Arciprete di Rivisondoli e Pievano di Ofena evflNGCiizflM · E la voce del popolo di Dio, che ne...

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Mons. D. PASQUALE LEONE Arciprete di Rivisondoli e Pievano di Ofena evflNGCiizflM Anno IV - n. 8 - Agosto 1997 pouperibus misit me

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Mons. D. PASQUALE LEONE Arciprete di Rivisondoli e Pievano di Ofena

evflNGCiizflM Anno IV - n. 8 - Agosto 1997 pouperibus misit me

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BOELETTINO MENSILE DEEI.OPERA NAZIONALE PER IE MEZZOGIORNO IVITAI.1A DIRETTA DAI.I.A FAMIGLIA DEI D1SCEPOEI

Direzione - Redazione - Amministrazione: Via dei Pianellari. 7 - Tel. 06/68801409 Fax 06/6861025 - C.e.p. 33870007

00186 R O M A

Anno IV - n. 8 - Agosto 1997 — 36° Anno dalla fondazione NUMERO SPECIALE

SOMMARIO

Prefazione Pag. 3

Mons. Pasquale Leone » 5

"La Casa di Ricovero per vecchi" » 21

OFENA - Casa di Riposo "Mons. Leone'" » 29

Casadi Ricovero "Mons. Leone" » 31

La casa del parroco e casa di tutti, aperta a tutti » 36

Copertina: Mons. Pasquale Leone.

Direttore Responsabile Don Michele Celiberti

Segretario di Amministrazione Michele Leone

Autorizz. Trib. Roma N. 185 del 27-4-1994 - Sped, in abb. postale, art. 2, comma 20/c, legge 662/96 - Filiale di Roma

Stampa: Tipolilografia IN.GRA.C. s.r.l. - Tel. (0776) 429988 - 03049 S. Elia Fiumerapido (FR)

MONS. D. PASQUALE LEONE

ARCIPRETE Dl RIVISONDOU E PIEVANO Dl OFENA

AGOSTO 1997

PREFAZIONE

Un adagio, non molto nolo, ma vero, fa ripetere agli italiani che "il bene ricevuto viene scritto di solito sulla polvere, il male invece viene inciso sul marmo ". Sara nella veritd delle cose, nel costume di parte della gente. Ma, spew, non dei piu. I cristiani, ed i cattolici in particolare, hanno a low mo-dello di comportamento un Dio estremanente attento alia gratitudine, un Dio che ripaga nella misura del 100% un bicchiere d'acqua, un tozzo di pane, un'ospitalita, un'elemosina. Un Dio dalla memoria lunga che lega il ricordo del bene alia durata stessa del Vangelo sulla terra.

Questo Signore ci ha esortato anche afar "vedere le opere buone" dei buoni alfine di portare gli uomini alia lode del Padre che e nei cieli.

Questi due sentimenti ci spingono dunque a dedicare il numero unico di quest'anno al cinquantesimo di morte di Mons. Pasquale Leone, pievano di Ofena (Aq), legatissimo per condivisione di carita e di santita con padre Giovanni Minozzi ed il suo successore P. Tito Pasquali.

Mons. Leone non e stato giuridicamente un componente della Famiglia dei Discepoli, ma nello spirito e nelle opere e stato sempre in plena sintonia con low. Un Discepolo sul generis!

Le luminose lucerne non possono restare a consumarsi sotto il moggio della dimenticanza dei tempi, ma sono destinate ad occupare il low giusto posto sul candelabro della memoria storica, a servizio illuminante delle mo-derne generazioni.

Mons. Pasquale Leone e stato ed e una lucerna, un "lampadoforo ", una luce che riflette quella del Signore Gesu, per il Quale consumb la sua esi-stenza, bruciata dal fuoco della carita. Ogni luce presuppone una combu-stione. La luce della sua esemplarita sacerdotale derivava solo dal fuoco di amore che dentro lo consumava, dalla passione missionaria che non gli concedeva "soste flaccone". Qui ilpunto di incontro, la consonanza con pa­dre Giovanni Semeria, Minozzi e padre Tito Pasquali.

Ai cari lettori auguriamo vacanze serene e arricchenti nella lettura sti-molante di questi brevi flash "leoniani".

D. MlCHELE CELIBERTI

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MONS. PASQUALE LEONE

II mese di novembre 1997 ci dona un ricordo particolarissimo di Mons. Pasquale Leone. Sono, anzitutto, 50 anni che egli lascio la terra, "assistito volontario" anche lui e insieme

"al servizio", nella Casa, che egli aveva riscattata dall'abbandono, fatta ricostruire e diven-tata "Casa di ricovero per vecchi" - come si diceva allora.

Ricordiamo anche il 124° della sua nascita - 12-11-1873 -, il Centenario della sua Or-dinazione sacerdotale, - 1-11-1897, il 60° della Casa di Riposo, che porta il suo nome, -18-11-1937.

Sono trascorsi veloci gli anni dalla sua pia morte e la figura del "Pievano Leone" e ve-nuta ingrandendosi nell'animo di tutti, assumendo sempre piu la fisionomia deH"'uomo ve-ramente di Dio", del "Sacerdote santo"...

E la voce del popolo di Dio, che ne trasmette cosi la memoria alle future generazioni. Veramente, diciamolo, dovrebbe egli essere piu conosciuto dai giovani, piu invocato, an­

che, da tutti: amo egli tanto le pecorelle del gregge a lui affidato; come non le amera, ora che e piu vicino a Dio?

Noi Discepoli, poi, lo sentiamo tanto vicino, nella sua spiritualita, al nostra particolare carisma.

Lo sentiamo sempre piu "nostra", "modello nostra", nella spiritualita eucaristica e mariana, nel distacco dai beni terreni, nella predilezione per i poveri, nella vita integerrima, nella passio-ne per la cultura...

OFENA (L'Aquila).

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Un'anima da Discepolo, davvero, vicinissima agli ideali del nostro Fondatore. E il nostro Padre, ehe pure eonobbe e stimo tanti santi saeerdoti, lo senti subito "consono"

eon i suoi ideali, ("un anima gemella")... Basta leggere quanto egli serisse sulla sua prima visita alle "Vigne di Calascio"'. per espres-

sa riehiesta del Pievano...'. "(...) Mi precede la neve Candida. Mi chiama la Caritd: una caritd larga. generosa. genti-

lissima. Com 'e fiorita, come ci e venuta incontro col suo profumo e mistero di Dio. Un sacerdote difuoco n'e stato Valfiere (...).

D.T.M. - "I Discepoli" - pp. 96-101.

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L'animo riposa a Ofena (...). V'e un uomo che ricorda i pescatori di Galileo, Ofena ha I'asilo e il laboratorio.

Ha Valba per il suo domani (...). E I'amico con me. Parliamo con I'amore del bene che ci preme. Ci passano innanzi i

nostri guai numerosi tristi, tremendi: ci balena nell 'alma I 'avvenire ".

PASTORE DI ANIME

Nacque D. Pasquale Leone a S. Stefano di Sessanio (AQ) da Nicola Leone e Michelina Gallina, il 12 novembre 18732.

Di origini antiche e gloriose il paese natio, arroccato a 1250 metri, presso Campo Impe-ratore, paese di lavoratori, di pastori soprattutto. come gli altri limitrofi.

La famiglia Leone era di prof'onde tradizioni religiose e morali, di onesta e di laboriosi-ta. Quattro erano i figli, tre maschi, Pasquale, Biagio e Angelo e una donna, Anna (madre di Maria, la fedele nipote di D. Pasquale, a Ofena).

In quella famiglia spunto la vocazione sacerdotale del figlio Pasquale, piu dotato nel cuore e nella mente.

L'intero curriculum formativo egli lo compl nel Seminario di Sulmona, vivaio allora di tante belle vocazioni (come il nostra D. Tito...).

II 1° novembre 1897, il giovane D. Pasquale fu ordinato Sacerdote a 24 anni, dall'allora Vescovo di Sulmona Mons. Tobia Patroni (+1905).

Dopo un anno di tirocinio nel Seminario, il 1° novembre 1898, il giovane Sacerdote, alto, robusto, pieno di pieta e di zelo, "Leone" davvero, fu nominato Arciprete di Rivison-doli, sul "piano delle Cinquemiglia", a 1220 metri1.

Fu una decisione di fiducia da parte del Vescovo verso il suo giovane Sacerdote, che, infatti, corrispose in pieno, svolgendo un'intensa vita di pieta e di apostolato, da lasciare il segno4.

Solo "le difficolta della situazione locale" convinsero il nuovo Vescovo Mons. Nicola Iezzoni a trasferirlo come "Pievano" ad Ofena, dove egli fece il suo ingresso il 3 giugno 1917.

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Ad Ofena, situazione delicata... Dopo la morte del Pievano ofenese D. Francesco Coletti, nel 1913, il Vescovo vi aveva

nominato un giovane Sacerdote di Pacentro, D. Oreste Tollis. Questi, zelante e stimato, mori di inalattia nel 1917, compianto da tutti.

Nonostante la presenza nel paese di due Sacerdoti (D. Contino e D. Osvaldo Coletti, cu-gini), il Vescovo anehe allora nomino uno non paesano.

D. Pasquale, forte delle sue quasi ventennali esperienze rivisondolesi, a 44 anni ormai. prese il timone della nuova Parrocchia, con l'animo ardente di fede e di carita.

Gli era toccato di operare in tempi difficili... A Rivisondoli, nei primi decenni del secolo: l'emigrazione, la guerra di Libia (1911-

1912), il terremotodel Fucino (1915), la guerra mondiale. Ad Ofena: il disastro di Caporetto (1917), la "spagnola", il dopoguerra, il Fascismo, le

altre tre guerre (in Etiopia (1935). in Spagna (1936), la 2a guerra mondiale...).

2 Nicola leone - S. Stefano... (1839-1927). Michelina Gallina - S. Stefano... (1839-1927).

1 D. Contino Coletti di Ofena. da noi conosciuto ( + 1966) lo ricordava come suo primo "Prefetto" nel Semina­rio: nato nel 1885, aveva 12 anni allora.

4 Vedi: D. Tito Pasquali - "Homo Dei", pp. 33-34.

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OFKNA - Casa di Riposo "Mons. Leone" nejjli anni 1950.

D. Pasquale affronto la situazione da "Leone" di pace e di amore. II suo programma di azione spicca chiaro dal "ricordino". distribuito ai suoi "filiani",

come amava chiamare i suoi parrocchiani... "Genuflesso / ai piedi del Tabernacolo / a Te, o Gesit, / consacro questa mia pcirroc-

chia / Tu proteggila, Ti< benedicila / e /fa che viva nella tua santa legge.

Ofena, 3 giugno 1917. Pasquale Leone - Pievano'

Sul retto del ricordino. rimmagine di Gesu, che da l'Ostia e sotto le parole "Calicem / salutaris accipiam / et Nomen Domini / invocabo"!

# # #

Ecco il programma del nuovo Pievano: Devozione grande a Gesu Sacramentato, pratica assoluta della Legge di Dio, soprattutto

nella carita. Un programma perseguito prima dal Pastore e inculcato con perseveranza, umile abne-

gazione, sempre, con fondamento sull'Eucaristia.

' A. D. Pasquale quanto piaceva il (ermine "Pievano" (anticamente usato per indicare il Sacerdote a capo di una comunita rurale). e latinamente "Plebanus pater" (come egli si senliva ed era realmente...) I fedeli li chiamava "filiani", (come ho sentito dire anche da altri Parroci), tanto in relazione con "Piebanus paler!".

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Programma compreso bene dai "filiani" ed espresso artisticamente, per sempre, con la "Lampada" in ferro battuto, opera deH'amico devoto e artista valente, Nicola Lancione, po-sta accanto all'altare, nel 1949.

La voce popolare tramanda ancora il ricordo del "Pievano" in ginocchio, nel primo ban­co, solo, davanti al Santissimo; il ricordo delle sue nascoste elargizioni, in denaro o in natu-ra, alle famiglie in difficolta; il ricordo dei suoi tenaci interessamenti per ricerca di lavoro, di ricovero di bambini poveri, di emigrazioni all'estero...

* * *

Paese non grande Ofena, ma vivace e attivo, con varieta di pensiero e anche di fede reli-giosa: ospitava anche una attiva Comunita di "Biblici" (oggi ridotti a pochi) ed ha avuto una combattiva "sinistra rossa".

D. Pasquale considero tutti gli Ofenesi suoi "filiani" e si sforzo di amarli ed aiutarli tutti, come pote, secondo il detto dantesco: "la carita non serra porte".

Come pote, certo, dati i tempi e cercando sempre le vie della prudenza e della carita ver­so tutti, pur nella diversita delle condizioni sociali, delle idee politiche, della fede religiosa.

Comincio con i due Sacerdoti Ofenesi, D. Osvaldo Coletti e il cugino D. Contino Coletti. Li stimo e li amo da confratelli, collaboratori suoi. II primo mori per prima. Ha un affettuoso riferimento a lui D. Pasquale, in una sua lettera a D. Tito, agli inizi del 1923:

"(...) E con noi anche D. Osvaldo: certo poetera su la Candida neve, sul vasto orizzonte che ci avvolgono".

D. Contino Coletti fu una bella figura di Sacerdote: insegnante elementare, Rettore del-l'altra Chiesa di Ofena dedicata a S. Giovanni Evangelista, pio e colto collaboro con il Pievano, condividendone, come pote le ansie pastorali. Gli sopravvisse ancora fino al 1966. Fu anche molto amico dei Discepoli.

Subito, all'inizio del suo ministero Ofenese, il Pievano si diede da fare per avere un Asi-lo Infantile con un Laboratorio femminile.

II Signore gli venne incontro con il Barone Carlo Madonna e la Signora Francesca Patini, con il loro Palazzo, quasi unito alia Parrocchia.

Essi concessero l'uso di un'ala del loro palazzo per i locali dell'"Asilo - Laboratorio" e l'appartamento delle Suore.

E cosi Ofena ebbe le Suore e il centra di educazione religiosa, morale e lavorativa per i bambini e le giovani.

Le suore furono tre, del Cottolengo, le cui Consorelle D. Pasquale aveva conosciuto nel Seminario, dove esse prestavano servizio. Dopo pochi anni, esse dovettero essere ritirate dalle Superiore, per necessita della Congregazione e furono sostituite da tre "Suore delle Poverelle" del Beato Palazzolo (altre tre vennero, nel 1923, alia Colonia Frasca)6.

Un altro aiuto (questo della Baronessa Patini Madonna) fu la concessione di alcuni loca­li annessi alia Chiesa Parrocchiale, che il Pievano fece ristrutturare per la Casa parrocchiale e per la Scuola di Catechismo.

Quanto bene sia fiorito nell'Asilo e nel Laboratorio lo sa solo Dio. Quanto bene sia stato seminato nelle anime giovanili nel locale della Canonica, usato per l'insegnamento catechi-stico lo sa solo Dio. II Pievano teneva d'occhio questi due centri di bene, provvedendo lui per gli adulti.

* * *

6 Sulla fine degli anni '50, anche le Suore del Palazzolo furono sostituite da Suore della Sacra Famiglia, della Beata Cerioli.

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OFENA - II locale annesso alia Chiesa fatto ristrutturare dalla Baronessa Patini, per diventare Casa parrocchiale del Pievano (anni '30).

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La Chiesa il Pievano tenne sempre al centro della vita del paese, ordinata, pulita, acco-gliente per tutti, centro, prima di tutto, della sua vita...

La Messa del mattino, la funzione eucaristica della sera lo trovavano preparato, devoto, de-coroso... Cercava, sollecitava con la sua vita eucaristica intensa, con la preghiera, il concorso dei fedeli, che lo seguivano con stima e devozione.

La campana (dal campanile cosi modesto!...) scandiva le fasi della vita del paese.

Certo erano tempi diversi dai nostri, tempi di famiglie numerose, di strettezze economiche, di famiglie rimaste senza gli uomini, perche in guerra, o emigrati, o morti..., con tutte le conseguenze perifigli...

Lo zelante Pastore uso tutti i mezzi a lui possibili, soprattutto quelli dello spirito. Insisteva sulla frequenza ai Sacramenti e si rendeva disponibile per questo e invitava

altri Confratelli nella sua Chiesa, com'egli con il suo fedele somarello correva in aiuto fuori della Parrocchia...

Le celebrazioni liturgiche dell'anno erano momenti preziosi per il suo zelo... Preghiera, Sacramenti e opere di bene... Non gli sfuggiva nessuna sofferenza dei suoi "filiani", spirituale e materiale... E faceva

di tutto per provvedere. La porta della Canonica era sempre pronta ad aprirsi a tutti..., per ascoltare e per dare..., E la voce comune della gente, che ancora lo dice...

E il Signore venne incontro al suo Servo fedele, perche, oltre alle Suore, da lui chiamate, gli fece sorgere nelle Parrocchia una Congregazione dedita alia carita..., lo rese amico e fratel-lo di grandi Campioni della carita, soprattutto del nostra Fondatore, di D. Tito e, con il tempo, di Confratelli nostri, che collaborarono con lui, D. Clemente Tommazzoli, D. Rodolfo Atzeni, D. Gemma, che poi continuarono sulle sue orme nella Parrocchia e nella Casa di Riposo...

Sulla sua scia di bene, Ofena ha avuto un Seminario e ben tre Case di Riposo!...

MONS. LEONE E I DISCEPOLI

Che intreccio misterioso della Provvidenza Fincontro del santo Pievano con l'Opera nostra, con il nostra Fondatore!...

Nella preoccupazione di provvedere ai ragazzi poveri della parrocchia, il Pievano s'in-forma, cerca, bussa, implora... Si tratta ora di Ernesto, un orfanello...

Non abbiamo la lettera raccomandata sua: abbiamo, per fortuna, le risposte di ambedue i nostri Padri, una dietro l'altra, dei primi di dicembre 19217.

Chieti, 5-12-921

A P. Pievano Leone (Abruzzo) Ofena. Trasmetto la domanda a D. Minozzi che dovra decidere. La sola difficolta sard ed e che

VOrf. Maschile di Amatrice e pieno come Vuovo. Aiutateci a fabbricarne uno nuovo. Aiutateci a diffondere i biglietti della Lotteria che

abbiamo iniziato ad hoc.

Dev.mo G. Semeria

7 D.T.M. - I.e. p. 24.

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1*. Giovanni Minozzi.

Roma, 7 Die. 921

Al Rev. P. Pievano Leone (Aquila) Ofena. P. Pievano Leone. I'amico Senieria mi manda una raccomandata per I'orfanello

Ernesto. Ad Amatrice per quest 'anno non abbiamo piu posto affatto. Abbiate pazienza. L'anno prossimo speriamo contentarvi. se Dio ci aiutera a sistemare i

nuovi locali. Pregate per noi e trovateci amici e cooperatori.

AIT. D. Giovanni Minozzi

Fu I'inizio modesto; si continuo con la "Donazione Frasca", in un crescendo meravi-glioso...

E da rileggere quanto scrisse il Padre Minozzi su quel primo incontro con il Pievano*.

"D.T.M.-p. 13-p. 101.

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"Contemporaneamente, nell 'ottobre 1922, il Pievano di Ofena (Aquila). D. Pasquale Leone mi pregava di una visita per una donazione promessagli. Andai col treno di Pescara. Egli venne a incon-trarmi a Popoli. Risaliti a Capestrano, scendemmo per la valle chiamata il for-no d'Abruzzo.

Era un venerdi caldissimo. 11 Pievano cavalcava il suo somarello, io a piedi. Arrivammo, sudati ambedue, io goccio-lante come una gronda in pioggia, a una villetta bianca in fondo a un vialino fio-rito di gerani chiuso da un cancello di ferro sorretto da pilastri in travertino. Ci aspettava un signore dall'aria distinta, forse anziano per eta, un po' curvo cer-to, col volto smagrito, affinato evidente-mente da sofferenze che trasparivan dal-Vocchio velato e come smorto. Fatti i convenevoli, visitammo la casa che non aveva nulla d'eccezionale, modesta come struttura, modestissima per arredamento ".

Cio che colpisce e l'"incontro" di quelle due anime sacerdotali, quella "simbiosi spirituale" nella carita. Ed e sorprendente l'espandersi del fuoco al caro D. Tito, che sarebbe stato l'anello di unione, nella realizzazione del Seminario prima, della Casa di Riposo poi.

Servo di Dio P. Giovanni Semeria

I.M.I.

Egregio amico, nessuna meraviglia che i Sigg. Semeria-Minozzi non rispondono. Ad un mio

telegramma una volta si rispose dopo due mesi, quantunque ci fosse la risposta. Rimisi subito la tua a Don Minozzi, dicendogli che a perpetuare I'Opera low, si imporrd la fondazione di una nuova Congregazione e che tu saresti stato una deifondatori... Va bene? Dio cost vuole, percid lascia andare Montecassino.

11 campo che ti si apre dinanzi e piu ubertoso: lavorerai o qui o altrove, non importa, pur-che si lavori nel campo sociale-morale-educativo.

II Sacerdote che ha aperto la Colonia, credo, non rimarra molto. Io ho proposto te e ieri ti aspettavamo. Volevo ci fosse tu, anzi voglio che ci sii tu. Don Minozzi aveva stabilito vederti a Sulmona e ti avrebbe telegrafato; ma ieri scrisse che e malato coi denti, e verra, certo, in setti-mana.

Vieni, ne parleremo a voce, lascia andare Montecassino: tu sei necessario qui in Diocesi, nella nostra Colonia. Monsignore, permettimi che lo dica, non doveva darti il permesso nean-che per un minuto solo!

Senzaperdita di tempo, vieni; cosipotrai vedere il locale, Vambiente... Ne rimarrai incan-tato, ne sono sicuro.

Qui avresti I'insegnamento e la Direzione. Don Minozzi ha nicchiato a leggere la mia lettera e forse vorrebbe affidarti la Direzione

dell 'importantissimo Orfanotrofw di Amatrice; no no, assolutamente no: tu dovrai stare qui. Qui dove dovrd iniziarsi la Congregazione.

77 abbraccio con affetto fraterno. In Domino.

Aff.mo P. Leone

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Nella vestizione dei primi Discepolini il 4/7/1926, accanto al Fondatore il papa della Colonia.

Sorprendenti le affermazioni del Pievano sulla necessita della Congregazione, la fiducia incondizionata del nostra Padre verso di lui. da chiamarlo "papa della Colonia". da affidare a lui per molti anni la cura spirituale dei Discepolini, dei Novizi. dei Confratelli.

Roma. 15 nov. 1922

Carissimo Leone, oggi solo abbiamo stipulate) Vatto di donazione. Sono straordinariamen-

te affollato di faeeende e non posso venire. Devo sabato partite per la Sieilia. Verro i primi di dkembre col direttore.

Affido ora tutto a te eon plena fiducia. Fa tu: aggiusta bene, eon criteria, come fosse casa tua e semina iptello die credi utile seminare, eerto risparmiando quanto puoi. Sei 1'amico fulato e il papa della Colonia.

Faretno i eonti alia mill venuta. Semeria se potra verrd il 5 dkembre; se no vend a gen-naio.

Infinite grazie di tutto. Dio vede e sa. Lui solo davvero.

Al l . I). Giovanni Minozzi

La consonanza di sentimenti. di vita e d'ideali fece si che il Pievano entrasse intima-mente nella vita della Famiglia dei Discepoli: fino alia morte, egli fu la guida sicura dei l)i-scepoli, l'esemplare della loro consacrazione a Dio e alia carita, mentre la Parrocchia di Ofena ne divenne la prima palestra di apostolato.

Ai "Cappuccini", nell'autunno 1937. il Pievano apri ai Discepoli un'altra delle attivita caritative ideata dal Fondatore, l'assistenza ai vecchi".

E si arrivo a desiderare che il santo Sacerdote entrasse nella Famiglia anche lui. E forse lo penso anche lui, come si esprime in una breve lettera in latino al Padre in data 29 settembre 1929, certamente dopo aver letto le Costituzioni, appena mandate da Roma.

" Costituzioni del 1929 - p. X "Ospizi per i vecchi".

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Pieve e Forania Ofena

Carissime, gratia nobis confratibusque et pax a Deo Patre nostro et Domino Nostro Jesu

Chris to! In Discipulorum numero ut me scribas, ardentissime quaeso. Gratias tibi multas. In osculo sancto et in charitate Christi. Ofenae, Anno Dmi MCMXXIX die XXIX septembris.

Addictissimus Paschalis Pleb. Leone

Carissimo, grazia a noi e ai confratelli e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Nostro

Gesu Cristo! Ardentissimamente chiedo che mi scrivi nel numero dei Discepoli. Ti ringrazio molto. Nel bacio santo e nella carita di Cristo. Ofena, nell'anno del Signore 1929, nel giorno 29 di settembre.

Affezionatissimo Pasquale Pievano Leone

Ma egli ne fece sempre parte e parte viva.

Egli segno per noi tutti il "cammino retto" per vivere da Discepoli, poveri, casti, obbe-dienti, a servizio dei poveri.

I suoi messaggi di bene, severi, ma tanto sapienti, portati al Seminario a dorso del fedele somarello, o affidati, poi, a noi nella sacrestia della Parrocchia di Ofena, accanto all'alto inginocchiatoio (che non posso dimenticare), furono le direttive per la nostra formazione, per la perseveranza nella nostra vocazione.

* * *

Per il pio e zelante Parroco non fu fatica lieve, non tanto il travaglio fisico di andata e ritorno, soprattutto quando cominciavano a farglisi sentire i disturbi dell'eta e delle malat-tie, quanto il travaglio spirituale di guidare sulle vie del Signore giovani, Novizi, Anime consacrate, Sacerdoti, Suore...

In realta, i Discepoli tutti passavano per le sue mani; egli diveniva la guida ordinaria del­la Famiglia...

Anima liliale, ardente di zelo sacerdotale. D. Pasquale comincio a sentire il peso enorme della sua responsabilita e tento umilmente di liberarsene.

In una sua lettera a D. Tito, della fine del 1933, cioe agl'inizi del terzo Noviziato, quan­do gia qualche Professo Sacerdote aveva l'eta e la preparazione per assolvere il compito di Confessore, almeno dei Discepolini (egli ne nomina uno proprio adatto, D. Giacomo Caval-lo), il Pievano osa avanzare la richiesta di essere sollevato dal delicato incarico.

E una lettera "personale", ma ora credo, giovera a noi rileggerla, a onore della sua santa anima, a sprone per noi.

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Pieve e Forania Ofena (Personale)

Dio solo!

Cam Don Tito, scrivo coram Sanctissimo, vere, realiter et substantial iter praesente.

Ti ricordo, come altra volta ti ho scritto, che io troppo poveramente assolvo I'ufficio gravissimo confessore dei Discepolini.

Giungere in fretta, confessare in fretta, quasi alia cacciatora o come il lupo: presto. Pa­dre, che passano le pecore, nan mi lascia tranquilla la coscienza.

Si tratta di ragazzi, di giovanetti nello sviluppo e quindi ha/mo hisogno di essere sorret-ti, confortati, ilhiminali, medicati e per fare tutto questo ci vuole del tempo e questo manca al Pievano.

Come prova il confessare durante la scuola: quell'uscire ed entrare senz.a prima riconcentrarsi, mettendosi alia presenza di Dio seriamente, nan e cosa da lodarsi.

Quindi la necessitd di avere tin pomeriggio libera per la Confessione o magari una se-rata libera.

Ed allora Don Tito per quella serata dovrebbe far riinpiazzare il Pievano.... quindi la necessitd di avere un Sacerdote disponibile e secondo il Cuore di Dio.

Dico questo. sempre che Don Tito non voglia dispensare il Pievano dal-I'ufficio di Confessore...

Ad ogni modo il Pievano rimane e rimarrd sempre servo umile, inetto, inutile; ma pronto ad ubhidire.

Poi (e qui Don Tito deve perdonare il Pievano) e assolutamente necessario il Padre Spirituale.

Un Professare di meno ed un Padre Spirituale di piu... Eppoi e valuta del Di-ritto.

Che aniiue, sitibonde di luce, di co­lore rimangano delle ore e forse delle giornate nelle tenehre e nel ghiaccio, no non e gittsto. Ricordiamo quell'eta... nostra. Potrebbe succedere che si inco-mincia a cade re prima nella tiepidezza iniz.iale e poi e poi forse in quella che si immedesinia con la morte...

Orinai hanno un personale pro­pria... Per esempio... Don Cavallo...

Per le Rettorie delle Case ci sono i Bravissimi Noviz.i che Jiniscono la pro­va o la jinirono I'anno scorso...

Basta. Dio ci benedica, ci illumini e perdoni il Pievano. Mi ricordo di tutti nella preghiera.

Festa del Patrono di Ofena, S. Nicola. 9 Maggio. II Pievano con accanto uno dei primi Discepoli Sacerdoti, D. (iiacomo Abbracchio (giugno 19321. Dietro: D. Abhracchio e Nicola Lancionc, Podesta. (La foto e degli anni '30).

Con il bacio sanlo mi professo. Servo U.mo e Peccatore. 3/10/933 = Sac. D.P Leone

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Ed e interessante la risposta di D. Tito, del 6 ottobre 1933, che mette ancora in luce la stima, che i Discepoli nutrivano per il Pievano.

A Don Pasquale Leone Ofena

Padula, 6.10.33-XI

Rispondo dopo aver letto e considerate la lunga esauriente paterna lettera del caw Pievano.

11 Signore sa quanta vi siamo grati per quello che avetefatto efarete. II tormento voi lo sapete, che tutto sapete - per trovare un padre spirituale e non uno,

ma piii confessori per i nostri discepolini e novizi secondo le prescrizioni del Diritto, per il quale non pud essere, tra I 'altro, lo stesso confessore quello delle Suore, de' Superiori e degli alunni. — Ma il Diritto e largo in questo punto secondo la larghezza della Divina Mi-sericordia.

Non ce n 'e, ed e una necessitd che unofaccia per tutti il medico e il consolatore; Abbiamo girato e chiesto a tutti e dappertutto. Nessuno ci ha risposto e so che tanti altri

si trovano in queste nostre condizioni. Non e facile trovare un Direttore di spirito. O egli e un santo o staff a di santo, o diversa-

mente e un impiccioso mestierante. Apage. Percio siamo venuti nella decisione di fare venire a Calascio piu volte al mese un Cap­

puccino che assolva il compito difficile almeno in parte, sapendo noi piu di tutti la nostra responsabilitd e i bisogni de'giovani da educare nella vigna del Signore.

Questo fino a che non avremo dal Signore la grazia di incontrare un uomo di Dio dallo spirito apostolico, pio e zelante per un esercizio delicato, quale e quello del Direttore spiri­tuale, il quale deve avere anche, s'intende, un non indifferente corredo di cogniz.ioni. Tale uomo dev 'essere anche dotto insomnia.

OFENA - Seminario dei Discepoli.

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In parte rimediato, senza dire che il Pievano o la Pieve in lui impersonata resterd il confessore tradizionale, il papa buono che visitera quando vuole il gregge che ha battezzato ed amato vicino e lontano. — E badate che questo non e un complimento. Se avete a pensa-re cost, mi dispiacerei io, si dispiacerebbe D. Giovanni e D. Costanz.o, perche tutti vi vo-gliaino bene e vi siamo grati e vi desideriamo. Protestiamo che questa e la veritd, di modo che per il Pievano resta come prima senza cambiamento, senza novitd.

Mi pare che per quanta il Consiglio ha stabilito il Pievano interessato giustamente e lo-devolmente per la parte spirituale a Calascio deve essere contento assai. E guai se fa rimostranze.

Per i Cappuccini si interessa D. Costanzo. Ma il Pievano benedetto deve pensare per la parte finanziciria senza molestar D. Tito debitore di lOmila lire. Quel benedetto Pievano che dice le bugie con D. Tito e con D. Tito vuol cessar di essere generoso, senza pensare che D. Tito e una sola espressione rappresentativa: mentre cic) che vale e importa e la istituzione che beneficia della caritd luminosa del Pievano che non fa intorpidire ne spirito ne tasca quando sente lo stimolo di Paolo: caritas Christi urget nos.

Ne predica, ne incenso all 'occhio, tanto nieno una burla. Sdegno questo freddo e falsa cerimoniale di parole e di inchini. Basta.

Vi abbracciamo tutti qui present! in osculo sancto servo Titus.

Pieve e Forania Ofena

I.M.I.

Mio cam Don Tito, ti chieggo in caritd di dispensarmi anche dall'ujficio di confessore del-

le Suore. Ritengo che questa sia la volontd del Signore. Chieggo scusa a te, a tutti e perdono a Dio, se cost poveramente ho assolto questa parte

di ministero cost alto, difficile e di somma importanza. Se in qualche cosa la mia povera persona che visse la tua passione, put) esser ancor

utile, non hai che a scrivermi: vieni ed io vengo; fa questo ed io lofo...

Seguono parole di chiusura che si comprendono poco. La lettera e senza data.

I.M.I.

Mio ottimo Don Tito, non ho resa la mia idea. Forse quell'anche ha generate) Tequivoco a

non prendere nel giusto senso la mia umile richiesta. Sarei troppo piccolo, ingiusto anche, se lontanamente dovessi ingelosirmi per il

confratello, messo al miofianco, per il quale io ho stima e riverenza illimitata. E volulo dal Codice D.C..

Quanta t'ho chiesto in caritd, non e di oggi. Piu volte ho espresso a te col vivo della voce che non mi sentivo tranquillo in coscienza.

Venire, confessare in fretta quasi una ottantina di persone. Spesso solo col dare la bene-dizione, perche, trovando poca materia, mi mancava il tempo ad eccitare i piccoli al dolore... La tua risposta era questa: tiriamo avanti; per adesso non trovo un altro confessore... Ed io ubbidivo... ho ubbidito! E, credilo, fui lieto, quando mi vidi sgravato in parte da si gran peso. Ho ubbidito per 10 anni circa. E pen, lo sai, sono occupato e preoccupato, e chi sa quanta responsabilita dinanzi a Dio.

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Ormai, la Famiglia e costituita, e stabi-lizzata. Dio e con essa ed ha mente e cuore che la dirige. E quindi il vecchio amico del-VOpera che il 12 Nov. ha messo piede a 60 anni, non sentendosi piii agile a mettersi su la schiena dell'asino... senza piii Vaiuto di Don Contino, che mi correva, in assenza, a qualche moribondo, si e sentito di chiedere in carita al cam ed amico Don Tito la di-spensa dall'impegno tenutofino ad oggi.

Come vedi, caw Don Tito, le ragioni sono plausibili, li chiamerei gravi quasi...

Ti prego quindi tornare sui tuoi passi e farmi la grazia di dispensarmi, conservan-domi il tuo affetto.

Sac. D. P. Leone

II testo travagliato risente dei sentimenti sinceri del santo Sacerdote, "padre vera-mente della Casa delle Vigne". D. Tito Pasquali.

Queste due lettere sono senza data; la seconda e senz'altro posteriore alia lettera di D. Tito, riportata prima.

La conclusione e nella seguente risposta di D. Tito, senza data anch'essa, ma, credo, ri-ferita all'argomento.

"I Discepoli" Colonia Frasca Ofena

Car. mo, al Pievano nessuna grazia. Confessi o no deve venire,

lo sono D. Tito. 11 Pievano dev 'essere il Pievano. E basta. Un abbraccio

P.TITO

servo a queste sole condizioni, se no cerbero.

* # *

E un fatto che, almeno fino al 1935, il caro Pievano continuo a venire una volta alia set-timana, forse il venerdi, al Seminario, con il somarello, che rimaneva in attesa sul sentiero esterno. Era probabilmente accompagnato...

* * *

A poco a poco, il suo peso passo a Discepoli, degni di lui: D. Clemente Tommazzolli prima, D. Giovanni Gemma, poi, D. Rodolfo Atzeni, D. Vittorio Sinisi...

E per chi li ebbe come guide (come me...) non era difficile riconoscere in essi l'esempio lasciato dal Pievano: "pieta grande, mano paterna, ferma e dolce insieme"...

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Ecco una prova eloquente:

Gioia del Colle, 3 aprile 1943

Carissimo,

questo quinto anniversario delta mia ordinazione sacerdotale non posso, anzi non devofarlo passare senza rivolgere a voi il mio pensiero.

Se sono sacerdote a vox lo devo per xtucx grandissima peine perche vox mi ixvete aiutato a lottare con i miei nemici interni ed esterui deU'anima mia. Graz.ie. II Signore vi ricompensi per tanto bene the mi avete fatto, non solo in qxtesta vita facendovi godere una perfetta cri-stianita nella vostra Pieve. ma qxtando sard il tempo, vi accolga immediatamente nel sua Regno tra la societd dei santi.

Mi inchino profondamente davanti a Voi ancora una volta per ricevere la vostra paterna benedizione.

AIT.nio Gemma. che mai si dimentiea di voi

Ofena, 5.10.1946

Rev. mo Mans. Pievano,

in qxwsti giorni essendo occupato per la preparaz.ione delta Casa al prossimo arrivo degli alunni non mi posso alhmtanare. Verro quanta prima.

D. Giovanni si e alz.ato da una settimana, ma e quanta mai debate e a stento pud scrive-iv. La partenza di Don Tito e stata come lo schianto di una querela "e coelo facta". Do-mando la sua benedizione. assistenz.a ed illuminate consiglio.

Le bacio la mono.

Rev.mo 1). At/.eni

* * *

Dobbiamo considerare anche i beneflci. che i "flliali" del Pievano hanno ricevuto. dalla presenza. nell'ambito della loro Parrocchia, della Casa dei Discepoli, la "Colonia Frasea", e dalla Casa di Riposo. i "Cappuccini", in tanti anni. Un bene inealeolabile. soltanto dal lalo spirituale.

D. Tito, dapprinia e. dietro di lui. a mano a mano ehe t'urono Saeerdoti, I). Luigi Lovisone. D. Vittorio Sinisi, D. Clemente Tommazzolli. D. Rodolfo Atzeni, D. Giovanni Gemma...

Anche tutti i Noviziati ebbero come campo di apostolato la Parrocchia di Ol'ena: azioni liturgiche, teste, funerali... Al Pievano non si dieeva mai di no...

Tradizionali: ogni Venerdi Santo, la predicazione e i canti delle "Sette parole", la pro-eessione solenne al lume delle fiaccole: all'alba del 15 agosto, la Testa dell'Assunla nella vetusla Chiesa dei Cappuccini...

Era un continuo scambio di aiuti, che mantenevano il legame spirituale e formativo tra il Pievano e la "Colonia".

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LA CASA DI RICOVERO PER VECCffl"

Nel 1930, il Pievano, avviata or-mai Fassistenza ai ragazzi e alle giovinette della sua Parrocchia, af-fronto il problema dell'assistenza ai suoi vecchi...

La sua attenzione si era posata da tempo sull'ex Convento dei Cap-puccini, la cui Chiesa dell'Assunta e tanto cara agli Ofenesi, e nella quale andava talvolta a celebrare la Messa.

I terreni erano dati in affitto dal Comune ad una famiglia di Ofena; la Chiesa era frequentata dal popo-lo, ma il fabbricato del Convento era in grande degrado.

II Pievano s'interesso perche l'Opera ottenesse in donazione per-petua dal Comune:

'Timmobile di proprieta comu-nale, costituito dal comprensorio di tabbricati e di terreni annessi e connessi, denominati nel complesso "Ex Convento de' Cappuccini".

L'Opera avrebbe dovuto "aprire nello stabile rimodernato una istituzione di beneficenza e di educazione con particolare riguardo al ricovero di vecchi e di indigenti, mettendo a di-sposizione del Comune di Ofena non meno di cinque posti gratuiti" (Le parti tra virgolette sono estratte dal Verbale della Deliberazione del Comune).

— La deliberazione favorevole del Comune, del 10.5.1930, essendo Podesta il Sig. Oreste De Matteis, fu approvata dalla Prefettura il 19.9.1930.

I Cappuccini" in stato di abbandono.

Comincio per l'Opera la "croce" del fmanziamento dei lavori del vecchio stabile, che dovette essere in parte "ricostruito" e tutto "ristrutturato".

Non mancarono le inquietudini per tutti, perche le cose, secondo la burocrazia, andarono per le lunghe...

Non era facile, per tempi che correvano, ottenere aiuti dallo Stato per un'opera simile. — Ricovero per vecchi, (anche se era stata usata la terminologia "una istituzione di be­

neficenza e di educazione..", nella Deliberazione del Comune): altra cosa era chiedere aiuti per gli orfani, di guerra specialmente...

II caro Pievano fece tutto quello che pote, desiderando finir presto. E fu veramente grande. Fu necessaria tutta la perizia del Padre nel far leva sulle sue conoscenze negli Uffici

competenti. Lo si sente nella corrispondenza di quegli anni.

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Per di piu, si aggiunsero, soprattutto nel 1936, i disturbi fisici per il caro Padre, assillato da impegni d'ogni genere e provato duramente dalla sua cara "uricemia"...

I lavori comunque, anehe se a rilento, procedettero, dietro le spinte audaci del Pievano. "...Al Pievano ho seritto. Io ho sollecitato e solleeito il sussidio. Di mio. deH'Opera. nul­

la per adesso e per molto ancora. purtroppo, e nessuna fretta di aprire una Casa dove non ho chi mandare".

Cos! scriveva il Padre a D. Tito il 27.2.37. E ancora il 29.7.37: "...Ai Cappuccini pensero con un po' di santa pazienza".

Finalmente giunse l'atteso giorno — il 18 novembre 1937 — di poter dare alia vetusta Casa lavvio della vita nuova, sognata, fermamente voluta dal caro Pievano1".

II pio sacerdote, nel 1922. aveva procurato una vita nuova al "Casino Frasca", rimasto deserto accanto alia Chiesetta dell'Addolorata, per I'allontanamento dclle Suore. divenendo "papa della Colonia Frasca"; ora. dopo un decennio, aveva procurato una vita nuova al vetu-sto convcnto, rimasto deserto. accanto alia Chiesa dell'Assunta. per I'allontanamento dei Cappuccini, divenendo "papa" della Casa per i Vecchi poveri...

Mirabili disegni della Provvidenza! Anche qui 'Talfiere della Provviden/.a" era stato il "sacerdote di fuoco", "Pievano di

Ofena...". Due uomini, veramente bisognosi, di Ofena furono i primi ospiti: Antonio Di lulio. uno

storpio e "Ciccillone", un confinato politico di Salerno. Tre Suore della Sacra Famiglia della Beata Cerioli, di Bergamo iniziarono quel giorno la

loro opera di bene in Ofena, sotto la guida del Pievano, neH'ambito dell'Opera Nazionale per II Mezzogiorno dTtalia".

— Sessanta anni fa! Anche in quesfopera, i Discepoli, coadiuvati dalle Suore, hanno tenuto fede "alia con-

segna" del Pievano. Per i "Vecchietti" si e fatto ogni sacrificio da parte di tutti. Le due Case, della "Colonia" e dei "Cappuccini" hanno camminato insieme nello scam-

bio della carita... Quanto ne era contento il Padre; quanto ricordava a noi, ai Discepolini il santo suo

"Pievano"! Ne e segno quanto egli ha lasciato seritto12.

Ofena Casa di ricovero per vecchi

Fu la prima del genere per noi. Poi venne Preta. Ne sognamo altre, tante altre, perche i vecchi dove noi lavoriamo sono trascurati, ab-

bandonati come i bimbi, piu dei bimbi. Questa si deve tutta, integralmente, come inizio, alia generosita di Mons. Leone,

Pievano di Ofena, ch'e uno dei sacerdoti piu alti da noi trovati nell'Italia centro-meridio-nale, .sacerdote the avrebbe onorata Vinfula episcopate in qualunque Diocesi d'ltalia.

III Luigi Gaspari - "Inaugurazionc in Ofena di un Ricovero per Vecchi" — "Mater Orph. Nov. die. '37 - p. 30. " Tommaso Molinaro - "50° Casa di Riposo "Mons. Leone" - Evangelizare nov. 1987 - p. 22 sg. C. Faiazza -

"Dalla Casa di Riposo - Mons. Leone" - Evangelizare - die. 87, p. 24. '- L'O.N.M.I. - Ofena - Casa di ricovero per vecchi - p. 188.

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Antonio Di Iulio.

A sue intere spese egli riatto alia meglio il vecchio Convento de' Cappuccini a noi rego-larmente ceduto dal Comune e a sue intere spese per anni e anni mantenne una venticinqui-na di vecchi cui la sua pazienza infinita riusci a non far mancar mai nulla.

In memore omaggio a cost caro amico noi spendemmo col tempo parecchi milioni per trasformare tutti i vecchi locali efarne veramente un modello di casa per vecchi.

Le Suore della - Sacra Famiglia - di Bergamo vi compiono un 'assistenza inappuntabile.

MONSIGNORE

Non sappiamo da chi parti I'iniziativa, certo, ai primi del 1934, il Padre rivolse domanda alia Santa Sede, perche al Pievano fosse concesso il titolo di "Monsignore", consenziente in tutto il Vescovo di Sulmona, Mons. Nicola Jezzoni.

La persona ne era degnissima, ma Titer fu lungo, forse per qualche voce malevola, che non manca mai, nelle iniziative di bene...

Finalmente, la nomina arrivo.

"// Pievano ha avuto la nomina dalla Segreteria di Stato. E contento e commosso ", scri-veva al Padre D. Tito, il 18 gennaio 1936.

Subito, il Padre sollecito il Podesta, Nicola Lancione, perche organizzasse una sottoscri-zione popolare per la croce, le vesti e i festeggiamenti.

La festa fu fissata ai Cappuccini per il 29 Marzo, in coincidenza della Prima Messa di D. Clemente Tommazzolli. Scriveva il Padre:

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"Caro Cola,

il Pievano insiste per non aver feste. Ma noi dobbiamo farle per Ini e per Ofena onorata in lui" (Roma, 14 J. 36).

E a Don Tito: "Per il 29 e doveroso insistere per

una festa al nostra Pievano. Bisogna che Ofena si riunisca tutla attorno a Lui. Sara opera di pace, oltre tutto.

E un aniico ed e unfwr di sacerdo-le che degnamente onorata. Non im-porta che i Cappuccini non sian jiniti" (Roma, 22.3.36).

Purtroppo. il Padre si ammalo im-provvisamente a Gioia del Colle, e non potette partecipare all'Ordinazio-ne di don Tommazzolli, il 28 niarzo, alia Colonia.

I festeggiamenti furono rimandati. Scrisse la Pievano il Padre, il 30

aprile 1936:

"Carissimo, manterrb fedelmente la promessa, ma bisogna che mi aspetti qualche giorno

ancora. Capita'.' Sta allegro — in paupertate laetitia! — e tieni allegro Tito. T'abbraccio iito P.G.

Minozzi".

Non abbiamo altre testimonialize, se non il fatto compiuto. II caro Pievano, in fondo, era stato esaudito dal Signore. Umilmente egli ringra/io il Si­

gnore, per la Sua benevolenza e mai fece pompa dell'onorificenza ricevuta, pur rimanendo-ne seinpre grato al Padre Minozzi e ai suoi amici, a gloria di Dio.

Non ricordo di averlo visto mai con i "paludamenti" da Monsignore e nessuno lo ricorda degli anziani interrogati...

C"e il ricordo solo nella foto del ricordino della sua morte: — mite, solenne" come era realmente, dolce e forte pastore di anime...

D. Tommaso Molinaro Fill)

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LA LAMPADA

Dl NICOLA

La "lampada di Nicola", come e detta a Ofena, e una splendida opera in ferro bat-tuto.

II disegno e dell'Archi-tetto dell'Opera Vittorio Paron, su suggerimento, cer-tamente, del Padre Minozzi.

Certamente sono del Pa­dre Minozzi le parole incise in rame in due piani, sotto la lampada:

"Domino Paschali Leone Plebano vitam charitate aluit"

CORRISPONDENZA LEONE-MINOZZI

Al caro Don Giovanni Minozzi Piazza Grazioli, 5 Roma

Colonia Frasca, 9.3.1926

Carissimo,

Deo gratias Deo gratias Deo gratias! Sia ringraziato il Signore e sia infinita-mente benedetto che ha voluto conservarti all'amore degli orfani e nostro. L'anima di que­sto popolo si e unila a quella di tanti tuoi amici, di tanti innocenti nella preghiera ed il Signore e stato buono neU'esaudirci. Nel desiderio vivissimo di vederti qui, in questo luogo solatio, ti abbraccio in osculo sancto.

Tuo Don Pasquule Leone

L'Aquila. ISAgosto 1946

Don Giovanni Amatissimo, sono qui da ieri e vi rimarrb fino al 22. Tornero a casa: perche la

Madre Superiora il 24 partird per la Casa Madre. Ha compito quasi il 3 ° triennio; e. poi, deve essere operata di cataratta.

Governd con saggezza e con sacrificio. Dio la ricompensi! Credo mio dovere darle lire mille di gratificazione e lire mille per parte del viaggio.

II 15 sera ebbi graditissima, per quanto breve, la visita dell'Onor. Rivera, accompagna-to da Geldino aw. Zecca. Rivera osservo che nell'abside della Chiesa de' Cappuccini, sotto gli intonaci, ci siano degli affreschi. Lo pregai di venire qualche giorno. Mi rispose: verm con don Giovanni. Attendiamo!

Ed ora a noil La mia domanda fit presentata al P row edito rata alle ope re pubbliche? C'e speranza! E per il sussidio dull'On. Corsi?

La sistemazione della Peschiera attende. E urgente! Con affetto e con i saluti per i Confratelli.

il Vecchio Servo bronlolone Don Leone

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16.10.1946

Caro Don Giovanni, il giorno 14 sera infretta ed in furia furono qui I'Ing. Capo del Genio

Civile e ling. De Lutis. Era gia notte! Feci low osservare il pavimento della Chiesa tutto rovinato, la peschiera, un pezzo di mura di cinta che e caduto, gli embrici rotti nel tetto dallo sparo delle mine, come pure i vetri rotti. Pare fossero persuasi dei danni. Premura tu, perche i lavori, specie la Peschiera, sono urgenti.

Non si potrebbero detti lavori farli noi ad economia con maestranza locale, magari sot-to il nome di una ditta appaltatrice?

II lavow forse verrebbe fatto piii solido e con le economie si potrebbero fare diversi ac-comodi nella Casa.

Al carissimo Don Tito il mio osculum sanctum. Ti bacio con affetto la mano.

II Servo brontolone Don Leone

Contemporaneamente servire ai fratelli santi di Rieti. Quest'anno grande piantagione di peri, di meli, di mandorli e nella costa da recingersi

con acacia spinosa, frassini, ornelli ecc.

Ex Convento Cappuccini (L'Aquila) Ofena

Mio Caro Don Giovanni, Dio vi conforti nelle amarezze di questi giorni. Sto leggendo la

vita di S. Alfonso. Quante contrarietd, quante persecuzionill E la storia di tutte le Famiglie Religiose. E segno che lo scopo e santo e la congregazione comincia la sua vita nel dolore come la vita di ogni uomo. Ora piii che mai mi sento a Voi piii vicino. Dio vi benedica!

Vi abbraccio con grande affetto ed in unione di preghiere, credetemi tutto vostro.

II Vecchio Servo 21.9.1941

DS. I Vecchi vi aspettano. Don Lovisone ha preso possesso. In questo momento vado a confessare alia Colonia.

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Ofena, 3 maggio 1944

Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'ltalia Casa Ricovero per Vecehi ex Convento Cappuccini (L'Aquila) Ofena

Cam Don Giovanni, nan ho avuto piu la fortuna di una tua lettera. Ho fede vivissima die le cose si

riassodino subilo. La Madonna questa volla coronerd i nostri desideri, i desideri di tutti! Qui pieni di sfollati: la popolazione raddoppiata, ed il Pievano solo... Don Tito occupato e preoccupato; Don Atzenifa il latino, il greco ed il ledesco... Don Gemma the per la Casa e per la Pieve sarehhe stata una gemma, e separata dalla

Cordigliera...

Bisogna the mi si mandi don Clemenle vecchio dell'amhiente e pronto a sopporlare quel hrontoltme e rimhamhito del Pievano... Ma suhito venga propria suhito... Altrimenli o dehho rinunziare al heneficio o premiere un Coadiutore. Ma dove trovarlo'.' E difficile tro-vare una huona moglie alia vecchiaia.

Da Amatrice e L'Aquila e facile trovare un mezzo di fortuna ed anche e facile trovarlo poi per Ofena.

Qui tutti ti aspettiamo e con ansia. Daimni tue huone notizie ed accontenta il Pievano. Con affetto e con i saluti per tutti.

L'Obbligmo DP. Leone

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OFENA - CASA DI RIPOSO "MONS. LEONE"

Assunta 1957 - Oltre la tradizione che a questa data richiama la popolazione di Ofena a un particolare, devoto omaggio alia Vergine Assunta, quest'anno la Casa di Riposo ha vissuto giornate particolarmente intense e piene di speciale fervore.

II vivace dinamismo di D. Gemma ha saputo fare, per la gloria di Maria, quello che tre anni fa sembrava cosi difficile da realizzare.

II doloroso episodio dell'incendio, che in pochi minuti distruggeva l'antico altare e il Simulacro della Vergine, e ora completamente sorpassato dal festoso rinnovamento.

OFENA - Casa di Ricovero "Mons. Pasquale Leone" la nuova imniagine dell'Assunta di M. Barberis dopo l'incendio del 1956.

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Sembra un'altra la Chiesa, restituita ora nella sua semplicita alle linee originali, che la tenue tinteggiatura rimarca sugli arconi e sulle lesene di pietra viva.

Alto sul tripice ordine di gradini si eleva il lieve, policromo altare marmoreo che 1'Architetto Prof. Tassotti ha disegnato con mano maestra.

E trionfa al di sopra la grande Pala, su cui il pennello di Mario Barberis, poeta del disegno e del colore, fa apparire in una visione luminosa la Vergine Santa, librata in un volo alato sull'apparire fatato del Gran Sasso e della Maiella: suggeri-mento geniale del P. Minozzi.

Per tre giorni il popolo di Ofena e concorso numerosissimo a pregare, ad ascol-tare la parola incitatrice di un Sacerdote Discepolo, affollando i confessionali, nella ricerca di un rinnovamento spirituale.

Particolarmente da ricordare la vigilia della festa, quando il venerato Pastore della Diocesi, Mons. Luciano Marcante, e intervenuto a benedire la sacra immagine e FAltare, lasciando con la sua paterna parola un ricordo di amore e di virtu alia gente di Ofena.

Antecedentemente, nel raccolto chiostro della Casa di Riposo, tra lo sventolio di bandiere e lo scrosciare di memori applausi, era stato scoperto un busto bronzeo (espressiva opera del Crocetti) di Monsignor Pasquale Leone, che a dieci anni dalla sua scomparsa, vive ancora per la sua bonta umana, per il suo spirito di cristiana solidarieta, per Fapostolico zelo sacerdotale, piu perenni e duraturi del bonzo.

Questi concetti ha espresso, alia presenza di Mons. Vescovo, del Sindaco e delle Autorita convenute, Foratore ufficiale Sig. Domenico Delfino, che, aggiungendo il chiaro riconoscimento per quanto FOpera Nazionale va realizzando per i cari vec-chietti, ha auspicato da parte degli Ofenesi una sempre crescente, concreta simpatia verso quesFistituzione che onora il paese.

II giorno dell'Assunta ha avuto il suo tono particolare con Fufficiatura dell'alba, con la solenne Messa, cantata dalla Schola dei Discepolini, guidati dal Direttore Padre Livio De Grandis.

Si puo realmente dire che in questi giorni la Casa di Riposo e stata il cuore di Ofena. II bravo Pievano, il Piccolo Clero, i Discepolini, i Religiosi della "Famiglia dei Discepoli", le Suore e tutti i cari amici di Ofena, dando il loro aiuto, fattivo o di simpatia, al bravo Don Gemma, hanno invocato con lui dalla Vergine Assunta le piu sante benedizioni su questa Casa affinche la speranza e la fede santifichino cuori gia stanchi e dolenti con il soave conforto della carita.

L.F. Da "LA SVEGLIA" - sett., ott., 1957.

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CASA DI RICOVERO "MONS. LEONE

C'e una Casa dell'Opera, unica finora nella sua fisionomia: la Casa Ricovero per i vec-chi, a Ofena. Non ampi cortili vi sono. non aule scolastiche, non sala del teatro, come nelle altre Case: essa ha una storia e una finalita particolare, che e bene conoscere non solo per avere un'idea di un'altra forma di bene, svolta dall'Opera, ma anche per rendere un tributo di omaggio alia memoria dell'ideatore di questa attivita, di Mons. Pasquale Leone.

Grande anima di Sacerdote, Mons. Pasquale Leone (volato al cielo il 24 Novembre 1947), ha lasciato una memoria imperitura non solo per i suoi cinquanta anni di ministero fra il popolo di Rivisondoli e di Ofena, ma anche e soprattutto per questa Casa di Carita, donata all'Opera per il Mezzogiorno d'ltalia dal Comune di Ofena e da lui riadattata e tra-sformata, con tanti sacrifici personali. Nessuno di quelli che lo hanno conosciuto potra mai porre in oblio il gesto grande di questo parroco, che, costretto per l'eta a lasciare il ministe­ro, pur potendo ritirarsi in famiglia, dove sarebbe stato circondato dall'affetto dei suoi, be-nestanti, o almeno, come gli era stato offerto, presso la Curia Vescovile, dove non gli sareb-bero mancati gli onori e l'assistenza, prefer! ritirarsi nella sua Casa Ricovero, povero tra i poveri. E degno Mons. Leone di essere ricordato da noi Discepoli accanto all'anima grande di P. Semeria.

Grandi lavori sono stati fatti anche dopo la sua morte alia Casa Ricovero; ma, anche se essi superano quelli fatti eseguire da Mons. Leone, a sue spese, rimarranno sempre sublimi l'idea e l'opera sua, monumento perenne alia sua memoria.

La Casa Ricovero fu un convento dei PP. Cappuccini, almeno dal 1600. Scacciati i Pa-dri, per le incamerazioni dei beni ecclesiastici, il convento fu abbandonato e, specialmente nel piano superiore, cadde in rovina. Solo la Chiesa continuo ad essere curata, per la devo-zione alia Vergine Assunta, a cui e dedicata. Mons. Leone — Pievano di Ofena — fece ogni sacrificio per istituirvi un Ricovero per vecchi.

Un mio ricordo personale varra a dare un'idea dello stato dell'edificio, prima dei restauri. Non ricordo bene l'anno — se il 1936 o il 1937 — noi discepolini facemmo una scampa-

gnata a "I Cappuccini" (cosi e chiamata volgarmente la Casa), gia in possesso dell'Opera. La parte superiore del Convento era tutta calcinacci, pietre, tegole e vecchi travi, un am-

masso polveroso. Rimaneva abbastanza ben conservata la Chiesa, nel tipico stile cappucci-nesco: vi spiccava l'altare ligneo barocco, e un dipinto, in alto, della Madonna Assunta in Cielo, tra schiere di angeli, con in basso tante figure di frati dalle lunghe barbe, in preghie-ra. Dietro la mensa, un tabernacolo in legno tutto ornato di statue ed intarsi. Davanti al pre-sbiterio una balaustra a cancellata, in legno; alia navata di destra, tre cappelline, anch'esse con altari in legno e con dipinti e chiuse da balaustre di legno.

Nel coro rimaneva ancora un enorme e rozzo leggio, con enorme cantorale. In Sacrestia, enormi armadi di legno; in una nicchietta un prezioso crocifisso, intagliato da un paziente fraticello.

Si mangio — ricordo — nel fu refettorio dei frati, su rozze tavole, serrati, tanti com'era-vamo. Ricordo ancora Mons. Leone, che, mentre ci tagliava fette di pane da un'enorme pa-gnotta di parecchi chili, come usano qui, in Abruzzo, ci illustrava i dipinti sulle pareti del refettorio: la "Cena" e il "Sogno di Papa Innocenzo III", di "S. Francesco, che regge le mura vacillanti del Laterano" e ci annunciava che presto quella casa sarebbe divenuta un ricovero di vispi vecchietti.

Son passati piu di vent'anni da allora. Quante vicende anche fra quelle mura! Abbiamo potuto assistere ad un'opera di rimodernamento lento, ma continuo perfino nella Chiesa. II convento, dopo poco tempo, fu un lindo locale, pur conservando sotto la sua veste nuova gli

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elementi antichi. che potevano esse-re utilizzati ai nuovi usi, come, piu o meno. la distribuzione degli am-bienti.

Cosl non solo nel chiostro, col suo antico pozzo nel mezzo, ma su per la scala interna, nel piccolo corri-doio. ad ogni ombra di persona, ad ogni scalpiccio. mi e sembrato talora vedere spunlare una ligura di Cap­puccino venerando. Rimodernato l'orto nel recinto a muro. la grande vasca alimentata da una fonte sorgiva.

In questi ultimi anni abbiamo visto costruire la terrazza per i vec-chi, con sotto la nuova lavanderia, le stalle. la tettoia per la legna, ri-modernati i servizi igienici. Accan-to alle rane, come segno di tempi nuovi. guizzano le anguille nel grande vascone...

La Chiesa si ostino a conservare la sua veste antica.

Quante volte, a mirare i bei frati barbuti. dipinti sotto la Madonna Assunta. sull'altare, mi e sembrato di vederli vivi e veri attorno all'al-tare. dietro la lignea cancellata!...

Elementi cari della Chiesa. oltre il venerato dipinto dell'Assunta sul­l'altare. sono ancora (quanto e con che amore ne parlava Mons. Leo­

ne!) una statua di legno di S. Antonio con il Bambino, nel portico, una preziosa maiolica a muro nell'interno, raffigurante la Madonna con il Bambino, un alfresco antico della Santa Casa di Loreto. sull'altare della prima Cappellina presso l'uscita. un bel Crocifisso di legno. appeso al muro, un tempo accanto all'altare. in una sua custodia.

Anche la Chiesa pero doveva mutare volto. Un corto circuito improvvisamente fece di-vampare un pauroso incendio nell'altare di legno. nella notte del 7 luglio 1956. II pronto intervento di don Gemma, con l'aiuto degli abitanti della borgata vicina, riuscl alia fine ad avere ragione delle fiamme, che pero trovarono facile esca nell'altare tutto di legno. all'in-fuori della mensa.

I pompieri, chiamati da dall'Aquila, trovarono il lavoro di spegnimento gia quasi com-piuto. II bellissimo altare di legno. con il dipinto dell'Assunta. fa tutto un cumulo di cenere e di tizzoni: la Chiesa ne rimase tutta annerita. Permissione della Provvidenza...

A distanza di due anni. la Chiesa e, direi. ringiovanita: l'esterno e rimasto com'era. ma l'interno e stato tutto rimesso a nuovo.

L'altare e ora di marmo, con la mensa sorretta da quattro agili colonnine, sormontato da una tela del Prof. Barberis. raffigurante la Madonna Assunta.

Chiude il presbiterio una balaustra a colonnine, anch'essa di marmo.

La vecchia immagine dell'Assunta distrutta dall'in eendiodel 1956.

Chi non li ha visti, non ha neanche l'idea piu del quadro antico dell'Assunta con i frati oranti, ne del tabemacolo barocco, che ora giace mezzo bruciacchiato in un angolo della sacrestia. Immutate ancora sono le cappelline laterali e la sacrestia.

Ed ecco i nuovi abitanti della casa rinnovata. Essi sono vecchietti o bisognosi, sotto l'as-sistenza di tre Suore della Sacra Famiglia, con la Direzione di un Sacerdote dei Discepoli, che e D. Giovanni Gemma, tanto benemerito.

In numero di tre all'inizio, nel 1937, essi aumentarono via via, fino a raggiungere la me­dia di una quindicina.

Dicevo che la Casa di Riposo e unica nella fisionomia. Quanto infatti i nostri ragazzi sono protesi verso I'avvenire, cosi questi cari vecchietti sono volti al passato..., per tutti glorioso.

Ne raccontano tante e con grande entusiasmo, senza stancarsi mai. Ai loro tempi, tutto era migliore...

Poveri, cari vecchietti, sciancati, sordi, ciechi taluni, incurvati e acciaccati dagli anni, al tramonto della vita, sono tutti ricordo del loro meriggio.

Per I'avvenire hanno, lo sanno , vicina la tomba. Tutto il lavoro sta nel prepararli a que-sto avvenire, tanto piu che molte volte il loro passato ha emulato quello del figliol prodigo.

Quanta pazienza, quanto spirito di sacrificio essi richiedono da parte del loro "Prete" e delle Suore! Desta meraviglia e commozione il senso di cura e di pulizia, che circonda que­sti vecchietti, in tutti i locali della Casa, a onore delle anime che ne sono i custodi. E poi quale continuo mutamento di umore, come in un curioso collegio, hanno i vecchietti: a vol­te, pacifici, intenti ognuno ad un particolare lavoro, zappare, scopare, aiutare le Suore, o al sole, e d'inverno accanto alia stufa, con la inseparabile pipa dal tabacco di ogni qualita (an-che di foglia di rosa!), molto spesso sonnecchiando, talora intenti a racconti delle loro av-venture; a volte, invece, innervositi, incontentabili, litigiosi tra loro per un nonnulla, come bambini... Un curioso collegio, un nuovo Convento di canuti, bisbetici frati!

Quanto e commovente vederli a refettorio, o nella camerata, come dei nostri ragazzi, o in Chiesa, sulle loro panche, proprio dove erano gli stalli dei frati!...

Caro Mons. Leone! Come sorridera soddisfatto dal Cielo su questa Casa, rinata per suo volere in una veste cosi decorosa! La sua testa patemamente sacerdotale, in bronzo, veglia in un lato del Chiostro su questa realizzazione del sogno del suo cuore, inesasusto di carita.

Una lapide, dietro il busto, ricorda il suo nome e la sua opera, legati per sempre all'Ope-ra per il Mezzogiomo d'Italia:

MONS. PASQUALE LEONE

VOLLE RESTAURATO QUESTO CONVENTO

QUANDO ERA PIEVANO DI O F E N A

IN CASA DI RIPOSO

PERCHE I VE-RCHI DELLA SUA TERRA

SOTTO L'ALA PROTETTRICE

DELL'OPERA NAZIONALE

PER IL MEZZOGIORNO D'LTALIA

AVVISTASSERO SEREN1

LE SPONDE DELL'ETERNA VITA.

D. Tommuso Molinaro

Le parole sono del Padre Minozzi; il busto e opera dello scultore Venduzio Crocetti.

Da "LA SVEGLIA" - nov., die, 1958.

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/ *

HOMO DEI

MONS. PflSQUflLE LEONE

"SE LA RIDE DELL'AVVENIRE"

Pr31,25

AMATRICE • TIPOGRAFIA ISTITUTO MASCHILE • 1948

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A completamento di questa breve, ma stimolante memoria che, nelle intenzioni del nostro ricercatore, D. Tommaso Molinaro, vuole essere quasi un antici-po di una piu approfondita ricerca storica, pubbli-chiamo, come in seconda edizione, HOMO DEI, profilo biografico di Mons. Pasquale Leone, scritto nel 1948 da don Tito Pasquali, vicinissimo al Pievano per lunghi decenni, e suo instancabile efedelissimo collaboratore. E una testimonianza viva tratta dal "tesoro" dei suoi ricordi e delle sue esperienze vissute e lette, con logica di amore, dalVangolatura delta fede che passa attra-verso Vadesione piena aiparadossi del Vangelo, gli unici capaci di costruire personality "eroiche" nel mondo cattolico. Dalle brevi noti "titiane" emerge a caratteri evidenti, epercib da tutti leggibili e comprensibili, lafigura di un sacerdote che trae la sua singolarita, il senso pro-fondo del suo essere, la sua contagiosa forza di testi­monianza dalla volonta di conformazione a Cristo, sacerdote e missionario del Padre. Gesii era diventato per lui insostituibile amore, fuori del Quale ormai nonfu piu possibile al Pievano di Ofena concepire la sua esistenza. In un tempo di soddisfatta accettazione delVaurea mediocritas" come plausibile norma di vita, valga Vapprezzabile lavoro di don Tito Pasquali a ridestare negli animi la nostalgia dei grandi ideali spesso tra-scurati.

D. Michele Celiberti

//; coelesti seek- gloriosa semper exsultet.

[duU'O/irm dei ilefunli)

LA CASA DEL PARROCO E CASA DITUTTI, APERTA A TUTTI

Si dice che il tempo, nel suo incessante andare, cancella dalla memoria fatti e persone. Mi pare che non sia cosi, almeno, per fatti notevoli, per persone distinte. Che anzi, quei fatti rivivono intensamente oltre gli anni e i secoli. E cost anche quegli uomini che fermarono indelebile il loro nome sulle pagine della storia, illustrate con gesta militari, lettere ed arti: con le loro opere di bene che sulle militari e le altre restano con maggior impressione e mi-gliore interesse. Se non fosse cosi non avremmo la Storia che s'interessa del passato, perche il passato sia di insegnamento e di ammonimento agli uomini, anche se questi, purtroppo, nessun vantaggio traggono dalla narrazione dei fatti e degli uomini che ci precedettero.

Don Pasquale Leone, nato nell'alpestre paesello di Santo Stefano di Sessanio in provin-cia d'Aquila il 12 novembre 1873. ormai e un anno che lascio l'esilio terreno per la patria celeste; eppure egli e presente. piu che mai vivo ne' nostri cuori. nelle nostre menti. La sua figura si agita davanti a noi come allora che per le vie del suo apostolato. cosi vario e cosi ope-roso, andava senza posa e senza stanchezza, anche quando la giornata era piena, anche quando gli anni cominciavano a pesare. Lieto o amareggiato era sempre uguale. La sua accogliente casa, prima d'ogni altro, offriva il suo sorriso sincere, lo stesso sorriso che dispensava a tutti fuori di quella casa che era la casa di tutti. Lo diceva lui che il Parroco e l'uomo di tutti, che la casa del Parroco e la casa di tutti, a tutti aperta, in tutte le ore. anche quelle notturne.

II suo zelo vigilante, infatti, lo faceva sveglio a tutte le ore per chiunque lo richiedesse. Fossero i fedeli in chiesa o per la via. malati, bisognosi, egli era sempre pronto, senza farsi attendere. nemmeno quando prendeva il suo giusto e necessario ristoro. Mai che facesse un atto di impazienza in momenti ne' quali proprio nessuno vorrebbe essere disturbato.

AFFLITTO QUANDO NON POTEVA AIUTARE

A chi non lo conosceva a fondo questo metodo di vita poteva sembrava fanatismo scioc-co od ostentazione studiata per un segreto vanitoso interesse. Niente affatto. In lui ci era San Paolo con il suo "Charitas Christi urget nos": e'era lo zelo divoratore in quell'anima. distintamente preoccupata ed afflitta solo quando non poteva aiutare, solo quando vedeva il male non facile ad arginarsi. quando il male lo vedeva invadente, e sapeva le anime in peri-colo o addirittura cadute nel fango del peccato.

— Ma perche affannarsi tanto? — gli dicevo qualche volta — Voi avete fatto quanlo era in voslro potere, voi non avete alcuna responsabilita: state tranquillo.

- No — rispondeva — il padre non puo esser tranquillo davanti ai figli che si smarri-scono, che si perdono.

Mi pareva una ossessione e glielo dicevo. Non ero ancora arrivato alia canonica che mi domandava: — Hai confessato?... ti attendono, svelto.

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OFENA - II Pievano, D. Pasquale Leone, sul terrazzino della Casa Canonica, davanti all'immagine in ferro battuto, opera di Nicola Lancione. Anche la bella ringhiera in ferro battuto e del Lancione.

E cosi le mille volte, di sera, di mattina, in pieno giorno. Quasi aveva invidia che si facesse qualcosa nelle altre parrocchie. — Facciamo anche qui, nella mia pievania, qualche cosa. E di punto in bianco fissava le riunioni, le confessioni, gli esercizi, i ritiri, le missioni

addirittura. Quante missioni! Ad Ofena ce ne furono tante e ci furon religiosi e sacerdoti tanti. Egli sapeva, diro cosi, sfruttare tutti e tutte le occasioni, tutti gli amici per dar modo alle sue pecorelle di potere approfittare nell'interesse delle proprie anime, spiate e seguite sempre per giovar loro a tutti i momenti. Vero pastore ardente e zelante, sempre premuroso.

Era per questo che egli poteva sembrare un curioso pescatore di notizie. No. Non era ne pettegolo ne frivolo. Era un uomo dalla quadratura mentale e di una serieta cosi nobile e forte come non ne ho visto che pochi. Spiava, si, si informava minutamente d'ogni cosa, di tutti e di ciascuno per poter venire incontro alle varie necessita, per avere il modo di sanare situazioni scabrose: per evitare possibilmente screzi e perturbamenti negli individui, nelle famiglie, nella Parrocchia tutta, per ovviare a possibili scandali. Era la prudenza di una co-scienza illibata e retta, fatta gelosa per l'andamento normale e santificatore delle anime a lui affidate, per l'interesse delle quali egli avrebbe offerto e dato anche la sua vita. Durante

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l'occupazione doveva battezzare un inglese protestante che, per isposarsi una giovane della parrocchia, passava alia nostra religione.

— Siate prudente — gli dissi — ed evitate conseguenze antipatiche da parte delle auto-rita occupanti.

- E che? — mi rispose — io faccio il mio dovere consapevolmente e risolutamente. Vorranno castigarmi? Che mi uccidano pure, io sono il Pievano ed adempio la mia missio-ne. Amministro i Sacramenti. E mio dovere. Basta.

IO TI DO IL DANARO E TU COMPRI

E conosceva tutti, piccoli e grandi, poveri e ricchi. Di ogni parrocchiano conosceva vita e miracoli. Di ogni tamiglia sapeva pertettamente la genealogia. Quante notizie e peregrine cose mi raccontava con particolari ininuziosi. Aveva una memoria tenace. E alia memoria si univa una bella, chiara intelligenza con una cultura assai adeguata al suo grado. Appassio­nato di antichita, era un ricercatore paziente assiduo del passato. specie delle due parrocchie di Rivisondoli ed Ofena nelle quali aveva lavorato i suoi cinquant'anni di prete e di parroco. A contatto quindi frequente di letterati, di artisti, di archeologi e di storici. si era formato un nome stimato di cultore di Storia e di Arte che gli valse la tessera di Socio onorario della Sovraintendenza ai Monumenti. Varia e ricca la sua biblioteca che poteva sembrare in istato di abbandono per una certa confusione di materia nella quale egli pescava facilmente, dac-che ricordava, — e lui solo poteva ricordare. — dove poteva essere ed era questo o quell'al-tro libro occorrente al bisogno. Aveva anche un abbozzato museo nel quale custodiva con curiosa gelosia, monete, anfore. tronchi di colonnine, lampade, ecc, trovate ne' vari scavi della Zona di Ofena e Capestrano. ove fu rinvenuto il famoso guerriero dell'epoca, pare, an-teriore alia etrusca, che interesso il mondo intero, e di cui Mons. Leone parlo e scrisse ri-chiamando prima d'ogni altro l'attenzione della Sovraintendenza ai Monumenti. Era appas­sionato. Tanto che una volta voleva obbligarmi a comprare un campo ai confini della Par­rocchia, verso la cosidetta valle di San Marco, in un luogo ove, secondo la leggenda. sareb-be passato Annibale, denominato "campo della battaglia".

— Io ti do il denaro e tu compri — mi disse. Poi scaveremo. So che sono stati trovati cimeli interessanti delTepoca romana.

E insistette per un paio di anni. Mostrava a tutti gli amici e visitatori i suoi ninnoli e i suoi libri. i suoi incunaboli. I suoi

libri. Ah! i suoi libri pescati in questa e quella casa baronale de' dintomi, come li amava! Come li aveva cari! Ne era geloso.

— Don Tito — mi diceva — ti raccomando la biblioteca. Non vorrei che alia mia morte andasse perduta. E restituiscimi i libri che prendi, fammeli restituire dai tuoi discepoli, che la biblioteca e vostra, e dei discepoli, ma deve venirvi integra e deve tale rimanere, orna-mento della vostra casa. Percio vi faccio preparare un grande scaffale.

E fu nuovo, veramente grande. Ma io ci scherzavo. Ed egli prendendo sul serio il mio scherzo, si faceva austero, senza

saper nascondere l'abituale sorriso paterno, e parlava scandendo le parole. Mi guardava con sussiego, ripetendo le raccomandazioni, perche "non voleva essere burlato" — diceva, aper-tamente sorridendo. E terminava:

— Don Tito... bada.

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GIORNATE CAMPALI

Nelle lunghe serate, passate insieme, dopo giornate di intenso lavoro che egli soleva chiamare solennemente "giornate campali", quasi vincendo la stanchezza, prendeva mano-scritti e libri antichi nei quali solo lui capiva, con gli occhiali in mano e gli occhi sulla carta ingiallita o affumicata, e voleva leggervi qualche cosa che per lui era sempre interessante, o quanto mena, amena. Non si curava della buona nipote che, piu stanca di noi, dormicchiava, desiderosa, certo, del letto; vinceva la mia impazienza, e si attardava nella lettura, sulla qua­le gettava giudizi precisi, osservazioni acute e di tanto in tanto vi schiacciava risatine e risa-te. Che uomo! Quale simpatia destava.

— Io me ne devo andare — dicevo, — domani non posso tornare. Ho le mie responsabi-lita, che sono piu gravi di quelle parrocchiali.

OFENA - Casa di Riposo "Mons. Leone" Assunzione di Maria SS.ma al cielo (M. Barberis).

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Elui: — Ma che devi fare? — e giu un battibecco. Ma che? Per tutta conclusione fissandomi

amabilmente, quasi con viso pietoso. concludeva: - Io ti pago, purche tu venga. Aiuta la barca. E necessaria la tua presenza qui alia Par-

rocchia, alia "Casa ricovero". E tua, e vostra la "Casa ricovero". E poi dovevo dirti tante cose che tu hai fatto dimenticare. Resta. Torna.

Come non amare un tale uomo? Un uomo che per noi Discepoli aveva una paternita dol-ce, pronta, premurosa sempre. perche la "Colonia Frasca" l'aveva lui procurata in un avven-turoso luglio di lontani tempi e precisamente nel 1922. E ci teneva a farlo sapere; e ripeteva spesso che il primo pane agli orfanelli della "Colonia Frasca" l'aveva dato lui: il primo gra-no lui l'aveva seminato. E non poteva non raccontare, anche se a brevi tratti, l'origine del-l'istituto che, di una piccola casa divenne subito una grande bella ariosa spaziosa casa con tutti i conforti moderni, ricostruita e costruita con la genialita con la quale sa ogni cosa ide-are il Fondatore P. Minozzi. specie questa casa che e la culla della Famiglia religiosa de' Discepoli. forgiati in quella solitudine solenne ed operosa, sorrisa da mille mandorli e mille ulivi, in un declivo delizioso, baciato dal sole mattina e sera. Questa casa. ove si educano le vocazioni nel ginnasio-liceo e noviziato, era stata avvistata proprio dal Pievano Leone, per­che andasse all'Opera per donazione di indimenticabili benefattore. Donna Annina Ciarrocca, la donna del dolore che sapeva velare di un dolce melanconico sorriso, e il mari-to di lei Cav. Luigi Frasca. l'uomo adusato alle battaglie e al culto della famiglia. Mons. Leone aveva pensato al P. Semeria e a P. Minozzi che conosceva di nome e di fama. Rac-contava la sua fuga a Tagliacozzo per incontrare P. Semeria il quale, per non ismentire il "Semprevia" non si era fatto trovare; la sua lunga attesa al telegramma che ebbe risposta solo dopo due mesi da parte di P. Minozzi.

E quale gioia riviveva nel far sapere che egli nel primo incontro aveva accompagnato il P. Minozzi a Campo Imperatore, ritessendone ammirato e rispettoso. l'anima poetica e fascinatrice.

Quindi la donazione da lui auspicata e preparata che diede terreni e casa. capace allora di pochissimi alunni, ed ora capace di piu di cento studenti che hanno tutto: luce, acqua, strada, teatro, campo di bocce e sopratutto la chiesina cost raccolta e bella nella sua sempli-cita. che sente i canti e le preghiere di preti e suore e discepolini educati gelosamente al culto del bene e del santo, per essere pronti a batter le vie segnate dalla Provvidenza e gia onorate dai due Padri Giovanni: Semeria e Minozzi.

E tutto questo lavoro, questa fatica?... Per il bene, per risolvere una situazione di coscienza, delicatamente; per procurare agli orfani il pane corporale, il pane dello spirito, "anche per gli ofenesi — diceva — perche io devo pensare sempre ai miei parrocchiani". II racconto doveva terminare sempre che egli aveva procurata la casa ed anche il sacerdote che era il sottoscritto. mandato poi ad Amatrice, per cui egli diceva ch'era stato "defraudato". Simpaticissimo.

CON VERS ATORE AMMIRABILE

Certo. Se le acquistava con tutti le simpatie. Egli era l'anima di ogni onesta conversazione, specie la ove sapeva necessaria o almeno opportuna la sua presenza e la sua saggia parola.

La nostra zona era stata scelta per le esercitazioni militari estive. Ebbene egli era presen-te anche ai soldati. lui "vecchio caporal maggiore" dell'Esercito italiano. E della sua vita militare raccontava molti e spassosi episodi che ci facevano tanto ridere, con quel suo tono di voce cattedratico. gli occhi a terra e tutto immobile. Nei ricevimenti al Municipio lui fa-

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ceva gli onori di casa e familiarizzata subito con tutti gli ufficiali di alto e medio grado, do-tato com'era di parola pronta e facile.

Non si smarriva mai ne in casa ne fuori di casa: in paese o altrove, per la strada e in chiesa, in treno o in autobus, ovunque conversava piacevolmente, toccando sempre, a bello studio, o religione o carita che dalla religione prende le sue mosse e con la religione intima-mente si riconnette.

CARITA E ADORAZIONE

Da giovane e fino a che non lo fiaccarono gli anni e il diabete insidiatore, specialmente durante il ministero parrocchiale a Rivisondoli, ove ha lasciato un imperituro ricordo, fu predicatore forbito e ricercato nelle Diocesi di Sulmona, di Aquila, di Penne, di Chieti, Trivento, Campobasso, ecc. Tutti lo ascoltavano e lo ammiravano, perche ognuno in lui ve-deva sicuramente l'apostolo che parla col cuore e predica le verita eterne, le luminose virtu evangeliche, giustizia e carita, questa soprattutto, memore del pensiero paolino: major autem horum est Charitas.

La carita era la fiarnma ardente e ardimentosa della sua anima apostolica che si alirnen-tava con la preghiera devota, con lunghe permanenze davanti a Gesu Sacramentato, e in ore di adorazioni notturne.

Un bambino, ancora al nostro Orfanotrofio di Barile, quasi giovane ora, era rimasto solo in casa con una sorella che per intervento di Mons. Leone stesso fu presa dalle buone Suore della Sacra Famiglia che l'ospitano ancora a Villa Volpe. Ebbene don Pasquale lo prese con se.

La prima volta che mi rivide, prima di sederci a tavola mi disse: — Oggi abbiamo un ospite nuovo. — Chi e? — Lo vedrai. A mezzogiorno me lo presento, lo fece sedere vicino a noi dicendo: — Ora Nicola Pasquantonio e nostro ospite abituale, finche voi non vi benignerete di

accoglierlo in una delle vostre case. State agli impegni che avete — aggiunse con voce se-ria, ma con l'abituale sorriso sul volto.

E al mio confratello Don Rodolfo Atzeni un altro giorno disse: — Vedi, amico, tu credi che noi facciamo un complimento a questo ragazzo: e lui che fa

un piacere a noi. Quanto profondamente cristiana questa osservazione che saliva chiara e sincera da quel

cuore che attingeva sempre alia sorgente limpida della carita del Cristo.

SENZA LA CARITA... SOLO RUMORE

Era ben convinto che senza la carita si rimane cembalo rumoroso. Solo rumore. Percio centro e fine di ogni sua attivita era l'amore a Dio attraverso il bene prodigato al prossimo, non a parole, ma con fatti, con opere, perche, senza dubbio, come la fede e morta se e vuota di opere, cosi fredda, morta, dispettosa e la carita se rimane sterile e tisica nella parola, an-che se alata, ma non accompagnata, non seguita da opere che sollevano e ristorano i fratelli che piangono e chiedono aiuto.

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L'ASILO DIVENNE LA SUA PASSIONE

Allorche da Rivisondoli — ove, ricordava lui, aveva per fin celebrato in Alberto per i Reali d'ltalia. — per la fiducia di S.E. Monsignor Jezzoni, di venerata memoria. venne trasferito in Ofena nel 1917. penso subito all'Asilo per i molti bambini, per i bambini poveri innanzi tntto.

E tanto seppe adoperarsi e fare con i Baroni Madonna che ne ottenne una parte del gran-de e bel palazzo. ove ha eretto un Asilo che. se non ha tutte le prerogative e tutte le comodi-ta di un istituto moderno del genere. riesce pero a disimpegnare ed attuare il programma di assistenza ai bimbi e di educazione domestica e religiosa ad un bel gruppo di giovanette.

L'Asilo divenne la sua passione. Lo rivedo ancora oggi in mezzo a quella sua massa di bambini piu che un padre amoroso, piu premuroso ed affettuoso di una madre. Integrava il bilancio. senza farsi accorgere. con denaro. con ninnoli, con leccornie, con il fuoco, con aiuti particolari alle suore. In quella casa tanto ospitalc faceva grandi fuochi d'inverno e poi diceva alia buona nipote:

— Avanti, Maria, presto, mandiamo tutta questa brace alle suore perche si ristorino con i bambini.

E nelle ricorrenze particolari. il suo pensiero correva alle suore. ai bambini alle suore affidati.

Che cuore! Mons. Leone respirava. viveva la earita. L'assaporava lieto. sempre affidato alia Provvidenza divina che alle volte eon lui era veramente miracolosa.

OFENA - Tomba di Mons. Leone. Chicsa della Casa di Riposo ai "Cappuccini" (Luglio 14K6).

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CHE PENA MI FANNO I POVERI VECCHI

Dopo i bambini vennero i vecchi. — Ah! i vecchi. — diceva — Che pena mi fanno i poveri vecchi abbandonati per mise-

ria o per cattiveria e ingratitudine umana! E dagli a lambiccarsi il cervello, finche non fisso l'attenzione su l'ex convento de' Cap-

puccini ai piedi della borgata. Si adopero con pazienza da pari suo. Catechizzo e convinse i fittaiuoli dello stabile cadente e dell'orto, i quali furono ragionevoli assai e cedettero all'uo-mo di Dio, pur essendo alia sponda opposta dei nostri sentimenti cristiani. S'intese con l'al-lora Podesta, Generale De Matteis, che concesse all'Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'ltalia l'ex convento per essere trasformato in "Casa ricovero per vecchi abbandonati". E il buon Pievano Leone penso, a sue spese, a riattare quel rudere in isfacelo. Alcuni maligni — ci saranno sempre i maligni — mormorarono che egli lavorava a conto dell'Opera Na­zionale per il Mezzogiorno d'ltalia e a suo interesse. Ma noi, ad onor del vero, dobbiamo rendere omaggio alia memoria santa di Mons. D. Pasquale Leone dicendo quel che mi proi-bi di dire vivente dall'alto del pulpito.

Mons. Pasquale Leone lavoro ai Cappuccini spendendo tutti i suoi risparmi, suoi, pro-prio suoi, quasi senza un soldo dell'Opera, con l'aiuto, si, del nostro ufficio tecnico e con l'ammirazione piena del P. Minozzi che domando per lui al Santo Padre la nomina a Monsi-gnore, dicendone pochi meritevoli quanto lui. E lui arredo i locali con il concorso di alcuni bravi fedeli e in parte della "Colonia Frasca". Questa e tutta e sola la verita che onora eter-namente l'uomo di Dio. E porto le suore ai "Cappuccini" rifatti e trasformati, e riempi la casa luminosa di vecchietti, e continuo per piu di dieci anni a mantener lui la casa e a soste-ner le spese senza pesare sull'Opera. Ci fu sempre tutto in quella casa, ove — diceva — "si deve portare e non togliere. Qui ogni cosa e dei poveri e nella casa de' poveri non si deve prendere nemmeno il caffe, niente".

— Tu e i tuoi, — diceva a me — quando venite qui, non dovete prendere niente. La vostra casa e la mia canonica. Ai "Cappuccini" si lavora, in canonica si mangia e si riposa. Qui non si puo applicare il noto adagio che io voglio applicato in canonica "ubi missa ibi mensa".

E quando si era insieme in quella casa che assorbiva tutte le sue sollecitudini, il mangia-re per noi veniva da Ofena, confezionato dalla buona nipote del Pievano. E la casa bella — e bella ogni casa della carita — assunse straordinario movimento in tempo di guerra, duran­te il periodo d'invasione, specialmente per tanti poveri vecchi di Rivisondoli, travolti e get-tati violentemente fuori di casa e di paesi dalla furia odiosa degli eventi bellici. Che Rivisondoli non potette mai esser da lui dimenticata: Rivisondoli non dimentico mai lui.

Rivisondoli! I rivisondolesi! E rimasta scolpita la sua immagine e il suo insegnamento nel cuore di quei bravi e intelligenti montanari. La sua bonta, il suo interesse per i filiani, le difese che ne aveva assunte ne avevano fatto l'idolo della gente semplice che, a distanza di tempi, ancora gli davano attestato amoroso di ricordo e di riconoscenza.

Certa Domenica Luigia Romito di Loreto, pochi giorni prima che D. Pasquale morisse, aveva scritto una delle tante lettere semplici e sincere, lunghissime lettere. nella quale tra le altre cose diceva: "tu, — il tu familiare e paesano — tu domandi se ricordo il passato: se lo ricordo! Ho presente ancora il tuo ingresso nel mio paese, il 1° novembre 1898. Io tornavo dalla campagna e mi dissero: stasera viene l'arciprete nuovo, tutti in Chiesa. Ed io mi affret-tai ad andare. Mons. D. Nicola Mascio ti presento e ti diede la consegna della Chiesa. Poi parlasti tu. Dicesti tante cose belle, e tra l'altro ho impresso ancora nella mente queste pa­role: «Cari rivisondolesi, d'ora in poi saro anch'io rivisondolese»".

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Qui c'e tutto D. Pasquale Leone, lui a venticinque anni; lui a settant'anni. Un'altra pure dall'America scriveva: "io insegno ai miei figli l'evangelo come tu. caro I).

Pasquale, lo insegnavi a noi. Predicavi ed io riscrivevo le tue lezioni". Bella anche questa. Quali ricordi, quale soddistazione per l'uomo di Dio! E come non toccare la celebre artista Maria Caniglia? La passione per l'arte e per la sua Rivisondoli avevano creato nel suo cuore d'oro una

paterna ammirazione per la celebre soprano Signora Maria Caniglia. Nc era orgoglioso come il padre suo, ne parlava con la soddistazione della mamma sua. E come il babbo e la mamma, si esaltava decantandone le artistiche virtu, la meritata gloria.

Egli l'aveva battezzata. egli l'aveva accompagnata, con la preghiera, per le vie della glo­ria, egli l'aveva assistita nel matrimonio che fu il risultato di un connubio di arte e di amore, che vinse ogni contrasto, al quale non fu estraneo Mons. Leone che con il suo prudente tare. con il suo illuminato consiglio distese una serenita limpida. fece risplendere piu caloroso il sole, quando la umanita misteriosa anche nel desiderio del bene, sembrava avere annebbiato l'orizzonte velandone il sole.

Aveva dunque ragione P. Minozzi quando diceva che quella di Mons. Leone era stoffa vera e sicura per I'infula e il pastorale, stoffa da grande Vescovo.

Eppure. come avviene da per tutto e fra tutti gli uomini, a Rivisondoli, accanto alia rosa, D. Pasquale Leone aveva trovato le spine e proprio mentre seminava il bene, mentre costrui-va ex novo una Chiesa monumentale ora rovinata dalla guerra inumana. La stima era univer­sale. Ma e'era il nemico in agguato, il nemico del bene, nemico del Sacerdote propagandi-sta e operatore del bene. Ci fu la lotta sorda e aperta che arrivo fino ai tribunali, ove, a quei tempi, spesso sedeva spavalda la massoneria. Egli ricordava le ore liete, ma anche le buie. E quando ci arrivava, si metteva sull'attenti, e con posa di chi e colto d'improvviso pensiero esclamava: "ho avuto anche il mandato di comparizione". Immediatamente sorrideva. E giu il racconto delle sue peripezie e le sue vittorie che eran costate sacrifici, ma non rinunzie, non tentennamenti. Mai. Niente paura, nemmeno quando gli attentarono alia vita, nemmeno quando gli fu messo il veleno neH'ampollina.

ALLA RICERCA DEL PARROCO

Questi ritorni ad un passato apostolico e battagliero lo facevano gioire. Aveva pianto su il male, per la cattiveria dei maligni e de* malvagi; ma aveva pianto di gioia e di santa com-mozione ancora per attestazioni di fiducia, di stima, di venerazione.

Una volta, uscito a predicare, tardava a tornare alia sua parrocchia. Un bel gruppo di giovanette rivisondolesi impensierite, mossero in pellegrinaggio verso il paese ove predica-va. Avvicinandosi intonarono un canto ben noto a D. Pasquale, canto fascinoso di fede che aveva tante volte rallegrato la sua Chiesa di Rivisondoli. D. Pasquale celebrava: udi il canto, riconobbe le voci: era il canto delle sue figliole. Si commosse. Pianse sull'altare.

AIUTI AMERICANI

La carita di D. Pasquale accolse gli antichi parrocchiani di Rivisondoli nella "Casa h-poso", ma i rivisondolesi, residenti in America, gareggiarono con i nipoti di Monsignor Le­one, anch'essi ben situati in America, nell'aiutare quella casa d'amore, inviando denaro, cibarie, vesti, ecc. Com'era contento!

Era contento per i vecchietti ai quali niente mai ha fatto mancare. nemmeno la goccina di liquore per i piu malandati, nemmeno il fumo, nemmeno il tabacco da naso. Quando quei

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OFENA - Attuale Casa di Riposo "Mons. Leone".

poveri diseredati entravano, li accoglieva lui; lui li assisteva sul letto di morte, lui celebrava per essi morti, li accompagnava lui all'iiltima dimora.

Qualche volta stanco e sudato mi diceva sorridendo: — Spetterebbe a te. La casa e vostra. Cos! diceva a tutti: — Io non c'entro, la "Casa riposo" e dell'Opera Nazionale; questi signori sono i padroni. Gran cuore! Cuore avido; ma solo di portar la gioia in altri cuori ne' quali la miseria e il

dolore spegne la gioia.

AMORE FINO ALL'INCREDIBILE

Quanti sono i Sacerdoti che pensano come Mons. Leone? Quanti possono vantare tanta nobile dote di cristiana pieta? Un tale slancio di amore che arriva fino all'incredibile? Io non faccio il critico, il censore agli altri. No. Ho paura del trave davanti agli occhi miei. Ma la domanda mi viene spontanea, mentre rievoco nella mia mente una vita cosi esemplarmente cristiana.

I PARENTI DEVONO AIUTARMI, NON PRENDERE DA ME

Mons. Leone era l'uomo veramente di Dio, operaio di Dio in ogni ora per i poveri, non per i suoi. No. E i suoi parenti volevano bene a un tanto fratello, a un tanto zio. Come! Quanto! E lui, secondo la vera prassi del Sacerdozio cattolico, anche se non legato ai voti, diceva:

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— Quel che e della Chiesa e dei poveri, non dei parenti, mai. 1 parenti devono aiutarmi. e non pretendere da me. No. Vogliono un aiuto? Si. per la educazione dei figli, per consigliar questi miei cari nipoti per la educazione morale religiosa e intellettuale: ma non un soldo.

Ai parenti. davvero, dobbiamo rendere omaggio, perche comprendendo l'anima di chi ha onorato e onora la onesta e laboriosa famiglia Leone, non hanno mai tormentato il t'ratel-lo e lo zio. come spesso avviene per tanti poveri Sacerdoti, fatti cirenei della propria fami­glia, con grande disdoro della Chiesa di Dio.

Questi parenti l'hanno coperto di affetto, ciononostante, di sincero affetto, tutti. Ne sono testimonio. Quante volte hanno pregato me perche lo convincessi a riposarsi, a rinunziare alia Pievania e ritirarsi con loro a Santo Stefano, ad Aquila. a Sulmona. Raramente li ha fatti contenti e brevissimamente, pur sapendo il cuore dei suoi.

Davanti a questa figura di primo piano dobbiamo inchinarci; e. se mai. pregare Iddio. che mandi cost molti sacerdoti nella sua Chiesa. che la onorino. la difendano servendola de-gnamente. Lui la servi. La onoro!

L'ASILO VOLPE A CALASCIO. VILLA VOLPE ALLE VIGNE

La "Casa riposo" non bastava all'ardore di Mons. Leone. Patrocino e voile anche l'"Asilo Volpe" a Calascio e P'Orfanotrotio femminile" a Villa Volpe nelle Vigne di Calascio, 1'uno do­nate alTOpera Nazionale per il Mczzogiorno d'ltalia. I'altro alio Suore della Sacra Famiglia di Bergamo dalla generosita del Sig. Diamante Volpe e della sua consorte Donna Maria Sabucchi.

OKF.NA - Villa \(.lpe.

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In quei momenti di benefiche soluzioni si confidava minutamente con me, e, sempre sorriden-te, lui che sapeva i retroscena, gl'individui e le circostanze, mi diceva:

— Non ti dispiacera che agisco io prima... lo sai... tu entrerai piu tardi... in scena. E la casa Volpe di Calascio risuona da anni di trilli e di canti di bambini, come la villa

Volpe di preghiere e di voci delle bambine che con le suore buone e laboriose rallegrano la campagna alia quale sono educate secondo un programma e un metodo di vita agricola, pro-prio delle Suore della Sacra Famiglia. La prima orfana fu di Ofena, la seconda di Rivisondoli. Ritmo uguale.

"CON LA CARITA DEI VIVI SI SUFFRAGANO I MORTI"

Ma penso anche ai morti... per i vivi. Costrui nel Camposanto, a sue spese, sempre a sue spese. Diceva: — Tutti mi credono ricco. D.Tito, meglio che mi credano ricco. Anche tu lo credi... ma

lo sai. Si, sapevo che lo scrigno del suo cuore era sempre pieno e sempre vuota la tasca. Vero

miracolo. Nel Camposanto costrui una serie di loculi perche accogliessero i morti e il pro-vento andasse a beneficio dei vecchi della "Casa Riposo". Cosi traduceva in pratica l'inse-gnamento del P. Semeria anche se in senso inverse

II venerato P. Semeria aveva scritto che "con la carita per i vivi si suffragano i morti". Mons. Leone ammiratore del gran Padre, provvedendo al riposo dei morti, aiutava i vivi.

0 indimenticabile Apostolo, tu devi certamente godere gia l'amplesso dell'eterno Amo-re, di Dio Onnipotente che ti ispird tutto il bene che hai fatto e seminato anche per il future Chi potra mai obliare la tua parola affabile, la tua mano soccoritrice, il tuo interesse per i poveri, per i derelitti? Non volesti mai inviti in casa di ricchi, mai. Mi dicevi:

— Noi non stiamo bene ne' pranzi dei ricchi, ne' matrimoni, ne' battesimi, ecc, ove si mangia e si pecca. No, no. II nostro posto e presso i poveri.

Volevi tanto bene al caro D. Contino, perche, tante volte mi dicesti: — Egli fa molta carita ai poveri. Le ricordo. E i poveri tu soccorresti, o buon Padre, nel tempo di pace, con quella carita

che scende senza umiliare nelle mani dei bisognosi, nelle case chiuse per miseria. Li aspet-tasti anche a notte avanzata, perche nessuno sapesse certa miseria di certi poveri che non volevano esser conosciuti tali.

E nel tempo di guerra? Che dire? La mia commozione a tal ricordo e tale e tanta che mi sento meno di scrivere.

1 prigionieri presso il Pievano di Ofena trovarono il ristoro. Cosi i fuggiaschi, i randagi, i ricercati, i profughi d'ogni genere, i poveri soldati nostri, i cosi detti "repubblichini" che soffrivano la fame nera, dura. Io no so dove prendesse il buon Padre tanta roba e tanto dena-ro. Non lo so. So solamente ch'egli era largo sempre, con tutti. Sapeva dov'erano i nascosti jugoslavi, inglesi, greci, americani, montenegrini.

Mi diceva: — C'e un capitano di marina che, nientemeno, si dice parente della Regina Elena. Era nascosto presso una buona donna che mai fece trapelare cosa del povero capitano il

quale senti, nascosto, il cuore di D. Pasquale.

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VOLLC RESTAURATU 0UESTO CONVENT!)

QUANDQ ERA P1EVANO Ot OFENA

IN CASA RIPOSO

PERCHE I VECCHI DELIA SUA TERRA

SOTTO LALA PROTETTPIGE

DELLA OPERA NAZIOKALE

PER IL MEZZQGiORNO D1TALIA

msimfm SERENI LE SPHNI-SflpXRNA VITA

t -

Monumento a Mons. I.eone nella Casa di Riposo a lui intitolata.

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L'UOMO STORDITO NON SENTE CHE LA CAMPANA DEL MALE

Ma fu proprio in quelle circostanze penose e luttuose che, non il cuore forte e generoso, ma la fibra deH'uomo operoso comincio a venir meno. Lo vedevo invecchiare rapidamente. Egli si confidava con me come un padre, con me che mi sentivo cosi indegno, tanto lontano da lui, io che avevo forse anche abusato della sua bonta paterna al punto ch'egii un giorno scherzando, lieto di aiutarmi, diceva:

— D. Tito, dimmi, io sarei diventato il tuo tirapiedi... Una risata da ambo le parti corono questa espressione. Monsignor Leone vedeva la decadenza morale della sua Pievania, fatta piu acuta dalla

presenza di tanti e si diversi elementi, profughi, particolarmente profughi di un paese vicino che riverso su Ofena un migliaio di persone non tutte serie. II buon Padre sentiva di non poter arginare la invadenza del malcostume, la liberta sfacciata.

Ne soffriva fortemente e mi diceva: — Devo rinunziare al beneficio. Voglio ritirarmi con i miei vecchi. In effetti anch'io notavo uno sbandamento di anime, un arresto doloroso nella spirituali­

ty di quei buoni filiani che in altri tempi correvan tutti in chiesa, ai Sacramenti. Ora vedevo deserto il confessionale, quasi vuota la chiesa, specie quando incomincio il gioco insidiatore e vile dei partiti, che, in un momento impensato, spensero ogni ricordo, paraliz-zarono paurosamente lo spirito religioso e rovesciarono sulla chiesa e sui suoi ministri ogni indegna contumelia, fino alio sprezzo dello stesso Pievano che aveva amato, soccorso in ogni modo il suo popolo, quello stesso popolo senza distinzione.

Eran diventati diffidenti i suoi parrocchiani. Ostili. Non guardavano piu in faccia: passa-

La prima tomba di Mons. Leone nella Chiesa "S. Valentino" al Cimitero di Ofena.

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vano accigliati come nemici, sprezzanti, minacciosi e... senza un perche. Improvviso cam-biamento, dovuto al veleno di una propaganda faziosa, settaria, diabolica, ventilatrice facile quanto ignobile di vecchie e nuove utopie. che esaltano le menti malate, ma stordiscono an-cora i semplici, quelli che non hanno. purtroppo, un cervello proprio e sentono il bisogno di pensare col cervello degli altri che se ne fanno strumenti ciechi. Poveri schiavi! Poveri illu-si! Al vederli cosi quelli che solo giorni prima erano stati cosi buoni. avevano cosi filialmente piatito davanti al loro benefattore, sensibile ad ogni loro bisogno, tristezza e stizza mi tormenta e qualche volta mi saliva la bile fino agli occhi. La pieta aveva il sopravvento. Avrei voluto illuminare quella illusione. Ma l'uomo quando si e stordito non sente che la cam-pana del male. Ci avevan dichiarati nemici i seminatori di odiosa zizzania, e i nemici, i presunti nemici non si ascoltano, si fuggono e si combattono fino al sangue. Si sente il bisogno maceratore di sapore di cocaina. il bisogno di seguire obbedendo da matti chi ci vuole rieducare strappandoci il cervello col senno e il cuore insieme con l'amore, perche si pensi contro il bene, perche si ami il male e si faccia il male presentato come bene. Ahime!

FERMO E SENZA TIMORI

Monsignor Leone divenne pensieroso e trepidante. Mi impressionai molto di lui e della sua risoluzione, di lui che in altri tempi era stato forte e

impassibile al suo posto di maestro e di lottatore. Quando nel 1931 furono assaliti, manomessi e distrutti i circoli cattolici, egli resistette senza tentennamenti alle intimidazioni fatte di giorno e anche di notte. Al maresciallo dei carabinieri che a tarda sera gli chiese la bandiera del circo-lo e il carteggio inesistente. si rifiuto energicamente ed apostolicamente. Alio stesso marescial­lo che, giorni dopo, con molto accorgimento e con cortese discrezione, voleva imporgli la pro-cessione del Corpus Domini, adducendo ch'egli doveva ubbidire alle autorita superiori, I). Pa-squale Leone prese la sua posa dei momenti solenni e solennemente rispose:

— Anch'io devo obbedire ai miei superiori. Non permetto la processione dal momento che i miei superiori l'hanno proibita.

Carattere forte quanto lineare. Per la Chiesa e per Iddio anche la vita che egli aveva gia offerta per la salvezza delle

anime. Fermo e senza timori. Non temette mai nella difesa de' diritti di Dio e della sua Chiesa. nemmeno quando. per pacificare la ribelle popolazione di Gagliano Aterno nella di-scordia tra il Parroco e i parrocchiani, dovette fare 1'ingresso nel paese paurosamente mi-naccioso. con sessanta carabinieri. Uno dei tanti episodi della sua vita di ministro di Dio, quando obbedire al suo Vescovo senza alcuna tergiversazione era per lui sommo onore. Ob­bedire e servire, nient'altro. E l'obbedienza lo ha fatto sempre vittorioso in ogni contrasto. in ogni sua azione. Inchiniamoci.

Lottai tanto per convincerlo a rimanere sulla trincea promettendo un maggior nostra aiu-to; ma proprio quando credetti di essere riuscito nell'intento. egli fece la rinunzia. delicato com*era e cosciente delle sue responsabilita.

NON VISSE PER SE, MA PER GLI ALTRI

Furon molte allora le affettuose pressioni dei parenti perche trascorresse presso di loro. negli agi familiari. gli ultimi suoi giorni. Li vide, li visito, stette qualche giorno qua e la, ma il suo domicilio fu la "Casa Riposo" accanto alia Madonnina del Fantuccio e al suo San-

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t'Antonio ligneo. Qui porto tutto quant'era strettamente suo dalla Canonica che aveva lui costruita per la comodita del Pievano e del popolo, e si fermo con i poveri che amava, con le suore che stimava e che lo ripagavano con filiale rispettosa premura. Era contento.

II Vescovo di Sulmona, S.E. Mons. Marcante, che lo stimava, lo nomino canonico: aveva servito con zelo impareggiabile la Diocesi unita di Valva e Sulmona, aveva fondato una bor-sa di studio per seminaristi poveri, altre borse per seminaristi delle missioni, i quali gli scri-vevano riconoscenti dalla Cina con tanta sua umile soddisfazione.

II popolo ofenese nella ricorrenza del suo Cinquantesimo di Messa e di Ministero par-rocchiale voile rendergli degne onoranze, per quanto lui fosse alieno e riluttante. Si com-mosse, pero, profondamente per questa devota manifestazione popolare, di cui fu gran parte l'attuale Pievano di Ofena D. Luigi Zio, D. Contino Coletti e le Autorita locali, gli istituti del suo cuore: 1'Asilo di Ofena, l'Orfanotrofio di Villa Volpe, i Vecchi della "Casa riposo", e il Seminario de' Discepoli col loro fervoroso Direttore D. Rodolfo Atzeni.

Quella spontanea cordiale manifestazione, purtroppo, ebbe un tragico epilogo. Tra tanta festosa gratidudine per chi mai per se era vissuto, ma per gli altri, non sibi sed fratribus et amicis, c'era in agguato la malvagita umana che doveva abbreviare i passi ad un sant'uomo e avviarlo alia tomba innanzi tempo.

Pochi giorni dopo la gran festa, una sera malaugurata, si presento alia porta della "Casa Riposo" uno sconosciuto ad intimargli "o la borsa o la vita". "Se entro mezz'ora — diceva una cartaccia passata sotto la porta che le buone suore smarrite, non vollero aprire — se entro mezz'ora non avrete depositato sul muricciolo della fontanina centocinquantamila lire, faremo saltare per aria la casa".

Lesse il Padre de' Poveri. Mentre leggeva impallidiva. Ma cerco di far coraggio alle suore: — Non temete, e niente — disse loro. Ma il sinistra sconosciuto busso furiosamente alia porta. Le suore diedero di piglio alia

fune della campana che, in un batter d'occhio, richiamo alia difesa tutto un popolo, la bor-gata lontana e la frazione vicina. Con questa manifestazione l'amabile Monsignore si ripre-se. Ma al terzo giorno, mentre a sera, di solito, si recava in chiesa a riempir la lampada e offrire l'ultimo saluto a Gesu Sacramentato, come aveva fatto tutte le sere della sua vita sa-cerdotale, un improvviso sbocco di sangue lo abbatte quasi esanime. Le Suore accorse lo accompagnarono in camera. Chiamati telefonicamente, i parenti accorsero, come accorsero il Pievano D. Zio e i discepoli della Colonia Frasca che lo vegliarono fino all'ultimo. Dal-l'Aquila si precipito il nipote Dott. Luigi Leone medico distinto e stimatissimo, con quanto era necessario per salvar l'amato zio. Parve che Parte medica, apprestata dall'affetto di un cosi bravo nipote, avesse vinto. Ma il sangue nuovamente apri le vene dello stomaco e Mons. Leone, raccomandando i vecchi, benedicendo i Discepoli, le suore, i nipoti, perdo-nando il malvivente — di cui non voile fare il nome pur avendone riconosciuta la calligra-fia, — si addormento serenamente nel bacio del suo Signore il 24 novembre 1947. Aveva settantaquattro anni e pochi giorni.

Anni di bene che hanno arricchito le sue mani che piene il Signore ha trovate di opere sante, caparra sicura del bacio eterno.

E ora riposa accanto ai suoi parrocchiani in un posticino che lui stesso s'era scelto. Una lampada votiva in ferro battuto disegnata dall'architetto dell'Opera V. Paron e lavo-

rata da Mastro Cola da Ofena che seppe la bonta di Mons. Leone, da lui amato come padre, dono dei cari ed intelligenti ofenesi, ardera sempre vicino all'altar maggiore della chiesa

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parrocchiale, a ricordare l'amore di Don Pasquale Leone a Gesu Sacramentato che tutte le sere egli, anche a tardissima ora, col caldo afoso e il freddo intenso. scendeva a salutare e ravvivarne la fiamma nella lampada alimentata dall'olio costantemente offerto da alcuni ge-nerosi parrocchiani. Una breve epigrafe sul modesto sepolcreto l'addita ai fedeli che lo amarono e lo ameranno sempre. Un busto in bronzo opera del giovane e valoroso scultore Venanzio Crocetti, onore e vanto del nostro Abruzzo, voluto dall'affetto e dalla stima gran-de del P. Minozzi. fondatore col P. Semeria dell'Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Ita­lia, lo ricordera a tutti per sempre nel chiostro di quella "Casa Riposo". anche a lui da oggi innanzi intitolata.

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APPUNTAMENTI DA ANNOTARE

Al fine di evitare ritardi di informazione dovuti aile marce ridotte delle poste italiane, ci premuriamo di awisare antici-patamente i nostri amici lettori degli appuntamenti prossimi che interessano le varie categorie della Famigiia Minozziana e quanti altri ne sono interessati.

Ci piace ricordare che la dove nasce un'amicizia, un inte-resse, scaturisce contemporaneamente anche un desiderio di incontro visivo tra uomini.

Ogni incontro, nella sua riuscita finale, e legato anche alia presenza ed al contributo apportato da ognuno dei parte-cipanti. La tua presenza e gia un gran dono per gli altri: la tua assenza genera poverta per tutti.

Ogni convegno allora e qualcosa da produrre, non solo da consumare e pretendere perfetto.

In Famigiia tutto si fa con la collaborazione di tutti. Ecco allora le date per le quali occorre fare il nodo al

fazzoletto.

24 agosto 1997: Castelvecchio Calvisio: Commemorazione Luciano Marsili.

22-27 settembre 1997: Ofena: Esercizi spirituali con i Padri Discepo-li.

25 ottobre 1997: Potenza: Istituto "Principe di Piemonte" -Commemorazione P. Minozzi.

26 ottobre 1997: In tutte le comunita: Celebrazione festa "Gesu Maestro".

9 novembre 1997: Amatrice: Incontro Nazionale Famigiia Mi­nozziana.

13-20 novembre 1997: Pellegrinaggio Nazionale in Terra Santa. 30 novembre 1997: Policoro: Ritiro spirituale Famigiia Minozzia­

na. 7 dicembre 1997: Ofena: Cappuccini - cinquantesimo Mons.

Pasquale Leone. 1° Domenica di ogni mese, ore 10,30 - Roma: Incontro Ex-Alunni ed

Amici. A partire dal 5 ottobre 1997. Altre iniziative, anche locali, ma di rilievo, saranno comunicate

tempestivamente. La Direzione

NELLA VERITA E

NELLAMORE 2Gv1,3

In caso di mancato recapito si prega di restituire a:

€VRNG€UZRR€ pauperibus misit me - Via dei Pianellari, 7 - 00186 ROMA

L. 2.000