Associazione Medici Cattolici Italiani - Partnergraf · Agli inizi del 2015 tutti i media del mondo...

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BIOETICA DELLO STILE DI VITA NELLA PREVENZIONE DEI TUMORI Responsabili Scientifici: Maria Nincheri Kunz, Roberto Benelli A.M.C.I. - Centro di Bioetica Gianna Beretta Molla Associazione Medici Cattolici Italiani www.partnergraf.it Sala Convegni LILT Prato - Via Catani 26/3 23 Maggio 2015 Abstract convegno

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BIOETICA DELLO STILE DI VITA

NELLA PREVENZIONE DEI TUMORI

Responsabili Scientifici:Maria Nincheri Kunz, Roberto Benelli

A.M.C.I. - Centro di Bioetica Gianna Beretta Molla

AssociazioneMedici Cattolici Italiani

www.partnergraf.it

Sala Convegni LILT Prato - Via Catani 26/3

23 Maggio 2015

Abstract

convegno

INDICE

Prevenzione oncologica e chemoprevenzione con dieta e derivati di origine alimentare 4

Rispetto della natura è prevenzione 6

La prevenzione dei tumori urologici: il carcinoma della prostata 7

La prevenzione in Gastroenterologia 10

La prevenzione dei tumori della pelle 12

La Scienza e non il caso 13

Approccio funzionale alla medicina della prevenzione 14

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RAZIONALE

Agli inizi del 2015 tutti i media del mondo hanno divulgato la notizia della pubblicazione su Science dell’articolo di due autori, secondo i quali l’insorgenza di 2/3 dei tumori è dovuta a fattori casuali (“bad luck”) durante la divisione delle cellule staminali, che in certi tessuti è più attiva, mentre solo 1/3 a caratteristiche genetiche, di stile di vita e ambientali. Tutto questo cozza inevitabilmente con centinaia di migliaia di studi spalmati in un secolo. La WHO ha risposto puntualmente e senza esitazione confutando le conclusioni di questo articolo. La trasformazione della cellula normale in cellula neoplastica avviene per un processo a tappe che richiede diverse mutazioni somatiche che si manifestano nell’arco di molti anni. Fino a pochi anni fa, alla base degli eventi che portano alla cancerogenesi, sono state considerate soltanto le mutazioni accumulate da una singola cellula durante la sua vita “Teoria della mutazione somatica” (SMT = Somatic Mutation Theory).Nuovi scenari si sono aperti con la elaborazione della più recente “Teoria di campo dell’organizzazione dei tessuti” (TOFT=Tissue Organization Field Theory) secondo la quale il cancro è una patologia di un intero tessuto ed è la risultante del venir meno di segnali inibitori provenienti dallo stroma. Perchè un tumore maligno esordisca, si sviluppi e colonizzi a distanza, deve però crescere in un ambiente favorevole influenzato da molteplici fattori. È questo il microambiente tumorale ricco di cellule del sistema immunitario, specie reattive ROS (Reactive Oxigen Species), RNS(Reactive Nitrogen Species), mediatori dell’infiammazione, ormoni, fattori di crescita e di sopravvivenza, la maggior parte dei quali sono attivati da cellule mesenchimali e infiammatorie. Ecco quindi che quei 2/3 di casi di tumore che per i due autori sono dovuti a “bad luck”, in realtà sono dovuti alla nostra ignoranza e la scienza ha il dovere di colmare questo vuoto. Purtroppo se l’opinione pubblica viene intaccata dalla notizia della casualità, si rischia che la ricerca e la prevenzione vengano ancor più penalizzate. La nostra mission è ricerca e prevenzione e questo convegno vuole dare il suo contributo in tal senso.

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Prevenzione oncologica e chemoprevenzione con dieta e derivati di origine alimentare

Dr.ssa Adriana Albini1Adriana Albini, 1Teresa Rossi, 2Antonino Bruno1IRCCS “Tecnologie Avanzate e Modelli Assistenziali in Oncologia” - Arcispedale S. Maria Nuova - Reggio Emilia2 Parco Scientifico e Tecnologico, IRCCS MultiMedica, Milano

Il microambiente tumorale rappresenta i tessuti dell’ospite in cui il tumore si sviluppa; è composto da diversi tipi cellulari (fibroblasti, cellule del sistema immunitario, cellule della rete vascolare e linfatica), componenti della matrice extracellulare e mediatori solubili pro-tumorali. In questo scenario di fattori che interagiscono tra loro nel promuovere la crescita tumorale, un ruolo fondamentale è rivestito dalle cellule endoteliali. Esse sono coinvolte nel processo di angiogenesi, ovvero nella formazione di nuovi vasi sanguigni a partire dalla vascolatura pre-esistente, che garantiscono al tumore un elevato apporto di sostanze nutritive ed ossigeno indispensabili per il proprio sostentamento.Considerata l’importanza dell’angiogenesi nei processi di sviluppo, accrescimento e metastatizzazione dei tumori, numerosi studi sono stati condotti allo scopo di identificare molecole che siano in grado di prevenire lo sviluppo anomalo dei vasi sanguigni tumorali, portando alla formulazione del concetto di angioprevenzione.L’idea dell’angioprevenzione, deriva dal più ampio concetto di chemoprevenzione, ovvero la prevenzione dell’insorgenza dei tumori mediante l’assunzione di sostanze naturali o loro derivati sintetici. L’efficacia dei trattamenti preventivi può essere studiata a 4 livelli, in base all’aumento del rischio di sviluppo della patologia neoplastica (es. familiarità, esposizione sul posto di lavoro) e del rapporto rischio/beneficio (es. comorbidità, precedente neoplasia).Infiammazione e cancro quasi sempre si presentano congiuntamente: infatti, la presenza di cellule tumorali scatena la risposta infiammatoria che cerca di arginarne la crescita e, in contemporanea, il contesto infiammatorio promuove l’aggressività del tumore e la disseminazione delle metastasi. Sono stati effettuati diversi studi in cui è stato dimostrato come diversi anti-nfiammatori non steroidei (FANS) abbiano un potente effetto nel ridurre la crescita tumorale. Molte molecole naturali sono state studiate per le proprietà anti-ossidanti e per le capacità di ridurre la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS)

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diminuendo, quindi, l’infiammazione. Numerosi studi epidemiologici hanno evidenziato come i tassi di incidenza delle patologie cardiovascolari e dei tumori siano notevolmente ridotti in popolazioni che adottano la dieta mediterranea. Questo tipo di alimentazione si basa principalmente su di un basso apporto calorico e su di un elevato consumo di cereali integrali, legumi, frutta, verdura, olio di oliva e pesce. Le sostanze nutritive contenute in questi alimenti sono state quindi studiate per valutare le loro proprietà chemo- e angio-preventive.

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Rispetto della natura è prevenzione

Dott.ssa Emanuela BartolozziMedico Omeopata e Nutrizionista, Esperta in Medicina AmbientaleDocente a.c. Università degli Studi di Firenze

L’uomo è un sistema aperto, in continuo scambio di energia, frequenze, atomi e molecole con l’ambiente: se quest’ultimo, per avidità umana, politiche scellerate e miopi, diventa sempre più tossico e inquinato, va da sè che anche il nostro corpo lo sia, manifestando patologie sconosciute fino al secolo scorso - come la Sindrome Chimica Multipla, lo Spettro Autistico, la Sensibilità all’Elettromagnetismo, la Spasmofilia, la Sick Building Syndrome, la Sindrome da Stanchezza Cronica, ecc - e un aumento esponenziale di patologie allergiche, tumorali e autoimmuni.Sempre più studi correlano patologie neurologiche e psichiatriche con la tossicità ambientale: Parkinson, Alzheimer, Sclerosi Multipla, SLA, Autismo, ma anche Depressione, Psicosi, ADHD, Ansia, Schizofrenia, dimostrando quanto intossicare il corpo significhi anche compromettere gravemente le nostre capacità cognitive e alterare le nostre emozioni, impedendo l’evoluzione della coscienza.Eppure, anziché aiutare il corpo (e di conseguenza la mente) a “ripulirsi”, sostenendolo nel suo naturale processo di autoguarigione, si continua ad inseguire la promessa di terapia in una nuova molecola o tecnologia (purché brevettabile!) che andrà ad aumentare il carico tossico nostro e dell’ambiente: a causa di questo, l’aspettativa di vita dei nostri figli, e soprattutto dei nostri nipoti, si considera già che sarà inferiore alla nostra.In questi giorni l’OMS ha presentato un rapporto sulla correlazione tra inquinamento e salute: lo studio rivela che nel mondo muoiono 7 milioni di persone l’anno a causa della tossicità ambientale, nel nostro continente ne muoiono 600.000 e in Italia 33.000 costandoci, solo come nazione, il 4,7% del PIL , ovvero 97 miliardi di euro.Per invertire questa drammatica tendenza è assolutamente indispensabile acquisire una coscienza etica del profitto e un senso di responsabilità e rispetto nei confronti di tutte le specie viventi e dell’ambiente.

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La prevenzione dei tumori urologici: il carcinoma della prostata

Dr. Roberto BenelliGià Direttore UO Urologia - PratoPresidente Lega Italiana per la Lotta ai Tumori - Sez. di Prato

I tumori urologici rappresentano il 34,5% di tutte le neoplasie nel sesso maschile ed il 5,4% delle neoplasie nel sesso femminile (previsioni ISTAT, 2014). Hanno, di conseguenza, un peso rilevante in ambito oncologico che, sicuramente, aumenterà nel tempo con l’invecchiare delle popolazione.Il carcinoma della prostata (CaP) risulta al primo posto fra i tumori del sesso maschile rappresentando il 20% di tutte le neoplasie. Il picco di frequenza del CaP , registrato alla fine degli anni ‘90 ed all’inizio del 2000 in Italia e nei paesi occidentali, è probabilmente dovuto, più che ad un aumento dei fattori di rischio (invecchiamento della popolazione, fattori ambientali, stili di vita non idonei, etc.), alla diffusione del test per la ricerca dell’ Antigene Prostatico Specifico (PSA), tanto che, attualmente, si assiste ad una controtendenza con diminuzione dell’incidenza della neoplasia ed una relativa riduzione della mortalità specifica. Questo dato, se da una parte può essere imputato ad un incremento dei trattamenti curativi attuati a seguito del maggior numero di casi diagnosticati, può essere riferibile anche ad una quota di sovratrattamenti in stadi iniziali della neoplasia e per tumori di basso grado, indolenti, che non sarebbero mai evoluti, o si sarebbero manifestati solo tardivamente. Partendo da questa evidenza scaturiscono due considerazioni: a) la necessità di disporre di una prevenzione primaria efficace che possa ridurre l’incidenza di CaP ed il passaggio da forme latenti a carcinomi manifesti; b) la possibilità di usufruire di indagini che consentono non solo la diagnosi, ma anche la valutazione prognostica e la separazione di CaP di basso grado, indolenti, per i quali è necessaria la sorveglianza attiva, da forme aggressive di carcinoma prostatico.I potenziali benefici dello screening di una neoplasia maligna di competenza chirurgica sono la precoce diagnosi ed un altrettanto precoce trattamento curativo che porta ad una riduzione della morbidità e della mortalità. Per il cancro della prostata esiste oggi l’inevitabile rischio di sovradiagnosi e la possibilità che un certo numero di pazienti possano essere sottoposti a trattamenti non sempre necessari che tuttavia incidono sulla qualità della vita essendo fonte di complicanze e di disabilità. Esistono infatti tumori indolenti,

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che non progrediscono, o progrediscono tardivamente, per i quali è giustificata la sola sorveglianza attiva con controlli periodici sopratutto nelle età più avanzate. Siamo ancora lontani dal disporre di una chemioprevenzione efficace da raccomandare per la prevenzione primaria del CaP e da attuare in soggetti a rischio (familiarità oncologica, condizioni di infiammazione cronica di bassa intensità, altre condizioni) per non incorrere in risposte opposte a quella attesa come è accaduto con lo studio SELECT (The Selenium and Vitamin E Cancer Prevention Trial) in cui sono state utilizzate vitamina E e selenio a scopo preventivo ma, alla fine dello studio, è risultato un aumento percentuale dei casi di CaP (l’alfa-tocoferolo incrementa il rischio di CaP del 17%). Sono oggetto di studio la prevenzione con inibitori della 5-alfa-reduttasi, composti polifenolici (fra cui l’associazione Curcumin ed Epigallo-Catechina-Gallato), inibitori delle ciclossigenasi, altri composti fra cui la metformina.Fra le misure preventive risulta al primo posto un idoneo modello alimentare (dieta ipocalorica, povera di grassi animali, latte e latticini, a basso tenore di carboidrati semplici, ricca di legumi, verdure, frutta, pesce omega-3), la correzione degli stili di vita (eliminazione dell’abitudine al fumo e all’assunzione di alcol), l’attività fisica giornaliera, la lotta ai dismetabolismi, alla sindrome metabolica ed all’ obesità e, di conseguenza, la modulazione dell’infiammazione cronica. Non avendo ancora a disposizione armi efficaci per la prevenzione primaria del cancro della prostata occorre intervenire con misure di prevenzione secondaria, superando i limiti del test del PSA e ricercando ed utilizzando biomarkers specifici, frutto delle moderne tecniche di biologia molecolare, e mezzi e tecniche di imaging sempre più all’avanguardia. Ed ancora rimodulando il sistema di grading secondo Gleason, impiegato dai patologi da almeno 50 anni, per la classificazione del carcinoma prostatico. Il punto focale è la identificazione certa di CaP aggressivi ed una migliore caratterizzazione dei carcinomi Gleason 3+3 a cui spesso corrispondono forme indolenti. Sono attualmente allo studio biomarkers, basati su tecniche di biologia molecolare, da cui ci si aspetta l’indicazione ad eseguire l’agobiopsia prostatica, o la rebiopsia, in caso di forte sospetto clinico, ma anche di poter stabilire se siamo in presenza di una neoplasia aggressiva o in fase di progressione. Per quanto riguarda le tecniche di imaging un notevole contributo proviene dalla risonanza magnetica 3T multiparametrica della prostata che, in abbinamento all’ ecografia tridimensionale, può guidare, attraverso un software di fusione, all’ esecuzione di agobiopsie prostatiche in aree veramente sospette con un numero limitato di prelievi (Fusion Biopsy). La Rm multiparametrica risulterà sicuramente utile nel follow up dei pazienti in sorveglianza attiva potendo permettere, insieme a specifici biomarkers, di modificare l’atteggiamento dell’urologo passando, dall’astensionismo, a misure terapeutiche curative. Stanno attualmente emergendo indagini di genomica di 8

particolare interesse che comportano la misurazione nel sangue dell’espressione di piccole molecole di RNA (microRNA) non codificante, il cui ruolo in oncologia è noto da tempo. La speranza è di poter individuare molecole associate a tumori aggressivi e quindi da trattare rispetto a tumori indolenti, a rischio basso, o molto basso, che possono permettere di inserire i pazienti in protocolli di sorveglianza attiva. In questi casi si potranno evitare, o spostare nel tempo, trattamenti curativi (prostatectomia radicale, radioterapia) che saranno attuati solo quando ritenuti necessari in base alla modificazione di elementi sicuri. In tema di cancro della prostata il campo della ricerca è fecondo. In attesa di importanti risultati che saranno offerti dalla biologia molecolare e dalle moderne tecniche di imaging ciò che attualmente deve prevalere è il buon senso e la corretta informazione per i pazienti perchè possano fare scelte oculate.

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La prevenzione in Gastroenterologia

Dott. Alberto Candidi TommasiGià Dir.ettore Sez. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva - PratoDirettore Sanitario Lega Italiana per la Lotta ai Tumori - Sez. di Prato

Dobbiamo prendere in considerazione 4 organi: Esofago, stomaco colon e fegato.

Il cancro esofageo (CE) rappresentato prevalentemente dall’adenocarcinoma ed in misura nettamente inferiore dalla forma spinocellulare, ha una incidenza in netto aumento ed è correlato alla malattia da reflusso gastro esofageo. La lesione premaligna (precancerosi) che lo precede è l’esofago di Barrett (EB) rappresentato da metaplasia gastrica in esofago (di varia forma e lunghezza) con presenza di metaplasia intestinale.Tale lesione riscontrata nella diagnostica della malattia da reflusso merita un follow-up endoscopico che varierà (da pochi mesi a 3 anni) se è presente o meno displasia; in presenza di displasia severa va valutato l’intervento chirurgico, anche se recentemente sono stati pubblicati buoni risultati associando l’ablazione endoscopica con la radiofrequenza.Il Cancro gastrico contrariamente al precedente è in netto calo di incidenza ed è dovuto all’interazione fra fattori ambientali, genetici e l’infezione da H. pyloriMentre nei paesi asiatici (ancora ad alta incidenza) si esegue un vero screening di popolazione, in Europa ciò non è previsto, mentre è utile il follow-up delle lesioni precancerose quali la gastrite atrofica, la metaplasia intestinale, specialmente se presente displasia, l’ulcera gastrica, i polipi gastrici adenomatosi ed il moncone gastrico del gastroresecato. L’eradicazione del Hp (considerato dall’OMS cancerogeno di I livello), rientra nella prevenzione di tale patologia.Anche il Linfoma gastrico, non sistemico e localizzato al solo stomaco, (Linfoma MALT o MALToma) è correlato al Hp e spesso la sua eradicazione può essere il trattamento di elezione e sufficiente.Per quanto riguarda invece il cancro colorettale (CCR) , è previsto uno screening di popolazione a rischio generico dall’età di 50 anni a 70, mediante l’esecuzione del sangue occulto fecale e successiva colonscopia nei positivi al test. Tale attività a Prato viene regolarmente eseguita da 10 anni.Ove presente familiarità viene consigliata l’esecuzione diretta della colonscopia ad un’età almeno 10 anni inferiore al familiare di riferimento.L’importanza della colonscopia non consiste solo nel diagnosticare tumori in

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fase precoce e quindi a prognosi più favorevole, ma nell’asportazione di eventuali polipi presenti, che rappresentano la lesione precancerosa più frequente. La loro asportazione impedisce l’evoluzione progressiva verso il cancro colorettale.Anche alcuni polipi già cancerizzati, se rispettano precisi criteri di basso rischio, dopo la loro asportazione non necessitano di intervento chirurgico, essendo sufficiente l’asportazione endoscopica.Per quanto riguarda l’Epatocarcinoma, questa patologia è in aumento e le sue cause sono da ricercare fondamentalmente nelle infezioni da Virus Epatite B e particolarmente C. L’evoluzione verso il carcinoma implica di solito l’insorgenza di cirrosi epatica con successivo passaggio a cancrocirrosi, ma lo sviluppo della neoplasia può avvenire anche senza tale passaggio.Altra causa di epatocarcinoma è la NAFLD (non alchoolic fatty liver disease) che se complicata da fenomeni infiammatori (steatoepatite) può evolvere in adenocarcinoma. Nei riguardi del fegato la prevenzione consiste nella diagnosi e nella cura delle epatiti virali e nel trattamento delle cause favorenti la steatosi (obesità, diabete tipo II, sindrome metabolica…).

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La prevenzione dei tumori della pelle

Prof.ssa Elisa M. Di FonzoDipartimento Medicina e Chirurgia TranslazionaleSezione DermatologiaUniversità degli Studi di Firenze

I carcinomi cutanei mostrano un continuo aumento di frequenza e rappresentano nella popolazione bianca le neoplasie maligne più frequenti. Il loro aumento è legato ad una serie di fattori in particolare al cambiamento delle abitudini di vita con utilizzo esagerato di solarium, soggiorni prolungati e ripetuti in zone con forte irraggiamento solare. In particolare il carcinoma squamocellulare, noto anche come spinocellulare, è più frequente nei soggetti con pelle chiara (fototipo I-III, che non si abbronzano facilmente, e la sua comparsa è legata alla quantità cumulativa di luce solare assorbita dalla pelle durante la vita. Per tale motivo preferisce anche lavoratori outdoor e persone d’età avanzata. L’insorgenza del carcinoma basocellulare, invece, appare associata più che alla quantità cumulativa di radiazioni ultraviolette assorbite nella vita, alle ustioni solari riportate, soprattutto in età infantile.Il melanoma, considerato fino a pochi anni fa una neoplasia rara, mostra anche esso una incidenza in crescita costante in tutto il mondo e numerosi studi suggeriscono che essa sia addirittura raddoppiata negli ultimi 10 anni. A livello mondiale, si stima che nell’ultimo decennio il melanoma cutaneo abbia raggiunto i 100.000 nuovi casi l’anno: un aumento di circa il 15% rispetto al decennio precedente. I tassi di incidenza più elevati si riscontrano nelle aree molto soleggiate e abitate da popolazioni di ceppo nordeuropeo, con la pelle particolarmente chiara. I principali fattori di rischio per il melanoma, oltre all’anamnesi familiare e personale per questo tumore, sono infatti il fototipo I-III, l’esposizione intermittente alle radiazioni UV e le ustioni solari in età giovanile.Da tali premesse emerge che la prevenzione primaria dei carcinomi e del melanoma è una corretta esposizione al sole. E’ quindi fondamentale attenersi a dei comportamenti corretti nei riguardi delle radiazioni UV. Tra questi ricordiamo: una graduale esposizione al sole limitando il più possibile l’esposizione nelle ore più calde, ricordarsi che alberi, ombrelli e tettoie non proteggono completamente dalla luce solare, indossare vestiti protettivi, cappelli e occhiali ad alta protezione, usare creme solari da applicare più volte, evitare l’uso di lampade o lettini abbronzanti, soprattutto prima dei 18 anni.

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La Scienza e non il caso

Dr. Assunta MorresiProf. Associato di Chimica Fisica-Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie-Università degli Studi di Perugia)

Attribuire alla “sfortuna” il rischio di ammalarsi di cancro: questo il succo di un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica “Science” qualche mese fa. Le polemiche e le osservazioni che ne sono seguite sono lo spunto per riflettere sui presupposti della ricerca scientifica e sulle aspettative che ne conseguono, oltre che sulle conseguenze di talune modalità divulgative.

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Approccio funzionale alla medicina della prevenzione

Dr. Filippo OngaroVice-Presidente Associazione Italiana Medici Anti-Aging (AMIA)Vice-Presidente Accademia Funzionale del fitness, wellness e antiaging (AFFWA)Direttore Scientifico Istituto di Medicina Rigenerativa e Anti-Aging (ISMERIAN), Treviso

Con medicina anti-aging, medicina funzionale o con il termine generico di anti-aging vengono oggi raggruppate discipline molto diverse tra loro, alcune delle quali dallo scarso contenuto scientifico. In realtà un intervento profondo sui meccanismi biologici dell’invecchiamento non solo è possibile ma è supportato da importanti evidenze scientifiche. Con l’aumentare delle aspettative di vita e con il parallelo dilagare di numerose malattie cronico-degenerative sembra arrivato il momento di passare ad una nuova medicina pro-attiva che interviene anticipatamente non tanto per aumentare la longevità quanto per assicurare la massima qualità della vita ad una popolazione che invecchia. L’approccio funzionale si propone esattamente questo in modo complementare agli approcci super-specialistici utili soprattutto nelle condizioni acute ma di difficile applicazione nella prevenzione e nella gestione di condizioni croniche. Lavorando infatti su quella rete di processi molecolari e biochimici che caratterizzano la fisiopatologia, la medicina funzionale da un lato anticipa i tempi di intervento rispetto ad approcci classici e dall’altro allarga lo spettro d’azione ad una prevenzione sistemica e multi-organo. Inoltre la medicina funzionale è espressione di un altro passo in avanti fondamentale nella pratica clinica: quello che si caratterizza per un abbandono di una medicina standardizzata per approdare ad approcci personalizzati, costruiti in pratica ad hoc sulle esigenze di ciascun paziente. In tutto ciò hanno un ruolo fondamentale nutrizione e nutraceutica che sono in grado di ottimizzare il metabolismo del paziente con un rischio ridotto di effetti collaterali.

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FACULTY:

Dott.ssa Albini Adriana (Dir. Dipartimento Infrastruttura Ricerca e Statistica, Arcispedale S. Maria Nuova - IRCCS REGGIO EMILIA, Dir. Scientifico Fondazione Multimedica Onlus, MILANO)

Prof. Amunni Gianni (Dir. Operativo Istituto Toscano Tumori e Dir. Generale Istituto per lo Studio e la Prevenzione Oncologica, FIRENZE)

Dott.ssa Bartolozzi Emanuela (Medico Nutrizionista Docente a.c. Università di FIRENZE)

Dott. Benelli Roberto (Presidente LILT PRATO già Dir. U.O. Urologia, PRATO)

Dott. Candidi Tommasi Alberto (Direttore Sanitario LILT PRATO già Dir. Sez. Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva, PRATO)

Prof.ssa Di Fonzo Elisa (Docente di Dermatologia presso Università di FIRENZE)

Prof.ssa Morresi Assunta (Prof. Associato di Chimica Fisica-Dipartimento di Chimica, Biologia e Biotecnologie-Università degli Studi di PERUGIA)

Dott.ssa Nincheri Kunz Maria (Presidente AMCI Prato e Toscana, Vicepres. LILT PRATO già Dirigente 1° livello Clinica Chirurgica Università di FIRENZE)

Dott. Ongaro Filippo (Direttore Centro Antiage, TREVISO)

Dott. Poli Riccardo (Direttore ISPO, FIRENZE)

Si ringrazia:

AssociazioneMedici Cattolici Italiani

Diocesi di Prato

BIOETICA DELLO STILE DI VITA

NELLA PREVENZIONE DEI TUMORI