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GUIDO LON ATI Intorno alla Chiesa Estratto dal Numero Unico pel Centenario della Parrocchiale TOSCOLANO Tip. A. GIOVANELLI 1925 di Maderno

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GUIDO LON ATI

Intorno alla Chiesa

Estratto dal Numero Unico pel

Centenario della Parrocchiale

T O S C O L A N O

Tip. A . G I O V A N E L L I

1925

di Maderno

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Chi intende parlare della vita politica e civile di una popolazione, specialmente nei secoli decorsi, non può in alcun modo prescindere dalla vita religiosa di essa. Ancora per tutto il secolo XVIII si con-tinuò ad accentrare nella persona del sa-cerdote ogni manifestazione di attività collettiva, dalla tenuta dei libri di stato civile alla istruzione pubblica, dall 'ammi-nistrazione della beneficenza ad atti per-sino di polizia statale: e ciò non solo per attribuzioni conferite al prete dal sen-timento spontaneo delle popolazioni ma per vere e proprie disposizioni legislative.

Questa premessa, forse superflua, varrà tuttavia a scolparmi se, intraprendendo la mia rapida corsa a traverso un secolo di vita della Parrocchiale di Maderno,

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preferirò raccontare avvenimenti in appa-renza lontani dal mio assunto e trascu-rerò, o quasi, le notizie relative alla co-struzione vera e propria della chiesa: ma a scolparmi intieramente può valere an-che il fatto che in molte case madernesi esiste ancor oggi un vecchio libretto do-vuto alla diligenza di don Andrea Setti, nel quale libretto è raccolta la non ab-bondante documentazione superstite, ri-guardante l'inizio e il compimento della ingente fabbrica: superstite ai tempi di don Setti, notisi bene, perchè le ricerche da me fatte in questa occasione mi han-no condotto alle riesumazione di una pic-cola parte soltanto di essa. È lecito anzi inferirne che il sacerdote madernese, scri-vendo nel 1861 quelle sue memorie ricor-resse abbondantemente a ricordi propri od altrui, meglio che a documenti scritti. D'altra parte gli avvenimenti ai quali do-vrò accennare sono tali e tanti che mag-gior colpa sarebbe certo il ripetere cose dette da altri, e non una volta sola.

Quale fosse la vita madernese verso la metà del secolo XVIII è facile imma-ginarlo: vita di beata sonnolenza, sotto l'egida delle venete leggi, riboccanti di

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buone intenzioni, volte ai benessere delle popolazioni soggette nel limite consentito dalle infinite guerre passate e dalla de-cadenza presente: e minore sarebbe stato il disagio, sovra tutto morale, se le leg-gi stesse avessero trovato una pronta ed energica applicazione da parte dei molti, anzi troppi, magistrati incaricati d'am-ministrarle.

La Riviera poi, grazie a remoti privi-legi che ne limitavano l'estimo e il con-seguente comparto di gravezze, in virtù di industrie serbatesi fiorenti non ostante insani provvedimenti fiscali, ma sopra-tutto per la naturale fertilità del suolo e l'innata laboriosità delle popolazioni, avea saputo mantenersi in uno stato di benessere ignoto a! resto del territorio bresciano. Una prova indiretta ma evi-dente dell'agiatezza e della tranquillità universali dava Maderno nel 1742 de-liberando la costruzione ex novo di una chiesa più adatta agli accresciuti bisogni del culto divino.

La parte presa dal Consiglio pubblico ai 28 di Giugno, nominava anche i de-putati alla fabbrica nelle persone di Bortolo Monselice, Girolamo Botticella,

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G. B. Veronese e Alberto Mignochetti. Si assegnavano 200 scudi del pubblico per l'immediato inizio dei lavori e si delibe-rava l'erogazione di 150 altri scudi an-nui fino al compimento della fabbrica.

Il Setti già citato parla anche di mol-teplici offerte private ma è da credersi che la mole della chiesa risultasse ben presto eccessiva alle capacità economiche dei fedeli perchè oltre mezzo secolo passò e gravi fatti sopravvennero senza che i lavori progredissero di molto. È memoria anche di ostacoli volutamente creati da qualche parroco, di carestie che limita-rono lo slancio generoso delle offerte, ma certo, un colpo gravissimo alla con-tinuazione de l'opra intrapresa, fu recato dall'invasione francese del 1796. Venezia, cullandosi in una illusione di neutralità che era oggetto di scherno per tutti i belligeranti, si trovò ben presto in una condizione estremamente difficile.

Il 28 maggio i francesi erano a Salò, e la notizia si diffuse anche nei paesi vicini: non c'era tuttavia da temere: uffi-ciali e soldati, forse obbedendo a un programma prestabilito di penetrazione pacifica, si addimostravano assai «politti

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e tratabili ». Vinte le prime diffidenze, anche dalle località attorno a Salò, i con-tadini vi si recavano per negoziare coi soldati cibarie ed oggetti. Dalla viva vo-ce dei repubblicani, i rivieraschi apprende-vano le gesta del Buonaparte, quel piccolo, scialbo uomo, coi lunghi capelli lisci

simile a nessuno che non dormiva mai, che non posava mai, e dopo trangugiati in fretta pochi bocconi balzava in piedi concitato " m o n cheval, tout de suite, mon cheval!,, e se parlava coi cittadini era solo per misu-rare il loro attaccamento alla Serenissima e meditare i suoi piani.

Tuttavia il soggiorno dei francesi era troppo lungo ormai: venendo il luglio si avvertirono le prime violenze e i pri-mi soprusi : cominciò la diffidenza. La calata degli austriaci per la V. Sabbia, le requisizioni di barche e di carri, la fuga dei francesi, il saccheggio dato dagli imperiali ad alcune case di Salò, e poi di colpo il ritorno dei francesi, e altri saccheggi e altre requisizioni, tutto ciò mise i rivieraschi a contatto dell 'ama-ra realtà.

Lontani dai centri motori dell'intellet-

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tualismo, pochi certo fra i madernesi (e non solo fra essi) misuravano la vera portata degli avvenimenti. Dopo il primo momento di fiducia, le popolazioni rurali ritornavano in se stesse, si corazzavano dietro un atteggiamento ostile di attesa, mentre dal canto loro le autorità venete, in buona o in mala fede, diffondevano continui proclami nei quali si accertavano le pacifiche popolazioni che i francesi non avrebbero violato la loro neutralità. In Maderno, l'arciprete, era preoccupatis-simo per una "prat ica" di abiura relativa ad un suo parrochiano resosi colpevole di diffondere proclami contrari alla reli-gione Non ho potuto riunire mag-giori notizie in proposito, ma forse non sono lontano dal vero supponendo che egli fosse un "novatore" che, dopo qual-che manifestazione delle proprie idee, tro-vandosi in istato di completo isolamento, finiva col pentirsi e chieder l 'assoluzione del suo misfatto. La cosa era tuttavia in discussione quando eventi ben più gravi precipitavano.

Non credo che eccessivo allarme su-scitasse fra i madernesi la notizia della ribellione di Brescia al Governo veneto

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(18 Marzo 1797) ma ben altri dovettero essere i discorsi quando, il 25 marzo, si sparse la notizia che 150 rivoltosi bre-sciani e bergamaschi erano entrati in Salò e aveano catturato il Provveditore Can-dulmer C o m e ? che volevano i bresciani? di quale libertà par lavano? Nel generale trambusto, molti sentimenti affioravano, forse attutiti da secoli ma tuttora vivi e vitali : fra questi certo l'antico spirito d'indipendenza della Ri-viera, e, sopratutto, l'odio invincibile per Brescia.

Il governo provvisorio instaurato dai ribelli era presieduto dal toscolanese Sgraffignoli, (amicissimo del madernese Cristoforo Benamati) ma nel difficile in-carico egli non avea recato nessuna buo-na volontà, sicché il 28 marzo, quando in Salò si alzarono le prime grida di Viva S. Marco, lo Sgraffignoli abbando-nava le redini del Governo e ritornava a Toscolano. Notizie grosse venivano anche dalla Val Sabbia dove il prete Filippi raccoglieva armati e formava un esercito in perfetta regola, per minacciare Brescia e sostenere la causa della Re-pubblica Veneta. Mentre i bresciani tor-

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navano in città conducendo prigioniero il vecchio Candulmer, i rivieraschi chie-devano che fosse loro rimandato il Prov-veditore Francesco Cicogna, chiamato confidenzialmente il "Sior Checco" bra-vissimo uomo, per quanto non di un co-raggio leonino, che sul lago avea raccolto larga messe di affetto e la cui partenza, (15 ottobre 1796) per finito periodo di sua amministrazione, avea lasciato grande afflizzione: anzi, in tale circostanza era-gli stato offerto un regalo che egli avea rifiutato, accontentandosi di accettare il solito bagaglio di sonetti che accompa-gnava ogni partenza di magistrato.

La spedizione del Gambara (30 mar-zo) così miseramente finita per opera dei Valsabbini, mise l 'entusiasmo in tut-ti: indice dello stato d'animo generale è la frase sfuggita a un cronista tremosi-nese dell'epoca, che chiama "a rmata na-zionale" ( ! ) l'accozzaglia di valleriani e di rivieraschi e "a rmata nemica" quella dei bresciani !

Ma i vincitori non dovevano riposar troppo sugli allori. I francesi, impazienti-tisi per questo prolungarsi di cose con-trarie ai loro progetti, destinavano un

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battaglione che occupasse Salò. Fra il 7 e il 14 aprile lo scopo era pienamente raggiunto e nel saccheggio orribile che ne segui si aggiunsero ai soldati anche dei "patrioti" venuti apposta da Milano!

Gli armati si sbandarono, le popolazio-ni fuggitive recarono per ogni dove lo sgomento e in Riviera crollò di schianto ogni velleità di resistenza.

È ben naturale che in questo precipi-tare di eventi da me riassunti al massi-mo grado per non raccontare cose per lo più ben note e per obbedire alla ti-rannia dello spazio, i madernesi abban-donassero completamente i lavori della parrocchiale. Un'ala di terrore era sulla Riviera.

Da una parte i francesi che ordinava-no il disarmo e minacciavano pene di morte, Salò privata del suo nome in se-gno di obbrobrio e chiamata Benaco, il 30 maggio e il 4 giugno nella così detta fossa tre cittadini e un prete venivano fucilati; dall'altra parte il Filippi minac-ciava e maltrattava quelli che avessero consegnato le armi, continuava le sue scor-rerie a destra e a sinistra tenendo vivo l'allarme . . . . Maderno, al pari delle altre

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terre, creava la propria Municipalità prov-visoria nelle persone di G. B. Fondrie-schi; G. M. Avanzini; Cristoforo Avan-zini; Bortolo Alberti e B, Giuseppe Setti. Quasi contemporaneamente giungeva an-che la pastorale del Vescovo Nani, pa-trizio Veneto che, pur dichiaratosi aper-tamente avverso ai novatori tuttavia, fa-cendo forza al proprio sentimento e pie-gandosi alla necessità, scriveva (4 maggio) "Vi ingannano quei falsi profeti i quali, abusando della vostra credulità, vi pre-dicano che il nostro nuovo governo, stabilito a solo vantaggio del popolo, sia edificato sulle rovine della nostra Santa Religione" e più oltre: "Non vi è go-verno che più rispetti le massime (del cristianesimo) che più ne adotti i principi, e non v'è religione che più della cristiana si conformi ad un governo Democratico, ossia popolare, il di cui principio è la virtù ossia l 'amore dei nostri s imi l i " . Come si vede, luoghi comuni, detti senza convinzione, e che non valsero a rispar-miare al Vescovo come vedremo le rap-presaglie dei novatori.

Quale fosse l'atteggiamento dell'arci-prete nostro, don Antonio Pansoldi, io

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non lo saprei dire: so che un altro sa-cerdote madernese Giacomo Mignochetti era stato condannato in contumacia a sette anni di lavori pubblici; ma comun-que sia, gli atti che il governo provvi-sorio bresciano andava compiendo verso il clero, non erano tali da concigliargli le illimitate simpatie di questo. Tanto meno poi quelli della Repubblica Cisal-pina alla quale la Riviera venne aggre,-gata mettendosi in Desenzano il Capo-luogo del Dipartimento del Benaco (9 luglio 1797 - 21 messidoro a. VI re-pubblicano).

I1 4 maggio, il Direttorio Esecutivo della Cisalpina toglieva ogni "autor i tà civile" ai Vescovi e aboliva le sportule per la compilazione degli atti relativi. Se-guirono poi ininterrottamente ordini del Direttorio, (trasmessi a Maderno dal poe-ta desenzanese Angelo Anelli) nei quali si disponeva fra l'altro che nessuno ve-nisse accolto negli ordini sacri senza il plauso del Ministero degli Interni, che la predicazione fosse riservata ai Vescovi, Parrochi e Coadiutori approvati, entro i limiti della loro diocesi o parrocchia; in caso di impossibilità i Commissari

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del P. E. dovevano assegnare i supplen-ti interinali. Vietato era il far questue nelle chiese se non per soccorrere ai po-veri o per opere di beneficenza pubblica; le cerimonie religiose, così care all'anima popolare specialmente, in Riviera, limita-te entro i recinti della Chiesa; vietato pregare per i governi dispotici (fra que-sti era considerato anche il Governo Ve-neto) " n o n dovendo esser lecito di in-sultare sì impudentemente la Divinità pregandola per la prosperità del de l i t to" .

Un prete dell'epoca scriveva, con le lacrime agli occhi "non più processioni, non più funerali esterni, portandosi i ca-daveri alle chiese a guisa di bestie che si vanno ad interrare nei campi, il SS. Viatico, (portato) senza nessun contras-segno di onore e di riverenza . . . . „

L'ostilità sorda o palese del Vescovo Nani a tutte queste diminuzioni dell 'auto-rità sacerdotale nel campo civile, dovea sortire l'effetto naturale: cioè suscitare le ire dei democratici. Infatti il 18 fiorile (7 maggio) la Amministrazione Centrale del Dipartimento, presieduta dal lonatese Cenedella, comunicava l'ordine del Di-rettorio Esecutivo col quale il Vescovo

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Nani veniva bandito dal territorio repub-blicano, termine 24 ore per lasciar Bre-scia e 48 per uscire dalla Cisalpina. Pa-re che ben altra condanna fosse prepa-rata al Vescovo se non fosse intervenu-ta la lungimirante volontà del Buona-parte.

Sette giorni dopo l'arrivo di questo avviso, che grandi scalpori suscitava ne-gli animi dei fedeli, l 'arciprete Pansoldi riceveva una circolare dell'Ispettore di Polizia Generale risiedente in Lonato, col-la quale i parrochi erano esortati a con-vincere il popolo dagli altari della giu-stizia dei principi repubblicani e della loro concordanza col Vangelo. Il docu-mento è un curioso saggio di prosa poliziesca, dove il tono imperativo si mescola e si gonfia in ampollosità re-toriche

"Ricordisi il motto di Geremia - finisce col dire il Dall'Acqua - Parvuli petie-runt panem et non erat qui frangeret eis."

Qual fame avesse il popolo di simile pane è oggi difficile dirlo, specialmente, ripeto, nelle campagne, lontane dall 'influen-za degli intellettuali che, volere o non volere, sono i più gran rivoluzionari del

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mondo. Ma è significativo il constatare come i Governi improvvisati cercassero subito di mettersi in contatto immediato con l'anima popolare, e per far ciò ricor-ressero al solo intermediario naturale: il sacerdote. Ora, è umano pretendere che esso sacerdote, sconvolto da tante novi-tà inattese e maturate in altri cervelli e in altri ambienti, trovasse " ipso facto" il dono della veggenza e ponesse tutto il suo entusiasmo nel diffondere teorie per-venute sino a lui col mezzo poco simpa-tico della costrizione?

Solo il tempo come una gran fiumana ha la virtù di trascinar seco i detriti di ogni genere e serbare nel fondo le limpi-de ghiaie, che talvolta racchiudono filoni preziosi.

Un altro fatto gravissimo era interve-nuto a turbare gli spiriti: la coscrizione. Diffettando gli arruolamenti volontari, il 30 novembre 1798, il Governo Cisalpino decretava la leva dei giovani fra i 18 e i 26 anni, fino al numero di 9000, restan-do assegnato al Dipart. del Mella il con-tingente di 875 coscritti sopra 329211 abi-tanti. Occorsero le solite raccomandazio-ni ai parrochi per ottenere lo scopo, ma

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è da credere che a Maderno, il buon Pansoldi non si affannasse troppo per-ché ancora il 27 gennaio dell 'anno suc-cessivo, il segretario Avanzini gli pre-scriveva di mandare l'elenco esatto dei levati, entro 12 ore.

L'esercito cisalpino contava in tal mo-do 13 mila italiani fra coscritti e volon-tari, 6 mila polacchi definitivamente ar-ruolati in servizio della Repubblica, e 25 mila francesi.

La difesa del Garda veniva affidata a una flottiglia con 700 uomini di equipag-gio al comando del capitano Sibille.

* * *

Buonaparte, lasciati i Cisalpini a gover-narsi da sé, aveva accettato la pericolosa spedizione d'Egitto. L'Austria meditava la riconquista delle provincie Lombarde: i 225 mila uomini che essa armava contro l'Italia si accrebbero dei 60.000 russi del Suwarof. Nel marzo del 1799 gli austria-ci scendevano nel bresciano per la via del Caffaro e pei monti di Tignale. L'8 aprile erano a Gargnano, il 9 passavano per Toscolano e Maderno: la flottiglia del Sibille riparava a Peschiera, dove si

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rifugiava anche il co: Francesco Gambara. Il 26 marzo un combattimento era av-venuto a Lazise; il 30 marzo altre a fazioni avevano insanguinato le pendici del Baldo; la marea degli aus t ro- russ i travolgeva Brescia, e la Riviera provava di nuovo la tristezza dei saccheggi e delle rapre-saglie. Ma gli animi nei quali duravano ancora i risentimenti o le perplessità, per violenze subite o per soprusi non dimen-ticati, si sollevarono a nuove speranze: il 26 aprile veniva letta in Chiesa la circolare di Antonio Caprioli, Canonico Preposito della Cattedrale

"L'immancabile Divina Provvidenza che veglia e signoreggia sulle umane vicende, è accorsa a difendere Brescia colle vit-toriose armi di S. M. l'Imperatore e Re Francesco 2°"

Proseguiva auspicando il ritorno del Vescovo Nani e il trionfo della concordia sugli animi. Il 15 Maggio si invitavano i sacerdoti che per lo passato aveano "abusa to della parola di Dio, rivolta a dettare massime e dottrine false" a far-ne debita ammenda. Per confessione della stessa circolare, tali preti erano moltis-simi, i loro nomi noti alla Curia, e

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benché alcuni avessero già abiurato i loro trascorsi, molti altri ne rimanevano in errore. Successivamente si ordinarono Pro-cessioni e funzioni propiziatorie per la vit-toria degli austriaci, da affettuarsi in ogni parrocchia Ma il destino disponeva diversamente.

Intanto, gli austriaci si accanivano in rappresaglie. Molti, compromessisi col far parte del governo repubblicano, pren-devano la via dell'esilio: fra questi Peder-zoli, Pederzani e Collini di Gargnano; Andreoli di Toscolano ecc. Altri, colpiti da sorte più dura, venivano invece depor-tati; e fra questi il ricordato Anelli e dei sacerdoti come il Bottura e lo Zani, il fa-migerato Cocastelli inaugurò nel senso più ampio della parola i sistemi austriaci e, sbollito il primo entusiasmo, anche quelli che avean salutato con gioia i liberatori cominciarono a meditare sull 'orrore di qualsiasi governo straniero. Solo il dolore può compiere certi miracoli: ed è certo che la breve parentesi di dominio au-stro - russo, valse alla causa italiana mol-to più di parecchi anni di propaganda o di pacifico governo.

Il 14 giugno 1800, quell'esercito fran-

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cese che gli inglesi aveano beffeggiato come composto solo di invalidi e di fan-ciulli, segnava nella storia il nome di Marengo. Le linee di battaglia si addos-sarono al Mincio; Peschiera fu bloccata dalle truppe del Dombrowsky; Sirmione fu teatro di combattimenti di lieve mo-mento; finalmente la pace di Luneville ridava vita alla Repubblica Cisalpina. Dal canto suo Buonaparte, dopo tanti trionfi, diceva a Bourienne: " O r a che siamo alle Tuilleries dobbiamo res tarvi" .

Invece, da noi, le idee democratiche si radicarono in un terreno meglio dispo-sto. Salò ebbe la fortuna di affidare la pro-pria municipalità a Mattia Butturini. En-trò negli animi la prescienza che qualche cose di definitivo erasi compiuto, benché non mancassero ancora i restii. L'ordine del governo Repubblicano 1 piovoso, anno IX ( 2 0 gennaio 1801 ) che constatava la " ripugnanza di alcuni parrochi a spie-gare al popolo i proclami e le leggi " ne è un chiaro indice; si prescriveva quindi che i parrochi stessi rilasciassero all 'au-torità una dichiarazione con firma e data dell 'avvenuta spiegazione. Il nostro Panzoldi poi aveva dispiaceri d'altro

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genere. Era avvenuto che i fondi di pro-prietà della Chiesa di S. Andrea di Ma-derno si trovassero inscritti tanto all'esti-mo laico quanto all'ecclesiastico e perciò colpiti da doppia gravezza. Per l'occasio-ne il bravo sacerdote scrisse al Commis-sario Straordinario del Dipartimento del Mella, un'epistola forbitissima:

"Se , per le inviolabili costituzioni Re-pubblicane, che sono instillate dalla na-tura e adottate da tutte le libere Colte Nazioni dell'universo, ogni funzionario, ogni cittadino, ha diritto alla vita, alla mercede, all 'uguaglianza, io, Parroco, cre-do di poter giustamente" chiedere la can-cellazione dall'estimo l a i c o . . . . Ahimè! non valse al pio sacerdote l'aver sfode-rato un tanto saggio di prosa giacobina.

Di pugno del Santini ho visto questo attergato: In pendenza della regolazio-ne dell'estimo, non si dà alcuna provvi-denza, , .

C'è dunque qualche cosa di più ter-ribile delle rivoluzioni !

Nel frattempo si riprendevano anche i lavori intorno alla fabbrica della nuova chiesa: e qui erra il Setti che par-la di tali lavori solo dopo il 1812: no,

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nell'Archivio della Fabbriceria vi è un vo-luminoso incarto con la nota delle spese, cominciando appunto da tale anno. Non dico con questo che i lavori fossero feb-brili . . . . Come sarebbe stato possibile? La pace di Amiens tra l'Inghilterra e la Francia era stata bensì salutata con fun-zioni civili e religiose, di esultanza; ma i tempi erano troppo dinamici perché fosse prudente il cullarsi in vane lusin-ghe di tranquillità.

La Repubblica Italiana uscita bene o male dai Comizi di Lione (1802) dirama-va anch'essa, per prima cosa un mani-festo chiamante alle armi i giovani, onde costituire un'armata nazionale di 20 mila uomini. Anch'essa affidava ai parrochi il compito di dimostrare come la coscri-zione "togliesse di mezzo quella specie di linea di separazione che divideva il cittadino dal soldato quando il soldato-non era c i t tadino" .

Il 26 maggio 1805 Napoleone cingeva in Milano la corona ferrea. Qui comin-cia quella serie di proclami, di ordini, di disposizioni che in modo assai chiara ci rivelano il continuo stato di irriquie-tezza proprio dell'animo napoleonico e

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che il Manzoni ottimamente espresse nel "concitato imperio". Ma sarebbe errore il crederli manifestazione soltanto di po-tere, che anzi tradiscono la cura di non lasciarsi mai sfuggire dal pugno il diret-to dominio delle cose anche minime, la ricerca affannosa di continui punti di contatto fra un monarca che non vantava tradizioni dinastiche e un popolo legato a lui dai vincoli fittizi della gratitudine. Troppi sacrifici egli sapeva di dover chiedere a' sudditi nell'avvenire.

Infatti il 1 ottobre dell'anno stesso il Vi-ce Re annunciava agli italiani" Il Gabinetto di Vienna ha dichiarato la guerra contro di voi e contro il popolo Francese" ! Gravi furono le diserzioni se un succesivo ordine stabiliva un premio di 6 scudi a chi arrestasse un disertore e di 3 a chi lo denunciasse. Il 10 ottobre una lettera del vicario Generale Capitolare Pietro An-gelo Stefani veniva letta dagli altari e un 'orazione speciale veniva ordinata per invocar la vittoria. E fu vittoria, fulmi-nea, tanto che il 31 dicembre veniva an-nunziata la pace segnata il 27 a Presbur-go. A che seguire tutte le campagne in cui gli italiani prodigarono il loro sangue

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generoso solo con l'illusione di servire una patria?. E quale compenso potevano essere, per le famiglie desolate, per le officine deserte, per le campagne calpe-state, i bollettini di fuoco con i quali l 'Imperatore faceva conoscere in tutti i paesi anche più remoti, i suoi successi insperati?

Eppure chi può leggere senza un bri-vido quell'ordine del giorno del Vice - Re; rapido come un lampo di sciabole: "M'affret to a far conoscere all'Armata d'Italia il proclama di S. M. l'Imperatore e Re: Soldati: voi sarete felici; l'Impe-ratore è contento di noi "?

Come la pace di Presburgo "provida , onorata e solida" era stata salutata in ogni parrocchia col suono " d i tutte le campane e il canto dell'Inno Ambrosiano" così nel maggio, il prefetto Tornielli or-dinò che si festeggiasse l 'anniversario dell'incoronazione di Napoleone a Re d'Italia. Avvenimento " che vuol essere festeggiato con tutta solennità a cui più che la pompa concorrerà l 'esuberanza della pubblica gioia. Cominciando dal Cielo, si renderanno grazie all'Altissimo, me-diante il canto alla mattina dell'Inno Am-

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ARRIVO DELLA BARCA C O N LE S P O G L I E DI S. ERCULIANO (Fot. Franzosi)

(da un quadro del Sc. XVI)

( N e l fondo i l Cas te l lo che s o r g e v a a l pos to de l l ' a t t ua l e Ch iesa P a r r o c c h i a l e )

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brosiano e i parrochi faranno a gara di prestarvisi e le autorità locali di ass is terv i" . In dicembre il Vicario Ge-nerale Capitolare annunciava che per vo-lere di quel "Grande al cui cospetto tace la terra una Sposa Regale si univa al-l'Amabilissimo nostro Principe Vice -Re" .

Quindi messa solenne e, fino a nuovo ordine, tre preghiere speciali aggiunte al-la messa ordinaria; altre feste erano or-dinate per il compleanno dell'Imperatore e Re, per i non infrequenti parti della V. Regina Augusta Amalia, per le vit-torie in Ispagna (1809) per la nomina del Vescovo Nava ad elemosiniere della Real Casa e a Commendatore della Co-rona di ferro. Ma le manifestazioni giun-sero al colmo quando fu accertata la gra-vidanza della Imperatrice (1810). Quel-l 'anno stesso l'anniversario dalla incoro-nazione del Re d'Italia era stata grandiosa. A Milano eransi organizzati festeggia-menti speciali, ma al levar del sole del 31 Maggio una salva di cannoni aveva annunziato a tutti la felice ricorrenza. A mezzodì in tutte le parrocchiali erasi can-tato il Te - Deum. Ora (novembre) si or-dinava che per la festa dell 'Immacolata,

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alle ore 10 nelle Cattedrali si eseguisse la messa Pontificale e alla sera si desse la benedizione con l'esposizione del SS. Per tutta la durata della gravidanza si dovette aggiungere alla Messa la spe-ciale orazione " Defende quaesumus Do-mine ecc." e le feste si rinnovarono per la ricorrenza del battesimo, predisposte, fin dal marzo precedente (1811), ordinando che tutte le campane suonassero a di-stesa.

Ma le feste, ahimè, non bastavano più. L'abisso che si era andato scavando fra l'Imperatore e i sudditi, si ampliava in modo terribile. Sintomo grave, ripeto, la diserzione, contro la quale erano state prese disposizioni rigorose, valse ad ir-ritare anche di più : e allora si erano introdotte delle mitigazioni, apparse co-me segno di debolezza più che di cle-menza.

I disertori e i malviventi, battendo la campagna aveano costretto a riesumare da parte dell'autorità, disposizioni in uso ai tempi della Repubblica Veneta: cam-pana d'allarmi, sentinelle alle torri, pre-mi speciali ai più zelanti e così via. Per-sino erasi ripristinata la pena di morte

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per i furti con scasso e rottura. Nel 1812, quando già ferveva la infe-

lice guerra di Russia, Maderno ebbe la visita del Vescovo Nava che visitò la basilica di S. Andrea, gli oratori di S. Bar-tolomeo, di S. Pietro Martire, di S. Car-lo in Bezuglio e di S. Martino.

Ma gli eventi precipitavano. Le scon-fitte terribili inflitte al Grande, davanti al quale più non taceva la terra, apriro-no agli austriaci anche la via d'Italia. Nel 1814, poco prima dell'armistizio di Schiarino - Rizzino, a Maderno si com-battè una battaglia tra francesi e tirolesi: un giorno, finalmente la porta della ba-silica di S. Andrea si vide sormontata da un'iscrizione monumentale che suonava:

DEO N O S T R O VNIGENAE EX T A R T A R E A P O T E S T A T I TRIVMPHANTI | CIVIS N V T V A T Q V E CONSILIO AD P R E C E S CAELESTIVM

| PIVS VII PONTIFIX MAXIMVS P O S T VIO-L E N T O S AERVMNARVM I M P E T V S | IMMI-NVTAE MAIESTATIS A M P L I T V D I N E A V C T A

| S E N A T V S A V G V S T V S P A T R V M P V R P V -RATORVM | DIGNITATIS P R I S T I N A S P L E N -DORE R E C I P E R A T O | RELIGIOSISSIMI A N T I S T A T I T E S P R O C E R E S Q U E CRHISTIANI NOMINIS | E R E P T I HONORIS SEDIBVS

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POSTILIMINIO VINDICABIS | C A T H O L I C V M O R B E M EXILIORVM A C E R B I T A T E M O E R E N -T E M | V I C T O R E S EREXERINT R E D V C E S EXHILARERINT | ECCLESIA BRIXIANA C V M P O N T I F I C E SVO | ET CLERO VNIVERSO

| PERFVSA GAVDIO IMMORTALES GRATIA AGIT | CVSTODI ET VINDICI A E T E R N O FAMILI/E SVAE.

Sfogo giustificabile della religione col-pita con le offese recate alla Santità del Pontefice.

Il Principe Eugenio aveva rifiutato la corona offertagli a prezzo di tradimento: il regno d'Italia era crollato.

Durante la messa solenne l'arciprete Pansoldi lesse la lettera del Vescovo che salutava il ritorno degli austriaci e pre-anunciava l'inizio di un felice periodo di pace . . .

Il 28 luglio veniva affisso l'ordine del Feld Maresciallo Bellegarde che apriva ai disertori e ai dispersi dell'armata na-poleonica le file dell'esercito austriaco. A Brescia venivano concentrati gli avanzi del 2° regg.to volontari del 2°, 3°, 4° e 5° regg.to fanteria di linea, delle guardie di-partimentali Serio, Mella, Mincio e Alto Po; a Montichiari i Granatieri della Guar-

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dia Reale, del 6° e 7° di linea, il reg.to Coloniale, e la guardia dipartimentale dell'Adige; a Verolanuova i residui della Guardia Dalmata. Di tanta gloria non re-stava più che il ricordo, e i popoli stanchi si rivolgevano a chi prometteva loro la pace: solo il tempo avrebbe potuto can-giare il ricordo in rimpianto.

Poco dopo anche il tentativo che serbò il nome di "congiura militare bresciana" cadeva miseramente e il congresso di Vienna stabiliva in forma definitiva la sistemazione d'Italia.

*

* *

Quando la caduta di Napoleone appar-ve evidente, un fatto ben strano si de-terminò nei riguardi dell'Italia. Tutte le Potenze collegate, si volsero a blandire la nostra Penisola, con promesse di au-tonomia. Bentink sbarcato a Livorno, inalberava la bandiera della "libertà e indipendenza italica" Murat, tentennante e dubitante nel resto, teneasi fermo nel-l'idea della costituzione del regno d'Italia; Eugenio stesso, avanti le sommosse di Milano, non parve ostile all'idea di cin-gere la corona offertagli da italiani e non

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più dai nemici che vorrebberlo indurlo alla loro causa: Nugent sbraitava "Colle armi ripristinate la patria e divenite in-dipendenti "

Ma fra tante offerte, a quale era da confidarsi intieramente? L'Austria, che a mezzo dell'Arciduca Giovanni, aveva pro-messo un'Italia "rispettata in Europa ed inacessibile ad ogni forza straniera" fu quella che poi si accanì maggiormente a toglierci ogni velleità d'indipendenza. L'unica ragione prevalente fu quella del più forte e alle popolazioni soggette non restò che confidare nell'avvenire: non per nulla le truppe combattenti a Malojaro-slavetz aveano tendenziosamente sostitui-to il grido di "Viva l'Italia" a quello lo-ro imposto di "Viva l'Imperatore". Il de-stino voleva che gli italiani facessero da sé.

Il periodo che ora inizia non ha, per vari anni manifestazioni esteriori di gran-de momento: ma anche alle popolazioni rurali giungeva l'eco di avvenimenti in preparazione, appunto attraverso gli or-dini letti e commentati agli altari dalla voce del parroco.

Nel frattempo però, Maderno avea pro-

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seguito nella opera intrapresa ed ogni anno avea portato qualche vantaggio al-la fabbrica della nuova Parrocchiale che già si designava in tutta la sua grandio-sità.

E par veramente miracoloso che un paesetto di 1200 anime quali erano al-lora, a un di presso, riuscisse a compie-re un monumento tanto vasto e tanto dispendioso. Rimando il lettore alle me-morie Setti per ricavarne quale fosse lo stato dei lavori a quell 'epoca e di qua-le entità i sacrifici dei privati. Infatti dal beneficio parrocchiale ben poco poteasi ritrarre. Nel 1807, quando la legge na-poleonica 21 dicembre avea stabilito un minimo di rendita di L. 500 per ogni Parrocchia onde i sacerdoti fossero prov-veduti d'una "decente congrua" la Chie-sa di Maderno figurò sussidiata per L. 440,39. Essa era la Chiesa più pove-ra della Riviera, se non vogliamo com-prendere nella Riviera anche Soprazzoc-co ch'era sovvenuto di L. 492,32 per la Chiesa di S. Biagio e di L. 478,93 per quella di S. Giacomo.

La Chiesa di S. Andrea in Maderno aveva il reddito di

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fondi, stabili ecc. L. 631.58 livelli attivi . « 163.17 Prodotti di stola « 122,80

L. 917.55 Le pass. per prediali L. 328.88 manutenzione case « 20,72 livelli passivi . « 6.29 coltivazione fondi « 226,41 per il curato cadiutore « 53,33 olio cera ostie incenso « 222,31

L. 857,94

L. 59.61 Suss. come da deter. 21 dic. 1807 « 440,39

L. 500,

Non ostante l'aiuto del Governo non era il caso di concedersi spese pazzesche. Eppure in questo lasso di tempo, non solo venne dipinto il catino del presbi-terio (1803) ma persino si volle pensare alle campane che nel 1823 poterono es-sere inaugurate. Restava tuttavia moltis-simo da fare e occorse altro tempo e altro danaro, specialmente per l'opera di finitura e per la completa dotazione di arredi sacri.

Intanto i popoli meditavano sui dolori

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trascorsi e ventilavano disegni per l'avvenire. "La rivoluzione — per dirla col Cantù — avea proclamato di quelle verità che, udite una volta, più non si dimenticano, perchè fondate sulla natura e nella dignità dell'uomo". Finita la com-pressione napoleonica, i principi dell '89 riprendevano il loro corso trionfale. Ma se ciò era evidente altrove, cioè presso popoli già prevenuti alla loro unità po-litica, ben diverse erano le apparenze in Italia, dove per necessità di cose, l'opera evolutiva dovea maturare nel segreto. Ma la chiara parola detta dalla diserzione continuò anche sotto il dominio austriaco e il 7 maggio 1816 il Comando Militare denunciava che non solo i coscritti diser-tavano ma che gli abitanti contribuivano a nasconderli. Le insurrezioni napoletane del '20 apersero gli occhi delle autorità austriache sulla estensione e la forza delle società secrete; il 29 agosto il co: Brebbia mandava ordine che tutti i parrochi sollecitassero i loro fedeli a denunciare gli affigliati alla "Carboneria" comminan-do la pena di morte agli iscritti e il carce-re duro o durissimo a vita per i favoreg-giatori. Per dolorosa necessità di cose,

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anche il Vescovo Nava era costretto ad appoggiare gli ordini governativi, ma, no-tisi bene, egli invitava i parrochi a vegliare perchè le sette non acquistassero nuovi proseliti, non già a sollecitare i loro par-rocchiani a macchiarsi della colpa laida della delazione. Purtroppo, purtroppo, lo zelo di qualche incoscente andò tanto oltre che lo stesso Brebbia il 16 settem-bre doveva esortare i sacerdoti a spie-gare ben chiaro che quelli da denunciarsi erano i Carbonari e non, come l'eccesso di zelo di taluni avea creduto, anche quelli inscritti a società segrete prima del 1814! I processi del '21 chiudono questo incerto periodo di storia italiana e le galere austriache si serrano sul più bel fiore di nostra gente.

Basterebbero i nomi di Silvio Moretti e di Giacinto Mompiani a darci piena ragione.

Nello sgomento che ne seguì, mentre l'Austria menava vanto di aver riposto in ceppi tutta l'Italia una voce si levò, nel silenzio di tutti; e in nome de le ma-dri, de le spose colpite, nobilmente, se-renamente, parlò all'Imperatore Francesco

I : e quella voce così sola e così grande,

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fu quella di Gabrio Maria Nava, il Ve-scovo di Brescia. Non era una sfida (e come lo poteva essere?) ma un'implora-zione nobilissima, che ben valutarono gli storici contemporanei, meglio di quanto non lo possiamo noi, oggi, dopo tanto mutare di tempi e d'idee. Tutti questi avvenimenti ebbero una eco in Maderno, sia per la sua prossimità all'Isola dove l'abitazione del co: Luigi Lechi era stata perquisita dalla sbirraglia che vi seque-strò una piccola stamperia; sia per la presenza in Maderno di qualche probabi-le affiliato al secondo ramo della fede-razione, presieduto appunto dal Lechi; o, se non altro per la vicinanza con To-scolano dove pare fosse il centro della "Undecima falange del Benaco" alla qua-le appartenevano i fratelli Andreoli. Que-sti figurano anche tra i fondatori del "Casino,, di Toscolano (istituito con fi-nalità eminentemente politiche) insieme a Giuseppe Monselice che il Prof, don Pao-lo Guerrini, nelle sue geniali ricerche sui cospiratori del '21, indica come figlio della Riviera di Salò e che infatti era di Maderno, dove lo trovo "anziano,, nella locale municipalità nel 1807 cioè in pie-

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no periodo napoleonico. Più tardi il Mon-selice trovasi affiliato alla Loggia Mas-sonica Amalia Augusta di Brescia. Pur-troppo sono tenui tracce in un campo che, per quanto riguarda la Riviera il prof. Solitro esplorò con amore, ma sen-za ricavarne il frutto da lui stesso atteso.

* * *

Nell'ottobre del 1825 il Vescovo Nava, recavasi per la seconda volta a Maderno, onde consacrarvi la nuova Chiesa Par-rocchiale finalmente ultimata. 11 Setti ac-cenna appena che il piano dei festeggia-menti venne dalla stessa Curia Vescovile, e il testo originale delle prescrizioni ri-guardanti i giorni 22, 23 e 24 ottobre, conservasi ancora integralmente, con la firma autografa del Vescovo. Il testo dei verbali di esumazione e riconoscimento delle reliquie di S. Erculiano, datoci dal più volte citato Andrea Setti, corrisponde al documento originale, anch'esso, conser-vato in duplice copia debitamente auten-ticata. Inutile mi sembra perciò l'insistervi. Riporto invece l'avviso col quale i deputati alla fabbrica, don Giuseppe Rizza e Ge-rardo Monselice aveano fatto appello ai

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loro concittadini. " D o p o sedici e più lus t r i , f r a mille c o n t r a r i

e favorevol i v i c e n d e , da l la f o n d a z i o n e dei nuo vo n o s t r o T e m p i o , ecco una vo l t a f i n a l m e n t e p ros s ima a s o r g e r e q u e l l ' a u r o r a s o s p i r a t a in in cui f r a la le t iz ia del popo lo di M a d e r n o s> d o v r à c o n s a c r a r e a l Dio S a n t i s s i m o , .

" G l i Eletti r a p p r e s e n t a n t i q u e s t a p o p o l a z i o -ne , p l a u d e n d o a i Pa t e rn i voler i de l lo ze lan t i s -s imo P a s t o r e G a b r i o M a r i a , pe rchè da l l e gent i tut t i , i l S o m m o Esse re si ono r i , a c o m u n e not iz ia d i v u l g a n o il s eguen te p r o g r a m m a :

" Nel g i o r n o 23 o t tobre a n n o co r ren te si d a r à pr inc ip io a l la fes ta c o n s a c r a n d o i l n u o v o T e m p i o e d e d i c a n d o l o a S. Andrea Apos to lo , t i to lare de l l 'Ach ip re sb i t e r a l e d i M a d e r n o , con Ponte f ica le la mat t ina e so lenni Vespr i la se ra e bened iz ione col SS . S a c r a m e n t o , ,

" N e l g io rno 24 s i f a rà p roces s iona lmen te i l t r a s p o r t o de l l ' an t i co r iposo a nuova S e d e nel nuovo t emp io del le sac re Ossa e Cener i di S. Erco lano Vescovo del la Diocesi P r o t e t t o r e d i M a d e r n o e di tu t to il B e n a c o , ,

" O l t r e l a p o m p a che deve a c c o m p a g n a r e l a s t r a o r d i n a r i a so lenn i t à , in tutt i i g iorni vi s a r à ana loga O r a z i o n e paneg i r i ca . Tal i funz i ini ver -r a n n o pure deco ra t e da spar i e fuochi ar t i f ic ia l i la se ra del la Vigil ia , ,

Questo, il 1 ottobre 1825. Nel novem-bre poi veniva chiuso e suggellato l'al-tare dov'erasi conservata la cassetta con le reliquie, prima d'esser trasportata nel-

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la nuova parrocchiale. Anche il verbale di questa modalità si conserva negli ar-chivi madernesi. Ed ecco il sogno di "oltre sedici lustri,, finalmente compiuto: oggetto di meritato orgoglio per i fedeli che hanno saputo perseverare senza tema di ostacoli e di sacrifici. L'anno stesso il Pontefice avea comunicato al mondo dei fedeli che un incendio avea distrutto in Roma la basilica di S. Paolo. Il 18 febbraio avea chiesto aiuto per la riedi-ficazione del tempio e il 29 giugno 1826 anche in Maderno ebbe luogo la colletta ordinata dalla Santa Sede. Ma tutte le sventure che colpirono in questi anni e nei successivi le terre italiane e non ita-liane ebbero una eco di carità nel cuore dei madernesi. E furono le innondazioni del 1839, quelle del Po e del Ticino nel 1857, la carestia del 1854 le devastazioni del Mella (per limitarmi a quelle che ri-cordo); persino gli Ungheresi colpiti dal-la sventura vennero soccorsi con amore, forse pensando che una fratellanza di schiavitù univa i due popoli lontani e infelici. Nel frattempo (2 nov. 1831) era morto il Vescovo Nava e a breve distan-za di tempo moriva in Maderno l'Arci-

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prete Erculiani sostituito poi da don Lorenzo Beltrami.

L'anno successivo prendeva stanza in Maderno una compagnia di croati; nel 1833 dal pergamo, in seguito ad ordini governativi si dovette scagliare l 'anatema contro gli affigliati alla Giovane Italia setta "non meno pericolosa della prima (i Carbonari) anzi di una iniquità più gran-de. " 1 mezzi da essa adoperati sono la se-duzione e perfino l 'assassinio decretato dai capi occulti a forma degli antichi tribunali secreti „ Questa ed altra roba del genere leggevasi nella notificazione del Governatore di Milano in data 5 agosto.

Il 2 marzo 1835 moriva l'imperatore Francesco 1°. Gli ordini furono di suo-nare e morte per tre giorni consecutivi e di eseguire una messa da Requiem . . Ma le prime parole con le quali il nuovo Vescovo Carlo Domenico Ferrari comu-nicava ai suoi diocesani tanta perdita, suonano oggi di feroca ironia.

"Dio grande! - esclamava il Vescovo nella circolare del 9 marzo - siete pure adorabile nei vostri giudizi!,,

Il 22 successivo, sempre per ordine

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governativo, facevasi conoscere a tutti il seguente paragrafo del testamento impe-riale (1 marzo §. 14) dedicato ai sudditi dall'estinto.

" Lascio il mio amore ai miei sudditi, s p e r o di po te r p r ega re p resso a Dio per essi e li in-vi to a d i m o s t r a r e al legi t t imo mio successo re la s tessa fede l tà ed a f fez ione di cui mi h a n n o d a t o p r o v a , t an to nel la b u o n a come nel la cat-t iva f o r t u n a . R ingraz io di cuore la f ede le mia A r m a t a per i se rv ig i da essa p res ta t imi , a i qual i è d o v u t a la c o n s e r v a z i o n e del mio t r o n o . Li invi to tutt i a d i m o s t r a r e s e m p r e la s tessa fede l t à e la m e d e s i m a a f f ez ione al mio s u c c e s s o r e , ,

La dimostrazione di fedeltà era infatti abbastanza vicina.

L'anno stesso poi, il compleanno di Ferdinando I veniva a cadere nella do-menica di Pasqua e l 'augusto imperatore si degnò disporre perchè la felice ricor-renza venisse festeggiata il lunedì suc-sessivo, e rispettando il lutto che limitava le spontanee manifestazioni di giubilo dei fedeli sudditi, li esortò ad ascoltare soltanto l'Ufficio in Chiesa!

Nell'agosto il nuovo Vescovo Ferrari venne in visita pastorale a Maderno e vi dimorò tre giorni, benché fosse pre-visto un soggiorno più lungo, come tra-

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T R A S L A Z I O N E DEL 1580 (Fot. Franzosi)

( Da quadro del Se. XVI )

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spare da un programma di festeggiamenti rimasto ms. nell'archivio parrocchiale. Accolto con con elegante battello in capo al "Rovina to , , fu condotto solennemente fino alla inferriata detta di S. Erculiano. E dimorando in Maderno, agli 8 di Ago-sto, il Vescovo si trovò nella dolorosa necessità di emanare una circolare per disciplinare l 'uso delle carni in occasione del colera incipiente.

Le vicende dell'epidemia vennero nar-rate dal Setti assai distesamente e non è d 'uopo ricordarle se non per citare il verbale 12 Agosto 1838 non riportato dal nostro cronista e da me rinvenuto, colle firme dei presenti che erano, oltre al Vescovo, il cononico Savoldi, il can. Vincenzo Luzzago; il maestro delle ceri-monie Antonio Ghidoni, il segretario Gi-rolamo Malossi; l'arciprete Beltrami; il deputato politico Teodoro Avanzini, don Giuseppe Rizzi e i signori Francesco Hell e Erculiano Veronese. L'illustrazione n°. 4 mostra appunto la cerimonia della bene-dizione del monumento dedicato in tale occasione al Santo protettore della Riviera.

Nel settembre, la venuta a Brescia di Ferdinando 1° richiamò in città buon nu-

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mero di Madernesi: nulla lasciava appa-rentemente prevedere i grossi eventi che maturavano nel silenzio. Anni di raccolto discreto e di benessere aveano donato a Maderno una certa tranquillità: si era pensato a ricostruire il porto, erasi fon-data la "Società Lago di Garda , , per il commercio di agrumi. Solo la piaga del banditismo infieriva qui come altrove, in modo impressionante. La stessa Chiesa Parrocchiale venne derubata di alquanta elemosina, dell'incensiere, di 9 calici e di tutti gli ostensori d 'argento; in casa Avanzini un furto audace fruttò ai ladri undicimila lire; si parlava dovunque dei tre famigerati Tagliani, Poli e Moneta, ma non poteasi mettervi rimedio. Il 10 gennaio 1843 i malandrini assalivano al Rovinato alcuni viaggiatori diretti verso Brescia; un foglio riservato dell' I. R. Aggiunto diretto al parroco esprimeva il sospetto che i malfattori fossero abitanti dediti all'ozio al vizio e alla dissipazione, cui davasi ricetto nelle case e aiuti dai parenti. Il parroco rispondeva essergli ignoto che in Maderno vi fossero malvi-venti e non poteva dare nomi di sospetti. j.

Il 7 aprile 1845 moriva il Rev. Bel-

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trami e il 12 settembre era nominato arciprete Don Gio. Ghidoni. Caso volle che lo stesso giorno fosse di passaggio il Viceré, salutato da sparo di mortaretti e cosi passò inosservato l'ingresso del parroco che, non so per quali motivi, avea dato luogo a "grande sussurro . . . „. II riconoscimento del nuovo pastore venne però effettuato il 21 dicembre e sembra-rono cosi assopirsi i contrasti.

Gli anni che seguirono non portarono egual benessere a Maderno e alla Rivie-ra: ne parlai altrove e non vi insisto.

Fatti d'altra natura maturavano, ed erano tali da assorbire l'attenzione di ognuno e far dimenticare le sventure dei singoli. Nell'ottobre del 1837 anche nelle mura di Maderno " in ogni angolo, su . ogni parete, in ogni contrada trovasi scritto: W Pio IX, morte ai tedeschi., , ma passano parecchi mesi prima che notizie concrete giungano a rinfocolar l 'entusiasmo e a permettere il formarsi di un piano di azione. Il 19 marzo 1848 si parla dei moti di Brescia, di Milano, e gran mormorare si fa il giorno stesso per l'insurrezione di Salò. Quasi subito anche in Maderno si costituisce le nuo-

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va municipalità presieduta da Teodoro Avanzini; si iniziano gli arruolamenti della guardia civica.

Un'eco immediata trovano nel paese gli avvenimenti tutti dell'insurrezione sicché ad esempio, nel pomeriggio, del 23 marzo buon numero di madernesi in armi muove verso Salò unendosi agli altri rivieraschi che preparano la difesa . . . .

Giorni di febbre, nei quali le notizie incerte e confuse assumono proporzioni gigantesche e accendono le fantasie po-polari. Ed ecco dopo la mezzanotte del 25, levarsi ad un tratto da Salò, da Gar-done, da Fasano . . . . e poi via via, da Maderno ed oltre un battere a stormo di campane

Udite, un suon lontano discende, ap-prossima, sale,

corre, cresce, propagasi; un suon che piange e chiama, che

grida, che prega, che infuria, insistente, terribile. La piazza si riempie di armati, è un

affannoso chiedere di notizie . . . . Man-cando la certezza supplisce l 'immagina-zione. " I tedeschi sono ai Tormini; ven-gon giù verso Salò,,. Si decide di bar-

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ricare la strada presso i giardini; è tutto un tramestio, un cercar roba, dare ordini, al lume rossastro delle torce fumose . .. Sì i tadeschi arano ai Tormini, ma per la via di Val Sàbbia si ritiravano verso il Trentino in seguirlo alla capitolazione stabilita a Brescia.

Il due aprile invece 800 croati sbar-cano realmente a Salò ma ciò non vieta che poco dopo in Maderno si inalberi la bandiera tricolore; ed ecco ai 9 del me-se stesso approdar due vapori al nuovo porto e scenderne i 1200 uomini delle legioni Manara. Le truppe vengono ac-quartiarati alla meglio, ma non bastando il paese ad accoglierne più di 400, il di più viene diretto a Toscolano.

La guerra si è ridotta sul Mincio: Coi-to, Monzambano, Pastrengo, sono altret-tante vittorie dei piemontesi; Peschiera è bloccata . . . . Intanto in Maderno, co-me in tutti i paesi, l 'entusiasmo perdura. Il 30 aprile si benedicono in chiesa le armi e le bandiere; il prete Schivardi in-fiamma gli uditori con un discorso po-tente; gli arruolamenti continuano e già due classi sono partite; il 1 giugno si invitano tutti i cittadini dai 18 anni ai

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60 ad inscriversi nella Guardia Nazionale. Fin dal 14 maggio si ode un canoneg-

giamento continuo sotto Peschiera; di notte, nel buio dell'orizzonte, si distingue netto il lampeggiare dei colpi; il 30 mag-gio ogni rumore è cessato; Peschiera è caduta in mano ai Piemontesi. La muni-cipalità raccoglie i voti cittadini per la fusione del Lombardo Veneto col regno di Piemonte e tutti si ornano della coc-carda tricolore con l'effige di Pio IX e quella di Carlo Alberto.

Purtroppo le sorti della guerra decli-nano: la pressione austriaca ricaccia len-tamente il nostro esercito dalle sue po-sizioni, ma ancora il 2 luglio, l'arciprete leg-ge dal pergamo la circolare della Curia di Brescia ai sacerdoti italiani: tutta vorrei trascriverla ma lo spazio me lo vieta; nul-la di più nobile poteasi dire ai pastori di anime in un momento che era già colmo di pericoli :

" . . . . Gli aus t r i ac i i ng ros sano da ogni par te , chè i l nos t ro paese è t r o p p o g r a d i t o boc-cone a l la loro vo rac i t à : d o b b i a m o quindi pe r -s u a d e r e al nos t ro p o p o l o i l b i sogno di q u e s t o n u o v o sacr i f ic io per conso l ida re que l la l iber tà che i nostr i f ra te l l i ci c o m p r a r o n o col lo ro s a n -gue . Men t re i l m a g n a n i m o C a r l o Alber to non

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r i s p a r m i ò i tesor i né la v i t a di sé , de ' suoi fi-gli , de ' suoi so lda t i per o p e r a r e la nos t ra l ibe-r a z i o n e , men t re c o r r o n o sui c amp i de l l 'A-dige a p u g n a r e per noi i Fra te l l i di T o s c a n a d i R o m a g n a di Napo l i d i P o l o n i a , m e n t r e tant i nos t r i conoscent i s o n o p rod igh i di se s tessi al n o s t r o bene , qua l v i t u p e r i o s a r e b b e per i po-poli L o m b a r d i , se non v o l a s s e r o so t to le ban-d ie re del la P a t r i a con t e n e r e z z a d i C a r i t à ?

. . . Frate l l i di p a t r i a , di r e l ig ione , di mini-s t e ro , è t r o p p o san ta e s u b l i m e l ' o p e r a che o r a ci d o m a n d a l ' I ta l ia pe rché c i a scuno di noi non d e b b a met te rv i t u t to l ' i ngegno ed i l cuo re . P r i m a di e s se re s ace rdo t i noi f u m m o c i t tadin i , e quel n u o v o c a r a t t e r e a n z i c h é as so lve rc i dai nostr i dover i gli a cc r ebbe e san t i f i cò — guai d u n q u e ai cani mut i , guai ai se rv i in f ingard i . —

. . . . L e nos t r e pa ro l e , o s a c e r d o t i , s o n o più potent i del la legge: a d o p e r i a m o d u n q u e con unz ione di pa t r i a ca r i t à a p e r s u a d e r e c i a scuno dei segna t i a c o m p o r r e la g r a n d e a n n a t a i ta-l iana: p r e d i c h i a m o nelle ch iese , nelle vie , e nel-le socie tà come B e r n a r d o per la s an ta c roc ia ta ; en-t r i a m o nelle f amig l i e a conv ince rne la t e n e r e z z a dei pa ren t i , a d iv ide rne il do lo re , a me t t e re s u l l ' a l t a r e domes t i co del le a f fez ion i p r ima di tu t to la s an ta a t e n e r a a f f ez ione del la pa t r i a .

Magnifica esortazione, alla quale rispon-deva, quasi atto di fede l'invito (8 luglio) delle municipalità rivolto ai nati del 1824 a prendere le armi. Intanto firmavasi l 'ar-mistizio di Salasco e i presidi dislocati

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nei punti più avanzati come Limone e Tremosine, venivano ritirati gradualmen-te: intorno a Peschiera, per tre giorni e tre notti si riaccese il fuoco: il 6 di Agosto dei vapori piemontesi approdarono a Ma-derno per requisire vino e legna; tornarono l ' i l è fu l'ultima volta. Il 25 invece fu-rono gli Austriaci a sbarcare e ne ripar-tirono al mattino successivo; ma tornaro-no poi, a varie riprese, per recarsi a Gargnano o nella valle delle Cartiere in cerca di disertori. Questi trovavano appog-gio nei comitati segreti facenti capo al prof. Anelli di Desenzano e al canonico Tibo-ni di Tremosine; vari Sotto Comitati (a quanto scrive il Prof. Solitro) agivano qua e là nella Riviera e la polizia frugava a casaccio là dove poteva.

Riapertesi le ostilità ai 12 di marzo del 1849, la notizia venne portata dal rombo del cannone che si fece riudire ai 15. Il 23, il giorno stesso dalla battaglia di Novara profughi bresciani recavano la notizia della nuova insurrezione cittadina e del bombardamento inflitto dagli austria-ci. Poi, tutto crollò. Il Maresciallo Ra-detzky inondò la provincia nostra di or-dini perentori per il ritorno dei disertori

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e renitenti: poi (12 aprile) ordinò la le-va dei nati nel 1826 e 1827: ma avendo constatato non solo la cattiva volontà dei fuggitivi, sibbene gli aiuti forniti loro dalle stesse autorità, si vedea costretto (18 ago-sto) a comminare pene gravissime ai fa-voreggiatori; il 29 successivo poi, vari presidi militari vennero destinati nelle lo-calità principali per purgare la regione dai " malfattori,, e anche Maderno ebbe a sottostare a tale gravezza albergando fin 8 ufficiali e 224 uomini di t ruppa. Gli ufficiali occupavano stanze nelle case Monselice (1) Alberti (1) Hell (1) Bruna-ti (3) Morani (1) Calzavelli (1).

È però da crederò che tanto apparato di forza a ben poco giovasse, perchè ancora nel 1851 si ripetevano gli ordini di consegna di armi, munizioni ecc. accor-dando per necessità di cose continue proroghe e gli stessi manifesti dell 'auto-rità constatavano anzi come i liberali svolgessero un'attività sempre più accen-tuata sia pure "nel le tenebre del secreto,, e invitava i cittadini a venire in aiuto del Governo denunciando i cospiratori Ma ben mutati erano i tempi! Possiamo facilmente immaginare con quanto entusia-

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smo si sarà festeggiato il parto dell 'Impera-trice (1855) p con quanta lena si saran-no sonate le campane a stormo per le venuta delle L. L. M. M. (5 gennaio 1857).

Quale fosse la vita madernese in que-sto lasso di tempo, chi la volesse cono-scere con la storia di una nuova epidemia colerica (1856) e di un nuovo voto fatto e sciolto in onore del Santo protettore, può leggerla nel solito opuscolo del Setti, scritto quasi contemporaneamente agli avvenimenti, lo non ho modo di suffra-garne il racconto con documenti nuovi.

* * *

Il periodo delle cospirazioni stava per finire, la nuova guerra che il Piemonte preparava tenacemente cotro l'Austria, si iniziava sotto nuovi e migliori auspici.

La storia de la attività dei riviera-schi nei dieci anni che vanno dal 1849 al 1859 rimane pressoché un mistero. Per merito del citato professore don Paolo Guerrini (come già per opera del Solitro) si va sempre scoprendo qualche elemen-to nuovo ma per brevità io non posso ricordare qui altro che i nomi di Pietro Zeneroni di Desenzano e di Giuseppe Ca-

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puzzi di Moscoline, cooperatori valorosi di Giuseppe Mazzini nella nostra Pro-vincia. Il salodiano Perancini ci lasciò un suo opuscolo " Memorie sui volontari salodiani delle campagne d' indipendenza, , ma esso è poco più che un semplice elen-co di nomi, e pur restando un lavoro fondamentale, dovrebbe essere completa-to con i risultati degli studi più recen-ti. Infatti da tale " Memoria „ si ha l'im-pressione che i rivieraschi non parteci-passero in numero esagerato al l 'emi-grazione prima ed alla guerra poi e ben-ché in tal proposito rammenti di aver trovato, nelle lettere di un tremosi-nese, garibaldino, morto poi a Bezzec-ca, aspri rimproveri ai suoi concittadini per l'indifferenza con la quale seguivano le ansie pei patrioti in quei giorni sa-rebbe necessario, per una più equa valu-tazione dei fatti, riempire le lacune la-sciate dal Perancini. L'alleanza fran-co-piemontese accellerò il ritmo dell'emi-grazione nei primi mesi del '59 e comi-tati speciali sorsero a Salò, Riva, Desen-zano, Peschiera e Bardolino, e nell'incal-zare degli eventi apparvero ormai remoti gli ultimi episodi di vita austriaca: non

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ultimo fra i quali la visita dell'Imperatore (1857) con passaggio e sosta a Desenza-no (11 maggio) per ricevere l'omaggio dell'autorità e del clero, espressamente comandativi fin dal 10 dicembre 1856: per l'occasione erasi disposto che nel raggio di 5 Km. attorno alla linea ferro-viaria le campane suonassero a stormo.

Nell'imminenza della fine del Governo austriaco, l'elemento burocratico raddop-piava le dimostrazioni di attaccamento all 'Imperatore e ciò urtava non solo, contro il sentimento popolare, ma contro le stesse superiori determinazioni . . . . Valga un esempio: era consuetudine fe-steggiare il compleanno dell'Imperatore, ma lo zelo dei fanatici e dei servitori avea introdotto l 'uso di festeggiare l 'ono-mastico dell'Imperatore non solo, ma anche il natalizio dell'Imperatrice. Che il clero non mostrasse troppo entusiasmo in ciò, lo prova una circolare vescovile del 3 ago-sto 1858 nella quale si conferma bensì la disposizione superiore che limita i fe-steggiamenti al solo natalizio dell'Impe-ratore ma si invitano i parrochi a non attendere sempre l'ordine dell'autorità per preparare le cerimonie d'uso, anzi a pre-

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avvisare il popolo fin dalla domenica anteriore alla fausta ricorrenza . . . . Per verità, l'anno successivo non ve ne fu bisogno.

Fin dal 4 aprile 1859, cioè 25 giorni prima che si aprissero le ostilità, il Ve-scovo Verzeri ordinava che " per le cir-costanze a tutti note . . . . che tenevano gli animi in affannosa trepidazione per riguardo al futuro, , si aggiungesse alla Messa la Colletta "p rò quaqumque ne-cessitate,, e preghiere speciali si inalzas-sero alla Vergine durante il mese maria-no. Il 18 giugno Garibaldi entrava in Salò, ma ancora il giorno prima, con provvida saggezza il Vescovo avea ri-volto appello a tutti i diocesani perchè venissero sollecitamente disposti ospizi e ospedali di assistenza ai militari feriti.

Il 24 giugno, al mattino, il rombo del-le cannonate avvertiva gli abitanti della Riviera che una grande battaglia era co-minciata verso S. Martino. Fu un correre di molti cu per le colline, uno scrutar di cannocchiali verso l'orizzonte chiuso da una foschia insistente, che si andò addensando in un temporale violentissimo nelle ore del pomeriggio. Solo il tuonar

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continuo e profondo giungeva, come una voce solenne e invocatrice. Mentre i ga-ribaldini requisivano le barche sul lago per la spedizione nel Trentino, la cura degli abitanti era rivolta sopratutto ai feriti che in numero grandissimo erano portati anche a Salò. Il 9 luglio, dal per-gamo, l'arciprete Cristoforo Bonetti leg-geva una nuova circolare del Vescovo Verzeri (5 luglio) con la quale venivano segnalate le grandi benemerenze del clero nell'assistenza materiale e spirituale ai feriti e si esortavano le popolazioni a fare atto di omaggio a Vittorio Emanuele.

"A voi è noto come a mano a mano che p e r gli s t repi tos i successi degli eserci t i a l leat i di F ranc ia e S a r d e g n a la L o m b a r d i a ven iva s g o m b r a t a d a l l ' a r m a t a aus t r i a ca , e vi si p ian-t a v a i l vess i l lo S a b a u d o , tut t i i Munic ip i lom-ba rd i si a f f r e t t a r o n o di r i conoscere e p r o c l a m a -re la s ignor ia di S. M. il Re di S a r d e g n a . E s a p e t e a n c o r a che l ' o p e r a dei Mupic ip ì o t t enne pe r pa r t e del le p o p o l a z i o n i ta le ades ione che s a r e b b e difficile i m m a g i n a r n e u n ' a l t r a più spon-t a n e a e gene ra l e . . . . S e l a gioia f u ben pre-s to c o n t r a s t a t a d a l l ' i m p r o v v i s o a r r i v a r e t ra noi di t an t e migl ia ia di va lo ros i fer i t i , la nobi le g a r a di ca r i t à e di g r a t i t ud ine che ogni o rd ine di c i t tadini mos t rò a so l l ievo di quei generos i fu la p r o v a più man i f e s t a che le accog l ienze

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fa t te agli Augus t i M o n a r c h i non e r a n o f ru t t i d i un p a s s e g g e r o e n t u s i a s m o ma l ' e sp r e s s ione d i u n a leale e s ince ra s o m m e s s i o n e . Ques to f a t to c i a s s i cu ra de l la p r o n t e z z a dei c i t tadini a l l ' a d e m -p i m e n t o dei dove r i che loro i n c o m b o n o ve r so i l n u o v o G o v e r n o , per d iv ina P r o v v i d e n z a so r -to in ques to paese . Ma lo s tesso per a v v e n t u r a non p o t r e b b e esse re in a lcuni luoghi del le c a m -pagne , dove s i p r o v ò qua l che pa r t e d i quei mali che la g u e r r a non p u ò r i s p a r m i a r e n e m -meno ai popol i amici

Incombeva perciò ai parrochi il compi-to di esortare le popolazioni ad obbedire sopratutto agli ordini di leva, anticipata per le classi più giovani, perchè sem-brava* che la guerra durasse ancora a lungo, almeno fino alla liberazione del Veneto e del Trentino . . . .

Gli avvenimenti di Lombardia non potevano restare isolati e gli Stati del-l'Italia Centrale ambivano ad unirsi al regno di Sardegna sottraendosi al go-verno Pontificio. Tutto un'ordine nuovo di idee si manifestava nei discorsi e nel-le opere e, come sempre avviene in tem-pi agitati, non sapevasi da tutti tenere il giusto limite e servire la causa nazio-nale con pacatezza ed oculatezza . . . Da ciò un sorgere di contrasti e di malintesi anche fra di noi, dei quali serba un'eco

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di pastorale di quell 'anno stesso, letta al popolo di Maderno il 21 novembre. Contrasti che si acuirono al punto da indurre molti ad assumere un atteggia-mento palesamente ostile al Governo, cosa che assai dispiacque alla stessa Curia di Brescia che tagliò corto a tali manovre con la circolare del 27 maggio 1861 or-dinando per la festa dello Statuto il canto del Te Deum e pubbliche preghiere per la salute del Re.

*

* *

Il 10 settembre 1860 venne a Moderno il Vescovo Verzieri e vi si trattenne oltre l'usato, cioè otto giorni, visitando fin l'oratorio di S. Urbano in Alpe. Lodi speciali ebbe per il sacerdote Giacomo Andreoli, Rettore dell 'Oratorio di S. Bar-tolomeo, piccola e graziosa costruzione che si orna di una bella tela del giovane Palma. Il 18, Mons. Verzeri partiva per Gardone, e il 24 venivano stesi i verbali che si conservano apografi per mano dell'arciprete Bonetti.

Tre anni dopo, decisero i Madernesi di collocare l 'urna di latta entro la quale sono custodite le ossa e le ceneri di S.

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Erculiano, anziché nel sarcofago di legno grezzo e disadorno entro il quale era fino allora rimasta, in altro più lussoso, an-ch'esso di legno, ma "maestrevolmente lavorato a cesello, in argentato ed in parte dorato. , ,

I documenti relativi a questo trapasso sono affatto inediti e perciò li verrò parzialmente citando. Da essi risulta che la Curia di Brescia avea consentito il cambiamento fin dal l ' I lnovembre 1862 ma con obbligo all'Arciprete di rimettere a Brescia la chiave del nuovo sarcofago e quella dello sportello di cristallo chiu-dente l 'urna maggiore di scagiola entro la quale veniva riposta quella di legno. Il 5 Agosto dell 'anno stesso, alla pre-senza dell'Arciprete Bonetti, del Signor Francesco Hell q. Filippo, sindaco di Maderno, dell 'assesore e fabbricere Er-culiano Veronese e di altro fabbricere Francesco Hell di Franco, venne opirato il t rapasso delle Relique e le chiavi delle varie urne affidate dal Rev. C. Bonetti per la consegna alla Curia di Brescia. Ma la traslazione fatta così alla cheti-chella, non soddisfece per nulla i madernesi che vollero fosse rinnovata "pubblicame-

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mente e colla consueta pompa, , Il curato d. Andrea Cipani, si prese

l'incarico di sollecitare il permesso Ve-scovile e il 10 Agosto esso veniva accordato. Con una sollecitudine degna di memoria veniva tutto disposto per il giorno successivo e il trapasso venne rinnovato alla presenza di Bartolomeo Alberti arciprete di Vobarno, del clero locale, del sindaco e della giunta. Ria-perte le molteplici urne, la cassetta di lamiera contenente le Reliquie venne posta in luogo elevato ed esposta all 'adorazione dei fedeli, mentre tonavano i mortaletti e squillavano le campane. Così rimase fino al giorno successivo e soltanto la sera del 12 venne ricollocata al suo posto.

A questa vita di pacifica devozione, mise una parentesi breve la guerra del 66, salutata con entusiasmo da tutti.

Le esortazioni del Vescovo furono anche in questa occasione rivolte alle cure dei feriti, ordinando inoltre che alla Messa fosse aggiunta la colletta "tempore belli,, Le truppe garibaldine durarono a lungo in questi dintorni e il 18 giugno, il generale Garibaldi ispezionava la batteria

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piantata in Maderno: poi la guerra si spostò verso l'alta Val Sabbia e il Tren-tino, mentre sul lago non si notavano che scorrerie delle flottiglie avversarie. 11 25 luglio la campagna era finita e la Venezia liberata. Purt roppo l'anno suc-cessivo, nuove avvisaglie di infezione colerica mettevano allarme nella nostra provincia. Mons. Verzeri, prima di partire per Roma raccomandava (27 maggio 1867) l 'osservanza delle solite norme per pre-munirsi dal contagio, ripetendole poi al suo ritorno (14 luglio). E ormai i segni più notevoli di vita sono dati in occasione di pubbliche calamità nelle quali non si smenti mai la tradizione madernese. Cosi la colletta in occasione di un incendio che devastò nel 1870 il caseggiato di Edolo, fruttò la cifra, allora non indifferente di 124 lire. Il 24 gennaio dello stesso anno, recandosi il Vescovo a Roma una seconda volta venne seguito dai pubblici voti del clero benacanse.

Figurano essere allora in Maderno dodici sacerdoti,' e cioè l'arciprete Bonetti più volte ricordato; don Stefano Fusi parroco di Monte Maderno e poi Ga-spari Perini, Andrea Setti, Giuseppe

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Rizzi, Giuseppe Bertancini, Giacoma Andreoli, Giuseppe Cipani, Francesco Pellegrini, Andrea Cipani, Pietro Ercu-liani e Pietro Cipani. Da allora la vita del paese fu di continuo, civile progresso. Ne 1876 vennero collocate le campane sul troncone di torre a fianco della Parrocchiale dopo che il 1 luglio, a Verona, aveale benedette mons. Luigi marchese di Canosa. Nel gennaio 1878 vennero celebrate le esequie per la morte di Re Vittorio Emanuele e il mese dopo quelle per il Pontefice Pio IX. Pe r questa le campane suonarono a morto durante tre giorni e i sacerdoti dedica-rono alla memoria del S. P. una messa speciale o in triplice memento.

Nel dicembre del 1883 moriva anche il Vescovo Girolamo Verzeri, dopo 33 anni di suo ministero.

Mi si consenta di chiudere con questa data le mie rapide note : scompariva un uomo che molti ricordi del passato traeva con sè : salito al suo difficile posto nel 1850, vedeva, poco tempo dopo uno dei suoi diocesani pendere dalle forche di Belfiore: Tito Speri. Moriva dopo aver assistito a tanti avvenimenti, molti glo-

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riosi molti dolorosi, gravissimi tutti. Per l'Italia, come per la Riviera nostra erano cominciati tempi nuovi, virtù nuove, compiti nuovi . . . .

Ma vanto di Maderno possa essere sempre quello di continuare la sua strada guidata da una virtù che tutte le assomma e che fortunatamente mai le venne meno: quella del lavoro-

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