Appunti sulla questione di legittimità costituzionale della norma di … · 2017-06-16 · 1...

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1 Appunti sulla questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’ art. 6, comma 1 bis, del D.L. 263/06, conv. nella L. 290/06, sollevato con l’ordinanza n. 188/2008 dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sez. stacc. Catania, sez. interna III. Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sez. stacc. di Catania, sez. interna III, dubita, con l’ordinanza n. 188/2008, della legittimità costituzionale della norma di cui all’ art. 6, comma 1 bis, del D.L. 263/06, conv. nella L. 290/06, sotto diversi profili: A. Violazione artt. 2 e 3 Cost. – Violazione art. 32 Cost. – Violazione artt. 4, 35 e 36 Cost. – Violazione del principio dell’affidamento – Ingiustificata e manifesta disparità di trattamento. B. Irragionevolezza e abnormità della disposizione. Violazione dell’art. 3 Cost.. Violazione art. 97 Cost. . C. Violazione del principio di separazione dei poteri e violazione dell’art. 97 Cost., sotto altro profilo. D. Violazione artt. 24, 101, 102, 104 Cost. ( si segnala sin da ora che alla pagina 25 dell’ordinanza di rimessione la duplice menzione della “OPCM 3254/02” è da intendersi, per mero refuso, come “OPCM 3442/05”). E. Violazione art. 77, II comma, Cost. per carenza dei presupposti di necessità ed urgenza.

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Appunti sulla questione di legittimità costituzionale della norma di cui

all’ art. 6, comma 1 bis, del D.L. 263/06, conv. nella L. 290/06, sollevato

con l’ordinanza n. 188/2008 dal Tribunale amministrativo regionale per

la Sicilia, sez. stacc. Catania, sez. interna III.

Il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sez. stacc. di Catania, sez. interna III, dubita, con

l’ordinanza n. 188/2008, della legittimità costituzionale della norma di cui all’ art. 6, comma 1 bis, del

D.L. 263/06, conv. nella L. 290/06, sotto diversi profili:

A. Violazione artt. 2 e 3 Cost. – Violazione art. 32 Cost. – Violazione artt. 4, 35 e 36 Cost. –

Violazione del principio dell’affidamento – Ingiustificata e manifesta disparità di trattamento.

B. Irragionevolezza e abnormità della disposizione. Violazione dell’art. 3 Cost.. Violazione art.

97 Cost. .

C. Violazione del principio di separazione dei poteri e violazione dell’art. 97 Cost., sotto altro

profilo.

D. Violazione artt. 24, 101, 102, 104 Cost. ( si segnala sin da ora che alla pagina 25

dell’ordinanza di rimessione la duplice menzione della “OPCM 3254/02” è da intendersi,

per mero refuso, come “OPCM 3442/05”).

E. Violazione art. 77, II comma, Cost. per carenza dei presupposti di necessità ed urgenza.

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I) SULLE CENSURE PROSPETTATE DAL RIMETTENTE SUB B

( Irragionevolezza e abnormità della disposizione. Violazione dell’art. 3 Cost..

Violazione art. 97 Cost. )

E SUB C ( Violazione del principio di separazione dei poteri e violazione dell’art. 97

Cost., sotto altro profilo. )

IA) ASSOLUTA ABNORMITA’ DELLA DISPOSIZIONE . VIOLAZ IONE DEL

PRINCIPIO DI SEPARAZIONE DEI POTERI E VIOLAZIONE DE LL’ART. 97

COST..

Come è noto le norme di interpretazione autentica sopravvengono per chiarire quale delle possibili

interpretazioni della norma sia quella corretta.

Nel caso che ne occupa, la norma che si intende interpretare in realtà non esiste.

Ma prima di considerare più attentamente tale rilievo, va sottolineata la singolarità della norma di

pretesa interpretazione autentica, la quale pretende di essere interpretazione autentica di una

intera legge: “ La legge 24 febbraio 1992, n. 225, si interpreta nel senso che…” ( sic!). Ma il

motivo di tale abnormità è semplice e si spiegherà in seguito.

La norma invero così testualmente recita: “ La legge 24 febbraio 1992, n. 225, si interpreta nel

senso che le disposizioni delle ordinanze di protezione civile che prevedono il beneficio della

sospensione dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi, si

applicano esclusivamente ai datori di lavoro privati avente sede legale ed operativa nei comuni

individuati da ordinanze di protezione civile”.

Come già rilevato, la norma che si pretenderebbe interpretare in realtà non esiste.

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Infatti nessuno dei 21 articoli della L. 225/92 – istitutiva del Servizio nazionale della Protezione

civile – tratta di “ … ordinanze di protezione civile che prevedono il beneficio della sospensione

dei versamenti dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi assicurativi…”.

Esiste, in verità, un solo articolo 1 , il quinto, che, dopo avere previsto al primo comma la

decretazione dello stato di emergenza da parte del C.M., si limita a dare copertura di legge al

potere amministrativo delle c.d. Ordinanze di necessità ed urgenza, senza disporre alcunché

in ordine al contenuto delle stesse che, anzi, potranno operare invece “ …in deroga ad ogni

disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.”

Dunque non solo in tale norma non si fa cenno di ordinanze che dispongano la sospensione delle

ritenute previdenziali ma si consente, invece, al potere esecutivo di attribuire alle ordinanze di

1 Legge 24.02.1992, n. 225 Istituzione del Servizio nazionale della protezione civile.

Articolo 5 - Stato di emergenza e potere di ordinanza

1. Al verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del Ministro per il coordinamento della protezione civile, delibera lo stato di emergenza, determinandone durata ed estensione territoriale in stretto riferimento alla qualità ed alla natura degli eventi. Con le medesime modalità si procede alla eventuale revoca dello stato di emergenza al venir meno dei relativi presupposti.

2. Per l'attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico.

3. Il Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, può emanare altresì ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone o a cose. Le predette ordinanze sono comunicate al Presidente del Consiglio dei ministri, qualora non siano di diretta sua emanazione.

4. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, ovvero, per sua delega ai sensi dell'articolo 1, comma 2, il Ministro per il coordinamento della protezione civile, per l'attuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, può avvalersi di commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega dell'incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio.

5. Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate.

5-bis. Al fine del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, la situazione analitica dei crediti e dei debiti derivanti dalle operazioni poste in essere dai Commissari delegati, a qualsiasi titolo, anche in sostituzione di altri soggetti, deve essere rendicontata annualmente, nonche´ al termine della gestione, e trasmessa entro il 31 gennaio di ciascun anno alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, al Ministero dell'economia e delle finanze Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato e all'ISTAT per la valutazione degli effetti sui saldi di finanza pubblica. Per l'omissione o il ritardo nella rendicontazione si applica la sanzione prevista dall'articolo 337 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827, e successive modificazioni. (2)

6. Le ordinanze emanate ai sensi del presente articolo sono pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, nonché trasmesse ai sindaci interessati affinché vengano pubblicate ai sensi dell'articolo 47, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142. (1)

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protezione civile qualunque contenuto, purché diretto a fronteggiare le necessità dell’emergenza,

e con i soli limiti dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico.

E’ necessario a questo punto analizzare, seppure nei limiti delle finalità dello scritto, la natura di

tali ordinanze.

Le OO.P.C.M. in oggetto sono ordinanze che rientrano nella categoria delle c.d. ordinanze di

necessità ed urgenza che autorità amministrative , individuate da specifiche disposizioni

legislative, possono adottare in situazioni di particolare gravità o urgenza per far fronte alle

stesse. E proprio in quanto destinate a porre rimedio ad eventi eccezionali e straordinari,

come tali non prevedibili a priori dal legislatore, esse non sono predeterminate nel contenuto e

hanno la possibilità di derogare alla disciplina vigente in una determinata materia, nel rispetto

comunque dei principi generali dell’ ordinamento e segnatamente dei canoni costituzionali; detta

possibilità è riconosciuta in quanto trattasi di effetto non abrogativo bensì meramente derogatorio

rispetto alla legislazione ordinaria: le ordinanze de qua, infatti, non modificano né pongono nel

nulla la disciplina vigente ma ne sospendono l’applicazione in via temporanea e limitatamente a

taluni casi (tant’è che, cessato il vigore delle ordinanze medesime, le norme derogate riacquistano

automaticamente piena portata precettiva) .

Considerate tali caratteristiche e considerato altresì il problema della compatibilità con il tessuto

costituzionale del potere derogatorio della normativa vigente che si accompagna al potere di

ordinanza, le ordinanze in questione sono state oggetto di numerose pronunce della Corte

costituzionale ( Corte Cost. 02/07/56 n. 8; 27 maggio 1961, n. 26; 12/01/77 n. 4, 418/92 e 127/95 )

che ne hanno enucleato i requisiti di legittimità.

Trattasi, dunque, di atti che, pur essendo muniti della speciale forza derogatoria di cui si è

parlato, mantengono la natura degli atti amministrativi veri e propri , adottati da autorità

amministrative e come tali soggetti alla giurisdizione del G.A..

La legge n. 225/92, che contempla le ordinanze in oggetto - così come le altre leggi che

dispongono sulle ordinanze di necessità ed urgenza - si limita pertanto ad indicare l’organo che

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le può emanare e ad individuare nella necessità ed urgenza di provvedere il presupposto per

l’esercizio del relativo potere, senza nulla dire in ordine al loro contenuto.

E ciò proprio per consentire di lasciare nell’ambito del potere amministrativo la scelta degli

interventi più idonei alla disciplina della fattispecie concreta.

Dalle superiori considerazioni deriva ineluttabilmente:

A) Le Ordinanze di protezione civile sono atti amministrativi , emanati da autorità

amministrative, alle quali è rimesso, per legge, il potere di adottare, in assoluta libertà, i

provvedimenti ritenuti più opportuni per la singola situazione di emergenza, adottandone

i contenuti alla fattispecie per la quale si provvede.

B) Il potere di emanare tali ordinanze è rimesso al potere esecutivo il quale incontra, nel

determinarne il contenuto, i soli limiti della motivazione, della pubblicazione, e del rispetto dei

principi fondamentali dell’ordinamento.

C) Le Ordinanze relative alla sospensione delle ritenute previdenziali costituiscono uno dei

molteplici aspetti degli interventi di protezione civile rimessi alla disciplina del potere

esecutivo.

D) D’altronde che la disciplina del contenuto di tali ordinanze non appartenga al potere

legislativo ma a quello esecutivo è dimostrato dall’assunto dal quale abbiamo preso le

mosse e cioè che nella L. 225/92 non esiste alcuna disposizione che disciplini il contenuto

delle ordinanze di protezione civile né, tantomeno, che disciplini le ordinanze di

sospensione delle ritenute previdenziali ed assistenziali.

E) Dunque non solo non esiste la norma che si intenderebbe interpretare ma addirittura il

potere legislativo non ha neanche il potere di disciplinare tali fattispecie essendo questo

rimesso al potere esecutivo.

Va pertanto affermato che la norma della cui Q.L.C. si tratta non solo è irragionevole ed

abnorme ma viola anche il fondamentale principio di separazione dei poteri dello Stato.

In tal senso ha correttamente osservato il Giudice rimettente ( pag. 23 ordin.188/08 T.a.r. Catania,

sez. III) circa lo straripamento del potere legislativo : “ … Laddove il legislatore, invece,

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interviene con una norma di legge finalizzata a revocare atti sostanzialmente e formalmente

amministrativi … di fatto invade il campo di competenza dell’Amministrazione ossia del potere

esecutivo …”.

E ancora “…Appare dunque evidente che il vero scopo del legislatore non è quello di risolvere una

ambiguità interpretativa, ma di rivedere l’avvenuto esercizio del potere amministrativo di

protezione civile, discriminando ex post, tra più soggetti aventi originariamente titolo a ricevere le

relative prestazioni, quali mantenere nel novero degli interventi medesimi di protezione civile e

quali escludere, attività queste, come si vede, del tutto incompatibili con l’ordinario intervento del

legislatore, perché di amministrazione attiva e quindi di competenza dell’Esecutivo.”

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Detto straripamento risulta evidente anche considerando una circostanza che direttamente

investe la Corte delle Leggi.

Valga il vero.

L’odierna Q.L.C. e quella sollevata dal Tar Molise con le ordinanze r.o. 687 – 691/2007 e r.o.

54/2008, pur avendo ad oggetto la medesima norma di cui all’art. 6, comma 1 bis del D.L.

263/06, conv. nella L. 290/06, provengono in verità da giudizi nei quali non si tratta affatto di

applicare la norma pretesamente interpretata da quella sottoposta a scrutinio di l.c. - e cioè la L.

225/92 - ma piuttosto norme contenute in diverse e distinte Ordinanze di protezione civile e

cioè, come si è visto, in atti amministrativi veri e propri: in particolare n ei giudizi del Tar

Molise la norma di cui all’art. 7 dell’ O.P.C.M. 3253 del 2002 mentre nel giudizio pendente

innanzi al Tar Catania la norma di cui all’art. 5 dell’O.P.C.M. 3254 del 2002. Dunque norme

formulate anche, come è ovvio, in maniera differente l’una dall’altra, trattandosi di realtà

territoriali diverse.

Dunque rimane confermato ictu oculi quanto osservato dal Giudice rimettente ( pag. 23 ordin.

): “…La dimostrazione dell’avvenuto straripamento di potere legislativo si trova nella lettera della

norma di cui alla legge 225/92 che non disciplina direttamente benefici quali quelli oggetto

dell’art. 6 bis varie volte citato, con la conseguenza che manca l’oggetto dell’interpretazione

autentica ( ossia la norma ambigua), risolvendosi l’efficacia della norma interpretativa in una

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correzione materiale dell’ambito di applicazione della L. 225/92 e, per mezzo di essa, si rivela

direttamente finalizzata a revocare i suoi provvedimenti applicativi, nella parte di interesse”

IB) VIOLAZIONE ART. 3 COST. PER CONTRASTO CON IL PR INCIPIO DI

RAGIONEVOLEZZA.

A) E’ evidente come la discriminazione tra datori di lavoro pubblici e privati sia priva di

alcuna giustificazione in siffatta materia nella quale si discute di agevolazioni destinate a

popolazioni colpite da calamità naturali che – notoriamente – non distinguono affatto tra

lavoratori privati e quelli del pubblico impiego nel momento in cui colpiscono ….

B) E che la sospensione dell’obbligo contributivo per il datore di lavoro implichi

automaticamente e conseguentemente l’insorgenza del diritto del lavoratore alla

retribuzione piena è stato ripetutamente insegnato dalla S.C.. Infatti la normativa con la

quale viene prevista la sospensione dell’obbligo contributivo – come nella fattispecie che

ne occupa - appare di univoco significato. Ne deriva che il datore di lavoro, in

applicazione della detta normativa, deve sospendere le ritenute a carico del lavoratore. Il

tenore letterale della norma, che fa riferimento ad uno specifico periodo di sospensione

che ha un termine iniziale ( novembre 2002) ed uno finale ( marzo 2004), indica che, nel

detto periodo, non sussiste l’obbligo contributivo. Intercorrendo il rapporto contributivo

esclusivamente tra il datore di lavoro e l’Ente previdenziale, è il primo che, in

applicazione della normativa che prevede la sospensione, non deve effettuare i relativi

versamenti e, qualora continui invece ad effettuarli, avrà azione di ripetizione

dell’indebito nei confronti dell’Ente previdenziale. Infatti, per effetto della detta

sospensione, sorge automaticamente in capo ai lavoratori il diritto soggettivo alla

integrità della retribuzione, non decurtata delle ritenute previdenziali. Diritto che

dovrà essere esercitato negli ordinari termini di prescrizione dei crediti retributivi,

trattandosi, per l’appunto, di quote di retribuzione che non dovevano essere

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trattenute al lavoratore ( cfr. in termini: Cass.civ. sez.lav. sent. n. 8905 del 19/8/91,

Cass.civ. sez.lav. n. 1536 del 17/2/94, Cass.civ. sez.lav. sent. n. 12837 del 27/12/93, Cass.

Civ. sez. lav. Sent. n. 13936 del 25/9/2002, Cass.civ. sez. lav. Sent. n. 12855 del

15/12/1995).

C) D’altronde la stessa Suprema Corte in varie occasioni (vedi Cass. Civ. 7781 del 3/8/90 e

Cass. 8477 dell1/8/91) ha individuato la “…ratio del beneficio dell'esonero

contributivo… nell'intento di assicurare a lavoratori, colpiti dalla calamità naturale …,

la retribuzione, non decurtata da oneri contributivi, per meglio affrontare i disagi

conseguenti.”).

D) Da quanto sopra discende che la norma in epigrafe, prevedendo che la sospensione

contributiva operi solo a favore dei datori di lavoro privati, sancisce il diritto alla

retribuzione piena ( in quanto non decurtata degli oneri contributivi) solo in favore

dei lavoratori privati escludendo così i lavoratori pubblici dal detto beneficio.

E) Ne deriva la già dedotta disparità di trattamento, che appare del tutto illogica ed in

evidente contrasto con il canone costituzionale di ragionevolezza.

IC) SULLA NATURA INNOVATIVA E NON MERAMENTE INTERPRETATIVA DELLA

NORMA DI CUI ALL’ ART. 6 COMMA 1 BIS DEL D.L. 263/ 06 CONV. NELLA L. 290/06.

I

Ribadite e richiamate le deduzioni circa la abnormità della norma della cui L.C. si tratta, va

osservato che la suprema Corte di Cassazione si è già ampiamente pronunziata circa la portata

ermeneutica di una disposizione relativa al beneficio della sospensione delle ritenute previdenziali

ed assistenziali, formulata testualmente allo stesso modo della disposizione invocata dagli

odierni ricorrenti, escludendo recisamente che essa potesse interpretarsi nel senso di escludere

dal beneficio i lavoratori del pubblico impiego.

Valga il vero.

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Nel 1984 veniva emanato il Decreto legge 26.05.1984, n. 159, convertito in legge, con

modificazioni, dalla L. 24 luglio 1984, n.363

recante : “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dai movimenti sismici del 29

aprile 1984 in Umbria e del 7 ed 11 maggio 1984 in Abruzzo, Molise, Lazio e Campania.”

All’art. 13 Quinquies [Sospensione di pagamento delle imposte dirette e dei contributi] si

disponeva che:

“1. Sono sospesi i pagamenti di imposte dirette e contributi dovuti dai soggetti residenti, alla data

degli eventi, nei comuni colpiti dai terremoti di cui al presente decreto, individuati con ordinanza

del Ministro per il coordinamento della protezione civile, fino al 31 dicembre 1985”

Chiamata ad interpretare il portato di detta norma la suprema Corte statuiva che:

“A norma dell'art. 12 delle preleggi, nell'interpretazione delle norme giuridiche si può procedere

alla ricerca della effettiva mens legis, sul presupposto che il legislatore abbia inteso sancire una

norma diversa da quella che e` resa manifesta dalla sua dizione letterale, solo nel caso in cui la

lettera della legge non sia chiara ed inequivoca. (Nella specie, alla stregua di tale principio, la s.c.

ha confermato la sentenza con la quale i giudici del merito, in base al testuale disposto dell'art.

13 quinquies del DL n. 159 del 1984 - concernente interventi urgenti in favore delle popolazioni

colpite dai movimenti sismici del 29 aprile 1984 in umbria - avevano ritenuto che l'ivi disposta

sospensione dei pagamenti di contributi previdenziali si riferisse a tutti i soggetti residenti nei

comuni della regione suddetta, senza che potesse distinguersi fra quelli pubblici e quelli privati e,

pertanto, anche ad una societa` concessionaria di un servizio di trasporto pubblico).”

Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile, Sentenza 20.03.1990, n. 2309.2

Dunque se per una norma formulata esattamente alla stessa stregua di quella istitutiva

dell’odierno beneficio la Corte di Cassazione ha statuito venti anni addietro che essa non può

interpretarsi nel senso di escludere i lavoratori pubblici e cioè proprio nel senso voluto invece 2 Ed ancora: Corte di Cassazione Sezione Lavoro civile, Sentenza 26.09.1988, n. 5247

“Il disposto dell'art. 13 quinquies della legge 24 luglio 1984 n. 363, di conversione del D.L. 26 maggio 1984 n. 159 che - nel

prevedere interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dai movimenti sismici del 29 aprile 1984 in umbria - dispone la

sospensione dei pagamenti delle imposte dirette e dei contributi previdenziali, si riferisce indifferentemente a tutti i soggetti

residenti nei comuni della regione umbria colpiti dal terremoto, senza che possa distinguersi tra quelli pubblici e quelli

privati, e pertanto si applica anche ad una societa' privata ancorche' concessionaria di un servizio di pubblico trasporto”.

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dal disposto dell’ ART. 6 COMMA 1 BIS DEL D.L. 263/06, possiamo con certezza affermare

che quest’ultima non ha natura interpretativa ma sicuramente innovativa.

Del resto tale assunto è confermato dal supremo consesso di G.A. che, con la recente

sentenza n. 1049 del 15/12/2008 ha insegnato che : “ Nella fattispecie, quindi, all’art. 6, comma 1

bis, del D.L. n. 263/2006 non può essere riconosciuto carattere interpretativo, in quanto

introduce disposizioni nuove e contrastanti con le precedenti; con la conseguenza che la norma

può trovare applicazione con riferimento alle ordinanze di protezione civile da emanarsi

successivamente alla sua entrata in vigore.”

In altre parole, costituendo “diritto vivente” l’in terpretazione secondo la quale la norma così

formulata include i pubblici dipendenti tra i suoi destinatari, la norma della cui q.l.c. oggi si

tratta è, per l’appunto, innovativa e non interpretativa 3.

3 Vedi in termini Cons. G.A. reg. Sicilia, sent. 1049/2008: “… In primo luogo, va negato il carattere interpretativo all’art. 6, comma

1 bis, del D.L. n. 263/2006. I caratteri della legge interpretativa sussistono quando, rimanendo immutato il tenore testuale della disposizione interpretata, se ne

chiarisca o precisi il significato o si privilegi, rendendola vincolante, una tra le tante interpretazioni possibili, essendo sufficiente che la scelta ermeneutica imposta dalla legge rientri fra le varianti compatibili con il tenore letterale del testo interpretato, stabilendo un significato che ragionevolmente poteva essere ascritto alla legge anteriore (Cons. Stato, sez. IV, 27 marzo 2008, n. 1268).

Come ritenuto con decisione n. 258/07 di questo Consiglio - che ha confermato la predetta sentenza del TAR Sicilia - Catania, III sez. 26 gennaio 2006, n. 95 - in ordine ai soggetti beneficiari, il comma 1 dell’art. 5 dell’O.P.C.M. n. 3254 del 2002, dispone che “nei confronti dei soggetti residenti, aventi sede legale od operativa nel territorio di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 ottobre 2002 sono sospesi, fino al 31 marzo 2003, i versamenti dei contributi di previdenza e di assistenza sociale e dei premi per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, ivi compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti, ...”. “Pare evidente che, nel contesto di tale disposizione, l’espressione “la quota a carico dei lavoratori dipendenti” non intenda escludere alcun dipendente, sia esso pubblico che privato.”

Peraltro, la stessa amministrazione appellante si era ripetutamente espressa nel senso che i beneficiari in questione fossero tutti i soggetti residenti nel territorio considerato (v. in atti le note del dipartimento della protezione civile nn. 53516 del 24 novembre 2004, 57247 del 15 dicembre 2004 e 58899 del 27dicembre 2004).

Nella fattispecie, quindi, all’art. 6, comma 1 bis, del D.L. n. 263/2006 non può essere riconosciuto carattere interpretativo, in quanto introduce disposizioni nuove e contrastanti con le precedenti; con la conseguenza che la norma può trovare applicazione con riferimento alle ordinanze di protezione civile da emanarsi successivamente alla sua entrata in vigore.”

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II

La Corte Costituzionale ha ripetutamente cassato norme non rispettose del principio di

ragionevolezza e dell’affidamento dei cittadini nella certezza delle situazioni giuridiche. 4

Ora, con riferimento all’art.6 comma 1 bis della legge 290/06, non v’è dubbio che la stessa ha

dettato una soluzione applicativa a carattere innovativo e assolutamente imprevedibile;

quindi, si pone in evidente contrasto con i principi ripetutamente espressi dalla Consulta. Ciò,

sia che l’opzione interpretativa si voglia riferire alla l.225/92 ( pur non contemplando tale testo

normativo alcuna disposizione in materia di sospensione contributiva), sia che, a dispetto del

riferimento testuale alla l.225/92, si voglia considerare quale norma effettivamente interpretata

4 “Per costante insegnamento della Corte costituzionale, il ricorso da parte del legislatore a leggi di interpretazione

autentica non può essere utilizzato per mascherare norme effettivamente innovative dotate di efficacia retroattiva, in

quanto così facendo la legge interpretativa tradirebbe la funzione che le e' propria: quella di chiarire il senso di norme

preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili varianti di senso compatibili col tenore letterale. Tale carattere

interpretativo deve peraltro desumersi non già dalla qualificazione che tali leggi danno di se stesse, quanto invece dalla

struttura della loro fattispecie normativa, in relazione cioè ad "un rapporto fra norme - e non fra disposizioni - tale che il

sopravvenire della norma interpretante non fa venir meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano fra loro dando

luogo a un precetto normativo unitario" (sentenza 397/1994; conformi 376/1995, 6/1994, 424/1993, 402/1993, 455/1992,

454/1992, 205/1991, 163/1991, 380/1990, 155/1990, 413/1988, 233/1988, 178/1987, 39/1993);

“Per poter essere riconosciuta tale, la legge di interpretazione autentica deve rispondere alla funzione che le e' propria, che

e' quella di chiarire il senso di norme preesistenti, ovvero di imporre una delle possibili varianti di senso compatibili col tenore

letterale.

La riconosciuta natura effettivamente interpretativa di una legge non e' sufficiente ad escludere che la stessa determini

violazioni costituzionali. La sovrana volontà del legislatore nell'emanarla incontra infatti una serie di limiti, da tempo

individuati dalla Corte costituzionale, attinenti alla salvaguardia, oltre che di norme costituzionali, di fondamentali valori di

civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto

del principio generale di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento, la tutela

dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto, e il rispetto delle funzioni

costituzionalmente riservate al potere giudiziario” (sentenza 311/1995; conformi sentenze nn.6/1994, 424/1993, 283/1993,

440/1992, 429/1993 e 822/1988, 123/1987);

“E' costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l'art. 3 Cost., l'art. 21, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133. La

disposizione censurata e' infatti norma di interpretazione autentica con efficacia retroattiva, e l'efficacia retroattiva della

legge di interpretazione autentica e' soggetta, tra gli altri, al limite del rispetto del principio dell'affidamento dei consociati

nella certezza dell'ordinamento giuridico, principio che trova applicazione anche in materia processuale, e che nel caso di

specie deve ritenersi violato in conseguenza della non prevedibilita' della soluzione interpretativa adottata dal legislatore,

rispetto a quelle affermatesi nella prassi” (sentenza 525/2000; conformi 416/1999, 111/1998).

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quella di cui all’ordinanza di protezione civile n.3254/02 (prevedendo essa un’esplicita e

inequivocabile inclusione dei lavoratori tra i destinatari del beneficio in questione).

II) IN MERITO ALLE CENSURE PROSPETTATE DAL RIMETTENTE S UB A (

Violazione artt. 2 e 3 Cost. – Violazione art. 32 Cost. – Violazione artt. 4, 35 e 36 Cost. –

Violazione del principio dell’affidamento – Ingiustificata e manifesta disparità di trattamento.)

E SUB D ( Violazione artt. 24, 101, 102, 104 Cost. ).

II A) LA FATTISPECIE.

I ricorrenti innanzi al Giudice a quo sono Vigili del fuoco, in servizio nella provincia di Catania al

verificarsi delle calamità naturali del 2002.

Nel mese di luglio del 2001 il territorio della provincia di Catania veniva interessato da eventi

tellurici dipendenti dall’attività eruttiva del vulcano Etna, con fenomeni anche di emissioni gassose

e di lapilli e cenere.

Il 27/10/2002 l’intero territorio della provincia di Catania veniva nuovamente interessato da

eventi tellurici di notevole intensità, parimenti accompagnati da fenomeni di emissione abbondante

di cenere lavica, getti di gas e frammenti solidi dal vulcano Etna, che si protraevano per diversi

mesi.

La “cenere”, in particolare, provocava in modo generalizzato danni oltre che alla salute anche ai

beni della gran parte della popolazione della provincia di Catania.

13

Per far fronte agli eventi calamitosi sopra evidenziati, le Autorità di protezione civile nazionale

adottavano varie misure intese, in particolare, ad alleviare i disagi delle popolazioni colpite dagli

eventi stessi.

Infatti il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23.07.2001 dichiarava, ai sensi e

per gli effetti dell’art. 5, comma 1, della legge 24.02.1992 n°225, lo “stato di emergenza nel

territorio della provincia di Catania”, mentre altri e vari provvedimenti attuavano misure diverse per

favorire la ripresa delle attività ordinarie delle popolazioni direttamente, e più gravemente, colpite

dagli eventi calamitosi menzionati.

In particolare tali ultimi provvedimenti accordavano, in deroga alla ordinaria disciplina di legge,

provvidenze economiche e benefici vari in favore delle popolazioni dei Comuni colpiti, prevedendo

anche, la sospensione “dei pagamenti dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, ivi

compresa la quota dei contributi a carico dei dipendenti”.

Tuttavia tale provvedimento era limitato in favore dei soggetti residenti nei comuni

specificamente individuati con atto del Prefetto di Catania e che dimostrassero di avere subito

danni agli immobili.

Frattanto lo stato di “emergenza”, inizialmente dichiarato sino al 31.12.2001, veniva

progressivamente prorogato, sempre in forza di decreti ai sensi dell’art. 5, comma 1 legge

24.02.1992 n°225.

***

Gli eventi calamitosi dell’ottobre 2002 ed a seguire dei mesi successivi, atteso il generale

coinvolgimento della popolazione della intera provincia di Catania, che ne era gravemente colpita,

imponevano misure adeguate di carattere più generale rispetto a quelle sopra cennate.

Infatti, mentre con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29.10.2002 (Gazz. Uff.

04.11.2002 n°258) veniva dichiarato, sempre ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 1 L.

n°225/92, “lo stato di emergenza nel territorio della provincia di Catania, in conseguenza dei gravi

fenomeni eruttivi connessi all’attività vulcanica dell’Etna e degli eventi sismici concernenti la

medesima area”, con successiva Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 29.11.2002

14

n°3254 (Gazz. Uff. 06.12.2002 n° 286), parimenti adottata ai sensi e per gli effetti dell’art. 5 L.

n°225/92, nonché ai sensi dell’art. 2, comma 2, del coevo decreto-legge 04.11.2002 n°245 (poi

successivamente convertito, con modifiche, in legge 27.12.2002 n°286), si provvedeva ad adottare

una serie di misure concrete in favore delle popolazioni colpite, al fine di alleviare i disagi provocati

dagli eccezionali eventi calamitosi.

Tale ultima Ordinanza, in particolare, dopo avere, nel preambolo, dato atto del dichiarato stato di

emergenza “nel territorio della provincia di Catania”, e “ravvisata la necessità di disporre

l’attuazione di interventi urgenti finalizzati a fronteggiare l’emergenza in atto, in deroga alla

vigente normativa”, così precisamente disponeva, per quanto qui interessa, all’art. 5: << 1. Nei

confronti dei soggetti residenti, aventi sede legale od operativa nel territorio di cui al decreto del

Presidente del Consiglio dei Ministri del 29 ottobre 2002 [vale a dire il territorio della provincia

di Catania, n.d.a.] sono sospesi, fino al 31 marzo 2003, i versamenti dei contributi di previdenza

e di assistenza sociale (…), ivi compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti, (…). Per lo

stesso periodo sono sospesi i termini per l'effettuazione degli adempimenti connessi al versamento

dei contributi di cui sopra.

2. La riscossione dei contributi previdenziali ed assistenziali (…), non corrisposti per effetto della

sospensione di cui al comma 1 avverrà mediante rate mensili pari a otto volte i mesi interi di

durata della sospensione. Gli adempimenti non eseguiti per effetto della sospensione di cui al

comma 1 sono effettuati entro il secondo mese successivo al termine della sospensione, mentre le

rate di contributi sono versate a partire dal terzo mese successivo alla sospensione stessa.>>.

La sospensione del versamento dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, ivi

compresa la quota a carico del lavoratore, inizialmente fissata “al 31.03.2003”, veniva poi

prorogata “fino al 31.03.2004” 5.

5 In forza dell’ Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri del 18.04.2003 n°3282 (Gazz. Uff. 30.04.2003 n° 99), il cui art. 14,

comma 2, così dispone: << 2. La sospensione dei termini di cui all' art.5, commi 1 (…) dell’ordinanza n.3254/2002 è prorogata fino al

31 marzo 2004 (….). 3. La riscossione dei contributi e dei premi avviene con le modalità di cui al comma 2 dell' art.5 dell’ordinanza del

Presidente del Consiglio dei Ministri n.3254/2002.>>.

15

***

I ricorrenti del giudizio a quo chiedevano l’applicazione del beneficio della sospensione delle

ritenute previdenziali ed assistenziali e l’immediata restituzione di quelle trattenute sullo stipendio

dal novembre 2002.

L’Amministrazione, in applicazione della normativa sopra citata nonché della Nota Presid.

Cons. Min. del 24/11/2004, con la quale si confermava l’estensione del beneficio alla intera

Provincia di Catania ( interpretazione peraltro in seguito ribadita nella Nota Presid. Cons. Min.

del 15/12/2005 e dalla nota del 27.12.2004 prot. DPC/CG/58899 con la quale si riscontrava la

nota 13.12.2004 prot. 930/serv. Cont. e Gest. Finaz., del Prefetto di Catania) ed ancora della

Nota operativa dell’Inpdap n.2 del 14/01/05, provvedeva alla detta sospensione ed alla

restituzione delle quote di retribuzione illegittimamente trattenute.

Quanto alle modalità e tempi di riscossione dei contributi sospesi l’art. 5 comma due della

citata O.P.C.M. infatti disponeva che sarebbe avvenuta “…mediante rate mensili pari ad otto

volte i mesi interi di durata della sospensione”. Dunque, in considerazione del rinvio del termine

finale di scadenza della sospensione al 31/3/2004, i mesi interi di durata della sospensione

risultavano sedici ( dal 5/11/2002 al 31/3/2004); moltiplicati per otto, ammontavano ad un totale di

128, che dovevano pertanto costituire il numero di rate con le quali si sarebbe dovuto

provvedere a pagare il debito previdenziale maturato.

L’INPDAP, dal canto suo, era giunta – come detto - a dare, su tale materia, indicazioni

operative, tenendo conto del ritardo col quale i datori di lavoro pubblici avevano variamente

dato attuazione alla “sospensione”.

16

Si indicano, in proposito, la nota operativa INPDAP n°66 del 27.01.2004 e la nota operativa

n°2 del 14.01.2005 6.

***

Senonché sopravveniva l’OPCM del 10.06.2005 n°3442 (in GURI n°139 del 17.06.2005) con la

quale:

a) veniva, a quasi tre anni dal verificarsi degli eventi calamitosi, modificato l’ambito

territoriale di estensione del beneficio in parola, limitandolo ad alcuni comuni della Provincia di

Catania;

b) veniva limitato esclusivamente in favore dei datori di lavoro privati, aventi sede legale o

operativa nei comuni individuati, il beneficio della sospensione dei contributi di previdenza

ed assistenza di cui all’art. 5 dell’OPCM del 29.11.2002 n°3254;

c) veniva conferito agli enti previdenziali il potere di disciplinare le modalità di recupero dei

contributi sospesi nel caso dei datori di lavoro privati ammessi al beneficio mentre i datori di

lavoro di coloro che avevano comunque beneficiato della sospensione venivano gravati

dell’onere della ripetizione delle somme sospese, attraverso un piano di rientro della durata

massima di ventiquattro mesi;

d) veniva abrogato, dalla data di entrata in vigore dell’Ordinanza, l’art. 5 dell’OPCM

n°3254/2002, nella parte in contrasto con le nuove disposizioni.

***

6 Con tale ultimo atto l’Ente previdenziale chiaramente aveva individuato “…come beneficiari della sospensione

contributiva tutti i soggetti residenti, aventi sede legale od operativa nel territorio della provincia di Catania, area per la

quale è stato dichiarato lo stato di emergenza con decreto del Presidente del Consilglio dei Ministri del 29 ottobre 2002”.

17

L’OPCM n°3442/05 suscitava, invero, grande sorpresa e clamore tra le popolazioni

interessate, tenuto conto che sull’intera vicenda la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in seno

alla Nota del 24/11/2004, aveva confermato che “… le agevolazioni in esame, come si evince

chiaramente dal disposto normativo summenzionato, sono state disposte a favore di tutti i soggetti

residenti, aventi sede legale ed operativa nel territorio di cui al Decreto del Presidente del

Consiglio dei Ministri del 29 ottobre 2002, con il quale è stato dichiarato lo stato di emergenza

nel territorio della Provincia di Catania, in conseguenza dei gravi fenomeni eruttivi connessi

all’attività vulcanica dell’Etna e degli eventi sismici concernenti la medesima area.”.

***

Con vari ricorsi presentati innanzi al TAR Sicilia-Catania, molti dipendenti pubblici non

contrattualizzati ( militari e forze dell’ordine) i mpugnavano la citata OPCM n°3442/05, sulla

base di vari articolati motivi.

Infatti l’O.P.C.M. n. 3442 del 10/6/2005, intervenendo ex post – a distanza di oltre un anno dal

termine finale di scadenza del beneficio e quindi ampiamente durante il corso del periodo di

restituzione rateale del debito previdenziale - stravolgeva completamente i termini della vicenda,

modificando sia i destinatari sia l’ambito territor iale di efficacia sia la durata del periodo di

restituzione.

I dipendenti pubblici ricorrenti rimanevano, dunque, in forza della citata Ordinanza, esclusi dal

beneficio in parola e costretti a restituire le somme percepite in un termine massimo di mesi 24

piuttosto che in 128.

Il T.a.r. Catania, a seguito di tali ricorsi, emanava le sentenze nn. 95 e 97/06 con le quali la

detta Ordinanza n. 3442/05 veniva annullata, in accoglimento di tutti i motivi di

impugnazione.

Le Amministrazioni resistenti frapponevano appello al C.G.A. che, con le sentenze nn. 257 e

258/07 definitivamente confermava interamente le sentenze del Tar Catania.

18

*****

Senonché sopravveniva la norma di interpretazione autentica di cui all’ art. 6, comma 1 bis,

del D.L. 263/06 conv. nella l. 290/06, la quale, riproducendo sostanzialmente il contenuto della

OPCM 3442/05, definitivamente annullata in via giurisdizionale, intendeva escludere ex post i

dipendenti pubblici dal beneficio in parola.

Dunque le Amministrazioni – essendo state in tal senso compulsate dall’Inpdap - con la

retribuzione del mese di marzo del 2007 provvedevano ad iniziare il recupero dei contributi

sospesi in 24 rate.

Dal che il ricorso dei dipendenti al T.a.r. Catania, il quale sollevava la detta Q.L.C. .

II B) SULLA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AFFIDAMEN TO. SULLA

INGIUSTIFICATA E MANIFESTA DISPARITÀ DI TRATTAMENTO .

SULLA VIOLAZIONE DEGLI EFFETTI ESTERNI DEL GIUDICAT O

Nella fattispecie che ne occupa viene dunque sostanzialmente negato il beneficio della sospensione

delle ritenute previdenziali, in quanto, pur se già erogato, se ne pretende la pressoché immediata

restituzione.

Per tale ragione appare evidente la violazione del principio dell’affidamento prospettato dal rimettente.

Infatti il Ministero dell’Economia aveva in un primo tempo riconosciuto l’esistenza della posizione

giuridica in capo ai lavoratori, consistente nel diritto alla retribuzione piena atteso che, in ipotesi di

sospensione degli obblighi contributivi, sorge come effetto immediato il diritto soggettivo dei

lavoratori alla retribuzione piena. Sul punto la S.C. ( Cass. Civ. 7781 del 3/8/90 e Cass. 8477

dell1/8/91) oltre ad avere individuato la “…ratio del beneficio dell'esonero contributivo… nell'intento di

assicurare a lavoratori, colpiti dalla calamità naturale …, la retribuzione, non decurtata da oneri

contributivi, per meglio affrontare i disagi conseguenti….” , ha sempre insegnato che il datore di lavoro

19

può operare la trattenuta previdenziale a titolo di rivalsa sulla retribuzione del lavoratore strettamente

nei limiti sanciti dalle norme sui versamenti previdenziali ed il lavoratore che ritenga illegittima la

trattenuta può agire nei suoi confronti per ottenere la parte di retribuzione non percepita ed in relazione a

tale credito di lavoro ha diritto ad interessi e rivalutazione.7

Sul punto va anche richiamata Cassazione Sezione Lavoro civile, Sentenza 19.08.1991, n. 8905,

attinente proprio ad una questione di sospensione degli obblighi contributivi per effetto di legislazione di

emergenza per calamità naturali, che ha insegnato che “Fra i datori di lavoro, i cui dipendenti sono

esonerati, ai sensi dell'art. 4, comma primo, "septies", del d.l. 3 aprile 1985 n. 114 (convertito con

legge n. 211 del 1985), dal pagamento della quota di contributi previdenziali ed assistenziali a loro

carico, rientra anche un'azienda di pubblico trasporto, tenuto conto che la norma non distingue fra

datori di lavoro, a seconda che operino in regime di concorrenza o di monopolio, e prevede un

beneficio rivolto ad alleviare il disagio dei lavoratori residenti in localita` colpite dal bradisismo.”

Quanto, poi, alla riscossione dei contributi non corrisposti per effetto della sospensione, la normativa

di cui all’art. 5, comma due, della OPCM 3254/02, prevedeva che i datori di lavoro, nel caso che ne

occupa, avrebbero dovuto effettuare le trattenute contributive per i contributi sospesi in 128 rate

mensili.

7 ( cfr. Cass. civ. sez. lav. 15/12/95 n. 12855, Cass. civ. sez. lav. 17/02/94 n. 1536, Cass. civ. sez. lav. 02/11/96 n. 10181, Cass. civ. sez. lav. 21/12/98 n.

12758, Cass. civ. sez. lav.16/06/01 n. 8175). Così Cass. civ. sez. lav. 16/06/2001 n.8175: “In buona sostanza, le somme in questione, di cui occorrerebbe

chiedere non tanto la restituzione quanto il pagamento per effetto del parziale adempimento della relativa obbligazione del datore di lavoro, hanno mera

natura retributiva, con la conseguenza, quale inevitabile corollario, della legittimazione passiva del datore di lavoro alla richiesta di adempimento (Cass. nn.

12855/95, 01536/94 e 12842/93) in considerazione del diritto (causa petendi) alla integrità della retribuzione, non decurtabile a titolo di rivalsa se non nei

rigorosi limiti della reale sussistenza (nell'an e nel quantum) dell'obbligazione contributiva adempiuta, e per ottenere (petitum) direttamente dallo stesso

datore di lavoro la quantità di retribuzione non corrisposta perché trattenuta, a quel titolo, oltre i limiti cui in realtà era tenuto (Cass. nn. 12855/95,

12837/93, 10181/96)”.

20

Come riferito in fatto, tale normativa è tuttora vigente, atteso che la successiva OPCM 3442/05 - che,

escludendo ex post i dipendenti pubblici dal beneficio, prevedeva nei confronti di questi la ripetizione

dell’indebito in 24 rate – è stata annullata dal Giudice amministrativo.

Con le sentenze nn. 257 ( vedi docc. sub 2) e 258/07, depositate il 12/04/07, il CGA ha rigettato infatti

l’appello e per l’effetto ha confermato le sentenze del Tar Catania nn. 95 e 97 del 2006 che, così, sono

passate in cosa giudicata.

Le OO.P.C.M. in oggetto sono ordinanze che rientrano nella categoria delle c.d. ordinanze di necessità

ed urgenza che autorità amministrative , individuate da specifiche disposizioni legislative, possono

adottare in situazioni di particolare gravità o urgenza per far fronte alle stesse. E proprio in

quanto destinate a porre rimedio ad eventi eccezionali e straordinari, come tali non prevedibili a

priori dal legislatore, esse non sono predeterminate nel contenuto e hanno la possibilità di derogare

alla disciplina vigente in una determinata materia, nel rispetto comunque dei principi generali dell’

ordinamento e segnatamente dei canoni costituzionali; detta possibilità è riconosciuta in quanto trattasi

di effetto non abrogativo bensì meramente derogatorio rispetto alla legislazione ordinaria: le ordinanze

de qua, infatti, non modificano né pongono nel nulla la disciplina vigente ma ne sospendono

l’applicazione in via temporanea e limitatamente a taluni casi (tant’è che, cessato il vigore delle

ordinanze medesime, le norme derogate riacquistano automaticamente piena portata precettiva.

Considerate tali caratteristiche e considerato altresì il problema della compatibilità con il tessuto

costituzionale del potere derogatorio della normativa vigente che si accompagna al potere di ordinanza,

le ordinanze in questione sono state oggetto di numerose pronunce della Corte costituzionale ( Corte

Cost. 02/07/56 n. 8; 27 maggio 1961, n. 26; 12/01/77 n. 4 ) che ne hanno enucleato i requisiti di

legittimità.

E’ opportuno, a tal punto, ricordare che, a differenza degli atti e provvedimenti amministrativi

generali, le ordinanze in oggetto sono espressione di una potestà normativa attribuita

all'Amministrazione, e disciplinano – pur se temporaneamente - i rapporti giuridici, con precetti

aventi i caratteri della generalità e dell'astrattezza.

L’annullamento di tali OOPCM ad opera del G.A. ne determina – visto il contenuto delle relative

disposizioni, chiaramente riferite in modo generale, indeterminato e astratto a tutti i soggetti che si

21

trovano in una determinata situazione - la totale loro scomparsa dal mondo giuridico e il ripristino, nei

confronti di tutti i destinatari delle norme in esse contenute, delle pregresse disposizioni 8

Nel caso che occupa, l’annullamento dell’OPCM 3442/05 determina la reviviscenza delle norme

contenute nella OPCM 3254/02.

E posizioni identiche a quelle dei ricorrenti, pubblici dipendenti, del giudizio caducatorio non

potranno, per l’effetto esterno del giudicato, essere trattati in modo deteriore.

Infatti l’annullamento della OPCM 3442/05 è fondato, fra gli altri, sulla accertata illegittimità

della discriminazione tra dipendenti del settore pubblico e di quello privato in subiecta materia e

sulla violazione del principio del legittimo affidamento.

Dunque le uniche ritenute previdenziali che legittimamente oggi l’Amministrazione può effettuare

per il recupero dei contributi sospesi sono quelle rivenienti dalla normativa di cui alle OO.P.C.M.

del 2002 e del 2003 e cioè singole rate costituenti 1/128 della somma delle contribuzioni sospese in

quanto la norma della cui L.C. oggi si discute incorre nelle stesse illegittimità della OPCM

annullata per via giurisdizionale e cioè: immotivata discriminazione tra dipendenti del settore

pubblico e di quello privato in subiecta materia e violazione del principio del legittimo

affidamento.

Riassumendo:

1) la OPCM 3442/05, annullata dal G.A., è stata espunta definitivamente dall’ordinamento;

2) ne deriva che risulta ancora vigente, in ogni sua parte, la normativa richiamata ( art. 5, commi uno e

due, dell’O.P.C.M. n.3254/02; art. 14, commi due e tre, O.P.C.M. n. 3282/03);

3) inoltre, trattandosi di posizioni identiche a quelle del giudizio caducatorio, i dipendenti del settore

pubblico non potranno essere trattati diversamente da quelli del settore privato e si dovrà tutelare il

legittimo affidamento in loro ingenerato;

4) dunque le mensilità per il recupero delle contribuzioni sospese non possono essere inferiori a 128;

8 Cfr., in termini, Cons. Stato 04/05/2004 n. 2756 e Cons. St., Sez. V, n. 371 del 25.3.1998; Sez. VI, n. 854 del 26.6.1996. Nello stesso senso anche

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 13/09/2005 n. 4693.

22

5) qualunque altra forma di recupero, violando il principio dell’affidamento nonché gli effetti

esterni del giudicato amministrativo, è illegittima risolvendosi in una lesione della integrità

della retribuzione. 9

II C) ANCORA SULLA VIOLAZIONE DEL LEGITTIMO AFFIDA MENTO E DEL

DIVIETO DI DISCRIMINAZIONE

Come precedentemente dedotto, uno dei motivi di ricorso che il Tar Catania con le sentenze nn. 95

e 97/06 ha accolto era costituito dal richiamo al principio fondamentale dell’ordinamento giuridico

interno e comunitario che è quello della tutela del legittimo affidamento.

Anche la stessa Legge 225/92 dispone che “Per l’attuazione degli interventi di emergenza

conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli

articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel

rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico.”

Come è noto i principi contenuti nella L. 241/90, come modificata dalla L. 15/2005,

costituiscono principi fondamentali dell’ordinamento; infatti sia il vecchio testo dell’art. 29

della citata Legge (“Le regioni a statuto ordinario regolano le materie disciplinate dalla presente

legge nel rispetto dei principi desumibili dalle disposizioni in essa contenute, che costituiscono

principi generali dell’ordinamento giuridico”) sia il testo novellato dalla L. 15/2005 (“Le regioni e

gli enti locali, nell’ambito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla

presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi

dell’azione amministrativa, così come definite dai principi stabiliti dalla presente legge.”), che tiene

conto della riforma costituzionale del titolo quinto, chiaramente dispongono in tal senso.

9 “… in considerazione del diritto (causa petendi) alla integrità della retribuzione, non decurtabile a titolo di rivalsa se non nei

rigorosi limiti della reale sussistenza (nell'an e nel quantum) dell'obbligazione contributiva adempiuta…” Cass.civ. sez.lav.

16/06/2001 n.8175.

23

Ed è altrettanto noto che i principi dell’ordinamento comunitario costituiscono a loro volta

principi fondamentali del nostro ordinamento in forza dell’esplicito richiamo dell’art. 117,

comma I, Costituzione. Orbene sia la 241 sia l’ordinamento comunitario tutelano

esplicitamente il legittimo affidamento.

Quanto alla prima - che non ha fatto altro che codificare con la novella consolidati

orientamenti giurisprudenziali e dottrinari – ciò avviene sia in seno all’art. 21 quinquies (“Per

sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di

nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia

durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo

previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre

ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati,

l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di

determinazione e corresponsione dell’indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del

giudice amministrativo”) sia nell’art. 21 sexies sia infine in seno all’art. 21 novies (“Il

provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell’articolo 21 octies può essere annullato

d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo

conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero

da altro organo previsto dalla legge.”).

Quanto all’ordinamento comunitario va rilevato che prevede una esplicita tutela del legittimo

affidamento ponendolo come un limite sia per il legislatore che per l’amministrazione nei casi in

cui vada a incidere, in via di autotutela, su consolidate situazioni di vantaggio per il cittadino.

Il diritto comunitario non è solo un diritto sovra nazionale che vincola solo gli Stati, a cui il diritto

interno si adegua ma è un diritto interno comune, che si indirizza ai cittadini ed alle imprese, ed

opera, con la disapplicazione e/o previa uniforme interpretazione garantita dalla Corte di Giustizia

CE, sostituendosi ai diritti nazionali. In ciò il diritto comunitario trova la sua radice nelle tradizioni

costituzionali comuni e nel “patrimonio costituzionale europeo”, per fondare autonome situazioni

giuridiche soggettive, di rilevanza comunitaria, azionabili nei diversi fori.

24

Un principio di derivazione comunitaria che rileva è quello della certezza del diritto e del

legittimo affidamento

Al principio in questione si ricollega quello della normale irretroattività e quello della parità i

trattamento.10

10 In proposito si segnalano le seguenti pronunzie della Corte di Giustizia:

• Conclusioni Avv. Gen., 2003-03-20 Weber’s Wine World: “62. Con riguardo agli atti comunitari, la Corte ha ripetutamente statuito che il

principio di certezza del diritto osta a che il momento iniziale dell’applicazione nel tempo di un atto comunitario decorra da una data

anteriore a quella della sua pubblicazione, salvo qualora, in via eccezionale, lo esiga lo scopo da raggiungere e sia debitamente rispettato il

legittimo affidamento degli interessati” (Sentenza 25 gennaio 1979, causa 98/78; più recentemente, sentenza 24 settembre 2002, cause riunite

C-74/00 P e C-75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano).

• C-31/91, Judgment of 01/04/1993, Lageder and others / Amministrazione delle finanze dello Stato: “33 Occorre ricordare infatti che il

principio della tutela del legittimo affidamento fa parte dell’ordinamento giuridico comunitario (v. sentenza 3 maggio 1978, causa 112/77,

Toepfer/Commissione, Racc. pag. 1019) e che l’osservanza dei principi generali del diritto comunitario si impone ad ogni autorità

nazionale incaricata di applicare quest’ultimo (v. sentenza 27 settembre 1979, causa 230/78, Eridania, Racc. pag. 2749).

• C-396/98 Sentenza 2000-06-08 Grundstückgemeinschaft Schloßstraße: “44. Va in proposito ricordato che, al punto 26 della già citata sentenza

Belgocodex, la Corte ha dichiarato, in merito alla soppressione retroattiva del diritto di optare per la tassazione e dei diritti alla detrazione già

nati a norma della sesta direttiva, che i principi della tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto fanno parte dell’ordinamento

giuridico comunitario e devono essere rispettati dagli Stati membri nell’esercizio dei poteri che conferiscono loro le direttive comunitarie.”

• 98/78 Judgment of 25/01/1979, Racke / Hauptzollamt Mainz (Rec.1979,p.69): ““5 . Benché, in linea di massima , il principio della certezza

delle situazioni giuridiche osti a che l’efficacia nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione , una

deroga è possibile , in via eccezionale , qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli interessati sia

debitamente rispettato”.

• C-177/99, 181/99, Judgment of 19/09/2000 , Ampafrance and Sanofi (Rec.2000,p.I-7013): “Massima: 2. Il principio del legittimo affidamento,

che è corollario del principio della certezza del diritto e che viene invocato, di regola, dai singoli (operatori economici) che si trovano in una

situazione di legittimo affidamento creata dai pubblici poteri, non può invece essere invocato da uno Stato membro per sfuggire alle

conseguenze di una decisione della Corte che dichiara l’invalidità di un atto comunitario, in quanto rimetterebbe in discussione la possibilità

dei singoli di essere tutelati contro un comportamento dei pubblici poteri che risulterebbe fondato su norme illegittime.”

25

• (16) C-62/00 Sentenza 2002-07-11, Marks & Spencer: “Dispositivo: Il principio di effettività ed il principio della tutela del legittimo

affidamento ostano ad una normativa nazionale che riduca, con effetto retroattivo, il termine entro il quale può essere chiesto il rimborso di

somme versate a titolo di imposta sul valore aggiunto, qualora queste somme siano state riscosse in violazione di disposizioni della sesta

direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte

sulla cifra di di affari Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, aventi efficacia diretta, quali quelle di cui

all’art. 11, parte A, n. 1, di tale direttiva.”

• 124/76 Judgment of 19/10/1977, Moulins Pont-à-Mousson / ONIC (Rec.1977,p.1795): “MASSIMA: “40 , n . 3 , 2° comma , del Trattato non

contempla in modo certo i rapporti fra diversi settori industriali o commerciali nel campo dei prodotti agricoli trasformati .Ciò non toglie che

il divieto di discriminazione enunciato dalla norma summenzionata è solo l’espressione specifica del principio generale di uguaglianza che

fa parte dei principi fondamentali del diritto comunitario. Questo principio impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe ,

salvo che una differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata.”

• Corte di Giustizia delle Comunità europee Sezione 3

Sentenza 15.07.2004, n. 459/02 ( fattispecie in tema di normativa nazionale che dispone un prelievo supplementare nel settore del latte fissato

con effetto retroattivo ). Si riporta testualmente uno stralcio della motivazione: “…Quanto all’eventuale violazione del legittimo affidamento

degli interessati, va ricordato che il principio della tutela del legittimo affidamento può essere fatto valere dall’operatore economico nel quale

un’istituzione abbia fatto sorgere fondate aspettative (sentenza 15 aprile 1997, causa C-22/94, Irish Farmers Association e a., Racc. pag. I-

1809, punto 25). 29 Il principio della tutela del legittimo affidamento può essere fatto valere nei confronti di una regolamentazione solo se i

pubblici poteri hanno essi stessi precedentemente determinato una situazione tale da ingenerare un legittimo affidamento (v., in tal senso,

sentenza 15 gennaio 2002, causa C-179/00, Weidacher, Racc. pag. I-501, punto 31).”

• Sentenza del Tribunale di primo grado delle Comunità Europea, del 13 luglio 1995, cause riunite T-466/93, T-469/93, T-473/93, T-474/93 e T-

477/93, O’Dwyer e a./Consiglio, Racc. pag. II-2071, punto 48, nella quale si insegna che per il sorgere del diritto al risarcimento del danno è

sufficiente che una istituzione abbia anche solo ingenerato speranze fondate.

• Corte di Giustizia delle Comunità europee

Sentenza 16.12.2004, n. 376/02, CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE ANTONIO TIZZANO, Causa C-376/02 St. “Go. Wo.”

Contro Staatssecretaris van Financiën ( fattispecie relativa ad applicazione retroattiva di norme fiscali nella quale vengono richiamati

congiuntamente i principi di tutela del legittimo affidamento e della certezza del diritto) nelle quali si afferma che il principio del “legittimo

affidamento osta a che l’efficacia nel tempo di un atto [normativo] decorra da una data anteriore alla sua pubblicazione. Una deroga

26

°°°°°

Quanto sopra premesso, va rilevato che la norma del D.L. 263/06 interviene su posizioni

giuridiche già ampiamente consolidatesi nel tempo ( l’ordinanza istitutiva del beneficio è del

novembre 2002 e l’erogazione del beneficio avvenne nel corso del 2004).

Del resto poi la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri, con le Note del 24/11/04, del

15/12/04 e del 27/12/04, e quindi l’Inpdap, con la Nota operativa n. 2 del 14/01/05, nonché molte

Amministrazioni pubbliche, avevano chiaramente dato indicazioni sia circa l’ambito territoriale

di efficacia del beneficio ( territorio della Provincia di Catania) sia circa i destinatari ( soggetti

residenti od aventi sede legale od operativa nel detto territorio), senza alcuna distinzione tra

dipendenti pubblici e privati.

Anzi le Note del 24/11/04, del 15/12/04 e del 27/12/04 della Presidenza del Consiglio dei

Ministri sono indirizzate tutte ad Amministrazioni pubbliche ( U.T.G. di Catania, D.P.S.V. di

Catania, Comando generale dell’Arma dei CC) che avevano chiesto chiarimenti circa

l’applicazione del beneficio ai propri dipendenti.

In riferimento a tali circostanze non si può dubitare che il cittadino che abbia fatto

affidamento su tale beneficio lo abbia fatto legittimamente e fondatamente.

Si è dunque in presenza di un legittimo affidamento, palesemente violato dalla norma di

interpretazione autentica, che ha violato altresì, chiaramente, anche il divieto di discriminazione,

[all’indicato principio] è possibile, in via eccezionale, solo qualora lo esiga lo scopo da raggiungere e purché il legittimo affidamento degli

interessati sia debitamente rispettato”.

• Corte di Giustizia delle Comunità europee Sezione 2

Sentenza 11.11.2004, n. 187/02 P ( FATTISPECIE IN MATERIA DI REVOCA DI AIUTI DI STATO) secondo la quale la revoca dell’aiuto è

illegittima per violazione della tutela dell’affidamento solo allorché l’aiuto sia stato erogato nel rispetto della procedura prevista dalla legge.

27

che costituisce l’espressione specifica del principio generale di uguaglianza che fa parte dei

principi fondamentali del diritto comunitario ed in terno.

Principio che impone di non trattare in modo diverso situazioni analoghe, salvo che una

differenza di trattamento sia obiettivamente giustificata.

Come già precedentemente ricordato, appare evidente come la discriminazione tra datori di

lavoro pubblici e privati sia priva di alcuna giustificazione in siffatta materia nella quale si

discute di agevolazioni destinate a popolazioni colpite da calamità naturali che – notoriamente

– non distinguono affatto tra lavoratori privati e quelli del pubblico impiego nel momento in

cui colpiscono ….

Ne deriva la già dedotta disparità di trattamento, che appare del tutto illogica ed in evidente

contrasto con il canone di ragionevolezza, anche alla luce della piena equiparazione del P.I. al

rapporto di lavoro privato, atteso che, come dispone l’art. 2 comma secondo del D.Lgs

165/2001: “ 2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono

disciplinati dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui

rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, … ”.

II D) ANCORA SUL LEGITTIMO AFFIDAMENTO E SULLA INGI USTIFICATA E

MANIFESTA DISPARITA’ DI TRATTAMENTO.

SULLA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 24, 101, 102 E 104 COST.

1)La norma di cui al D.L. 263/06 viola apertamente il principio del legittimo affidamento e non

costituisce affatto una delle possibili interpretazioni della norma interpretata11.

Tralasciando infatti, per un momento, i pur troncanti rilievi sopra riportati circa la mancanza di

alcuna norma sulla sospensione delle ritenute previdenziali in seno alla intera L. 225/92, va detto

11

V. nota n.3.

28

che neanche in sede di interpretazione dell’art. 5 comma 1 della OPCM 3254/02 si è mai posto

alcun dubbio circa i destinatari del beneficio. Anche l’Ente previdenziale dei dipendenti pubblici,

INPDAP, nelle sue note operative e nelle circolari non ha dubitato delle estensione del beneficio

anche ai dipendenti pubblici.

LA LETTERA DELLA NORMA INTERPRETATA . L’estensione del beneficio anche ai

dipendenti pubblici, appare peraltro a limpidissime lettere – come commenta esattamente il

CGA nelle sentenze 257 e 258/06 – dalla stessa OPCM 3254/02 allorchè mentre nel comma 1 e

2 dell’art. 5, istitutivi del beneficio, usa la onnicomprensiva formula: “ 1. Nei confronti dei

soggetti residenti, aventi sede legale od operativa nel territorio di cui al decreto del Presidente del

Consiglio dei Ministri del 29 ottobre 2002 ( e cioè il territorio della Provincia di Catania, n.d.r.)

sono sospesi, fino al 31 marzo 2003, i versamenti dei contributi di previdenza ed assistenza sociale

e dei premi per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali, ivi

compresa la quota a carico dei lavoratori dipendenti…” nel successivo comma tre dello stesso

articolo 5 – che istituisce invece il diverso beneficio della indennità pari al trattamento straordinario

di integrazione salariale per i lavoratori sospesi dal lavoro o lavoranti ad orario ridotto per effetto

della calamità naturale – riferisce tale beneficio solo “ Ai lavoratori dipendenti da datori di lavoro

privati…”.

D’altronde anche la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri , nella persona del Capo

Dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso ( lo stesso che aveva proposto l’adozione

della OPCM 3254/02), aveva, con interpretazione autentica, confermato, in molteplici note di

risposta ad amministrazioni pubbliche che avevano chiesto chiarimenti circa la portata del disposto

di cui al citato art. 5, comma 1, dell’OPCM 3254/02, che “… le agevolazioni in esame, come si

evince chiaramente dal disposto normativo summenzionato, sono state disposte a favore di tutti i

soggetti residenti, aventi sede legale ed operativa nel territorio di cui al Decreto del Presidente del

Consiglio dei Ministri del 29 ottobre 2002, con il quale è stato dichiarato lo stato di emergenza nel

territorio della Provincia di Catania, in conseguenza dei gravi fenomeni eruttivi connessi

all’attività vulcanica dell’Etna e degli eventi sismici concernenti la medesima area.”.

29

Dunque una applicazione retroattiva della norma del citato D.L. 263/06 sarebbe anche

costituzionalmente illegittima giacché la stessa non costituisce neanche una possibili interpretazioni

della OPCM istitutiva del beneficio12.

Nel caso che ne occupa l’unica interpretazione della norma istitutiva del beneficio della sospensione

delle ritenute previdenziali ( art. 5 comma 1 e 2 OPCM 3254/02 e non già della L. 225/92, lo

ribadiamo) affermatasi è quella che indica come beneficiari tutti i residenti od aventi sede lavorativa

nel territorio della provincia di Catania e mai si è neanche paventata la possibilità di una limitazione

ai datori di lavoro privati del beneficio13.

2) Va infine osservato come nel caso che ne occupa possa altresì essere invocato il principio della

irretroattività tributaria (riconosciuta immanente nel disposto costituzionale e sancita dall’art. 10

comma due dello Statuto del contribuente) in ragione della sua chiara interpretazione estensiva ai

casi afferenti la contribuzione previdenziale. La giurisprudenza riconosce, infatti, alla contribuzione

previdenziale una natura pubblicistica di tipo tributario a causa della origine legale e della

destinazione ad enti pubblici e quindi all’espletamento di funzioni sociali.

In ragione di tale natura è possibile addirittura in via diretta letterale ritenere la norma disciplinante

l’irretroattività tributaria come afferente anche alla contribuzione previdenziale, con la conseguenza

che, a ragione degli immanenti principi costituzionali che tale norma esplicita, impedisce una

interpretazione costituzionalmente confliggente come lo è l’esegesi che assicura una valenza

temporale retroattiva alla norma previdenziale.

12 Come è stato insegnato, infatti, ( cfr. C. Stato, sez. IV, sent. N. 5315/2006) una norma, “ …benché abbia natura interpretativa, non può riguardare i fatti precedenti la sua entrata in vigore (quali sono quelli per cui è causa), dovendo trovare applicazione in senso conforme alla costituzione: infatti, deve essere ricordato che: a) affinché una norma interpretativa ad efficacia retroattiva possa essere considerata costituzionalmente legittima, è necessario che la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente, che non integri il precetto di quest’ultima e, infine, che non adotti un’opzione ermeneutica non desumibili dall’ordinaria esegesi della stessa (C.d.S., sez. V, 2 luglio 2002, n. 3612);

b) l’efficacia retroattiva della legge di interpretazione autentica è soggetta al limite del rispetto del principio dell’affidamento dei consociati nella certezza dell’ordinamento giuridico, con la conseguenza dell’illegittimità costituzionale di una disposizione interpretativa che indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi (Corte Costituzionale 27 novembre 2000, n. 525).”

13 V. nota n.3.

30

3)Come si accennava precedentemente costituisce ormai cosa giudicata anche la statuizione

contenuta nelle sentenza nn. 95 e 97/06 del Tar Catania secondo la quale i dipendenti pubblici, al

pari di quelli da privati, avevano diritto al beneficio della sospensione delle ritenute

previdenziali sulle retribuzioni dal novembre 2002 al marzo 200414.

14 Afferma il G.A. ( sent. N. 97/06 Tar Catania, pag. 11): “ … le richieste dei ricorrenti sono invece chiaramente fondate sulla

lettera dell’art. 5 della citata Ordinanza 29/11/02 n. 3254, che dispone espressamente la sospensione dei versamenti senza alcuna distinzione tra datori di lavoro pubblici e privati e relativi dipendenti. …”; infatti “ …nessun elemento strutturale o letterale dell’ordinanza in esame ( OPCM 3254/02, nda) supporta la interpretazione restrittiva che ne dà la difesa erariale ( applicazione ai soli datori di lavoro privati, nda)…” . Ed ancora: “ Si deve a questo punto osservare che i provvedimenti emergenziali adottati nelle funzioni di Protezione Civile, proprio per la loro indiscussa e pacifica capacità di innovare temporaneamente l’Ordinamento, salvi i soli principi generali di quest’ultimo, devono essere formulati in maniera dettagliata e la lettera di essi costituisce argomento interpretativo cui fare riferimento in maniera altrettanto rigorosa. Ciò infatti, è naturalmente proprio di fonti del diritto che contengono ordini,

direttive e disposizioni volte a far fronte a situazioni di emergenza, situazioni cioè connotate da un particolare deficit di riferimento sociale e quindi anche normativo, a fronte del quale l’intervento emergenziale trova la sua giustificazione causale. Se così è, il dato letterale della fonte normativa di Protezione civile deve essere considerato con il particolare rigore proprio di ogni atto o fatto suscettibile di apportare deroghe all’Ordinamento per due motivi. In primo luogo, il contesto di emergenza non consente di poter fare riferimento ad altri canoni interpretativi che richiedono la correlazione della fonte con le altre fonti dell’Ordinamento. Infatti, per definizione, in virtù della situazione emergenziale vengono meno gli ordinari strumenti di intervento dell’Ordinamento così che è necessario conferire capacità derogatoria alla fonte normativa speciale di Protezione Civile affinché possa opportunamente colmare il vuoto normativo derivante da eventi eccezionali ed imprevedibili con provvedimenti ed ordini contigibili, i quali pertanto devono essere, per così dire, “autosufficienti” ossia capaci di provvedere all’emergenza da soli. Se così non fosse, si perderebbe il carattere di eccezionalità e di immediatezza dell’intervento di Protezione civile, volto ad inserirsi in un quadro di riferimento per definizione “confuso” a causa dell’emergenza. In secondo luogo, proprio l’attitudine (e la vocazione) ad intervenire “derogando” per fare fronte a situazioni di emergenza che le norme ordinarie non consentirebbero (o addirittura impedirebbero) di affrontare (perlomeno con i necessari ed accelerati tempi tecnici necessari), fonda la caratteristica propria di questi provvedimenti che si può rinvenire nella peculiare attitudine di essi a fondare l’affidamento dei destinatari. La comunicazione pubblica insita nel provvedimento tipico di Protezione Civile e la potestà derogatoria di esso sono (devono essere) infatti tali da consentire e fondare nei destinatari di esso il massimo grado di affidamento sulle disposizioni che vengono impartite ed erogate; altrimenti, anche qui verrebbe meno l’attitudine della pubblica funzione della Protezione civile di “gestire” adeguatamente le situazioni di emergenza, perché il grado di efficacia ed incisività dell’intervento dipende proporzionalmente ed in via immediata e diretta dalla capacità dell’intervento straordinario di essere chiaro, esaustivo, completo, in relazione all’evento-danno che sta compromettendo la ordinaria funzionalità del sistema-società civile. Quindi, nei provvedimenti di protezione civile “tipici” la lettera fonda il provvedimento, poiché i limiti della deroga devono

essere interpretati rigorosamente sia nel senso di definire esattamente quali sono le parti dell’Ordinamento che vengono sospese o limitate e sia nel senso di definire esattamente quali siano le misure concrete che, nell’ambito di tale deroga, si inseriscono nel sistema delle fonti. Ciò posto, venendo all’esame dell’OPCM del 29.11.2002, come si è detto prima la lettera dell’art.5 è tale da non consentire interpretazioni equivoche o dubbie. Le tesi difensive dell’Avvocatura potrebbero trovare un loro indice testuale solo nel preambolo dell’Ordinanza, ove si fa riferimento alla necessità di tutelare le attività produttive ed i servizi pubblici essenziali. Ma tale riferimento è peraltro carente di un presupposto sostanziale: l’Ordinanza reca disposizioni molto eterogenee tra loro e sono tutte riferibili al medesimo preambolo motivazionale, chiamato a dare forma alla espressione dell’interesse pubblico perseguito dall’Ordinanza medesima. Ragione per cui, la struttura stessa del provvedimento è tale da dover imporre di considerare i riferimenti motivazionali del preambolo a tutto il contenuto del successivo articolato, rivelandone quindi la funzione di mera clausola di stile o comunque di finalità generale che si intende perseguire insuscettibile come tale di fondare interpretazioni teleologicamente orientate dei successivi articoli; il tutto a tacere, tra l’altro, che il riferimento ai servizi pubblici essenziali è già prova letterale che comunque nella “platea” dei destinatari della norma non possono essere considerati acriticamente solo i lavoratori e le aziende private, trovandovisi espressamente ricompresi anche quelli riferibili ai detti servizi pubblici essenziali. Tale lettura del provvedimento in esame consente adesso di esaminare la domanda di annullamento dell’Ordinanza del 2005. Essa si rivela del tutto fondata e condivisibile. Il provvedimento nr. 10.06.2005 n°3442 è effettivamente immotivato, irrazionale, affetto da disparità di trattamento e da ingiustizia manifesta. Si deve intanto richiamare quanto appena sopra esposto: nella materia della Protezione Civile, il tratto essenziale e caratteristico che giuridicamente fonda il potere, concorrendo a connotarlo causalmente, è la chiarezza e l’immediatezza del contenuto dell’ordine o della direttiva che si impartisce, perché i destinatari di esso, trovandosi in una

31

situazione appunto di emergenza, non hanno la possibilità concreta di poter fare riferimento ai canoni interpretativi tradizionali nei tempi che ciò è d’uso osservare nella normalità. Che quindi, a distanza di tempo ed in costanza di contenziosi con le Amministrazioni per la lamentata mancanza di applicazione dell’ordine impartito, la medesima autorità di Protezione Civile “reinterpreti autenticamente” un provvedimento i cui effetti si sono consolidati completamente, ai fini delle esigenze di Protezione civile, specie per l’intervenuta fine della emergenza, dopo quindi aver fatto completamente fondare i destinatari di esso nell’affidamento su quanto era stato pubblicamente comunicato, appare drasticamente confliggere con i principi dell’Ordinamento cui la materia della Protezione Civile è comunque soggetta; con la buona fede materiale che deve sussistere tra le parti di un

procedimento amministrativo; con gli ulteriori ed elementari canoni di buona amministrazione e di adozione dei provvedimenti amministrativi che sono insiti nell’art. 97 della Costituzione. Giova osservare che, sotto il profilo motivazionale, l’unico argomento istruttorio di “nuova” informazione acquisita dall’Amministrazione che sta a sostegno all’Ordinanza (e che è dato comprendere nel preambolo di esso) è la verifica dell’esborso finanziario che l’intervento del 2002 ha provocato e sta provocando all’erario pubblico. Tale argomento, di per sé eccezionalmente grave, depone però contro la stessa amministrazione che ha adottato il provvedimento; dimostra che la causa del provvedimento non è quella tipica prevista dalla legge per l’esercizio del potere di Protezione Civile; come tale concorre a dimostrare come sia fondata la doglianza relativa alla ingiustizia manifesta (punto 1 del ricorso); se (e nei limiti in cui) possa ammettersene la riconducibilità effettiva all’esercizio del potere, avrebbe comunque dovuto essere supportato da ben altre considerazioni. In primo luogo, infatti, si sarebbe dovuto dare conto della prevedibilità di tale conseguenza finanziaria, essendo noto o comunque frutto di informazione esigibile secondo ordinaria diligenza “contabile” che i provvedimenti del 2002 avrebbero comportato ingenti esborsi di denaro pubblico (e d’altronde ciò è tipico di una situazione emergenziale come quella posta a base del provvedimento del 2002, il cui onere grava sull’erario per l’evidente applicazione dei principi di solidarietà nazionale fondanti l’Ordinamento). In secondo luogo, si sarebbe dovuto dare conto dell’effettiva quantità di onere finanziario “insopportabile” che si è venuta a trovare gravante sull’erario. Inoltre, avendo asserito nel preambolo dell’Ordinanza che si deve procedere ad una verifica dei Comuni effettivamente interessati dall’evento eccezionale, si sarebbero dovute porre in essere (e puntualmente richiamare nella motivazione dell’atto) le necessarie verifiche tecniche e la relativa istruttoria, con la partecipazione degli interessati (in primo luogo i Comuni). Quindi, essendo detti provvedimenti comunque soggetti all’obbligo di motivazione (ex art. 5, comma 5, della legge 24.02.1992 n°225) ed essendo doverosamente accompagnati da appositi stanziamenti contabili, appare del tutto inverosimile che, a distanza di notevole tempo da essi, si alleghino ragioni di “deficit” di cassa per giustificarne una sostanziale rettifica e che ci si rappresenti la necessità di verificare (ad emergenza finita ed a provvedimenti di intervento già adottati e resi noti, oltre che consolidati) quale fosse l’estensione del territorio interessato. In realtà, l’esigenza finanziaria sopravvenuta (per come emerge dalle premesse motivazionali dell’Ordinanza impugnata) potrebbe essere dovuta solamente o a carenti o insufficienti previsioni svolte al momento della emergenza, o a sopravvenute esigenze finanziarie relative a diversi settori del bilancio dello Stato; ed in entrambi i casi si sarebbe dovuto adottare non un provvedimento di Protezione Civile, ma un provvedimento di modifica contabile dello stato della spesa, eventualmente attingendo ad altre fonti o riducendo altre uscite, ma non certamente incidendo su un impegno (in senso giuridico prima che contabile) di spesa già definitivo e relativo ad obbligazioni pubbliche consolidate. Non può poi neppure essere condivisa la tesi difensiva ulteriore dell’Avvocatura di Stato secondo cui il provvedimento in esame sarebbe, sostanzialmente, una revoca in parte qua di quello del 2002. Intanto, come si è detto, il provvedimento del 2002 ha sortito tutti i suoi effetti ed ha fondato legittimo affidamento sui suoi contenuti; in secondo luogo anche la revoca è soggetta a tutti i presupposti motivazionali e causali che sono insiti

nell’esercizio del potere a fronte del quale essa è esercitata, presupposti che si è visto mancare del tutto. Quindi della revoca mancano tutti i dati strutturali ed essenziali, posto che non è espressa alcuna volontà in tal senso, è del tutto carente la motivazione, il provvedimento ha espressamente e necessariamente efficacia “ex tunc” (mentre la revoca, nella lettura di essa che ne offre la disposizione di cui all’art. 21 quinquies ha efficacia “ex nunc”) poiché se così non fosse il provvedimento in esame sarebbe stato inutiliter datum stante che il diritto alla sospensione dei contributi è pienamente maturato, anche con riferimento alle modalità di rimborso di quanto già sospeso; manca ogni valutazione di interesse pubblico afferente la causa tipica del potere di Protezione Civile, essendo fondato il provvedimento solo su non meglio identificate esigenze di “cassa”. Osserva il Collegio che, nella fattispecie in esame, sotto il profilo degli effetti dovrebbe ipotizzarsi una qualificazione dell’atto in esame non già come revoca, ma bensì come annullamento parziale dell’ordinanza del 29.11.2002, art. 5; da questo punto di vista, l’annullamento come tale dovrebbe, però, essere sottoposto al penetrante obbligo di motivazione proprio di questo tipo di atto e quindi con l’espressa previsione delle ragioni per le quali i provvedimenti in esame non avrebbero dovuto essere adottati, per mancanza o insufficienza dei presupposti originariamente assunti a base dell’ordinanza (relativi all’evento eccezionale o alla estensione del territorio interessato) per inidoneità del provvedimento a supportare le finalità di pubblico interesse che si intendevano perseguire e, soprattutto, dando atto delle attuali ragioni di interesse pubblico che impongono di far valere tali illegittimità in autotutela, sempre naturalmente con la effettuazione di adeguata istruttoria tecnica e la formalizzazione nel provvedimento di tale istruttoria e delle relative risultanze (in particolare per la speciale evidenza pubblica del provvedimento medesimo legata al numero dei destinatari di esso). Pertanto, il provvedimento in esame, anche a volerlo qualificare sostanzialmente quale annullamento dell’ordinanza del 2002, non potrebbe comunque superare le censure sollevate contro di esso. Da quanto sopra discende un giudizio di fondatezza delle doglianze espresse nel ricorso ai punti 1, 2, 3 e 4. Per quanto riguarda il motivo sub 1, si deve osservare che l’evidente finalità dei provvedimenti emergenziali è la tutela di quello che potrebbe complessivamente denominarsi come diritto alla salute e come “livello di qualità della vita” inteso secondo canoni di ragionevolezza. Il complesso dei provvedimenti di intervento che si registrano a mente dell’OPCM

3254/02 è infatti evidentemente inteso a garantire che all’evento eccezionale corrisponda un intervento pubblico (i cui oneri, lo si ripete, sono posti a carico dell’Erario in una palese ed evidente esigenza di solidarietà nazionale, costituzionalmente rilevante) finalizzato a rimuoverne gli effetti dannosi con riguardo alla tutela di vari beni giuridici rilevanti, tra i quali la salute, la proprietà, i servizi pubblici e così via; l’interesse a tutelare ex art. 5 cit. la sola “imprenditoria”

32

D’altronde lo stesso Consiglio di Giustizia amministrativa per la regione Sicilia, con la

sentenza 257/07 che ha confermato la sentenza 97/06 del T.a.r. Catania, così argomentava

circa la assoluta univocità della disposizione istitutiva del beneficio in oggetto: “ Pare evidente

che, nel contesto di tale disposizione ( comma 1 art. 5 OPCM 3254/02, n.d.a. ), l’espressione “ La

quota a carico dei lavoratori dipendenti” non intende escludere alcun dipendente, sia esso

pubblico che privato.”.

Dunque non appare revocabile in dubbio che costituisce statuizione passata in giudicato

quella secondo cui il beneficio della sospensione delle ritenute previdenziali previsto dalla

normativa del 2002 riguardava tutti i dipendenti sia pubblici che privati.

Dal che discende e rimane confermato quanto dedotto dal rimettente ( pag. 25 ordinanza): “

…L’effetto esterno del giudicato di annullamento della OPCM 3254/02 ( LEGGASI 3442/05,

N.D.A.) è anche quello di avere riconosciuto che il beneficio in questione appartiene alla sfera

giuridica di tutti i lavoratori aventi sede nel territorio interessato dal fenomeno eruttivo

vulcanico, siano essi alle dipendenze di datori di lavoro pubblici o privati, senza distinzione:

essendo infatti stata annullata l’OPCM 3254/02 ( LEGGASI 3442/05, N.D.A.), avente valenza

generale, tale effetto discende dalla valenza necessariamente erga omnes che le pronunzie del

Tribunale possiedono: l’aver dunque ripristinato in via legislativa ciò che, sul pano dell’esercizio

del potere esecutivo, era stato ritenuto illegittimo con pronunce passate in giudicato, implica che

non solo si è adottata una disposizione legislativa ingiusta, ma si è anche inciso sull’effettività

della tutela giurisdizionale, nullificando autoritativamente le relative pronunce.”

°°°°°

privata appare dunque di difficile configurazione, stante sia la lettera della disposizione che il contenuto complessivo del provvedimento del 29.11.2002 e quindi la scelta operata ex post di ridurre la originaria (e inequivoca) disposizione, appare produttiva di una palese ed ingiustificata disparità di trattamento….”

33

Sotto altro profilo può anche affermarsi che la norma della cui Q.L.C. si tratta ha – come è evidente - il

solo fine di vincolare il giudice all'adozione di una determinata decisione in specifiche ed individuate

controversie pendenti.

Essa assume così un carattere provvedimentale, manifestando l'unico scopo che l’ha determinata e

cioè quello di incidere intenzionalmente sui giudizi in corso al fine di interrompere l'orientamento

giurisprudenziale favorevole alle parti private.

III) IN MERITO ALLE CENSURE PROSPETTATE DAL RIMETTE NTE SUB E

( Violazione art. 77 comma II Costituzione per carenza dei presupposti di

necessità e di urgenza. )

Il difetto del requisito costituzionale raggiunge, nella specie, la soglia della evidenza che la Corte

delle leggi ha sempre ribadito essere condizione per la sua sindacabilità quale vizio comunicato

alla legge di conversione (come affermato negli arresti 29/95 - 161/95 - 330/96 - 432/96 ord. -

90/97 ord. - 398/98 - 16/02 - 341/03), evidenza che deve essere apprezzata - nella dimensione

delibativa e prognostica che gli compete - anche dal Giudice che solleva la questione.

Occorre innanzitutto osservare come la norma in oggetto sia stata inserita in sede di conversione

del D.L., che atteneva originariamente, nella versione governativa, esclusivamente alla emergenza

rifiuti in Campania; la norma che ne occupa non ha invece alcuna attinenza con detta

emergenza rifiuti campana atteso che lì non sono state adottate ordinanze di sospensione della

contribuzione previdenziale.

La norma, dunque, è stata adottata nell’ambito della decretazione d’urgenza non già per

regolare una fattispecie relativa alla notissima emergenza rifiuti della Campania ma soltanto

per incidere su alcune fattispecie sub judice, che interessano circa un migliaio di lavoratori

della provincia di Catania.

Tale evidente intenzione del legislatore attesta, ben oltre l'insussistenza del requisito in

disamina, la sua impropria vocazione.

34

La evidente carenza dei requisiti in esame è resa palese anche dalla assenza della loro stessa

dichiarazione nel preambolo del decreto legge 263/06.

E se nel preambolo del detto D.L. si è ritenuto di far doveroso omaggio all'obbligo di

indicare le circostanze straordinarie di necessità ed urgenza che ne giustificavano l'adozione

riguardo all’emergenza rifiuti in Campania ma poi si è del tutto taciuto sulle circostanze che

imponevano l'adozione della norma di cui all’impugnato art. 6 comma 1 bis, si avvalora in

modo evidente il dubbio che le ridette circostanze non potevano essere portate ad emersione

essendo esse del tutto estranee all’ambito della portata di tale norma .

A tal fine si consideri che, con la predetta norma, si intendono ridisciplinare, oltre che le

OPCM relative all’emergenza Etna 2002, anche le altre attinenti a tutte le emergenze

verificatesi in Italia dal 1992 ( data di entrata in vigore della L.225/92) in poi ed i cui effetti di

sospensione e restituzione delle trattenute previdenziali siano ancora in corso: e quindi

relative a fattispecie verificatesi da oltre quindici anni !!!

Appare pertanto veramente ridicolo pensare ad una esigenza di urgenza del legislatore

rispetto a tali circostanze! 15

Conclusioni circa la violazione dell’art. 77 comma II Costituzione:

1) Manca nel testo del D.L. e della L. di conversione qualunque riferimento al

presupposto della necessità ed urgenza relativamente alla norma oggi impugnata,

che non attiene alla emergenza rifiuti campana.

2) In ogni caso tale presupposto appare oggettivamente assente trattandosi di

incidere su fattispecie ormai consolidate da anni.

Avv. Antonello Leone

15 Come è stato insegnato dalla Corte delle Leggi ( sent. 171/2007), “… L'utilizzazione del decreto-legge – e l'assunzione

di responsabilità che ne consegue per il Governo secondo l'art. 77 Cost. – non può essere sostenuta dall'apodittica

enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza, né può esaurirsi nella constatazione della

ragionevolezza della disciplina che è stata introdotta”.

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