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Direttore

Fabrizio LUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Comitato scientifico

Louis BUniversità degli Studi di Roma “Tor Vergata”

Giuseppe CUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Domenico CUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Antonello GUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Matthias KMartin Luther Universität Halle Wittenberg

Edoardo MUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

Rocco PUniversità degli Studi di Napoli “Federico II”

José Manuel S FUniversidad de Sevilla

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Questa collana dell’ex Dipartimento di Filosofia “Antonio Aliotta”(confluito nel Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degliStudi di Napoli “Federico II”) nasce come “porta” aperta al dialogointerculturale con studiosi vicini e lontani dalla grande tradizionenapoletana e italiana. Lo scopo è di offrire un nuovo luogo di confrontosenza pregiudizi ma con una sola prerogativa, quella della serietàscientifica degli studi praticati e proposti sui più aggiornati itineraridella filosofia e della storiografia, della filologia e della letteraturanell’età della globalizzazione e in un’Università che cambia.

Le pubblicazioni di questa collana sono preventivamente sottoposte alla proceduradi valutazione nella forma di blind peer-review.

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Francesco Paolo Raimondi

Giulio Cesare Vanininell’Europa del Seicento

Seconda edizione aggiornata

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Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Roma–Pisa II edizione: ARACNE editrice int.le S.r.l., dicembre

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Ai miei nipoti Alberto, Riccardo e Marco

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Indice

Premessa

Capitolo ILe radici pugliesi e la formazione carmelitana

.. L’identità del nome e la datazione della nascita, – .. Le ori-gini della famiglia Vanini e le sue condizioni economico–sociali, –.. La casa natale di Giulio Cesare Vanini, – .. Le radici salentinee pugliesi, – .. Il soggiorno napoletano e la formazione carmelita-na, – .. L’amicizia con Bartolomeo Argotti e con Giovanni MariaGinocchio, .

Capitolo IIla formazione napoletana

.. La formazione giuridica, – .. L’aristotelismo napoletano, – .. Antiaristotelismo e platonismo napoletano, – .. La fine delsoggiorno napoletano, .

Capitolo IIILa formazione padovana

.. Il trasferimento di Vanini a Padova e l’enigma della sua formazionefilosofico–teologica, – .. Le possibili connessioni con l’antropologianaturale di Pietro d’Abano, – .. Il confronto con l’aristotelismopomponazziano, – .. I Magistri dello Studio patavino, – .. Itermini del dissidio con Enrico Silvio, .

Capitolo IVLa parentesi veneziana e bolognese. L’Inghilterra: la terra promessa

.. I contatti culturali con ambienti sarpiani e la predicazione in S. Marco:una congettura infondata, – .. Il viaggio della salvezza e la suadatazione, – .. Il clima di contrapposizione ideologica tra mondoriformato e mondo cattolico, – .. Dall’abiura al crollo del mito

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Indice

della terra promessa, – .. Il progetto del recupero. Le strategiedella diplomazia cattolica, – .. L’arresto e il processo davanti allaHigh Commission, – .. Le ragioni ultime di un difficile rientro el’esperienza del rigorismo puritano, – .. La reazione di GeorgeAbbot e l’esclusione della pista veneta, .

Capitolo VIl rientro nel mondo cattolico: una reintegrazione impossibile

.. Sulla via del ritorno: da Bruxelles ai primi due soggiorni parigini, – .. Un rifugio provvisorio: Genova (seconda metà di ottobre — gennaio ), – .. La svolta definitiva: il secondo soggiorno lionese(febbraio – giugno ), – .. Il terzo soggiorno parigino (luglio — ottobre ), – .. Le protezioni politiche e intellettuali, – .. Dall’Apologia al succès de scandale del De admirandis, .

Capitolo VILa tragica conclusione: Tolosa

.. La fuga da Parigi e la ricerca di un luogo sicuro, – .. Le istitu-zioni tolosane, – .. Cramail e l’ambiente culturale tolosano, – .. L’arresto. L’imputazione, – .. Il processo, – .. Le ar-guzie gesuitiche e la presunta testimonianza di Francon, – .. Lacondanna e l’esecuzione, – .. Dalla tragedia del rogo agli sfarzosicarrousels, – .. Il secondo processo tolosano, .

Appendice

Nota ai testi

Documenti

Tavole

Bibliografia essenziale

Indice dei nomi

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Premessa

La Biografia critica di Guido Porzio, data alle stampe nel , fecetesoro delle ricerche archivistiche della seconda metà dell’Ottocento,a partire da Victor Cousin, da Thomas Birch e da John Owen fino adAdolphe Baudouin, a Richard Copley Christie, a Luigi Settembrini ea Raffaele Palumbo. Lo stesso Porzio esplorò felicemente gli archiviprivati dei Colosso in Ugento e degli Scarciglia di Minervino, ma la suabiografia, forse troppo spesso viziata da toni polemici, fu condizionatada una imperfetta conoscenza dei documenti londinesi e, pur rap-presentando un modello sotto il profilo dell’indagine critica, finì coltrasmettere ai biografi successivi non poche imprecisioni intorno allavita di Vanini. Dopo Porzio riprese con pieno vigore l’esplorazionedegli archivi soprattutto per merito di Émile Namer, di Francesco DePaola e di Calvin Senning, relativamente al soggiorno vaniniano inInghilterra, e di studiosi come Vincenzo Spampanato, Giorgio Spini,Antonio Corsano, Giovanni Papuli e Gaetano Cozzi che hanno por-tato alla luce una cospicua documentazione giacente negli archivi diNapoli, di Simancas, della Traspontina, di Venezia e di Londra. Misia concesso di aggiungere che io stesso ho avviato l’esplorazionedegli Archivi Vaticani e che ulteriori apporti sono venuti da De Paolae da Giovanni Cosi per la documentazione napoletana e salentina.Non meno significativo è l’apporto documentario offerto dai grandirepertori inglesi, da quelli di Allen Hinds a quelli di Norman EgbertMcClure e di Maurice Lee, i quali, pur riguardando aspetti più generalidella storia britannica, hanno toccato in più punti la vicenda vaninia-na, sicché oggi disponiamo di un ponderoso apparato documentarioche può consentirci di dare una sistemazione scientifica alla biografiavaniniana, pur lasciando in essa dei vuoti forse incolmabili.

. G. P, Biografia critica di G. C. Vanini, in Le opere di Giulio Cesare Vanini tradotteper la prima volta in italiano con prefazioni del traduttore, , Lecce, G. Bortone, , pp.–.

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Premessa

Tale messe di documenti ha stimolato naturalmente nuovi tentatividi ricostruzione della biografia del Salentino. Tra questi merita diessere citato in primo luogo il bel saggio di Namer La vie et l’œuvrede J. C. Vanini. Prince des libertins, dato alle stampe nel , il quale,però, pur traendo profitto da una copiosa mole di dati archivistici, silascia sfuggire la documentazione prodotta da Hinds, da McClure e daLee e risulta in più punti non adeguatamente supportato da riscontrioggettivi. Namer parte dal presupposto che nella formazione di Vani-ni si possa individuare una fase dedominisiana, capace di giustificarele ragioni che lo indussero ad abbracciare la fede anglicana. All’in-terno di tale esperienza religiosa il Salentino si sarebbe avvicinato almondo protestante, come risulterebbe provato dal fatto che nei suoiscritti si scorgono, qua e là, tracce di un, sia pur superato, ritorno alcristianesimo delle origini e di una purificazione della fede cattolicaattraverso il diretto accostamento alle fonti della patristica. Si tratta,tuttavia, di una congettura difficilmente accettabile, poiché sembra piùragionevole, almeno allo stato della documentazione oggi disponibile,che quelle venature riformistiche, per altro a carattere più calvinisticoche dedominisiano, furono assimilate non prima, ma durante il sog-giorno londinese e produssero nel Salentino una grave crisi religiosache lo condusse, a distanza di appena un anno dalla conclusione dellaesperienza inglese, ad assumere un atteggiamento più o meno mani-festamente dissacratorio. Di contro ci sembra che fino alle soglie dellafuga in Inghilterra Vanini si sia mosso in ambienti prevalentementecattolici. Tutt’al più si può concedere che in lui fermentassero stimoliculturali e filosofici, destinati a maturare nel tempo fino a condurloal di fuori di ogni mentalità religiosa, ma certo è difficile credere chenei periodi napoletano e padovano egli abbia spezzato bruscamente ilcordone ombelicale che lo teneva vincolato al cattolicesimo assimilatonel corso della sua non breve esperienza conventuale.

Namer è altresí il più convinto assertore di una ‘pista veneta’ capacedi spiegare il rientro dei due frati carmelitani, Giulio Cesare Vaninie Giovanni Maria Ginocchio, nel mondo cattolico, dopo il fallimen-to dell’esperienza britannica. Purtroppo anche questa è ipotesi poco

. Le medesime tesi erano già state sostenute in uno scritto precedente dello stesso É.N, La vita di Vanini in Inghilterra, «Rinascenza Salentina», a. , , pp. –.

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Premessa

convincente poiché nel costruirla lo studioso non solo mostra difraintendere talvolta la documentazione inglese e di riferire all’amba-sciatore veneto Antonio Foscarini ciò che nel testo di talune missiveabbotiane è chiaramente riferito all’ambasciatore spagnolo Diego Sar-miento, ma si spinge anche fino a fare del cappellano veneto GirolamoMoravo un uomo poco ortodosso e su posizioni filoriformistiche. Perdi più l’ipotesi presenta un’evidente interna contraddizione per nonessere in grado di spiegare come protagonisti di fede riformata — ocomunque simpatizzanti del rinnovamento etico e dottrinale prodot-to in àmbito protestante — abbiano potuto brigare per ricondurreall’ovile della Chiesa romana i due transfughi carmelitani. In realtà ladocumentazione londinese e vaticana prova abbondantemente cheproprio i cattolici nutrirono l’interesse a recuperare i due religiosi nel-l’intento di tacitare le dicerie e gli scandali che avevano accompagnatola loro apostasia.

Assai cauto nella ricostruzione biografica e nella valutazione delpensiero del Salentino appare in due dei suoi più significativi contribu-ti Corsano, che ha scritto talune delle pagine più felici sul suo illustreconterraneo. Pur costituendo una delle prime positive reazioni allasistematica demolizione della originalità filosofica di Vanini, portataavanti da Luigi Corvaglia, l’interpretazione corsaniana sembra forsetroppo condizionata da una lettura in chiave psicologica e dall’uso diuna categoria di ‘contestualità’ che finisce con l’appiattire l’impetospeculativo di Vanini sul terreno della pura vicenda biografica.

Un riesame della questione storica del Vanini — egli scrive — [. . . ] presentainevitabilmente un duplice aspetto: quello più propriamente speculativoche varrebbe a farci scorgere in lui il più tardo e fiacco epigono del pensierorinascimentale [. . . ] e quello biografico che, oltre a presentarci la vicendatuttora assai attraente d’una vita errabonda e tormentata e tragicamenteconchiusa [. . . ] ci pone davanti ad una sintesi personalissima, e pertantopersonalistica, degli svariatissimi frammenti di quella sua dottrina filosofica,teologica e scientifica.

. É. N, La vie et l’œuvre de J. C. Vanini Prince des Libertins mort à Toulouse sur lebücher en , Paris, Vrin, , p. .

. A. C, Il problema storico, in Le interpretazioni di G. C. Vanini, a cura di G.Papuli, Galatina, Congedo, ; I, Introduzione a G. C. V, Anfiteatro dell’eternaprovvidenza, a cura di F. P. Raimondi, L. Crudo, Galatina, Congedo, .

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Premessa

Così posta la ‘questione storica’, è evidentemente esclusa a prioriogni possibilità di cogliere la fisionomia intellettuale e l’originalità diVanini non solo perché il filosofo è declassato al rango di mero epigo-no di un Rinascimento per altro già entrato nella fase dell’esaurimento— se non proprio della sclerotizzazione — delle proprie primigenieenergie vitali, ma anche perché la ricerca rischia di chiudersi e con-cludersi nel mero lavoro di scavo biografico. Le linee evolutive delpensiero vaniniano appaiono dipendere dalle fortunose contingenzedella vicenda biografica e il loro punto d’approdo non sembra pre-sentare se non marginali elementi di novità. Influenzato nel chiostronapoletano dei carmelitani dal presunto aristotelismo averroistico diBaconthorp, «difficilmente conciliabile con quella corrente di natu-ralismo che circolava per la cultura napoletana del primo Seicento»,Vanini intese la scienza più «come espediente di pratica suggestionee seduzione» che «come disciplina [. . . ] controllata». Poi a Padova ilsuo aristotelismo averroistico trovò un’ulteriore conferma, anche sedi fatto l’asse della sua ‘attività’ di ricerca slittò verso interessi teo-logico–controversistici e confluí, sotto la suggestione culturale dellavicina Venezia, nell’alveo delle dottrine filoriformate. Quivi Vaninisi allontanò «assai pericolosamente dall’ortodossia cattolica, fino adavvicinarsi a quelle dottrine teologiche e giurisdizionali che la recentelotta col papato aveva largamente diffuso nella cultura e nella coscienzareligiosa veneziana» e si allineò sulle orme di Paolo Sarpi più che suquelle di Pietro Aretino, privilegiando più il gruppo vicino ad AndreaMorosini che quello libertineggiante degli Incogniti.

I definitivi tratti libertineggianti affiorarono — secondo Corsa-no — nell’ambiente londinese sotto la spinta di una componentemachiavellico–aretinesca che condusse il filosofo ad una «conversio-ne indifferentistica e amoralistica». Al rientro nel mondo cattolicol’Amphitheatrum, che viene bollato negli stessi termini di Guido DeRuggiero come «centone o quasi canovaccio di commedia dell’ar-

. A. C, Il problema storico, cit., p. . Per tale impostazione Corsano sembradipendere da F. F, Studi e ritratti della Rinascenza, a cura della figlia Luisa, Bari,Laterza, , p. , per il quale «il Vanini è più importante per la sua tragica fine, che perla sua filosofia».

. A. C, Il problema storico, cit., pp. – e –.. G. D R, Rinascimento Riforma e Controriforma, , Bari, Laterza, , pp.

–.

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Premessa

te», è approntato al solo fine di dimostrare le «proprie capacità dicampione e apologista della fede ritrovata». Dell’iniziale giovanileaverroismo non resta che una debole traccia nella spregiudicatezzausata di fronte al fatto religioso, ma è anche questo atteggiamento checonserva «quel tanfo di medievale irrisione dell’impostura religiosache facilmente si convertiva in più flagrante smania di mistificazionee alterazione». Impregnato di «virtuosismo dialettico di apparente, fintroppo appariscente impronta scolastica», l’Amphitheatrum trova unapropria giustificazione non sul terreno della ricerca filosofica, ma suquello della psicologia, per essere espressione

della straziata coscienza del perseguitato senza scampo, costretto a scorgerepersino nella turbata coscienza religiosa e morale una ragione di debolezzacui ci si sottrae solo con l’estremo indurimento politicamente motivato.L’accento innegabilmente ambiguo, tra l’atroce sarcasmo e la proclamatasottomissione, non è in fondo altro che la trascrizione psicologica e letterariadi quell’immediato, intollerabile disagio al quale si deve pure far riferimento,anche se non può parlarsi di una vera e propria trasfigurazione e confessionespeculativa.

Il quadro non cambia molto nel De admirandis se non per un piùaccentuato antiplatonismo ed un più «completo atteggiamento di indi-pendenza di fronte ad Aristotele». Di fatto la «fisionomia del pensierovaniniano [. . . ] sfugge inafferrabile a qualsiasi tentativo di determina-zione»: gli spunti di carattere materialistico sono solo «libertinisticheboutades» contro «la dottrina dell’onesto Scaligero»; la varietas è indi-zio «di un più deciso e definitivo rivolgimento antiumanistico»; la«discussione religiosa» è interpretabile in chiave psicologica, giacchési tratta di «pensiero estremamente composito e [. . . ] perplesso tra isuperstiti impulsi alla polemica ispirata dalle personali disavventure ei tentativi di fissare i tratti più seriamente rispettabili e indispensabilidel fatto religioso». Condizionata per un verso dalle interpretazionivaniniane che erano state date in àmbito idealistico e spiritualistico,incapaci di intendere in positivo le propensioni ateistiche — e forseanche materialistiche — del pensiero vaniniano, e per un altro verso

. A. C, Il problema storico, cit., pp. e –. Analoghe considerazioni sono inA. C, Introduzione, cit., p. .

. A. C, Il problema storico, cit., pp. , – e . vedi anche I,Introduzione., cit., p. .

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Premessa

dalla pur avversata e criticata ipotesi corvagliana del plagio, la lettu-ra corsaniana non riesce a superare lo scoglio della accusa di scarsaoriginalità del Salentino.

Uomo mediocre — scrive lo storico salentino — modesto scienziato e pen-satore, incalzato da forze storiche gigantesche, privo della erculea energiaplebea del Bruno come della eroica caparbietà del Campanella, incapaced’inserirsi operosamente in una comunità civile o religiosa, tuttavia nonprivo d’una vigile coscienza morale e scientifica, sin troppo ricco, per suafortuna, d’un felice estro polemico più letterario che speculativo, Vanini eb-be il destino di rappresentare nella storia spirituale del secolo un ruoloa lui sproporzionato: forse il momento più importante della sua funzionestorica resta pertanto quello, puramente negativo, e quasi accidentale diaver ammonito Descartes sulla necessità di un raccoglimento esclusivo nelsolitario colloquio del pensiero con se stesso: quanto v’era di più lontanodal suo facile, arguto, petulante bavardage.

Il più brillante contributo sul periodo inglese, dopo quello omaiclassico e tuttora validissimo di Christie, è dato da Senning che,in un impianto metodologico solido e rigoroso, discute con grandecompetenza le diverse problematiche storiche e rivela una profondaconoscenza della letteratura britannica e della complessa realtà politi-co–religiosa del regno giacobita. Sfortunatamente l’autore limita la suaindagine esclusivamente al soggiorno vaniniano a Londra tra il eil e mostra di non avere una visione complessiva della biografia va-niniana. Dal canto suo Didier Foucault ha compilato un saggio, assairicco e voluminoso, i cui apporti più originali si riferiscono al periodotolosano e alla presenza di un ramo della famiglia Vanini a Lione. Mala pretesa dello studioso è quella di fornirci una ‘biografia intellettuale’del Salentino e di condurre un’analisi genetica e insieme evolutiva delsuo pensiero. Còmpito per la verità immane, anche perché, com’ènoto, i due soli scritti vaniniani che conosciamo, per essere stampatinell’arco di poco più di un anno, si inquadrano esclusivamente nell’ul-tima fase del suo pensiero. Indubbiamente apprezzabile è il dichiarato

. A. C, Il problema storico, cit., pp. e .. C. F. S, Vanini and the Diplomats. –: Religion, Politics, and Defection in

the Counter–Reformation Era, «Historical Magazine of the Protestant Episcopal Church», a., , pp. –.

. D. F, Un philosophe libertin dans l’Europe baroque Giulio Cesare Vanini(–), Paris, Champion, .

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Premessa

proposito di sottrarre Vanini all’isolamento e di ricostruire i contesti egli ambienti in cui egli si mosse ed operò. Nei fatti, però, gli intenti ap-paiono sostanzialmente traditi poiché la ridondanza delle ricostruzionistoriche se per un verso ha l’effetto di mascherare l’insufficienza delladocumentazione, per l’altro non vale a farci acquisire punti fermi nellabiografia vaniniana. D’altra parte ci sembra che l’esigenza di sottrarreVanini all’isolamento e di collegarlo ad ambienti e ad intellettuali diprimo piano, conduca l’autore a sottovalutare la questione metodo-logica e a porla nei termini di un doppio rischio: il primo è quellodi mettere capo ad una biografia come «pura collezione di fatti» e dicondurre un’indagine puramente erudita, fondata sulla critica internaed esterna della documentazione; il secondo è quello di sopperire alleinsufficienze della documentazione, facendo ricorso — come avvienein Baudouin — ‘all’immaginazione’. Tale definizione negativa delleproprie procedure metodologiche espone però Foucault al rischio divolersi ritagliare uno spazio indefinito — legittimo, ma epistemolo-gicamente discutibile — di libertà di congetturare. A ciò si aggiungeforse il rischio di scivolare in una sorta di ‘determinismo storiografico’per cui si finisce col credere di poter stabilire ‘agganci’ o ‘appartenen-ze’ — se non addirittura sentimenti ed idee — di Vanini, deducendoliastrattamente da un’indagine esplorativa sul clima post–Interdetto osulle influenze dei giovani sarpiani a Venezia o sulle caratteristichepeculiari (che per altro non sono mai cosí organicamente compatte elineari come appaiono nelle pagine della storiografia) della filosofianapoletana o padovana a cavallo dei due secoli. Sicché Foucault dàl’impressione di credere che se non fu un ‘sarpiano’ o un ‘ermetico’o un ‘averroista’, Vanini fu ‘culturalmente isolato’ negli ambienti dalui frequentati. Senza dire che in siffatto procedimento il pericolo dicadere in palesi contraddizioni è altissimo, come dimostra il fatto chese collochiamo Vanini sul versante del cattolicesimo filospagnolo diFrancisco De Castro, non possiamo evidentemente collocarlo anchesul versante sarpiano. Insomma all’avventura di una biografia «comepura collezione di fatti» si oppone quella di una biografia «come puracollezione di congetture».

Per il loro carattere divulgativo i due lavori di De Paola, Vanini eil ‘ anglo–veneto e Giulio Cesare Vanini da Taurisano, filosofo europeo,pubblicati rispettivamente nel e nel , pur meritori sotto ilprofilo della pura documentazione, non danno affidamento sul piano

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Premessa

scientifico, poiché mancano di una valutazione critica dei singoli docu-menti, tanto in rapporto all’intero apparato documentario quanto inrapporto alle attestazioni autobiografiche fornite dallo stesso Vanini.In entrambi i saggi la documentazione si presenta lacunosa per laconfusione tra documenti editi e inediti e per l’imprecisa conno-tazione del concetto di ‘documento’, spesso confuso con quello ditestimonianza. D’altro canto le ricostruzioni storiche, in cui spessoDe Paola si avventura, risultano ‘sottratte’ per interi capitoli agli autoripiù disparati e di diverso orientamento, sicché danno luogo a prospet-tive ermeneutiche per lo più contraddittorie. Soprattutto discutibileappare sotto il profilo metodologico il lavoro del , ove la nozionedi ‘testimonianza’ assume una connotazione tanto ampia da includeretesti di terza e quarta mano, prodotti a secoli di distanza dalla mortedi Vanini e paradossalmente datati in anni assai prossimi al e al.

Sulla stessa scia si muove Marcella Leopizzi in un saggio articolatoin quattro sezioni in cui la prima sezione biografica (Aventure humai-ne), mutilata da vistosi tagli relativi al periodo napoletano, padovano,veneto e inglese, è ridotta a una mera ‘chronologie’, che, non senza

. La confusione tra documenti editi ed inediti consente a De Paola di omettere spessole proprie fonti e di attribuirsi la scoperta di testi già pubblicati da altri studiosi. Tale è ilcaso di alcune lettere di Ubaldini (vedi docc. , , , , ), pubblicate dalloscrivente nel «Bollettino di Storia della Filosofia dell’Università degli Studi di Lecce», a. ,–, ma , pp. –; dei docc. , , , , , , editi da A. B.H, Report on the manuscripts of the Marquess of Downshire, cit.; dei docc. , , ,editi da R. C. C, Vanini in England, «The English Historical Review», a. , ;dei docc. , , pubblicati da M. L, Dudley Carleton to John Chamberlain –.Jacobean letters, New Brunswick, New Jersey, Rutgers University Press, ; e di tre letteresarpiane, pubblicate in P. S, Opere, a cura di Gaetano e Luisa Cozzi), Milano–Napoli,Ricciardi, .

. È il caso dei manoscritti appartenenti a De Catelan che vengono scambiati comedocumenti del o del . Pubblicati nell’appendice documentaria (vedi F. D P,Giulio Cesare Vanini da Taurisano, filosofo europeo. Con nuovi documenti e testimonianze,Introduzione di G. Dotoli, Fasano, Schena, , pp. –), essi sono utilizzati nellaricostruzione biografica (ivi, pp. –). I due documenti, reperiti tra le carte di Cousin,sono in realtà due varianti del manoscritto, giacente presso la Bibliothèque Impériale diTolosa (ms. F. R. , Histoire manuscrite du Parlement de Toulouse en livres, attribuitoa Lombard) e risalente alla metà del Settecento, come è provato dai rinvii a margine aVaissète e a Nicéron.

. M. L, Les sources documentaires du courant libertin français Giulio Cesare Vanini,Préface de G. Dotoli, Fasano, Schena — Presses de l’Université Paris–Sorbonne, , p..

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Premessa

qualche eclatante svista (es. Girolamo Lopez de Noguera da ‘arrenda-tore’ diventa ‘arredatore’ ed ha il sorprendente incarico di ‘décorateurdes douanes royales’), riproduce pedissequamente parti del volumedi De Paola. Per la verità l’autrice non si accorge neppure di lasciarsopravvivere surrettiziamente nel proprio testo l’insanabile contrad-dizione tra l’ipotesi secondo cui l’Amphitheatrum è «opera ortodossascritta al fine di costruire un contesto di auto–protezione contro leautorità romane», tanto che la filosofia vaniniana «non conteneva al-cuna opinione del tutto nuova per la Francia dell’epoca», e la tesi,conclamata nelle due ultime sezioni, secondo cui Vanini sarebbe statoun libertino sic et simpliciter, nonché fonte ed ispiratore di esprits forts,quali che fossero le loro matrici ideologiche o la particolare curvaturadel loro libertinage.

Non si può dire che nel libro manchino i buoni propositi o — se sipreferisce — gli obiettivi pretenziosi. Anzi ve n’è fin troppi e tali dalasciare esterrefatti, giacché l’autrice sembra compiacersi di costituirenel contempo il punto di partenza e il punto d’approdo della storio-grafia vaniniana. Non a caso afferma — o per mero misconoscimentodella letteratura specialistica o per partito preso — che «nel corso diquattro secoli che ci separano dalla sua [di Vanini] nascita, bisognaammettere che ha regnato una grande ignoranza della sua biografia edei suoi testi», per «la presenza negli studi critici di numerosi erroriche gli storici — soprattutto del passato — hanno fatto passare per cer-tezze». E si dichiara certa di poter dipanare il bandolo della matassa,osservando che «la presentazione e l’analisi di numerosi documen-ti. . . ci permetteranno di fornire uno studio completo [il corsivo è mio]sugli ultimi anni della sua vita». Con la stessa supponenza prometteche «nella seconda parte, presenteremo in chiave criptica [perché poiin chiave criptica?] il contenuto delle due opere di Vanini. Il nostro

. Ivi, p. .. Precisamente riproduce di F. D P, Giulio Cesare Vanini da Taurisano, cit., le pp.

–, , –.. M. L, Les sources documentaires, cit., pp. –: «Œuvre orthodoxe écrite dans

le but de se construire un contexte d’auto–protection contre les autorités romaines. . . necontenait aucune opinion tout à fait nouvelle pour la France de l’époque».

. Ivi, pp. , : «Au cours de quatre siècles qui nous ont séparé de sa naissance, ilfaut admettre qu’une large méconnaissance de sa biographie et de ses textes a régné» acausa della «présence dans les études critiques de nombreuses erreurs que les historiens —notamment du passé — ont présenté comme certaines»

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Premessa

tentativo sarà di dimostrare che l’Amphitheatrum e il De admirandissono due libri a carattere dia–logico. . . basati sulla simulazione e ladissimulazione», come se sulla medesima questione non vi fosserogià stati studi precedenti.

Quindi, ignorando i lavori di Armogathe e di altri studiosi, Leopizzisi impegna a dimostrare che «Vanini a jeté les bases de la rhétoriquessubversive» e a provare che le «idées de Vanini» sono presenti «dans leTheophrastus redivivus (come se ciò non fosse già stato fatto da TullioGregory, da Gianni Paganini e da Guido Canziani), dans Les trois impo-steurs et chez La Mothe Le Vayer, Gabriel Naudé, Cyrano de Bergerac(sentieri anche questi già ampiamente esplorati). Tuttavia, controogni aspettativa, le due ultime sezioni (Aventure libertine e La présence deGiulio Cesare Vanini dans l’œuvre de quelques ‘Esprits forts’), dedicate a talicomplesse tematiche, sono assai deludenti non solo perché tradisconouna impostazione scolastica e acritica, ma soprattutto perché mirano aconfondere le prospettive intellettuali e ideologiche del Salentino conquelle di un libertinismo, tra l’altro, non adeguatamente scandagliatonella sua problematicità e nelle sue molteplici sfaccettature. Altrettantomanchevole e discutibile è l’approccio ermeneutico ai testi vaniniani ilquale non aggiunge nulla di nuovo agli esiti delle ricerche più recenti,che però vengono passate sotto silenzio, mentre si ostenta la citazione,forse presuntivamente ‘dotta’, di contributi datati come David Durand(), Raffaele Palumbo (), Ettore Passamonti () e CorinnaRomano (). E si potrebbe calcare la mano per sottolineare che lastessa lettura dei testi vaniniani è condotta sulla base dell’altrettantodatata e superata versione di Xavier Rousselot (), notoriamentezeppa di travisamenti.

In merito al corredo documentario va infine detto che vi regnala più sconcertante confusione tra documenti, fonti di prima mano,testimonianze dirette e testimonianze tardive (manoscritte o stampa-te), tutte poste, quanto ad attendibilità, sullo stesso piano. Ne derivache molte delle conclusioni tratte, anche a prescindere dalla totale

. Ivi, pp. –: «La présentation et l’analyse de nombreux documents. . . nous permet-tront de fournir une étude complète sur les dernières années de sa vie. . . dans la deuxièmepartie, nous présenterons en clé cryptique le contenu des deux œuvres de Vanini. Notretentative sera de démontrer que l’Amphitheatrum et le De admirandis sont deux livres àcaractère ‘dia–logique’. . . basés sur la simulation et la dissimulation».

. Ivi, pp. –.

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Premessa

assenza di una lettura problematica e critica della documentazione,risultano infondate. Si potrebbero addurre numerosi esempi, ma, perragioni di spazio, sarà sufficiente limitarsi ad una campionatura deicasi più appariscenti. Così l’autrice presume di poter provare chela condanna dei testi vaniniani fu tardiva sulla scorta di un mano-scritto tardo–settecentesco Libelles diffamatoires et autres livres prohibés– (BNF, ms. Fr ), il quale non è che la riproduzione diun estratto della Bibliographie instructive del Debure (–), privodi qualsivoglia accenno a censure o condanne. A partire da esso,tuttavia, Leopizzi si convince che «solo nel secolo seguente [cioè fineSettecento] le due opere di Vanini sono citate per la prima volta tra ilibri proibiti», lasciandosi sfuggire che, oltre all’intervento della Sor-bona, ostinatamente sottovalutato e a quello del vicario arcivescoviledi Tolosa, il De admirandis risulta condannato con decreto della Con-gregazione dell’Indice del luglio e registrato nella prima classedei libri proibiti nell’indice redatto da Anton Sotomaior ().

Altra paradossale e affrettata conclusione è quella di datare al — e quindi di ritenere eccessivamente tardiva — l’identificazione diVanini con l’oscuro Pomponio Usciglio («Solo dopo diciassette mesidal suo arresto si scoprì che il misterioso italiano arso a Tolosa erain realtà Giulio Cesare Vanini»), senza tener conto che l’Histoireveritable de l’execrable docteur Vanini (che non è di François Rosset, maè solo uno dei canards da lui utilizzati), pubblicata da Soubron nelgiugno , ad appena quattro mesi dall’esecuzione capitale, indicavagià nel titolo Vanini come vittima sacrificale.

Va aggiunto che mentre le fonti, già esplorate da Namer o da altrispecialisti, vengono presentate senza citarne l’autore, il volume èfatto lievitare con abbondante materiale di scarto. Tale è il caso delletestimonianze di annalisti, come Louvet de Beauvais, Bousquet de

. Ivi, p. ; la medesima posizione è espressa da F. D P, Giulio Cesare Vanini daTaurisano, cit., pp. e –.

. M. L, Les sources documentaires, cit., p. : «Ce n’est qu’au siècle suivant queles deux ouvrages de Vanini sont cités pour la première fois parmi les livres prohibés». Cfr.pp. –, , –.

. Ivi, pp. e : «Ce n’est que dix–sept mois après son arrestation que l’on s’aperçoisque le mysterieux italien brûlé à Toulouse était en réalité Giulio Cesare Vanini».

. Ivi, pp. –, –, –, –.

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Savères, che altro non sono che rifacimenti tardivi, e perciò stessoinaffidabili, dell’originale Annale dell’Hotel de ville, redatta da Nicolasde Saint–Pierre nel . Lo stesso si dica delle fonti letterarie, colla-zionate senza criterio né logico né cronologico, dal Mercure François() a Gabriel Cayron (), da Scipion Dupleix (, ma la primaedizione è del ) a Gabriel de Gramond (), da David Durand(non datato, ma ) a Louis Niceron (), da Voltaire () a Louisde Jaucourt (confuso con Diderot), dalle due Histoire veritable e daRosset () a D’Autreville (), a Claude Malingre () e a MartinZeiller (), presi dalle carte Baudouin, da Gaultier (, ma trattoda un’edizione del ) a François Garasse (, ma datato sulla basedella seconda edizione del ) e a Mersenne (), per finire aifalsi di Alexandre Du Mège e alle carte di Cousin. E concludendoche l’indagine non sconvolge le conoscenze acquisite («Les documen-ts proposés ne bouleversent pas les connaissances déja acquises»),

l’autrice non esita talvolta ad indugiare su taluni dettagli piccanti, oaddirittura picareschi, fino ad intravvedere tendenze sodomitiche nei«liens amicaux» tra Vanini e Le Masuyer o a sospettare che «l’attitudehostile de Catel» fosse «motivée par des rivalités en amour».

Inficiano infine il testo numerose imprecisioni di carattere storico (atitolo di esempio: Arthur d’Epinay de Saint–Luc sarebbe stato figlio diFrancesco I; la Patiniana sarebbe registrata nella Nazionale di Viennacon il codice Ms. –a, che è invece la sigla adottata da Foucault;Ferdinando II d’Aragona, morto, come si sa, nel , avrebbe affidato«nombreuses et prestigieuses charges» a Francisco De Castro, nato nel; Dante sarebbe autore di un verso del Guarini). Approssimativaè altresì la trascrizione dei manoscritti. Così nell’arrêt de mort è lasciatasopravvivere — sotto la suggestione di Cousin — la parola «heresie» inluogo di «haulte», che è depennata per essere un erroneo anticipo dihaulte justice presente nel dispositivo delle sentenza; e in materia diesame degli scritti vaniniani da parte dei teologi tolosani, la lettura «livre», anziché «au livre», impedisce di identificare il testo ispezionato.

. Ivi, pp. –.. Ivi, pp. –.. Ivi, p. .. Ivi, p. .. Ivi, pp. n, –.. Ivi, pp. , , , .

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Premessa

Analogamente a proposito della documentazione dell’Archeveché diTolosa, si legge «Paganini» o «Paguini» per Sante Pagnino, autore dellaBiblia hebraica; Barclailes per Barclaius ovvero John Barclay, autore delDe potestate papae; «Molinatus» o «Molinarus» per Molinaeus, ovveroCharles Du Moulin; infine la Disceptatio de secretis societatis Jesu diventadisseptation de Sirotis Societatis Tesu). Infine, meramente divulgativie privi di originalità sono i contributi di Mario Carparelli, il qualeutilizza liberamente la documentazione da me pubblicata.

Di tutt’altra natura è invece la lezione storicamente e scientifica-mente critica fornita da Giovanni Papuli nel suo saggio introduttivoalle opere vaniniane, rispetto al quale questo nostro lavoro intendefornire solo talune puntualizzazioni di carattere biografico, resesi ne-cessarie dalla scoperta di nuovi documenti. Lungi dall’avere la pretesadi sciogliere tutti i nodi della biografia vaniniana, la presente ricostru-zione vuole solo corrispondere a una serie di istanze, che possonoessere specificate nei seguenti termini: ) attenersi scrupolosamentealla documentazione a noi nota e riprodurla nella lingua originale;) collazionare solo documenti riguardanti o direttamente la figuradi Vanini o indirettamente quella di suoi amici o di personalità da luicertamente conosciute; ) interpretare ciascun documento alla lucedi tutta la documentazione disponibile e coniugare la documentazio-ne esterna con quella interna offerta dalle stesse opere vaniniane; )riprodurre e vagliare criticamente le testimonianze più significativedei primi venticinque anni dopo il rogo tolosano; ) ricostruire gliambienti culturali frequentati da Vanini, nel tentativo di far emergerele influenze da lui subite, se non proprio attraverso una oggettivadocumentazione, almeno attraverso puntuali riferimenti ai suoi testi;) stabilire un intreccio, criticamente supportato, tra le annotazioniautobiografiche, le fonti archivistiche e le più antiche testimonianzeletterarie.

. Ivi, pp. –, , , , , .. M. C, Morire allegramente da filosofi, Padova, Il Prato, ; I, Il più bello

e il più maligno spirito, Padova, Il Prato, .. G. P, Introduzione a G. C. V, Opere, a cura di G. Papuli, F. P. Raimondi,

Galatina, Congedo, (ristampato in G. P, Studi vaniniani, Galatina, Congedo, ,pp. –).