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S O M M A R I O

CL O V I S WH I T F I E L D: The “Camerino” of Cardinal Del Monte - GI A N N I PA P I: I lprimo ‘Lamento di Aminta’ e altri approfondimenti su Bartolomeo Cavarozzi

- SILVIA BENASSAI: Su Felice Ficherelli: Juvenilia e altre novità

R I C E R C H E D ’ A R C H I V I O

La collezione d’arte del canonico e pittore Flaminio Pasqualini nella Milanodel Seicento (Giacomo Berra)

SERVIZISEED I T O R I A LI

PARAGONERivista mensile di arte figurativa e letteratura

fondata da Roberto Longhi

ARTE

Anno LIX - Terza serie - Numero 77 (695)Gennaio 2008

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R I C E R C H E D ’ A R C H I V I O

LA COLLEZIONE D’ARTE DEL CANONICO E PITTOREFLAMINIO PASQUALINI NELLA MILANO DEL SEICENTO

Alcuni documenti noti, inediti o parzialmente conosciuti (macomunque mai trascritti o analizzati nel loro insieme)1 relativi ai beniimmobili del canonico Flaminio Pasqualini permettono di delinearecon estrema precisione la consistenza della ricca collezione d’arte diquesto anomalo personaggio. Si tratta di una collezione che di certonon sfigurava neppure a confronto con altre quadrerie milanesi piùblasonate2.

Flaminio Pasqualini era un canonico di Santo Stefano in Brolio diMilano molto legato all’Ambrosiana3. È documentato, ad esempio,che egli fu, per alcuni anni, uno dei conservatori dell’Accademia deiPittori e Scultori istituita presso l’Ambrosiana (un’accademia di cui siparlerà più avanti). Egli è per la prima volta citato con tale carica neidocumenti dell’Accademia del Disegno nella Biblioteca Ambrosiana enei verbali del Libro dei Conservatori del Collegio Ambrosiano in data4 marzo 1669 (e poi anche il 14 dello stesso mese). In particolare, inuna di tali carte è segnalato che l’11 aprile 1669 il Pasqualini venne in-vitato a controllare e a seguire i lavori di pittura che l’artista AntonioBusca avrebbe dovuto realizzare per “freggiare” la porta dell’accade-mia. L’8 aprile 1672 fu invece incaricato di indurre gli accademici a fa-re qualche opera per la “Galeria delle Statue” e per la “Libraria nuo-va di Manoscritti”. In data 3 febbraio 1673 il Pasqualini fece stimareotto statue in terracotta eseguite dallo scultore Dionigi Bussola, men-tre il 17 marzo dello stesso anno stipulò, a nome dell’accademia, unaccordo per il pagamento del lavoro dello stesso Bussola. Il canonicoè ancora documentato come conservatore il 13 febbraio 1674 allorché,tra l’altro, esortò gli “Accademici” a “continuare ardentemente l’in-cominciata carriera”, ed è pure citato in tale ruolo il 4 dicembre dellostesso anno4. Il Pasqualini, inoltre, ricevette alcuni incarichi anche in

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relazione alla “Galleria” ambrosiana. Infatti, nel registro dei verbalidell’accademia, in data 11 gennaio 1672, si legge: “Essendo levatedalla Galeria molte copie, si pregò il Signor Canonico Pasqualini, od àvenderle, per convertire il prezzo in originali buoni particolarmentede’ i Pittori celebri, che vi mancano, ò di cambiarle affine di farequalche aquisto d’isquisito originale”. E, qualche mese più tardi, il 6maggio 1672, venne inoltre verbalizzato: “Fù pregato il Signor Cano-nico Pasqualini per l’esito delle copie cavate da questa Galeria, perprovederla di originali, come si è fatto ne’ i due quadri del Barocci, edel Padovanino.”5.

Ma il Pasqualini, oltre ad aver avuto un rilevante ruolo nell’am-bito dell’istituzione dell’Ambrosiana, ebbe pure un’intensissima atti-vità collezionistica che gli permise di mettere insieme per proprioconto, nell’arco di alcuni decenni, una consistente raccolta di dipinti.Questo interesse per l’arte è testimoniato in maniera significativa daquel che si potrebbe chiamare un ‘Libro dei conti’, cioè un vero e pro-prio diario personale che il Pasqualini redasse con precisione dal pri-mo gennaio 1670 sino all’11 settembre 16766. Con puntigliosa dili-genza il canonico annotò giorno dopo giorno tutti i conti relativi allapropria gestione finanziaria prendendo nota di ciò che poteva servirea giustificare qualsiasi movimento di denaro relativo alla propria am-ministrazione familiare. Il Pasqualini ebbe così modo di fissare nel suo‘Libro’, accanto ad altre questioni più pratiche e banali, legate alla vi-ta quotidiana, alcuni momenti della sua attività in veste di collezioni-sta o di intermediario di fiducia di artisti e committenti.

Il 4 dicembre 1670, ad esempio, il Pasqualini scrive: “portatomi àdonare dal Signor Alessio Pittore fiamingo un Quadro dipintovi unAna (o Aria?) al naturale con un Disegno attaccato in mezzo, cosa ra-ra”, oppure, in data 12 febbraio 1674, annota: “Ho comprato dalfuoco (?) un Quadretto d’ina Pietà del Campi”. Tramite le paroledello stesso canonico, inoltre, veniamo a sapere che egli ospitò nellapropria casa un pittore per alcuni anni. Precisamente il 7 aprile 1673il canonico annota: “venuto da Gravedona Giuseppe mantica perstare in Casa mia”, e tre anni più tardi (il 24 aprile 1676) il canonicoregistra a malincuore che il pittore, probabilmente per qualche diver-bio, se ne era voluto andar via: “Memoria, come alli 20. detto (aprile1676) è partito di Casa mia Giuseppe mantica Pittore con mal termi-ne doppo essermi stato 3. Anni compiti alli 7. del presente”7. Sappia-mo da un altro documento che nella casa del Pasqualini si trovavano

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“Duoi Cavaletti dà Pittore”: forse essi furono utilizzati dall’artistaospite appena ricordato, anche se non si può escludere che fossero sta-ti adoperati dallo stesso canonico, che, come si vedrà meglio piùavanti, era stato anche un pittore8.

Il Pasqualini, inoltre, fu in stretto contatto con un artista cheegli chiamava il “Sordo mio Pittore”. In una annotazione del 21 apri-le 1674 egli infatti scrive: “venne à Milano il Prete (… ?) del SordoPittore e vie stato in casa mia sino li 29”; mentre il giorno 7 settembre1675 annota: “Dato al Sordo mio Pittore à conto di quello (?) ha fat-to per il Signor Principe” (un nobile di cui si parlerà più avanti)9. For-se questo artista è da identificare con quel pittore chiamato GiuseppeMantica (così sembra da leggersi il nome) che, come si è appena visto,in quegli anni viveva in casa sua, ma per ora non ci sono degli specificielementi per accettare tale supposizione1 0. Nel suo ‘Libro dei conti’ èspesso citato un certo “Genovese”, il quale doveva essere un com-merciante d’arte con il quale il Pasqualini ebbe intensi scambi artisti-co-mercantili. Ad esempio in data 5 febbraio 1670, il canonico scrive:“vendutomi dal Genovese un Quadro di S. Giovan Battista del Peru-gino (Luigi Pellegrino Scaramuccia) netto £ 36”; mentre il giorno 25febbraio 1673 annota: “Dal suddetto Genovese hò ricevuto il prezzodi quella madonna bozza che viene da Giulio Cesare (Procaccini) so-no state £ 35”; invece il 24 febbraio del 1674 registra: “Il Genovese mihà venduto un Quadretino fatto dal Sordo di una madonna £ 35”11.

Sono inoltre documentati, anche attraverso delle lettere, i preci-si rapporti che il Pasqualini intrattenne in particolare con due noti pit-tori del tempo, cioè Francesco Cairo e Luigi Scaramuccia (detto il Pe-r u g i n o )1 2. Del Cairo il Pasqualini possedeva anche un disegno cheegli stesso regalò l’8 giugno 1571 a Pietro Paolo Bosca, come è testi-moniato dalla registrazione del canonico nel suo ‘Libro dei conti’:“Donato al Signor Dottore Bosca un Disegno di una Vergine di lapisrosso, è nero del Cavaliere Cairo Incorniciato”1 3. In particolare lostretto rapporto tra il Pasqualini e lo Scaramuccia è anche testimo-niato dal fatto che il canonico aveva seguito direttamente la prepara-zione del testo sulla pittura che il Perugino stava elaborando in queglianni e che uscirà a Pavia nel 1674 con il titolo Le finezze de pennelliitaliani, ammirate, e studiate. È proprio in una delle prime pagine diquesto volume che lo stesso Scaramuccia volle inserire una letteradel 15 agosto 1670 indirizzata da don Cipriano Mauri allo stesso Pa-squalini. In questa missiva il Mauri rivelò al canonico che molti erano

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impazienti di poter leggere il testo dello Scaramuccia, lavoro che lostesso Pasqualini “già anni sono” gli “accertò, che in breue uscito sa-rebbe alla luce”. Pertanto — continua il Mauri rivolgendosi con vee-menza al canonico —, visto che il volume non è ancora stato dato allestampe, “V.S. (Pasqualini) ch’è il fedelissimo Acate del Sign. Luigi losolleciti, anzi lo stimoli, e violenti colle di lei efficaci persuasioni à darl’vltima mano ad Opera cotanto curiosa, e profitteuole”1 4. E che il Pa-squalini fosse un “fedelissimo” amico dello Scaramuccia lo dimostraanche il fatto che il canonico registra nel suo inventario del 1672 un“Ritratto in mezza figura fatto di mano del Signore Perugino” e un“Quadro grande dipintovi sopra dieci Ritratti, particolarmente il miodi mano del Signore luigi Perugino fatto l’Anno del 1650 quandostava in mia casa”1 5. Si trattava di un grande dipinto con i ritratti di di-versi personaggi (tra i quali anche quello dello stesso Pasqualini) che ilpittore aveva eseguito come ospite (“stava in mia casa”) proprio nel-l’abitazione dell’amico canonico nel 1650. Quest’ultima data è parti-colarmente significativa in quanto testimonia che già in quell’anno loScaramuccia si trovava a Milano (nel 1645 era invece ancora a Perugia,sua città natale). Gli studiosi, sino ad ora, hanno infatti solo ipotizza-to che l’artista perugino si fosse trasferito nel capoluogo lombardo agliinizi degli anni cinquanta sulla base del fatto che in tale città egli di-pinse una ‘Erminia tra i pastori’ prima del 165216.

Come collezionista e appassionato d’arte certamente il Pasquali-ni dovette avere una certa esperienza nel campo delle attribuzioni enelle valutazioni delle opere d’arte. Non a caso — come ricorda Feli-ce Calvi, uno studioso dell’Ottocento — verso il 1650 egli (assieme adaltri) fece la stima della collezione del cardinale Cesare Monti17.

Alcune annotazioni inserite dal Pasqualini nel suo ‘Libro deiconti’ testimoniano inoltre che egli era impegnato come agente per laquadreria del principe Trivulzio. Nelle diverse carte non comparemai per intero il nome del “Principe”, ma si trattò certamente delprincipe Antonio Teodoro Trivulzio (morto nel 1678)18. Diverse an-notazioni relative a contatti con tale nobile personaggio sono state re-gistrate in particolare nel corso degli anni 1673-1674. Nel 1673 il Pa-squalini si preoccupò di fornire il materiale necessario per un pittore(del quale non è possibile individuare il nome) al servizio del Tr i v u l z i o(“compro Penelli, è Colori, è Vesciche per il Pittore del Signor Prin-cipe per il Quadrone”); di seguire la fornitura di una cornice per unquadro destinato allo stesso Trivulzio (“l’Intagliatore ha portato la

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Cornice per il Santo Gieronimo di Titiano del Signor Principe”); di“spendere in Pitture Cornici Intagliate et altro” le 100 lire ricevute ap-positamente dal principe; o anche di ricevere dal Trivulzio 10 doppiee mezzo “per il Quadro vendutoci del Baccanale”. Il 28 agosto dellostesso anno, inoltre, il Pasqualini registra, certamente in veste di in-termediario, che “il Signor Principe ha comprato dal Pittore Girardi-no due Battaglie con Cornici Adorate et Intagliate per doppie 6. d’I-talia” (la doppia era una moneta d’oro), mentre il mese seguente an-nota: “il Signor Principe ha comprato un’Ritratto d’un’Frate mano delFigino, mezza figura, è un’Ritratto in Piedi di Carlo Francesco Panfi-lo (Nuvolone) per 11 Doppie dal Malagrida”. Ancora come mediato-re, il Pasqualini si diede da fare per il “saldo della Coloritura delCocchio del Signor Principe”, e per l’acquisto, sempre su incarico delTrivulzio, di “un Quadro con due figure” (assieme a “2. Quadrettini”)e di una “Testa del Salvatore”. In alcuni casi il Pasqualini fece da in-termediario tra il Trivulzio ed un pittore chiamato “Olandese” delquale, però, non è ben chiara l’identità. In particolare nel suo ‘diario’si legge: “l’Olandese Pittore ha portato il 3.° Quadro al Signor Prin-cipe, che è un’Incendio, è gli ha dato à conto 4. Doppie d’Italia”; o,ancora: “(il principe) hà havuto parimente il quarto Quadro dell’O-landese che è una fortuna di mare”19.

D’altra parte lo stesso Pasqualini possedeva alcuni dipinti raffi-guranti dei membri della famiglia Trivulzio: oltre ad una insegna instucco “del Principe Trivultio”, troviamo infatti citati nel suo inven-tario un ritratto “della P(r)incipessa Trivultia” e uno del “Principe Tr i-vultio”, entrambi di mano del Payno; due ritratti del “Cardinale Tri-vultio”, uno dei quali di mano di “Tobia”; un ritratto del “PrincipinoTrivultio” del Payno e “un’ritratto del Principe Hercole Trivultio chemi mandò da Codogno”20.

Il legame tra il Pasqualini e il principe Trivulzio fu, con ogniprobabilità, agevolato anche dal fatto che entrambi abitavano nellaparrocchia di Santo Stefano in Brolio. In quella parrocchia, infatti, ilprincipe possedeva il suo palazzo (in via della Signora) come è espli-citamente indicato anche in un documento notarile del 16782 1. In taledimora del Trivulzio, nel dicembre del 1675, il pittore gesuita AndreaPozzo (attivo a Milano a partire dal 1669, anche tramite l’iniziale aiu-to del pittore Scaramuccia, che era, come si è visto, amico del Pa-squalini) decorò, su esplicito desiderio dello stesso principe, alcunestanze22. Non può essere quindi un caso che tra le opere collezionate

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dal Pasqualini compaia anche “una Madonna grande al Naturale con fi -glio in brazzo mano del Padre Pozzo Giesuita con Cornici bianche In-tagliate”23.

Oltre che essere un conservatore dell’Accademia dell’Ambro-siana ed essere un collezionista di opere d’arte a contatto con artisti epersonaggi importanti della Milano del Seicento, il canonico Pasqua-lini, come abbiamo già accennato, svolse pure — cosa del tutto inso-lita — una specifica attività pittorica. Pietro Paolo Bosca, nel suo testodedicato alla Biblioteca Ambrosiana, pubblicato a Milano nel 1672,infatti così scrive: “Flaminius Pasqualinus Academiae pictorum Con-servator, acaliquando pictor ipse, eoque nomine picturae amantissi-mus”; e, diverse pagine dopo, aggiunge: “Flaminius Pasqualinus suop-te ingenio ferebatur ad haec studia, addictus olim picturae, sinceroquoque pictarum tabularum iudicio, atque hospitio pictorum, si quimagno nomine exteri ad eum diuertant”2 4. Vedremo più avanti comenella sua collezione il canonico conservasse anche qualche dipintoche egli stesso definiva “di mia mano”.

Il ‘Libro dei conti’ del Pasqualini si interrompe l’11 settembre1676. Probabilmente nei giorni successivi il canonico fu colpito da unagrave malattia che gli impedì di proseguire il suo meticoloso ‘diario’.In effetti sappiamo che egli morì qualche giorno dopo nella sua casamilanese: “1676 adi 19. Settembre a hore 3: di Notte Morte del fù Si-gnor Canonico Don Flaminio Pasqualino”. Così è scritto in una cartad’archivio che, assieme ad altre, documenta anche le diverse spese peril suo funerale come, ad esempio, lo sborso, qualche giorno dopo, dicirca 39 lire imperiali per le “Arme colorite del defonto; et altre spesedel Sepelitore”25.

Chiariti alcuni aspetti del ruolo svolto dal canonico Pasqualininell’ambito dell’istituzione Ambrosiana e della sua attività di media-tore e di collezionista, possiamo ora analizzare l’esatta consistenzadella quadreria che egli possedeva esaminando una sua donazione, ilsuo testamento e soprattutto l’integrale inventario dei suoi beni.

In relazione proprio alla sua prima donazione all’Ambrosiana,abbiamo la testimonianza dello stesso Pasqualini il quale, in data 27aprile 1670, annota nel suo ‘diario’ personale: “Memoria come alli 27.Aprile feci Donaticio alla libraria Ambrosiana di una mano di cosepretiose e primieramente”26. Segue poi l’elenco preciso degli oggettida lui donati (che vedremo tra poco). La sua donazione venne for-malmente e ufficialmente perfezionata solo qualche giorno dopo. In-

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fatti in un documento datato 10 maggio 1670 si legge che Pietro Pao-lo Bosca, dottore del collegio della Biblioteca Ambrosiana, a nomedella stessa istituzione milanese, dichiara di ricevere dal reverendo Fla-minio Pasqualini, canonico della collegiata di Santo Stefano in Broliodi Milano, alcuni beni, tra i quali figurano anche dei quadri. L’atto e laconsegna dei dipinti (e degli oggetti) vennero fatti nel locale chiamato“Galleria de Quadri” della Biblioteca Ambrosiana. Trascrivo qui leparti che riguardano i dipinti citati e, in questo caso, anche quelle cheenumerano gli oggetti donati poiché alcuni di essi sono ancora oggiconservati presso la Pinacoteca Ambrosiana di Milano.Un Quadro nel quale è depinta in Tela una Madonna in mezza figura minore delnaturale tenuta di mano del Famoso Correggio con Cornice intagliata, et dorataUn Crocifisso con sua Croce d’Ebano, et sua Campana di VetroDodeci Quadretini, sette de quali sono ovati, due miniati, due in dissegno, et unopiù grande, dove è un Christo di Cera lavorata sopra una pietra diaspro orientale informa ovataUn Bastone Pastorale Anticho d’Ottone indoratoUna Spada di Ferro anticha, et lucerna di lume perpetuo ritrovati in un Sepolcroanticho scopertosi nel Fabricare la Capella Trivultiana nella Chiesa Collegiata di S.Stefano insieme con alcune medaglie consolari in numero di seiIl Coltello con il quale Giovan Andrea Lampugnano amazzò il Duca Galeazzo Sfor-za nella Chiesa di S. Stefano di Milano nel giorno della festa del Santo riposto inuna Cassetina di CipressoTre idoletti di BronzoUn Cuore humano impietritoUn libretino anticho nel quale si contengono li versi mandati dal Petrarcha à Ma-donna LauraUna statuina di Sant’Elena del Cerano modello della grande Statua della Croce diPorta Ludovica, et un Santo Sebastiano del LasagnaUna statuina d’huomo prostrato in Terra modello del Gobbo (Cristoforo Solari)Quae omnia, et singula praefatus Dominus Flaminius Pasqualinus dediti, et dona-vit ac dat, et liberaliter donat praefatis Collegio et Bibliothecae Ambrosianae, et proeis praefato Domino Doctori Boscae Bibliothecario praesenti, et acceptanti(…)Actum in loco nuncupato la Galleria de Quadri praefati Collegii, et BibliothecaeAmbrosianae27.

Questa donazione è stata sino ad ora conosciuta dalla critica so-lo in maniera generica e per via indiretta. Nessuno studioso, infatti, hamai pubblicato il documento originale. La donazione del Pasqualiniall’istituzione milanese è stata per la prima volta ricordata dallo stessoBosca nel suo testo del 1672 (sopra citato) dedicato alla BibliotecaAmbrosiana. Nel suo volume egli elenca proprio alcune opere e alcu-ni oggetti donati dal Pasqualini (che erano stati elencati nel docu-

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mento notarile): una tavola del Correggio; la statuina di “Sant’Elena”del Cerano; il pugnale usato dal Lampugnani; e un “Santo Sebastia-no” (rispetto alla citazione più stringata dell’atto notarile, il Boscaaggiunge che San Sebastiano era associato a Sant’Irene: “Hirenemfictilem Sebastiani vulnera sanantem”)2 8. Egli ovviamente conosceva iparticolari della donazione proprio perché, come si è visto, durante ta-le operazione rappresentò giuridicamente la “Galleria” Ambrosiana.La notizia della donazione di questi dipinti, inizialmente ricordatadal Bosca, è stata qualche anno dopo inserita da Blasio Guenzati e daFrancesco Bicetti Butinone nel loro manoscritto datato 1685 e intito-lato Inventario delle scritture in genere, Pitture, Scolture, Medaglie,Argenti, Legnami el altri mobili29. In seguito è stata ripresa anche daalcuni studiosi moderni. Ad esempio Achille Ratti (il futuro papa PioXI), agli inizi del secolo, scrisse con precisione che il Pasqualini avevadonato all’Ambrosiana nel 1670 alcune opere e anche alcuni oggetticome un pugnale, un pastorale, dei vasi lucerna, una cassettina, un co-dice antico del Petrarca (in realtà questo manoscritto non ha niente ache fare con il poeta di Arezzo)3 0. Il Ratti, nel suo libro, non aveva ci-tato alcun documento a supporto delle sue affermazioni, ma è evi-dente, data la precisa corrispondenza tra i beni da lui elencati e quel-li ricordati nell’atto di donazione del Pasqualini (parzialmente sopratrascritto) che egli avesse visto il documento originale o una sua copia.Non a caso sul margine sinistro dell’atto di donazione in questione,conservato presso l’Archivio di Stato di Milano, si trova la scritta “10dicembre 1906”: è molto probabile che il Ratti (o qualcuno per suoconto) abbia rintracciato tale documento e poi lo abbia citato (senzaperò darne alcuna indicazione archivistica) nel suo testo del 19073 1. IlRatti ricorda inoltre che al Pasqualini (assieme ad altri) venne dedicatanel 1678 una lapide esposta in uno degli ambienti dell’Ambrosiana3 2.

Tra i beni donati dal Pasqualini all’Ambrosiana troviamo un’in-teressantissima “statuina di Sant’Elena del Cerano modello della gran-de Statua della Croce di Porta Ludovica”, un’opera plastica che me-rita una particolare attenzione. Va subito notato che nel suo ‘Libro deiconti’ il Pasqualini l’aveva così descritta: “Il modello dell’Santa Elenache è sopra la Crocetta a Porta Ludovica mano del Cerano”3 3. Lapiccola scultura era servita come modello per la statua di ‘Sant’Elena’eseguita poi dallo scultore milanese Giovan Pietro Lasagna. Un’operache in origine venne collocata su una colonna posta nei pressi dellachiesa milanese di Sant’Eufemia /t a v o l a 60/. Nella Milano di fine

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Cinquecento esistevano numerose colonne con croci stazionali voluteda San Carlo per qualificare alcuni luoghi della città dal punto di vistasimbolico-religioso. Successivamente il cardinale Federico Borromeovolle intitolare tali colonne (ristrutturate e abbellite) ai santi vescovi diMilano e quella con ‘Sant’Elena’, benedetta nel 1616, venne dedicataal vescovo San Senatore. Nel 1955 la colonna con la statua di ‘Sant’E-lena’ venne spostata e posta davanti alla facciata della chiesa di SanPaolo al Corso, dove si trova tuttora3 4. L’esistenza di un modello del-la statua ad opera del Cerano era stata segnalata, come si è già accen-nato, nel testo dedicato all’Ambrosiana pubblicato dal Bosca nel 1672proprio in riferimento alla donazione del Pasqualini del 1670. Il Boscaesattamente così scriveva:tum prototypum Helenae ferentis crucem, quam Ceranus sacrae columnae in re-gione Ludouicà vrbis imposuit, ac Graecà longè venustiorem fecit. Hanc Helenam(…) à Flaminio Pasqualino accepimus35.

Ovviamente la parola “prototypum” è da interpretare, anche te-nendo conto che nella donazione del Pasqualini si usa la parola “sta-tuina”, come un sinonimo di modello (come d’altra parte è espressa-mente scritto — lo si è visto sopra — anche nel ‘diario’ del canonico).Questo “modello”, certamente in terracotta, fu appunto utilizzatodal Lasagna per poter eseguire l’opera finale. In base all’Inventariomanoscritto dell’Ambrosiana del 1685 sappiamo anche che la “sta-tuina” era alta 7 once, cioè circa 25 centimetri (un’oncia corrispon-deva a cm 3,6265) e, non a caso, date le piccole dimensioni, essa eracollocata in un “Armario” della “Galeria della Scultura” dell’Am-brosiana:(In margine a sinistra: Donatione 1670) Modello di S. Elena, che tiene la Croce,quella, che è sulla Colonna di Porta Ludovica. È di mano di Gio. Pietro Lasagna.Alto once 7. - Sopra disegno del Cerano36.

In questo inventario, però, come si può notare, il modello dellastatua viene riferito al Lasagna, mentre il rispettivo disegno è attri-buito (con una frase aggiunta) al Cerano. Ma ciò è in palese contrad-dizione con quanto viene esplicitamente rivelato dallo stesso Pasqua-lini, proprietario del modello stesso, nell’atto della donazione (e anchenel suo ‘Libro dei conti’). È però possibile che il termine “prototy -p u m”, usato dal Bosca, sia stato interpretato, scorrettamente, con il si-gnificato di ‘disegno’. Stranamente la segnalazione presente nel testo

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del Bosca non è mai stata presa in considerazione dalla critica. Gli stu-diosi hanno sino ad ora supposto, in base alle antiche guide dellacittà (che, a dire il vero, come vedremo tra poco, non sono sempreconcordi tra loro), che il Cerano avesse eseguito solo il disegno pre-paratorio per la statua di ‘Sant’Elena’ (l’artista, secondo le stesse fon-ti fece anche il disegno per la colonna). Per la verità il canonico CarloTorre, nel suo volume stampato nel 1674 (è la più antica fonte a stam-pa che cita la colonna con la statua di ‘Sant’Elena’, dopo ovviamente iltesto del Bosca del 1672), riferisce dubitativamente al Cerano solo ildisegno della colonna, negando all’artista qualsiasi altro intervento nelcampo della “Plastica”:L’apritura di Piazza, che vi si offre allo sguardo, dà il nome di Lodouica alla Porta,ò Pusterla anticamente detta di S. Eufemia, sorge nel centro del suo diametroquell(’)alta Colonna di marmo ornata di nobile piedestallo, di Cappitello, e difregi alla moderna con la statua di Sant’Elena abbracciando la Croce di forato me-tallo, opera dello scarpello dell’insigne Scultore Gio. Pietro Lasagni, hauendonecerto attestato dall’inciso suo nome nella statua stessa, come anche dalle notate par-tite ne’ libri della Confraternità della Croce eretta in S. Eufemia, benche alcuniScrittori habbiano rammemorato essere di Gio. Battista Crespi detto Cerani; vo-lendo, cred’io, forse intendere, essere stato di questo Virtuoso il disegno dellasola Colonna d’ordine Corintio, veramente nobile, e ben disposta, non potendo el-la, se non trarre sua nascita dalla Bizzarria, di così stimato Pittore, ed Architetto in-sieme, sempre mai abile, à trasmettere al publico parti marauigliosi, sì di Pittura,quanto d’Architettura, mà non già di Scultura, poiche egli a’ suoi giorni non maiattese à tal faccenda, veggendosi solo di Plastica la Statua di San Carlo bella al pa-ri di qual si sia statua di marmo di famoso Scultore, mostrataui nella Basilica degliAppostoli mia Collegiata, posta in Nicchia sull’Altare della Cappella dedicata à talS a n t o3 7.

A proposito dell’ultima frase, si noti come il Torre, pur negandodecisamente che il Cerano si sia dedicato all’attività scultorea, riferiscaperò, come unica eccezione, la notizia che l’artista aveva eseguito una“Statua” raffigurante “San Carlo”, la quale era stata posta in una nic-chia della cappella dedicata allo stesso santo nella “Basilica degli Ap-postoli”, cioè in San Nazaro, di cui lo stesso Torre era canonico (comesi legge nel frontespizio del suo libro)3 8. In realtà noi sappiamo, adifferenza di quanto sosteneva il Torre, che il Cerano (come d’altraparte il collega Giulio Cesare Procaccini) si era dedicato più volte al-l’arte plastica (si può, ad esempio, ricordare il suo famoso modello peril ‘San Carlone’ di Arona)39. Comunque, per quanto riguarda la co-lonna con la statua di ‘Sant’Elena’, il Torre concedeva, al massimo, es-sere stato del Cerano “il disegno della sola Colonna d’ordine Corin-

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tio”, negando invece decisamente che l’artista avesse avuto a che farecon la statua di ‘Sant’Elena’, “benche alcuni Scrittori — aggiungeva ilTorre — habbiano rammemorato essere di Gio. Battista Crespi dettoCerani”. Non è possibile dire a quale precedente autore egli si riferis-se in quest’ultima frase. Forse anch’egli ha frainteso lo stesso Bosca, ilcui testo era stato stampato due anni prima.

Dopo l’intervento del Torre si può segnalare, nel secolo seguente,la testimonianza manoscritta (1704-1705) di Giuseppe Biffi, il qualeannota solamente che “La colonna d’ordine ionico è disegno del Ce-rani”, riferendo invece interamente al Lasagna la statua di ‘Sant’Ele-n a ’4 0. Segue, nel 1737, il testo del sacerdote Serviliano Latuada, ilquale così scrive:Poggia sopra base corrispondente una tonda liscia Colonna; la quale sostiene, do-po il Capitello, un piano, su cui è collocata una Statoa di maggiore grandezza delnaturale, rappresentante Santa Elena coronata, che tiene fra le braccia un’altaCroce di ferro sforato, intagliata dal rinomato Scultore Gian-Pietro Lasagna sopradisegno, fatto da Giambatista Crespi, detto il Cerano41.

Non è chiaro se il Latuada abbia equivocato le parole del Torreattribuendo al Cerano un disegno per la statua che invece, come ab-biamo visto, lo stesso Torre riferiva (in maniera anche dubitativa) so-lo alla colonna, oppure si sia basato su altre fonti a noi sconosciute(conosceva forse l’I n v e n t a r i o dell’Ambrosiana del 1685?). Il Latuada,comunque, non tenne conto di sicuro del testo del Bosca poiché que-st’ultimo, come si è visto, non ha mai parlato di un disegno del Cera-no. A meno di supporre che pure il sacerdote, come si è ipotizzato inriferimento anche ad altri autori, abbia mal interpretato la parola“prototypum” usata dal Bosca. Le successive fonti settecentesche inrealtà abbandonano la notizia, avvalorata dal Latuada, secondo cui ilCerano fu l’autore del disegno per la statua di ‘Sant’Elena’. Di fattoesse riprendono, con variazioni, le informazioni del Torre, il quale, siribadisce, riteneva che il Cerano fosse autore del disegno della colon-na, ma non della statua. Francesco Bartoli, infatti, nel suo testo del1776, così scrive: Uscendo di questa Chiesa (Santa Maria Maggiore), vedesi dopo poco cammino,eretta una Colonna d’ordine Corintio, disegno del Cerano; sopra di cui s’erge la Sta-tua di S. Elena abbracciante la Croce, opera di Gio: Pietro Lasagna42.

Queste parole sono state sostanzialmente riproposte, l’anno suc-cessivo, in un testo di Francesco Maria Gallarati:

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Sulla strada di detta Chiesa s’erge una Colonna d’ordine Composito, la quale vo-gliono alcuni Professori, che disegnata sia dal nostro Cerani: sopra cui evvi una sta-tua di marmo, e rappresenta una S. Elena, che sostiene una Croce di metallo fora-ta: fu scolpita la sudetta da Pietro Lasagni celebre Scultore Milanese col nome delProfessore.43.

In conclusione, attraverso la testimonianza della donazione delPasqualini, del ‘diario’ dello stesso canonico, entrambi del 1670, e deltesto del Bosca del 1672 è possibile accertare con sicurezza che ilCerano eseguì proprio il modello della statua di ‘Sant’Elena’ e non (onon solo) il disegno preparatorio. La precisazione non è di poco con-to perché la presenza di un modello plastico (rispetto al solo disegno)rende in qualche modo molto più vincolato l’artista che deve tradurrein marmo l’invenzione di un altro. La statua della santa, dunque, deverientrare a pieno titolo tra le opere plastiche dello stesso Cerano inquanto l’intervento del Lasagna fu sostanzialmente solo esecutivo,anche se ovviamente non si può negare che lo scultore, di non scarsequalità, abbia in qualche modo ‘interpretato’ il modello ricevuto dalCerano.

Ma ritorniamo alla collezione del Pasqualini. Il documento piùimportante relativo alla quadreria di Flaminio Pasqualini è datato 16febbraio 1672: si tratta di un lungo inventario dei suoi beni inserito trale carte del suo testamento rogato il 3 marzo 1672 dal notaio GiovanTommaso Buzzi nel suo studio in San Nazaro in Brolio di Milano (è lostesso notaio che preparò l’atto della sua donazione)4 4. Curiosamentenel testamento si legge che nel 1630 era morta Laura Abbati, unadonna che nel medesimo documento il Pasqualini stesso definisce la“mia ultima Consorte”. Anche se la notizia potrà apparire strana (dalmomento che egli era un canonico) si può facilmente supporre, tenu-to conto anche della data del decesso della donna (avvenuto certa-mente a Modena), che Flaminio abbia intrapreso la vita ecclesiasticasolamente dopo la morte della moglie4 5. Non a caso il Pasqualini è te-stimoniato a Milano solo dopo il 1630. È accertato, in particolare, cheil Pasqualini in data 14 marzo 1633 abitava nella canonica di San Na-zaro in Brolio di Milano, mentre a partire dal 13 gennaio 1639 era re-sidente presso la parrocchia di Santo Stefano in Brolio della stessacittà46.

Nella parte iniziale del suo testamento il Pasqualini dispose pic-coli lasciti a favore di alcune persone a lui vicine. In particolare lasciòa Pietro Paolo Bosca, bibliotecario della Biblioteca Ambrosiana, “per

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segno di memoria un’Annello d’Oro con dentro una Pietra Amatista”.A Giovan Tommaso Buzzi, che è il notaio che ha stilato il suo testa-mento, donò un “Busto di Giesso del già Cardinale Monti” ed “un al-tro simile Busto pure di Giesso” di “S. Carlo”, assieme ad un dipintocon la raffigurazione delle “sette Arti liberali, di Don Evaristo Ba-scheni Pittore e Prete Bergamasco”, cioè di Evaristo Baschenis. Lasciòal medico Bartolomeo Guidetti “un Quadro d’un Agar mano del Si-gnor Federico Panza”. All’amico pittore Luigi Scaramuccia (Perugino)diede invece i tre volumi delle famose Vi t e di Giorgio Vasari e “li Dis-segni che saranno di suo gusto che di presente si trovano ne mieiGabbinetti”. A Gieronimo Pasqualini (che con ogni probabilità era unsuo parente) lasciò “quel Quadro ottangolo, ch’è sopra l’uscio ch’en-tra in salla, ove è dipinto il Rittratto di mia Madre, il mio, e quello diTobia Pittore”. Fece anche dono a Giovan Battista Corbella, curato diSan Nazaro, di “un Quadro, mezza figura di una Madona Adolorata,mano del già Monsù Paijno” (cioè del pittore Francesco Paino o Paj-no). Ai conservatori dell’Ambrosiana donò invece, oltre ad un quadroche essi avrebbero dovuto individuare “à loro piacere” tra quelli del-la sua collezione, anche il suo “Ritratto in mezza figura fatto di manodel Signore Perugino con Cornice Intagliata, et Adorata” da tenere“perpetuamente” a sua “memoria con gli altri Quadri” di già da lui“donati nella Galleria Ambrosiana”47.

Dopo aver dato disposizioni per i lasciti minori, di cui si è appe-na parlato, il Pasqualini istituì “Eredi universali” “Il Venerando Col-legio, et Bibliotecha Ambrosiana di milano, et per esso et essa li Si-gnori Conservatori pro tempore delli medesimi”, a patto, però, che es-si adempissero ai legati da lui stesso predisposti. In particolare egli isti-tuì — con un fondo dotale di 6.000 lire imperiali — una cappellanìacorale nella chiesa collegiata di Santo Stefano in Brolio di Milano. Atal fine il Pasqualini sollecitò i conservatori a “vender subito massimequelle cose della mia Eredità dalle quali se ne può brevemente cavareil danaro per soddisfare in contanti à detti miei legati.”. In particolareil canonico così precisò il destino dei suoi dipinti: “Delle Pitture poi,overo altre cose, per vendere le quali con il prezzo conveniente, è giu-sto si richiede qualche spatio di tempo, voglio che sia nel prudente, etdiscretto arbitrio de sudetti Signori Conservatori, l’alienarli, cioè ven-derli nelle congionture, è tempo più proportionato per cavarne il piùgiusto prezzo”. Ma, particolare interessante, egli lasciò aperta la pos-sibilità che alcuni dei suoi quadri potessero confluire nella Pinacoteca

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Ambrosiana: “et ogni volta che li sudetti Signori Conservatori voles-sero ritenere i Quadri per ornare la Galleria Ambrosiana, contentan-dosi di sopporre altri effetti del Collegio, è libraria Ambrosiana, iqualli siano di cavata sufficiente per fondare la sudetta CapellaniaChorale nel modo respetivamente da me disposto(.) in tal suppositio-ne di effetti mi rimetto al prudente arbitrio, et al zelo de Signori Con-servatori sudetti, pur che non resti impedita l’esecutione di questa miaultima volontà, è pia dispositione.”. Cioè, in sostanza, i conservatoripotevano trattenere qualche suo quadro, ma dovevano fare in modo ditrovare per altra via (“altri effetti”) i soldi per l’istituzione della cap-pellanìa da lui voluta nella chiesa di Santo Stefano in Brolio. Natural-mente, per far sì che le sue volontà venissero portate a compimentocon precisione, il Pasqualini ritenne utile fare un preciso inventario ditutti i suoi beni, compresi i diversi dipinti. Si tratta di un accuratissimoelenco che porta la data del 16 febbraio 1672 e che è allegato al testa-mento. E in quest’ultimo, appunto, si legge:È per che non hò nisuno de miei Parenti prossimi che mi assitono nel punto dellamia morte, acciò che manco sia possibile vada in sinistro quel puoco che lascierò,ho pensato di aggiongere qui annesso un’Inventario di quanto mi ritrovo, è massi-me delle Pitture, che stimo essere la maggiore somma che si habbi à cavare dallàmia Eredità, descrivendo di Camera in Camera, è luogho, in luogho tutto quello visi ritrova di presente, del mio.

Alla fine del suo testamento il Pasqualini precisò che se i conser-vatori dell’Ambrosiana non avessero eseguito le sue disposizioni te-stamentarie egli avrebbe istituito “Herede universale” il capitolo diSanto Stefano in Brolio di Milano e, in subordine, gli scolari di SanBernardino “posto sopra il Sacrato di S. Steffano in Broglio”. Tale in-dicazione risultò però non necessaria poiché i conservatori dell’Am-brosiana osservarono pienamente le volontà del testatore. Lo sappia-mo anche da un verbale dell’Accademia Ambrosiana datato 10 mag-gio 1678 (quindi redatto dopo qualche anno dalla stesura del testa-mento e dalla morte del Pasqualini, e dopo un anno dalla venditadei suoi dipinti avvenuta, come vedremo, nel 1677). In tale verbale, in-fatti, si legge: “Essendo stata proposta la somma del danaro, che av-vanzava dall’eredità Pasqualina, pagati li legati, e sodisfatti li debiti, fudeterminato, che il Signor Proposto Radice con il Venerando Capito-lo della sua Collegiata, trovasse l’impiego, e si cominciasse immedia-tamente da un Cappellano mercenario a celebrare la messa festiva insuffragio dell’anima del fù Signor Canonico Pasqualini: che frà tanto si

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esigessero quei quadri, e quei mobili, li quali avvanzano per farneuna somma maggiore di danaro, a fine d’impiegarlo conforme la men-te del Testatore con fondare una Cappelania Chorale di residenza fe-stiva; per cui si sarebbe poi fatta l’elezione da i Signori Conservatorigiusta la disposizione testamentaria.”48.

L’inventario dei beni mobili allegato al testamento del Pasqualiniè molto preciso in quanto enumera, “Camera in Camera” e “luogho,in luogho”, tutti i suoi averi /t a v o l a 61/. Tra i vari beni del testatore so-no registrati circa 240 quadri, diversi dei quali sono stati elencati cona fianco il nome dell’autore. Si possono contare una cinquantina di ar-tisti diversi, tra i quali figurano i più rinomati pittori attivi a Milano nelcorso del Seicento: oltre ai nomi degli amici Scaramuccia, Cairo eSordo compaiono infatti quelli del Cerano, di Giulio Cesare Procac-cini, di Camillo Procaccini, del Morazzone, di Daniele Crespi, di Car-lo Francesco Nuvolone e così via. Trascrivo integralmente l’“Inventa-rio” dei beni del Pasqualini nell’‘Appendice documentaria’ in modoche si possa avere un’idea precisa anche degli ambienti che costitui-vano la casa del Pasqualini (un portico, una sala, due camerini, unostudio/gabinetto grande ed uno piccolo, una cucina, tre camere, unadispensa e un giardino). Va però osservato che la maggior parte dei di-pinti elencati dal Pasqualini si trovavano nella sala e nei due studi.

Si è già detto sopra che le fonti testimoniano che il Pasqualini siera dedicato anche all’attività pittorica. Nel suo inventario possiamorintracciare una più precisa testimonianza, almeno a livello di fonte,della sua concreta produzione artistica. Infatti nell’elenco dei suoiaveri alcuni dipinti sono segnalati proprio con l’espressione “di miamano”, ad indicare in maniera inequivocabile che egli stesso avevaeseguito tali opere (forse solo in età giovanile): “una Testa di Clorin-da”, “un Quadro grande di S. Giovanni Battista al Deserto che Bat-tezza”, “Una Santa Teresa”49. Purtroppo non è ancora stato concre-tamente rintracciato un quadro di sua “mano”. Non si può tuttaviaescludere che in avvenire uno dei suoi lavori possa essere scovato(magari interpretando correttamente un’ipotetica sigla con le inizialidel suo nome: ‘FP’) e forse i dipinti da lui eseguiti citati in questo in-ventario potranno essere di un qualche aiuto per tale ricerca.

Tra le opere della sua collezione è segnalato anche un quadro diDaniele Crespi così descritto: “un Quadro grande di Danielle Crespocon dentro Christo flagelato, S. Carlo, S. Francesco, S. Benedetto, èdoi Manigoldi con Cornice adorata”5 0. Attualmente si conoscono due

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dipinti del Crespi che raffigurano il medesimo soggetto. Il primo (inseguito ingrandito) si trova nella sacrestia del Duomo di Modena ed èunanimemente ritenuto autografo. Il secondo si trova invece nel Mu-seo Civico di Novara: anch’esso è considerato dalla critica un origi-nale, anche se recentemente Nancy Ward Neilson l’ha pubblicato co-me “vecchia copia” /t a v o l a 6 2 /5 1. Il quadro appartenente al Pasquali-ni non può essere identificato, come vedremo tra poco, con quelloesposto a Modena, mentre è molto probabile che possa essere indivi-duato nel dipinto ora a Novara. Anche quest’ultimo, come quello delDuomo modenese, presenta esattamente gli stessi personaggi indicatinella citazione inventariale del Pasqualini (cioè Cristo flagellato, tresanti e due manigoldi). Inoltre anch’esso è di grandi dimensioni, pro-prio come viene descritto nello stesso elenco del canonico di SantoStefano (“un Quadro grande”). Si noti però che i tre santi identificatinel dipinto catalogato dal Pasqualini sono San Carlo, San Francesco e“S. Benedetto”. Invece, solitamente, nel riportare il titolo delle due te-le di Modena e di Novara si inserisce, per segnalare il terzo santo, ilnome di San Mauro. Non si tratta però di una variante iconograficapoiché anche il terzo personaggio presente nei dipinti di Modena e diNovara può (e deve) essere identificato proprio con San Benedetto. Inentrambi i quadri tale personaggio è raffigurato con le fattezze diuna persona di una certa età, con una fluente barba e con il pastorale,elementi che sono molto più tipici del santo di Norcia rispetto a quel-li che qualificano il benedettino San Mauro, il quale, al contrario, è so-litamente rappresentato con delle fattezze molto più giovanili52. Maperché il dipinto di Modena non può essere assolutamente identificatocon quello citato nella collezione del Pasqualini? Per il semplice mo-tivo che da una fonte secentesca sappiamo con certezza che la ‘Fla-gellazione’ del Crespi si trovava a Modena diversi anni prima del1672, anno in cui è stato inventariato dal Pasqualini. Infatti in un testodi Ludovico Vedriani del 1669 (non conosciuto dalla critica) si attestaesplicitamente che una “Ancona, ò Tauola, che dir vogliamo effigiatada perito penello”, cioè la pala del Crespi, si trovava nella “Cappelladi S. Carlo” del Duomo di Modena53. Era la cappella che il vescovomodenese Roberto Fontana (che aveva soggiornato con altri incarichia Milano per 24 anni) aveva voluto abbellire, dopo essere stato elettoalla prestigiosa carica nel 1645, in modo che divenisse il luogo dellapropria sepoltura (“Poscia applicando l’animo à farsi vna Casa per-petua nella Cattedrale”)54. Quindi la pala del Crespi potrebbe essere

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stata posta nella cappella modenese già in quell’anno o, con più pro-babilità, qualche anno dopo. Di sicuro, comunque, l’“Ancona” vennecollocata in loco non successivamente al 1654, anno della morte delvescovo Fontana, poiché nel testo dello stesso Vedriani si trova scritto:“(il vescovo Fontana) peruenne all’vltimo de suoi giorni l’anno 1654.à 16. d’Agosto, e con soliti honori fù sepellito nell’accennata Cappel-la di S. Carlo, abbellita da lui, come si è detto, e si vede.”5 5. Anche seil dipinto già del Pasqualini non può essere identificato con la pala diModena si può tuttavia osservare che alcuni indizi sembrano comun-que legare lo stesso Fontana al Pasqualini e quest’ultimo alla città diModena. Nell’inventario dei dipinti del Pasqualini, infatti, è citatoanche un ritratto “dell’Abbate Fontana Ambasciatore di Modana”, se-gno indiscutibile del legame tra i due (si tratta proprio della stessa per-sona poiché nel volume del Vedriani si legge, a proposito del Fontana,che “Papa Vrbano anch’esso in riguardo de’ suoi meriti lo dichiaròAbbate di S. Agnese in Regno”56). Il contatto tra il Fontana e il Pa-squalini a Milano fu certamente il frutto di una loro reciproca cono-scenza avvenuta a Modena. Infatti Flaminio doveva avere uno specia-le legame con tale città emiliana. Come si è già accennato, nel 1630,prima del testamento stilato a Milano nel 1672, egli aveva dettato lesue ultime volontà proprio a Modena. È una prova indubitabile che ilPasqualini viveva in quel momento in tale città, dove risiedeva anchela moglie (quasi certamente modenese) la quale era morta proprio nel1630 (anche lei ha lasciato il proprio testamento, come rivela il maritonelle sue ultime definitive disposizioni)5 7. Non è escluso che i dueconiugi siano stati colpiti da una grave malattia, forse la peste, dallaquale era sopravvissuto solo il Pasqualini. Dunque è possibile che ilFontana negli anni in cui era a Milano avesse potuto visitare la colle-zione del Pasqualini il quale, perfettamente a conoscenza del mercatoartistico milanese, poteva aver messo in contatto lo stesso Fontana conqualche collezionista che possedeva il dipinto del Crespi (dall’inven-tario risulta che lo stesso Pasqualini conservava anche “un Cavallo fat-to a Oglio di mano di Daniele”). Ma è anche possibile che il Fontanapossa aver acquistato il dipinto dallo stesso Pasqualini il quale, suc-cessivamente, potrebbe essere riuscito ad avere o un’altra versione delquadro del Crespi, oppure una copia eseguita da un altro pittore (se siaccetta l’ipotesi che la tela di Novara non sia autografa). Da tutti glielementi sopra evidenziati emerge comunque che c’è un’altissimaprobabilità (anche se non ci sono delle prove oggettive) che la ‘Fla-

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gellazione’ di Daniele Crespi di proprietà del Pasqualini, dopo esserestata ceduta provvisoriamente da quest’ultimo all’Ambrosiana, siastata poi acquistata da qualche privato per finire, successivamente, nelMuseo Civico di Novara. In effetti da un documento, non datato,emerge che il “Cristo di Daniello (Crespi)” era stato valutato 150 lire,mentre dall’elenco dei dipinti effettivamente venduti nel marzo del1677 risulta che “Un Quadro grande copia di Daniello £ 160” fuvenduto “Al Signor Carcani”58. Come si può notare, quest’ultima ci-tazione (in contrasto comunque con quella precedente) sembrerebbeavvalorare l’ipotesi che il dipinto fosse effettivamente una copia.

Nell’inventario del Pasqualini sono registrati anche sei dipinti dimano del “Gierardino”, ovvero del pittore milanese Melchiorre Ghe-rardini detto il Ceranino (il quale, come è noto, era allievo e generodel Cerano). Due di essi erano di soggetto religioso (“una Samaritanasopra l’Asse” e “una Testa di una Vergine”); uno di tema mitologico(“una Gallatea sopra l’Asse”); mentre gli altri tre quadri presentavanosoggetti di altro tipo (“una Battagliola” e “doi Paesini”)5 9. Particolar-mente interessante è quest’ultima citazione relativa ai “Paesini” poichétestimonia concretamente come il Gherardini si fosse dedicato ancheal genere del paesaggio, attività che, sostanzialmente, non mi risulta siastata segnalata dalla critica60. Non è del tutto escluso, tuttavia, che ilpittore in questione possa essere identificato (soprattutto in riferi-mento agli ultimi tre quadri citati) con il figlio dello stesso Melchiorre,cioè Antonio Maria il quale era appunto uno specialista di scene dibattaglie61.

In una delle prime sale inventariate dal Pasqualini troviamo, sot-to il camino, “una Tella à Guazzo che chiude il Camino ove vie unIcendio con lot, mano di Ridolfo”6 2. Interessante è la collocazionedella tela con un tema legato al fuoco (cioè l’‘Incendio con Lot’), po-sta in corrispondenza del camino. Questo “Ridolfo” può essere ra-gionevolmente identificato con Ridolfo Cunio, un pittore milanesespecialista di paesaggi alla fiamminga. Infatti nell’Abecedario pittoricodi Pellegrino Antonio Orlandi (ma solo nell’edizione del 1753 accre-sciuta da Piero Guarienti) così si descrivono le qualità dell’artista:“Questo Pittore è lodato per le sue pitture, per le quali entrano in-cendj o fatti notturni, e di queste si veggono adornati molti Gabinet-t i . ”6 3. I riferimenti agli “incendj” e anche al collezionismo privato dei“Gabinetti” ben si adattano al dipinto presente nella raccolta del Pa-squalini.

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Nel “Gabinetto picciolo”, dove lo stesso Pasqualini scriveva, è in-vece registrato “un Seneca svenato del lana”64. Questo “lana” va cer-tamente identificato con il pittore emiliano Ludovico Lana6 5. Sap-piamo che il Lana si trasferì a Modena verso il 16196 6. Proprio inquegli anni (comunque non dopo il 1633, quando — come si è vistosopra — è invece testimoniato a Milano) il Pasqualini si trovava an-cora a Modena. Certamente in tale città egli ebbe modo di conoscereil pittore. Il legame tra il Pasqualini e il Lana è comunque oggettiva-mente confermato anche dal fatto che nello stesso inventario del Pa-squalini è presente proprio un suo ritratto eseguito dal Lana: “il mioRitratto mano del Lana”. Non è chiaro dal testo inventariale se il“Seneca svenato” citato dal Pasqualini fosse un disegno oppure un di-pinto. Comunque sappiamo dalle fonti che il Lana aveva proprio rea-lizzato un quadro raffigurante “Seneca”, il quale, secondo la testi-monianza pubblicata nel 1662 da Ludovico Vedriani, fu “portato aM i l a n o ”6 7. Con più precisione Girolamo Baruffaldi scrisse che il Lana“Colorì un Seneca svenato per comandamento di Nerone, e si vedequel gran filosofo a poco a poco venir meno sensibilmente; questoquadro fu pochi anni dopo portato a Milano.”6 8. Se il “Seneca” citatonella collezione del Pasqualini era davvero un dipinto è possibile chea ‘portarlo’ a Milano fosse proprio il Pasqualini. Tale quadro può es-sere anche identificato con un “quadro grande del Lana” segnalato inun documento (del 26-27 marzo 1677) che registra la vendita di alcu-ne delle opere di proprietà dello stesso Pasqualini (se ne riparleràpiù avanti)6 9. Se invece nel suo “Gabinetto picciolo” il Pasqualiniconservava solo il disegno del Lana con lo stesso soggetto si può ra-gionevolmente ipotizzare che esso possa essere identificato con un di-segno a sanguigna raffigurante proprio “Seneca svenato” ora conser-vato presso la Collezione Mino Rosi della Fondazione Cassa di Ri-sparmio di Volterra /t a v o l a 6 3 /7 0. Attraverso questo disegno abbiamocomunque un’idea di come avrebbe dovuto essere il dipinto (infattinon ci sono elementi per affermare che il pittore realizzò due versionidiverse dello stesso soggetto). Simile al disegno è anche un’acquafor-te dello stesso Lana datata 1629 che ora è custodita nel Gabinetto deidisegni e delle stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna71.

Tra i dipinti del Pasqualini troviamo anche “12. Teste” e “quattroPaesi” riferiti ad un pittore di nome “Giuliano” il quale, però, nonpuò essere precisamente identificato72. Si può per ora solo ricordareche nel famoso atto (datato 28 aprile 1618), con il quale il cardinale

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Federico Borromeo donò all’Ambrosiana la sua ricca collezione, ècitato un quadro attribuito allo stesso autore: “Il Ritratto di tutta lapersona di S. Carlo di mano di Giuliano, alto braccia tre e mezzo, lar-go uno, e due once, senza cornice”7 3, segno che comunque tale artistaera attivo in area lombarda almeno a partire dalla seconda metà delCinquecento.

Altrettanto misterioso è il pittore registrato con il nome di “Mes-sere lorenzo” (precisamente è scritto “M.re lorenzo”). Dalle diverse ci-tazioni inventariati veniamo comunque a sapere che questo artistaera uno specialista nel campo della natura morta in quanto i suoi 8“tondi” che facevano parte della collezione del Pasqualini avevano tut-ti come soggetto frutti o uccelli: “Tondo di frutti e Ucelli”, “un altropure à Ucelli, è frutti”, “4. tondi di noce con dentro frutti”, “2 To n d idi frutti”7 4. A proposito di nature morte va anche segnalato che ilPasqualini nel suo ‘diario’, scrive, in data 7 maggio 1670: “Adi dettomandato a Vincenzino per li 2. Quadri di fiori del Abbate Don Calistoa 25. che sono per il compimento delle 50. £ 25:”. Si tratta certa-mente del pittore Giuseppe Vincenzino figlio di Vincenzo Volò, unpittore, quest’ultimo, che, come il figlio e le figlie, si era dedicato al ge-nere della natura morta75.

Dalle opere citate nell’inventario si deduce inoltre che il Pasqua-lini fu anche un collezionista di disegni. Si è già detto sopra che egli la-sciò all’amico pittore Scaramuccia “li Dissegni che saranno di suogusto che di presente si trovano ne miei Gabbinetti”. Si può pure evi-denziare che, due anni dopo, il canonico donò all’Ambrosiana le“due teste di Pastello del Barozzo con Cornici Inargentate”, come ri-corda lo stesso Pasqualini nel suo ‘diario’ in data 26 aprile 1674: “hòdonato due Teste di Pastello di mano di Federico Barocci alla Bi-bliotecha Ambrosiana”76. Ma nell’inventario dei suoi beni troviamoanche elencati in modo più specifico vari disegni i quali, talvolta, sonodescritti con cornice e “con sopra il Ve t r o ”7 7. Alcuni di essi sono pureinventariati con i nomi dei rispettivi artefici, vale a dire: Pellegrino Ti-baldi, Aurelio Luini, Camillo Procaccini, Federico Zuccari, Guercino.Particolarmente interessante è “un’ Dissegno de Nani” del Guerci-n o7 8: si tratterrebbe di una sorta di disegno grottesco-caricaturale,genere che il pittore di Cento aveva praticato con grande maestria se-guendo la lezione dei Carracci79.

Tra le “bagatelle” presenti nell’inventario del Pasqualini si pos-sono segnalare anche alcuni piccoli automi mossi da una serie di in-

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granaggi (“Rotte”): una “Vecchia che và à forza di Rotte, move gli oc-chi è la bocca, è si fa vento”, oppure un “Ratto che corre” o una “fi-gurina che si move”. Tra le altre “cosette” sono invece inventariati al-cuni “frutti di Cera d’ogni sorte”, cioè frutti modellati con la cera chequasi certamente erano anche dipinti per simulare in maniera illuso-ria la realtà8 0. Nell’inventario si legge inoltre che il Pasqualini posse-deva due scansie ricolme di ben “100” libri, testimonianza della no-tevole consistenza della sua biblioteca8 1. Il Pasqualini possedeva pu-re alcune reliquie d i San Carlo e alcuni oggetti appartenuti al cardi-nale Federico Borromeo (“lenzoli dove morì dentro il Cardinale Fe -derico Borromeo, la Camisa che haveva in dosso, la Sua Corona, de suoiC a p e l l i” )8 2.

Come si è visto sopra, il Pasqualini morì il 19 settembre 1676.L’11 gennaio dell’anno seguente monsignor Gerolamo Beccaria, con-servatore e tesoriere dell’Ambrosiana (che era l’istituzione erede te-stamentaria del Pasqualini), fece stilare un accurato inventario di tut-ti i beni (compresi gli oggetti di scarso valore) appartenuti al canonicostesso. In questa nuova lista, oltre ad essere citati diversi dipinti che lostesso Pasqualini aveva elencato nell’inventario del 1672, si trovanoanche segnalati alcuni quadri non registrati in precedenza (in alcunicasi, però, rimane qualche incertezza nella comparazione a causa deldiverso modo di descrivere i dipinti). È evidente che queste nuoveopere d’arte non furono inserite dal Pasqualini nell’inventario allega-to al testamento del 1672 perché furono da lui acquistate o ricevute indono successivamente, cioè nel periodo che va dal marzo del 1672 alsettembre del 1676, anno della sua morte. Ad esempio, in questonuovo inventario del 1677 troviamo “Un ritratto piccolo fatto daSofonisba Anguisola”8 3. In questo caso possiamo dimostrare con pre-cisione la sua provenienza perché lo stesso Pasqualini nel suo ‘Librodei conti’, in data 12 settembre 1674, annota: il “Signor FrancescoBianchi mi hà donato un’ritratto in una scatola rottonda di mano diSofonisba Anguiscola cosa rara”84. Gli altri dipinti non segnalati nel-l’inventario del 1672 allegato al suo testamento, ma citati in quello del1677 sono i seguenti: “una Copia del Vermiglio” e “un S. Girolamodel Cane” in seguito venduti all’incanto per 100 lire al “Signor Ran-doni” (di questa asta si parlerà tra breve); “Un Quadro d’un Ve c c h i ocon la latuia (lattuga, cioè gorgiera) al Collo dipinto del Figino” (mol-to probabilmente Giovan Ambrogio), poi venduto al “Signor Resi-dente di Venezia” per 80 lire; “Un crocifisso dipinto dal Sordi senza

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Cornice”, poi acquistato dal “Signor Segretario Annoni” per 23 lire;“Due quadri del Sordo con Cornice turchino, et oro” (questi quadridel Sordo sono probabilmente quelli ricevuti dal Genovese, come si èvisto sopra, nel 1674); “Cinque disegni di teste del Barocci”, poi ac-quistati dal “Signor Malacrida” per 7 Lire (altre due “Teste disegnatedal Barocci” furono vendute al “Signor don Pozzi” per 20 lire e 1 sol-do); “Una Copia di Giulio Cesare (Procaccini)” (anche questa moltoprobabilmente ricevuta dal Genovese nel 1673); “La Samaritina delChignoli”, certamente da identificare con “Un’originale del Chignolicon cornice indorata” in seguito venduto per 40 lire al “Signor An-dreotti”85.

In base ad una nota di pagamento, sappiamo inoltre che nelle set-timane seguenti (comunque dopo la stesura dell’inventario dell’11gennaio 1677) il pittore Cesare Fiori venne chiamato “per la stima dequadri” appartenuti al Pasqualini. Per il suo lavoro, il Fiori ricevette,in data 20 aprile 1677, un compenso di 133 lire86. Terminata l’opera-zione relativa alla valutazione monetaria delle diverse opere, si proce-dette, sulla base delle precise disposizioni testamentarie del Pasquali-ni, a mettere all’asta tutti i suoi beni da lui in precedenza indicati. Lavendita iniziò il 26 marzo 1677, ma solo il 27 si procedette a vendere idipinti qui analizzati. A operazioni concluse venne appositamentesteso un “Inventario e prezzo delle robbe vendute all’incanto delquondam Signor Canonico Flaminio Pasqualini il quale s’incominciòalli 26 di marzo 1677”. Questo documento è interessante perché te-stimonia non solo del valore attribuito ad alcuni quadri, ma registraanche il nome dei vari acquirenti (come abbiamo in parte visto sopraper alcuni dipinti)8 7. Ad esempio “Un Quadro di Berzabea del Girar-dini” venne venduto a 40 lire “al Signor Giovan Rondoni” (quest’o-pera non era stata citata in precedenza). Due quadri, cioè uno “gran-de del Lana, ed uno di Guido (Reni) grande” dovettero essere parti-colarmente apprezzati poiché vennero venduti per la considerevolesomma di 1.255 lire e 5 soldi al “Signor Andreotti”. Senza indicazionedi prezzo fu invece registrato un “quadro del Cairo” che fu venduto al“Signor Duca Borromeo” (il prezzo, come si evince da un altro do-cumento, venne fissato solo successivamente, a seguito di trattative, in286 lire), mentre un “Quadro della madonna”, sempre del Cairo,venne aggiudicato per 120 lire al “Signor Residente di Ve n e z i a ” .L’“Annonciata copia di Giulio Cesare (Procaccini)” andò per 26 lire al“Signor don Longhi”; una “Madonna copia del Panfilo (Nuvolone)”

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fu acquistata dal “Signor Andrea Martignoni” per 7 lire; una “Testa diGiovan Battista da Lugano” fu ritirata dal “Signor Torriani” per 25 li-re; “Una fiera del Vaghiani (Vaiani), quadro grande”, divenne pro-prietà del “Signor Francesco Bernardino Achini” per 222 lire e 10 sol-di; “Un dio d’amore del Guido (Reni)” fu ceduto al pittore “SignorCesare Fiori” per 70 lire. Furono venduti anche tre ritratti: “Un ri-tratto del Signor don Flaminio Pasqualini” fu acquistato al prezzo di 5lire dal “Signor Fiscale Buzzi”, mentre “Un Ritratto piccolo di DonFlaminio sopra la carta, et un altro sopra l’assa piccola” furono ritira-ti per 7 lire lire da un acquirente il cui nome risulta cancellato. Diver-si furono inoltre i quadri del Perugino (Luigi Scaramuccia) venduti inquell’occasione: “Due teste una d’un Santo Sudario, l’altra della Ma-donna” andarono a “Paolo Barzaghi” che le pagò 38 lire e 5 soldi; una“natività” fu acquistata per 100 lire da “Imbonati”; una “copia” di “S.Carlo” e un “originale disegnato” furono venduti rispettivamente per31 lire e 7 soldi e per 30 lire 2 soldi e 6 denari al “Signor Carlo Simo-netta”; un “S. Sebastiano piccolo” venne venduto per 49 lire al “Si-gnor Castaneo”, e infine un “Quadro della Maddalena” venne aggiu-dicato per 46 lire e 1 soldo al “Signor Torriani”88.

Sebbene alcuni dipinti rimasero invenduti, la maggior parte deiquadri trovò un acquirente89. Il ricavato della vendita dei dipinti col-lezionati dal Pasqualini servì, come si è già detto, ai responsabili del-l’Ambrosiana per istituire, in base alle volontà del testatore, un fondodotale per una cappellanìa corale nella chiesa collegiata di Santo Ste-fano in Brolio di Milano. Diversi documenti testimoniano i vari suc-cessivi passaggi di tali fondi, tutte vicende che però non seguiremo inquanto non riguardano più la collezione del Pasqualini90.

Il notaio che nel 1672 rogò il testamento nel quale è inserito an-che l’inventario della collezione del Pasqualini, lo abbiamo già detto,è Giovan Tommaso Buzzi. Va ricordato che anch’egli era legato al-l’Ambrosiana: in particolare nel 1670 aveva donato alla Pinacoteca mi-lanese il famoso dipinto di Fede Galizia con il ‘Ritratto di Paolo Mo-r i g i a ’9 1. Nelle filze del Buzzi che riguardano il Pasqualini si trovano an-che altre carte interessanti che qui segnalo brevemente. Nel docu-mento datato 23 dicembre 1669 si legge che Gerolamo Beccaria, An-tonio Busca e Dionigi Bussola, promotori e direttori dell’accademiaAmbrosiana, dopo aver elaborato e steso le regole dell’Accademia leavevano depositate proprio presso il notaio Giovan Tommaso Buzzi9 2.Si tratta delle regole della “Seconda Accademia di Pittori e Scultori” la

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quale era stata inaugurata ufficialmente il 4 novembre 1668 (e di cui,come abbiamo visto sopra, Flaminio Pasqualini era stato uno dei con-s e r v a t o r i )9 3. Questo documento è particolarmente interessante inquanto presenta un foglio a stampa con una prima versione delle re-gole dell’accademia sul quale furono apportate, a mano, diverse cor-rezioni e varianti le quali, poi, andranno integralmente a far partedelle definitive regole dell’accademia (che già si conoscono)94. Tra lefilze del notaio Buzzi si trova anche un atto datato 18 settembre 1670.Mediante tale documento Manfredo Settala (figlio del fu fisico colle-giato Ludovico), canonico di San Nazario in Brolio, donò al veneran-do collegio e alla Biblioteca Ambrosiana di Milano una settantina didiversi libri a stampa, di cui viene allegato il preciso elenco, dando fa-coltà alla “Libreria” di trattenere i volumi non posseduti (“ogni volta,che in essa non vi siano”)95.

Per concludere mi soffermo sulla questione del ritratto di Fla-minio Pasqualini. Abbiamo visto sopra come tra le opere possedute daquesti ci fossero sicuramente anche dei suoi ritratti. Le fonti archivi-stiche conosciute che segnalano i dipinti che riproducono il volto delcanonico sono le seguenti.

Il Pasqualini, con atto testamentario del 3 marzo 1672, donò aiconservatori dell’Ambrosiana il suo “Ritratto in mezza figura fatto dimano del Signore Perugino con Cornice Intagliata, et Adorata” da te-nere “perpetuamente” a sua “memoria con gli altri Quadri” di già dalui “donati nella Galleria Ambrosiana”. Nell’inventario del 16 feb-braio 1672 il dipinto è invece citato in questo modo: “Seguita il mio ri-tratto di mano del sudetto Perugino con Cornici Intagliate et Adora-te”96. Questo quadro corrisponde a quello segnalato in altre tre fontiantiche. Nell’I n v e n t a r i o del 1685 è così citato: “Un mezzo Ritratto diD. Flaminio Pasqualino Benefattore del luoco — in cornice alta d’in-taglio indorata, alto once 10 .2/4., largo once 9 .2/4. di mano modernadel Peruggino”; in una lettera scritta da Milano il 16 luglio 1739 e in-dirizzata a Jacques-Philippe Fyot de La Marche, Charles de Brosses,citando diversi dipinti presenti nella Pinacoteca Ambrosiana, segnalaanche il ritratto del Pasqualini: “Le portrait de Pascalino, par le Pé-rugin, de sa dernière manière”; infine esso è ricordato anche in un I n -ventario della Biblioteca Ambrosiana di fine Settecento: “Nella paretea tergo del Globo vi è appeso il ritratto in busto del Signor CanonicoPasqualino benefattore in cornice alta d’intaglio indorata. Di mano(spazio vuoto)”97. È lecito pensare che questo quadro sia proprio da

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identificare con il ritratto del Pasqualini visto dal Ratti all’inizio delNovecento sulle pareti del vano della scala di accesso alla Pinacoteca9 8.Tale ritratto del canonico eseguito dall’amico Scaramuccia è statoipoteticamente rintracciato solo di recente presso la Pinacoteca Am-brosiana. Nel passato esso non è mai stato identificato come il “ri-tratto” del Pasqualini che, secondo le fonti archivistiche, fu dipintodallo Scaramuccia, in quanto è sempre stato considerato un quadrofatto da un artista genovese di metà Seicento. Si tratterebbe quindi diun ritrovamento importante poiché permetterebbe di riconoscere —seppure con qualche incertezza (in quanto non conosciamo altri si-gnificativi esempi di ritratti di mano dello Scaramuccia) — l’effigie delcanonico collezionista e pittore99.

Nell’inventario steso dal Pasqualini del 1672 è registrato anche ilseguente dipinto: “Quadro grande dipintovi sopra dieci Ritratti, par-ticolarmente il mio di mano del Signore luigi Perugino fatto l’Annodel 1650 quando stava in mia casa è li altri ritratti sono del Reveren-dissimo Prete Monsignor Buzzali Inquisitore di Pavia, del SignoreGiovanni Pasta, Abbate Viglioni Signore Claudio Steffani, Signorefrancesco Villa prete francesco Brusa Monsù Payno, è Prete lorenzoMaiochi di mia Casa, con Cornice Indorata, è Colorita”1 0 0. Si trattavaquindi di un ritratto del Pasqualini associato a differenti altri ritrattiraffiguranti vari personaggi.

Con il suo testamento del 1672 il canonico lasciò a GieronimoPasqualini “quel Quadro ottangolo, ch’è sopra l’uscio ch’entra in sal-la, ove è dipinto il Rittratto di mia Madre, il mio, e quello di Tobia Pit-tore”. Nell’inventario del 1672 tale opera è invece così citata: “un’Quadro grande Incorniciato in ottangolo, dipintovi sopra mia MadreIo, è Tobia Pittore finto di Noce”101.

Nell’inventario del 1672 sono segnalati “il mio Ritratto manodel Lana”1 0 2 e “Il mio Ritratto sù l’Asse di mano di Monsù Payno”1 0 3.

Nell’inventario relativo alla vendida dei beni del Pasqualini (26-27 marzo 1677) è registrato “Un ritratto del Signor don Flaminio Pa-squalini” con l’annotazione che esso era stato venduto al fiscale Buzziper 5 lire (forse questo quadro è da identificare con il ritratto esegui-to dal Lana o dal Payno, qui sopra citato)104.

Infine, nello stesso inventario di vendita sono segnalati “Un Ri-tratto piccolo di Don Flaminio sopra la carta, et un altro sopra l’assapiccola”, i quali furono ritirati per 7 lire da un acquirente il cui nomerisulta cancellato nel documento105.

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Purtroppo per ora, a parte il ritratto eseguito dallo Scaramucciadi cui si è parlato sopra, non è stato possibile identificare nessuno de-gli altri dipinti o disegni con l’effigie del Pasqualini di cui ci parlano lefonti archivistiche. La lista qui fornita ha comunque lo scopo di age-volare altre future ricerche in tale direzione.

Giacomo Berra

N O T E

Non è escluso, anzi è auspicabile, che in futuro alcune opere qui solo segna-late possano essere concretamente identificate. Pertanto mi riservo di aggiornarequesto lavoro con future integrazioni che saranno pubblicate in rete al seguente in-dirizzo web: h t t p : / / w w w. g i a c o m o b e r r a . i t / p u b b l i c a z i o n i . h t m (attraverso questo stes-so sito è possibile anche inviarmi specifiche segnalazioni). Quindi considero talieventuali aggiornamenti parte integrante del presente saggio.

1 Nel trascrivere i documenti riportati nel testo e nell’Appendice documen-taria sono state sciolte tutte le abbreviazioni e sono state conservate maiuscole, mi-nuscole e punteggiatura originali (in particolare, per una corretta interpretazionedel testo si tenga conto che in diversi casi la lettera “è” viene usata come congiun-zione “e”, mentre spesso le lettere “hò” indicano la congiunzione “o”). Le parolemesse tra parentesi tonde segnalano, nelle citazioni, i miei interventi. Nel trascriverequesti documenti mi sono avvalso dei preziosi consigli di Franco Bertolli, che quiringrazio per la sua cortese disponibilità.

2 Per una specifica sintesi sulla storia del collezionismo milanese tra Sei e Set-tecento, si veda M. Bona Castellotti, Collezionisti e committenti a Milano nel Sei -cento e nel Settecento, in Pittura a Milano dal Seicento al Neoclassicismo, a cura diM. Gregori, Milano, 1999, pp. 325-330 (con varie indicazioni bibliografiche). Si se-gnalano, inoltre, anche i seguenti inventari lombardi: V. Panara, Villa OrrigoniMenafoglio Litta Panza nel Seicento. Le origini, i proprietari e le collezioni, in ‘Ar-chivio Storico Lombardo’, IX, 2003, pp. 331-376; B. D’Attoma, La Galleria DellaPorta in un inedito inventario del 1780, in ‘Archivio Storico Lombardo’, IX, 2003,pp. 377-393; G. Berra, Uno sguardo sul collezionismo milanese tra Sei e Settecento:le quadrerie di Giulio Bonacina, Gerolamo Bertachino e Margherita del Pozzo Bona -c i n a, in h t t p : / / w w w. g i a c o m o b e r r a . i t / p u b b l i c a z i o n i / c o l l e z i o n i s m o m i l a n e s e 2 0 0 6 / . h t m l,versione I, 22 maggio 2006, pp. 1-19 (in uno degli inventari trascritti in questo ar-ticolo si registra anche un dipinto di Giulia, la sorella del Cerano, e alcuni quadridel poco noto Michelangelo Nuvolone); e A. Morandotti, Il collezionismo in Lom -bardia. Studi e ricerche tra ’600 e ’800, in corso di pubblicazione.

3 C f r. A. Ratti, Guida sommaria per il visitatore della Biblioteca Ambrosiana edelle collezioni annesse, Milano, 1907, p. 45.

4 Per tutte queste notizie, si veda Biblioteca Ambrosiana di Milano (d’ora inpoi: B.A.Mi.), P 239 Sup, Accademia del Disegno nella Biblioteca Ambrosiana, do-cumenti trascritti in G. Nicodemi, L’Accademia di Pittura, Scultura e Architetturafondata dal Card. Federigo Borromeo all’Ambrosiana, in Studi in onore di CarloCastiglioni prefetto dell’Ambrosiana, Milano, 1957, pp. 677 (4 marzo 1669), 681 (14

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marzo 1669), 677-678 (11 aprile 1669), 679 (8 aprile 1672), 689 (3 febbraio 1673 e17 marzo 1673), 680 (13 febbraio 1674); (altri riferimenti al Pasqualini: pp. 680,681, 682 (in data 23 luglio 1681 si trova messo a verbale che il posto di conserva-tore del defunto Pasqualini era stato assegnato a monsignor Girolamo Archinti),685, 687. Si veda inoltre B.A.Mi., Libro (Verbali) nel quale si registrano di tempo intempo le Congregationi de Signori Conservatori del Collegio Ambrosiano e tutti i De -creti che in esse si fanno. 1650, II (d’ora in poi: Verb. Cons.), 14 marzo 1669, 4 di-cembre 1674 (il Pasqualini è anche citato in altri verbali dello stesso Libro che ri-portano le seguenti date: 17 maggio 1670, 23 gennaio 1671, 13 aprile 1671 (in fon-do al volume): “Il Signor Flaminio Pasqualino di S. Stefano è stato eletto per Con-servatore in loco di Monsignor (Gerolamo) Beccaria dal Clero alla presenza diMonsignor Vicario Generale”, 22 maggio 1671, 26 luglio 1671, 11 gennaio 1672, 3settembre 1673, 17 marzo 1673, 24 agosto 1673, 9 dicembre 1673, 1° giugno 1674,10 maggio 1678 (in questo caso il Pasqualini è citato come già defunto). C. Mar-cora, Il Collegio dei Dottori e la Congregazione dei Conservatori, in Storia dell’Am -brosiana. Il Seicento, Milano, 1992, p. 211, scrive che il Pasqualini “fu eletto con-servatore per il quinquennio 1671-1676”: abbiamo però visto che il Pasqualini ri-sultava conservatore già dal 1669: forse il 1671 è la data ufficiale, come si potrebbesupporre anche dal documento del 13 aprile 1671 qui sopra citato. Quest’ultimadata è anche confermata da un atto notarile (Archivio di Stato di Milano, d’ora inpoi A.S.Mi., Notarile, 33054, Giovan Tommaso Buzzi, 13 aprile 1671) dove siparla dell’“Electio” di Flaminio Pasqualini a conservatore della Biblioteca Am-brosiana. Alcune notizie sul Pasqualini e sull’Accademia Ambrosiana sono riportateanche in G. Bora, L’Accademia Ambrosiana, in Storia dell’Ambrosiana. Il Seicento,Milano, 1992, pp. 367-368.

5 B.A.Mi., Verb. Cons., II, 11 gennaio 1672 e 6 maggio 1672.6 B.A.Mi., Archivio amministrativo della Congregazione dei Conservatori

della Biblioteca Ambrosiana (d’ora in poi: Arch. Cons.), cart. 56, ins. 7/1. Alcune diqueste annotazioni del Pasqualini sono già state segnalate da A. Rovetta, Storia del -la Pinacoteca Ambrosiana. I. Da Federico Borromeo alla fine del Settecento, in M u s e ie Gallerie di Milano. Pinacoteca Ambrosiana. I. Dipinti dal medioevo alla metà delCinquecento, coordinamento di M. Rossi e A. Rovetta, Milano, 2005, p. 30.

7 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, rispettivamente ff. 7v., 31v., 23v., 43v.8 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 11/1, f. 15r.9 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, rispettivamente f. 34v. (11 agosto

1674), f. 32v. (21 aprile 1674) e f. 41r. (7 settembre 1675).1 0 Sulle diverse ipotesi relative alla possibile identificazione di questo pittore

registrato con il nome (o il soprannome) di “Sordo”, si veda M. Rossi, A. Rovetta,La Pinacoteca Ambrosiana, Milano, 1997, p. 115; e, in particolare, F. Frangi, in P i -nacoteca Ambrosiana. II. Dipinti dalla metà del Cinquecento alla metà del Seicento,a cura di B.W. Meijer, M. Rossi e A. Rovetta, Milano, 2006, pp. 238-241, scheda n.298, il quale comunque riconosce che, per ora, non è possibile individuare la pre-cisa identità dei “non pochi pittori accompagnati dal soprannome ‘il Sordo’”.

1 1 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, ff. 1v., 23v., 31v. Il “Genovese” è ci-tato anche in altre parti del diario del canonico: f. 5v. (30 agosto 1670, per dei “qua-dri”), f. 5v. (12 settembre 1670, per un “ritratto d’una Donna”), f. 5v. (23 settembre1670, ancora per un ritratto), f. 6v. (25 ottobre 1670, “per un Quadro venduto diuna Musica”), f. 9v. (21 gennaio 1671, per dei quadri), f. 9v. (30 gennaio 1671, per

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dei quadri) f. 10v. (9 marzo 1671, “per un Quadro venduto di un Ecce homo”), f.1 6 v. (19 aprile 1572, per una “Danae”), f. 16v. (30 giugno 1672, per un “Quadronedi Marte, è Venere” e per un “Quadro d’un Baccanale”), f. 21v. (23 gennaio 1673,per un quadro), f. 23v. (25 febbraio 1673, per un “Ritratto d’una Donna” e per un“Quadro del ratto dell’Ebree”), f. 28v. (22 novembre 1673, per dei quadri), f. 33v.(23 maggio 1674, per un quadro).

12 Cfr. F. Frangi, Francesco Cairo, Torino, 1998, pp. 269, 137, nota 71; M.C.Terzaghi, R e g e s t o, in F. Frangi, op. cit., p. 323 (lettera del 23 maggio 1654); p. 324(documento del 27 aprile 1658); e M.C. Terzaghi, Appendice documentaria, in F.Frangi, op. cit., p. 335 (Doc. 12, lettera del 23 maggio 1654).

13 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, f. 11r.14 L. Scaramuccia, Le finezze de pennelli italiani, ammirate, e studiate, Pavia,

1674, p. +3r.15 Cfr. rispettivamente, A.S.Mi., Notarile, Giovan Tommaso Buzzi, 33054, 3

marzo 1672; e l’Appendice documentaria, f. 2r. Si vedano anche le note 96, 99 e100.

1 6 C f r. F. Frangi, Luigi Scaramuccia. Biografia, in Pittura a Milano dal Seicento,cit., p. 262.

1 7 C f r. F. Calvi, Galleria Arcivescovile, in Gli Istituti Scientifici, Letterari ed Ar -tistici di Milano, Milano, 1880, p. 596. In riferimento a tale notizia M. Bona Ca-stellotti, Il cardinale Cesare Monti: un collezionista fra Roma e Milano, in Le stanzedel Cardinale Monti 1635-1650. La collezione ricomposta, catalogo della mostra, Mi-lano, 1994, p. 36, 38, nota 58, sottolinea che in realtà non si sa quale sia stata la fon-te utilizzata dal Calvi.

18 A tal proposito A. Rovetta, op. cit., pp. 30, 44, nota 157, ha giustamenteipotizzato che il principe in questione fosse Antonio Teodoro Trivulzio, anche se haaggiunto molto cautamente pure il nome di Alessadro Trivulzio (il quale, però, pre-cisa lo stesso studioso, non fu principe). Per la genealogia dei Trivulzio si veda, adesempio, G. Sitoni di Scozia, Theatrum Genealogicum Familiarum Illustrium, No -bilium, et Cuium Jnclytae Urbis Mediolani, 1705, IV, f. 442, ms. e facsimile nel-l’Archivio di Stato di Milano; e il seguente sito web h t t p : / / w w w. s a rd i m p e x . c o m / F I -LES/trivulzio2.htm. Nei documenti relativi al Pasqualini compare anche un nomecompleto di una persona che, forse, era un membro della famiglia Trivulzio: in da-ta 13 maggio 1677 nell’elenco delle spese per il funerale e i debiti del defunto Pa-squalini si legge infatti: “A Carlo Francesco Triultio per diversi materiali consegnatimentre veneva al fù Signor Canonico Pasqualini” (B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56,ins. 7/2, f. 18r.).

19 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, rispettivamente f. 24r. (22 aprile1673), f. 26v. (11 settembre 1673), f. 22v. (23 febbraio 1573), f. 21v. (1° gennaio1673), f. 26v. ( 28 agosto 1673), f. 26v. (7 settembre 1673), f. 30v. (3 febbraio1674), f. 30v. (3 febbraio 1674), 30v. (6 febbraio 1674), f. 30v. (2 febbraio 1674), f.3 1 v. (12 febbraio 1674) (per altri “Quadri dell’Olandese”: f. 32r.). Cfr. anche A. Ro-vetta, op. cit., p. 44, nota 158.

2 0 Per queste opere si veda l’Appendice documentaria, rispettivamente: ff. 1r. ,2 r., 2r., 3r., 6r., 6r., 7v. Ercole Teodoro Trivulzio (morto nel 1664) fu principe primache lo diventasse Antonio Teodoro Trivulzio: cfr. G. Sitoni di Scozia, op. cit., IV, f.442. Non mi è stato, sino ad ora, possibile identificare questo pittore di nome“Tobia”.

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2 1 A.S.Mi., Notarile, Paolo Girolamo Pozzo, 33038, 10 giugno 1678 (in questafilza sono presenti altri documenti relativi al principe Antonio Teodoro Tr i v u l-zio). Ovviamente diverse altre notizie sui Trivulzio si possono trovare nelle nume-rose cartelle conservate in A.S.Mi., Trivulzio. Archivio Milanese.

2 2 C f r. A. Menichella, Il pittore della casa di San Fedele, in A n d rea Pozzo, a cu-ra di V. De Feo e V. Martinelli, Milano, 1996, pp. 9 e 17.

23 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 2r.2 4 P. P. Bosca, De origine, et statu bibliothecae Ambrosianae Hemidecas, Milano,

1672, pp. 130, 162. Era stato lo stesso Pasqualini (assieme a monsignor Beccaria) apreoccuparsi di far realizzare le incisione per il libro del Bosca. Infatti in un verbaledatato 23 gennaio 1671 (in B.A.Mi., Verb. Cons., II) si legge che monsignor Bec-caria e il canonico Pasqualini devono “isciegliere un intagliatore idoneo all’opera”del Bosca. Sul ruolo di pittore svolto dal Pasqualini accennano anche C. Marcora,op. cit., pp. 210-211; F. Frangi, op. cit., 1998, p. 131 (in riferimento al Pasqualinicollezionista), e p. 331, nota 49 (in relazione alla sua attività di pittore, della qualeperò — sottolinea lo studioso — non si conosce nulla di concreto); e A. Rovetta, o p .cit., p. 30, il quale, tuttavia, appare troppo dubbioso sull’attività artistica del Pa-squalini perché scrive: “conoscitore e, sembrerebbe, pittore egli stesso”.

25 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/2, ff. 15v. e 16r. (22 settembre 1676)(sulle spese per il suo funerale, cfr. anche cart. 57, ins. 10/1). In un documento del12 febbraio 1677 si legge che il fu Pasqualini “era amalato” (Arch. Cons., cart. 57,ins. 1/7, f. 13r.). La data di nascita è sconosciuta, ma, tenuto conto che la mogliemorì nel 1630 (cfr. la nota 45), si può ragionevolmente supporre che egli nacque neiprimi anni del secolo.

26 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, f. 2v.27 A.S.Mi., Notarile, Giovan Tommaso Buzzi, 33054, 10 maggio 1670. Una

copia del documento si trova anche in B.A.Mi., S P II 262 (25). Questa copiaconservata presso la Biblioteca dell’Ambrosiana è stata resa nota (affrontando un al-tro problema) da M. Rodella, “Un libretino anticho nel quale si contengono li versimandati dal Petrarcha a Madon[n]a Laura”. Il ms. Ambrosiano S. P. 44, in ‘Studi Pe-trarcheschi’, X, 1993, p. 229; idem, Ms. Ambrosiano S.P.44. “Un libretino antichonel quale si contengono li versi mandati dal Petrarcha a Modon[n]a Laura”, Rimini,2004, pp. 3, 23, nota 1; e da S. Vecchio, Dal M u s a e u m alla P i n a c o t h e c a: gli inven -tari secenteschi dell’Ambrosiana, in ‘Studia Borromaica. Saggi e documenti di storiareligiosa e civile della prima età moderna’, 18 (Federico Borromeo principe e mece -nate, atti delle giornate di studio, Milano, 2003, a cura di C. Mozzarelli), 2004, p.248. Si veda anche A. Rovetta, op. cit., p. 30, che si basa sul primo studio sopra ci-tato del Rodella.

2 8 P. P. Bosca, op. cit., rispettivamente p. 130 (dove si accenna anche a due “ta-bulas”, una di “Guidone Rhenio”, cioè Guido Reni, l’altro di “Alexandro Teari-no”), e pp. 172, 172-173. La citazione del ‘San Sebastiano’ del Lasagna è inseritaanche nel ‘diario’ del Pasqualini in questo modo: “Un altro modello Disegno deldetto (Cerano) fatto di terra cotta dal Lasagna rapresentante un Santo Sebastianocon Santa Irene” (B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, f. 2v.).

2 9 C f r. B. Guenzati, F. Bicetti Butinone, Inventario delle scritture in genere, Pit -t u re, Scolture, Medaglie, Argenti, Legnami el altri mobili, (eccentuatine li libri, che so -no descritti nelli loro indici), che (…) 31 agosto 1685, B.A.Mi., S.Q. + II 35, ff. 24,25, 28, 29, 30, 44, 64, 66; al f. 12 si parla anche di “Due Ritrattini (…), l’altro d’u-

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na Giovinetta, che si crede la Moglie di Flaminio Pasqualino”; al f. 43 si cita inoltreun “tavolino ottangolare” con crocifisso di cera donato dal Pasqualini.

30 Cfr. A. Ratti, op. cit., pp. 27-28, 80, 81, 94, 102, 108, 118. Sul manoscrittoerroneamente attribuito al Petrarca si veda idem, Di un presunto autografo petrar -chesco nell’Ambrosiana, in ‘Archivio Storico Lombardo’, I, 1904, pp. 172-176; M.Rodella, op. cit., 1993, pp. 229-250 (secondo lo studioso i versi sono di Giovan-battista Graziani Garzadori che scrive agli inizi del Cinquecento); e idem, op. cit.,2004 (con anche il facsimile del testo). La donazione all’Ambrosiana del quadro delCorreggio è stata ricordata anche da G.A. Dell’Acqua, La Galleria federiciana e gliincrementi del tardo Seicento, in Storia dell’Ambrosiana. Il Seicento, Milano, 1992,pp. 329-330. Per l’identificazione di alcuni di questi oggetti, si veda, in particolare,A. Falchetti, The Ambrosiana Gallery, Vicenza, 1986, pp. 142 (nn. 67-68), 194(nn. 119-120), 465; M. Rossi, A. Rovetta, op. cit., pp. 150, 156; e A. Rovetta, op. cit.,p. 30.

31 Qualcosa del genere è successo anche per l’importante documento del 28aprile 1618 relativo alla donazione all’Ambrosiana della collezione del cardinale Fe-derico Borromeo (cfr. la nota 73): tale atto, citato e in parte trascritto, senza però al-cuna indicazione archivistica, nel testo di A. Ratti, op. cit., pp. 27, 132-140, è statoa fatica rintracciato solo parecchi anni dopo (cfr. A. Bellù, in A. Falchetti, op. cit.,pp. 429-430).

32 Cfr. A. Ratti, op. cit., p. 129. La lapide, che si trova ora sul muro sinistrodell’ingresso della Pinacoteca Ambrosiana, presenta la seguente iscrizione: “B A RT H O-L O M Æ O FA S S I O / P R Æ P O S. T E M P L I S. T H O M Æ / F L A M I N I O PA S Q VA L I N O / C A N O N. B A S I L. P R O-T O M A RT. / I O A N N I M A R I Æ PA S Q VA L I / C A N O N. I N Æ D E F V L C O N I S / T H E O D AT O O S I O / V I R I S

E X I M I E P I I S E T B E N E F I C E N T I S S. / C O N S E RVAT O R E S B I B L I O T H. A M B R O S. / P P. A N N O M D-CLXXIIX.”.

33 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, f. 2v.3 4 Sulla colonna e sulla statua si veda M. Di Giovanni, Colonne votive nella de -

vozione popolare a Milano da San Carlo a Federico Borromeo, in Milano e il suo ter -ritorio, a cura di F. Della Peruta, R. Leydi e A. Stella, Milano, 1985 (ma 1986), II,pp. 635-637; soprattutto M. Rosci, Il Cerano, Milano, 2000, pp. 194-195, n. 126(con bibliografia precedente); e, più di recente, J. Stoppa, Dall’Accademia di Fede -rico Borromeo alla peste, in Il Cerano 1573-1632. Protagonista del Seicento lombard o,catalogo della mostra a cura di Marco Rosci, Milano, 2005, p. 172.

35 P.P. Bosca, op. cit., p. 172.3 6 B. Guenzati, F. Bicetti Butinone, Inventario delle scritture in genere, Pitture ,

S c o l t u re, Medaglie, Argenti, Legnami el altri mobili, cit., f. 25. Le parole “Donatio-ne 1670” e “Sopra disegno del Cerano.” sono di altra mano: molto probabilmentetali scritte aggiunte sono state inserite da Francesco Bicetti Butinone, come si po-trebbe dedurre dai quattro fogli manoscritti, datati 15 marzo 1686, posti all’iniziodell’Inventario. Non mi risulta che la scultura del Cerano sia stata poi citata nellaguida all’Ambrosiana di A. Ratti, op. cit. La tesi secondo la quale la statua di‘Sant’Elena’ fu eseguita dal Lasagna su disegno del Cerano è ripresa anche da A.Rovetta, op. cit., p. 44, nota 151.

3 7 C. Torre, Il ritratto di Milano, diviso in tre libri, colorito da Carlo To r re (… )Nel quale vengono descritte tutte le Antichità, e Modernità, che vedevansi, e che si ve -dono nella Città di Milano, sì di sontuose fabbriche, quanto di Pittura, e di Scultura,Milano, 1674, p. 62 (il Torre usa le stesse parole anche nella seconda edizione del

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suo volume stampato nel 1714: p. 59).38 Su questa statua si veda, ad esempio, M. Rosci, op. cit., p. 32.39 Per una sintesi dell’attività scultorea del Cerano, si veda in particolare M.

Tanzi, La ‘Madonna’ di San Celso e una proposta per Cerano scultore, in ‘Prospetti-va’, 78, 1995, pp. 75-83 (il quale, però, a p. 81, fa solo riferimento al progetto rela-tivo alla colonna e non alla statua di ‘Sant’Elena’); J. Stoppa, Cerano giovane, in IlCerano 1573-1632. Protagonista del Seicento lombard o, catalogo della mostra a cu-ra di M. Rosci, Milano, 2005, p. 101, con bibliografia precedente, alla quale va peròaggiunto anche l’articolo successivamente pubblicato da P. Venturelli, Aggiunte epuntualizzazioni per Giovanni Battista Crespi detto il Cerano a Milano: disegno e ar -ti della modellazione. Tra il Duomo, santa Maria presso san Celso e Annibale Fonta -n a, in ‘Arte Cristiana’, 826, 2005, pp. 57-67. Su Giulio Cesare Procaccini scultore siveda G. Berra, L’attività scultorea di Giulio Cesare Procaccini. Documenti e testi -monianze, Milano, 1991.

4 0 G. Biffi, P i t t u re, scolture et ordini d’architettura enarrate co’ suoi autori da in -serirsi a’ suoi luoghi nell’opera di Milano ricercata nel suo Sito, ms. 1704-1705, ed. acura di M. Bona Castellotti e S. Colombo, Firenze, 1990, p. 34 (questa fonte non ècitata da M. Rosci, op. cit.).

4 1 S. Latuada, Descrizione di Milano ornata con disegni in rame. Delle Fabbri -che più cospicue, che si trovano in questa Metropoli, Milano, 1737-1738, 1737, III,pp. 88-89.

4 2 F. Bartoli, Notizie delle pitture, sculture, ed architetture, che ornano le Chie -se, e gli altri Luoghi Pubblici di tutte le più rinomate città d’Italia, di non poche Te r -re, Castella, e Ville d’alcuni rispettivi Distre t t i, Venezia, 1776-1777, I, 1776, p. 202.

43 F.M. Gallarati, Istruzione intorno alle Opere de’ Pittori nazionali ed esteriesposte in pubblico nella città di Milano con qualche notizia Degli Scultori, ed Ar -chitetti, Milano, 1777, p. 23. Le successive fonti ottocentesche sono elencate nellagià ricordata scheda di M. Rosci, op. cit., p. 195.

44 A.S.Mi., Notarile, Giovan Tommaso Buzzi, 33054, 3 marzo 1672 (nel do-cumento si legge che il Pasqualini aveva fatto in precedente testamento nell’anno1630 a Modena presso il notaio Francesco Carlotto) (una piccolissima integrazioneal suo testamento venne rogata il 28 luglio 1675: B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins.10/12). Un accenno al testamento del 1672 si ritrova (senza alcuna indicazione ar-chivistica) anche nel testo di A. Ratti, op. cit., p. 28 (il quale scrive erroneamente, esenza riportare la sua fonte, che il Pasqualini morì nel 1672). M. Panizza, La cre s c i t adella Biblioteca dopo la morte del cardinale Federico, in Storia dell’Ambrosiana. Il Sei -c e n t o, Milano, 1992, p. 246, sostiene (erroneamente), senza indicare l’origine dellanotizia, che l’Ambrosiana ricevette in eredità dal Pasqualini diversi quadri e pa-recchi libri nell’autunno del 1676 (ma forse è un refuso). Ho già brevissimamentesegnalato l’esistenza dell’inventario del Pasqualini (citando alcune opere di Camil-lo Procaccini in esso riportate) in G. Berra, Appunti per le biografie di Camillo Pro -caccini e Panfilo Nuvolone, in ‘Paragone’, 46, 2002, p. 75, nota 4. Recentemente A.Rovetta, op. cit., p. 30, ha accennato al testamento del Pasqualini e al relativo in-ventario facendo riferimento solo alla copia dei documenti conservati in B.A.Mi.,Arch. Cons. 57, ins 8, 3 marzo 1672 (dai quali, però, non emerge che l’inventario èdatato 16 febbraio 1672).

45 Per la moglie del Pasqualini, si veda la nota 29 e anche il testo all’altezzadella nota 57. Secondo A. Rovetta, op. cit., p. 44, nota 166, l’inserimento della ci-

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tazione relativa alla moglie del Pasqualini potrebbe: 1) essere un errore dell’inven-tario; 2) riferirsi ad un familiare; 3) “indiziare una vedovanza del nostro”. È que-st’ultima l’ipotesi più corretta perché, come si è appena visto, la moglie del Pa-squalini è citata esplicitamente nel testamento del canonico.

46 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 1 e ins. 2. Su un unico foglio mano-scritto conservato in B.A.Mi., S 144 Inf, f. 250r., c’è una brevissima relazione, datata3 marzo 1654 e stesa da quattro canonici di Santo Stefano in Brolio, che riguardaproprio il canonico Flaminio Pasqualini.

47 A.S.Mi., Notarile, Giovan Tommaso Buzzi, 33054, 3 marzo 1672. Ovvia-mente il Pasqualini, nell’ultima parte citata, quando cioè parla di “altri Quadri digià da me donati nella Galleria Ambrosiana”, fa riferimento alla sua donazione del1670, di cui si è sopra discusso. In B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/2, ff. 2r. - 3 r.( c f r. anche, parzialmente, cart. 57, ins. 7/3, ins. 7/4 e ins. 11/4) sono inserite, tra l’al-tro, alcune ricevute che confermano l’avvenuta cessione dei dipinti ai destinatari in-dicati dallo stesso Pasqualini: il medico Bartolomeo Guidetti dichiara di aver rice-vuto il dipinto del Panza; Giovan Tommaso Buzzi conferma di aver avuto il dipin-to con le ‘Sette arti liberali’ del Baschenis e i due busti di gesso; il Perugino dichiaradi aver ottenuto le “Vite” del Vasari e “otto pezzi di disegni” (10 luglio 1677); il cu-rato Giovan Battista Corbella certifica di aver ricevuto la ‘Madonna’ di Monsù Pai-no (14 ottobre 1676); Gerolamo Pasqualini dichiara di aver avuto il quadro con itre ritratti. Quest’ultimo Gerolamo potrebbe essere stato un parente di FlaminioPasqualini (anche se non è possibile, sulla base dei documenti conosciuti, deter-minare il tipo di parentela). Sappiamo però che il Pasqualini il 25 luglio 1673 ce-dette la cappellanìa di Santo Stefano, di cui era titolare, a Giovan Francesco Pa-squalini, proprio il figlio di Gerolamo: B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 9/1. SuMonsù Pajno, si veda A. Morandotti, Francesco Paino (o Pajno) detto Monsù Paino.Biografia, in Pittura a Milano dal Seicento, cit., p. 273.

48 B.A.Mi., Verb. Cons., II, 10 maggio 1678. 49 Cfr. l’Appendice documentaria, rispettivamente, ff. 2v., 4r., 7v.50 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 4r.5 1 C f r. N. W. Neilson, Daniele Cre s p i, Soncino (Cremona), 1996: per il dipin-

to di Modena: p. 50, n. 41; e p. 131, fig. 4 (olio su tela, misure originali: cm 172 x124, poi ingrandito a cm 260 x 175); per il quadro di Novara: pp. 50, 72, n. A17; ep. 231, fig. 86A (olio su tela, cm 172 x 124). Tra i fautori dell’autografia del dipin-to di Novara troviamo anche R. Longhi, Recensione a “G. Nicodemi, Daniele Cre -s p i, Busto Arsizio, 1915”, in ‘L’Arte’, 1917, p. 63; rist. in idem, Scritti giovanili 1912-1922, Firenze (Opere complete, I), 1961, I, p. 356; G. Nicodemi, Daniele Crespi,Busto Arsizio, 1930, p. 133; C. Baroni, L’arte in Novara e nel novare s e , in Novara eil suo territorio, Novara, 1952, pp. 1039, p. 598; e F.M. Ferro, in Museo novarese.Documenti studi e progetti per una nuova immagine delle collezioni civiche, a cura diM.L. Tomea Gavazzoli, Novara, 1987, p. 293, il quale però ritiene che “l’opera no-varese sia una derivazione solo in parte autografa di Daniele”. Forse, ma non è cer-tissimo, il quadro in questione potrebbe essere identificato con quello descritto nel-l’inventario dell’11 gennaio 1677 come “Un Quadro Grande Copia di Daniello”:cfr. B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 11/1, f. 24r. (cfr. anche la nota 58).

5 2 L’incertezza nell’identificazione di questo santo è testimoniata dal fattoche in un manoscritto modenese del 1714 di Mauro Alessandro Lazarelli (cfr. la no-ta seguente) si cita il quadro di Modena del Crespi senza inserire il nome del terzo

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santo. Più sicuro è invece, ad esempio, A. Dondi, Notizie storiche ed artistiche delDuomo di Modena, Modena, 1896, p. 91, che cita in questo modo il dipinto in que-stione: “S. Francesco, S. Mauro e S. Carlo con N.S.G.C. flagellato”.

53 L. Vedriani, Catalogo de vescovi modonesi. E racconti dell’attioni loro nelreggere varie Chiese dentro, e fuori dell’Italia, Modena, 1669, pp. 198-199 (questafonte non viene segnalata nella monografia di N.W. Neilson, op. cit.). Cfr. ancheM.A. Lazarelli, P i t t u re delle chiese di Modana, ms. 1714 , ed. a cura di O. BaracchiGiovanardi, Modena, 1982, p. 26: “Al pié, dissi, della scala sodetta vedesi l’altareche è della fameglia Fontana e rappresenta San Francesco, San Carlo e Cristo fla-gellato et è mano di Daniele Crespi.”.

54 Ivi, pp. 197-198.55 Ivi, p. 199.56 Ivi, p. 197.57 Cfr. la nota 45.5 8 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 58, rispettivamente ins. 12/3 e ins. 12/2 (cfr. an-

che la nota 51).5 9 C f r. l’Appendice documentaria, rispettivamente: ff. 3v. (i primi tre dipinti),

5v., 6r.6 0 Per altre “Battaglie” del Gherardini si veda la nota 19. La “Samaritana so-

pra l’Asse” è stata recentemente identificata con il ‘Cristo e la Samaritana al pozzo’,un olio su tavola conservato presso la Pinacoteca Ambrosiana: cfr. C. Cavalca, in P i -nacoteca Ambrosiana. II. Dipinti dalla metà del Cinquecento alla metà del Seicento,cit., pp. 156-158, scheda n. 237: Melchiorre Gherardini, ‘Cristo e la Samaritana alpozzo’. Sul Gherardini si veda soprattutto E. Casale, M e l c h i o r re Gherard i n i, tesi dilaurea, Università degli Studi di Milano, a.a. 1977-1978, dove sono anche segnala-ti alcuni suoi dipinti di battaglie: pp. 167-168, 354 (ringrazio l’autrice per avermipermesso di consultare la sua tesi). Tra gli interventi più recenti, si veda, in parti-colare, A. Spiriti, G h e r a rdini, Melchiorre, voce in Dizionario biografico degli italiani,Roma, LIII, 1999, pp. 603-608.

6 1 C f r. G h e r a rdini o Gerardini o Gelardini o Girardini, Antonio Maria, voce inDizionario enciclopedico Bolaffi dei pittori e degli incisori italiani dal XI al XX seco -l o, Torino, 1974, V, p. 353; E. Casale, op. cit., pp. 395-396; A. Spiriti, op. cit., p. 606.

62 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 1v.63 P.A. Orlandi, P. Guarienti, Abecedario pittorico (…) Contenente le Notizie

de’ Professori di Pittura, Scoltura, ed Architettura in questa edizione corretto e nota -bilmente di nuove Notizie accresciuto da Pietro Guarienti, Venezia, 1753, p. 445. De-vo ad Alessandro Morandotti il suggerimento per questa identificazione. Egli haparlato del Cunio in A. Morandotti, Natura morta, natura viva e pittura di paesaggionella Milano di Federico Borromeo, in Pittura a Milano dal Seicento, cit., p. 16.

64 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 5r.6 5 Ringrazio Alessandro Morandotti per avermi suggerito tale identificazione

e per avermi indicato l’incisione del Lana con analogo soggetto (cfr. la nota 71).6 6 C f r. A. Mampieri, Ludovico Lana, in La scuola di Guido Reni, a cura di M.

Pirondini ed E. Negro, Modena, 1992, p. 277.67 L. Vedriani, Raccolta de’ pittori, scvltori, et architetti Modonesi più celebri,

Modena, 1662, p. 135. La notizia è stata poi ripetuta anche da G. Tiraboschi, Bi -blioteca modenese o notizie della vita e delle opere degli scrittori Natii degli Stati delserenissimo signor Duca di Modena, Modena, 1786, VI/2, p. 448.

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68 G. Baruffaldi, Vite de’ pittori e scultori ferraresi (…) con annotazioni, Fer-rara, 1844-1846, 1846, II, pp. 204-205.

6 9 C f r. B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 58, ins. 12/2, f. 17r. e ins. 12/13 (cfr. anchela nota 88); e Arch. Cons., cart. 57, f. 20v.

7 0 Una foto a colori del disegno si può trovare sul sito della Fondazione:http://www.fondazionecrvolterra.it/collezioni/collezioni.asp?myid=72.

71 Cfr. F. Piccinini, in L’amorevole maniera di Ludovico Lana e la pittura emi -liana del primo Seicento, catalogo della mostra a cura di Daniele Benati e Lucia Pe-ruzzi (Modena), Cinisello Balsamo, 2003, pp. 114-115, scheda n. 25.

72 Cfr. l’Appendice documentaria, rispettivamente, ff. 5r., 6r.7 3 C f r. A.S.Mi., Notarile, Cancelleria Arcivescovile, 138, n. 39, 28 aprile 1618,

Inventario “E” (“I Ritratti fatti da Pittori men celebri”), f. 1v. Si veda in particola-re P.M. Jones, Federico Borromeo and the Ambrosiana. Art Patronage and Reform inSeventeenth-Century Milan, Cambridge, 1993, p. 184; e M. Rossi, A. Rovetta, op.c i t ., p. 101. Recentemente M.C. Terzaghi, in Pinacoteca Ambrosiana. II. Dipinti dal -la metà del Cinquecento alla metà del Seicento, cit, pp. 226-227, scheda n. 290, haproposto di identificare questo pittore di nome “Giuliano” con “il ritrattista mila-nese Giuliano Pozzobonelli”.

74 Cfr. l’Appendice documentaria, rispettivamente, ff. 2r., 2v., 2v., 6r.75 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, f. 4r. Sul Vicenzino e la famiglia

Volò (tutta dedita alla pittura), si veda, ad esempio, A. Morandotti, Icone lombard e :la natura morta dalle origini all’età della riforma settecentesca, in Fasto e rigore. LaNatura Morta nell’Italia settentrionale dal XVI al XVIII secolo, catalogo della mostraa cura di G. Godi (Colorno), Milano, 2000, p. 47.

76 Cfr., rispettivamente, l’Appendice documentaria, f. 3r; e B.A.Mi., Arch.Cons., cart. 56, ins. 7/1, f. 32v.

77 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 1v.78 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 3r.7 9 C f r. F. Gibbons, Catalogue of Italian Drawings in the Art Museum, Prince-

ton (N.J.), 1977, I, pp. 104 e segg.; e D. Mahon, N. Tu r n e r, The Drawings ofG u e rcino in the Collection of her Majesty the Queen at Windsor Castle, Cambridgeet al., 1989, pp. 117 e segg. Sul Guercino caricaturista si veda anche G. Berra, Il ri -tratto “caricato in forma strana, e ridicolosa, e con tanta felicità di somiglianza”. La na -scita della caricatura e i suoi sviluppi in Italia fino al Settecento, in ‘Mitteilungen desKunsthistorischen Institutes in Florenz’, in corso di pubblicazione.

80 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 4v. 8 1 C f r. l’Appendice documentaria, f. 5v.; si veda anche B.A.Mi., Arch. Cons.,

cart.57, ins. 11/5-7, con la nota dei libri derivanti dall’eredità del Pasqualini. È pro-babile che tali volumi non siano rimasti nella Biblioteca Ambrosiana poiché in unanota datata 28 febbraio 1739, apposta alla fine dell’elenco dei libri del Pasqualini(cart. 57, ins. 11/7), si legge: “Fatta ogni diligenza non si è trovato alcune de sud-detti libri in Bibliotecha”.

82 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 5r.8 3 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 11/1, f. 25r. Cfr. A. Rovetta, op. cit., p. 30.8 4 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/1, f. 35v. Questo dipinto compare an-

che tra i “Quadri avvanzati dall’eredità Pasqualina”: “Un quadro fatto da SofonisbaAnguissola £ 300” (B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 7/6; cart 57, ins. 11/3; cart.57, ins. 11/8).

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8 5 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 11/1, rispettivamente f. 21r. (ma anchecart. 58, ins. 12/2, f. 17r.); f. 21r. (ma anche cart. 58, ins. 12/2, f. 18r.) (questo di-pinto di Giovan Ambrogio Figino raffigurante un vecchio con gorgiera potrebbeessere simile, se non addirittura identificabile, con il ‘Ritratto di Giovan Angelo An-noni’ del Figino di collezione privata londinese: su questa tavola datata 1570, cfr. A.Morandotti, in Il ritratto in Lombardia da Moroni a Ceruti, catalogo della mostra diVarese a cura di F. Frangi e A. Morandotti, Milano, 2002, pp. 84-85, scheda n. 23);f. 21r. (ma anche cart. 58, ins. 12/2, f. 19r.); f. 22v., f. 24r. (ma anche cart. 58, ins.12/2, f. 24r., e, per le due “Teste” del Barocci, f. 21r.); f. 25r., f. 25r. (per l’“originaledel Chignoli”: cart. 58, ins. 12/2, f. 17r., ins. 12/13 e cart. 57, ins. 11/3).

8 6 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 56, ins. 7/2, f. 17r.: “Al Signor Cesare Fiore Pit-tore per la stima de quadri fata; prima che si mettenino in vendita (…) a £ 133”. Siveda anche B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 10/23. Cfr. A. Rovetta, op. cit., p. 44,nota 162. Diverse indicazioni di prezzo di alcuni dei dipinti del canonico sono re-gistrate anche in un librettino di pochi fogli: B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 58, ins.12/3.

87 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 58, ins. 12/2. Si veda anche B.A.Mi., Arch.Cons., cart. 58, ins. 12/1.

8 8 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 58, ins. 12/2, rispettivamente: ff. 16r., 17r. (maanche cart. 58, ins. 12/13), 16r. (ma anche cart. 57, ins. 10/8, per il prezzo defini-tivo; cfr. A. Rovetta, op. cit., p. 30), 18r., 19r., 19r., 20r., 21r., 21r., 18r., 22r., 18r.,18r., f. 19r., 20r., 24r., 25r. In un altro documento (B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 58,ins. 12/2, f. 40r.) risulta che il pittore Cesare Fiori acquistò per 16 lire e 6 soldi an-che “tre copie di Raffaello”.

8 9 Per i quadri invenduti, si veda B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 7/6; cart57, ins. 11/3; cart. 57, ins. 11/8 (in questi tre documenti il numero dei quadri nonvenduti è però differente). Cfr. anche le note 62 e 63.

90 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 58, ins. 14/1, ins. 14/2 e successivi documenti(in particolare nella cart. 58, ins. 15/12, documento del 10 febbraio 1741, è rias-sunta l’intera vicenda).

9 1 C f r. G. Berra, Alcune puntualizzazioni sulla pittrice Fede Galizia attraversole testimonianze del letterato Gherardo Borgogni, in ‘Paragone’, 469, 1989, p. 21(con la segnalazione di tutte le fonti antiche). Sul dipinto si veda anche L. Lanzeni,in Pittori della realtà. Le Ragioni di una Rivoluzione da Foppa e Leonardo a Cara -vaggio e Ceruti, catalogo della mostra a cura di M. Gregori e A. Bayer (Cremona),Milano, 2004, pp. 224-225, scheda “Fede Galizia. Ritratto di Paolo Morigia”, e so-prattutto G. Berra, in Pinacoteca Ambrosiana. II. Dipinti dalla metà del Cinquecen -to alla metà del Seicento, cit., pp. 149-153, scheda “234. Fede Galizia, Ritratto diPaolo Morigia”. Tra le testimoniate relative al ‘Ritratto di Paolo Morigia’ citate nel-la mia scheda (qui sopra ricordata) si può segnalare la seguente: in un verbale del 9settembre 1670 (B.A.Mi., Verb. Cons., II, 9 settembre 1670) si legge che i conser-vatori dell’Ambrosiana ringraziano il Buzzi per “aver donato à questa Galeria il ri-tratto del Morigia fatto dà Madonna Fede”. All’ingresso della Pinacoteca Ambro-siana, sulla parete di sinistra, è appeso un marmo nero con una iscrizione (datata1670) in cui si cita il Buzzi come donatore: “ IO: TH O M Æ BV T I O I. C. / VI R O M V N I F I-C E N T I S S I M O / QV I P I C T I S TA B V L I S D O N O D AT I S / CA R D I N. FE D E R I C I BO R R O M Æ I AR C H I E P./ RES GESTAS IMMORTALES REDDIDIT / IMMORTALE MONVMENTVM / BIBLIOTHECÆ AM-BROSIANÆ / CONSERVATORES PP. / ANNO MDCLXX.”.

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92 A.S.Mi., Notarile, Giovan Tommaso Buzzi, 33054, 23 dicembre 1669.9 3 C f r. G. Nicodemi, op. cit., pp. 686-687 (la prima Accademia venne fondata

con atto notarile del 25 giugno 1620: cfr. p. 633); S. Modena, La Seconda AccademiaAmbrosiana, in ‘Arte Lombarda’, 1, 1960, pp. 84-92; e G. Bora, op. cit., p. 366.

9 4 B.A.Mi., P 239 Sup, Accademia del Disegno nella Biblioteca Ambrosiana, inG. Nicodemi, op. cit., pp. 674-676. Una foto delle Regole dell’Accademia del Disegno(della Seconda Accademia) è stata pubblicata (con inglobate a stampa le varianti ma-noscritte del documento depositato, come abbiamo visto, presso il notaio Buzzi) inS. Coppa, Vicende dell’Accademia Ambrosiana e incrementi delle raccolte artistichenel Settecento, in Storia dell’Ambrosiana. Il Settecento, Milano, 2000, p. 259.

9 5 A.S.Mi., Notarile, Giovan Tommaso Buzzi, 33054, 18 settembre 1670.L’allegato con l’elenco dei libri così inizia: “Indice de i libri, li quali dona il SignorManfredo Settala Canonico dell’Insigne Collegiata di S. Nazaro alla Libreria Am-brosiana di Milano, ogni volta, che in essa non vi siano. e sono”.

9 6 Si veda, rispettivamente, A.S.Mi., Notarile, Giovan Tommaso Buzzi, 33054,3 marzo 1672; e l’Appendice documentaria, f. 3r.

9 7 C f r., rispettivamente, B. Guenzati, F. Bicetti Butinone, Inventario delles c r i t t u re in genere, Pitture, Scolture, Medaglie, Argenti, Legnami el altri mobili, cit.,f. 52; Ch. de Brosses, L e t t res d’Italie du Président de Brosses, a cura di F. d’Agay, Pa-ris, 1986, I, Lettre VIII, p. 137 (ovviamente il “Pérugin” qui citato non era il mae-stro di Raffaello — come invece erroneamente si intende nell’indice dei nomi del-le lettere di Charles de Brosses (ivi, II, p. 558) e come anche riporta, citando talefonte, B. Agosti, Collezionismo e archeologia cristiana nel Seicento. Federico Borro -meo e il Medioevo artistico tra Roma e Milano, Milano, 1996, p. 147 —, ma appuntoLuigi Scaramuccia detto il Perugino); e B.A.Mi., Inventario della Biblioteca Am -brosiana 1796 e 1798, S.Q. + II 35, f. 108.

98 Cfr. A. Ratti, op. cit., pp. 28, 45.9 9 Ringrazio Stefania Vecchio (che sta ultimando un lavoro sugli inventari se-

centeschi della Pinacoteca Ambrosiana) e Silvia A. Colombo per avermi gentil-mente comunicato che è ora possibile identificare (seppur ancora con qualche mar-ginale dubbio) il ritratto del Pasqualini eseguito dallo Scaramuccia con un dipintotuttora presente in Ambrosiana. Recentissimamente tale opera è stata in particolarestudiata da S.A. Colombo, in Pinacoteca Ambrosiana. III. Dipinti dalla metà delSeicento alla fine del Settecento. Ritratti, a cura di S. Coppa, M. Rossi e A. Rovetta,Milano, 2007, pp. 176-178, scheda n. “568. Ritratto di Flaminio Pasqualini (?)”, wo-lio su tela, cm 53 x 46,5: inv. n. 360. A differenza di quanto sostiene la studiosa, però,questo ritratto non può essere identificato con quello realizzato dallo Scaramuccianel 1650 (e quindi tale data non è l’anno di esecuzione del quadro ipoteticamenteidentificato in Ambrosiana), perché, come si è visto (cfr. le note 15 e 100), nell’in-ventario del Pasqualini la data 1650 è associata ad un altro dipinto di più grandi di-mensioni dello Scaramuccia che comprendeva dieci ritratti tra cui quello del Pa-squalini e anche quello del pittore Paino (Appendice documentaria, f. 2r. ) .

100 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 2r.1 0 1 C f r., rispettivamente, A.S.Mi., Notarile, Giovan Tommaso Buzzi, 33054, 3

marzo 1672; e l’Appendice documentaria, f. 1r.102 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 3r.103 Cfr. l’Appendice documentaria, f. 7v.104 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 58, ins. 12/2, f. 18r.105 B.A.Mi., Arch. Cons., cart. 58, ins. 12/2, f. 22r.

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APPENDICE DOCUMENTARIA

L’inventario dei beni di Flaminio Pasqualini, canonico di S. Stefano in Brolio di Mi-lano, qui integralmente trascritto, è stato steso il 16 febbraio 1672 ed è stato poi in-serito nel testamento dello stesso Pasqualini rogato nel mese successivo: A.S.Mi.,Notarile, Giovan Tommaso Buzzi, 33054, 3 marzo 1672 /tavola 61/ (citato in G.B e r r a , op. cit., 2002, p. 75, nota 4). Alcune copie di questo inventario — prive del-la data del 16 febbraio 1672 (ma strettamente associate al testamento datato 3marzo 1672) — si trovano, assieme ad alcune minute del testamento, anche inB.A.Mi., Arch. Cons., cart. 57, ins. 8/1-3, ins. 8/5 (che presenta delle varianti), ins.8/13-14 (in bella copia) (questi documenti conservati all’Ambrosiana sono stati re-centemente segnalati da A. Rovetta, op. cit., p. 30). Per i criteri utilizzati nella tra-scrizione dei documenti del presente articolo si veda la nota 1.

(f. 1r.) 1672. Adi 16 febraroInventario de Mobili, che di presente si trovano in Casa di me Flaminio PasqualinoCanonico di S. Steffano in Broglio di Milano, da qualli si ha da cavare il Prezzo mi-gliore che si potrà per adempimento della mia volontà espressa nel mio qui annes-so testamento, è per metterli più chiaramente li descriverò di luogo in luogo, è diCamera in Camera, come segueE prima avanti al Portico che và in salla vie una Tramezza dipinta à Oglio, le figuredella qualle sono dipinti dalli frattelli Panza con le sue Invetriate, et Antiporto di la-rice con i Vetri.Sotto detto Portico vi sono trè gran Carte tirrate sopra Telle, è Incorniciate, chehanno sopra l’una Roma, l’altra Napoli è la 3a. Genova, è sotto vi sono le sette Chie-se di Roma stampate, è messe in Tellaro, Di sopra 3. grand’Armi di stuccho, l’unadel cardinale Monti, l’altra del Cardinale Litta, è la 3a. del Principe Trivultio, è piùun Quadro di una Pietà di Stuccho colorito, è quattro Pedestalli coloriti di gialocon sopra due Teste di Giesso di rilevo, è due statuette di Terra cotta.È più attacato al Cielo di detto Portico due Gabbie grandi una in forma di Ga-leazza, è l’altra d’un Castello; Due Banche di Noce, è la Prospetiva à Guazzo manodel VillaSeguita la salla, nella quale prima vi sono le Tappezarie di Corame Oro, è rosso conli suoi Tapeti medesimi sopra due Boffatine, sopra una delle quali vie il Giudicio diSolomone di Piegature (?) in una Custodia di Noce con li suoi Vetri, è sopra l’altraparimenti una Custodia Oro, è Noce con dentro una Testa di S. Carlo di rilevo Co-lorita. Viè un’altra Boffetta di Noce con sopra un Tapete velutato, è sopra unQuadro grande di una madonna che fascia il figliolo, S. Giuseppe, è doi angioletticon cornice bianca Intagliata // (f. 1v.) Sopra vie un Ritratto di una Donna assaibuono, è più alto il Ritratto del Cardinale Monti Incorniciato di Noce.Sopra il Camino vie un Quadro grande che rapresenta una Piazza, hò mercato conmolte figure, mano di Alessandro Vaiani, è sotto vie una Tella à Guazzo che chiudeil Camino ove vie un Icendio con lot, mano di Ridolfo, è sotto il Camino vi sono iBrandenali con suoi ferri, è Pomi di Ottone.Sopra l’Uscio del mio studio vie l’Antiporto Verde è rosso con suoi vetri, nel Can-tone frà detto è il Camino vie un’Horologgio che sona i Quarti, è l’hore tutto di le-gno, con sua Cassa dipinta di Verde, con Contrapesi.

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Sopra detto Antiporto vie un Quadretto senza Cornice di una madonna che fa ce-no à S. Giovanni di non svegliare il Putino che dorme.Sotto le finestre di detta salla, in mezzo vie un specchio assai grande Incorniciato dinero, sotto il quale vie il scrittorio, è Tavolino de Ponti, che lascio à lavorina (Lau-ra) con le sue due sedie Compagne; avanti detto scrittorio vie una Prospettiva soprail Rame, è di quà, è di là doi Quadretti lavorati sopra il vetro Inargentato; Di quà, èdi la dal sudetto specchio vi sono due Teste sopra l’Asse con Cornici Intagliate, èsforate, che è il Ritratto di Giesù Christo, è la testa della Beata Vergine è di manodel Signore luigi Perugino. Sotto l’altre finestre vi sono una mano di Disegni buo-ni grandi è piccioli al n.° di sei; È più sei sedie di veluto negro à opera, è cinque diBulgaro con quattro scagni Compagni; Sopra l’uscio, hò tramezza che và nel Ca-merino à capo detta sala vie un // (f. 2r.) Quadro grande dipintovi sopra dieci Ri-tratti, particolarmente il mio di mano del Signore luigi Perugino fatto l’Anno del1650 quando stava in mia casa è li altri ritratti sono del Reverendissimo PreteMonsignor Buzzali Inquisitore di Pavia, del Signore Giovanni Pasta, Abbate Vi-glioni Signore Claudio Steffani, Signore francesco Villa prete francesco BrusaMonsù Payno, è Prete lorenzo Maiochi di mia Casa, con Cornice Indorata, è Co-lorita. Di qua, è di là vi sono due mezze figure d’Apostoli di mano di Tobia senzaCornici, sotto à qualli vie un Ritratto della figina mano di Monsù Payno, è sottoquello della P(r)incipessa Trivultia, è dall’altra parte quello di Olimpia, è sotto quel-lo del Principe Trivultio pure di mano di Payno, è di qua, è di là dall’uscio doi Qua-dretti Incorniciati di nero, uno d’un’Paese, et l’altro d’un’Incendio, è più à basso unQuadro di una Madonna Adolorata, con Cornici Intagliata et colorita oro, è Azuro,che è quello che lascio al Signore Curato Corbella di S. Nazaro, è dal altra parte vieuna Madonna grande al Naturale con figlio in brazzo mano del Padre Pozzo Giesuitacon Cornici bianche Intagliate.Sopra l’Uscio grande della sala vie un’Quadro grande Incorniciato in ottangolo, di-pintovi sopra mia Madre Io, è Tobia Pittore finto di Noce, che è quello che lascio alSignore Gieronimo Pasqualini. Da una parte vie un’Quadro grande incornicatoNoce, è nero dipintovi una Portia che viene da Guido Reni con un’Apostolo manodi Tobia, sotto doi Tondi di Paesini di Carlo del Sole, et un’altro Tondo di frutti eUcelli di Messere lorenzo, è 3. Ritratti stampati in rame Incorniciati.Dal’altra parte vie una Giudita, che viene dal Cavaliere Cairo // (f. 2v.) Un altroApostolo pur di Tobia 2. Tondi con Paesini dell’antedetto Sole, un altro pure àUcelli, è frutti di Messere lorenzo, 3. Ritratti in Rame Incorniciati come gli altri, è sùl’alto una Testa di Clorinda di mia mano (Flaminio Pasqualini) con Cornice bianca.Nel Camerino, hò Tramezza in capo à detta sala vie il Telaro del Antiporto di lari-ce, che è quello che è al Portico, è dentro vi sono le Tapezarie di Corame dorate, èin cima due Città Stampate, è colorite Incorniciate che servono per friso, è un Apo-stolo in mezo (del camerino) senza Cornice mano di Tobia. Un Quadro grande diun Agar mano del Signore federico Panza con Cornici Intagliate, ed adorate, che èquello che lascio al Signore Medico Guidetti, sotto vie un Quadro con una lepora,è Piccioni del Prete Bergamasco (Evaristo Baschenis), con Cornici Intagliate, etadorate, è più due mezze figure de’ Ritratti, l’uno dell’Imperatrice, è l’altro della Si-gnora Maria Solidi, e più 4. tondi di noce con dentro frutti mano di Messere lo-renzo. In alto vi sono doi Ritratti, l’uno dell’Abbate Fontana Ambasciatore diModana è l’altro del Prete Mauro Bonelli Inquisitore di Milano mano di MonsùPayno, e in mezo un Quadro grande di un’Santo Sebastiano tutti senza cornici, è

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sopra l’uscio che và in Cucina un Quadro grande con sopra la madonna del Rosa-rio, S. Domenico è santa Catterina da Siena Incorniciato di Noce, è sopra una Ta-vola grande che ha sopra un Tapete di Corame, vie un Quadro grande di Santo An-tonio di Padova, 4. sedie di Bulgaro, un Homo di Noce da tenere sopra feraioli etun specchio con le Colonette d’Acqua marina.

Seguita l’Inventario dei Quadri,et altre robe che si trovano nel mio studio hò Gabinetto.

Dentro sopra l’Uscio vie un Quadro grande d’un Presepio mano del Signore LuigiPerugino con Cornici Oro è Noce è sotto // (f. 3r.) un Abbozzo di Moise nel De-serto mano del detto (Perugino) senza CorniciÀ mano drita nel entrare vie un Quadretto d’una Placcha de mano del CavaliereCairo con Cornici Intagliate et Adorate, sotto vie un’ Paesino dei Brughel Incor-niciato Oro, è negro, è più sotto un’ Dissegno de Nani del Guercino.Seguita un’ S. Sebastiano del sudetto Perugino con Cornici pure Intagliate et Ado-rate, dopo un S. Giuseppe del spagnoletto con Cornici Oro, è Argento. Seguita ilmio ritratto di mano del sudetto Perugino con Cornici Intagliate et AdorateSeguita un S. Gieronimo mano del Signore Carlo Cane con Cornici parimentiOro, è Argento, è poi un Quadretto sorpra l’Asse con molti Santi con Cornice In-tagliata, et adorata.Di sopra vie un Quadro grande di 4. braza con una Madonna il Putino, S. Giovanniè Santa Elisabetta con Cornice AdorataIn Cantone una Madonna Incorniciata Bozza di Giulio Cesare Procaccino; di sot-to un S. Giuseppe à Guazzo con Cornici Noce, è Oro, è più sotto un Paesino In-corniciato.Nella facciata appresso l’Uscio che và nel Gabbinetto picciolo vi sono prima, unamadonna con S. Giuseppe, è il Putino di due mani con Cornice adorata, sotto un’Moisè del Guerzino con Cornice Adorata, è di qua, è di là due teste di Pastello delBarozzo con Cornici Inargentate, è sopra doi gran Falchi. Sotto viè una Madalenaal naturale, mezza figura mano del Signore Luigi Perugino con Cornice Adorata, èda una parte vie una Bersabea con Cornici Intagliate et adorate, è sotto un An-nonciata sù l’Asse che viene da Giulio Cesare (Procaccini) con cornice parimenti in-taliata et Adorata, è dall’altra parte il mio Ritratto mano del Lana, è sopra una Te-sta di lapis incorniciata con sopra un Falco. // (f. 3v.)Sopra l’Uscio che và nel Gabbinetto picciolo vie un’Amore che dorme di GuidoReni con Cornice Intagliata, et adorata, essendo di sopra sù il solaro il restante didetta Cornice, Oro è morello.Seguita dall’altra parte un’ Quadro con S. Giovanni Battista che batteza Nostro Si-gnore con doi angioli, con Cornice dorata Sotto vie una Samaritana sopra l’Asse delGirardino Incorniciata, sotto quella una madonna di Panfilo con Cornice inta-gliata è adorata, è più sotto una Testa di una Vergine del sudetto Girardini senzaCornici.In mezzo vie una madonna grande col Puttino e S. Giuseppe di Giulio Cesare Pro-caccino dipinta sopra l’Asse con Cornice adorata, è sopra vie un Arone del Zoppoda lugano con Cornice adorata, è da una parte vie un’Agar del Bamboccio con Cor-nici Oro, è Noce, è sotto una Gallatea sopra l’Asse del Gierardino con Corni inta-gliata et adorata, è più sotto un Paesino di penna, e più alto una testa d’Apostolo diCarlo francesco Panfilo.

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Dal altra parte in faccia vie una Madalena di Giulio Cesare (Procaccini) con Cor-nice nera, è sotto un Christo in Croce spirante incorniciato di Noce, sotto il qualevie un’Paesino incorniciato di nero, è da una parte vie un Paesino di Pietro Te d e s c ocon dentro una Madalena incorniciato di nero, è sopra vie un quadretto di Bertol-dino che viene dal Cerano con cornice nera.Apresso vie un Quadro grande 4. brazza nel quale vie dipinto dà mano eccellenteun Christo morto con la Beata Vergine S. Giovanni Evangelista è la madalena conCornici adorate.Più basso vie un’Anconetta antica tutta adorata, nella quale vie dipinta l’Annunciatasopra l’Asse dicono di Michel Angielo Buonarotta, hò di frà Sebastiano dal Piom-bo // (f. 4r.)Seguita un Quadro grande di Danielle Crespo con dentro Christo flagelato, S.Carlo, S. Francesco, S. Benedetto, è doi Manigoldi con Cornice adorata

Sotto le finestre di detto studioVie tra dette un specchio grande di onz 10. di luce Incorniciato con Cornici nere al-la Venetiana posto sopra un Pedestallo nero che serve per Vestivolo; Di sopra vieun Quadro grande di S. Giovanni Battista al Deserto che Battezza di mia mano(Flaminio Pasqualini) non finito con Cornice nera.Di quà, e di là di detto specchio vi sono due Teste l’una del Barozzo dà Urbino, el’altra del Zuccaro con Cornici nereSotto una delle finestre vie un Dissegno à Oglio di chiaro è scuro donatomi dal Si-gnore Cardinale Monti, incorniciato di nero con altri Dissegni sotto. Dal altraparte sotto pure la finestra vie un Dissegno grande belisimo di un Cenacolo incor-niciato di nero, è apresso vie un altro Dissegno colorito a tempera di Giulio Cesa-re Procaccino con Cornice adorate, che è l’Incoronatione della Beata Ve r g i n eapresso vie un Testone di lapis rosso del Guerzino da Cento; Di sopra vi sono unaTesta à Oglio et altre di Pastello incorniciate di nero, è sotto alcuni Disegni à pen-na con sopra il Falco.Vi sono poi doi Tavolini di Compositione bianchi; e neri sopra qualli vi sono doiQuadretti della medesima Compositione che sono di S. Pietro, è S. Francesco è piùun Santo Antonio di Padova dipinto sopra la Pietra nera mano del Perugino, è unS. Gieronimo in un Paese antico, è di buona mano, sopra l’altro vie il Rame inta-gliato et Inargentato, con Cornici intagliate et adorate ritratto del Cardinale Tri-vultio in mezzo à detti Tavolini viè una Boffetta sopra della quale vie una Cassetta// (f. 4v.) di Cipresso tutta Intensiata, è sopra vie un Santo Sudario incorniciato colvetro sopra è un Dissegno di Camilo (Procaccini)Seguita un Tavolino nero con Cassetto, sopra il quale viè un’Christo in croce di Co-rallo con sua Custodia sopra di vetro, et altri Quadretti.Dal’altra parte dell’uscio vie un’altro simile Tavolino dove vie una Statovina d’A-labastro, sotto vie un gran Vaso di Maiolica dipinto da Giulio Romano che eranella Galleria di Mantova con un Bocale pure colorito con dentro un’Inventioneconforme la descrive il Porta Napolitano (Giovan Battista Della Porta) nella suamaggia naturaleSopra una scabella vi sono due scattole, in una delle quali vie dentro una figurina diuna Vecchia che và à forza di Rotte, move gli occhi è la bocca, è si fa vento, che erapure del Serenissimo di Mantova è nel’altra vie un Ratto che corre, una figurina chesi move, et altre bagatelle.

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Seguita un Clavicordo con due Tastatiere coperto con una Tella verde, il Coperc-chio del quale è dipinto dal Signore luigi Perugino rapresentante il Giorno chescaccia la Note.Sopra il detto vie una scanzia dove à basso dove sono i vetri, vi sono molte Galan-terie, cioè frutti di Cera d’ogni sorte, statovette Colorite, Tazze di Porcelana, unaPalla di Vetro con dentro un pezzo di arteglieria, è molt’altre cosette.Nelle due partite di sopra dove sono i Falchi vi sono alcuni Ritrattini à Oglio, è diCera, et altre cosette è dal’altra parte, molte cose Impetrite, è in mezzo // (f. 5r.) unHorologio grande con Cornici Intagliate, et Inargentate, è di sopra vi sono due Pal-le di vetro con dentro Bichochini, fiaschetti di Vimini, vasi di Bucaro, et altre Ca-nevettine, è più sopra alcune Statovine di Cera, modelli di Giesso e Terra cotta.Seguita una scanzia dipinta di Verde sopra la quale vie una scrivania grande con liCassettini diVetro grafiti Indorati, et coloriti, sopra la quale vie una CassettinaCremesi con sopra l’Humilitas in lettere d’Oro, è dentro vi sono i lenzoli dovemorì dentro il Cardinale Federico Borromeo, la Camisa che haveva in dosso, la SuaCorona, de suoi Capelli, è una lettera di S. Carlo, è alcune sue Reliquie.Sopra 6. Pedestalli vi sono 6. statovette, hò modellini parte di Cera, è parte di Te r-racottaSopra i quadri vi sono 12. Teste Incorniciate, parte a oglio, è parte di Pastello diGiuliano.O più due Tiorbe, una Chitara d’Ebano, è Avoglio, con sua cassa, una Balestra, etaltre bagattelle.

Nel Gabinetto picciolo dove io stò à scrivere vie, come segue.Prima in faccia vie un gran specchio Incorniciato di nero con il suo astragallo in-tagliato, et adorato, è la luce è di un brazzo, è un quarto sotto il quale vie un Scri-toio di vetri molati graffiti, et Adorati, con la mia Arma in mezzo con Capello, co-me Protonotario Apostolico, è sotto vie un Tavolino nero, sotto del quale vi sono al-cune Arme antiche, è sopra il sudetto specchio vie un’ Quadro d’una Assonta delfiaming (Fiamminghino?) con Cornici di Noce. // (f. 5v.)Da una parte vie un Cantarà, hò Cassettone con li suoi tira fuori di radice di Noce,è con Intaglij con sue Chiavi e Seratture, il quale ha sopra un Scrittorio di Noce consuoi cassetti pavimentali di radice, sopra il qualle vie un Busto di Giesso del già Si-gnore Cardinale Monti sopra il quale vie un Quadro grande senza Cornice dipin-tovi la Madonna col Puttino 4. Angioli, è S. Nicolo di Tolentino è di sotto vie un’al-tro Quadro grande delle Sette Arti liberali del Prete Bergamasco (Evaristo Ba-schenis) con Cornice nera, e Oro intagliata.Sotto le scansie vi sono 2. Tavolini di Noce, sopra de quali vi sono due scanzie pie-ne di libri diversi, che ascenderanno al n.° di 100. è sotto vi sono doi Puttini di Pa-stumo, uno per banda.Sopra le due finestre vie un Paese di S. Giovanni Battista, è due teste di PastumoAdorate.Sopra l’uscio che và sotto il Portico vie un Paese grande mano di Camillo Procaci-no con S. Giovanni è il Signorino Incorniciato di nero col batente adorato, sotto dauna banda vi sono 2. Pietre nere dipintovi Cristo al Horto con Cornici nere, è Oro;dal altra parte vie un’S. Francesco con Cornici adorate, Dissegno di mano di Ca-millo (Procaccini), e più basso un Cavallo fatto a Oglio di mano di Daniele (Cre-spi), è in mezzo sopra un Tavolino dove scrivo, vi sono una mano di Ritratti di Pa-

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pa Cardinali è Principi che chiudono l’Uscio che và sopra il Portico. Sopra l’uscio dentro detto Gabinetto vie un’S. Francesco che viene dal Barozzo In-corniciato di noce, sotto il quale vie una Battagliola del Gierardino è vie attacatauna Balla di Vetro con dentro un’Grappo d’Uva, sopra l’Ante di detto // (f. 6r.)Uscio vi sono doi Paesini con Cornici Intagliate, et adorate del sudetto Girardino.Di qua, è di la in cima vi sono 2. Paesi grandi Incorniciati mano di Messere Pietrodel Sole, tramezzo de qualli vie per una parte il Ritratto del Cardinale Trivultio ma-no di Tobia, è dal altra quello del Principino Trivultio mano di Payno con sue Cor-niciSotto vi sono quattro Paesi del Giuiliano incorniciate di nero è fra quelli 2. TondiAdorati con dentro belle macchie di Cerano, e Morazone, sotto 2. Quadretti, è 4.Teste di Giesso Inargentate.Nella parte à mano sinistra vi sono prima una Concecione à Oglio senza Cornicimano del Perugino, di qua è di là doi Dissegni Incorniciati di nero, uno del Pelle-grino e l’altro d’Aurelio luino, è un’altro di Camillo (Procaccini) con sopra il Ve t r o ,più sotto vene sono altri 4. è frà questi uno di Camillo (Procaccini) pure con soprail Vetro, e sotto alli detti altri 4. ancora parte à Oglio, è uno di Camillo (Procaccini)tutti Incorniciati.Allà parte destra, vie il pensiero d’una Ancona fatta del Perugino alla Madalena in-corniciato di bianco, è di quà, è di là 2. dissegni, l’uno d’Aureglio Luino, è l’altro diFederico Zuccaro, che è la Crocifissione di S. Pietro incorniciati di nero, un Sene-ca svenato del lana, è più abasso uno di Camillo (Procaccini) col vetro, è un altro aOglio più à basso, è sotto 5. altri à Oglio incorniciati è fra questo uno di Camillo(Procaccini) in Ebano col Talco.Di qua, è di la delle finestre vi sono 2 Tondi di frutti Incorniciati di Noce di Mes-sere lorenzo, è più altri dissegni pure incorniciati, è sopra le scanzie molte bagat-telle. // (f. 6v.)Vi sono parimenti in detto Gabinetto picciole le Invetriate delle due finestre fattefare da me, è più doi scanni di Corame, è una sedia di Bulgaro.È nel Gabinetto grande, che m’ero scordato vi sono Una Tavola ovata in mezzo co’suoi Tapetti, Una sedia di Punti, è cinque scanni di Bulgaro è più l’Invetriate fatte fa -re da me.

Nella Cucina vi sono come segue.Due credenze, ma la migliore è di Prete Francesco Coscio, è sopra li scallini di quel-la vi sono molti Piatti di MaiolicaDue Tavole grandi, et una picciola con Cassetta et una Boffetta di Noce, una Pa-nera 3. sgabelle, alcune Cadreghe di lisca, et 3. sedie di Bulgaro. Doi Vestiroli, unoper il Pane, et l’altro per le cose comestibiliUn paro di Brandenali di ferro, due Cattene da fuoco, et altri ferri pure da fuoco.Tra piatti è Tondi di Peltro da libbre 80. in novanta Messori, Padelle, et altri Ut-tensigli di rame, compresovi li scaldaletti, è Caldari dà libbre 140. incirca

Nel altro Camerino contiguo.Un Vestaro grande di Pobbia, Due Caponiere, Spedi, Cavezzi, et altre masseritie, èparticolarmente un Mortaro di Pietra, et un Cesto con molta Maiolica è qualchequantità di Vetri.

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In GiardinoTre Piante de Naranzi una grande, è due picciole con suoi Cercchi di ferro alle sec-chie, è molti altri vasi di fiori, si come tutto il legname da me più volte rifatto // (f.7r.)

Nela mia Camera ove Dormo.Una lettiera di Noce Intagliata, et adorata nelle fascie ha per Cielo un Quadro àGuazzo, di un Christo al Horto, et il moschetto di seta di diversi colori assai frusto.Doi Mattarazzi, Piumazzo, è Pagliazzo, diversi Cossini di Penna, due Coperte di la-na, due Ogiorate, una Copertina d’Ormesino Celeste, et una bella Preponta con lefascie d’Ormesino giallo.Un Cassone di Noce antico, è una sedia di Bulgaro à capo il mio letto; Doi forzieridi Corame dorato et uno coperto di Bulgaro rosso.Un Vestaro dipinto di Celeste, sopra il quale vie un Busto di Giesso colorito al na-turale di S. Carlo, dentro detto Vestaro vi sono i miei Panni, Cioè Veste di roversodi fiorenza con doi feraioli, un’buono, è l’altro frusto; Una Veste di Camellotto conferaiolo di saglia di Milano, Doi feraioli di sarziglia ordinaria con sue Vesti, un fe-raiolo di sarziglia in saglia con alcune vesti puoco buone, Vestino di Tabè à onda as-sai frusto, ma il feraiolo compagno è buono, un’altro Vestino di Baietta frusto ma ilferaiolo compagno è buono; Calzoni di Panno d’Olanda, è di Camellotto, alcuniCorpetti di raso Calzette di setta di fillisello, è di stame, dà 8. hò 9. para in tutto trafruste è buone, Un Pelizotto et una Zimara di peluzzo buona.Vie un Tavolino con sopra un Tapete verde, è un scrittorio pur verde con friso d’O-ro sopra il quale vie una Pietà di rilievo colorita con sua Cassa, è sopra a quella // (f.7 v.) un Crocefisso con Croce dorata, che ha attaccato un S. Carlo sopra il rame, cheha l’Indulgenza di detto santo.La stanza è Tappezzata di Arazzi di Fiandra vecchi fatt’à fiori, è vi sono li seguentiQuadri. Prima sopra l’Uscio una madonna al naturale con doi Putini, è doie An-gioli, Il mio Ritratto sù l’Asse di mano di Monsù Payno, Una Santa Teresa di miamano (Flaminio Pasqualini), una mezza figura del Tentoretto, un’ritratto del Prin-cipe Hercole Trivultio che mi mandò da Codogno, 2. altri ritratti, una Femina in-corniciata, un’Presepio et una S. Catterina a guazzo, è a Capo il letto alcuni Qua-dretti.Nelli antedetti forzieri, vi sono in uno Camise 24. di rento, ma quasi tutte fruste, èdi tella ordinaria 7. buone 8. para di sottocalzoni, è nel Scrittorio vi sono 4 Camise dirento nove, è fodrette tra soglie è lavorate para 8.Nel altro forziero vi sono Ccompresi li 3. para che sono ne letti lenzoli para 10.buoni, è 2. para frusti, due cotte di rento, et due di Filladino belleNel forziere di mezzo Tovaglie 2. lunghe, è belle, è più d’altra sorte trà sottilei, ègrosse n.o 8. salviette grosse n.o 11. sugamani 12., et altri frusti; Panni da Testa bel-li è da 36. mantini, et un Moschetto lungo di Tella busa bianco con coperta, è To r-naletto

Nella Camera contigua alla mia.Una lettiera di Noce intagliata et adorata, con suo Pagliazzo doi mattarazzi è Co-perte; Un Tavolino hò boffetta di noce con sopra una Crocefisso adorato con Pie-de di Marmo. Atorno la Camera vi sono 8. hò dieci quadri di non molto valore.Casse di Noce numero trè // (f. 8r.) che in una vi sono dei miei vestiti, è nell’altre al-

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cune robbe che non son mie, cioè due Portiere di raso cremesi, è giallo. 4. pezzi dirasetto, 8. hò 9. pezzi di Tappezeria d’Ormesino verde, è Cremesi.Vie un Tavolino di noce con sopra una Cassettina di Cipresso

Nel altra contigua che serve per DispensaUn Burattone Una lettiera da Cavalletti con sopra un Pagliazzo, mattarazzo, è Co-perta puochi buoni, et una Cassa di noce; è più una Cassa lunga dove si tengono leCoperte, è un’altra Cassa con doi fondiNel ultimo Camera vie una lettiera di Noce con fascie, è Pomi dorati con sopra unaPagliazzo

Sopra il PorticoVie un Cassone dove si tiene la farina è un’altra cassa frusta, due Città stampate co-lorite è Incorniciate, et altre Carte in Tellaro, è il Ritratto del Duca Alfonso Capu-zino

Nella Camera lunga à mezza scallaVie una lettiera con sopra un Moschetto fillo, è lana una Tavola con sopra un Ta-peto, è un Coffanino una Cassa di Noce, è una sedia di Bulgaro; è li Quadretti chevi sono atorno, fuori delli grandi sono dell’eredità del quondam Signore MicheleMonforte, è in consequenza di Suor Angiola michela Monaca in Santa Catterina laChiusa.Nel scrittorio di Punti in salla vi sono dentro una quantità di medaglie Antiche fràqualli alcune d’Argento.Sopra un Tavolino nel mio Studio vi sono l’Historie del Coiro che sono del SantoVittor di Milano, che se non le havessi restituite se le diano. // (f. 8v.)Nel mio scrittorio nella Camera dove dormo, hò pure nel Cassone appresso il mioletto vi saranno dieci Cucchiari d’Argento con sue forzine 4. Coltelli col manico purd’Argento è nero, un sallino, et una fruttiera sovata pure d’Argento 3. Annellid’Oro in uno de qualli vie un Ametisto orato nell’altro un Giacinto, è nel 3.o unaCorniola con sopra un Crocefisso che hà l’Indulgenza de 5. Santi. E più una mostradi Horologio con sua Cassa di Tartaruga che fù di Papa Inocenzio X.o stimata assaiper la sua bontà.Hora sopra il mio letto vie un Moschetto quadro rigato Gialdo, è Canellino di seta,è lanna con sua Coperta, ma questa è assai frusta, è Tornaletto che mi lasciò miaCugnata, è per che di presente faccio fare una Alcova à basso in Capo della Salla,può essere che in queste mutationi si varia l’Ordine che di sopra hò tenuto, ma piùtosto vi si aggiongerà che sminuire cosa alcuna delle sudette.Io Flaminio Pasqualini Canonico di S. Steffano in Broglio di Milano, hò fatto il su-detto Inventario.

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60 - Giovan Pietro Lasagna (su modello del Cerano): ‘Sant’Elena’Milano, sulla colonna detta di San Senatore di fronte a San Paolo al Corso

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61 - Primo foglio dell’inventario dei beni mobili di Flaminio Pasqualini datato 16 febbraio 1672inserito in un atto del 3 marzo 1672. Milano, Archivio di Stato, Notarile, Giovan To m m a s oBuzzi, 33054, 3 marzo 1672 (Aut. n. 3129/IX.5.2)

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62 - Daniele Crespi (?): ‘Flagellazione di Cristo adorata dai Santi Benedetto, Francesco e CarloBorromeo’ Novara, Museo Civico

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63 - Ludovico Lana: ‘ Seneca svenato’Volterra, Fondazione Cassa di Risparmio di Volterra, collezione Mino Rosi