ARTE e STORIA · 2015. 9. 6. · tagli - cu stiami o attendend doa vari ann -i che solo l'esuberanz...
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ARTE e STORIAASSOCIAZIONE CASALESE
ARTE E STORIA
settembre 1993
5
ASSOCIAZIONE CASALESE ARTE E STORIA
Presso Museo d'Arte EbraicaVicolo Salomone Olter
Consiglio Direttivo:Presidenteprof. Vincenzo PortaVice Presidentem. Idro GrignolioSegretariodott. Elda CastaidiTesorieredott. Angelo BignazziConsiglieriprof. Antonino Angelinodott. Olga Bonzanoarch. Giulio Bourbonrag. Giovanni Numicosig. Attilio Riccaldone
Revisore dei contidott. Franco Cellerinodott. Pino Bazzani
Probivirirag. Lietta Mussop. Orio Vergalli
Hanno collaboratoalla redazione di questo numero:prof. Vincenzo Portaprof. Antonino Angelinoprof. Giulio leniprof. Walter Haberstumpfdon Paolo Cassanoprof. Gaspare De Martinim. Idro Grignolio
Progetto graficoStudio Francia sasComposizione e stampaDiffusioni Grafiche SpaVillanova MonferratoSettembre 1992Numero unico
Sommario
Giulio leniUn profilo biografico settecentescodi Francesco Ottavio Magnocavalli 5
Notizie intorno alla vita, ed agli studjdi Francesco Ottavio Magnocavalli conte di Varengo 14
Walter Haberstumpf// monastero di Cortaiìhon e // regno Aleramicodi Tessalonica (1204-1225) 41
Appunti per una bibliografiadei marchesi di Monferrato per l'Outremer e l'oriente 58
Vincenzo PortaAntiche architetture cosatesi.Segnalazione di alcuni reperti inediti 61
Recensioni e segnalazioni 75
L'Associazione nel 1992 85
Un profilo biograficosettecentesco di Francesco
Ottavio MagnocavalliIntroduzione e note a cura di
GIULIO IENI
La ricorrenza del secondo centenario dalla scomparsa del casale-se Francesco Ottavio Magnocavalli - caduta cinque anni or sono(1988) - è purtroppo trascorsa, a Casale e altrove, nella più gene-rale indifferenza, senza che alcuna iniziativa venisse presa a ripro-porne criticamente la memoria. Eppure, in virtù delle sue acclaratebenemerenze in campo architettonico e letterario, che l'avevano re-so personaggio ben noto e apprezzato presso molti ambienti cul-turali nell'Italia del Settecento (a Torino, Parma, Vicenza, Vene-zia, Mantova, Roma), egli avrebbe certamente meritato qualche ri-guardo in più. Ma non tanto a risarcirgli un'eventuale condizionedi nemo propheta in patria - ciò che in vita egli non fu mai e nonappare del resto neppure oggi - quanto per riscoprire nei vari aspet-ti della sua versatilità una figura d'intellettuale vivace e curioso diogni espressione del pensiero e dell'arte. Grazie al suo ingegno Ca-sale e il Monferrato possono sì vantare testimonianze architettoni-che di tutto rispetto; ma va altresì ricordato come senza la sua par-tecipazione attiva Casale non avrebbe oggi neppure questo TeatroMunicipale, la Cappella di S. Evasio in Cattedrale non sarebbe cer-tamente la stessa, né tantomeno l'Assessorato alla Cultura potreb-be disporre di una sede prestigiosa - la sua residenza di città - dalui arricchita con gusto nel corso della vita. Sottacciamo infine perbrevità quanti e quali artisti esterni (architetti e frescanti in primoluogo) abbiano lasciato in Casale opere significative per commit-tenti diversi a seguito del suo interessamento: e basti accennare qui,per inciso, ai contatti intrapresi dal nostro per assicurarsi niente-meno che un Giovan Battista Tiepolo per gli affreschi della nuo-va Cappella di S. Evasio, poi sfumati per l'indisponibilità del ve-neziano, impegnato allora (1764) presso la Corte di Spagna.
D'altra parte, la fortuna critica del Magnocavalli (1) - incentratasui due distinti versanti della sua attività, quella di architetto equella di drammaturgo - aveva già conosciuto negli anni una gra-duale quanto immeritata flessione. Assai celebrato ai suoi tempi,e non soltanto localmente (2), per le sue opere architettoniche e,più ancora, per le composizioni tragiche (3) che s'andavano rap-presentando sulle scene o si leggevano nelle «conversazioni», finoa metà Ottocento il suo nome ricorreva di diritto nei dizionari bio-grafici soprattutto per meriti letterari (4). Di questo secolo, inve-
1. A questo aspetto specifico del diverso grado di notorietà goduta dalnostro nell'arco di due secoli e legata strettamente alle oscillazioni delgusto, abbiamo dedicato un intero capitolo nella monografia riserva-tagli - cui stiamo attendendo da vari anni - che solo l'esuberanza delmateriale reperito e una cronica mancanza di tempo c'impediscono or-mai di concludere in tempi ragionevolmente brevi.
2. Fra gli autori casalesi, v. G.B. RAMBOSIO, Casale, in Delle Città d'I-talia e sue isole adjacenti compendiose notizie sacre e profane, com-pilate da CESARE ORLANDI, t.V., in Perugia, nella Stamperia Came-rale, presso Mario Reginaldi, 1778, pp. 414, 440; G. DE CONTI, Ri-tratto della Città di Casale (...) scritto nell'anno 1794, con prefazio-ne e note di G. Serrafero, Casale M.to 1966, passim (i cui dati prin-cipali verranno ripresi dal fratello V. DE CONTI, Notizie storiche dellaCittà di Casale e del Monferrato, Casale 1841, voli. IX-X, passim);G. DE MORANI, Memorie Istoriche della Città, e della Chiesa di Ca-sale Monferrato, raccolte e divise in due Parti, una Civile e l'altra Ec-clesiastica..., ms. del 1795 (ASTo, Corte, Biblioteca Antica, T.I. 7-8),Parte I, cc. 449v-452r, Parte II, passim.
3. Tra gli altri, I. AFFÒ, Dizionario precettivo, critico, ed istorico dellapoesia volgare, Milano 1824 (la ed.: Parma 1777), p. 213; V. MALA-CARNE, Delle opere de' medici, e de' cerusici che nacquero, o fioriro-no prima del secolo XVI negli Stati della Real Casa di Savoja..., To-rino, nella Stamperia Reale, 1786, p. 123, nota 3; C. DENINA, Discor-so sopra le vicende della Letteratura, in Venezia, nella Stamperia Pa-lese, 1788, t. II, pp. 385-386; F. NAPOLI SIGNORELLI, Storia Criticade' Teatri antichi e moderni, divisa in dieci Tomi, t. X, parte I, Na-poli, presso Vincenzo Orsino, 1813, pp. 93-94; inoltre, si ricordino lefavorevoli recensioni alle sue tragedie, pubblicate nelle «Efemeridi Let-terarie di Roma», I, fase. XXXVII, 19 settembre 1772, pp. 308-311(Corrado); IV, fase. XLIII, 28 ottobre 1775, pp. 342-344 (Rossana);XIV, fase. XXIX, 16 luglio 1785, pp. 228-230 (Sofonisba).
4. PERIES, s.v. Magnocavalli, in Bibliographie Universelle ancienne etmoderne, ou Histoire, par orare alphabétique, de la vie publique etprivée de tous les hommes qui se soni fait remarquer par leurs écrits,leurs actions, leurs talents, leurs vertus ou leurs crimes..., t. XXVI,a Paris, chez L.G. Michaud, 1820, pp. 139-140; IDEM, in BiografiaUniversale Antica e Moderna, ossia Storia per Alfabeto della Vitapubblica e privata di tutte le persone che si distinsero per opere, azio-ni, talenti, virtù e delitti..., voi XXXIV, Venezia, presso Gio. Batti-sta Missiaglia, 1827, p. 31; IDEM, in Nouvelle Biographie Generaledepuis les Temps lesplus reculés jusqu'à nos jours, publié par MM.Firmin Didot Frères, t. XXXII, Paris 1860, coli. 723-724; T. VAL-
ce, è la riscoperta della sua figura di architetto classicista (5) - me-glio, neopalladiano - attivo in tempi e luoghi dominati dalle variee contraddittorie espressioni del barocco subalpino. E tuttavia, afronte di una vasta seppure non integra documentazione potenzial-mente offerta dal suo archivio familiare (6), diversi studi e contri-buti, anche relativamente recenti (7), avevano preso le mosse in
LAURI, s.v. Magnocavalli F.O., in E. DE TIPALDO, Biografia degli Ita-liani illustri nelle Scienze, Lettere ed Arti del secolo XVIII, e de con-temporanei..., voi. V, Venezia, dalla Tipografia di Alvisopoli, 1837,pp. 102-104; G. CASALIS, Dizionario geografico, storico-statisti-co-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, voi. Ili, Tori-no 1841, s.v. Casale, pp. 672-673, 719-720, ecc.
5. Anche se molte delle opere attribuite non reggono più al riscontro deidocumenti e a fronte di una migliore conoscenza critica del Magno-cavalli, il merito ufficiale va certamente ascritto a E. OLIVERO, // con-te Francesco Ottavio Magnocavalli, in «II Momento», Torino, 16 mar-zo 1927, p. 5; IDEM, // conte F.O. Magnocavalli, architetto di Casa-le Monferrato (1707-1789), in «Palladio», IV (1940), fase. V, pp.223-234. A parte poi N. GABRIELLI, L'arte a Casale dal XI al XVIIIsecolo (Seguito alla BSSS, CLVII), Torino 1935 (rist. anast.: CasaleM.to 1981), pp. 43-45, che segue ancora i dati tradizionali, allo stu-dio delPOlivero si sarebbero rifatti diversi contributi successivi: in par-ticolare, N. CARBONERI, Architettura, in Mostra del Barocco Piemon-tese, Catalogo a cura di V. Viale, voi. I, Torino 1963, pp. 75-76; C.BRAYDA, L. COLI, D. SESIA, Ingegneri e architetti del Sei e Settecen-to in Piemonte, in «Atti e Rassegna Tecnica», NS, XVII (1963), fase.3, pp. 118-119. Poiché non ci sembra il caso di proporre qui una ras-segna bibliografica di ogni sporadico richiamo al nostro, basti allorasottolineare in ultimo l'apporto di V. TORNIELLI, Architetture di ot-to secoli nel Monferrato, Casale M.to 1962, pp. 21-24, che invece -con tutta probabilità - era stato, anni addietro, proprio l'informato-re casalese dell'Olivero sull'attività architettonica del Magnocavalli nelMonferrato.
6. Quanto è stato possibile salvare - dalla dispersione e dalla distruzio-ne - dell'archivio originario della famiglia Magnocavalli si conservaoggi presso la Biblioteca Civica di Casale, dopo che nel 1979 anche ilfondo, quantitativamente modesto ma ben selezionato, di proprietàdell'Ente Leardi è stato reintegrato nel nucleo principale. Esso dun-que si compone attualmente di 122 scatole e 109 cartelle (mazzi o fal-doni) non adeguatamente ordinate: alcune con numerazione ripetuta,altre senza numero, altre ancora contrassegnate da etichette con titolinon corrispondenti al contenuto, e via dicendo. Sicché, mentre ora èin atto il riordino di tutto il materiale, noi ci serviremo per i riferimentiancora degli estremi forniti dal vecchio inventario manoscritto delGuasco di Bisio - vero artefice del recupero dell'archivio - che perònon comprendeva ovviamente le 18 scatole e alcuni volumi relativi alpiù recente deposito.
7. Oltre alle voci di dizionario citate alla nota 4, cfr. ancora T. VALLAU-RI, Storia della poesia in Piemonte, Torino 1841, voi. II, pp. 59-72;G.P. SOLERIO, // Conte Francesco Ottavio Magnocavallo, Casale, tip.Sociale del Monferrato, 1875, pp. I-Vili; G. MARTINOTTI, // conteFrancesco Ottavio Magnocavalli e le sue opere, in «Rivista di Storia,
particolare da un Elogio storico, dedicatogli nel 1790 dal conte
Ponzigliene (8): profilo di grande utilità e correttezza scientifica,m
a a tratti reso implicito ed oscuro nella sua form
ulazione, soprat-tutto sé il lettore destinatario ne è orm
ai separato da una prospet-tiva di due secoli. D
al contesto, comunque, em
erge senz'altro unacertezza: che cioè l'estensore del necrologio fosse ben inform
atodella vita del M
agnocavalli e potesse disporre anche di fonti archi-vistiche pertinenti di prim
a mano. D
i questo fatto, a rigore, eglistesso avrebbe fornito la spiegazione, quando - accennando a G
ia-cinto M
agnocavalli, figlio del nostro - doveva scrivere: «Noi dob-
biamo alla sua gentilezza, e m
olto più ancora all'amore di lui per
la mem
oria di un tanto padre la notizia di una gran parte delle cosenarrate» (9).N
on sappiamo invece da chi fosse partita l'idea di pubblicare quel-
l'articolo sul più prestigioso giornale torinese del mom
ento in fattodi scienze ed arti - la «B
iblioteca Oltrem
ontana e Piemontese» (10),
per l'appunto - fondato con altri intellettuali anche dal precocis-sim
o Vincenzo A
medeo Ferrerò Ponziglione (11); del resto, non
sappiamo neppure di quali tram
iti egli potesse disporre per ottenereil m
ateriale documentario da G
iacinto, questi relativamente estra-
neo alle cerehie culturali della capitale, anche dopo la fortunatam
essa in scena torinese (1785) della sua tragedia Nitocri.
Possia-m
o peraltro supporre che l'iniziativa venisse presa nell'ambito dei
Filopàtridi (12), la cui società costituita nel 1787 annoverava alcuni
Arte e A
rcheologia della Provincia
di Alessandria», Serie III, V
II(1923), fase. X
XV
I, pp. 84-159; fase. XX
VII, pp. 264-289: a parte
l'insolita ampiezza, lo studio consiste in un'analisi alquanto
scolasticadella sola produzione teatrale del M
agnocavalli, mentre i cenni bio-
grafici (pp. 87-100) derivano talvolta alla lettera dalla fonte settecen-tesca, di cui sotto.
8. CON
TE PON
ZIGLIO
NE, E
logio storico di Francesco O
ttavio Magnoca-
valli conte di Varengo, in «B
iblioteca Oltrem
ontana e Piem
ontese»,febbraio
1790, Torino, R
eale Stamperia, pp.
269-299.9. Ibidem
, p. 299.10. L
a rivista vide la luce nel 1787 col titolo «Biblioteca O
ltremontana
aduso d'Italia» e cessò le pubblicazioni nel 1793; la collezione com
ple-ta in 24 tom
i, piuttosto rara, si conserva fortunatamente anche a C
a-sale, in B
SVC
, proveniente dalla cospicua biblioteca del canonico
Ignazio De G
iovanni, sul quale v. infra alla nota 13.
11. Sul Ponziglione (1764-1803), esponente di spicco del patriziato subal-pino, dalla rapida carriera politico-m
ilitare e dai m
olteplici interessiculturali, v. in breve i cenni biografici raccolti da G
. AD
RIA
NI, D
ellavita e dei tem
pi di monsignor R
eferendario Giansecondo F
errero-Pon-
ziglione. Mem
orie storiche, Torino, tip. R
ibotta, 1856, tavv. genea-
logiche IV e IV
bis.12. Su questa e le altre società letterarie sorte all'epoca in am
bito torinese,si veda l'ancora valido studio di T
. VA
LLAU
RI, Delle Società Lettera-
rie in Piem
onte, voi. II, T
orino 1844, passim; G
. CLARETTA
, Suiprincipali storici piem
ontesi e particolarmente sugli storiografi
dellaR
. Casa di Savoia. M
emorie storiche, letterarie e biografiche,
Torino
membri da tempo in contatto epistolare con l'anziano FrancescoOttavio Magnocavalli (Prospero Balbo, Giuseppe Vernazza, Vin-cenzo Malacarne, ecc.). Ma il deus ex machina della vicenda cre-diamo possa identificarsi in un amico intimo del nostro, IgnazioDe Giovanni (13), canonico della Cattedrale casalese, fine erudi-to e latinista di vaglia.In quegli anni, infatti, egli si trovava a Torino (dalla fine del 1789alla metà di marzo del 1794), chiamato a collaborare presso il di-castero degli Interni, con mansioni non ancora chiarite, dal nuo-vo Primo Segretario di Stato, il conte Pietro Giuseppe Graneri, colquale era già stato in missione a Roma (1777-1780). Assai stima-to nel milieu culturale subalpino, ove contava numerose conoscen-ze ancora dagli anni di studio presso il rinomato Collegio delleProvince, egli era allora membro della Società Sampaolina - for-mata da parenti e amici dei rampolli patrizi sciamati a fondare laPatria Società Letteraria, poi identificatasi nella Filopatria - e, dal1790, del Collegio delle Belle Arti. E in effetti, il De Giovanni, giàall'indomani della morte del Magnocavalli, aveva avvertito per pri-mo la necessità e l'obbligo di onorarne la memoria con uno scrit-to di lode, come confidava - con lettera del novembre del 1788 (14)- al lontano Carlo Denina, dopo avergli annunciato la recentescomparsa del nostro: «... Ahimè che non è più (...) Penso di fa-re un breve elogio latino di quel mio amico, e di mandarlo poi aFabroni se mai lo credesse degno di pubblicarlo tra i suoi». Il pro-getto però era destinato a venire accantonato, probabilmente perla mancanza di tempo e il diverso impegno della stesura: sta di fat-to che nella serie delle Vitae Italorum (l'ultimo volume è del 1792)(15) non v'è traccia di alcuna biografia del Magnocavalli. Appa-
1871, pp. 351-355, soprattutto sull'impulso dato agli studi storici; inol-tre, F. COGNASSO, Vita e cultura in Piemonte dal medioevo ai giorninostri, Torino 1969, pp. 197-201.
13. Il De Giovanni (1729 ca-1801) rappresenta una figura di grande inte-resse nel panorama culturale casalese della seconda metà del Settecen-to. Già allievo a Torino dei celebrati Chionio e Bartoli, egli insegnòbelle lettere presso le Regie Scuole di Casale: fu poeta e autore di ele-ganti orazioni latine, corrispondente dei migliori intellettuali italianidel tempo, appassionato cultore e collezionista di cose artistiche, non-ché bibliofilo accanito. Oggi pressoché dimenticato, se ne veda tuttaviaun breve cenno in G. IENI, in Enciclopedia alessandrina, a cura di P.Zoccola, voi. I: I Personaggi, Alessandria 1990, ad vocem.
14. La lettera - appartenente al carteggio tra il De Giovanni e l'illustrecompagno di studi Carlo Denina (1731-1813), allora al servizio dellaCorte prussiana - è conservata in BASTo, C. 18688, e ci è stata segna-lata e procurata in copia, insieme ad altro importante materiale epi-stolare, dalla prof. Lucetta Levi Momigliano, che qui vogliamo viva-mente ringraziare per la squisita - e, nel nostro ambiente, alquanto in-solita - collaborazione.
15. Si tratta delle Vitae Italorum Doctrina Excellentium qui saeculis XVIIet XVIII floruerunt Auctore ANGELO FABRONIO Academiae Pisanae
10 re dunque non solo plausibile m
a verosimile che il D
e Giovanni
avesse ricercato a quel punto un'altra soluzione e si fosse pertan-to rivolto ai collaboratori della «B
iblioteca Oltrem
ontana» e for-se al P
onzigliene stesso, che proprio nell'Elogio storico lo avreb-
be anzi menzionato con deferenza («[il] chiarissim
o sig. Canonico
Degiovanni») (16).
Ma com
unque si fossero svolti allora i fatti, veniamo ora all'ogget-
to principale di queste osservazioni, e cioè al testo che era servitodi traccia o base alla stesura dell'E
logio storico firmato dal Pon-
zigliene. Esso è stato ritrovato da chi scrive nell'archivio della fa-
miglia F
errero-Ponziglione (17): si tratta di un m
anoscritto di ot-to carte di grande form
ato, con il testo incolonnato sulla metà de-
stra di ogni pagina. Sfortunatam
ente, la grafia assai ricercata è dim
ano sconosciuta: quindi, né di Giacinto M
agnocavalli, né tanto-m
eno di Ignazio De G
iovanni, bensì di qualche ignoto copista. Inun secondo tem
po, in capo alla prima pagina è stato aggiunto da
altra mano, quasi certam
ente quella del Ponziglione, il titolo prov-visorio: N
otizie intorno alla vita, ed agli studj di Francesco O
tta-vio M
agnocavalli. Sempre della stessa m
ano, poi, risultano sia al-cuni ritocchi e correzioni di m
odesta entità al testo originario, siale integrazioni - talune davvero consistenti - inserite entro la colon-na libera di quasi ogni pagina e, soprattutto, in calce allo scritto.U
n altro fascicolo, invece, contiene il testo così rielaborato e am-
pliato, trascritto in bella copia da uno scrivano diverso dal prece-dente e intitolato appunto E
logio Storico di Francesco O
ttavio Ma-
gnocavalli conte di Varengo scritto dal conte A
medeo P
onziglio-ne: si trattava evidentem
ente, questa volta, della stesura definiti-va destinata alle stam
pe, che infatti avrebbe visto la luce di lì a po-co senza alcuna variazione di form
a o contenuto.Il testo delle N
otizie - che si pubblica qui di seguito - è dunque, contutta probabilità, quello com
pilato da Giacinto M
agnocavalli (forsecon la collaborazione del D
e Giovanni) e fatto pervenire al giovane
Ponziglione come abbozzo per la biografia del padre. E
a confer-m
arlo basterebbero alcune espressioni d'intonazione più personale
curatore, Pisis, apud Carolum
Ginesium
(voi. I, 1778) - apud Caje-
tanum M
ugnainium (voi. X
V. 1792). A
nche in questo caso, la colle-zione com
pleta - già appartenuta alla biblioteca del De G
iovanni - èconservata in B
SVC
.16. PO
NZIG
LION
E, cit., p. 284. Il riferimento riguardava la circostanza
dell'esordio del Magnocavalli nelle vesti di autore tragico, narrata da
lui stesso in una lettera del 16 maggio 1784 a un corrispondente tori-
nese rimasto ignoto: oggi apparentem
ente perduta, ma fortunatam
entepubblicata da PO
NZIG
LION
E, cit., pp. 293-295. Sarebbero stati infat-ti il D
e Giovanni e il com
une amico, nonché letterato irrequieto, C
arloFilippo R
isbaldo Orsini conte d'O
rbassano (1737 ca-1794), negli ozidella villeggiatura di M
oncalvo, a sollecitare il nostro a «comporre una
tragedia sopra Corrado M
archese di Mori/errato».
17. Il fondo familiare si conserva attualm
ente in AST
o, Corte; i due m
a-noscritti, di cui ora trattiam
o, si trovano nel mazzo 85.
presenti nell'originale, ma accuratamente espunte nell'edizione astampa dell'Elogio: ad esempio, «Io mi ricordo d'aver sentito di-re più volte dal saggio Cavaliere [il Magnocavalli]...», oppure «Iosentii in Vicenza quell'onorato Signore [Enea Arnaldi] a parlar delConte Magnocavalli...», ecc.Anche se ragioni comprensibili di spazio e di opportunità ci han-no indotto a escludere, in questa sede, un'analisi comparata deidue scritti, alla stesura originaria delle Notizie si è voluto interca-lare - nei luoghi corrispondenti - quattro stralci tratti dall'Elogio,ritenuti particolarmente significativi per la completezza dell'infor-mazione e per gli spunti documentari offerti, richiamati perciò echiariti negli apparati critici. L'edizione qui proposta non preten-de certo di essere filologica in assoluto, bensì quanto più fedele altesto d'origine, che di conseguenza non è stato normalizzato, man-tenendo dunque le eventuali forme anortografiche e sostituendosoltanto le superflue maiuscole abituali, alcune di rispetto, altreconvenzionali se non arbitrarie.In realtà, come sarà evidente, lo scopo primario di questo nostrocontributo vuole essere quello di una messa a fuoco più ravvicinata- sebbene ancora provvisoria - del personaggio Magnocavalli, cheuna lunga frequentazione di vari archivi (18) ci consente di tenta-re, per la prima volta con tale ampiezza (19), su basi prevalente-mente documentarie, in genere più attendibili di talune illazionicorrenti. La figura che ne risulta è certamente complessa, a tratticontraddittoria: quella di un uomo dell'ancien regime, aperto pe-rò ai programmi degli enciclopedisti, sicuramente consapevole deidoveri del suo rango (20), almeno quanto dimostrò di esserlo an-
18. A questo proposito, ci corre innanzi tutto l'obbligo di segnalare consincera gratitudine la paziente collaborazione riscontrata da parte didirettori, funzionari e personale tutto degli Archivi di Stato di Tori-no, Alessandria e Asti, della Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza,della Biblioteca del Seminario Vescovile di Casale e, in modo parti-colare, della Biblioteca Civica G. Canna di Casale, ove è stata ovvia-mente condotta gran parte della ricerca.
19. Ancora in un recente passato - è vero - criteri analoghi ci avevano gui-dato nel tracciare un profilo documentario del Magnocavalli in almenodue occasioni: si trattava tuttavia di contributi circostanziati, di mi-nore estensione e diverso impianto; ci riferiamo in particolare a G.IENI, Le culture cosmopolite et l'activité multiforme d'un noble deprovince: Francesco Ottavio Magnocavalli, in Bàtir une ville au sie-de des lumières. Carouge: modèles et réalités, Turin-Carouge 1986,pp. 512-519; IDEM, s.v. Magnocavalli Francesco Ottavio, in Enciclo-pedia alessandrina, cit. pp. 153-154, sfortunatamente viziati entram-bi da qualche refuso relazionale.
20. Anche l'esercizio dell'architettura, ad esempio, rientrava di diritto nei«doveri sociali» di un patrizio. Si confronti in questo senso quantoscriveva a proposito di un altro «dilettante» - il conte veronese Ales-sandro Pompei - il mordace, qui moraleggiante, Francesco Milizia nel-la l a edizione, apparsa anonima, de Le Vite de' più celebri Archilei-
12 che delle proprie prerogative (21); e ancora, esponente dell'anticaaristocrazia m
onferrina con forti legami m
antovani, eppure leali-sta nei confronti del nuovo sovrano sabaudo.C
erto, sulla sua vocazione di architetto «dilettante» dovevano in-cidere tanto fattori obiettivi, com
e le istanze del decoro pubblicoe privato, quanto altri più soggettivi e contingenti com
e la consa-pevolezza di poter m
eglio operare rispetto alla schiera non accul-turata dei capom
astri cittadini - dal mom
ento che proprio in quel-l'ottica si sarebbe collocato il suo esordio dichiarato - e la volon-tà di rinnovare la tradizione edilizia locale, da qualche tem
po ri-stagnante sui trascorsi allori scapittiani, riportandola nei binari del-la «vera e sana architettura».Per quanto risulta, la com
mittenza del nostro fu solam
ente eccle-siastica o nobiliare: la prim
a servita per ragioni di devozione e laseconda soddisfatta per m
otivi di amicizia o parentela, entram
becom
'era giusto a titolo gratuito. Ciò doveva perm
ettergli, fatte sal-ve le rispettive esigenze, un rapporto di relativa indipendenza dalleintrom
issioni e dai condizionamenti altrui - alm
eno nella fase pro-gettuale - e dargli agio di sperim
entare un linguaggio meno conven-
zionale nelle sue ricerche compositive. Per contro, in diverse cir-
costanze, all'ideazione non potè corrispondere un'adeguata esecu-zione, com
piici l'incomprensione delle m
aestranze preposte - giac-ché il M
agnocavalli fu sempre estraneo all'attività di cantiere - l'e-
sorbitanza della spesa, l'improvvisa rinunzia del com
mittente: im
-pedim
enti, è vero, non affatto nuovi, anzi assai ricorrenti nella pra-tica artistica, che tuttavia com
plicano ancor più la giusta interpre-tazione di un autore com
e il nostro, trovatosi per qualche tempo
nella condizione cruciale di vox clamantis in deserto fra retaggio
barocco e prospettive classicistiche nelle province subalpine.
//' d'ogni nazione e d'ogni tempo precedute da un Saggio sopra
l'Ar-
chitettura, in Rom
a, nella Stamperia
di Paolo G
iunchi Kom
arek, aspese di V
enanzio Monaldini, 1768, p. 422: «U
scito (...) dal Collegio,
non andò ad arrotarsi nella schiera della Ragion N
eghittosa con quel-l'esim
io argomento: Io san nobile e ricco, dunque io devo m
arcire nel-l'ozio. N
é qual Poliedro sfrenato si scosse d'addosso la buona educa-
zione avuta, collo scorrere ciecamente nella vasta cam
pagna de' giuo-chi, degli am
ori, delle galanterie, delle inezie. Egli capì, com
e deve ca-pirla ognuno, che l'uom
o è nato prima per am
are e servire Dio, e poi
per lavorare, cioè rendersi giovevole a sé ed agli altri. Lavorare è un
dover indispensabile dell'uomo sociale. R
icco o povero, nobile o ple-beo, ogni cittadino ozioso è poco di buono. D
ice il proverbio che colnulla fare s'im
para a mal fare. Si diede egli perciò a coltivare il suo
spirito nelle scienze... ».21.
Sostenute e difese, queste, con assoluta determinazione, com
e testi-m
onia l'incidente avvenuto in casa sua il 20 maggio 1736 riguardo l'al-
loggiamento di due battaglioni francesi di passaggio, obbligo ch'egli
- in qualità di primo sindaco e secondo l'uso - intendeva
scaricareesclusivam
ente sulla cittadinanza, esentandone i nobili. Per la dura op-posizione del sindaco di 2
a classe, Francesco Rom
ualdo Bussa, si giun-
se al diverbio acceso che, il Magnocavalli stesso così narrava in una 13memoria (AM, scat. 119) per giustificare il suo operato: «(...) Rup-pe il discorso subito il sig.r Bussa, e a chiara ed alta voce disse: que-ste sono le solite prepotenze della Nobiltà. A tale ingiuria, che a benconsiderarla è delle maggiori, ove si tratta di persone, che riconoscanoun sovrano e che si preggiano di ubbidirlo, in verità non seppi più dis-simulare, e levatomi in piedi: Sig.r Bussa, dissi, mi meraviglio che incasa mia ella parli di simil sorte; in Casale non vi è Cavagliere alcu-no che sia prepotente, et io il sono meno degli altri; che però per fa-re simili discorsi ella esca di casa mia. Levassi all'ora tutto furioso ilBussa e il Carrara che sempre lo spalleggiava nelle sue azioni, e il sig.rBussa ponendo la mano su la spada si avente contro di me facendocon una mano atto di prendermi per il vestito, e a chiara voce così cheda circostanti fu inteso, disse: ella sorta di qua. Io essendo in mia Casanon solo era disarmato, ma la mia spada nella medema camera nonsi ritrovava, che però senza alterar l'animo mio null'altro dissi, se nonche le precise parole: Sig.r Bussa ella si vesta di un carrattere egualeal mio, ed allora uscirò con lei...». E ancora, si ricordi la vis polemicadimostrata dal nostro nella questione suscitata da un libello del con-te Lodovico Vaccarone «intorno all'uso de Signori Nobili della Cit-tà di Casale di portare, ed assistere al Baldacchino nelle solenni Pro-cessioni del Venerabile», cui il Magnocavalli - punto nella dignità delproprio rango - avrebbe opposto nel 1754 una verbosissima Confuta-zione, diffusa in svariate copie manoscritte (ASTo, Corte, ProvvidenzeEconomiche sopra Affari Comunitativi, m. 5, fase. 5, tre copie:BSVC, Miscellanea d. 8, pp. 355-422, e altre ancora).
Abbreviazioni di uso più frequente
ASA1 = Archivio di Stato di Alessandria.ASAt = Archivio di Stato di Asti.ASTo = Archivio di Stato di Torino.BASTo = Biblioteca dell'Accademia delle Scienze di
Torino.BCC, AM = Biblioteca Civica di Casale M.to, Archivio
Magnocavalli.BCC, ASC = Biblioteca Civica di Casale M.to, Archivio
Storico Comunale.BSVC = Biblioteca del Seminario Vescovile di Casale
M.to.
14
Notizie in
torn
o alla
vita,ed
agli stud
j di F
rancesco
Ottavio M
agnocavalli
con
te di V
arengo
Francesco O
ttavio M
agnocavalli Co
nte di V
arengo nacque in Ca-
sale di antica, e patrizia Fam
iglia li 2 febrajo 1707 (1). P
adre di lui
fu il Conte Ippolito, che m
ilitò in Francia sul finire del secolo pas-
sato (2), e la mad
re fu la Contessa V
eronica Pico
-Pastro
na d
ama
prudentissima, e della p
rimaria n
ob
iltà. Restò privo del p
adre nel-
l'età d'an
ni sette. L
a mad
re gli fece insegnare in casa i primi ele-
menti delle lettere, e poi lo m
and
ò al Real C
ollegio di Parm
a, chein quel tem
po so
tto la direzione de' G
esuiti godeva ripu
tazion
egrandissim
a in tutta l'Italia (3).
Quivi il giovinetto M
agnocavalli
1. Più precisamente, il 3 febbraio di quell'anno, a giudicare dal tenore
della fede di battesimo conservata in A
M, scat. 40: «M
illesimo sep-
tingentesimo septim
o die quarta mensis F
ebruarij, Casali. E
go Johan-nes A
lbertus Clevius Vice P
arrochus Ecclesie C
athedralis Sancii Evasi}
baptizavi infanterà beri natum
(...) cui impositum
est nomen F
ranci-scus M
aria Octavius A
ntonius Blasius. P
atrini fuere d.nus M
archioH
yacintus G
risella, et d.na Com
itissa Margarita N
atta».2. Ippolito M
agnocavalli (Casale, 27 aprile 1660 - 4 luglio 1714) entrò di
fatto al servizio della Francia di Luigi X
IV nel luglio del 1689 in qua-
lità di capitano nel reggimento R
oyal Montferrat
di guarnigione a Ver-
sailles e vi rimase fino al 1694, quando fece ritorno definitivo in pa-
tria. Cfr. P. M
ASSA
RA DI PREV
IDE, C
enni storici sulla famiglia
Ma-
gnocavalli, ms. del 1865, tav. IX
, in AM
, cart. 109.3. N
elle «Mem
orie estratte da libri di maneggio della Sig.ra C
ontessa mia
Madre», appunti autografi in A
M, scat. 40, così il M
. avrebbe anno-tato, con la consueta acribia, gli estrem
i cronologici della sua esperien-za parm
ense: «1718, 28 di ottobre. Io Francescottavio
Magnocavalli
sono andato nel Collegio de' N
obili di Parm
a essendo nell'età di an-ni 11, m
esi 8, e giorni 26. 1727, 22 di ottobre sono uscito dal dettoC
ollegio dopo il soggiorno in esso di anni 9, mesi 4 (sic) e giorni 6».
studiò le umane lettere, e la filosofia, distinguendosi notabilmen- 15te fra i nobili suoi compagni in tutti gli esercizj letterarj, e princi-palmente nella poesia (4). Questa gli meritò d'essere aggregato al-l'Accademia eretta in quel Collegio, e d'esserne poi creato Principe(5). Esistono ancora i poetici componimenti, che si fecero in quel-l'occasione dagli Accademici in lode sua (6). Terminato il corso de'suoi studj ritornò alla casa paterna, dove non cessò mai di colti-vare le lettere, e le scienze coll'ajuto d'ottimi libri, de' quali for-mò ampia raccolta (7). Era poco prima risorta dalla barbarie, in
4. La sua formazione era stata prevalentemente umanistica, fondata sugliinsegnamenti di lettere italiane e latine, retorica, prosodia, filosofia,dottrina, geografia, storia, araldica, matematica e fisica. A questi cor-si, si aggiungevano gli «esercizi cavaliereschi», che comprendevano ilballo, la lingua francese, lo studio del violino (per nove anni), l'equi-tazione e l'uso della spada. Tra le varie ricreazioni, rientravano poi le«accademie» letterarie, le recite e i balli nei melodrammi, il gioco delpallone e la caccia. Questi dati si ricavano dalle spese per compensi aidiversi maestri, acquisto di libri e attrezzature, registrate semestre persemestre e conservate in AM, cart. 10 («Ricevute e quitanze»). Sull'or-ganizzazione del Collegio si veda comunque G. CAPASSO, // Collegiodei Nobili di Parma, Memorie Storìche, Parma 1901, soprattutto al-le pp. 67-111. Nel corso del suo curriculum scolastico, il M. aveva so-stenuto una prima «difesa» di Logica nel 1725 e, a conclusione deglistudi - e con gran pompa - nel 1727 una «solenne difesa di Filosofia»,entrambe stampate a Parma, benché tuttora non reperite.
5. L'aggregazione all'Accademia di Lettere risale al 1724, mentre l'ele-zione a «principe» dell'Accademia degli Scelti è del primo semestre del1727: nell'occasione il M. aveva dovuto offrire, secondo l'uso, il pro-prio ritratto costato 112 filippi.
6. Si trattava verosimilmente dell''«Argomento dell'Accademia tenuta nelDucale Collegio de Nobili di Parma li 17 luglio 1727» e costituito daalcune composizioni poetiche di convittori, poi raccolte in un fascicolomanoscritto (AM, scat. 47) dal titolo Debito Tributo di ringraziamentoal Sig.r Conte Francese' Ottavio Magnocavalli per la dedica della so-lenne sua difesa fatta alla nostra Accademia degli Scielti, allorch'eraPrincipe della medesima, cui il nostro avrebbe risposto con un Rin-graziamento, ovviamente in versi: «Certo il calar, che con suo focoinspira / Entro al mio petto Apollo, oggi m'invita / A snodar su miabella eburnea lira...». Tuttavia, come appare chiaro dall'intestazione,la circostanza era stostanzialmente diversa da quella creduta dall'esten-sore delle Notizie.
1. Della fornitissima biblioteca del M. - sfortunatamente dispersa durantel'Ottocento - faceva specifica menzione già nel 1794 G. DE CONTI, Ri-tratto di Casale, prefazione e note a cura di G. Serrafero, Casale M.to1966, p. 30, là dove trattava del suo palazzo: «Una copiosa e sceltalibrerija finalmente merita occhio...» E di fatto, a giudicare almenodalle fatture emesse dai librai torinesi Bonnardel e Reycend, dal ca-salese Maffei e da diversi altri, il nostro aveva continuamente accre-sciuto il nucleo librario ereditato dal padre, che - secondo Ylnventa-ro del 1696 (AM, cart. 8: «Inventori») - contava allora 756 titoli, ri-partiti tematicamente in libri latini (117), manoscritti latini (21), libri
16 cui giacque nel secolo antecedente la letteratura italiana, e per ope-ra del L
azzarini, dello Zeno, del M
affei, del Gravina, e d'alcuni al-
tri uomini grandi già ripigliavano l'antico credito di cui eran ben
degni i primi padri della nostra lingua, ed i valenti scrittori del se-
colo decimo sesto (8). Il C
onte Magnocavalli superando la forza
del pregiudizio, che ancor regnava tra molti nelle nostre contrade,
colla scorta de suddetti Maestri entrò nella diritta strada, che poi
lo condusse a scrivere sensatamente, e con purgato stile tanto in
prosa, che in verso, e fu forse il primo tra noi, che dopo il risor-
gimento delle lettere abbia m
eritato questa lode. Circa l'anno tren-
tesimo dell'età sua, il caso lo portò ad applicarsi all'architettura ci-
vile;
PON
ZIGLIO
NE, cit., pp. 271-272: «II C
onte Coppa Patrizio C
asalasco vo-leva far fabbricare una casa, m
a prima di por m
ano all'opera, avendo-ne com
unicato il disegno al Conte M
agnocavalli, che gli era grandemente
amico, lo trovò questi peccante di m
oltissimi difetti, m
assime riguardo
alla distribuzione del sito. Il Conte C
oppa non potè a meno di trovare
fondate, e ragionevoli le osservazioni dell'amico,
e gli chiese perciò aqual partito dovesse egli appigliarsi: ond'è, che per trarlo d'im
piccio ilC
onte Magnocavalli si prese la briga di fare egli stesso un nuovo dise-
gno, sopra cui venne poscia fabbricata la casa (9), la quale sebbene nonsiasi del tutto com
pita, riuscì nulladimeno
comodissim
a».
e quantunque nelle scuole non avesse avuto alcun lume intorno ad
essa, ed in patria non vi fosse alcuno, che potesse dargli la meno-
francesi (305), libri italiani (217), manoscritti italiani (4), libri di let-
tere (20), comm
edie (35), libri devozionali (62). Pur non essendo statofinora rintracciato l'inventario della biblioteca del nostro, possiam
otuttavia farci un'idea della m
olteplicità dei suoi interessi grazie a unalista autografa di circa 200 «libri da provvedersi» - cioè da ricercaree acquistare gradualm
ente - in cui rientrano, come prevedibile, m
ol-ti testi di carattere architettonico e dram
maturgico, m
a anche operestoriche, filosofiche, teologiche, geografiche, econom
iche, matem
ati-co-fisiche e agronom
iche. Va sottolineato infine - a riprova di un at-
teggiamento aperto alle più aggiornate istanze illum
inistiche - come il
M. fosse stato un sollecito sottoscrittore della prim
a edizione dell'En-
cyclopédie (1751), risultandone acquistato a Torino già nel 1756 il V
tomo, com
e da nota conservata fra le «Lettere de' fratelli
Bonardels
le quali servono di Ricevuta» per gli anni 1756-1778 (A
M, cart. 60:
«Parcelle e quitanze»).
8. Sullo stato delle lettere e in particolare del genere tragico, nell'Italiadel X
VIII secolo,
v. in generale G. N
ATA
LI, // Settecento, Milano
1936 («Storia letteraria d'Italia»), Parte II, cap. X
I: La Tragedia, p.
941 segg.; e, più nello specifico, D. CO
NSO
LI, Dall'A
rcadia all'Illum
i-nism
o, Bologna 1992, passim
.9. Il palazzo che il M
. avrebbe progettato verso il 1737 per il conte Mi-
chele Giuseppe Ignazio C
oppa non è stato finora mai individuato.
Tuttavia, è possibile identificarlo su basi docum
entarie con quello deiconti P
allio di Rinco, poi R
ivetta, nella via omonim
a, che sappiamo
non del tutto realizzato secondo il disegno originario e poi ampiam
ente
ma direzione (10), ciò non ostante studiandola da sé fece in breve 17tempo tali e tanti progressi, che potè fare tra noi una rivoluzionenel modo di fabbricare sostituendo alle stravaganze Guarinesche,ed ai capricci oltramontani, la ragionevole, e soda maniera tenu-ta da gli antichi Greci, e Romani (11). Vi sono certe anime, che pa-
rimaneggiato nel primo Ottocento (l'attribuzione del rifacimento alBertotti Scamozzi avanzata da N. GABRIELLI, op. cit., p. 45, è certa-mente fuori luogo per palese incongruità stilistica). Infatti, il ModernoCattastro del Cantori Vacare (BCC, ASC, reg. 1-446) fornisce con as-soluta chiarezza la dinamica del passaggio di proprietà, grazie ai «con-segnamenti» dei rispettivi possessori e residenti: dunque, la «CasaGrande, o sia Palazzo» - allora evidentemente diversa dall'attuale - erastata trasmessa in eredità al Coppa (fol. 68r) dal padre con testamentorogato Giovanni Giacomo Vacca l'il agosto 1733 ed era stata acqui-stata in séguito dal conte Carlo Pallio (fol. 72v) con atto del 20 ottobre1757 ricevuto Giovanni Bartolomeo Rossi.
10. Come risulta da una lettera del 16 maggio 1784 destinata a un igno-to corrispondente torinese - finora non ritrovata, ma in buona partestralciata da PONZIGLIONE, cit., pp. 293-295 - è il M. stesso a rivela-re la sua formazione da autodidatta: «Senza mai aver avuto alcunmaestro, perché non ve n'erano, ho studiato sui libri un poco di geo-metria, e di calcolo algebraico, massime dopo che un 'occasione mi hacostretto a studiare l'Architettura civile, di cui vi ha in Casale, ed inaltri luoghi qualche monumento non dispregevole di mia invenzione».Quanto alla fortuita circostanza da cui avrebbe mosso i primi passi,questa non può che essere la revisione e rielaborazione del progettopredisposto da qualche capomastro locale per il palazzo cittadino delconte Coppa (cfr. la nota precedente). Né il M. esagerava nel dichia-rare l'assenza - in quel di Casale - di «maestri» che avrebbero potu-to instradarlo nelle discipline architettoniche, dal momento che la piaz-za non poteva offrire più, verso il 1737, non soltanto figure del livelloqualitativo di un Giovan Battista Scapitta (1653-1715), ma neppurequella di un malnoto prosecutore della lezione scapittiana, quale lefonti archivistiche mostrano essere stato Giacomo Zanetti - scomparsoprematuramente un paio d'anni prima - inspiegabilmente confuso da-gli autori settecenteschi (G. De Conti, G.A. De Morano) con un ca-pomastro mai esistito, il fantomatico Giacomo Bandelli. Piuttosto, seil M. ebbe un aiuto consistente e qualche collaborazione - peraltro maiammessi esplicitamente, benché ormai accertati - questi gli furono pre-stati da un esperto ingegnere e abile disegnatore, che tuttavia non co-nosciamo ancora in veste di architetto civile: il casalese FerdinandoVenanzio Bianchi (1711-post 1771).
11. Il rifiuto, quando non l'aperta ostilità, per le formule del barocco gua-riniano e, naturalmente, per quello borrominiano - logicamente asso-ciati per la comunanza dei fondamenti tecnico-speculativi e l'analo-gia dei risultati formali - era una costante della cultura classicistica set-tecentesca. In particolare, è assai significativo in questo senso il giu-dizio, che investiva anche la più recente architettura subalpina, espres-so dal M. all'amico De Giovanni, allora a Roma in missione pressoil residente sabaudo (lettera del 4 febbraio 1778, in Biblioteca Civicadi Torino, Fondo Cassilla, cart. 28): «Quanto mi piace che il gustoBorrominiano non abbia piantate le radici in Roma, e Dio volesse che
18 jono fatte dalla natura per l'ordine, per l'arm
onia, e per tutto quel-lo che costituisce la vera bellezza delle cose. Io m
i ricordo d'aversentito dire più volte dal saggio C
avaliere, di cui ragiono, che es-sendo egli andato a M
ilano ancor giovinetto (12), quando non ave-va pur anco veduto alcun libro d'architettura, né m
ai sentito a par-lare del bello di quest'arte, restò incantato al vedere le sedici co-lonne antiche scannellate co' loro architravi poste avanti il tem
piodi S. L
orenzo Maggiore, e che si vogliono un avanzo delle T
erme
di Massim
iliano (13). Mi disse che in quella città, che presenta agli
occhi d'un Forestiere tante fabbriche grandiose, e tanti notabili og-getti, niuna cosa gli avea fatta così profonda im
pressione nella fan-tasia, niuna gli avea toccato così dolcem
ente il cuore quanto quellecolonne, quantunque in gran parte corrose dal tem
po, e sfasciate.G
uidato da questo suo naturai genio, e sostenuto dal suo buon giu-dizio si attaccò principalm
ente alle opere di Andrea P
alladio e leconvertì per tal m
odo in sostanza propria, che in tutte le fabbricheda lui ideate e disegnate non si vede spirar altro, che il gusto diquel suo rinom
ato Maestro. Studiò per suo m
aggiore ornam
entole opere di V
itruvio, dell'Alberti, dello Scam
ozzi, e del Serlio; leg-geva tutti i trattati d'architettura, che in Italia, ed in F
rancia sipubblicavano (14); m
a quando gli occorreva di lavorare in questo
non germogliasse in altre C
ittà oltre quelle delle nostre parti, nelle qua-li B
orromini sarebbe quasi dissi lodevole, tanta è la barbarie». D
el re-sto, sul G
uarini si doveva così pronunciare, con l'abituale vis provo-catoria, anche F. M
ILIZIA, M
emorie
degli architetti antichi e moder-
ni, Bassano, a spese R
emondini, 1785 (IV
ed.), II, p. 198: «Se vi è mai
Architetto, che abbia portato all'eccesso le stravaganze B
orromine-
sche, è certamente
il Padre G
uarino Guarini... ».
12. Probabilm
ente negli anni 1725-1727, quando il fratello minore C
ar-lo V
incenzo (1712-1752) era convittore presso il Collegio di B
rera te-nuto sem
pre dai Gesuiti, prim
a di trasferirsi in quello di Parm
a. An-
che questi dati sono desunti dai «libri di maneggio» della m
adre (AM
,scat. 40, cart. 10). Suggestionato al pari del nostro sarà nel 1739 - du-rante il suo grand tour - anche il presidente C
H. D
E BROSSES, Viaggio
in Italia. Lettere fam
iliari, Bari 1973, p. 56: «le quali [colonne], pur
guaste e corrose che siano, formano uno spettacolo più nobile e bel-
lo di tutto il resto di Milano e G
enova messi
insieme».
13. Refuso o lapsus per M
assimiano (286-305). In realtà, le colonne co-
rinzie dovrebbero provenire da un edificio pubblico romano - un tem
-pio (?) - del I-II secolo, trasportate poi nel IV
a realizzare l'attuale co-lonnato antistante l'originario quadriportico della chiesa. C
fr. E. A
R-
SLAN, Lombardia («Itinerari archeologici»), R
oma 1982, pp. 110-111;
G. CA
VA
LIERI MA
NA
SSE, G. M
ASSA
RI, M. P. RO
SSIGN
AN
I, Piem
onte,Valle d'A
osta, Liguria, Lom
bardia («Guide archeologiche L
aterza»),B
ari 1982, pp. 315-316.14. A
giudicare dai riscontri offerti dai dati archivistici - acquisto di libri,precisi riferim
enti negli appunti di studio (Mem
orie) e citazioni nell'e-pistolario - la notizia è certam
ente veridica. Benché la m
ancanza dispazio non ci consenta ora di chiarire m
eglio la stupefacente ampiezza
delle letture del nostro, pure sarà sufficiente accennare ad alcune te-
genere la sua scorta principale era Palladio. Il desiderio di vedere 19le fabbriche di questo autore ebbe gran parte a fargli intraprendereun viaggio nello Stato Veneto (15). In Vicenza, dove si fermò pa-recchi giorni, si fece conoscere, e stimare assai da que' nobili Ac-
matiche preferenziali, a lungo indagate per soddisfare le sue «curio-sità» intellettuali e le sue esigenze progettuali. Dati dunque per scontatii trattati «classici», da Vitruvio a Scamozzi, di quelli moderni possia-mo ricordare - il numero inserito fra parentesi si riferisce, per una piùrapida identificazione, al ben noto elenco di L. CICOGNARA, Catalo-go ragionato dei libri d'arte e d'antichità, Pisa 1821 - le Direzioni delGalli Bibiena, 1731-1732 (n. 432), I tre ordini del Neralco, 1744 (n.580), le Istruzioni del Vittone, 1760-1766 (n. 690), gli Elementi delSanvitale, 1765 (n. 649), il Trattato sopra gli errori del Gallaccini, 1767(n. 513), gli Elementi del Preti, 1780 (n. 624), la Statica del Lamber-ti, 1781 (n. 935), i Prìncipi] del Milizia, 1785 (n. 566); e, inoltre, ilCours d'Architecture del Blondel, 1698 (n. 434), il Tratte du Beau delBriseux, 1751 (n. 451), l'Essai del Laugier, 1755 (n. 545), il Cours deld'Aviler, 1756 (n. 406), ecc. A questi si aggiungano poi molti testi spe-cifici più tecnici, fra cui quelli sulle volte - La Science del Bélidor(1729) e il Traile de Stéréotomie del Frézier (1737) - oppure sulla mu-sica, come il Trattato del Tartini (1754) e gli Siemens del d'Alembert(1762), propedeutici questi ultimi alle sue ricerche sulle proporzioni ar-moniche applicate in architettura, mediate dagli studi dei matemati-ci trevigiani Riccati.
15. La precisazione dell'epoca di quel viaggio appare senz'altro di qual-che rilievo nel quadro dell'attività progettuale e di studio del nostro,poiché segna il confine virtuale tra la sua produzione architettonicaprecedente, concepita ancora in termini formali tardobarocchi, e quel-la rinnovata - dopo l'esperienza culturale veneta - in senso neopalla-diano. Finalmente a fugare incertezze ed equivoci di diversi autori cheavevano trattato del Magnocavalli, la data e la durata del viaggio - chel'avrebbe portato non soltanto a Vicenza, ma anche a Verona, Veneziae Mantova - si sono potute determinare ora su basi documentarie ine-quivocabili: si tratta dell'anno 1756, a partire dal 26 giugno, giusta lalettera del M. al priore della Compagnia di S. Michele di MoncalvoGaetano Palma del 22 giugno, in cui ringraziava i confratelli per lepreghiere a intercessione del suo «felice viaggio. Esso è stato differi-to sino al prossimo sabbato, e certamente molto io confido nelle ora-zioni che per effetto di gentilezza si vogliono fare» (AM, scat. 100).La data orientativa e la direzione dell'itinerario sono poi conferma-te anche da una lettera del 14 maggio di quell'anno dalla zia mater-na, la mantovana d'origine Elena Guerrieri Picco Pastrone, indiriz-zata al fratello in Mantova (AM, cart. 22): «La mia venuta costì re-sta determinata in compagnia del Conte Magnocavalli mio Nipote do-po la solennità del Corpus Domini...». Il rientro era avvenuto a ridos-so del 27 agosto, giorno in cui il M. era presente a Casale, in Consi-glio Comunale, come da relativo verbale (ASC, reg. 1-3; Convocati delConsiglio, 1741-1764, p. 257). Di fatto, un riscontro diretto di unpronto mutamento di intenti progettuali e di soluzioni formali è of-ferto già dalla fabbrica di S. Maria delle Grazie di Moncalvo, orato-rio officiato dalla Compagnia di S. Michele e progettato nel giugnodel 1756 appena prima della partenza - cfr. la lettera del già citato
20 cadem
ici del Teatro O
limpico, e quando nacque tra loro la fam
o-sa questione, se la m
ente del Palladio fosse, che il coperto di quelT
eatro si dovesse dipingere a soffitto, oppur a ciclo, alcuni di es-si dim
andarono il sentimento del C
onte Magnocavalli, il quale ri-
spose con una lunga, e giudiziosa dissertazione (16), in cui fa ve-dere, che la disposizione d'alcune colonne negli angoli esiggeva,che Palladio avesse di m
ira un soffitto, e non il ciclo.
PON
ZIGLIO
NE, cit., pp. 274-276: «Q
uesta sua fatica rimase inedita; il ti-
more di dispiacere a coloro, i quali avevano preso a difendere la contra-
ria opinione, lo indusse ad astenersi dal pubblicarla, ed amò m
eglio pri-varsi volontariam
ente della lode, che mandandola alle stam
pe ne avrebbesenza dubbio riportato, piuttosto che offendere l'am
or proprio di alcunidegli A
ccademici O
limpici: con che egli diede non dubbia prova di m
o-derazione, e di non ordinaria urbanità. Il C
onte Enea A
rnaldi, uno de-gli anzidetti A
ccademici, il quale col suo discorso intorno al soffitto
dellascena esteriore del teatro O
limpico sovraposto al pulpito avea dato luogo
alla riferita questione, così ragiona di questo lavoro del Conte M
agno-cavalli in una sua lettera de' 4 settem
bre 1764 a lui diretta (17). «Non le
priore Palma al m
edesimo M
. in data 21 giugno 1756: «... sotto ilgiorno di jeri (...) fu rim
esso il dissegno da V.S. III. m
a formato per
la nova Chiesa...» (A
M, scat. 100) - ancora di salda im
postazione ba-rocca nella m
ossa facciata ad ordini sovrapposti, mentre invece i due
altari laterali, disegnati nel 1758 - cfr. il convocato del 16 luglio 1758,foli. 9r e v, in A
rchivio Storico Parrocchiale di Moncalvo, A
rch. dellaC
ompagnia di S. M
ichele, Convocati (1758-1836) - rispecchiano orm
aicon tutta evidenza analoghe strutture del classicism
o cinquecentescoveneto. In questo senso, poi, risultano particolarm
ente eloquenti i pri-m
i studi progettuali avviati al rientro, influenzati dal recente ricordodella celeberrim
a Villa C
apra di Vicenza: M
emorie per una C
asa diVilla ad im
itazione della Rotonda di A
ndrea Palladio. 23 settem
bre1756
(AM
, cart. s.n.).16. L
a lettera ci è pervenuta, conservata in AM
, scat. 48. In occasione del-l'accesa diatriba accadem
ica, il M. s'era davvero prodigato a sostegno
della tesi dell'Arnaldi, pur restando discretam
ente nell'ombra: dappri-
ma chiedendo un parere scritto al discusso antiquario regio G
iusep-pe B
artoli - tramite il canonico D
e Giovanni, già suo allievo presso il
Collegio delle P
rovince di Torino - e poi direttam
ente al fidato Gio-
van Battista B
orra (sul quale, cfr. in nota 48), che ne avrebbe effet-tivam
ente inviato uno (Teatro Olim
pico di Vicenza, T
orino, 29 Giu-
gno 1765, oggi in Libreria
Ganzati, cit. infra
alla nota 17, m
ss.28.3.2.1 (8) e 25.10.108), assai apprezzato dall'A
rnaldi: «II mio sen-
timento poi particolare in rapporto alla detta scrittura s'uniform
a in-
teramente alii di lei dotti riflessi,
ed abbenché anch 'io conosca, chel'ingegnoso parere s'estenda oltre la richiesta, ciò nonostante resto in-tieram
ente di quello appieno contento...» (lettera al M. dell'I 1 luglio
1765, in A
M, scat. 48).
17. Qui il testo può prestarsi - com
e d'altronde è già avvenuto - a un'in-terpretazione errata. Infatti, la presenza del M
. in Vicenza non va cer-
to posta in relazione o dipendenza con la questione della copertura ori-ginaria del T
eatro Olim
pico, dibattito avviato solo più tardi (a partire
posso esprimere il piacere, che ho sperimentato nel leggere, e rileggere 21questa sua dotta fatica, e qual dispiacere ne provi di non potere per orafarne partecipe veruno per que' prudenti motivi, che a noi sono noti, maspero, che verrà un tempo, che con sua permissione potrò comunicareagli intelligenti d'Architettura questo suo dotto sentimento, il quale nonpuò essere più al proposito, tanto in rapporto al punto della questioneposta nel suo vero lume, quanto alle forti ragioni, che lo spingono a cor-roborare l'opinione da me difesa della soffitta. Oltre di che è ammira-bile l'erudizione, la coltura del dire, e la precisione dei termini, onde insuccinto non solo si è da lei potuto raccontare tutto ciò, che da me si èdetto, ma vi ha aggiunto quello di più, che non era a mia cognizione».
Fra gli Accademici Olimpici quello, che strinse maggior amiciziacon lui e più durevole fu il Conte Enea Arnaldi (18). Io sentii in Vi-cenza quell'onorato Signore a parlar del Conte Magnocavalli consentimenti della più alta stima, e del più sincero affetto. E di questavolle darne al pubblico non dubbia testimonianza indirizzando alui con dedica onorevolissima l'opera, che stampò in un tomo in4°, nella quale propone l'idea d'un nuovo Teatro, che unisce lamaestà degli antichi col comodo de' moderni (19). In quella dedi-
dal 1761) e proseguito fino agli anni 1764-1765, quando egli vi sarebbestato coinvolto dietro invito e insistenze dell'amico vicentino Enea Ar-naldi. Quanto alle sue considerazioni critiche sull'argomento - espressein una lettera dell'agosto 1764 indirizzata al canonico Ignazio De Gio-vanni - esse ci sono pervenute in una copia del 10 maggio 1765, con-servata presso la Biblioteca Civica Bertoliana di Vicenza, LibreriaGanzati, ms. 25.10.109. Sull'intera vicenda, complicata da persona-lismi, diffidenze e frizioni di carattere accademico-erudito, si veda G.IENI, // restauro della copertura del Teatro Olimpico di Vicenza. Ilcarteggio E. Arnaldi-F.O. Magnocavalli (1750-1770), in «Acta Ency-clopaedica», 8 («Esperienze di Storia dell'Architettura e dì Restauro»),tomo I, Roma 1987, pp. 299-308, con tutta la bibliografia al riguardo.
18. A testimonianza della dimestichezza intercorsa a lungo tra i due ari-stocratici, entrambi «dilettanti» di architettura, resta un carteggio -purtroppo ampiamente lacunoso - protrattosi per oltre un ventennio(dal luglio 1750 al 6 settembre 1772), conservato in parte presso l'AM,scatt. 47, 48, 72, 83 e cari. 104, e in parte presso la citata Bertolianadi Vicenza, Libreria Ganzati, mss. 28.3.2/7 e 28.3.2/2. Nelle 22 let-tere ritrovate finora vengono trattate, tra l'altro, questioni accademi-che sull'essenza dell'architettura, sul bello ideale, sulle proporzioni ar-moniche e sulle fabbriche palladiane (in primo luogo, il Teatro e la Ba-silica), di cui l'Arnaldi era, in quegli anni, fra i più autorevoli cono-scitori e appassionati cultori. Sulla figura e l'attività di questo malnotopersonaggio - studioso, saggista e architetto dilettante - rimandiamoalla documentatissima analisi storica fattane dalla nostra brava allievaANNA CECCHINI, L'opera teorica e progettuale di Enea Arnaldi(1716-1794), tesi di laurea, Facoltà d Architettura, Politecnico di To-rino, a.a. 1987/88, con tutti i riferimenti alle fonti inedite e alla let-teratura precedente.
19. Si tratta dell'Idea di un Teatro nelle principali sue Parti simile a' Teatriantichi all'uso moderno accomodato del Conte ENEA ARNALDI Acca-demico Olimpico. Con due Discorsi, L'uno che versa intorno a' Teatri
22 ca si parla con molta lode de' lavori architettonici, che il ConteMagnocavalli avea fatto a quel tempo (20). Ne fece poi in appressoparecchi altri, ma convien dire, che in questa parte egli non ebbela fortuna eguale all'abilità, perché alcune sue fabbriche furono co-
in generale, riguardo solo al Coperto della Scena esteriore, l'altro in-torno al Sofitto di quella del Teatro Olimpico di Vicenza, Opera del-l'Insigne Andrea Palladio, in Vicenza, appresso Antonio Veronese,1762.
20. Di fatto, l'epistola dedicatoria - Al Nobilissimo Signore il Signor Fran-cesco Ottavio Magnocavallo Conte di Avarengo (sic), e Signor diMonromeo &c (28 gennaio 1762) - oltre alle consuete espressioni lau-dative, contiene (pp.ii-iii) un richiamo esplicito alle principali opere ar-chitettoniche realizzate dal nostro entro quella data e si rivela perciòuna testimonianza utilissima a integrazione di altre fonti settecenteschepiù tarde (in particolare GIUSEPPE DE CONTI, Ritratto..., 1795). Nestralciamo dunque i passi per noi più significativi: «Quindi è, che nonmi recano alcuna maraviglia gli applausi, che giustamente vengonofatti alle Fabbriche di vostra invenzione, fra quali risplendono la Fac-ciata della Chiesa di S. Croce de' P.P. Agostiniani, il Coro, ed il Pre-sbiterio di S. Domenico, e la Chiesa dedicata alla Madonna delle Gra-zie nella Città di Moncalvo, come pure molte altre pubbliche Fabbri-che, che tralascio per brevità. Né minore fu la gloria da Voi conseguitanel compartimento de' privati Edifizj, come si può osservare ne' Pa-lagj de' Signori Conti di Rinco, e di Namours (sic) che si vanno tut-t'ora lavorando, ed in particolare ne' vostri sì di Città, come di Vil-la, i quali vengono da tutti ammirati, sì per la bellezza, come pure perun giudizioso, e commodo collocamento delle loro parti». Di questiinterventi progettuali del M. risultano ben definiti cronologicamentesu basi archivistiche quelli relativi alle chiese: il prospetto di S. Cro-ce (disegno del 21 maggio 1748 della Facciata della Chiesa di SantaCroce de' Reverendi Padri Agostiniani di Casale; Misure della Faccia-ta di S. Croce, note autografe del 26 giugno 1748, in BCC, Fondo Di-segni); il coro e presbiterio del S. Domenico (1749-1750: mancano au-tografi di ogni genere, ma è degna di fede la testimonianza di p. Gio.GUGLIELMO CAVALLI, Descrizione dell'origine, e fondazione del Con-vento di S. Domenico di Casa! Monferrato, capo III, copia dal ms.del 1753 in BCC, 091/77); l'oratorio di S. Maria delle Grazie a Mon-calvo (1756-1758: cfr. supra la nota 15, oltre a varia documentazio-ne contenuta in AM, scat. 100). Al contrario scarseggiano a tutt'og-gi riferimenti più precisi sui palazzi Pallio di Rinco in via Rivetta e Ne-mours in piazza. Castello, che perlomeno così sappiamo in fabbrica tragli anni '50 e '60 del secolo. Tra le «altre pubbliche Fabbriche», tra-lasciate dall'Arnaldi per concisione, vanno segnalate almeno la par-rocchiale dell'Assunta di Balzola (posa della prima pietra: 25 luglio1752) e quella di S.Grato di Penango (posa della prima pietra: 28 mag-gio 1756), nelle cui facciate si riflette chiaramente il modello del pro-spetto ondulato dell'oratorio di S. Pietro Apostolo di Casale, compiu-to nel 1747 su disegno dell'architetto monregalese Francesco Gallo(1727). In questo medesimo gruppo di fabbriche religiose dovrebberientrare a rigore, per consonanze stilistiche evidenti, anche la chiesadi S. Eusebio a Fabiano di Solonghello, opera di paternità non accer-tata univocamente e ritardata dalle fonti di oltre un ventennio (1783).
minciate, e non finite: alcune per angustia di sito, o per altre cir- 23costanze non poterono ricevere quel grado di maestà, che era pro-pria del suo carattere; ed alcune per motivi d'interesse o per altrafine furono malamente deturpate, e guaste, come accadde alla chie-
Inoltre, caduta l'attribuzione al M. - stranamente ancora ribadita daD. PROLA, Architetture barocche in Piemonte, con un'introduzionedi A. Corboz, Firenze 1988, pur dopo ch'era stata motivatamenteesclusa già da A. BARBERO, Settecento minore: cantieri operanti nelterritorio, in // Teatro Municipale di Casale Monferrato: questioni sto-riche e problemi di restauro, Casale M. 1979, pp. 54-55 - della parroc-chiale di S. Vincenzo di Casorzo, progettata invece da Giacomo Za-netti verso il 1732, come ben testimoniano i documenti reperiti in AM,cart. 22 («Casorzo»)', espunta dal corpus delle sue opere l'ideazionedella grandiosa parrocchiale di S. Quirico a Treville, realizzata annipiù tardi (1772-1781) su disegni del casalese Giuseppe (?) De Giovanni;sospesa per ora - in attesa di documenti realmente probanti - l'attri-buzione della parrocchiale di S. Germano di Ottiglio (posa della pri-ma pietra: 19 aprile 1761), il nostro aveva già iniziato nel 1761 un pro-getto per la parrocchiale di Varengo - la cui costruzione sarebbe sta-ta dilazionata ad oltranza - come dimostra il pagamento per la vaca-zione di un suo fidatissimo collaboratore, l'ingegnere e misuratore Fer-dinando Bianchi: « Transferta fatta al luogo di Varengo per la forma-zione del piano del sito, ove devesi costruere la nova Chiesa Parroc-chiale...» (AM, cart. 60: «Parcelle e quitanze», Note Bianchi salda-te, e.2). Al 22 maggio di quello stesso anno risalgono poi anche le Me-morie relative alla Fabbrica ideata del Sig.r Conte Calori (AM, cart.s.n.), impegnativo progetto peraltro non realizzato per il palazzo nel-l'isolato fra via Conte d'Appello e via Roma a Casale. Quanto ai pa-lazzi abitati dal M. e menzionati dall'Arnaldi, quello «di Città» è na-turalmente l'edificio in via Mameli, attiguo a palazzo Gozani di SanGiorgio, mentre quello «diVilla» è senza dubbio il palazzo - detto an-che Testafochi - situato a Moncalvo presso la chiesa di S. Maria del-le Grazie, da cui lo separa un vicolo in parte scavalcato da un volto-ne. A giudicare da varie liste di spesa (AM, scat. 3: «Note di spesa»),il primo venne radicalmente ristrutturato negli anni 1732-1737 su pro-babile progetto di Giacomo Zanetti (1696 ca-1735), quando ancora ilnostro non sembrava occuparsi ex professo di discipline architettoni-che. E tuttavia, da una serie successiva di «memorie» e «misure» su-perstiti (AM, scat. 47), sappiamo come egli intendesse apportarvi mo-difiche distributive e compositive, in parte eseguite, lungo un ampioarco di tempo, dagli anni '60 fino quasi alla morte (cfr. anche le let-tere da Roma di Onofrio Boni dell'I 1 novembre 1786 e 19 maggio1787 circa la nuova decorazione neoclassica ideata per la galleria delpalazzo di Casale, in AM, scat. 47). Il secondo palazzo - risultato unaccorpamento di più edifici preesistenti, in parte ereditati e in parteacquistati - veniva rinnovato invece proprio nel corso degli anni '60,come dimostrano non soltanto le consuete «memorie», ma altresì al-cuni disegni esecutivi di serramenti (AM cart. s.n.). È utile ricordare,infine, come in entrambi venissero sostituiti in quegli anni diversi pa-vimenti tradizionali con quelli del tipo «alla veneziana» (i cosiddetti«terrazzi»), che il M. aveva particolarmente apprezzato in Veneto, im-portato a Casale e contribuito come egli stesso affermava nel breve
24 sa della B
eata Vergine A
ddolorata in Casale, ed ultim
amente alla
Chiesa P
arrocchiale di Vignale (21),
che fu spogliata delle colon-ne interne, ed esterne, che ne facevano tu
tta la bellezza e l'orn
a-m
ento, e fu ridotta a tale stato da non dover essere più riconosciu-ta d
all'Au
tore per cosa sua (22).
Il fatto è che delle fabbriche di-
scritto De' P
avimenti (A
M, scat. 47) - a diffondere in Piem
onte: «Di
così fatti smalti specialm
ente composti di calce, e di pezzi irregolari
di marm
o abbondano le case di Venezia, ed io stesso ne ho introdot-
to l'uso in Monferrato,
d'onde è passato al Piem
onte, di modo che la-
sciando a parte molte ville di particolari cittadini, ne sono adorni il
Castello di R
acconigi proprio del Principe di C
arignano, ed il Reale
Palagio di Stupinigi».
21. Le vicende costruttive dell'oratorio settecentesco - affidato allora alla
Confraternita del C
rocifisso - sono alquanto complesse e, soprattut-
to, estremam
ente dilatate nel tempo. In breve, l'intervento principa-
le del M. risale al 1751, quando erano già stati innalzati presbiterio e
coro: il suo impegno è testim
oniato sia dalla Pianta della C
hiesa dellaB
eata Vergine Addolorata. 4 aprile 1751 (A
rchivio Storico Parrocchia-le dell'A
ddolorata), sia da una «misura» relativa alla com
posizione delprospetto - assai alterato nell'esecuzione ottocentesca a cura di G
io-vanni Form
iglia (1840 ca.) - ossia la Distribuzione della F
acciata dellaC
hiesa della Beata Vergine A
ddolorata. 22 giugno 1751 (BC
C, F
on-do D
isegni). Com
e giustamente riferiva G
. DE
CON
TI, op. cit., p. 43,se il corpo centralizzato della chiesa corrisponde all'incirca al disegnoprogettuale, differisce sostanzialm
ente la forma della cupola rispetto
a un altro disegno autografo - Cupola della C
hiesa dedicata alla Beata
Vergine Addolorata (B
CC
, Fondo D
isegni) - ove, nella trattazione in-terna del tam
buro, ripartito in otto campi da paraste binate in cui si
aprono alternativamente finestre e nicchie rettangolari, il M
. richia-m
ava palesemente l'analogo partito palladiano del tam
buro di S. Gior-
gio Maggiore a V
enezia. Infine, risultano eliminate del tutto le quat-
tro colonne giganti in facciata, rimeditate sull'efficace tem
a già pro-posto nel prospetto di S. C
roce.22. U
n primo progetto per la chiesa di S. B
artolomeo fu redatto dal M
.nell'estate del 1766: esso è docum
entato da ben nove Misure e M
emo-
rie datate tra il 10 giugno e il 16 agosto (AM
, scat. 48), alcune mol-
to particolareggiate, che secondo l'uso del nostro, definivano prelimi-
narmente la costruzione in tutte le sue parti e proporzioni sem
plice-m
ente per iscritto. Con queste m
inuziose annotazioni concorda l'unicodisegno ritrovato, la P
ianta della Chiesa P
arrocchiale di Vignale. 1766,conservato presso l'A
rchivio di Stato di Alessandria, A
rchivio Collari,
Disegni, cart. 170/1. L
a chiesa avrebbe presentato un impianto accor-
ciato a tre navate, con cupola sulla campata precedente il presbiterio.
Le colonne, cui accenna l'estensore delle N
otizie, all'interno erano pre-viste ravvicinate alle controparaste di ciascun pilastro, libero o a m
uro,m
entre all'esterno formavano il colossale pronao esastilo che avreb-
be caratterizzato la facciata «a tempio» d'ispirazione palladiana. D
opoun secondo progetto - di cui non resta traccia - presentato il 15 settem
-bre 1771 (F. V
ITULLO
, Uom
ini e vicende di Vignale Monf errato, V
i-gnale M
. 1982, p. 127), e presto abbandonato, la costruzione vennepoi affidata ad A
gostino Vitoli - del quale abbiam
o ritrovato i contirelativi agli anni 1789-1790 (A
SA1, A
rch. Collari, cit.) - che avrebbe
segnate dal Conte Magnocavalli niuna fu terminata ed eseguita a 25dovere, salvo che il Palazzo del Conte Fico (23). Se ne dirà altret-tanto della chiesa di S. Germano, che si sta fabbricando (24), equesto si può sperare dal buon giudizio, di chi ne dirigge l'esecu-zione.
PONZIGLIONE, cit., pp. 278-283:«La dissertazione del Conte Magnocavalliintorno alla questione insorta tra gli Accademici olimpici non è il soloscritto di lui appartenente all'architettura, rimasto inedito, ma molti altriancora se ne hanno tra i suoi manoscritti. Evvi un saggio sul bello rea-le dell'architettura, alcuni trattati sulle proporzioni armoniche, ne' qualisi spiega la relazione, che queste possono avere colla musica, e sebbenequest'argomento sia stato da altro autore discusso (25) sappiamo per al-
di fatto modificato radicalmente il progetto originario.23. Della fase progettuale di palazzo Picco Gonzaga in via Mameli restano
soltanto, autografe, le Memorie per la Sala del Sig.r Conte Picco(AM, scat. 89), improntate essenzialmente alla ricerca delle relativeproporzioni armoniche. L'edificio appare giustamente attribuito al M.già da G. DE CONTI, op. cit., p. 29 («... di recenti edificato su mae-stoso disegno del Conte Ottavio Magnocavalli»), che in uno scrittosuccessivo ne avrebbe anzi precisato meglio l'epoca di erezione: ancorain costruzione nel 1786, compiuto nel 1790. Al riguardo cfr. IDEM,Giornale storico di Casale dall'anno 1785 al 1810, con prefazione e no-te di G.Giorcelli, in «Rivista di Storia, Arte e Archeologia per la Pro-vincia di Alessandria», a. IX (1900), fase. 29, pp. 84, 86.
24. La costruzione della chiesa venne avviata dopo la morte del M. (po-sa della prima pietra: 21 giugno 1789) e proseguita fino all'ottobre del1793 sotto la direzione del capomastro ticinese Bernardo Lombardi,molto attivo in Casale a partire dagli anni '70 del secolo. In ogni ca-so, il progetto doveva risalire senz'altro a qualche tempo addietro,considerato che il nostro aveva studiato già nel 1771 un tipo di edifi-cio riconducibile grossomodo alle caratteristiche del S. Germano nelleMemorie per formare il dissegno di una Chiesa a Croce Greca, col cor-po di mezzo ottangolare, e con sette Cappelle, tre delle quali maggiori,e quattro minori (AM, cart. s.n.). Va segnalato poi come la configu-razione generale della facciata presenti indiscutibili tangenze di ordi-ne formale con quella della parrocchiale di S. Quirico a OdalengoGrande (1786) - da alcuni attribuita appunto al M. - ove tuttavia in-sistite formule decorative proprie del neopalladianesimo veneto po-trebbero far ipotizzare anche un progetto del vicentino Ottavio Ber-totti Scamozzi: su disegno del quale, proprio in quegli anni, si stavadel resto ampliando e ristrutturando il palazzo casalese per la mede-sima committenza, i conti di Odalengo e marchesi di Treville Giaco-mo (1710-1810) e Luigi (1746-1780), rispettivamente padre e fratellodella nuora del M.
25. Com'è noto, le proporzioni armoniche in architettura costituivanoquei rapporti numerici corrispondenti agli intervalli musicali, in ba-se ai quali venivano dimensionate le singole parti fra di loro e con iltutto (di un ordine, di una facciata, di una sala o di una galleria) perottenere la «consonanza» ritenuta il fondamento del bello ideale. Tor-nata in auge nel Settecento siffatta teoria, il M. ne applicò i princìpi
26 tro, che il C
onte Magnocavalli lo precedette. L
asciò molti scritti sulle
spinte delle volte, ed intorno ad altre siffatte cose spettanti al gusto so-do degli ornati, e m
olti transunti di opere di altri architetti corredati diopportune, e giudiziose riflessioni (26). M
a tutte queste sue fatiche gia-ciono, siccom
e abbiam detto, inedite con discapito della gloria del loro
autore, e molto più ancora con danno dell'architettura, la quale verrebbe
ad essere moltissim
o arricchita, mercé la pubblicazione delle opere divi-
sate piene zeppe de' migliori, e più sodi principj dell'arte. M
a la mode-
stia di lui si oppose mai sem
pre a renderle pubbliche, anzi sembra ch'egli
abbia voluto vietare persine al suo erede di mandarle alle stam
pe, avendolasciato scritto sopra di una di esse questi tre versi.
Quale del tuo scrittor sola m
emoria
Veder non dei la luce, e presso i dottiTi vieto di cercare applauso,
e gloria,
giova nulladimeno sperare, che il C
onte di Varengo giusto apprezzato-
almeno a partire dagli anni '60 del secolo, com
e attestano svariati ap-punti datati (M
emoria per l'O
rdine Corintio, 6 ottobre 1762; D
ivisionearm
onica di una Cornice,
11 di Agosto 1767; M
etodo per ornare leP
orte, le Finestre, e le N
icchie..., 9 di Agosto 1767, e altri ancora, tutti
in AM
, cari. s.n.). E che, nel suo genere, si trattasse di riflessioni di
qualche conto è dimostrato dal rilievo con cui veniva m
enzionata unasua lettera - oggi apparentem
ente perduta - su questo argomento spe-
cifico nell'im
portante opera
di A.
COM
OLLI,
Bibliografia
storico-critica dell'A
rchitettura C
ivile ed Arti subalterne,
voi III, Rom
a, ap-presso il Salvioni, 1791, p. 233: «L
'accennato manifesto
(...) diede
motivo al sig. C
onte Francesco M
agnacavallo di C
asale M
onferratodi scrivere alcuna cosa sull'architettura
armonica in una lettera al sig.
Filippo C
astaidi Avvocato R
omano, in data del 23 G
iugno 1773. Essa
è breve, ma piena di cose... ». Q
uanto poi alla priorità di questi suoistudi rispetto ad altri autori, non sappiam
o a chi di preciso il Ponzi-gliene intendesse riferirsi, visto che risalgono sem
pre al settimo decen-
nio del secolo i principali contributi in materia dei m
aggiori teorici ita-liani, il trevigiano Francesco R
iccati (1761 e 1763) e il bresciano Gi-
rolamo Francesco C
ristiani (1765 e 1767).26. A
questo punto il PON
ZIGLIO
NE, cit., p. 279, aggiungeva in nota: «A
l-cuni di questi m
anoscritti sono già così bene ordinati, che ninna va-riazione abbisognano per essere m
andati alla stampa». L
a situazioneodierna, tuttavia, non corrisponde certo a una tale afferm
azione, e chiscrive può ben sostenerlo con una certa cognizione di causa, occupan-dosi da diversi anni proprio del nucleo di scritti di architettura e di ap-punti di studio del M
. - che raggiungono e superano il numero di 600
cc. complessive - nient'affatto ordinati, m
olto spesso incompleti o di-
spersi su fogli volanti, comunque ben lungi dal risultare predisposti per
qualsivoglia pubblicazione. Certo, non sappiam
o quale fosse, a fineSettecento, la reale condizione e consistenza di quello specifico settoredell'archivio M
agnocavalli, ma se consideriam
o la costante e tenaceapplicazione teorica e pratica del nostro per quasi un cinquantennioalle ragioni dell'architettura, dobbiam
o convenire senz'altro ch'essosia stato sensibilm
ente depauperato, oltre che palesemente m
anomes-
so, nel tempo. In ogni caso, per un breve cenno agli scritti in questio-
ne, si veda infra la nota 44.
re de' meriti letterarj, e zelantissimo promotore della gloria dell'illustre 27suo genitore non vorrà privare più lungamente l'arte architettonica diquel frutto, che dalla pubblicazione degli anzidetti scritti sarebbe per ri-trarre. Né vi sia chi pensi, che questi manoscritti architettonici del ConteMagnocavalli non meritino quella lode, che loro vien qui data, giacchéle poche cose di lui appartenenti all'architettura, le quali si hanno allastampa, dimostrano appieno la verità di quanto abbiamo dato. Presasinel 1781 da diversi Patrizj Casalaschi la determinazione di ornare la Cittàloro di un nuovo teatro, si adunarono in società per mandare a compi-mento sì commendabile disegno, e s'invitarono i Socj stessi a presenta-re i loro pareri intorno al modo da tenersi nell'esecuzione, poiché eraviluogo a sperare con fondamento, che sarebbe per tal modo riuscito al-la Società di avere un buon numero di bene intesi disegni, tra i qualiavrebbe poi essa potuto far scelta di quello, che si sarebbe ravvisato ilpiù conveniente, e più proprio ad ottenere il propostosi fine, il maggiordecoro cioè, e l'ornamento di quella Città. Il Conte Magnocavalli unode' Socj, ed anzi de' primi Direttori propose anch'egli il suo parere, ilquale presentò alla Società in uno scritto, che ha per titolo: parere ra-gionato del Conte Magnocavalli alla Società del nuovo teatro di Casa-le. Venne questo stampato (27), ed ottenuto l'approvazione, e le lodi de'conoscitori. Si esamina in esso primieramente il numero de' palchetti checiascun ordine del progettato teatro doveva contenere, determina quin-di quale avesse ad esserne la distribuzione, e finalmente quale il nume-ro degli ordini stessi. Questi diversi argomenti sono trattati nel modo, chesi conviene ad un maestro dell'arte, permodochè questa sua fatica, seb-bene diretta al solo teatro di Casale, contiene tuttavia molte utili istru-zioni per chiunque imprenda la costruzione di siffatti edifizj. Le diver-se opinioni di alcuni Socj, tanto intorno agli oggetti discussi dal ConteMagnocavalli nel suo Parere ragionato, quant'anche intorno ad altripunti relativi all'interna amministrazione della società furono cagione,
27. Alla relativa annotazione, il PONZIGLIONE, cit., p. 281, faceva riferi-mento implicitamente a un'edizione del 1784 - di fatto, però, una ri-stampa - inserita nel Sommario (pp. 97-108), di cui alla nostra notasuccessiva. In realtà, il primo intervento pubblicato del M. sulla que-stione del nuovo teatro aveva visto la luce due anni addietro in un fa-scicolo a sé dal titolo Parere ragionato dal Conte MAGNOCAVALLI allaSocietà del nuovo Teatro di Casa/e, Casale, nella Stamperìa di Gio-vanni Meardi, 18 aprile 1782, 12 pp. in 4° non numerate. Un esem-plare dell'opuscolo, peraltro alquanto raro, si conserva in ASA1, Arch.Collari, scat. 156: «Diversi scritti a questa Società del Teatro presentatidagli Sig.ri individui componenti la medesima». In esso, il nostro af-frontava con l'abituale puntiglio i problemi principali emersi nel con-trasto con un socio antagonista, il marchese Francesco Maria Griselladi Rosignano, in merito all'ampiezza dell'edificio, al numero di ordinidi palchi e a quello dei palchi all'interno di ogni ordine, consideran-do i vari aspetti della questione sotto il profilo architettonico-compositivo ed economico-funzionale. Non sembra il caso di ripercor-rere ora le complesse vicende del teatro casalese, abbastanza note gra-zie alla serie recente di contributi scientifici mirati: per gli eventuali ri-mandi, si segnala comunque qui l'ultimo di essi in ordine di tempo,dovuto a G. SERRAFERO, La nobile Società dei Cavalieri ed il Teatrodi Casale. Storia e Documenti, Casale M.to 1991.
2g ch'egli nuovam
ente scrivesse a difesa de' proprj sentimenti, e questi scrit-
ti sono pure stampati (28). C
he sebbene le cose in esse trattate non ap-partengano interam
ente all'architettura, né si presentino sotto un aspettodel tutto letterario, m
eritano nulladimeno di essere qui accennati, sicco-
me argom
enti non dubbj dell'ottima, e purgata m
aniera di scrivere delC
onte Magnocavalli, e m
olto più ancora della sua moderazione, e pru-
denza, e della candidezza, ed onestà dell'animo suo».
Ma tra le occupazioni letterarie, e scientifiche del C
onte Magno-
cavalli ebbe grandissima parte la poesia, che abbiam
o detto esse-re stata da lui coltivata fin dalla sua più verde età. C
ompose sonet-
ti, canzoni, e versi sciolti tutte le volte, che gli si presentò occasio-ne, che ne fosse degna (29). I suoi versi non sono quelli, che O
ra-zio chiam
ava inopes rerum. E
gli amò la lingua italiana a preferen-
za d'ogni altra, e ne conobbe i pregj, ma nel m
aneggiarla non imi-
28. Si tratta di quattro scritti velatamente polem
ici in risposta a due «scrit-ture» del G
risella, inseriti in un corposo volume m
iscellaneo di docu-m
enti raccolti e pubblicati nella circostanza di una causa legale in atto(relatore B
erzetti di Buronzo) fra i due schieram
enti formatisi all'in-
terno della Società del Teatro: Som
mario nella C
ausa del sig. Marche-
se Grisella di R
osignano Gentiluom
o di Cam
era di S.M. contro il sign.
Marchese Luigi G
ozani d'Odalengo, e Treville, C
onte Gio. F
rancescoC
allori Provana B
alliani di Vignale, M
archese Evasio G
iuseppe Fos-
sati di Balzala, e C
onialo, Conte F
rancese' Ottavio M
agno C
avalli,C
onte Alberico P
icco G
onzaga, C
onte G
io. Morelli,
Conte
Diego
Leardi, Conte F
rancesco Socchi, Marchese G
iuseppe Rom
ualdo Natta
Tarracchia Guiscardi del C
eno
, e detto sig. Marchese F
ossati anchecom
e procuratore generale del sig. Marchese T
omm
aso Maria M
ossidi M
arono (...) Detti sign. C
avalieri tanto in nome della Società de'
signori Cavalieri di C
asale, che per loro interesse particolare, Torino,
nella Stamperìa A
vondo, 14 agosto 1784. Le osservazioni del M
. - cheriguardavano la gestione della S
ocietà, le procedure per la presenta-zione dei progetti, la form
a del teatro, la distribuzione dei palchi e al-tro ancora - risultano nell'ordine così intitolati: R
iflessioni, e rispo-
ste del Conte M
agno Cavalli a due Scritture del sign. M
archese Gri-
sella di Rosignano ad esso C
onte comunicate, presentate nel C
ongres-so della Società delli 6 A
gosto 1782 (pp. 112-116); Risposta del C
on-te M
agno Cavali alla prim
a Scrittura del signor Marchese G
risella diR
osignano (pp. 116-130); Giunta alla soprascritta risposta del C
onteM
agno Cavalli alla prim
a Scrittura del signor Marchese G
risella di Ro-
signano (pp. 130-136); Risposta del C
onte Magno C
avalli alla secondaScrittura del signor M
archese Grisella di R
osignano (pp. 136-147). Inogni caso, m
olto altro materiale docum
entario riguardante il teatro ca-salese - in buona parte assai poco o m
ai indagato - si conserva anco-ra in diversi archivi piem
ontesi, oltre, naturalmente, al già sfruttato
AM
, scat.
89 («Teatro»): dunque, in A
SA1, A
rch. Callori, scatt.
156-157 (ivi anche il Somm
ario appena citato); ASA
t, Arch. C
occo-nito di M
ontiglio, m
. CX
VII (C
) («Convocati e atti della Società del
Teatro di Casale»); A
STo, C
orte, Paesi per A e B
, m. C
21 («Casa-
le»), fase. 8-9; Biblioteca R
eale di Torino, A
rch. Scarampi, F
ondoM
ossi Pallavicini, scat. da inventariare.
29. Oltre a qualche sporadico com
ponimento per lo più d'occasione, il
tò quegli scrittori, che della sola lingua si mostraron solleciti. Le 29sue parole sono piene di nobili sentimenti, ed hanno tutto l'estro,e l'energia, di cui la nostra lingua è capace. Aveva già oltrepassa-to l'anno cinquantesimo (30) dell'età sua quando gli venne in pen-siero di comporre una tragedia, Corrado Marchese di Monferra-to, che nel giorno stesso, in cui i Principi Crociati lo proclamaro-no Re di Gerusalemme fu barbaramente ucciso per opera de' suoirivali (31): gli fece concepir quel pensiero, parendogli che un poetanazionale non potesse trattare più nobilmente, e più interessanteargomento. Si mise dunque all'opera, ed in breve tempo ne vennea capo felicemente. Aveva appena terminato il suo lavoro quandola Corte di Parma mandò fuori il manifesto, con cui s'invitavanoi poeti italiani a mandar colà tragedie e commedie per essere esa-minate da una Regia Deputazione, e quindi esser premiate secon-
grosso della produzione poetica del M. è rimasto inedito, seppure ac-curatamente ordinato in un fascicolo di 90 cc. dallo stesso Autore, in-titolato Poesie di Francescottavio Magnocavalli Conte di Varengo(AM, scat. 47): in esso sono selezionate una quarantina di poesie -canzonette, canzoni, sonetti, anacreontiche, inni, versi sciolti, ecc. -talune di circostanza, ispirate perciò a fatti contingenti (nozze, esequie,monacazioni e simili), altre di più spiccato carattere arcadico-galante(Al Riso di una Genti! Dama, La Tauletta di Critenea, II Caffè a Piile,In lode di Piile, ecc.).
30. Il PONZIGLIONE, cit., p. 283, correggeva con «sessantesimo» e così ilM. più volte aveva voluto far credere. In realtà, la storia infausta diCorrado di Monferrato lo aveva appassionato già da tempo, come te-stimoniava - seppure indirettamente - l'amico can. Ignazio De Giovan-ni nell'epitalamio (1763). Per le nozze del Conte Carlo Mazzetti diMontalero colla Damigella Maria Magnocavalli. La dedicatoria alConte Francesco Ottavio Magnocavalli padre della sposa:
E tu Signor, volgi per poco il guardoDal tuo Vitruvio, e dalle dotte carteDi Malebranchio, di Cartesio e Piato;Dimentica per poco il gran Corrado,Che la via da Sofocle segnataMediti trar dal conquistato regnoCalzato di coturno al patrio suolo (...)
Di grande utilità per la segnalazione degli interessi culturali del nostroin quegli anni - fra cui, insospettati, quelli filosofici - il componimentonon è stato purtroppo reperito e lo stralcio qui riportato deriva da unframmento pubblicato già da G. MARTINOTTI, op. cit., p. 100.
31. La tragedia appare liberamente ispirata alla vicenda del marchese Cor-rado, figlio di Guglielmo IV il Vecchio, a capo del Regno franco diGerusalemme (1192): tra le fonti sfruttate dal M. è naturalmente pre-sente BENVENUTO SANGIORGIO, Cronica, in Casale, per FrancescoPiazzano, 1639, pp. 40-46 (ed. Torino, Onorato Derossi, 1780: pp.37-42). Sull'episodio, v. tra gli altri G.A. Di RICALDONE, Annali delMonferrato (951-1708), Torino 1972, I, pp. 166-185; F. CARDINI, LeCrociate tra il mito e la storia, Roma 1984, pp. 101-103.
do il merito di ciascuna (32). Progetto eccellente del M
archese diFelino (33), che ben sostenuto avrebbe fatto salire il teatro italia-no a tanta grandezza da non dover invidiare alla Francia il suoC
ornelio, ed il suo Molier. Il C
onte Magnocavalli non esitò pun-
to di mandare il suo C
orrado, e fra i molti concorrenti non ne tro-
vò alcuno, che gli potesse contender la palma, salvo che il C
onteC
alini colla sua tenera Zelinda. V
i fu gran contrasto fra i Regj D
e-putati per determ
inare quale delle due tragedie si dovesse antepor-re. Si seppe poi, che la più sana parte de' D
eputati propendeva peril C
orrado, ma che il m
aggior numero decise in favore della Z
elin-da, a cui fu assegnato il prim
o premio, ed al C
orrado (34) il secon-do. Il pubblico non fu contento di questo giudizio, e lo disappro-vò chiaram
ente, quando nel Regio T
eatro di Parma si recitarono
l'una dopo l'altra le due tragedie, perché gli applausi fatti al Cor-
rado furono grandissimi, e per riguardo alla Z
elinda la cosa pas-sò freddam
ente, e molto più perché non tardossi guari a scoprire,
che era in gran parte un plagiato di non so qual tragedia francese(35). V
eramente il C
orrado per la novità, e nobiltà dell'argomen-
to, pel contrasto delle passioni, per l'intreccio, ed il naturale svi-luppam
ento del medesim
o, per la varietà de' caratteri, per l'esat-ta osservanza delle regole prescritte da più grandi m
aestri, per l'e-nergia dell'espressione, e per tutto quello che può rendere interes-sante un lavoro di tal natura può chiam
arsi con ragione una dellem
igliori tragedie che siansi composte in Italia. Infatti ebbe sem
preottim
o incontro nelle migliori città, dove fu recitata, e ne fu sem
-
32. Il Program
ma offerto
alle Muse Italiane, stam
pato a Parm
a nel 1770,fu steso dal teatino P
aolo Maria Paciaudi, illustre bibliotecario del
Duca, e riguardava l'istituzione di un concorso a prem
i che avrebbecoronato a scadenza annuale com
posizioni dramm
aturgiche in linguaitaliana del genere tragico e com
ico. Sul concorso e il suo svolgimento
nel corso degli anni, si rimanda soprattutto a E
. BERTAN
A, // teatro
tragico italiano del secolo XV
IIIprima
dell'Alfieri,
in «Giornale Sto-
rico della Letteratura Italiana», Suppl. n. 4 1901, pp.
149-176; A.
DEL PRA
TO, La «A
ccademia D
eputazione» di Parm
a (estr. dalla rivi-sta «Per l'A
rte», n.. 9, 10, 11, 13, 14, Parm
a 1902, pp. 1-40.33. C
ioè, dell'intelligente e attivissimo funzionario ducale G
uillaume D
uT
illot (1711-1774), dal 1759 Ministro di S
tato, poi caduto in disgra-zia e allontanato da Parm
a nel 1771. Sugli anni della sua illuminata
amm
inistrazione, v. T. BA
ZZI, U. BEN
ASSI, Storia di P
arma, P
arma
1908, pp. 325-344.34. Il 29 m
aggio 1772 sarebbe giunta al M. la com
unicazione da parte del-Pallora segretario della D
eputazione, l'abate Giuseppe Pezzana (A
M,
scat. 47): «La Tragedia che a per titolo il Corrado, e per divisa il m
ot-to V
incit amor patriae è stata a pieni voti giudicata degna della secon-
da Corona, che il Sovrano M
ecenate destina alle Tragedia che all'ot-tim
a s'accosta...». Tuttavia un'indiscrezione che anticipava l'esito era
già contenuta in una lettera da Parma inviata il 15 m
aggio dalla mar-
chesa Anna A
nguissola Pallavicini (AM
, scat. 47).35. C
on lettera del 3 ottobre 1772 (AM
, scat. 47), Vincenzo M
alacarne -
pre dimandata la replica (36). Fu ristampata più volte (37), e sen- 31to che siasi pur anche ridotta ad azion pantomimica con felice suc-cesso (38). Nella suddetta occasione il Conte Magnocavalli andò aParma (39), dove si vide festeggiato da Reali Principi, da tutta laCorte, e dalle persone più distinte per merito di letteratura. Que-sto buon incontro gli fece intraprendere un altro lavoro di tal ge-nere, voglio dire la Rossana, che mandò qualche tempo dopo al-la medesima Deputazione. Egli ebbe quasi a posta corrente unabellissima lettera del Sig.r Segretario Mazza (40), in cui gli si da-
sincero ammiratore delle doti poetiche del nostro - avrebbe segnala-to al M., attraverso un puntiglioso confronto, il plagio operato dalconte Calini, che aveva infatti rielaborato per l'occasione la tragediaBianche et Guiscard (1763) del Saurin. Questa lettera e la relativa ri-sposta del M. risultano note anche al PONZIGLIONE, cit., che anzipubblicava quest'ultima (ora presso la BASTo, C. 19640) con qual-che imprecisione in nota alle pp. 287-289.
36. Ad esempio, ebbe infatti straordinario successo al San Giovanni Cri-sostomo di Venezia, ove venne messa in scena fra il 1772 e il 1773 dal-la compagnia di Girolamo Medebach - com'è noto, già capocomicodi molte commedie di Goldoni - con Maddalena Torti Battaglia nelruolo di «prima tragica». Sul notevole numero di repliche - in cartel-lone con la Semiramide di Voltaire! - e V«applauso giustamente ripor-tato», v. le lettere di entrambi in AM, scat. 47.
37. Per limitarci soltanto alle edizioni settecentesche, segnaliamo le se-guenti: Corrado Marchese di Monferrato, Tragedia, Parma, dallaStamperia Reale, 1772, in 4° e in 16°; // Corrado, Tragedia. Rappre-sentata per la prima volta in Parma dalla Compagnia di Girolamo Me-debach, in Venezia, presso Domenico Battifoco, 1772, in 12°; Corra-do. Tragedia, in Vercelli, per Giuseppe Panialis, 1775, in 24°; // Cor-rado, in «II Teatro Moderno applaudito, ossia Raccolta di Tragedie,Commedie, Drammi e Farse che godono presentemente del più altofavore sui pubblici Teatri...», tomo XXV, in Venezia, [Antonio For-tunato Stella], 1798, in 16°.
38. Sia il Corrado che la successiva Rossana avrebbero offerto infatti lospunto non soltanto per azioni coreografiche, ma anche per diversi li-bretti d'opera. Al momento, tuttavia, questo aspetto della fortuna sce-nica dei due soggetti è tutt'altro che indagato. Il PONZIGLIONE, cit.,p. 289, aggiungeva vagamente come il Corrado fosse stato adattato fe-licemente a balletto «su diversi teatri, e fra gli altri sovra quelli di Ver-celli, di Alessandria, e di Firenze. In quest'ultimo l'invenzione fu delrinomato maestro di ballo Angiolini [Gasparo o Pietro?], e fece un mi-rabile effetto...».
39. Si conserva ancora l'originale della cancelleria di Stato (AM, scat. 47),con cui il cav. Morozzo, in data 17 giugno 1772, informava da Tori-no il nostro che «Sua Maestà (...) si è degnata permettere eh 'Ella sirechi quando lo stimerà in Parma, ed ivi trattengasi pendente un meseper veder rappresentare la sua composizione meritatamente coro-nata. .. ».
40. Si tratta di una lettera del 9 maggio 1775 (AM, scat. 47): «Né voto piùdiscreto formar poteva l'Autore della Rossana contrassegnandola colmotto: Voluisse sat est, né con più rapido avvenimento poteva al me-rito della stessa accordarsi il guiderdon meritato. Fa oggi il quarto
32 va l'avviso, che la sua nuova tragedia aveva rip
ortato
il primo pre-
mio a pieni voti. M
a i giudizj delle Accadem
ie su le produzioni let-terarie, e di gusto non sono sem
pre irrefragabili. Il pubblico chesuoi esser giudice più im
parziale, e più giusto antep
orrà sem
pre ilC
orrado col suo secondo premio, che la R
ossana (41) coronata colp
rimo
. Dopo questa com
pose la Sofonisba per tentare se contro il
sentimento di V
oltaire gli riusciva di fare sopra tale argomento una
bu
on
a tragedia: ma non ne fu co
nten
to, e la lasciò giacere inedi-
ta (42) fra i suoi manoscritti insiem
e alle traduzioni, che fece in ver-so del P
oliu
to di Cornelio e della Z
aira di Voltaire (43). S
ono pur
giorno, che a me pervenne l'enunciata Tragedia; e quantunque il con-
corso a' premj del 1775 sia già chiuso fin da febbraio, ciò nonostan-
te rapito io dalla bellezza di essa, non mi seppi trattenere dal presen-
tarla all'Accadem
ia; dalla quale fu
letta, riletta, disaminata, e della
prima corona a concordi voti stim
ata degna...».41. In questa tragedia il M
. s'era cimentato - dopo l'esordio con un sog-
getto di storia patria - con l'argomento esotico, am
bientando a Samar-
canda la vicenda della prigionia del sultano turco Bayazid e della fi-
glia Rossana alla corte del T
amerlano. A
nche questa, comunque, potè
godere di un certo favore presso il pubblico, tant'è che se ne conosco-no diverse edizioni settecentesche: La R
ossana, Tragedia, Parma, dalla
Stamperia R
eale, s.d. (1775), in 4° e in 16°; La Rossana.
Tragedia,C
asale, a spese del Librajo G
iuseppe Maffei, in V
ercelli per Giusep-
pe Panialis, 1775, in 16°; Rossana, Tragedia, in «II T
eatro Moderno
applaudito, cit. tomo IX
, in Venezia [A
ntonio Fortunato Stella], 1797,in 16°.
42. Qui l'afferm
azione è inspiegabilmente errata - e di fatto subito cor-
retta in PON
ZIGLIO
NE, cit., nota di p. 291 - poiché anche la Sofonisba
vide la luce, nel 1782, edita a Casale dal libraio G
iuseppe Maffei e
stampata in 16° a V
ercelli da Giuseppe Panialis. M
a non solo: essavenne rappresentata quell'anno a C
asale, come il M
. riferiva a Vin-
cenzo Malacarne il 13 novem
bre (BA
STo, C
. 19646): «...La Sofoni-
sba, la quale si è stampata di fresco, ed essendosi recitata qui da una
compagnia com
ica ha incontrato il gradimento de' m
olti spettatori,che l'hanno fatta ripetere». C
he poi il nostro non fosse dal tutto sod-disfatto della sua ultim
a creatura - peraltro già bistrattatagli con ge-suitica am
biguità da Saverio Bettinelli (A
M, scat. 47) - questo traspare
anche da una sua lettera spedita nel maggio del 1782 (A
M, scat. 72)
a un estimatore di M
acerata, il cav. Francesco Filipucci: «...l'annoscorso m
i sono ingolfato nel comporre la Sofonisba,
che debbo cre-dere inferiore alle altre, poiché avendola m
andata al concorso di Par-
ma, non ne ho più saputo novella, argom
ento chiaro di non essere sta-ta giudicata degna di prem
io».43. In realtà, le traduzioni com
plete sono tre, tutte conservate (AM
, cart.s.n.)
e trascritte in bella copia dallo stesso M.: precisam
ente, Poliu-
to Martire,
Tragedia Cristiana di P
ietro Cornelio tradotta
in versisciolti da F
rancescottavio Magnocavalli C
onte di Varengo (1763); Zai-ra. Tragedia del Signor di V
oltaire tradotta in versi sciolti (1773), indue esem
plari; infine Radam
isto e Zenobia. Tragedia del Signor di
Crebillon tradotta in versi sciolti (non datata). Q
uesto impegno atti-
vo sui testi originali ribadisce l'interesse speciale del nostro per il teatro
anche manoscritte le Poesie che fece in diversi tempi, e molte Me- 33morie relative all'architettura o raccolte dai libri antichi e moder-ni, che trattano di quest'arte e da lui combinate (44). Era uomo la-boriosissimo, ed essendo fornito dalla natura d'un ottimo tempe-
francese, classico e moderno, d'altronde manifestato nella sua produ-zione drammaturgica, come avvertito già da E. BERTANA, La Trage-dia («Storia dei Generi Letterari Italiani»), Milano s.d., p. 274; IDEM// teatro tragico, cit., p. 169 segg.
44. Le carte manoscritte relative all'architettura, che il M. chiamava abi-tualmente «memorie» - termine un po' generico per indicare sia l'an-notazione o l'appunto rapido, che il breve saggio - rappresentano nelloro insieme una fonte insostituibile per ricostruire i fondamentiteorico-culturali, gli spunti d'ispirazione e la dinamica dell'iter proget-tuale nell'esperienza architettonica del nostro. Gli scritti superstiti, purnon risultando sistematici toccano tuttavia un'ampia gamma di disci-pline anche accessorie o propedeutiche (matematica, fisica, statica, tec-nologia dei materiali, musica, metrologia, ornato, ecc.) e si possonosuddividere convenzionalmente in alcuni tipi per la qualità e l'orga-nizzazione del contenuto: dunque, semplici appunti derivati da lettureo da curiosità contingenti; quindi, trascrizioni pedisseque di paragrafio comunque di parti di dissertazioni scientifiche o di trattati; poi, stral-ci ricopiati da vari testi, ma intercalati da osservazioni personali a mo'di commento, interpretazione o critica; infine, e assai più rare, le ela-borazioni originali dalla stesura articolata e compiuta. Di conseguenza,doveva trattarsi certamente di un materiale eterogeneo di studio, com-pilato e raccolto per esigenze di lavoro, ma che il M. intendeva anchecoordinare e riversare in un ambizioso progetto lungamente accarez-zato e sfortunatamente accantonato vuoi per mancanza di tempo, vuoiper altre difficoltà insorte: quello cioè di scrivere un trattato di archi-tettura, del quale restano - ricopiati in bella copia di suo pugno - sol-tanto i nove fogli iniziali (Trattato d'Architettura civile, in AM, cart.s.n.). Nei quali, infatti, dopo la prevedibile professione di fede nellesolite categorie vitruviane della saldezza, della comodità e della bel-lezza, egli esplicitava quali fossero - e quali avrebbe illustrato nel corsodell'opera - le «molte diverse scienze, ed arti [in cui] esser deve ver-sato un valente Architetto, fra le quali principalmente annoverar con-viene l'Aritmetica universale, la Geometria, e la Mecanica. A questesi aggiungono la Trigonometria, la Prospettiva, il Disegno, la Teoriadi tagliar le pietre, l'Arte di livellare, ed alcune notizie, che all'Idrau-lica, alla Fisica, ed all'Astronomia appartengono. E finalmente nonsolo le proporzioni, ma ancora molte regole della Musica saper egli de-ve, affinchè le diverse parti di un Edificio presentino all'occhio un di-lettevole concerto, come l'unione de' suoni più armonici lo porge al-l'orecchio...» (par. 13). Ovviamente, comprensibili ragioni di spazioc'impediscono, in questa sede, di dar conto nei particolari delle variememorie autografe - ciò che invece dovrà avvenire altrove - conservateper lo più in AM, scat. 47, e alcune cartt. s.n.: basti segnalare, comun-que, fra le più interessanti e ragionevolmente svincolate da modelli il-lustri, almeno la Memoria sulle cupole, il Saggio delle Ragioni, e delleProporzioni relative all'Architettura, il De' Pavimenti, la Memoria re-lativa a Teatri e, ultimo, il purtroppo mutilo Saggio sopra il Bello realedell'Architettura, probabilmente foriero di ulteriori, suggestivi, svi-
34 ram
ento potè lavorare a qualunque ora del giorno fino all'u
ltima
vecchiezza.
PON
ZIGLIO
NE, cit.,
pp. 295-297: «Era in età di anni 77, quando venne
pregato dal signor Beraudi di tener conto del peso della pioggia, e del-
la neve, che sarebbe caduta in Casale. 'N
on ho mai coltivato - rispose
egli alii 26 dicembre 1783 alla lettera, in cui gli si faceva questa preghiera
- né la fisica, né la meteorologia, ed essendo vecchio di 77 anni ella può
giudicare, se ho ancora vigor di mente, e di corpo, che non siasi nota-
bilmente dim
inuito. Non creda però, che queste siano scuse per non se-
condare il suo desiderio, che anzi ho in animo di fare ciò, che m
i saràpossibile, m
a per riuscirvi il meno m
ale in un'operazione, che non è dif-ficile, le espongo alcune riflessioni, che hanno bisogno di rischiarim
en-to. D
ovendo mandarle le note in ragione di peso dell'acqua caduta, el-
la sappia che il peso di Monferrato è m
inore di quello di Piemonte: si di-
ce dell'ottava parte, ma non oserei assicurarlo, quando in sì fatti espe-
rimenti si richiede l'ultim
a precisione. A questo però trovo il rim
edio, so-lo ch'ella si com
piaccia di farmi lavorare a m
ie spese una bilancietta conquel num
ero, e qualità di pesi, di cui ella si serve ne' suoi esperimenti,
o sia mem
orie. La seconda riflessione si è, che avendo io la m
ia casa nelcentro della C
ittà, senza giardino, e con piccoli cortili non sicuri della al-trui curiosità, è im
possibile il difenderla dagli straventi, massim
e per leriflessioni inevitabili quando il vento batte le case, delle quali la m
ia ècircondata. N
on è da lasciarsi anche la riflessione che la pioggia cadem
olte volte di notte, e quando sorge il sole, e s'innalza sull'orizzonte, ilsuo calore cagiona una notabile evaporazione, che è tanto di perduto nelpeso, onde non può allora aversi quella precisione, che ella probabilm
en-te desidera. D
esidero poi, mi sia notificato, se la neve dee anche pesar-
si, se in fiocchi, o liquefatta, e che si debba fare della gragnuola, che purtroppo cade nella state, e talvolta grossa, ed im
petuosissima. C
iò noti-ficato, e ricevuta la bilancia, procurerò di adem
pire la comm
issione nelprincipio dell'anno venturo. In fine ella non m
i creda un uomo di gran
conto, ed un perito esperimentatore, che non sono m
ai stato tale, né viho applicato...» (45). M
algrado l'avanzata sua età egli si accinse tosto
luppi.45. Q
uesta lettera - indirizzata a Torino all'astronom
o Giovanni D
ome-
nico Beraudi e non ancora ritrovata - è com
unque un segno inequivo-cabile di una vivace e persistente «curiosità» scientifica del M
., ma-
nifestatasi già molti anni addietro con alcune forse ingenue sperim
en-tazioni di carattere tecnologico, eseguite con l'assistenza di un arm
aio-lo, per ottenere un m
etallo similoro atto a forgiarvi fibbie, coltelli e
altro (cfr. le Esperienze fatte, a 30 m
arzo 1745, in AM
, scat. 47). Del
resto, nello stesso quadro d'interessi empirici vanno collocate le diverse
«ricette», che il nostro andava raccogliendo, spesso vergate di suo pu-gno (A
lessandria, Archivio privato G
uasco, Arm
adio, arch. n. 1, fase.2: C
arte Magnocavallo): si tratta di un piccolo, singolare corpus di ap-
punti su procedimenti tecnologici (ad esem
pio, il Modo di rendere ve-
nato il legno e preservarlo da tarli usato in Inghilterra, la V
ernice diC
allot, ecc.) oppure su vari rimedi da speziale (P
ourfaire le R
attafiat,A
cqua per i denti, Elixir specifique
assurépour toutes les indigestions,et faiblesses d'estom
ach, Eau vulneraire, P
omata eccellente per il vol-
to, e via dicendo).
all'impresa, ed al primo di gennajo del 1784 cominciò il richiestogli gior- 35naie, il quale continuò ne' susseguenti anni 1785, 1786 e 1787 (46). Senell'esattezza sta riposto, come crediamo, il maggior pregio de' lavori diquesto genere, ottime hanno certamente a dirsi le osservazioni meteoro-logiche del Conte Magnocavalli, giacché non è possibile di usar maggiorattenzione, e più scrupolosa, e minuta diligenza di quella, che ad ognitratto in questi suoi traluce. Essi sono scritti interamente da l(ìi stesso,
E ancora, più complesso e finora ignorato, è un ulteriore contributodel nostro nell'acquisizione e divulgazione di un congegno meccani- /co da utilizzarsi in agricoltura. L'occasione fu offerta all'inizio deglianni '60 da un'invenzione del casalese Giovan Battista Ratti «dilettan-te di Matematica e celebre Machinista» (G. MORANO, Catalogo degliScrittori di Casale, e di tutto il Ducato di Moti/errato e delle Opereda' medesimi composte, e date alla luce, in Asti, nella Stamperia delPila, 1771, p. 83): si trattava di una macchina chiamata il «Semina-tore», che avrebbe dovuto facilitare appunto le operazioni di seminae contribuire perciò a un più razionale sfruttamento dei campi. A il-lustrare le caratteristiche del nuovo apparecchio venne allora editaun'opera corredata di tavole (G. RATTI, Trattato della seminazionede' campi, e della coltivazione de'prati, in Casale, nella Stamperìa diGio. Antonio Meardi, 1764), in cui l'autore riconosceva al M., nell'av-viso «Al cortese Lettore», la paternità della Prefazione (pp. v-xv) - overiecheggiava l'impostazione illuministica della voce Agriculture del-1!'Encyclopédie (I, 1751, pp. 183-190) - nonché il merito della distri-buzione della materia e della revisione formale del testo: «Ma se nonsono versato nelle lettere, ho almeno saputo scegliere nel Signor ConteFrancescottavio Magnocavalli, nobile, antico Patrizio di Casale e Ri-formatore delle Regie Scuole, un Cavaliere dotto, e gentile, il qualeavendo vedute co ' proprj occhi, ed esaminate le mie esperienze, ed es-sendo pieno di zelo pel pubblico vantaggio, si è compiaciuto di ade-rire alle mie preghiere con ridurre la mia operetta a quello stato, in cuite la presento, ponendovi del suo la prefazione, l'ordine, e lo stile».Ma non solo; il M. oltre all'esemplare per sé - costruito nel 1762, comeda lista delle spese (AM, cart. 60: Nota dell'importo de' boscami, fer-ramento, e fatture per il nuovo ordigno chiamato Seminatore) - ne fecerealizzare un altro da inviare a Venezia (ibidem: Per un ordigno spe-dito di suo ordine a Venezia..., lire 199:10) all'abate Farsetti, celebrecollezionista d'antichità, ma anche cospicuo latifondista, che se n'e-ra interessato (cfr. la lettera di Eliano Paladini al M. del 15 dicembre1764, in AM, scat. 119): l'invenzione incontrò evidentemente tanto fa-vore per i vantaggi che offriva, da meritare anche un'edizione vene-ziana ampliata del Trattato, presso Giambatista Novelli, 1765, in 8°,oggi rarissima (se ne conserva un esemplare presso la Biblioteca Uni-versitaria di Padova).
46. Di siffatte osservazioni resta memoria diretta in una miscellanea ma-noscritta appartenuta al celebre astronomo Giuseppe Toaldo dellaSpecola di Padova (Padova, Archivio Antico dell'Osservatorio Astro-nomico, cod. V), al quale i diari dell'area subalpina e monferrina era-no pervenuti certamente tramite il Beraudi. Cfr. in proposito G. Boz-ZOLATO, Giuseppe Toaldo. Uno scienziato europeo nel Settecento ve-neto, «Centro Internazionale di Storia dello Spazio e del Tempo»,Saggi, 2, 1984, pp. 77, 211-212, 218.
36 e vi si osservano annotate tutte le particolarità anche m
eno degne di ri-guardo giornalm
ente accadute, né lasciano desiderare anche ai più accu-rati alcuna benché m
enoma cosa».
Ma questi suoi lavori letterarj non gli fecero però m
ai trascurarealcun dovere della civil Società. Fu buon m
arito, buon padre di fa-m
iglia (47), e buon cittadino. Fu spesse volte adoperato dalla sua
Patria in affari pubblici, e ve ne uscì con onore (48). Sostenne per
47. Il 14 gennaio 1738, nella chiesa casalese di S. P
aolo dei B
arnabiti,Francesco O
ttavio Magnocavalli aveva sposato con grande pom
pa Fe-lice G
abaleona dei conti di Salmour, originaria di C
hieri (fi794, do-po lunghi anni d'inferm
ità): il rito era stato celebrato dal preposito
della Cattedrale, m
ons. Carlo U
berto Malpassuti M
ontiglio, alla pre-senza del vescovo di V
ercelli, card. Vincenzo Ferreri, testim
oni i mar-
chesi Ottavio M
aria Grisella e D
omenico Scaram
pi (AM
, scat. 67:E
stratto da libri di Matrim
onio della C
attedrale, mem
oria autografa,e. 36). A
ricordo dell'evento, vennero stampate secondo l'uso le R
i-m
e per le Felicissim
e Nozze, in C
asale, per Gio. L
odovico M
affejStam
patore, in 8°. Del dedicante la raccolta, il napoletano E
liano Pa-ladini, nulla sappiam
o se non che fu uno dei corrispondenti da Vene-
zia del nostro, cui si rivolgeva con insolita familiarità (lettere ritrovate
fra gli anni 1763 e 1772, in AM
, scatt. 47,83, 119), e probabilmente
colui che l'avrebbe messo in contatto, fra gli altri, con l'abate Filip-
po Farsetti, l'influente e facoltoso collezionista che stava allestendo
allora, nel suo palazzo a San Luca, la strepitosa raccolta di statue (ori-
ginali e calchi) dell'antichità greca e romana. D
alle nozze, sarebberonati al M
. sette figli (AM
, scat. 40): Ippolito (26.X.1738 - 7.V
I.1747),l'erede G
iacinto (31.XII. 1739-6.V
ili. 1806), sposato (1775) con Eleo-
nora Gozani di T
reville - divenuto giacobino negli anni della rivolu-zione, incarcerato perciò a V
igevano, poi nominato M
aire di Casale
- quindi, Maria E
lisabetta (2.VII.1741-26.IV
.1766) maritata (1763) al
Conte M
azzetti di Montalero, E
lena (1.VII.1742-?), m
onaca della Vi-
sitazione a Vercelli (dal 1761 col nom
e di m. T
eresa Am
edea), Anna
Maria D
elfina (25.IX.1744-1806 ca) m
aritata (1765) al conte Cesare
Cravetta di V
illanovetta e, ultimo, C
asimiro G
iuseppe (14.III.1748-?,m
a morto infante).
48. Nell'am
bito dell'amm
inistrazione cittadina, infatti, egli era stato elettoconsigliere di prim
a classe per il quinquennio 1733-1737, periodo incui avrebbe esercitato anche le cariche annuali di «ragioniere» (1733,1737), «provveditore» (1734) e infine di prim
o sindaco (1736); quin-di, nom
inato ancora consigliere per gli anni 1756-1760, aveva rivestitonuovam
ente l'ufficio di «ragioniere» (1757, 1760). Tutti questi dati -
insieme agli altri che seguono - sono ricavati dai verbali delle sedute
del Consiglio di C
ittà (BC
C, A
SC, reg. 1-2: C
onvocati del Consiglio,
1725-1740, e reg. 1-3 Convocati
..., 1741-1764, ad annum
). Più chenell'esercizio di siffatti im
pegni strettamente o prevalentem
ente buro-cratici, tuttavia, le capacità del M
. dovevano emergere nelle «deputa-
zioni» connesse alle cariche consiliari, cioè nel disbrigo straordinariodi questioni d'interesse pubblico: ad esem
pio, l'assistenza «alle visi-te de' C
arcerati» (1735: cfr. reg. 1-2, p. 502), la scelta del disegno(1735: ibidem
, p. 522), poi accantonato, per l'erigenda cappella di S.E
vasio - di patronato comunale - quando furono presentati vari prò-
molti anni l'impiego di Riformatore delle Regie Scuole di Casale 37con molta dignità, e con vantaggio della pubblica educazione (49).Era uomo di severo aspetto, e non punto morbido, e lusinghieronell'espressione; ma aveva il cuore tenerissimo, e sommamenteportato a far bene. Sincero ed onorato quanto si può mai essere,difficilmente si conduceva a pensar male delle persone. Fu sempreattaccato alla religione, e fra i molti suoi libri non se ne trova un
getti (di Bernardo Vittone, Giacomo Zanetti, Giovan Battista Nata-li, ecc.) e, ancora (1737: ibidem, p. 578), per la «perfezione dell'opera,Urna, et nuova Cappella», la vigilanza «sopra li Beccari per la visitade bestiami da macello, tanto prima siano amazzati, che doppo, et so-pra l'introduzione di carni morte o bestie bovine ammalate» (1735: ibi-dem, p. 636), oppure la sorveglianza «sopra il Cattastro, esopra l'Ar-chivio di questa Città» (1737: ibidem, p. 578). Ma assai più significa-tive - sia per l'intelligente impegno profuso dal nostro che per la du-ratura incidenza sulla storia casalese - furono altre due «deputazioni»occorse durante il mandato successivo. Con la prima, del 4 aprile 1758(reg. 1-3, p. 275), era stata affidata al M. l'incombenza di recarsi aTorino per presentare al re una supplica onde «ottenere in questa Città[Casale] un mercato di bestiame una volta caduna settimana, e due fie-re de medesimi in cadun anno» e, nel caso, di «intendersi col S.r Con-te Alfieri in riguardo del dissegno della nuova Cappella di S. Evasio».Quindi, il 16 giugno successivo (ibidem, p. 277) il M. veniva incari-cato d'inoltrare una nuova supplica, questa per richiedere un interven-to decisivo che ponesse fine al secolare problema delle corrosioni degliargini del Po e delle conseguenti inondazioni sul territorio comunale.Rinnovata la «deputazione» il 15 marzo 1759 (ibidem, p. 285), egli fuindotto allora a trasferirsi per diversi mesi a Torino per seguire da vi-cino l'iter delle pratiche, che lungaggini ed intoppi della burocraziacentrale rischiavano di affossare. Nell'occasione, egli ebbe stretti con-tatti - proseguiti anche in seguito - con il progettista incaricato dei ri-pari, quel Giovan Battista Borra, che non doveva forse interessarglitroppo nella veste contingente d'ingegnere idraulico, bensì per la suapratica di architetto classicista e, soprattutto per i suoi trascorsi an-tiquari, quando nel 1751 era stato al seguito della spedizione archeo-logica inglese di Robert Wood per rilevare e disegnare i monumentiantichi di Palmira e Baalbek. Comunque sia, di quella «deputazione»,alla lunga coronata da successo, il nostro avrebbe lasciato una corposae particolareggiata Relazione del Conte Francescottavio Magnocavalliairill.mo Consiglio della Città di Casale intorno alle Commissioni disupplicare Sua Maestà pel Mercato, per le Fiere, e per le Riparazio-ni del Po, 2 giugno 1760, 156 pp. in folio (ASTo, Corte, Ducato diMonferrato, Province, Città di Casale, m. 2, fase. 1), in cui ripercor-reva minutamente la vicenda, illustrando ogni aspetto della questio-ne, amministrativo, fiscale e tecnico. L'altra «deputazione», invece,si riferisce all'annosa vicenda della costruzione della nuova cappelladedicata al Santo patrono: finalmente, dopo un quarto di secolo di di-battiti e rinvii, nel 1758 Benedetto Alfieri aveva riadattato un suo pre-cedente progetto - ritenuto troppo ambizioso per le finanze cittadine- e nulla ostava ormai all'avvio dei lavori della sospirata fabbrica. Fucosì che, negli anni 1759 e 1760 (reg. 1-3, pp. 285, 302), il M. vennedelegato, con altri consiglieri, «per l'Urna di S. Evasio», quindi il 26
38 solo di quelli, che fanno ap
erta professione di libertinaggio, e d'in-cred
ulità. M
a negli ultimi an
ni della sua vita p
raticò i doveri del-la più soda p
ietà cristiana con tanta esattezza e con tan
to
fervoreche p
otev
a servir d'esem
pio alle più religiose p
erson
e. Gli venne-
ro men
o le forze del corp
o a poco a poco e finalmente g
iun
to al-l'an
no 82° d
ell'età sua trov
and
osi alla sua casa di cam
pag
na in
Moncalvo fu sorpreso da febbre cattarrale, e m
unito de' sacram
en-ti con edificazione incredibile di tu
tti i circostanti passò all'altra vi-ta con rassegnazione e tran
qu
illità d'an
imo in
com
parab
ile la not-te delli 10 di o
ttob
re 1788 (50). Fu sepolto nella chiesa di S
. Pao-
lo de PP
. Barn
abiti di C
asale nel sepolcro de' suoi an
tenati, a cui
si po
trebb
e app
orre la seguente iscrizione (51):
FRA
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ISCO
OC
TA
VIO
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NS] P[O
SVIT
]A
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O] M
DC
CL
XX
XV
III
aprile 1762 (ibidem, pp. 333-334) - già esterno al C
onsiglio di Città -
fu invitato in quanto «prattico, e molto versato nell'architettura»
aunirsi ai deputati consiliari per trattare col V
escovo le questioni con-cernenti il sito prescelto in C
attedrale e gli eventuali altari coinvoltinella ristrutturazione. E
ancora, il 4 febbraio 1764 (ibidem
, pp.
357-358) a lavori già iniziati, venne incaricato a soprintendere all'o-perato, degli ingegneri designati, «restando indispensabile, che ad unSoggetto
di capacità resti autenticamente
appoggiata la prim
aria e
principale inspezione per l'esatta essecuzione del maestoso dissegno».
In ultimo, il 20 m
arzo dell'anno seguente (reg. 1-4: «Convocati del
Consiglio,
1765-1789, p. 9), il nostro veniva eletto dal Consiglio tra
i «fabbricieri fissi, e perpetui della nuova Cappella» nell'am
bito del-T
appena istituita «Congregazione de Fabbricieri pel C
ompim
ento dellaC
appella di S. Evasio». A
nche di questa esperienza si conservano al-cune sue M
emorie e qualche scam
bio epistolare (AM
, scat. 119) - checi riserviam
o di esaminare in altra sede - con l'estensore dei m
agnifi-ci disegni della cappella, l'architetto L
uigi Michele B
arberis, con i mar-
morari G
iacomo Pelagatta e Francesco B
ottinelli, con lo stuccatoreG
iuseppe Bellina, ecc.)
49. Il M. infatti esercitò a lungo la funzione di «riform
atore» delle Scuoledi C
asale e della sua Provincia, incarico pubblico con ampie com
pe-tenze in fatto di controllo sulle m
aterie d'insegnamento e gli esam
i,sulla disciplina scolastica e sull'assegnazione delle cattedre a m
aestrie professori. N
ominato una prim
a volta già il 31 gennaio 1738 per unbiennio e conferm
ato poi l'il febbraio 1740 «pendente il Regio bene-
placito», cioè a tempo indeterm
inato (cfr. le patenti regie orginali inA
M, scat. s.n., trascritte rispettivam
ente in AST
o, Cam
erale, Patenti
Controllo F
inanze, reg. 13, fol. 160r e reg. 15, fol. 53r), egli rimase
in carica fino al 1765, quando con regio viglietto del 19 luglio (copia
in AM., scat. 90, doc. n. 20) venne di fatto esentato, dietro sua ri- 39chiesta, dagli oneri di qualunque impiego pubblico.
50. Sull'episodio, cfr. l'accorata testimonianza che il canonico Ignazio DeGiovanni aveva trasmesso nel novembre del 1788 (BASTo, C. 18688)all'ignaro amico Carlo Denina, allora a Berlino: «(...) Voi mi commet-tete di salutare il Conte Magnocavalli. Ahimè che non è più! Egli morìsotto i miei occhi, e tra le mie mani in Moncalvo alii 10 di ottobrescorso, mentre io stava villeggiando seco. Fece veramente la morte del-l'uomo giusto. Non ebbe che due giorni di febbre assai leggiera; di-spose delle cose sue quanto all'anima, e quanto al corpo, e poi ven-ne meno con tanta serenità di spirito, con tanta soavità, che io senzaesser molto spirituale cambierei volentieri questa vita con quella morte.Io perdetti un amico di treni'anni sincero, onorato, e cordiatissimo,cui incorrupta fides audaque veritas quando allum inveniunt parem?Si va perdendo tra noi il buon seme di questa gente...»
51. Il testo dell'iscrizione appare espunto nell'Elogio del PONZIGLIONE,cit., p. 298. Tuttavia, se mai un'epigrafe di quel tenore fosse stata de-dicata al nostro, essa è attualmente perduta, insieme a ogni traccia deisepolcri di famiglia in S. Paolo.
Il monastero di Cortaìthon*e il regno Aleramico
di Tessalonica (1204-1225)WALTER HABERSTUMPF
* La grafia di questo toponimo è incerta: in greco la si trova co-me XopraiTou, XopraiTo<;, anche se la forma più usata e correttaè XopTaTrou, [= Cortai'thon]. Nei documenti latini il monastero sitrova anche indicato come Corthiat, Courtiac, Kourtiach, Corda-to, Cortiaco, Curtiath, Curiath, Chortaeto, Chortaiton, ecc.; inturco Hortasch, cfr. T.L.F. TAFEL, De Thessalonica eiusque agro.Dissertatio geographica, Berolini 1839, pp. 252-254; Acta Hono-rii III (1216-1227) et Gregarii IX (1127-1241), ed A.L. TÀUTU, Cit-tà del Vaticano 1950 [C.I.C.O., series III, voi. Ili], pp. 174-175,n. 5. Secondo TAFEL, De Thessalonica cit., p. 253 il nome del mo-nastero deriverebbe da una piccola fortificazione che aveva datoanche il nome al monte ove queste costruzioni sorgevano.
Abbreviazioni e sigle
B.E.F.A.R.: Bibliothèque des Ecoles Franfaise d'Athènes et de Rome«B.S.B.S.»: «Bollettino Storico Bibliografico Subalpino».B.S.S.: Biblioteca Storica Subalpina.B.S.S.S.: Biblioteca della Società Storica Subalpina.«B.S.V.»: «Bollettino Storico Vercellese».«B.Z.»: «Byzantinische Zeitschrift».C.I.C.O.: Pontificia commissio ad redigendum Codicem luris CanoniciOrientalis.D.B.I.: Dizionario Biografico degli Italiani.«D.O.P.»: «Dumbarton Oaks Papers».«E.E.B.E.»: «'EnETepii; 'EraiTtEia BuCavnvràv InouScòv»P.L.: Patrologia latina.«R.E.B.»: «Revue des Etudes Byzantines».«T.M.»: «Travaux et Mémoires».«Z.R.V.I.»: «Zbornic Radova Vizantiloskog Instituta».
42 1. La donazione di C
ortaìthon da parte del marchese B
onifacio di
Monferrato
a Pietro II abate di L
ucedio.
La quarta crociata del 1204 segnò una svolta decisiva nella storia
dell'impero bizantino: la caduta di C
ostantinopoli nelle m
ani deicrociati e la m
omentanea dissoluzione della basileia greca portaro-
no alla creazione di un impero latino destinato, pur nella sua breve
durata, a m
odificare notevolmente i rapporti
fra Occidente ed
Oriente (1). I L
atini vittoriosi, dopo aver eletto imperatore B
aldo-vino di Fiandra, non senza difficoltà si accordarono tra loro cir-ca la spartizione delle terre conquistate (2); B
onifacio I, marche-
se di Monferrato e capo m
ilitare della spedizione (3), richiese al-l'im
peratore franco il «regno di Tessalonica» su cui gli A
leramici
accampavano diritti più form
ali invero che reali (4). Regno che,
escluso dalla partitio delle terre di Rom
ania (5), Bonifacio dopo un
aspro conflitto con Baldovino di Fiandra, riuscì infine a ottenere
al volgere del 1204 (6). Già in quell'anno il m
archese concesse auno dei suoi seguaci, Pietro II abate di S. M
aria di Lucedio, il m
o-nastero im
periale di Cortai'thon, sito nelle vicinanze di T
essaloni-ca e abbandonato dai G
reci fin dai primi tem
pi dell'invasione la-tina (7). L
a scelta di Pietro risultava ben ponderata: erano noti in-
1. Per una prima lettura circa la quarta crociata e l'im
pero latino di Co-
stantinopoli cfr. J. LON
GN
ON
, L'em
pire latin de Constantinople et la
principauté de Marèe, Paris 1948, passim
; E.H
.C. M
e. NEA
L, R.L
.W
OLFF,
The
Fourth
Crusade,
in A
H
istory of
thè C
rusades,1189-1331, II, edd. R
.L. W
OLFF, H
.W. H
AZA
RD, Philadelphia
1962,pp.
153-185, S. RU
NC
IMA
N, Storia
delle crociate, trad. it., T
orino1967
(4), pp. 779-799; A. CA
RILE, Per una storia dell'im
pero latino diC
ostantinopoli (1204-1261), B
ologna 1972 (2); H
.B. M
AY
ER, The
Crusades, O
xford 1990 (2) [ed. inglese aggiornata], pp. 196-213.2. CA
RILE, Per una storia cit., p. 175 sgg.; sulla partizione dell'im
perogreco vd. ID
., Partitio terrarum
imperii R
omaniae, in «Studi V
ene-ziani», 7 (1965), pp. 125-305.
3. Su Bonifacio I di M
onferrato vd. L. U
SSEGLIO
, / marchesi di M
onfer-rato in Italia ed in O
riente durante i secoli XII e X
III, C
asale Mon-
ferrato 1926 [B.S.S.S., C
-CI], I, pp. 153-156; II, p. 116 sgg.; A
. Go-
RIA, Bonifacio I m
archese di Monferrato,
in D.B
.I., XII, R
oma 1970,
pp. 118-124; J. LO
NG
NO
N, L
es compagnons de
Villehardouin:
Re-
cherches sur les croisés de la quatrième croisade, G
enove 1978 [Eco-
le Pratique des Hautes E
tudes, V. H
autes Etudes M
édiévales et Mo-
dernes, 30], pp. 227-234.4. W
. HA
BERSTUM
PF, Ranieri di M
onferrato: ricerche sui rapporti
fraB
isanzio e gli A
leramici
nella seconda
metà
del XII
secolo, in
«B.S
.B.S
.», 81 (1983) = Aleram
ica, pp. 603-639.5. CA
RILE, Per una storia cit., pp. 201; 209, ove aggiornata bibliografia.
6. Ibid., pp. 198-199; nel settem
bre del 1204 l'imperatore B
aldovino Iconferm
ò definitivam
ente Tessalonica
al marchese,
cfr. B
. HE
N-
DR
ICK
X,
Règestes
des em
pereurs latins
de C
onstantinople(1204-1261/1272), in «B
yzantina», 14 (1988), p. 22, n. 14.7
Su Pietro II abate di Lucedio e il m
onastero di Corthai'ton cfr
I IA
.
fatti i suoi eccellenti rapporti con i pontefici Celestino III e Inno- 43cenzo III (8), così come il ruolo da lui svolto nel promuovere re-lazioni amichevoli tra gli Aleramici e la Chiesa (9); amico di Bo-nifacio fin dai tempi della conquista di Zara (10), l'abate di Luce-dio era stato inoltre, nella sua qualità di elettore imperiale, un de-ciso sostenitore della candidatura del marchese (11). Favorendo icistercensi di Lucedio, Bonifacio proseguiva anche la tradizione fa-migliare, iniziata oltre cent'anni prima dall'avo Ranieri fondato-re del monastero, intesa a dotare con cospicue donazioni l'abba-zia, resa potente da contributi e offerte di privati nonché da con-cessioni, privilegi e immunità da parte di comuni, vescovi e signori(12).
NAUSCHEK, Originimi Cistercensium, I, Vindobonae 1877, p. 218; C.SINCERO, Trino, i suoi tipografi e l'abazia di Lucedio. Memorie condocumenti inediti, Torino 1897, pp. 241-242; F. SAVIO, Gli antichi ve-scovi d'Italia dalle origini al 1300 descritti per regioni. Il Piemonte,Torino 1899, pp. 210-214; F. GABOTTO, Un millenio di storia epore-diese (365-1357), in Eporediensia, Pinerolo 1900 [B.S.S.S., 4], pp.74-79; USSEGLIO, / marchesi di Monferrato cit. II, pp. 317-319; L.H.COTTINEAU, Répertoire topo-bibliographique des abbayes et prieurés,I, Macon 1937, p. 779; C. CAHEN, La Syrie du Nord a l'époque descroisades (...), Paris 1940, pp. 616; 669; R.L. WOLFF, Social and Ad-ministrative Consequences of Latin Conquest, in «Traditio», 6 (1948),pp. 39-40; LONGNON, Les compagnons cit, p. 235; G. GIORDANO,L'abbazia di Lucedio e le sue grange, in «B.S.V.», 13-14 (1979), p. 79,n. 22; p. 87; CARILE, Per una storia cit., pp. 93, n. 100; pp. 115;182-183. Cfr. anche infra. Per le vicende del convento in epoca bizan-tina cfr. A. VACALOPOULOS, H FIAPA THN 0EELAAONIKHNBIZANTINE MONH TOY XOPTAITOY, in «E.E.B.S.», 15 (1939),pp. 280-287. Dell'edificio monastico rimangono scarsi resti poiché giànei primi decenni del secolo non sussistevano che le rovine, vd. E. Cou-SINERY, Voyage dans la Macédoine, I, Paris 1831, pp. 109-110.
8. SINCERO, Trino cit., pp. 241-242; SAVIO, Gli antichi vescovi cit., pp.210-211; USSEGLIO, I marchesi di Monferrato cit. II, pp. 317-318.
9. Cfr. infra.10. Gesta Innocentii III papae, in MIGNE, P.L., 214, Lutetiae Parisiorum
1855, cap. 85, col. 139; B. HENDRICKX, Recherches sur les documents di-plomatiques non conservés, concernant la quatrième croisade et l'empi-re latin de Constantinople pendant les premières années de san existen-ce (1200-1206), in «Byzantina», 2 (1970), pp. 121-122, n. 8 (XXIV); CA-RILE, Per una storia cit., p. 100 sgg.; W. HABERSTUMPF, Regesto deimarchesi di Monferrato di stirpe aleramica e paleologa per I '«Outremer»e l'Oriente (secoli XII-XV), Torino 1989 [B.S.S., CCV], pp. 50-51, nn.45-47.
11. E.A.R. BROWN, The Cistercians in thè Latin Empire of Constantinopleand Greece, (1204-1276), in «Traditio», 14 (1958), p. 74; B. HENDRICKX,Oi TioXvnKoì Kaì orpanconKoì Seanoì rfjc; AanviKf|<; aÙTOKparopiai;rf\c, KcovaTavTWOimóX.eax; Karà roùc; Tipcóroix; xpóvouq rf\q,ÙTiap^swt; rf\c,, Thessalonique 1970, p. 78; LONGNON, Les compa-gnons di.., p. 235; CARILE, Per una storia cit., pp. 115-116; 118-183.
12. La zona compresa tra i territori di Trino, Palazzolo, Fontanetto Po
44 S
arebbe tuttav
ia ridu
ttivo su
pp
orre che la concessione del m
on
a-stero di C
ortaìth
on a P
ietro di Lucedio rientrasse sem
plicemente
nelle consuete assegnazioni di benefici da parte dei signori latini a
enti ecclesiastici, canonici o vescovi, così frequenti in G
recia do
po
il 1204, e attu
ate per consolidare i rapp
orti con la C
hiesa (13). E
nep
pu
re si può pensare che Bonifacio, rico
mp
ensan
do un
fedeleabate e un ordine religioso, si sia preoccupato
soltanto di rinnovare
i tradizionali rapp
orti tra A
leramici e cistercensi. In realtà, n
ell'a-gire del m
archese di Monferrato occorre individuare coloriture po-
litiche più precise, tali da inserire il provvedimento in un più va-
sto e articolato disegno.
La cessione di C
ortai'thon ai cistercensi - la prim
a fatta in Grecia
a qu
est'ord
ine (14) e ratificata senza difficoltà
da Soffredo,
cardi-nale p
rete di S. P
rassede che in qu
anto legato p
apale (15), fin dal
e Crescentino anticam
ente era chiamata selva di L
ucedio. In questoluogo vennero erette due abbazie: S. M
aria di Lucedio, nel territorio
di Trino e S. G
enuario di Lucedio in prossim
ità di Crescentino, fon-
dazioni che a volte vengono confuse erroneamente fra di loro. Per la
storia dell'abbazia di S. Maria di L
ucedio, sui suoi rapporti con i mar-
chesi di Monferrato e per la descrizione artistica cfr. A
. CERUTI, U
ncodice del m
onastero di Lucedio,
in «Archivio storico italiano», 8
(1881), IV serie, pp. 366-370; SIN
CERO, Trino cit., passim
; G. FA
LCO,
Sulla data di fondazione dell'abbazia di S. M
aria di Lucedio, in «Ri-
vista di storia, arte, archeologia per le province di Alessandria e A
sti»,64-65 (1955-56), pp. 126-130; N
. CARBO
NERI, L
'abbazia di Lucedio,in
Atti del X
IV
Congresso
nazionale di
Storia dell'architettura,
Brescia-M
antova, Crem
ona/Pavia
1965, pp. 55-82; ID., L
a chiesa el'aula capitolare dell'abbazia cistercense di Lucedio, in «Q
uaderni del-l'Istituto di storia dell'architettura», 12 (1965), pp. 1-6; B
.C. BED
INI,
S. Maria di L
ucedio, in Breve prospetto
delle abazie Cistercensi d'I-
talia: dalla fondazione di C
iteaux (1098) alla metà del secolo decim
o-quarto, s.l. 1966, pp.
11-12; G.C
. SCIOLLA
, Abbazia di L
ucedio, inL
'arte a Trino e nel suo territorio, Vercelli 1977 [L
'arte nel Vercelle-
se, 6], pp. 36-37; GIO
RDA
NO
, L'abbazia di Lucedio
cit., passim; L
.RA
SSING
A, L
'abbazia di S. Maria di Lucedio: un insediam
ento mona-
stico alla fine del XII secolo, T
orino 1979 (tesi di laurea, dattiloscrittopresso il D
ipartimento di storia m
edioevale, Torino); L
. AV
ON
TO, C
a-stello di Trino e Torre di D
arola, in Andar per castelli. D
a Vercelli a
Biella tutto intorno, T
orino 1980, pp. 240-241.13. L
o stesso Bonifacio di M
onferrato, dopo l'elezione di Baldovino di
Fiandra avrebbe voluto donare un vescovato a M
artino, abate di Pai-ris,
ma l'offerta fu rifiutata, cfr. P. RIA
NT, E
xuviae sacrae Constan-
tinopolitanae, I, G
enevae 1877, pp. 113-114; Longnon, Les com
pa-gnons cit., p. 250.
14. BROW
N, The C
istercians cit., pp. 79, 82; B. K
ITSIKI PA
NA
GO
POU
LOS,
Cistercian and M
endicant M
onasteries in M
edieval G
reece, Chica-
go/London 1979, p. 7.
15. Il cenobio di «Curhiat» era stato concesso «cum
ansensu bonae me-
moriae Soffridi
tit[uli] Sanctae Praxedis presbyteri cardinalis, tuncapostolicae sedis legatis (...)», vd. A
cta Innocentii PP
. Ili (1198-1216),ed. T
. HA
LUSCY
NSK
YJ, V
aticanis 1946 [C.I.C
.O., series III, voi. II],
1198 aveva ottenuto l'incarico da Innocenze III di indirizzare la 45crociata secondo i dettami della Chiesa (16) - comportava l'intro-duzione di elementi franco-lombardi nel clero di Salonicco, secon-da città dell'impero bizantino, e costituiva, per ciò stesso, una chia-ra risposta del marchese Bonifacio all'incontrastato dominio vene-ziano nella Chiesa costantinopolitana (17). L'insediamento cister-cense in Grecia inoltre si inseriva perfettamente nella politica per-seguita da Innocenze III nell'impero latino intesa a sostituire, ovepossibile, il clero bizantino con quello occidentale (18), politica cheindusse il pontefice, fin dal 1208, a scrivere a Pietro di Lucedio, al-lora vescovo di Ivrea, affinchè accettasse l'incarico di metropoli-ta di Tessalonica (19). Con un clero fedele alla Chiesa di Roma inTessaglia, Macedonia, Epiro e Acaia si sperava di ricomporre quel-l'antica unità della diocesi occidentale che cinque secoli prima il ba-
p. 429, doc. 195 = HABERSTUMPF, Regesto cit., pp. 62-63, n. 100(1212, maggio 25, Laterano).
16. H. ROSCHER, Papst Innocenz III und die Krezzuge, Gòttingen 1969,p. 60.
17. Significative, a questo proposito, sono le parole dell'anonimo «lom-bardo» autore della Devastatio Constantinopolitana, in C. HOPF,Chroniques Gréco-Romanes inédites ou peu connues, Paris 1873, p.92: «Eodem tempore [1204] Veneti occupaverunt ecclesiam beatae So-phiae, dicentes: «Imperium est vestrum, nos habebimus patriarcha-tum». Cfr. inoltre E. GERLAND, Geschichte des lateinischen Kaiserrei-ches von Konstantinopel, I, Geschichte der Kaiser Balduin I. undHeinrich (1204-1216), Homburg v.d. Hòhe 1905, pp. 194-195;205-206; BROWN, The Cistercians cit., p. 80; B. SPULER, Les chré-tienns orientaux et leurs relations avec les vénitiens et les italiens engenerai pendent la domination latine dans Levant, in Venezia e il Le-vante fino al secolo XV, a cura di A. Pertusi, II, Firenze 1973 [CiviltàVeneziana, Studi 2], p. 680. Lo stesso pontefice Innocenze III fin dal1205 si adoperò per contrastare l'egemonia ecclesiastica veneziana, cfr.R.L. WOLFF, Politics in thè Latin Patriarchate of Constantinople,1204-1261, in «D.O.P.», 8 (1954), pp. 227-246 [ora in ID., Studies inLatin Empire of Constantinople, London 1976, IX]; S. BORSARI, Stu-di sulle colonie veneziane in Romania nel XII secolo, Napoli 1966[Università di Napoli, Seminario di Storia Medievale e Moderna, III],p. 100 sgg.; K.M. SETTON, The Papacy and thè Levant (1204-1571),I, The Thirteenth and Fourteenth Centuries, Philadelphia 1976, pp.14-15; D.M. NICOL, Venezia e Bisanzio, trad. it., Milano 1990, pp.195-197.
18. R. JANIN, L'eglise latine a Thessalonique de 1204 a la conquète tur-e/uè, in «R.E.B.», 16 (1958), pp. 206-216; G. FEDALTO, La chiesa la-tina nel regno di Tessalonica, 1204-1224, 1423-1430, in «E.E.B.I.»,41 (1974), pp. 88-94:
19. Acta Innocenti! ///cit., p. 349, doc. 116 = A. POTTHAST, RegestaPontificum Romanorum (...), I, Berolini 1874, p. 296, n. 3444; cfr.anche F. UGHELLI, N. COLETI, Italia sacra (...), IV, Venetiis 1719, col1498; FEDALTO, La chiesa latina cit., p. 92; ID., La Chiesa latina inOriente, II, Hiearchia Latina Orientis, Verona 1976 [Studi religiosi/3],p. 227.
46 sileus L
eone III Isaurico aveva infranto annettendo l'Illirico al pa-triarcato di C
ostantinopoli (20). Al contem
po l'inserimento dei ci-
stercensi in Grecia rispondeva a quel com
plesso programm
a di or-ganizzazione del regno di T
essalonica che nell'ambito religioso fu
attuato da Bonifacio anche tram
ite una serie di donazioni e con-cessioni, tra il 1205 e 1207, alla C
hiesa e all'ordine dei Tem
plari(21).L
'atto con cui Bonifacio donò C
ortai'thon a Pietro II è andato per-duto così che non solo ci sfuggono, alm
eno in parte, le finalità po-litiche e religiose di questo prim
o insediamento cistercense in G
re-cia, m
a anche risulta difficile stabilire con un certo grado di pre-cisione quando e in quale circostanza fu redatto. È evidente co-m
unque come la data di concessione debba essere ricercata in un
periodo compreso tra due estrem
i temporali determ
inabili con si-curezza: l'occupazione di Salonicco da parte dell'A
leramico e il
mom
ento in cui l'abate Pietro II dovette tornare in patria per pren-dere possesso del vescovato di Ivrea. C
ome racconta G
eoffroy deV
illehardouin, forte buona e attendibile, tra l'ottobre 1204 e il feb-braio 1205 il m
archese, con la moglie e le sue genti, occupò T
es-salonica «E
t vint a Salenique (...). Lors se com
menca la terre e li
pai's a rendre al marchis et grant partie a venir a son com
ande-m
ent» (22). Per contro è più difficile stabilire quando l'abate diL
ucedio fece ritorno in Lombardia; secondo F. U
ghelli e C. E
ubel(23) ciò sarebbe avvenuto nel 1205, F. Savio sostiene che Pietro fueletto e conferm
ato vescovo d'Ivrea tra il 29 gennaio e il 21 otto-bre 1206 (24), L. U
sseglio suppone invece che l'abate abbia lasciatola G
recia sin dalla fine del 1204 (25) e che perciò la lettera di In-nocenze III agli abati di L
ucedio e del monte T
abor, al conte Ber-
20. JAN
IN, L
'eglise latine cit., pp. 206-207; FED
ALTO
, La chiesa latina
cit., pp. 88-89. Circa l'operato di L
eone III Isaurico neirillirico cfr.V
. GRU
MEL, L
'annexion de l'Illyricum
orientai, de la Sicilie et de laC
alabre au patriarcat de Constantinople. Le tém
oignage de Théopha-ne
le chronographe, in
«Recherches de
sciences religieuses»,
40(1951-52) [=
Mélanges Jules L
ebreton, 2], pp. 191-200; M.V
. AN
A-
STOS, The transfer of Illyricum
, Calabria and Sicily to thè jurisdiction
of thè patriarchate of C
onstantinople in 732-733, in Silloge bizantina
in onore di Silvio Giuseppe M
ercati, Rom
a 1957 [Studi bizantini e
neoellenici, IX], pp. 14-31; F. FED
ALTO
, Le Chiese d'O
riente da Giu-
stiniano alla caduta di Costantinopoli,
Milano 1984 [C
omplem
enti allaStoria della C
hiesa, a cura di H. Jedin], p. 66.
21. H
ABERSTU
MPF, R
egesto cit., p. 58, nn. 77-79; 59, n. 82.22.
GEO
FFROY D
E V
ILLEHA
RDO
UIN
, La conquéte de Constantinople, II,
ed. et trad. E. FA
RAL, P
aris 1961 (2) [Les classiques de PH
istoire deFrance au M
oyen Age, 19
e], capp. 300-301, p. 108.23. U
GH
ELLI, Italia sacra cit., IV, col. 792; C
. EUBEL, H
ierarchia catho-lica m
edii aevii (...) ab anno 1198 use/uè ad annum 1431 perducta, M
o-nasterii 1898, p. 297.
24. SAV
IO, G
li antichi vescovi cit., pp. 210-212.25. U
SSEGLIO
, I marchesi di M
onferrato cit., II. p. 318.
told [= di Katzenelnbogen] e a G. di Fornivall, datata 5 marzo 471205, debba ritenersi destinata non a Pietro ma a Oglerio succedu-togli quale abate di Lucedio (26). Infine, con più sottili argomen-tazioni E.A.R. Brown ritiene che Pietro II non si sia fermato inGrecia oltre il giugno 1205 (27). La concessione di Cortai'thon aPietro II da parte di Bonifacio di Monferrato deve dunque essereposta tra gli ultimi mesi del 1204 e la metà del 1205.
2. La situazione economica e patrimoniale del monastero di Cor-tai'thon nei primi anni della dominazione aleramica.
Anche le vicende dell'insediamento cistercense a Cortai'thon risul-tano piuttosto frammentarie e oscure sia per il silenzio delle fontigreche, sia per la scarsità dei documenti latini rimasti. Quando Bo-nifacio di Monferrato prese possesso di Tessalonica e delle sue im-mediate pertinenze, il cenobio risultava abbandonato dai monacigreci, ciò che forse potrebbe esser messo in relazione con le ope-razioni militari condotte dai Latini in quella zona (28), oppure an-che, e forse con più ragionevolezza, con le incursioni nei pressi diSalonicco del capo valacco Sisman (29).Il monastero, nonostante il momentaneo abbandono, possedevaancora diverse proprietà e beni, le suppellettili, alcuni boschi, unolivete e diversi capi di bestiame, a cui ben presto si aggiunsero lerinnovate offerte dei fedeli (30). A completare le rendite patrimo-niali del cenobio che non usufruiva più dei solemnia, sovvenzionitratte dal pubblico erario ed elargite dallo stato bizantino ai com-plessi monastici (31) - quasi sicuramente furono concesse ai cister-
26. Acta Innocentii IH cit., pp. 292-293, doc. 72 = POTTHAST, Regestacit., I, n. 2429, p. 208 (1205, marzo 5, s.l.); USSEGLIO, / marchesi diMonferrato cit., II, p. 318. È da notare che il conte Bertoldo di Kat-zenelnbogen fu amico e compagno d'armi del marchese Bonifacio dacui ottenne la signoria di Velestino in Tessaglia, vd. LONGNON, Lescompagnons cit., p. 244.
27. BROWN, The Cistercians cit., p. 79, n. 83.28. Già nel 1185, a causa dell'imminente attacco dei Normanni a Tessa-
lonica, la città e le sue adiacenze, su consiglio del metropolita Eusta-zio, erano state in gran parte abbandonate dagli abitanti, vd. BUSTA-ZIO Di TESSALONICA, La espugnazione di Tessalonica, ed. S. KYRIA-KIDIS, trad. V. ROTOLO, Palermo 1961 [Istituto Siciliano di Studi Bi-zantini e Neoellenici. Testi e monumenti. Testi, 5], p. 66, 28-31; A.E. VACALOPOULOS, A History of Thessaloniki, Thessaloniki 1972, p.42 sgg.
29. B. HENRICKX, Recherches cit., pp. 139-140, doc. 22 (XLVII).30. Acta Innocentii III cit., doc. 213, p. 452 = HABERSTUMPF, Regesto,
p. 63, n. 102; cfr. anche infra.31. A.L. LAiou-ToMADAKis, Paesani Society in thè Byzantine Empire. A
Social and Demographic Study, Princeton 1977, p. 46; P. LEMERLE,The Agrarian History of Byzantium from thè Origins to thè Twelfth
48 censi, al di fuori della diocesi tessalonicense, terre e villani (32) e,nell'isola di N
egroponte un «monasterium
Sancti A
rchangeli, si-tum
in loco qui dicitur Maduvium
, cum pertinentiis suis» (33), fra
cui probabilmente, la «grangia» di S
. Angelo, proprietà ricorda-
ta solamente in una bolla di G
regorio IX inerente ad alcune con-
troversie con il priore di S. M
arco di Negroponte (34). Infine il ce-
nobio possedeva numerosi beni, docum
entati però solo dalla me-
tà del secolo XIII, in T
essalonica, fra cui un meto
chio
n nel quar-tiere di S
. Param
on
os (35).
Il potenziamento econom
ico del monastero dovette essere senz'al-
tro gradito a Innocenze III, che mostrò sem
pre un costante inte-resse per il riordinam
ento della Chiesa latina in G
recia e, in par-ticolare, per quella tessalonicense (36). In effetti tutti gli ex m
ona-steri im
periali, che già godevano di ampi privilegi prim
a della quar-ta crociata, furono per volere di Innocen/o III protetti da ogni ten-tativo di usurpazione e di appropriazione patrim
oniale da parte deisignori latini (37), inoltre i cenobi di S
alonicco furono sottratti alla
giurisdizione dei vescovi e degli arcivescovi: «Cum
libera monaste-
ria, quae Imperialia nuncupatur, G
raecorum quoque d[om
i]no nul-li essent archie[pisco]porum
vel e[pisco]porum subiecta, praesen-
Century. Sources and P
roblems, G
alway 1979, pp. 82-85; A
. HA
R-
VEY, Econom
ie expansion in thè B
yzantine em
pire, 900-1200, Cam
-bridge 1989, p. 82 sgg.
32. RASSIGA, L'abbazia di S. M
aria di Lucedio cit., pp. 171-172, doc.
103.33. L
. AV
RAY
, Les registres de Grégoire IX
, I, Paris 1896 [B
.E.F
.A.R
.,2], nn. 1618-1619; J. KODER, N
egroponte. U
ntersuchungen zur Topo-graphie una Siedlungsgeschichte der Insel E
uboia wàhrend der Zeit der
Venezianerherrschaft, W
ien 1973 [Òsterreichische A
kademie der W
is-senschaften, 112. T
abula Imperii B
yzantini, I], pp. 142-143; 155. Gli
scarsi ruderi del monastero di S. A
rcangelo ('Aira^apC
TO
sarebbe-ro identificabili nei pressi della località di H
istiaia (Xerochori), vici-
no al fiume K
alas, nella Zona N
ord di Negroponte (O
reos), vd. ibid,pp.
143; 155.34.
RASSIGA, L
'abbazia di S. Maria cit., I, pp. 302-303, doc. 147 (1230
agosto 26, Anagni), S. M
arco è la cattedrale di Negroponte, oggi chie-
sa ortodossa dedicata a S. Paraskevi, vd. E. A
RMA
O, In giro per il
mare E
geo con Vincenzo C
orone/li. Note di topologia,
toponomastica
e storia medievali dinasti e fam
iglie italiane in L
evante, Firenze 1951,p. 352. C
irca le proprietà dei Cistercensi di L
ucedio a Negroponte vd.
infra.35. A
. BAKALOPOULOS, 'H
napà rr\v Q
soGaX
oviKnv B
u^avnvri novf|ròu X
opTc/irou, in «E
.E.B
.I.», 15 (1939), pp. 280-287; R. JA
NIN
,Les èglises et les m
onastères des grands centres byzantines (B
ithynie,H
ellespont, L
atros, Galèsios, Trébizonde,
Athènes,
Thessalonique),Paris 1975, pp. 404; 413-414.
36. FEDALTO, La chiesa latina cit., passim; 1D
., Le Chiese d'O
riente cit.,p. 169.
37. Cfr. ad es. A
cta Innocentii IH cit., p. 371, doc. 133 = PO
TTHA
ST,R
egesta cit., I, p. 330, n. 3815 (1209, novembre 2, L
aterano).
tium vobis auc[tori]tate mandamus, quat[enu]s inquisita et cognita 49veritate in monasteriis illis regalibus regni Thessalonicen[sis],...»(38).A siffatte premesse non seguì un periodo di splendore e di poten-za, né tanto meno di rinnovamento spirituale: gli abati latini delmonastero con il loro agire vanificarono in breve le legittime spe-ranze di Bonifacio e di Innocenze III. Pietro di Lucedio, dopo ladonazione, fece eleggere quale abate il monaco Goffredo, «lupusrapax et praedo crudelis», a cui ben presto subentrò Rogerio (39).Se Goffredo «ablatis thesauro et omnibus aliis ipsius ecclesiae or-namentis, venditisque victualibus et ceteris bonis, quibus ipsa ec-clesia copiosissime affluebat», contribuì alla rovina del cenobio, ilsuo successore non fu certo da meno (40). Rogerio, «monachus deLucetiis», avuto il monastero in custodia dallo stesso marchese, di-lapidò e dissipò quanto ancora restava: «Nepte cellis dirutis, et dò-minibus desolatis, ac eradicato quodam funditus olivete (...) tam-quam mercator improbus ligna vendebat clebanis impudenter. Necsic tamen potuit eius inexpleta cupiditas satiari, quin omnibus ani-malibus venditis, (...) quod novissimi exactoris crudelitas priorepeior extitit in universum, quia lupi rapacitas praecedentis, subse-quentis respectu sompnium potuit reputari» (41).La gravita della situazione, l'alienazione di beni e sostanze da partedegli abati provocarono l'intervento dello stesso marchese Bonifa-cio che non esitò a espellere i cistercensi sostituendoli, forse, conun'ignota congregazione greca: «Cumque ad aures marchionis haecomnia pervenissent, idem considerans se fore a dictis monachis cir-cumventum et dolens per se factam ruinam tantae domus, exindedictum monachum expelli praecepit...» (42). L'agire delPAlerami-co, che ben si conformava alla sua linea politica intesa a concilia-re gli interessi personali con quelli del clero e dell'aristocrazia greca(43), parrebbe opporsi al processo di latinizzazione della Chiesa bi-zantina voluto da Innocenze III (44), ma le reazioni immediate delpontefice, se vi furono, non sono note.
38. Acta Innocenti! HI ài., p. 379, doc. 143 = POTTHAST, Regesta di.,I, p. 341, n. 3950 (1209, marzo 29, Laterano).
39. Acta Innocenti! Ili cit., p. 452; BROWN, The Cistercians cit., p. 80sgg. Vd. anche G. CASALIS, Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli stati di S.M. il re di Sardegna, XVIII, Torino 1849,p. 262 ove Goffredo è chiamato Gaufredo.
40. Acta Innocentii IH cit., p. 452.41. Ibid., p. 453.42. Ibid., p. 453.43. D. JACOBY, Les archontes grecs et la fèodalité en Marèe franque, in
«T.M.», 2 (1967), pp. 421-481; B. FERJANCIC, Rapports entre Grecset Latins après 1204, in «Z.R.V.I.», 10 (1967), pp. 171-176.
44. CARILE, Per una storia cit., pp. 221-224.
50 3.
La contesa fra il clero greco e quello latino per il monastero di
Cortaìthon.
La pace del m
onastero di Cortai'thon, già turbata dall'arrivo dei
Latini, fu ulteriorm
ente comprom
essa, poco dopo la morte del
marchese B
onifacio (45), dall'avanzata dello zar Kalojan che, con
un esercito di Bulgari e C
umani, tentò inutilm
ente di espugnareT
essalonica (46). Anche la presenza a C
orthiac dell'imperatore la-
tino Enrico d'H
ainault, ivi giunto nel 1209 con un esercito per do-m
are l'insurrezione dei baroni lombardi (47), non contribuì di si-
curo a migliorare la situazione (48).
Forse in questa occasione il sovrano latino, desideroso di rappaci-ficare il regno aleram
ico così come di legittim
are l'operato dei mar-
chesi in Rom
ania, decise di confermare, m
ediante una crisobollae conform
emente a quanto voluto dal m
archese Bonifacio, l'espul-
sione dei Cistercensi dal m
onastero (49).L
'allontanamento
di questi
ultimi da
Cortai'thon,
le vicendepolitico-m
ilitari in cui il cenobio fu coinvolto e le continue incur-sioni dei B
ulgari nella zona di Tessalonica, provocarono al fine
l'intervento di Innocenze III che, su istanza di Guglielm
o di Mon-
ferrato, scrisse nel 1212 agli arcivescovi di Filippi e di Serre affin-chè il m
onastero fosse restituito ai cistercensi «Nos enim
volentes,ut ordinis C
isterciensis religio [...] in Rom
aniae partibus propage-
45. GEO
FFROY D
E V
ILLEHA
RDO
UIN
, Le conquéte cit. II, capp. 498-499,pp. 312-314; CERU
TTI, Un codice del m
onastero di Lucedio cit., p.
378.46. CA
RILE, Per una storia cit., pp. 236-237; V
. GH
IUZELEV
, La Bulgaria
durante il m
edioevo, in
Storia della B
ulgaria, R
oma
1982, pp.
106-107.47. C
fr. HEN
RI DE V
ALEN
CIENN
ES, Histoire de l'em
pereur Henri de C
on-stantinople,
ed. J. LON
GN
ON
, Paris 1948 [D
ocuments relatifs a l'hi-
stoire des Croisades, II], capp. 573, 582, 596-597, 646, 649.
48. Oltre un secolo dopo questi avvenim
enti il monastero, a causa della
sua posizione strategica, fu nuovamente al centro di operazioni m
ili-tari che videro i G
reci combattere i T
urchi di Haireddin, vd. P. L
E-
ME
RL
E, A
. G
UIL
LO
U, N
. SV
OR
ON
OS, D
. P
AP
AC
HR
YS
SA
NT
HO
U, S
. ClR
-covic, A
ctes de Lavra, IV, E
tudes historiques-Actes Serbes. C
omplè-
ments et Index,
Paris 1982 [A
rchives de l'Athos, X
I], p. 54, n. 252(1387).
49. Acta Innocentii IH
cit, p. 453: «Sed eodem m
orte pervenuto [Boni-
facio], carissimus in C
hristo filius noster H. im
perator Constantino-
politanus illustris, cui praemissa constabant, ipsos restituii in eodem
,confirm
ans postmodum
factum suum
privilegio aurea bulla munito».
Cfr. anche G
ERLAN
D, G
eschichte cit., I, p. 205, n.
2, LON
GN
ON
,L
'empire latin cit., p. 137; BRO
WN
, The Cistercians cit., pp. 79-81;
HEN
DRICK
X, R
égestes cit., p. 88, n. 125; pp. 89-90, n. 127. Per i rap-porti politici fra i m
archesi di Monferrato e l'im
peratore latino Enrico
durante la rivolta dei baroni lombardi vd. W
. HA
BERSTUM
PF, / con-ti di B
iandrate in Outrem
er e in Oriente nei secoli X
II e X
III, in
«B.S
.B.S
.», 91 (1993), pp. 220-230.
tur, ut oves quae de novo sunt in unum reductae, patrem in eoe- 51lis glorificent, cum Latinos viderint sanctioris vitae propositum ele-gisse [...]». Nel contempo, il pontefice si rivolse all'imperatore la-tino Enrico perché cessasse dal molestare i monaci e li protegges-se «... sed eos habens propensius commendatos, a malefactorumincursibus protegas et defendas» (50).A tal proposito Henri di Valenciennes, relativamente agli anni1208-1209, descrive il monastero di Corthiac come una «riche ab-beye de moines gris» (51). J. Longnon, basandosi sul manoscrit-to GH (= Chronique de Baudoin d'Avesnes) dell'Histoire sugge-risce la lezione moines grius o grecs (52) ciò che presuppone la pre-senza in quegli anni di un clero greco subentrato a quello latino.La qual cosa trova conferma in una supplica indirizzata, forse nel1212, dai cistercensi di Cortaìthon a Innocenza III perché allontanidal monastero i monaci ortodossi (53). Questi a loro volta si ap-pellarono al pontefice che nel 1215 scrisse a Pelagio, cardinale ve-scovo di Albano e legato pontificio in Romania, affinchè decidessefra i due contendenti (54). La soluzione presa da Pelagio non è no-ta, ma tutto lascia credere che essa sia stata favorevole all'ordinelatino dato che la presenza cistercense a Cortai'thon è sicuramen-te attestata negli anni 1223-1224 (55). Che nel periodo compresotra il 1214-1223, seppur forse non in maniera continua, il cenobiosia appartenuto agli abati di Lucedio trova ulteriore conferma inun atto del 1215 indirizzato al convento «cistercensis ordinis deCurthiat» (56) e in un altro inviato tre anni dopo all'abate «deCorthiaco Cistercensis ordinis Thesalonicensis diocesis» (57).Del periodo cistercense rimangono poche altre testimonianze: nel1215 il legato apostolico Pelagio esentò il cenobio dal pagamentodelle decime per i beni che il monastero possedeva nei territori ap-partenenti ad altre diocesi (58), successivamente Onorio III scris-se all'abate circa le vertenze che vedevano contrapposti i frati delSepolcro del Signore e il capitolo di S. Demetrio (59). Mentre ilpontefice si occupava di questi problemi relativi al riordinamento
50. Acta Innocenti! HI cit., pp. 429-430, doc. 195.51. HENRI DE VALENCIENNES, Histoire cit., cap. 573, p. 63.52. Ibid., pp. 17; 63-64, n. 5. Circa i codici riguardanti l'opera del Valen-
ciennes vd. J. LONGNON, Sur l'Histoire de l'empereur Henri de Con-stantinople par Henri de Valenciennes, in «Romania», 69 (1946), pp.218-229.
53. Acta Innocentii III cit., p. 453.54. Cfr. BROWN, The Cistercians cit., p. 81. Secondo J.P. DONOVAN, Pe-
lagius and thè Fifth Crusade, Philadelphia 1950, p. 16, il pontefice or-dinò a Pelagio di riammettere a Cortaìthon il clero greco, ma in realtàInnocenze III lasciò il cardinale libero di decidere a sua discrezione.
55. Acta Honorii ///cit., p. 174.56. RASSIGA, L'abbazia di S. Maria cit., I, p. 171.57. BROWN, The Cistercians cit., p. 119.58. RASSIGA, L'abbazia di S. Maria cit., I, pp. 171-172, doc. 103.59. BROWN, The Cistercians cit., Appendix, pp. 119-120, doc. 103.
52 della C
hiesa latina in Rom
ania, la minacciosa avanzata degli E
pi-roti di T
eodoro Dukas su T
essalonica poneva una seria ipoteca sul-l'esistenza stessa del regno aleram
ico in Grecia (60). È
degno di no-ta il fatto che O
norio III, al fine di raccogliere denari per una spe-dizione di soccorso,
scrisse al marchese G
uglielmo e all'abate di
Cortai'thon (61), m
a già nel dicembre del 1224 S
alonicco fu conqui-stata dagli E
piroti (62) e a nulla valsero, successivamente, i tenta-
tivi dei Monferrato per riconquistare l'avito regno (63). A
nche ilcenobio fu, di conseguenza, riconquistato dai G
reci che dovetteroallontanare i cistercensi, e pur se E
.A.R
. Brow
n ipotizza, ma su ba-
si assai dubbie, la presenza di questi monaci fin verso il 1233 (64),
un «breve» di Gregorio IX
lascia intuire con chiarezza come: «G
re-cis occupantibus locum
ipsum om
nis ad Thesalonicensem
civitatemfugere sunt com
pulsi ubi postmodum
iidem G
reci miserabiliter cap-
tivantes eosdem ipsos carcerali custodie m
ancip
arum
» (65).D
ispersi o imprigionati dagli E
piroti vittoriosi, persa ogni concretasperanza di tornare nel cenobio tessalonicense, ai cistercensi di L
u-cedio, rim
asero solo le proprietà in Negroponte, ove gli abati an-
cora possedevano il monastero di S
. Arcangelo con le sue pertinen-
ze (66). Ma ben presto, stando al totale silenzio delle fonti, all'or-
dine monastico insediatosi un tem
po nei pressi di Salonicco non ri-
mase che il ricordo di un passato glorioso e fugacem
ente trascor-so, ulteriore supporto per quelle leggende che, fiorite secoli d
op
o,
legheranno ancora, in modo assai tenue invero, lo scom
parso mon-
do bizantino alla comunità m
onastica di S. Maria di L
ucedio (67).60. M
. GA
LLINA
, Fra O
ccidente e Oriente: la «crociata» alerà m
ica perTessalonica, in P
iemonte M
edievale. Form
e del potere e della socie-tà. Studi per G
iovanni Tabacco, Torino 1985, pp. 66-67.
61. Acta H
onorii IH cit., pp.
172-175, doc. 168 = PRESSUTTI, R
egestacit.,
II, p. 283, n. 5186 (1224, novembre 28, L
aterano); J. LON
GN
ON
,La reprise de Satonique par les G
recs an 1224, in Actes du VIe C
on-gres International
d'Etudes B
yzantines, P
aris 27 juillet-2 aóut 1948,I, Paris 1950, p. 144; BRO
WN
, The Cistercians cit., p. 109; R
. SPEN-
GE, Gregory's attem
pted expedictions to thè L
atin Em
pire of C
on-stant inopie: thè C
rusadefor thè U
nion of Latin and G
reek Churches,
in «Journal of Medieval H
istory», 3 (1979), p. 165; G
ALLIN
A, F
raO
ccidente e Oriente cit., p. 75.
62. LON
GN
ON
, Za reprise cit., pp. 141-146; B
. SINO
GO
WITZ, Zur E
robe-rung Thessalonikes im
Herbst 1224, in «B
.Z.», 45 (1952), p. 28; D
.M.
NICO
L, The despotate of Epiros, O
xford 1957, pp. 60-63; GA
LLINA
,F
ra Occidente e O
riente cit., p. 79.63. Ibid, pp. 78-83, m
a cfr. anche le osservazioni in merito di A
.A. SET-
TIA, G
eografia di un potere in crisi: il marchesato di M
onferrato nel
1224, in «B
.S.B.S.», 89 (1991), pp. 417-418.
64. BROW
N, The C
istercians cit., p. 116.65. RA
SSIGA
, L'abbazia di S. M
aria cit., I, pp. 304-305, doc. 148 (1230,novem
bre 1, Anagni).
66. Cfr. supra.
67. W. H
ABERSTU
MPF, C
ontinuità di rapporti fra Bisanzio e la corte dei
Paleologi di M
onferrato nei secoli X
IV-X
VI:
realtà e leggende, in«Studi Piem
ontesi», 15 (1989), p. 79 sgg.
Appendice documentaria 53
I documenti relativi al monastero di Cortaìthon, durante il perio-do cistercense, sono pochissimi: in questa sede ne riproponiamocinque, già editi, ma difficilmente reperibili e poco conosciuti. Diogni atto si fornisce la collocazione archivistica e, secondo un ri-goroso ordine cronologico, le diverse edizioni e i regesti.
I1212, maggio 25, Laterano
Innocenze III - su istanza di Guglielmo di Monferrato figlio di Bo-nifacio - scrive all'abate di Lucedio, agli arcivescovi Guglielmo diFilippi e Arnolfo di Serre, e all'imperatore latino di Costantinopo-li, affinchè il monastero di Cortaìthon sia restituito ai Cistercensiche ne erano stati scacciati.
Reg. Vat., 8, a. XV, fol. 94, n. 70.Ed. F. BOSQUETUS, Innocenti! Tertii, Pontifici Maximi Epistolarum
(...), Tolosae 1635, p. 351.Ed. S. BALUZIUS, Epistolarum Innocentii III (...), II, Parisiis 1682, p.
626.Ed. G.B. MORIONDO, Monumenta Aquensia, II, Torino 1779-80, col.
390, doc. 162.Ed. Innocentii III Romani Pontificis opera omnia (...), in MIGNE, P.L.,
216. Lutetiae Parisiorum 1855, coli. 594-595, doc. LXX.Ed. Acta Innocentii PP. IH (1198-1216), ed. P.T. HALUSCYNSKYJ, Va-
ticanis 1944 [C.I.C.O., series III, voi. II], pp., 429-430, doc. 195.Reg. A. POTTHAST, Regesta Pontificum (...), I, Berolini 1874, p. 388,
nn. 4491-4492.Reg. W. HABERSTUMPF, Regesto dei marchesi in Monferrato (...), To-
rino 1989 [B.S.S., CCV], pp. 62-63, n. 100.Abbati et fratribus de Locedio. Dilectus filius nobilis vir W. marchio Mon-tisferrati sua nobis insinuatione monstravit, quod clarae memoriae patereius, dum adhuc viveret, monasterio vestro coenobium de Curhiat, quoderat in regno suo prope Thessalonicam constitutum, cum assensu bonaememoriae Soffridi tit[uli] Sanctae Praxedis presbyteri cardinalis, tunc apo-stolicae sedis legati, quantum in eo fuit, prò suorum concessit remedio pec-catorum; quod etiam idem cardinalis prout potuit confirmavit. Postmo-dum autem [...] karissimus in Christo filius noster ConstantinopolitanusImperator illustris praedictos fratres de monasterio ipso violenter eiecit.Quia vero dissolvi nolumus nec debemus, quod in favorem religionis fac-tum est intuitu pietatis, venerabilibus fratribus nostris Philippensi et deSerra archiepiscopis damus litteris in mandatis, quatenus monasterium ip-sum vobis restituere obstaculo appellationis sublato procurent, contradic-tores cen[sura] ec[clesiastica] compescendo. Nos enim volentes, ut ordinisCisterciensis religio [...] in Romaniae partibus propagetur, ut oves quaede novo sunt in unum reductae, patrem in coelis glorificent, cum Latinos
54 viderint sanctioris vitae propositum
elegisse [...].D
atum L
aterani Vili kal. iunii a. X
V.
Scriptum est super hoc in e[undem
] f[ere] m[odum
] Philippensi et Ser-rensi archiepiscopis. D
ilectus filius nobilis vir W. m
archio Montisferrati
etc. usque intuitu pietatis, fraternitati vestrae per apostolica] s[cripta]m
[andamu]s, qu[atenus] m
onasterium ipsum
fratribus de Locedio, sublato
cuiuslibet appellationis obstaculo, restituere procuretis. Contradictores
cen[sura] ec[clesiastica] compescendo
[...]..In e[undem
]f[ere] mfodum
] scriptum est super hoc Im
peratori Constan-
tinopolitano illustri. Dilectus filius nobilis vir. W
. marchio M
ontisferra-ti etc. usque intuito pietatis. Serenitatem
tuam ro[gam
u]s atque mo[nem
u]sper apostolica] ti[bi] s[cripta] m
[andan]tes, qu[atenus] dictos frates superdicto m
onasterio non molestes, sed eos habens propensius com
mendatos,
a malefactorum
incursibus protegas et defendas.
II1215, agosto 1, C
urthiat
Pelagio, legato apostolico,
concede al monastero di C
orta'ithon l'esen-zione dal pagam
ento delle decime per le terre che possiede nei luoghi ap-
partenenti ad altre diocesi.O
riginale in buono stato di conservazione, mm
. 225-130, (A), A
rchiviodell'O
rdine Mauriziano, L
ucedio, Scritture diverse, m
azzo II, n. 65.E
d. L. RA
SSIGA
, L'abbazia di S. M
aria di Lucedio: un insediam
entom
onastico alla fine del XII
secolo, I, tesi di laurea, dattiloscritto pressoil D
ipartimento di Storia M
edioevale, Torino 1979, pp. 171, doc. 103.
Pelagius miseratione divina A
lbanensis episcopus apostolice sedis lega-tus, religiosis viris [...] abbati et conventui cirsterciensis ordinis de C
ur-thiat salutem
in salutis auctore attendentes novitatem vestram
in partibusR
omanie et pauperitatem
monasterii cuius estis obsequio deputate ne vil-
lani vestri nova et insolita decimarum
exactione deterriti terras vestras di-m
ittant vobis misericorditer legationis auctoritate qua fungim
ur indulge-m
us quod a villanis vestris nomine decim
e ultra modium
frumenti de cui-
libet carruca nullatenus exigatur ab aliquo prelatorum in suorum
dioce-sibus habetis casalia sed uno tam
en modio sint contenti donec per suum
ponteficem aliter fuerit ordinatuum
. Nulli ergo om
nino hominum
liceathanc paginam
nostre indulgencie infringere vel ei ausu temerario contraire.
Si cuius autem hoc attem
ptare presumpserit indignatione om
nipotens Dei
et beatorum Petri et Pauli apostolorum
eius se noverit incorsum.
Datum
apud Curthiat, kalendas augusti, pontificatus dom
ini Innocentiipapae III anno decim
o octavo.
S.P
.D.
HI 55.218, maggio 29, S. Pietro
Onorio III scrive all'abate cistercense di Cortaithon circa alcuni proble-mi riguardanti il clero tessalonicense.
Reg. Val., 8 fol. 264V (ep. II. 1168)Ed. E.A.R. BROWN, The Cistercians in thè Latin Empire of Constan-
tinople and Greece, (1204-1276), in «Traditio», 14 (1958), Appendix, pp.119-120, doc. I.
Reg. P. PRESSUTTI, Regesta Honorii papae HI (...), I, Romae 1888, n.1391.
Abbati de Cortiaco Cistercensis ordinis Thesalonicensis diocesis, [...]Thesalonicensi et magistro Johanni Citrensis decanis. Dilectorum filiorumcapituli sancii Demetrii accepimus questionem quod cum frates Domini-ci Sepulchri Thesalonicensis diocesis quandam eorum prebendam et resalias detinerent iniuste, alias iniuriosi existentes eisdem, ipsi super hiis afelicis recordationis I[nnocentio] papa predecessore nostro ad [...] archi-diaconum [...] cantorem et [...] thesaurarium Thesalonicenses causam ob-tinuere comrnitti. Cumque ab eis citata fuisset multotiens et eorum iudi-cium subterfugeret pars adversa, venerabilis frater noster, [...] patriarchaConstantinopilitanus, se asserens a sede apostolica delegatum, in prima ci-tatione peremptorie ad locum qui per decem dietas extra ipsorum dioce-sim distabat ab eis et ad quem accedere tute non poterant, mandato apo-stolico non ostenso, citavi! eosdem ut se ipsius conspectui personaliter pre-sentarent. Tandem predicti capituli nuntii in ipsius patriarche presentiacomparentes, quia in eadem causa N., qui se procuratorem predictorumfratrum gerebat, non erat sufficiens procurator, iidem nuntii ad propriasunt reversi. Verum cum patriarcha predictos eos ad eundum locum et eo-dum modo citasset, nec aliis ad quos secure possent accedere causam ineadem provincia vellet commitere terminandam, cum tunc bone memorieWillelmus Philippensis archiepiscopus in via unde accedendo ad ipsumtransire oportebat eosdem esset a Bulgaris interfecus, propter hec et aliagravamina sedem apostolicam appelarunt et, ad prosequendam appelatio-nem emissam, G., eorum canonicum, ad nostram presentiam iransmise-runt. Quocirca discretioni vestre per apostolica scripta de utriusque par-tis procuratorum assensu mandamus quatenus, si est ita, revocato in ir-ritum quicquid inveneritis ab eodem patriarcha post appellationem huiu-smodi temere attemptatum, audiatis causam et, appelatione remota, finecanonico terminetis, facientes, et celerà. Alioquin partes ad ipsius patriar-che remiltatis examen, appellantes in expensis legitimis condempnando.Tesles aulem, el celerà. Quod si non omnes, duo veslrum, et celerà.
Datum Romae apud Sanclum Pelrum, .Ill.kal. Junii, anno secundo.
56 IV
1230, agosto 25, Anagni
Gregorio IX
scrive all'abate di S. Marco di N
egroponte circa taluni pro-blem
i con i Cistercensi di L
ucedio
Originale in buono stato di conservazione, m
m. 162 x 117, (A
); Archi-
vio dell'Ordine M
auriziano, Lucedio, B
olle e brevi a favore del monastero,
mazzo I, n. 17.E
d. L. RA
SSIGA
, L'abbazia di S. M
aria di Lucedio: un
insediamento
monastico alla fine del X
II secolo, I, tesi di laurea, dattiloscritto pressoil D
ipartimento di Storia M
edievale, Torino 1979, pp. 302-303, doc. 147.
Gregorius episcopus servus servorum
Dei. D
ilectis filiis sancti Marci N
i-gripontis venetorum
et sancte Maria C
rucesignatorum prioribus N
igripo-tensibus salutem
et apostolicam benedicionem
. Dilecti filii abbas et con-
ventus monasterii L
ocedii nobis conquerendo monstrarunt quod archidia-
conum et quidam
alii clerici et laici tam civitatis et diocesis N
igriponten-sis super grangia Sancti A
ngeli quadam pecunie sum
ma et rebus aliis iniu-
riantur esidem. Ideoque discretioni vestre per apostolica scripta m
anda-m
us quatinus partibus convocatis audiatis causam et appellatione rem
o-ta fine debito term
inetis facientes quod decreveritis per censuram ecclesia-
sticam firm
iter observari. Testes autem
qui fuerim nom
inati si se gratiaodio vel tim
ore subtraxerint per censuram eandem
appellatione cessantecogatis ventati testim
onium perhibere.
Datum
A
nagne V
II kalendas septem
bris. Pontificatur
nostri anno
quarto.
V1230, novem
bre 1, Anagni.
Gregorio IX
scrive all'abate di Lucedio affinchè accolga il frate G
ugliel-m
o, reduce dalla prigionia in Grecia.
'
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ilectis filiis abbati et con-ventui L
ocediensis, cistercensis ordinis Vercellensis diocesis salutem
et apo-stolicam
benedictionem. A
ccendens ad sedem apostolicam
dilectus filiusfrater W
illielmus m
onasterii nostri conversus humili nobis relatione m
on-stravit quod cum
idem non dum
ad monasterium
de Cordato cum
conven-tu quem
misistis ibidem
de mandato vestro hum
iliter accessisset tandem
Grecis occupantibus locum ipsum omnis ad Thesalonicensem civitatem fu- 57gere sunt compulsi ubi postmodum iidem Greci miserabiliter captivanteseosdem ipsos carcerali custodie manciparum. Quare a nobis humiliter po-stulabat ut cum idem ad ipsorum carcere per Dei misericordiam liberatusad monasterium vestrum desideret cum humilitare redire vobis prò eo seri-bere misericorditer dignaremur. Nos igitur eius devotis precibus in[dig]nati,universitati vestre per apostolica scripta precipiendo mandamus quatinusipsum ad vos humiliter redeuntem recipiatis benigne et fraterna cariiatetractetis preceptum nostrum taliter inpleturi quod idem procter hoc noncogatur ad nos denuo laborare nec nos ad receptionem ipsius vos cogereper alium compellamur.
Datum Anagne idibus novembris pontificatus nostri anno quarto.
58
Ap
pu
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Antiche architetture casalesi.Segnalazione
di alcuni reperti ineditiVINCENZO PORTA
Dopo le notizie già pubblicate su «II Monferrato» (1) credo oppor-tuno tornare in questa sede su alcune presenze inedite nel campodell'architettura casalese sempre difficile da leggere, se di architet-tura antica si tratta, per via della quasi totale distruzione del tes-suto medievale. Particolarmente importanti perciò possono esserenuove acquisizioni di originali manufatti. Rientra nei compiti diquesta pubblicazione darne conto anche se l'argomento avrà biso-gno di ulteriori ricerche e approfondimenti.I ritrovamenti che qui presenterò sono quattro, tre dei quali deltutto inediti e uno relativo ad un ambiente ben noto tuttavia maiconosciuto in tempi recenti nella sua integrità volumetrica che stariemergendo in questi giorni insieme con eloquenti avanzi della suaoriginaria decorazione plastica e pittorica.Mi riferisco a:1. Una colonna rinascimentale in via Canina 5.2. Una colonna medievale apparsa in piazza Rattazzi 4.3. Una porzione di muratura medievale con nicchia in via Guala 4.4. Un ambiente nell'ex convento di S. Francesco in via Palestre.
La colonna di via Canina si inserisce in un contesto importante siaperché nell'ambito del «largamente del Cantone Brignano» sia per-ché nello stesso cortile esiste tuttora, sebbene normalmente non vi-sibile (2), una serie di colonne con bellissimi capitelli di ordinecomposito che hanno la caratteristica, unica in Casale, di esseretutti uguali (3).
1. «Il Monferrato», n. 11 del 12 febbraio 1993.2. I capitelli sono all'interno di ambienti privati normalmente chiusi. Uno
solo, inglobato in una scala sul lato sinistro del cortile, è accessibile.3. VINCENZO PORTA, Capitelli dell'architettura Casalese, Media Ed.,
Casale 1990, p. 112.
La colonna di cui parliamo diverge da quelle sopra menzionate per 63dimensione e decorazione e pone anche qualche problema che almomento non è di facile soluzione. Il capitello non ha particolariimpreziosimenti decorativi e rientra nella serie dei «capitelli plasti-ci» lavorati in masse sintetiche e squadrate secondo una tipologiaben documentata in Casale (4).Il piano di posa della colonna è rialzato di circa 20 cm. rispetto alpiano del cortile e rappresenta di per sé una incognita poiché, es-sendo le altre colonne a livello del cortile, è da ritenere che que-st'ultimo non abbia variato la sua situazione altimetrica, inoltrenon è verificabile se sotto la base della colonna esiste il plinto.Il fusto è monolitico e non posa su una vera «base» ma sopra uncapitello rovesciato. Si è indotti perciò a pensare ad un recuperoe riutilizzo di materiali ma quando ciò sia avvenuto non è dato sa-pere. La colonna è allineata con i settecenteschi pilastri del porti-co ma al momento non si conosce se appartiene ad una serie mu-rata o se è stata lì posta come cimelio con provenienza da chissàquale ritrovamento. Il capitello è fortemente danneggiato e il tut-to è apparso casualmente durante recenti lavori di manutenzione.
Di gran lunga più importante è la colonna apparsa in piazza Rat-tazzi (5). Mimetizzata in un retrobottega e nascosta in muraturepiù tarde non era nelle condizioni migliori per essere notata e co-sì appare oggi come inopinata scoperta questa colonna che per ca-ratteristiche di forma, materiali e decorazioni si iscrive tra i repertipiù antichi della città medievale, reperto che acquista particolareimportanza anche perché attribuibile ad un contesto di architetturacivile. Alcune sue caratteristiche rendono la colonna oggetto assairaro in Casale essendo possibile un accostamento tipologico solocon lo smozzicato avanzo di un capitello nella porzione conventua-le della chiesa di S. Bartolomeo e con le colonne residue in un am-biente del convento di S. Francesco.La colonna, che verosimilmente non era isolata, è composta dal-le tre parti canoniche: base, fusto, capitello. L'opera si presentacon una marcata dicromia non solo per la presenza della base inpietra e del capitello in tufo ma anche per l'evidentissimo insertodi un vistoso rocco in tufo chiaro fra i mattoni che compongonoil resto del fusto.Dal capitello si dipartono tre archi appartenenti ad un diversifi-
cato periodo cronologico che probabilmente tocca tre momenti di-versi. Per la datazione un punto di riferimento può essere anche lapresenza sul capitello dello stemma aleramico in base al quale, qua-lora si tratti di costruzione di carattere pubblico dovremmo pen-sare ad una data posteriore al 1278 anno in cui fu conferito il ca-pitaneato generale a Guglielmo VII o al 1303, anno in cui gli Ale-
4. VINCENZO PORTA, op. cit., p. 47.5. Il luogo è al n. 4 di p. Rattazzi: negozio Bacchio.
64 ram
ici ottennero la signoria su Casale nella persona di G
iovanni I.A
ll'interno di queste due date va però escluso il periodo in cui dal1292
entra in scena Matteo V
isconti (6). Diversam
ente si dovreb-be pensare ad una dim
ora di carattere privato legata agli Aleram
iciper diretta appartenenza o per qualche altra ragione a noi non no-ta.O
ccorre poi ricordare che lo stemm
a aleramico può essere stato uti-
lizzato anche più tardi come stem
ma «di M
onferrato» e che appareanche in im
prese araldiche paleologhe. D'altra parte se si trattas-
se di una costruzione senza riferimento a funzioni pubbliche, lo
stemm
a aleramico potrebbe essere com
patibile anche con date an-teriori a quelle sopra citate, m
a difficilmente, in ogni caso, si po-
trebbe pensare alla prima m
età del XIII secolo.
La colonna è ancora in loco e se ne da qui particolareggiata descri-
zione rimandando anche alle illustrazioni delle pagg. 66 e 67.
Il capitello. Del capitello sono visibili tre facce orientate a est, nord
e ovest. La quarta faccia è celata da una più recente m
uratura. Le
facce est e ovest sono uguali: volute angolari e al centro uno scu-do riferibile alla balzana aleram
ica o arma di M
onferrato: d'argen-to al capo di rosso. L
a faccia nord ha la stessa impostazione del-
le precedenti ma cam
bia lo stemm
a che si presenta decorato con treanelli.L
e volute sono poste in diagonale e perciò binate così da renderele quattro facce del capitello sostanzialm
ente uguali. Le volute ten-
dono alla forma globulare, sono ad arricciatura sottile e lunga con
molte spirali ravvicinate e sono collegate fra loro da un'ansa che
richiama una foglia angolare di poco spessore term
inante nel ric-ciolo della voluta. L
'abaco è liscio, squadrato e molto robusto.
Nel com
plesso la foggia del capitello è tale da richiamare rem
ini-scenze classiche m
a usate con criteri assai divergenti da quei cano-ni. N
e sono prova la proporzione dell'insieme e delle singole par-
ti, la forma e lo spessore dell'abaco, la form
a e le dimensioni della
voluta nonché il robusto tondino di base.Il capitello è in tufo, evidenzia una vistosa fenditura sul lato norded è danneggiato sul collarino e sulla voluta nord-est che è prati-cam
ente mancante. A
nche l'abaco presenta danni che sono eviden-ziati nel rilievo grafico qui pubblicato.Il fusto. Il fusto è cilindrico e nettam
ente diviso in tre sezioni dellequali la m
ediana è data da un unico blocco di tufo che contrasta
cromaticam
ente con le altre due parti ottenute con robusti mattoni
a profilo arcuato. La calce tra i ricorsi di m
attoni ha spessore benm
arcato. L'altezza del fusto è di cm
. 197, il diametro è di cm
. 46ca. I ricorsi di m
attoni sono 22 di cui 12 al di sopra della porzio-ne in tufo e 10 nella parte inferiore.
6. cfr. G. SERGI, G
li statuti cosatesi come espressione di autonom
ia isti-tuzionale in un com
une non libero, in P. CAN
CIAN
, G. SERG
I, A.A
.SETTIA, G
li statuti di Casale M
onferrato del X
IV secolo, A
lessandria1978, p. 7, note 28 e 29 e testo corrispondente.
La base. La base non ha richiami alla tradizione classica, è mono- 65litica in pietra e senza plinto. Questo ultimo elemento non è pernulla visibile ma potrebbe essere celato ad un livello inferiore. Laforma della base è data da due cilindri sovrapposti di diametro di-verso e raccordati fra loro da una doppia curva a gola rovesciata.La superficie d'appoggio ha diametro maggiore rispetto al diame-tro della colonna così che ne risulta una ben marcata differenza agradino con spigolo vivo.Gli archi. Per quanto è possibile vedere, dal capitello partono trearchi in laterizio e precisamente: uno in direzione nord a tutto se-sto, incompleto e con luce di soli cm. 125 circa, un secondo in di-rezione ovest visibile solo in parte ma chiaramente di ampiezza as-sai maggiore rispetto al primo, un terzo arco è in direzione oppo-sta al secondo ma non allineato a questo in modo perfetto perchédeviante verso nord.Quest'ultimo arco, inoltre, ha profilo molto ribassato ed è chiara-mente una interpolaziene assai tarda.Ad un primo esame si direbbe che l'arco n. 1 era in funzione di unpassaggio di limitate dimensioni e probabilmente non coevo con lacolonna. Il mattone di imposta infatti non posa sulla faccia supe-riore dell'abaco ma si inserisce nello spessore di quest'ultimo for-se per ovviare ad un guasto che ne aveva danneggiato la superficie.L'arco numero due era probabilmente parte di un portico. La suaimposta occupa metà dell'abaco così da lasciare spazio all'impo-sta dell'arco in prosecuzione di linea, spazio che poi è stato inva-so dagli interventi successivi. Per quanto è stato possibile rilevaredalla porzione esistente, questo arco aveva una luce di circa m.2,30 di diametro.Del terzo arco si è già detto essere opera recente sia per la curva-tura, molto ribassata, sia per la traiettoria planimetricamente asim-metrica.La presenza di questa colonna invoglia ad allargare un poco il di-scorso e a tentare un'ipotesi di parziale ricostruzione del centro delpotere civile nel medioevo. Dei più antichi e documentati edificipubblici casalesi si è occupato A. Settia nel suo commento agli sta-tuti di Casale del XIV secolo. Quel testo tiene conto di documen-ti vari e di precedenti pubblicazioni per cui ad esso si rimanda peri necessari riferimenti (7).Da quelle pagine e assumendo come base del nostro discorso lacorrispondenza del fossato del «castrum» medievale con via Bru-na, via Della Rovere, ecc., come comunemente si ritiene, possia-mo ricavare tra l'altro:a) l'esistenza della chiesa di S. Maria di piazza fin dal medioevo;b) l'esistenza di un edificio che nel 1198 è detto «casa dei consolisopra il fossato», nel 1211 «casa del comune» e negli statuti «pa-
1. A.A. SETTIA, Sviluppo e struttura di un borgo medievale: CasaleMori/errato, in P. CANCIAN, G. SERGI, A.A. SETTIA, op. cit., p. 73.
29 29
1. Fronte del capitello a levan-te. Sono evidenziate varie rottu-re, l'asportazione di alcune partie lo stemma aleramico.2. Fronte del capitello rivolta anord. Vi si evidenziano rotture euna marcata incrinatura che at-traversa tutto il corpo. Nel dise-gno è evidente l'imposta in formacorretta dell'arco in direzioneest-ovest e l'imposta anomala nelcorpo dell'abaco, dell'arco sud-nord. È evidenziato anche lostemma con tre anelli.3. Veduta in diagonale di partedel capitello; vi si evidenzia l'u-nione delle volute in corrispon-denza dello spigolo dell'abaco.4. La colonna nel suo insieme.Vi si notano l'abbozzo del capi-tello e la forma della base. Il fu-sto è presentato con i suoi 22ricorsi di mattoni e l'inserto mo-nolitico in tufo.5. Schema del capitello entro unmodulo quadrato.
68 lazzo del co
mune»
. Questa casa, o p
ala
zzo, venne in seguito di-
strutta e il sedime «in prossim
ità della chiesa di S. Maria» pare sia
stato utilizzato com
e ampliam
ento della piazza e comunque ven-
ne a creare uno spazio di pubblica agibilità;, e) l'esistenza fin dal secondo decennio del 1200 di «case del com
u-ne» adibite a quelle funzioni che venivano svolte dalla «casa deiconsoli» o «casa del co
mu
ne»
, prima della sua distruzione (8).
Queste notizie sono m
olto importanti m
a non sono tali da elimi-
nare ogni dubbio. Se in
fatti ci danno riferimen
ti cronologici pre-cisi e testim
oniano la presenza o l'avvenuta distruzione di taluni
edifici, resta invece incerta l'esatta ubicazione di questi ultimi. C
iònonostante queste notizie ci perm
ettono di formulare fondate ipo-
tesi.P
rendendo in considerazione la piazza, la chiesa e il fossato, chesono riferim
enti alquanto ben localizzati, l'u
nica zona che corri-
sponde alle notizie riportate è quella compresa tra via B
runa e piaz-za M
azzini poiché implica la m
inor distanza tra i due estremi e po-
ne il palazzo a contatto con la piazza pur restando di fianco allachiesa. M
a anche così non è facile pensare alla casa del comune af-
facciata alla piazza poiché il suo «essere sul fossato», rende il se-dim
e forse trop
po esteso. N
é infatti i capitoli degli statu
ti sonochiari in proposito. N
on si può tuttavia escludere che tutta questa
distanza: chiesa-fossato, fosse occupata dal palazzo e da sue strut-ture annesse. I capitoli degli statu
ti che parlan
o del luogo e degli
edifici non portano molta chiarezza anzi pare che distinguano luo-
ghi diversi. Il cap. 174 recita: «Si è stabilito che tutte le biade ed
i legumi che si vendono e si venderanno in C
asale debbano esserep
orta
ti e condotti sulla piazza del comune per venderli e p
esarli...
salvo che qualsiasi perso
na p
ossa
vendere, pesare e comprare le
predette merci nell'area in cui soleva esserci il palazzo com
unale fi-no al m
uro
di S. Maria e nella chiesa di S. M
aria nonostante il ca-pito
lo riguardante la determ
inazione del circondario della piazza
(9)».D
a questo passo risulta che vi erano tre luoghi distinti per il m
er-cato delle biade: la piazza, il sito del palazzo e la chiesa.L
'estraneità del sito del palazzo rispetto la piazza pare ribadita dal-
l'espressione «fino al m
uro di S. Maria» che fa pensare ad una po-
sizione laterale rispetto la chiesa nonché dall'ultim
a precisazione:
«nonosta
nte la determ
inazione del circondario della piazza (10)».
Analogam
ente il capitolo 219 degli statuti recita: «... nessuna per-
sona possa tenere... o un tino nella piazza, sulle strade pubblich
e...o nel luogo in cui stava il palazzo del co
mune...»
. Anche qui la di-
8. V. opera citata alla nota 7.
9. V. opera citata alla nota 7.
10. Il perimetro della piazza è descritto nel cap. 349 degli statuti e da que-
sta descrizione risulta che, almeno in parte, il palazzo toccava la
piazza.
stinzione è ben definita e si direbbe che lo spazio lasciato libero 59dalla distruzione del palazzo toccasse la piazza solo con un puntoangolare estendendosi poi lungo il fianco della chiesa e in profon-dità fino al fossato. Pare dunque che in questa vasta area abbiatrovato luogo un edificio forse composto da più parti lungo l'at-tuale via Guala. Questa infatti parte da piazza Mazzini da quelloche era allora il suo punto più arretrato presso la facciata dellachiesa, prosegue per un tratto di recente e largo impianto, si im-mette in uno slargo che probabilmente ha una sua ragione storicaper esistere, poi scantona in uno stretto vicolo di sapore medievaleche va a sfociare in via Bruna cioè sul fossato. Ed è qui che va ri-cordato che nei locali ove ora è un ristorante cinese, al n. 4 nelloslargo in via Guala, esistono avanzi di mura antiche e non anco-ra prese nella debita considerazione (pag. 61 punto 3). Questi re-sti potrebbero portare al «palazzo del comune» che verrebbe a tro-varsi sul fossato e presso la chiesa di S. Maria che gli stava di fron-te porgendo però un fianco non la facciata fig. 3 pag. 70. La chiesadi S. Maria pare fosse, a quell'epoca, a pianta centrale, pertantosi intende con «fianco» la parte laterale rispetto l'ingresso che erarivolto verso la piazza in direzione ovest.Le «case del comune» di cui al punto e) a pag. 68 non si conosceove fossero poste, pertanto potevano anche essere nello stesso iso-lato verso via Piccaroli e chiamate ad un più diretto contatto conil centro dalla demolizione del palazzo (11). In mancanza di fontiè questa certo solo una supposizione ma forse da non scartare apriori, anche in considerazione di quanto segue.Tenendo presente questo quadro planimetrico, fig. 3, la colonnaapparsa in piazza Rattazzi potrebbe riferirsi in alternativa ad unduplice ordine di possibilità. Potremmo essere di fronte, come giàaccennato, ad una costruzione aleramica sorta sul finire del XIIIo all'inizio del XIV secolo allorché la situazione politica era a ciòpiù propizia (12).
11. Queste case sono state ipotizzate in via Leoni, ma non ho trovato do-cumenti in merito. Tale ipotesi è riportata anche nella tesi di laureadi R. Rossi come «tradizione» senza citare fonti, vedi Statuti di Ca-sale pag. 73 nota 188. La «tradizione» può riferirsi ad una realtà po-steriore all'epoca di cui ci occupiamo ed è probabilmente il ricordodell'ultima sede del comune in senso cronologico.
12. Come già esposto questo periodo è delimitato dagli anni del capita-neato di Guglielmo VII (1278-1292) o riportato a dopo il 1303, assun-zione del mero e misto imperio da parte di Giovanni I. Quanto all'e-sistenza di una proprietà marchionale pare esserci riferimento espli-cito in un passo degli Statuti di Casale, passo che non credo sia an-cora stato sottolineato. In rubrica a pag. 120 si legge: «De banchisfiendis apud ecclesiam Sancte Marie (sic) et apud marum Domini».Passo che nel relativo capitolo 355 viene definito con «marum novum»indice forse di rifacimenti avvenuti. V. P. CANCIAN, G. SERGI, A.A.SETTIA, Gli statuti di Casale Monferrato del XIV secolo, pp. 120 e465.
1. Piazza del comune.
2. La chiesa di S. M
aria che nelm
edioevo pare
fosse a
piantacentrale.3. V
ia Guala.
4. Sito in cui vi sono avanzi dim
ura medioevali, probabile sedi-
me del palazzo com
unale.
5. Case del com
une?6. Sito in cui si è rinvenuta lacolonna m
edievale.7. V
ia Bruna che corrisponde al-
l'antico fossato.8. V
ia Leoni ove è stata ipotiz-
zata la
sede delle
case del
comune.
Gli aleramici avrebbero così posto il loro sigillo architettonico in 71posizione centrale, a ridosso delle case del comune, sul fossato maappena al di là di questo che aveva oramai perso la sua importanzacon l'avvenuta costruzione della più ampia cerchia di mura versola metà del XIII secolo.Ma resta pur possibile che si tratti di una aggiornata ricostruzio-ne del palazzo del comune o del rimaneggiamento di precedentiedifici o anche, come si è detto, di case private. Scarterei invece l'i-dea di una costruzione religiosa poiché non vi è traccia nelle me-morie e tradizioni di un centro religioso in quel luogo.Se l'ipotesi è sostenibile ci troviamo di fronte al centro del poterecivile leggermente distanziatosi dalla piazza ma pur sempre in po-sizione centrale rispetto alle nuove dimensioni del borgo chiuso or-mai dalla nuova cerchia muraria.È poi da sottolineare che nell'ambito delle due possibilità sopra ac-cennate, si colloca un documento che, sebbene non totalmente ri-solutivo, getta nuova luce sull'argomento e induce a propendereper la prima ipotesi che ne risulta avvalorata. Tale documento se-gnalato da Benvenuto S. Giorgio e ripreso da Vincenzo De Contima sempre senza l'indicazione del luogo in cui è stato rogato, riap-pare ora in forma più completa. Ne devo la segnalazione al prof.Antonino Angelino che ringrazio. Si tratta di un testo datato 4Agosto 1351 (13) che ci informa di una grazia accordata dal mar-chese Giovanni di Monferrato alla comunità e agli uomini di Ca-sale trovandosi il marchese: «... in Burgo Casalis in domo domi-ni marchionis...» (nel borgo di Casale nella casa del Signor mar-chese). È chiaro così che il documento è stato rogato in Casale incasa del marchese e ne consegue la certezza dell'esistenza di un pa-lazzo marchionale in Casale nel 1351 e certamente costruito in anniprecedenti senza potere tuttavia né affermare né escludere che pos-sa risalire ad epoca aleramica.Purtroppo manca l'indicazione del sito in cui questo palazzo si tro-vava né appare nel documento alcun richiamo anche generico a talriguardo. Questa lacuna non impedisce tuttavia di pensare, in viaipotetica ma del tutto possibile, alla colonna di piazza Rattazzi co-me appartenente al palazzo aleramico di Giovanni I. Più di tantonon credo sia oggi possibile sebbene confortati dalle caratteristichedel manufatto di cui siamo ora in possesso e dalla presenza dellostemma aleramico poiché tale deve essere quella balzana sebbenesi presenti senza colori. Si sa bene che tale emblema può essere sta-to usato anche in epoche successive come «arma di Monferrato»ma le caratteristiche della colonna paiono essere precedenti all'av-vento dei Paleologi che non tarderanno molto a sottolineare la loropresenza sulla città con ben altra risolutezza come ci testimonia lafondazione del castello nel 1352.Quanto alla presenza dello stemma con i tre anelli, lascio la parola
13. Archivio di Stato di Torino, sez. I, Monferrato feudi, mazzo 12, n. 29.
72 agli esperti. P
er quanto ne so potrebbe essere un rafforzativo del-l'altro em
blema poiché l'anello negli stem
mi sta ad indicare «la po-
tenza signorile e la nobiltà di razza» così almeno recita testualm
en-te il «D
izionario araldico» (Hoepli 1940 pag. 29) com
pilato da Pie-ro G
uelfi Cam
aiani.
Passando ora all'ultim
o punto, cioè al convento di S. F
rancesco,ci troviam
o di fronte al ricupero di un ambiente già noto m
a im-
miserito dall'abbandono e frazionato in m
odo arbitrario. È quel-
la che si ritiene essere stata l'aula capitolare del convento ora tor-nata alla sua volum
etria originaria di sorprendente respiro. La co-
pertura è data da sei volte a crociera senza costoloni, ricadenti sullepareti perim
etrali e su due alte colonne centrali delle quali non èancora visibile la base di appoggio essendo tu
ttora i lavori in cor-
so. I capitelli di queste due colonne sono già stati pubblicati (14),è ora opportuno dare conto della serie di ben 10 capitelli pensili chesono stati evidenziati sul perim
etro della sala e che non sono an-cora noti. Q
uesti capitelli hanno in sé più di un pregio poiché ol-tre alla loro intrinseca qualità e l'appartenere ad un contesto m
e-dievale, rappresentano una caratteristica architettonico-decorativarara in C
asale quale appunto è il capitello pensile.Il com
plesso è dato da 4 capitelli angolari, due su ciascuno dei latilunghi della sala e uno su ciascuno dei lati m
inori. Tutti questi ca-
pitelli sono similari nella form
a ma differiscono nelle proporzio-
ni e nella decorazione. Tutti hanno volum
etria accentuata a piùfacce e precisam
ente otto hanno schema trilobato m
entre due han-no una ulteriore angolazione che porta le facce a cinque. Q
uestidue capitelli hanno anche una dim
ensione totalmente dissonante ri-
spetto a tutti gli altri essendo molto espansi in senso orizzontale.
La conservazione è nel com
plesso buona pur dovendo notare cheuno dei capitelli è m
ancante della parte inferiore mentre un secon-
do, a distanza, pare assai corroso.I disegni qui presentati sono schizzi eseguiti estem
poraneamente dal
vero cercando tuttavia di rispettare la forma generale e le propor-
zioni e proponendo i motivi decorativi che sono assai variati e sem
-pre derivati da elem
enti vegetali anche se talora molto stilizzati. Il
coronamento dei capitelli è dato da un abaco squadrato, un piccolo
cavetto, un ovulo, una fascia che è quasi sempre scanalata orizzon-
talmente e che è m
ancante in un solo caso. La chiusura inferiore
è data da un disco ad orlo arrotondato. Q
uesto elemento è sem
preliscio tranne un caso in cui abbiam
o il bordo rilevato e rigato a tor-tiglione e la faccia inferiore decorata con una rosa quadrilobata.I due capitelli m
aggiori terminano con una fascia e una m
odana-tura a guscio. C
asale riacquista qui un prezioso campionario di ca-
pitelli gotici che ancora una volta testimonia l'entità di quanto cer-
tamente è andato perso dell'arte m
edievale della città.
14. VINCENZO PORTA
, op. cit.
3a
3b
74 C
on riferimento alle figure della pag. 73 abbiam
o:1.
Capitello centrale sulla parete ovest. È
decorato solo sulla facciacentrale con una palm
etta stilizzata. In questo e in tutti i capitelliseguenti è ben visibile l'insiem
e delle modanature e la bella volu-
metria a canestro.
2. C
apitello della parete sud, è l'unico che ha il disco inferiore de-corato.3. È
questo uno dei capitelli più espansi e si trova sulla paretenord. L
a decorazione a palmette è presente solo su una m
età e per-tanto si direbbe non ultim
ato. Il gemello che gli sta di fronte sul-
la parete sud non ha decorazione, solo gli spigoli sono sottolinea-ti da un sottile cordoncino ciclindrico. 3a) profilo delle m
odana-ture della parte superiore. 3b) pianta
dell'abaco.4. A
ngolo nord-est: ricca decorazione similare sulle tre facce.
5. Parete nord. Q
uesto capitello è l'unico a portare una decorazio-ne stilizzata fino alla geom
etria pur derivante da schemi ben spe-
rimentati nella decorazione m
edievale.6. A
ngolo sud-est. Questo capitello è più allungato degli altri ed
è decorato con una grande foglia su ogni lato.7. B
ellissimo capitello purtroppo m
ancante della parte inferiore.Si trova al centro della parete est.A
ltri due capitelli non figurano qui riprodotti in quanto uno è dellaconsueta form
a ma senza decorazioni m
entre l'altro pare assai cor-roso dal tem
po.
Recensioni e segnalazioni75
ANTONINO ANGELINO, L""agenzia" di Lu e le sue vigne nel Mon-ferrato casalese del Settecento: da una prima lettura delle carte del-l'archivio Dalla Valle, in Vigne e vini nel Piemonte moderno, a cu-ra di Rinaldo Comba, Alba-Cuneo 1992, pp. 395-425.
L'autore, avvalendosi delle carte dell'archivio Dalla Valle, attual-mente in corso di riordino presso la biblioteca civica di Casale,traccia la storia delle vigne possedute a Lu e dintorni dall'aristo-cratica famiglia tra il 1734 e il 1780. Il primo dei sette agili para-grafi in cui il lavoro è suddiviso funge in pratica da introduzione,ed esamina i criteri di gestione del patrimonio terriero da parte diun'azienda agricola del Monferrato casalese nel Settecento indivi-duando nello specifico quei mutamenti (graduale sostituzione dellamezzadria da parte dell'affittanza e della conduzione in economia)che costituiscono caratteri peculiari del secolo. L'analisi prosegueindirizzandosi poi esclusivamente sulle vigne, allogate a canoneparziario o condotte in economia, e giunge, attraverso alle stimedella produzione, estese ad un ampio arco di tempo, a delineare letendenze di sfruttamento del vigneto; si prendono successivamentein considerazione canoni e clausole relativi all'allogazione dei ter-reni a vite precisando gli oneri di diversa natura che gravano suiconduttori. L'esistenza di vigne a coltura mista apre l'adito all'in-dagine sui seminati e il quadro si amplia successivamente a com-prendere anche il patrimonio arboreo, restituendo così l'immagi-ne del paesaggio in cui il vigneto si inserisce. Concludono la benearticolata ricognizione le indicazioni sulle pratiche colturali chepongono in luce la rimarchevole ed ormai consolidata perizia delviticoltore della nostra zona nel secolo dei lumi. Ricco l'apparatodelle note, utilizzate non solo per comprovare, poiché di esse ta-lora l'autore si serve per sviluppare indagini complementari, qua-
76 li, ad esem
pio, quella sui vini a specifica denominazione presenti
nella cantina luese dei Dalla V
alle o l'altra sui salari in denaro deilavoranti agricoli lungo l'arco di tem
po preso in considerazione.V
incenzo Porta
PIETRO
CA
NEPA
, L'altro C
olombo, a cura del C
omitato C
olom-
biano Monf errino, V
alenza 1992, pp. 96.
Il prof. Pietro C
anepa, appassionato cultore del «Colom
bo cucca-rese», m
a anche suscitatore di nostalgiche mem
orie monferrine
(bello il suo libro «C'era una volta...»!), ha raccolto nella m
ono-grafia «L
'altro Colom
bo» la più sintetica «summ
a» delle preteseradici m
onferrine di Cristoforo C
olombo.
-P
ur restando sempre assertore del «C
olombo genovese», m
i ono-ro di aver fatto parte del C
omitato C
olombiano M
onf errino, fon-dato a C
uccaro, animato e presieduto egregiam
ente dal Canepa
stesso, con il ghiotto incarico di svolgere ricerche sul «Colom
bostudente a P
avia», pervenendo a conclusioni (già oggetto di vari ar-ticoli) non certe, m
a solo poggianti sulla categoria-possibilità.L
a monografia in questione di P
ietro Canepa si snoda con asciutta
essenzialità nella parte storico-letteraria, sempre percorsa da «vis»
polemica contro le orm
ai consolidate tesi genovesi, framm
entatain una insistente, sovente ripetitiva, casistica di A
utori e di loro fra-si virgolettate e ad effetto apparentem
ente dirompente.
La parte docum
entaristica offre molti elem
enti interessanti, tra altrisolo vagam
ente pertinenti alla tematica trattata.
Tutta la pretesa «m
onferrinità» di Colom
bo ruota attorno alla sen-tenza del C
onsiglio delle Indie del 21 dicembre 1608, nonché alla
«diàspora» dei Colom
bo di Cuccaro, saldando anche l'asse C
uc-caro-P
iacenza, donde pare provenissero gli antenati di Cristoforo.
In Italia, però, la somm
a dei Colom
bo, Colom
bi e Colom
ba bat-te quella dei R
osso, Rossi e R
ossa. Soprattutto,
lamentiam
o lam
ancanza di un estratto fotocopiato di quella famosa sentenza,
con relative motivazioni. E
cc... ecc...C
omunque, nel segno di un'antica e schietta am
icizia e del comu-
ne duplice contagio del «Mal di C
olombo» e dell'attrazione alla
terra natìa, ringrazio l'Autore di questa ulteriore fervida testim
o-nianza di «m
onferrinità», augurandogli «toto corde», attraversosuccessive proficue ricerche, di illum
inare sempre più «verità, m
en-zogne, enigm
i nella vita e nella storia dell'italiano più conosciutonel m
ondo».G
aspare De M
artini
LEONARDO MODICA, La chiesa casalese, Ed. Piemme, Casale 771992, pp. 288.
Il patrimonio di riflessione storica e teologico-pastorale sulla no-stra chiesa casalese si arricchisce di un prezioso volume, frutto del-la tesi di dottorato di ricerca di don Leonardo Modica ed uscitocon i tipi della casalese Piemme nello scorso mese di dicembre1992.L'Autore prende in esame «la chiesa casalese nell'azione pastora-le dei suoi vescovi (1474-1971) e nel magistero del primo decennio(1971-1981) di mons. Carlo Cavalla».Don Leonardo è presbitero dal 1977 e in questi anni ha avuto va-ri incarichi: nella pastorale giovanile diocesana, nel centro missio-nario ed ha conseguito la licenza in teologia all'Università Latera-nense di Roma nel 1985; attualmente è parroco di S. Stefano a Ca-sale ed insegna religione presso il liceo scientifico statale «Palli».Il senso di questa ricerca si coglie all'interno dell'esigenza di indi-viduare delle costanti in un itinerario pastorale di chiesa e verifi-care la sua presenza attiva nella storia.Il volume è diviso in due parti: la prima, a carattere storico, vuo-le ripercorrere il cammino della nostra chiesa particolare attraversol'azione dei vescovi che si sono succeduti in cinquecento anni distoria.«Don Leonardo Modica non ha voluto inserire il discorso dellaChiesa casalese nei grandi movimenti e svolte culturali che hannosegnato il succedersi degli ultimi cinque secoli, in tutta Italia e inparticolare nell'Italia del Nord, Piemonte compreso».Così scrive nella prefazione mons. Clemente Riva (vescovo ausilia-re di Roma e docente all'università Lateranense aggiungendo:«questo studio prende sul serio i fatti e le opere dei singoli vesco-vi, espressione della continuità del servizio apostolico nella Chie-sa di Casale, così come sono stati affidati alla storia degli scritto-ri e storiografi locali».C'è poi la seconda parte dove l'autore studia e ripropone sistema-ticamente il magistero di mons. Carlo Cavalla (nel suo primo de-cennio di episcopato) con l'intento di rilevare le tematiche ritor-nanti.È un libro, in un'elegante veste grafica (rilegatura con sovracoper-ta), assai gustoso per l'apparato iconografico: i 35 vescovi casalesisono ritratti in medaglioni, ma è possibile ripercorrere anche alcunimomenti della vita diocesana nelle fotografie che documentano l'a-zione pastorale del nostro vescovo.
Gian Paolo Cassano
78 V
INC
ENZO
POR
TA, O
cchi dell'architettura. P
orte, finestre, ferri
battuti in Casale dal M
edioevo al Novecento, M
edia Editrice, C
a-sale 1992, pp.
189, figg. 206.
Vincenzo P
orta, con la sua ben nota e innata vocazione artistica,ha saputo «cercare» e ricreare un'altra singolare opera: «O
cchi del-l'architettura. Porte, finestre, ferri battuti in C
asale dal Medio E
voal N
ovecento». Dopo l'intelligente rassegna diagnostica dei capi-
telli, è la volta di altre piccole architetture autonome,
impropria-
mente relegate tra le «arti m
inori», anche se amalgam
ano, arric-
chiscono, armonizzano con il «m
aggiore» complesso architettoni-
co, perché ne rappresentano gli «occhi» nella duplice significazio-
ne, reale ed allegorica. Gettano, infatti, fasci di luce nelle volum
e-trie interne e iniettano vita ed eleganza ornam
entale nelle vene dellecom
plesse creazioni artistiche: ma dilettano anche l'occhio e stim
o-lano il gusto estetico dell'osservatore attento attraverso i secoli.L
'opera del Porta concorre ad esaltare C
asale, città d'arte diffu-
sa ed emergente, giudicata tale anche dal prof. Jeni del Politecni-
co di Torino: prim
a piccolo, poi importante centro di un prim
atocivile ed artistico nel periodo d'oro della Signoria Paleologa, pro-trattosi artisticam
ente nel periodo Gonzaghesco e poi S
abaudo confeconde creazioni gotico-rinascim
entali, barocche neo-classiche, fi-no alle soglie del L
iberty.Indispensabile e utile appare, a chi è profano e no, la lettura del-la prefazione in cui l'A
utore distribuisce la materia trattata con
chiarezza espositiva e con essenzialità di sintesi storico-critica, sve-lanti non solo la lunga passione di cultore e di storico cattedrati-co dell'arte, m
a anche l'intento di «agevolare il lettore» con unagrafica di m
arcata evidenza e seguendo canoni già collaudati di or-ganicità topografica sui quattro cantoni storici della città. N
on pos-siam
o poi ignorare il felice connubio tra parte letteraria storico-cri-tica e settore fotografico in cui L
oris Barbano sa trasm
ettere emo-
zioni calcolate usando il bianco, il nero, la luce nelle sue varie gra-dazioni, un vero artista che sa offrire m
ateriali vivi, quasi fosseroin attesa di ricevere il crism
a critico-estetico dell'occhio clinico delP
orta: schede, sempre rapide e chiare nei giudizi, dove l'espressio-
ne non concede nulla alla retorica, mettendo in evidenza con na-
turalezza, quasi con familiarità, le peculiarità essenziali dell'ogget-
to, ricorrendo anche a frequenti stilèmi com
parativi con opere coe-ve esterne.N
on è questa la sede di un impossibile elenco, anche schem
atico,delle opere illustrate: ci lim
itiamo ad accennare alcuni m
omenti di
pausa, di riflessione e di approfondimento
critico che si concedel'A
utore offrendo anche novità di ipotesi e di interpretazioni sto-riche, com
e quando tratta il portale marm
oreo della scomparsa
chiesa di Santa M
aria di Piazza, conservato (m
alamente) nel giar-
dino di palazzo Leardi, la facciata e le finestre di Palazzo C
alie-ri, le am
pie interessanti pagine dedicate al «grandioso complesso
architettonico di San Domenico» o quando narra le vicende del ve- 79scovo Villaret, «creatura napoleonica», ecc... Rincresce solo nel-l'interessante rassegna del ferro battuto, la mancanza foto-descrit-tiva di chiavi e serrature, elementi tra gli elementi di porte e fine-stre, forse completamente scomparsi. Chissà perché: scorrendo lebelle pagine del libro di Vincenzo Porta, la fantasia mi ricreava leimmagini di due poeti: Guido Cozzano con la «bellezza riposatadei solai» (La Signorina Felicita), con quegli ambienti disselli econtaminati dal tempo, ma così sentimentalmente evocati dal poe-ta; e le «Faville del maglio» di Gabriele D'Annunzio, che mi spec-chiavano, dietro ogni «favilla», la schiera innumerevole, quasi tut-ta anonima di quegli umili artigiani, dotati di mano, di cuore e disensibilità artistica, che ci hanno lasciato copiosa eredità di raffi-nate creazioni, troppo spesso da noi neglette e trascurate. In tem-pi così tristi di consuntivo artistico, come quelli in cui viviamo, lanovità editoriale del Porta rappresenta un raro esempio di umiltà,di fiducia, di richiamo alla ragione e alla sensibilità dell'uomo peril recupero dei valori artistici, e perciò morali del passato.
G. De Martini - CebeteEstratto da «La Vita Casalese», n. 1 del 7.1.1993.
MARIO GALLINA, L'amicizia tradita, ovvero la prigionia in Mon-ferrato di un sovrano bizantino nell'«Amicizia» di Boncompagnoda Signa, in «B.S.B.S.», 88 (1990), pp. 337-363. Nell'autunno del1204, dopo la vittoriosa conquista di Costantinopoli da parte deicrociati, Bonifacio di Monferrato iniziò la conquista della Greciaclassica. Nel corso di tale campagna, nei pressi di Corinto, i sol-dati del marchese catturarono il basileus Alessio III, evento che su-scitò sia scandalo ed emozione nei Greci, sia sorpresa e orgoglio daparte dei Latini. L'episodio fu ricordato nell'opera sull'Amiciziadi Boncompagno da Signa, magister presso l'università di Bologna,scritta intorno al 1205. La parte riguardante la cattività in Monfer-rato di Alessio III è puntualmente analizzata sotto ogni punto divista dell'A., cosicché la narrazione di Boncompagno, «permettedi collocare l'avvenimento in un quadro più ampio che lo riscattadalla dimensione puramente episodica cui sembrano relegarlo lefonti medievali».
80 A
LDO
A. SETTI A
, Geografia
di un potere in crisi: il marchesato di
Monferrato
nel 1224, in «B.S
.B.S
.», 89 (1991), pp. 417-439. Nel
1224 il marchese G
uglielmo di M
onferrato, al fine di finanziareuna spedizione per riconquistare il regno di T
essalonica, impegnò
per 9.000 marchi d'argento tutti i possedim
enti aviti: terre, castelli,città, villaggi e, a tal fine, fece redigere un elenco di tutto quantopossedeva. Il docum
ento (1224, marzo s.d., C
atania), già noto allestam
pe sin dal secolo XV
II, è stato recentemente trascritto in un'e-
dizione paleograficamente corretta da P. C
AN
CIA
N, L
a carta dim
utuo di Guglielm
o VI di M
onferrato a favore
di Federico IL U
ncontributo
paleografico alla
toponomastica
piemontese,
in«B
.S.B
.S.», 81 (1983) = A
leramica, pp. 739-749. M
ancava peròuno studio sistem
atico dell'atto e in particolare l'analisi del «cor-pus» di 146 località e 88 vassalli in esso ricordati. D
a un'attentaanalisi del testo si evidenzia la fragilità, vulnerabilità e inconsisten-za del m
archesato aleramico che, com
e giustamente osserva l'A
.,era: «un debole aggregato di poteri disparati e puntiform
i, distri-buiti capricciosam
ente senza alcuna continuità territoriale, tenutoinsiem
e soltanto da una fragile rete di rapporti personali, minac-
ciato da ogni lato dalla forza economica e m
ilitare delle città, privodi precisi confini, di un centro di coordinam
ento stabile e di strut-ture di governo articolate» (cfr. p. 438). R
icordiamo inoltre che
questo saggio è stato l'oggetto della relazione al congresso interna-zionale D
ai feudi monferrini
e dal Piem
onte ai nuovi mondi oltre
gli oceani (Alessandria,
2-6 aprile 1990).
RINA
LDO
MERLO
NE,
Sviluppo e distribuzione del patrimonio ale-
ramico (secoli X
e X
II), in «B
.S.B
.S.», 90 (1992), pp. 635-689.
Questo saggio è il proseguim
ento e il completam
ento degli studicirca le origini del potere aleram
ico già comparsi in un altro arti-
colo dello stesso A. (cfr. R
. MER
LON
E, Prosopografia
aleramica
- secolo X e prim
a metà dell'X
I -, in «B
.S.B.S.», 81 (1983) =
A
le-ram
ica, pp. 451-585). Con questo nuovo encom
iabile lavoro l'A.
offre al lettore un preciso e documentarissim
o quadro dei possedi-m
enti aleramici fino al M
ille compresi anche quei beni estranei alla
regione subalpina. Particolare attenzione è posta nell'analisi del-lo sviluppo patrim
oniale del marchesato
tra il 933 e il 1055.
Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po, II, Basso Vercelle- 81se, Vercellese Occidentale, a cura di Giovanni Sommo, Vercelli1992, p. 191, illustr. a colori e b.n.
Ad un anno di distanza dal primo, che considerava la Valsesia el'Alto Vercellese, è uscito questo secondo volume, ulteriore mo-mento del progetto volto a reali/zare un «atlante dei luoghi forti-ficati, ancora in uso o abbandonati, nella provincia di Vercelli e neiterritori ad essa storicamente legati», come sintetizza GiovanniSommo; la motivazione chiarisce il perché dell'inserimento nell'o-pera di taluni siti forticati posti alla destra del Po, tra cui quelli,altrettanto significativi per la storia monferrina, di Gabiano, Ca-stel San Pietro, Camino, Pontestura, Coniolo, Torcello, San Gior-gio. Anche a proposito di questo più recente volume, contenentecomplessivamente 91 schede di località, resta valido quanto già os-servato da Rosaldo Ordano (Bollettino Storico Vercellese, n. 39,1992, p. 163 - p. 163) per il precedente: «nitide fotografie aeree»che «non sono zenitali ma prospettiche e quindi più idonee a met-tere in evidenza le tracce emergenti dal terreno, ne rappresentanola parte più essenziale».
Riportiamo dal «Bollettino storico bibliografico subalpino» - XC- (1992), p. 725.
«Arte e storia. Associazione casalese arte e storia», 4 (febbraio1992), pp. 88, ili.
Il numero contiene: E.Bo, II popolamento rurale nel Basso Mon-ferrato durante il medio evo (pp. 5-27, dinamica dell'insediamen-to nei suoi aspetti complessivi: migrazioni, accentramento «circacastrum», scomparsa di antichi abitati); C. Bonardi, Gabriele Ber-tazzolo e le feste pubbliche a Casale tra 1607 e 1612 (pp. 28-56: in-gegnose e spettacolari realizzazioni di uno «specialista» attivo pres-so la corte dei Gonzaga); E. Merlini, Libertino de Hylia da Casa-le (pp. 56-62: brevi cenni sul famoso mistico francescano); V. Por-ta, Scritte indecifrabili? Ipotesi di interpretazione e lettura di un se-guito di lettere alfabetiche utilizzate come motivo decorativo na-striforme su manufatti del periodo rinascimentale (pp. 63-74); G.Serrafero, Infruttuoso trattato privato tra il marchese di Rosignanoe il conte Magnocavalliper il dominio di casa Testora (pp. 75-82):tale il titolo del ms. settecentesco, che si pubblica, su un progettodi nuovo teatro in Casale. Recensioni, segnalazioni bibliografichee cenni sulla vita dell'Associazione chiudono il fascicolo che, conmigliorata veste tipografica, ha ormai acquisito dignità e continuitàdi vera rivista.
Aldo A. Settia
84 Con riferimento al precedente bollettino n. 4, sebbene sia chiaroche nel citare in nota alle pagg. 16 e 26 l'opera di Franco Scarro-ne si è inteso unicamente indicare un testo ove si parla dello stes-so argomento e senza esprimere giudizi in merito, si pubblica lapresente precisazione su richiesta dello stesso F. Scarrone.
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L'Associazione nel 1992
Vita dell'Associazione nel 1992.• Assemblea dei soci a norma di statuto: discussione e approva-zione bilanci e programmi.• Conferenze organizzate nel corso del 1992:prof. Rosaldo Ordano, «Casale-Vercelli: alcuni episodi di storiamedievale»;dott. Giorgio Tibaldeschi, «Bernardino Tibaldeschi primo vesco-vo di Casale»;prof. Walter Bulla - «G. Sigismondo Gerdil: un grande filosofo del'700 a Casale».• Viaggi organizzati nel corso del 1992:Ferrara e Pomposa;Fontanellato, Soragna, Chiaravalle della colomba, Castellarquato;Genova.• Pubblicazione del bollettino n. 4;• Presentazione del volume «Occhi dell'architettura. Porte, fine-stre, ferri battuti in Casale dal Medioevo al Novecento»;• Prosecuzione dei lavori di preparazione e organizzazione delcongresso di studi relativo al castello di Casale.