Arte Incontro in Libreria 64

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pagina 1 Movimento nelle segrete di Bocca Giorgio Lodetti Un’edizione speciale questa 4 a del premio di Pittura Movi- mento nelle Segrete di Bocca. Un’edizione che definirei ma- tura, vuoi per un’imponente partecipazione di oltre trecen- tocinquanta Artisti, vuoi final- mente per una qualità che ha reso difficile la selezione di trentuno opere, vuoi perché ufficialmente solo quindici so- no le finaliste. Un’edizione do- ve anche i neofiti dell’arte, da- ta loro la possibilità di espri- mere un parere sul dipinto preferito, trovino difficoltà nel- la scelta. Un’edizione dove an- che chi scrive avrebbe grosse incertezze nell’individuare una sola opera da premiare. Un’e- dizione che a differenza delle precedenti trova finalmente i connotati per uscire dai luoghi della manifestazione e racco- gliere consensi di interesse esterni; sono state molte le vo- ci fuori campo, che hanno e- spresso un parere positivo sul- la selezione, com’è successo recentemente al MiArt dove più di un gallerista ed esperto ha fatto riferimento agli Auto- ri! Quindi un sentito ringrazia- mento a tutti i partecipanti. Ora se dovessi fare il punto su chi potrebbe vincere, scrivo prima del risultato finale decretato dalla valutazione della Giuria di Qualità che meriterebbe un capitolo a parte, non sarebbe ascrivibile a un dipinto ma al- meno a cinque, anche se per ognuno dei finalisti ci sarebbe un buon motivo per essere premiato. Partirei da Il Re è nu- do di Francesco Diotallevi, acrilico su tela; l’opera è fra tut- te la più semplice e scevra di particolari pittorici, ma proprio queste caratteristiche unite ad un divertente e quanto buffo personaggio, uscito ironica- mente da una rivisitazione fu- mettistica tipica degli anni Cin- quanta e Sessanta, dipinto su di uno sfondo Pop, di un ver- de squillante con margherite svolazzanti, risulta meno fri- vola di quello che sembri, si continua a pag. 10 continua a pag. 12 continua a pag. 12 Anno XXI, Numero 64 • luglio-ottobre 2010 • Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in a.p. 70% - DBC Milano • ISSN 1120-8511 • e-mail: [email protected] • www.libreriabocca.com Capolavori della collezione Ojetti Silvia Venuti La mostra Da Fattori a Caso- rati. Capolavori dalla Colle- zione Ojetti, promossa dal Centro Matteucci per l’Arte Moderna di Viareggio, pre- senta l’intenso impegno cul- turale di Ugo Ojetti, che come collezionista, critico d’arte, saggista e giornalista, fu tra i più importanti protagonisti del primo Novecento. La sua per- sonalità e il suo lavoro sono stati ricostruiti attraverso at- tente e faticose ricerche, ri- componendo un archivio che ha permesso di risalire ai ca- polavori della sua collezione. Porgo alcune domande alla dott.ssa Giovanna De Lorenzi, curatrice della mostra. Com’è nato questo progetto centrato sulla figura di Ojetti? È stato Giuliano Matteucci, grande conoscitore della pit- tura dell’Ottocento, pittura di cui Ojetti è stato uno dei pri- mi collezionisti, a propormi di lavorare a questa esposizione, sapendo che da molti anni mi occupavo della figura di Ojet- ti (su cui ho pubblicato un li- bro nel 2003), e che, con l’aiu- to di una mia allieva, Graziel- la Battaglia, stavo cercando di ricostruire la sua collezione. Quando Ojetti iniziò la rac- colta e quali furono le moti- vazioni delle sue scelte e i suoi artisti più amati? Il nucleo più importante della raccolta nasce nei due primi decenni del Novecento, quan- do Ojetti, critico d’arte del Cor- riere della Sera, è già una fi- gura di primo piano nel mon- a Pascali, da Manzoni a Chri- sto a Klein, per tentare alme- no di fornire un contesto sto- rico alla portata di quella no- vità che fu solo, ed esclusiva- mente, di Fontana. Buchi prima, o tagli poi, per Lucio Fontana le sue «scoper- te» erano, innanzitutto, «con- cetti spaziali». «Il buco e il ta- glio sono la stessa cosa», af- fermava. La loro logica era de- terminata dal medesimo in- tento: aprire lo spazio reale al- lo spazio possibile, che deve ancora accadere, attraverso il gesto del bucare e del taglia- re la superficie della tela. Per questa ragione i suoi tagli si chiamano spesso attese. Attese di ciò che sta al di là del piano, che può venire, che può passare attraverso. Nulla a che vedere con il gestuale, nemmeno con l’informale, ma, piuttosto, con le problematiche spa- ziali, d’aspirazione all’ol- tre, insite nel barocco che Fontana, tra l’altro, cono- sceva molto bene e che aveva fatto proprie sin dalla formulazione del Manifesto Blanco. È ancora lo stesso Fonta- na nel 1968 a tornare sul concetto dei buchi e dei tagli nel Colloquio con Tommaso Trini allora pubblicato sulla rivista Domus: «Non è che buca- vo per rompere il quadro, no, ho bucato per trovare qualco- sa… Scusi se le parlo così, og- gi lo posso dire, perché in fondo erano le mie idee, non le hanno mai capite. Diceva- no: la tela, distrugge, infor- male… ma non è vero». La sua era invece una presa di Si fa presto a dire taglia Vladek Cwalinski «I tagli è una cosa… non la lascerò mai. Ritengo che non siano ancora supera- ti, come… non ho da preoccuparmi di essere ri- masto indietro, proprio è la cosa a cui credo molto il taglio e il buco, le altre sono fantasie d’artista», af- fermò Lucio Fontana nel 1968 nella sua intervista ri- lasciata a Carla Lonzi per tentar di spiegare quella novità, quel «fatto nuovo in scultura» lo chiamava lui, assolutamente non compreso, che allora ave- va fatto gridare allo scan- dalo, alla presa in giro. Ora, a distanza di oltre qua- rant’anni presentando il suo grande soffitto, Ambiente spa- ziale con tagli, che il maestro realizzò nel 1960 per l’abita- zione milanese dell’amico in- genier Antonio Melandri, la Galleria Nazionale d’Arte Mo- derna di Roma, espone, oltre a una serie di sue opere, an- che quelle di artisti, da Calder Quadrimestrale di attualità artistiche e culturali fondato nel 1990 • Registrazione Tribunale di Milano n. 199 del 19/3/1990 • Direttore Donatella Bertoletti • Responsabile scientifico e Redattore capo Antonio D’Amico Stampa: Monotipia Cremonese S.n.c. - Cremona • Progetto grafico: Fotolito Lombarda, via ValvassoriPeroni, 55 - Milano - tel. 0270635627 - fax: 022665452 - e-mail: [email protected] • Tiratura: 5000 copie TAXE PERCUE (TassaRiscossa) UFFICIO CMP Verona • In caso di mancato recapito restituire all’Editore che si impegna a pagare la tassa. Libreria Bocca Galleria Vittorio Emanuele II,12 - 20121 Milano - Tel.0286462321/02860806 - Fax 02876572 Medardo Rosso La naturale oscurità delle cose Antonio D’Amico continuità», come gli stessi cu- ratori dichiarano, dando voce, o meglio immagine, non tan- to alle opere scultoree, bensì alle fotografie scattate da Me- dardo stesso alle sue opere che, scanso equivoci, all’inter- no del libro sono naturalmen- te tutte catalogate e schedate. Comunque emerge il punto di vista dell’artista che osserva la sua scultura e la blocca attra- verso lo scatto fotografico, adesso quello scatto o meglio quelle centinaia di stampe, ne- gativi e ritagli fotografici, ri- trovati nell’archivio di Medar- do, divengono protagoniste e lo sono non soltanto in quan- to documento istantaneo di un processo creativo in divenire, ma soprattutto perché resti- tuiscono una fluidità «senza luogo di un esistente dopo il Vero, e la Natura». Foto che catturano la patina del tempo e la sua reazione sulla sostanza scultorea che misticamente vive su un ter- reno di contemplazione, di ri- flessione dell’indefinito, del- l’immaginazione di completa- mento della materia plastica, con la coscienza che l’opera di Rosso, intorno alla quale è possibile girare e interrogarsi a trecentosessanta gradi, non è altro che «un brandello di esistenza viva dentro la scul- tura». È incredibilmente così! Pertanto accade che nel si- lenzio di un dialogo intimo con lo spettatore e forse pri- ma di tutto con l’artefice, la Ruffiana ci coinvolga nel suo riso che ci appare persino for- zato e il Bersagliere col suo sguardo intento ci raccontar- ci il suo destino e a noi pare di sentire le loro voci pulsare ancora al di là della cera. Guardando il Biricchino non è difficile immaginare le “bir- bonate” ingegnate per strada e poi, certo, in qualche caso il tempo sovrasta la lettura del- la pellicola fotografica e na- sconde o tace i dettagli, sfi- gurando forme e mostrando- ci sentieri percorribili solo dal- l’inconscio o da una critica ro- mantica a tratti crociana. In- triganti sono i vari scatti di Carne altrui, una straordina- ria sintesi di modellato inde- finito e allo stesso tempo com- piuto, come lo è l’innocente sorriso di Bambina ridente dove il rimando alla natura ri- nascimentale di Desiderio da Settignano è strettamente con- tingente; rimando all’arte clas- «Rosso è di quei pochissimi dove il genio scorre diretto nell’opera, travolgente e indif- ferenziato, con ‘la naturale oscurità delle cose’. Dopo di lui, nell’arte, copia dal vero è diventato un nocciolo di no- stalgia, e le stesse nobili paro- le di Pittura o Scultura ci vol- gono al passato. Al valico tra moderno e contemporaneo ha introdotto una scultura del transitorio, esposta al rotto e al disfatto, disponibile al Ca- so, di materia assorbente, do- po l’Idea riflessa dal lucido del bronzo e dal polito del mar- mo. L’arte fluida e senza luo- go di un esistente dopo il Ve- ro, e la Natura. Ha riportato l’antico come un presente al di qua della storia». Così esor- disce Paola Mola in La noia di Baudelaire, saggio che apre il Catalogo ragionato della scul- tura di Medardo Rosso, pub- blicato da Skira, da lei curato insieme a Fabio Vittucci. Un li- bro curioso e interessante che se per certi versi custodisce i segreti del modus operandi di un genio dell’arte dell’Otto- cento, per altri è una pista suc- culenta ma orientativa da svi- scerare su diversi fronti per ul- teriori indagini sulla scultura di Medardo Rosso. Certamen- te siamo in presenza di un ca- talogo ragionato sui generis, costruito con una sintassi strut- turale che per ogni sezione del volume procede «per fram- menti, con ritmi e sovrapposi- zioni, in un discorso senza Franca Franchi e Dino Maccini a pagina 2 Medardo Rosso, Carne altrui, cera su gesso, M.A.R.T. continua a pag. 12 Lucio Fontana, Ambiente spaziale con tagli, 1960, gesso, cm 400 x 814,3 A. Simoncini, Entranced, 2009 F. Casorati, Daphne

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Periodico di attività artistico-culturale.Nato dall'espezienza maturata alla direzione del periodico "Il Salotto di Milano", organo d'informazione dell'Associazione il Salotto di Milano, in Galleria Vittorio Emanuele II, Arte Incontro in Libreria, fondato nel 1990 da Donatella Bertoletti, Laura Corna e Giacomo Lodetti, si è avvalso, per i primi numeri, della collaborazione di Giampaolo Polvani. Edito dalla Libreria Bocca, nasce come quadrimestrale di informazioni culturali nell'ambito delle attività artistico-editoriali nazionali ed estere, ottenendo la collaborazione di librerie specializzate nella vendita di libri d'arte in Italia, in Europa e negli U.S.A.. Nel 2000 diventa trimestrale, e sotto la guida di Maria Laura Corna e di Donatella Bertoletti, potenzia la propria struttura editoriale, consolidando le rubricheTerza pagina, riservata agli artisti che offrono un proprio lavoro alla libreria,Introvabili, volumi esauriti e non più rintracciabili sul mercato, ricercati per la clientela,Unasolavolta, volumi offerti a prezzi vantaggiosissimi, in un solo esemplare,Graficadautore, con grafiche di autori noti da privato a privato.La libreria coltiva tutt'ora la proposta del Libro d'Artista potenziando l'assortimento con artisti del calibro di Baj, Bonalumi, Castellani, Dorazio, Ferroni, Mattioli, Melotti, Music, Nespolo, Paladino, Pomodoro e Valentini.Attualmente, dopo ventuno anni di attività e una collaborazione settennale di Antonio D'Amico, Arte Incontro lascia il posto a EKECHEIRIA.

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pagina 1

Movimento nelle segrete

di BoccaGiorgio Lodetti

Un’edizione speciale questa 4a

del premio di Pittura Movi-mento nelle Segrete di Bocca.Un’edizione che definirei ma-tura, vuoi per un’imponentepartecipazione di oltre trecen-tocinquanta Artisti, vuoi final-mente per una qualità che hareso difficile la selezione ditrentuno opere, vuoi perchéufficialmente solo quindici so-no le finaliste. Un’edizione do-ve anche i neofiti dell’arte, da-ta loro la possibilità di espri-mere un parere sul dipintopreferito, trovino difficoltà nel-la scelta. Un’edizione dove an-che chi scrive avrebbe grosseincertezze nell’individuare unasola opera da premiare. Un’e-dizione che a differenza delleprecedenti trova finalmente iconnotati per uscire dai luoghidella manifestazione e racco-

gliere consensi di interesseesterni; sono state molte le vo-ci fuori campo, che hanno e-spresso un parere positivo sul-la selezione, com’è successorecentemente al MiArt dovepiù di un gallerista ed espertoha fatto riferimento agli Auto-ri! Quindi un sentito ringrazia-mento a tutti i partecipanti. Orase dovessi fare il punto su chipotrebbe vincere, scrivo primadel risultato finale decretatodalla valutazione della Giuriadi Qualità che meriterebbe uncapitolo a parte, non sarebbeascrivibile a un dipinto ma al-meno a cinque, anche se perognuno dei finalisti ci sarebbeun buon motivo per esserepremiato. Partirei da Il Re è nu-do di Francesco Diotallevi,acrilico su tela; l’opera è fra tut-te la più semplice e scevra diparticolari pittorici, ma proprioqueste caratteristiche unite adun divertente e quanto buffopersonaggio, uscito ironica-mente da una rivisitazione fu-mettistica tipica degli anni Cin-quanta e Sessanta, dipinto sudi uno sfondo Pop, di un ver-de squillante con margheritesvolazzanti, risulta meno fri-vola di quello che sembri, si

continua a pag. 10continua a pag. 12continua a pag. 12

Anno XXI, Numero 64 • luglio-ottobre 2010 • Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in a.p. 70% - DBC Milano • ISSN 1120-8511 • e-mail: [email protected] • www.libreriabocca.com

Capolavoridella

collezioneOjetti

Silvia Venuti

La mostra Da Fattori a Caso-rati. Capolavori dalla Colle-zione Ojetti, promossa dalCentro Matteucci per l’ArteModerna di Viareggio, pre-senta l’intenso impegno cul-turale di Ugo Ojetti, che comecollezionista, critico d’arte,saggista e giornalista, fu tra ipiù importanti protagonisti del

primo Novecento. La sua per-sonalità e il suo lavoro sonostati ricostruiti attraverso at-tente e faticose ricerche, ri-componendo un archivio cheha permesso di risalire ai ca-polavori della sua collezione.Porgo alcune domande alladott.ssa Giovanna De Lorenzi,curatrice della mostra.Com’è nato questo progettocentrato sulla figura di Ojetti?È stato Giuliano Matteucci,grande conoscitore della pit-tura dell’Ottocento, pittura dicui Ojetti è stato uno dei pri-mi collezionisti, a propormi dilavorare a questa esposizione,sapendo che da molti anni mioccupavo della figura di Ojet-ti (su cui ho pubblicato un li-bro nel 2003), e che, con l’aiu-to di una mia allieva, Graziel-la Battaglia, stavo cercando diricostruire la sua collezione.Quando Ojetti iniziò la rac-colta e quali furono le moti-vazioni delle sue scelte e i suoiartisti più amati?Il nucleo più importante dellaraccolta nasce nei due primidecenni del Novecento, quan-do Ojetti, critico d’arte del Cor-riere della Sera, è già una fi-gura di primo piano nel mon-

a Pascali, da Manzoni a Chri-sto a Klein, per tentare alme-no di fornire un contesto sto-rico alla portata di quella no-vità che fu solo, ed esclusiva-mente, di Fontana.Buchi prima, o tagli poi, perLucio Fontana le sue «scoper-te» erano, innanzitutto, «con-cetti spaziali». «Il buco e il ta-glio sono la stessa cosa», af-

fermava. La loro logica era de-terminata dal medesimo in-tento: aprire lo spazio reale al-lo spazio possibile, che deveancora accadere, attraverso ilgesto del bucare e del taglia-re la superficie della tela. Per questa ragione i suoi taglisi chiamano spesso attese. Attese di ciò che sta al di là delpiano, che può venire, che

può passare attraverso.Nulla a che vedere con ilgestuale, nemmeno conl’informale, ma, piuttosto,con le problematiche spa-ziali, d’aspirazione all’ol-tre, insite nel barocco cheFontana, tra l’altro, cono-sceva molto bene e cheaveva fatto proprie sindalla formulazione delManifesto Blanco. È ancora lo stesso Fonta-na nel 1968 a tornare sulconcetto dei buchi e deitagli nel Colloquio conTommaso Trini allorapubblicato sulla rivistaDomus: «Non è che buca-

vo per rompere il quadro, no,ho bucato per trovare qualco-sa… Scusi se le parlo così, og-gi lo posso dire, perché infondo erano le mie idee, nonle hanno mai capite. Diceva-no: la tela, distrugge, infor-male… ma non è vero». La sua era invece una presa di

Si fa presto a dire tagliaVladek Cwalinski

«I tagli è una cosa… nonla lascerò mai. Ritengo chenon siano ancora supera-ti, come… non ho dapreoccuparmi di essere ri-masto indietro, proprio èla cosa a cui credo moltoil taglio e il buco, le altresono fantasie d’artista», af-fermò Lucio Fontana nel1968 nella sua intervista ri-lasciata a Carla Lonzi pertentar di spiegare quellanovità, quel «fatto nuovoin scultura» lo chiamavalui, assolutamente noncompreso, che allora ave-va fatto gridare allo scan-dalo, alla presa in giro. Ora, a distanza di oltre qua-rant’anni presentando il suogrande soffitto, Ambiente spa-ziale con tagli, che il maestrorealizzò nel 1960 per l’abita-zione milanese dell’amico in-genier Antonio Melandri, laGalleria Nazionale d’Arte Mo-derna di Roma, espone, oltrea una serie di sue opere, an-che quelle di artisti, da Calder

Quadrimestrale di attualità artistiche e culturali fondato nel 1990 • Registrazione Tribunale di Milano n. 199 del 19/3/1990 • Direttore Donatella Bertoletti • Responsabile scientifico e Redattore capo Antonio D’AmicoStampa: Monotipia Cremonese S.n.c. - Cremona • Progetto grafico: Fotolito Lombarda, via Valvassori Peroni, 55 - Milano - tel. 0270635627 - fax: 022665452 - e-mail: [email protected] • Tiratura: 5000 copie

TAXE PERCUE (Tassa Riscossa) UFFICIO CMP Verona • In caso di mancato recapito restituire all’Editore che si impegna a pagare la tassa. Libreria Bocca Galleria Vittorio Emanuele II,12 - 20121 Milano - Tel.0286462321/02860806 - Fax 02876572

Medardo RossoLa naturale oscurità delle cose

Antonio D’Amico

continuità», come gli stessi cu-ratori dichiarano, dando voce,o meglio immagine, non tan-to alle opere scultoree, bensìalle fotografie scattate da Me-dardo stesso alle sue opereche, scanso equivoci, all’inter-no del libro sono naturalmen-te tutte catalogate e schedate.Comunque emerge il punto divista dell’artista che osserva lasua scultura e la blocca attra-verso lo scatto fotografico,adesso quello scatto o meglioquelle centinaia di stampe, ne-

gativi e ritagli fotografici, ri-trovati nell’archivio di Medar-do, divengono protagoniste elo sono non soltanto in quan-to documento istantaneo di unprocesso creativo in divenire,ma soprattutto perché resti-tuiscono una fluidità «senzaluogo di un esistente dopo ilVero, e la Natura». Foto che catturano la patinadel tempo e la sua reazionesulla sostanza scultorea chemisticamente vive su un ter-reno di contemplazione, di ri-

flessione dell’indefinito, del-l’immaginazione di completa-mento della materia plastica,con la coscienza che l’operadi Rosso, intorno alla quale èpossibile girare e interrogarsia trecentosessanta gradi, nonè altro che «un brandello diesistenza viva dentro la scul-tura». È incredibilmente così!Pertanto accade che nel si-lenzio di un dialogo intimocon lo spettatore e forse pri-ma di tutto con l’artefice, laRuffiana ci coinvolga nel suoriso che ci appare persino for-zato e il Bersagliere col suosguardo intento ci raccontar-ci il suo destino e a noi paredi sentire le loro voci pulsareancora al di là della cera.Guardando il Biricchino nonè difficile immaginare le “bir-bonate” ingegnate per stradae poi, certo, in qualche casoil tempo sovrasta la lettura del-la pellicola fotografica e na-sconde o tace i dettagli, sfi-gurando forme e mostrando-ci sentieri percorribili solo dal-l’inconscio o da una critica ro-mantica a tratti crociana. In-triganti sono i vari scatti diCarne altrui, una straordina-ria sintesi di modellato inde-finito e allo stesso tempo com-piuto, come lo è l’innocentesorriso di Bambina ridentedove il rimando alla natura ri-nascimentale di Desiderio daSettignano è strettamente con-tingente; rimando all’arte clas-

«Rosso è di quei pochissimidove il genio scorre direttonell’opera, travolgente e indif-ferenziato, con ‘la naturaleoscurità delle cose’. Dopo dilui, nell’arte, copia dal vero èdiventato un nocciolo di no-stalgia, e le stesse nobili paro-le di Pittura o Scultura ci vol-gono al passato. Al valico tramoderno e contemporaneo haintrodotto una scultura deltransitorio, esposta al rotto eal disfatto, disponibile al Ca-so, di materia assorbente, do-po l’Idea riflessa dal lucido delbronzo e dal polito del mar-mo. L’arte fluida e senza luo-go di un esistente dopo il Ve-ro, e la Natura. Ha riportatol’antico come un presente aldi qua della storia». Così esor-disce Paola Mola in La noia diBaudelaire, saggio che apre ilCatalogo ragionato della scul-tura di Medardo Rosso, pub-blicato da Skira, da lei curatoinsieme a Fabio Vittucci. Un li-bro curioso e interessante chese per certi versi custodisce isegreti del modus operandi diun genio dell’arte dell’Otto-cento, per altri è una pista suc-culenta ma orientativa da svi-scerare su diversi fronti per ul-teriori indagini sulla sculturadi Medardo Rosso. Certamen-te siamo in presenza di un ca-talogo ragionato sui generis,costruito con una sintassi strut-turale che per ogni sezione delvolume procede «per fram-menti, con ritmi e sovrapposi-zioni, in un discorso senza

FrancaFranchi

eDino

Maccinia pagina 2

Medardo Rosso, Carne altrui, cera su gesso, M.A.R.T.

continua a pag. 12

Lucio Fontana, Ambiente spaziale con tagli, 1960, gesso, cm 400 x 814,3

A. Simoncini, Entranced, 2009 F. Casorati, Daphne

da 1 a 12 PRIMAVERA 2010 2-07-2010 10:01 Pagina 1

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Dino MacciniDino Maccini, mosaicista, sperimenta l’eccellen-za tecnica e si cimenta nella resa figurativa at-tenta all’intensità psicologica; poi si avventuranell’innovazione plastica, nella polimatericità, nel-l’arte decorativa e nel design.I soggetti attingono alla ricerca metafisica diun possibile senso della vita.Nel lavorare “in filigrana” ottiene risultati espres-sivi eccellenti: per la particolarità dei ritratti e perl’ineffabile luce che li attraversa e li vivifica; oancora per lo stingersi dei segni, delle forme,quale metafora dello stingersi della memoria.Maccini indaga anche suggestive compenetra-zioni di fogli nudi o scritti, come Ornella Vano-ni in Pagine.La vitalità del bambino interiore regala alcuneopere al tema del gioco, come Cielo, realizzatacon William Xerra. È attento e aperto al confrontoe allo scambio con altri artisti: dall’atelier diespressione artistica tenuto con Alberto Gallera-ti; ad esperienze “a quattro mani”, di integrazio-ne musiva di sculture, con Giorgio Groppi; alleopere con Franca Franchi, nelle quali si con-frontano due sensibilità e due modi di intende-re, in chiave contemporanea, il mosaico.

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Franca FranchiDai Palazzi Gotico e Farnese di Piacenzaalla “Immagini Spazio Arte” di Cremona;dalla “Transvisionismo” di Castell’Arqua-to alla personale in corso al “Paradosso”di Milano; fino a New York, alla LibreriaBocca in ottobre e alla presentazione delcatalogo monografico della Giorgio Mon-dadori, con testo di Paolo Levi che la se-gue dagli esordi, prevista al “Paradosso”il 6 luglio alle 18. Franca Franchi lavora con cristalli e spec-chi sull’orlo dell’abisso: frantuma materiadi recupero, sfidando le antiche e con-solidate ire della superstizione popolare.Il suo segreto è però evidente: lavora/gio-ca nel presente! In un sentire immediato che prende for-ma per incalzante necessità trasformati-va, nella quale il tenere insieme orienta-le è ispirato da Masaru Emoto.I materiali simbolizzano aspetti prioritaridell’umana essenza: la trasparenza e lafunzione riflessiva.Le composizioni suggeriscono spazialitàmolto differenti e svelano l’immagine “amolte dimensioni” dell’essere contem-poraneo.Dalla stratificazione delle informali tesse-re emerge una poetica dell’equilibrio edell’armonia del caos.www.cristallifranchi.it

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Il quadrato e il cerchio. Di fat-to, due figure perfette, astrat-te, categorie intellettive cuiconformare per via analogicai fenomeni percepiti dai no-stri sensi. Eppure, il significa-to del connubio dialettico del-le opere di Stefano Soddu edi Carmine Caputo di Rocca-nova, va al di là di un similemeccanismo oppositivo. Ad

accomunare dipinti e scultu-re in apparenza così dissimi-li, persino inversi, è una pro-spettiva fortemente umanisti-ca: l’affermazione, se così sipuò dire, della necessità del-la contraddizione in quantotratto distintivo della nostracondizione. Soddu sa emble-matizzare in vari e differentimodi tali consapevolezze. È

una meditazione esistenziale,nobile e virile, priva di com-piacimenti, di scorciatoie con-solatorie, di facili approdi: sia-mo finalmente al cuore diquella riflessione sulla condi-zione umana che sostanzia, aben vedere, la sua intera pro-duzione artistica. Che è ricer-ca autentica e sincera, co-stante e inesausta, sul piano

A R T E P R I O R I T A R I Aa cura di Gabrie l la Br embat i

Carmine Caputo di Roccanova & Stefano SodduCerchioquadrato

Paolo Bolpagni

Conviene, per questi brevipensieri, partire da alcuni di-

segni molto belli, raccolti in unlibretto che è come un brevia-rio fatto di preghiere e grafiti.Sul crinale ebbero titolo quelpaio di decine di pagine, do-ve nel vento portato dal ricor-do si alternavano poesie scar-ne e fogli tutti colmi di una lu-ce bianca che d’improvviso s’i-spessiva nel buio di anfratti, re-ticolati, selve e valloni miste-riosi. Vi si accennava indubi-tabilmente la natura, eppure sicapiva come l’immagine diquella natura non bastasse,non potesse essere assiemepunto di partenza e d’arrivo,movimento e sosta. Si era nel

1998 e Mariangela De Mariatornava a dare dopo tempo,

un tempo d’assenza dalla pit-tura intendo, le sue prove sulversante di una atmosfericitàche aveva bisogno di larghispazi, immense fessure, dila-tazioni che si esprimevano intrafitture delle montagne. Per-ché a ben vedere, quei grandifogli bianchi nascevano spe-cialmente dalla visione corret-ta proprio di paesaggi monta-ni, finissimi intrecci d’erba ealberi, rovelli di roccia e cor-tecce. Era quella specie di na-turalismo dell’anima che nonha più mancato d’incidersi egermogliare. Proprio dalla bel-lezza di quei disegni, lontani

ormai dieci anni e più, sononati i quadri di questi ultimimesi, nei quali quella grigliaspirituale, e frutto dell’occhiointeriore, agisce come unastruttura esilissima, leggera,che pare sostenere il mondoadesso più acquatico della DeMaria. Sono notturni, improv-vise apparizioni della luce, so-no fondi subacquei e strasci-chi dell’alba. Vi si sente la gioiadella pittura, la sua pienezza,il timbro di un suono e di piùdi un silenzio, l’argomento del-la luce, il suo navigare tra cuo-re e anima. Slabbrature, cola-te di una cenere umida rap-presa, fuochi fatui, apparizio-ni, inganni, tracce, misteri. Tutto converge verso l’identi-tà tra pittura e una non-imma-gine che si tramuta largamen-te in assenza, risuono, rintoc-co. Il colore si presta a un’identificazione tra gesto tratte-nuto e riproducibilità di quel-la identificazione. Così il qua-dro è al contempo ciò che sivede e ciò che il vedere na-sconde. Non c’è altra stradache questa, altra strada se nonil lento sgocciolare di una vi-brazione che s’innalza. O spro-fonda. Pur non essendo pittu-ra né dichiarativa né assertiva,spalanca le porte di un mon-do, lo rende visibile mentre ap-parentemente lo nega.

Mariangela De MariaL’acqua e la notte

Marco Goldin

Stefano Soddu, 2010, Dal cerchio alla ruota, 8 pezzi in ferro, cm 120 x 25 cad.

della forma, della materia, delsignificato. Al di là della sem-bianza introversa e coriacea,i suoi lavori non si esimonomai dall’interrogarsi sulla pro-pria valenza comunicativa esulla finalità stessa del creare,dell’assemblare, del compor-re. E soprattutto di un parlareall’uomo dell’uomo, sempresaggiamente immune da va-ghi filosofemi e inutili sofismimentali. In lui sono la solidi-tà, la concretezzacoraggiosa di unpensiero alieno datentazioni tanto i-dealistiche quantopositivistiche, votatoalla comprensionedel qui e ora, allamanifestazione del-l’individuo nella suacontingenza e acci-dentalità, ma nellaproiezione verso ilmistero di ciò chetrascende la puramaterialità.Carmine Caputo diRoccanova si collo-ca in una dimensio-ne espressiva e auna temperatura e-mozionale che, diprimo acchito, risul-tano forse lontanedagli assunti criticifin qui delineati. Lesue tele sono tutte diforma quadrata, asuggerire l’esigenza

d’istituire un campo percetti-vo il più possibile neutro e im-passibile, atto a evitare ag-gregazioni visive e ripetizioni,a scoraggiare l’azione seman-tica, magari inconsapevole, diun andamento orizzontale overticale, con le immancabilianalogie figurative e struttu-rali del caso. Parrebbero lepremesse per una pittura og-gettiva, fredda, assoluta, d’im-pianto razionalista e concreti-

sta. E invece non è che il pun-to di partenza e necessariocontraltare a un’esperienza ar-tistica che ha fatto del para-dossale, dell’inaspettato, del-l’irregolare il proprio moven-te forse più autentico.

Estratto del testo pubblicato sul catalogo della mostra:Cerchioquadratotenutasi alla Società per la Belle Artied Esposizione Permanente di Milano dal 29 marzo al 7 aprile

Carmine Caputo di Roccanova, 2010, Cornice fredda, acrilico e foglia d’oro

Mariangela De Maria, 2010, Notturno dittico, cm 120 x 160

Ed è il suo fascino, la sua for-za che viene dai primordi. Per-ché ciò che più sentiamo è ilsuo essere legata e collegata altempo primo, all’evocazione diuna genesi, al gong protrattoe silenzioso di una nascita. Lapittura estrae così dal tempofondo il tempo di una nuovanascita, ne diventa l’onda chesi distende, la nota che nessu-no può fermare. La pittura vie-ne dal principio, nasce comelinguaggio dal primo sguardoposato sul mondo e in questomodo non avrà mai fine. Ma-riangela De Maria vive con isuoi quadri più recenti la feli-cità di un rapporto che toccaancora intatto questo nucleoimmodificabile, non scalfito danulla, perché è la perfezionestessa del tempo. Tocca con isuoi passi quel luogo che siapre e si ritrae, al ritmo di unrespiro. La pittura è dunque daun equilibrio, è essa stessa unequilibrio. Sta su un bilico, suun ciglio dal quale si vedonol’acqua e l’aria farsi una cosasola, mentre si alternano ilgiorno e la notte sopra e sot-to la calotta dei cieli e deglioceani. Niente può essere de-scritto, ma tutto solamente silascia intuire. Mentre il coloresi distende in un lampo a lun-go trattenuto.Testo tratto dal catalogo.

In dueIn dueAlvarAlvaro e Renata Buttafavao e Renata ButtafavaPerché l’abbinamento Alva-ro/Buttafava? La mostra In Duepresentata nella galleria Sco-glio di Quarto propone tregrandi tele e diciotto carte diAlvaro col tema Notizie dagliScavi; I segni del Tempo è in-vece il titolo del catalogo per iquattordici lavori in argilla cot-ta di Renata Buttafava. Ambedue, ovviamente, con di-verse e peculiari sensibilità, at-tingono dalla comune predile-zione per viaggi in terre anti-che e lontane come l’Africa eil Centro America. L’uno riela-borando i propri ricordi attra-verso geometrie archetipe e co-lori forse ripresi da antichi tes-suti e ceramiche, l’altra nel co-struire forme che ricordano, anche nel colore della terra usa-

ta, il passare del tem-po e il lavorio del ven-to. Le due immaginipubblicate hanno evi-denti analogie sia neltessuto orizzontaleche nelle forme affu-solate. I cataloghi so-no disponibili in Gal-leria, per Buttafava itesti sono di P. Levi, E.Schatz, G. SchiavoCampo e G. delli San-ti, per Alvaro di G.delli Santi e presenta-zione di E. AlbertiSchatz.

Stefano Soddu

R. Buttafava, 2009, n. 24

Alvaro, 2010, Notizie dagli scavi

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Il percorso artistico che ha portato Daniele Cazzato alla realizzazione delle Sculture di luce parte da molto lontano e

in verità dalla riflessione sull’invisibile; elemento cardine chepermea tutta la sua produzione e gli fornisce quell’intrinsecoslancio vitale fluido irresistibilmente indispensabile alla sua

stessa esistenza. Infatti, per Daniele arte e vita sono un binomio inscindibile tanto da rendere speculare produzioneartistica e assunto quotidiano esperienziale, facendo persino

pensare che nei suoi gesti l’uno giustifichi l’altra e viceversa.Davanti alla tela e ora fra tubi e vetri, Cazzato percepisce

un’inesplorabile leggerezza come compagna di strada, egli avverte la forma ancora in fieri e tenta di varcare soglie

visive incontaminate per insinuarsi, senza peso specifico,laddove la mente umana cerca la nudità dell’essere. È propriocosì, per Daniele la creazione artistica è volare e infiltrarsi nei

suoi stessi sentimenti più reconditi, presentandosi indifeso dinanzi all’iniziazione dell’opera per legittimare un linguaggio

visivo dinamico che si concilia col silenzio in un groviglio di segni incompiuti, sempre in attesa di una precisa identità.

I suoi sono sguardi interiori, teofanie dell’anima che si manifestano come particelle di un più ampio e definito cosmo

fisiognomico comprensibile con gli occhi del cuore! Così accadeva nei suoi Voli e di recente nei suoi

Volti informi, alla ricerca di un’identità! Ancora oggi nelle sue Sculture di luce, i cardini morfologici

che pulsano alla radice pullulano di assonanze introspettive erestituiscono un percorso col quale si può seguire la luce,

infiltrata fra le fenditure porose della superficie! Captando illinguaggio luminoso delle istallazioni che Daniele propone, sipuò scorgerne la scia che si culla col vetro e si propaga docile

in ogni dove, varcando le trasparenze e creando ombre o stratificazioni, per poi riemergere e ritrovarsi faccia a faccia

con se stessi! Ancora una volta per Daniele non importa il materiale adoperato, in quanto il linguaggio intrinseco è ilmedesimo sia essa pittura o scultura e così in questo caso,l’immagine sculturea che ne deriva è in perfetta assonanzacon l’intera produzione dai Voli ad oggi, dove lo sguardo,

orientato sulla propria identità, è in continua evoluzione e l’ioadulto cerca l’io bambino per ristabilire un equilibrio che

ancora non ha pienamente trovato per via di un portato pittorico intriso di indefinitezza, compiuto con pennellate

taglienti, vigorose, impettite, veloci e brevi. Così come i segnisvelti ed evanescenti che compongono i suoi quadri, anche i

flussi luminosi interrotti dalle fenditure del ferro e dai riverberi del vetro resinoso, sono alla ricerca di una loro identità. Cercano la definizione della figura, ambiscono

all’immagine pura e quindi c’è insito in loro il desiderio dispecchiarsi a una fonte rigenerativa che al momento è solofrutto della creazione artistica ma che incontrandosi con il

fruitore fa scattare la scintilla di un equilibrio tanto ricercato.Del resto, la porosità dei vetri rimanda alle pennellate e il

gioco oscillante della trasparenza opacizzante crea un filtroidentitario e le sue sculture appaiono come un bozzolo che

attende la definizione ultima, è in attesa di una vita nuova, diseguitare la scia della vitalità, quella scia che è figlia

dell’invisibile e percepibile solo con l’anima! La scultura diDaniele è un groviglio di sentimenti espressi col linguaggio

plastico e rimanda alla vita e così come nella sua forma tubolare coprente, la luce rimane intrappolata e fuoriesce solo

a sprazzi in attimi di libertà, così il virtuosismo empatico èper certo rigenerativo alla quotidianità! Quei deboli o sottili

filtri luminosi sono il desiderio di una vita nuova, di una ricerca in stato d’avanzamento, una coscienza dell’esistere!

Le sue forme scultoree puntano a rischiarare le “tenebre”dell’io per fornire uno strumento di connettività con

l’invisibile che ciascuno si porta dentro!

Antonio D’Amico

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I colori del bianco. Policromianella scultura antica (De Lu-ca Editori d’Arte) è un viaggioentusiasmante nato dalle ri-

cerche che hanno dato vita, trala fine del 2003 e l’inizio del2005, ad una mostra itineran-te ospitata dapprima presso laGliptoteca di Monaco, poi nel-le sale della Gliptoteca NyCarlsberg di Copenaghen e in-fine ai Musei Vaticani. Questa raccolta di studi rap-presenta un organico tentati-vo di sgretolare definitiva-mente la dottrina classicista,affermatasi a partire dal Sette-cento, «che continuò a proiet-tare l’ombra dei propri pre-concetti estetici sull’antichitàgreca» (e romana), trovando«giustificazione nell’argomen-

È stata una bella sorpresa tro-vare Giosetta Fioroni alla pre-sentazione del volume di Ski-

ra che, appena uscito in libre-ria, raccoglie il meglio del suolavoro. In Triennale a Milanosi parlava di lei e con lei di an-ni passati, senza una vena dimalinconia. In un’atmosfera di

work in progress che, non a ca-so, si percepisce spesso neisuoi dipinti, nei suoi scritti e

nelle ceramiche degliultimi decenni. Unadonna affascinante, so-bria, curiosa. Un’esplo-ratrice nel mondo del-l’espressione artistica,della poetica del segno.Una signora della cul-tura che dipinge e di-segna come parla e par-la benissimo. Leggera eincisiva, senza sbavatu-re, senza accenti di va-nitoso egocentrismo.Con ironia e un gustosano del gioco, quelloadulto, utile nel mestie-

re di vivere non meno che inquello creativo. Pop Art, cer-to, Scuola di Piazza del Popo-lo, sì, Biennale di Venezia, per-ché no. Ma anche tanta poe-sia, tanta strada, tante relazio-

ni, intrecci, tentativi, tentazio-ni. È molto piacevole questolibro: Germano Celant intro-duce con pagine ricche di sto-ria e critica d’arte, poi Gioset-ta si racconta: e così entri den-tro anche a tante sue tele e ca-pisci i Teatrini e senti l’ener-gia degli Argenti. Ma soprat-tutto capisci perché. E un po’ti innamori. Non è per il mo-mento di grande revival deglianni ’60 e ’70 – dove troppospesso è il vuoto del presentea spingerci a guardare indietro– che le cose di Giosetta piac-ciono ancora. È che non sonosolo belle, sono gustosamentebuone. E intelligenti.

N. 64 - luglio-ottobre 2010 www.libreriabocca.com

I L I B R I

Giosetta FioroniRacconti per immagini

Fede Lorandi

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Va senz’altro applaudita l’ini-ziativa di Castiglion Fiorentino,comune toscano di neppure15mila abitanti che assommasul suo territorio tre importan-ti musei, di portare i suoi te-sori artistici, appena restaura-ti, a Roma, a Castel Sant’An-gelo, uno dei monumenti piùvisitati e noti d’Italia. L’operazione non è stata solo

marketing culturale, perché l’i-niziativa si è svolta secondotutti i crismi scientifici sotto lacuratela del professor PaoloTorriti dell’Università di Sienae la collaborazione di Rossel-la Vodret, soprintendente spe-ciale del Polo museale di Ro-ma. Migliaia di persone, han-no ammirato 40 opere prove-nienti dalla Toscana, tra cui itre più importanti oggetti re-staurati pochi mesi fa dall’O-pificio delle Pietre Dure di Fi-renze: una croce reliquiario dimanifattura toscana d’inizioXIII secolo, una croce santaforse francese del XIII secoloe il notissimo busto reliquiariodi sant’Orsola, un autenticogioiello creato a metà del ’300a Parigi o Avignone sbalzandodue lastre d’argento e deco-

randole con vari castoni conpietre, quarzi e paste vitree,mentre sulla base sono predi-sposte dodici piastrine d’ar-gento con smalti traslucidi tra-mite cui si raccontano storie disanti. «Riteniamo – ricorda Tor-riti – che non vi siano dubbisulla provenienza francese de-gli smalti, creati appositamen-te per quest’opera, visto che le

placchette dovettero essere pri-ma piegate per adattarle allaforma del reliquiario e poismaltate, ma sembra che an-che la corona provenga daiquei territori». Tutto ciò richia-ma le ragioni dell’economistaFranco Debenedetti quando,pur riferendosi in particolareai documenti antichi, ricordache «Se il restauro è un valore,un bene che si aggiunge al-l’oggetto, allora deve esserepossibile acquisire il “diritto diproprietà del restauro”. Sarà te-stimoniato sull’originale da unex libris che riporti il nome del“proprietario del restauro”...Questi potrà usare il certifica-to per scopi individuali oaziendali, per soddisfazionepersonale o per promozionepubblica, potrà cederlo, rega-

larlo, lasciarlo in eredità. E avràil diritto di andare a visitare la“propria” opera». Senza saper-lo gli amministratori di Casti-glion Fiorentino hanno appli-cato, prima che fosse diffusa,questa idea: l’ex libris del re-stauro, in questo caso, rappre-sentato dall’esposizionesvolta-si a Castel Sant’Angelo (cata-logo Edifir , a cura di P. Torri-ti e M. Gilda Scarpellini) e iproprietari dei meravigliosi og-getti sono gli abitanti del co-mune e i turisti che dopo la“pubblicità” romana possonoammirarli nei musei locali, laPinacoteca Comunale, l’Ar-cheologico e la Pieve di SanGiuliano. La Pinacoteca con-serva soprattutto opere d’artesacra, oreficeria medievale edipinti toscani dal XIII al XVIIIsecolo tra cui San Francescoche riceve le stimmate di Bar-tolomeo della Gatta e la pre-ziosa statua lignea del ’300 diSan Michele arcangelo che uc-cide il drago. Il museo di SanGiuliano espone opere prove-nienti da chiese del territoriodal XIII al XVIII secolo, tra cuila terracotta invetriata del Bat-tesimo di Cristo di BenedettoBuglioni (1520) e magnificiparamenti del ’400 come la to-nacella fiorentina di Petreto.L’archeologico, infine, rialle-stito nel 2001, raccoglie quan-to proveniente da scavi locali,soprattutto d’epoca etrusca(delizioso il piccolo dado inbucchero della fine del VII se-colo a.C. e le statuette di Bro-lio conservate però a Firenze).Peccato non sia stato possibi-le esporre a Roma, per com-prensibili motivi conservativi,anche la croce di fine ’200: sisarebbe riaperto il dibattito,Duccio o non Duccio?

Sacra mirabiliaTesori da Castiglion Fiorentino

Stefano Luppi

Sacra mirabilia tesori da Castiglion FiorentinoP. Torriti, M. Gilda Scarpellini128 pp., 100 ill. Brossura

Giosetta FioroniGermano Celant456 pp., 526 ill.testo italiano/ingleseRilegato

to per cui la colorazione del-la scultura sarebbe stata un’a-bitudine distintiva di gradinistilistici primitivi, dismessa con

la progressiva acquisi-zione della perfezionee con l’epifania dell’i-deale», come si leggenel saggio Il dibattitosul colore di AndreasPrater che chiude ilvolume. La sillogesembra recuperare l’in-segnamento di A. Furt-wängler, che, dopouna lunga fase di spe-culazioni e fantasie at-torno alla policromia,tornò di nuovo sui re-perti, forte anche del-l’impegno profuso inprima persona negliscavi del tempio di

Aphaia ad Egina agli inizi delNovecento. Nelle intenzionidegli studiosi chiamati a par-tecipare all’organizzazione del-la mostra nonché alla scrittu-ra del volume, vi è infatti an-che la volontà di rendere ac-cessibili i risultati delle ricer-che tramite la presentazione diricostruzioni a grandezza na-turale: lo scopo è quello di coin-volgere un pubblico semprepiù ampio, non limitato ai so-li specialisti, e insieme di ri-spondere a un’esigenza speri-mentale, cioè quella di verifi-care mezzi e procedimenti del-la pittura antica, finora rico-

I colori del biancoStefano Saponaro

I colori del bianco.Policromia nella scultura anticaAA. VV.356 pp., 458 ill.Brossura

struiti solo a livello teorico, ecomprendere come il coloreavrebbe influito sulla perce-zione delle sculture. Ne nasceuna raccolta coerente di saggifilologici, di storia della rece-zione e di analisi sia archeo-logiche che archeometriche,che analizza la questione del-la policromia nella scultura an-tica da molteplici punti di vi-sta: il ruolo delle invenzioni edei miglioramenti nel campodelle tecniche di stampa (pri-ma fra tutte, la cromolitogra-fia) che stimolarono un rinno-vato interesse per l’argomen-to; la rilettura delle testimo-nianze sulla plastica policro-ma nella letteratura antica; l’a-nalisi del tema della policro-mia nei manufatti bronzei. Aqueste indagini si affiancanouna serie di case studies di al-to approfondimento, comequello sulla cromia dell’Augu-sto di Prima Porta o sul pro-getto di ricostruzione dei co-lori del ritratto di Caligola del-la Gliptoteca di Copenaghen,tutti assai «significativi per unaintera classe di problemi, le-gati da un filo rosso, o meglio,da un filo di mille colori».

Ricostruzione policroma dell’arciere delfrontone occidentale del tempio di Aphaia

Carte e documenti per 2 convegniLuca Pietro Nicoletti

Lo storico dell’arte, oggi, nonsi accontenta più delle soleopere d’arte e della critica chesi è esercitata su di esse, mamostra curiosità nelle direzio-ni più diverse, daicarteggi a docu-menti, alle perso-ne che un artistafrequentava e per-sino ai libri dellasua biblioteca. So-no un corollariodiretto di questiinteressi, per na-turale conseguen-za, anche gli studisulle figure con-nettive che hannoreso possibile ilmoderno sistemadelle arti (mercanti, collezio-nisti ed editori). Si possonoracchiudere in questa proble-matica i due volumi su Ga-briele Mucchi (nella serie Ar-chivi del libro delle Edizioni diStoria e Letteratura di Roma) esugli editori Giovanni e VanniScheiwiller (al numero 8 dellacollana Le vetrine del sapere diSkira), risultato di due impor-tanti convegni tenutisi pressol’Università degli Studi di Mi-lano nel 2005 e nel 2008. Purtrattandosi di argomenti moltodistanti fra loro e anche di li-bri con impostazioni comple-tamente diverse, questi testi so-no accomunati da un approc-cio metodologico analogo,frutto di lunghi lavori d’archi-vio su documenti di prima ma-no intrecciando opere, docu-menti e, non ultimi, libri. En-trambi, infatti, sono la voca-zione manifestata, da quasi un

decennio, dall’ateneo milane-se, per gli studi umanistici sul-l’editoria, sui mestieri del libroe sul vastissimo mondo intel-lettuale che vi ha gravitato nel

corso di tutto il’900. Fulcro diquesto interes-se è il CentroAPICE (Archi-vio della Paro-la, dell’Imma-gine e dellaComunicazio-ne Editoriale)nato nell’otto-bre 2002 perraccogl iere,conservare eva lo r i z z a r efondi biblio-

grafici e archivistici di partico-lare pregio e rarità. A partiredal primo nucleo di opere giàdi proprietà universitaria, ilCentro ha acquisito bibliotechee archivi di importanti case edi-trici del XX secolo, che, ac-canto a raccolte provenienti dacollezionisti privati, documen-tano la storia dell’editoria li-braria e giornalistica dell’etàmoderna e contemporanea,così come dei suoi creatori:scrittori, grafici, illustratori, ti-pografi, stampatori, critici, edi-tori. I due convegni, di cui orasi pubblicano gli atti, sono ilfrutto dei fondi archivistici e li-brari più interessanti che l’A-PICE possiede: un archivio dipersona (Mucchi) e uno pri-vato, ma questa volta di carat-tere editoriale (Scheiwiller),con tutto il mondo di rappor-ti e relazioni che è gravitato in-torno a queste due singolari

esperienze del Novecento ita-liano. Se però appare ovvioparlare di libri nel caso dei dueScheiwiller (padre e figlio), èancora più significativo, in unvolume dedicato a un artista,trovare non solo contributi sul-la sua attività pittorica e pro-gettuale, ma anche sui suoi la-vori per l’editoria, come nel ca-so delle illustrazioni per Bom-piani, o sulla sua bibliotecapersonale, sui libri che, insie-me a una nutrita messe di do-cumenti d’archivio, sono statidonati ad APICE. Inevitabile, quindi, che in en-trambi i casi si trovino contri-buti che entrano ed escono dalpercorso strettamente biogra-fico dei soggetti in esame, of-frendo non solo un panoramapiù ampio, ma anche tutta unaserie di tasselli preziosi checompletano altre storie e al-largano l’orizzonte mostrandocome anche un archivio di per-sona, nell’abbondantissima mes-se di documenti, tramandatidal secolo passato, possa ri-servare innumerevoli sorpre-se, e non solo sul possessoreoriginario di quelle preziose evetuste carte.

Busto reliquiario di sant’Orsola

Gabriele Mucchi. Un secolodi scambi artisticitra Italia e GermaniaA. Negri (a cura di)290 pp., 100 ill. Brossura

I due Scheiwiller. Editoria ecultura nella Milano del ’900A. Cadioli, A. KerbarkerA. Negri244 pp., 300 ill. Brossura

Caricatura di G. Mucchi

da 1 a 12 PRIMAVERA 2010 2-07-2010 10:02 Pagina 5

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È l’incarnazione del mito bo-hémien, è l’emblema della tra-sgressiva Parigi del primo No-

vecento… forse è tutto menoche se stesso Amedeo Modi-gliani, Modì per gli amici. Co-me sottolinea Beatrice Busca-roli (curatrice del catalogo, edi-to da Electa), la leggenda di unModigliani maudit ha triste-mente inficiato un secolo distoria dell’arte, sostituendol’uomo all’opera e strappandoall’opera il suo carattere ditechne, faticoso lavoro e co-struzione continua sul filo – edè questo uno degli aspetti spe-cifici della sua opera – di unatensione perpetuamente irri-solta fra elementi diversi: aspi-

Cresciuti all’ombra dei drap-pi che velano la “camera pic-ta” di Mantegna, Federico, Er-cole e Ferrante Gonzaga con-tinuarono a far brillare la stel-la mantovana nel campo del-l’arte tessile: i tendaggi di vel-

luto e broccato (proprio co-me quelli descritti negli affre-schi mantegneschi commis-sionati da Ludovico Gonzaga,bisnonno dei fratelli), le vestisontuose e alla moda (comequelle ricercate con capric-cioso vezzo dalla madre deitre, Isabella d’Este) e, soprat-tutto, gli arazzi di finissima fat-tura erano indice del presti-gio e della ricchezza dei si-gnori di Mantova. Gli Arazzi dei Gonzaga nelRinascimento. Da Mantegnaa Raffaello e Giulio Romano,volume di studi Skira, curatoda uno dei massimi esperti inmateria, Guy Delmarcel, ci

guida alla scoperta di que-st’arte preziosissima, inaugu-rando il nuovo corso del Co-mitato Scientifico del CentroInternazionale di Palazzo Te,presieduto da Salvatore Settis.Il catalogo raccoglie ben tren-

taquattro arazzi, che sono, tut-tavia, solo un piccolo saggiodel mecenatismo di Federico,Ercole e Ferrante in questosettore: l’inventario dei benidi Federico dopo la sua mor-te (1541) conta 315 pezzi;quello degli eredi di Ferrante– i signori di Guastalla – nesegnala (nel 1590) 172, men-tre il repertorio ducale stilatonel 1614 ne comprende 386. La distruzione, la dispersionee la consunzione segnaronoil destino della maggior partedegli arazzi. Quelli che si sono salvati rac-contano spesso delle terrelontane in cui i manufatti era-

no creati: Anversa era l’epi-centro del commercio, ma aBruxelles spettava il primatodella produzione, tanto chenegli anni Trenta del ’500 qua-si un terzo degli abitanti del-la città era impiegato nella

realizzazione di arazzi. Inalcuni casi, la rotta dalleFiandre era percorsa da-gli arazzieri stessi, che daiPaesi Bassi trasferivanola loro attività in Italia: neè un esempio N. Karcher,abilissimo tessitore diBruxelles, operante a Fer-rara fin dal 1517 e as-sunto da Federico Gon-zaga nel 1539. Il volume illustra alcunicapolavori eccezionali, apartire dalla celebreAnnunciazione (1470-1471 circa) dell’Art In-stitute di Chicago, uno

dei più antichi arazzi di gustorinascimentale sopravissuti,fatto eseguire da Ludovico II,per arrivare ai quattro splen-didi esemplari della Vita diAlessandro Magno (1600 cir-ca), commissionati da Vin-cenzo I e conservati a Mon-selice: più di un secolo d’in-trecci tra la dinastia gonza-ghesca e l’arte dell’immaginetessuta.

N. 64 - luglio-ottobre 2010www.libreriabocca.com

A R T E I N C O N T R O I N L I B R E R I A

Gli intrecci di una dinastiaGli arazzi dei Gonzaga

Stefano Saponaro

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Visitando il piccolo e delizio-so centro di Bassano del Grap-pa non si incontrano, purtrop-po, molte testimonianze pitto-riche di Jacopo Da Ponte det-to da Bassano (1510/17 ca. -1592) ancora in loco, giustouna piccola ma-donnina sotto ilgrande orologiodel 1582 e traccesbiadite dell’affre-sco con MarcoCurzio a cavalloche si getta nella vo-ragine su PortaDieda (sino al 1975stava all’aperto an-che il grande affre-sco con putti e mo-tivi allegorici di ca-sa dal Corno). Degli altri membridella dinastia più nota di que-st’area veneta – residenza ebottega nei pressi di PalazzoSturm e il ponte Vecchio – dalcapostipite Francesco il Vec-chio, sino ai figli di JacopoFrancesco il Giovane, Gerola-mo e Leandro, qualche ulte-riore lacerto in città c’è (adesempio in Duomo, purtrop-po sempre chiuso tanto cheneppure le guide turistichesanno riferire sulle opere po-ste all’interno) ma occorre rag-giungere il Museo Civico nelchiostro della chiesa gotica diSan Francesco per scoprirel’importanza della loro pittura.Soprattutto del talentuoso Ja-copo, cui è dedicato un ottimocatalogo (Electa) con una qua-rantina di dipinti provenientida l’Havana, Parigi, Berlino,Houston e dal museo locale,curato da Giuliana Ericani eAlessandro Ballarin. Longhi in-coronava Jacopo come la «per-sonalità più complessa e il sog-getto più significativo per laportata secolare dei suoi svol-

gimenti» e questo forse è trop-po, visti gli anni di concorren-za con mostri del pennello co-me Tintoretto e Tiziano, macertamente in Bassano si per-cepiscono lampi di sperimen-tata attenzione al dato natura-

le, innestati successivamentein un clima pittorico lirica-mente manierista che negli ul-timi anni di produzione giun-ge a un uso della luce che pro-duce quadri caldi, di grandeemotività mentale anche se vi-sivamente forse meno fulmi-nanti. Che Jacopo sia un pit-tore della realtà non v’è dub-bio, basti vedere capolavori co-me Due bracchi legati al tron-co di un albero (1549) oppurealcune deliziosi “frammenti”(Ballarin) come la Fuga in Egit-to del 1534, ma proprio il pri-mo dei due dipinti introducepoi immediatamente ai lampimanieristi e anche al contem-poraneo meraviglioso Ritrattodi cardinale di Budapest(1549), davvero uno dei verti-ci maggiori di questo generedi pittura del periodo. Con glianni Sessanta Jacopo poi giun-ge al “luminismo di tocco” ti-pici nei suoi pastorali dove èla luce il collante di tutto: è evi-dente, ad esempio, nella po-tentissima Adorazione dei pa-

stori di collezione privata ame-ricana. Ma questa mostra nonè che la prima delle iniziative,organizzate dal Comune conla collaborazione di VillaggioGlobale International, previstein occasione dei supposti 500

anni dalla nascita delpittore: nel prossimodicembre sono staticonvocati a Bassanostudiosi da tutto ilmondo per iniziare alavorare intorno a untema allettante per glistudi artistici, come l’a-nalisi delle opere delBassano rispetto aquelle dei figli. Dal 9dicembre al 27 marzo2011 la Soprintenden-za per i Beni Artisticidi Verona, Rovigo e Vi-

cenza organizza inoltre la ras-segna I Bassano ai raggi x,evento forse poco attrattivo perun pubblico generico che pe-rò avrà l’occasione di scoprirei tanti segreti dei dipinti dei daPonte penetrando, grazie astrumenti scientifici non inva-sivi, dentro le opere. I tre an-ni di lavori si concluderannoinfine nel 2012, quando saràorganizzata la mostra JacopoBassano, i figli, la scuola e l’e-redità. Allora potremo dire disapere davvero tutto su questaprestigiosa dinastia artisticache, non va scordato, iniziòcon il padre di Jacopo, Fran-cesco, il vecchio da Ponte, au-tore forse sin troppo bistratta-to dalla critica.

Jacopo Bassanoe la dinastia dei Da Ponte ai raggi x

Stefano Luppi

Jacopo Bassano e lo stupendo inganno dell’occhioA. Ballarin, G. Ericani (a cura di)Catalogo mostra176 pp., 50 ill.Brossura

Gli arazzi dei Gonzaganel RinascimentoG. Delmarcel, C.M. Brown(a cura di)296 pp., 180 ill.Brossura

razione alla scultura e appro-do alla pittura, avanguardia eu-ropea e tradizione italiana. Mo-digliani è un terreno poroso,che assorbe caratteristiche di-versissime e le distilla in un ri-sultato inedito, schiettamenteoriginale. Arriva a Parigi nel1906: è l’anno della morte diPaul Cézanne, Picasso lavoraalle Demoiselles d’Avignon el’interesse per il primitivismo el’arte negra permea il panora-ma artistico coevo. L’artista to-scano (il Botticelli moderno,come significativamente lochiamerà Margherita Sarfatti)dialoga con la contempora-neità europea, ma la collegacostantemente al proprio pas-sato toscano, alla sensibilità perl’arte rinascimentale e a unaformazione fortemente in-fluenzata dai Macchiaioli; inquesto senso costituisce unaspia significativa il rapportocon il primitivismo e l’arte ne-gra, che marca allo stesso tem-po il punto in comune e la dif-ferenza con lo scultore rume-no Kostantin Brancusi (forse ilpersonaggio più artisticamen-te affine): per l’artista fiorenti-no, infatti, il primitivismo noncostituirà mai un fine, ma unsemplice mezzo per arricchirela propria originale sensibilitàcreativa senza però deviarnesignificativamente il percorso.

Modì, le mauditinaugura la nuova sede del MaGa

Martina Fragale

Due bracchi legati al tronco di un albero

Annunciazione, Art Institute, Chicago

È quindi con un soggetto dav-vero denso di spunti che siinaugura il MaGa di Gallarate,nuova sede museale della Fon-dazione Galleria d’Arte Mo-derna e Contemporanea SilvioZanella Onlus (che ha comesoci fondatori il Ministero peri Beni e le Attività Culturali eil Comune di Gallarate). Per l’evento, la fondazione hareso omaggio al grande artistatoscano con un’esposizioneoriginale non solo per la pro-spettiva proposta (la denomi-nazione il mistico profano sin-tetizza eloquentemente una vi-sione problematica della figu-ra di Modigliani), ma ancheper la modalità espositiva: l’al-lestimento è stato curato daMaurizio Sabatini, scenografodi Baaria (l’ultimo film di Tor-natore). Una mostra ricca e va-riegata, che si è avvasa delcontributo di importanti museie collezioni, come la Pinaco-teca Giovanni e Marella Agnel-li di Torino, la GNAM di Ro-ma, la Pinacoteca di Brera e iMusei Civici di Milano.

Paul Guillaumin

Il mistico profanoOmaggio a ModiglianiB. Buscaroli (a cura di)Catalogo mostra172 pp., 60 ill.Brossura

Il Museo Nazionale di Villa Pi-sani di Stra (Venezia), ospita lamostra Ottocento venezianoVeneziano contemporaneo cu-rata da Myriam Zerbi (Otto-cento) e da Costantino D’Ora-zio (Contemporaneo). La ras-segna documenta e illustra ilruolo di Venezia nella forma-zione e nell’ispirazione artisti-ca. Il percorso espositivo sisnoda in due sezioni: le ope-re dell’Ottocento presentatenegli ampi corridoi della villa,mentre quelle di alcuni giova-ni artisti contemporanei dialo-gano con lo scenografico par-co della Riviera del Brenta. Lasezione ottocentesca proponel’opera dei pittori più celebriformatisi nella città lagunare odei maestri dell’Accademia diVenezia a cavallo tra Otto eNovecento. Circa un secolo dioscillazione del gusto, dall’i-deale neoclassico a quello ro-mantico realista. In mostraopere d’ispirazione canoviana,di soggetto storico o di gene-re, ritratti, vedute con croma-tismi della tradizione settecen-tesca, paesaggi ripresi dal ve-

ro o di sapore popolare. Tragli artisti presenti: T. Matteini,G. Borsato, F. Bagnara, F. Ha-

yez (pupillo di Canova), L. Lip-parini, M. Grigoletti, I. Caffi, P.Molmenti, G. Ciardi, G. Fa-vretto, E. Tito, A. Milesi, oltrea personalità artistiche menonote al grande pubblico qualiVincenzo Chilone, Domenico

Bresolin, Egisto Lancerotto,Oreste Da Molin, Antonio e Sil-vio Rotta. Nella sezione Vene-ziano contemporaneo cinqueartisti si confrontano con il bel-lissimo parco di Villa Pisani,dove si sono cimentati i mag-giori maestri internazionali, co-me R. Long, J. Kounellis, lospazio verde si apre per la pri-ma volta agli artisti delle ulti-me generazioni: Elisabetta DiMaggio, Giorgio Andreotta Ca-lò, Margherita Morgantin, Ar-cangelo Sassolino e Alberto Ta-diello, con installazioni avan-guardistiche. Il catalogo Alle-mandi, funge anche da guidaalle istituzioni veneziane chesi occupano della formazionee della promozione dei giova-ni artisti: dall’Accademia di Ve-nezia alla Fondazione Bevi-lacqua La Masa, dal PremioFurla allo IUAV.

Veneziano contemporaneo Anna Borgoni

Ottocento veneziano.Veneziano contemporaneo Stra, Museo Nazionaledi Villa Pisanifino al 26 settembre

Ettore Tito

da 1 a 12 PRIMAVERA 2010 2-07-2010 10:02 Pagina 6

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N O T I Z I E D A R O M Aa cura di Al ice d ’Amel ia

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fizi (1497), commissionato pro-prio da quel cardinale Riarioingannato dalla bellezza delsuo Cupido dormiente acqui-stato come opera antica e tan-ti altri quali Piero della Fran-cesca, Mino da Fiesole, AndreaMantegna, Raffaello, Pinturic-chio, Perugino siano approda-ti sulle rive del Tevere per unoscambio fecondo con la città.Così attraverso l’opera dei tremaestri a cui è dedicata la mo-stra si crea una trama di ri-mandi, di intrecci, di “conta-minazioni” estesi ai tanti artistidell’epoca, per dare voce a undialogo visivo che fa luce suquelle proficue sinergie che,alla fine del secolo, darannovita ad una “forma” pretta-mente romana. Supportata darecenti studi, ricerche specifi-che, reperti poco conosciuticome l’Eolo di Michelangelo ealtri inediti del Bregno, l’espo-sizione si presenta con un al-lestimento progettato da LuigiMarchione, uno dei maggioriscenografi attuali, che coniugaesigenze espositive contem-poranee con una contestualiz-zazione “classica” delle opere.

Casa Buonarroti a Firenzeinaugura una fertile estateespositiva con una superbamostra, omaggio a un pro-tagonista eccelso dell’arteche introduce nell’Urbe ilnuovo linguaggio di Romabarocca, ovvero: Una glo-ria europea. Pietro da Cor-tona a Firenze (1637-1647), a cura di R. Continie F. Solinas con un catalo-go di Silvana Editoriale.L’intento dei curatori è digettare qualche sasso «nel-la classica piccionaia», «sispera con buona mira», perpoter «trarre conseguenzee magari stimoli per ulte-riori capitoli di questa stra-na vicenda, strana nella suanobile, specifica angolatura af-ferente le arti figurative, nonmeno singolare nelle sue co-ordinate storico-politiche». E lavicenda a cui Contini fa riferi-mento nella sua presentazioneè per l’appunto il perno intor-no a cui ruota l’esposizione:l’attività di frescante dal 1637al 1647, con soluzione di con-tinuità, nella Firenze di Ferdi-nando II, in quella corte to-scana dove Berrettini risulta es-sere il miglior pittore che si tro-vi, come declama il titolo delsaggio di Solinas. E del restostraordinari sono i cicli di Pa-lazzo Pitti e le foto in catalogogli rendono merito, dove i te-

mi d’origine ovidiana vengo-no esaltati dal quarantenne pit-tore «in visita a Firenze col car-

dinale Giulio Sacchetti, peromaggiare le contestuali noz-ze del granduca» con Vittoriadella Rovere, come rammentaContini nel suo incipit di pre-sentazione della sezione sugliaffreschi, ancora oggetto dispecifici studi in corso. Del re-sto, entrando nelle sale di Ca-sa Buonarroti, lo spettatore at-tento e appassionato verrà at-tratto, nel cuore del percorso,dai dieci raffinatissimi disegnipreparatori per gli affreschi fio-rentini il cui tratto pungente,forte e delicato cattura irresi-stibilmente; dal sorriso intri-gante della giovane donna perl’Età dell’Oro del 1637 al pro-

avignonese del papato e lasuccessiva caduta dell’Impe-ro Romano d’Oriente a ope-ra di Maometto, viene pro-mossa una campagna per ri-stabilire l’autorità ecclesiasti-ca e il primato di Roma. AMartino V si deve la svolta“copernicana” nell’aver as-sunto la cultura figurativacontemporanea quale pila-stro dell’autorità della chiesacontro eretici e scismatici; aSisto IV l’esaltazione, attra-verso l’arte, di una continui-tà ideale tra la grandezza del-

la Roma imperiale e quella cri-stiana; ai successivi papi Giu-lio II e Leone X l’aver conti-nuato la restauratio elevando-la all’ennesima potenza. Gra-zie alla committenza papalevengono convocati artisti di di-versa formazione: toscani, lom-bardi, liguri, umbri; pur con leloro peculiarità essi risultanoaccomunati dall’influsso eser-citato dai magnifici resti del-l’antichità presenti nell’urbe,resi attuali dal recupero uma-nistico della civiltà classica.Non è un caso che Donatelloe Brunelleschi si rechino inviaggio a Roma per uno studiodiretto dell’arte antica, LeonBattista Alberti vi abbia con-cepito il De statua (1450) e ilDe re aedificatoria (1443-1452), Michelangelo vi abbiaesordito con il Bacco degli Uf-

fontana (1954), Interno meta-

fisico con paesaggio romanti-co (1968), Spettacolo misterio-so (1971). Le opere esposte,provenienti da collezioni pub-bliche e private, rispecchianole origini greche del pittoretraendo dalla scienza e dalla fi-losofia la propria ispirazione esono anche testimonianza diun’indagine ancora attuale chespinge il pubblico ad interro-garsi, come ha fatto de Chiri-co in tutta la sua arte, sull’e-nigma del reale. Una mostraimportante, che merita una vi-sita anche per la prestigiosa se-de museale ubicata vicino aPiazza di Spagna, ultimo do-micilio dell’artista.

La scultura nella Roma del ’400attraverso i lavori di AndreaBregno, Donatello e Miche-langelo è il tema della mostraorganizzata dalla Soprinten-denza per il Polo Museale del-la città di Roma e il ComitatoNazionale Andrea Bregno. Èun evento particolare che i cu-ratori, C. Crescentini e C. Stri-nati, hanno concentrato siageograficamente: Roma, siatemporalmente: fine ’400, siaartisticamente: scultura, conl’obiettivo di far conoscere aun largo pubblico una partedella storia dell’arte e della cit-tà meno nota rispetto al cla-more della grande “maniera”di pieno Rinascimento. Sin da-gli inizi del ’400, a Roma, si as-siste ad un grande progetto diriqualificazione politica e cul-turale; con la fine dell’esilio

penhauer, nel 1910 a Firenzecon L’enigma di un pomerig-gio d’autunno ha dato vita al-l’arte metafisica, che sviluppe-rà in seguito a Parigi e a Fer-rara. Le circa 140 opere a Pa-lazzo delle Esposizioni, sfrut-tando nel percorso l’architet-tura del luogo, partono dal-l’imponente rotonda centrale,dove, seduti sui divani, si pos-sono ascoltare interviste rila-sciate dall’artista che, dipa-nandosi nelle gallerie, svelanoal pubblico, in sette sezioni, letematiche nell’arte del maestro.Tra queste si nasconde co-stante la solitudine dell’uomoe il mistero legato alla Natura,in un equilibrio surreale so-spesi tra caos e ordine. Una natura ora idealizzata edesaltata con la poesia, ora tra-sfigurata dalla geometria pro-spettica che la trasforma innuove moltitudini labirinticheosservate in dettagli o con di-stacco dai manichini muti e im-mobili immersi in un’atmosfe-ra «viva seppur silente» – comel’ha definita lo stesso de Chiri-co – che li circonda. Una na-tura di per sé indecifrabile, chechiede comunque di esseresvelata, rimanendo una co-stante nell’opera del pittore,anche se con differenti rap-presentazioni.Il percorso della mostra si ar-ticola dagli anni Dieci con LaLotta dei Centauri (1909), aglianni Trenta con: Le temple fa-tal (1914), Le muse inquietan-ti (1925), I bagni misteriosi(1935-36), Piazza d’Italia con

La natura secondo de Chiricoal Palazzo delle Esposizioni

Mara Righini

Aperta a Roma la mostra dedi-cata a Giorgio de Chirico (Vo-

los, 10 luglio 1888 - Roma, 20novembre 1978) e il suo pun-to di vista sulla natura a curadi Achille Bonito Oliva. Con-temporaneamente Le Muse in-quietanti degli anni ’60, vola-no all’ultima asta di Christie’s aMilano dimostrando come ilfondatore della metafisica siasempre tra gli artisti più amatidal collezionismo. Un’ulterioreprova di come l’arte sia com-presa spesso a posteriori e seal suo tempo non fu del tuttocapito né sempre apprezzato,l’artista, ancora oggi, resta at-tuale per il pubblico in generenei suoi enigmatici e misterio-si interrogativi.Giorgio de Chirico, è stato unodei pittori più fecondi del ’900,nato in Grecia e formatosi aMonaco, rimase suggestionatodalla pittura simbolista e dallalettura di Nietzsche e Scho-

La natura secondode ChiricoRomaPalazzo delle Esposizionifino all’11 luglio

La forma del RinascimentoDonatello, Andrea BregnoMichelangelo e la sculturaa Roma nel ’400Roma, Palazzo Veneziafino al 5 settembre

Una gloria europeaPietro da Cortona a Firenze(1637-1647)Firenze, Casa Buonarrotifino all’11 ottobre

MAXXIMuseo Nazionale delle Arti del XXI secoloRoma, via Guido Reni, 4 A

Spazio. Dalle collezioni di Arte e Architettura del Maxxifino 23 gennaio 2011

Gino De Dominicis. L’immortalefino al 7 novembre

Kutlung Ataman. Mesopotamian drammaturgiesfino al 12 settembre

La forma del RinascimentoAlice d’Amelia

Linee fluide e spazi che si in-tersecano in una struttura po-tente e di forte impatto urba-

no danno corpo al tanto atte-so Museo delle Arti del XXI se-colo. Concepito dall’archistarZaha Hadid, ha navigato perlunghi anni in mari incerti eburrascosi, ma l’approdo è diquelli trionfali. L’inaugurazio-ne è stata infatti scandita in tregiornate, dal 27 al 30 maggio,che hanno visto sfilare le mag-giori personalità della politicae della cultura come omaggioall’impegno e alla grandezzadi un simile progetto. «Non sa-rà un museo come gli altri, nésarà un luogo dove esporre leopere d’arte. Sarà invece un la-boratorio di ricerca per il con-fronto tra diversi linguaggi con-temporanei: design, moda, ci-nema, pubblicità dialogheran-no con l’arte e l’architettura…»,così il presidente, Pio Baldi, nespiega obiettivi e funzioni. Im-

ponente anche il carnet dieventi che attirerà i riflettori fi-no a novembre: Spazio. Dalle

collezioni di arte earchitettura del Max-xi, è concepita comeuna continua intera-zione fra alcuneopere della collezio-ne permanente (tracui Boetti, Kentrid-ge, Penone, Vezzo-li) e quelle site spe-cific di dieci archi-tetti e studi d’archi-tettura internaziona-li al fine di una ri-flessione sia am-bientale che intimasul concetto di spa-zio. Completerà la

mostra Geografie italiane, unavideo installazione di StudioAzzurro, Net in Space, unosguardo ravvicinato sulla net-art e le opere vincitrici del con-corso internazionale Maxxiduepercento di Maurizio Mo-chetti e di Massimo Grimaldi.Gino De Dominicis. L’immor-tale, è una retrospettiva sullafigura di un grande artista cheha operato sfuggendo le facilietichette e la logica del mer-cato con ironia e coraggio. Leoltre cento opere esposte, tracui, la gigantesca Calamita Co-smica, lunga oltre 24 metri,consentiranno di cogliere tut-ta la sua potenza.Luigi Moretti architetto. Dal Ra-zionalismo all’informale, trat-teggia in modo più nitido ilprofilo complesso di architet-to e teorico attraverso l’analisi

di progetti, studi e scritti.Kutlung Ataman. Mesopota-mian drammaturgies, attra-verso otto opere video evi-denzia la riflessione dell’artistaturco sul problematico rap-porto tra Oriente e Occidente,tra globalizzazione e perdura-re delle culture locali. Agenda dunque da primadonna quella in programma! Sispera non si tratti dei bagliorifugaci di una notte brava, mail preludio di un impegno du-raturo. In società liquida, perdirla alla Bauman, il museo –in particolare quello di artecontemporanea – potrebbe di-ventare una via d’uscita alconsumo frenetico dell’indivi-duo e alla sua incapacità di fo-calizzare i principi etici del pro-prio vivere, potrebbe farci ral-lentare all’incrocio delle diffe-renze, dell’individualità in vi-sta di una maggiore consape-volezza della nostra identità.

Finalmente MaxxiIl museo delle arti del XXI secolo

A.d.A.

La gloria di PietroAntonio D’Amico

Gino De Dominicis, Ritratto di A. Canaletti

G. de Chirico, Malinconia della partenzaGiorgio de Chirico, Le duo

Michelangelo (attribuito) Vento marino o Eolo

Pietro da CortonaIl ritorno di Agar da Abramo

speroso profilo della Musa Cal-liope per un pennacchio dellasala di Apollo del 1647. E co-munque l’obiettivo scientificodei curatori è «quello di ingag-giare, ‘fisicamente’ si vorrebbedire, qualcuno dei grandi me-cenati romani e fiorentini diPietro da Cortona, mostrareuna volta di più la grandezzadel Berrettini grafico in rap-porto a opere realizzate nelcorso dei suoi reiterati appun-tamenti in riva all’Arno, inte-grare a qualche numero cele-bre di quel tempo nuove pit-ture affatto sconosciute e de-gne, a parer nostro, di adire aipalcoscenici domenicali del-l’artista». Infatti, insieme a Il ri-torno di Agar da Abramo giun-to da Vienna e pulsante di unavitalità cromatica nitida si puòammirare, modulata con mag-gior trasporto emotivo, l’inedi-ta tela di collezione privata conLa Vergine offre il Bambino aSan Francesco, che Contini da-ta al 1641. Ma questa è solouna delle tante chicche in mo-stra, dove entrando non si po-trà far altro che osannare l’in-telligente mano di Pietro daCortona!

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A R T E I N C O N T R O I N L I B R E R I A

lo sguardo di chi osserva, inprimis dell’artista, sulla veritàe il senso, celati sotto il velodelle apparenze. Questo il te-ma sul quale si sviluppa la mo-stra in programma a PalazzoStrozzi Uno sguardo nell’invi-sibile, titolo quanto mai sinte-tico e legame inscindibile perdiversi momenti pittorici tra lo-ro contemporanei. Un file rou-ge che inizia ipoteticamentenella pittura incognita di DeChirico, seducente intuizioneal di là della metafisica, in gra-do, prima, di affascinare lostesso André Breton, e di re-galare, poi, lo spunto per leimminenti ed eterogenee espe-rienze surreali. Tanto da giu-stificare le note attenzioni po-ste dal più giovane Magritteverso la simbologia dell’illogi-co e dell’irrazionale propostadal maestro più anziano. Daqui la nascita di un surrealismoche affonda le radici nel mi-stero profondo delle ambien-tazioni metafisiche, assalite dinulla e intensificate da una re-lazione mai risolta tra la rap-presentazione delle cose e illoro significato. La tela si fa tea-trino, scena tragica del silen-zio del mondo; gioco pittori-

come enuncia Andrea G. DeMarchi nel capitolo dedicato-vi – risultati radiografici «auto-rizzerebbero a pensare che la

prima idea… tendesse a rap-presentare una scena domi-nata dal paesaggio». Quanto alsoggiorno di Caravaggio fug-giasco presso i Doria nell’a-gosto 1605 emerge una rile-vante notizia circa una com-missione propostagli da Gio-vanni Andea I per affreschi daeseguire nella loggia di unavilla a Sampierdarena (non piùesistente). Ma Caravaggio rifiutò. Tutti itermini della questione e altriparticolari, appaiono in cata-logo in un consitente contri-buto di Laura Stagno, che inaltro saggio esamina anche levicende della villa CenturioneDoria di Pegli. Alle altre resi-denze sono dedicati appositisaggi, a partire dal Vago giar-dino di Delizie a Ripagrande,dove Alessandra Mercantini,oltre a paesaggi e marine, in-dividua ritratti, nature morte eanimali. Della stessa studiosaseguono Il Casino “delle mol-te statue” e del “bel respiro” aVilla Pamphilj al Gianicolo,Palazzo Pamphilj a Nettuno,Il palazzo del cardinale Bene-detto Pamphilj ad Albano. Tra

i dipinti di paesaggi e marinein mostra, tutti schedati da DeMarchi, emergono i nomi divan Swanevelt, Jan de Mom-

per, Gaspard Dughet,Rosa da Tivoli, PaoloAnesi, il Tempesta,Van Bloemen l’Oriz-zonte, Jan Blancker-hoff. Il soggetto deldipinto di quest’ulti-mo (Veduta dellaLanterna di Genovadal mare) consente diipotizzare un soggior-no dell’autore a Ge-nova, anche se l’ope-ra è ora nella resi-denza di Roma. Tan-

to più che da essa sembra af-fiorare uno scambio culturalecol genovese Francesco Bor-zone (cfr. G. Biavati in Bollet-tino dei Musei Genovesi, di-cembre 1979, n. 3, p. 51). L’a-nelito a uscire dalla cerchiaurbana, così spesso realizza-to nel passato dei Doria Pam-philj, si è recentemente tra-dotto nell’acquisto, in una ri-dente località del frusinate(Guarcino), di un edificio fa-tiscente, subito ristrutturato etrasformato in un sofisticatorifugio, non senza l’espansio-ne degli spazi circostanti. Del-l’operazione ci rende edottiMassimiliano Floridi, ideato-re della mostra, nel saggio La“fuga” oggi. Il rifugio Florididi Guarcino, con l’aggiuntadi una serie di fotografie diLala Meredith-Vula, ispiratetanto al progetto architettoni-co quanto all’incredibile pae-saggio che circonda l’edificio.

In occasione del quarto cen-tenario della scomparsa di Ca-ravaggio, che ha incentivatopiù di una manifestazione, unamostra in particolare traelo spunto da un’opera trale più singolari del mae-stro quale apertura di undiscorso sul genere pae-saggistico perseguito daun’avveduta committen-za. Si tratta della mostraCaravaggio e la fuga. Lapittura di paesaggio nel-le ville Doria Pamphiljaperta al Palazzo delPrincipe di Genova. Pro-posta dall’omonima So-cietà delle Arti, l’iniziati-va è sorretta da un catalogo acura di Alessandra Mercantinie Laura Stagno (Silvana Edi-toriale). Il curioso titolo di-scende da tre motivazioni fon-damentali costituite dalla ce-lebre Fuga in Egitto, dalla vi-cenda della fuga dell’autore aGenova per sottrarsi alle con-seguenze del ferimento di uneminente notaio romano e in-fine dal gusto della casata Do-ria Pamphilj tendente a sfug-gire alla vita di città con l’eri-gere splendide ville suburba-ne e arricchirle di ariosi Pae-saggi e Marine. Infatti accanto alla Fuga di Ca-ravaggio, acquistata da Camil-lo Pamphilj nel 1650, sono inmostra circa 80 dipinti pae-saggistici provenienti da varieresidenze Doria Pamphilj, co-me l’opera che Caravaggio di-pinse verso il 1595-96 ora inGalleria Doria Pamphilj al Cor-so, dopo essere passata nellaVilla di Bel Respiro, poi nel Pa-lazzo di piazza Navona. Essaappartiene al periodo giova-nile, quando l’artista non si eraancora volto alla visione dia-lettica tra luce e ombra; anzi –

Ne rimangono poche di quel-le certezze che accomunava-no gli antichi costruttori di cat-tedrali per i quali la realtà erasegno di un mondo invisibile,eppure riscontrabile nella ma-teria delle cose. Così il motto

Per visibilia ad invisibilia, at-traversando le ricerche metafi-sico-surreali del secolo appe-na passato, perde ogni sua cre-dibilità e accompagna una se-rie di pittori, quali Giorgio DeChirico, Max Ernst, René Ma-gritte e Balthus al colmo di unaverità intimamente e ultima-mente enigmatica. Forse checapacità dell’arte dovrebbe es-sere la possibilità non tanto diriprodurre il reale, ma aprire

co, talvolta ironico e provoca-torio, con lo «scopo di far vedere quello che non si puòvedere». De Chirico immagi-nava di guardare le cose per laprima volta, stupito come unbambino dalla coscienza adul-ta, e di mistificarne le presun-te certezze, cercando la veritànell’inconscio e nella solitudi-ne dell’artista. La realtà, dun-que, non appare più come ta-le, ma sconnessa nei suoi rap-porti logici, ora onirici e in-quieti. Un presagio che sicompie nei dipinti automaticidi Max Ernst, e stravolto neilinguaggi di Magritte, per ilquale «essere surrealista signi-fica bandire dalla mente il giàvisto e ricercare il non visto».E l’individuo? Assorto e malin-conico, bandito in una “nuovaoggettività”, si lascia caderenella solitudine della stretta rueSaint-André, segno di una pit-tura che si affaccia sulla sogliadi una realtà sconosciuta.

Uno sguardo nell’invisibileLuca Maffeo

Caravaggio e la fugaGiuliano Frabetti

Caravaggio, Riposo durante la fuga in Egitto

I colori del buioLorenzo Riccardi

casi, gli aspetti più innovativie di rottura. Negli stessi anni,le peregrinazioni del maestrocontribuirono a schiuderenuovi scenari in Italia meri-dionale e, grazie alla mobilitàdegli artisti che lo avevano fre-

quentato a Roma o erano a co-noscenza delle sue opere, ilcaravaggismo, si estese a mac-chia d’olio in tutta Europa. Per comprendere questo fe-nomeno bisogna ricordare ilfraintendimento molto spessooperato da questi artisti cheper formazione e predilezio-ne erano al contempo aperti efortemente condizionati da al-tre componenti culturali e fi-gurative. Si parte dalle pre-messe caravaggesche, comenelle opere dello Spadarino edi Gerrit van Honthorst, data-bili al secondo decennio delSeicento, per arrivare, nei suc-cessivi lustri, a produzioni, chepresentano caratteristiche “ibri-de”. Infatti, se ampio risaltoviene giustamente conferitodalla critica ai quadri “di mez-ze figure” che tanta fortuna eb-

Un genio non è mai solo enon lascia dietro di sé il vuo-to. E poiché la figura di Cara-vaggio non è sfuggita a que-sta moderna mitizzazione, èstata accolta con favore la mo-stra che presentava un nucleoridotto, ma significativo, di ar-tisti seguaci del pittore lom-bardo a cui guardarono comeriferimento, anche se spessonon ebbero mai occasione difrequentarlo. A Palazzo Ruspoli di Roma fi-no al 18 luglio è stata allesti-ta la rassegna I colori del buio.I Caravaggeschi nel Patrimo-nio del Fondo Edifici di Cultocon 39 opere a soggetto reli-gioso, curata da R. Vodret. I dipinti, alcuni inediti e mol-ti anonimi, appartengono achiese di proprietà del Mini-stero degli Interni. Questo evento è stato unomaggio indiretto a Caravag-gio, ma al contempo ha rive-lato, temi e motivi diversi ri-spetto a quelli abitualmente ri-tenuti propri del maestro lom-bardo. Già nel periodo com-preso tra gli inizi e il terzo de-cennio del XVII secolo, la dif-fusione di un naturalismo «im-piantato sulla raffigurazionedella realtà, senza alcuna idea-lizzazione» (R. Vodret, in cata-logo) e legato alla maniera delpittore lombardo avvenne aldi fuori delle logiche di botte-ga e di alunnato. Caravaggioinfatti non formò mai unascuola e quando abbandonòRoma nel 1606, la forte ri-chiesta di opere “caravagge-sche” dei committenti romanifu soddisfatta da pittori che siconvertirono, si reinventaronoo semplicemente abbracciaro-no il suo linguaggio, senza pe-rò garantirne una tradizionediretta e tradendone, in molti

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N. 64 - luglio-ottobre 2010www.libreriabocca.com

De Chirico, Max ErnstMagritte, Balthus.Uno sguardo nell’invisibileFirenze, Palazzo Strozzifino al 18 luglio

Caravaggio e la Fuga.La pittura di paesaggionelle ville Doria PamphiljGenova, Palazzo del Principefino al 26 settembre

I colori del buio.I caravaggeschi nel patrimonio del FondoEdifici di CultoR. Vodret (a cura di)pp., ill.Brossura

bero nel collezionismo priva-to seicentesco, le tele di gran-di dimensioni di committenzapubblica presentano invecel’adozione di un certo gradodi naturalismo, che in alcunicasi appare fortemente stem-perato nella tradizione tardomanierista, in quella contem-poranea “classica” di stampobolognese (Annibale Carracci,Lanfranco) o in quella na-scente barocca. Il ricco e interesante catalogopropone tutte le opere espo-ste dall’Angelo custode delloSpadarino, all’inedito e dub-bio Sacrificio di Isacco, attri-buito a Giovanni Baglione,dalla splendida pala d’altare diBattistello Carracciolo per lachiesa napoletana di S. Mariadella Stella, all’Incoronazionedi spine di Bartolomeo Man-fredi di profondo ossequio ca-ravaggesco, alla bellissima (enormalmente non visibile) te-la, raffigurante San Lorenzo,attribuita a Francesco Boneri,detto “Cecco del Caravaggio”,uno degli artisti più misteriosidella prima metà del Seicento.Provenienti dalla chiesa ro-mana di S. Maria della Conce-zione troviamo, i dipinti deglievangelisti che, ancora in fasedi restauro, potrebbero con-fermare la paternità della testadel San Matteo a Guido Reni,come indicano alcune fontid’archivio. Numerose, infine,le copie di quadri celebri delMerisi, dello Spagnoletto e diBorgianni.

R. Manetti, S. Antonio Abatelibera un’indemoniata

Il Grande Gioco.Forme d’arte in Italia1947-1989Lugano, Museo d’Artedal 3 luglio al 25 settembre

La diversità deglispazi ha condi-zionato o favori-to i diversi alle-stimenti: le nu-merose sale apiù livelli del-l’antico conven-to della Gamecdi Bergamo o laChiesa di S. Mi-chele ai NuoviSepolcri (a crocegreca) della Ro-

tonda di via Besana a Milano,offrivano occasioni scenicheben superiori alla semplici mo-derne pareti del lindo Museod’Arte Contemporanea di Lis-sone. L’atmosfera di una mo-stra influenza non poco il coin-volgimento e la memoria delpubblico.Il decennio 1947-1958 illustra-to a Lissone raccontava la ri-presa dell’arte, astratta e figu-rativa, dopo la guerra anchesottolineando aspetti menonoti relativi ad interventi arti-stici nel mondo economico(dai tessuti di arredo alla Fiat500, dalla Vespa e Lambrettaalla sigla di fine trasmissionidella RAI) e sociale del tempo(grattacielo Pirelli, Torre Vela-

Dopo Twister un’altra apprez-zabile iniziativa della Culturadella Regione Lombardia af-fiancata da tre Comuni. Tre mostre, in successionetemporale in tre diverse geo-grafie: Lissone, Milano e Ber-gamo (chiusa il 9 maggio) cheverrano riassunte per una suc-cessiva tappa Svizzera a Luga-no. Quaranta anni di storia,dalla ricostruzione post belli-ca alla caduta del muro di Ber-lino, che dimostrano brillan-temente e riccamente quantol’arte italiana non sia stata mi-nore nel panorama interna-zionale: ha parlato e influen-zato socialmente, cultural-mente e anche industrialmen-te la nostra società.

sca, Biblioteca del Parco Sem-pione e Padiglioni in FieraCampionaria). 1959-1972 altro periodo riccodi eventi, commistioni e crea-tività pura che parte da Burrie Fontana e dall’arte poveraper coinvolgere anche video,pubblicità, design, cinema,performance il tutto dinami-camente articolato fra le co-lonne della Besana. 1973-1989 che cavalca unostraripante ventennio con unanumerosa quantità di creazio-ni, dalla concettualità alla tran-svanguardia, con design, tea-tro, cinema, video, riviste e fu-metti. Un plauso ai curatoriLuigi Cavadini, Bruno Corà eGiacinto Di Pietrantonio e al-l’interessante catalogo pubbli-cato dalla Silvana Editorialed’Arte che integra le opere, ol-tre ai preziosi saggi, con in-terviste a personaggi dell’epo-ca e una cronologia culturaledel periodo.

Quando il gioco si fa in 3Pietro Sergio Mauri

Piero Dorazio, Tenax, 1964

da 1 a 12 PRIMAVERA 2010 2-07-2010 10:02 Pagina 8

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N. 64 - luglio-ottobre 2010

Nel panorama della scultura to-scana tra Duecento e Trecen-to nasce al grande pubblico,tra la triade composta da Ni-cola, Giovanni Pisano e Ar-nolfo di Cambio, la figura diMarco Romano. L’artista fu riscoperto da Gio-vanni Previtali, uno dei piùgrandi storici dell’arte del No-vecento, che ne ricostruì le vi-cende tra Siena, Casole d’Elsa,Cremona e Venezia.Una retrospettiva ospitata nel-la collegiata di Casole, sede diuna delle sue opere più im-portanti, la tomba di Bernar-dino detto il Porrina, ne met-te in luce l’attività. La novità di questo evento ciha suggerito di scambiare al-cune opinioni con il curatore,Alessandro Bagnoli.O.D.: Quali sono stati gli in-tenti che hanno portato allarealizzazione della mostra?A.B.: L’esposizione nasce in se-guito al restauro del monu-mento funebre del Porrina edalla collaborazione tra la So-printendenza di Siena e il co-mune di Casole d’Elsa. Una mostra che faccesse co-noscere a un pubblico piùnumeroso questo scultore erarealizzabile solo qui, perchéproprio in questo borgo nascela fortuna di Marco Romano.Infatti, dopo aver realizzato latomba del Porrina, lo scultoresegue a Cremona il fratello Ra-nieri, vescovo della città lom-barda, realizzando le tre gran-di statue Madonna col Bam-bino, Sant’Imerio e Sant’O-mobono tuttora sulla facciatadel Duomo. L’artista è attesta-to poi a Venezia, dove scolpi-sce, per la basilica di San Si-meone Grande, il San Simeo-

ne giacente, firmato e datato1318 anno che ci permette diricostruirne la biografia.O.D.: Poste in luoghi così di-versi tra loro le opere di Marco

Romano risultavano, secondol’opinione di Previtali, “fuoricontesto”, cioè non omogeneealla cultura artistica locale,aspetto che aveva pesato sull’i-dentificazione del loro autore.Ma lo studioso sottolineava an-che come Marco si fosse pro-babilmente formato nel can-tiere del duomo di Siena, do-minato da Giovanni Pisano.Le vostre ricerche, partendo daqueste indicazioni, fanno lu-ce sui rapporti che legarono loscultore all’ambiente senese traDue e Trecento. Qual è il ruo-lo del Romano all’interno diquesta compagine?A.B.: Le notevoli differenze tral’arte di Marco e il panoramaartistico senese di questi annisono rappresentate in mostradal confronto con le opere, piùdolci e deboli, dello scultoreGano di Fazio. Il rapporto traMarco Romano e Giovanni Pi-sano, suo punto di riferimen-to, si esemplifica attraverso due

Crocifissi lignei, quello berli-nese di Giovanni, caratterizza-to da una visione dinamica,drammatica, cui fa da con-trappunto quello ritrovato a

Colle Val d’Elsa di Marco,che risente maggiormentedella statuaria classica, rive-lando al contempo un in-consueto realismo nella re-sa dei volti. Questa atten-zione alla realtà delle fisio-nomie e degli affetti attrarràanche Simone Martini, pre-sente in mostra con la Ma-donna con il Bambino del-la Pinacoteca di Siena.O.D.: Il Crocefisso ligneonon è l’unica scultura attri-buita di recente a Marco;quali sono le ulteriori nuo-ve acquisizioni presenti in

mostra?A.B.: In questi anni il catalogodell’artista è stato accresciutocon notevoli opere, tra le qua-li due splendide statue congruppo dell’Annunciazione,parte del tesoro di San Marcoa Venezia. Il comune di Caso-le ha inoltre acquistato di re-cente una Testa di profeta inalabastro di mano del maestro,molto vicina al San Simeone diVenezia. Scultore di mano de-gna Marco Romano, come ri-corda l’epigrafe del San Si-meone di Venezia, cui questoevento rende merito, mostran-do il portato di dirompente no-vità della sua arte.

Marco Romano digna manusOdette D’albo

Venezia, di natali bizantini,sbarca a Trento e in Val di None vi rimane fino al 7 novembre2010, per mostrare gioielli e ve-tri cinquecentesci, capolavoririnascimentali. Questa periodo è stato assaifruttuosa nel campo artisticotanto da far primeggiare la cit-tà lagunare su altre località. Siricordano artisti rinascimentalidi fama mondiale come Gio-vanni Bellini, Giorgione, Tizia-no Vecellio o il manierista Pao-lo Veronese. L’esibizione, a cu-ra di Aldo Bova, allestita all’in-terno del castello del Buon-consiglio a Trento e al Casteldi Thun in Val di Non, è com-posta da perle e vetri apparte-nenti a quel periodo, riesuma-ti dagli abissi marini in Croa-zia, collane vitree per il mer-cato africano e il flauto in ve-tro di Napoleone, sequestratodagli inglesi dopo la battagliadi Waterloo. Il Museo del Ve-tro di Murano, inoltre, conce-derà la presenza di molti, pre-ziosi oggetti inediti provenien-ti dalla collezione dell’ufficiale

asburgico Taddeo de Tonelli,donata a metà ’800 al museo,fonte di ispirazione oltre che

di bellezza, in mostrasaranno esposti unpiatto e un calice condecorazioni a smaltoappartenti proprio aquel misterioso per-sonaggio. È sorprendente, an-che per gli artigianicontemporanei, il per-corso rinascimentalesvolto dai vetrai mu-ranesi, all’interno ditecniche e stili più di-sparati nella lavora-zione che, grazie an-che a nuove scoper-te, ha reso la storia delvetro europeo moltopiù ricca e intrigante:cristallino, lattimo, cal-cedonio, filigrana areticello e a retortoli. Dopo laprima guerra mondiale si pen-sò che il vetro di murano po-tesse essere progettato, l’espo-nente di questa classe di pen-siero fu Vittorio Zecchin, col-laboratore, fin dal 1921, di Pao-lo Venini e Giacomo Cappel-lin, il quale propose di ritorna-

re alla purezza ri-nascimentale rinun-ciando a tutte le de-corazioni di iniziosecolo. Carlo Scar-pa e Ercole Baro-vier invece vengo-no ricordati comegli innovatori. Ba-rovier, fantasioso etalentuoso designer,ha prodotto dal1928 al 1976 una

lunga serie di opere pregiateche hanno donato un partico-lare charme alla città di Vene-

zia, eletta regina indiscussa delvetro. Da segnalare gli apparati sce-nografici, oltre all’antica forna-ce rinascimentale, i visitatoripotranno entrare nel ventre diuna nave cinquecentesca af-fondata a Gnalic (Croazia) pervedere i reperti affiorare dal-l’acqua. Inoltre nel mese diagosto ogni giorno sarà pro-posto lo spettacolo teatraleGlass messo in scena dal Nuo-vo Teatro Stabile di Innovazio-ne de L’Aquila.

L’avventura del vetroTra Venezia e mondi lontani

Valentina Cavera

L’avventura del vetrodal Rinascimento al Novecento tra Veneziae mondi lontaniTrentoCastello del BuonconsiglioVigo di Ton, Castel Thunfino al 7 novembre

Marco Romanoe il contesto artistico senesefra ’200 e ’300Casole D’ElsaMuseo Civico e Archeologicoe della Collegiatafino al 3 ottobre

Carla Maria MaggiMilano, Palazzo Realefino al 5 settembre

Il Chiarismo e De RocchiMilano, Palazzo Realefino al 5 settembre

Pig IslandMilano, Palazzo Citteriofino al 4 luglio

Dalla metà di giugno l’estatedi Palazzo Reale si rinnovacon due nuovi artistici occhi,

la cui freschezza allieterà ilcuore non solo del pubblicomilanese: due mostre a curadi una sensibile ed esperta stu-diosa quale è Elena Pontiggia.La prima nasce in sintonia conla mission dell’Associazionedegli Amici del National Mu-seum of Women in the Artscon il patrocinio internazio-nale offerto dal Museo di Was-hington. Oltre alla curatela al-tro punto in comune fra le duemostre l’editore Skirà.

Carla Maria Maggi (1913-2004),artista milanese recentementeriscoperta e internazional-

mente rivalutata (fra gli aviannovera il famoso e dot-to poeta secentesco CarloMaria Maggi, creatore del-la maschera di Meneghi-no), ha studiato nell’ate-lier di Giuseppe Palanti.Ha dipinto sostanzial-mente durante gli anniTrenta, abbandonando lapittura dopo il matrimo-nio, com’era consuetudi-ne e costume, lasciandoun nucleo di opere di si-gnificativa intensità, in-centrata sul ritratto e i nu-di, soggetto abitualmentenon affrontato dalle don-ne artiste. Obiettivo dellaPontiggia, con le 52 ope-re esposte, è quello di al-

largare lo scenario su questotema artistico, facendo cono-scere capolavori di altri prota-gonisti della pittura (oltre a Pa-lanti, Tallone, De Pisis, Carrà,De Chirico, Campigli, Usellini,Savinio, Lilloni, Borra).Il Chiarismo viene presentatocon 110 opere dei maggioriesponenti del movimento, tracui Birolli, Semeghini, Sassu,Broggini e si conclude conun’antologica di Francesco DeRocchi. Un evento che sarà

un’altra importante riscopertadi questa arte neoromantica,fatta di luci chiare e pennella-te leggere.Verso il 1929 Milano fu il cen-tro artistico di questo movi-mento luminoso e chiaro.Ultime notizie: fino al 4 lugliol’abbandonato Palazzo Citte-rio, facente parte dell’annosoprogetto della Grande Brera,che decenni addietro debuttòcon Gli Ori di Taranto, sarà lasede della festosa mostra PigIsland, provocatoria, alla ma-niera della Fondazione Trus-sardi, del californiano Paul McCarthy con la quale ci illustrala sua America con installa-zioni, video a grande scher-mo, sculture e disegni.Un’esibizione che farà riflette-re ciascuno a modo suo sullecontraddizioni e malvagità delmondo: compresa l’incuria del-lo stesso palazzo Citterio.

Milan e poeu pùPietro Sergio Mauri

Carla Maria Maggi, La prova

Ice a coppa conica

Leone in vetro pulego

Noi lavoriamo nelle tenebre,facciamo ciò che possiamo,diamo ciò che abbiamo. Il dubbio è la nostra passionee la nostra passione è il nostrodovere (?) tutto l’altro è la fol-lia dell’arte.

Henry James

L’arte è un gioco, ma va gio-cato con la serietà d’un bam-bino che gioca

Robert Louis Stevenson

… e alla mostra Omaggio aTristano (Studio D’ARS , nelsettembre scorso) non pochepersone hanno chiesto all’arti-sta Karl Stengel: «Ma come? Di-mostri la forza d’espressioned’un giovane eppure sei arri-

vato ormai agli ottantaquattroanni?» Vero! È di un’eleganza

ruvida l’opera matura di Sten-gel e dotata nello stesso tem-

po di una inimitabile energia;fortemente toccante dove i ge-sti evocano la figura umana

con una franchezzaquasi d’Art Brut (tuttoquesto secondo l’osser-vazione di Mc.Cormackche evoca in questocontesto nomi come CyTwombly e anche Mo-therwell).«E perché la voglia didedicarti – come si ve-de – interiormente pro-prio ai ricordi di Trista-no, il protagonista dellibro Tristano muore?» –Semplice!

Quello di Tristano è il raccon-to di una vita di uno che si po-

neva durante e dopo la guer-ra tante domande; di uno che

si batteva per la demo-crazia e per l’uguaglian-za – e si domanda alla fi-ne della vita dove sonorimasti ora questi valori;di uno che sapeva riflet-tere e non può smetteredi farlo – e fra tutto ciòci sono naturalmente ipensieri alle donne, al-l’amore dato e ricevuto– e perso. Una vita! Vitache mi fa pensare allamia. Bene aveva vistoGrazia Chiesa quando –

un anno fa, a Novara, Barrie-ra Albertina – ha sentito i la-vori di Stengel come «energiz-zanti, ricchi di coinvolgimentoestetico, creati con veemenzadi gesti, ma con pacatezza disegni germinativi, in un uni-verso interiore, dove ritmi earmonia hanno una propriaestensione narrativa». Ma civorrebbe che si vedessero (epiù spesso) le opere di questoartista ancora fedele alla pittu-ra e al disegno, che per lui èun veicolo di immediatezza epienezza «allo stesso modo incui sanno esserlo – come haintuito Alessandro Tempi – so-lo alcune forme della danzacontemporanea e del jazz».

L’eleganza ruvida di Karl StegelCamilla Paul

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Collezione Ojetti...

Volge al termine il 2010 e siconclude l’anniversario piùosannato del momento, quel-lo del “divo” Caravaggio, som-mo maestro dell’arte di tutti itempi! La mostra alle Scuderiedel Quirinale ha registrato pre-senze da record, con buonapace della crisi, fioccano pub-blicazioni, così come altre mo-stre e persino la riesumazionedelle presunte spoglie è og-getto di feticcio opulento dacontendere. Povero Caravag-gio, lui che muore giovane an-cor prima di essere nato e acui nessuno, oltre l’eterna ce-lebrità, gli pagherà mai i dirit-ti d’autore, o forse qualcunoglieli farà pervenire? Certo af-fascinante è il debito che, pit-tori, storici e critici, cineasti, echi più ne ha più ne metta, hacol maestro lombardo, fedelie “devianti”, ma pur sempredebitori nei confronti di un’e-redità corposa che viene svi-scerata sul versante pittorico,in questo volume pubblicatoda CAM Editrice a cura di Mau-rizio Calvesi e Alessandro Zuc-cari: Da Caravaggio ai Cara-vaggeschi. Di quest’ultimo siattende l’acclamato poderosovolume sui Caravaggeschi inuscita per Skira. Il volume, be-nedetto dal Comitato Nazio-nale IV Centenario della mor-te del Caravaggio, apre i bat-tenti con un’introduzione diCalvesi per poi dare spazio,uno dietro l’altro e senza spin-toni, a saggi succulenti, a par-tire dalla nascita e dalla for-mazione artistica del Merisiproposta da Giacomo Berra,

noto studioso dell’età giova-nile del pittore; Massimo Mo-retti affronta la relazione fraCaravaggio e Fantino Petri-gnani committente e protetto-re di artisti. Sulla scena tornapoi Calvesi con il contributo:Il sacro e il “sonoro” nei dipintigiovanili del maestro, ripub-blicando il suo Il cardellino ingabbia, apparso su Art e Dos-sier nel 1993 «e di conseguen-za scarsamente conosciuto da-gli specialisti», come egli stes-so afferma, per concluderecon un “ardimentoso” o chia-rificatore, quesito: Un disegnodel Castello Sforzesco del grup-po riferito al Peterzano, mes-so già a confronto con il SanFrancesco riceve le stimmatedi Hartford, datato al 1593 equindi al periodo milanesenon potrebbe essere «prepa-ratorio per il dipinto e» quindirisalire «al periodo milanesedel Caravaggio, piuttosto chealla mano del suo maestro?».D. Frascarelli fornisce Nuoveproposte per una lettura ico-

nologica del Ragazzo con il ce-sto di frutta e della Canestra.S. Macioce dedica un contri-buto alle Incisioni dal fondoCorsini dell’Istituto Nazionaleper la Grafica tratte da La Buo-na Ventura e Il Baro; segue ilsaggio in tedesco di Röttgensulla Cappella Contarelli, perpoi proseguire con M. Pupilloche tratta Lo schiamazzo e lapreghiera. Nuove considera-zioni sulla Madonna di Lore-to e il pauperismo caravagge-sco. B. Savina parla di Origi-nali e copie, così come per ilSan Juan Bautista M. Marini,ma anche V. Abbate riconsi-dera la copia palermitana del-l’Emmaus di Londra. L. Testadisquisisce di Caravaggio e ilCavalier d’Arpino in casa Al-dobrandini, mentre C. Strinatitorna sul processo di Giovan-ni Baglione e Alessandro Zuc-cari affronta Angelo Carosellie il Giudizio di Salomone del-la Galleria Borghese. Si giun-ge verso la fine con l’ultimonucleo di saggi: M. Pulini, Ilgrandangolo gentiliniano; Hé-mery tratta di Tournier, in fran-cese, e il dono divino dellamusica; G. Papi, Un nuovo SanPaolo di Valentin e alcune“anonime” aggiunte. Per fini-re, un saggio in inglese di F.Gage sulla teoria critica di Giu-lio Mancini.

do artistico italiano; si è spo-sato (nel 1905 con FernandaGobba) e vive a Firenze, do-ve, nel 1911, acquista unasplendida villa, che ospiteràpoi i suoi libri e le sue colle-zioni. I suoi acquisti rispon-dono ai suoi interessi critici: larivalutazione dell’Ottocentoantiaccademico (dagli Scapi-gliati ai Macchiaioli) e la pro-mozione di un’arte contem-poranea che non rompa peròla continuità con la tradizione,mantenendo sempre fermal’importanza del rapporto conla natura, con il “vero”, masempre illuminato, interpreta-to alla luce del sentimento,dell’idea. I suoi artisti predilettifurono Oscar Ghiglia e LiberoAndreotti – a cui commissio-nò personalmente molte ope-re – ma anche tanti altri: Ca-rena, Casorati, Oppo, Oppi,Spadini, Messina, Dazzi, Mari-ni... di quasi tutti gli artisti delNovecento italiano, importan-ti, possedette dei lavori; manon di quelli d’avanguardia –con cui ebbe però spesso rap-porti anche amichevoli – madi cui non amò le opere per-ché troppo elitarie e prive dicomunicatività.Quale nuova concezione delruolo del critico d’arte anima-va la sua attività di teorico, sag-gista, mecenate e collezionista?Per Ojetti il critico deve esse-re tramite fra l’arte e il pubbli-co; perché l’arte è per lui in

continua da pag. 1 primo luogo un “discorso” cheva da uomo a uomo; questodiscorso, in cui l’arte si è sem-pre riconosciuta, nella moder-nità è diventato difficile. Com-pito del critico è cercare dicreare un terreno adatto a unnuovo incontro.Quale fu la portata della Mo-stra della Pittura italiana delSeicento e del Settecento orga-nizzata da Ojetti, a Firenze,nel 1922?Francis Haskell ha scritto chequesta mostra è stata la più im-portante in Europa nel Vente-simo secolo, perché è riuscitaallo scopo di ciò che ogni mo-stra vorrebbe: ha mutato in-delebilmente (attraverso la ri-scoperta e la divulgazione delBarocco) la nostra percezione

Da Fattori a Casorati.Capolavori della collezione OjettiViareggio, Centro Matteucciper l’Arte Modernafino al 12 settembre

Claudio BerliaFeminaRoberto Baravalle140 pp., 80 ill. Brossura

Una commossa umanità, unprofondo amore per l’arte, unapassione da rabdomante sonole premesse di una Collezionedi pittura italiana intorno agliAnni Trenta dell’avvocato Giu-seppe Iannaccone, collezioneche a sua volta ha suscitato l’at-tenzione e la sensibilità edito-riale di Skira, che mette così invetrina un altro eccellente li-bro d’arte.Gli aneddoti dello stesso Jan-

naccone sottolineano nel rac-conto un affettuoso, penetran-te, psicologico coinvolgimen-to interpretativo con gli artistie con le loro opere, anche nel-l’esporle ed accostarle nellasua casa. Scelte sulla scianon solo del gusto perso-nale ma di un continuo esa-me e studio culturale del-l’epoca e della creatività de-gli artisti con cui si sente inconsonanza. Una raccoltacon intento, si potrebbe di-re, museale nel senso di po-terla poi offrire alla cono-scenza del pubblico, infattifrequenti i prestiti a Mostree Musei. Una collezione cherestituisce, nel suo insieme,con le emozioni pittoricheanche l’umanità degli artisti:selezionati con sensibile cura,quasi individuando una sotte-sa identità e stessa lunghezzad’onda emotiva nell’esprimer-si delle diverse loro personalivisioni artistiche.Pregiati gli interventi di Clau-dia Gianferrari, compianta Re-gina del Novecento, di ElenaPontiggia, anche consigliera

Iannnaccone si raccolta con amorePietro Sergio Mauri

Claudio BerliaGiovanni Serafini

della collezione stessa, e le ap-profondite annotazioni stori-che, presentazioni, schede edapparati di Rischa Paterlini eSilvia Somaschini. Un’operache si legge con estrema leg-

gerezza, ricca di curiosità sulperiodo e sugli artisti.

… ma i diritti d’autore?Antonio D’Amico

della storia dell’arte europea.Come svolse la sua attività didivulgazione artistica nellaquale credeva profonda-mente?Ojetti fu un grande organizza-tore di mostre, fondò alcuneriviste capitali del Novecentoitaliano (Dedalo, Pegaso, Pan),collane di libri d’arte: credevaalla funzione civile e socialedell’arte, e allo studio dell’an-tico, come insegnamento peracquistare forza e fiducia nelpresente.

Da Caravaggio ai CaravaggeschiM. Calvesi, A. Zuccari (a cura di)616 pp., 320 ill.Brossura

R. Guttuso, Ritratto di Mimise

F. De Pisis, Il suonatore di flauto

È pittore di silenzi e d’ariaClaudio Berlia e di cieli chiario del tutto bianchi in cui eglisi libra con disinvoltura di li-bellula su gloriosi biplaniSopwith Camel o su leggeri Pi-per J-Cub, incrociando soven-te stormi di angeli ammonito-ri o glorificanti, per planare supiazze, cattedrali e palazzi so-speso ad esili fili in posizionidi stallo per cogliere e farce-ne godere le architetture ele-ganti; per inquadrare in pic-chiata una teoria di ombrello-ni violetti al cospettoturchino del mare o sor-volando multicolori as-sembramenti di tende inun mercato di piazza, omagari inseguendo me-morie di trascorsi clan-gori nelle battaglie deiPiero della Francesca edei Paolo Uccello,creando contaminazio-ni curiose di spudoratoanacronismo con l’in-cursione dei suoi aero-planini sulle intricatebolge di armigeri guer-reggianti, per lo più do-minate da poderosi de-retani di cavalli. Fissandosi al-tre volte su dure ombre di ter-razzi abbacinati dal sole o sbia-dendo in qualche malinconiadi pallidi azzurri e di sfinitigialli nel rincorrere più sfu-mate rimembranze nell’avvin-cente penombra del suo stu-dio affollato da cataste di libri,di quadri, di mille stupefacen-ti ricordi. Formatosi al LiceoArtistico, poi alla AccademiaAlbertina, quindi alla facoltà diArchitettura, Claudio Berlia,classe 1948, tratti da gentiluo-mo e lineamenti da tombeurde femmes, titolare di una cat-tedra di Discipline Pittoriche,ha una storia ricca di avveni-menti, di mostre personali, diavventurosi esperimenti, ma-turando in parallelo una bril-

lante esperienza di scenogra-fo teatrale e cinematograficonell’unire il suo ingegno crea-tivo a protagonisti di spiccoquali Pietro Germi, Diego Fab-bri, Peppino Patroni Griffi,Duilio Del Prete, Edmonda Al-dini, Nicola Piovani, Pier Lui-gi Gatti, Julio Zuloeta, TininMantegazza. Fino alla estrosainiziativa, in un recente Nata-le, di gremire le volte dei por-tici della sua via Roma a Cu-neo di venticinquemila angio-letti di carta festosi e ondeg-

gianti ai refoli dicembrini din-nanzi a vetrine scintillanti diluci o a quella sognante pro-dezza, come raccontano i suoivisionari amici Valerio Miro-glio e Attilio Boccazzi-Varottonella fantasiosa pubblicazioneSvite d’artisti – Priuli & Ver-lucca editori – in cui, svolaz-zando acrobaticamente con ilsuo datato biplano SopwithCamel su piazza San Carlo aTorino, Claudio aveva prov-veduto a disegnare uno peruno i capezzoli con i penna-relli alle “moltissime fanciul-le, sia brune che bionde, tut-te con i seni scoperti, affac-ciate alle finestre”, facendo poipiovere dannunzianamentesulla città una miriade di pen-narelli fasciati da volantini con

l’esortazione al pubblico, ri-masta ovviamente incompre-sa, a rinnovare con essi i com-promessi destini dell’arte. Di ancor più raffinata sedu-zione la nutrita serie di ritrattie gruppi femminili, compen-diati nel ricco catalogo Femi-na che accompagnava una re-cente mostra di successo diBerlia a Palazzo San Giovan-ni a Cuneo, per una volta dav-vero propheta in patria, in cuiegli raffigura personaggi cele-bri, tra cui una scanzonata Co-

co Chanel, e altri menofamosi ma non meno in-teressanti soggetti dellaquotidianità in una con-vinta quanto suggestivamagnificazione dell’eter-no femminino. Su legge-re tonalità di fondo, bei-ge, bisque, peachpuff,Berlia delinea con levitàdi contrasti delicate figu-re muliebri, in posture in-consuete o di domesticoabbandono, con un’im-pressione di non finito incui fa esplodere con sec-co risalto il prepotentenereggiare di folte chio-

me scomposte, di un’attillataprovocante sottoveste, di unmalizioso arabesco di pizzosulla carnalità di una coscia, dilascivi accenni a calzature ele-ganti e sfrontate. Asciuttezza, essenzialità com-positiva e nitore d’insieme con-feriscono all’immagine un’im-materiale eleganza, capace disublimare la più voluttuosasensualità femminile in irresi-stibile attrazione di platonicabellezza. Consapevole del vol-terriano le secret d’ennuyer estcelui de tout dire.

Il fisico del ruolo: Coco Chanel

È in preparazione il Catalogo Ragionato di

Giuseppe Mascarini1877-1954

Si invitano tutti i possessori

di opere dell’artista a contattare

il Comitato di [email protected]

Una Caccia amorosa.Arte italiana tra le dueguerre nella collezioneIannacconePierluigi Carofano (a cura di)256 pp., 220 ill.Rilegato

CaravaggioMaddalena convertita

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Cammei e intagli dei MediciPaola Venturelli

Stupir lo palato a.c.d.r.

Dora Muccio torna a stuzzica-re… il palato con questa ope-ra che riprende nel titolo laprecedente, Stupir lo palato,non mangiar da struzzo(pubblicato da Il lunario) dicui può considerarsi il segui-to: anche qui in raffinatopendant con i disegni di Di-na Viglianisi, gustose ricettee ricchi menù che accendo-no l’appetito e deliziano il gu-sto. Le ricette sono inserite inun contesto di racconti percui è impossibile e riduttivodefinirli libri di gastronomia.In questa seconda prova l’au-trice esce dai confini circo-scritti di un’ambientazioneesclusiva per allargare losguardo al territorio: la ricet-ta è l’esito di una ricerca di ra-dici, sospesa fra antropologiae fiaba, in cui usi, costumi, tra-dizioni, pezzi di storia… dipa-nandosi in narrazioni autono-me, compongono in un riccomosaico il profilo della Siciliadi ieri e di oggi.

Pregio e bellezza. Cammei e intagli dei MediciR. Gennaioli (a cura di)344 pp., 300 ill.Brossura

Stupir lo palatocon spezie e cioccolatoDora Muccio, Dina Viglianisi136 pp., 120 ill.Brossura

della comunicazione e dellacosiddetta ‘controinformazio-ne’ (erano gli anni caldi, suc-ceduti al 1968, che prelude-vano agli Anni di Piombo)quindi della pubblicistica diriviste d’arte, d’intervento,ideologiche e di tantissime pro-duzioni non ufficiali. Era in-tensa la volontà di portare auna svolta innovativa: dai di-ritti della donna, a quelli deibambini, dei disabili. Incon-trai Franco Basaglia, e poiCarla Cerati e Luciano d’A-lessandro che avevano pub-blicato libri sulle case psi-chiatriche e poi Umberto Ecoe moltissime altre persone, perdocumentare come la com-plessità della realtà stesse por-tando ad una nuova epoca.Anche a Parigi, al CentrePompidou, con Germano Ce-

lant, fu fatta un’esperienzasimile con la mostra Iden-tité italienne, nel 1981». Pertrent’anni, Bruno Corà si èdedicato all’insegnamentoaccademico a Perugia, Cas-sino, Firenze ma, nel con-tempo, è stato alla guidadel Pecci di Prato, e poi delMuseo della Spezia, il CA-MeC, da lui strutturato. Haaperto anche il Museo del-la Scultura a Carrara e ri-pristinato il Museo del Mar-mo. Per queste sue parti-colari capacità organizzati-ve e di coordinamento traistituzioni, sedi, arti, è sta-to ora preposto alla costru-zione del LAC, Centro Cul-turale di Lugano, dove è giàDirettore del Museo d’Arte:sarà costituito da un museodi tre piani, un teatro di unmigliaio di posti, una piaz-za, diventando un nuovopolo urbanistico che met-

terà in rete tutta l’attività cul-turale dell’intero Ticino, coin-volgendo anche il nord d’Ita-lia. Gli interessi di Bruno Co-rà si sono rivolti anche all’e-ditoria: ricorda di aver fonda-to e diretto la Rivista d’arte“Anoir, Eblanc, Irouge, Uvert,Obleu”, tra il 1980 e il 1987.«Non esisteva una redazionefissa: per ogni numero venivainvitato a partecipare un ar-tista che segnalava altri possi-bili autori degli interventi» Nel-la riflessione sul suo percor-so di vita non mancano colo-ro che influirono sulla sua for-mazione: «Ho avuto un Mae-stro che si è sempre rifiutatodi esserlo ed invece lo è stato:Emilio Villa e, tra gli artisti,desidero citare Beuys, Burri,Castellani, Kounellis, Paolinie Pistoletto».

Bruno CoràSilvia Venuti

a stretto contatto con...

La mostra Il Grande Gio-co. Forme d’arte in Italia1947-1989 è stata inaugu-rata in tre differenti sediespositive, Lissone, Mila-no, Bergamo: sono pre-sentate opere d’arte inse-rite nel loro contesto cul-turale e socioeconomico,dagli anni della ricostru-zione fino alla caduta delmuro di Berlino. Il pro-getto, curato da Luigi Ca-vadini, Bruno Corà e Gia-cinto Di Pietrantonio, haposto in evidenza quel fer-vore creativo, concretizza-tosi nella ricerca speri-mentale che, recuperandola vitalità futurista, giunsefino a produrre opere-og-getto, senza più valenzemetaforiche. L’arte delleneoavanguardie seppe rin-novare le espressioni este-tiche della società attra-verso l’architettura, il ci-nema, il designer, la pubbli-cità, l’editoria, il teatro, la te-levisione. Bruno Corà, che hapresentato il periodo dal 1959al 1972, alla Rotonda della Be-sana, afferma con spontanei-tà, che non è la prima voltache lavora con una griglia ri-specchiante l’integrazione trai linguaggi e i fenomeni e iprodotti della vita materiale. Infatti, già nel 1973, a Roma,dove è nato, fu tra i curatoridella mostra Contemporanea,promossa dagli Incontri In-ternazionali d’Arte, di cui erastato tra i fondatori, collabo-rando con Graziella Lonardiche ne era l’organizzatrice.Articolata in ben dieci sezio-ni che rappresentavano variediscipline artistiche, fu tra leesposizioni più importanti delsecolo. «Io curavo il settore

Dal 1921 il Museo de-gli Argenti di Firenzecustodisce molte dellenumerose gemme untempo nella celebrecollezione medicea dicammei e intagli, con-fluita per complessevicende dinastiche estoriche oltre che alMuseo ArcheologicoNazionale di Firenzeanche nel Museo Ar-cheologico Nazionaledi Napoli.Sulla scorta dei magi-strali contributi di Ul-rico Pannuti, AntonioGiuliano, Nicole Da-cos, preparati per lamemorabile esposi-zione fiorentina Il Te-soro di Lorenzo il Ma-gnifico (1980) e deisuccessivi scritti diMartha Mc Crory, è tornatasulle vicende di questi piccolicapolavori in cui confluisco-no virtuosismi tecnico-ese-cutivi, ideali e poetiche, lamostra Pregio e bellezza.Cammei e intagli dei Medici,curata da Ornella Casazza eRiccardo Gennaioli. Il cata-logo, curato da R. Gennaiolie pubblicato dalla casa edi-trice Sillabe di Livorno, offreun ricco apparato iconogra-fico ricostruendo le vicendedi questa famosa raccolta, ini-ziata da Cosimo il vecchio ePiero il Gottoso, portata poia vette eccelse da Lorenzo ilMagnifico (Riccardo Gen-naioli), soffermandosi anchesui riflessi che i cammei e gliintagli medicei ebbero nel-l’ambiente artistico fiorentinodel XV secolo. Note sono, per esempio, lecitazioni della corniola di etàaugustea con il mito di Apol-lo e Marsia (Museo Archeo-logico Nazionale di Napoli),

conosciuta come Sigillo diNerone, dal 1487 nelle colle-zioni di Lorenzo de Medici,ammirata e ricordata da Lo-renzo Ghiberti e Filarete tragli altri e raffigurata dai mi-niatori Gherardo e Monte diGiovanni nonché da Botti-celli, che riprende la cornio-la nel pendente al collo del-la giovane donna, forse Si-monetta Vespucci, raffigura-ta nel dipinto dello StädelMuseum di Francoforte. An-che Donatello ricorre allegemme medicee per alcunidettagli delle sue sculture, co-

me succede con il David –posto alla morte di Cosimo ilVecchio al centro del cortiledi Palazzo Medici – con lascena sull’elmo di Golia, in-terpretata come un trionfod’amore, ispirata dal cammeocon Dioniso su un carro ti-rato da Psycai (Museo Ar-cheologico nazionale di Na-poli), una gemma attestatanel 1457 nella collezione diPietro Barbo e quindi con-fluita in quella di Lorenzo ilMagnifico.Ma la raccolta medicea ebbeanche in seguito importantiarricchimenti. Spicca il gran-de cammeo commissionatoda Cosimo de Medici tra 1556e 1558 al milanese GiovanniAntonio de Rossi, con il ri-tratto del granduca, della mo-glie Eleonora di Toledo e dicinque dei loro figli, studiatotempo fa da Martha Mc Cro-ry, descritto nella secondaedizione delle Vite da Gior-gio Vasari, un’opera alla qua-

le Poggi colle-gò (1916) undisegno delChrist ChurchCollege di Ox-ford assegnatoal Vasari stes-so. Molti gliaspetti e i temisollecitati dal-le gemme edai cammeimedicei tratta-ti nel volume. Basti qui cita-re il contribu-to di FabrizioPaolucci suibusti e i ritrat-ti imperiali atutto tondo in

pietre semipreziose quali at-testazioni glittiche al serviziodella propaganda imperiale,quello di Giovanna Lazzi sul-le citazioni delle gemme me-dicee nei manoscritti quat-trocenteschi, e di Maria Sfra-meli riguardante le pregevo-li montature che corredano eimpreziosiscono ulterior-mente le gemme fiorentine. Ma non meno interessante ri-sulta sia l’apporto di MiriamFileti Mazza sulla gestione eclassificazione tra Sette e Ot-tocento delle gemme medi-cee sia quello di Andreina

d’Agliano, sulla ripro-duzione dei cammeipresso la manifatturaGinori a Doccia, com-presa la citazione delcammeo d’arte impe-riale romana con i bu-sti jugati di Tiberio eLivia (Firenze, MuseoArcheologico Nazio-nale), una gemma ot-tenuta nel 1676 dalcardinale Leopoldo deMedici (la cui raccol-ta è analizzata nel li-bro da Mariarita Casa-rosa) che torna su unatabacchiera Ginoridella metà del XVIIIsecolo (collezione pri-vata). Un nutrito nu-mero di opere (174 leschede), tra cammei,disegni, dipinti, ma-noscritti, placchette e

sculture, documenta ampia-mente l’affascinante storia deicammei e intagli medicei, ri-costruendone i principali ca-pitoli. Straordinario anche ilcammeo d’onice (1240-1250ca.) con l’Ingresso nell’arca(The British Museum), atte-stato nel 1465 nell’inventariodi Piero de Medici, con unastima elevata, la più alta tratutti i materiali glittici alloraposseduti dalla famiglia e ri-cordata nell’inventario di Lo-renzo de Medici del 1492 conla strabiliante valutazione di2000 fiorini. Una gemma ere-ditata da Margherita d’Austria,moglie dello sfortunato Ales-sandro de Medici e conflui-ta, attraverso il secondo ma-trimonio della giovane prin-cipessa con Ottavio Farnese,nelle raccolte di questa casa-ta, per poi giungere, attra-verso piste non individuate,in Inghilterra. Tra le ultime attestazioni è daporsi invece il cammeo incalcedonio di Volterra (1723-’24 ca.) che raffigura CosimoIII de Medici, assegnato aFrancesco Maria GaetanoChingi, un artista al quale sideve probabilmente la rein-troduzione della lavorazionedei cammei nella manifattu-ra fiorentina. Alla fase conclusiva spetta an-che il bell’autoritratto (1787)di Angelica Kaufmann (Fi-renze Galleria degli Uffizi), incui la candida veste che av-volge la pittrice è arricchitada una cintura ornata digemme antiche, tra le qualisi distingue un cammeo del-la metà del I secolo a.C., conAthena e Poseidon in garaper il possesso dell’Attica (Na-poli, Museo ArcheologicoNazionale), un pezzo pre-sente sin dal 1465 tra i benidi Cosimo de Medici e ripre-sa in uno dei medaglioni delcortile di Palazzo Medici, en-trato a far parte anch’essodella collezione Farnese tra-mite il matrimonio di Mar-gherita d’Austria con Ottavionel 1538.

Sandro Botticelli, Ritratto femminile

Artista ignoto, Dioniso e Arianna a Nasso

Le ricette raccolte in dieci me-nù, suggellano altrettanti rac-conti o piccole storie in cui i

personaggi, brevemente trat-teggiati e colti nelle loro azio-ni essenziali, disegnano con ef-ficacia un paesaggio agrariocome in: Muretti; un eventostorico, come la prima guerramondiale in: Trincea; l’emi-grazione verso l’America come

in: U’ Signuri di li fasci; un qua-dro sociale come in: La scala,La prima comunione, Il mira-

colo; oppure descrivono unatradizione religiosa come in:La Madonna delle Grazie. La particolarità di questi rac-conti risiede nell’essere so-spesi tra una forma di reali-smo e una concretezza di ri-ferimenti per cui non si ri-nuncia mai al dettaglio pre-ciso da un lato e a un im-pianto favolistico dall’altro,talora di apologo che avvol-ge tutto in una sfumata in-definitezza. Esemplari in que-sto caso: La scala e I pani diIcarina.Un libro tutto da godere econsultare per deliziare con

raffinatezza mente e gusto.

da 1 a 12 PRIMAVERA 2010 2-07-2010 10:03 Pagina 11

Page 12: Arte Incontro in Libreria 64

N. 64 - luglio-ottobre 2010www.libreriabocca.com

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L’Autoritratto, Io e l’altro di Sil-vio Tomasoni che con straor-dinarie capacità tecniche, ci re-gala una grafite dall’apparen-za e consistenza scultorea, suaprincipale attitudine. O dellaversione, contemporanea persoggetto al femminile, del Cri-sto Morto del Mantenga, ope-ra di Andrea Simoncini, affa-scinante e conturbante com-posizione! O del relitto alla de-riva di Alberto Storari, interes-sante l’utilizzo di materiali va-ri per la composizione sceno-grafica! O della poetica visivache riesce a trasmettere, conun razionale asettico e per nul-la idilliaco computer, Jeannet-te Rütsche! Che dire poi di Fa-ce, che mi ha colpito nell’i-stante in cui l’ho vista, parlodel volto dipinto da AndreaBovara, giovane autodidattaesordiente! Se questo è l’inizionon è Male! Influenzato dal-l’arte del grande Renzo Vespi-gnani la reinterpreta con un’a-

bile capacità nel-l’utilizzo dei colo-ri, dipingendo unvolto che emergedalle tenebre e neiparticolari dell’in-carnato rimandaad una pitturaastratto informaledi sublime bellez-za. Non ultimo perimportanza, maper particolarità econtinua indeci-sione di procla-marla almeno lamia preferita è

Crocifissione l’opera di Davi-de Casari. Che dire! Una cosasu tutte: la meno gettonata, lameno presa in considerazione,la meno guardata, la meno ap-pariscente, la meno decorata,la meno pittorica, la meno iro-nica, la meno colorata, la me-no adatta ad un premio di pit-tura, la meno; ma la più ope-ra, la più vera, la più pura, nonper un attimo ma per sempre,l’opera che non stanca, che hoapprezzato solo fermandomi,osservando, ragionando! Sì l’o-pera d’arte nella sua crudasemplicità, nella sua piena so-stanza. Bravo Davide per duemesi ho avuto, guardato, os-servato, scrutato, pensato suquesta opera e per due mesinon ho saputo ancora sceglie-re! Ma il dubbio c’è, è enorme,è davvero difficile, il tuo di-pinto mi lascia sgomento e miriempie di quesiti! È l’operache diffonde la sua presenza,ti chiama e se la osservi ti in-canta! Potrei andare avanti ma sa-rebbe troppo lungo l’elenco,chiudo ringraziando tutti peraver reso possibile la realizza-zione di questa edizione, igrandi personaggi che hannocon gli anni partecipato comeMembri nelle Giurie e hannoquindi creduto in colui chescrive, nel sostenere con la lo-ro presenza la realizzazionedell’Organo Principe di unacompetizione, vorrei ricorda-re: Valerio Adami, Adriano Al-tamira, Sergio Angeletti, AldoBenedetti, Rossana Bossaglia,Grazia Chiesa, Sergio Dange-lo, Sara Fontana, Cristina Muc-cioli, Alessandro Papetti, Gia-como Poretti, Alessandro Qua-simodo, Giovanni Serafini, Lu-ca Tommasi, Tommaso Trini,Maria Cristina Vicamini e il più

imprime gioco forza nellamente dell’osservatore! Unsemplice talmente comune,che lascia il segno, quasi co-me la Marilyn di Andy Warhol. The Sisters di Saturno Buttò,che come autore è sicuramen-te tra i più maturi e affermatipartecipanti. Nella sua com-posizione trasuda una capaci-tà pittorica poco equiparabilecon i colleghi, un’opera chenon puoi giudicare da nessunpunto di vista stilistico, proprioper la sapienza e l’utilizzo del-la tecnica alla quale è arrivatoa perfezionamento l’autore; l’u-nico parametro valutativo èrappresentato dall’estetica equindi dall’immagine scelta,però anche in questo caso chiconosce il lavoro di Buttò nonpuò non notare una puliziaquasi maniacale da soggettiprediletti più d’effetto e sata-

nici, anche se non mancanototalmente vedi maschera e te-schio, che qui passano decisa-mente in secondo piano. Men-tre che dire di SublimazioniAuspicabili dipinto/opera diRiccardo Bergonzi, che d’im-patto la si potrebbe confonde-re con un già visto di alcuniautori del Nouveau Realisme ose non ad uno dei massimirappresentanti: Arman; ma sa-rebbe una lettura frettolosa epoco appropriata, troppo sem-plicistica. Riccardo può anchepartire da un concetto Nou-veau ma lo reinterpreta met-tendoci del suo, abbinando lafusione in resina, dove tra l’al-tro non lascia l’oggetto, ma so-lo la traccia, e realizzando lostesso su un fondo dipinto contecniche tradizionali. Non ma-le vero!? In Infanzia di Mariadi Davide Avogadro ci si per-de e ci si commuove con ilsoggetto, questa bambina cir-condata da tanta luce, l’artistaha realizzato una cornice a fo-glia d’oro, appare come unapiccola Madonna contempo-ranea tristissima e inconsola-bile. Un pugno allo stomacosopperito dalle abilità tecnichedi Davide che è riuscito a crea-re un ossimoro pittorico! Potrei andare avanti con altriautori non meno interessanti,che hanno partecipato a que-sta edizione, Remo Suprani, ciaffascina con un’alba surrealesulle rive di un fiume fantasti-co e impalpabile. Valentina opera di EmanueleDascanio, vincitore dell’edi-zione precedente, che si è ci-mentato nella realizzazione,non semplice, di una figura,anche se non riuscita perfetta-mente è sicuramente premia-bile per lo sforzo e la voglia dimettersi in gioco; Bravo!

segue da pag. 1

Movimento…

Movimentonelle Segrete di BoccaIV EdizioneMilano, Libreria BoccaGalleria V. Emanuele II, 12

Medardo Rosso.Catalogo ragionato della sculturaP. Mola, F. Vittucci408 pp., 130 ill.Rilegato

D. Casari, Crocefissione, 2010

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Si fa presto…segue da pag. 1

Medardo Rosso…

Palma il GiovaneUn dipinto ritrovato

Niccolò Loda

Ogni volta che un’opera rie-merge dall’oblio è come se as-sistessimo a una sua secondanascita. È il caso di questa Ado-razione dei pa-stori di Palma ilGiovane appar-tenente a unacollezione ber-gamasca. Il di-pinto autografo,fino ad oggi sco-nosciuto agli stu-diosi, come altretele dall’omoni-mo soggetto con-servate all’AltePinakothek diMonaco e al Mu-seo Pushkin diMosca, non pareoriginariamentedestinato a unachiesa, ma piut-tosto alla devo-zione privata. La scena si im-pone all’osserva-tore con la sua vivace fre-schezza, avvolgendolo inun’atmosfera di intatto stupo-re. Gli sguardi e i moti dei per-sonaggi convergono tutti ver-so il Bambino. Adagiato sopraun panno di lino di cui la Ma-donna e San Giuseppe sor-reggono i lembi e investito dal-la luce aurea della stella in cuisono immersi i putti festosi,egli è il centro e il motore im-mobile della sacra rappresen-tazione. Se mancano al Palmala forza visionaria e l’inventiodei grandi manieristi, bisognariconoscere la sua abilità insu-perabile nel rendere la natu-ralezza dei gesti e nel far tra-sparire i moti dell’anima. Il rea-lismo delle bestie in primo pia-

no e l’umile rudezza del pa-store inginocchiato tradisconouna chiara impronta bassane-sca. Il chiaroscuro accentuato

che incide le figure e il vivacecromatismo, che rimanda allalezione di Tiziano, permetto-no di collocare cronologica-mente la realizzazione del di-pinto verso la fine del Cin-quecento. Tale datazione tro-va conferma nel raffronto conun foglio di studi per un’Ado-razione dei pastori già appar-tenente alla collezione Rudolfdi Londra, segnalato dalla Ma-son Rinaldi e da lei datato al-l’ultimo decennio del ’500. Lastudiosa poneva in relazionele due versioni del soggettorappresentate sul recto e sulverso del foglio con la già ci-tata Adorazione del MuseoPushkin di Mosca, giudican-dola una commistione tra i due

con alcune varianti. In realtà,lo studio sul recto può essereconsiderato il preliminare gra-fico del quadro in esame, dal

momento chequest’ultimo neriprende abba-stanza fedelmen-te la composizio-ne. L’opera è unesempio di comela vasta produ-zione d’arte sacrae religiosa di Pal-ma il Giovane,pur mantenen-dosi fedele ai se-veri canoni rap-presentativi dellaControriforma,fissati da Borro-meo e Paleotti,riesca ancora adottenere esiti nonspregevoli, gra-zie anche a unafelice assimila-zione dei model-

li offerti dalla tradizione pitto-rica. Proprio questa fedeltàcreativa ai grandi maestri, Ti-ziano e Tintoretto, è ciò che fadel nipote di Palma il Vecchiol’ultimo erede e interprete del-la grande stagione cinquecen-tesca della pittura veneziana. Vittima di un generale pregiu-dizio antimanieristico che col-pisce tutto il Seicento venezia-no, Palma il Giovane è stato alungo trascurato dalla critica,la quale anzi non ha perso oc-casione lungo i secoli per de-nigrarlo, dai silenzi eloquen-tissimi del Bellori sino al giu-dizio poco lusinghiero del Lon-ghi, che nel suo Viatico per lamostra veneziana (1945) lo de-finiva uno fra i tanti «pratici ese-

Jacopo Negretti, detto Palma il GiovaneAdorazione dei pastori, olio su tela, cm 112 x 125

Bergamo, collezione privata, firmato “JACOBUS PALMA / F”sulla pietra in basso a sinistra

Palma il Giovane, penna,inchiostro e acquerello bruno

su traccia di gesso nero,linea di contorno a inchiostro,

mm 207 x 207, Londra, collezione C.R. Rudolf (già),

recto (in basso):Adorazione dei pastori;

verso (in alto): Adorazione dei pastori e studio

separato di pastore visto di schiena (da Stefania Mason

Rinaldi “Palma il Giovane. L’opera completa”, Milano 1984,

pag. 289, figg. 246 e 247)

cutori» del tempo. Si deve allerecenti fatiche di studiosi qua-li Ivanoff, Grassi e Mason Ri-naldi la rivalutazione e l’ap-profondimento critico di un’e-sperienza artistica di fonda-mentale importanza per com-prendere la delicata fase dipassaggio tra il Cinquecento eil Seicento veneziano.

solerte, instancabile, alacre so-stenitore – partecipando comefigura fondamentale fin dallaprima edizione e mio sproneinstancabile di biennio in bien-nio – Philippe Daverio. Ultimo sincero ringraziamen-to, da un punto di vista stori-co artistico, ad Arturo Schwarz,che mi è stato presentato dal-l’amico comune Sergio Dan-gelo. È stata per me un’im-mensa gioia essere riuscito acoinvolgere un personaggioche rappresenta appieno lastoria di uno dei movimentifondamentali dell’arte con-temporanea mondiale: il Sur-realismo; riporto il testo scrit-to dal Ministro per i Beni e leAttività Culturali Italiano, nel-la prefazione del catalogo Da-da Surrealismo e Riscoperti,evento del Vittoriano a Roma:«la mostra non è curata da unsemplice studioso, per quantodei più illustri, ma da un veroprotagonista di quel tempo edi quei movimenti…» grazie in-finite Arturo Schwarz, rimarràun ricordo indelebile nella miaanima il tempo che hai volutodedicare agli Artisti di questaspeciale edizione! Arrivedercial 2012!

coscienza delle problematicheriguardo all’evoluzione dellaconcezione dello spazio cosìcome concepita in millenni distoria dell’arte, dalla bidimen-sionalità degli Assiri, alla terzadimensione prospettica di Pao-lo Uccello, via via attraverso ilBarocco, fino alle Forme di-namiche nella continuità del-lo spazio di Boccioni, dove laluce entra nella materia modi-ficandola. È quest’idea dellaquarta dimensione che diven-tò il rovello di Fontana, dellasua idea d’evoluzione dell’ar-te «attraverso il mezzo» propriocome se fosse una scienza perandare più in là, per spinger-si oltre. È lui stesso a ribadir-lo: «la scoperta del cosmo èuna dimensione nuova, è l’in-finito, allora buco questa tela,che era alla base di tutte le ar-ti e ho creato una dimensioneinfinita, una x che, per me, èla base di… di… tutta la…la… scusa eh, di tutta l’artecontemporanea, chi la vuol ca-pire. Sennò continua a direche l’è un büs, e ciao».

Tagli d’artista: una storialunga un secoloRoma, Galleria Nazionale d’Arte Modernafino al 7 gennaio 2011

sica antica che a volte è uffi-cializzato nei carteggi lasciatidallo stesso Medardo e che avolte è evidenziato dalla criti-ca, ma non reso ufficiale dalpittore, come nel caso di Leo-nardo, accostamento che peril profilo della Ruffiana risul-ta evidente anche se non espli-citamente dichiarato. Così co-me Rembrandt emerge in qua-lità di musa ispiratore per laGrande Rieuse, una serie didue sculture che chiudonol’Ottocento e inaugurano il se-colo successivo. Foto che documentano ancheil contesto circostante come inEnfant malade o in Bookma-ker, ma soprattutto, elementofondamentale, che ha spintofondamentalmente DanielaMarsure Rosso, erede delloscultore, a commissionare larealizzazione di questo volu-me, foto che attestano l’origi-nalità di un bronzo e quindi lasua autografia. Ecco perché il catalogo si di-vide in sculture documentatee non documentate per fareordine e chiarezza sui falsi chestavano proliferando e nelcontesto sul passaggio dallacera alla fusione, certo il ri-schio è evidente e di facile in-ganno. Quindi un catalogo ragionato

che mette ordine nel mondostraordinariamente affascinan-te e avvolgente di MedardoRosso, un uomo che LéonAbric ricorda come un anar-chico, altruista, misantropo,ma dal cuore grande, «ce co-losse blond aux gestes déli-cats», un idealista che cucinabene così come canta, insom-ma pieno di vitalità. La stessache trasuda dalle sue opere,ricche di armonia e di una spi-ritualità laica, parla di tempiproletari e deboli, dove l’uo-mo comune è protagonista diangosce e di un sentire co-mune che Medardo registra coitoni delicati e sapienti di chinon solo vuole trasmettere ta-li emozioni, ma vuole farcelerivivere a distanza di tanti an-ni. Un libro quindi tracciato suicanoni della scientificità “ario-sa” e aperta al racconto non diuna vita, ma di singoli eventiscultorei, come del resto èogni opera schedata. Adessoa ciascuno il compito di ricu-cire, se c’è ne fosse la neces-sità, una biografia organicapasseggiando nei tanti giorni.di sentimenti scolpiti.

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Nei giorni... o con l’occasio-ne... non so quale esordio sce-gliere per collocare tra le ma-nifestazioni per i 150 annidallo sbarco dei Mille a Mar-sala la presenza di EmilioIsgrò. È difficile associare ilsuo percorso di pervicace li-berazione dai riferi-menti convenzionalia una rievocazione.Difficile, di contro,credere che si sia in-contrato casualmentecon Garibaldi. Isgròè un artista comples-so e consapevole,quindi non credo disbagliare se “cancel-lo” a mia volta quelsecolo e mezzo e midecido per uno stra-tegico incrocio di rot-te. Prima di intervi-stare Sergio Troisi, curatoredell’esposizione, ho studiatoun suo brillante testo sullastoria creativa di Isgrò in rela-zione con il suo essere sicilia-no, che è la sostanza di que-sta mostra, e ho creduto di in-dividuarvi un centro: La rottadei Catalani, simile nel suopotere evocativo ai misteriosipoli magnetici dei viaggi fan-tastici, non a caso, mi confer-ma Troisi, è presente in mo-stra con un’architettura di for-miche ricorrente da diversotempo nelle produzioni del-l’artista. M.R. Fichera: Vorrei comin-ciare evitando evocazionisbagliate.S. Troisi: Le formiche sono incontinuità con il suo lavoro.Qui sbarcano come nei seco-li hanno fatto i Catalani, tes-sono lo spazio e la storia.Isgrò ha sempre lavorato sullinguaggio, questo è eviden-te, ma anche in rapporto conl’ideologia, che a sua volta èin costante confronto con lastoria. È un aspetto del suolavoro che mi piace moltissi-mo... Garibaldi, centrale nelpercorso oltre che nel sensodella mostra, apparirà comeuna statua-sarcofago su cui leformiche tessono quel lorocammino, un corteo che si le-ga e si interrompe per poi ri-prendersi, in un flusso inin-terrotto...

M.R.F.: Magnetico, come lima-tura di ferro sulla calamita... S.T.: In realtà, le suggestionidella mostra sono più elabo-rate, anche in profondità.L’artista si è impegnato nel-l’installazione con il suo natu-rale senso del teatro, attento a

indirizzare l’attenzione al con-tenuto. Il percorso rifà inparallelo quello delle migra-zioni dei popoli nel Mediter-raneo, tra cui i Catalani, mi-granti che hanno trasmesso aisiciliani l’istinto del partire edel tornare. Le singole operecostituiscono il percorso dellostesso Isgrò, come, per esem-pio, le carte geografiche can-cellate, da quella della Siciliafino a quelle dei continenti,con riferimento a una globali-tà da cui è impossibile pre-scindere.M.R.F.: Ma se Isgrò ha cancel-lato metodicamente ogni rap-presentazione linguistica dilegame, il ritorno e questo a-derire a una rievocazione, ca-rica di significati per la Sicilianata dall’Unità, come stannosulla rotta di quest’artista?S.T.: È assolutamente coeren-te, il percorso autentico d’unsiciliano. Le cancellazioni perle quali è comunemente indi-viduato non vanno lette su-perficialmente. Al contrario,Isgrò è un autore profondo,che non compie un gestosenza un significato. Per tuttoil tempo richiesto dal percor-so interiore, ha cancellato si-stematicamente i legami, co-me nell’opera io dichiaro dinon essere Emilio Isgrò, il cuitesto è presente in aperturacon la voce diffusa della ma-dre, l’attestazione del ripudio.

N. 64 - luglio-ottobre 2010 www.libreriabocca.com

A R T E I N C O N T R O I N L I B R E R I A

(1619) di Juan Martínez Mon-tañés è caricato sulle spalle ditrenta uomini durante la Set-timana Santa di Siviglia l’effet-to è sconcertante: l’ondeggia-re incerto della statua coin-volge e commuove il fedele dioggi come quello di quattro-

cento anni fa. Secondo Xavier Bray – uno deicuratori –, più che la lezionerealistica di un Caravaggio lon-tano, furono spettacoli comequesti – capaci di trasforma-re istantaneamente una città diSpagna in novella Gerusalem-

me – a ispirare tanta pittura delvero del Seicento spagnolo. È in quest’ottica che i grandi

pennelli del barocco ibericosono accostati, in un confron-to testa a testa, ai nomi di in-tagliatori noti solo agli specia-listi locali: Francisco de Zur-barán e Pedro de Mena, Die-go Velásquez e Juan de Mesa,Jusepe de Ribera e GregorioFernández. Il volume coniugaalla potenza estetica dei ma-nufatti la ragione della ricer-ca scientifica, forte di una ri-gorosa indagine documenta-ria: dai fogli che testimonia-no le commissioni delle scul-ture alle cartes de examenes ri-conosciute dalla gilda dei pit-tori ai pintores de ymaginería,gli artisti a cui era riservato ildiritto esclusivo di dipingere lesculture en blanco. Inoltre unasezione del catalogo è dedi-cata alla straordinaria tecnicaesecutiva delle statue, che co-involgeva diversi professioni-sti in complesse fasi di realiz-zazione, impiegando materia-li inusuali, come l’osso per leunghie, i capelli per le ciglia,il vetro per gli occhi e le la-crime, il sughero impregnatodi pigmenti colorati per le fe-rite tumefatte. «In vero, non sidà mai al legno quella carno-sità o morbidezza, che al me-tallo ed al marmo, ed all’altresculture che noi veggiamo o distucchi o di cera o di terra”: an-che Giorgio Vasari si ricrede-rebbe di fronte al concerto diragione e sentimento che ani-ma queste opere, in grado difar scorrere nuova linfa nei lo-ro legni antichi.

“Il Cassero per la scultura ita-liana dell’Ottocento e del No-vecento” di Montevarchi (AR)è un progetto unico nel suogenere in Italia. Nato da un’i-dea di chi scrive – quasi una“visione/riflessione” emersa econcretizzata nel corso di or-mai un trentennio di studi de-dicati all’arte plastica – è stataproposta all’AmministrazioneComunale montevarchina chel’ha accolta e portata avantisuperando difficoltà di ogni ti-po. Il felice incontro con lacittà di Montevarchi, collocataal centro del triangolo Firen-ze-Arezzo-Siena, alle portedel Chianti, patria di scultoriimportantissimi come France-sco Mochi e Massimiliano Sol-dani Benzi, ha fatto sì che lanascita di un luogo dove im-parare a guardare la scultura edi un centro dove scoprire,conoscere, documentare e co-municare la plastica italianadegli ultimi due secoli potessediventare realtà, dando visibi-lità a un’arte il cui apprezza-mento è costantemente in cre-scita tra gli appassionati.Pochi sanno che nel nostroPaese, tra proprietà pubblicae privata, esistono ben 96 tra

Innanzitutto un plauso alla te-nacia e competenza di San-drina Bandera, Soprintenden-te per i Beni Storico Ar-tistici ed Etnoantropolo-gici di Milano che ha cu-rato il lungo interventodi restauro degli affre-schi trecenteschi diChiaravalle, dal 2002con fondi ministeriali edal 2008-9 grazie agli in-dispensabili finanzia-menti di Intesasanpaolo(Progetto Restituzioni).Confermate le mani diun Primo Maestro di Chiara-valle e del miglior (più varionell’invenzione, più unito neicolori, più sfumato e per unamaniera dolcisima) discepolodi Giotto (quasi da superare ilmaestro e fu soprannominato

Gipsoteche e Musei d’Artista,di cui oltre 30 in Toscana, unpatrimonio immenso che co-stituisce una sorta di “percor-so plastico” di grande fasci-no, ma assolutamente ignora-to. La “mission” del Cassero,

oltre la ricerca e la documen-tazione della plastica italianadel periodo, è quella di stabi-lire rapporti concreti conqueste realtà, avviando pro-getti comuni ed esposizioniper divulgare e valorizzarecollezioni poco note, non tra-lasciando di attivare impor-tanti sinergie di ricerca e for-mazione con le Università ita-liane, creare una “rete” dedi-

“scimia della natura”) Stefanofiorentino, narrato nelle Vitedel Vasari che lo cita anche

come padre di Tommaso det-to il Giottino. Un restauro vis-suto con entusiasmo da di-verse professionalità che han-no risolto anche la principalecausa di degrado per man-canza di circolazione d’aria

Il cassero di MontevarchiAlfonso Panzetta

Emilio Isgrò. Disobbedisco.Sbarco a Marsala e altre SicilieMarsalaConvento del Carminefino al 19 settembre

The Sacred made RealSpanish painting and sculpture 1600-1700Xavier Bray (a cura di)Catalogo mostra208 pp., 141 ill.Brossura

Passione di SpagnaStefano Saponaro

Capita che una statua di legnoaccantonata nella cappellad’una chiesa riviva negli occhidell’amante dell’arte, ripulitadalle ridipinture che l’hannoresa una bambola rigida e conlo sguardo perso nel vuoto.È nata così, nel corso del pel-

legrinaggio a Santiago deCompostela di una mecenatestatunitense – Roberta GreenAhmanson, la grande mostraThe Sacred made Real (cata-logo Yale University Press),con una prima tappa a Londrae poi approdata fino il 31maggio alla NationalGallery of Art di Was-hington. L’interessan-te ed esaustivo cata-logo indaga senzapregiudizi la produ-zione scultorea in le-gno nella Spagna delXVII secolo, recupe-rata dal limbo in cuil’avevano costretta ilrifiuto illuminista perla devozione super-stiziosa e la disap-provazione prote-stante per l’idolatria. Quandoil paso (il carro allegorico) chesorregge il Cristo portacroce

cata alla scultura – nuova eancora inesistente – che pos-sa avere sicura valenza nazio-nale. Inoltre, alle finalità pri-marie, si affiancherà una sin-golare e innovativa attività di-dattica destinata ai visitatoripiù giovani. Su quest’idea dicostituire una “officina di ri-cerca e valorizzazione” il Cas-sero, situato nello storico edi-ficio medievale montevarchi-no della Provincia di Arezzo,ha riscosso un grande interes-se e la generosa collaborazio-ne di alcuni eredi di artisti, inoltre un quindicennio, ha fat-to confluire più di 500 operetra bronzi, marmi, gessi, terre-cotte, disegni, documenti, fo-tografie d’epoca e rassegnestampa, in corso di cataloga-zione. Oggi il Cassero inau-gura anche come spazio mu-seale in cui è stata collocataun’importante collezione per-manente con la Gipsoteca delmilanese Michelangelo Monti,i musei d’artista E. Galeffi, T.Bortolotti, P. Guerri, Dodi eimportanti opere di A. Staglia-no, A. Giacomasso, M. Malto-ni, F. Poggi, E. Galassi e V.Gemignani.www.alfonsopanzetta.it

(umidità che avrebbe fattoammalare lo stesso Stefanoche abbandonò i lavori e Mi-

lano) con un automatico“oculo meccanico” nellacupola dell’affrescato Ti-burio. Guardando i recu-perati affreschi sembrache abbiano i colori e labrillantezza di una con-chiglia appena asciugatadall’acqua di mare. Nondimentichiamo la presen-za a Milano nel 1333 diGiotto che lavorò “a co-se” forse ad una stanza

per Azzone Visconti nel Bro-letto Vecchio (oggi PalazzoReale nella cui adiacenteChiesa di S. Gottardo l’affre-scata parete di fondo è discuola giottesca e vi si trovaun’Arca dedicata ad Azzone).

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È fatta pulizia dell’identità cheil flusso ininterrotto della sto-ria comunque muta e cancel-la. A quel punto la rotta s’in-verte. Il ritorno di Isgrò è co-minciato con Gibellina.M.R.F.: L’Orestiade, sui luoghidel terremoto del Belice...

S.T.: Un monumentodella cultura occiden-tale. Era il 1983, lanuova Gibellina eraappena sorta e Isgròaccettò la sfida. L’im-pegno profuso, le mo-difiche al testo, l’in-venzione dell’alter-nanza di lingua e dia-letto caratterizzanti lanatura dei personaggi,la drammatizzazione, iluoghi naturalmente,produssero un eventounico, irripetibile. An-

cora oggi mi stupiscono, lepoche volte che è disposto amostrarlo, il suo senso dellavocalità e della lingua recita-ta, la sua gestualità, la fortecomponente teatrale dellasua persona. Questa è pre-sente nello sviluppo dellamostra, da lui curata con pa-dronanza della regia: centraleè la sala immersa nel buio inmezzo alla quale campeggiaGaribaldi. Un effetto lumino-so fa come galleggiare trepianoforti bianchi negli ango-li, mentre una melodia di Bel-lini si diffonde. Anche l’Ore-stiade è ancora una volta pre-sente, come altre tappe delsuo percorso di ritorno, condiffusione sonora di registra-zioni effettuate nel corso del-le prove a Gibellina. In più,durante la serata di inaugura-zione, si svolgerà una perfor-mance con quattro attori.M.R.F.: Sbarco a Marsala e al-tre Sicilie, in tanta vitale pro-vocazione appare quasi ba-nale, ma c’è quel disobbedi-sco ...per tutto il tempo che harichiesto il percorso interiore.S.T.: Infatti l’ha scelto lui. E digusto.

Cancellare per ricordareRachele Fichera

Affreschi giotteschi in abbaziaPietro Sergio Mauri

Agamennone, 2005

G. Fernandez e pittore anonimo, Cristo morto, 1625-30Madrid, Museo del Prado

Particolare

da 13 a 20 PRIMAVERA 2010 5-07-2010 15:34 Pagina 13

Page 14: Arte Incontro in Libreria 64

N. 64 - luglio-ottobre 2010www.libreriabocca.com

I L I B R I

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staccioli, n. 227); un’ubicazioneche si conferma peraltro anchenel caso di alcuni indizi cheparrebbero invece spostare inambiente toscano alcune ri-cette, come è il caso della men-zione del «magistro Matteo daTerra Nuova miniatore fioren-tino» (nn. 350, 357), un perso-naggio tra 1509 e 1524 più vol-te registrato nei pagamenti del-l’abbazia di Montecassino e inseguito documentato a Perugianel 1527. Il codice, che risulta fortementecalato nel contesto politico delregno aragonese, con riman-di talvolta abbastanza vicini al-la corte stessa, è organizzatoper gruppi tematici e, all’inter-no di questi, per argomentispecifici, con una stesura chelascia intendere una gestazio-ne lunga e la collazione di ri-cettari preesistenti. Inserendosi nel contesto deicosiddetti Libri di segreti chetanta fortuna ebbero nella se-conda metà del XVI secolo,con epicentro da cui si irra-diava la loro diffusione costi-tuito proprio da Venezia, allo-ra importantissima piazza edi-toriale, il manoscritto marcia-no (non finalizzato a una suc-cessiva pubblicazione), pre-senta un nucleo di 110 ricettedi carattere medico e farma-cologico con rimedi diversi perdiverse patologie. Altro gruppo è quello di ricet-

te dedicate alla confezione deisaponi (nn. 170-186), una trat-tazione che riveste un interes-se particolare, poiché il sapo-ne di Gaeta era rinomato e, al-la metà del XVI secolo, il piùfamoso; presenti risultano an-che ricette culinarie. Un altro nucleo è quello conprescrizioni di carattere artisti-co, che comprende argomen-ti diversi; un’ampia sezione èdedicata alla fabbricazione dei‘paternostri’ (grani), ai coralliartificiali, ai lavori a stampo,ma non mancano ricette pertinture e quelle per vernici, conaltre dedicate alle maniere didecorare finestre o vetri e altreancora ai colori per dipinge-re a olio, a tempera o per mi-niare, o alla stampa, nonchéprescrizioni per la fattura dicarboncini per disegnare o perfare l’inchiostro, o per dorare,o realizzare colle e stucchi. Alla trascrizione integrale del-le 409 ricette (pp. 63-180), se-gue un Glossario degli ingre-dienti citati (pp. 181-199), conrinvii bibliografici oltre che al-le prescrizioni stesse.

Pubblicato da Fabio Frezzato eClaudio Seccaroni nella colla-na Il Laboratorio dell’Arte. Fon-ti e ricerche per la storia delletecniche artistiche, diretta daPaolo Bensi, i Segreti d’arti di-verse nel Regno di Napoli, pro-pone in edizione integrale ilmanoscritto It. III. 10 della Bi-blioteca Marciana di Venezia.Pervenuto alla biblioteca nel1797 (dal fondo Nani), è tra lefonti sulle tecniche artistichedelle più note, grazie alla pre-coce silloge edita nel 1849(Original treatises dating fromXII to XVIII centuries on the artsof painting, pp. 603-640) dallastudiosa inglese Mary Phila-delphia Merrifield – una pio-niera della storia delle tecnicheartistiche, il cui itinerario bio-grafico-culturale è percorso daPaolo Bensi nella prefazione alvolume – e ristampata per bendue volte nel secolo successi-vo. Il codice, cronologicamen-te riferibile agli ultimi decennidel XVI secolo, contiene 409 ri-cette con rare glosse annotatea margine, in genere a com-mento dell’esito. L’epicentro delle informazio-ni è collocabile a Gaeta, co-me indicano sia le frequenti ci-tazioni di persone residenti inquesta città o in centri poco di-stanti, sia gli accenni a con-suetudini e prodotti locali (peresempio la pasta da mangiarealla ghaetana chiamata mo-

Segreti d’arti diversePaola Venturelli

Segreti d’arti diversenel regno di NapoliIl manoscritto It. III. 10della Biblioteca MarcianaF. Frezzato, C. Seccaroni203 pp.Brossura

Opere d’arte in tournéeOdette D’Albo

LeonardianaPietro Sergio Mauri

Dalle Alpi, alle Piramidi,/ dalMazzanarre al Reno,/ di quelsecuro il fulmine tenea dietroal baleno: l’infaticabile e insa-ziabile Napoleone, che portòa Parigi tutte le opere miglio-ri trovate in Italia e nel restod’Europa, è il protagonista piùnoto delle vicende connessead uno dei temi più affasci-nanti e attuali legati alle ope-re d’arte, quello del loro tra-sporto. Marco Carminati, nelsuo David in carrozza. Le av-venture di viaggio delle opered’arte dagli obelischi egizi alboom delle mostre, indaga illungo, travagliato, complicatofenomeno dello spostamentodi oggetti d’arte, visti nella lo-ro fisicità, spesso ingombran-tissima, che ha generato e ge-nera ancora oggi notevoli grat-

tacapi, ma anche enormi sod-disfazioni a chi si imbatte inquesto genere di impresa. Il libro offre una nuova pro-spettiva di studio, attraverso ilracconto degli itinerari rocam-boleschi, a volte assurdi, com-piuti dalle opere d’arte pergiungere a destinazione (alcu-ne non arrivarono mai) in bre-vi e divertenti capitoli che, inordine cronologico dall’anti-chità a oggi, illustrano un temaancora tutto da scoprire. Si passa dai viaggi degli “spie-dini” (dal nome dato in grecoagli obelischi) enormi e pe-santissimi, gloria prima dei fa-raoni e degli imperatori cheriuscirono a trasportarli a Ro-ma poi, al recupero delle scul-ture sul fondo del mare, pra-tica già in voga nella città eter-

Il David in carrozza.Le avventure di viaggio delle opere d’arte dagli obelischi egizi al boom delle mostreMarco Carminati304 pp., 16 ill.Brossura

LeonardianaPietro C. Marani392 pp., 67 ill.Brossura

Museo del Palazzo RealeGenova. I dipinti del PrimoPiano Nobile e dei depositiLuca Leoncini312 pp., 500 ill.Rilegato

na ad opera degli urinatores,veri e propri sub ante litteram;dagli spostamenti senza requiedei cavalli di San Marco, allevendite e le dispersioni dellecollezioni rinascimentali italia-ne, tra tutte quelle dei Gonza-ga di Mantova e degli Este diFerrara. L’indagine rende con-to anche della incredibile va-rietà di mezzi messa in cam-po per agevolare lo sposta-mento dei preziosi manufatti;tanto per fare alcuni esempi,l’eccezionale trasporto a pie-di della Pala del Rosario di Dü-rer da Venezia e Praga, il viag-gio in autoambulanza dellaGioconda per le strade degliStati Uniti, fino al trasferimen-to dell’Annunciazione dellostesso Leonardo a Tokyo nel2007, avvenuta con il massimodella cautela dopo averla rico-perta di sensori per garantir-ne la completa stabilità. Lo sti-le del racconto è nitido e col-loquiale, davvero alla portatadi tutti i lettori, la chiarezzaespositiva fa trasparire una ri-cerca estremamente accurata.Marco Carminati fa tesoro del-la lezione di Federico Zeri, checon la sua acutezza e il suo sti-le semplice aveva incantato eincanta generazioni di studio-si e appassionati d’arte.

I dipinti escono dai depositiGiuliano Frabetti

Dalla Soprintendente di Bre-ra Sandrina Bandera a M.T.Fiorio, e una-nimemente icritici d’arte,convengonotutti sulla infa-ticabile serietàdi studioso,ormai trenten-nale è l’operadi ricercatoreed interpretedi Leonardoda Vinci, diPietro CesareMarani, di cuiesce una rac-colta di saggi Leonardiana,pubblicata dalla lungimiran-te Casa Editrice Skira, studi chenon può non leggere chi vo-

Nella catalogazione sistemati-ca delle collezioni del Palaz-zo Reale di Genova è stato pre-sentato il volume I dipinti delPrimo Piano Nobile e dei de-positi. Si completa così l’espo-sizione della parte pittoricapubblicata nel primo volumecontenente una tranche di 117dipinti che coi 77 del presen-te sfiorano i 200 esemplari. A conclusione dell’indaginesull’intero patrimonio artisticodel Palazzo stesso, passante daiDurazzo ai Savoia nel 1824, se-guiranno nei prossimi anni unterzo volume sull’architettura,gli interni, gli affreschi e glistucchi e ancora un quarto de-dicato alla scultura e alle artidecorative. Il volume uscito ora per le edi-zioni Skira è totalmente cura-to da Luca Leoncini, direttoredel Museo di Palazzo Reale,incluse le schede dei dipinti, lamaggior parte dei quali è sta-ta recentemente sottoposta aprovvidi interventi di restaurocondotti sia nel laboratorio delmuseo sia da operatori esterni.In apertura, due saggi di Leon-cini ripercorrono le vicendedella quadreria. Il primo (La questione Gabal-doni) tratta dell’acquisto di no-vanta opere provenienti dal-l’avvocato genovese Carlo An-drea Gabaldoni e delle vicen-de della famiglia. Il secondosaggio (Giovanni David e l’Al-bum di Casa Durazzo) è de-dicato a un gruppo di disegninei quali Giovanni David (mor-to nel 1790) copiò alcuni in-terni e opere della dimora deiDurazzo, suoi committenti. I disegni dell’album, fotografatia Torino negli anni ’50 del se-colo scorso, quando apparte-nevano all’antiquario genove-se Nigro, tornarono poi a Ge-nova, dove se ne persero letracce. Unica, preziosa docu-mentazione restano quindi lecopie fotografiche conservateal Dipartimento discipline Ar-tistiche dell’Università di To-rino. Comunque in questo vo-lume, in uno degli Apparati, èpresentata l’intera documenta-zione fotografica. Quanto alla quadreria, oltre al-le schede degli esemplari delsettore il volume contiene un

Repertorio generale dei dipin-ti… divisi per collezione di pro-venienza e in ordine cronolo-gico, dove al fondo Durazzoseguono quelli Gabaldoni eSavoia. Il panorama patrimoniale deidipinti è quanto mai vario: ol-tre, beninteso, le iconografiedei Savoia, vi appaiono auto-ri fiamminghi tra XV e XVII se-colo, Van Dyck, napoletani,bolognesi (Guercino), ma so-prattutto genovesi (Luca Cam-biaso, Fiasella, Grechetto, As-sereto, Strozzi, Domenico Pio-la, Valerio Castelllo, Gaulli, Bar-tolomeo Guidobono, Tavella,Mulinaretto). Tra questi ultimi, occorre ri-cordare il “recuperato” Ratto diProserpina di Valerio Castel-lo, distolto da Palazzo Realenel 1929 per depositarlo al Se-nato e rientrato in sede solonel 1992, in occasione dellamostra Genova nell’età baroc-ca. Tre figure femminili rese-cate sulla sinistra della tela so-no rivelate da un affresco co-

pia dell’Ottocento a PalazzoCristiani Picetti a Varese Ligu-re. Di notevole interesse anchei due pendant di BartolomeoGuidobono raffiguranti Dianae Endimione e Apollo pastore(le tele in origine rettangola-ri, sono sagomate nella partealta). Attualmente si trovano indepositi esterni una monu-mentale Madonna di Loretodel Fiasella (al Museo Dioce-sano), dieci dipinti in Prefettu-ra e un Paesaggio nello stile diJan Weildens (al Senato). La redazione di questo volumeha dato occasione di appro-fondire anche lo studio dellecornici, a cura di Simone Fran-gioni, che si riserva di portarloa termine nella parte delle ar-ti decorative, prevista nel quar-to volume.

glia avvicinarsi e capire un po-co del Genio di Vinci. Con me-

ticolosità dianalisi e svi-luppo di rifles-sioni Maranisottolinea unanuova stradamaestra inter-pretativa cheinverte l’abi-tuale e classicomodo di vede-re le opered’arte, eviden-ziando priori-t a r i a m e n t el’importanza

della visione (un continuo la-boratorio di osservazione)scientifica di Leonardo che poiapplica e sovrappone alla crea-

zione ed allo stile artistico, siaesso pittura o architettura.Sottolinea inoltre il ruolo prio-ritario dei testi e degli scritti esia per Leonardo che per Ma-rani vale la continua rilettura everifica da cui scientificamen-te emergono inedite anticipa-zioni. È un indispensabile ab-becedario in cui si argomentasu 20 tematiche “leonardiane”,adeguatamente illustrate che,in modo inconsueto ed origi-nale, intuiscono e svelano mol-to della personalità del polie-drico artista chiarendo misteried equivoci interpretativi.

Piazza S. Pietro il 10 settembre1586 durante l’innalzamentodell’obelisco vaticano ad opera di Domenico Fontana

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Closing TimeJan VanrietAnversa, Museum voor Schonefino al 3 ottobre

Rubens e i FiamminghiComo, Villa Olmofino al 25 luglio

Chi sono i volti esclusivi inquesto romanzo di carattereesistenziale in cui l’intreccio

assume un ruolo ben preciso,soprattutto nell’epilogo riccodi sorprese? Due attenti letto-ri (amici dell’autrice o dellaprotagonista?), che, nell’intro-duzione, esprimono il loro pa-rere sul manoscritto, annotan-done “con affettuosa ironia”pregi e limiti, e nel finale ri-nunciano a svelare i loro no-mi. Rimangono anonimi (co-me la protagonista), esclusi-vi perché unici e singolari, epreparano la comparsa di nuo-vi volti destinati a diventareanch’essi esclusivi: la famigliaPontremoli, composta da duebambine, Carlotta e Cecilia, ilpadre, Samuele, e altri che siriveleranno importanti per lastoria. Il rapporto, inizialmen-te di carattere professionale,che si instaura tra la protago-nista e i Pontremoli, diventasempre più intimo e caloroso.La finzione delle due figureanonime, che non sono coin-volte nella vicenda, è un espe-diente per alleggerire le im-plicazioni emotive e creare

I volti esclusivi di Elena SangalliMariaCristina Pianta

palpabile la ricchezza croma-tica del racconto visivo in ope-re come il Battesimo di Cristo,in cui la forza anatomica mi-chelangiolesca è quasi un o-maggio in nuce. Cromie e at-

mosfere che ritro-viamo anche invan Dyck e Jor-daens. Ma la sin-golare straordina-rietà della mostraClosing Time (ca-talogo Ludion) èche il lungimiran-te direttore delmuseo ha affida-to all’artista con-temporaneo, JanVanriet, il compi-

to di passeggiare fra le opere eleggervi il loro risvolto mo-derno e personalissimo. Cosìci può fermare dinanzi al Cal-vario di Antonello da Messina,un capolavoro, del 1475 e co-gliere ogni dettaglio miniaturi-stico del paesaggio vibrante, si-lente intorno al Cristo che si er-ge diritto e sommo al centromentre ai lati si contorcono idue ladroni. Un cielo sospesoraccoglie il dolore della Vergi-ne e la preghiera di Giovanniinginocchiato davanti a quelcorpo sorretto dai chiodi che

straziano la carne e rendonooggettivo il dolore corporale.Ebbene quei chiodi si possonoscorgere di fianco al quadro diAntonello: tre, soli, immobili,pronti ad essere giudicati, idea-lizzati o solo osservati, operadi Vanriet, che immobilizzauno spazio senza tempo: lametastoria del Cristo morto perla salvezza dell’uomo! E lo stes-so spazio è solennemente in-dagato, mediante tagli, da Lu-cio Fontana in un suo Concet-to spaziale del 1965. Tre epo-che, tre sguardi, tre vite tuttediverse ma di grande interessese viste affiancate! Questo accade anche per ope-re di Rogier van der Weyden,Jan van Eyck, Memling, Bea-to Angelico e Simone Martini,Tiziano, van Gogh e Modi-gliani o Permeke. Insomma,l’arte qui respira, apre e veicolamemorie e sentimenti che tut-ti noi dovremmo ammirare peruscirne edificati! Vale la penafare un viaggetto ad Anversa,tanto c’è tempo fino ai primi diottobre!

Un caloroso applauso al co-raggio di Lia Rumma, famosagallerista che, nella Milano dioggi, investe ancora in veracultura aprendo un grandespazio per l’arte, unasplendida Galleria inuno spettacolare edi-ficio bianco (circon-dato dalle immaginiurbane del pittoreYves Bélorgey, gigan-tesche vedute perife-riche esposte finoall’11 luglio in corsoMagenta, alla Galleriadel Credito Valtelline-se) di circa cinquepiani, al posto del rudere diuna vecchia fabbrica, in via Sti-licone 19 quasi di fronte alla fa-scinosa e misteriosa quattro-centesca Villa Simonetta. Orauna premessa e una domanda:merita questa Milano odierna,in cui diffuse sono le lamentelepubbliche, una tale affettuosaattenzione da parte di chi vuo-le rischiare diciamo “a tutto va-pore”? Alla Galleria, dopo dueanni di contratto pagato, an-cora manca l’allacciamento algas e se ne prevedono, sem-bra, altri tre per costruire la ca-bina necessaria per erogarlo inzona. Una città che in termini

di servizi, cultura e gestionepubblica da parte delle autori-tà politiche e burocratiche for-se lascia molto a desiderare,non dimenticando però che “la

gente”, come in tutto il Paese,sa presenziare in folla ad ognivalida proposta artistico-cultu-rale (F.A.I., Salone del Mobi-le, Musei…). Un grande rega-lo di riqualificazione ad unazona dove c’è la Fabbrica delVapore, con i suoi alti e bassi(nata dal fervido pensiero diFabio Treves e Philippe Dave-rio), dove nell’area ex Enel sor-gerà un insediamento di altaqualità anche con un innova-tivo centro culturale polifun-zionale dove un tempo c’era larimessa dei tram a cavalli (ce-lerità burocratica permettendo)e non lontano il nuovo centro

È chiuso ma vale la pena entrareAntonio D’Amico

La galleria Lia RummaPietro Sergio Mauri

Rubens a ComoOdette D’albo

equilibrio nella narrazione inprima persona. Le sequenzenon sono di tipo lineare: si in-tersecano piani narrativi riferi-ti al presente e al passato. Ècapacità introspettiva coglie-re il tempo come durata, per-mettersi di spaziare dalla quo-tidianità ai ricordi dell’infanzia,tra la cascina, gli animali del-la stalla e la figura di Giovan-ni, delicato e sensibile, atten-to alle esigenze di lei bambi-na. La protagonista, insegnan-te, vive da sola, a Milano, inuna casa accogliente, piena dilibri e oggetti legati a viaggi ememorie. Nonostante l’atteg-giamento controllato, assapo-ra le gioie della vita e, a vol-te, sa cogliere l’attimo. Riescea dare significato ad ogni par-ticolare: il colloquio con ilcommesso del colorificio aproposito delle tecniche pit-toriche e del materiale da ac-quistare, la descrizione dellecopertine dei libri, l’incontrocon i Pontremoli. In corsivovengono annotati i ricordi chesi animano nel presente: il ca-ne Brick che l’aspettava di ri-torno da scuola sul ponte ecorreva verso di lei, le macchied’inchiostro sui quaderni, i pri-mi tentativi pittorici accolti conscarso entusiasmo. Tante im-magini si dispongono in mo-do insolito sovrapponendosisenza un apparente ordineschematico. Anche la “storiafiabesca” del viandante, rac-contata dalla protagonista aCecilia e Carlotta, alla presen-za di Samuele, si riallaccia, purconservando una sua peculia-rità, a eventi che parzialmentesi sono verificati e che cono-sceremo nel corso del roman-zo. Tutti i personaggi presen-tano un notevole spessore

umano, una complessità di ca-ratteri e di elementi davveroesclusivi. Pensiamo a Samue-le, a prima vista, scostante eipercritico, ma, fine conosci-tore dell’animo umano. Lo sti-le tende alla ricerca costante diun linguaggio idoneo; soven-te si coglie una dimensioneanalogica e connotativa: “dal-le ombre della luna”, “dal go-dimento di camminare a piedinudi sulle rive dei fossi”, “mipiace ascoltare le parole cheentrano in me per incontrarsio scontrarsi con quelle chenon pronuncio se non espli-citamente… sollecitate”. Diparticolare efficacia le descri-zioni di Livigno, meta di unagita in montagna della prota-gonista con Samuele e lebambine. Si intrecciano im-magini del presente e del pas-sato, in un mosaico variegatotra gli inverni ormai fuggiti, maancora rivissuti nel contem-

plare “il paese tuffato nella val-le, le baite di legno e di pie-tra discoste le une dalle altre”,il silenzio che pervade l’atmo-sfera. Questa componente li-rica permea gli aspetti quoti-diani: far borbogliare le ver-dure del minestrone, macina-re il caffé, tritare il prezzemo-lo, annusare il basilico, gusta-re una bottiglia di Porto Ca-lem, “profumo di noci, fruttasecca e miele”. Le immaginisi stagliano vivide, ci accom-pagnano in questa lettura cheogni volta è nuova perché tan-ti particolari si scoprono in se-guito, si svelano gradualmen-te. Un invito a conoscere il ro-manzo Volti esclusivi, moder-nissimo per la prospettiva ori-ginale che non cede mai al-l’improvvisazione, al senti-mentalismo, ai facili effetti, perprivilegiare, invece, la serietàdi una scrittura tangibile e nelcontempo evocativa.

È come entrare in uno scrignomagico, dove si possono am-mirare capolavori di epochediverse l’uno accanto all’altroin una sequenza che aiuta acarpire il quid di interesse dei

diversi artisti, ovvero misterio-samente si può catturare il mo-tivo nevralgico di un quadroe poi ritrovarlo trasmigrato nel-l’opera accanto sotto forma didettaglio, o di micro organi-smo, con un’identità singola-rissima e un linguaggio che ri-specchia epoca, stili e senti-menti. Questo accade nelle sa-le del Museum Voor SchoneKunsten di Anversa, città so-spesa in un incantevole aloneavvolto nel tempo dell’arte, do-ve si respira la forza vaporo-sa e sensuale di Rubens, dov’è

Dai canali di Anversa allesponde comasche: Rubens ei suoi allievi sono ospiti nelle

sale di Villa Olmo a Como. Larassegna, curata da S. Gaddie da R. Trnek, presenta ven-ticinque dipinti del maestrofiammingo accanto ad unaquarantina di opere di artistia lui vicini, provenienti dallaGemäldegalerie , dal Liechten-stein Museum e dal Kunsthi-storisches di Vienna. Le diecisezioni della mostra pongonoin primo piano la grande fa-scinatio esercitata dall’arteitaliana su Rubens, che avevasoggiornato nel nostro paesedal 1600 al 1608. L’artista rea-lizza durante questo periodotele importantissime, di cuisono esposti i bozzetti, tra lequali la Circoncisione di Cri-sto, dipinta nel 1605 per lachiesa dei Gesuiti di Genovae la Madonna adorata dagliangeli per la chiesa romanadella Vallicella, del 1608. Ru-bens mostra in queste operedi aver appreso profonda-mente la lezione della pitturaveneziana del Cinquecento,che riprende ancora nel1620, quando realizza i dipin-ti per il soffitto della chiesadel Gesù di Anversa, operedistrutte da un incendio nel1718, ma note tramite i bellis-

simi studi preparatori, chenell’impostazione funamboli-ca degli scorci e nella pitturadensa e corposa rivelano unalunga riflessione sulle operedi Paolo Veronese. Una ste-sura sprezzante caratterizzaanche il bozzetto con l’Apo-teosi di Giacomo I d’Inghilter-ra, preparatorio del dipintoeseguito nel 1632 per il sof-fitto della Banqueting Housea Whitehall. Tra le opere pre-sentate nella sala dedicata al-la produzione di carattereprofano spicca la copia, rea-lizzata nel 1605, della pur-troppo perduta Lotta per lostendardo, episodio dellaBattaglia di Anghiari di Leo-nardo. Preziose sono anche ilGiudizio di Paride, un picco-lo e raffinato dipinto eseguitosu rame, in cui la materia pit-torica è morbidissima, e leTre Grazie, che reggono uncesto con una splendida na-tura morta di rose, dai petaliquasi carnosi. Ma l’esposizio-ne consente anche di gettareuno sguardo d’insieme suiprincipali protagonisti e temifigurativi della pittura fiam-minga del Seicento; sono in-fatti presenti: Van Dyck, conun intenso Autoritratto giova-nile e Jacob Jordaens conPaolo e Barnaba a Listra del1645. Una sala è infine dedi-cata alla natura morta tra cuispiccano quelle di Jan Fyt e ilsuperbo Pavone Bianco diJan Weenix. Uno spaccatodell’altissima qualità della pit-tura fiamminga del Seicento,vera gioia per gli occhi.

direzionale, il Beaubourg Fel-trinelli e dietro l’angolo, in MacMahon, il Teatro Out Off, dilunga tradizione nell’avan-guardia e nell’innovazione.

Insomma, come dicela gentile signora LiaRumma, Milano «hatutta e ogni poten-zialità». Noi dobbia-mo riscontrare cheperò molta è nellatesta dei privati checi auguriamo conti-nuino a lavorare inquesto sofferto climamilanese. La Galleria inaugura

con una delicata, quasi diafa-na ed invisibile, evocativa mo-stra di un gentiluomo quale èEttore Spalletti, quasi un omag-gio ai diversi livelli ed alle tra-sparenze della moderna ar-chitettura della Galleria (CLSArchitetti). Dal 1940 Spalletti vi-ve e lavora a Cappelle sul Ta-vo, in Abruzzo, ma le sue ope-re sono sparse nel mondo,mostre e musei. Lia Rumma è «una collezioni-sta di nuova cultura, ama ri-flettere e capire il rapporto traarte e mercato e meravigliarsiancora nell’incontrare e cono-scere gli artisti».

Rubens, Borea rapisce Orizia

A sx: Jean Vanriet, a dx: Antonello da Messina

da 13 a 20 PRIMAVERA 2010 5-07-2010 15:34 Pagina 15

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N. 64 - luglio-ottobre 2010www.libreriabocca.com

L E M O S T R E E I L I B R I

Sebastiano Ricci Luca Pietro Nicoletti

Per la tua pubblicità chiama Donatella Bertoletti 338 4852 540 - Antonio D’Amico 338 2380 938pagina 16

Come recita già dal titolo, lamostra della Fondazione Cinia cura di Giuseppe Pavanello(catalogo Marsilio) è davveroall’insegna dell’invenzione,perché questa è la marca checonnota profondamente l’o-pera del veneziano SebastianoRicci, dalle grandi decorazionimurali fino al disegno più mi-nuto. Un numero considere-vole di opere in mostra, infat-ti, è costituito da bozzetti pergrandi composizioni o daschizzi, che erano una specia-lità della pittura veneziana findal Cinquecento. Per schizzi,qui, bisognerà intendere uncomponimento grafico già divalore pittorico, espressionedell’idea-invenzione che sfocianell’abbozzo o bozzetto, perpoi arrivare all’opera definiti-va. Ma è in questi dipinti diformato ridotto che forse si ri-scontra, come a suo tempoaveva sottolineato RodolfoPallucchini, il Ricci più puro,capace di diventare liricoquando si abbandona a un toc-co impressionistico, sebbenepoi la maniera rapida del boz-zetto, avrà riscontri anche nel-la grande decorazione murale,di cui ad un certo punto ritro-verà il tono: «Si direbbe – scri-ve Pavanello introducendo ilcatalogo – che il suo intentosia d’imprimere alla pittura mo-numentale qualcosa della vi-vacità che contraddistingue

Giambattista Tiepolotra scherzo e capriccioUdine, Castellofino al 31 ottobre

Renato VernizziCatalogo ragionato3 voll.1280 pp., 2657 ill.Rilegati in cofanetto

Burri e Fontana a BreraMilano, Pinacoteca di Brerafino al 3 ottobre

Napoleone e l’impero della modaMilano, Triennalefino al 12 settembre

Sebastiano Ricci.Il trionfo dell’invenzionenel ’700 venezianoVenezia, Fondazione Cinifino al 19 luglioSebastiano Riccitra le sue DolomitiBelluno, Chiesa di S. PietroFeltre, Museo Diocesanofino al 29 agosto

Nel salone del Parlamento delCastello di Udine, si è apertaun’esibizione (catalogoMondadori Electa), in onore diGiambattista Tiepolo (Venezia,1696 -Madrid, 1770), per met-tere in risalto le poliedriche do-ti artistiche del pittore, espo-nendo acqueforti, disegni, ematrici delle incisioni che, nel-l’insieme, danno una visioneunitaria del suo percorso tec-nico e artistico. La mostra rien-tra nel programma Giornatedel Tiepolo 2010, una manife-stazione organizzata dal co-mune friulano, che proporràanche musica barocca, lezioniscientifiche e storiche, altri iti-nerari tiepoleschi, firmati Udinecittà di Tiepolo. Vania Gran-sinigh, una delle due curatricidella rassegna, racconta: «Giam-battista Tiepolo è stato uno deimaggiori pittori della sua epo-ca. Egli possedeva una di-

mensione europea garantita dauna committenza a carattereeuropeo. Per quanto selezio-nasse le commissioni cui dareseguito, ebbe modo di lavora-re in molte città europee, la-sciandovi opere che rimanes-sero a modello per artisti lo-cali. Egli divenne in tal modouno dei massimi esponenti deltardo Barocco e Rococò euro-peo». Il discorso sulla grafica èdiverso, le incisioni, infatti, cimostrano un altro Tiepolo.Vania Gransinigh sostiene a ri-guardo: «Attraverso una tecni-ca particolare come l’acqua-forte, egli ci rivela gli aspettipiù nascosti della sua perso-nalità. Per mezzo di questeimmagini egli probabilmenterinterpreta quel dibattito intor-no alla negromanzia e alla ma-gia che lungo la metà del ’700era particolarmente vivace inuna città come Venezia». Si po-

tranno ammirare ben trenta-cinque dipinti realizzati dal-l’artista nella serie Capricci escherzi di fantasia, che ver-ranno messi a confronto consuoi disegni provenienti dalVictoria and Albert Museum edai Civici Musei di Storia e Artedi Trieste. Sfuggenti e enigmatiche, vela-te sempre da un margine dimistero, le opere di Tiepolosono ancora oggi interpretateda critici di fama internazio-nale. Particolarmente interes-sante tra le incisioni della se-rie dei Capricci (realizzati trail 1741 e il 1742) è La morte dàudienza, dove un gruppo divecchi spia la morte scheletri-ca con un libro tra le mani. Questa incisione è accostata aidisegni preparatori del Victoriaand Albert Museum per mo-strare la fase ideativa e il risul-tato finale. Tiepolo usava di-segnare un soggetto, tornandopiù volte sulla stessa immagi-ne, dandoci varie prospettive,per poi fissare il risultato fina-le sulla lastra da stampa.L’esempio che più caratterizzala serie degli Scherzi di fanta-sia (realizzati tra il 1744 e il1754) è quello di sei personeche osservano un serpente,animale simbolico legato allacultura biblica ed esoterica, inuna duplice valenza, la forzadel bene e del male.

Tra scherzo e capriccio TiepoloValentina Cavera

Burri/Fontana/NapoleonePietro Sergio Mauri

Giambattista Tiepolo, Astrologo e giovane soldato

Peccato che il 3 ottobre termi-ni l’allestimento della bella mo-stra Burri e Fontana a Brera:le opere sono mescola-te, egregiamente disse-minate nelle sale dellaPinacoteca e sembranodei fondi di tele da cuisanti e personaggi sia-no appena scesi perpasseggiare con il pub-blico. Ottima sintonia ilBurri a fianco del Mar-tirio di S. Sebastiano diRicci e frontalmente letrafitture spaziali di Fontana eLa Cena di Daniele Crespisembra difesa sui fianchi dadue armature anche loro con-cettuali-spaziali. Burri si amal-gama perfettamente, mentreper Fontana qualche forse sul-la prima opera all’ingresso conrosei tagli e la poco visibilescultura nella sala-Cappella 13.

Tutto intonato con le sale del-la Donazione Jesi e CollezioneVitali. Un armonico tuffo nel

passato, nel presente e nel fu-turo. Cortesi i custodi e non di-mentichiamo la generosa gra-tuità ai minorenni e agli ultrasessantacinquenni. Questa mo-stra merita una lunga visita eun ritorno. Negli spazi ampi della Trien-nale, fino al 12 settembre, ilmaschio spirito elegante di

Napoleone si aggira fra anticheinedite stampe d’epoca e gran-di case di cristallo vissute da

modelle che vestonogentili diafani manichi-ni con mille abiti dellamoda imperiale. Paredi percorrere teatral-mente un’epoca nonancora turbata dai can-noni della guerra e dal-la sconfitta, fra intelli-genti battute e pensierinapoleonici. Compli-menti ai curatori Cristi-

na Barreto e Martin Lancaster.generalmente un bozzetto».In lui i contemporanei ammi-ravano le qualità ritenute pe-

culiari dei maestri della scuo-la veneziana: il trasporto dellafantasia, la fecondità dell’in-ventare, la facilità dell’esegui-re, l’armonia del comporre, laforza del colorire, casomai conil rimprovero di un eccesso difantasia e una certa scorrettez-za di disegno. In un certo sen-so, in questo modo Ricci am-miccava all’amatore d’arte, chepoteva dilettarsi a riconoscere,abilmente dissimulate, le fonticinquecentesche, da Correggioad Annibale Carracci fino ai

classici veneziani (fra i qualisoprattutto Veronese), di cui ilpittore si era servito. «Ricci –scrive Adriano Mariuz in un belsaggio in catalogo, in cui si ri-costruisce l’esperienza del pit-tore all’interno della produ-zione artistica del suo tempo –«sembra ammiccare agli inten-ditori, provocandoli a ricono-scere le sue fonti così ben dis-simulate, reinventare in unapittura libera e festosa, che sidirebbe frutto di improvvisa-zione. Da grande ‘virtuoso’,egli perviene alla ‘naturalezza’attraverso una vastissima cul-tura, che è diventata sostanzadella sua fantasia». Nell’ambito delle celebrazionidedicate alla nascita del pitto-re sono stata promossi degli iti-nerari artistici intitolati: Seba-stiano Ricci tra le sue Dolomiti.A Belluno si protranno ammi-rare gli afferschi della CappellaFulcis nella chiesa di S. Pietroe a Feltre nel Museo Diocesanole due pale di altare prove-nienti dalla Certosa di Vedana.

Venere e Adone, bozzetto

«Il nuovo allestimento di Pa-lazzo Morando non si propo-ne come museo della moda[…] Palazzo Morando si pre-senta piuttosto come un luogodel sapere e dell’emozione,dove ammirare, in oltre 2milametri quadrati, i capolavori delpassato, analizzare l’immaginedel presente e costruire sug-gestioni per il futuro». Con que-ste parole Massimiliano Fi-nazzer Flory ha presentato ilnuovo Museo di Milano, cheda questo momento sarà no-to con il solo nome del palaz-zo nobile in cui è ospitato, invia Sant’Andrea. Il museo era già pregevole egodibile nel suo passato re-cente, ma il miglioramentoespositivo appena concluso loha reso ancora più interessan-te. Al piano terra sono statimantenuti gli spazi per le mo-stre temporanee. Vi ricordiamoche qui si sono tenute rassegne

indimenticabili quali Pietro Ver-ri e la Milano dei Lumi nonchéOh giornate del nostro riscat-to. Milano dalla Restaurazio-ne alle Cinque Giornate e an-che, splendida, I volti di Car-lo Cattaneo 1801-1869. Ungrande italiano del Risorgi-mento. Al primo piano è mantenuta,con un allestimento più accu-rato, la collezione civica, cheha avuto origine nel 1934 da-gli acquisti del colto Luigi Be-retta e testimonia l’evoluzio-ne urbanistico-sociale di Mila-no tra la seconda metà delXVII e i primi anni del XIX se-colo, distribuita negli ambien-ti originali della dimora diLydia Caprara Morando, sposadi Gian Giacomo AttendoloBolognini. Dal 1994 l’alloraMuseo di Milano è aggregatoalle Raccolte Storiche, «costi-tuendo in tal modo, insieme alMuseo del Risorgimento e a

Palazzo MorandoPaola Rapelli

quello di Storia Contempora-nea, un organismo unitario,destinato a rappresentare il‘cuore’ dell’identità culturalee della memoria della città»(Guerri). Parte integrante delpercorso sono gli abiti, gli ac-cessori e le uniformi che pro-vengono dal vastissimo patri-monio comunale presso le Ci-viche Raccolte d’Arti Applica-te nel Castello Sforzesco, unanovità nella novità, un mate-riale storico di altissimo pregioartigianale. La suggestione è forte: ci sisente trasportati dentro il tem-po, opera dopo opera, perchéognuna ricostruisce quel datocontesto, quella data situazio-ne, quelle date genti. È un museo che richiede len-tezza, il museo adatto a chi giàsa e vuole ricordare, e da farconoscere a chi non è consa-pevole della grandezza delvissuto.

Da settembre 2010 sarà di-sponibile in libreria il catalo-go ragionato del pittoreRenato Vernizzi (Parma1904-Milano 1972), le cuiopere sono conservate inprestigiosi musei tra cui:la Galleria d’Arte Moder-na di Milano, gli Uffizi, laGalleria d’Arte Modernadi Firenze, il MASP diSan Paolo del Brasile.Questa catalogazione ge-nerale è articolata in trevolumi di grande forma-to raccolti in cofanetto, e illu-stra, per la prima volta, l’inte-ra produzione dell’artista. Unrepertorio straordinario di di-pinti, disegni e opere grafichecorredato da approfonditeschede tecniche, a cui si ag-giungono quattro saggi inedi-ti che ripercorrono la carriera,la vita e la sensibilità artisticadel pittore. Ne sono autori,accanto al figlio Luca, gli sto-rici dell’arte e critici: ElenaPontiggia, Alberto Agazzani eGianni Cavazzini.

Un’arte figurativa, quella diVernizzi, che lo fa partecipe

del Novecento italiano e pro-tagonista del Chiarismo, non-ché autore di un suo partico-lare fauvismo correntiano e diuna successiva e forte rilettu-ra in chiave ritrattistica delCinquecento veneto e spa-gnolo, ma che sempre si nu-tre di una ricerca autonoma eprofondamente personale, co-me scrive Pontiggia: «Vernizzisa cogliere la vita immediata,quella che Saba chiamava ‘lacalda vita di tutti’, racchiu-dendola in un particolare, in

Renato Vernizzi l’opera omniaLaura Paduano

un frammento […]. Per que-sto le immagini di Vernizzi,

che a prima vista non di-cono quasi nulla, riman-gono indimenticabili». Ilpittore partecipa a tutte lemostre nazionali di mag-gior rilievo: dalle Biennalidi Venezia e Milano, alleQuadriennali di Roma, al“Premio Fiorino”. «Io di-pingo e basta» risposeVernizzi alle pressanti do-mande di una giovaneNatalia Aspesi sul suo la-

voro di pittore: una testimo-nianza della sua totale libertàe fedeltà a un’idea di arte co-incidente con la vita stessa eai suoi più antichi valori.

MUP EditoreDistribuzione: Libreria BoccaInfo: www.renatovernizzi.it

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