Apre il Museo degli Studenti, Meus
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UniversitàNasce il MeuS, il primo museo d’Europa dedicato alla storia degli
studentiPresso palazzo Poggi, la nuova iniziativa dell’Alma Mater
Nella bellissima cornice storica fornita dall’antico Palazzo Poggi, prende forma il primo museo dedicato
alla storia degli studenti europei; cinque sezioni, ventitrè vetrine, diciotto schermi Touch screen per
esplorare l’antico mondo degli universitari di tutto il continente, avventurandosi fra le origini del mondo
studentesco, con i suoi riti, i suoi significati sociali ed elitari ben marcati, fino ai movimenti riformistici
degli anni sessanta.
Nella prima sezione, si possono ammirare antichi strumenti di iniziazione (o di tortura, se si preferisce),
predisposti al passaggio del giovane da Beano, o pulcino, che abbandona la sua condizione inferiore al
pari di un animale, a studente dell’università, che ufficialmente entrava a far parte di un elite superiore.
Fra antichi testi e cataloghi dei gradi studenteschi, ci si inoltra nella sezione dedicata al comportamento
dello studente; come per gli ordini monacali, la disciplina ed il rispetto del decalogo delle norme
comportamentali venivano tenuti in gran considerazione e vengono al riguardo stilati anche piccole
pubblicazioni con consigli e direttive. La disciplina e la meritocrazia sono i criteri con i quali l’università
giudicava i suoi alunni e l’esposizione di medaglie al merito e ritratti dedicati ai vincitori del “Concours
général” di merito dell’università parigina ne sono esempio. Allestita per l’occasione la stanza di uno
studente della fine del XIX secolo, si incontrano anche bizzarie che sembrano sottolineare come
l’appartenenza alla casta degli studenti fosse da rimarcare a tutti i costi; curiosa una stravagante pipa con
fornello a forma di teschio, utilizzata dagli studenti di medicina.
I Touch Screen disposti nelle varie aree illustrano in modo chiaro e funzionale argomenti diversi, tramite
un approccio multimediale che, pur completo ed esaustivo, sembra colmare le lacune di un’esposizione
piuttosto spoglia, affidata principalmente a vistosi abiti da cerimonia e ad antiche pubblicazioni a tema.
Interessante la sezione dedicata alle donne, dove una gigantesca mappa illustra la cronologia delle prime
laureate presso gli atenei di tutto il mondo. Si apprendono così i nomi di Elena L. Corsaro Piscaria,
prima laureata donna al mondo (1678 a Padova) e di Laura M. Bass (poi in Veratti), che diverrà
dottoressa a Bologna nel 1732 e sarà in seguito la prima docente d’Europa: una pubblicazione a lei
dedicata riporta “Rime di acclamazione per la celebratissima sua laurea” e fra i testi presenti incuriosisce
anche il “Regolamento degli studi di nobile e valorosa donna”.
Le ultime parti della mostra sono dedicate all’impegno politico degli studenti e alla cultura studentesca
all’interno del mondo universitario. Dall’impegno militare durante l’era napoleonica ai movimenti
riformisti del ’68, all’urlo di “Gui, Gui, tempi bui” (Luigi Gui era il ministro dell’istruzione) la sezione è
dominata da schermi che mostrano immagini dell’epoca e presentano un piano cronologico degli eventi
che mettono in contatto l’intera Europa e l’America, invasa dalla rivoluzione Hippy. Nell’ultima parte
invece, poco materiale rivolto alla goliardia, alle rappresentazioni teatrali studentesche e alle varie
iniziative, testimoniate per lo più da foto d’epoca che tappezzano l’intero ambiente.
Qui è anche possibile ammirare una raccolta in database (disponibile anche presso Alma@dl, il servizio
di database on-line dell’università di Bologna) un’interessantissima raccolta di giornali studenteschi, il cui
numero spropositato rende difficile la consultazione presso il museo, organizzati per testata e disponibili
Full Text (ovvero interamente leggibili) a schermo.
Pensato ed organizzato per dieci anni, il piccolo museo risponde agli obiettivi che si pone e sembra
trovare in Bologna, patria della prima università del mondo occidentale, la culla ideale, anche se, va
sottolineato, l’esposizione sembra funzionare principalmente grazie ad un ottimo lavoro multimediale che
fa degli ipertesti gli strumenti principali di conoscenza. In sostanza c’è un po’ poco da vedere e un po’
molto da approfondire a schermo; un vero peccato.
Simonluca Renda
La visita al museo è gratuita.