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La fine e l’inizio E’ una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. E’ una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele. Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio. da Il piccolo principe di Antonie de Saint-Exupéry Auguri per il prossimo anno per una cultura della donazione Non ho dubbi DI VINCENZO GALLUCCI C i devono certamente essere specialità mediche che coinvolgono meno dal punto di vista emotivo! Anche chi ha dietro di sé molti anni di attività cardiochi- rurgica, spesso assai impegnativa, ed ha conosciuto successi e talora, purtroppo in- successi ed ha visto da vicino la morte im- padronirsi di un suo malato, non può non essere partecipe dell’attesa angosciosa di chi sente la vita spegnersi dentro di sé, in attesa di un trapianto di cuore. Di chi, in- credibile ma umano, attende che un’altra persona, certamente cara a molti, muoia perché il suo cuore possa essergli donato, da parenti che capiscano l’importanza di un tale dono. Importante, oltre, che agli effetti di salvare un’altra vita, anche e so- prattutto perché è espressione di grande carità e solidarietà umana. È segno di co- scienza civile, di chi si rende conto che pur nella sciagura e nel dolore per la morte di un giovane familiare, un’altra vita, al ter- mine per malattia, non altrimenti curabile, può essere prolungata e restituita ad un fu- turo. E ciò consentendo che i suoi organi, altrimenti destinati alla dissoluzione, viva- no ancora, donati e trapiantati in altre per- sone. Non credo vi sia migliore espressione per questo atto che è un dono di vita. Non tutti vi acconsentono, e questo è certamen- te capibile, anche se non sempre compren- sibile. La richiesta che il rianimatore, che fi- no ad allora ha tutto tentato, fa ai parenti con non poca emozione, è drammatica: mentre li rende partecipi della morte del fi- glio, o padre, o moglie, o marito, per l’ ir- reversibilità del danno al cervello, chiede anche a loro di superare questo immane dolore e di pensare per un momento agli altri, alle migliaia di altri ammalati che hanno disperato bisogno di un trapianto, del dono di un organo. Questo atto di ca- rità, che molti in tutto il mondo hanno fat- to e altri ogni giorno fanno, non è sempre compreso. C’è chi mi ha detto di essere sta- to criticato per la sua donazione, di aver a volte pensato che forse si sarebbe potuto fare ancora qualcosa per il proprio caro, di aver dubitato della reale efficacia dei tra- pianti, ecc. La richiesta di donazione, ed il prelievo, avvengono solo quando sia stato dimostrato in modo inequivocabile l’irre- versibilità della morte cerebrale, ed in ciò la legge italiana è rigorosa. Questo dovreb- be rassicurare i parenti, ma ancor più essi dovrebbero rendersi conto che oggi i tra- pianti in genere, e quello di cuore in parti- colare, rappresentano una forma di terapia efficace e duratura, radicale e quindi pro- Trimestrale dell’Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule- Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica - Reg. Tribunale di Roma n. 224/98 del 19 maggio 1998 Iscritto al Registro Stampa del Garante per l’Editoria - Tariffa R.O.C. - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Roma. Direzione: Via Silvio Pellico 9 - 00195 Roma - Tel. 06/3728139 - Fax 06/97614989 - Internet: http://www.aido.it - [email protected] Si contribuisce alle spese di stampa come amici: Abbonamento 12,00 - Soci Ordinari 26,00 - Sostenitori 52,00 - Versamenti sul c/c postale n. 1007977604 intestato a L’ARCOBALENO - Via Silvio Pellico 9 - 00195 Roma oppure sul c.c. intestato a Aido Nazionale - Unicredit - IBAN: IT04J0200803295000004780281 In questo numero: Anno 18 - n. 4 Dicembre 2015 Il progetto Mo.N.D.O. Stati generali della Rete trapiantologica di CONCETTA DI FILIPPO a pag. 2-3 L’ARCOBALENO Albert Einstein “Il valore di un uomo dovrebbe essere misurato in base a quanto dà e non in base a quanto è in grado di ricevere.” Fisico e filosofo Il valore della donazione segue a pag. 7 Il trapianto di cuore in Italia compie 30 anni di vita di NADIA PIETRANGELI a pag. 6 Dono organi e comunità immigrate. Pieghevole in lingua a pag. 7 Aderisco perché “Aderisco perché” è la prima campagna nazionale di sensibilizzazione sul valore dell’aderenza alle terapie immunosoppressive post-trapian- to patrocinata da A.I.D.O. – Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule; ANED – Associazione Nazionale Emodializzati Dialisi e Trapianto; EpaC Onlus; SIN – Società Italiana di Nefrologia e SITO – Società Italiana di Trapianti d’Organo, e realizzata grazie al supporto di Astellas. Il progetto ha come obiettivo quello di coinvolgere i diversi stakehol- der della “comunità” dei trapianti, in particolare i pazienti, per sensi- bilizzare sui benefici di una corretta aderenza alle terapie come pre- supposto per mantenere in salute l’organo trapiantato e recuperare una buona qualità di vita. Focus della campagna “Aderisco perché” sono i pazienti: quanto cono- scono il concetto di aderenza terapeutica? E quanto ne percepiscono a pieno il significato e il valore? Quali sono i profili più a rischio di non aderenza? E quali strumenti hanno i pazienti per aderire alle terapie? La campagna “Aderisco perché” vuole essere di stimolo e motivazione ai pazienti affinché vivano con fiducia il futuro e la “nuova vita” che il trapianto d’organo ha permesso loro di iniziare, prendendo coscienza dell’importanza della corretta aderenza alla terapia dopo il trapianto. forum: pagg. 4-5 a cura di GIOVANNI LOMBARDO E GAIA SCAPATICCI

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La fine e l’inizioE’ una follia odiaretutte le rose perchéuna spina ti ha punto,abbandonare tutti i sogniperché uno di loronon si è realizzato,rinunciare a tutti i tentativiperché uno è fallito.E’ una follia condannaretutte le amicizieperché una ti ha tradito,non credere in nessun amoresolo perché uno di loroè stato infedele.Ci sarà sempreun’altra opportunità,un’altra amicizia,un altro amore,una nuova forza.Per ogni finec’è un nuovo inizio.

da Il piccolo principedi Antonie de Saint-Exupéry

Auguriper il prossimo anno

per una cultura della donazione

Non ho dubbiDI VINCENZO GALLUCCI

Ci devono certamente essere specialitàmediche che coinvolgono meno dalpunto di vista emotivo! Anche chi ha

dietro di sé molti anni di attività cardiochi-rurgica, spesso assai impegnativa, ed haconosciuto successi e talora, purtroppo in-successi ed ha visto da vicino la morte im-padronirsi di un suo malato, non può nonessere partecipe dell’attesa angosciosa dichi sente la vita spegnersi dentro di sé, inattesa di un trapianto di cuore. Di chi, in-credibile ma umano, attende che un’altrapersona, certamente cara a molti, muoiaperché il suo cuore possa essergli donato,da parenti che capiscano l’importanza diun tale dono. Importante, oltre, che aglieffetti di salvare un’altra vita, anche e so-prattutto perché è espressione di grandecarità e solidarietà umana. È segno di co-scienza civile, di chi si rende conto che purnella sciagura e nel dolore per la morte diun giovane familiare, un’altra vita, al ter-mine per malattia, non altrimenti curabile,può essere prolungata e restituita ad un fu-turo. E ciò consentendo che i suoi organi,altrimenti destinati alla dissoluzione, viva-no ancora, donati e trapiantati in altre per-sone. Non credo vi sia migliore espressioneper questo atto che è un dono di vita. Nontutti vi acconsentono, e questo è certamen-te capibile, anche se non sempre compren-sibile. La richiesta che il rianimatore, che fi-no ad allora ha tutto tentato, fa ai parenticon non poca emozione, è drammatica:mentre li rende partecipi della morte del fi-glio, o padre, o moglie, o marito, per l’ ir-reversibilità del danno al cervello, chiedeanche a loro di superare questo immanedolore e di pensare per un momento aglialtri, alle migliaia di altri ammalati chehanno disperato bisogno di un trapianto,del dono di un organo. Questo atto di ca-rità, che molti in tutto il mondo hanno fat-to e altri ogni giorno fanno, non è semprecompreso. C’è chi mi ha detto di essere sta-to criticato per la sua donazione, di aver avolte pensato che forse si sarebbe potutofare ancora qualcosa per il proprio caro, diaver dubitato della reale  efficacia dei tra-pianti, ecc. La richiesta di donazione, ed ilprelievo, avvengono solo quando sia statodimostrato in modo inequivocabile l’irre-versibilità della morte cerebrale, ed in ciòla legge italiana è rigorosa. Questo dovreb-be rassicurare i parenti, ma ancor più essidovrebbero rendersi conto che oggi i tra-pianti in genere, e quello di cuore in parti-colare, rappresentano una forma di terapiaefficace e duratura, radicale e quindi pro-

Trimestrale dell’Associazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti e Cellule- Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica - Reg. Tribunale di Roma n. 224/98 del 19 maggio 1998 Iscritto al Registro Stampa del Garante perl’Editoria - Tariffa R.O.C. - Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, DCB Roma. Direzione: Via Silvio Pellico 9 - 00195 Roma - Tel. 06/3728139 - Fax 06/97614989 -Internet: http://www.aido.it - [email protected] Si contribuisce alle spese di stampa come amici: Abbonamento € 12,00 - Soci Ordinari € 26,00 - Sostenitori € 52,00 - Versamenti sul c/c postale n. 1007977604 intestato aL’ARCOBALENO - Via Silvio Pellico 9 -� 00195 Roma oppure sul c.c. intestato a Aido Nazionale - Unicredit - IBAN: IT04J0200803295000004780281

In questo numero:

Anno 18 - n. 4 Dicembre 2015

Il progetto Mo.N.D.O.

Stati generali dellaRete trapiantologica

di CONCETTA DI FILIPPO

a pag. 2-3

L’ARCOBALENO

Albert Einstein

“Il valore di un uomo dovrebbe essere misuratoin base a quanto dà e non in base a quantoè in grado di ricevere.”

Fisico e filosofo

Il valore della donazione

segue a pag. 7

Il trapianto di cuorein Italia compie30 anni di vita

di NADIA PIETRANGELI

a pag. 6

Dono organie comunitàimmigrate.

Pieghevole in linguaa pag. 7

Aderisco perché“Aderisco perché” è la prima campagna nazionale di sensibilizzazionesul valore dell’aderenza alle terapie immunosoppressive post-trapian-to patrocinata da A.I.D.O. – Associazione Italiana per la Donazione diOrgani, Tessuti e Cellule; ANED – Associazione Nazionale EmodializzatiDialisi e Trapianto; EpaC Onlus; SIN – Società Italiana di Nefrologia eSITO – Società Italiana di Trapianti d’Organo, e realizzata grazie alsupporto di Astellas.Il progetto ha come obiettivo quello di coinvolgere i diversi stakehol-der della “comunità” dei trapianti, in particolare i pazienti, per sensi-bilizzare sui benefici di una corretta aderenza alle terapie come pre-supposto per mantenere in salute l’organo trapiantato e recuperareuna buona qualità di vita.Focus della campagna “Aderisco perché” sono i pazienti: quanto cono-scono il concetto di aderenza terapeutica? E quanto ne percepiscono apieno il significato e il valore? Quali sono i profili più a rischio di nonaderenza? E quali strumenti hanno i pazienti per aderire alle terapie?La campagna “Aderisco perché” vuole essere di stimolo e motivazioneai pazienti affinché vivano con fiducia il futuro e la “nuova vita” che iltrapianto d’organo ha permesso loro di iniziare, prendendo coscienzadell’importanza della corretta aderenza alla terapia dopo il trapianto.

forum: pagg. 4-5 a cura di GIOVANNI LOMBARDO E GAIA SCAPATICCI

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Programma nazionale per la donazionedi organi negli ospedali italiani.

Il progetto Mo.N.D.O.

per una cultura della donazione

L’ARCOBALENO

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Rete Nazionale Trapianti

Tra il 2012 e oggi l’Unione Europea ha finanziato, tra gli altri in tema di dona-zione e trapianto, due progetti: ODEQUS (Organ Donation European QualitySystem) e ACCORD (Achieving Comprehensive Coordination in Organ Donation

throughout the European Union).I due progetti hanno avuto come obiettivo, affidato a specifici gruppi di lavoro, ilmiglioramento della qualità della donazione di organi nelle strutture ospedaliere; ilprimo fornendo un sistema di indicatori di qualità per l’autovalutazione delleperformance, il secondo per aumentare la collaborazione e il coordinamento delleattività di donazione, rafforzando la cooperazione tra le rianimazioni e i coordina-tori, attraverso un’analisi su come il fine-vita cambi a seconda dell’ospedale.Gli obiettivi specifici di ODEQUS sono stati quelli di individuare criteri di qualità e disviluppare gli indicatori di qualità in 3 tipologie di donazione di organi: a seguitodi morte cerebrale, a cuore fermo e per la donazione da vivente.Lo scopo del progetto ACCORD era quello di documentare le variazioni di tratta-mento nel fine-vita su pazienti con lesione cerebrale devastante e analizzare il pro-cesso decisionale clinico come fattore potenzialmente critico rispetto alla possibilitàdi donazione di organi. Il progetto ha previsto anche l’ideazione e l’implementa-zione di programmi di miglioramento specifici nei singoli ospedali. I risultati ottenuti da questi studi insieme alle analisi e riflessioni condotte negli ul-timi anni da parte del Centro Nazionale Trapianti sul lavoro delle rianimazioni e lagestione dei cerebrolesi gravi hanno indotto il CNT a disegnare un progetto di ri-cerca biennale e di miglioramento della qualità, che utilizzi la metodologia e i cri-teri definiti a livello europeo.La potenzialità di donazione di organi da cadavere in Italia è molto superiore agli at-tuali risultati e inferiore alla richiesta di trapianto terapeutico; è quindi prioritario

rendere più omogenei i risultati di tutte le regioni implementando i migliori modellidi efficienza nazionale. Il modello basato sui coordinamenti ospedalieri non è in gra-do di affrontare la sempre maggiore difficoltà nel condurre il processo di donazioneall’interno di rianimazioni penalizzate dalla grave diminuzione delle risorse e dallenuove realtà epidemiologiche, organizzative e assistenziali che limitano l’accesso inrianimazione di pazienti con lesioni cerebrali devastanti con potenziale evoluzione inmorte encefalica. Le difficoltà nel mantenere i livelli di donazione in morte encefalicasono ancora più evidenti quando l’obiettivo è quello di realizzare la donazione a cuo-re fermo in soggetti con arresto cardiocircolatorio extra o intra ospedaliero.La rete dei coordinatori, peraltro mai pienamente realizzata rispetto al modello ori-ginale spagnolo, ha comunque prodotto grandi risultati negli ultimi vent’anni manon può oggi e nel prossimo futuro permettere il mantenimento e la crescita delladonazione di organi in Italia, che oggi infatti mostra segni di fragilità proprio nelleregioni che storicamente hanno raggiunto i risultati migliori.L’obiettivo attuale deve quindi essere il rilancio su scala nazionale della donazionedi organi in morte encefalica e la promozione di quella a cuore fermo. Ciò richiedeun Programma che sviluppi una nuova strategia di cooperazione del CNT con le re-gioni e con gli ospedali finalizzata all’implementazione e diffusione di modelli effi-cienti, anche mediante la definizione di metodi innovativi di supporto organizzati-vo e gestionale del processo di donazione.Il Programma dovrebbe svilupparsi in 2-3 anni attraverso iniziative coordinate dalCNT e mirate alla soluzione degli aspetti critici che oggi limitano la donazione, sot-to la guida di una task-force nazionale dedicata che utilizzi, oltre alle competenzetecniche specifiche, anche le metodologie per il miglioramento della qualità giàapplicate con successo al processo di donazione di organi in Europa.

Decalogo per un Modello Nazionale per la Donazionedi Organi da cadavere (DBD-DCD) - Programma italiano Mo.N.D.O.• Descrivere e analizzare i cambiamenti dell’epidemiologia clinica della cerebrolesione acuta e dei nuovi percorsi assistenziali, definendo un linguaggio comune.• Considerare i risultati di donazione regionale sulla base di criteri e indicatori condivisi di qualità.• Definire obbiettivi di donazione per i singoli ospedali sulla base dell’analisi della potenzialità, della sostenibilità e della realtà inerente i percorsi e i modelli di or-

ganizzazione nelle singole regioni.• Ampliare gli obbiettivi di formazione e tutoraggio a tutte le professionalità che devono partecipare all’identificazione del potenziale donatore (i coordinatori

ospedalieri no possono influire sulla policy di ammissione in TI dei pazienti con danno celebrale devastante; il triage è effettuato nell’area critica da differenti pro-fessionalità, i.e. NCH, PS, neurologo, 118).

• Promuovere il concetto di Donazione di organi come Livello Essenziale di Assistenza (LEA) nell’ambito di un sistema di qualità dell’ospedale e della regione; gli at-tori principali del nuovo modello devono essere i medici e il personale di area critica e dell’emergenza, con la governance da parte delle Direzioni ospedaliere edelle regioni.

• Definire obiettivi regionali annuali differenti di miglioramento e strumenti di “incentivazione” non esclusivamente economici (ad es. punteggio di qualità perospedali e reparti, certificazione di merito, ecc.).

• Promuovere l’integrazione della donazione nei percorsi clinici e organizzativi codificati e nelle linee guida in collaborazione con le Società Scientifiche e gli organi-smi regionali (ad es. le linee guida dell’ictus e del trauma cranico devono comprendere l’identificazione e il trattamento del potenziale donatore) e condivisionedell’obbiettivo di donazione con il personale di PS, 118 e dipartimenti di emergenza dei grandi ospedali hub per neurochirurgia, neuroradiologia terapeutica e ictus.

• Costruzione e disseminazione di un modello nazionale per l’identificazione del potenziale donatore DCD, con la definizione di criteri etici e procedurali nazionali.• Promozione in collaborazione con le Società Scientifiche di Convegni nazionali, progetti di ricerca; definizione di un gruppo di lavoro multidisciplinare della Con-

sulta con esperti dell’area critica e della programmazione sanitaria e di una task-force nazionale operativa.• Definizione di modelli innovativi di supporto che permetta una gestione olistica del processo di donazione da parte di personale addestrato e dedicato, dal tratta-

mento del potenziale donatore al trasporto e trapianto deli organi.

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Gli Stati generali delle Rete trapiantologica, organizzati a Roma l’11 e il 12 no-vembre scorso, sono stati la risposta a una forte esigenza di incontro con tuttigli interlocutori per trovare, insieme, gli indirizzi programmatici per la rete

per i prossimi anni. Prima tra tutte gli Stati generali hanno delineato la necessità diattuare un Programma nazionale sulla Donazione che nasce dalla capacità dimo-strata in alcune Regioni Italiane di raggiungere ottimi livelli di procurement. Laprospettiva è quella di creare dei criteri di qualità che siano identificabili nelle mi-gliori pratiche che già esistono nel nostro paese e che siano trasferibili in tutte le re-gioni italiane con l’obiettivo di creare degli indicatori che possano permettere dicontrollare e di misurare il processo di donazione per renderlo più efficiente.Creando un sistema basato su degli standard minimi che siano applicabili su tuttoil territorio nazionale, si potrà puntare a degli obiettivi ambiziosi come quello diraggiungere, in un paio di anni, i 20 donatori per milione di abitanti in tutte le Re-gioni del nostro Paese. Sempre per rispondere all’esigenza di aumentare il numerodi donatori si dovrà puntare sull’incremento del programma di donazione a cuorefermo che, sebbene nel nostro Paese abbia delle difficoltà insite nella durata delperiodo di attività cardiaca assente necessaria per dell’accertamento di morte (20minuti contro i 5 del resto d’Europa), sta già dando ottimi risultati grazie all’utiliz-zo dei nuovi sistemi di riperfusione degli organi che negli ultimi mesi hanno per-messo di effettuare trapianti non solo di reni ma anche di fegato e di polmone. Sulfronte, poi, dell’ aumento degli organi utilizzati e, dunque, dei trapianti effettuati,gli Stati generali hanno sancito il ruolo determinante del Centro nazionale trapiantioperativo (Cnto): un unico interlocutore centrale a livello di coordinamento per-

mette una visione sistemica in tempo reale di quelle che sono le attività di donazio-ne e trapianto, di rispondere in maniera più coerente alla rete ma anche di valoriz-zane gli sforzi. La vera novità degli Stati generali è che per la prima volta si è creatoun ponte tra il mondo degli organi e quello dei tessuti e delle cellule, da sempreuniti sotto un unico cappello diretto e coordinato dal Centro nazionale trapianti,ma che per lungo tempo hanno viaggiato su binari paralleli. L’Italia, infatti, è ilPaese leader in Europa in termini di donazione e trapianto di tessuti e tra quelli chefanno scuola sul tema del trapianto delle staminali ematopoietiche. Non a caso ilnostro Paese è già all’avanguardia nel trapianto di midollo osseo da donatori aploi-dentici: sino a ora per questo tipo di trapianti si utilizzavano donatori familiari concompatibilità pari al 100% o donatori estranei iscritti ai Registri che avessero an-ch’essi lo stesso livello di compatibilità. Oggi si è in grado di eseguire i trapiantiaploidentici ossia di trapianti da familiari che abbiano una compatibilità al 50%con il paziente, in sostanza un’ulteriore possibilità terapeutica da offrire al pazien-te. Per i pazienti in attesa di trapianto e trapiantati, inoltre, si aprono sempre piùvie per il recupero totale e il ritorno a una vita piena. Uno degli obiettivi che si in-tende raggiungere nel prossimo biennio è quello di mandare in palestra il maggiornumero di pazienti trapiantati. Si ha oramai la certezza scientifica, documentata davarie pubblicazioni fatte negli ultimi anni, che effettuare una regolare e sommini-strata attività fisica, infatti, permette al trapiantato di tenere sotto controllo creati-nina e colesterolo, di controbilanciare gli effetti della terapia immunodepressiva.

pagine a cura di CONCETTA DI FILIPPO

per una cultura della donazione

L’ARCOBALENO

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Stati generali della Rete trapiantologica

I due posterpresentatida A.I.D.O.

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Il dono di un organo è un gesto di civismo e di so-lidarietà, ma questo straordinario regalo richiedeattenzione e cura da parte di chi lo riceve. Per

“tornare davvero a vivere” dopo un trapianto e so-prattutto avere una lunga prospettiva di vita, lachiave è l’aderenza alle terapie prescritte. Gli studievidenziano, infatti, che una scarsa aderenza alla te-rapia immunosoppressiva è una delle principali cau-se di non efficacia delle cure ed è associata ad un au-mentato rischio di morbilità, mortalità e, nel caso ditrapianto d’organo, al rischio di rigetto e perditadell’organo. Aderire alla terapia è un patto d’allean-za con il proprio medico, ma soprattutto una sfidaquotidiana con se stessi.“Aderisco perché…”, patrocinata da A.I.D.O. – Asso-ciazione Italiana per la Donazione di Organi, Tessuti eCellule, ANED – Associazione Nazionale EmodializzatiDialisi e Trapianto, EpaC Onlus, SIN – Società Italianadi Nefrologia e SITO – Società Italiana di Trapiantid’Organo, e realizzata grazie al supporto di Astellas,è la prima campagna di sensibilizzazione sul valoredell’aderenza alle terapie rivolta ai pazienti trapian-tati e alle loro famiglie.

La Campagna si propone quindi di valorizzare l’espe-rienza di ogni singolo paziente trapiantato e lo fa at-traverso il libro “Aderisco perché – Storie vissute perchi ha una storia ancora tutta da vivere”, nel qualecinque protagonisti, Marianna, Francesca, Marco,Giuseppe ed Eugenio, raccontano le loro storie di vitadopo il trapianto. Oltre alla storia, per ogni protago-nista è presente un momento di riflessione sui mo-menti chiave della narrazione e le difficoltà principaliincontrate nel percorso post-trapianto; e un’ultimasezione in cui il lettore viene direttamente coinvolto emesso alla prova attraverso consigli e suggerimenti

utili a misurare il proprio grado di aderenza alla te-rapia e di come affrontare al meglio le cure con l’aiu-to dei medici e degli infermieri, figure fondamentalialle quali rivolgersi nei momenti di difficoltà.

Il libro “Aderisco perché – Storie vissute per chi hauna storia ancora tutta da vivere” sarà distribuitodalle Associazioni promotrici della campagna,A.I.D.O., ANED e EpaC Onlus, oltre che dalle SocietàScientifiche, direttamente ai Centri di Trapianto e aiReparti di Nefrologia.

«L’aderenza alle terapie è estremamente importante –afferma Franco Citterio, presidente SITO, questo per-ché i pazienti dopo il trapianto d’organo devono as-sumere i farmaci immunosoppressivi per evitare lareazione di rigetto e lo scopo di queste terapie è pro-prio quello di tenere depresso il sistema immunitario.A volte il migliore dei trattamenti perde efficacia acausa della mancata aderenza, che determina proble-mi a livello clinico, ma anche economico poiché gene-ra spreco di risorse del sistema sanitario nazionale».In Italia, nonostante l’aumento del numero di dona-tori d’organo, superiori del 25% rispetto alla mediaeuropea, l’aumento del numero di organi trapiantati,pari a 3.135 contro i 3.068 dell’anno precedente e ladiminuzione significativa del tempo di attesa per untrapianto, rimane comunque di fondamentale impor-tanza far comprendere ai pazienti e alle loro famiglieil valore della terapia post trapianto e della corretta eregolare assun-zione per otte-nere il successoclinico.«La perdita del-l’organo tra-piantato, dovutaalla non aderen-za alla terapiaimmunosoppres-siva, è un datoche la letteraturapiù recente haevidenziato edesiste il rischioconcreto che ipazienti mani-polino le terapie

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Aderisco La campagna nata con l’intento di sensibilizza

e i loro familiari sui benefici della corretta a

a cura di GIOVANNI LOMBA

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fino ad arrivare a sospenderle  – osserva ValentinaParis, presidente ANED, – gli ostacoli sono due: dauna parte la cronicità e la ripetitività della terapiache deve essere assunta per tutta la vita comportauna stanchezza quasi fisiologica, dall’altra il fattoche se succede una tantum di dimenticare la pasticcasembra in apparenza che non succeda niente all’or-gano o quanto meno dai controlli del sangue le con-seguenze non sono immediatamente rilevate. Tuttoquesto induce il paziente a pensare che “forse i far-maci non servono più”. Da qui la necessità di coin-volgere emotivamente i pazienti anche attraverso ini-ziative come la campagna Aderisco perché».Molteplici sono le cause alla base della non aderenzaterapeutica (socio-economiche, personali, ambienta-li), in parte da ascriversi al paziente che spesso hauna scarsa consapevolezza e percezione della propriamalattia, in parte da attribuire agli operatori sanitari

che a volte nonforniscono glistrumenti idoneiai pazienti affin-ché questi ultimisiano messi ingrado di attuareun self care cor-retto e convinto.«Il medico haun’arma moltosemplice e diret-ta  per far capireal paziente tra-piantato l’im-portanza di ade-rire alla terapiaimmunosoppres-

siva – spiega Antonio Santoro, presidente SIN, SocietàItaliana di Nefrologia – in primo luogo ricordargli ladialisi e che la non aderenza significa rigetto e ritornoai trattamenti dialitici; in secondo luogo, far leva sulfatto che avere ricevuto in dono un organo è stato uncolpo di fortuna enorme e che questo dono va preser-vato in tutti i modi, specie se è arrivato da un viventeche ha messo a rischio la sua stessa salute per aiutarloa rivivere. Il dialogo, posto in questi termini, è moltoimportante, deve farlo il medico oppure uno psicolo-go del Centro trapiantologico».Accanto alla giusta informazione, la semplificazione

dello schema terapeutico è fondamentale.  Sono re-centemente state sviluppate nuove formulazioni chepermettono la monosomministrazione giornaliera,questo non solo semplifica la terapia ma aumenta lamotivazione perché riduce la possibilità di errore epotenzia la fiducia del paziente. La semplificazioneterapeutica, la condivisione delle esperienze e unpatto di mutua fiducia medico-paziente rappresen-tano stimoli decisivi per non compromettere gli esiticlinici del trapianto e le prospettive di vita.«I medici di solito danno per scontato che il pazienteaderisca alle terapie, pertanto questo aspetto vienemolto spesso trascurato durante le visite proprio per-ché l’operatore sanitario si concentra su altro, in -particolare su problemi di tipo clinico – dice IvanGardini, presidente EPAC Onlus – credo nella neces-sità di un counselling, verificato e valutato da opera-tori sanitari esperti durante i controlli che il pazienteeffettua periodicamente».La donazione di organi, post-mortem e da vivente, èun gesto volontario di enorme solidarietà. È come re-stituire la vita a qualcun’altro. L’Italia a livello euro-peo si colloca al secondo posto, dopo la Spagna, pernumero di donatori d’organo, ma è importante con-tinuare l’opera di sensibilizzazione e informazione sultema della donazione tra l’opinione pubblica, i pa-zienti in lista d’attesa e le loro famiglie.«L’informazione  – sottolinea Vincenzo Passarelli,presidente A.I.D.O., riveste un ruolo importante per-ché serve a superare paure e pregiudizi che di solito,accompagnandosi a sfiducia e timori di diverso ordi-ne, creano diffidenza verso la donazione. È necessa-rio stimolare la discussione su questo tema tanto im-portante e lavorare su quelle persone che non sono diper sé contrarie ma nemmeno sufficientemente infor-mate e, quindi, decise».

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per una cultura della donazione

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o perché…zare e stimolare i pazienti trapiantati d’organoa adesione alle terapie immunosoppressive.

OMBARDO E GAIA SCAPATICCI

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Il 14 novembre del 1985, dopo unintervento durato quattro ore, ilcardiochirurgo dell’università di

Padova Vincenzo Gallucci trapiantònel petto di un falegname trentano-venne, Ilario Lazzari, il cuore delgiovane trevigiano Francesco Bu-snello, morto in un incidente stra-dale. L’organo era stato prelevatodallo stesso chirurgo, che lo avevatrasportato personalmente in auto-mobile da Treviso a Padova.Trenta anni sono passati da quellanotte in cui la cardiochirurgia italia-na recuperò d’un balzo il ritardo ac-

cumulato: il primo trapianto di cuore fu eseguito nel 1967 a Città del Capo dal prof.Christian Barnard. Un ritardo – come si vide dall’efficienza con cui venne eseguito ilprimo intervento e dal primato mondiale conquistato dall’Italia nel corso degli anni– non imputabile alla carenza di formazione o all’impreparazione dei cardiochirur-ghi italiani, piuttosto alla burocrazia che negava l’autorizzazione al trapianto car-diaco. L’allora ministro della Sanità, Costante Degan, dava il via libera l’11 novem-bre 1985: appena 3 giorni dopo il primo paziente italiano aveva un cuore nuovo.Trenta anni fa: sembra ieri eppure erano altri tempi. Chi proponeva il trapianto, inparticolare quello di cuore, era considerato un assassino. Alcuni cardiochirurghi su-birono aggressioni pesantissime, con scritte sui muri, con minacce. Era difficile farcapire che asportando il cuore non si provocava la morte del paziente già decedu-to: l’idea della vita legata al cuore era durissima dasmantellare e la campagna contro il trapianto duròmolti anni, legando l’immagine vita all’immaginecuore. Quel famoso primo intervento del novembre1985 fu un traguardo e un primo passo importante:oggi l’Italia è tra i paesi più avanzati non solo per ilnumero dei trapianti ma soprattutto per la qualitàdei risultati. 

Il primo trapianto di cuore nel ricordodel presidente nazionale A.I.D.O., Vincenzo Passarelli

Il programma “trapianto di cuore” varato nel 1985 ha usufruito, per il decollo e losviluppo, dell’attitudine favorevole della popolazione alla donazione degli organi,ma anche del lavoro di informazione e sensibilizzazione che fin dal 1972 ha svoltol’A.I.D.O.Ricordo le perplessità, le polemiche e le aspettative che precedettero tale attività.Alcuni titoli della stampa dell’epoca: “Ci vuole umiltà”, “Attenti ai faciloni”, “Cuorenuovo, vecchi guai”, “Sui trapianti di cuore solo buoni propositi”, “Con i nostriospedali? Ridicolo”.L’A.I.D.O. invece in quei mesi appoggiò l’iniziativa del Ministro della sanità, onore-vole Costante Degan, e offrì la propria collaborazione al professor Luigi Donato,presidente del Comitato ministeriale per la cardiologia e la cardiochirurgia, preoc-cupato soprattutto per l’andamento delle donazioni che in alcune aree dell’Italiaerano assai modeste, per non dire irrilevanti.Intensificammo l’opera di informazione e di sensibilizzazione, che dal 1972 ci vede-va impegnati, come cittadini organizzati, su tutto il territorio nazionale. Trovammoaccanto a noi per la prima volta alcune Istituzioni (Ministero della Pubblica Istru-zione, Regioni, Amministrazioni Provinciali e Comuni), molte figure professionalidel mondo sanitario e della società civile. Un impegno premiato nel 1986 con l’asse-gnazione della medaglia d’oro al merito della Sanità pubblica, conferita all’A.I.D.O.dal Presidente della Repubblica, professor Francesco Cossiga.Iniziò ad affermarsi ancora di più quel processo di maturità civile, di sensibilità, diconsapevolezza e di solidarietà umana, che ormai a distanza di 30 anni ha portato ilnostro Paese ai livelli di quei paesi più progrediti, nei quali i trapianti di organo so-no ormai diventati interventi di routine». 

La riflessione di Giovanni Busnello, papà di FrancescoI sei giorni in rianimazione di Francesco sono stati per tutti noi, genitori e fratelli, seigiorni di tormento e di smarrimento vissuti con la speranza che potesse esserci una ri-presa. La nostra fede ci ha dato la speranza in un miracolo, che abbiamo chiesto coninsistenza. È stata anche una fase nella quale abbiamo sperimentato un rapportonuovo con i medici: credo sia stato uno degli aspetti determinanti per la scelta cheabbiamo fatto. Il rapporto è stato costante, l’ informazione molto puntuale per cuiabbiamo avuto la consapevolezza di cosa stesse succedendo a nostro figlio e qualipotessero essere anche gli esiti. Quello che ci ha creato quasi il panico è stato il titolodel giornale di quel giorno, di quel 13 novembre, che annunciava: Trapianto di cuore,oggi si può. Questo era il titolo a tutta pagina del giornale che avevo letto la mattina,e quando hanno telefonato dall’ospedale per invitarci a un colloquio, ci siamo andaticon il cuore in tumulto, perché temevamo che ci chiedessero veramente di dare la di-sponibilità al prelievo. E infatti così è stato. È un po’ difficile descrivere quali sono lesensazioni di una persona o una famiglia che vive in situazio ni come quelle, che sonoinsieme di disperazione e sconforto ma anche di sconfitta e impotenza. Il contestoesterno non aiuta. In quei giorni alcuni conoscenti, e qualche amico, ci hanno avvici-nato per dirci che non avrebbero avuto il coraggio di autorizzare il prelievo degli or-gani, altri che sarebbe stato opportuno non farlo, perché esprimere il consenso alladonazione voleva dire chiudere ogni speranza. Ma noi avevamo capito, ed ecco per-ché ritengo che il rapporto con i medici sia stato determinante, perché non c’era piùsperanza per Francesco e quindi dovevamo mettere insieme tutti i ricordi e fare ap-pello a tutte le energie per capire se Francesco avrebbe fatto una scelta di questo ge-nere. Direi che tutti i comportamenti, lo stile di vita di nostro figlio è stata un esempiodi altruismo e di socialità. Questo ci ha dato la forza per dare il nostro consenso.

Quell’esperienza l’abbiamo vissuta in maniera anomala perché era il pri-mo trapianto di cuore in Italia, perché era un evento che è andato su tuttii giornali, sono arrivate le televisioni e, quindi, non abbiamo potuto vive-re il momento con il riserbo che normalmente dovrebbe esserci in situa-zioni analoghe, anche se devo riconoscere che una parte dei giornalisti èstata discreta, e perciò abbiamo vissuto senza affanni anche il disagioprovocato da tutto questo clamore. Abbiamo poi saputo subito chi fosseil destinatario della donazione e abbiamo intrapreso dei rapporti relazio-nali umani con Ilario Lazzari e con la sua famiglia. Abbiamo vissuto anche

una fase, chiamiamola così, un po’ difficile per noi, perché nella nostra cultura il cuo-re è la sede dei sentimenti. Nonostante la positività del rapporto con Ilario è maturatain noi la convinzione che sarebbe più opportuno che la famiglia del donatore non co-noscesse mai il ricevente, e viceversa. Non dico che debba essere per tutti così, macredo che ci sono molti fattori di cui si potrebbe parlare che portano a questa consi-derazione. Dover scegliere in momenti drammatici, come quelli che abbiamo vissutonoi, senza un’adeguata preparazione preventiva, una conoscenza adeguata, è un al-tro degli aspetti che ci ha fatto riflettere. Ritengo sia necessario avere le informazioniadeguate  non solo nel momento dell’evento tragico, ma prima che questo avvenga;quindi l’opera delle associazioni che sensibilizzano sul tema dei trapianti ricopre unruolo fondamentale, un ruolo essenziale e dovrebbero tutti, giovani e meno giovani,essere informati per poter avere la consapevolezza della scelta che si può fare nel mo-mento in cui non c’ è più speranza per noi o per i nostri cari. Credo che questo sia l’a-spetto da valorizzare, questo è un impegno per tutti, è un impegno per le istituzioni,le quali devono sostenere e valorizzare queste risorse. Nostro figlio aveva scritto alcu-ni pensieri sul significato della vita. Mi piacerebbe ricordare Francesco con le suestesse parole legate ad alcune riflessioni: «La vita non può essere completa se non hauna meta e questa può essere una nostra scelta seguendo la nostra vocazione.»Espiantarono i tessuti e le cornee. Ma solo il cuore di Francesco è passato alla storia.Ne parlo con ragion veduta, per aver conosciuto e frequentato Ilario Lazzari. Noitutti ci eravamo creati delle aspettative nei suoi confronti, pensando che una partedi nostro figlio continuasse a vivere in lui. Ma riconosco che è stata un’aspettativaingiusta, che ha creato in noi solo disagio. E ho notato come lui nutrisse nei nostriconfronti una specie di sudditanza, un sentimento di speciale riconoscenza comenon dovrebbe essere. Anche questo sentimento è ingiusto. La Legge dovrebbe tene-re riservata la destinazione degli organi espiantati.Quando Ilario Lazzari morì, nel 1992, fu come perdere Francesco una seconda volta.

NADIA PIETRANGELI

Il trapianto di cuore in Italiacompie 30 anni di vita

L’anniversario

Trapianti di cuore in Italianei tre decenni:

1985 ÷ 1995: 1.4121996 ÷ 2005: 3.3312006 ÷ 2015: 2.815

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per una cultura della donazione

L’ARCOBALENO

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Nel 2013 A.I.D.O. Nazionale ha commissionato una ricerca volta ad analizzarequale rapporto sussista tra il fenomeno della donazione degli organi e le co-munità di migranti presenti oggi in Italia. Sono state individuate sei regioni-

campione (Piemonte, Lombardia, Veneto, Lazio, Campania, Sicilia) e due provinceper ciascuna (Torino, Alessandria; Milano, Brescia; Padova, Belluno; Roma, Latina;Napoli, Salerno; Catania, Ragusa), presso le quali hanno operato altrettanti ricerca-tori che hanno condotto un’indagine etnografica tra le più numerose comunità im-migrate quali quella marocchina, senegalese, rumena, mauriziana e peruviana. So-no stati presi in considerazione alcuni elementi propri dell’antropologia medica checondizionano fortemente la percezione della donazione e del trapianto degli organi

da parte di comunità non italiane: la visione del corpo e la semantica dei singoliorgani, il sapere culturale relativo al dono di una parte del sé e le influenze religio-se che lo condizionano, la percezione del concetto di salute, malattia, morte e vita,strettamente legata alla cultura di appartenenza. Dai risultati è stata sviluppatauna brochure informativa in 11 lingue.

Dono organi e comunità immigrate.Pieghevole in lingua

Aidoteca

segue da pag. 1

ponibile solo a malati non altrimenti curabili, ma con risultati oggi certamente buo-ni. Dopo cinque anni dal trapianto di cuore, oltre il 72% dei pazienti è vivo e questoè indubbiamente un risultato soddisfacente se si considera che il 100% dei candidatia tale intervento muore entro nove mesi, in media, se non operato. La vita del tra-piantato è, sotto ogni aspetto, normale, se si escludono controlli medici sempre me-no ravvicinati, ed una certa cautela verso le malattie infettive: essi possono avere

una vita familiare e di relazione come gli altri e possono tornare al lavoro. Valeva lapena di iniziare questa attività? Di caricare se stessi e tutti i collaboratori di tanto la-voro in più? Di chiedere, protestare, imprecare per ottenere permessi ed aiuti? Disoffrire con chi muore in attesa di trapianto, di gioire con chi si sveglia dall’aneste-sia, rinato e fortunato di essere fra i pochi che hanno ottenuto tale dono? Come me-dico e come uomo non ho dubbi.

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Il fine del volontariato non è fare del bene.É cambiare il mondodi Stefano ZamagniVita n. 11, novembre 2015, pag. 19

Istruito, benestante, del Nord Italia e non più giovanissimo. Èquesta la fotografia del volontario italiano emersa da una re-cente ricerca della Fondazione Volontariato e Partecipazione,che potrebbe far pensare che la pratica del dono come gra-

tuità sia in via di estinzione nel nostro Paese. Io non credo che sia così, anche se nonsi può tacere che il volontariato stia vivendo una profonda crisi. Sono convinto che neusciremo, perché nessuna società può fare a meno dei volontari. Tuttavia è necessariocomprendere come mai siamo arrivati a questa situazione, per poterla invertire.La missione propria del volontariato è da sempre quella di veicolare e ravvivarenella società la pratica – quindi non solo la cultura – del dono come gratuità, so-prattutto in quei contesti caratterizzati da relazioni di cura. Si tratta di una missio-ne storica che non potrà essere revocata, ma che negli ultimi 40 anni, quelli dellaseconda modernità e della globalizzazione, è stata via via emarginata dalla societàsulla base della convinzione che basterebbero buone leggi ben applicate e un mer-cato ben articolato per ottenere una società giustaCosì il volontariato è stato tollerato e non attivamente ricercato, guardato con suf-ficienza invece che indicato come espressione umana alta e indispensabile. Nessu-no fa la guerra ai volontari, sia chiaro, ma è altrettanto chiaro che il vitello d’orodella società è diventato un altro: l’efficienza. Oggi tutto ciò che non è efficientenon è stimato, e visto che non si può applicare questo criterio alle relazioni di curao alle opere di misericordia, ecco che il volontariato è oggi semplicemente tolleratoe non promosso, non attira i giovani, è ritenuto un’attività che si può permetteresolo chi non ha problemi economici.Esistono poi altre conseguenze. La prima è il primato della filantropia, che semprepiù individui e organizzazioni praticano perché ritenuta più efficiente; la seconda èla preferenza accordata, anche qui soprattutto dai giovani, al lavoro nelle impresesociali, che è associato alla solidarietà ma anche retribuito; terza conseguenza è lasottovalutazione dell’aspetto culturale dei volontari, che invece aveva ben capito ilfondatore della Società di San Vincenzo de’ Paoli Federico Ozanam, intellettuale fi-nissimo e professore di Filosofia e Diritto a Parigi, che raccomandava ai suoi volon-tari di leggere, studiare, ampliare la propria cultura. Infine, se non si vuole che lapratica volontaria si estingua occorre comprendere che essa non può avere origineda un sentimento di pietà o da un imperativo morale, perché in questo caso è de-stinato a non durare molto, ma deve trovare radici profonde e motivazioni ragio-nevoli. Ancora oggi si fa troppa confusione, anche a livello di organizzazioni chedovrebbero promuovere la gratuità, tra motivazione e telos, ovvero fine ultimo. Senon si ha chiaro il fine ultimo e strategico, infatti, la motivazione da sola non ba-sta. Ecco perché i giovani faticano ad avvicinarsi: se non si mostra loro che la gra-tuità e il dono sono in grado di trasformare il mondo, e li si lascia in balia dell’im-peto momentaneo, la crisi del volontariato durerà ancora per chissà quanto.

promuove la cultura della donazione; racconta le storie dei trapiantati,gli eventi e i convegni scientifici. Il Forum approfondisce i grandi temi

che accompagnano la pratica dei trapianti.Sostieni «L’ARCOBALENO» con un versamento annuale di € 12,00

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Non ho dubbi. Vincenzo Galluccie il primo trapianto di cuore in Italia.Storia di un cardiochirurgo e delle sue battagliedi Natoli Gianfrancoin edibus editore, Vicenza 2015, € 20,00

A trent’anni dal primo trapianto di cuore in Italia GianfrancoNatoli ricostruisce attraverso inedite testimonianze e docu-menti d’epoca, la vita di Vincenzo Gallucci, padre della car-diochirurgia italiana. Un romanzo storico ricco di aneddoti

che svela e porta alla luce le tante sfaccettature di un grande protagonista di un’I-talia che oggi sembra non esistere più. Tante le storie, i dolori umani, le speranze, iretroscena, le miopie politiche, che hanno portato al primo trapianto di cuore inItalia e alla successiva costruzione, tra lotte di potere e gelosie del Centro di Cardio-chirurgia di Padova che porta oggi il suo nome. Una lunga cavalcata attraverso ilNovecento, il Secolo Breve reso migliore dalla passione, dal coraggio, dal rigore,dall’amore e dal rispetto verso il malato del medico e dello scienziato mantovanoche a Padova, tra mille difficoltà e ostacoli, è riuscito a realizzare un sogno e a daresperanza a migliaia di pazienti. Nel 1991 un tragico incidente stradale ferma l’uomoma non le sue speranze e il suo sogno che continua ancora oggi a vivere nel Centrodi Cardiochirurgia a lui dedicato, vero punto di eccellenza della cardiochirurgia ita-liana e internazionale.

La meravigliosa storia del trapiantodi cuore a Napolidi Maurizio Cotrufo e Gian Paolo PorrecaTullio Pironti editore, Napoli 2014, € 16,00

“Quella mattina si doveva andare a Positano con il tuo goz-zo. Eravamo tutti pronti per partire quando arrivò la telefo-nata dal ‘Monaldi’. C’era il cuore pronto per il trapianto. Fuuna corsa a cambiarsi, lasciare il costume e infilarsi gli abitid’ordinanza. Giacca in pieno agosto e borsa da lavoro; quel-

la borsa che per il pittore diventa scrigno di cuori in mano al professore, sotto il solecocente della banchina del porto di Capri in attesa dell’aliscafo. Una tempera a cuisono molto affezionato [...]. Era il 1988 e stavano chiamando dall’ospedale. C’era ilcuore... ‘C’è il cuore, c’è il cuore, c’è il cuore’, questa era la frase sussurrata che cipassavamo l’un l’altro, dopo averla appresa. Maurizio doveva partire. Ciao Mauri-zio, buona fortuna [...].” dalla Prefazione di Gianni Pisani

Tra due vite di Laura MazzeriGiunti editore, Firenze 2015, € 14,90

Nella vita di molti capita un qualche evento che segna ilconfine tra un prima e un dopo. Una prova per la qualedobbiamo trovare coraggio, affrontare la paura e nutrire lasperanzaIn questo  libro Laura Mazzeri  racconta il  trapianto di fega-to che l’ha tenuta sospesa “tra due vite”: la sua, prima e do-

po l’intervento, e la vita del donatore. Uno spartiacque.Prima c’è il tempo sospeso dell’attesa, in cui la vita familiare scorre tra l’apparentenormalità quotidiana e le assenze imposte da ricoveri sempre più frequenti. Untempo nel quale contano i veri affetti, e che prepara alla prova più difficile: il mo-mento temuto e desiderato dell’intervento. Laura non tace il turbamento di sapere,sulla soglia della sala operatoria, che il donatore è un ragazzo. Dopo, il ritorno. Nonalla normalità del prima, come tutti si aspettano e vorrebbero, bensì a un’esistenzanuova che si deve confrontare con quella precedente, ma anche con la vita che nonc’è più, quella del «Giovane Cavaliere».Un libro intenso, autentico, che parla a tutti della vita, delle sue prove difficili edella straordinaria, struggente voglia di farcela, sempre

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per una cultura della donazione

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Direttore Responsabile: LORETTA CAVARICCI

Direttore Editoriale: VINCENZO PASSARELLI

Hanno collaborato a questo numero:CONCETTA DI FILIPPO, GIOVANNI LOMBARDO, AURELIO NAVARRA, VINCENZO PASSARELLI, NADIA PIETRANGELI,ROSSELLA PIETRANGELI, GAIA SCAPATICCI.

Proprietario: A.I.D.O. Via Silvio Pellico, 9 - 00195 Roma - http://www.aido.it

Tipografia: TRULLO COMUNICAZIONE S.R.L.Servizi di STAMPA • GRAFICA • WEB • Cell. 335.5762727 - 335.7166301Finito di stampare nel mese di Dicembre 2015

Tiratura copie 5.000

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Leggiamoli insieme Segnalazioni

a cura di VINCENZO PASSARELLI