, le facole e i detta-gli tutti della fotosfera, ma riproducono ancora la cro-

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soli 8 e 12 minuti secondi d’arco, che in realtà oscillafra 5766 e 8648 km.

Le protuberanze, che hanno indefinita varietà di for-me e che, anche apparentemente, si spingono ad altezzenotevoli sulla cromosfera, raggiungono non di radol’altezza reale di 43242 km., eccezionalmente altezzequattro, cinque e perfin sette volte maggiori.

276. E cromosfera e protuberanze risultano in granparte di idrogeno ed hanno luce rossa, di un solo colore,monocromatica.

Per qualche tempo le si son viste soltanto durante leeclissi totali di Sole, la loro luce non essendo abbastanzaintensa per vincere la luce diurna diffusa nella nostra at-mosfera.

Nel 1868 si pensò che smorzando in qualche modo laluce diurna sarebbesi resa sensibile e visibile la luce del-la cromosfera e delle protuberanze, e si trovò che a rag-giungere tale scopo bastava l’uso dello spettroscopio.Da quel giorno si poterono ogni giorno vedere ed osser-vare nelle specole sì la cromosfera che le protuberanzedel Sole.

277. Da qualche anno fu inventato in America lo stru-mento detto spettro-eliografo. Scopo suo è di ottenerefotografie del Sole utilizzandone non tutta la luce com-plessa, ma utilizzando, secondo i casi, solo la luce diquesto o quel colore, luce in una parola monocromatica.Con esso furono nel 1893 ottenute fotografie del Soleche riproducono non solo le macchie, le facole e i detta-gli tutti della fotosfera, ma riproducono ancora la cro-

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mosfera e le protuberanze.Sono fotografie sotto ogni aspetto preziose, ottenute

in America, in Francia ricorrendo a radiazioni della cro-mosfera e delle protuberanze aventi sulla pellicola sen-sibile un’azione più intensa ed efficace delle ordinarieradiazioni. Si utilizza a tale scopo la luce che corrispon-de alle righe H e K dello spettro della cromosfera e delleprotuberanze, righe poste verso l’estremo violaceo dellospettro, poco brillanti all’occhio ma intensamente attini-che e attribuite al calcio.

Segnano queste fotografie un grande successo dellaFisica solare. Le osservazioni dirette fatte allo spettro-scopio sono necessariamente limitate allo stretto anellocromosferico esistente attorno al bordo del disco solare.La più gran parte della cromosfera, quella che, vista dal-la Terra, si proietta sul disco stesso del Sole, ad essesfugge per intero.

Altrettanto non avviene al metodo fotografico di in-dagine ideato come si disse in Francia e in America. Laluce stessa delle righe H e K che così bene si presta a fo-tografare la cromosfera e le protuberanze esistenti attor-no al bordo del disco solare, permette di riconosceregiornalmente e con sicurezza la cromosfera che si pro-ietta sull’intero disco solare, di riconoscere e di osserva-re cioè l’intero guscio cromosferico del Sole.

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mosfera e le protuberanze.Sono fotografie sotto ogni aspetto preziose, ottenute

in America, in Francia ricorrendo a radiazioni della cro-mosfera e delle protuberanze aventi sulla pellicola sen-sibile un’azione più intensa ed efficace delle ordinarieradiazioni. Si utilizza a tale scopo la luce che corrispon-de alle righe H e K dello spettro della cromosfera e delleprotuberanze, righe poste verso l’estremo violaceo dellospettro, poco brillanti all’occhio ma intensamente attini-che e attribuite al calcio.

Segnano queste fotografie un grande successo dellaFisica solare. Le osservazioni dirette fatte allo spettro-scopio sono necessariamente limitate allo stretto anellocromosferico esistente attorno al bordo del disco solare.La più gran parte della cromosfera, quella che, vista dal-la Terra, si proietta sul disco stesso del Sole, ad essesfugge per intero.

Altrettanto non avviene al metodo fotografico di in-dagine ideato come si disse in Francia e in America. Laluce stessa delle righe H e K che così bene si presta a fo-tografare la cromosfera e le protuberanze esistenti attor-no al bordo del disco solare, permette di riconosceregiornalmente e con sicurezza la cromosfera che si pro-ietta sull’intero disco solare, di riconoscere e di osserva-re cioè l’intero guscio cromosferico del Sole.

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§ V.Tentativi fatti per ottenere fotografie della

«corona» anche a Sole non eclissato.Costituzione della «corona». Coronio.

278. Se si osserva il Sole durante una sua eclissi,quando esso per noi è velato dal corpo opaco dellaLuna, un fatto caratteristico richiama, fra altri, l’atten-zione.

Non appena scompare l’ultimo filo di luce solare, tut-to attorno al disco intensamente oscuro della Luna appa-re una strana aureola luminosa, di debole splendore,bianca, argentea, qualche volta perfettamente simmetri-ca rispetto al contorno lunare, qualche volta molto dissi-metrica. È quell’aureola che più sopra nel capitolo quar-to abbiamo chiamate corona, e che a Sole non eclissatoè invisibile solo perchè ha luce troppo debole per vince-re la luce assai più intensa, diffusa dell’atmosfera dellaTerra.

279. La corona è un fenomeno d’origine interamentee unicamente solare; al disopra della fotosfera e dellacromosfera essa forma un ultimo guscio attorno al Sole:sovrincombe alla cromosfera, e da questa distinta e se-parata si innalza trenta volte circa più che non essa.

La costituzione della corona solare è complessa; ri-sulta in parte di gas lucenti, in ispecie di idrogeno e diun altro gas ignoto sulla Terra, coronio; risulta in parteancora di materiali minutissimi, i quali splendono di

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§ V.Tentativi fatti per ottenere fotografie della

«corona» anche a Sole non eclissato.Costituzione della «corona». Coronio.

278. Se si osserva il Sole durante una sua eclissi,quando esso per noi è velato dal corpo opaco dellaLuna, un fatto caratteristico richiama, fra altri, l’atten-zione.

Non appena scompare l’ultimo filo di luce solare, tut-to attorno al disco intensamente oscuro della Luna appa-re una strana aureola luminosa, di debole splendore,bianca, argentea, qualche volta perfettamente simmetri-ca rispetto al contorno lunare, qualche volta molto dissi-metrica. È quell’aureola che più sopra nel capitolo quar-to abbiamo chiamate corona, e che a Sole non eclissatoè invisibile solo perchè ha luce troppo debole per vince-re la luce assai più intensa, diffusa dell’atmosfera dellaTerra.

279. La corona è un fenomeno d’origine interamentee unicamente solare; al disopra della fotosfera e dellacromosfera essa forma un ultimo guscio attorno al Sole:sovrincombe alla cromosfera, e da questa distinta e se-parata si innalza trenta volte circa più che non essa.

La costituzione della corona solare è complessa; ri-sulta in parte di gas lucenti, in ispecie di idrogeno e diun altro gas ignoto sulla Terra, coronio; risulta in parteancora di materiali minutissimi, i quali splendono di

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luce continua così propria come riflessa, e i quali riflet-tono la luce della fotosfera del Sole non altrimenti chel’atmosfera della Terra.

280. Ei pare che la corona muti, col mutar delle mac-chie solari, e spettro ed aspetto, che la sua struttura siadiversa nei diversi suoi strati, che diversamente lumino-se sieno le diverse sue parti.

Questi ed altri particolari tuttora oscuri noi potremmocerto più presto conoscere, se riuscissimo a fotografarela corona di pieno giorno e a Sole non eclissato.

281. È quest’ultimo un problema difficilissimo, emolti opinano ancora che di giorno e nelle condizioniordinarie la luce riflessa dell’atmosfera terrestre siatroppo intensa perchè diventi possibile ottenere dellacorona sopra una lastra fotografica sensibile una imma-gine, una traccia anche leggera ma sicura.

Tentativi diversi di risolvere il difficile problema fu-rono fatti con poco successo; tentativi che dànno qual-che speranza di riuscita furono ultimamente ripetuti dalsig. Deslandres di Parigi.

L’idea su cui i medesimi si fondano è la seguente: fo-tografare i dintorni del Sole utilizzando successivamenteluci di colore diverso, nella speranza di riuscire così ascoprire una regione dello spettro nella quale la lucedella corona superi per intensità la luce diffusa dal cielo.In alcune delle lastre fotografiche così ottenute, in quel-le specialmente per le quali fu utilizzata luce ultra-viola-cea, forme analoghe a quella della corona appaiono at-torno all’immagine del disco solare, ma che esse siano

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luce continua così propria come riflessa, e i quali riflet-tono la luce della fotosfera del Sole non altrimenti chel’atmosfera della Terra.

280. Ei pare che la corona muti, col mutar delle mac-chie solari, e spettro ed aspetto, che la sua struttura siadiversa nei diversi suoi strati, che diversamente lumino-se sieno le diverse sue parti.

Questi ed altri particolari tuttora oscuri noi potremmocerto più presto conoscere, se riuscissimo a fotografarela corona di pieno giorno e a Sole non eclissato.

281. È quest’ultimo un problema difficilissimo, emolti opinano ancora che di giorno e nelle condizioniordinarie la luce riflessa dell’atmosfera terrestre siatroppo intensa perchè diventi possibile ottenere dellacorona sopra una lastra fotografica sensibile una imma-gine, una traccia anche leggera ma sicura.

Tentativi diversi di risolvere il difficile problema fu-rono fatti con poco successo; tentativi che dànno qual-che speranza di riuscita furono ultimamente ripetuti dalsig. Deslandres di Parigi.

L’idea su cui i medesimi si fondano è la seguente: fo-tografare i dintorni del Sole utilizzando successivamenteluci di colore diverso, nella speranza di riuscire così ascoprire una regione dello spettro nella quale la lucedella corona superi per intensità la luce diffusa dal cielo.In alcune delle lastre fotografiche così ottenute, in quel-le specialmente per le quali fu utilizzata luce ultra-viola-cea, forme analoghe a quella della corona appaiono at-torno all’immagine del disco solare, ma che esse siano

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una rappresentazione reale della corona e non provengo-no piuttosto da difetto di strumento o di fotografia, nonè ancora ben certo.

Durante la eclisse totale di Sole del 28 maggio 1900fu in modo speciale studiala l’irradiazione termica dellacorona.

La luce azzurra diffusa del cielo, la quale ci nascondele stelle e la corona del Sole, è ricca di raggi molto ri-frangibili (azzurri), ed è probabilmente povera di raggi(rossi) di piccola rifrangibilità.

È verosimile che un occhio, il quale fosse sensibilesoltanto ai raggi infrarossi estremi, vedrebbe le stelle inpieno giorno, e tutto porta a pensare che per riuscire ariconoscere la corona solare, anche a Sole non totalmen-te eclissato, basterebbe poterne fotografare l’immagineutilizzandone i soli raggi termici.

Importava quindi verificare se la Corona emette que-sti raggi termici in quantità notevole, ed è quanto appun-to si fece in Ispagna durante la eclisse del 1900. I risul-tati corrisposero all’aspettazione. Il calore irradiato dallacorona è sensibile e suscettibile di misura. Non è quindiinfondata la possibilità di ottenere per mezzo dei soliraggi termici una fotografia della corona anche a Solenon eclissato; la corona è sì lucida e calda che noi nondobbiamo disperare di poterla osservare ogni giorno,così come già facciamo per la cromosfera e per le protu-beranze.

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una rappresentazione reale della corona e non provengo-no piuttosto da difetto di strumento o di fotografia, nonè ancora ben certo.

Durante la eclisse totale di Sole del 28 maggio 1900fu in modo speciale studiala l’irradiazione termica dellacorona.

La luce azzurra diffusa del cielo, la quale ci nascondele stelle e la corona del Sole, è ricca di raggi molto ri-frangibili (azzurri), ed è probabilmente povera di raggi(rossi) di piccola rifrangibilità.

È verosimile che un occhio, il quale fosse sensibilesoltanto ai raggi infrarossi estremi, vedrebbe le stelle inpieno giorno, e tutto porta a pensare che per riuscire ariconoscere la corona solare, anche a Sole non totalmen-te eclissato, basterebbe poterne fotografare l’immagineutilizzandone i soli raggi termici.

Importava quindi verificare se la Corona emette que-sti raggi termici in quantità notevole, ed è quanto appun-to si fece in Ispagna durante la eclisse del 1900. I risul-tati corrisposero all’aspettazione. Il calore irradiato dallacorona è sensibile e suscettibile di misura. Non è quindiinfondata la possibilità di ottenere per mezzo dei soliraggi termici una fotografia della corona anche a Solenon eclissato; la corona è sì lucida e calda che noi nondobbiamo disperare di poterla osservare ogni giorno,così come già facciamo per la cromosfera e per le protu-beranze.

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§ VI.Fotografia delle stelle. Risultati suoi di

indole generale e di importanza cosmica.

282. L’arte di fotografare le stelle fisse ha fatto in bre-ve tempo progressi rapidissimi.

283. Nel 1851 alla lastra d’argento di Daguerre, pocosensibile all’azione della luce, fu sostituita con grandesuccesso una lastra di vetro su cui una pellicola di collo-dio serve da substrato al cloruro d’argento.

Nel 1857 l’astronomo americano Bond riuscì giovan-dosi dell’appena descritto importante trovato fotograficoe di una ordinaria lente obbiettiva di cannocchiale, a fo-tografare le due stelle Mizar ed Alcor dell’Orsa maggio-re.

Si trattava di due stelle visibili ad occhio nudo; ave-vano richiesto una posa lunga ed uguale a 18 minuti; siera costretti ad ammettere che per fotografare le stelleminori molte e varie difficoltà rimanevano a superare. Siera però dimostrato che le stelle fisse si possono foto-graficamente riprodurre sopra una lastra preparata colcollodio; si era dimostrato ancora che, usando di un mi-croscopio munito di micrometro, si possono, sulle im-magini fotografiche delle stelle, far misure micrometri-che assai precise.

Il primo passo era fatto.284. Nel 1865 il problema della fotografia stellare

aveva già fatto il suo secondo e più importante passo.Il fisico americano Rutherfurd era riuscito a costrurre

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§ VI.Fotografia delle stelle. Risultati suoi di

indole generale e di importanza cosmica.

282. L’arte di fotografare le stelle fisse ha fatto in bre-ve tempo progressi rapidissimi.

283. Nel 1851 alla lastra d’argento di Daguerre, pocosensibile all’azione della luce, fu sostituita con grandesuccesso una lastra di vetro su cui una pellicola di collo-dio serve da substrato al cloruro d’argento.

Nel 1857 l’astronomo americano Bond riuscì giovan-dosi dell’appena descritto importante trovato fotograficoe di una ordinaria lente obbiettiva di cannocchiale, a fo-tografare le due stelle Mizar ed Alcor dell’Orsa maggio-re.

Si trattava di due stelle visibili ad occhio nudo; ave-vano richiesto una posa lunga ed uguale a 18 minuti; siera costretti ad ammettere che per fotografare le stelleminori molte e varie difficoltà rimanevano a superare. Siera però dimostrato che le stelle fisse si possono foto-graficamente riprodurre sopra una lastra preparata colcollodio; si era dimostrato ancora che, usando di un mi-croscopio munito di micrometro, si possono, sulle im-magini fotografiche delle stelle, far misure micrometri-che assai precise.

Il primo passo era fatto.284. Nel 1865 il problema della fotografia stellare

aveva già fatto il suo secondo e più importante passo.Il fisico americano Rutherfurd era riuscito a costrurre

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per la fotografia una di quelle lenti chimicamente acro-matiche delle quali già si parlò nel precedente paragrafoprimo, e a fotografare, con un obbiettivo fotografico dicentimetri 28,5 di diametro, alcune stelle di nona gran-dezza.

Era dimostrato che ad ottenere le immagini fotografi-che delle stelle debolmente splendenti bastava o costrui-re obbiettivi fotografici, in altre parole lenti chimica-mente acromatiche, di più grande apertura, oppure tro-vare lastre fotografiche più sensibili delle allora in uso.

285. Nel 1857 Bond nelle sue ricerche di fotografiastellare erasi, come risulta da quanto più sopra si disse,arrestato di fronte al difetto delle lenti da lui usate; nel1865 Rutherfurd arrestavasi di fronte al difetto di sensi-bilità delle lastre sensibili a collodio, preparate, come ifotografi dicono, per via umida.

286. Dodici anni non erano ancora trascorsi e l’osta-colo incontrato da Rutherfurd era già felicemente supe-rato.

La chimica trovava le lastre secche a gelatina-bromu-ro di argento, dotate di sensibilità alla luce quasi istanta-nea, e con questa scoperta il problema della fotografiadelle stelle si potè dire pressochè compiutamente risolto.

Le lastre a collodio umide esigevano, per dare le im-magini delle stelle fino alla nona grandezza, grandi stru-menti, grandi obbiettivi cioè, con un piccolo campo epose lunghe; le lastre secche, assai più sensibili allaluce, si possono combinare con lenti obbiettive fotogra-fiche a vasto campo, richiedono pose relativamente bre-

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per la fotografia una di quelle lenti chimicamente acro-matiche delle quali già si parlò nel precedente paragrafoprimo, e a fotografare, con un obbiettivo fotografico dicentimetri 28,5 di diametro, alcune stelle di nona gran-dezza.

Era dimostrato che ad ottenere le immagini fotografi-che delle stelle debolmente splendenti bastava o costrui-re obbiettivi fotografici, in altre parole lenti chimica-mente acromatiche, di più grande apertura, oppure tro-vare lastre fotografiche più sensibili delle allora in uso.

285. Nel 1857 Bond nelle sue ricerche di fotografiastellare erasi, come risulta da quanto più sopra si disse,arrestato di fronte al difetto delle lenti da lui usate; nel1865 Rutherfurd arrestavasi di fronte al difetto di sensi-bilità delle lastre sensibili a collodio, preparate, come ifotografi dicono, per via umida.

286. Dodici anni non erano ancora trascorsi e l’osta-colo incontrato da Rutherfurd era già felicemente supe-rato.

La chimica trovava le lastre secche a gelatina-bromu-ro di argento, dotate di sensibilità alla luce quasi istanta-nea, e con questa scoperta il problema della fotografiadelle stelle si potè dire pressochè compiutamente risolto.

Le lastre a collodio umide esigevano, per dare le im-magini delle stelle fino alla nona grandezza, grandi stru-menti, grandi obbiettivi cioè, con un piccolo campo epose lunghe; le lastre secche, assai più sensibili allaluce, si possono combinare con lenti obbiettive fotogra-fiche a vasto campo, richiedono pose relativamente bre-

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vi, e per la loro sensibilità possono riprodurre tutte lestelle del cielo, le più deboli non escluse.

287. Con lenti chimicamente acromatiche, con lastresensibili secche a gelatina-bromuro di argento gli astro-nomi fecero sulla strada della fotografia stellare lungo erapido cammino.

In breve volgere d’anni seppero vincere ad una aduna le difficoltà minori e di dettaglio che ancor restava-no a superare; seppero nell’uno e nell’altro emisferodella Terra ottenere fotografie di tutti i più importanticumuli stellari, e, quel che è più, fotografie precise, conimmagini nette, geometriche, suscettibili delle misurepiù rigorose; seppero fotografare stelle piccolissime, in-feriori molto per grandezza e splendore alle più piccoledisegnate sulle migliori carte celesti.

288. Disegni e costruzioni diverse furono qua e làadottate per gli strumenti destinati alla fotografia dellestelle, ma il congegno che oggi più generalmente si usaè quello ideato a Parigi dai fratelli Henry.

Consiste esso di due tubi appaiati coi loro assi perfet-tamente paralleli e portanti alla loro estremità superiore,l’uno un obbiettivo otticamente acromatico, l’altro unobbiettivo chimicamente acromatico. I due tubi sonoportati da un unico sostegno che colle sue diverse partiforma una così detta montatura equatoriale o parallati-ca, scopo della quale è di dare, come già si disse nel pa-ragrafo primo del presente capitolo, automaticamente aidue tubi uno stesso moto sincrono a quello apparentedella sfera celeste.

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vi, e per la loro sensibilità possono riprodurre tutte lestelle del cielo, le più deboli non escluse.

287. Con lenti chimicamente acromatiche, con lastresensibili secche a gelatina-bromuro di argento gli astro-nomi fecero sulla strada della fotografia stellare lungo erapido cammino.

In breve volgere d’anni seppero vincere ad una aduna le difficoltà minori e di dettaglio che ancor restava-no a superare; seppero nell’uno e nell’altro emisferodella Terra ottenere fotografie di tutti i più importanticumuli stellari, e, quel che è più, fotografie precise, conimmagini nette, geometriche, suscettibili delle misurepiù rigorose; seppero fotografare stelle piccolissime, in-feriori molto per grandezza e splendore alle più piccoledisegnate sulle migliori carte celesti.

288. Disegni e costruzioni diverse furono qua e làadottate per gli strumenti destinati alla fotografia dellestelle, ma il congegno che oggi più generalmente si usaè quello ideato a Parigi dai fratelli Henry.

Consiste esso di due tubi appaiati coi loro assi perfet-tamente paralleli e portanti alla loro estremità superiore,l’uno un obbiettivo otticamente acromatico, l’altro unobbiettivo chimicamente acromatico. I due tubi sonoportati da un unico sostegno che colle sue diverse partiforma una così detta montatura equatoriale o parallati-ca, scopo della quale è di dare, come già si disse nel pa-ragrafo primo del presente capitolo, automaticamente aidue tubi uno stesso moto sincrono a quello apparentedella sfera celeste.

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Dei due obbiettivi, quello otticamente acromatico,largo 24 centimetri, costituisce, col rispettivo tubo ecoll’oculare avvitato all’altro estremo di questo, un can-nocchiale ordinario, e serve all’astronomo e come can-nocchiale cercatore e come mezzo per assicurarsi diret-tamente che l’intero strumento continua per tutto il tem-po necessario ad essere puntato con precisione verso unmedesimo punto del cielo.

Dei due obbiettivi stessi, quello chimicamente acro-matico è largo 34 centimetri, e col tubo rispettivo e collalastra sensibile collocata all’estremo inferiore del tubostesso costituisce la macchina fotografica.

289. Ad ottenere con questo strumento e sulla lastrasensibile di esso l’immagine delle piccole stelle di quin-dicesima grandezza è necessaria la posa di un’ora.

Ad eliminare il pericolo di confondere piccole mac-chie e accidenti della lastra sensibile con immagini distelle si fanno tre pose successive di un’ora cadauna,spostando ogni volta il cannocchiale e la macchina foto-grafica di cinque minuti secondi d’arco.

Per tal modo ogni stella riesce ad essere sull’ammira-bile fotografia celeste rappresentata tre volte, e a forma-re colle sue immagini un piccolo triangolo di cinque mi-nuti secondi di lato; sotto ad un microscopio che ingran-disca dalle 20 alle 30 volte tutti i dettagli più minuti del-la fotografia, nonchè le immagini delle stelle risultanonel modo più sicuro, senz’ombra di ambiguità.

In una di queste fotografie poterono ad esempio esse-re contate cinque mila stelle di grandezze comprese fra

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Dei due obbiettivi, quello otticamente acromatico,largo 24 centimetri, costituisce, col rispettivo tubo ecoll’oculare avvitato all’altro estremo di questo, un can-nocchiale ordinario, e serve all’astronomo e come can-nocchiale cercatore e come mezzo per assicurarsi diret-tamente che l’intero strumento continua per tutto il tem-po necessario ad essere puntato con precisione verso unmedesimo punto del cielo.

Dei due obbiettivi stessi, quello chimicamente acro-matico è largo 34 centimetri, e col tubo rispettivo e collalastra sensibile collocata all’estremo inferiore del tubostesso costituisce la macchina fotografica.

289. Ad ottenere con questo strumento e sulla lastrasensibile di esso l’immagine delle piccole stelle di quin-dicesima grandezza è necessaria la posa di un’ora.

Ad eliminare il pericolo di confondere piccole mac-chie e accidenti della lastra sensibile con immagini distelle si fanno tre pose successive di un’ora cadauna,spostando ogni volta il cannocchiale e la macchina foto-grafica di cinque minuti secondi d’arco.

Per tal modo ogni stella riesce ad essere sull’ammira-bile fotografia celeste rappresentata tre volte, e a forma-re colle sue immagini un piccolo triangolo di cinque mi-nuti secondi di lato; sotto ad un microscopio che ingran-disca dalle 20 alle 30 volte tutti i dettagli più minuti del-la fotografia, nonchè le immagini delle stelle risultanonel modo più sicuro, senz’ombra di ambiguità.

In una di queste fotografie poterono ad esempio esse-re contate cinque mila stelle di grandezze comprese fra

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la sesta e la quindicesima, ed essa rappresentava una an-gusta plaga di cielo, di forma rettangolare, ampia, se-condo l’una dimensione, quattro volte circa il diametroapparente della Luna piena, secondo l’altra dimensionemeno di sei volte il diametro stesso.

289 bis. Malgrado lo stadio rapidamente evolutivo,nel quale la fotografia stellare ancora si trova, già pote-rono da essa trarsi alcuni risultali di indole generale e diimportanza cosmica.

Fu osservato che il bagliore dell’atmosfera terrestre,prodotto dalla luce stessa delle stelle in una notte serena,annebbia nelle lunghe pose le lastre sensibili, e segnaper conseguenza un limite alla potenza di penetrazionenello spazio della fotografia. In Inghilterra ad esempionon pare che la fotografia possa spingersi al di là dellestelle di decimottava grandezza, e pure ammettendo chein altri climi questo limite possa essere oltrepassato e di-venti possibile fotografare ancora stelle di decimanonagrandezza, certo è che, come per la visione diretta attra-verso ai cannocchiali, così per la fotografia esiste un li-mite di profondità oltre il quale non si può penetrarenello spazio senza fondo che da ogni parte ci avvolge.

Fu osservato ancora che una lastra sensibile espostain un cannocchiale rivolto al cielo durante parecchie oremostra, quando sviluppata, un numero di immagini distelle molto maggiore di quello che mostra se espostaper un’ora soltanto.

Se ne sarebbe potuto arguire che, ove l’esposizionefosse molto e molto prolungata, l’intera lastra sensibile

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la sesta e la quindicesima, ed essa rappresentava una an-gusta plaga di cielo, di forma rettangolare, ampia, se-condo l’una dimensione, quattro volte circa il diametroapparente della Luna piena, secondo l’altra dimensionemeno di sei volte il diametro stesso.

289 bis. Malgrado lo stadio rapidamente evolutivo,nel quale la fotografia stellare ancora si trova, già pote-rono da essa trarsi alcuni risultali di indole generale e diimportanza cosmica.

Fu osservato che il bagliore dell’atmosfera terrestre,prodotto dalla luce stessa delle stelle in una notte serena,annebbia nelle lunghe pose le lastre sensibili, e segnaper conseguenza un limite alla potenza di penetrazionenello spazio della fotografia. In Inghilterra ad esempionon pare che la fotografia possa spingersi al di là dellestelle di decimottava grandezza, e pure ammettendo chein altri climi questo limite possa essere oltrepassato e di-venti possibile fotografare ancora stelle di decimanonagrandezza, certo è che, come per la visione diretta attra-verso ai cannocchiali, così per la fotografia esiste un li-mite di profondità oltre il quale non si può penetrarenello spazio senza fondo che da ogni parte ci avvolge.

Fu osservato ancora che una lastra sensibile espostain un cannocchiale rivolto al cielo durante parecchie oremostra, quando sviluppata, un numero di immagini distelle molto maggiore di quello che mostra se espostaper un’ora soltanto.

Se ne sarebbe potuto arguire che, ove l’esposizionefosse molto e molto prolungata, l’intera lastra sensibile

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dovesse finire per essere coperta di immagini stellari,indicando con ciò che noi siamo circondati per ognidove e in ogni direzione da un numero indefinito di stel-le.

Questo non è confermato dai fatti. Se due esposizionie pose sono fatte, l’una di un’ora l’altra di dodici, e se inamendue le lastre sensibili si riscontrano il medesimonumero di immagini e i medesimi dettagli, forza è con-chiudere che la più lunga esposizione a nulla giovò, per-chè maggior numero di stelle e dettagli maggiori a ri-produrre non esistevano.

Ebbene da un esame minuto delle grandi nebulose diAndromeda e di Orione, del gruppo delle Pleiadi, dellaregione della Via Lattea intorno al Cigno ricchissima distelle, risulta che la prolungata esposizione delle lastresensibili non dà punto sulle medesime un più grande nu-mero di immagini stellari.

È questo un fatto che ha portata maggiore di quellache a prima giunta non paia. Già i cannocchiali avevanocondotto ad ammettere che la porzione di universo stel-lare visibile dalla Terra è limitata in estensione. Adugual conclusione oggi guida, malgrado la contrariaaspettazione, la fotografia. I mezzi pur potenti dei qualioggi disponiamo non bastano a scandagliare lo spaziouniverso al di là di quella limitata regione stellare inmezzo alla quale il Sistema del Sole è collocato.

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dovesse finire per essere coperta di immagini stellari,indicando con ciò che noi siamo circondati per ognidove e in ogni direzione da un numero indefinito di stel-le.

Questo non è confermato dai fatti. Se due esposizionie pose sono fatte, l’una di un’ora l’altra di dodici, e se inamendue le lastre sensibili si riscontrano il medesimonumero di immagini e i medesimi dettagli, forza è con-chiudere che la più lunga esposizione a nulla giovò, per-chè maggior numero di stelle e dettagli maggiori a ri-produrre non esistevano.

Ebbene da un esame minuto delle grandi nebulose diAndromeda e di Orione, del gruppo delle Pleiadi, dellaregione della Via Lattea intorno al Cigno ricchissima distelle, risulta che la prolungata esposizione delle lastresensibili non dà punto sulle medesime un più grande nu-mero di immagini stellari.

È questo un fatto che ha portata maggiore di quellache a prima giunta non paia. Già i cannocchiali avevanocondotto ad ammettere che la porzione di universo stel-lare visibile dalla Terra è limitata in estensione. Adugual conclusione oggi guida, malgrado la contrariaaspettazione, la fotografia. I mezzi pur potenti dei qualioggi disponiamo non bastano a scandagliare lo spaziouniverso al di là di quella limitata regione stellare inmezzo alla quale il Sistema del Sole è collocato.

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§ VII.Carta fotografica del Cielo. Catalogo dellestelle dalla prima all’undecima grandezza.

290. I progressi della fotografia stellare segnalati nelparagrafo precedente dimostrano la possibilità di farecolla fotografia una carta di tutta la volta celeste, colleimmagini di tutte le stelle oggidì visibili coi cannocchia-li più potenti.

Fu calcolato che otto osservatorii opportunamente si-tuati sui due emisferi della Terra potrebbero in meno disei anni formare una carta completa del cielo contenentedecine e decine di milioni di stelle, dalla prima alla sedi-cesima grandezza.

Sovra queste carte l’astronomo potrebbe continuarenel proprio gabinetto, qualunque sia il tempo e col soc-corso di un semplice microscopio, le esplorazioni delcielo. Queste carte costituirebbero un’opera astronomicacapitalissima, e tramanderebbero agli astronomidell’avvenire, senza errori ed omissioni possibili, lo sta-to esatto in cui ora il cielo si trova. Carte e fotografieanaloghe eseguite più tardi permetterebbero la soluzionedi tutte quelle questioni nelle quali entrano non le posi-zioni assolute degli astri, ma le posizioni loro relative, leposizioni cioè che gli uni hanno rispetto agli altri.

291. Nel 1887 si radunò a Parigi un congresso inter-nazionale di astronomi allo scopo di studiare un pianointernazionale di lavori per la formazione di una cartafotografica del cielo.

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§ VII.Carta fotografica del Cielo. Catalogo dellestelle dalla prima all’undecima grandezza.

290. I progressi della fotografia stellare segnalati nelparagrafo precedente dimostrano la possibilità di farecolla fotografia una carta di tutta la volta celeste, colleimmagini di tutte le stelle oggidì visibili coi cannocchia-li più potenti.

Fu calcolato che otto osservatorii opportunamente si-tuati sui due emisferi della Terra potrebbero in meno disei anni formare una carta completa del cielo contenentedecine e decine di milioni di stelle, dalla prima alla sedi-cesima grandezza.

Sovra queste carte l’astronomo potrebbe continuarenel proprio gabinetto, qualunque sia il tempo e col soc-corso di un semplice microscopio, le esplorazioni delcielo. Queste carte costituirebbero un’opera astronomicacapitalissima, e tramanderebbero agli astronomidell’avvenire, senza errori ed omissioni possibili, lo sta-to esatto in cui ora il cielo si trova. Carte e fotografieanaloghe eseguite più tardi permetterebbero la soluzionedi tutte quelle questioni nelle quali entrano non le posi-zioni assolute degli astri, ma le posizioni loro relative, leposizioni cioè che gli uni hanno rispetto agli altri.

291. Nel 1887 si radunò a Parigi un congresso inter-nazionale di astronomi allo scopo di studiare un pianointernazionale di lavori per la formazione di una cartafotografica del cielo.

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292. Il congresso escluse che dovessero fotografarsitutte le stelle visibili, e decise che il lavoro della cartafotografica del cielo si arrestasse alle stelle di decima-quarta grandezza.

Le stelle che così verranno ad essere comprese nelleprogettate carte fotografiche celesti saliranno ancora aventi milioni circa, costituiranno un lavoro di gran moleancora, ma praticamente possibile e ben lontano daquello prima vagheggiato, e che doveva estendersi finoalle stelle di decimasesta grandezza.

Ad ottenere la fotografia di queste ultime, astrazionfatta dal loro grande numero, occorre la posa di un’oraalmeno; delle stelle di quattordicesima grandezza si ot-tiene l’immagine fotografica con una posa di quindiciminuti al più.

293. Come dei libri di una biblioteca si usa fare il ca-talogo che di ogni volume segna il titolo ed il posto, cosìgli astronomi usano fare i cataloghi delle stelle. Sono li-bri nei quali d’ogni stella compresa fra grandezze deter-minate si dà il posto che occupa in cielo, e lo si dà permezzo di due numeri che bastano ad individuarla senzapericolo di ambiguità e che si dicono le sue coordinateastronomiche.

Ciò posto, il congresso stabilì che oltre alla progettatagrande carta celeste, si applicasse la fotografia alla for-mazione di un catalogo di stelle.

E poichè un catalogo di 20 milioni di stelle sarebbestato opera troppo vasta ed iper-pratica, il congresso li-mitò il catalogo alle stelle di undecima grandezza, delle

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292. Il congresso escluse che dovessero fotografarsitutte le stelle visibili, e decise che il lavoro della cartafotografica del cielo si arrestasse alle stelle di decima-quarta grandezza.

Le stelle che così verranno ad essere comprese nelleprogettate carte fotografiche celesti saliranno ancora aventi milioni circa, costituiranno un lavoro di gran moleancora, ma praticamente possibile e ben lontano daquello prima vagheggiato, e che doveva estendersi finoalle stelle di decimasesta grandezza.

Ad ottenere la fotografia di queste ultime, astrazionfatta dal loro grande numero, occorre la posa di un’oraalmeno; delle stelle di quattordicesima grandezza si ot-tiene l’immagine fotografica con una posa di quindiciminuti al più.

293. Come dei libri di una biblioteca si usa fare il ca-talogo che di ogni volume segna il titolo ed il posto, cosìgli astronomi usano fare i cataloghi delle stelle. Sono li-bri nei quali d’ogni stella compresa fra grandezze deter-minate si dà il posto che occupa in cielo, e lo si dà permezzo di due numeri che bastano ad individuarla senzapericolo di ambiguità e che si dicono le sue coordinateastronomiche.

Ciò posto, il congresso stabilì che oltre alla progettatagrande carta celeste, si applicasse la fotografia alla for-mazione di un catalogo di stelle.

E poichè un catalogo di 20 milioni di stelle sarebbestato opera troppo vasta ed iper-pratica, il congresso li-mitò il catalogo alle stelle di undecima grandezza, delle

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quali in cielo ve n’è un milione e mezzo circa.E poichè ancora le pose brevi dànno ben nette e preci-

se le immagini delle stelle brillanti mentre le pose lun-ghe dànno bensì un maggior numero di stelle ma imma-gini non ben definite delle stelle brillanti, il congressodeliberò che le operazioni fotografiche destinate allaformazione del catalogo andassero disgiunte da quelledestinate alla formazione delle carte celesti, le prime ri-chiedendo pose di breve durata, le seconde pose di dura-ta assai maggiore.

294. Alla formazione per mezzo della fotografia delleprogettate carte celesti e del progettato catalogo di stellelavorano in questo momento 20 osservatorii astronomiciopportunamente scelti dal congresso sull’uno e sull’altroemisfero della Terra, fra essi due osservatorii italiani,quello reale di Catania e quello vaticano di Roma.

Il lavoro è oggi di molto avanzato. Già nel 1900 furo-no pubblicati i primi risultati ottenuti dalle fotografiestellari eseguite; già nel 1900 fu inaugurata la pubblica-zione della Carta fotografica del cielo e l’altra del Cata-logo fotografico stellare quali furono escogitate dai di-versi congressi all’uopo radunatisi in Parigi a partire del1887. Altri fogli della grande carta celeste fotografica,altri volumi dell’importante Catalogo fotografico furonopubblicati dopo il 1900, e di altri non pochi si sa prossi-ma la pubblicazione.

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quali in cielo ve n’è un milione e mezzo circa.E poichè ancora le pose brevi dànno ben nette e preci-

se le immagini delle stelle brillanti mentre le pose lun-ghe dànno bensì un maggior numero di stelle ma imma-gini non ben definite delle stelle brillanti, il congressodeliberò che le operazioni fotografiche destinate allaformazione del catalogo andassero disgiunte da quelledestinate alla formazione delle carte celesti, le prime ri-chiedendo pose di breve durata, le seconde pose di dura-ta assai maggiore.

294. Alla formazione per mezzo della fotografia delleprogettate carte celesti e del progettato catalogo di stellelavorano in questo momento 20 osservatorii astronomiciopportunamente scelti dal congresso sull’uno e sull’altroemisfero della Terra, fra essi due osservatorii italiani,quello reale di Catania e quello vaticano di Roma.

Il lavoro è oggi di molto avanzato. Già nel 1900 furo-no pubblicati i primi risultati ottenuti dalle fotografiestellari eseguite; già nel 1900 fu inaugurata la pubblica-zione della Carta fotografica del cielo e l’altra del Cata-logo fotografico stellare quali furono escogitate dai di-versi congressi all’uopo radunatisi in Parigi a partire del1887. Altri fogli della grande carta celeste fotografica,altri volumi dell’importante Catalogo fotografico furonopubblicati dopo il 1900, e di altri non pochi si sa prossi-ma la pubblicazione.

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§ VIII.Applicazione della Fotografia alla scoperta

dei piccoli pianeti.

295. I piccoli pianeti, dei quali già si parlò al capo147 del paragrafo quinto del capitolo terzo, hanno lagrandezza apparente delle stelle minori, e da queste sidifferenziano per il loro moto proprio. Niente di più fa-cile che distinguere su una prova fotografica il puntoche rappresenta una stella fissa dalla traccia lineare inci-sa da un piccolo pianeta.

296. In sullo scorcio del 1891 e nei primi mesi del1892 si cominciò ad applicare la fotografia all’osserva-zione dei piccoli pianeti, sciegliendo lastre sensibili op-portune, disponendole opportunamente, ottenendosovr’esse le immagini dei piccoli pianeti e delle stelleattigue, individuando queste ultime col mezzo di Atlantistellari, e deducendo le posizioni dei piccoli pianeti daquelle già note delle stelle vicine.

Numerosissimi furono i piccoli pianeti nuovi ed igno-ti, Eros ad esempio, per tal via rintracciati sulle lastrefotografiche, ed il metodo fotografico di ricerca dei pla-netoidi segnò ed iniziò, si può dire, una nuova êra fe-condissima di risultati.

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§ VIII.Applicazione della Fotografia alla scoperta

dei piccoli pianeti.

295. I piccoli pianeti, dei quali già si parlò al capo147 del paragrafo quinto del capitolo terzo, hanno lagrandezza apparente delle stelle minori, e da queste sidifferenziano per il loro moto proprio. Niente di più fa-cile che distinguere su una prova fotografica il puntoche rappresenta una stella fissa dalla traccia lineare inci-sa da un piccolo pianeta.

296. In sullo scorcio del 1891 e nei primi mesi del1892 si cominciò ad applicare la fotografia all’osserva-zione dei piccoli pianeti, sciegliendo lastre sensibili op-portune, disponendole opportunamente, ottenendosovr’esse le immagini dei piccoli pianeti e delle stelleattigue, individuando queste ultime col mezzo di Atlantistellari, e deducendo le posizioni dei piccoli pianeti daquelle già note delle stelle vicine.

Numerosissimi furono i piccoli pianeti nuovi ed igno-ti, Eros ad esempio, per tal via rintracciati sulle lastrefotografiche, ed il metodo fotografico di ricerca dei pla-netoidi segnò ed iniziò, si può dire, una nuova êra fe-condissima di risultati.

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§ IX.Fotografia degli spettri delle stelle.

297. Gli spettri delle stelle, della cui importanza sitrattò in diversi paragrafi del capitolo quinto, sono assaidifficili ad essere studiati direttamente e più difficili an-cora ad essere descritti con precisione. È naturale quindiche con ogni studio siasi cercato di ottenerne per mezzodella fotografia una rappresentazione grafica, fedele, du-ratura e suscettibile delle misure più scrupolose.

298. Il primo ad occuparsi con successo di fotografiastellare spettroscopica fu l’astronomo H. Draper ameri-cano.

Cominciò le sue esperienze nel 1871, modificò piùvolte l’apparecchio di osservazione, finchè nel 1879 riu-scì a dargli una forma definitiva, servendosi di un can-nocchiale munito di un obbiettivo chimicamente acro-matico, di 28 centimetri di diametro e montato equato-rialmente, collocando l’apparecchio destinato a produrrelo spettro stellare sul tragitto del raggio luminoso pocoprima del fuoco principale dell’obbiettivo.

Con questo strumento H. Draper riuscì fra il 1879 edil 1883 ad ottenere le fotografie degli spettri di 50 stellefra le più brillanti; ogni stella avendo la propria lustrasensibile, e ciascuna lastra portando a lato dello spettrodella stella la fotografia dello spettro della Luna, di unpianeta o del Sole, destinata a servire di scala di parago-ne per la identificazione e determinazione delle singolerighe oscure.

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§ IX.Fotografia degli spettri delle stelle.

297. Gli spettri delle stelle, della cui importanza sitrattò in diversi paragrafi del capitolo quinto, sono assaidifficili ad essere studiati direttamente e più difficili an-cora ad essere descritti con precisione. È naturale quindiche con ogni studio siasi cercato di ottenerne per mezzodella fotografia una rappresentazione grafica, fedele, du-ratura e suscettibile delle misure più scrupolose.

298. Il primo ad occuparsi con successo di fotografiastellare spettroscopica fu l’astronomo H. Draper ameri-cano.

Cominciò le sue esperienze nel 1871, modificò piùvolte l’apparecchio di osservazione, finchè nel 1879 riu-scì a dargli una forma definitiva, servendosi di un can-nocchiale munito di un obbiettivo chimicamente acro-matico, di 28 centimetri di diametro e montato equato-rialmente, collocando l’apparecchio destinato a produrrelo spettro stellare sul tragitto del raggio luminoso pocoprima del fuoco principale dell’obbiettivo.

Con questo strumento H. Draper riuscì fra il 1879 edil 1883 ad ottenere le fotografie degli spettri di 50 stellefra le più brillanti; ogni stella avendo la propria lustrasensibile, e ciascuna lastra portando a lato dello spettrodella stella la fotografia dello spettro della Luna, di unpianeta o del Sole, destinata a servire di scala di parago-ne per la identificazione e determinazione delle singolerighe oscure.

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299. Quasi contemporaneamente il fisico ed astrono-mo inglese W. Huggins, con procedimenti proprii e daquelli di Draper indipendenti, riusciva ad ottenere nellafotografia stellare spettroscopica successi segnalati.

Huggins usa nelle proprie esperienze un telescopio ariflessione di 46 centimetri di apertura, montato equato-rialmente, e colloca la fessura dello spettroscopio esatta-mente nel fuoco del grande specchio metallico del tele-scopio.

Il primo successo di Huggins in questo campo dellafotografia stellare spettroscopica risale al 1875, e a par-tire dal 1876 egli ottenne con pose di un’ora di durata, lafotografia degli spettri delle stelle principali di prima eseconda grandezza, spettri che egli paragonò con quellodella Luna, con quello dei pianeti e con quello ancoradella luce diffusa del cielo.

300. Dal 1882 datano le ricerche di spettroscopia stel-lare fotografica fatte dall’astronomo americano E. C.Pickering e che segnano il più importante passo fattodella scienza in questo indirizzo. Pickering abbandonòla strada battuta da H. Draper e da W. Huggins, e otten-ne lo spettro delle stelle da fotografarsi collocandoavanti all’obbiettivo fotografico di un cannocchialemontato equatorialmente un prisma grande, che coprel’intero obbiettivo e che ha un debole angolo rifrangen-te.

La disposizione adottata da Pickering produce un as-sorbimento della luce stellare piccolo, molto minore diquello che ha luogo negli apparecchi di Draper e di

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299. Quasi contemporaneamente il fisico ed astrono-mo inglese W. Huggins, con procedimenti proprii e daquelli di Draper indipendenti, riusciva ad ottenere nellafotografia stellare spettroscopica successi segnalati.

Huggins usa nelle proprie esperienze un telescopio ariflessione di 46 centimetri di apertura, montato equato-rialmente, e colloca la fessura dello spettroscopio esatta-mente nel fuoco del grande specchio metallico del tele-scopio.

Il primo successo di Huggins in questo campo dellafotografia stellare spettroscopica risale al 1875, e a par-tire dal 1876 egli ottenne con pose di un’ora di durata, lafotografia degli spettri delle stelle principali di prima eseconda grandezza, spettri che egli paragonò con quellodella Luna, con quello dei pianeti e con quello ancoradella luce diffusa del cielo.

300. Dal 1882 datano le ricerche di spettroscopia stel-lare fotografica fatte dall’astronomo americano E. C.Pickering e che segnano il più importante passo fattodella scienza in questo indirizzo. Pickering abbandonòla strada battuta da H. Draper e da W. Huggins, e otten-ne lo spettro delle stelle da fotografarsi collocandoavanti all’obbiettivo fotografico di un cannocchialemontato equatorialmente un prisma grande, che coprel’intero obbiettivo e che ha un debole angolo rifrangen-te.

La disposizione adottata da Pickering produce un as-sorbimento della luce stellare piccolo, molto minore diquello che ha luogo negli apparecchi di Draper e di

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Huggins, e permette di estendere le esperienze a stelle dimolto minor grandezza. Mentre Draper limitava le pro-prie ricerche alle stelle brillanti, mentre Huggins è co-stretto a limitarsi a stelle di grandezza superiore allaquarta, Pickering ottiene ancora per gli spettri di stelledi settima e di ottava grandezza fotografie distintissime,e le ottiene in un tempo relativamente breve.

301. In molti osservatorii, in quello, fra gli altri,astrofisico di Potsdam si ottengono ora fotografie deglispettri delle stelle, ed è su queste fotografie che si vannofacendo quelle ricerche spettrali che tanta importanzahanno per lo studio dei moti di traslazione e dei movi-menti orbitali delle stelle, per lo studio delle stelle varia-bili e delle stelle multiple, per lo studio delle diverse co-stituzioni fisiche stellari.

§ X.Fotografie di alcune parti della Via Lattea.

302. La Via Lattea è un fenomeno ottico, e devel’aspetto suo al gran numero di stelle disseminate nellospazio e che l’occhio proietta sulla zona del cielo daessa occupata. Anche così com’essa presentasiall’occhio nudo, è fenomeno degno di molto studio perla sua non uniforme struttura apparente, per il diversosplendore delle sue varie parti, per le ramificazioni sue,per le plaghe oscure che essa quali isole chiude qua e làall’ingiro.

303. Allo studio delle apparenze diverse presentate

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Huggins, e permette di estendere le esperienze a stelle dimolto minor grandezza. Mentre Draper limitava le pro-prie ricerche alle stelle brillanti, mentre Huggins è co-stretto a limitarsi a stelle di grandezza superiore allaquarta, Pickering ottiene ancora per gli spettri di stelledi settima e di ottava grandezza fotografie distintissime,e le ottiene in un tempo relativamente breve.

301. In molti osservatorii, in quello, fra gli altri,astrofisico di Potsdam si ottengono ora fotografie deglispettri delle stelle, ed è su queste fotografie che si vannofacendo quelle ricerche spettrali che tanta importanzahanno per lo studio dei moti di traslazione e dei movi-menti orbitali delle stelle, per lo studio delle stelle varia-bili e delle stelle multiple, per lo studio delle diverse co-stituzioni fisiche stellari.

§ X.Fotografie di alcune parti della Via Lattea.

302. La Via Lattea è un fenomeno ottico, e devel’aspetto suo al gran numero di stelle disseminate nellospazio e che l’occhio proietta sulla zona del cielo daessa occupata. Anche così com’essa presentasiall’occhio nudo, è fenomeno degno di molto studio perla sua non uniforme struttura apparente, per il diversosplendore delle sue varie parti, per le ramificazioni sue,per le plaghe oscure che essa quali isole chiude qua e làall’ingiro.

303. Allo studio delle apparenze diverse presentate

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dalla Via Lattea nel suo lungo corso fu applicata in que-sti ultimi anni la fotografia, e fortunati ne furono i suc-cessi. Le fotografie della Via Lattea, ottenute ad esem-pio all’osservatorio Lick sul monte Hamilton in Califor-nia, sono giudicate da tutti maravigliose.

304. Sovratutto notevoli sono le differenze di struttu-ra mostrate dalle fotografie d’una stessa regione, a se-conda della durata di esposizione della lastra sensibile.Di due fotografie, ad esempio, di una regione della ViaLattea nella costellazione dello Scudo di Sobieski, otte-nute l’una con un’esposizione di 2 ore e 45 minuti,l’altra con una di 4 ore e 30 minuti, la seconda presentadettagli che mancano assolutamente nella prima e checonsiderevolmente alterano la configurazione dell’insie-me.

Forse a produrre la seconda fotografia concorronostelle che sulla prima, o per la maggiore distanza loro oper il loro minor splendore, non influiscono. Forse lastruttura apparente delle diverse parti della Via Latteavaria colle profondità diverse alle quali le visuali nostresi spingono nello spazio, collo splendore delle ultimestelle alle quali l’occhio o la fotografia arrivano.

§ XI.Fotografia delle nebule.

305. La fotografia applicata alle nebule del cielo hapermesso di ottenere intorno ad esse risultati importantiper sè medesimi e pieni di promesse per l’avvenire.

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dalla Via Lattea nel suo lungo corso fu applicata in que-sti ultimi anni la fotografia, e fortunati ne furono i suc-cessi. Le fotografie della Via Lattea, ottenute ad esem-pio all’osservatorio Lick sul monte Hamilton in Califor-nia, sono giudicate da tutti maravigliose.

304. Sovratutto notevoli sono le differenze di struttu-ra mostrate dalle fotografie d’una stessa regione, a se-conda della durata di esposizione della lastra sensibile.Di due fotografie, ad esempio, di una regione della ViaLattea nella costellazione dello Scudo di Sobieski, otte-nute l’una con un’esposizione di 2 ore e 45 minuti,l’altra con una di 4 ore e 30 minuti, la seconda presentadettagli che mancano assolutamente nella prima e checonsiderevolmente alterano la configurazione dell’insie-me.

Forse a produrre la seconda fotografia concorronostelle che sulla prima, o per la maggiore distanza loro oper il loro minor splendore, non influiscono. Forse lastruttura apparente delle diverse parti della Via Latteavaria colle profondità diverse alle quali le visuali nostresi spingono nello spazio, collo splendore delle ultimestelle alle quali l’occhio o la fotografia arrivano.

§ XI.Fotografia delle nebule.

305. La fotografia applicata alle nebule del cielo hapermesso di ottenere intorno ad esse risultati importantiper sè medesimi e pieni di promesse per l’avvenire.

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306. Già nel 1886 furono, nel gruppo delle Pleiadi,scoperte, per mezzo della fotografia, due nuove nebulo-se, l’una intorno alla stella Maia, l’altra vicino ad Elet-tra; già allora si era riusciti ad ottenere una bellissimafotografia della nota nebulosa esistente nelle Pleiadi vi-cino alla stella Mérope del gruppo.

Ritornando nel 1889, con procedimenti perfezionati,con lastre sensibilissime, sulle stesse Pleiadi, si riuscicon una posa di 4 ore ad ottenerne una fotografia mera-vigliosa, e che dà, intorno al grande ammasso nebulosodi materia cosmica che copre una gran parte della co-stellazione, molti dettagli nuovi, rappresentati con moltadefinizione ed evidenza di contorni.

307. Con un telescopio riflettore di soli dieci pollici,25 centimetri circa, di apertura si ottennero fotografie dialcune nebulose, le quali, sebbene di piccole dimensio-ni, mostrano una grande ricchezza di dettagli.

In esse, ad esempio, la nebulosa annulare della costel-lazione della Lira rivela nel centro dell’anello l’esisten-za di una piccola stella ordinariamente invisibile; la ne-bula nella costellazione dei Cani da caccia risalta inmodo da lasciare di non poco dietro a sè i disegni che nefurono fatti ad occhio e coi più grandi cannocchiali.

Per mezzo di un telescopio con specchio di vetro ar-gentato avente 51 centimetri di diametro si riuscì ad ot-tenere della grande nebulosa di Andromeda fotografieche ne rivelarono l’esatta costituzione, rimasta finorainintelligibile e sfuggita ai disegni fatti coi migliori stru-menti.

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306. Già nel 1886 furono, nel gruppo delle Pleiadi,scoperte, per mezzo della fotografia, due nuove nebulo-se, l’una intorno alla stella Maia, l’altra vicino ad Elet-tra; già allora si era riusciti ad ottenere una bellissimafotografia della nota nebulosa esistente nelle Pleiadi vi-cino alla stella Mérope del gruppo.

Ritornando nel 1889, con procedimenti perfezionati,con lastre sensibilissime, sulle stesse Pleiadi, si riuscicon una posa di 4 ore ad ottenerne una fotografia mera-vigliosa, e che dà, intorno al grande ammasso nebulosodi materia cosmica che copre una gran parte della co-stellazione, molti dettagli nuovi, rappresentati con moltadefinizione ed evidenza di contorni.

307. Con un telescopio riflettore di soli dieci pollici,25 centimetri circa, di apertura si ottennero fotografie dialcune nebulose, le quali, sebbene di piccole dimensio-ni, mostrano una grande ricchezza di dettagli.

In esse, ad esempio, la nebulosa annulare della costel-lazione della Lira rivela nel centro dell’anello l’esisten-za di una piccola stella ordinariamente invisibile; la ne-bula nella costellazione dei Cani da caccia risalta inmodo da lasciare di non poco dietro a sè i disegni che nefurono fatti ad occhio e coi più grandi cannocchiali.

Per mezzo di un telescopio con specchio di vetro ar-gentato avente 51 centimetri di diametro si riuscì ad ot-tenere della grande nebulosa di Andromeda fotografieche ne rivelarono l’esatta costituzione, rimasta finorainintelligibile e sfuggita ai disegni fatti coi migliori stru-menti.

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308. Queste fotografie di nebule tanto perfette apronoin astronomia un nuovo e fecondo campo di indagini.

Sono sovratutto la variazioni di forma delle nebulosequelle che dànno alla loro riproduzione fotografica lapiù grande importanza. Esse attraggono da un secolooramai l’attenzione degli astronomi, e non poterono fi-nora essere messe in evidenza incontrastabile dai dise-gni fatti a mano, l’occhio al cannocchiale. In esse po-trebbe trovarsi la chiave di non pochi arcani cosmici.

309. In questo campo delle nebule la fotografia riceveimportanza ancora dal fatto che essa già riescì a rintrac-ciarne nel cielo non poche di nuove ed ignorate.

Or ora accennammo alle due nubulose scoperte permezzo della fotografia nella costellazione delle Pleiadi,e fotografando la splendida plaga celeste occupata dallacostellazione di Orione, la più bella del nostro cielo, sitrovarono incise sulle lastre sensibili le immagini di bendodici nuove nebulose.

310. Le numerose fotografie di nebulose e di cumulistellari già eseguite dimostrano che mentre vi sono stellele quali appaiono frammiste a nebule unicamente per ef-fetto di prospettiva, altre però ne esistono le quali sonorealmente avvolte da nebulosità.

Nessun dubbio che queste ultime sono fisicamentecollegate alla massa nebulare che da ogni parte dissime-tricamente le avvolge, e questo fatto ulteriormente os-servato e meditato condurrà a scoperte importantisull’evoluzionismo dei sistemi stellari. Già la nebulosaosservata intorno alla Nova Persei del 1901 ha molto

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308. Queste fotografie di nebule tanto perfette apronoin astronomia un nuovo e fecondo campo di indagini.

Sono sovratutto la variazioni di forma delle nebulosequelle che dànno alla loro riproduzione fotografica lapiù grande importanza. Esse attraggono da un secolooramai l’attenzione degli astronomi, e non poterono fi-nora essere messe in evidenza incontrastabile dai dise-gni fatti a mano, l’occhio al cannocchiale. In esse po-trebbe trovarsi la chiave di non pochi arcani cosmici.

309. In questo campo delle nebule la fotografia riceveimportanza ancora dal fatto che essa già riescì a rintrac-ciarne nel cielo non poche di nuove ed ignorate.

Or ora accennammo alle due nubulose scoperte permezzo della fotografia nella costellazione delle Pleiadi,e fotografando la splendida plaga celeste occupata dallacostellazione di Orione, la più bella del nostro cielo, sitrovarono incise sulle lastre sensibili le immagini di bendodici nuove nebulose.

310. Le numerose fotografie di nebulose e di cumulistellari già eseguite dimostrano che mentre vi sono stellele quali appaiono frammiste a nebule unicamente per ef-fetto di prospettiva, altre però ne esistono le quali sonorealmente avvolte da nebulosità.

Nessun dubbio che queste ultime sono fisicamentecollegate alla massa nebulare che da ogni parte dissime-tricamente le avvolge, e questo fatto ulteriormente os-servato e meditato condurrà a scoperte importantisull’evoluzionismo dei sistemi stellari. Già la nebulosaosservata intorno alla Nova Persei del 1901 ha molto

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contribuito allo svolgersi delle idee nostre sulla costitu-zione e sulla vita fisica degli astri in generale.

FINE.

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contribuito allo svolgersi delle idee nostre sulla costitu-zione e sulla vita fisica degli astri in generale.

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