Arte e scienza. Dal futurismo all’arte...

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Arte e scienza. Dal futurismo all’arte moltiplicata Luca Zaffarano munart.org I l futurismo italiano è oggetto di una costante e crescente attenzione criti- ca. Attraverso un breve excursus di alcune delle correnti artistiche più speri- mentali che hanno accompagnato la tra- sformazione economica e culturale dell’I- talia del XX secolo, si mette in evidenza come il vero big-bang dei grandi cambia- menti avvenuti nei linguaggi dell’arte sia rintracciabile nelle posizioni teoriche del movimento futurista. Questo articolo è stato scritto mentre l’ufficio stampa del Guggenheim diffondeva le prime no- te sulla grande mostra newyorkese dedicata al movimento futurista in programma a partire dal 21 febbraio 2014 [1]. Per una volta l’Italia viene chiamata ad assumere il ruolo di paese esporta- tore, in particolare di quello che risulta essere il movimento artistico italiano più importante di tutto il nostro novecento ed anche quello inter- nazionalmente più noto, il cui valore culturale ed economico (per marchio, identità, riconosci- bilità) non è mai stato né stimato né sfruttato adeguatamente. La mostra in preparazione rac- conta un pezzo importante della nostra storia artistica con oltre 350 opere, un numero appena sufficiente per descrivere le complesse vicende di questa avanguardia. Il nostro paese, anche in presenza di un passato da tutti riconosciuto come anticipatore di molte correnti artistiche che hanno dato voce alla modernità del XX secolo (dadaismo, surrealismo, costruttivismo, neopla- sticismo), appare sostanzialmente ancora incapa- ce di valorizzare il suo passato più noto e conso- lidato. Filippo Tommaso Marinetti e il futurismo sono stati 00 sdoganati 00 solo verso la fine degli anni ’80 dall’importante storico d’arte (svedese) Pontus Hulten, già direttore del Museo Pompi- dou di Parigi, che nella rinnovata sede veneziana di Palazzo Grassi ha curato la mostra 00 Futurismo & Futurismi 00 , riunendo in una sola esposizione tutti i principali capolavori sparsi nel mondo [2]. Analogamente l’impianto della mostra america- na, che ha richiesto ben sei anni di lavoro e che tocca un ampio intervallo, dalla nascita del futu- rismo con la pubblicazione del primo manifesto a Parigi nel 1909 sul quotidiano Le Figaro, fino alla morte nel 1944 del suo fondatore e deus ex machina Filippo Tommaso Marinetti, è ampio e variegato e cerca di focalizzare l’attenzione sul- la complessità multidisciplinare del movimento, senza alcuna distinzione artificiosa tra un futuri- smo delle origini (primo e secondo decennio del secolo) ed un 00 secondo 00 futurismo più tardivo (anni ’30 e ’40). Ithaca: Viaggio nella Scienza III, 2014 • Arte e scienza. Dal futurismo all’arte moltiplicata 5

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Arte e scienza. Dalfuturismo all’artemoltiplicataLuca Zaffarano munart.org

Il futurismo italiano è oggetto di unacostante e crescente attenzione criti-ca. Attraverso un breve excursus di

alcune delle correnti artistiche più speri-mentali che hanno accompagnato la tra-sformazione economica e culturale dell’I-talia del XX secolo, si mette in evidenzacome il vero big-bang dei grandi cambia-menti avvenuti nei linguaggi dell’arte siarintracciabile nelle posizioni teoriche delmovimento futurista.

Questo articolo è stato scritto mentre l’ufficiostampa del Guggenheim diffondeva le prime no-te sulla grande mostra newyorkese dedicata almovimento futurista in programma a partire dal21 febbraio 2014 [1]. Per una volta l’Italia vienechiamata ad assumere il ruolo di paese esporta-tore, in particolare di quello che risulta essere ilmovimento artistico italiano più importante ditutto il nostro novecento ed anche quello inter-nazionalmente più noto, il cui valore culturaleed economico (per marchio, identità, riconosci-bilità) non è mai stato né stimato né sfruttatoadeguatamente. La mostra in preparazione rac-conta un pezzo importante della nostra storiaartistica con oltre 350 opere, un numero appena

sufficiente per descrivere le complesse vicendedi questa avanguardia. Il nostro paese, anchein presenza di un passato da tutti riconosciutocome anticipatore di molte correnti artistiche chehanno dato voce alla modernità del XX secolo(dadaismo, surrealismo, costruttivismo, neopla-sticismo), appare sostanzialmente ancora incapa-ce di valorizzare il suo passato più noto e conso-lidato. Filippo Tommaso Marinetti e il futurismosono stati ′′sdoganati′′ solo verso la fine deglianni ’80 dall’importante storico d’arte (svedese)Pontus Hulten, già direttore del Museo Pompi-dou di Parigi, che nella rinnovata sede venezianadi Palazzo Grassi ha curato la mostra ′′Futurismo& Futurismi′′, riunendo in una sola esposizionetutti i principali capolavori sparsi nel mondo [2].Analogamente l’impianto della mostra america-na, che ha richiesto ben sei anni di lavoro e chetocca un ampio intervallo, dalla nascita del futu-rismo con la pubblicazione del primo manifestoa Parigi nel 1909 sul quotidiano Le Figaro, finoalla morte nel 1944 del suo fondatore e deus exmachina Filippo Tommaso Marinetti, è ampio evariegato e cerca di focalizzare l’attenzione sul-la complessità multidisciplinare del movimento,senza alcuna distinzione artificiosa tra un futuri-smo delle origini (primo e secondo decennio delsecolo) ed un ′′secondo′′ futurismo più tardivo(anni ’30 e ’40).

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Arte, tecnologia, scienza

Quale legame può esistere tra un evento celebra-tivo dedicato ad una rivisitazione critico-storicadella ′′Ricostruzione Futurista dell’Universo′′ e latecnologia o la scienza? In generale esiste un am-bito comune, un territorio di incontro tra l’artevisiva e le discipline scientifiche? A Marinetti eal movimento futurista va il merito di aver com-preso che nella società moderna la cultura è ingran parte tecnologica ed estetica. Agli occhidei protagonisti appare innegabile che il secolosta per diventare visivo, con una predominan-za della funzione dell’immagine all’interno deimezzi di comunicazione di massa, ed è altresìevidente che la tecnica inizia a trasformare inmodo pervasivo ogni aspetto della vita quoti-diana. L’obiettivo principale del futurismo puòessere riassunto nel tentativo irruento e forte-mente provocatorio di aprire le porte della mo-dernità all’Italia. Dal grande big-bang futuristasi è poi sviluppato, attraverso un lungo proces-so evolutivo e sperimentale che è durato diversidecenni, un insieme eterogeneo di correnti e diautori che potremmo raggruppare genericamen-te sotto la definizione di ′′arte esatta′′ e che hannotratto spunti, metodi e riflessioni dalle disciplinescientifiche o dai risultati della ricerca scientifi-ca. D’altro canto non ci può essere evoluzione diuna cultura specifica, inclusi i linguaggi dell’arte,senza sperimentazione.

Metodi e processi

Si può parlare anche in arte di metodo scientifico,ripetibile, falsificabile? Vedremo alcuni esempidi come questo approccio sia stato sviluppatoe affrontato, sia attraverso l’uso di un metodofortemente sperimentale con la finalità di offri-re alla comunicazione visiva soluzioni e codiciinnovativi (l’artista si trasforma in ricercatore),sia attraverso il formarsi di un rapporto proficuocon l’industria, attraverso le nuove tecnologie el’impiego di materiali innovativi (l’artista diven-ta in un certo senso produttore). Sullo sfondodi queste grandi trasformazioni, che toccano ilruolo stesso dell’artista all’interno di una societàindustriale avanzata, vi è poi il tentativo estetico-filosofico di dar rappresentazione visiva alla in-stabilità della forma di un mondo, complesso e

fragile allo stesso tempo, in radicale e veloce tra-sformazione, per il quale vale la massima, perdirla con le parole di Umberto Boccioni, di unarealtà che non riposa mai.

Contaminazioni

Le discipline artistiche nel corso del ’900 hannosubito l’influsso delle grandi scoperte scientifi-che e tecnologiche come le matematiche non eu-clidee, la teoria della relatività, la conquista dellospazio, le scoperte chimiche e dei nuovi materiali(si pensi alla plastica ed alle ricerche condotte dalpremio Nobel Giulio Natta), la nascita di nuovediscipline come la cibernetica e la teoria dell’in-formazione, la matematica dei frattali, la teoriadei sistemi complessi, la fisica subatomica e mol-to altro ancora. Anche le invenzioni tecnologichehanno profondamente influito sul pensiero arti-stico: l’aereo, la fotografia, il cinema, la radio, latelevisione, la fotocopiatrice, il computer. Spessole teorie scientifiche o le invenzioni tecnologichehanno prodotto un vero cambio di paradigmanei linguaggi dell’arte.

Sperimentazioni

L’arte del ’900 è stata, da un punto di vista critico,suddivisa in due filoni primari: l’avanguardiae la tradizione. Alla luce delle grandi trasfor-mazioni avvenute è però forse più ragionevoledistinguere tra arte sperimentale, che fa ricercadimateriali, di tecniche, di processi, dimetodi, diidee, ed arte che non possiede al contrario alcunelemento di progettualità sperimentale.

La storia, i protagonisti

Proviamo ora a raccontare alcune storie esem-plari offrendo al lettore, attraverso una breve de-scrizione delle motivazioni dei protagonisti, unaserie di esempi di arte prevalentemente speri-mentale, certamente meritevoli di ulteriori e piùdettagliati approfondimenti.

Il grande Big-Bang futurista (1909-1944)

Il fondatore del movimento futurista FilippoTommaso Marinetti è una figura complessa e

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Figura 1: Giacomo Balla, Di-sgregazione × velocità. Penetra-zioni dinamiche di un automobile.(1912). Per gentile concessione diSonia e Massimo Cirulli Archive/ Christie’s.

sfaccettata di artista, poeta, pensatore, editore,agitatore, mecenate. Una figura con idee ed abili-tà decisamente in anticipo rispetto ai suoi tempi,come, ad esempio, la capacità di usare i mass-media riuscendo a trasformare l’informazione inrealtà (Marinetti pubblica il manifesto che dà ori-gine al futurismo prima ancora della creazionedi alcun quadro da parte di qualunque futurista);è in grado di generare scandalo facendo parlaredi sé e del movimento con slogan che si fissanoindelebili nella mente (′′Uccidiamo il Chiaro diLuna!′′, ′′La guerra, sola igiene del mondo′′); èorganizzatore tenace di spettacoli che diventanoazioni dimostrative e performance, che poi si tra-sformano in scazzottate e notizia per i giornali;è in contatto con tutti i massimi esponenti dellacultura europea emondiale che in varie occasioniambiscono ad incontralo (da Ezra Pound a Picas-so, da Majakovskij a Stravinsky, da Apollinaire aBorges). Il futurismo ha una pars destruens - certa-mente la più nota - il cui obiettivo è rovesciare lacultura passatista incapace di dare forma e visionealle grandi trasformazioni che si preannunciano.La stessa adorazione per la violenza ha per lopiù lo scopo di scandalizzare, di fare tabula rasadel passato. La pars costruens invece si concretiz-za in un insieme straripante di invenzioni che sisviluppano in ogni ambito artistico: la poesia, lapittura, la scultura, l’architettura, le arti applica-te, la musica, il cinema, la fotografia, la cucina,il volo, l’editoria, il teatro e molto altro ancora.Un’immagine stereotipata tende a ridurre il futu-

rismo a semplice apologia del ′′movimento′′, del′′dinamismo′′ e della ′′velocità′′, proprio perchéi fondamenti della sua poetica rispecchiano lameccanizzazione del mondo operata dalla rivo-luzione industriale. Una diversa interpretazionedella poetica futurista è invece centrata sulla in-stabilità e sulla tensione del divenire di formein movimento. I pittori futuristi cercano di di-mostrare che la vita è una continua evoluzione,un continuo divenire, e che ′′non esiste forma, inquanto la forma attiene a ciò che è immobile, mentrela realtà è movimento, ecco perché reale è soltanto ilcambiamento continuo di forma′′ (Boccioni, Pitturascultura futuriste, 1912). Simultaneità, frammen-tazione del reale, dinamismo sono oggi concettiche rientrano nel patrimonio della nostra culturavisiva. Giacomo Balla, recentemente protagoni-sta a New York nelle aste serali di Christie’s eSotheby’s con un record milionario per il dipinto′′Automobili in corsa′′ del 1912, ha dedicato unostudio pignolo, metodico e razionale, propriocome quello di uno scienziato naturalista, allemacchine transitanti in via Veneto a Roma. Leautomobili nei suoi studi, studi che per certi ver-si (come nell’opera riprodotta in figura 1) sonoriconducibili ai disegni leonardeschi, diventanosempre più astratte fino a scomparire definiti-vamente per lasciare il posto alle linee di fugadel movimento di penetrazione nello spazio delmezzo. Il metodo è quello dell’indagine e dellasperimentazione, finalizzata a dar forma pitto-rica (o scultorea, in altri casi) ad un concetto, la

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mutevolezza della forma del mondo, offrendo allinguaggio stesso soluzioni estetiche che diven-tano poi, con il tempo, patrimonio consolidatodella nostra cultura visiva. Se il cubismo ci spin-ge a considerare la visione di una scena da moltipunti di vista contemporaneamente, suggeren-doci che non esiste una realtà, ma una moltepli-cità di realtà che dipendono solo dai punti diosservazione, il futurismo - in modo più avan-zato - ci fa osservare che la realtà è in costantemutamento ed è descrivibile solo come proces-so dinamico nello spazio-tempo, come sistemacomplesso costituito da una frammentazione diimmagini che rappresentano la granularità stes-sa di questa complessità. Balla e Depero nel 1915firmano il famoso manifesto ′′Ricostruzione futu-rista dell’Universo′′, che fornisce anche il nomealla mostra del Guggenheim, e si spingono anco-ra più avanti. Immaginando complessi plasticida mettere in moto che girano su un perno, supiù perni, complessi plastici che si scompongono,a volumi, a strati, per trasformazioni successive,gettano le basi di un’arte che abbandona defini-tivamente la forma tradizionale del quadro persmaterializzarsi nello spazio. ′′Daremo scheletro ecarne all’invisibile, all’impalpabile, all’imponderabile,all’impercettibile′′, scrivono i firmatari del mani-festo. Purtroppo un difetto noto del futurismosta proprio nella contraddizione tra una eleva-ta capacità teorica e una incapacità, altrettantoelevata, di dar forma visiva alle proprie teorizza-zioni. Questo è il motivo principale per il qualemolte delle idee futuriste trovano applicazioneconcreta solo nei decenni successivi, spesso adesperienza futurista conclusa, e proprio graziea quegli artisti che nel futurismo si sono formatie sono maturati. È un po’ come se il futurismofosse stato parzialmente più teorico che appli-cativo. Ma come si può ben immaginare primadell’azione viene il tempo della teoria e dellaprogettazione.

Arte Totale (anni ’30)

Durante i primi decenni del secolo XX si afferma-no le grandi trasformazioni urbane, tecnologichee industriali iniziate già verso la fine del secoloprecedente (aereo, automobile, cinema, elettrici-tà, radio). Nello stesso periodo nasce anche lamatematica applicata moderna, che poi si svilup-

perà pienamente con l’arrivo della seconda guer-ramondiale, quando si occuperà di codici segreti,calcoli per la bomba atomica, radar, calcolatori,teoria dell’informazione. Il futurismo risponde aqueste sollecitazioni con un’arte totale, attraver-so scomposizioni tipografiche di parole in libertà(Marinetti), scomposizioni pittoriche di velocità edinamismo (Balla), o di forma (Boccioni), con fo-to dinamiche e cinema sperimentale (Bragaglia),con arte meccanica e complessi plastici (Balla,Depero, Prampolini), con visioni sintetiche di ae-ropittura, con l’architettura in vetro, cemento eferro delle grandi stazioni (Sant’Elia), con la sin-tesi rumoristica (Russolo) e molto altro ancora. Ilfuturismo cerca di descrivere la nuova realtà conun linguaggio che gli si addice, con un approcciosperimentale sviluppato in ogni ambito formaleed estetico (totale, appunto), raggiungendo ognianfratto della vita quotidiana, occupandosi, trale tante cose, di progettazione di mobili, di tes-suti, di comunicazione pubblicitaria, di graficaeditoriale, di giochi per bambini. Questo approc-cio conduce a delle produzioni limitate di proto-design, ma soprattutto modifica in profonditàil ruolo dell’artista moderno, non più alle presecon pennelli, paesaggi e nature morte. Ora l’arti-sta diventa progettista e costruttore, hametodi dilavoro sperimentali (di materiali, di procedure),procede a stretto contatto con l’industria, entranelle nuove professioni legate alla comunicazio-ne di massa (riviste, libri, cartellonistica, comuni-cazione aziendale). Milano è il centro di questagrande trasformazione paradigmatica. Gli spaziespositivi privati svolgono un ruolo importante,come la galleria-libreria del Milione che diffondele idee razionaliste e neoplastiche che si sviluppa-no in Europa, importando i libri della Bauhaus,la rivista ′′Art Concret′′, riportando informazioniattraverso i ′′Bollettini′′. Al Milione espongonoin Italia per la prima volta, e con tutte le difficoltàdel caso, gli astrattisti (′′degenerati′′ secondo ladefinizione nazista) Kandinsky, Vordemberge-Gildewart, Albers. Nascono i primi studi profes-sionali di grafica come lo Studio R+M dei gio-vani futuristi Ricas e Munari, lo Studio Boggeri,le prima riviste come ′′Campo Grafico′′ (esteti-ca e tecnica grafica), ′′Casabella′′ (architettura),′′Domus′′ (architettura), le grandi occasioni diconfronto: Biennali (Venezia), Triennali (Mila-no) e Quadriennali (Roma) . Si gettano i semi

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Figura 2: Filippo Tommaso Marinetti, Il Poema del Ve-stito di Latte, Snia Viscosa, (1937). Grafica diBruno Munari. Collezione Nicoletta Gradella,Brescia.

per un cambio di mentalità nel ruolo dell’artistaall’interno di una società industriale avanzata:attivo, tecnologico e sperimentale. La rivoluzio-ne futurista di un’arte totale si realizza in pieno,soverchiando la presunta e fallimentare rivolu-zione politica cercata da Marinetti e trasfiguratadal fascismo, che del futurismo è fortemente de-bitore. La lezione da trarre è quella di una supe-riorità dell’estetica e della cultura, nei processidi trasformazione della realtà e dell’uomo, sullapolitica.

Il Movimento Arte Concreta (1948)

In Italia, alla fine della seconda guerra mondiale,il dibattito tra gli artisti provoca una scissione,determinata anche dalla presa di posizione uffi-ciale del segretario del Partito Comunista Italia-no Palmiro Togliatti contro le opere non allineateallo stile del realismo socialista, tra due grup-pi contrapposti di ′′realisti′′ ed ′′astrattisti′′. Mala vera novità storica è rappresentata dal diffon-dersi delle idee del movimento di arte concreta

sviluppate in Europa da autori come Theo VanDoesburg, Jean Arp, Piet Mondrian. Questa cor-rente artistica si afferma in Italia con la primamostra del M.A.C. (Movimento Arte Concreta,fondato a Milano da Bruno Munari, Gillo Dor-fles, Gianni Monnet e Atanasio Soldati), che sitiene alla libreria (nonchè galleria) Salto di Mi-lano nel dicembre del 1948 con la presentazione(non casuale) di una cartella di 12 serigrafie deimembri del gruppo. L’intento dei concretisti èquello di svincolare l’arte da ogni rappresenta-zione che non sia la visualizzazione estetica dipensieri astratti, fornendo al linguaggio visivo ar-tistico quella autonomia speculativa che lo rendeindipendente da ogni esigenza rappresentativa oneorealista. In questo senso il fatto che la mostrafondante del gruppo milanese sia centrata sullapresentazione di una cartella serigrafica la dicelunga sul fatto che il gruppo dia importanza alcontenuto della comunicazione visiva, non tan-to ai mezzi utilizzati per realizzarlo (un dipintounico fatto a mano ha per loro lo stesso valorecomunicativo di una stampa seriale). Il M.A.C.conta sull’appoggio di alcuni padri storici del fu-turismo italiano, come Giacomo Balla ed EnricoPrampolini, mentre tra i fondatori troviamo quel-la figura di cerniera, tra la cultura futurista e lerinnovate esigenze sperimentali, rappresentatadal poliedrico Bruno Munari. Dunque vi è uncambio di paradigma e di metodo, l’arte mostrauna dipendenza sempre più stretta dalle tecnolo-gie industriali (polimeri, neon, acciaio inox, ecc.)e attraverso una ′′sintesi delle arti′′, cioè una stret-ta collaborazione tra architetti, artisti, grafici, siorienta sempre di più verso il design. E’ proprioMunari, per il quale l’arte è essenzialmente spe-rimentazione creativa, a scrivere sulla rivista AZnel numero di aprile-maggio del 1950 un articolodal titolo ′′Arte e Industria′′ il cui incipit è il se-guente: ′′ La vera funzione sociale dell’arte dovrebbeessere quella di migliorare non solo l’animo umanoma anche l’ambiente dove l’uomo vive. Il pubblicopassa per strade grigie e monotone, viaggia su bruttiveicoli, i suoi occhi si posano continuamente su unamaggioranza di pubblicità volgare dai colori stonati.Perché non portiamo un poco della nostra sensibilitàartistica all’industria e ai suoi prodotti? Credete cheun apparecchio telefonico non possa essere anche bellooltre che pratico?′′ Come non ricondurre ai nostritempi quest’ultima affermazione correlandola al-

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Figura 3: Bruno Munari. Composizione con materiali vari in vetrino per proiezione multifocale. (1952). CollezioneFondazione Jacqueline Vodoz e Bruno Danese, Milano, Fotografie di Roberto Marossi. (A sinistra: variantedell’immagine proiettata; al centro: vetrino; a destra: vetrino visto di lato.)

la storia vincente dell’iPhone di Steve Jobs? Ilmerito del M.A.C. consiste proprio nell’aver get-tato le fondamenta per l’affermazione dello stileitaliano, attraverso la sperimentazione dei mate-riali, attraverso una cultura capace di incrocia-re la domanda industriale di apertura verso leforme innovative del design. Oltre alle mostredi arte concreta più importanti (di Milano, Pa-rigi, Zurigo, Roma) vanno ricordate le mostrealla Saletta dell’Elicottero della Galleria dell’An-nunciata a Milano nel 1952 dal titolo ′′Materieplastiche in forme concrete′′, ′′Studi per forme con-crete nell’industria motociclistica′′, e a Torino nel1954 al Salone dell’automobile ′′Colore per le car-rozzerie d’auto′′. Sono piccole mostre che dannoil senso di un’atmosfera positiva e collaborativa,di raccordo tra produzione ed estetica. Semprein questi anni, tra la fine degli anni ’40 e i primianni ’50, si realizza una trasformazione crucialenell’arte italiana rappresentata da alcuni eventiche segnano il passaggio, ampiamente teorizzatodal movimento futurista, dalla terza alla quartadimensione, per mezzo di ambienti in cui lo spet-tatore partecipa, fisicamente e percettivamente,in modi più coinvolgenti del passato, all’operad’arte. Inizia Bruno Munari con le ′′Macchineinutili′′ costruite a partire dal 1930 e poi con l’ope-ra ′′Concavo-convesso′′ del 1946. Le prime sonodelle opere d’arte composte da elementi leggeriappesi (bacchette, forme geometriche in carton-cino colorato) che ruotano in libertà e dove laprogrammazione costruttiva è bilanciata dallaaleatorietà dei movimenti degli elementi, spintianche dal minimo soffio d’aria. Il secondo inve-ce è un ambiente in semi-oscurità costruito conuna rete metallica incurvata che ricorda certi og-getti non orientabili della topologia matematica,

come il noto nastro di Möebius. L’opera illumi-nata con luci puntiformi determina, con la rifra-zione delle ombre sui muri, con il generarsi diimmagini in movimento, dei veri e propri filmastratti. Sempre a Milano Lucio Fontana realizzanel 1949 alla Galleria del Naviglio a Milano un′′Ambiente spaziale nero′′ ottenuto sospendendoin uno spazio totalmente nero delle forme dipin-te con colori fluorescenti illuminate da una lucedi Wood. Nel 1950 Bruno Munari realizza dellemicro-composizioni pittoriche da proiettare ingrandi dimensioni sostenendo: ′′Il vivere moder-no ci ha dato la musica in dischi, ora ci dà la pitturaproiettata′′ (figura 3). Lucio Fontana realizza poiun ′′Ambiente al neon′′ nel 1951, ovvero dei se-gni grafici aerei luminosi per il salone di ingressodella Triennale di Milano. Infine Bruno Munarisfruttando un nuovo materiale prodotto dall’a-zienda americana Polaroid costruisce nel 1953le ′′Proiezioni polarizzate′′, ovvero delle microcomposizioni a colori variabili provocati dallarotazione del filtro Polaroid posto davanti al pro-iettore. Le pitture proiettate vengono presentateper la prima volta nell’autunno del 1953 allo Stu-dio B24 diMilano e poi nel 1955 al MoMa di NewYork. E’ come se le intuizioni futuriste avesserosubito una improvvisa accelerazione e si fosserotrasformate di colpo, nel giro di pochi anni, e do-po una lenta maturazione, in ambienti immersivie fortemente tecnologici.

La Civiltà delle Macchine (1955)

Ricordiamo ora brevemente il ruolo del poetaingegnere Leonardo Sinisgalli, chiamato giova-nissimo da Fermi a partecipare alle ricerche sul-la fissione dell’atomo all’interno del gruppo di

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Figura 4: Bruno Munari, Mac-china inutile (1956-68). Col-lezione Nicoletta Gradella, Bre-scia. Fotografia di PierangeloParimbelli.

ragazzi di via Panisperna (Roma), quale figuradi grandissimo rilievo nazionale per gli impul-si che egli fornisce al connubio tra le arti visive,tecnica e scienza, nello sforzo di trovare un ter-reno comune tra cultura umanistica, tecnologiae industria [3]. Sullo sfondo di una Milano incui artisti, tecnici, industriali, architetti vanno abraccetto e sono orientati verso la progettazione,Sinisgalli, dopo le esperienze in Pirelli e Olivetti,diventa direttore, dal 1953 al 1958, della rivistadi Finmeccanica ′′La Civiltà delle Macchine′′. Sulperiodico aziendale, di elegante fattura, Sinisgal-li tratta, con taglio divulgativo, temi di fisica,matematica, cibernetica, architettura, filosofia,poesia, arti visive. Il grado di provocazione aper-ta all’integrazione delle varie discipline è un casoanomalo ed isolato nella cultura italiana del pe-riodo. Così come è un caso anomalo l’ideazione,in collaborazione con il futurista Prampolini, diuna mostra alla Galleria Nazionale di Arte Mo-derna di Roma nel 1955, in cui si confrontano, daun punto di vista estetico, espressivo, macchine(congegni) industriali e opere d’arte, con il titolo:′′Le arti plastiche e la civiltà meccanica′′. Le macchi-ne sono fornite da aziende come Finmeccanica,Alfa Romeo, Delta, Ansaldo, Pirelli, Cantieri del-l’Adriatico. Tra gli artisti partecipanti vi sono:Arp, Bloc, Corpora, Munari, Perilli, Prampolini,Radice, Reggiani, Severini, Veronesi e molti altri.In questa strana esposizione convivono le inven-zioni degli ingegneri e le creazioni interessatedegli artisti, tra cui un esemplare di ′′macchinainutile′′ di BrunoMunari, un’opera d’arte cineticache è forse la concretizzazione visiva più riuscita

di una poetica che sta esattamente all’incrocio traarte, scienza e tecnica, arricchita da componenticome il paradosso, la casualità, la leggerezza, laspazialità.

L’arte programmata (1962)

Olivetti è la prima grande azienda italiana chein qualità di committente sponsorizza una mo-stra d’arte, sulla base della convinzione che laproduzione industriale è il centro dell’azione del-l’uomo e che l’arte deve raccontare il valore del-l’innovazione. Nel maggio del 1962 nel negozioOlivetti di Milano, in galleria Vittorio Emanuele,a due passi dalla Scala, si apre la fortunata mo-stra di ′′Arte Programmata′′ che vede animatoreprincipale Bruno Munari con la collaborazionedi Umberto Eco e la presenza dei gruppi artisticiGruppo T di Milano, Gruppo N di Padova (i cuipartecipanti firmano le opere in modo collettivo,dotandosi di una metodologia di lavoro tipicadella ricerca scientifica) assieme ad alcune figu-re isolate come Enzo Mari e, successivamente,Getulio Alviani [4]. La mostra, che porta i sotto-titoli di ′′arte cinetica′′, ′′opere moltiplicate′′ e ′′operaaperta′′, verrà poi spostata a Venezia nel negozioOlivetti allestito dall’architetto Carlo Scarpa, pertransitare successivamente a Roma, Dusseldorf,Londra e in vari musei americani. L’esposizioneè composta da opere in cui le componenti vengo-no messe in movimento da motori elettrici. Laprogrammazione, basata su un equilibrio insta-bile tra regole ed elementi di casualità dovuti altipo di materiale utilizzato ed alle forze fisiche

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Figura 5: Gianni Colombo. Progetto di Spazio elasti-co. Graz (1967). Per gentile concessionedell’Archivio Gianni Colombo, Milano.

in gioco (l’attrito, la gravità, la forza elastica, laforza magnetica, la dinamica dei fluidi), provocainfinite permutazioni al punto che l’opera d’artesi caratterizza proprio per una forma indefini-ta. La denominazione di ′′arte programmata′′è accreditata al curatore-artista Bruno Munaried ha ancora dei legami con i principi futuri-sti del movimento e del dinamismo. Gli artististabiliscono delle regole e studiano le possibilivarianti. Gianni Colombo, esponente di puntadel gruppo milanese T (la lettera indica la di-mensione ′′Tempo′′ che entra in gioco in ognicomposizione mostrando la variazione tempo-rale di una forma), presenta una ′′strutturazionefluida′′ costruita con un lungo nastro di materialeplastico trasparente, racchiuso dentro una scato-la di cristallo, che mosso da un motore generaper accumulazioni casuali immagini sempre di-verse. Davide Boriani inserisce in un disco conscomparti irregolari della polvere di ferro che vie-ne spostata da calamite poste sul retro del discoazionate da motori elettrici. Munari crea ′′novesfere in colonna′′ che contengono dei segni bianchi.La prima sfera in basso è posta su una puleggiaazionata da un motore che muove casualmentee per attrito tutte le sfere incolonnate dentro unastruttura in cristallo essenziale e minimale. Ilgruppo N di Padova presenta una serie di opere

Figura 6: Mario Ballocco. Struttura stellare blu concerchio indotto. (1969) Collezione privata.

tra cui una ′′visione dinamica′′ in cui si ha un mo-vimento apparente di colore determinato non daun motore, ma dal movimento dello spettatorestesso. Questa esposizione fornisce un grandeimpulso alle ricerche cinetiche e percettive cheindagano ogni aspetto della nostra visione e chemettono al centro dell’opera l’interazione con lospettatore attraverso una forma ′′aperta′′, instabi-le, filosoficamente ed esteticamente interprete diuna realtà in continua e rapida evoluzione. Daun punto di vista compositivo gli artisti traggonospunti dalla fisica e dalle matematiche, le operenascono da una progettazione e la loro realiz-zazione richiede competenze tecniche non piùartigianali ma industriali.

L’arte come ricerca (anni ’60)

Milano, quale centro industriale e del terziarioavanzato più importante in Italia, diventa il labo-ratorio di grandi innovazioni. Gli artisti interpre-tano la modernità con l’essenzialità, attraverso ladeformazione delle superfici pittoriche: mono-crome o vibratili, ritmiche eminimali, estroflesse,stratificate, fresate, sagomate, tagliate, forate, re-troilluminate. Ricordiamo i nomi di alcuni trai giovani protagonisti che in quegli anni hannocomemaestri e tutor la coppia, quasi complemen-tare, composta dallo ′′spazialista′′ Lucio Fontanae ′′il perfettissimo′′ Bruno Munari: Piero Man-

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Figura 7: Luigi Veronesi. Visua-lizzazione cromatica delle misuredalla 1 alla 14 della Seconda Sa-rabanda per pianoforte di Erik Sa-tie (1982-83). Collezione ArchivioLuigi Veronesi, Milano.

zoni, Agostino Bonalumi, Getulio Alviani, PaoloScheggi, Enrico Castellani, Enzo Mari e molti al-tri. Gianni Colombo sviluppa un’idea ambienta-le di arte modificabile, realizzata attraverso strut-ture geometriche delimitate da corde elastichefosforescenti tese in ambienti bui (′′spazi elastici′′,ambienti visuo-cine-estetici programmati, figu-ra 5) [5]. L’artista Mario Ballocco, che inaugu-ra all’Accademia di Brera l’insegnamento della′′cromatologia′′, indaga in modo scientifico tuttigli aspetti della percezione, inclusi gli ′′inganni′′della visione, al punto da concepire un quadrocome concretizzazione e verifica percettiva di undato risultato sperimentale (figura 6) [6]. LuigiVeronesi prosegue le proprie ricerche nell’ambi-to della fotografia e del cinema sperimentale esi occupa di indagare le visualizzazioni croma-tiche della musica (figura 7) [7], mentre Munariusa la macchina fotocopiatrice Rank Xerox persperimentare con la luce [8].

L’arte come progetto (anni ’60-’70)

Nel dicembre del 1959 l’artista Daniel Spoerripresenta a Parigi i multipli delle Edizioni MAT(Multiplication d’Art Tranformable), con operecinetiche di Albers, Duchamp, Malina, Munari,Soto, Tinguely, Vasarely ed altri [9]. Nel febbraiodel 1960 la mostra arriva a Milano, allo spazioDanese (lo showroom di una delle più innovati-ve aziende milanesi di industrial design) e costi-tuisce la prima esposizione in Italia dedicata altema dell’opera d’arte prodotta in serie (multipli)a partire da un progetto, non come riproduzio-ne seriale di un pezzo unico originale. Spoerrisottolinea quanto sia importante che i multipliabbiano delle caratteristiche cinetiche, di movi-mento: ′′Anche se i proprietari di un’opera cinetica

prodotta in un’edizione di cento copie hanno pezziche rispondono alle stesse qualità specifiche, in realtàposseggono un’opera unica perché, in sé stessa, cam-bia continuamente′′. L’arte entra in produzione intiratura limitata o anche illimitata, in base alleesigenze della comunicazione. E’ un tentativodi demitizzare l’artista-star, di avvicinare il mon-do dell’arte e della creazione estetica al singoloindividuo e alla sua vita quotidiana. ′′Solo chiconfonde il prezzo col valore non dà interesse a questeproduzioni′′ (Munari). L’idea di una ricerca conti-nua si scontra anche con i meccanismi fondantidel mercato dell’arte, centrato sulla costruzionedel valore attorno ad opere facilmente riconosci-bili (ostentate come status symbol). Poi arrivano,verso la fine degli anni ’70 il terrorismo ed i co-siddetti ′′anni di piombo′′. Il design, dopo unperiodo di forte ideologizzazione della realtà,diventa assurdamente iper-decorativo ed anti-funzionale, l’arte mette in scena materiali poverie una certa banalità di idee, la pittura ritorna alquadro e diventa rassicurante (per il mercato)e citazionista. Insomma si attua un vero passoall’indietro rispetto alle istanze sperimentali cheabbiamo brevemente citato [10].

L’arte ha un futuro?

Bruno Munari una volta scrisse: ′′quando tutto èarte, niente è più arte′′. Una constatazione del fattoche quando regna la confusione più totale è dif-ficile poi mettere le cose al loro posto, in ordine.Fuori dalla metafora potremmo dire che questoparadosso è oggi ancora attuale. L’innumerevo-le quantità, statisticamente parlando, di artistioperanti nei principali centri dell’arte contem-poranea ci spinge a supporre che molti di que-

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sti, verosimilmente in una percentuale assai alta,non troveranno posto sui libri di storia dell’arte,nonostante la loro pervasiva presenza mediatica.Eppure, in conflitto con il ragionevole assuntostatistico appena accennato, il numero degli ar-tisti professionisti è in costante crescita. Ma illavoro di tutti questi artisti è davvero utile? E acosa serve realmente oggi l’arte, al di là di ogni ra-gionevole considerazione sulla funzione di benedi lusso, di rifugio o di investimento ad alta vola-tilità? L’arte ha senso se questa serve a stimolarela fantasia e la creatività, se aiuta gli individui aformarsi e a realizzarsi secondo la propria natura,se spiega se stessa e se svela i suoi processi, affin-chè possa essere replicata e compresa all’internodi un processo di apprendimento che si realizzanel momento stesso del fare, seguendo le regoledel gioco. Un’arte ′′esatta′′, razionale, in grado dialimentare, evolvere ed espandere inmodo conti-nuativo le capacità espressive di ogni linguaggioe cultura visiva. Crediamo si possa interpretarel’arte come uno strumento per raggiungere obiet-tivi che vanno al di là dei confini stessi dell’operad’arte, che dunque non può elevarsi a scopo fi-nale di ogni agire artistico. Appunto: l’arte è ilmezzo, non il fine.

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[1] Vivien Green (a cura di): Italian Futurism, 1909-1944:Reconstructing the Universe, Guggenheim, New York(2014).

[2] Pontus Hulten (a cura di): Futurismo & futurismi,Bompiani, Milano (1986).

[3] Sebastiano Martelli, Franco Vitelli (a cura di): Il gu-scio della chiocciola. Studi su Leonardo Sinisgalli, EdisudSalerno, Salerno (2012).

[4] Marco Meneguzzo, Enrico Morteo, Alberto Saibene:Programmare l’arte. Olivetti e le neoavanguardie cinetiche,Johan & Levi Editore, Milano (2012).

[5] Carolyn Christov-Bakargiev, Marcella Beccaria:Gianni Colombo, Skira, Milano (2010).

[6] Paolo Bolpagni (a cura di): Mario Ballocco, SilvanaEditoriale, Milano (2009).

[7] Paolo Bolpagni, Andreina Di Brino, Chiara Savettieri(a cura di): Ritmi visivi. Luigi Veronesi nell’astrattismoeuropeo, Edizioni Fondazione Ragghianti, Lucca (2011).

[8] Bruno Munari: L’arte come mestiere, Laterza, Bari (1966).

[9] Guido Ballo: La mano e la macchina. Dalla serialitàartigianale ai multipli, Sperling & Kupfer, Milano (1976).

[10] Giampiero Bosoni: IlModo Italiano. Design e avanguardianel XX secolo, Skira, Milano (2007).

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Luca Zaffarano: Laureato in informatica, consu-lente IT in ambito finanziario nell’area delmarketrisk management, collezionista di arte italiana, èautore di un progetto documentale dedicato al-l’arte di Bruno Munari consultabile all’indirizzohttp://www.munart.org. Nel 2012 ha ideato edè stato co-curatore della mostra personale ′′BrunoMunari. My Futurist Past′′ alla Estorick Collectionof Modern Italian Art di Londra. Ha pubblicatoscritti in: Sonia e Massimo Cirulli (a cura di), LoStile Italiano, Silvana Ed. 2011; M. Hájek, L. Zaf-farano, Bruno Munari. My Futurist Past, SilvanaEd. 2012. Attualmente sta lavorando, in colla-borazione con alcuni studiosi delle Universitàdi Cambridge (UK) e UCL London, ad un librodedicato alla poetica dell’artista Bruno Munari.

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