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Arlecchino

Tradizione vuole che Arlecchino sia nato a Bergamo e che la madre, poverissima, gli abbia cucito il festoso costume con scampoli di vari colori. Secondo un’altra versione, Arlecchino sia stato al servizio di un avarissimo speziale che lo vestiva con le toppe dei propri abiti sdruciti. Durante il periodo della Commedia dell'Arte nella quale le Maschere Italiane ebbero un pubblico europeo, gli attori che impersonavano Arlecchino, la popolare maschera lombarda, la trasformarono conservando la maschera nera e il berretto bianco, ma sostituendo all’antico abito rappezzato con un elegante costume nel quale le toppe dei tempi poveri sono vagamente ricordate da losanghe a colori alterni, ma ben disposte. Le sue doti caratteristiche sono l'agilità, la vivacità e la battuta pronta;il suo principale antagonista è Brighella che, come dice il nome, è attaccabrighe e imbroglione, ossequioso con i potenti e insolente con i deboli.

Maschere Italiane - Arlecchino

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Maschere Italiane - Pulcinella

Pulcinella

Questa maschera con due gobbe e il naso adunco può considerarsi la più antica del nostro Paese. Già conosciuta ai tempi dei Romani e sparita con l'arrivo del Cristianesimo, la maschera di Pulcinella è risorta nel '500 con la Commedia dell'Arte. Da allora questa maschera personifica virtù e vizi, del borghese napoletano, ma, accolto in tutta tutta Europa ha assorbito le caratteristiche nazionali: in Inghilterra è Punch, corsaro e donnaiolo; in Germania è Pulzinella e I-lanswurst cioè Giovanni Salsiccia; in Olanda è Tonelgeek; in Spagna è Don Christoval Polichinela. La maschera di Pulcinella si adatta ad ogni ruolo: padrone, servo, domestico, magistrato, ma in nessun caso atletico. Sobrio nei movimenti, lento, goffo e di poche parole, ma, quando parla, è sempre secco e mordente. Derivazioni locali della figura di Pulcinella possono essere considerati i trasteverini Meo Patacca e Marco Pepe, il bravaccio popolare napoletano Sitonno, e forse anche la caratteristica figura bolognese del Birichino.

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Colombina

La maschera di Colombina si trovano già nelle commedie di Plauto, fra le furbe ancelle, ciniche e adulatrici, sempre pronte a suggerire alla padrona malizie e astuzie. Da antica schiava Colombina nel '500 diventa la Servetta complice interessata nei sotterfugi domestici e amorosi della padrona. Il nome di Colombina compare per la prima volta nella Compagnia degli Intronati verso il 1530. Colombina è sempre l'Amorosa o la moglie di Arlecchino, assumendo il nome di Betta, Franceschina. Diamantina, Marinetta, Violetta, Corallina o anche Arlecchina, secondo le rappresentazioni. Servetta del teatro italiano e Soubrette di quello francese, Colombina ai nostri tempi finirà dopo essere passata, conservando più o meno i tratti originali del carattere, per l’opera buffa, il varietà, l’operetta per approdare alla Commedia.

Maschere Italiane Colombina

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Maschere Italiane - Gianduia

Gianduia

Gianduia indossa un tricorno e la parrucca con il codino. L'abito è di panno color marrone, bordato di rosso, con un panciotto giallo e le calze rosse. Il personaggio nasce nel '700, e non ha attinenza con la commedia dell’arte. Gianduia, deriva dall'espressione piemontese "Gioan d'la douja", che vuol dire Giovanni del boccale. Gianduja è originario di Caglianetto, in quel di Asti, è un galantuomo che incarna lo spirito bonario piemontese, cui piace il vino, l'allegria e di cui è proverbiale la distrazione. Questa maschera, prediletta dai piemontesi, deve il nome a una precauzione politica: fino al 1802, infatti, l’avevano chiamata Gerolamo, ma quell’anno, ai primi del nuovo secolo, i comici pensarono bene di ribattezzarlo per evitare che si potesse scorgere allusione al nome di Gerolamo Bonaparte, parente dell’imperatore.

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Pantalone Maschera veneziana con alcuni aspetti che la legano alla maschera di libertino credulone, beffeggiato e sempre scontento, dell’antico teatro classico. Assomiglia alla maschera bolognese del dottor Ballanzone e ad alcuni personaggi di Molière come Arpagone e Sganarello. Pantalone è sempre d’età avanzata, talora scapolo con tutto il ridicolo di chi, ormai maturo, vuol piacere ancora. Nel tempo il costume di Pantalone è cambiato, ma ha sempre conservato la caratteristica zimarra nera. Arricchito, burbanzoso e sputasentenze, avaro e diffidente, per far sfoggio della sua autorevolezza si intromettendosi, non invitato, in dispute e alterchi e, puntualmente, finisce col ricevere botte da entrambi i contendenti.

Maschere Italiane - Pantalone

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Maschere Italiane - Meneghino

Meneghino

Meneghino o Domenichino è la maschera milanese per eccellenza, inconfondibile con il suo cappello a tre punte e la parrucca con codino alla francese. Vestito di una lunga giacca di velluto, calzoni corti e calze a righe rosse e bianche, Meneghino impersona un servitore rozzo ma di buon senso, che non fugge quando deve schierarsi al fianco dei suoi simili. Generoso e sbrigativo, è abile nel deridere i difetti degli aristocratici. Pur affermandosi come maschera della Commedia dell’Arte nel Sei, Settecento, probabilmente le origine del suo nome risalgono ai "Menecmi" di Plauto, al "Menego" di Ruzante, oppure più semplicemente dal nome dei servi utilizzati nelle ricorrenze domenicali, chiamati dai milanesi "Domenighini".

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Gioppino Maschera di Bergamo compare tra la fine dell'700 e i primi dell''800 nelle province di Bergamo e Brescia. Gioppino è un personaggio rubicondo, buffo e simpatico, con una gran risata contagiosa. Fa il contadino, ma questo lavoro non gli và perché deve faticare troppo e guadagnare poco. Pieno di buon senso e di furbizia, cerca di arrangiarsi con lavoretti per arricchire di cibo la sua tavola. Indossa dei calzoni corti una camicia ed una giacchetta; in testa porta un cappello morbido, porta con se un bastone e si caratterizza per tre enormi gozzi, chiamati da lui "coralli" o "granate".

Maschere Italiane - Gioppino

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Maschere Italiane - Rugantino

Rugantino

Il romanissimo Rugantino deve il nome alla "ruganza", all'arroganza e all'abitudine di "rugà", di agire e parlare con strafottenza. Il suo tratto caratteristico è quello di un provocatore, linguacciuto e insolente, ma in realtà, è un can che abbaia ma non morde. Al fondo è anche un po' vile. "Cerca rogna, je puzza de campà, je rode", minaccia, promette di darle, ma le prende, consolandosi con la battuta divenuta giustamente celebre: "Me n'ha date tante, ma quante je n'ho dette!". Agli inizi della sua carriera era vestito come un gendarme, ma con il tempo, ha vestiti i panni civili, assumendo un carattere più pigro e bonario, che ne farà l'interprete di una Roma popolare ricca di sentimenti di solidarietà e giustizia. Povero l'abito, ma pieno di baldanza: pantaloni consunti al ginocchio, fascia intorno alla vita, camicia con casacca e fazzoletto intorno al collo.

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Brighella Attaccabrighe, imbroglione, chiacchierone; insolente con i sottoposti e insopportabilmente ossequioso con i padroni. Brighella da Bergamo dal carattere scaltro e astuto, è il cuoco, il cameriere, il capo servitù antagonista di Arlecchino e primo Zanni della Commedia dell'Arte. L'abito che Brighella si vanta di indossare è la "livrea", simbolo dell'appartenenza al padrone: calzoni larghi e giacca bianchi, listati di verde, un mantello bianco, anch’esso con due strisce verdi, un berretto a sbuffo e la mezza maschera sul viso. E' con questa uniforme che esercita il suo potere sui semplici servitori.

Maschere Italiane - Brighella

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Maschere Italiane – Misciolino

Mosciolino

Mosciolino è la maschera moderna che ha sostituito le vecchie maschere dell'Ottocento Papagnoco e Burlandoto nella città di Ancona, per il Carnevale che gli anconetani hanno ribattezzato Carnevalò. Disegnato dal grafico Andrea Goroni nel 1999, prende il nome da una cozza selvatica e non d’allevamento che viene raccolta nel tratto di mare che va da Ancona a Sirolo che si chiama appunto Misciolo Mosciolino ha l'aria di un ragazzino scanzonato, caratterizzato da orecchie a sventola, un po' a punta come quelle di un folletto, da uno sguardo birichino e dal naso un po' schiacciato e all'insù. Porta maglia e calzamaglia di color giallo ocra scolorito dal sole sotto ad una casacca senza maniche, che all'inizio era azzurra con due bande ondulate bianche e bordate di giallo oro, ma che ora è decorata da alghe verdi, pezzi di rete da pesca e sul margine inferiore, da mezzi gusci di mosciolo (mitile). Misciolino porta in testa un berretto lungo, azzurro, con una banda simile a quella della casacca. Sulla punta di questo copricapo è attaccato un mosciolo intero oppure un pesciolino rosso come le scarpe che hanno un aspetto fiabesco.

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CAPITAN SPAVENTA

Capitan Spaventa è una maschera tradizionale italiana della regione

Liguria del XI secolo. Ha un vestito a strisce colorate, gialle e

arancioni, un cappello a larghe tese abbellito con piume colorate,

ricchi stivali e una spada lunghissima che trascina facendo molto

rumore. Ha dei lunghi baffi ed un pizzo castano. E' uno spadaccino

temerario che combatte più con la lingua che con la spada (cioè parla

e discute molto). Era solito prendere in giro gli ufficiali di quel tempo.

DOTTOR BALANZONE

Il Dottor Balanzone è un costume tipico di Bologna; è una maschera

che rappresenta un personaggio pedante e brontolone; spesso parla

tanto e non conclude niente, ma è anche dotto e sapiente. In testa ha

un cappello nero a larghe falde; indossa una toga lunga e nera, il

panciotto e i pantaloni neri. Ha un merletto bianco sui polsi e, sul

collo, un bel colletto di pizzo. Porta le calze bianche e delle scarpe

nere con tanto di tacco. Ha i baffetti all'insù. Molto spesso tiene un

libro sotto braccio che completa la sua immagine.

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SCARAMUCCIA

Scaramuccia è una maschera napoletana, della Campania. Questa

maschera indossa un berretto nero alla basca, sembra una cuffia da

letto. Sul viso porta una maschera nera. La giubba corta a righe nere

e grigie scure la porta sborsata con una cinta. Scaramuccia porta un

colletto bianco alla Stuarda, fatto di pizzo. Sopra indossa un mantello

nero. I calzoni sono a metà ginocchio, completati da lunghe calze. Le

scarpe sono nere e a punta e hanno un fiocchetto all'altezza della

caviglia. E' un tipo spaccone, ma, in realtà sta quasi sempre in

silenzio; in un modo o nell'altro prende ogni giorno qualche botta! E'

uno scansafatiche eccezionale: come lui non c'è nessuno!

STENTERELLO

Stenterello è una maschera della tradizione italiana, tipica della

Toscana. Indossa una giacca blu con il risvolto delle maniche a scacchi

rossi e neri. Ha un panciotto puntinato verde pisello e dei

pantaloncini scuri e corti. Ha una calza rossa e una a strisce bianco -

azzurro e le scarpe nere. In testa porta un cappello a barchetta nero

e una parrucca con il codino. E’ molto generoso con chi è più povero

di lui, è dotato di arguzia e di saggezza che, unite all’ottimismo, gli

fanno superare le avversità della vita. Spesso è ricercato dai suoi

creditori.

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GIANGURGOLO

Il suo nome significa "Giovanni dalla gola piena": fu ideato dai

Calabresi che volevano mettere in ridicolo le persone che imitavano i

cavalieri siciliani spagnoleggianti. Ha un lungo naso, un'andatura

bellicosa e porta sempre un cappello di feltro a cono. Nei suoi pranzi

consuma carretti di maccheroni, molto pane e intere botti di vino.

Adopera la spada per inezie, ma è sempre pronto a fuggire come il

vento.

COVIELLO

E' una maschera regionale calabrese che risale al Cinquecento.

Il suo nome deriva per contrazione da Iacoviello, corrispondente in

italiano a Giacometto.

La sua parte d’attore nella commedia dell’arte, cambia spesso

secondo la trama e a seconda delle esigenze della commedia e delle

caratteristiche dell'interprete; a volte è un servo altre un bravo,

oppure un buon padre di famiglia o avido albergatore, Coviello venne

definito, la maschera delle maschere, perché è un personaggio

inafferrabile e imprevedibile.

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PEPPE NAPPA

Peppe Nappa presenta più di un'affinità con il Pierrot

francese, sia per il costume che indossa che per alcuni

aspetti caratteriali.

Beppe Nappa rappresenta un siciliano fannullone,

intorpidito da un sonno perenne che lo costringe a

sbadigliare continuamente.

E' il pigro servitore di un padrone che può essere un

commerciante, un innamorato, o un vecchio barone.

In realtà non svolge il suo lavoro in modo efficiente, anzi

passa dal sonno,alla ricerca di cibo,aiutato da un fiuto

infallibile, per tornare poi al suo mondo di sogni.

Meo Patacca è la maschera romana, che assieme a quella di Rugantino, rappresenta il coraggio e la spavalderia di certi tipi di Trastevere, il quartiere più popolare di Roma. Spiritoso ed insolente, Meo Patacca é il classico bullo romano, sfrontato ed attaccabrighe, esperto ed infallibile tiratore di fionda, ma in fondo, generoso e di animo aperto. Gli piace é vero fare lo spaccone e parlare in dialetto romanesco, in modo declamatorio, ma poi all'occorrenza non fugge. Anzi, quando ci scappa la rissa, si getta nella mischia e la sua fama é ben nota in Trastevere e in tutta Roma. A parte il suo carattere sicuramente un po' difficile che si adombra per niente e quel suo strano modo di discutere con qualcuno, prima con le mani poi con le parole. Il suo personaggio ebbe a lungo fortuna sulle scene e pur trasformato col tempo, in un tipo più serio e meno manesco, ha mantenuto inalterati i caratteri di vanaglorioso romano, sbruffone e provocatore.

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Il Carnevale ha origini pagane, risale infatti ai festeggiamenti che i

Romani organizzavano in onore del Dio Saturno (chiamati appunto

“Saturnalia”), e quelli dedicati al Dio Pane, celebrati nel freddo mese

di Febbraio.

Prima dell’avvento del Cristianesimo, che ha legato questo periodo

alla festività pasquale, il Carnevale aveva un significato simbolico,

poiché serviva a salutare l’inverno inneggiando all’entrata della

nuova stagione primaverile, che secondo la tradizione popolare, è

portatrice di fertilità e fecondità per la terra in vista dei prossimi

raccolti.

Nel Medioevo il Carnevale diventa un periodo dedicato alla baldoria,

alla trasgressione, ai banchetti opulenti. Successivamente la

Controriforma provvede a ridimensionare questa festività, non vista

di buon occhio dagli ordini religiosi e dalla Chiesa.

Gli attori in maschera, che portavano in giro le rappresentazioni del

Carnevale, nel Cinquecento cominciano ad esibirsi nelle corti, davanti

ai nobili e nei magnifici palazzi rinascimentali.

In questo periodo il Carnevale resta appannaggio della nobiltà e

perde il carattere popolare che aveva alle origini. Nel Seicento,

invece, nascono le maschere regionali in tutta Italia, e ovunque si

organizzano compagnie girovaghe che mettono in scena

rappresentazioni carnevalesche.

Le “maschere” utilizzano il gergo popolare e rappresentano vizi e

virtù degli uomini: Pulcinella ben rispecchia l’indole dei napoletani,

Pantalone “parla” degli usi e costumi di Venezia, Arlecchino è lo

specchio del territorio bergamasco, Meneghino è la maschera creata

dai milanesi, Gianduia rappresenta senza dubbio il carattere dei

torinesi.

Secondo la tradizione che più ci appartiene, quella cattolica, il

Carnevale è quel periodo compreso tra l’Epifania e la Quaresima, e

deriva dal termine latino “carmen levare”, il cui significato è “togliere

la carne”. Nel periodo di tempo dedicato alla Quaresima i cattolici si

astengono dal cibo (digiuno) o soltanto dal consumo di carne, in vista

della Pasqua.

Le autorità ecclesiastiche stabiliscono il giorno preciso in cui si

celebra il Carnevale. Nel periodo di Carnevale le persone fanno

baldoria per strada, organizzando feste in maschera e carri

mascherati. In Italia vi sono Paesi in cui si organizza un Carnevale

tipico e caratteristico, fatto di carri satirici e maschere varie: in Puglia

vi è Putignano e Manfredonia, in Sicilia: Sciacca ed Acireale, in

Veneto ricordiamo quello di Venezia, e poi quello spettacolare di

Viareggio.