APRILE 1966 - O.N.P.M.I. · bioso e ribelle a Dio. E il ribelle per deviata na-tura, non trova la...

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MATER ORPHAJNORUM APRILE 1966 ANNO V NTTMKFO 4

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M A T E R

O R P H A J N O R U M

APRILE 1966

ANNO V NTTMKFO 4

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Sommario pag.

L'eco del Divino Maesrro • 97 Alleluja, Alleluja, Alleluia! iPadre Titol

Pensiero Mariano • . 101 Raccogliete i frammenh (Padre Semeria)

Alia Sorgenle 103

Parliamo lanlo di . . . . 105

Agenle 007 (Don Zeno)

Le parole di pielra . . . . . . . . 107

L'Asilo Infantile "San Giuseppe ' di Roccacassle (L'Aquila]

La pagina della carira • • • 110

Arte, culrura e vira I l l Guerra e Pace iRemo Di Giannantonio) Andiamo verso i poveri (Franco Volgimigli) La gioia della Kisurrezione (F D'Al

" A B C " del Crisrianesimo • 115 Pasqua... uguale a Venerdi Santo (Don Rodolfo Atzenii

Selaccio . . • . . . • 118

Diligenza vagabonda • 121 Le nostre bandiere (Fiorellol

La " S v e g l i a " 125 Buona Pasqua iDon Egisto Paluelli) leairo in Lollegio lGigino)

La nostra Crociela Mariana .

Echi dal noslro Seminario .

In coperrina - MICHELE DE GR/ iNDlS: L'Ufrirn* Ceno (studio). E I'Eucarislia fu ishtuite. NoHamo la inronsueta disposizione circolare dei Discepoli. Sullo sfondo domina imponente la figura del Divino Maestro. La vivacita dei color i , la forte luce, le Imee marcate, vogl iono ridare la drammahcita del momenlo supremo.

Imprimatur | NlCOLAUS CAVANNA, Ep. Reatinus Direttore Responsabile : Padre TITO PASQUALI

Autorizz. Trib. Roma Numero 8504 del 20 febbroio 1962 Sped, in Abb. postale Gruppo III

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NELLA GiOIA BELLA RESURREZ10NE

La nostra Paspa, dot MoJslastataii-molata. H a !

La creatura umana nasce per la gloia. Non possiamo noi pensare che il Signore Iddio crei pel dolore, no:

II dolore e una Iremenda eredila della colpa e perche e come noi, purtroppo, ne portiamo I'immen-surabile peso e un mislero dei piu fondi.

Prima della cadula la crea tura raggiava di felicila. E dopo la cadula ognuno anela ancora alia gioia, ognuno si sente falto per la gioia. P. G. Minozzi

CRISTO E' RISORTO! RISORGIAMO ANCHE NOI DAL PECCATO

Donated la gioia di elencarvi tra gli abbonati di EVANGELIZARE

O r d i n a r i o l_. I O O O S o s t e n i t o r e l_. 3 0 0 0

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Lire 10000 : Gaucci Giuseppe, Roma Di Fabio Palmerindo, Roma.

C o n M n u a

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Evany i'listi'n* KOLLETTINO MENSILE DELL'OPERA NAZIONALE PER IL MEZZOGIORNO U ITALIA DIRETTA DALLA CONGREGAZIONE RELIGIOSA DE " I DISCEPOLI" Direztone • Redazione - Amministrazione : Via dei Pianellari, 7 — Telefono 651409 — C. c. p. 1-9019

R O M A

L'ECO DEL DIVINO MAESTRO

Carissimi.

Pace in terra agli uomini di buona volontd! E il messaggio na-talizio. Dolce messaggio, pur-troppo non a tutti destinato dalla giustizia divina infalli-bile, ma soltanto agli uomini che vogliono la pace e ne tro-vano le vie con la sinceritd di cuore, con la forza della vo­lontd che corrisponde alle giuste e sante esigenze del cuore. La pace non si vuole, quando si cerca fuori dell'a-more e, disgraziatamente, la si fa poggiare su prepotenze insane, su rinate e peggiorate egemonie, delle quali la uma-nitdporta lestimmatesangui-nanti, che, nel peggioramento

Alleluja!

Alleluja!

cl. Alleluj

di oggi, non sono piu stimmate, ma distruzio-ni senza misure.

La pace! Questa la pace an-nunziata a Natale!

Allora la pace. Oggi, Pasqua, la risurr ezione .

La pace da Dio. La risur-rezione da Dio. Ogni bene da Dio. Solo da Lui, eterno amore ed eterna pace. Vincitore della morte, padrone della vita.

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Com,e eloquente San Paolo quando ci dice che se eon Lui, Gesu, crocijig-giamo la nostra came, con Lui dulla croce avremo la nostra risurrezione.

l\on venne forse per questo il b'iglio di Dio su la terra, in mezzo agli uo-mini?

La umanita non comprende. E non perche difetta di intelligenza. La uma­nita non vuol comprcndere: noluit intell igere ut bene agere. Non ha voluto. E venne il di-luvio. Non vuole e su di essa pende I'incubo della totale distruzione.

Dobbiamo piangere e nel pianto risentiamo le eterne parole: agli empi e negata la pace.

A che celebrate la Pasqua e il Natale se non comprendiamo quelle verita che, eloquentemente spiegano la tragedia del-I'oggi, quasi premessa e preludio di una tra­gedia peggiore di un domani che al solo pen-siero getta nelle anime una immensa desola-zione ?

Gli e che la superbia unia-na vela I'intelletto umano e rencle 1'uomo rab-bioso e ribelle a Dio.

E il ribelle per deviata na-tura, non trova la pace. Non Ilia in se stesso. Non la trova nel prossimo.

E Pasqua!

La Pasqua invito al ritorno a Dio!

Dobbiamo, in questa ricor-renza festosa, dobbiamo sentire affascinanti le amorevoli parole del Divino Risorto: venite voi tutti che siete affaticati e s tancbi , ed io vi ristorerd. Venite alle acque che ristorano e mettono le ali per salire in alto, a Dio, Dio di infallibile promessa.

Iddio promette la Face. Id-dio promette la vita, Egli che e pace e vita nelVamore.

Come andammo a Betlem-me pet adorare Iddio nascosto sotto le sem-bianze di un Bambino povero, cost veniamo

in chiesa ad adorare quello stesso Bambino che nelle sembianze uniane e morto in croce.

Ma bada-te che quel Morto ha vinto la morte. Ha deluso i crocifisso-ri. Ha rimosso la pietra. Ha disperso la guardia al sepol-cro messa dulla superbia e. stoltezza iintana. E risorto. ISon e piu morto: Iddio non muore! Egli ha trionjato e Irion fen) senipre, portando su la sua bandiera di risur­rezione, le fatidiche parole: Kgo vici 111IIIIiluin ! Ho vinto il morula.

Ricorda-le la promessa di San Paolo: Saremo con Lui anche noi vittoriosi della morte. Con Lui risorgeremo.

I'] dobbia­mo risorgere.

La risurre­zione e nella nostra volonta.

E un pole-re nostra.

E nel di sprezzo del mindo, checche lie dica il inondo che non cu-pisce questo linguaggio che incomprensibile al gavazza-tore del mondo come, ai stt-perbi del mondo!

Noi siamo i ftgli di Dio. Noi siamo i ri-scattati di Dio. i\oi amiamo la vita.

La voglia-mo trionfatrice.

E saremo trionfatori noi tutti.

A b b r a c -ciati alia Croce di Chi Irion-fd della morte, andremo sic/-

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1/ Angelo del la R i s u r r e z i o n e

T e m p e r a di A l f r e d o M o r i

Amatrice (Ilieti) - Istituto Maschile " Padre Giovanni Minozzi'

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ti,portati dalvento delVamo-re, avvolti nella bandiera che il Risorto Divino lascio su la tomba scoperchiata, a testi-moniare ai buoni e ai mal-vagi, che Egli e Dio il Risor­to Divino.

A testimo-niare che Dio e il Dio delle infallibili promesse.

sua vittona.

vittoria.

Ha promesso e realizzala la

Ha promesso a noi la nostra

Sara Lui a potenziare la no­stra volonta e dare a noi le ali della etcrna

risurrezione.

miei can.

Eccovi la B u o n a Pasquu,

R i s o r g e r e m o !

PADRE T I T O

£a veritd! ~i

£a vita!

Ha sofferlo per chi il noslro Reden-tore Divino? ...

Anche per me, senza alcun dubbio. E quanle grazie mi ha (alio sinora il

il Signore benedello? Infinite, certamenle. Lo so con certezza. Purtroppo pero io non sono di quei

figli devoli che amano veramenle Gesu, fa-cendo a Lui sentire la verita del mio amore filiate, accoslandomi un po' a Lui nel Get semani, rivolgendomi esclusivamenle a Lui, per apprendere e sapere la Verita, andan-do senz'allro a Lui per avere la vita che mai non muore. Egli certamenle non ci respinge. Solo da Lui possiamo avere le grendi doti che ci mencano per vivere bene, come ai figli di Dio si conviene, umilmenle, a imilazione del suo Cuore Santissimo, caritalevolmente, secondo I'inesauribile suo Amore, avendo la [orza di vincere il mondo fallace e le sue ingannevoli passioni, con intrepida fede, avendo sempre fresche le mirabili energie dello spirilo.

Egli e il Signore di lutto e di tulti, il Padrone nostro assolulo, il Tesoro che mai avra fine. Tante voile I'uomo smarrisce se stesso. e non puo trovare che il nulla e la vanita delle proprie sole sue forze, perche oppresso e divorato dal suo povero egoismo. L'uomo non ha i pensieri di Dio, non vuole averli perche gli pesano, e allora il suo cuore non e nella verita e non vive di vera vita, cioe di amore, cioe di Dio. La fiacca volonla umana si invilisce sem­pre di piu, passa in uno stato comatoso, senza piu la nostalgia di vivere per godere la vera felicila, avvalorata dalle eterne speranze. II Signore ci offre infinite voile I'occasione di do-nare Se stesso a noi, bussa di conlinuo, con ineffabile dolcezza, alia porta del nostro cuore, Egli, il Divino Pellegnno d'Amore, per illuminarci della luce che splende [ra le lenebre, e darci vita e calore nello spirito. Siamo noi che non vogliamo fermamenle sperare in Lui, nel suo mirabile perdono, nella sua pace immortale, perche non sappiamo apprezzare il suo amore ardente per le nostre anime, Amore senza dubbio piu ardente di quello con cui noi abbiamo inleso e intendiamo amare noi slessi e le nostre cose, immiserendoci e intristendo nella colpa. I nostri difetti, che per allro lulli abbiamo, si sono affermati e forse ingiganlili, lonlano dalla Verita e dalla Vila; le stesse nostre quelila non ci hanno fatto acquistare meriti aventi al Signore, perche non abbiamo resorizzeto i talenti ricevuli e non abbiamo avuto la indispensabile umilla per vivere cristianamente. Noi desideriamo solo ardentemenle realiz-zare sogni umani di orgoglio e di ambizione, vogliamo solo essere ammireti ed onoreli dal prossimo, prelendiamo sgravarci di ogni minimo giogo del Signore e non abbiamo in Lui fi-ducia, non abbiamo speranza in Lui come I'abbiamo senza riserve in noi.

Da chi siamo andali, o fratelli, da chi vogliamo andare, se non a Lui, il Divino noslro Maestro, che solo ha parole e opere di Vita? ...

F. D'A.

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PENS1ER0*MARIANQ r *

Raccogliete i Irammenti

La carina della Madonna — povereUa Essa pure — doveffe svilupparsi, esercitarsi proprio cosi, con delle briciole, con dei nonnulla. Fu una diligentissima raccogli-frice di briciole. Aveva grande il cuore, povera donna la Madonna! a-veva grande il cuore e piccola la borsa, che e il v e r o t o r m e n t o dei cuori grandi. Avrebbe voluto soccorrere tulte le miserie del mondo, e non aveva di che soc­correre le piu sfridenti.

Chi sa, forse quando Gesu richiamo sulla po­vera vedova (per la mo-nefuzza che offriva) I'at-tenzione dei suoi disce-poli, forse penso alia pia sua Mamma, forse ricordo scene vive della sua infanzia e giovenfu nazarena, q u a n d o la Mamma faceva (esoro di lufro per conrentare i poverelli, i miseri che

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soslevano ploranli dinanzi alia porta della caselta noloriamenle ospilale e be­nefice.

Per amor di Maria raccogliele briciole, dale briciole ai nosln orfanelli. La paro­

le (raccogliele i |rammenli) chiude il racconlo della molliplicazione dei pani.

Dio e generosissimo e rigidissimo. Non nega i pani, ma non vuole sciupale le

briciole. Dona quel I i con geslo divino, con pio geslo raccoglie, |a raccogliere

quesle.

Ma e parola tanto opporluna per noi, nel campo della carila, della cariia vera che e la operosa, quella che fa e da. Ce n'e della carila nella Chiesa, oh si! rin graziamone Iddio, ce n'e. II miracolo della molliplicazione canlalevole del pane conNnua. Ma ce ne sarebbe di piu se raccogliessimo le briciole. Sicuro! Quanli, sapendo di polerne fare poca, pochina di carila, non ne [anno addirillura nulla. Son briciole, dicono, bulliamole. Ma quanli dicono lo sfesso, e quante percio sono le briciole. E quanli pani ne verrebbero fuori se quelle briciole, quei d ie possono, non le disperdessero!

Pensi a cio ogni lellore di quesle pagine, e le rilenga rivolle a lui, proprio a lui quesle parole. Raccogliele le briciole per i noslri orfani, lulio cio che si bulla, si disperde, si disprezza ve ne scongiuriamo.

Padre Giovanni Semeria

G E N E R O S I E M I S E R I C O R D I O S I

Deus, qui dives est in misericordia, propter nimiam charitatem suam, qua dilexit nos, cum essemus mor-fui peccatis, convivificavit nos in Christo-

E/es. 2.

Eravamo morti nel peccato, flgliuoli, e Dio ci richiamo alia Vila, ci riscllevo alia luce del suo regno per I'immensa carita ond'arde, per la sua misericordia senza fine. Ricordiamolo sempre, cari, ricordiamolo per contracambiare com'e possibile tanta infinite d'amore; ricordiamolo per ricopiare in noi il gesto divino.

Dives in misericordia! Come Dio e ricco di misericordia, come Dio e generosamente misericordioso, com'e tenero con tutti, soave con tutti, instancabile, inesauribile nel suo eterno donarsi, cosi noi, figliuoli miei, dobbiamo diventare con i fratelli del mondo, con tutti, flno a porre alio sbaraglio I'anima nostra per essi, fino a inabissarci nell'oblio per essi.

Generosi e misericordiosi sempre sempre sempre!

P a d r e G i o v a n n i M i n o z z i : Buona not re! P a g i n a 196

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(^SSa^u^tojm^

1 0 M A G G I O 1 9 2 3

I n a u g u r a z i o n e )

Giornata che scriveremo a lettere d'oro negli annali modestissimi dell'Opera nostra Scrivo mentre su i «:uiiipi di Sparanise tramonta il mite sole primaverilc e in quello che fu |)rima campo militare, poi Orfanotrofio maschi-le di guerra amministrato direttamente daII' "Opera Nazionale pro figli dei Con-tadini morti in guerra", ed oggi Orfanotrofio femminile agrario affidato alle nostre cure, si aggira il popolo di Sparanise sereno, lieto, come se fosse in casa sua. Stamane S. E. Mons. Vescovo di Teano lo zelantissimo VIons. Licata ha dato la Prima Coniuiiione e la Cresima a ventitre Orfanelle, poi ha benedetto i locali sui generis che formano questo quasi villaggetto orfanile. Le Figlie di Maria del paese hanno cantato divinamente bene. Bravo il Parroco di Sparanise, bravo,

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bravo ! Ora si raccolgono i l'rutti del l ' insegnamento musicale impart i to nel Semi-

nario niente meno che da Mons. Casimiri . Canti belli insieme, belli nel decoro

di una processione svolgentesi ordinata per i viali limitrofi della terra dissodata

laboriosainente dalle Pie Snore per i frutti novelli. K il Vescovo passo benedi-

eendo alia folia, ai bambini , ai prati , alia casa, a tut to, a tut t i .

Lo aceompagnava un deputa to , il solo che nelle innumerevol i oc-

cupazioni a cui S. E. I 'On. Mussolini condanua i suoi colleghi della Camera, ha

trovato il t empo di venire qui dove non si fa e non si fara politico. Diciamo il

no ine : Bonacore, onorevole davvero! Era commosso e parti subito, ma dopo

la funzione inaugurale sacra. JNon c'e il Prefetto assorbito anche lui da altre oc-

cupazioni piii gravi. Che cosa contano i figli dei nostri Eroi? C e r a il buon Sin-

daco di Sparanise malgrado una dolorosa infermita; c 'erano i suoi Colleghi di

Amminis t razione, c 'erano i Membri del Consiglio Provinciale. E tutti ebbero

parole di incoraggiamento.

Tutt i e tra questi il Barone I)e Kenzis, gran signore del luogo vo-

gliono la trasformazione, l 'assodamento, vogliono che noi comperiamo. Oh i de-

nar i ! Come si diventa avidi quando si vede il bene che coi denari si puo prepa-

rare (non fare).

Le buone Suore sono state soggetto d 'ammirazione universale.

Le Snore della Sacra Famiglia le volenterose agricultrici, che poi

educano Orfanelle e Giovanette del paese con le abilita stesse con cui coltivano

i campi. Dopo pochi mesi la campagna non e piu quella e le Orfanelle hanno

fatto stupire il popolo con la loro recitazione.

Le Orfanelle? ... proprio il 10 Maggio la Provvidenza ce ne man-

dava tre. Un part icolare: una aveva dovuto farsi imprestare le scarpe per venire

a Sparanise e la prima funzione delle Suore fu di calzarla perche i parenti potes-

sero r ipor tare a chi le aveva prestate le scarpe della poverta!

PADKK GIOVANNI SEMERIA

Pubblicato sul Bollettino *' Mater Divintp Providentiae - Mater Orphanorum" del fjiiifino 1923

Non si possono sfrappare pagine da/ //bro della vita, ma e necessar/o saper voltar pagina ... e ricominciare a vivere.

R Bazin

Iddio esiste anche se il mondo lo nega e la verita esisfe an­che se non ha I'appoggio del potere. Si sostiene da se.

Gandhi

Chi ama non cerca mai se stesso. Quando uno cerca se stesso, allora comincia a non amare piu.

Tomaso da Kempis

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Padre Malachia e un bel tipo di Cappuccino che, aiutato dai suoi due Con-f ralelli, e riuscito con un lungo e paziente lavoro, a trasformare la Parroccbia a lui affidata in una « Parrocchia modello ». II Vescovo, i Superiori, i fedeli sono entusiasti : Padre Malachia, col suo zelo illuminato, tempestivo, moderno, ot-tiene tutto il bene che vuole. Egli pero ha una grande spina nel cuore: Gerva-o il sacrestuno, che da lunghissimi anni presta servizio in parrocchia, e l'unico, tru tutti i fedeli, a disertare il Precetto Pasquale. Padre Malachia ci soffre tanto, ha tanto diseusso con lui portando tutti gli argomenti piu persuasivi, ma Gerva­so si trincera in quest'unica risposta : « Io non ho peccati e percio sono a posto con Dio e con tut t i : non ho bisogno di confessarmi ».

La Pasqua, anche quell'anno, era imminente; i buoni frati preparavano il terreno ormai docile dei loro filiani: unica eccezione alia regola era Gervaso. Padre Malachia non si dava pace.

Dai giornali, da alcuni ii 1 ins proietlati nella sala parrocchiale, fece cono-scen/.a con James Bond il notissimo « Apente 007 » capace di sventare le trame piu scabrose, <li sciogliere le matasse piu arruffate. Da uno di questi films: « Dalla Russia con amore » prese uno spunto originale, che mise subito in azio-ne, come se egli stesso fosse « l'Agente 007 ». Chiamo Gervaso, gli espose il progetto di dare una bella ripulita ai muri, ai cornicioni, agli angoli piu alti della vasta Chiesa e specialmente a rimettere in ordine la nicchia che conteneva il Santo Protettore San Pantaleone. II vecchio sacrestano preparo scala, corde, strofinacci e si mise all'opera sotto la guida e con l'aiuto del buon Padre Mala­chia. Qui si trattava di scoprire e di persuadere Gervaso se anch'egli fosse un peccatore come gli altri per indurlo all'aborrito « Precetto Pasquale*.

L'operazione piu delicata e difficile era di rimuovere dalla nicchia e far scendere sul pavimento San Pantaleone, per dare agio a ripulire tutto per bene. La nicchia era ehinsa a chiave. Si era sul inezzogiorno. Padre Malachia stava su!la scala. Quando Gervaso fu dentro tutto intento al suo ufficio, il buon Padre chiuse a chiave la nicchia, scese rapido la scala, sali sul campanile e ... « don, don, don » : campana a martello a piu non posso. In un baleno torno in Chiesa, rimosse e abbasso la scala e Gervaso, interdetto e intontito, resto chiuso nella nicchia. La gente sbigottita a quel suono insolito, accorse in folia e stipo le am-pie navate Padre Malachia sali sul pulpito e, indicando la nicchia, disse: « Oggi e avvenuto un grande miracolo : San Pantaleone e sceso giu a terra ed al suo posto c'e un altro santo ...; pensate: in tutta la sua vita non ha commesso mai un peccato. Inginocchiatevi e venerate ».

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Tutt i , col naso al l 'msn, r iconobbero Gervaso d i e gesticolava dielro il vetro della niccliia dicendo parole incomprensibi l i . I coiniiicnti dclla folia furono n-n a n i m i : « Gervaso un sari to'! E (juante volte 1'ho sentito besteuiiuiare ? E (juan-te volte ha rubato 'i Quaute volte *'e ubriacato ed lia piccliiato la mobile V E du­rante la guerra, noti fu discrtore '( E ehi lia rovinato la figlia di Pasijuantoiiio '! ».

Si alzo la scala. ^i apri la niccliia. Gerva«o sci-sr, nientre continnava la l i tania. Padre Malachia lo aspettava in fondo alia ,-cala. Gervaso lo guardo stra-lunato , si inginocchio per terra, mor inorando a pin r iprese : •> Ancli 'io -ono peccatore, ancli ' io sono peccatore. Non sono un santo. nia un diuvolo*.

Quel l ' anno fu il priino al Frecetto Pa-tjualc.

L'Agente 007 aveva conipiuto 1'iinpresa piii grande della Mia car r ic ia : ave va l iberato iin'aniiua dal peccato.

I )o \ Xi- \<>

Per gentile segnalazione del SIG. CAV. GII 'SKI 'PK AI I I -HAMM,

apprendiamo dal giornale •\.\ VT1 A CASA1.ESE " quanta

segue:

DON VALENTINO VERRUA . CAVALIERE DELLA REi'UllHLICA .

Soltanto orn siamo venuti a conoscenza, (lie il I'residenie della

Repubblica in data 27 dicembre 19(>5, si e compiaciuto disporre il con-

ferimento delVonorijicenza di (,araliere al Merita della Repubblica I-

taliana al Sacerdote Don Valentino Verrua, I'ieiano e I ieario Voraneo

di (.amino. 1/alto riconoscimento e stuto concesso, net quadra delle ce-

lebrazioni del ventennale della Liberazione, per ricordare la eoraggiosa

opera svolta durante la Resistenza dal Don Verrua, allora Rettore di

Piazzano. Egli. incurante di ogni pericolo, si prodigd con vera caritd

cristiana, oltre ogni limite, net soccorrere tutti colora che I'ora della

prova aveva poi tato a bussare alia sua porta, senza distinzione di colore

o di religione, lieto di donate tutto per amor di Dio e del prossimo.

UOpera, la Famiglia dei Discepoli e, sopruttutto, i suoi vecchi a-

lunni si compiacciono del riconoscimento ujficiale, assicurando il buon

" direttore " di un tempo purtroppo ormai lontano che I'affetto e la gra-

titudine che nutrono per lui lo f'anno, ai loro occhi, non un ('araliere

della Repubblica, ma tin Paladino delle anliche virtu, bonta, sacrijicio,

altruismo, dedizione completa in name della cristiana caritd.

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Hi' fiii'icU' di itiet'tri

Asiio infantile "San Giuseppe" d i r e t t o d a l l e

Snore Figlie di Maria Santissinra M a (I re dell a 1) i v i n a P r o v \ i d e n z a

e del Buon Pas to re R O C C A C A S A L E : (UAQUILA)

Roccacasale e un caralleristico paese d'Abruzzo, in Provincia de L'Aquila, Diocesi di Sulmona, su la strada Nazionale Tiburlina, proprio al punlo in cui dal-la Tiburlina Valeria si forma un braccio di strada che andra fino a Napol i , la via aperla piu di un secolo e mezzo fa da Gioacchino Mural, I'infelice re di Napol i che pure ebbe dei merili nel governo breve di quel Regno.

Caralterishco, perche aggrappato al Morrone, a nove chilometri da Sul­mona, di fronle a Pralola Peligna e Corfinio, in un pendio che sconcerla il visi-fafore, se alza gli occhi ai piedi di questo borgo, costringendolo a sospirare considerando I'ascesa faticosa che termina con un castellaccio diruto ove solo le aquile possono fermarsi, se fermar si possono. Volto all'occidente si prende il sole di lulto il giorno, freddo d'inverno, infocalo d'esfale, esposlo ad ogni

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venfo. Solto pero, guardando da ogni punlo dell'erta e difficile salita si spiega tutfa la pianura solcata dal Gizio e dall'Alerno, la irrigua piana che si estende ubertosa di vigneti e di legumi, da Pettorano sul Gizio a Popoli, comprendendo Sulmona, la patria di Ovidio, Pacenlro, Introdacqua, Prezza, Pratola e Corflnio, la gloriosa capitale della storica Lega italica ribelle a Roma.

A meta dello scosceso pae-se sorge ora il nuovo Asilo tanto desiderato e felicemente realizza-to, uno dei tanti sogni del venerato Padre Minozzi.

Anche questo Asilo ha dato filo da lorcere per la sua realizza-zione, veramente faticosa, per le in­finite pratiche burocratiche di fraf flco tra un ufflcio e I'altro. Siamo al secolo della scienza che tulti sor-prende,- ma le cose umane e le pre tiche, invece di semplifcarsi, diven-tano ogni giorno piu inlngate e tor-mentose.

La vittoria pero e sempre Hi chi non si arrende e tenace sfida ogni muro ed oqni assalto. Ed e co-si che anche Roccacasale ha il suo

Asilo nuovo, bello, ndente e civeltuolo, sospiro del popolo roccolano.

Popolo buono ed operoso che ne ha sentito sempre vivo il bisogno, spe-cialmente da parte delle buone mamme che, addette alia casa e occupate anche nei campi, dovevano alle volte trascurare i bambini o lasciar soli i propri uomini nella dura fatica dei campi.

Ora I'Asilo c'e e il popolo, con le Auforita civili ed ecclesiastiche, e fero e contento della provvidenziale istituzione che rinnova dalle fondamenfa e dai cardini un paese qualunque esso sia. II bambino educato dalle buone Suore in quella eta tenerella si abitua presto alfordine, alia disciplina, al lavoro, alia reli-gione ed alia civilta. E quei fondamenti piantati in anime tenere si ergono polenli nella vita, restano forti e indelebili: guida sicura del domani dell'uomo.

Ed e, nell'Asilo, una educazione semplice, materna, amorosa direi inle-ressata da parte delle brave educafrici, le Suore, le quali rinunciano generosa-mente al matrimonio per amor di Dio e dei fratelli bisognosi e diventano per mis-sione madri premurose di estesa figliolanza.

Dirigono I'Asilo di Roccacasale le Suore Figlie di Maria Santissima Madre della Divina Provvidenza e del Buon Pastore, che hanno origine sarda e sono ben

R o c c a c a s a l e ( L * A q u i 1 a ) Uno srorcio dell edificio delVAsilo infantile

" Sin Giuseppe

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note a Roma ove tanta shma gode la loro assistenza ai bimbi, ai vecchi, a quelli

che si affacciano alia vita, a quelli che al mondo della vita stanno per dare I'addio.

Le ho viste liefe, queste creature di Dio, una sera gelida. Ho trovato tutta

la casa piena di buoni popolani intenti ad aiutare a metterla a posto.

R o c c a c a s a l e ( L ' A q u i l a )

V n g r u p p o d i bambini i n s i e m e a I I e S u o r e

Tutta gente buona, premurosa per i propri bambini. Bravi e fra i bravi it nostro ex Vittorio De Grandis, Vicesegretario, che dirige la operazione con tutto garbo. Per I'Opera si getterebbe nel fuoco. Bravi tutti.

Le Suore naturalmente sono contenteesi incoraggiano alia loro missione che eserciteranno con profitto e (rutto a Roccacasale, agendo cosi non sui bimbi soltanto ma su le mamme e sui babbi, su tutte le [amiglie recandovi la buona pa­role e I'esempio di vita evangelica.

E alto, per loro, salira a Dio il ringraziamenlo e la lode.

T.

La via per ragg/ungere il Vero non e percorsa dal solo intellelto, ma dall'uomo intero: menfe e cuore.

Sant'Agostino

Quando Iddio cancella, signified che vuo/e scrivere qualcosa nel-la nostra anima.

Bossuet

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-Lit i*titjiiifi dvllti Cu'iitii

•'S%m $WB-Bfc£e.i/.

All'Ufficio di Milano

Tulli i piaceri finiscono in una piu o meno amara delusione; la carila sola non disilludemai.

( P . M i n o z z i )

Meglio essere virluosamenle rilardatari, mage-ri relrogradi. che essere egoisficamente moderni.

( P . S e m e r i a )

Luigi Sa lva to re l l i Roma Klio De Angel i s K o m a E m i l i o Bissou I i d i n e Aldo Loy Ascoli l'i A l e s s a n d r a Kissone T r i n g a l i Koma Esa t t o r i a C o m u n a l e S iena O s p e d a l e O n a r m o Tr igg ianc S a l v e m i n i T o m m a s o Koma Rose l l i M a r i a Koma G i n o B u t i Koma A l b e r t o S p a i n i Koma T u c c i m e i F i l i p p o Koma H i d a l g o C o s t a n z o Koma Al f r edo M a g n a n e l l i Koma M a r i a M a r c h e s i ved . C a m p a n e l l a Ala»siii Ross i E n r i c o (; va Galass in i E n r i c o Mi lano Belli G i o v a n n i Mi lano Si lvana Radic i B o n a / z i Verona D i t t a Loca t e l l i l . e t co C. iVletallurgica I.. R U M I Bergamo Mo' Modes to INovara ( ,)uintavalle K r u n o Mi lano KAI - R a d i o t e l e v i s i o n e I t a l i ana Mi lano C o s t r u z i o n i A e r o u a u t i c h e Varese B a r b i e r i P i e t r o Genova I s t i t u t o B a n c a r i o SAN P A O L O Torino Anna B o r l e t t i Mi lano Luig i Vinc i Koma

1(100(1 10 00(1 10 00(1 10 000 10 00O !l 000 5 00(1 5 ooo 5 000 5 000 5 000 5 000

10 00(1 10 000 10 0(1(1 5 000 5 (.00 :, ooo .". 000 r> ooo 7 000 r. ooo r> ooo .". 000 5 000 5 000 5 000 r> ooo 5 000

All'Ufficio di Roma

Emi l io Vog l ino I . e a n d r o I a p a d r e G i u s e p p i n a P a s q u a l e Raffaele Ciasca G i u l i a Mino/./,i Al f redo Tozz i Goffredo P o n g i g l i o n e Mar ia A l b e r t i n a Soveso Alfieri Di G i u l i o Raffaele Cesa r in i

M o n t e r o s s o a l M a r e 1 . 10 000 L'Aquila Pietracatella Koma Koma L'Aquila Genova Lecce Roma Koma

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10 000 500

30 000 5 000 5 000 1 COO

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Arte, E i l t i ra e l l i t i

Guerra & PACE Pare che I'uomo sia stato creato

per la guerra; questa generale voca-zione ha elettrizzato in ogni epoca Vintera umanitd, che non ha potuto mai deporre i suoi strumenti di di-struzione.

Ogni era, naturalmente, ha avuto un particolare tipo di guerra. La no­stra, che si snoda sotto il segno di una civiltd giunta ormai all'apice della perfezione. sta combaitendo la guer­ra della pace. " Offensive di pace ", " Marce della pace ", " Digiuni di pace ".

Abbiamo guerre di ogni genere, tipo, colore e temperatura; gid, le no-stre guerre posseggono anche doti ter-miche: sono " fredde"" o " calde'', a seconda dello stato d,animo di chi le combatte. Imeressa solo che I'obietti-vo sia unico: la pace.

Tanta e la foga che mettiamo in questa generosa gara per raggiunge-re Vobiettivo, che di tanto in tanto ci scontriamo con i nostri concorrenti in modo cost brusco. da compromettere I'esito stesso della guerra.

II mondo di oggi e popolato di combattenti per la pace; non c'd co-lonna. di giornale, che non citi questa suggestiva parola; non un discorsopo­litico in cui essa non ricorra almeno

venti volte; in nessuna pubblica con-ferenza e omessa; non esiste cannone che non spari per la pace.

II contorsionista nel bar, melanconico

e zingaro, si alza di colpo

da un angolo e invita a un rapido

spettacolo. Si toglie la giacca

e ncl maglione rosso curva la schiena

a rovescio e afferra come un cane

un fazzoletto sporco

cen la bocca. Ripete per due volte

il ponte scamiciato e poi s'inchina

col suo piatto di plastica. Augura

con gli occhi di furelto

un bel colpo alia Sisal e scompare.

La civiltil dell'aromo e al suo vertice.

S a l v a t o r e 0 u a s i in o d o

Eppure, la pace non c'e. Non e certamente pace quella in cui uomini cadono uccisi da altri uomini; ne quel­la in cui gruppi di armati si guardano

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in cagnesco, da posizioni contrappo-ste, accanto a cannoni carichi o a de-positi di bom.be alV idrogeno. Non e pace quella predicata da chi, per ri-solvere qualsiasi problema, non cono-see altra via che la lotta.

Personalmente, ho Vimpressione che, da mille balconi affacciati su di un'unica piazza, mille or atari urlino contemporaneamente per vendere lo-ro ricette di pace. Tanto e il frasluo-no, che il povero uomo sulla piazza, non afferrando neppure una parola, resta privo del piacere di otlenere cid che tutti gli vogliono dare.

Una cosa non comprendo: come mai V Uomo (dico V Uomo in cui si condensa Vintera razza) non si accor ga dell'enorrne turlupinatura delta quale egli e, a an tempo, autore e vit-tima.

Duemila anni fa, in nn mondo immerso nel fragore delle armi e stra-ziato da guerre di dominio, in epoca in cui gli uomini si dividevano in sog-getti ed oggetti, fit annunziata la vera pace agli uomini di buona volonta.

Trentatre anni dopo, VAutore di questo sospirato dono chiudeva il suo ciclo terreno lasciando agli uomini la sua pace. Ma la pace e veritd e la ve­ritd e luce, quella luce che gli uomini " non compresero ".

Non esiste altra pace. E per con-quistarla, non occorrono guerre ma soltanto buona volonta.

R E M O D i GlANNANTONIO

St't>uendn hi Cliir.si nel suo slanoio ccuoieiiiei) + *

ANDIAMO VERSO I POVERI

Dall 'uno all 'altro degli uhinii t re Concili della Chiesa si riscontrn una part icolare continuita .

II Concilio di Trento ha volu-to r ieondurre i Sacerdoti alia castita perf'etta; il Vatieano Pr imo alia obbe-dienza accet tando il pr imato del Papa; il Vatieano Seeondo vuol r ipor tare la Chiesa alia poverla evangelica.

Motivi teologiei e pastorali e-sigono quest 'ul t ima riforma.

La Chiesa e prolungamenlo ilel mistero di Cristo. Kgli ha compiuto la Redenzione passando attraverso la p<>-verta, poverla reale: « II Figlio del-l 'uorno non ha dove posare il capo » La sua vita terrena ebbe inizio nello squallore di una mangiutoia e si con-eluse nell 'atroeita e in'lla poverla e-strerna della croee. I*,ra spogliato di tut to . Sofferse la lame, la fatica, la perseeuzione e I ' incomprensione.

A l i the nel volto della Chiesa deve r isplendere il volto di Cristo sol-ferente. Ha detto il Papa Paolo VI : « Bisogna che l iberiamo la Chiesa dal manto regale che da seeoli e stato get-tato sulle sue spalle ». II manto rega­le del potere politico e stato gia tolto. Da (juel momento la Chiesa ha acqui-stato molto prestigio nel mondo. Pero

r imane ancora qualcosa che la fa rassomigliare ad una potenza temporale , terre­na. La Chiesa e apparsa ricca e facoltosa; percio i poveri si sono sentiti tanto diversi da essa e si sono al lontanat i .

Se la Chiesa quindi vuole estendere i frutti benelici della Redenzione in mezzo ad essi, che rappresentano la maggior parte della unianitd, deve seguire la stessa via che ha seguito Gesu. Solo un euore povero pud evangelizzare i poveri.

Non e detto pero che la Chiesa debba essere spogliata di ogni bene. II de-naro ci vuole. Deve erigere scuole, ospedali, convent i , orfanotrofi. Pero non bi-

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sogna porre in esso la finalita del proprio agire. ma servirsene esclucivamente per il bene. Deve essere un mezzo e non un fine.

La Chiesa, i Saeerdoti nella Chiesa, devono vivere una poverta di spirito e reale e devono avere un particolare amore per i poveri. Gesu ha avuto per essi una grande predilezione. Si e f'atto operaio come loro, si e anzi voluto nascondere in loro, identificarsi con essi. 11 povero e la certezza della presenza di Cristo: « Qualunque cosa avrete f'atto ad uno di questi, l'avrete f'atto a me ».

Poveri con i poveri dobbiamo essere, solidali con loro; fare proprie le loro sofferenze; sollevarli, offrendo ad essi una dottrina sociale, la vera dottrina sociale che rispetti la loro persona e li liberi dalle iiigiustizie; consolarli, portando ad essi un messaggio che valorizzi le loro sofferenze, un messaggio che li redima nel tempo e nella eternita.

Kcco la bella e preziosa perla che deve risplendere nella Chiesa: la pover­ta e l'amore ai poveri. Rif'orma coraggiosa, ma tanto necessaria.

FRANCO VALGIMIGLI

/ 'g^m La nostra vita e un dovere chiaro e preciso, J ;lMi ma, specialmente per un cristiano, degno di questo

nome, non e dovere penoso e gravoso.

. . Gesu, di cui noi siamo seguaci e a cui noi ft I fa I ft siamo uniti per innesto nel mirabile Corpo mistico, \Jf*JKjlj\jlj e sempre il nostro divino Consolatore, ramabile no-'-* stro Salvatore. Egli e la Via sicura, Tassoluta Veri-

I I I ta, la Vita per eccellenza, la Vita nostra dello Spi-flliDlilifjUl rito> Colui nel quale ci muoviamo e siamo, acqui-\JUV-, Ll/lyt/ stando la pienezza del vero gioire con la sua grazia,

^_^ con la vittoria su tutto quello che e ombra di morte. /IJ *» I* lm *-\ Cristo, gioia di splendore della gloria del Padre che I I ill/) I Mi tl I/I*/ e nei Cieli, vince la morte, per donare a noi la gioia

della pace, la pace della gioia proveniente dalla no­stra risurrezione. Noi, partecipi dell' ineffabile sal-

«̂ . y^ -.— ^-j vezza universale e individuale dei Cristiani, siumo fi/lj'U^I/ljry dei piccoli rigagnoli di letizia, che andiamo a finire

nel fiume del gaudio di Gesu benedetto, per sfociare — • nell'oceano inlinito delTeterno amore di Dio, dove

" il gioir s'insempra " . La vita nostra quindi, che in Cristo e per Cristo Risorto e mossa, pud essere un ri-flesso dello splendore della gloria, che il Padre cele­ste gode per se e fa godere alle sue predilette creature.

II dovere nostro e quello di essere tutti perennemente in unione con Gesu Vittorioso, lodandoLo e amandoLo sempre, dovunque offrendo a Lui il nostro piccolo quotidiano sacrificio, in assoluta semplicita, supplicandoLo di farci gu-stare la cristiana gioia del vivere, con la certezza dell'immortale doroani, che ci attende. Quando sulle nostre labbra fiorisce la lode di Dio sommo Signore, ne si affievoliscono nel nostro cuore le speranze della eternita, allora siamo persuasi del suo immenso amore per noi, che non siamo lasciati orfani sperduti nel mon-

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d o d e l l a i n i q u i t a , c o m e a v v i e n e p u r t r o p p o t a n t o spesso pe r le p o v e r e c r e a t u r e in

p r e d a a l i o s t o l t o o r g o g l i o e a l i o s c o n f i n a t o e g o i s m o .

C h i e s o r r e t t o d a l l a b u o n a v o l o n t a di r i s o r g e r e c o n t i n u a m e n t e da l t o r p o r e s p i r i t u a l e , polar iz / .a il c u o r e e l ' i n t e l l i g e n z a v e r s o C o l u i , c h e h a v i n t o g lo r io sa -m e n t e la m o r t e p e r s e i n p r e , p e r d o n a r e a no i suo i figli la g io ia s a n t a de l l a p a c e , la p a c e s a n t a d e l l a g io ia .

N o n u n a c o n s o l a z i o n e e f h m e r a s e n s i b i l e d e v e p r e i n e r e il b u o n c r i s t i a n o n e l v o l e r r e a l i z z a r e la g io i a d e l l a s u a v i t a , m a l ' i n t i m a c o n s o l a z i o n e d e l l a p a c e d e l l ' a n i m a , ne l c o n t a t t o m a i i n t e r r o l l o c o n D i o , n e l l a d e s i d e r a t a vi ta de l l a g r az i a , c h e d e v e s e m p r e farci g r a v i t a r e a t t o r n o a C r i s t o R i s o r t o .

La sua R i s u r r e z i o n e e la n o s t r a g l o r i a . E g l i , il D i v i n o V i t t o r i o s o a i n a b i l -i n e n t e ci e s o r t a e ci p u n g e e ci so l l eva , p e r d o n a n d o c i c o n i m m e n s a g e n e r o s i t a e i n c o r a g g i a n d o c i a s s i d u a m e n t e a r i n s a l d a r c i n e l l a n o s t r a m i r a b i l e f'ede di v i v e r e il g a u d i o de l v e r o n o s t r o t r i o n f o , c h e e il t r i o n f o m i g l i o r e , la v i t t o n a de l l a v e r a l i b e r t a , c h e si a r m o n i z z a a l ia i nde f ' e t t i b i l e g io ia , c h e m m t r a m o n t a , n e l l ' a r m o -n i a d e l R e g n o di D i o .

L o n t a n o da l H i s o r t o , la d e s o l a t a e d e s o l a n t e r o v i n a d e l l a m o r t e .

C o n Lu i la v e r a fe l ic i t a , il p e g n o s i c u r o d e l l a sa lvezza ,

... per la virtu di quella corda che cio che scocca, dri/./.a in segno lielo.

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rtt>£

Qmtlairie^lm& PA8QUA = a V e n e r d i Santo ?

II cantuccio del religioso, •i" Emmaus. Ci arde in petto I'a-

more per Gesu. I nostri occhi sono aperli a nconoscerLo, per la viva [ede, su lulti i volti dei (ralelli e dietro futli gli avvenimenli. Per la carita siamo totalmente occupati a servirLo nei po-veri. Senza di Lui vivere non sappiamo, nel tempo che decline. Tutto cio dob biamo eloquentemente testimoniare al mondo durante il viaggio terreno.

* E risorlo, non e qui. Cosi de-v'essere scntto nel [osso d'ogni nostra caduta. Non ci irriliamo e non ci sco-raggiamo delle ricadute nel peccato e nelle impertezioni, pur aborrendoli Kaccogliamoci, umiliamoci, chiediamo perdono e torniamo prontamente al proposito di ben [are.

>> Nella vita spirituale dobbiamo considerarci in servizio permanenre, perche la lotta vi e condizione norma-le di vita. Ci troviamo infatti conlinua-mente alle prese con i nostri difetti, che dobbiamo dommare, ma che potenzial mente sono sempre risorgenti e in guer-resco aggualo. E motivo questo per mantenerci umili e vigilanti.

* Vuoi un trinomio poderoso su cui modellare le linee di vita del luo ca-stello inleriore? Eccolo: umilta, verita, carita. E un versetto programmatico che definisce la spirituality del Discepo-lo? Eccolo: Professando e praticando la verita nella carita, cresciamo, me-diante ogni opera, in Lui, che e noslro capo, Crislo. (Ef. IV 15). E I'indicazio-ne del clima spirituale entro il quale deve svolgersi la tua vita? Nella Verita e nell'Amore (2 Gv., 3).

Frafe A/lasseo

Don Renalo [u mandalodal Vesco-

vo come parroco nel paesino di Gam-

berorosso ai primi di oflobre. Don

Renalo aveva quesla ambizione: far

della sua parrocchia un angolo di pa-

radiso. Si misesollecilo ail'opera. L'am-

bienle non era oslile, ma indifferenle.

Sondalo bene il lerreno, Don Renalo

si accorse che i molivi principali di

indifferenza religiosa erano questi :

una fabbrica di lalerizi a lurni ininler-

rolH di lavoro che assorbivano gran

parte degli uomini e delle donne,- I'e-

migrazione slagionale per cui i lavori

di campagna gravavano quasi tolal-

mente sulle donne, la scuola elemen-

lare affidala a dei mestieranM piu che

a dei maestri.

Percio, normalmente, la Messa fe­

stive era monopolio di poche vec-

chielte; Catechismo, Azione Carroli-

ca, Buona slampa erano cose che

slavano, se pure, sulla luna ma non

a Gamberorosso.

II lavoro aveva portalo nelle fami-

glie una certa agialezza, ma la Reli­

gions andava indielro come i gam-

beri...

Don Renalo non si arrese: i suoi

parrocchiani non andavano da lui?

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ebbene lui sarebbe andafo da loro. La Chiesa era deserla? ebbene: la piazza, la strada, la campagna, la fabbrica, la visila alle (amiglie sareb-bero state il suo altare, il suo pulpito. Ogni occasione era buona per stabi lire un dialogo con i singoli parroc-chiani che egli amava come suoi figli.

Lo zelante sacerdote aveva un tra-guardo ben determinate da raggiun-gere: «porfare tutli al Precetto Pasqua-/e». Mancavanosette mesi alia Pasqua e, sette lunghi mesi di intenso lavoro, dovevano compiere il miracolo. Ecco Don Renato in azione:

E tu, Carlandrea, come sfai? come va ii luo lavoro? e da molfo tempo che non ti vedo in Chiesa...

— Don Renato, ho tanto da [are, non ho tempo neppure di farmi la croce ...

— Eppure io so che tu stai sino a mezzanotte alia TV, che alia dome-nica vai a caccia, che nelle ore del pomeriggio giochi a bocce all'oste-ria ... E non pensi che sei cristiano, che hai I'anima, che c'e anche e so-prattutto Dio?

— Ma io ci credo a queste cose sin da ragazzo.. . ; io resto sempre un buon cristiano anche se non prego, se non vengo in chiesa.

II prefe si stringe nelle spalle e abborda un allro.

— E tu, Tonio, quanto tempo e che non ti vedo! Ho bisogno di par-larti a lungo. Com'e che non ti fai mai vedere?

— Ma che vuole, Don Renato: corri di qua, corri di la; non si re-spira piu. Lei [a il prele e sfa bene; io faccio il confadino e sto male!

— Eppure vedo che hai il traitore, una stalla di mucche ben attrezzata, un commercio discreto di lalle, for-maggio, vitelli ...

- Caro Don Renato, in confronto agli altri e nienle. Oggi ci vogliono i milioni, molto commercio, molta lotta per sopravvivere, io gia so dove vuol portarmi col discorso, ma la Chiesa, la Messa e tuite le altre bazzecole non portano ne milioni, ne commer­cio, ne benessere. Perconlo mio sono un buon cristiano, ma lulto il resto, per me, e un perditempo.

II povero prete e annichilito. Prova a ragionar con le donne: e come stuzzicare un alveare. Avvicina gli ammalati ; da tutti e bene accolto, ma nessuno intende ricevere la Confes-sione e Comunione. Fa la spola at-torno ai vecchi che sostano in piazza lunghe ore al solicello. Molti sorrisi, ma non ne convince uno, anzi un tale gli dichiara: «Qui fa caldo, in Chiesa fa freddo; Dio sta bene la e noi sfia-mo bene qua». Don Renato va in cerca dei bambini: Ii conosce per nome, Ii intrattiene, Ii carezza, dona loro qualche caramella: tutto bene, ma al Catechismo non si vede nes­suno. La situazione e deprimente. II buon parroco, che vive solo solo in grande poverta, ha un unico confor-lo: Gesu Eucaristia ed un grande Cro-cifisso in legno, al naturale, che tro-neggia in alto nel presbiterio, e poi una bella figure delta Madonna Ad-dolorata, a destra dell'altare, come un angelo custode. II resto nella Chie sa e ordinato e pulito, ma c'e il vuoto, il vuoto desolante dei suoi parrocchia-ni. Questo vuoto, per Don Renato, e

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la morte mollo simile «alia mode bianca* delle zone alpine, dove il gelo e la tormenta mettono nei mon-tanari « un forpore, una sonnolenza cosi strani» per cui si fermano, si ac-covacciano, sono coperti dalla neve e muoiono assiderati.

Ma qui a Gamberorosso la morte «era nera » perche il torpore del pec-cato portava all'lnferno. Che strano fenomeno della nostra civilta: toglie il senso del peccato, del male morale per farci vivere come dei cadaveri ambulanti: vivi di fuori, morti di den-tro. Certamente il Concilio si appella molto ai laici e, per loro, ha fatlo magnifiche innovazioni come quella della lingua nella Messa. Prima, non si capiva il latino, perche era latino; oggi non si capisce neppure I'ltaliano perche la gente non viene... non sen-tel Don Renato organizzo anche una Missione, distnbui stampe, moltiplico il suo zelo: qualcuno si mosse, da lutti era stimato, ma la Confessione e la Comunione urono quasi totalmen-te diserfate. Intanto venne la Settimana Santa. Fuori, nella campagna, nel commercio, nella fabbrica di laterizi un gran da fare, ma dentro, nella Chiesa, alle sacre e suggestive Fun-zioni quasi nessuno.

Don Renato aveva il cuore spez-zato. Da solo e assistito da quella sparuta rappresentanza [ece le Fun-zioni Sacre del Giovedi, Venerdi e Sabato Santo. Pero i confessionali sempre deserti, eccetto qualche rara eccezione. Era un pieno fallimento spirituale. Intanto venne la Pasqua.

II deserto della Chiesa, I'assenza al Precetto Pasquale fu desolante.

Quando fu quasi mezzogiorno Don Renato ebbe un'idea disperata: calo a terra ai piedi dell'altare il gran Crociflsso, gli mise a flanco la Ma­donna Addolorata, in mezzo alia Chiesa innalzo il solito catafalco dei funerali e poi suono a morto, a lungo, lugubremente.

Tutta la gente, che era in festa, fu stordita «Che succede in Chiesa? Chi e morto?». Fu un accorrere simul-taneo, tutti volevano sapere il perche di quella triste messa in scena.

La Chiesa fu stipata. Don Renato, in piedi, tra il Croci­

flsso e I'Addolorata disse con voce rolta dal pianto: «Oggi Gesu e ri-sorto perche anche noi risorgiamo con Lui nel pentimento della Confes­sione e nel gaudio della Comunione. Cio non e avvenuto. La vostra Pasqua e un Venerdi Santo: siele tutti morti. Gamberorosso oggi e un tristissimo cimitero...». E cosi dicendo cadde a terra tra i singulti, sflnito dal dolore.

La gente fu terrificata ... « Don Re­nato e morto, Don Renato e morto ».

No , siam noi i morti: senza gra-zia, senza Dio, senza Sacramenti sia-mo un popolo di morti ...

La nostra Pasqua s'e fermata al Venerdi di Passione e di Morte sen­za Resurrezione.

Abbiamo rovesciato il Vangelo. Bisogna risorgere, bisogna risor-

gere dal male al bene assieme a Gesu.

Questa e la vera Pasqua.

Don Rodolfo Atzeni

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...SETACCIO... i MALI

DELLA SOCIETA MODERNA

Diciamo la veritd. Non di rado ci ac cade di scandalizzarci per l' eccessivo nuinero di fatti delittuosi riportati dai giornali. Tempo addietro, qnesto compito veniva lasciato a periodici specializzati i quali, vivendo unicumente di tale attivita, servivano una particolare clientele!, che amava farsi una cultura specif tea di cro-naca uera. Oggi, non esiste un quoti iiano tanto serio e riservato da rinunziare a quel genere di letteratura ; perchi non e-sistono lettori tanto seri e riservati, da rinunziare a quel genere di lettura.

E nata, cosi, quel la certa pagina di cronaca die, a dire il vero, non displace almeno all'ottunta per cento dei lettori di ogni eta, pur essendo tutti d'accordo net-Tesecrare la pessima abitudine di pubbli-care, spesso con dovizia di particulari, fatti che sarebbe pin oncsto ignorare, sia perche la loro lettura offende il buon gu­sto e I'umana dignitd, sia soprattutto per evitare una dannosa influenza sui initio-renni e sui delioli di mente.

L'insidia, pen), non si nasconde sol tanto nella descrizione di un fat to del it tuoso; non contribuisce certamente ul mi-glioramento delta societd t'immeritato ri-salto data frequentemente a certi avveni-menti mondani (divorzi, unioni impossi-bili, ecc), che nulla hanno a che vedere con la morale e con una bene intcsa pro­fession di giornalismo, il cut compito, oltre che di informazione, e anche di for-mazione. Ne va trascurato che ogni gior-nale passu per le mani di persone di ogni ceto, grado di istruzione ed eta, portando il suo carico di materia prima, che pud diventare pericoloso in mani esperte.

Giova nature conn: alcuni fatti - spe­cie net campo del suicidio - si ripetano con una identicild impressionante. Ormui, g'.i strumenti per toglicrsi la vita si sono ridotti a ben pochi: il gas, i burbiturici, la corda, il suite dalla finestra. Rara-mente si ricorre all'anna da funco, e quasi sempre quando il suicidio c conseguente ad un consumato onucidio.

AvvenUiiiamoci in una ricerca toxica delle cause.

II suicidio, quando non e originato da grave menomazione psichica, vuol essere una protesta ed un atto d'accusu contra la societd. Pud '•ertficarsi tulvolta in seguito a dissestifinanziuri, ma il maggior uiime-ro del casi riguarda gente economic*,men­te , moral'iiente e spiritualnu nte poveru.

\"e una gran massa Ji gente die non sa affrouture, nan dico la povertd, ma neppure una condizivih- di disagio eenno-mico. Non sa lotturc, non sa soffrin . La coscienza del la propria debate zza la nor la a reagire in forma violenta contra la so acta; edabbiamo gliscontenti, put name-rosi di quunto si passu imniaginare Inve-ro, la societa non pud ritenersi del tuiiv estranea alia loro condizione: con !o sua forza cieca, Ii travolge, li spinge ai mar-gini delTesistenza, quindi li ignoru. Per-cid, la loro reazione i' quasi sempre in-consulta e sproporzionata.

Per quanti programmi sociali siuno stati siuora trucciati, non si e niai pervc nuti ad un serio studio per la risoluzione di questo enorme problema: la difesa e la protezione dei deboli. E pit) il problema si accentua con I'andar del tempo, pii'i i deboli tendono a trasformarsi in nemici delta societd.

Indicativo di un tale stato d'animo c // seguente episodio.

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Un tale aveva il figlio ricoverato in ospedale per una grave malattia e non poteva pagare le spese delta cura, lunga e custosa. Alle prime richieste delta dire-zione rispose pregando di attendere. Che cosa, egli stesso non sapeva. Le richieste furono ripetute, piii pressanti, piii cate-goriche; e t'entitd del debito aumentava. II povero padre, vista preclusa ogni ono-revole via d'uscita, ritenne di poter sal-dare il debito con un atto disperato, as-surdo ed inumano: uccise il figlio.

Di solito, la societd si commuove ed of/re aiuto solo quando e gid accaduto Virreparabile; prima, quasi mai.

La ricerca di un lavoro, di per se aspi~ razione normale e comune a tutti, pud a volte generare drammi psichici, che in­fluenzae negativamente il carattere e la condotta dell'individuo.

In periodi economicamente difficili, essa assume i caratteri di vera lotta, con­dotta con ogni mezzo, talvolta in forme anche illegali. Ricerca di protezione e di favori, sfruttamento di conoscenze o di loschi intermediari: spesso questi stru-menti concludono con le piii amare delu-sioni avventure iniziate all'insegna delta facile speranza. La constatazione, infine, che alcuni riescono a «sfondare» con tali mezzi, rende piii cocenti le sconfitte e crea ingiustificati risentimentt verso la societd e le istituzioni, alia cui integrita si e, cost agendo, attentato.

Questa lotta, ai nostri tempi, e diven-tata cosa tanto ovvia e tolterata, che i giovani si preoccupano di cercare tali aiuti ogni qualvolta si accingono a com-piere passi impegnativi per il loro futuro, sia net campo degli studi, che in quello del lavoro e di pubbliche attivitd.

Societd e istituzioni prestano con trop-pa condiscendenza, o almeno con eccessi-va noncuranza, il fiancoa simiti attentati, salvo a manifestarepubblico risentimento, quando qualche fatto assuma proporzioni di scandalo.

Se vi sono deviazioni e deviati, se esi-stono modi errati di concepire la vita collettiva, le cause sono in noi e in noi

stessi vanno ricercate e curate. Accettare come inevitabile un tale stato di cose, senza ribellione e senza emozione, signifi-ca dare una mano a conferire all'andazzo crisma e validitd di sistema.

In conseguenza, e innaturale e poco onesto e caritatevole, quando si manifesta-no scandali, infierire sul casuale autore del singolo fatto, che It abbia provocati. E un comodo sistema per scaricarsi la coscienza, come se il medico, davanti ad un caso difficile, si limitasse ad aprire e ricucire il paziente, senza praticare il necessario intervento.

Altro motivo e la progressiva distru-zione del focolare e dei principi morali e religiosi.

Nelle famiglie sta entrando il tarlo delta decomposizione. Forse e inutile ri-cercare colpe individuali o collettive; for­se e meglio dire che la colpa e dei tempi, del progresso, delta moderna civiltd, delta estremu facilitd di scambio a largo raggio d'idee, e infine delle esigenze delta vita odierna. Ma il fatto resta e nessuno pud dire d'ignorarlo.

Certi sentimenti profondi e tradizio-nali, ai quali t'uomo pud fare appello nei momenti difficili delta vita e che dovreb-bero formare il suo orgoglio e la sua pa-tente, si sono motto affievoliti. Oggi si badadi pronunciare - quando eindispen-sabile — solo a bassa voce e con molta circospezione, nomi come Dio, religione, famigtia, patria. Ci si potrebbe accusare di retrogradi, di ingenui, di tradizionali-sti E molti - poveretti! — per evitare questa taccia, nascondono, mortiftcano tali sentimenti.

Per contro, ascoltiamo spesso stupe-facenti dichiarazioni di religiositd e di moralitd da parte di persone, la cui posi-zione familiare (e molte volte personate) e perlomeno irregolare, per non dire altro.

Siamo giunti at punto che non fa al-cuna meraviglia se la maggior parte delle persone piii in vista, o appartenenti a categorie di moda, agiscono in aperto di-spregio dei principi sui quali poggiano il matrimonio e la famigtia.

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Non solo; ma siamo sempre disposti a creare nuovi divi, scnza preoccuparci minimamente se essi abbiano dci meriti reali ed eccezionali. Siamo malati, asse-tati di divismo a gualsiasi costo.

Eforse sta in guesto una sia pur debole spiegazione dell'enigma: siamo diventati dci superficial/', amanti solo del facile, indifferenti ad ogni ricerca di contenuto.

Per non cadere nella facile critica, vuota di ogni buona intenzione, e per at-tenuare guesto guadro, fatto di denuncie, con una cornice un poco meno fosca, e indispensabile additare gualc/ie possibile rimedio che, scnza la pretcsa di risanare le ferite del la societd moderna, offrapos-sibilita di un positivo studio dciproblemi.

Primo: si tolga alle famiglie il prete-sto del bisogno, causa immediata e non ultima dello sgretolamento dell'istituto, assicurando il necessario per soddisfare con decora le insopprimibili e legittime esigenze.

Secondo: la scuola non tenda soltanto a produrre scienziati e tecnici capaci di costruire macchine, senvere trattati di economin, o fabbneare grattacieli; abbia di intra anche la costruzione deU'indivi-duo come creatura umana, sensibile a tutte le esigenze social!, moral:, religiose e civili. Can', in ana parolti, oltre all'i-struzione, anche I'educazione.

Terzo: si torni ad inculcare nei gio-vani (e si restituisca a molti adulti) il senso della responsabilitd e del dovere, insegnando loro (con I'esempio innanzi-tutto) a non puventare sacrifici e disagi, ad abituarsi alle necessarie rinunzie, ad imporsi le dovute limitazioni. In fine, si attribuisca al denaro il significata ed il valore c/ie gli competono, evittindo di far-ne lo scupo precipuo e quasi esclusivo dell'esistenzo.

Ri ' ino Di ( j i a i i iKin lmi io

LUTTO fra i nostri chierici romani f E morto piamente, dopo aver ricevuto gli ultimi Sacrameiiti,

G I O V A N N I P A L E R M O

padre d'nn nostro Discepolino di Liceo, il giorno 20 niarzo u. s.

II buon figliuolo, chiamato d 'urgenza, e corso a Torino. Ha

trovato il padre in condizioni disperate. Tanto che mentre Donatino

accarezzava una dolce speranza, il padre se ne moriva.

Grave disgrazia per il nostro chierico che ha perduto il padre

diletto. Disgrazia irreparabile per la famiglia che perde il Capo. Ma il

Signore e grande . Pensera Lui. Confidiamo.

A Roma abbiamo suffragato il Signor Giovanni con tin rito

funebre cui hanno preso parte i condiscepoli di Donatino, p regando

la pace eterna all 'Estinto e il conforto per i familiari, ottimi cristiani,

confidati alia Divina Volonta. Cont inueremo a pregare e per il figliuolo

e per la vedova e per il fratello, che il nostro dolore si unisce al loro

dolore , come la preghiera di suffragio. T

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L e nostre bandiere.

Gli Istituti della nostra Opera rivelano a vista lospirito animatore iropres-so dai Padri Fondatori: l'esercizio della carita verso i poveri.

Esaurito lo scopo precipuo per cui sorse (che e quello di soccorrere gli Or-fani di guerra, piu specialniente quelli dell'Italia meridionale e insulare), l'Opera accoglie oggi altri orfani poveri e anche alunni non orfani, ma assolutamente poveri. L'orientamento suo preciso si dirige verso le classi meno abbienti, verso i f'ratelli afflitti e poveri per dissesto morale o per condizioni economiche.

Se tutte le proprie istituzioni si considerano a servizio dei poveri (I piu poveri sono e devono essere i primi, i veri padroni — scriveva Padre Minozzi), ce ne sono alcune tuttavia le quali, grazie alia f'edelta delle Suore che le dirigono, rnostrano piu marcati i segni della carita operante a t'avore dei piu bisognosi. Una carita immediata, che si offre al richiamo della sofferenza, del bisogno, della privazione, senza frapporre caicoli economici, senza sollevare preclusioni di ca-tegoria, senza addurre difficult;) scoraggianti a mortificazione e a ripulsa di chi invoca l'aiuto. Hai bisogno? Vieni. Iddio provvedera.

1 risultati di istruzione, di f'ormazione religiosa e civile, di buona salute fisica, di armonioso sviluppo nelle alunne, sono ottenuti a prezzo di sacrificio, di lavoro continuo, di iniziative coraggiose da parte delle Suore, che si assogget-tano in letizia alle altivita piu urnili e pesanti, con forza di donazione all'ideale missionario. Che di missione si deve parlare, ardua al pari di quella che si va a svolgere oltre il confine della propria patria.

Certo, se la carita non sorreggesse — per dirla con i nostri Fondatori — sarebbe da disperare. Ma la carita non dispera mai, perche e figlia della Provvi-denza. E la Provvidenza non abbandona i suoi figli.

D'un ideale cost impegnativo le Suore si rendono entusiaste e se ne ono-rano e se ne decorano con adesione immediata. La donna sa stare in prima linea nel sacrificio e nella devozione. La Suora poi — quando aderisce alia propria vocazione con fedelta e semplicita, senza accomodamenti o concessioni alio spi-rito del mondo — e creatura finissima. Diciamolo francamente: le pose l'osten-tazione di ricchezza di potenza di importanza, il riparo d'un orario tagliato sul metro delle comodita, la mentalita borghese, le abitudini borghesi, le civetterie borghesi, i caicoli borghesi la sminuiecono agli occhi di Dio e agli occhi degli uomini. La Suora che sente e vive profondamente la propria vocazione — e di conseguenza irradia buon esempio e trascina anime alia pratica della vita cristia-na e trasfigura di luce spirituale pur l'ambiente in cui vive — la ritroviamo im-mancabilmente simile alle nostre adorabili niamme, con in piu la vivace vita

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in ter iore , lo spirito di preghiera, l 'esercizio dei voti religiosi, la consacrazione a Dio. Non disdegna di accudire alle domest iehe faccende, come una intatica-bile massaia. Accetta il saerificio. t, disponibile in tut t te le ore per servire Iddio, d i re t tamente o attraverso i fratelli bisognosi. Che faseino di spiri tuale materni ta in tutta la sua vita!

Ot t in iamente se nel contes tod i tali abi tudini , ninili ed alte, austere e 1'orti, si elevano anche le doti della niente speculativa e pratica, per estendere e qua-lifieare il servizio a f'avore delle anime.

Tra le Suore e l 'Opera — la quale, dopo aver dato easa arredaiuento at-trezzatura campo d'apostolato, continua a sostenerle con lutti qucgli aiuti d i e il buon Dio le nianda si stabilisce una lorina di eollaborazione nella carita e per la carita, di sapore a l tamente evangelico.

Dicevamo che ei sono Istituti e qui vogliamo rif'erirei soltanto agli Or-fanotrofi jemminili — che sono come le bandiere della nostra Opera, bandiere issate e sventolanti al vento della carita.

Gli Istituti di piu antica londaziotie mostrano piu evidenti i segni dell'a-desione agli ideali tracciati dai Padri Fondator i . Lo spirito iniziale, gcnuiiiainen te missionario e diret to alia evangelizzazione dei piu poveri, e slato fedelmente trasmesso nella comuni ta , da religiosa a religiosa, e vibra ancor oggi intensa-inente, compiendo un gran bene , a gloria di Dio.

Le Snore della Sacra Famiglia furono collaboratrici della prima ora. Di-rigono I'Orfanotrofio " Padre S e m e r i a " a Sparanise (Caserta). I'< Manotrofio '• Padre Semer ia" a Coldirodi (linperia) e quello di Torino di Sangro (Chieti).

La forma del loro apostolato nelle Case nostre risulla di materna amahi-lita verso le educande. di robusto spirito di saerificio accettato eon naturalezza, di saggezza e diligenza ammiuistrat iva, di obbedicnza alle direttive della Scde Centrale , di devozione alia inemoria di Padre Semeria e Padre Minozzi. La sem-plicita quasi agreste della loro vita lascia laeilmenle trasparire t 'umilta, la carita. la preghiera il lavoro.

A Coldirodi , dove si aspetta da anni la definizione delle p n i t u h e per la costruzione del nuovo lsii luto (l'Opera spende quarautac inque milioni) d i e con-sentira di estendere I'assistenza a piii numerose bambine . su 1(1 a lunne 32 sono gratui te ; a Sparanise dove aleggia la grande anima del Padre Semeria. servo degli orfani, su 100 a lunne 35 sono gratuite. K cost a Tor ino di Sangro: il venti per cento delle bambine vi sono ospitate gra tu i tamente ; e le altre corr ispondono una retta d i e sta al di sotlo delle diecimila lire mensili . Ognuna di esse e al cenlro di una sloria pietosa, f'uori delle ealegorie d i e gli enti assistenziali rieom scono assistiItili, gli enti assistenziali t roppe volte sordi ciechi e ehiusi verso i verainen-te poveri e bisognosi!

Le Snore di Carita della Immacolata C.oneezione di Ivrea dirigono I'Or­lanotrofio di Catanzaro Lido. Sono disinvolte e pronte, schiette e coraggiose nelle iniziative varie, soprat tut to pie: forse e I ' ls t i luto dove si prega di piu e dove l'ansia missionaria e indirizzata da sempre verso i poveri. L edificio e venu-to ampliandosi negli anni e molt ipl icando le opere. Al progressivo adeguamento ha contr ibui to senza dubbio il saerificio delle ott ime Snore, saerificio anche fi-nanziar 'o . L'Orfanotrofio, che ha inizialo il funzionamento due anni fa accanto alia florida Scuola e lementare e alia aecorsatissima Seuola materna. conta gia 10 a lunne dest inate a moltipliearsi man inano d i e aumentano gli ambient i ricettivi

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gia in costruzione, delle quali 18 son del tutto gratuite. Per i lavori l'Opera ba contratto un mutuo per cinquantasei milioni.

To nn ii d i Sangro . liriippo ill piccolo, piccoli.ssinii' B non piil piccnl

K i e s i . Gruppo iii Alunne davanti alia grotta della Madonnina

A Roggiano Gravina (Co-senza) 1' Orlanotrofio Feniminile "Madonna degli Orfani " mantie-ne gratuitamente il sessantotto per cento delle alunne. La indicazione della percentuale non tragga in in-ganno: le alunne sono oltanto 16, delle quali 11 gratuite. Gli e che le Snore Missionarie del Sacro Costa-to, accanio alia Scuola materna, hanno voluto tenere in vita, pro-prio per spirito di bandiera, l'Or­fanotrofio feniminile, in un appar-tamento preso in fitto, da che il vecchio edificio fu dichiarato ina-bitabile nel 1960. Alle considere-voli spese di gestione ha fatto t'ron-te la comunita, col proprio lavoro e con le offerte dei buoni, dignito-samente. La Casa Generalizia ha ri-nunziato alia doverosa contribuzio-ne di quella comunita, concorren-do a sostenere le istituzioni della carita. L'Opera, da parte sua, spen-de sessanta milioni per i lavori del nuovo edificio. che aprira le porte, Deo favente, nel prossimo ottobre, a coronare la lunga attesa delle ze-lanti Suore, rimaste per anni a lie-vitare cristianamente l 'ambiente, con l'esempio di fedele vita religio-sa e col servizio ai bisognosi. Siamo sicuri chel'ottima provadataa Rog­giano le Suore Missionarie del Sa­cro Costato ripeteranno a Venosa nelle due Scuole materne che l'O­pera recentemente ha loro affidate.

Lo spazio consente di nomi-nare appena l'Orfanotrofio " Prin-cipessa di Piemonte" funzionante a Greve In Chianti (Firenze)e di-retto dalle SuoreStimmatine, egre-giamente allineate nello spirito so-pra indicato.

Ma non possiamo passare sotto silenzio l'Orfanotrofio " Don

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Salvatore Riggio " nel Comune di Riesi (Caltanissetta), un paesone povero po­vero povero, dove svolgono attiva propaganda e fanno proseliti i protestanti. L'ottantacinque per cento delle banibine sono ospitate gratuitamente, aecudite con zelo dalle Suore Riparatrici del Sacro Cuore. La Superiora, Madre Udegon-da Miranda, vi ba trascorso la vita. Dirige l'lstituto con saggezza amministrativu, con intelligenza e tenacia, con torte spirito di sacrificio, contribuendo notevol-mente ad adeguarne man mano strutture ed attrezzature slle esigenze nuove.

11 discorso potrebbe continuare a lungo, perche troppi nomi abbiamo o-messo, a cui era pur doveroso accennare. Ci siamo limitati alle vedette, scomo-dando la modestia delle buone Suore, che debbono perseverare nello spirito buo-no, intensificandolo, se mai.

Che dire a conclusione del viaggio fatto sulla Diligenza del pensiero, in presa diretta?

Restiamo fedeli ai poveri, Sorelle, e alia vita povera (e percio laboriosa e tribolata) che consegue a tale fedelta; ai poveri, tormento e corona d'ogni ani-ma votata all'ideale evangelico della carita; ai poveri, sotto le cui spoglie Cristo s'e nascosto, in persona. Esercitiamo la carita verso Dio che non vediamo e ver­so il prossimo che vediamo.

La carita e materia unica di esame, fissata dal Giudice Divino, per il gior-no del giudizio finale: « ebbi fame, e mi deste da mangiare; ebbi sete, e mi de-ste da bere; fui forestiero, e mi accoglieste; fui ignudo, e mi rivesliste; fui in-fermo e mi visitaste; fui in prigione, e veniste a trovarmi ».

II resto e splendore mondano, o maneggio di[)lomatico; concupiscenza della carne, o superbia della vita. Piu o nieno.

FIOKKILO

Echi dal

nostro

nano.

I l nostro [estoso auguno giunga ai Superiori, ai Discepoli, ai Bene-fattori, agli Abbonati e Letfori di Evangelizare, ai Crociati che tanlo pre gano e operano per noi, a fulii gli tx , ai noslri Alunni: Buona Pasque!

I l 21 febbraio abbiamo (esleggialo I'cnomasrico del noslro amalo Diretlore Don Forlunafo Ciciarelli- Nella sala del leelro si e svollo un mo-desio ma ben riuscilo rraltenimenlo. Ben preparati i canli sotlo la guida di Don Vincenzo Calalfo. II tocco della tasliera di Don Michele De Gie-como e inconfondibile: gusto, cuore ed arte. I Discepolini hanno recilalo magnificamente diveriendo tufli e strappando merilatissimi applausi.

I giorni 2 e 3 Marzo sono slali completamente dedicati al consuelo Rih'ro Mensile. Per la predicazione e per le confessioni e venuto il Keve-rendissimo Padre Antonio da Serramonacesce, ex Provinciale dei Cap-puccini dell'Aquila. I Discepolini hanno ascoltato con devota eltenzione le paterne esorlazioni concludendo il Ritiro con I'Ora di adorazione da-vanti a Gesu Sacramenfato solennemente esposho.

II giorno 5 marzo, hanno ricevuto I'Ordine sacro del Suddiaconato a Roma in San Giovanni in Lalerano il nostro Vice Don Michele Celiberli ed il carissimo Don Mario Natalini. II giorno successivo, el loro ritorno, nel nostro Teatro e'e slato un breve trellenimento con una esilarente farsa a soggetto in cui Sgarra facevs da madre di famiglia, Rigante da padre e Pasquale con Manserra da flgli un po' discoletti. Con un bel discorsel-lo di Dinuzzo e con canli di occasione si e conclusa la giornata col santo proposilo di riprendere sempre con rinnovata lena I'usalo lavoro di scuo-la e di discipline

I I C r o n i s t a

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LA SVEGLIA NOTIZIARIO DELLA ASSOCIAZIONE EX-ALUNNI

Tutti quanti, chi piu chi menu, abbiamo bisogno, o, almeno, in qualche circostanza della vita, abbiamo avuto o avremo bisogno di una nostra personale e privata risurrezione.

La Santa Pasqua, riproponendoci annualmente il problema, ce ne mostra anche la soluzione, non dico migliore, ma unica.

E ce la mostra, questa soluzione, nell'abbagliante splendore di Gesu Ri-sorto.

Segno di speranza divenuto inaspettatamente consolante certezza per i pochi fortunati testimoni, la risurrezione di Cristo sta ad indicare anche a noi, come e possibile, dopo ogni nostra sconfitta, materiale o spirituale, reale o ap-parente, una rapida e sicura ripresa.

Guardare a Cristo; prenderlo come insostituibile Maestro di vita. Considerare come, attraverso la passione, percorrendo la dolorosa via del

Calvario, si arriva con certezza alia gloria della risurrezione. L'attimo, umano, naturale, dello sconforto, non deve ingenerare in noi

la disperazione, bensi una rinnovata fiducia nella paternita di Dio. Egli, che fa rivivere la natura dopo il letargo invernale, non dimentica

certainente noi, che siamo la sua famiglia, per la quale " Nostro Signore Gesu Cristo non esito ad abbandonarsi nelle mani dei suoi nemici e a subire il tormen-to della Croce. Per cui Dio lo esalto e gli diede un Nome che e al di sopra di ogni altro nome ".

Con l'animo pieno del consolante messaggio di Gesu Risorto, possiamo guardare serenamente la vita, afl'rontarne con fermezza cristiana le immancabili avversita, gustarne con giusta letizia le immancabili gioie.

Anche se la Santa Pasqua e ormai passata, il clima pasquale tuttavia ri-mane, ed e in tal clima che va a tutti gli Ex alunni e a tutti gli Amici il nostro voto augurale.

DON EGISTO PATUELLI

L'ex alunno Prof. Giovanni Marra da L'Aquila e la genlile Signora Liliana annun-ciano con gioia la nascila della lerzogenifa Patrizia avvenula il 17 marzo 1966. Dalla Famiglia degli Ex, dell'Opera, dei Discepoli vivissimi auguri ai genitori e alia neonata.

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TEATRO in collegio

uando poi il discorso cadde su " Evangelizare " il tono divenne molto serio. L'amico mio guardava fisso per

terra e sollevava di quando in quando lo sguardo su di me, come per impr imere piu profondamente nella mia aninia i suoi pensieri .

— Mio caro, " Evangelizare" non e u n bollet t ino parrocchiale ... Pausa lunga, lunga.

... ma e la sintesi dialettica di petisiero e di azione: il pensiero dei Padr i e l 'azione del Cruscaiolo, della Casa Madre e del Seminar io ; e, come lapide perenne istoriata per i posteri, ha il quadripagine elenco degli offerenti. JNon che manchi la pagina lieta, quella del vino Santarell i , per esempio, ma oltre qtiella non si dovrehbe andare .

Altra pausa. Piu lunga.

Veniamo ai tuoi scrittarelli . Tu ti cincischi con certi argomen-tucci da dozzina, che nessuno legge e che solo per carita il redattore manda alia stampa. K non tieni conto delTelevalezza del tut to, non pure, ma della possibi­lity di porre l 'accento su temi piii profundi e impegnativi ... Pensa al caro Dinar-do, il quale il giorno prima di sposarsi, mentre il cuore palpitava in visioni rosee e pregustava il santo Altare ove avrebhe giurato si per I 'eternita, il giorno prima, dico, parlava lungamente di psicologia ai Viceret tori! E vero, lui parla, non scri-ve, a lmeno qui. E allora scrivi tu, ma seriamente. Per esempio che ne diresti di un tenia, a rduo, si, ma avvincente e profondo come questo: /7 teatro in voile-gio? Ilai mai pensato all 'alto valore educativo del teatro in collegio? AH'impegno degli artisti per essere fedeli al testo ed alio spirito dell 'autore? E non e l 'impe-gno, uno degli elementi piu validi per la formazione del carattere? E poi con-sidera la sublirnazione di certi stati d 'animo e la tensione deontologica che la suggestione sceniea cornporta. E non e tu t to : ti potresti rifare, per avvalorare la tesi, alia sacra rappresentazione, ai collegi gesuili del 600 e via via alle pos-senti e robuste caratterizzazioni di epoche e di personaggi che sono Vanden, Catene maledette, I due Sergenti. Pensaci, figliolo, sono ansioso di leggerti su " Evangelizare " .

E se ne ando con un lieve sorriso sulle labbra e quasi pet loruto, come se avesse r iconquistato un 'an ima semiperduta.

Rimasi perplesso. In fondo aveva ragione. Perche non averlo pen­sato pr ima che scrivere certe cosette da qual t ro soldi e per giunta un'offesa al le penne hen piu serie di Don Zeno, di Pat, di E. D'A., di T. e del Setacciaro? E promisi a me stesso di non scrivere pin nulla che non fosse vero fin nel midollo. « La verita — mi dissi — la verita e basta ». E presi la penna per raccontare il vero sul teatro in collegio.

Q

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Q uella sera, appena l'aiuto regista, tecnico e macchinista ebbe dato l'ordine perentorio: « Sursum corda!», che per lui voleva dire: « Tirate la corda del sipario e co-

raggio! »; e appena nella rotunda buia il palcoscenico apparve illuminato come una bancarella alia festa di San Kocco, Don Pasotti comparve a grandi passi sulla scena. Aveva dovuto mettere un cuscino avanti e un altro dietro per riempire l'enorme frac prestatogli dal Capitano Tucci, che nel dopoguerra era sceso ad un quintale e rotti.

Nella sala fu silenzio assoluto. S'udiva appena il bisbigliare conci-tato del suggeritore, che imbeccava l'attore, il quale, come al solito, inventava la parte di sana pianta.

— (Abitanti di Vattelappesca). — Abitantiii! ... — ruggiva il Sindaco. — (Dove siete?) — A Vattelappescaaa! ... — (No, no). — No, no! ... — (No, il discorso).

- Quale disco? — (No, il discorso, il discorso). — Come? Ah, gia, il discorso. Udite, udite ...

Dietro le quinte, intanto, il brigadiere sudava, sudava, aspettan-do il suo turno.

— Come debbo cominciare? — Con una pausa. Poi devi salutare il Sindaco e devi dire che e

tutto in ordine. l\on dimenticare la battuta, almeno quella: Basta, vedremo e caso mai terremo d'occhio. Kipetila, svelto. Va bene cosi. Attenzione quando entri in scena: sali i tre gradini delle quinte, metti prima la testa e poi ti spingo io. Attento a non cadere!

— Ma perche avete fatto la porta cosi piccola? — Erano finite le coperte. Attento tocca a te. Fatti la croce.

Dalla scena il Sindaco, impaziente perche non sapeva piu andare avanti, grido:

— Brigadiere! Brigadiere!

Si vide spuntare dalle quinte un pennacchio variopinto e quindi un berretto da portinaio. II pennacchio, un piumino per la polvere, era tenuto fermo da un sottobicchiere di latta che fungeva da stemma. II pennacchio oscillo, si ritiro indietro, ricomparve, poi aH'improvviso fu proiettato violentemente in-nanzi seguito da tutto il brigadiere che si trovo lungo disteso ai piedi del Sindaco.

— Brigadiere, ammiro l'ubbidienza pronta, ma non e necessario farsi catapultare.

— Signor Sindaco, agli ordini. II brigadiere e pronto per l'uso.

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La farsa, d i e doveva durare solo mezz'ora, si protrasse per un 'ora e mezzo, perehe il fatto s trano e ehe ogni tanto si perdeva il filo, e per ri trovarlo ...

Pero fitii bene. Finiva sempre bene. Anche quando Don Alba sparo eontro Don Pasot l i !

— Come, Signor Conte, e voi vorreste ...

— Si, vile Dupont , io voglio!

— Clie volete?

Fare giustizia. Toh, muori ... die ... ninori ... elie ... (Acci-dent i non spara) ... Muori ...

— Signor Conte, late presto ...

— Clic ... Ace ...

Poi all ' improvviso si udi un boato, fortissimo. La Madre superiora del l 'Ospedale scappo via g r idando : « Al pronto soccorso! »; il Vice prese il li-schiet to, e iutanto il povero Roso andava a slegare il cane. JNellc ultime (ile si vide un luggi luggi nel semibuio e le panche caddero rumorosaniente aumentan-do il fracasso. Ma dielro le quinte , noi, che per tut to il tempo d i e il conic ci-leccava, eravamo rimasti con le dita nelle orecchie, vedemmo benissimo d i e il pistolone, al momento della scarica, era rivolto al soflitto.

Ah, mi liai colpito al pet to!

E mentre si comprimeva la pancia, il truce Dupont cadde lungo disteso per tut to il palco.

Don Alba, che se lo vide cadere addosso, ebbe appena il tempo di seostarsi e di d i r e : « Potevi cadere un po' meglio ».

Rientrato tra le quinte annunc io so lennemente : <• Basta con I an-dea. Meglio Madonninn ferita, a lmeno non si spara ».

c aro amico, eccoti accontentato. C'11681" volta non potrai proprio dire che non ho trat lato cose serie.

GlGINO

Fiori d'arancio a Rapolla Nella austera solennita della ricostruila Catfedrale di Rapolla, il noslro ex alunno Domenico Ciancia si e unito in matrimonio con la genNle Signorina Giovanna Caselle. Assisfevano un folio gruppo di parenti e amici, Don Sabatino Di Slefano, che ebbe il caro Mimmo a Polenza, a Padula e quindi Assistenfe ed aulisla a Barile, Don Tommaso Molinaro con un gruppetlo di Orfani, in rappresentanza dell'IsNIuro di Barile e del-I'Opera tulta. Le Suore e le Giovani di Azione Cattolica accompagnaro-no il rilo con canli, in onore della Sposa, uscifa dalle file della loro Asso

ciazione. Auguri a non finire da \u\\s la Famiglia degli Ex.

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A n c h e la tua oiferta ci aiuta ad espandere il bene. t • » ' • • • . - • » . • » • - * » » - « « i i i.v • - • » » - • i.» • • - » « » • . i . » ^ » ^ n . > m . i . i . » » » . » i . i » > . » n m , » » r ^ « «••->»»-; « , . . * - - « • « • . ~ r j « > - n - » « 14 • n t m n n ' > . " * » ' • • J «

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del 1'ufficio

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Abbonamento alia Rivista •• E V A N C E L I Z A R E "

ordinario L.

sostenitore L.

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razione il credito del conlo

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II CoDtabile

A V V E R T E N Z E

II versamento in conto corrente e il mezzo piu semplice e piu economico per efifettuare rimesse di danaro a favore di chi abbia un c/c postale.

Chiunque, ancbe se non e correntista, pud efifettuare versamenti a favore di un correntista. Presso ogni ufficio postale esiste un elenco generate dei correntisti, che pud essere consultato dal pubblico.

Per eseguire un versamento il versante deve compilare in tutte le sue parti, a macchina o a mano purche con in-chiostro, il presente bollettino (indicando con chiarezza il numero e l'intestazione del conto ricevente qualora gia non vi siano impressi a stampa) e presentarlo all 'umcio postale, insieme con l 'importo del versamento stesso.

Sulle varie parti del bollettino dovra essere chiaramente indicata, a cura del versante, l'etfettiva data in cui avviene l'operazione.

Non sono ammessi bollettini recanti cancellature, abra­sion! o correzioni.

/ bollettini di versamento sono di regola spediti, gia predisposti, dai correntisti stessi ai propri corr ispondenti ; ma possono anche essere forniti dagli ujjici postnli a chi li richieda per fare versamenti immediati.

A tergo dei certificati di allibramento i versanti possono scrivere brevi comunicazioni all'indirizzo dei correntisti de-stinati, cui i certificati anzidetli sono spediti, a cura del-1'ufiBcio conti correnti rispettivo.

L'Ufficio postale deve restituire al versante, quale rice-vuta deU'effettuato versamento, l'ultima parte del presente modulo, debitamente completata e firmata

C'e da impazzir di

gioia (o di dolore) a

p e n s a r e che con

q u a l c h e soldo si

pud salvare (o per-

dere) una creatura.

P. Semeria

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£a nostra CROCIATA MARIANA Miei cari Crociati di Maria.

Siamo alia Pasqua de! 1966. Nel prossimo maggio, sono due anni che fun-zioua, come un ardente focolare, la nostra umile e modesta Crociata Mariana. Cio che si e fatto e grazia singolare di Maria Immacolata e meriio particoiare di tutti, specialmente delle Zelatrici e dei Delegati.

Mentre scrivo, il numero degli Iscritti e 2.796; il numero delle Zelatrici e 55; il numero dei Delegati attivi e 4; il numero delle localita dove si e estesa la Ciociata e 50.

Mi servo di questa paginetta per inviare a ciascun iscritto 1'augurio dei Di-scepoli, dei Discepolini e mio personale: Gesii Risorto benedica vol e le vostre amate famiglie con la grazia, la pace, la salute, il lavoro, il conforto specialmente per chi soffre, per chi e malato.

Voglio fere alcuni rilievi. 1. — Una leva potente. II novantanove per cento degli iscritti sono donne.

La donna e dunque una leva potente per la nostra Crociata: essa e capace di alzare il livello religioso-morale della famiglia; e il braccio destio del bacerdo-zio; eseicita una influenza efficace e spesso decisiva attorno a se. Piu umile, piu tenera e, per conseguenzd, piu leligiosa dell'uomo, essa e piu portata alia pre-ghiera, piu aperta alia carila, piu sensibile al problema dellt vocazioni. L'uomo nelPordme fisico e incoinpleto senza la donna; il sacerdote nell'ordine religioso e incoinpleto, quasi impotente, senza il suo aiuto. Ecco: la donna porta al Sa­cerdote l'uomo. Come tra Dio e l'uomo sta il Sacerdote, cosi tra il Sacerdote e l'uomo sta la donna, provvidenziale anello di congiunzione.

2. — La prima annunziatrice della Risurrezione. Fu appunto la donna. II Vangelo e chiaro su questo punto. Io dunque voglio esortarvi perche diciate agli uomini che sono in casa, ai parenti, ai conoscenti: «E Pasqua! Gesii e Risorto. Devi risorgere anche tu. Va a confessarti e a fare la comunione pa-squale ». Usate tutte le buone arti, anche le lagrime: l'uomo cedera e voi lo porterete a far pace con Dio.

3. — Scoprite e segnalate a nol le vocazioni. Qui non si tratta ne di crea-re, ne di accalappiare, ma solo di saper scoprire. La vocazione sacerdotale e un dono di Dio ed Egli provvede a mandarne sulla terra tante quante sono ne-cessarie. E perche allora scarseggiano? Perche non sono scoperte, ne coltivate. Le vocazioni fioriscono in tie giardini. Nelle Famiglie dove si prega e si vive la vita cristiana. Nelle Scuole dove gli Insegnanti parlano con fede della bellez-za e grandezza sacerdotale. Nelle Pat rocchie dove c'e un Ministro di Dio santo e zelante apostolo. Osserviamo attentamente. I ragazzi intelligenii che pregano e frequentano la Chiesa ed i Sacramenti, che studiano con amore il Catechismo, generalmente sonoi chiamati da Dio.

Buona Pasqua dunque come alia pie Donne del Vangelo. Abbiate tutte l'ambizione di farci sapere che: « Abbiamo scoperto Gesii

Risorto in tanti giovanetti che vogliono farsi Sacerdoti Discepoli. Buona Pasqua!

D i s c i p u I u s .

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SCUOLA Tll'OGRAFICA DELL'ISTITUTO MASCHILE "PADRE GIOVANNI MINOZZI"

AMATRICE (RIETI)