Artículo en Italiano: Mecanismos Neurobiológicos del DHS por Dr. Danilo Toneguzzi
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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Lorigine della malattia. Nel 1981 il dott. Hamer condens nella
Legge ferrea del cancro la prima legge biolo-gica da lui scoperta: ogni programma speciale,
biologico e sensato (SBS) inizia con una DHS
(Sindrome di Dirk Hamer), cio con uno shock conflittuale gravissimo, inaspettato, altamente
drammatico e vissuto nellisolamento (Hamer, 1981). La scoperta che le malattie corrispondo-
no ad un processo biologico con una sequenza
di fasi ben precise (programma SBS) e che sono
causate da un evento psichico con determinate
caratteristiche (DHS) ha posto le basi per una
nuova comprensione della genesi della malattia
e per un definitivo superamento del dualismo
tra mente e corpo.
Con la formulazione della legge ferrea del
cancro, il dott. Hamer ha operato un cambio di
paradigma totale, una vera e propria rivoluzione
copernicana che ha permesso finalmente di po-
ter dare risposta alla domanda che dalla notte
dei tempi luomo si pone, cio: Perch ci si ammala?, e ha ridefinito la malattia come evento sensato dellorganismo, non, cio, sba-gliato come si era, invece, sempre pensato.
DHS lacronimo di Sindrome di Dirk Ha-mer, nome che il dott. Hamer diede allevento che lo colpi personalmente nel 1978, quando
suo figlio fu ucciso e che, in seguito, gli caus
un cancro al testicolo. La DHS un evento che
colpisce lindividuo in maniera inaspettata, uno shock acuto, drammatico che lo coglie in con-
tropiede e che da luogo ad una cascata di eventi
biologici; tra laltro, tali conseguenze, attivate
dalla DHS, da sempre indicate con i termini di
sintomi o malattia, non sono casuali ma se-guono una sequenza precisa andando a costitui-
re un processo biologico denominato, invece,
dal dott. Hamer Programma SBS, dove SBS sta per sensato, biologico e speciale.
La DHS, quindi, da avvio ad un programma
SBS; in altri termini, uno shock inaspettato de-
termina lattivazione di un funzionamento nor-malmente inteso come patologico dellorgani-smo. Per dirla in termini ancora diversi, un
evento psichico sta alla base e determina un
evento fisico e quindi la malattia la precisa
espressione sul corpo di un preciso evento emo-
tivo.
Ma vediamo, nello specifico, come avviene
tutto ci.
Antecedenti nella letteratura del Novecento.
Nella letteratura scientifica e tradizionale,
lidea di una correlazione tra eventi emotivi e malattie, in realt, viene da molto lontano, so-
prattutto da quando, nel secolo scorso, si aper-
to un filone di ricerca in merito allo stress e alle sue conseguenze sulla salute. Pioniere di
tale filone fu Hans Selye il quale, scrivendo una
lettera alla rivista Nature gi nel 1936 diede avvio a questo campo dindagine che, a tuttog-gi, si stima abbia prodotto non meno di 150.000
pubblicazioni (Favretto, 1994). Gli studi sullo
stress, infatti, iniziati da Selye ma proseguiti
successivamente da altri numerosissimi ricerca-
tori, rappresentano i pilastri delle concezioni da
cui si sviluppata la Medicina Psicosomatica in
[ APPROFONDIMENTI IN: NEUROSCIENZE ]
MECCANISMI NEUROBIOLOGICI DELLA DHS
La Sindrome di Dirk Hamer (DHS), un evento shockante che colpisce lindividuo in maniera inaspettata, rappresenta linizio del processo di malattia. Le recenti acquisizioni della neurobiologia spiegano esattamente cosa succede a livello psi-
chico, cerebrale ed organico durante la DHS e come mai la tutta ricerca sullo
stress abbia fallito, mantenendo i ricercatori allinterno dellantica convinzione della malattia come errore della natura.
Dr. Danilo Toneguzzi
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dorazione, ecc (Cannon, 1929).
La ricerca sullo stress.
Selye, il ricercatore che, come detto pocanzi, apr la strada a tutto il filone di ricerca sullo
stress e sul concetto di psicosomatica, scopr suc-
cessivamente che le reazioni fisiologiche studiate
da Cannon non erano le uniche manifestate da un
organismo in difficolt ma che costituivano una
concatenazione di eventi omeostatici e modifica-
zioni fisiologiche nella funzione di adattamento
di cui la reazione dallarme non che il primo passo. Per questo, prendendo a prestito un termi-
ne dalla metallurgia che indicava gli effetti delle
grandi pressioni sui metalli, Selye denomin
stress quel insieme di modificazioni a carico
dellorganismo e, pi specificatamente, Sindrome Generale di Adattamento quel processo, articola-
to in tre fasi e finalizzato alladattamento, scate-nato da stimoli stressanti di natura diversa (Selye,
1936).
Per Selye, lo stress una risposta generale, aspecifica dellorganismo a qualsiasi richiesta proveniente dallambiente (Selye, 1974). Il con-cetto fondamentale consiste nellevidenziare qualcosa che avviene generalmente, in modo
aspecifico, indipendentemente dalla natura dello
stimolo. Da questo punto di vista, la teoria della
Sindrome Generale di Adattamento di Selye fu
estremamente innovativa: con il suo carattere
aspecifico venne messa in luce lesistenza di un meccanismo che elude la tradizionale visione che
un effetto, una risposta biologica, sia sempre ri-
conducibile ad una sola causa. Tradizionalmente,
tutta la seconda met del Novecento. Ma il suc-
cesso della Medicina Psicosomatica rimane a
tuttoggi quanto mai controverso: nonostante una serie di acquisizioni pi o meno accettate,
lascia aperti alcuni interrogativi fondamentali.
Ad esempio, come si spiega la scelta dellorga-no? Cio, perch lo stress determinerebbe in al-
cuni soggetti una dermatite ed in altri unasma? Oppure, perch determinati soggetti, visibil-
mente stressati, non si ammalano? E perch
qualcuno, pur conducendo una vita, tutto som-
mato, tranquilla, sviluppa un tumore? Ed infine,
perch spesso si pu notare che le persone non
si ammalano sotto stress, ma quando lo stress
finisce, come ad esempio nel caso dellemicra-nia da week-end o nel caso in cui gli individui
si ammalano quando vanno in vacanza? A que-
sti interrogativi la medicina psicosomatica non
mai riuscita a dare delle risposte precise e uni-
voche.
In ogni caso, gli antecedenti delle acquisizio-
ni che connettono gli eventi psichici agli eventi
fisici vanno ricercati gi allinizio del secolo scorso. Un contributo fondamentale avvenne ad
opera di Walter Cannon, il quale diede una
svolta fondamentale nella comprensione dei
meccanismi di funzionamento dellorganismo formulando la teoria dellomeostasi (Cannon, 1932). Nel continuo rapporto con lambiente in cui immerso, cio, lorganismo vivente im-pegnato incessantemente nel mantenere costanti
le condizioni del suo ambiente interno: lomeo-stasi, quindi, , al tempo stesso un mezzo ed un
fine per la sopravvivenza degli individui. In
questo processo di continuo adattamento, lor-ganismo interviene sullambiente e reagisce ad esso per mantenere lequilibrio. Cannon identi-fic tra queste reazioni dellorganismo impe-gnato nel processo di adattamento una specifica
forma che chiam reazione dallarme, ovvero una risposta automatica che viene attivata in de-
terminate condizioni particolari. Egli aveva
messo in evidenza, ad esempio, come un incre-
mento della secrezione di adrenalina e noradre-
nalina da parte della porzione midollare delle
ghiandole surrenali avesse una funzione indi-
spensabile, anche negli animali, nel predisporre
lorganismo a comportamenti di attacco e di fu-ga. Tale reazione si accompagna, infatti, allau-mento della pressione sanguigna, allincremento della frequenza cardiaca, alla vasocostrizione
periferica, alla dilatazione pupillare, alla ridu-
zione della salivazione, allincremento della funzionalit respiratoria, allaumento della su- Tabella 1. Lo stress secondo Selye
STIMOLO
ORGANISMO
STRESS
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infatti, si era portati a ritenere che la risposta
dellorganismo fosse specifica al tipo di richie-sta: ad esempio la sudorazione come reazione al
caldo, il brivido come risposta al freddo e cos
via. Selye, invece, enfatizza una risposta aspeci-
fica, una sindrome generale che ha la funzione
di favorire ladattamento dellorganismo ad uno stimolo stressante, indipendentemente dalla sua natura, dove la reazione dallarme di Can-non rappresenta solo il primo passo.
Passo dopo passo, le considerazioni di Selye
giunsero a considerare lo stress come un feno-
meno naturale e fisiologico e, come tale, qual-
cosa che non pu e non deve essere evitato: La completa libert dallo stress la morte. Contra-
riamente a quello che si pensa solitamente, non
dobbiamo e, in realt, non possiamo evitare lo
stress, ma possiamo incontrarlo in modo effica-
ce e trarne vantaggio imparando di pi sui suoi
meccanismi, ed adattando la nostra filosofia
dellesistenza ad esso (Selye, 1974) Mosso dalle sue osservazioni, Selye tent di
interpretare in modo semplice la concatenazione
di eventi biologici, di meccanismi e di risposte
che, se da un lato si connettevano alle scoperte
di Cannon sulla generale reazione dallarme e sullidea dellorganismo impegnato costante-mente nella funzione omeostatica e di adatta-
mento, dallaltro non apparivano giustificabili nellambito di una scienza biomedica che in quei tempi si sosteneva in modo molto struttura-
to sullo studio delle manifestazioni patologiche
come effetti specifici di cause specifiche. Per-
tanto lobiettivo che coinvolse Selye fino alla fine fu quello di ricercare quel principio o quel-
la sostanza biochimica in grado di giustificare
quel complesso di reazioni che lui aveva consi-
derate generalizzate e sintoniche in grado di
presentarsi stereotipate anche di fronte a richie-
ste e a stimoli ambientali (nocivi e non) ampia-
mente diversi. Questo ipotetico first mediator, come lo defin Selye, o mediatore unico era quella sostanza, presente in tutti i tipi di stress,
in grado di giustificare e di spiegare una cos
ampia e variegata gamma di cambiamenti: una
sostanza in grado di scatenare la medesima Sin-
drome Generale di Adattamento da stimoli mol-
to diversi. In primis egli identific questo me-
diatore unico nellormone adrenocorticotropo ACTH, che sembrava essere presente in tutte le
risposte di stress negli animali da laboratorio;
successivamente, per, dal momento che
lACTH presente prevalentemente in una del-le tre fasi della sindrome, Selye ipotizz che
probabilmente il mediatore unico andava ricerca-
to nelle sostanze che negli anni Ottanta vennero
isolate nel cervello, le encefalite e le endorfine.
Nello specifico, la Sindrome Generale di
Adattamento descritta da Selye si articola in tre
fasi fondamentali.
La prima fase sidentifica con la reazione di allarme scoperta da Cannon e denominata anche
da Selye, per lappunto, fase dallarme. Essa caratterizzata dalle attivazioni del sistema neuro-
vegetativo, di tipo adrenergico, in cui la secrezio-
ne delle principali catecolamine, adrenalina e no-
radrenalina, permette una rapida reazione del si-
stema nervoso autonomo simpatico. Adrenalina e
noradrenalina, infatti, sono due ormoni secreti
dalla midollare del surrene che vengono utilizzati
quali mediatori intersinaptici nel sistema simpati-
co e che permettono unimmediata risposta del nostro organismo ad uno stimolo stressante. La
fase dallarme, tra laltro, viene suddivisa da Selye in due sottofasi: la fase dello shock, che
corrisponde ad uniniziale caduta al di sotto del livello fisiologico di funzionamento dellorgani-smo, e quella di controshock, che corrisponde, di
fatto al secondo momento, reattivo, nel quale si
attiva il sistema simpatico grazie lintervento del-le catecolamine. In ogni caso, la fase di allarme
necessariamente rapida ed immediata, ma anche
labile, vista la velocit con la quale adrenalina e
noradrenalina vengono metabolizzate.
La fase successiva della Sindrome Generale di
Adattamento chiamata da Selye fase di resisten-
za. Questa fase ha una durata maggiore ed so-stenuta da fenomeni endocrini in cui lACTH ed altri ormoni adenoipofisari, cio della porzione
anteriore dellipofisi, hanno una funzione fonda-mentale. Se, quindi, nella risposta ormonale im-
mediata della fase dallarme viene sollecitata la midollare del surrene, nella fase di resistenza la
parte corticale del surrene ad essere interessata,
con il rilascio degli ormoni glucocorticoidi, in
particolare del cortisolo. Leffetto di tali ormoni sempre quella, come nel caso delle catecolamine,
di mantenere alta lattivazione del sistema nervo-so simpatico, che predispone lorganismo alle azioni necessarie ai fini delladattamento. La fase della resistenza perdura tutto il tempo nel quale
permane lo stimolo stressante e, secondo Selye,
sarebbero proprio i fenomeni legati allo stress, ed
in particolare alla fase di resistenza della Sindro-
me Generale di Adattamento, a contribuire a
quelle manifestazioni di deterioramento che ve-
dono nella vecchiaia lespressione pi visibile. Se la fase di resistenza perdura troppo a lungo, infat-
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ti, si manifesta nellorganismo la terza fase, se-condo Selye della Sindrome Generale di Adat-
tamento, che egli denomin fase di esaurimen-to, nella quale si assiste ad un vero e proprio
sfiancamento delle risorse dellorganismo, con una perdita graduale della vitalit stessa e lin-sorgenza, quindi, di malattie.
In sintesi, quindi, secondo Selye, lo stress
viene visto come una reazione fisiologica aspe-
cifica, finalizzata alladattamento, a qualunque richiesta di modificazione esercitata sullorgani-smo da una gamma assai ampia di stimoli etero-
genei, ed espressa essenzialmente da variazioni
di tipo endocrino (attivazione della midollare e
della corteccia del surrene) che sbilanciano il
sistema neurogetativo a favore del sistema sim-
patico. I punti salienti sono quindi:
il carattere di aspecificit;
il carattere fondamentalmente adattivo;
il carattere di reazione neurovegetativa a
mediazione endocrina.
La teoria di Selye, che in ogni caso apr la
strada ad un ricchissimo filone di ricerca, mani-
fest ben presto delle lacune. In primo luogo, le
ricerche effettuate da Selye partivano dallanali-si degli effetti sullorganismo da parte di agenti stressanti fisici o chimici messi a diretto contat-
to con lorganismo, come inoculazione di so-stanze o contatto con agenti fisici; sappiamo,
per, dallesperienza che non soltanto tali sti-moli, fisici o chimici prossimali, sono in grado
di produrre risposte di stress: anche agenti dista-
li, quali un evento relazionale o uninformazio-ne, possono rivelarsi fonti di stress che, quindi,
inducono una risposta non tanto sulla base di
una componente fisica misurabile, quanto piut-
tosto sulla base della risonanza psicologica sog-
gettiva che sono in grado di determinare. Questa
considerazione ha aperto tutto un filone di ricerca
sul significato simbolico e sulla risonanza intra-
psichica che determinati stimoli detengono, evi-
denziando significative variabilit che differen-
ziano risposte di individui diversi nei confronti di
uno stesso stimolo. In secondo luogo, se stimoli
cos diversi possono indurre una reazione biolo-
gica da stress, come possibile che esista un uni-
co identico fattore neurormonale, come era stato
identificato lACTH, quale mediatore comune (first mediator)? Infine, a proposito del carattere
di aspecificit, se la risposta di stress unica, per-
ch gli individui si ammalano di malattie diverse?
Il ruolo delle emozioni.
Le ipotesi su quale fosse lagente di attivazio-ne della Sindrome Generale di Adattamento si
spostarono, pertanto, dallidea originaria di Selye di un unico mediatore biochimico a quel substra-
to di natura psicofisiologica che coincide, di fat-
to, con le strutture ed i meccanismi che sostengo-
no le emozioni. Esponente di maggior spicco di
tale ipotesi fu J. Mason il quale, partendo dallos-servazione che lasse ipotalamo-ipofisi-corticosurrene reagisce ad un gran numero di sti-
moli psicosociali, suscettibili di indurre una rea-
zione emozionale e che la reazione corticosurre-
nale a stimoli emotivi sostanzialmente identica
a quella descritta da Selye nella fase di resistenza
della reazione da stress, effettu una serie di ri-
cerche basate sulla dissociazione dello stimolo
fisico dallo stimolo emotivo nello stress dando un
sostegno empirico alla teoria da lui formulata se-
condo la quale il mediatore nella reazione da
stress sarebbe proprio lemozione (Mason, 1971). In questa prospettiva, sia lattivazione del sistema ipotalamo-ipofisi-corticosurrene che lattivazione della midollare del surrene che seguono allespo-sizione a stimoli fisici di varia natura sarebbero
comunque una diretta conseguenza delleccita-mento emozionale che accompagna o precede
immediatamente la stimolazione fisica. A svolge-
re unazione generalizzante sarebbero, quindi, per Mason, i medesimi meccanismi psicofisiologici
coinvolti nelle emozioni e sostenuti dagli apparati
neuroanatomici che presiedono alla genesi, al
mantenimento ed al verificarsi delle manifesta-
zioni centrali e periferiche legate alle emozioni
stesse.
La prospettiva di Mason fu particolarmente
significativa dal momento che, attribuendo un
ruolo fondamentale alle implicazioni emotive, ha
Tabella 2. Le tre fasi della Sindrome Generale di Adatta-mento
STRESSORS
FASE DI ALLARME
FASE DI RESISTENZA
FASE DI ESAURIMENTO
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permesso di comprendere meglio i dati speri-
mentali che depongono in favore sia della speci-
ficit che della aspecificit dello stress.
La ricerca sullo stress parte, quindi, dallos-servazione di determinate reazioni generali
dellorganismo in risposta a richieste ambientali generate da stimoli di natura diversa; la compre-
senza, per, sia di elementi aspecifici, come la
Sindrome Generale di Adattamento, che di ele-
menti specifici in base alla natura degli stimoli,
ha indirizzato progressivamente tali ricerche sul
versante delle reazioni emotive e sulle loro im-
plicazioni, un campo di studio, peraltro, quanto
mai controverso e difficile in tutta la storia delle
neuroscienze. Anche il ruolo e i meccanismi di
funzionamento delle emozioni, infatti, hanno
rappresentato da sempre un campo di indagine
da parte di filosofi e scienziati, senza giungere,
di fatto, ad una definizione e ad una compren-
sione unanimemente condivisa: come afferma-
no Fehr e Russel, ognuno sa cos unemozio-ne finch gli si chiede di definirla (1984)
Limportanza delle emozioni nelle reazioni dellorganismo finalizzate alladattamento e, nello specifico, nella Sindrome Generale di
Adattamento ha portato, in ogni caso, alcuni ri-
cercatori ad elaborare il concetto di stress psico-logico, indirizzando, cos, inevitabilmente, que-sto filone di ricerca sempre pi nella strada del-
le correnti psicologiche.
Magda Arnold, dapprima, e Richard La-
zarus, successivamente, hanno, ad esempio,
centrato le loro ricerce sul concetto di
valutazione soggettiva dello stimolo stressante: se uno stimolo non valutato come rilevante per
lindividuo, a livello conscio o inconscio, non si verifica alcuna attivazione emozionale e dunque
non sar considerato stressante. Questa prospetti-
va, che vede, quindi, nella valutazione congitiva
la condizione necessaria e sufficiente dellemo-zione rimane tuttora la pietra angolare della pro-spettiva cognitivista (Lazarus, 1991)
Una voce particolarmente importante, che si
distacc dalla corrente pi accreditata in merito
alla ricerca sullo stress e che, come spesso succe-
de, fu boicottato dallestabilishement accademi-co, fu Henri Laborit, un biologo francese che ne-
gli anni Settanta scopr che i disordini somatici
causati da aggressioni psicosociali sono provocati
da uno stato particolare che lui denomin di ini-
bizione dellazione. In seguito scopr anche che linibizione dellazione persistente provocava di-sturbi a carico della memoria.
Nelle sue ricerche, Laborit utilizzava la proce-
dura dellinvio di uno stimolo doloroso (una scossa di corrente) a dei ratti rinchiusi in una gab-
bia.
Nella prima situazione, il ricercatore mandava
la scossa sul pavimento della gabbia, comunican-
te attraverso una porta con unaltra gabbia non
Tabella 3. Lo stress secondo Mason
STIMOLO
ATTIVAZIONE EMOZIONALE
STRESS
Tabella 4. Lo stress psicologico secondo Lazarus.
VALUTAZIONE
EMOZIONE
STRESS
STIMOLO
NEUROBIOLOGIA DELLA DHS
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raggiunta dalla corrente: alla scossa, il ratto im-
parava velocemente a passare nellaltra gabbia e se le condizioni si invertivano (la scossa era in-
viata nella gabbia in cui il ratto era fuggito)
questi ritornava velocemente nella prima. Sotto-
posto a tali stress per una settimana, il ratto non
presentava alcuna lesione patologica: la sua sa-
lute restava eccellente.
Nella seconda situazione, la gabbia su cui
veniva inviata la scossa elettrica non comunica-
va con nessunaltra gabbia ma allinterno veni-vano posti due ratti, anzich uno solo, come
nella prima situazione. Alla scarica elettrica, i
ratti non potevano fuggire e iniziavano a lottare
tra di loro: dopo una settimana di esposizione a
tale stress, le loro condizioni di salute si rivela-
vano eccellenti.
Nella terza situazione, la gabbia era sempre
isolata ed il ratto era solo. Alla scarica elettrica,
il ratto non poteva fuggire n combattere con
qualcun altro: dopo una settimana, presentava
segni di dimagrimento importante, ipertensione
arteriosa e lesioni multiple alla mucosa gastrica.
Henri Laborit imposta lo studio del cervello
e dello stress attraverso il concetto di aggressio-
ne: "Quando incontriamo nell'ambiente esseri e
cose che ci sono gradevoli, che ci permettono di
mantenere questo principio del piacere, nei
mammiferi abbiamo un sistema che permette di
memorizzare la strategia che abbiamo utilizza-
to, la nostra esperienza: ricominciamo lo stesso
comportamento per ritrovare il piacere. () Se invece, al contrario, il vostro contatto con l'am-
biente pericoloso, se non fa piacere, se dolo-
roso, cominciate a fuggire e, se non potete fug-
gire, combattete, vale a dire vi orientate verso
l'ambiente per distruggere l'oggetto del vostro
risentimento.
La novit, la scoperta che, quando non potete n farvi piacere, n fuggire, n lottare, vi
inibite. Il significato biologico dell'inibizione :
meglio non agire, per non essere distrutti
dall'aggressione. Ci va bene se serve a salvare
al momento la vostra pelle, la vostra struttura.
Ma se non siete in grado di sottrarvi molto rapi-
damente, da questo stato di inibizione, di attesa
in tensione, allora in quel momento comincia
tutta la patologia (Laborit, 1990). Secondo Laborit, questa inibizione d'azione
si accompagna alla liberazione di ormoni come
i glucocorticoidi e neuro-ormoni come la nora-
drenalina che tendono ad indebolire fino a di-
struggere il sistema immunitario. Ci genera
vulnerabilit alle infezioni ed ai tumori. Non si
fa un cancro per caso, sostiene Laborit e la lista
delle malattie dell'adattamento lunga.
La sindrome dinibizione dell'azione, che sin-staura allorch l'aggressione psicosociale si pro-
trae nel tempo e non risolvibile n con la lotta
n con la fuga, ha un aspetto chimico, un aspetto
neurofisiologico ed un aspetto comportamentale.
Per Laborit, la salute non soltanto il mante-
nimento dell'omeostasi ristretta, dell'equilibrio
interno, ma significa mantenere il proprio equili-
brio in relazione all'ambiente esterno, con il quale
dobbiamo negoziare in continuazione le condi-
zioni per il nostro equilibrio. Quando ci non
possibile, la risposta naturale la lotta o la fuga
per eliminare ci che ci impedisce di essere in
equilibrio. Ma se le condizioni ambientali non ci
consentono n di gratificarci, n di lottare, n tan-
to meno di fuggire, l'ambiente ci modifica al di l
delle possibilit di difesa. In questo caso, si dice
che "subiamo l'ambiente", in altre parole ne rice-
viamo un'aggressione, e allora il rapporto con
l'ambiente ci disorganizza. Per Laborit, quindi,
nellaggressione, intesa in questi termini, che tut-te le dis-regolazioni e le patologie hanno inizio.
La Medicina Psicosomatica.
Lipotesi, quindi, di una correlazione tra men-te e corpo, tra eventi psichici ed eventi fisici ha
alimentato nel corso della storia prevalentemente
Tabella 5. Stress e Malattia secondo Laborit
STIMOLO STRESSANTE
INIBIZIONE AZIONE
MALATTIA
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la ricerca intorno allo stress e ai suoi meccani-
smi; questo concetto ha subito una graduale
evoluzione, sulla, base comunque della formu-
lazione originaria di Selye. Paolo Pancheri, nel-
la sua opera Stress, Emozioni, Malattia, un classico della Medicina Psicosomatica, defini-
sce lo stress come la risposta dellorganismo ad ogni richiesta di modificazione effettuata su
di essa. Questa risposta si manifesta sia a livello
fisiologico che a livello comportamentale, ed
mediata da unattivazione emozionale indotta da una valutazione cognitiva del significato del-
lo stimolo. Essa relativamente aspecifica, nel
senso che unampia gamma di stimoli pu inne-scarla, ma personalizzata in rapporto al signifi-
cato dello stimolo per il singolo individuo, e al-
le sue modalit di reazione psicofisiologica. Lo
stress , di per s, una reazione fisiologica, adat-
tativa, caratteristica della vita, che pu tuttavia
assumere un significato patogenetico quando
prodotta in modo troppo intenso per lunghi pe-
riodi di tempo o quando ostacolata nel suo re-
golare svolgimento. (Pancheri, 1979) Alla fine degli anni Settanta, quindi, proprio
nel periodo in cui il dott. Hamer fu colpito dalla
sua tragedia familiare, le acquisizioni inerenti il
rapporto tra emozioni e malattia, patrimonio or-
mai decennale dei ricercatori, erano fondate sul
concetto di stress e sulle sue conseguenze
nellorganismo. Queste acquisizioni potevano essere cos riassunte:
1. Esistono dei meccanismi di attivazione
dellorganismo, la cosiddetta Sindrome Ge-nerale di Adattamento, che vengono inne-
scati da stimoli stressanti, cio in grado di
produrre tale mobilitazione organismica.
2. Gli agenti stressanti possono essere sia di
natura fisica o chimica cos come di natura
psicosociale, agendo, pertanto, direttamente
o mediante lintervento delle funzioni psi-chiche ed emozionali. Esiste, pertanto, una
soggettivit della risposta.
3. Tale attivazione avviene attraverso la media-
zione dei sistemi reattivi emozionali che agi-
scono sul sistema neuroendocrino ed immu-
nitario. Gli agenti stressanti, quindi, vanno
ad alterare le funzioni del sistema neurove-
getativo, del sistema endocrino e del sistema
immunitario.
4. Esistono risposte specifiche e risposte aspe-
cifiche che si sintonizzano con tre parametri
fondamentali: lo stato psicofisiologico pre-
cedente levento, i fattori endogeni, come il patrimonio genetico e le caratteristiche di
personalit, e i fattori esogeni legati allap-prendimento, allalimentazione, alluso di far-maci, ecc.
5. Tutta questa catena di eventi biologici, la co-
siddetta risposta individuale di stress pu essere considerata un precursore di malattia Gli agenti stressanti influenzano, quindi, il
terreno biologico sul quale si pu inserire la malattia.
La spiegazione, poi, della scelta dellorgano av-veniva sulla base delle seguenti ipotesi:
1. Predisposizione genetico-costituzionale o debolezza dorgano. Questa, in realt, la posizione della medicina organicistica, che
nega linfluenza dei fattori emozionali nella genesi della malattia.
2. Teorie psicodinamiche. Secondo questi mo-delli, che affondano le loro radici nella cor-
rente psicoanalitica, gli stimoli esterni attive-
rebbero dei conflitti inconsci, secondo un
meccanismo di conversione simbolica me-diata dai meccanismi psichici di difesa.
3. Teorie comportamentistiche. Secondo questi
modelli la risposta dellorgano appresa, se-condo dei meccanismi di stimolo e rinforzo.
4. Teorie psicosociali. Secondo questo modello
la malattia legata alle pressioni dellambien-te ad opera degli stimolo stressanti. Stimoli
ambientali specifici interagirebbero con i pro-
grammi di risposta biologici dellindividuo, determinati in parte geneticamente ed in parte
in base alle esperienze infantili.
5. Teoria della personalit. Secondo questo mo-dello sarebbero elementi della personalit in-
dividuale a predisporre lindividuo a determi-nate malattie piuttosto che altre, come la per-
sonalit di tipo A, individuata quale fattore
predisponente le malattie di tipo cardiologico.
6. Modelli integrativi. Alcune teorie cercano di
integrare le varie ipotesi in un modello on-nicomprensivo, nel quale vengono presi in
considerazione sia gli aspetti comportamentali
delle emozioni che quelli biologici. Secondo
tali modelli, la reazione dellorganismo si ma-nifesta sia su base biologica che comporta-
mentale.
Tali considerazioni rappresentavano lo scena-
rio della ricerca della fine degli anni Settanta, ma
non sono molto diverse da ci che la ricerca ha
elaborato in merito ai meccanismi psicosomatici
nei decenni successivi, fino ai giorni nostri. Il
concetto che colpisce maggiormente quello del-
la predisposizione alla malattia o precursore di malattia o terreno biologico: lo stress agi-
NEUROBIOLOGIA DELLA DHS
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rebbe in definitiva in tale direzione, favorendo,
cio, linsorgenza delle malattie nel momento in cui gli stimoli stressanti altererebbero le condi-
zioni biologiche dellorganismo. In definitiva, si potrebbe riassumere che tutta
la ricerca sullo stress, quindi, proseguita con lo
sviluppo e le elaborazioni della medicina psico-
somatica, invece di arrivare ad una spiegazione
finalmente plusibile in merito allorigine della malattia e soprattutto che andasse oltre la tradi-
zionale separazione tra malattie del corpo e del-
la psiche, ha aggiunto unipotesi in pi, renden-do ancora pi confusa letiologia con i concetti di multicausalit o multifattorialit. Tutta la ri-
cerca sullo stress, in definitiva, lascia sostan-
zialmente intatta la concezione millenaria che la
malattia qualcosa, unentit - ovviamente sbagliata, temibile e da combattere - che pu
colpire lorganismo, senza che nessuno possa dire perch.
Afferma Pancheri, infatti: alla luce di quan-to emerso dallo studio dello stress dalla prima
formulazione di Selye fino ad oggi, appare chia-
ro come tale suddivisione (tra malattie somati-
che e malattie psicosomatiche) sia priva di si-
gnificato, e come stressors di varia natura
(fisica, biologica o psicosociale) possano, diret-
tamente o attraverso una mediazione emoziona-
le, influenzare il terreno biologico sul quale si
inserisce la malattia (1979)
Il concetto immutato di malattia.
La malattia, quindi, salva! Chiamata anche entit nosografia, la patolo-
gia non centra con lo stress: questultimo re-sponsabile solamente di renderle la vita pi faci-
le. La presunta unificazione tra mente e corpo ri-
mane viva solo nelle parole. Sempre il padre del-
la medicina psicosomatica italiana afferma, infat-
ti, ancora: Alcune malattie possono ancora esse-re considerate come prodotte da ununica causa (ad esempio la paraplegia da sezione del midollo
spinale), ma in molte altre, definite spesso come
idiopatiche o essenziali, letiologia certamente pluricausale, senza possibilit di individuare una
causa predominante. Anche dove, tuttavia, un
agente patogeno appare strettamente connesso a
una particolare malattia, possibile quasi sempre
individuare una serie di concause dotate di potere
patogeno a livello del terreno biologico. Ogni
malattia dove sia individuabile un agente patoge-
no principale, infatti, pu essere vista come la ri-
sultante di due fattori: laggressivit dellagente patogeno da un lato e le condizioni dei sistemi
biologici di difesa (il terreno) dallal-tro (Pancheri, 1979).
Negli ultimi trentanni, la ricerca sullo stress ed, in particolare, la medicina psicosomatica han-
no imboccato, purtroppo, un tunnel da cui non
riescono pi ad uscire ed hanno determinato le-satto opposto di ci che probabilmente era nelle
loro intenzioni originarie: cercando, probabil-
Tabella 6. Le emozioni in medicina psicosomatica.
MALATTIE PRECEDENTI
Sist. ENDOCRINO Sist. VEGETATIVO Sist. IMMUNITARIO
DIFESE terreno
biologico
STRUTTURA GENETICA
IMPRINTING
AMBIENTE FISICO
FATTORI EMOZIONALI
MA
LA
TT
IA
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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mente di riunire lorganismo in una visione oli-stica, lo ha spezzettato ancora di pi!
La funzionalit e la ricettivit di questi si-stemi (neurovegetativo, endocrino e immunita-
rio) sono a loro volta controllate da una serie di
fattori reciprocamente ineteragenti tra loro: la
struttura genetico-costituzionale, limprinting psicobiologico, lambiente fisico e, infine, i de-terminanti emozionali e psicosociali.
I determinanti emozionali e psicosociali, e la
reazione di stress da essi dipendente, sono dun-
que sempre delle concause nella genesi delle
malattie a etiologia totalmente o parzialmente
multicausale. Essi, a seconda del momento in
cui agiscono, della loro intensit e durata e della
loro interazione con altri determinanti, possono
agire come elementi predisponesti o come fatto-
ri scatenanti. Il punto importante da sottolineare
che, allo stato attuale delle nostre conoscenze,
non dimostrato un rapporto specifico tra tipo
di attivazione emozionale e tipo di malattia so-
matica sviluppata anche quando il ruolo deter-
minante dello stress emozionale stato accerta-
to.
Le differenze nel tipo di malattie sviluppate
per cause emozionali dipendono dalla particola-
re vulnerabilit dei singoli organi a sua volta
dipendente da fattori puramente fisico-biologici
o genetico-costituzionali (Pancheri, 1979). innegabile che la ricerca sullo stress, da
Cannon a Mason, era partita bene, ma, successi-
vamente, si intrappolata allinterno dello stes-sa paradigma da cui ha tentato di staccarsi: Car-
tesio , in effetti, pi duro a morire di quel che
non si pensi! Nel tentativo di decollare dal ridu-
zionismo di fine Ottocento, in una direzione -
quella olistica o sistemica - che gi la fisica
quantistica ed i modelli cibernetici della prima
met del Novecento lasciavo intravedere, la me-
dicina psicosomatica miseramente scivolata di
nuovo nel meccanicismo riduzionistico dei se-
coli passati, condito solamente dai nuovi con-
cetti quali: idiopatico, polietiologico, multifatto-
riale, multicausale, ecc. Invece che riunire,
spezzetta ancora di pi.
Leffetto pi tragico del moderno riduzioni-smo lo si vede nel fiorire delle cosiddette qui-
pe multidisciplinari, che sembrano tanto alla-vanguardia ma che tanto pi multiple sono, tan-
to pi dividono il paziente: i clinici si sentono molto tranquilli e progressisti quando includono
uno psicologo nella loro equipe medica - meglio
ancora se uno corporeo - cos si formano le quipe multidisciplinari, in cui multiplo il nu-
mero di persone che vedono parti diverse dello
stesso soggetto (Shnake, 1995). Sostiene ancora la Shnake: La Medicina Psi-
cosomatica un grande schermo che copre uno
dei fallimenti pi drammatici della medicina. Si
ampliano i servizi, si aggiunge personale
specializzato nelle quipe oncologiche, si orga-nizzano congressi ove si riconosce il fattore psi-
cologico nel cancro o nellasma, nelle gravidanze tubariche, nellulcera, negli incidenti automobili-stici La psichiatria e la psicologia hanno vinto la loro battaglia! Non c pi un quadro clinico in cui non riconosciuto il fattore psicologico. Fi-
nalmente la dimensione psichica forma parte
dellessere umano. () Eppure non sono riusciti a divincolarsi dallattraente approccio medico, che insiste nel chiamarsi scientifico e che li ha
obbligati a costruire un ibrido con cui sono con-
sapevoli di non aumentare la saggezza del corpo
n contribuire - come era il sogno di Freud - ad
una maggiore libert delluomo, a renderlo meno dipendente e schiavo dellaltro (Shnake, 1995)
Ma se la Medicina Psicosomatica, che si pone
come la disciplina che, per eccellenza, tenta di
superare il dualismo mente-corpo, al di l delle
presunte apparenze, scivolata nuovamente nel
riduzionismo meccanicistico dei secoli antichi,
unaltra recente disciplina, la psico-oncologia, che presume anchessa unattitudine olistica nei confronti del paziente, scivolata ancora pi in
basso. In uno dei testi pi accreditati nella lettera-
tura italiana, il Manuale pratico di psico-oncologia, addirittura lex Ministro della Salute, prof. Girolamo Sirchia, arriva al coraggio di af-
fermare nelle prime righe di presentazione: La Psico-oncologia costituisce in ambito sanitario un
riferimento per tutti coloro - oncologi, psicologi,
psichiatri, psicoterapeuti - che nel trattamento
della malattia neoplastica hanno una visione oli-
stica del malato, tesa a tutelare e favorire una mi-
gliore qualit di vita del paziente considerandolo
nella sua complessit, vista la inscindibilit negli
esseri umani della componente biologica da quel-
la emozionale (Grassi, Biondi, Costantini, 2003, pag. IX). Peccato che nelle trecentoventi fitte pa-
gine del testo non c una riga in cui si accenni alla possibilit, anche remota, che le emozioni
abbiano una qualche determinante nella genesi
del cancro! In tutto il manuale pratico di psico-
oncologia, le emozioni sono considerate solo in
quanto vissuto di malattia, cio la reazione emotiva del paziente alla malattia tumorale! Vie-
ne proprio da chiedersi cosa intenda Sirchia con
il termine olistico o con linscindibilit negli
NEUROBIOLOGIA DELLA DHS
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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esseri umani della componente biologica da
quella emozionale Certamente la cura dellaspetto emotivo
dellammalato, delle sue reazioni e delle strate-gie di coping attuale nobile nonch fondamen-
tale; ma cosa c di cos nuovo e scientifica-mente allavanguardia in questa che, da sempre, lattitudine dei sacerdoti e dei religiosi con gli ammalati? Gi Ges Cristo, ben duemila anni
prima del prof. Girolamo Sirchia, invitava a
prendersi cura amorevolmente delle persone che
soffrono!
Se per la Medicina Psicosomatica lemozio-ne altera i fattori che predispongono e favori-
scono limpianto della malattia, con la Psico-oncologia arriviamo addirittura a considerare
lemozione solamente in termini di reazione e adattamento alla malattia: non soltanto si ritorna
nel riduzionismo meccanicistico, ma non si con-
sidera neanche lontanamente lidea che le emo-zioni possano avere una qualche valenza in ter-
mini etiologici. Implicitamente siamo tornati
alla completa negazione che il vissuto e le emo-
zioni, relegate alla predisposizione o alla conseguenza, abbiamo un ruolo significativo nella genesi delle malattie.
Il cambio di paradigma.
Nel 1981, il dott. Hamer sostiene, invece:
Ogni Programma SBS causato da una DHS. Questa affermazione trova, quindi, degli antece-
denti nella ricerca scientifica del tempo ma, al
tempo stesso, rappresenta, questa volta, un reale
cambio di paradigma.
Con la sua intuizione avrebbe potuto infilarsi
nella corrente di ricerca alquanto fertile e popo-
lata del suo tempo (siamo, infatti, agli inizi de-
gli anni Ottanta) ma, per fortuna, la sua intui-
zione si appoggiava chiaramente al di fuori del
paradigma meccanicistico fin da subito.
Nella Legge ferrea del cancro, Hamer eviden-
zia tre criteri fondamentali:
1. Ogni programma speciale, biologico e sensato
(SBS) inizia con una DHS (Sindrome di Dirk
Hamer), cio con uno shock conflittuale gra-
vissimo, inaspettato, altamente drammatico
vissuto con un senso disolamento, contempo-raneamente su tre livelli: nella psiche, nel cer-
vello e nellorgano. 2. Nellistante della DHS, il contenuto del con-
flitto biologico, ovvero la maniera in cui la
persona percepisce un determinato evento, de-
termina sia la localizzazione del SBS nel cer-
vello con il cosiddetto Focolaio di Hamer, sia
la localizzazione nellorgano come cancro o malattia oncoequivalente.
3. Il decorso del programma SBS sincrono su tutti i livelli (psiche - cervello - organo) dalla
DHS fino alla soluzione del conflitto, compre-
sa la crisi epilettoide nel punto culminante
della fase di riparazione e il ritorno alla nor-
malit.
I tre criteri della Legge ferrea portano in s la
risposta ai buchi neri su cui la ricerca sullo stress la Medicina Psicomatica si sono insabbiati,
soprattutto al dibattito tra gli elementi aspecifici e
specifici della risposta organismica e alla scelta
dellorgano. Gli elementi di svolta che si differenziano dal-
la ricerca sullo stress sono:
La reazione dellorganismo, scatenata dalla DHS, avviene per un interessamento diretto
del cervello in aree diverse e specifiche.
La reazione dellorganismo, scatenata dalla DHS, avviene da parte di organi specifici, in
relazione al tipo emozioni.
La scoperta eccezionale alla Tac: i Focolai di
Tabella 7. Le emozioni i psico-oncologia
MALATTIA REAZIONE EMOTIVA
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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Hamer. Hamer ha potuto evidenziare tali assunti gra-
zie al tipo di ricerca da lui condotta, partita so-
stanzialmente dal dramma familiare
shockante che lo ha colpito in prima persona e non secondo un modello prestabilito dalla let-
teratura del tempo; ma lelemento fondamentale che lo sostenne in una direzione diversa nacque
dallosservazione diretta, attraverso lo studio della TAC cerebrale, di qualcosa - i Focolai di Hamer - che succedeva nel cervello, sempre nello stesso punto, a seconda della medesima
malattia. Egli si accorse, infatti, che tutti pa-
zienti con una lesione, ad esempio, polmonare,
presentavano un focolaio sempre nello stesso
punto del cervello, nello specifico a livello del
tronco cerebrale; oppure, tutti i pazienti che
avevano, ad esempio, una lesione a livello della
laringe presentavano un focolaio sempre a livel-
lo della corteccia periinsulare sinistra. Questa
scoperta eccezionale permise, cos, al dott. Ha-
mer di mappare sistematicamente ogni organo e
tessuto nella sua relativa localizzazione cerebra-
le.
Laltro elemento eccezionale della scoperta dei focolai era che essi corrispondevano sem-
pre, nel 100% dei casi, ad un certo contenuto
emotivo conflittuale: ad esempio, sempre nel
caso di una patologia polmonare, i focolai era
sempre a livello del tronco encefalico e i pa-
zienti avevano patito sempre la stessa DHS,
cio un evento inaspettato, emotivamente shoc-
kante, nello specifico di paura di morire.
Lespressione Focolai di Hamer stata co-niata dai miei oppositori che hanno sprezzante-
mente chiamato queste formazioni nel cervello da
me scoperte gli strani focolai di Hamer ma che nel frattempo sono diventati dei riferimenti sicuri.
Il termine focolaio di Hamer (FH) indica la
porzione, larea, la regione o il punto del cervello attivato da una DHS. Pertanto il punto non ca-
suale bens corrisponde al rel del computer cervello che, nellistante della DHS lindividuo associa al contenuto conflittuale. A partire da questo Focolaio di Hamer viene a sua volta inte-
ressato lorgano correlato al FH e tutto accade nel medesimo istante della DHS.
Con la fase di stress permanente
(simpaticotonia), che in linea di massima gi prestabilita si modificano in misura crescente le
condizioni di comunicazione dei nervi cerebrali,
cio viene interessata unarea sempre pi grande oppure la zona gi attivata si altera maggiormen-
te. Con la tomografia computerizzata (TAC) si
pu fotografare questo focolaio, vale a dire un
rel cerebrale specifico che normalmente innerva
lorgano e che si trasforma in Focolaio di Hamer a causa di una DHS (Hamer, 2004).
I Focolai di Hamer sono, quindi, la prova del-
la correlazione cerebrale tra psiche e organo!
I Focolai di Hamer sono delle immagini, evi-
denziabili alla TAC, che, tra laltro presentano
NEUROBIOLOGIA DELLA DHS
Focolaio di Hamer alla Tac. Tratto da Il capovolgimento diagnostico
Focolaio di Hamer alla Tac. Tratto da Testamento per una Nuova Medicina
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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una morfologia diversa: il dott. Hamer non tar-
d a scoprire che la diversa struttura era legata
alla fase del processo di malattia. Nella fase at-
tiva del conflitto biologico subito dal paziente, i
focolai si presentano come delle immagini niti-
de a bersaglio, come dei centri concentrici e definiti, espressione dellattivazione neuronale durante la fase conflittuale. Nella fase, invece,
che segue la risoluzione del conflitto, quando
cio il paziente esce dallo stress vuoi perch ha risolto il problema che lo assillava o perch
si messo il cuore in pace, limmagine del fo-colaio cambia, i cerchi concentrici diventano
pi sfumati e tutta larea appare rigonfia e scu-ra, segno dellinteressamento edematoso della-rea cerebrale interessata e della riparazione glia-
le in atto. In questa fase, infatti, le cellule di ri-
vestimento dei neuroni - la glia - proliferano la-
sciando, alla fine del processo, un esito cicatri-
ziale. I cosiddetti tumori cerebrali, quindi, altro
non sono che lesito di questo processo avvenu-to innumerevoli volte a carico dello stesso FH.
La ricerca empirica e losservazione diretta dellinteressamento cerebrale, quindi, portarono Hamer a mettere lattenzione sullo shock della DHS, anche se la letteratura del tempo, nono-
stante avesse da decenni gli occhi sui meccani-
smi di reazione allo stress, fosse alquanto con-
fusa proprio in merito a ci. C da dire, in ogni caso, che negli anni successivi determinate pro-
spettive di ricerca nellambito delle neuroscienze hanno fatto molta luce sui meccanismi delle rea-
zioni emotive ed, in effetti, ora ne sappiamo mol-
to di pi su cosa avviene in quel momento in cui
Hamer ha posto linizio di quella catena di eventi che normalmente chiamata malattia: oltre alle verifiche empiriche condotte da Hamer, abbiamo,
ora, la conferma anche dalle pi recenti acquisi-
zioni delle neuroscienze. La chiave di volta sta
esattamente nella comprensione dei meccanismi
neurobiologici delle emozioni.
Dalla storia dellorso alla scoperta del Cervello Emotivo.
Mason, con lidea che il mediatore unico ipotizzato da Selye fosse rappresentato dalle
emozioni, stato il ricercatore che pi si avvici-
nato alla scoperta delle leggi biologiche di Ha-
mer. Purtroppo, alla fine degli anni Settanta, la
ricerca sulle emozioni era ancora troppo confusa
e contraddittoria per poter sostenere una tesi di
tale portata e, in ogni caso, condizionata dal vec-
chio paradigma riduzionistico e dualista.
La emozioni hanno rappresentato un oggetto
di interesse per scienziati e pensatori di tutti i
tempi. Dai tempi antichi in cui si disquisiva su
Focolaio di Hamer alla Tac. Tratto da Testamento per una Nuova Medicina
Focolaio di Hamer alla Tac. Tratto da Il capovolgimento diagnostico
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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temperamenti, passioni e umori, filosofi, lette-
reati e uomini di scienza hanno tentato di spiga-
re e collocare allinterno dellesistenza umana il senso e la funzione della dimensione emoziona-
le.
Gli scienziati hanno cercato di scoprire, oltre
al capirne il funzionamento, dove fosse la sede
delle emozioni, ma i problemi erano rappresen-
tati dal fatto che il contenuto cosciente delle-mozione - il sentimento, come definito in neu-
robiologia - mal si presta allindagine scientifi-ca. Per questo, lemozione rimasta campo dindagine da parte delle discipline fondate sullintrospezione, come la psicoanalisi, ma che non permette una comprensione biologica del
funzionamento, oppure si limitata allo studio
delle reazioni comportamentali fisiologiche, co-
me, ad esempio hanno fatti i comportamentisti,
giudicando la coscienza un tema inadatto allin-dagine scientifica, oppure stata deliberatamen-
te esclusa dallindagine, come ha fatto la cor-rente di pensiero denominata congitivismo, cen-
trata maggiormente sui processi inconsci di ela-
borazione dellinformazione, piuttosto che sui contenuti di tale elaborazione. La comprensione
dei meccanismi emotivi, quindi, stato sicura-
mente il campo pi difficoltoso per le scienze
della mente nellultimo secolo. William James, considerato il padre della
psicologia americana, scrisse nel 1884 un arti-
colo apparso sulla rivista Mind dal tipolo What is an emotion? (Cos lemozione?) che fece storia e diede inizio, di fatto, allindagine sulla natura delle funzioni emotive. La riflessio-
ne di James partiva dalla seguente domanda:
Perch di fronte ad un orso proviamo paura? A quel tempo, cos come, per certi versi attual-
mente, il senso comune sosteneva che, di fronte
un orso proviamo lemozione della paura per-ch pericoloso e, in conseguenza a ci, scap-
piamo. Ebbene, W. James propose una prospet-
tiva diversa: egli sosteneva che, di fronte allor-so, lorganismo reagisce con una risposta essen-zialmente fisica che, nel momento in cui viene
percepita a livello cosciente, genera successiva-
mente lemozione della paura. Lemozione, se-condo James, sarebbe, pertanto, leffetto sulla coscienza della retroazione da parte dellorgani-smo: in altri termini, non scappiamo perch ab-
biamo paura, ma abbiamo paura perch siamo
spinti alla fuga (James, 1884).
La prospettiva di W. James gett le basi per
una indagine sulle emozioni che tenesse conto
della dimensione fisico-corporea, quale elemen-
to sostanziale di mediazione in quel fenomeno
che chiamiamo emozione. In effetti, i contenuti
coscienti dellemozione sono sostanzialmente delle percezioni di stati fisici: il cuore che accele-
ra, la pelle che suda, una pressione al petto, una
contrazione delle viscere, ecc. Appare sensato,
quindi, considerare il coinvolgimento del corpo
nel processo emozionale. Ma in che termini?
Gli studi successivi portarono a considerare
che le risposte fisiche fanno s parte integrante
delle emozioni ma, visto il tempo in cui esse av-
vengono, sostanzialmente pi lungo rispetto alla
percezione cosciente, condussero W. Cannon,
che abbiamo gi incontrato a proposito delle ri-
cerche sulla reazione dallarme e P. Bard formu-lare nel 1929 una teoria secondo la quale le emo-
zioni coscienti, ovvero i sentimenti, e le reazioni
del corpo avvengono attraverso meccanismi indi-
pendenti e separati: lo stimolo emotivo (che arri-
va allorganismo attraverso i canali sensoriali che confluiscono nel talamo) produce i sentimenti per
azione diretta sulla corteccia cerebrale, mentre,
attraverso circuiti paralleli, a mediazione ipotala-
mica, viene generata una risposta fisica (Cannon,
1929; Bard, 1929).
Il dibattito prosegu tra queste due posizioni
fino agli anni Cinquanta, quando venne formulata
una delle teorie che ebbero pi seguito nella ri-
cerca sulle emozioni. Nel 1949, infatti, il ricerca-
tore Paul McLean ipotizz la teoria del cervello viscerale, come lo chiam inizialmente, o sistema libico, come lo ribattezz nel 1952, co-me la sede del cervello emotivo, ovvero la sede delle strutture responsabili delle emozioni
(McLean, 1949, 1952).
McLean riprese la teoria formulata poco pri-
ma della seconda guerra mondiale da James Pa-
pez, un anatomista che descrisse un circuito parti-
colare quale responsabile dellesperienza emoti-va. Da considerazioni analoghe a quelle di Can-
non e Bard, Papez pensava che gli stimoli senso-
riali, afferenti attraverso le vie talamiche andasse-
ro direttamente alla corteccia cerebrale e allipo-talamo. Le esperienze emotive, per, sarebbero
state generate anche dal coinvolgimento del tala-
mo anteriore, dallippocampo e dalla corteccia cingolata, una parte della corteccia mediale degli
emisferi - chiamata anche rinencefalo - filogene-
ticamente pi antica.
Proprio alla corteccia cingolata Papez asse-
gnava la funzione dintegrazione tra gli stimoli provenienti dalla corteccia cerebrale laterale - fi-
logeneticamente pi recente - e dallipotalamo (Papez J.W., 1937).
NEUROBIOLOGIA DELLA DHS
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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Ebbene, Paul McLean riprese il circuito di
Papez e tent una teoria generale del cervello
emotivo, influenzato non solo dalla neuroanato-
mia, ma che dalla psicologia dellinconscio freudiana. Il punto di partenza, a quellepoca, era che nella genesi delle emozioni erano deter-
minati lipotalamo, da un lato e la corteccia ce-rebrale laterale, o neocorteccia, dallaltro; si sa-peva, per che tali strutture avevano poche vie
di connessione tra loro.
Condiderando, quindi, che lesperienza co-sciente delle emozioni fosse probabilmente det-
tata dallattivit della neocorteccia - universal-mente considerata sede dellattivit sensomoto-ria ma che questa non fosse in grado di in-fluenzare lipotalamo e, quindi, le attivit visce-rali, e considerando, invece, che fossero le re-
gioni filogeneticamente pi antiche del rinence-
falo a poterle influenzare, McLean identific il
cervello viscerale proprio nelle zone rinence-faliche.
Mentre la neocorteccia signora della mu-scolatura e favorisce le funzioni dellintelletto, il cervello viscerale ordina il comportamento affettivo dellanimale in certi impulsi elementa-ri come procurarsi e assimilare il cibo, fuggire
davanti al nemico o liberarsene oralmente, ri-
prodursi e cos via (McLean, 1949). La teoria del cervello viscerale nasceva an-
che dalle considerazioni evoluzionistiche del
sistema nervoso: McLean pensava che negli
animali primitivi fosse proprio il cervello visce-
rale a garantire la sopravvivenza e ladattamen-to funzionale alle circostanze di vita; nei mam-
miferi, lo sviluppo successivo della neocortec-
cia avrebbe permesso quelle funzioni superiori
che vedono nelluomo il loro massimo raggiun-
gimento. Da questo punto di vista, quindi,
McLean identificava nei sentimenti una funzione
dintegrazione tra gli stimoli provenienti dalle-sterno e quelli provenienti dallinterno. Tale inte-grazione era funzione, appunto, del cervello vi-
scerale; in esso, lippocampo svolgeva una fun-zione fondamentale; secondo McLean era una
sorta di tastiera emotiva in grado di generare le vaire tonalit dei sentimenti che proviamo.
In una formulazione successiva, McLean de-
nomin sistema limbico le parti del cervello che avrebbero costituito il sistema responsabile
delle emozioni: rispetto al circuito di Papez, vi
aggiunse lamigdala, il setto e la corteccia pre-frontale. Il sistema limbico di McLean era un ve-
ro e proprio sistema evoluto per mediare le fun-
zioni viscerali ed i comportamenti emotivi ed
istintivi come procurarsi il cibo, procreare, difen-
dere il territorio, ecc (McLean, 1952).
Infine, laspetto evolutivo fu specificato anco-ra meglio nella tripartizione del cervello: se-condo McLean, nellevoluzione delle specie ani-mali, il cervello si sarebbe evoluto dalle funzioni
arcaiche del tronco encefalico, tipico dei rettili, a
quelle dei paleo-mammiferi e, solo alla fine, nelle
funzioni superiori dei neo-mammiferi. Nella teo-
ria del cervello trino, il sistema libico corrisponde
sostanzialmente al cervello dei paleo-mammiferi
(McLean, 1970).
La teoria del sistema limbico, come sede delle
emozioni, sembr cos convincente che tuttora considerato il modello tra i pi utilizzati per spie-
gare il funzionamento emotivo. Per decenni, in-
fatti, sembrava potesse dare tutte le risposte in
merito al funzionamento delle emozioni, se non
altro, nella loro topografia neuroanatomica; inol-
tre, la concezione evolutiva rendeva plausibile il
senso delle emozioni al processo di adattamento e
sopravvivenza. Si pensava, grazie, quindi, alla
teoria del sistema libico, che il cervello emoti-vo avesse una localizzazione unica.
Ora sappiamo, per, che non cos!
In ogni caso, sullonda della tripartizione del cervello (cervello rettile, del paleo-mammifero e neo-mammifero) sembrava plausibile che le emozioni fossero generate dal
cervello del paleo-mammifero e che le funzioni
della corteccia avessero una funzione di regola-
zione su di esso; su questa linea prosegu la ricer-
ca e la speculazione sulle emozioni che condusse-
ro Stanley Schachter e Jerome Singer a formulare
lipotesi, di stampo congitivista, nel 1962, secon-do la quale sarebbero le attribuzioni e le spiega-
zioni cognitive che vengono operate dalla cortec-
Tabella 7. La teoria del sistema limbico: unipotesi ap-parentemente convincente ma che si rivelata priva di fondamento
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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cia sugli stati fisici che vengono percepiti a de-
terminare quelli che diventano stati emotivi. In
altri termini, gli individui percepiscono sensa-
zioni corporee che, a seconda di come vengono
etichettate, generano unemozione piuttosto che unaltra (Schachter, Singer, 1962).
Altri ricercatori cognitivisti, come Magda
Arnold e Richard Lazarus, che abbiamo gi no-
minato a proposito delle ricerche sullo stress,
insistevano sulla valutazione come elemento
determinante ai fini dellesperienza emotiva: emozioni diverse si distinguerebbero luna dallaltra perch valutazioni diverse suscitereb-bero tendenze diverse allazione che darebbero, quindi, luogo a sentimenti diversi (Lazarus,
1966). La teoria della valutazione, di stampo
cognitivista, domin la scena della ricerca sulle
emozioni per decenni, per lo meno fino agli an-
ni Ottanta, anche se si sono fondate su due ele-
menti che, alla lunga, come vedremo, hanno
portato fuori pista. Il primo errore stato quello
di analizzare le valutazioni dalla verbalizzazio-
ne dei soggetti, quando lintrospezione non d una visone affidabile dei funzionamenti menta-
li; in secondo luogo, la teoria cognitivista della
valutazione ha dato troppo peso ai processi del-
la cognizione, negando la differenza tra emozio-
ne e cognizione.
In effetti, alcune ricerche effettuate negli an-
ni Settanta, hanno dimostrato linfondatezza dellintero impianto del sistema limbico come sede del cervello emotivo, nonch lassoluta ne-cessit di ridefinire il concetto di valutazione.
Il neuroanatomista Antony Brodal, ad esem-
pio, ha dimostrato limpossibilit di accomuna-re, sulla base dellevoluzione, strutture quali il lobo limbico, il rinencefalo ed il cervello visce-
rale (Brodal, 1982); inoltre, tutto il concetto di
sistema limbico era fondato sulla connessione
delle strutture che lo compongono con lipotala-mo: L.W. Swanson, per, ha dimostrato, attra-
verso metodiche pi sofisticate, che lipotalamo collegato con tutti i livelli del sistema nervoso
e, da questo punto di vista, quindi, tutto il cer-
vello sarebbe da definirsi sistema limbi-co (Swanson, 1983). Oltre a ci, si visto che lippocampo, una struttura fondamentale, se-condo McLean, per le tonalit emotive im-plicato non tanto nelle funzioni autonome ed
emotive, quanto in quelle cognitive. Infatti, le
lesioni dellippocampo, e di alcune zone del cir-cuito di Papez, come i corpi mammillari e il ta-
lamo anteriore, hanno pochi effetti coerenti sul-
le funzioni emotive, mentre producono disordi-
ni gravi della memoria cosciente o dichiarativa,
cio sulla capacit di sapere cosa si fatto pochi
attimi prima, di immagazzinare linformazione, di richiamarla e di descrivere verbalmente quanto
ricordato. Vale a dire su quei processi che, secon-
do McLean, non spettavano n al cervello visce-
rale n al sistema limbico. Lassenza relativa di implicazione nellemozione e la chiara implica-zione nella cognizione contraddicono quindi li-dea che il sistema limbico, comunque lo si defini-
sca, sia il cervello emotivo (LeDoux, 1991)
Un contributo fondamentale nella compren-
sione dei meccanismi emotivi arriv nel 1980
grazie a Robert Zajonc, il quale afferm, nel suo
storico lavoro del 1980 Feeling and Thinking: Preferences Need No inferences che lemozione precede la cognizione (Zajonc, 1980). Il suo con-
cetto di affezione inconscia, inteso come elabo-razione emotiva prodotta al di fuori della consa-
pevolezza, dimostr che le reazioni emotive pos-
sono aver luogo in assenza di consapevolezza de-
gli stimoli, gettando le basi per lidea che lemo-zione non solo cognizione. Le ricerche di
Zajonc si basavano sulle stimolazioni sublimina-
li: altri ricercatori seguirono tale filone confer-
mando le acquisizioni dellelaborazione incon-scia. Divenne sempre pi chiaro, quindi, che le-mozione avviene per processi inconsci e non
centra con la cognizione (Bornstein, 1992; Bargh, 1992).
Da tutte le ricerche successive si pu afferma-
re, quindi che McLean abbia sbagliato a include-
re in un unico sistema lintero cervello emotivo e la sua storia evolutiva. Credo che la sua logica dellevoluzione emotiva fosse perfetta ma troppo estesa. Le emozioni sono sicuramente delle fun-
zioni coinvolte nella sopravvivenza, ma siccome
emozioni diverse riguardano funzioni di soprav-
vivenza diverse - difesa contro il pericolo, trovare
del cibo, accoppiarsi, occuparsi della progenie, e
cos via - ognuna potrebbe appartenere a sistemi
cerebrali diversi, evolutisi per ragioni diverse. E
dunque i sistemi emotivi potrebbero essere non
uno ma tanti (LeDoux, 1996) Sempre secondo LeDoux, lipotesi di lavoro
pi praticabile che diverse classi di comporta-
mento emotivo rappresentino funzioni diverse
che si occupano di diversi problemi dellanimale, e ai quali sono dedicati sistemi cerebrali diversi.
Se cos, emozioni distinte vanno studiate in
quanto unit funzionali distinte (LeDoux, 1996) Dalla storia dellorso di William James, quin-
di, arriviamo alle conoscenze attuali della neuro-
biologia in merito al cervello emotivo. Queste
NEUROBIOLOGIA DELLA DHS
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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possono essere cos riassunte:
Le emozioni sono una risposta complessa
dellorganismo ad uno stimolo sensoriale che proviene dallesterno o dallinterno. Es-se sono prodotte automaticamente dal cer-
vello, sulla base della percezione di uno sti-
molo emozionalmente adeguato. Tutta la catena deventi innescata dalla presenta-zione di un oggetto adatto, lo stimolo emo-
zionalmente adeguato.
Lelaborazione di quello stimolo, nel conte-sto specifico in cui si manifesta, conduce al-
la selezione e allesecuzione di un program-ma preesistente: lesperienza emoziona-le (Damasio, 2003). Il cervello, cio, pre-disposto dallevoluzione a rispondere a de-terminati stimoli, con specifici repertori da-zione, anche se pu rispondere a molti altri
stimoli che, per apprendimento nel corso
delle esperienze di vita sono divenuti emoti-
vamente significativi (Da, ). In altri termini
esistono determinati stimoli che appartengo-
no alle codifiche nella specie tramandate ge-
neticamente; al tempo stesso, durante la vita,
determinate esperienze possono imprimere
nella memoria lacquisizione che un deter-minato stimolo significativo in termini di
sopravvivenza per lindividuo: il caso,ad esempio, delle esperienze traumatiche, in
grado di sensibilizzare lorganismo ad una risposta secondo il meccanismo descritto da
Pavlov del condizionamento operante.
Lattivazione emotiva avviene mediante un meccanismo del tipo chiave-serratura: uno stimolo emotivamente significativo fun-
ge da chiave nel dispiegamento della rispo-
sta emotiva - che funge, pertanto da serratu-
ra. In altri termini, non tutti gli stimoli atti-
vano una risposta, ma soltanto quelli per i
quali esiste una serratura. Questo mecca-nismo spiega il funzionamento degli istinti:
ad esempio un individuo che risponde a de-
terminate caratteristiche del partner sessua-le sar in grado di generare una risposta deccitazione, chiamata istinto allaccoppia-mento. Al tempo stesso questo meccanismo
spiega le basi neurobiologiche del costrutti-
vismo, una corrente di pensiero che ricono-
sce quanto la conoscenza non un processo
assoluto ma creata dallosservatore: non conosciamo il mondo per quello che ma,
sulla base delle nostre categorie, isoliamo la
nostra esperienza del mondo (Maturana e
Varela, 1987)
Il risultato delle risposte emotive una modi-
ficazione dello stato del corpo che viene regi-
strato a livello cerebrale in mappe di quello
specifico stato corporeo. Lemozione, cio, la mappa del corpo in un determinato stato,
una sorta di fotografia delle condizioni
viscerali dellorganismo in un determinato momento. Ad esempio, quello che noi chia-
miamo tranquillit corrisponde ad una per-cezione del nostro corpo in un determinato
stato, appartenente, generalmente, alla catego-
ria delle sensazioni gradevoli, mentre ci che
chiamiamo paura, invece, corrisponde ad uno
stato corporeo ben differente che, general-
mente appartiene alla categoria delle sensazio-
ni spiacevoli, che, quindi, ci spingono ad in-
tervenire per modificare la situazione che lo
determina. Antonio Damasio ha, a questo ri-
guardo, ipotizzato la teoria del cosiddetto
marcatore somatico, una sorta di immagine o rappresentazione sensoriale che viene inte-
grata nella memoria implicita quando uno sti-
molo o diventa emotivamente significativo.
Quando lo stimolo compare, non serve, come
sosteneva William James che si attivino delle
risposte di retroazione da parte del corpo, ri-
velatesi troppo lente per generare un senti-
mento: sufficiente che lo stimolo attivi lim-magine dello stato corporeo - il marcatore so-
matico - per avere la percezione cosciente di
una emozione (Damasio, 1994).
Inoltre, sappiamo con certezza che il cervello
emotivo opera sostanzialmente a livello in-
conscio e produce risposte dirette sul corpo, di
tipo viscerale, mediate dal sistema nervoso
autonomo. La modificazione dello stato del
corpo che viene registrata nella risposta emo-
tiva determinata da unazione diretta sugli organi e tessuti, attraverso la loro innervazio-
ne autonoma. Un aumento improvviso del to-
no simpatico produce ad esempio
Tutte le risposte emotive hanno la funzione di
regolazione e adattamento dei processi vitali e di attivazione di una risposta adeguata alla
richiesta ambientale ai fini di promuovere la
sopravvivenza. Gli organismi viventi, in altri
termini, sono costituiti in modo da mantenere
la coerenza delle proprie strutture e delle pro-
prie funzioni, a dispetto delle numerose circo-
stanze che possono metterne a rischio la vita.
Le risposte emotive appartengono a quei di-
spositivi contenuti nei circuiti cerebrali che,
una volta attivati dal verificarsi di particolari
condizioni interne o esterne, puntano alla so-
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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pravvivenza e al benessere dellorganismo.
Le risposte emotive non sono determinate da
un unico sistema emotivo: si attivano sistemi
differenti da stimoli emotivi diversi
(LeDoux, 1996). Cos come esiste un siste-ma della paura, cos esiste un sistema per
procacciarsi il cibo o per laccudimento dei cuccioli. Ogni emozione, cio, attiva un de-
terminato sistema! Hamer ha dedotto questo
aspetto notando direttamente sulla TAC lin-teressamento di aree specifiche e sempre
precise a seconda del contenuto emotivo vis-
suto dallindividuo.
Cos come a livello cerebrale si attivano aree
diverse, anche il sistema nervoso autonomo,
che controlla le viscere, reagisce selettiva-
mente e attiva organi diversi. In uno studio
del 1992, Levenson ha mostrato come si
possano addirittura distinguere le varie emo-
zioni (rabbia, paura, disgusto, tristezza, feli-
cit, sorpresa) proprio misurando le diverse
risposte del sistema nervoso autonomo, co-
me la temperatura della pelle, la frequenza
cardiaca, ecc. (Levenson, 1992). A stimoli
diversi, quindi, corrispondono attivazioni
cerebrali diverse, che corrispondono ad
emozioni diverse, che corrispondono ad atti-
vazioni viscerali diverse: sembra qualcosa
che ricorda proprio la legge ferrea del can-
cro! Nello specifico, inoltre, si attivano i si-
stemi che sono deputati ad una determinata
funzione. Un determinato sistema viene atti-
vato quando implicata la funzione per cui
quel sistema deputato, ad esempio il siste-
ma della paura per la difesa, il sistema
dellaccudimento per la cura della prole, il sistema sessuale per laccoppiamento, e cos via. Le emozioni, quindi, rappresentano la
parte di un meccanismo complesso, che si
evoluto intelligentemente nel corso del tem-
po; esse sono funzionali alla sopravvivenza
in quanto producono risposte precise e sen-
sate sulla base del tipo di stimolo, generando
delle spinte allazione per favorire ladatta-mento.
Quando tali reazioni arrivano alla coscienza
abbiamo quellesperienza consapevole deno-minata emozione cosciente o sentimento. Le
emozioni hanno lo scopo di fornire risposte
adattative immediate; appartengono a dispo-
sitivi antichi nella storia dellevoluzione, ben precedenti lo sviluppo della capacit di
provare sentimenti, per i quali, oltre alla
funzione della coscienza necessario anche la
costituzione della coscienza di un s. I senti-
menti, dal punto di vista evolutivo, avrebbero
quindi, una funzione superiore alle emozio-ni e, nello specifico la possibilit di una valu-
tazione migliore e ponderata in merito a deci-
sioni complesse (Damasio, 2003). I sentimen-
ti, quindi sono un sistema per elaborare rispo-
ste pi precise ma che necessitano di un tem-
po relativamente lungo.
I sentimenti rappresentano, quindi, una dota-
zione dellevoluzione finalizzata alla possibi-lit di risolvere problemi complessi o prende-
re decisioni che richiedono tutta una serie di
valutazioni a lungo termine e comparative;
lorganismo rimane, tuttavia, dotato dei mec-canismi filogeneticamente pi antichi e pi
rapidi, anche se meno precisi. LeDoux parla
delle cosiddette vie alte e vie basse di ela-borazione. La via bassa di elaborazione, che
nel caso della paura, ad esempio, coinvolge
lamigdala, in grado di attivare delle risposte automatiche di tipo viscerale, senza la media-
zione dellelaborazione cosciente. La via bassa corrisponde alla storica reazione dal-larme, gi studiata da Cannon. Per fare un
esempio della differenza tra una risposta
alta ed una bassa, basti pensare, ad esem-pio a cosa succede quando immergiamo la
mano in un recipiente con dellacqua che si sta riscaldando. Sentendo il calore che sale,
arriveremo ad un determinato momento in cui
ci accorgeremo che la temperatura troppo
calda e dovremo ritirare la mano (reazione
mediata dallesperienza cosciente); ma nel ca-so in cui mettessimo la mano in un recipiente
dacqua bollente, senza saperlo, avremmo una risposta di retrazione immediata della mano,
automatica, ancor prima di essercene accorti
(via bassa di elaborazione). Gli eventi emoti-
vamente significativi che giungono inaspettati
vengono, quindi, processati da vie nervose di-
rette ed immediate, in grado di attivare delle
risposte viscerali, ancor prima che la nostra
coscienza possa tranquillamente rendersene
conto. In questi casi, non abbiamo il lusso di
poter decidere mediante una valutazione emo-
tivamente cosciente, ma la decisione viene
presa dal programma emotivo che, nello spe-
cifico, lo stimolo ha attivato.
La malattia non qualcosa Con le recenti acquisizioni delle neuroscienze,
abbiamo tutti gli elementi per comprendere cosa
NEUROBIOLOGIA DELLA DHS
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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succede in quel momento in cui scatta la DHS
(Sindrome di Dirk Hamer), che Hamer ha iden-
tificato come lorigine di tutte le malattie. Di-ventano, ora, facilmente comprensibili gli enun-
ciati esposti nella Legge ferrea del cancro:
Ogni programma speciale, biologico e sen-sato (SBS) inizia con una DHS (Sindrome di
Dirk Hamer), cio con uno shock conflittuale
gravissimo, inaspettato, altamente drammatico vissuto con un senso disolamento, contempora-neamente su tre livelli: nella psiche, nel cervel-lo e nellorgano. Una chiave speciale, apre una serratura speciale! Uno stimolo emotivamente
adeguato attiva una via diretta di risposta, senza
la mediazione della coscienza. Lintelligenza evolutiva dellorganismo viene in aiuto quando le circostanze colgono impreparato lindividuo (o lanimale, visto che, da questo punto di vista, i meccanismi di salute e malattia sono identici).
Hamer sottolinea con enfasi il concetto di
inaspettato: la DHS, con lattivazione conse-guente delle catecolamine, diventa, cos, la pri-
ma risposta automatica, preconfezionata dalla
natura per predisporre lorganismo ad una ri-sposta efficace.
Nellistante della DHS, il contenuto del con-flitto biologico, ovvero la maniera in cui la per-sona percepisce un determinato evento, deter-
mina sia la localizzazione del SBS nel cervello con il cosiddetto Focolaio di Hamer, sia la lo-
calizzazione nellorgano come cancro o malat-
tia oncoequivalente. La reazione emotiva specifi-
ca di un determinato sistema emotivo che, oltre a
produrre risposte viscerali specifiche, interessa
localizzazioni cerebrali specifiche! Hamer giunge
a questa conclusione dallosservazione diretta dellinteressamento cerebrale mediante le imma-gini da tomografie computerizzate del cervello.
Ora sappiamo anche dalla neurobiologia che non
esiste un unico sistema emotivo, ma ogni emo-
zione ha un suo particolare sistema, con interes-
samento di aree cerebrali specifiche. Inoltre sap-
piamo che ogni emozione in grado di attivare
risposte viscerali specifiche, coinvolgendo organi
e tessuti specifici. La scelta dellorgano, quindi, non casuale o determinata da ipotetici difetti costituzionali: vengono attivati proprio quegli organi la cui funzione implicitamente coinvolta
nel contenuto emotivo dello shock. Proprio come
nel caso personale di Hamer dove, avendo subito
una DHS dalla perdita del figlio, si attivato un
funzionamento speciale proprio nellorgano legato alla riproduzione maschile, cio il testico-
lo.
Il decorso del programma SBS sincrono su
tutti i livelli (psiche - cervello - organo) dalla DHS fino alla soluzione del conflitto, compresa
la crisi epilettoide nel punto culminante della fa-
se di riparazione e il ritorno alla normalit. Vi una compartecipazione di sistemi cerebrali e si-
stemi viscerali che seguono landamento dellef-ficacia adattativa della risposta, di cui il livello
DHS
FH
Programma SBS
MALATTIA
ATTIVAZIONE CEREBRALE
EVENTO EMOTIVO
PSICHE
CERVELLO
ORGANO
Tabella 8. Le relazioni tra eventi emotivi ed eventi biologici secondo Hamer
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PSICHE CERVELLO ORGANO - 1/2006
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dellesperienza emotiva testimone: fintanto-ch la risposta non efficace, il vissuto rimarr
conflittuale e il programma attivo, con leffet-to di un funzionamento viscerale simpaticotoni-
co, solo quando la risposta sar efficace verr
percepita emotivamente come conflittolisi (il problema , finalmente, risolto!) con levolu-zione del programma nella direzione del recu-
pero e della riparazione, con leffetto di un fun-zionamento viscerale vagotonico, fino al ripri-
stino della normalit.
Con la legge ferrea del cancro, crolla, quin-
di, lidea millenaria che la malattia unentit: la malattia non qualcosa, ma un programma di
funzionamento speciale di organi e tessuti, tipi-
co di una funzionalit modificata di tipo neuro-
vegetativo; come lo definisce Hamer un fun-
zionamento speciale, finalizzato ad uno scopo
biologico, in quei frangenti ove non abbiamo
altra possibilit di risposta, in quello stato di ini-
bizione dellazione che gi Laborit aveva indi-viduato come pre-condizione di malattia. Il si-
stema nervoso autonomo o vegetativo, per,
non altera il terreno su cui simpianta unenti-t denominata malattia, come sostiene da sem-
pre la Medicina Psicosomatica, ma modifica di-
rettamente il funzionamento degli organi, dal
momento che direttamente sono regolati da es-
so.
La malattia non , quindi, un parassita cat-tivo della natura ma corrisponde alla modifica-
zione funzionale di quello stesso terreno cos caro agli psicosomatisti, cio degli organi e dei
tessuti. La modificazione avviene con una se-
quenza precisa e sensata e assolve al compito
biologico implicito nel contenuto emotivo-
viscerale dello shock. Ad esempio: perdo un fi-
glio, devo riprodurmi; oppure: ho inghiottito
qualcosa di indigesto, devo digerire di pi; op-
pure: qualcosa mi ha intossicato, devo evacuare
e rigettare subito, e cos via.
Un vero e proprio cambio di paradigma!
Oltre il dualismo mente-corpo, una visione oli-
stica.
Le leggi biologiche del dott. Hamer ribaltano
totalmente il vecchio paradigma della malattia,
intesa come qualcosa di sbagliato, un difetto o
un attacco che fosse; ma ribaltano totalmente
anche il vecchio paradigma nel quale mente e
corpo sono due entit separate.
La malattia un processo di funzionamento
speciale dellorganismo. La DHS la chiave che apre questo processo denominato
programma SBS. Un evento emotivamente si-gnificativo attiva una risposta automatica per fa-
cilitare ladattamento. Ma la chiave non esiste se non in relazione
alla sua serratura e, come sostiene Damasio, non c mente senza il corpo. La DHS, quindi, non un evento slegato dal programma SBS; la DHS
intrinsecamente legata, o, come direbbe Matura-
na, strutturalmente accoppiata, in quanto stimo-lo iniziale, al programma SBS. Proprio come un
lato di una medaglia strutturalmente accoppiato
con laltro. La mente, corrisponde, di fatto, alle-vento fisico: levento psichico, infatti un lato della medaglia dove laltro lato rappresentato dalla configurazione neuronale attivata di una
mappa corporea in uno stato particolare.
Non c mente senza il corpo: questo visio-ne che, finalmente, connette, anzich separare,
magnificamente condensata nel terzo assunto del-
la legge ferrea di Hamer. Il programma SBS pro-
cede in maniera sincrona sui tre livelli psiche,
cervello organo: tre facce della stessa medaglia.
Ma c di pi! Il superamento del dualismo mente-corpo ci apre, anche, una visione filosofi-
camente nuova: ci porta ad una comprensione an-
cora profonda del paradigma olistico, che dagli
inizi del secolo scorso, con le acquisizioni della
fisica quantistica, della cibernetica e di altre di-
scipline ha lentamente e gradualmente iniziato a
far scricchiolare tutta limpalcatura dualistica su cui si fondato il pensiero occidentale, filosofico
e scientifico, negli ultimi secoli. Sinonimi di
paradigma olistico sono: paradigma sistemi-co , oppure re laz iona le , oppure ecologico (Capra, 1996). Non sufficiente, quindi, aggiungere uno psicologo ad unequpe per avere un approccio olistico al paziente! ne-
cessario entrare in un paradigma di pensiero com-
pletamente diverso, e questo vale per chiunque si
avvicini al paziente: infermiere, medico o psico-
logo che sia.
Una visione olistica comporta necessariamen-
te il superamento anche del dualismo spirito-
materia.
Cosa caratterizza gli organismi viventi dagli
oggetti? Qual la differenza tra la sostanza
animata e quella inanimata? Per Gregory Ba-teson, uno degli scienziati che maggiormente
hanno segnato la storia del pensiero del secolo
scorso, ci che distingue i fenomeni puramente
materiali dagli organismi viventi che questi ulti-
mi hanno la capacit di trattare le informazioni,
mentre nel mondo materiale, non vivente, si rea-
gisce alle forze, agli impatti e agli scambi di
NEUROBIOLOGIA DELLA DHS
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energia.
Ma, cos uninformazione? Bateson sostie-ne brillantemente che uninformazione la dif-ferenza che fa la differenza, cio una diffe-renza che significativa (Bateson, 1979). Ma
come fa uninformazione ad essere significati-va? Solo, quindi, se la differenza viene percepi-
ta. Linformazione , quindi, usando sempre i termini di Bateson, una differenza captata, una differenza che viene percepita da un organo
sensoriale; dunque, linformazione una diffe-renza che provoca una reazione nellorganismo, la pi semplice delle quali lattivazione di un neurone. Per linformazione, quindi, serve una differenza ed un recettore capace di recepirla:
una chiave ed una serratura.
I sistemi sensoriali, quindi, non portano meccanicamente informazioni - perch le infor-
mazioni non sono cose - ma captano le diffe-renze; i recettori permettono, cos, che differen-
ze, dallesterno o dallinterno, diventino infor-mazioni, ovviamente indipendentemente dal fat-
to che siano coscienti o inconsce.
La chiave quindi uninformazione ed il re-cettore la sua serratura. La differenza diventa
informazione solo se esiste un recettore capace
di captarla. Su questo si fonda, come sottolinea-
vo precedentemente, la prospettiva costruttivi-
sta, secondo la quale la conoscenza dipende da
colui che conosce, ovvero il conoscitore in-
fluenza il conosciuto. La mente non conosce il mondo ma ne specifica uno - sostiene Matura-na. La conoscenza una costruzione della men-
te.
Ma la differenza non una cosa. un rap-porto. Come fa unastrazione, come la diffe-renza, a interagire con la materia? qui che si
impantanato Cartesio; infatti, non lha spiegata: ha semplicemente separato le res cogitans dalle res extensa.
La differenza non interagisce con la materia
se non nel momento in cui si crea un accoppia-
mento strutturale, ovvero fintanto che non si de-
termina una relazione tra le due; e quando par-
liamo di relazione, siamo, quindi, nel dominio
meta-fisico del , ovvero non di ci che ma di ci che accade tra. Nellincontro si genera qualcosa, un processo vitale.
Cos, quindi, una DHS? Uninformazione, una chiave, una differenza che fa la differenza
per la serratura specifica, cio per un sistema
emotivo specifico. Una non esiste senza laltra se non allinterno di una relazione tra individuo
e ambiente, relazione che rappresenta la sostanza
stessa dellesistenza. Nel paradigma olistico lo spirito non esiste
senza la materia dal momento che lo spirito una
qualit emergente dellorganizzazione della ma-teria; non nelle cose ma accade tra le cose e ci riporta, quindi, alla relazione tra gli elementi, piuttosto che allessenza degli elementi.
La legge ferrea del cancro di Hamer ci spiega
perch ci si ammala; tutto inizia in quel fenome-
no denominato DHS. Ora sappiamo esattamente
cosa succede in quel fenomeno, ma la compren-
sione della DHS ci porta di fronte a qualcosa che
molto di pi che letiologia di una malattia. Ci mette di fronte ad una legge della natura ed, in