Archeologia sub e commerci in età arcaica

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    2003 Edizioni allInsegna del Giglio - vietata la riproduzione e qualsiasi utilizzo a scopo commerciale 1

    ARCHEOLOGIASUBACQUEAECOMMERCIINETARCAICA

    Archeologia e commercio arcaico

    Il contributo dellarcheologia alla conoscenza dei commerci arcaici hapotuto, solo di recente, utilizzare i dati subacquei. Conviene dunque ricorda-re, in un primo momento, come si faceva prima.

    Studiare la carta di ripartizione dei materiali ceramici stato il primoindirizzo di studi. Gi nellantichit la diffusione delle ceramiche e delle an-fore aveva suscitato delle osservazioni: Erodoto (III, 6) ricordava un traffico di anfore dalla Grecia e la Feniciaverso lEgitto. Le anfore di vino arrivavano in Egitto piene di vino ma unavolta vuotate non erano abbandonate ma erano riportate, riempite dacquaverso la Siria. Teopompo (apud Strabone VII, 5, 9) segnalava che delle ceramiche di Chioe di Taso erano state rintracciate sulla costa orientale del mar Adriatico; masu questa base egli ricostruiva non una corrente di traffico, ma una comuni-cazione sotterranea fra lEgeo e lAdriatico.

    Ovviamente, la ricerca moderna ha superato tali commenti. Ma lideadi partenza rimaneva molto semplice: dalla carta di ripartizioni delle scoper-te di un certo tipo di ceramica, si passava ad una riflessione sulla diffusione diquesto materiale. Sul piano metodologico, questo tipo di ricerca presentavavari pericoli: necessit di localizzare sicuramente il punto di partenza delladiffusione (il quale poteva essere diverso dal luogo di fabbricazione: casodella ceramica laconica); difficolt di assimilare ripartizioni e diffusione (lecarte di ritrovamenti non erano altro, spesso, che le carte di localizzazionedei cantieri di scavo); impossibilit di capire cos se il trasporto era statoeffettuato dai fabbricanti, dai clienti o da intermediari.

    Nonostante tutto questapproccio era nuovo perch diverso da una let-tura della ceramica di tipo antiquario. I cocci ritrovati nelle stratigrafie degliabitati prendevano dellimportanza rispetto ai vasi interi scoperti nei santua-ri o nelle necropoli.

    Ma il pericolo pi grande era unaltro: seguendo la ceramica in modoquasi esclusivo, si enfatizzava troppo limportanza dei vasi nelle correnti ditraffico. Infatti, per lunghi decenni, la ceramica studiata era soltanto la cera-

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    mica fine, i vasi da tavola. Ora, soltanto una parte di questi vasi conteneva unprodotto oggetto di scambio: Vallet e Villard avevano fatto la distinzionefondamentale fra vasi aperti e vasi chiusi ma per loro i vasi chiusi erano i vari

    unguentari: ariballoi, alabastra, lydia, pissidi o anche la anfore da tavola egli stamnoi. Le anfore non erano ancora presi in considerazione.Dallanalisi di questo tipo di materiale risultava un commercio di pro-

    dotti di lusso, dove il vaso aveva la stessa importanza del contenuto. Il peri-colo era ovviamente una lettura di tipo eccessivamente modernistica (infatti,cerano dei riferimenti agli articles de Paris).

    Si dimenticava il trasporto di prodotti in grosse quantit, sia in pithoiper il grano, sia sopratutto in anfore per lolio e per il vino (senza parlaredelle varie preparazioni di pesce o di carne). Si dimenticava anche ma que-sto tuttora un problema non risolto il trasporto dei tessuti e di tutti i

    materiali deperibili.Alla luce dei lavori pi recenti si potrebbe dunque pensare che questotipo di ricerca, ora in parte superato, dava una visione completamente sba-gliata della realt economica. Ma non cos: la ceramica era e rimane unaspia dellattivit economica e si tratta di un segnale degno di attenzione senon si dimentica i limiti dellinformazione cos fornita. Oggi, sappiamo chela fine dellesportazione di bucchero etrusco dallItalia non segna la fine del-lesportazione del vino etrusco verso la Gallia: ma sono i ritrovamenti dibucchero etrusco che hanno consentito di porre il problema del cosiddettocommercio etrusco arcaico (una componente dei traffici fra lEtruria e la

    Gallia in et arcaica).Luso delle carte di ripartizioni aveva per unaltro aspetto fuorviante:la rappresentazione di un punto di partenza e di frecce in tutte le direzionifino ai luoghi delle scoperte spingeva verso una lettura di tipo imperialistico:il modello romano era qui ben troppo presente per rendere conto della com-plessit degli scambi arcaici. E non un caso se il cosiddetto commercioetrusco ha particolarmente sofferto della vicinanza del modello romano.

    Ma dobbiamo subito aggiungere che la documentazione epigrafica re-centemente scoperta (o letta) papiro di Elefantino, tavolette di piombo di

    Ampurias, Pech-Maho, Olbia propone una visione molto pi modernista

    dei commerci arcaici, con un livello di tecnica fiscale per esempio che primaera impensabile per linizio del V secolo a.C.Nel secolare dibattito fra primitivisti e modernisti, si tratta dunque di

    una nuova tappa che consente di sfumare certe posizioni. Se i pericoli delleletture troppo immediate vanno giustamente denunciati, dobbiamo salvare lavisione di una epoca arcaica che stata, anche sul piano economico e nonsoltanto sul piano intellettuale, estremamente inventiva. Il commercio nonrimane dunque indietro rispetto allurbanistica, alla filosofia o al pensiero poli-tico. E non un caso se, su due relitti, viene testimoniato luso della scrittura.

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    Finalmente, a parte lo studio dei relitti e delle anfore, sul quale sto pertornare, la conoscenza dei commerci arcaici cresciuta con lo studio della pro-blematica cosiddetta emporica. Si trattato non di uno studio archeologico

    dei porti ma della messa in rilievo dellimportanza dei luoghi dello scambio.Qui, il riferimento a Erodoto e alla sua descrizione di Naucratis (II,178), nel delta egiziano, va da s. Ma il modello stato arricchito dalla lettu-ra di antropologia economica di Polanyi (il port of trade), dalla letturadelle fonti proposta da A. Mele, ma anche dagli scavi di Pyrgi e di Gravisca,le quali hanno consentito di collegare una situazione archeologia e dei mate-riali, ad un modello storico.

    Questi risultati, spesso stimolati dallinsegnamento di E. Lepore, sonodi grande importanza, anche se saranno probabilmente sfumati nel futuro.Consentono anche di capire meglio il legame strutturale fra il territorio e il

    commercio con una visione articolata fra il concetto (in se modernista) diesportazione e quello di circolazione: Gravisca non si capisce se va lettasoltanto come il porto di Tarquinia e gli studi recenti su Pitecusa e Cumafanno vedere che lopposizione fra citt e emporion non sempre adatta: ilcommercio un elemento fra gli altri nellepoleis in costruzione.

    Concludo questa prima parte, insistendo dunque sulla necessit di scar-tare le letture facili: il commercio arcaico non soltanto il trasporto di pro-dotti da un punto ad unaltro. Questa dimensione esiste certo, sopratutto perlarcheologo, il quale vede prima gli oggetti e le realt materiali. Ma itraffici sono parte delle strutture politiche, economiche e sociali. Per let

    arcaica, sappiamo ben poco di tutto quello che sta alle spalle del trasportoanche se le iscrizioni e i relitti cominciano ad fare luce su questi aspetti.Ancora oggi, siamo spesso costretti a sottovalutare le differenze fra le variecomunit arcaiche che hanno a che fare con gli scambi marittimi (Greci,Fenici, Etruschi). Solo la moltiplicazione delle scoperte di relitti potr con-sentire di andare oltre.

    Le anfore: fra tipologia e storia

    Si dir altrove dello studio delle anfore romane e del ruolo pionieristicodi Virginia Grace, nel secondo dopoguerra. Ma per let arcaica, si sottovalu-ta troppo spesso limportanza delle ricerche di Marcelle Lambrino ad Histrianel mar Nero con una prima tipologia delle anfore, gi nel 1938. Nel campofenicio, altro pioniero fu Pierre Cintas e la sua classificazione delle anforepuniche (1950).

    La scoperta del primo relitto arcaico (Cap dAntibes 1955) fa conosce-re dei tipi anforari ancora poco documentati sulla terra ferma: si tratta, daparte di Fernand Benoit, dei primi lavori sulle anfore di Marsiglia ma anchedella definizione di un tipo di anfora etrusca, che sar, troppo a lungo, messo

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    in discussione.Lo studio delle anfore era rimasto indietro, negli scavi terrestri, per due

    motivi: da una parte, si trattava di un materiale grossolano e, negli scavi di

    abitati, veniva mescolato con la ceramica comune, la quale era allora spes-so eliminata; nelle necropoli (per esempio etrusche), le anfore sane venivanorecuperate ma nascoste nelle profondit dei magazzini. Nessun museo, o quasi,presentava questo tipo di materiale.

    La riscoperta delle anfore arcaiche fu accelerata dalla scoperta deirelitti, ma anche dallo scavo di necropoli arcaiche, particolarmente in Sicilia(Camarina, Megara Hyblaea) dov centinaia di anfore erano state riutilizzateper la deposizione di neonati e bambini morti in tenera et. Solo in un secon-do momento furono elaborati delle tipologie sulla base di cocci di anforeprovenienti da abitati (per esempio Franois et Michel Py per le anfore etru-

    sche del Sud della Gallia).Si pens subito a portare avanti dei programmi di analisi sulle argille(Benoit nel 1956 a Marsiglia) ma, nonostante qualche eccezione (Jones per leanfore SOS) questa linea finalmente rimasta indietro, per mancanza di co-ordinamento; vari tentativi parziali sono in corso (per esempio a Napoli,presso il Centre Jean-Brard); per quanto riguarda lanalisi dei contenuti, irisultati sono stati anche limitati.

    Nel campo tipologico invece, i lavori sono stati tanti e, dopo decenni distudi, i risultati si vedono chiaramente, anche se rimane molto da fare. Quiconviene ricordare i vari settori:

    1. Le anfore euboiche sono state riconosciute sopratutto a Pitecusa.2. Le anfore attiche SOS, e le successive la brosse hanno unevoluzionetipologica abbastanza chiara se ci appoggiamo sullo spessore del bordo chediventa sempre pi sottile; il tipo SOS scompare allinizio del VI secolo.3. Le anfore corinzie sono ben conosciute per quanto riguarda il cosiddettotipo A di Carolyn Koehler (allieva della Grace); il tipo B, invece, propostadalla stessa studiosa in crisi e deve probabilmente essere diviso fra pro-duzioni di Corcira e vari produzioni occidentali (lavori in corso di GraziaSpagnolo a Gela e Messina, e di Jean-Christophe Sourisseau a Marsiglia).4. Le anfore di Marsiglia sono ormai ben conosciute sia al livello tipologico,

    sia per le argille; rimane in discussione la datazione dellinizio delle produ-zioni, il quale tende a risalire nel VI secolo.5. Le anfore della Grecia dellEst e del mar Nero, studiate gi dalla Zeest (1960)permettono di distinguere numerose produzioni (Mileto, Clazomene, Lesbo,Chio, Samo, ecc ...); recentemente lattenzione si sta spostando sulle produzio-ni del Nord dellEgeo (prototasie) con qualche ritrovamento in Occidente. IlMar Nero dovrebbe dare un contributo notevole nel futuro (Dupont).6. Le anfore laconiche sono ormai conosciute, sopratutto in Sicilia (Pelagat-ti).

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    7. Le anfore etrusche vanno classificate facilmente sul piano tipologico; ri-mane il dubbio sul luogo di fabbricazione dei vari tipi: solo la scoperta difornace consentira di andare avanti in modo decisivo. Altro problema riguar-

    da il legame con gli esemplari scoperti recentemente a Cartagine (Docter).Il lavoro fatto dunque tanto e numerosi settori sono in corso di stu-dio: certe forme anforiche non hanno ancora ricevute delle identificazionidecisive e appare sempre di pi la grande quantit dei centri di produzione,in Occidente come in Oriente: il che non strano ma riflette la strutturapolitica del mondo greco arcaico e il ruolo di ciascuna polis. Recentementeuna produzione stata individuata a Locri (Barra Bagnasco).

    I storici devono imparare ad usare il materiale anforario (GARLAN 1985;GRAS 1987) tenendo presente le numerose lacune delle nostre conoscenze,malgrado i progressi realizzati. Ma per gli storici, manca ancora un lavoro

    dinsieme sulle capacit di queste anfore. Questa capacit varia molto: certeanfore etrusche del VI secolo sono di 6 litri, altre anfore pi antiche possonosuperare 50 litri. Forse sarebbe il caso di non appiattire queste divergenzedietro la sola definizione di anfora: le variazioni di capacit , infatti, riflet-tono delle scelte tecnologiche ma sopratutto varie situazioni storiche. In par-ticolare il concetto di assistenza sembra poter essere utilizzato, in certicasi, pur con cautela (GRAS 1995).

    I relitti

    Dal 1955, con la scoperta del relitto del cap dAntibes, il concetto direlitto poco a poco diventato sempre pi centrale per la problematica nostra.

    Oggi, conosciamo una quindicina di relitti arcaici: ma nessuno statoscavato nel Mediterraneo orientale e tutti appartengono alla fase recentedellarcaismo: dalla fine del VII allinizio del V secolo A.C. Va dunque ricor-dato che non possiamo pensare di avere una campionatura valida delle naviarcaiche. In particolare lassenza totale di documentazione per la fine dellVIIIsecolo impedisce di collegare la problematica dei relitti con quella della pri-ma fase della colonizzazione greca.

    Vanno distinti i problemi del carico da quelli dello scafo.Il carico dei relitti si rivelato estremamente eterogeneo. La sorpresa,

    per, durata poco perch non si poteva aspettare dei carichi molto e siste-maticamente omogenei in un contesto storico come quello del commercioemporico. Prima di affondare e di diventare relitti, le nostre navi hanno avu-to un percorso con tante fermate; e ad ogni fermata, si comprava e si vende-va: cos ad un certo momento del suo viaggio, una nave arcaica aveva sostitu-ito completamente il carico di partenza (forse omogeneo, forse no) con tantipiccoli carichi, o addirittura oggetti isolati: e qui, si pensa alla dimensione dikapeleia, di vendit al dettaglio.

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    Va sottolineato che questa particolarit del carico arcaico impedisce apriori didentificare la provenienza di una nave sulla base della natura delcarico. Una nave greca pu essere piena di anfore etrusche e viceversa e ci

    ricordiamo le interrogazioni sulla nave di Antibes di fronte alla presenza diuna lucerna punica a bordo ...Il carico pone unaltro problema, non totalmente chiarito. Infatti, ac-

    canto alle anfore vanno quasi sempre segnalati dei vasi da tavola (coppe ditipo ionico, kantharoi etruschi, e cos via). Ora la spiegazione di tale presen-za, in chiave economica ma anche antropologica, non va da s: sia si cade inuninterpretazione economica di tipo modernistico e si interpreta la cerami-ca come un fenomeno di marketing (io mi rifiuto a tale lettura); sia ildiscorso diventa estremamente complesso: le fonti non ci dicono niente. Aquesto punto si pu optare per una lettura economica dov difficile fare la

    parte delliniziativa dei produttori, dei trasportatori e dei clienti (con il ri-schio di ricadere nel discorso modernista); sia si prospetta la lettura antropo-logica, con il richiamo alla funzione del vaso da bere, della libazione e del-lincontro di tipo omerico e ci si orienta verso una dimensione residuale diquesti vasi, ricordi dellalto arcaismo: ma devo riconoscere che questo nonspiega affatto la presenza massiccia di coppe di tipo ionico nel relitto dellapointe Lequin, sulla costa della Provenza. Solo uno studio molto fine di uncarico alla partenza consentirebbe forse di dare una lettura soddisfacente

    Lo scafo. Le scoperte recenti di Marsiglia hanno fatto molta luce sullaconoscenza delle navi arcaiche (POMEY1995). No mi dilungo su questaspet-

    to. Basta sottolineare limportanza della tecnica della cucitura che risalemolto indietro (Egitto) ma che appare estremamente diffusa nel Mediterra-neo arcaico. Se la nave di Bon-Porte massaliota e se la nave del Giglio greca, dobbiamo riconoscere che non abbiamo ancora la documentazionearcheologica relativa ad una nave etrusca o fenicia (almeno per let arcaica).

    In conclusione emerge sempre di pi la validit delluso della documen-tazione archeologica per la ricostruzione dei traffici arcaici. Ma una ricercasistematica di localizzazione e di scavo dei relitti porterebbe senzaltro a deirisultati importanti.

    Conviene per il momento andare avanti con prudenza metodologica,

    senza tentare di globalizzare troppo presto i fenomeni. In particolare emergesempre di pi la necessit di reperire delle fornaci di anfore arcaiche.

    MICHEL GRAS (*)

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