Art&Co 2010 curated by fondazione march

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Marsilio

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Marsilio

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Villa Contarini, Piazzola sul Brenta, Padova23 aprile – 27 giugno 2010

in collaborazione con

Progetto e mostra a cura di fondazione march

presidente e direttore Silvia Ferri de Lazara

coordinamento e curatelaCaterina BenvegnùGiulia d’Amaro ValleChiara De CristanGiulia Ongaro

segreteria organizzativa Valentina DanieliStefano Volpato

curatrice progetto Adecco e AIDPTea Gualdo – le 5venice

progetto di allestimento e consulenza graficaSignaletic srl

realizzazione grafica e strutturale allestimento Centro Copie BerchetSchiavon Arredamenti

ufficio stampaStudio Esseci di Sergio Campagnolo

in collaborazione con

partner di progetto

eventi collateraliArt & Co. Appuntamenti in azienda:

SouvenirsClaudia RossiniMurmuringMaddalena Fragnito De GiorgioInaugurazione di Wine, spazio tra arte e vino. Interventi d’artistaAzienda Agricola Massimago

Metodo Walden. Capitolo #1 primaveraEttore FaviniPresentazione del progetto Green Guerrilla e incontro con l’artistaValcucine SpaIntervento di maquillage urbano a cura di Deisa Centazzo

Via dei matti numero 0. L’abitare ai bambiniAnna GaltarossaLaboratorio in collaborazione con Anna Galtarossa, Mauro Biffaro e scuole dell’Alta PadovanaConferenza aperta di Anna Galtarossa e Mauro BiffaroLago Spa

L’arte dentro la fabbrica, la fabbrica dentro l’arte. Creare valore con le personeErica Anesi, Melina Mulas, Paola PrestiniGPS Spa

partner tecnicimain partner

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catalogo a cura di fondazione march

crediti fotograficiMichael Fliri:Courtesy Bernd Christandl.Anna Galtarossa: © Oke & Linda Shannon, © Bushmaster, © Kyryl, © Kevin Cyr, © Aiace Telamonio, © 2009 Art Shanty Projects, © Jsome1 on Flickr, © 2005 Walt Disney Pictures, © Costo, © Stancrandall, © Willowbrook Nurseries Inc, © Bayerische Schlasserverwaltung, © Suzanne’s Art House, © Phototouring all rights reserved, © Marcia Johnston all rights reserved, © Norman McClaren, © Manfred Werner, © Archi712. Mariko Mori: © Marco Della Torre

copertina Signaletic S.r.l.

si ringraziaLoris Casadei, Marco Trevisan, Andreas Marin, Mauro Gentile, Massimo Losio, Teresa Guglielmi, Fabio Fedrigo, Igor Cavion, Matteo Mason, Gary Stangherlin, Antonella Berruti, Francesca Pennone, Daniele Lago, Rosanna Lago, Diego Paccagnella, Gabriele Centazzo, Deisa Centazzo, Daniele Prosdocimo, Carlo e Camilla Rossi Chauvenet, Fabio Friso, Luca Vignaga, Elisa Rando, Silvia Zanella, Anna Gionfriddo, Daniele Grotto, Elena e Diego Iachemet, Gaetano Ferrari, Ugo Vecchiato, Filiberto Zovico, Rossella Florean, Paolo Fontana,Filtessil Snc, FILMOP Srl, Nova-plast

© 2010 by Marsilio Editori® Spa in Venezia

prima edizione aprile 2010www.marsilioeditori.it

isbn 978-88-317-0000

StampaNome tipografia per conto di Marsilio Editori® Spa in Venezia

Senza regolare autorizzazione è vietata la riproduzione, anche parziale o a uso interno didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia

Indice

Art&Co. Opere tra arte e impresaSilvia Ferri de Lazara

Anila Rubiku

Claudia Rossini

Maddalena Fragnito De Giorgio

Mariko Mori

Akira Arita

Charlotte Mumm

Michael Fliri

Luca Trevisani

Ettore Favini

Anna Galtarossa

Erica Anesi

Paola Prestini

Melina Mulas

Etimologia di un’immagineChiara De Cristan

La zona sfocataGiulia Ongaro

Diario di un immaginarioCaterina Benvegnù

Come realizzare la casa dei sogni in quattro semplici mosseGiulia d’Amaro Valle

IN TO. Silenzio prodigiosoTea Gualdo

Le aziende

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A Piazzola sul Brenta, a pochi chilometri da Padova e da Vicenza, sorge Villa Contarini – Fondazione G.E. Ghirardi, risalente al xVi secolo. Essa rappresenta uno di quei celebri esempi di dimora patrizia che hanno contribuito a creare la cosiddetta «civiltà della villa veneta». Tali ambienti, edificati e pensati da architetti di grande spessore culturale (si pensi solo ad Andrea Palladio, non estraneo all’ideazione della villa di Piaz-zola), inglobavano diversi piani di fruizione: furono sedi di rappresentanza, in particolare per celebrare i fasti della Repubblica Serenissima e delle famiglie nobili a lei fedeli, luoghi decorati ad arte per feste e conviti intellettuali, ma anche avamposti per il governo del territorio ai fini dello sviluppo della prima imprenditoria agricola e industriale.La villa, ideata per la famiglia Contarini, tra le più celebri nella genealogia veneziana, corrisponde in pieno a questa tipologia architettonica. L’anno di edificazione della “reggia” di Piazzola, così definita per la gran-diosità – tale da farla annoverare tra le residenze più vaste d’Europa – non può essere fissato in una data precisa a causa dei molti ampliamenti e suc-cessivi rifacimenti. il corpo centrale fu realizzato, con molta probabilità, sulle fondamenta del castello dei Da Carrara nel 1546 su disegno del gran-de Palladio.Nella seconda metà del Seicento, per opera di Marco Contarini, il palazzo raggiunse quelle caratteristiche di complessità e sfarzosità architetto-nica che lo distinguono. All’interno del corpo centrale dell’edificio parti colarmente famosa è la sala dell’au-ditorio. Recinta a metà altezza da un curvo ballatoio, comunica al centro, per mezzo di un’apertura ottagonale, con la sovrastante sala della musica detta «della chitarra rovesciata».L’imponente complesso architettonico è circondato da un ampio parco all’in-glese con lago, peschiere e canali, che costituisce una rara oasi di tranquillità e di protezione avifaunistica.Nel 1970, dopo un periodo di abban-dono risalente agli anni che segui-rono l’ultimo conflitto mondiale, la “reggia” di Piazzola, completamente restaurata, divenne centro di cultura e di scienza, sede prestigiosa in cui or-ganizzare simposi, congressi sulle più diverse discipline scientifiche unita-mente a mostre d’arte, di artigianato, concerti e altre manifestazioni. La villa è stata acquisita nel 2005 dalla Regione del Veneto, attualmente impegnata in un’importante cam-pagna di valorizzazione di questo rilevante patrimonio culturale. Accanto alle consuete attività volte a far conoscere l’intero complesso architettonico e paesaggistico e il suo ricco apparato decorativo, attraverso visite guidate e attività educative, l’impegno alla valorizzazione della villa si concretizza anche nel vedere in essa non solo un museo di se stessa, ma un suggestivo luogo della contemporaneità in cui allestire esposizioni d’arte di interesse regionale e nazionale.

Regione del VenetoVilla Contarini Fondazione G.E. Ghirardi

Il Festival delle Città Impresa è un grande incontro di idee e di esperienze, istituito per ragionare sul come dare forza al domani, utilizzando il motore più potente che si conosca: la cultura.Anche questa terza edizione, ideata e organizzata da Nordesteuropa Editore e dal «Corriere della Sera», dal 21 al 25 aprile, ha attraversato tre regioni, Trentino, Veneto e Friuli Venezia-Giulia, e set-te comuni (Rovereto, Schio, Comuni del Camposampierese, Asolo e Montebelluna, Vittorio Veneto, Maniago, e Campoformido, Reana del Rojale e Tavagnacco).Si sono avvicendati più di 300 relatori: premi Nobel, economisti, politici, studiosi, imprenditori, ma anche urbanisti, filosofi, artisti. Da Jaques Attalì a Michael Spence, da Chris Anderson a Jimmy Wa-les, da Michelangelo Pistoletto a Marco Paolini, da Marco Bellocchio a Carlo Mazzacurati, da Ales-sandro Profumo a Cesare Romiti… impossibile fare un elenco. Tutti a ragionare intorno a uno slogan – «La cultura ci fa ricchi» – in cui la cultura non è solo quella legata alle arti e la ricchezza non è solo un fatto personale, di accrescimento individuale, ma ha anche un valore economico e naturalmente sociale. Tutto questo a sostanziare un progetto ancora più ambizioso, ovvero la candidatura del Nordest a Capitale Europea della Cultura per il 2019. Un grande evento che vuole dare nuove straordinarie op-portunità a tutto il territorio e che coinvolge molti degli aspetti che lo caratterizzano, dalle bellezze culturali al turismo, all’accoglienza, alla possibilità di realizzare nuove opere pubbliche, dare nuovi volti al contesto urbano, offrire nuove opportunità alle aziende.Sono state un centinaio le organizzazioni, gli enti, le fondazioni e le associazioni che hanno collabo-rato alla realizzazione del Festival delle Città Impresa e, proprio tra queste, si è inserita la collabo-razione con fondazione march e AIDP. Pensare all’arte contemporanea come un mezzo concreto di innovazione, un linguaggio che rappre-senta l’oggi e che anticipa gli umori e le tendenze del futuro, ci ha attratto molto. L’identificazione di uno stimolo importante e non convenzionale per offrire uno strumento reale alle persone e alle aziende è stato probabilmente l’elemento che ha portato Lago, Massimago, Technogel Italia, Val-cucine e GPSpackaging ad aprire le porte degli stabilimenti e degli show room, avvicinando i loro prodotti ad artisti che ne hanno rivisto le materie prime, le relazioni, la comunicazione. Sovrapporre, disfare, ricomporre, rivedere con codici diversi come se proprio l’accelerazione dei tempi e delle situazioni ci obbligasse continuamente a una tensione verso modelli nuovi. L’attualità assoluta di Art&Co. ha contribuito al tentativo del Festival delle Città Impresa di raccon-tare come tutto il Nordest stia velocemente cambiando volto, si stia riposizionando come rinnovato laboratorio del nuovo nel Vecchio Continente, stia trovando la linfa del cambiamento proprio nella specificità culturale. E l’arte contemporanea? Un’opportunità, per chi la sa cogliere.

Filiberto ZovicoDirettore generale Festival delle Città Impresa e Nordesteuropa

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«La percezione comporta partecipazione» Antoni Muntadas

fondazione march non nasce per promuovere una collezione esistente, né per onorare qualcuno e nemme-no per motivi fiscali. La nostra mission sta nei nostri 12 nomi (opera pensata dall’artista inglese Jonathan Monk) che cambiano con lo scorrere dei mesi dell’anno, idea che mira a decostruire il concetto di fon-dazione solitamente percepito come qualcosa di statico e di rigido, incapace di essere un meccanismo mobile, orizzontale e in costante divenire. il nostro core è attivare le funzioni di speculazione del cervello, la nostra è “un’economia simbolica” che produce ricchezza culturale non soltanto attraverso il denaro, ma in virtù di un dibattito e di uno scambio di idee.Una mission, anzi, una missione, che esige passione e fede. Sin dall’inizio fondazione march nasce con una predisposizione a collabora-re con le imprese, in primis per un motivo territoriale: siamo nel mi-tico Nordest dove, come dice Gian Antonio Stella nel suo Schei, ci sono «cittadine con una impresa ogni due abitanti e depositi in banca che sono quattro volte la media» (G.A. Stella, Schei, Milano 2000, p. 46), e inoltre perché crediamo che la cultura sia la materia prima per le imprese.Oggi l’impegno “etico” di un’impre-sa sta entrando direttamente nella cosiddetta catena del valore, prospet-tando così l’utilizzo di nuovi percorsi e leve competitive, coerenti con uno “sviluppo sostenibile” per la colletti-vità. All’interno del mercato globale e locale, le imprese non hanno, infatti, un’esistenza a sé stante, ma sono enti che vivono e agiscono in un tessuto sociale che comprende vari sog-getti, tra cui spicca sicuramente una società civile molto attenta all’operato imprenditoriale. L’impresa partecipa, così, a pieno titolo alla crescita del paese. Come afferma Adriana Polveroni: «Le aziende più sofisticate e consapevoli delle nuove dinamiche socia-li hanno non soltanto compreso, ma quasi ingegnerizzato il corto-circuito, facendo diventare la cultural connection un elemento centrale del proprio pensiero strategico e del proprio capitale organizzativo. È per questo che si assiste oggi a un massiccio e radicale passaggio dalle forme tardo-mecenatistiche della sponsorizzazione culturale fine a sé stessa a un atteggiamento sempre più partecipe e progettualmente orientato»(A. Polveroni, Lo Sboom, Milano 2009, p. 113). L’arte e la creatività sono uno strumento prezioso per valorizzare in chiave innovativa lavorazioni tecni-che, per portare allo sviluppo di nuove linee di prodotto e di un modo originale di comunicarlo, per modi-ficare gli spazi aziendali e cambiare le relazioni interne. L’esperienza della creatività diventa un’occasione per ripensare i propri valori e la propria mission.«Art&Co. opere tra arte e impresa», mostra come la progettualità condivisa e il problem solving creativo possano aprire scenari inaspettati. C’è solo un ostacolo da superare: il rischio del nuovo.Chi ha paura dell’arte contemporanea?BUUUUU!

Silvia Ferri de LazaraPresidente e direttrice fondazione march

Perché l’arte in fabbrica, oggi?Se la creazione artistica non è un evento solitario, delegato a un artista, ma il prodotto di un luogo, l’officina e la fabbrica sono la scena teatrale naturale. i grandi artisti sono infatti “operai dell’arte” che dialogano provo-catoriamente con il territorio assorbendone suggestioni e influenze. Da qui l’idea di far vivere all’interno del-la GPS di Schio, importante realtà industriale, la fabbrica attraverso l’opera di un’artista come Erica Anesi.

Perché la bellezza, quindi?Perché la bellezza è armonia e serenità. Se tutto partisse dalla bellezza, tutto funzionerebbe più semplicemen-te perché la bellezza influisce sulle persone generando un riflusso positivo: un’opera d’arte, un prodotto o un servizio portano alla serenità, alla profittabilità. La bellezza non si ostenta, è gratuita, si mostra da sé. Bisogna, però, essere abituati alla bellezza, per ricavarne il codice segreto e poterla riconoscere. Che differenza c’è nello svolgere un lavoro e renderlo bello anziché renderlo/lasciarlo brutto? Nessuna, infatti, lo sforzo è minimo, mentre il risultato è nettamente superiore. Siamo portati a pensare che la bellezza applicata al mondo produt-tivo sia un tema che riguardi esclusivamente il fashion. La realtà ci dice che ogni attività umana di trasforma-zione intreccia i volti della bellezza: l’effimero e il concreto, l’esteriorità con l’interiorità, la bellezza elaborata e abbondante con quella essenziale e povera. Come AiDP Triveneto, la più diffusa hR community del Nordest, siamo convinti che la bellezza e l’arte possano “cambiare” il nostro mondo perché con esse si può essere più efficienti: nel lavoro, in famiglia, nella scuola, nelle istituzioni.

Perché il Nordest, adesso?il territorio del Nordest si è sempre saputo contraddistinguere per la capacità di “fare” tutta veneta at-traverso l’intuizione, la caparbietà e la perizia. Negli ultimi decenni, infatti, quasi a ostentare una rag-giunta emancipazione culturale, oltre che un livello mai sperimentato prima di benessere economico, nel Triveneto abbiamo assistito alla realizzazione di edifici industriali “belli” dove design, sostenibilità e comfort non li fanno nemmeno più sembrare luoghi di lavoro, ma espressione artistica di per sé. L’idea che attraversa l’iniziativa promossa da AiDP Triveneto nella cornice del Festival Città impresa è fare-vedere-toccare l’arte dentro la fabbrica/la fabbrica dentro l’arte attraverso la realizzazione di una istallazione che unisca più forme espressive.

Perché aidp Triveneto, pertanto?Come AiDP Triveneto, cioè un insieme di persone che lavorano con e per le persone, siamo lieti di aver sognato, creduto e realizzato questo progetto, perché riteniamo che la bellezza possa rilanciare il nostro modello socio-economico verso una nuova dimensione, perché si può essere più efficienti, più sicuri, più rispettosi verso gli altri e l’ambiente che ci ospita. Stare bene, insomma, prima di tutto, con noi stessi.il 22 aprile, a Schio, si è svolto il vernissage dell’opera, e un confronto su questi temi con alcuni colleghi e imprenditori coordinati dal giornalista Walter Passerini, preceduti da una lectio magistralis del professor Enzo Spaltro. Dopo il 22 aprile, l’opera di Erica Anesi viene esposta in una collettiva con altri artisti che, sempre all’interno del Festival, hanno dato inizio questo fil rouge.

Luca Vignaga Fabio FrisoPresidente aidP Triveneto Coordinatore progetto aidP Triveneto

Porsche Italia da molti anni promuove od organizza eventi che in varie forme, dalla mostra alla sfida letteraria, diventano spesso trampolino di lancio per talenti non ancora espressi o conosciuti. Così è stato per Maurizio De Giovanni, vincitore della prima edizione di «Tiro Rapido» (gara di scrittura sul genere noir), diventato autore affermato proprio con il personaggio nato durante la selezione di Napoli; così è accaduto ad alcuni componenti delle band che hanno partecipato al concorso Porsche «Live Giovani e Jazz» nel 2002.Una vocazione dell’impresa come talent scout? No, solo il desiderio di valorizzare in modo signifi-cativo e originale la triangolazione tra cultura, territorio e impresa. Un’impresa che non solo offre servizi o produce, ma che si rivolge alla comunità che la ospita restituendo valori culturali sottofor-ma di opportunità di incontro su vari temi.Temi poi, soprattutto per Porsche, riconducibili alla passione, al desiderio di scoprire nuovi oriz-zonti, di trovare nuovi stimoli, mantenendo però fede alla propria tradizione. Temi che sono nel dna dei clienti Porsche. Clienti, spesso imprenditori che possono a loro volta cogliere le idee e le provo-cazioni di Porsche Italia, e riproporle nelle loro stesse aziende, dando origine a un domino culturale molto positivo per la collettività che li ospita.Porsche Italia, tenendo fede al suo impegno nel supporto e nella diffusione dell’arte e della cultura, sceglie dunque di sostenere fondazione march nella realizzazione di Art&Co. per il Festival delle Città Impresa; con lo scopo inoltre di far crescere l’impegno etico dell’impresa nel suo rapporto con la creatività.

Loris CasadeiDirettore generale Porsche Italia

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Art&Co. è un progetto di fondazione march nato con il supporto di Porsche italia, che da tempo promuove progetti culturali in sinergia con il mondo imprenditoriale, oltre che di Adecco e di AiDP che, operando nel settore delle risorse umane, mirano a promuovere giovani artisti e a favorire la creatività all’interno del territorio azienda. il Festival delle Città impresa che ospita Art&Co. crea una piattaforma culturale dove le discussioni teoriche si arricchiscono di progetti visivi e offrono un ampio panorama di casi concreti.Art&Co. si pone l’obiettivo di mettere in relazione arte, territorio e impre-sa, mostrando le possibilità di sviluppo del concetto di innovazione; mira inoltre a coinvolgere diverse realtà di tutto il Nordest sviluppando nuo-ve sinergie e dimostrando come la creatività possa coinvolgere qualsiasi campo. Le singole opere d’arte raccontano come si possano innovare il prodotto, lo spazio, il clima e la filosofia aziendale. Punti di forza del progetto sono la partnership con le imprese selezionate, che condividono la progettua-lità con la cultura e il contemporaneo, e la duplice sede di Art&Co. che si sviluppa sia all’interno delle aziende coinvolte sia nella prestigiosa sede di Villa Contarini. Art&Co. raccoglie dunque i risultati di cinque progetti d’arte contempo-ranea, nati dalla relazione con altrettante aziende. Valcucine, Technogel, Massimago, Lago e GPS Packaging si sono messe in gioco confrontandosi con i linguaggi espressivi di diversi artisti. Massimago, azienda vitivinicola, si apre ai linguaggi dell’arte e, grazie a un confronto con Carlo e Camilla Rossi Chauvenet, vuole sviluppare l’idea di un vino pregiato, oltre che per i suoi aromi e profumi, anche per la sua natura di connettore di relazioni e di veicolo di messaggi. il progetto Sou-venirs di Claudia Rossini pensato per Art&Co. va a indagare i luoghi, i le-gami, le relazioni e le passioni che muovono e rendono possibile la realtà di Massimago raccontata attraverso la fotografia e le parole. Oltre a una narrazione articolata attraverso una serie di fotografie, vengono realizzate delle cartoline ricordo legate a Massimago. La serie di disegni Murmuring di Maddalena Fragnito De Giorgio inizia in-vece la prima edizione di etichette pensate ad hoc per le bottiglie di vino. Le impressioni della vita quotidiana, la tematica del lavoro, le regole dello spettacolo vengono tradotti in segno su carta attraverso un’ironia capace di destabilizzarne l’equilibrio. Valcucine è un’azienda che da sempre presta attenzione all’ambiente non limitandosi al rispetto delle leggi imposte, ma nasce dalla presa di co-scienza di una responsabilità sia della soddisfazione dei bisogni dell’uo-mo sia dello spazio che lo circonda. il progetto pensato per l’azienda pre-senta alcune opere dell’artista Ettore Favini, la cui ricerca si concentra principalmente sui temi della memoria, del paesaggio e del rapporto con l’ambiente. Metodo Walden. Capitolo #1 primavera è un’azione diretta nella natura. L’ar-

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ratista ha scelto un luogo urbano abbandonato dall’uomo, un luogo margi-nale di cui la natura si è riappropriata, che è diventato la sua abitazione per una settimana. Al suo interno, egli compie piccole azioni, documen-tandole. il lavoro risultante è una performance invisibile, una serie di im-magini e video e installazioni all’interno del luogo stesso, che la natura cancellerà nel tempo. inoltre, nello stesso periodo, altre azioni e interventi – con e nella natura – sono compiute dagli stessi dipendenti di Valcucine coordinati dall’artista e con l’intervento di maquillage urbano di Deisa Centazzo. Obiettivo: an-dare a rivalorizzare zone urbane agendo contro l’incuria delle aree verdi.Lago afferma la propria identità di marchio emergente nell’affollato sce-nario del design domestico, attraverso prodotti emozionanti e un’apertura alle contaminazioni tra arte e impresa. il prodotto Lago non è solo un og-getto funzionale, ma un contenitore di creatività e ironia. il progetto pre-sentato per l’azienda, dal titolo Via dei matti numero 0. L’abitare ai bambini, consiste in un workshop d’artista basato su materiali di riciclo provenien-ti dalla Lago e da alcune aziende dei dintorni, rivolto alle scuole prima-rie steineriane dei comuni dell’alta padovana. Anna Galtarossa, insieme all’esperienza di Mauro Biffaro e dei suoi assistenti, guida i bambini nella creazione della casa dei sogni, secondo i loro gusti e desideri. i manufatti realizzati in sede di workshop costituiscono un vero e proprio percorso alla scoperta dell’immaginario fanciullesco dell’abitare. L’arte dentro la fabbrica, la fabbrica dentro l’arte. Creare valore con le persone è un progetto realizzato grazie alla collaborazione di AiDP e Adecco con l’intento di promuovere e valorizzare la figura umana, sia essa un artista o un operatore d’azienda, attraverso un processo di dialogo, confronto e relazione che porti alla creazione di un oggetto, di un’opera d’arte. L’even-to si svolge all’interno di GPS Packaging, azienda che opera a livello in-ternazionale nella trasformazione della materia prima (carta e plastica) realizzando shopping bags e labels; esso viene vissuto all’interno dell’azien-da dalle maestranze stesse, rispettando la storia e la filosofia dell’azienda, durante lo svolgimento dell’attività lavorativa. Sono coinvolte tre artiste: una pittrice, Erica Anesi, che realizza un’opera tridimensionale, una com-positrice, Paola Prestini, che dà voce all’opera attraverso suoni, voci e ru-mori catturati in azienda e Melina Mulas, che trasferisce le sue immagini sui supporti grezzi raccolti in azienda.Per Technogel art Project, sezione dedicata ai progetti di arte contemporanea di Technogel italia, sono stati selezionati due progetti sviluppati nell’an-no corrente dagli artisti Luca Trevisani (O, 2010) e Michael Fliri (Untitled, 2010), oltre ad alcuni dei migliori progetti degli anni passati di Akira Ari-ta, Charlotte Mumm e Mariko Mori. il Technogel art Project è un visiting artist research che si propone di indagare attraverso il mezzo artistico le qualità del technogel® – materiale translucido, morbido al tatto e alla vi-sta – e soprattutto di far dialogare arte e scienza, apportando innovazione attraverso la creatività.

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Generalmente, i prodotti vengono pensati da addetti al settore molto specializzati e concentrati in un’unica direzione scientifica. Tuttavia, il pensiero d’artista è in grado di mettere in moto soluzioni e idee inusuali all’interno del processo produttivo e l’arte, giorno dopo giorno, conferma e rafforza la libertà di pensiero laterale e sul futuro. i cinque progetti dialogano dunque nella mostra a Villa Contarini, metten-do in luce le interazioni tra i linguaggi dell’arte contemporanea e le ricer-che proprie di ciascuna azienda, divenendo veicolo per la comprensione e l’attivazione di nuove dinamiche del territorio. Lo splendido contesto dei saloni affrescati della villa crea inoltre un appassionato dialogo tra storia e arte contemporanea.

Nasce a Durres in Albania nel 1970. Vive e lavora tra Milano e Tirana.Si diploma nel 1994 all’Accademia di Belle Arti a Tirana e nel 2000 all’Accademia di Brera a Milano. Vince periodi di residenze d’artista in Austria, Israele e Stati Uniti. Espone con personali e collettive in Italia e all’estero, in particolare in Germania nella galleria di Anita Beckers, alla XI Biennale Internazionale di Architettura di Venezia, alla I Biennale di Poznan in Polonia, alla Triennale d’Arte Echigo-Tsumari in Giappone e al Chelsea Art Museum di New York. Da ottobre a dicembre 2010 soggiornerà a Parigi presso la Résidence Internationale Aux Récollets.

Untitled, 2007, frasi su carta, un progetto per fondazione march

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Nasce a Piacenza nel 1986. Vive e lavora a Venezia.Diplomata in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia, frequenta il corso di laurea specialistica in Progettazione e produzione delle arti visive presso l’Università Iuav di Venezia.Tra le sue principali mostre: «In Between Arada Tra», MSGU Tophane-i Amire Culture Center, Istanbul; «Rodeo #9 - Post Vertigo Virgins», Palazzo Carminati, Venezia; «Real Presence 2009», MkM, Belgrado. La sua ricerca artistica si articola attraverso la raccolta di materiale fotografico e video, studiando la percezione del paesaggio inteso come rappresentazione delle dinamiche sociali.

Souvenirs, 2010, particolare, stampe digitali

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Nasce nel 1980 a Milano, dove vive e lavora.Frequenta la facoltà di scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e consegue un master in video d’animazione all’Universitat Pompeu Fabra di Barcellona.Ha vinto una residenza d’artista a Fabrica e negli Atelier della Fondazione Bevilacqua La Masa. Espone in Italia e all’estero. Collabora con Nova100 del «Il Sole 24 ore», con progetti e compagnie di teatro, con comitati per i diritti della donna e associazioni di promozione e produzione d’arte.Il suo lavoro sul disegno è fatto di osservazione, ironia e semplicità del segno. Sulla carta, come nella testa, fissa pensieri e riflessioni che si accumulano durante il giorno.

Murmuring, 2010, inchiostro su cartaCourtesy Perugi Artecontemporanea, Padova

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Nasce a Tokyo nel 1967.Vive e lavora tra New York e Tokyo.Si laurea in Fashion Design al Bunka Fashion College, Tokyo (1986-1988). Studia successivamente al Byam Shaw School of Art (1988-1989) e al Chelsea College, Londra (1989-1992). Nel 1992 inizia un programma di studio indipendente al Whitney Museum di New York. Ha partecipato a rassegne internazionali come la Biennale di Venezia e la Biennale di Lione e ha presentato mostre personali al Centre Pompidou di Parigi, alla Serpentine Gallery di Londra, al Museum of Contemporary Art di Chicago e alla Fondazione Prada a Milano. Il suo lavoro, sebbene basato su una profonda riflessione dedicata al significato del fare arte, esprime un forte senso di libertà nell’uso dei media e dell’immaginario caratteristico della sua generazione. Il linguaggio dell’artista è fondamentalmente radicato nell’osservazione attenta e nella profonda comprensione della società e della cultura giapponese.

Aliens, 2003, installazione in Technogel®, acrilico, alluminio gettato/fuso, magnesioCourtesy Pinchuk Art Center, Kiev e Deitch Projects, New York

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Nasce a Osaka in Giappone nel 1947. Vive e lavora a New York.Frequenta la Rhode Island School of Design a Providence. Realizza mostre personali e collettive tra Stati Uniti e Giappone. Nel 1991 vince il Japanese Grand Prix for the Arts. Le sue opere fanno parte di collezioni pubbliche e aziendali (tra gli altri, ARCO Los Angeles CA, Kahitsukan – Kyoto Museum of Contemporary Art, Mobil Oil Corporation New York, Dow Jones & Co. New York). La sua ricerca parte dalla pittura fino ad arrivare recentemente alla scultura.

Cube 2, 2009, scultura in Technogel®

Nasce a Georgsmarienhütte, in Germania nel 1980. Vive e lavora in Germania.Studia all’Accademia di Belle Arti di Kassel (Germania) dal 2000 al 2007, trascorrendo un anno in Cina all’Istituto di Belle Arti a Chongqing. Realizza mostre personali prevalentemente in Germania (l’ultima dal titolo «but you are beautiful – that compensates for your laziness», presso la galleria Tanit di Monaco), ma anche in Italia, Cina, Serbia e Olanda. L’artista sviluppa un immaginario molto personale, che non dà luogo a interpretazioni preconcette, ma si apre a una nuova visione tra figurazione e astrazione, sottolineando la qualità narrativa delle sue opere.

Talpa be, 2009, scultura in Technogel® e piombo

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Nasce in Alto Adige nel 1978. Vive e lavora a Vienna e in Italia. Studia all’Accademia di Belle Arti di Bologna, all’Akademie der Bildenden Künste di Monaco, in Germania, e in Norvegia alla Kunstadademiet Bergen. Nel 2008, la galleria Raffaella Cortese di Milano gli dedica la mostra personale «Getting too old to die young». Nello stesso anno vince il premio Museion, per una borsa presso il Centre International d’Accueil et d’Echanges des Récollets della Dena Foundation for Contemporary Art di Parigi. Nel 2009 partecipa a esposizioni collettive come «Speranze & Dubbi. Arte giovane tra Italia e Libano» alla Fondazione Merz di Torino, «New Entries!» al Museion di Bolzano e «Fuori Centro» all’Hangar Bicocca di Milano. Realizza un progetto speciale per la Biennale di Mosca 2009, Ekaterina Foundation.

Untitled (test in azienda, modello realizzato da Igor Cavion), 2010, foto digitaleCourtesy Bernd Christandl

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Nasce a Verona nel 1979. Vive tra New York e Berlino. Nel 2003 si laurea in storia dell’arte a Bologna. Nel 2005 segue Matrisoka, un workshop con Tobias Rehberger alla Domus Academy di Milano e il Corso superiore di arti visive alla Fondazione Antonio Ratti di Como. Nel 2007 vince il premio Furla per l’Arte e la residenza d’artista alla Künstlerhaus Bethanien di Berlino. L’opera finalista è stata acquisita dal MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna. Tra le mostre più recenti: «NIMK / Montevideo», Amsterdam (2010), «Identity is a cloud», Museo Carlo Zauli di Faenza (2009), «The truth is that the truth changes», galleria Pinksummer di Genova (2009). Tra le aree di interesse dell’artista vi sono grafica e design, che egli manipola per costruire oggetti-opere che vivono e circolano in maniera diversa rispetto al normale sistema delle opere d’arte.

1. attrito, elaborazione grafica2. O, 2010, elaborazione grafica3. O, 2010, elaborazione grafica4. O, 2010, foto digitale5. O, 2010, foto digitaleCourtesy l’artista e Pinksummer contemporary art, Genova

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Nel 2007 ha vinto il prestigioso premio New York alla Columbia University di New York.Partecipa a numerose esposizioni in Italia e all’estero, «Greenwashing, Environment: Perils, Promises and Perplexities», Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, di Torino e nel 2007, sempre a Torino, a «This is the time (and this is the record of the time)», a cura di Simone Menegoi.Il suo lavoro si avvale di diversi materiali che spaziano dalla fotografia alla scultura. La sua riflessione verte principalmente su una concezione di tempo e sul tentativo di coglierne un aspetto di infinito. I suoi interventi sono organici, nel momento in cui non rimangono immutabili, ma cambiano nel tempo e nello spazio in cui si trovano a reagire.

Metodo Walden. Capitolo #1 primavera, 2010, foto a colori

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Anna GaltarossaNasce a Bussolengo (Verona) nel 1975. Vive e lavora tra San Pietro in Cariano e New York. Studia nel corso di Alberto Garutti all’Accademia di Belle Arti di Brera e al Corso superiore di arti visive della Fondazione Ratti con Haim Steinbach. Lavora con la galleria Spencer Brownstone di New York, dove nel 2004 ha realizzato la sua prima personale e pubblicato il suo primo libro City. Dal 2007 collabora con l’artista argentino Daniel González nei progetti Chili Moon Town Tour, galleggiante e itinerante città dei sogni; e Homeless Rocket With Chandeliers, una gru di 30 metri, utilizzata quotidianamente a Lambrate. Nel 2008 partecipa alla seconda Triennale di Torino curata da Daniel Birnbaum.

Immagini raccolte dall’artista per il workshop Via dei matti numero 0. L’abitare ai bambini

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esi Nasce a Trento. Vive e lavora tra Padova e New York.

Il forte legame con la tradizione dello spazialismo italiano e con le correnti prettamente statunitensi come l’Action Painting e l’informale caratterizzano la sua opera con la presenza della “materia” in cui la scelta dei materiali è essenziale fonte di ispirazione, che, dal colore a olio allo scarto di lavorazione industriale, porta l’artista a prendere possesso in modo lucido dello spazio. L’ambiente culturale newyorkese rafforza questa ricerca nel progetto Sounds all’interno del gruppo VisionIntoArt al Whitney Museum of American Art. Tra le sue principali mostre «Erica Anesi. La materia di un mondo emozionale», 2009, presso la villa Valmarana ai Nani di Vicenza.

I/O, 2010, particolare installazione modulare tecnica mista

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Nasce a Trento, vive e lavora a New York. Compositrice italo-americana, laureata alla Julliard School, è direttore co-fondatore di VisionIntoArt (VIA) al Whitney Museum di New York. Le sue composizioni sono state commissionate dalla Carnegie Hall, dal Concert Artists Guild, da WNYC e dai Kronos Quartet e rappresentate alla Carnegie Zankel Hall, al Whitney Live, al The Stone e al Joes Pub di New York. Ha composto colonne sonore per numerosi film presentati al Sundance Film Festival e al Festival del cinema di Austin; ha insegnato e creato programmi per l’American Composers Orchestra e per la New York Philharmonic. La sua nuova opera viene eseguita dalla New York City Opera.

I/O, 2010, installazione sonora

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Nasce a Milano nel 1960, dove vive e lavora. Figlia d’arte si è formata a Milano, Parigi e New York. Lavora nell’ambito della fotografia di arte, architettura e teatro. Collabora con «Abitare», «Harper’s Bazaar», edizioni Condé Nast. Impegnata da anni in uno stretto dialogo con il Dalai Lama, ha di recente attratto l’attenzione nazionale con «Il terzo Occhio» (2005): mostra curata da Angela Vettese nella Galleria Civica di Modena. Nel 2006 prosegue l’esperienza nel mondo dell’arte contemporanea con Michelangelo Pistoletto e Cittadellarte Modena. Nel 2009 cura la collettiva «Clear Light» alla Galleria Parmeggiani di Reggio Emilia, presentando opere di 55 noti fotografi italiani in ricordo dei cinquant’anni di esilio del Dalai Lama.

GPS primo giorno, 2010, stampa su polietilene

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sguardo: ciò che ci permette di conoscere e di relazionarci con l’esterno.Lo sguardo ci permette di percepire, di comunicare e di interagire senza una vicinanza fisica con ciò che vediamo, attivando meccanismi di pensie-ro e creando un’azione critica.Chi guarda non rimane passivo davanti all’oggetto; la relazione con esso, anche se per un attimo, blocca qualsiasi altra azione e porta ad analizzare le sensazioni che l’oggetto stesso provoca.La visione critica di ciò che accade nella società contemporanea è ciò che anima la serie di disegni di Maddalena Fragnito De Giorgio: attraverso l’iro-nia ci spinge a osservarli per comprendere le loro diverse sfaccettature e significati.Attraverso lo sguardo gli occhi continuano a muoversi isolando e analiz-zando l’oggetto e ciò che sta accadendo, come in un’immagine catturata da uno scatto della macchina fotografica.Le fotografie di Claudia Rossini rappresentano una serie di sguardi che vo-gliono indagare e raccontare la storia e l’identità di un luogo, senza darne una visione chiara, ma in modo che i nostri occhi si attivino per definire ciò che stiamo guardando; un po’ come un voyeur che spia attraverso il buco della serratura, che identifica solo pochi elementi, ma che spinto dalla cu-riosità cerca di capire ciò che accade o potrebbe accadere.La percezione è soggettiva, ognuno di noi coglie dei particolari che altri non vedono. in questi due progetti si riattiva un’attenzione al dettaglio, a ciò che spesso passa inosservato e che si considera normale e per questo motivo non si vede. Lo sguardo diviene, così, curioso e indagatore; cerca di scoprire cosa c’è sotto, non si ferma all’apparenza, ricostruisce la storia e l’identità della realtà che ci circonda attivando nuove riflessioni.

gesto: ciò che caratterizza l’agire, rafforzandone il significato.il gesto è uno dei modi di comunicare del nostro corpo, il modo più im-mediato di incontro con l’inconscio dell’altra persona perché non mediato dall’analisi del cervello.il click dello scatto fotografico è il gesto che caratterizza l’opera di Clau-dia Rossini. La ripetitività del gesto, il ritagliare parti della realtà, la scelta dell’inquadratura sono il tramite che permette all’artista di narrare fram-menti di storia. il gesto del click, dell’immortalare e quindi del deconte-stualizzare l’oggetto permette di ottenere un’immagine diversa da come la percepiamo solitamente, immagine che interagisce e si relaziona in un modo nuovo con lo spettatore.Maddalena Fragnito De Giorgio traduce il suo gesto in segno su carta. Un segno pulito, uno schizzo, che esprime le sensazioni, le impressioni, i pen-sieri che l’hanno colpita permettendo alle sue idee di esprimersi attraverso l’azione della mano sul foglio.Due diverse espressioni che sembrano bloccare in un istante l’immagine e la sua rappresentazione, ma che in realtà aprono a nuove relazioni, scom-binando gli equilibri della normale percezione.

Una gestualità che mostra due sensibilità opposte, ma in un certo qual modo complementari: la ricerca e la rievocazione quasi romantica di luo-ghi e di storie da parte di Claudia Rossini e l’ironia dissacrante sull’attualità da parte di Maddalena Fragnito De Giorgio.Due progetti che si confrontano con tematiche diverse: la prima rivolta al ricordo, al rievocare ed evocare sensazioni e sogni, l’altra rivolta all’oggi, al confronto con la società e al convivere delle sue problematiche; le ar-tiste utilizzano due gestualità differenti, ma entrambe volte a cambiare l’equilibrio della percezione dell’osservatore, sollecitandolo a un confron-to dialettico.

memoria: facoltà di ritenere e riprodurre i pensieri.La memoria racchiude le esperienze ed è proprio attraverso le esperienze pregresse che l’uomo decide come relazionarsi e confrontarsi con le situa-zioni future. Si percepisce e si agisce anche in base a riferimenti del passato, che si ritrovano nella memoria. Qualsiasi azione, dalla più semplice e meccanica alla più complessa, è data dalla memoria, che determina così il nostro modo di muoverci e di pensare. il ricordo diviene un punto di intersezione tra la nostra interiorità, la perce-zione e la realtà esterna. La memoria ci permette di riprodurre l’esperienza passata e di renderla nuovamente attuale, aprendoci all’incontro con la re-altà odierna.Maddalena Fragnito De Giorgio recupera con il proprio ricordo aspetti del quotidiano da cui è stata colpita, elaborando – attraverso l’ironia dei suoi disegni – un pensiero su situazioni che spesso ricevono solo una lettura superficiale. L’ironia attiva un rapporto tra la propria realtà personale e la realtà che ci circonda, mette in luce aspetti della nostra società spesso normalizzati. Attraverso un segno semplice, a tutti riconoscibile, richiama l’attenzione sul significato degli avvenimenti e delle loro possibili conse-guenze. i disegni diventano quasi delle annotazioni; in questo modo le si-tuazioni rappresentate non vengono né scordate né banalizzate. Claudia Rossini indaga nei ricordi che costituiscono l’identità del luogo, an-ticamente chiamato Massimago, attraverso la narrazione. il racconto è da sempre la forma preferita per tramandare storie di imprese e di posti lontani, in quanto, anche se ciò che si narra non fa parte dell’esperienza personale, questo diviene comunque ricordo in chi lo ascolta. Attraverso la fotografia e le parole, Claudia Rossini tramanda un racconto, una storia, permettendo a chi segue la sua narrazione di arricchirla e di re-immaginarla.

spazio: dove si svolge l’azione, è il contesto nel quale si agisce e con cui si interagisce.Lo spazio è ciò che occupa il nostro corpo, è l’ambiente in cui ci si muove, è ciò che permette di essere e creare. Lo spazio si connota per il valore e per le necessità che noi proiettiamo in esso, traducendole in forme fisiche o mentali.

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Lo spazio è ritagliato dalla foto o dal foglio di carta ove prendono vita i pensieri e le rievocazioni di altri luoghi o non-luoghi. i luoghi del ricordo sono indagati nella serie Souvenirs attraverso partico-lari che possono suscitare in noi rimandi ad altri contesti. Lo spazio della cartolina è lo spazio tipicamente destinato al ricordo di un luogo. Claudia Rossini non vuole fermarsi alla rappresentazione del paesaggio puro, ma vuole ricercare e rappresentare le relazioni con questo e le dinamiche so-ciali che avvengono in tale spazio, provocando in noi curiosità e attivando la nostra immaginazione nel definirlo.il foglio di carta bianca si può considerare lo spazio dove potersi esprimere liberamente, dove dare sfogo alla nostra creatività, alle nostre sensazioni o annotare ciò che vogliamo ricordare. il foglio nella serie Murmuring è lo spazio che accoglie il disegno di Maddalena Fragnito De Giorgio, uno schizzo semplice che indaga la realtà contemporanea con la stessa velocità che la connota. i disegni provocano e rievocano aspetti della società non collocabili in un ambiente preciso, in quanto appartenenti alla globalità. il foglio rappresenta anche un non-luogo dove ognuno di noi può essere stato, permettendoci di vivere nuove provocazioni. serie: concatenazione di eventi o oggetti.il nostro agire sconta il ritmo del tempo e crea una successione di eventi o cose collegati tra loro. Ogni attimo o oggetto fa parte della serie e nello stesso tempo è autonomo, ha una sua durata e una sua caratteristica.Le fotografie cristallizzano luoghi e momenti. Ogni foto ha una propria in-dipendenza, ma nel momento in cui viene accostata alle altre crea nuove relazioni e dà vita a nuove percezioni. in Souvenirs ogni cartolina è l’evo-cazione di un ricordo attraverso l’immagine o la parola, ma collegata alle altre, apre a ulteriori prospettive che superano quanto una sola cartolina rappresenta.La serie di disegni ben esprime il concetto di Murmuring, cioè di brusio, mormorio dato dal commentare qualcosa che si presenta come un suono continuo, ma che allo stesso tempo è formato da singoli suoni. Ogni dise-gno affronta un aspetto del quotidiano, alla stregua di un commento a no-tizie di giornale, con l’intento di provocare la partecipazione critica dello spettatore, tanto da poter divenire “simbolo” di quel valore aggiunto che Massimago persegue.Questi due progetti permettono di leggere la multidimensionalità della re-altà attraverso forme che si concatenano, per attirare l’osservatore in uno spaesamento che trasforma lo sguardo e lo rende capace di vedere “oltre” lo spazio e le immagini presenti, nella dimensione che andrà a costituire una nuova memoria.

«La verità è come l’equilibrio, mutevole e viva, difficile, instabile. Noi siamo vivi e ci ridefiniamo di continuo: anche un corpo morto non è mai uguale a se stesso. io, me, il cosiddetto consorzio sociale, la legge morale dentro di me, e il cielo stellato sopra di noi. Le stelle non sono mai sempre allo stesso posto. Come minimo quello che vediamo nel cielo è successo circa otto minuti fa… Niente è stabile, noi cambiamo e la verità con noi: Veritas filia temporis». Luca Trevisani

«Di una trasformazione mi interessano le varie fasi, l’energia impiegata e il risultato di ogni mutamento. È come se fosse una zona sfocata, dove tutto diventa complesso e dove è difficile capire e classificare». Michael Fliri

La capacità dell’artista di aggiungere valore all’esperienza e alla ricerca è stata colta pienamente da Technogel italia, azienda che, a oggi, può vanta-re diverse collaborazioni con designer e artisti contemporanei. Essi hanno colto la sfida di innovare il prodotto aziendale suggerendo nuove possibili-tà di utilizzo dello stesso, ma anche di proporre l’azienda come strumento capace di infondere libertà di pensiero e di mettere in gioco l’umano come risorsa fondamentale e imprescindibile. Nei progetti in mostra, arte e scienza si incontrano e si scontrano fino a tro-vare un connubio armonioso capace di dare vita a risultati sorprendenti. aliens (2001), opera della giapponese Mariko Mori: sei alieni disposti su una base circolare sono connessi tra di loro mediante sensori magnetici na-scosti nelle loro mani e, attraverso l’interazione con il pubblico, realizzano il concetto di unione cosmica tanto caro all’artista. il materiale, scelto per le sue proprietà meccaniche ed estetiche capaci di suggerire immagini di un mondo ultraterreno1, diventa così strumento necessario e funzionale alla realizzazione del lavoro artistico. Seguono altre collaborazioni, come quella con Rachel Whiteread che pro-getta lo stampo di una maniglia di una porta (doorknob, 2003) e quella con l’artista tedesca Charlotte Mumm che realizza l’opera Talpa be (2009). La talpa è di piombo, estremamente pesante rispetto alle sue ridottissime pro-porzioni fisiche e si poggia su una montagna di Technogel® che si deforma per sostenere il peso. Un piccolo animale, dunque, che vive in un regno solitario e che segnala la sua presenza solo con dei cumuli di terra, lascian-do intendere l’esistenza di un mondo sotterraneo a noi invisibile. Ancora Akira Arita, artista giapponese con il quale l’azienda ha tessuto una col-laborazione che ha portato alla realizzazione di sculture cubiche di Tech-nogel® (Cube 1, Cube 2, Cube 3, 2009). in una sorta di puzzle componibile dalle forme geometriche il materiale mostra le sue qualità di permeabilità alla luce. Akira passa dalla pittura geometrica – che ha già in sé la terza di-mensione – alla scultura, interpretando cilindri, coni, cubi, piramidi e altri oggetti come singoli o come multipli, senza voler simboleggiare o alludere, ma semplicemente rappresentare le forme stesse.

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Dal 2009 l’azienda sviluppa con fondazione march il Technogel art Project, vi-siting artist research che prevede la realizzazione di un’opera d’arte di nuo-va produzione che utilizzi il materiale prodotto dall’azienda e rifletta su alcune tematiche d’interesse scientifico. La prima edizione vede la partecipazione dell’artista Luca Trevisani, che per l’occasione affronta il tema delle relazioni, dell’unione, della capacità e delle possibilità di comunicare.il progetto O (2010) nasce da una riflessione sulle compagnie telefoniche: tante linee collegate tra loro, ciascuna capace di partire da una stanza e col-legarla con il resto del mondo. Vengono indagate le potenzialità di questa tecnologia capace di metterci potenzialmente in contatto con chiunque, ovunque si trovi. Le linee vengono collegate l’una all’altra attraverso una semplice selezione di cifre, combinazioni numeriche che hanno il potere di emettere la comunicazione. Quest’idea di collegamento viene sviluppata nell’opera, che si basa su un modulo base di due mani, unite per i pollici e per gli indici. i moduli ven-gono uniti circolarmente e sovrapposti tra di loro fino a formare due tron-chi di cono inversi e posizionati uno sopra l’altro, secondo una sequenza di multipli di tre prima crescente e poi descrescente. L’opera è composta da 150 moduli secondo questa combinazione 2 × (3 + 4 + 5 + 6 + 7 + 8 + 9 + 10 +11 +12).La modularità è un principio di coesione, di sviluppo a-gerarchico di un collettivo. Elastico, espandibile, molle, perciò resistente e duraturo. L’unio-ne fa la forza: 1+1 = 3. Unire la mani in cerchio come in una seduta spiritica per unire energie singole in un lavoro di gruppo. io > me > noi. Unire le mani in cerchio come tante linee collegate tra di loro.Tutto il lavoro di Trevisani si basa sul fornire concetti base, strumenti, leve per muovere le cose con il rischio che tutto si sfaldi. Le idee servono per pensare e successivamente, con il tempo, devono maturare, tradursi in azione. L’artista ritiene che non si debbano temere le astrazioni anche se apparentemente possono sembrare insensate, perché sono un ottimo stru-mento con cui guardare il mondo. i processi che stanno dietro ciascuna delle sue opere appartengono a un universo complesso, stratificato e pieno di sfumature. i suoi lavori (per citare Walt disney, Manuale di archimede, Mi-lano 1973 e Man Ray, Obstacles) hanno dietro lunghe e articolate operazioni di ricerca, forse citazioni colte, tuttavia capaci di comunicare.«Bisogna parlare con le immagini, non con le immagini belle, ma con le immagini utili; non devono servire parole a sorreggerle, devono vivere da sole. Le parole sono la genealogia delle immagini e delle forme, che parlano da sole»2. Per il Technogel art Project 2010 viene scelto Michael Fliri, artista altoatesino che lavora con vari mezzi video, fotografia, performance. L’artista accoglie la sfida partendo da una personale ricerca sul tema dell’identità e della ma-schera. i travestimenti/maschere che si incontrano nei suoi lavori (per cita-re alcuni video, Come Out and Play with Me, Nice and Nicely done, Early One

Morning with Time To Waste), rappresentano l’esperienza di entrare in un altro personaggio e in un’altra esistenza. L’intento non è quello di camuffar-si per nascondere, ma di aprire possibilità, presentando nuovi personaggi poco definiti e poco strutturati che aiutano a mantenere uno sguardo inge-nuo sulla realtà3. il concetto di maschera che poi diventa volto, incontra le qualità tattili del Technogel®, la capacità di questo materiale di diventare una sorta di secon-da pelle, appesa, cadente, non uniforme, trasmettendo la sensazione di toc-care dei muscoli umani. La metamorfosi, intesa come possibilità di un cambiamento costante, porta a riflettere sul fatto che si può continuamente cambiare la propria identità ed entrare in altri personaggi. Giorgio Agamben, nel suo saggio Nudità, scrive: «il desiderio di essere riconosciuto dagli altri è inseparabile dall’essere umano […]. Non si tratta, infatti, semplicemente di soddisfazione o di amor proprio: piuttosto è soltanto attraverso il riconoscimento degli altri che l’uomo può costituirsi come persona. Persona significa in origine “maschera” ed è attraverso la maschera che l’individuo acquista un ruolo e un’identità sociale […]. La lotta per il riconoscimento è, dunque lotta per una maschera, ma questa maschera coincide con la “personalità” che la so-cietà riconosce a ogni individuo»4. La maschera dunque si confonde con l’identità, rispecchiata morfologica-mente in un volto che l’artista crea, ma poi deforma partendo dai tratti della propria fisionomia per arrivare a degli esseri quasi inumani. Le sembianze che si creano richiamano lo stereotipo del volto di un criminale: Michael Fliri parte dalle descrizioni tratte da fonti dell’Ottocento, che raccontano di questi studi al limite della follia e che vanno a riconoscere “scientificamen-te” nei criminali delle caratteristiche fisiognomiche comuni. Lo stereotipo dell’artista, visto come personaggio al di fuori della legge e del comune sen-so del vivere, viene smontato dalla combinazione dei caratteri criminali al volto dell’artista, che diventa anch’egli una sorta di criminale. L’installazione di queste maschere appese, pesanti e afflosciate, che ricor-dano la pelle di san Bartolomeo dipinta da Michelangelo nella Cappella Sistina, lavora sul concetto di astrazione, dando vita a diverse associazioni e interpretazioni.Riteniamo, sicuramente a torto, che per Michelangelo marmo o cera sareb-be stato lo stesso, forse la cera avrebbe semplificato le cose considerando che deduceva la forma dentro la materia, limitandosi a eliminare il super-fluo. Anche quando l’oppressione della materia si era fatta greve, come nel caso della Pietà Rondanini, Michelangelo riuscì comunque a rendere perce-pibile il vettore orientato sull’ascesa5.1 A. Sabiene, S. Suardi, Marco della Torre, design for art/il progetto per l’arte, Modena 2007, pp. 78-80.2 L. Trevisani, The Truth is That The Truth Changes, comunicato stampa 29 maggio 2009, galleria Pinksummer, Genova.3 Michael Fliri, intervista con Fabio Cavallucci, www.flashartonline.it, 270, 2008.4 G. Agamben, Nudità, Roma 2009, pp. 69-71.5 Trevisani, The Truth is That The Truth Changes, cit.

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giorno i. isolamentoLa decisione di vivere per sette giorni a stretto contatto con la natura nasce da un bisogno, quello di osservarla da vicino e carpirne le trasformazioni, le fasi di crescita e di declino, i silenzi e i rumori. La scelta è quella di abitare un luogo abbandonato, un edificio che è parte del paesaggio urbano, che lo caratterizza, ma al contempo lo rifugge: un ex cotonificio della periferia di Pordenone il cui stato di abbandono ha permesso alla natura di appropriar-sene, invadendone muri, stanze, porte. henry David Thoreau, nella primavera del 1845, si recò sulle rive del lago di Walden, a Concord, nel Massachusetts, dove visse in una capanna di legno per due anni, due mesi e due giorni. Qualche anno dopo nasce Walden, ovve-ro la vita nei boschi, scritto dallo stesso Thoreau a testimonianza del periodo vissuto, che unisce la descrizione della vita quotidiana, fatti di suoni, rumori e odori, alla riflessione interiore. È da quest’esperienza che parte il lavoro di Ettore Favini. Metodo Walden. Capitolo #1 primavera nasce con la necessità di sviluppare un rapporto quasi simbiotico con lo spazio circostante, frammento di un paesaggio naturale incubato in un luogo urbano. E qui, nell’esperienza di un periodo vissuto fuori dalla dimensione spazio-temporale comunemen-te nota, i concetti di tempo, memoria, spazio si trasformano e destrutturano, mentre partecipano delle mutazioni naturali in via di compimento.

giorno 2. manuale di sopravvivenzaLa scelta di insediarsi in un luogo abbandonato, e di isolarsi in esso, porta necessariamente a sviluppare uno speciale istinto di sopravvivenza, tale per cui si possa acuire la propria capacità di partecipare alla scoperta del mondo fuggendo dalla società dell’abbondanza e dal suo frenetico stato di moto. Nel dialogo e nel rapporto paritario con la natura, l’intento è quello di un’os-servazione attenta, decisa a cogliere quelli che sono i mutamenti in corso. Siano essi intesi come trasformazioni cicliche naturali, sia come percezione delle metamorfosi del sé, intensamente stimolato da un contesto altro da quello solitamente esperito. il luogo nel quale l’artista decide di insediarsi viene a rappresentarsi come microcosmo, nel quale analisi esteriore e in-teriore, indagine sull’universo e indagine sull’essere si compenetrano dive-nendo basi fondanti della ricerca. Thoreau riuscì a leggere la vita dei boschi con la volontà non solo di esperire la solitudine, ma anche con l’abilità di classificare gli elementi naturali che lo circondavano, come il ciclo delle sta-gioni, la pioggia, il fuoco, l’acqua, le fattezze di pietre, piante, animali. Una sorta di manuale per sopravvivere, ma anche per comprendere, avvicinarsi e rispettare una realtà non consueta. L’esperienza di Ettore Favini si inscrive dunque nello stesso percorso, quello di osservare e prestare attenzione a un luogo sconosciuto dal quale egli ha scelto di farsi stimolare.

giorno 3. smarrimento «Non sapersi orientare in una città non significa molto. Ci vuole invece una certa pratica per smarrirsi in essa come ci si smarrisce in una foresta»1.

Walter Benjamin esprimeva con queste parole il suo bisogno di inconsueto, che può essere appagato dallo scoprire una città straniera, una sorta di labi-rinto che – come lo stesso scrittore afferma – è la patria dell’esitazione. È in tale condizione, attraverso un viaggio in un paese ignoto (e dunque nella lontananza), che si è in grado di attivare una primigenia impressione, che riconduce a un tempo in cui il consueto non era ancora tale, come accade a un adulto che ricorda la sua infanzia lontana. L’inconsueto per Ettore Favini è rappresentato dallo spazio nel quale egli ha scelto di vivere per sette giorni. L’abbandono e il degrado di un edificio urbano invaso da una natura incontrollata sono elementi in grado di atti-vare una condizione di spaesamento da cui prendono vita quelle suggestio-ni che configurano lo spazio eterotopico per eccellenza2. Luogo che si trova fuori da ogni altro luogo, ma che in sé, come microcosmo, contiene quegli aspetti che riflettono il mondo che li circonda, e nel quale, al contempo, si giustappongono frammenti convenzionalmente incompatibili. L’edificio è un’ex costruzione industriale, dunque simbolo che rimanda a una realtà urbana. Laddove l’abbandono sopravviene, diviene contenitore di una natura selvaggia, dunque di un suo opposto che ne mina dall’inter-no le peculiarità. Lo smarrimento di cui parla Benjamin è dato qui dallo spostamento da una realtà a un’altra, tra esse non conformi, che l’artista esperisce indagandone da vicino le contraddizioni. Suoni e rumori della città, che pur vive al di fuori dell’edificio di cui è parte, si confondono e sovrappongono a quelli dell’interno, rimando di una natura più intima e silenziosa.

giorno 4. sospensione Nello spazio eterotopico che diviene dimora dell’artista, la percezione nei confronti della dimensione spazio-temporale comunemente intesa subisce una rottura. Lo smarrimento dato dall’estraneità dello spazio porta al rifiuto di una con-cezione temporale lineare definita, attraverso la sua sospensione, accumu-lazione, destrutturazione. Per quale motivo le città straniere, dunque estranee, sono per Benjamin vei-coli per la comprensione di un futuro ancora a venire? Un viaggio nella lontananza non può che essere – secondo Benjamin – un viaggio nel tempo passato, che rimanda alla distanza tra un adulto e la sua infanzia, dunque alla dimensione del ricordo. La scansione del tempo non rimanda più a una fluida omogeneità, bensì a un racconto per frammenti, che divengono i car-dini di una narrazione puntiforme. il tempo presente che l’artista stesso esperisce all’interno del suo rifugio, si carica di significato nel momento in cui fa riferimento alla nozione di passato, di ricordo, per divenire poi mez-zo per la comprensione di quel futuro che farà tesoro di tale esperienza3. È dunque un tempo percorso da frammenti, da punti disomogenei di me-moria, da fotogrammi di un presente in moto che l’artista, nella sua attività di indagine e ricerca, elabora, manipola, costruisce e decostruisce.

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giorno 5. relazione È grazie alla profonda intimità con il luogo, che è possibile assistere all’atti-vazione di un’intensa relazione tra uomo, ambiente e pensiero.Martin heidegger nel 1922 progettò e costruì una piccola capanna tra le montagne della Foresta Nera, a Todtnauberg, paesino della Germania me-ridionale. in essa – che chiamò “die hutte” – si ritirava per lunghi o brevi periodi, dai quali trasse ispirazione per la scrittura di alcuni dei suoi più importanti testi filosofici. in particolare Essere e tempo, pietra miliare per la filosofia del Novecento che ha come filo conduttore l’elaborazione del problema del senso dell’essere, in cui il filosofo ne analizza la temporalità e individua come centro dell’indagine l’“esserci dell’uomo”. L’importanza del rifugio heideggeriano si comprende se si pensa che, in quel luogo e dalle riflessioni emerse da uno stato di solitudine e intimità, nasce un saggio che ha lasciato tracce profondissime nella cultura con-temporanea.il confronto tra l’uomo, l’esistenza e la costanza nell’elaborazione del pen-siero prendono vita in un luogo sospeso nel tempo e nello spazio, lonta-no da una società borghese in pieno tumulto. La quiete e il silenzio di un rifugio possono facilitare il percorso che porta alla percezione del sé, alla consapevolezza di quale ricerca portare avanti, quale indagine compiere, di quale narrazione farsi portatori.

giorno 6. immaginario Come un atelier sui generis, l’ex cotonificio diventa per Ettore Favini labo-ratorio di esperienza. Fucina di elaborazione visiva, sonora, concettuale, il luogo eterotopico in cui egli si ritira è piattaforma del gesto artistico in via di compimento. È nucleo dal quale si dipartono domande, riflessioni, mo-vimenti di pensiero e suggestioni di immagini. in esso non c’è necessità di definire, tracciare direzioni, solcare percorsi diritti; c’è piuttosto l’urgenza di mettere in moto delle energie che possano sovvertire la realtà norma-lizzata e di farsi investire dal flusso dell’immaginazione. «Costruzione im-prevedibile e infinita, ripresa perpetua di movimenti iniziati, contraddetti, sorpresi nelle loro inedite possibilità di cambiamento»4, l’immaginazione è costruzione dialettica, è montaggio produttivo di pensiero, forma di co-noscenza fondante su differenze e relazioni. imprevedibilità e indefinitezza sono allora tra i concetti che si pongono alla base della produzione artistica, poiché strettamente correlati a quella fase di ricerca in grado di elaborare gli stimoli provenienti dall’esterno così come quelli che sorgono da urgenze individuali, tali da dare vita, attraverso l’opera d’arte, a possibili immaginari visivi e sonori.1 W. Benjamin, immagini di città, Torino 2007, p. 103.2 «Una sorta di luoghi che si trovano al di fuori di ogni luogo. […] Questi luoghi, che sono assolutamente altro da tutti i luoghi che li riflettono e di cui parlano, li denominerò, in opposizione alle utopie, eterotopie», in M. Foucault, Spazi altri, in Spazi altri. i luoghi delle eterotopie, a cura di S. Vaccaro, Milano 2002, p. 24.3 W. Benjamin, Sul concetto di storia, tesi xiV, Torino 1997, p. 45.4 G. Didi-huberman, illuminazione, immaginazione, montaggio, Paginette Festival Filosofia, Modena 2009, p. 10.

«Era una casa molto carina / senza soffitto senza cucinaMa era bella, bella davvero / in Via dei Matti numero zero»Sergio Endrigo, Vinicius de Moraes, Sergio Bardotti

i. parti da un’idea: la libertà

«Deeds cannot dream what dreams can do»E.E. Cummings, as freedom is a breakfastfood

«Se la libertà si mangia a colazione, i sogni ci fanno venire i muscoli.Sognare è un esercizio che bisogna continuare a praticare spudoratamente tutta la vita. Ci rende invincibili e capaci di tutto!Possiamo sfidare la forza di gravità, il buon senso e la logica. Possiamo cambiare i manuali e le regole.Possiamo rinascere, ispirare e nutrire con dei sassi, con delle lampadine, con un pezzo di plastica. Tutto è possibile con un sogno. Tutto si può inventare e tutto si può scoprire. Noi facciamo gli esploratori dei materiali e degli spazi. Vogliamo scoprire nuovi mondi e piantare fiori nell’anima della gente».

Così ci risponde Anna Galtarossa, chiamata a coordinare il laboratorio Via dei matti numero 0. L’abitare ai bambini all’interno dell’azienda di mobili di arredo e design Lago. L’artista guida i bambini nella creazione della casa dei sogni, secondo i loro gusti e desideri: sono loro a mostrare all’adulto, all’addetto ai lavori, al fruito-re come la libertà possa portare a grandi scoperte. il sogno non è solo una di-mensione che invade il reale stemperandosi nei ricordi e in visioni fiabesche o premonitrici, ma diventa l’energia motrice che permette di modificare il re-ale. Utopia come punto di riferimento su cui orientare azioni pragmatiche. Da un punto di vista psicologico, sogno e creatività sono stati ampiamente e variamente accostati e studiati. La creatività nell’ottica junghiana nasce dalla pluralità di livelli di realtà e dalla loro complicata relazione. Esiste per Jung una dottrina psicologica che descrive gli archetipi, l’articolazione delle fun-zioni dell’io, la complementarietà degli opposti. Accanto a essa esiste tutta-via anche un pensare psicologico che ha come oggetto la relazione tra psiche e intenzionalità. Questo mondo soggettivo si realizza ad esempio nel sogno, che altro non è se non “organo di informazione e di controllo” delle funzioni dell’io. Tanti e tali sono gli aspetti reticolari, stratificati o circolari di realtà da presupporre un’ampia libertà di riferimento e di movimenti, che altro non sono se non l’espressione delle potenzialità creative di un individuo1.

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il sogno quindi, e la fantasia, come una sorta di terreno di prova dove l’indi-viduo è libero di sperimentare le sue insite potenzialità creative con i pro-pri vissuti, in una situazione che è fittizia (il sogno stesso), ma che viene vissuta come se fosse reale.

ii. raccogli materiali di riciclo quali scatole di cartone di diverse dimensioni, carta e ritagli di giornali o riviste, scampoli di stoffa, cuoio, gomma, legno, vecchi giocattoli e pupazzetti, cannucce colorate e qualsiasi altro materiale la fantasia suggerisca

«Per fare un tavolo ci vuole il legno, per fare tutto ci vuole un fiore»Gianni Rodari, Sergio Endrigo, Ci vuole un fiore

il workshop si basa su materiali di riciclo a chilometro zero, scarti di lavora-zione provenienti dalla Lago stessa e dalle aziende circostanti.in contrasto con la filosofia vigente del “qui e ora”, che brucia esperienze, relazioni e oggetti nel presente, il contatto con la materia, l’importanza di riutilizzare gli oggetti non è solo nobile ecologia del riciclo, ma un modo di reinventare e riscoprire quello che troppo spesso viene considerato scarto e invece può essere risorsa. Nel caso di Anna Galtarossa questo è vero nel privato quanto nei suoi lavori, come emerge nel racconto che l’artista stessa fa della sua casa-studio in Val-policella in una recente intervista: «ho rivestito le sedie con pezzi di stoffa che portano memorie di casa; questa era la stoffa della mia camera da bam-bina, quest’altra proviene dal letto di mio nonno, quest’altra ancora è una tovaglia usata per la festa di compleanno a sorpresa di mia madre di qualche anno fa, quella era la pelliccia proveniente dalla montagna che ho fatto l’an-no scorso per la Triennale, questa stoffa l’ha portata mia nonna dal Kenya, questo invece è il rivestimento di un vecchio divano di mia madre»2. Esempio dell’ispirazione che l’artista trae dai materiali è il mostro di Ca-stelvecchio, gigantesca scultura meccanica rivestita di stoffe, lane colorate, pom-pon, frange e paillette. Una folle e fantastica montagna di rimanenze e scampoli rivisti e reinterpretati in un coloratissimo dispositivo semo-vente che avanza lentamente nello spazio urbano, in mezzo ai cittadini sorpresi.Materia sognante e al contempo materia come elemento di contatto del vis-suto, capace di trasformare l’interazione con le persone in partecipazione o, nelle parole di Anna Galtarossa, «piantare fiori nell’anima della gente».

iii. incolla tutti gli snodi e le giunture tra loro usando nastro adesivo colorato, colla, chiodi, o ancora incastrando le forme tra loro. ogni cosa trova un suo posto

«Libertà è partecipazione»Giorgio Gaber, La libertà

Attraverso la propria visione del mondo in rapporto alla concezione di sé, i bambini, divisi in piccoli gruppi, progettano e costruiscono chi una torre, chi un giardino, chi una stanza dei trampolini. Parti complementari che agglomerate, saldate, unite si trasformano andando a costituire un’unica soluzione abitativa visionaria. Artista e professionista esperto in didattica, Mauro Biffaro ci racconta: «L’Arte è espressione dell’individuo, che definisce se stesso in virtù di una continua relazione con la collettività che lo integra e comprende. Nello stesso tempo, la collettività trae forza dalla differenziazione dei propri in-dividui, compiendo un salto evolutivo e qualitativo. Come un tavolo, l’Arte è luogo di relazione e di lavoro, allestito con gli strumenti che consentono di capire quale sia il proprio posto a sedere».

iv. personalizza. aggiungi particolari distintivi e libera immaginazione

«We don’t need no education, we don’t need no thought control»Pink Floyd, another brick in the wall

Nella contaminazione arte-impresa l’interazione individuo-collettività di-venta un punto focale in cui è importante che ciascuno trovi la sua giusta collocazione. La chiusura, l’isolamento è ciò che non consente alcuna cultura; il lasciarsi interrogare e mettersi in discussione dall’altro, al contrario, rappresenta un fondamentale strumento di scambio e diventa fonte di una potenziale scin-tilla creativa. Solo laddove l’apertura e la disponibilità verso l’altro abbiano alla base distinzione e personalizzazione, ovvero un rispetto dei propri e dei reciproci ruoli, esigenze e peculiarità, risiede però la possibilità di crea-re una relazione che possa veramente definirsi tale. L’incontro con Lago, azienda attenta alla sostenibilità, ma soprattutto a esplorare il concetto dell’abitare e degli spazi domestici, non poteva che sfo-ciare in un vero e proprio laboratorio di ricerca sulle abitazioni del futuro. Via dei matti numero 0. L’abitare ai bambini traduce un forte desiderio dell’azienda di rompere gli schemi esistenti, di trovare un’iniezione di ener-gia che possa riportare freschezza a un mondo creativo che rischia a volte una lesiva autoreferenzialità, per rimettere in moto estro e fantasia slegati da luoghi comuni e norme sociali. Di ripensare il Made in italy liberandolo dal format chiuso in cui è caduto.L’augurio è che il visitatore alla scoperta dell’immaginario fanciullesco dell’abitare, così come il lettore, riscopra insieme la potenza e l’importanza dei sogni in sé e come trasformazione del design attuale.Chi meglio dei bambini può indicarci la via?1 C.G. Jung, Opere. Gli archetipi e l’inconscio collettivo, Torino 1980 e C.G. Jung, Opere. Tipi psicologici, Torino 1980.2 intervista di Maria Rosa Sossai, Studio Visit, in Flash Art Online, 16 agosto 2009, http://www.flashartonline.it/interno.php?pagina=studio_det&id_art=382&det=ok.

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«La gabbia era finita. Baltazar l’appese fuori dalla bottega, per forza d’abitudine, e quando terminò di mangiare correva già la voce che era la gabbia più bella del mondo. La notizia si era sparsa. Venne così tanta gente a vederla, che davanti alla casa si formò un assembramento, e Baltazar fu costretto a staccarla e a chiudere la falegnameria… Nella sala c’era molta gente. Messa in mostra sul tavolo, l’enorme cupola in fil di ferro con tre piani interni, con passaggi e scompartimenti speciali per mangiare e dormire… sembrava il modello in scala ridotta di una gigantesca fabbrica di ghiaccio». Gabriel García Márquez, La prodigiosa sera di Baltazar

Mentre nel 1960 il giovane Márquez raccontava la storia di una seducente gabbia per uccelli commissionata a Baltazar dal piccolo Pepe, il ventottenne suo coetaneo, Andrej Arsen’evic Tarkovskij, si diplomava in regia al VGiK di Mosca, la più celebre scuola sovietica di cinema, con il cortometraggio il rullo compressore e il violino, 55 minuti sceneggiati con la collaborazione del collega di corso Andrej Michalkov Konchalovskij. Nei limiti di un’esperien-za scolastica, costretto per di più dall’osservanza di regime, il futuro autore di Solaris manifestava già l’intenzione di affrontare il tema dell’incontro, del rapporto tra un bambino e un adulto, ma anche tra l’arte e il resto del mondo. Sasha, un violinista di sette anni, deriso dai coetanei, viene difeso e incoraggiato da un operaio che guida un rullo compressore, senza istruzio-ne, ma con una grande sensibilità personale. Sasha riesce a superare prove per lui inconsuete, come guidare il pesante automezzo o suonare il violino come mai era stato in grado di fare. Tarkovskij rivendica il valore dell’arte come strumento di conoscenza della verità. Per mezzo dell’arte, l’uomo si appropria della realtà attraverso un’esperienza soggettiva. La scoperta arti-stica si presenta come una rivelazione, come un desiderio appassionato di appropriarsi del mondo, per conoscerlo. Tarkovskij come Márquez, utilizza un «oggetto filtro» per concretare l’incontro tra gli esseri umani. Sia esso uno spartito che diventa un aeroplanino di carta, sia l’«oceano pensante» sul quale galleggia l’isola di Solaris, campo magnetico intenso e misterioso in cui si materializzano le immagini che i protagonisti tengono nascoste in fondo alle loro anime. Non è importante sapere se l’oggetto esiste, ma quan-to e cosa può succedervi attraverso, iN, e in direzione di chi, TO.iN TO. Silenzioso prodigio, è la conseguenza di un dialogo tra le persone.

L’arte dentro la fabbrica, la fabbrica dentro l’arte. Creare valore con le persone nasce con l’intento di promuovere e valorizzare la figura umana, sia essa un artista che un operatore di un’azienda, attraverso un processo di dia-logo, confronto, relazione, scambio di idee, che porti alla realizzazione di un oggetto, un’opera d’arte. L’evento specifico coinvolge GPS Packaging, un’azienda di rilievo consolidata nel territorio, che opera a livello interna-zionale nella trasformazione della materia prima (carta e plastica) realiz-zando shopping bags e labels. L’evento è stato vissuto all’interno dell’azienda

dalle maestranze stesse, tenendo conto della storia, della cultura, della filo-sofia dell’azienda nel rispetto dei tempi, durante lo svolgimento dell’attivi-tà lavorativa.

iN TO. Silenzioso prodigio è un atto creativo al femminile che vede coinvol-te tre artiste: una pittrice, Erica Anesi, una fotografa, Melina Mulas e una compositrice, Paola Prestini. Si è imposto alle artiste un primo sopralluogo in azienda, a stretto contatto con gli operatori, successivamente una pausa di riflessione e in seguito un secondo e terzo sopralluogo in piena liber-tà nell’uso di materiali, superfici, suoni da loro individuati, che in quella specifica occasione gli avrebbero dato la forza per lasciare il segno. Segno riconducibile alle sensazioni, ai colori, alle dinamiche, alle tensioni provo-cate dal luogo e dalle persone. La fruizione: il pubblico non può partecipa-re direttamente all’evento artistico. Negazione della performance. L’opera d’arte si rivela in un luogo e in un tempo “altro”, l’azienda. Nasce da una ge-stazione che richiede un suo tempo, processi naturali cadenzati dallo scor-rere del tempo. Erica Anesi, artista ben consolidata nel mondo dell’arte pit-torica internazionale, realizza un’opera tridimensionale, i/O, convogliando in essa una grande capacità di impossessarsi delle tecniche e dell’uso dei materiali che ha caratterizzato fino a oggi l’intero suo percorso artistico. L’opera di questa giovane artista è fortemente caratterizzata dalla presenza della materia. La scelta dei materiali è essenziale, fonte di ispirazione, con-centrazione che, dal colore a olio tradizionale, allo scarto di lavorazione industriale, porta l’artista a prendere possesso in modo lucido e immediato dello spazio. il risultato è sempre un oggetto da leggere in prospettiva tridi-mensionale. La singolarità dell’opera di Erica Anesi è quella di regalare allo spettatore un’esperienza visiva originale, basata sulla lettura a distanze di-verse della visione. i/O, è costituita da venti elementi primi. Ogni elemento primo rappresenta un ritorno alle origini del prodotto finale, la carta. Carta ritorta e nastro di carta. La forma dell’opera è mutante così come mutante è il rapporto tra le persone. il fruitore dell’opera sarà libero di vederla o di ignorarla, di entrarci o di rimanervi fuori, di leggerla in funzione di accadi-menti che hanno portato alla sua realizzazione o semplicemente di ascol-tarla. Paola Prestini, affermata compositrice italo-americana, co-fondatrice di VisionintoArt (ViA) gruppo multidisciplinare all’interno del Whitney Museum di New York, che si è esibito in teatri e musei di tutto il mondo, ed è specializzata nella creazione di collaborazioni che derivano da una continua sperimentazione musicale, darà voce all’oggetto attraverso suo-ni, rumori, voci, sensazioni provate durante i sopralluoghi in azienda. La fotografa Melina Mulas, con Gps Primo Giorno le trasferirà in tre serie di im-magini, una per ogni sopralluogo, sui supporti grezzi utilizzati quotidiana-mente dall’azienda, dando la possibilità al visitatore di “impossessarsene” liberamente durante l’esposizione.

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Porsche Italia SpaPorsche Italia rafforza il suo impegno nei confronti delle espressioni culturali più innovative, già dimostrato nei settori della musica, del cinema d’avanguardia e della scrittura creativa appoggiando in qualità di Main partner la mostra «Art&Co.». In collaborazione con la propria rete commerciale, Porsche Italia opera con costante impegno nel campo artistico contemporaneo con rassegne e incontri, ospiti e protagonisti.

Technogel Italia SrlTechnogel® è il nome del marchio registrato di un particolare gel dalla formulazione esclusiva e anche quello dell’azienda, nata nel 1998 dalla joint venture tra Royal Medica e Otto Bock GmbH. Mantenendo costante la missione di rendere più confortevole il mondo in cui viviamo, Technogel ha sviluppato applicazioni in vari campi: componenti per lo smorzamento delle vibrazioni, l'arredamento di negozi e ristoranti, oggetti di design e opere d'arte.

Valcucine SpaValcucine nasce nel 1980: trent’anni di sostenibilità con, in primo piano, estetica e creatività, all’insegna di funzionalità, ergonomia e sicurezza. Valcucine promuove un sistema di equilibrio tra uso e ripristino delle risorse ambientali, favorendo una progettazione delle cucine basata su dematerializzazione, riciclabilità o riutilizzo, riduzione delle emissioni tossiche e lunga durata del prodotto.

Azienda Agricola MassimagoMassimago è un’azienda vitivinicola tutta al femminile, nata con il sogno di far rivivere un paradiso di profumi, ricordi e storia. Oltre a prodotti d’eccellenza come olio d’oliva, vino Valpolicella superiore e Amarone, Massimago offre soggiorni in un contesto rilassante ed esclusivo grazie a un agriturismo e a un centro benessere a Verona e a una sala di degustazione nel contesto di una torre trecentesca a Padova.

Lago SpaLago afferma la propria identità di marchio emergente nella produzione di mobili di design attraverso un’apertura alle contaminazioni tra arte e impresa:

semplicità nelle forme, personalizzazione attraverso il colore e la componibilità, qualità dei materiali e lavorazioni artigianali, prezzo accessibile. Nel 2006 l’azienda è diventata Società per azioni con un percorso di ristrutturazione dei processi produttivi e gestionali, per affrontare la crescita e le sfide dei mercati internazionali.

AIDP (Associazione Italiana del Personale) Triveneto È composta dai componenti delle direzioni risorse umane, da formatori, comunicatori d’impresa, professori universitari, responsabili delle Agenzie di Lavoro, funzionari di associazioni imprenditoriali, esperti e studiosi di organizzazione, gestione e sviluppo: donne e uomini “ del fare”, impegnati nella valorizzazione delle persone nelle organizzazioni. L’Associazione, senza fini di lucro, da anni è attenta al ruolo dell’impresa e al futuro delle persone inserite nello scenario economico post-industriale. AIDP Triveneto è l’emanazione territoriale di AIDP, la più diffusa HR community nazionale. AIDP (www.aidp.it) fa parte dell’ EAPM (European Association for Personnel Management) ed è socio fondatore di Federmanagement.

Adecco Italia Spa e AIDPAdecco è il primo gruppo in Italia nella gestione delle risorse umane: offre lavoro ogni giorno a più di 37.000 persone, figurando tra i primi dieci datori di lavoro nel nostro paese.L’Associazione Italiana per la Direzione del Personale riunisce quanti operano in Italia in funzioni direttive, di responsabilità, di consulenza e ricerca nell’area del personale di aziende e istituzioni pubbliche e private.

GPS SpaGPS Spa, fondata nel 1976, è tra le prime aziende in Europa a produrre etichette per il settore dell’imbottigliamento affrontando le problematiche di quello che allora era un mondo completamente inesplorato. Da qui si è formata l’esperienza quotidianamente messa in pratica: qualità, ricerca continua, servizio sono le basi che hanno dato a GPS il rilievo a livello europeo che oggi occupa.

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