Architettura Industriale a Pavia

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    menti, se confrontati con la vicina realt milanese.

    Dalla consapevolezza delle opportunit economiche, insite in uno sviluppo industrialemoderno, alla sua attuazione passarono circa 30 anni. Solo negli anni 80 e 90, infatti, sipervenne ad un consistente insediamento industriale oltre la cinta muraria, peraltro favoritodal capitale e dalle conoscenze tecniche di imprenditori esterni allambito locale, nellafattispecie tedeschi e milanesi: fu questo il caso della Hartmann-Guarneri (1881 - i 3/4 delcapitale sociale, di L. 32.000, erano della Paul Hartmann di Heidenheim), ma anche dellaEinstein-Garrone (1894), dellOleificio Gaslini-Rizzi (1886) e di altri.

    Fra i motivi che portarono tali investimenti dal centro Europa, o da altri ambiti geo-grafici nazionali, alla nostra citt e, in generale, che favorirono la nascita dell industria pavese,vi furono senza dubbio ragioni di carattere economico (gi citate e indagate dalla pi recen-te letteratura in materia), ma anche stimoli extra-economici (di natura intellettuale, ideolo-gica e culturale) che sarebbe interessante approfondire, fra i quali, senza voler enfatizzare,lazione meritoria e illuminata di personaggi vicini agli ambiti massonici locali ed extra-locali: il caso dell Ing. Angelo Cerri, socio accomandante della Officine ElettromeccanicheIng.ri Einstein-Garrone & C. E in epoche successive: i l caso del Prof. Giulio Oehl, sociofondatore, con lIng. Paolino Moncalvi, lIng. Mario Cozzi e Giacomo Aprile, nel 1905,della Ing. Moncalvi & C.; dellIng. Alessandro Campari , presidente della Soc. A. Volta.

    Negli anni 60, infatti, intellettuali come Ausonio Franchi, che fu professore di Storiadella Filosofia a Pavia dal 1860 al 1863 e che fond il Rito Simbolico di Milano, nel 1864,auspicarono, aderendo agli ideali massonici di allora, la nascita di societ di mutuo soccor-so, di istituti di credito e, soprattutto, di stabilimenti industriali, elaborando, altres, unpensiero politico e socio-culturale in chiave progressista e democratica.5

    Volendo aprire uno spiraglio pur parziale sullargomento appare di un certo interesserilevare come taluni personaggi, appartenenti sia alla Loggia Pedott i (1886-1898), sia inseguito alla Loggia Cardano (dal 1905), furono operativamente e intellettualmente coin-volti nelle Amministrazioni municipali (ad es.: Urbano Pavesi, ingegnere, consigliere comu-nale, Guido Gnocchi ed Enrico Predieri, assessori nella giunta presieduta dal sindaco Prof.

    Pietro Pavesi, dal 1899 al 1902, e Luigi Bagini, farmacista, assessore nel 1905) o in realtsocio-culturali e dopinione quali il giornale La Provincia Pavese, che, soprattutto agliinizi del 900, appoggi il vento dellinnovazione industriale eccitato dal sindaco QuirinoQuirici:6infatti, dalla data di fondazione, 1879, agli inizi del 900, si susseguirono i seguen-ti direttori (e massoni):

    - Contardo Montini, fra i fondatori del giornale insieme a Costantino Mantovani(fratello di Giuseppe Mantovani, Maestro Venerabile della Pedotti in un elenco del 1888)e Achille Bizzoni;

    - Gian Battista Pirolini, direttore nel 1892;- Paride Forniti, in seguito direttore de La Provincia di Ferrara;- Abele Boerchio, che fu tra i pi assidui collaboratori del Montini e, in seguito, pro-

    prietario della testata locale (entr nella Cardano nel 1910);

    5ANNAM ARIAISASTI A, Cultura laica e ideali tdiprogresso nei massoni lombardi tra Ott ocento e Novecento,in Annali di Storia Pavese, 22-23 (1995), p. 59 sgg.

    6Quirino Quirici fu tra i protagonisti della vitaindustriale pavese, prima come amministratore e in se-guito come imprenditore: nel 1905, in qualit di ge-rente della Societ Italiana della Seta Art if iciale, stipulcon lAmministrazione Municipale una convenzione per

    la nascita di uno stabilimento per la produzione di setaartificiale e prodotti affini (dopo la prima guerra mon-diale lo stabilimento pass alla Snia-Viscosa di Gualino).Alle trattative partecip anche il massone Luigi Bagini,allora Assessore comunale: cfr. GIANFRANCOBRUSA,Ori-gini e localizzazione dell i ndustr ia nei Corpi Santi pavesi,in Annali di Storia Pavese, 8-9 (1982-83), nota 64,p. 27.

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    - Carlo Ridella, avvocato e interventista, mor in trincea a Versic Korite nel 1917

    (entr nella Cardano nel 1911).7

    In 18 anni, dunque, dal 1881 al 1899, Pavia vide la nascita di una decina di stabili-menti, numero assai rilevante per le dimensioni della citt, che si ubicarono soprattutto interreni posti ad occidente del nucleo storico, fra Porta Cavour, il Borgo di S. Patrizio e ilNavigliaccio, in un ambiente ancora rurale (prati, vigne e ortaglie cos come testimoniaGiardini, allinizio dell800), che sandava trasformando trascinato dalla realizzazione dellenuove infrastrutture.

    Limpatto visivo di quei recenti manufatti architettonici, originariamente assai limi-tati sotto il profilo volumetrico, dalle semplici linee costruttive, rese ancor pi austere dal-luso del mattone a vista, non dovette turbare particolarmente un paesaggio campestre giantropizzato dalla presenza di cascinali e, comunque, ormai assoggettato da tempo alleesigenze agricole.

    Il consolidamento industriale (1900-1915)8

    Agli inizi del nostro secolo risale la seconda fase dellindustrializzazione pavese: quelladel consolidamento delle imprese esistenti e della nascita degli stabilimenti storici.

    Questa fase fu favorita da una serie di circostanze contingenti: il progressivo splateamentodella cinta muraria, la sdemanializzazione e conseguente dismissione delle aree militari (ades. la Piazza darmi, ubicata a nord della citt, che vide linsediamento di numerosi stabili-menti industriali fra i quali la Necchi) e degli ex fondi fortilizi, il potenziamento della reteviaria esterna alle mura, la progressiva introduzione dellenergia elettrica (la costituzionedella Soc. A. Volta avvenne nel 1896), nuova fonte di energia a basso costo, la presenza diuna classe operaia organizzata (la Camera del Lavoro di Pavia sorse nel 1891), ma ragione-vole ed accondiscendente (relazione del Sindaco Quirino Quirici al Consiglio Municipa-le per la convenzione con la Pacchetti del 1904), una politica municipale fi lo-industrialeche favor, con numerose e cospicue concessioni di varia natura, lo stabilirsi di nuove indu-strie sia locali, che foranee.

    Il fenomeno pavese rientrava a pieno diritto nella logica dellet giolittiana, che videlattuarsi di una industrializzazione relativamente rapida, sorretta da un nuovo e pi elasticosistema creditizio, da una politica economica meno vincolante, da una politica sociale piaccorta, con il riconoscimento delle libert di associazione e di sciopero, ma anche da unaeffervescenza culturale, che si tradusse, in letteratura e nelle arti figurative, nellelogioprogrammatico della civilt industriale come opportunit di rinascita culturale, oltre chesociale ed economica.

    7Nel ringraziare, per i dati forniti e per la possibi-lit di consultazione dellArchivio, la Segreteria dellaR.L. G. Cardano n. 63 allOr. di Pavia, si deve ri leva-re che la presenza di massoni pavesi nella realt socio-economica e culturale locale, aspetto ancora poco in-

    dagato, fu particolarmente significativa fra 800 e 900.Si citano, ad esempio, fra i membri della Loggia Pedotti:Antonio Aragona, negoziante (droghiere), nel 1873 futra gli ispiratori di una Societ di Mutuo Soccorso fradroghieri (commessi e padroni di negozio); nel 1884appare fra gli amministratori della Societ OperaiaEdificatrice, una societ per azioni a cui aderirono nu-merose societ popolari, banche e molti privati, talesociet si fuse, nel 1895, con la Banca Operaia di Mu-tuo Credito, dando origine alla Banca CooperativaPavese; Emilio Beretta, repubblicano, membro dellaSociet Democratica; nel 1887 entr (con altri masso-

    ni: Guido Gnocchi, Urbano Pavesi, Antonio Griziotti )nel Comitato per la costituzione del ricreatorio laicofestivo di Pavia; Carlo Cassola, avvocato, garibaldino,una lapide commemorati va, posta in via Villa Glori, nericorda le gesta e la sua partecipazione alle battaglie ri-

    sorgimentali a fianco di Garibaldi; Paride Forniti, di-rettore del La Provincia Pavese e in seguito direttorede La Provincia di Ferrara; Guido Gnocchi, repub-blicano, presidente dellIstituto sordomuti e assessorecomunale; nel 1892 fece parte della Commissione dim-pianto della Camera del lavoro di Pavia insieme ad unalt ro massone Giovan Battista Pirolini (la nascita dellaCamera del lavoro locale fu, altres, favorita dal masso-ne Osvaldo Gnocchi Viani); Osvaldo Gnocchi Viani,giornalista e scrittore politico, esponente nazionale dispicco delloperaismo vicino allInternazionale, fu lor-ganizzatore delle forze operaie romane, in seguito col-

    labor al giornale lodigiano La Plebe;Roberto Gorini,avvocato; Antonio Griziotti, avvocato, garibaldino, fufigura di spicco del movimento democratico pavese epromosse la creazione del Museo del Risorgimento;Pietro Lavezzi, repubblicano, membro della SocietDemocratica; Gaetano Manell i, garibaldino, nel 1873fu tra i firmatari (insieme ad altri massoni: AntonioGriziotti, Giulio Turati, Antonio Aragona) di una let-tera contro i Gesuiti e contro linattivit della Sinistra;Giuseppe Mantovani, giornalista e uomo politico diestrazione democratico-repubblicana, redattore, nel

    1899, del giornale pavese LAvvenire; ContardoMontini , giornalista, fu tra i redattori del giornale LaCanaglia, in seguito sosti tuito da La Provincia Pavesedella quale il Montini annoverato fra i fondatori conCostantino Mantovani e Achille Bizzoni; UrbanoPavesi, ingegnere, garibaldino, fu consigliere comuna-le e ricopr diversi incarichi pubblici, tra i quali la pre-sidenza della Commissione per il Civico Museo delRisorgimento; Giovan Batt ista Pirolini, direttore de LaProvincia Pavese, fu tra i promotori della Camera dellavoro di Pavia; Enrico Predieri, avvocato, nel 1899 fuassessore nella giunta presieduta dal Sindaco PietroPavesi; Luigi Spalla, fu tra i fondatori, nel 1871, delcircolo mazziniano Pensiero e Azione; Giulio Turati ,garibaldino, fu membro della Societ Cooperativa diconsumo.

    Fra i membri della Loggia Cardano: Abele Boerchio,laureato in Giurisprudenza, fu direttore e proprietariode La Provincia Pavese (entr nella Cardano nel1910); Romeo Borgognoni, figlio di Adolfo (Professo-re di letteratura presso lAteneo pavese), fu pittore co-nosciuto e professore della Civica Scuola di Pittura edella Scuola dArte applicata (entr nella Cardanonel 1908); Saverio Francesco De Dominicis, esponen-te del positivismo pedagogico e docente dellAteneopavese; Alcide Malagugini, Professore di Lettere fu Sin-daco di Pavia nel 1920-22 (entr nella Cardano nel1912); Efisio Mameli, Professore di Chimica nel-lAteneo pavese (entr nella Cardano nel 1909); Gio-vanni Morone, illustre accademico, nel 1926 ottennela Cattedra di Patologia Chirurgica nellUniversit diSiena, in seguito, nel 1931, fu chiamato allo stesso in-carico a Pavia, nel 1934 pass alla Cattedra di Clini-

    ca Chirurgica, incarico che tenne sino al 1950. ConMorone si sono continuate le pi alte tradizioni dellaScuola Chirurgica pavese (entr nella Cardano nel1915); Carlo Ridella, avvocato e direttore de La Pro-vincia Pavese, la sua scelta interventista lo port vo-lontario al fronte, dove mor in trincea nel 1917 a VersicKorite (entr nella Cardano nel 1911); EnricoRimini, Professore di Chimica nellAteneo pavese dal1910 al 1917.

    8Cfr. GIANFRANCOBRUSA, Lindustri a pavese traguerra e dopoguerra. Note urbanisti che,in Annali diStoria Pavese, 11 (1985), p. 45 sgg.

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    Tali aspetti favorevoli permisero linsediamento di numerosi nuovi stabilimenti e il

    trasferimento o lingrandimento di altri: una ventina circa nel periodo 1900-1915, che siubicarono in fregio alle principali direttrici viarie esterne, a ovest, a nord e ad est del centrostorico o ai margini pi periferici dello stesso (Soc. Pavese per la fabbricazione del ghiaccioartificiale, Soc. An. Ing. Pietro Cattaneo). Un caso emblematico si dimostr quello dellafonderia di Ambrogio Necchi, che pur mantenendo attivo il vecchio opificio di corso Cairoli,inizi, nel 1903, una serie di occupazioni di aree esterne che condussero, in breve, allacreazione delle pi rilevanti presenze produttive sul nostro territorio.

    In modo conciso citiamo, fra le nuove realizzazioni:- nel 1901 la Cattaneo;- nel 1902 il Consorzio Agrario Cooperativo Pavese in via Trieste (circonvallazione

    esterna);- nel 1903 la Necchi, sullarea posta a fregio della strada per Abbiategrasso, nucleo

    iniziale del grande complesso che inglober, in anni successivi, i fabbricati della Gaslini-Rizzi e del Risificio Traverso-No;

    - nel 1905 la Soc. Pavese di elettricit A. Volta; la Moncalvi; la Carlo Pacchetti; lecartiere Pirola; la Soc. Italiana della Seta Artificiale (in seguito SNIA-Viscosa);

    - nel 1907 lespansione della Hartmann-Guarneri (poi Ghisio);- nel 1908 la Necchi di via Trieste;- nel 1912 la Giovanni Colombo;- poco prima del 1915 il Consorzio Agrario Cooperativo Lodi-Pavia-Milano (V.le In-

    dipendenza/circonv. esterna) e nel 1915 la Necchi sullarea dellex Piazza dArmi.La produzione si presentava assai diversificata e, per taluni aspetti, specializzata: ai

    tradizionali settori alimentare, metallurgico e meccanico si affiancarono particolari einnovative produzioni in ambito tessile-sanitario (prodotti antisettici), chimico-tessile,elettromeccanico, e lavorazioni specifiche che prevedevano l ut ilizzo di fibre vegetali, crineanimale e altro.

    Una tale diversificazione dei settori e delle merci prodotte diverr una delle fondamen-tali ragioni di tenuta dellindustria pavese nei momenti di recessione economica cagionatisia dal primo conflitto mondiale che dalla crisi del 29.

    Sotto il profilo ambientale deve sottolinearsi come attorno alla citt sandarono a col-locare alcune manifatture ad alto rischio (Soc. Italiana della Seta Artificiale, in seguitoSNIA-Viscosa) sia per lambiente naturale, che per la salute dei lavoratori e della popolazio-ne residente nelle immediate vicinanze; pur tuttavia, anche per tali stabilimenti si adottaro-no soluzioni architettoniche di grande dignit, rispondenti non solo a criteri di funzionali-t, ma anche di decoro urbano. E il caso di citare fra i tanti: il fabbricato centrale dellaHartmann-Guarneri, con motivi ispirati, pur con libert lessicale ed eclettica, al Liberty(1903); lo stabilimento Einstein-Garrone (1894), dai prospetti classici improntati al rispet-to di canoni basati su valori di simmetria ed euritmia; il nuovo fabbricato della Necchi, frail baluardo del Brolio e porta Cavour, dal lungo e armonico prospetto su viale Trieste; e altriancora; e il meri to va senza dubbio attribuito allattento controllo della locale CommissioneEdilizia, oltre che alla sensibilit dei progettisti di allora.9

    Il primo conflitto mondiale

    Agli albori del primo conflitto mondiale, il panorama industriale pavese si presentavaormai consolidato nelle sue linee essenziali e con caratteri di particolare effervescenza.

    A livello nazionale e lombardo in particolare, il 1914 si apr allinsegna di un quadroeconomico sostanzialmente favorevole: pur dovendosi registrare le tradizionali inefficienzestoriche, legate al sistema dei trasporti, lindustria lombarda dava segni di ripresa soprattut-to nel settore siderurgico, dopo le difficolt del 1909, e lintera imprenditoria dimostr,altres, di apprezzare alcune contingenze favorevoli del sistema creditizio: abbondanza diliquidit, un tasso ufficiale di sconto in ribasso, dal 5,5% al 5% (vi erano banche che presta-vano anche al 4%), un cambio della lira stabile.10

    Con lagosto una depressione gravissima nella vita economica di tutti i paesi lamb

    9Cfr. AA.VV., Pavia. Materi ali di storia urbana.Il progetto edil izi o 1840-1940,Pavia 1988.

    10AA.VV., Svi luppo e consolidamento di unecono-mia industr iale (Dalla prima alla seconda guerra mon-diale),vol. II I, M ilano 1992.

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    lItalia, aprendo una pur breve fase di difficolt.

    Lavvio del conflitto port alcuni, inevitabili, turbamenti: la caduta dei corsi dei titoli,chiusura delle Borse, panico fra il pubblico nonostante la dichiarazione di neutralit, unfreno al flusso dei depositi, la chiusura di alcuni stabilimenti, laumento della disoccupazio-ne, diff icolt di ottenimento di crediti a breve termine e a buon mercato, un incremento deiprezzi delle font i di energia. In seguito, con lentrata in guerra anche dellItalia, si manifestil problema del collegamento fra impegno militare ed impegno economico, a cui cerc didare risposta il R. decreto del 26 giugno 1915 per la mobilitazione industriale.

    Il panorama industriale durante il conflitto non mut nella sostanza: vi furono lanascita di stabilimenti ausiliari per la produzione bellica, lincremento dellimpiego di manodopera femminile e la parziale riconversione produttiva di alcune aziende: ad es. la CarloMangini, che produceva laboratori e gabinetti scientifici per le scuole, si impegn nellafabbricazione di potabilizzatori per lacqua e autoclavi e, a partire dal 1916, inizi la produ-zione di munizioni, dotandosi di nuovo macchinario e ampliando il proprio stabilimentocon lacquisto di 4.500 mq di terreno (Relazione del Consiglio di Amministrazione sulbilancio desercizio 1916-17).11

    Durante la guerra, dunque, la produzione non manifest contrazioni, ma loffertavenne ad incrementarsi anche per il ragionevole margine di utile che i prezzi di calmierefissati lasciavano alle imprese. Il dinamismo degli eventi pavesi si rispecchi nelle art icolatevicende della cessione allAmministrazione Municipale di Pavia, da parte dellAutorit Mi-litare, dei terreni dellex Piazza dArmi e della successiva commercializzazione di parte deglistessi al Primo Sindacato Agrario di Milano e, nel 1915, alla Necchi (mq. 88.100).

    Dal dopoguerra al 2conflitto mondiale

    Lindustria pavese, uscita pressoch indenne dal 1conflitto e superate le difficoltdell immediato dopoguerra, non manc di far registrare episodi significativi di ampliamentie consolidamenti, un caso tipico fu quello della SNIA-Viscosa di Gualino, che subentr allaCines-Seta, societ che nel 1913 aveva acquistato gli stabilimenti della Societ Italiana dellaSeta Artificiale di Quirino Quirici.

    Con lavvento del fascismo si superarono poi definitivamente, attraverso una politicaliberista, gli ult imi strascichi dell economia di guerra imposta dal confl it to del 1915.

    Nel 1921 furono introdotte tariffe doganali protettive dei prodotti siderurgici e mec-canici e il nuovo interesse governativo per lindustria nazionale non manc di far avvertire,anche in ambito locale, i primi effetti positivi.

    La crisi del 29, dopo il trendpositivo del decennio precedente, fece emergere una seriedi segnali di allarme: vi furono duri contraccolpi nel settore della seta artificiale e, in gene-rale, nel settore tessile, che colpirono sia la Snia, che i cappellifici pavesi (Vanzina), coscome si registrarono difficolt nei settori del molitorio, del caseario e dei laterizi; incontrotendenza il comparto delle macchine da cucire, che addirittura increment la produ-zione.

    Il periodo di maggiore difficolt e di contrazione delle ordinazioni fu quello dal 1931al 1933; Il 1931 segn un evidente disagio del settore metallurgico e meccanico, anche se inambito pavese venne registrata una sostanziale tenuta della Necchi, della Moncalvi e della

    fonderia Torti , che, comunque, furono costrette a turni lavorativi di 4 giorni settimanali .Dopo il 33 la situazione riprese i normali standard di efficienza. In quellanno si ebbela nascita della S.A. Arnaldo Vigorelli, per la produzione di macchine da cucire. Dal 35 siintensific la politica autarchica, che and lievitando soprattutto nellimminenza del 2conflitto mondiale: le fonderie di ghisa sostituirono il carbone estero col coke nazionale,l industria tessile utilizz in maggioranza le fibre artificiali e, in generale, venne intrapresa lavia della lotta agli sprechi.

    Alle soglie della 2 guerra mondiale, lindustria provinciale pavese riusciva a collocarsial 13posto nella graduatoria nazionale per numero di addetti e di unit produttive.

    La bufera bellica poi apriva le porte allacuirsi di una serie di difficolt e squilibrieconomici affiorati durante lepoca autarchica: la necessit della contrazione del costo del

    11Cfr. ELISASIGNORI, Pavia e la Grande Guerra,in Annali di Storia Pavese, 12-13 (1986), p. 15 sgg.

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    lavoro e dei costi di produzione, il reperimento, sempre pi difficoltoso, delle materie pri-

    me. In Pavia tutto ci si manifest con una evidente instabilit nella produzione dei varisettori presenti e con una sottoutilizzazione degli impianti, il che condusse a un inevitabilescadimento della qualit dellofferta. Dalleconomia di guerra furono avvantaggiate alcuneproduzioni: il caso dei materiali di medicazione della Ghisio e dei prodotti di quelle azien-de che seppero mantenere una commessa pubblica costante (Moncalvi, Necchi).

    Il 2dopoguerra e la ripresa economica12

    La fine del conflitto lasci in uno stato di prostrazione leconomia locale, accentuatoda un processo inflattivo galoppante e da un tasso elevato di disoccupazione. Lindustria,altres, dovette confrontarsi con una serie di problemi affini allintera realt nazionale:

    - la ricostruzione delle strutture produttive distrutte o danneggiate dallevento bellico;- lo smantellamento dellimpostazione protezionistica ed autarchica pre-bellica;- la creazione di una industria competitiva e moderna, che sapesse rispondere alle

    esigenze di un mercato internazionale, oltre che interno.

    Per fortuna il patrimonio industriale pavese non presentava danni rilevanti e i processiproduttivi poterono essere riavviati senza ulteriori perdite di tempo. Unici ostacoli, ormaiconsolidati: la scarsit delle materie prime e le diff icolt di approvvigionamento energetico,che verranno superati solo dopo il 1947. Ad essi si aggiunsero: il grave stato delle infrastrut-ture e i danni subiti dai mezzi di trasporto. Malgrado ci l industria pavese seppe, in queglianni, produrre uno sforzo ragguardevole che port il numero degli occupati dalle 13.490unit, del 1938, alle 16.337 unit, del 1951, con un incremento del 21,1%. Trainanti appa-rivano le aziende del settore metalmeccanico: alla fine degli anni 40 la Necchi, con la pro-pria produzione di macchine da cucire, copriva il 55% del prodotto nazionale. Un talerisultato fu conseguenza dellammodernamento degli impianti e della rinnovata organizza-zione del lavoro, avviati gi nel 1946.

    Lo scenario industriale pavese che andava palesando, nella seconda met degli anni40, una indubbia ricchezza sotto il profilo imprenditoriale seppe, pur con fatica, approfit-tare della rinuncia a una produzione esclusivamente bellica, nel periodo 40-45, ri trovando

    in seguito una pi agevole riconversione produttiva dopo la liberazione. Ciononostante siincontrarono difficolt: la ripresa avviata con fatica si scontr con limpegno deflazionisticoavviato dal Governo nellautunno del 47, che si attu nella duplice azione della contrazionedel credito e dellaumento del costo del denaro, il cui tasso pass dal 6,50% al 9%.Solo nel 1949-1950 si pot intravvedere la fine del buio periodo post-bellico e la soluzionedei principali problemi sorti con esso, un aiuto venne dalla liberalizzazione degli scambi conlestero, che condusse a una ripresa delle esportazioni dei tradizionali prodotti dellindustriapavese: macchine da cucire e tessuti artificiali in primis,ma anche riso, formaggio e filati dicotone.

    Dal boom degli anni 50-60 allinizio della deindustrializzazione degli anni 70

    Agli inizi degli anni 50 e negli anni 60 i l mix dei comparti industriali presentava unaincoraggiante tendenza di tipo espansivo, con diversificazioni produttive (si veda Tab. 2)

    che seppero accogliere aziende di media e piccola dimensione, pur nel consolidato panora-ma di una industria trainata dalla grande impresa (nei due settori principali meccanico echimico). Presenza, questultima, che riusc a infondere in quegli anni il miraggio di unasicurezza e una solidit economiche inattaccabili, fondate, soprattutto, su un costante incre-mento occupazionale (il trenddegli addetti nel settore meccanico presentava una lievitazio-ne costante nel periodo 1951-1971, si veda Fig. 2).

    Tale incremento, cos come si evince dalla Tab. 1 e dalla Fig. 1, non palesava perquella prevedibile, e auspicabile, perfetta sintonia con il trendmanifestatosi ai due livelliprovinciale e regionale: nel 1961, infatti, il confronto con il precedente rilevamento (1951)indic una lievitazione del numero degli addetti in Pavia del 17,6%, contro il 23,9% pro-vinciale e il 28,6% regionale.

    12AMM INISTRAZIONEPROVINCIALEDIPAVIA, LAm-ministrazione Provinciale di Pavia nel sessenni o 1945-1950,Milano 1952 e, altres: C.C.I.A.A. di Pavia, LaProvincia di Pavia nei suoi aspett i economici,Pavia 1952.

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    Lottimismo degli anni 60 si attenu con lemergere, nel 1971, di un fenomeno di

    forte limitazione dellincremento occupazionale nel trainante settore meccanico (dai 12.221addetti, del 1961, si pass ai 12.406 addetti del 1971, con un aumento del 1,5%) e, ancorpi, con lavvio di una preoccupante contrazione del numero degli addetti negli altri settoriindustriali della citt. Era lalba della deindustrializzazione di Pavia: nel 1971, rispetto al1961, si registr un decremento occupazionale del 12,4% e il trendnegativo prosegu nel1981 con un calo ancor maggiore (36,2%) rispetto al 1971.

    Lincidenza percentuale del numero degli addetti impiegati in Pavia, nel periodo 1951-1981, sul totale degli occupati in Provincia e nella Regione pass, rispettivamente, dal 26,8%al 15,8% (confronto con la realt provinciale) e dal 1,45% allo 0,67% (confronto con larealt regionale) (Fig. 1).

    Una tale tendenza interess la quasi totalit dei settori industriali: i l settore tessile, chenel 1951 contava su unincidenza occupazionale del 9,8%, ridusse il proprio apporto al1,7% nel 1981; il settore chimico, che nel 1951 dava lavoro al 21,2% della mano doperatotale presente in Pavia, contrasse il proprio contributo al 8,6% nel 1981. In controtendenzail solo settore meccanico, che pass da unincidenza del 55,1%, nel 1951, al 78,7% del1981: Pavia si avviava, pericolosamente, verso una caratterizzazione monosettoriale allin-terno della propria produzione industriale.

    La forbice, fra il settore meccanico e gli altri settori, si allargava vistosamente (si vedaFig. 3), conducendo il mondo produttivo locale a quella crisi che tuttora lo contraddistinguee lo colloca a livelli occupazionali preoccupanti.

    Nelle successive tabelle, e nei grafici riassuntivi seguenti, ritroviamo gli aspetti sinoraemersi nelle nostre considerazioni:

    Fonte: ns. elab. su dati ISTAT

    Tabella 1 - Trenddegli addetti nel settore industriale (1951-1981)confronto: Pavia-Provincia (PRV)-Lombardia (R)

    16.337

    61.177

    1.124.371

    26,7

    1,45

    Pavia

    Provincia (PRV)

    Lombardia (R)

    inc. % di Paviasul totale R

    inc. % di Paviasul totale PRV

    V.A.

    19.221

    75.804

    1.445.685

    25,3

    1,33

    +2.884

    +14.627

    +321.314

    +17,6

    +23,9

    +28,6

    Pavia

    Provincia (PRV)

    Lombardia (R)

    var. % 51var. V.A. 51inc. % di Paviasul totale R

    inc. % di Paviasul totale PRV

    V.A.

    1951

    1961

    16.834

    74.974

    1.562.797

    22,4

    1,08

    -2.387

    -830

    +117.112

    -12,4

    -1,1

    +8,1

    Pavia

    Provincia (PRV)

    Lombardia (R)

    var. % 61var. V.A. 61inc. % di Paviasul totale R

    inc. % di Paviasul totale PRV

    V.A.

    1971

    10.733

    67.990

    1.600.954

    15,8

    0,67

    -6.101

    -6.984

    +38.157

    -36,2

    -9,3

    +2,4

    Pavia

    Provincia (PRV)

    Lombardia (R)

    var. % 61var. V.A. 61inc. % di Paviasul totale R

    inc. % di Paviasul totale PRV

    V.A.

    1981

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    Fig. 1- Fonte: ns. elab. su dati ISTAT

    Tabella 2 - Trenddegli addetti nel settore industriale per comparto produttivo(1951-1981)

    meccanico

    chimico

    tessile

    abbigliam.

    legno

    alimentare

    cartario

    TOTALE

    inc. %V.A.

    1951

    V.A. inc. % var.V.A51 var. % 51

    9.005

    3.461

    1.603

    826

    681

    486

    275

    16.337

    55,1

    21,2

    9,8

    5,0

    4,2

    3,0

    1,7

    100,0

    12.221

    2.153

    1.062

    974

    727

    477

    1.607

    19.221

    63,6

    11,2

    5,5

    5,0

    3,8

    2,5

    8,4

    100,0

    +3.216

    -1.308

    -541

    +148

    +46

    -9

    +1.332

    +2.884

    +35,7

    -37,8

    -33,7

    +18,0

    +6,7

    -1,8

    +484,4

    +17,6

    meccanico

    chimico

    tessile

    abbigliam.

    legno

    alimentare

    cartario

    TOTALE

    inc. %V.A.

    1971

    var.V.A51 var. % 51

    12.406

    1.749

    843

    598

    594

    299

    292

    16.834

    74,0

    10,4

    5,0

    3,6

    3,5

    1,8

    1,7

    100,0

    +185

    -404

    -219

    -376

    -133

    -178

    -1.315

    -2.387

    +1,5

    -18,8

    -20,6

    -38,6

    -18,3

    -37,3

    -81,8

    -12,4

    -3.969

    -823

    -655

    -239

    -235

    -124

    -3

    -6.101

    -32,0

    -47,0

    -77,7

    -40,0

    -39,6

    -41,5

    -1,0

    -36,2

    1961

    var.V.A61 var. %61

    1981

    inc. %V.A.

    8.437

    926

    188

    359

    359

    175

    289

    10.733

    78,7

    8,6

    1,7

    3,3

    3,3

    1,7

    2,7

    100,0

    Fonte:ns. elab. su dati ISTAT

    5,0%

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    Fig. 2- Fonte: ns. elab. su dati ISTAT

    Fig. 3- Fonte: ns. elab. su dati ISTAT

    trend

    trend

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    Sar, dunque, questa via monosettoriale, aggravata da una mancata presenza di sinergie

    produttive, dalla contrazione della base di imprenditoriali t, peraltro gi carente, e da fatto-ri di portata nazionale e internazionale, a condurre alla progressiva deindustrializzazione diPavia.

    Si stava entrando in un circolo vizioso caratterizzato da bassa innovativit, decrescentecompetitivit, basso sviluppo, crescente disoccupazione e sottoutilizzazione delle risorse lo-cali. Le cause di tutto ci, sicuramente numerose oltre che fra loro interagenti e, in parte,complementari, possono leggersi a un duplice livello: generale, con influenze esogene, loca-le, con aspetti condizionanti endogeni.

    Fra le cause esogene possono richiamarsi sia la crisi petrolifera del 1974-78, sia lacrescente inflazione.

    Fra le cause endogene:- una sostanziale ri luttanza al rischio, che manc di tradursi a livello imprenditoriale in

    scelte fortemente innovative sotto il profilo tecnologico e in coraggiose strategie di mercato,i cui risultati sono, peraltro, riscontrabili nel medio-lungo periodo;

    - la presenza di settori deboli, che soggiaciono pi rapidamente alla instabilit econo-mica;

    - una rigidit sia imprenditoriale, che sindacale, non certo favorevole alla contrattazio-ne e alla ricerca del progresso comune.

    Allinterno di questo quadro produttivo si cal, in quegli anni, un nuovo strumentourbanistico fondato sulla conferma delle localizzazioni industriali esistenti e sul contenimentodelle attivit terziarie.Ma un tale atteggiamento, fortemente e comprensibilmente difensivo, peraltro in sintoniacon le strategie dellamministrazione locale, si tradotto negli anni successivi in risultatilontani dagli obiettivi originari.13

    Considerazioni conclusive: le aree industriali dismesse tra recupero, ricerca della qualitambientale e sviluppo sostenibile

    La progressiva deindustrializzazione ha aperto, nella realt attuale, il rilevante proble-ma delle aree industriali dismesse e della loro conseguente riutilizzazione e riqualificazione.La questione, per il numero e la dimensione delle aree interessate (e non solo per quello), sipropone in tutta la sua delicatezza, tanta leterogeneit di obiettivi, di valori e di interessiche sa far scaturire. Campo di manifeste conflittualit, fa sorgere lesigenza di una composi-zione/negoziazione fra le parti coinvolte o coinvolgibili nelle scelte e nelle decisioni future.E intorno al tema del riuso delle aree dismesse industriali che ruoter lavvenire urbanisticodella citt: qui si giocher parte della qualit ambientale, sociale, economica, culturale diPavia e, altres, il suo sviluppo futuro.

    Come fra 800 e 900 venne ad aversi la disponibilit delle ex aree fortilizie e militari,liberate dallabbattimento della cinta muraria, cos oggi dobbiamo confrontarci con questanuova, e altrettanto consistente, opportunit. Allora fu lindustria nascente a guidare e ca-ratterizzare la trasformazione e lespansione di Pavia, con impatti sulla qualit ambientale

    non sempre felici, oggi la sfida parimenti ardua e non cadere in errore sar altrettantodifficile.

    Per evitare ci bisogna rifuggire limperativohic et nunc,per una disponibilit aperta elungimirante ad investire nel futuro, nel lungo periodo: soddisfare i bisogni della attualegenerazione non deve divenire occasione per compromettere il soddisfacimento dei bisognidelle generazioni future (definizione di sviluppo sostenibile tratta dal rapporto Bruntlanddel 1987).

    Il riuso delle aree dismesse uno stimolo progettuale che deve saper rispettare, nellalogica paretiana che contraddistingue la precedente definizione, una dimensionetemporalmente e concettualmente dilatata dello sviluppo, nella sua accezione pi vasta

    13Sulla questione della pianificazione urbanisticalocale si veda: FEDERICOOLIVA, I piani urbanisti ci del900,in Annali di Storia Pavese, 26 (1998), p. 225sgg.

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    (sviluppo economico, sociale, culturale, spaziale, qualitativo...).

    Ne consegue che condizione essenziale per la sostenibilit la conservazione dellostockdi risorse che costituiscono il capitale di cui dispone lattuale generazione e da cuiconsegue il livello di benessere. In altri termini, ogni trasformazione attuale pu danneggia-re il benessere delle future generazioni. Se ci avviene, essa deve essere accompagnata da unamisura compensativa. Tale misura compensativa rappresentata dal trasferimento di uncerto aggregato di capitale naturale e di capitale manufatto da questa alla futura generazio-ne. Nella interpretazione di sostenibilit debole si ammette che allinterno del suddettoaggregato vi possano essere diverse combinazioni: per esempio, pi capitale manufatto emeno capitale naturale o viceversa. Nella versione di sostenibilit forte si identificano deilimiti alla sostenibilit di cui sopra, riconoscendosi che esiste un capitale cri ti co,naturalemanufatto.14

    Tutto ci implica o dovrebbe implicare, nel caso del recupero delle aree dismesse pavesi,una innegabile dimensione di equit e di efficienza in ogni azione progettuale, il che sitraduce, altres, nellesplicitazione consapevole di vincoli. Un tale approccio prende il via

    dalla consapevolezza dellesistenza di unidea di valore non solo strumentale (ovvero di mer-cato, legato alluso delle risorse e al sussistere di un loro scambio), ma anche di non usodelle risorse o di uso limitato delle stesse.

    Appare evidente che i tre valori succitati siano vincolati a soggetti diversi; lo svilupposostenibile riconosce in modo esplicito la molteplicit dei soggetti, che possono confliggerefra loro. E, dunque, riconosce lesigenza che tale conflitto si contragga e si giunga allaconcertazione fra soggetti differenti: pubblici e privati.

    E intuibile, che la massimizzazione contemporanea dei tre valori sia impossibile: ilfavorire uno, riduce e attenua limpatto degli altri. Tutto ci rientra in un problema di tipodecisionale e di scelte: e scegliere, in questo caso, diviene questione non solo tecnica, maideologica (nella sua accezione pi etica). Si tratta di armonizzare, attraverso lo strumentodella partecipazione, le linee-guida dello sviluppo, in cui sappiano rientrare e convivereobiettivi e soluzioni di conservazione, di riequilibrio ambientale, di valorizzazione e recupero

    qualitativo, oltre che di trasformazione e di nuovo uso del suolo.Pavia deve saper guardare al prossimo millennio e alla nuova sfida che lattende confiducia nel suo futuro, ma anche con considerazione del proprio avvenire e dellavvenire deisuoi figli: tutto ci potr cos rispettare, con piena dignit, i nobili canoni della saggezza,della forza e della bellezza.

    14LUIGIFUSCOGIRARD, Le aree metropoli tane trasvi luppo e destrutturazione,in Atti del XXIV IncontroCe.S.E.T., Napoli 6-7 ottobre 1994, Firenze 1995, p.20.