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Pag. 1 di 19 GF Fonti per lo studio del paesaggio_2015-16 Istituto di Istruzione Superiore ITC “Crescenzi” - ITG “Pacinotti” , Bologna Per le classi terze geometri A.S. 2015-2016 Docente: Giuseppe Falivene APPUNTI DI Ecologia del paesaggio NB: i seguenti appunti sono parte integrante delle lezioni frontali parte 2 FONTI PER LO STUDIO DEL PAESAGGIO Punto di partenza per ogni ricerca storica conoscitiva sono le fonti da cui bisogna attingere le informazioni per la conoscenza e comprensione del paesaggio. Tali fonti le possiamo suddividere in MANUFATTI ed ECOFATTI. 1. MANUFATTI: sono i prodotti dell’attività dell’uomo che forniscono informazioni sulle società del passato. Sono quindi prodotti materiali dell’uomo che comprendono oggetti diversi: dalle abitazioni alle sistemazioni agrarie, dai documenti alle pitture, dagli strumenti agricoli alle cartografie. Si possono suddividere in : 1.1. Fonti scritte: fonti letterarie, geografiche e corografiche, indagini statistiche, fonti amministrative. 1.2. Fonti figurate: i differenti tipi di immagini 1.3. Manufatti territoriali: permanenze immobili (edifici, strade, strutture di servizi, …), oggetti della cultura materiale. 2. ECOFATTI: gli elementi del contesto naturale odierno che forniscono informazioni sugli ambienti del passato. Sono tutti quei fenomeni dovuti all’azione delle forze naturali che hanno interagito con le attività umane. Esempio una pianura alluvionale, un deposito di pollini a seguito di uno scavo archeologico. Depositi paleoambientali (permettono, attraverso i tipi di fossili ritrovati, di ottenere informazioni sull'età delle rocce e anche sul tipo di ambiente in cui si deponeva la roccia che contiene il fossile stesso). Fenomeni naturali Forme relitte (sono quelle forme del passato ancora visibile in superficie, a differenza di quelle fossili che sono sepolte). Tra le due tipologie di fonti esistono chiaramente forti corrispondenze. Es. : il manico di una zappa è sia un manufatto (in quanto ci da informazioni sulla cultura materiale, sul lavoro, sulle tecniche) sia un ecofatto (esso rappresenta un frammento di legno derivato dal taglio di una specie arborea) 1.1. FONTI SCRITTE 1.1.1.Fonti letterarie: sono le principali testimonianze della dimensione “soggettiva, raccontano la percezione personale di chi scrive, i suoi sentimenti, i suoi ricordi. Il filtro della soggettività non può essere eliminato ma bisogna analizzarlo e decodificarlo. Possiamo avere una letteratura vera e propria e una letteratura “nascosta”. La letteratura vera e propria può essere di viaggio (nel caso di mercanti, missionari, ambasciatori) o “stanziale” (deposito di memorie, di evocazioni d’infanzia, di nostalgie). La letteratura nascosta la possiamo riscontrare nelle documentazioni. negli archivi, negli eventi storici e religiosi, nei documenti amministrativi. 1.1.2.Fonti geografiche e corografiche. Una carta geografica è la rappresentazione in piano, ridotta, semplificata e simbolica della superficie terrestre o di parte di essa che contiene gli elementi per valutarne l’affidabilità come strumento di conoscenza, di interpretazione, di comunicazione.

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Istituto di Istruzione Superiore ITC “Crescenzi” - ITG “Pacinotti” , Bologna

Per le classi terze geometri A.S. 2015-2016 Docente: Giuseppe Falivene

APPUNTI DI Ecologia del paesaggio

NB: i seguenti appunti sono parte integrante delle lezioni frontali

parte 2

FONTI PER LO STUDIO DEL PAESAGGIO

Punto di partenza per ogni ricerca storica conoscitiva sono le fonti da cui bisogna attingere le informazioni per la

conoscenza e comprensione del paesaggio.

Tali fonti le possiamo suddividere in MANUFATTI ed ECOFATTI.

1. MANUFATTI: sono i prodotti dell’attività dell’uomo che forniscono informazioni sulle società del passato.

Sono quindi prodotti materiali dell’uomo che comprendono oggetti diversi: dalle abitazioni alle sistemazioni

agrarie, dai documenti alle pitture, dagli strumenti agricoli alle cartografie.

Si possono suddividere in :

1.1. Fonti scritte: fonti letterarie, geografiche e corografiche, indagini statistiche, fonti amministrative.

1.2. Fonti figurate: i differenti tipi di immagini

1.3. Manufatti territoriali: permanenze immobili (edifici, strade, strutture di servizi, …), oggetti della cultura

materiale.

2. ECOFATTI: gli elementi del contesto naturale odierno che forniscono informazioni sugli ambienti del passato.

Sono tutti quei fenomeni dovuti all’azione delle forze naturali che hanno interagito con le attività umane.

Esempio una pianura alluvionale, un deposito di pollini a seguito di uno scavo archeologico.

Depositi paleoambientali (permettono, attraverso i tipi di fossili ritrovati, di ottenere informazioni

sull'età delle rocce e anche sul tipo di ambiente in cui si deponeva la roccia che contiene il fossile

stesso).

Fenomeni naturali

Forme relitte (sono quelle forme del passato ancora visibile in superficie, a differenza di quelle fossili

che sono sepolte).

Tra le due tipologie di fonti esistono chiaramente forti corrispondenze.

Es. : il manico di una zappa è sia un manufatto (in quanto ci da informazioni sulla cultura materiale, sul lavoro,

sulle tecniche) sia un ecofatto (esso rappresenta un frammento di legno derivato dal taglio di una specie arborea)

1.1. FONTI SCRITTE

1.1.1. Fonti letterarie: sono le principali testimonianze della dimensione “soggettiva, raccontano la

percezione personale di chi scrive, i suoi sentimenti, i suoi ricordi. Il filtro della soggettività non può

essere eliminato ma bisogna analizzarlo e decodificarlo.

Possiamo avere una letteratura vera e propria e una letteratura “nascosta”.

La letteratura vera e propria può essere di viaggio (nel caso di mercanti, missionari, ambasciatori) o

“stanziale” (deposito di memorie, di evocazioni d’infanzia, di nostalgie). La letteratura nascosta la

possiamo riscontrare nelle documentazioni. negli archivi, negli eventi storici e religiosi, nei

documenti amministrativi.

1.1.2. Fonti geografiche e corografiche.

Una carta geografica è la rappresentazione in piano, ridotta, semplificata e simbolica della superficie

terrestre o di parte di essa che contiene gli elementi per valutarne l’affidabilità come strumento di

conoscenza, di interpretazione, di comunicazione.

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Per carta si intende, quindi, un disegno che rappresenta, con segni effettivi o convenzionali, una data estensione

di terreno in tutti i suoi particolari, come si vedrebbe schematicamente guardandola verticalmente dall’alto.

Esistono diversi metodi per classificare le carte, quello più comune fa riferimento alla scala, avremo così:

Carte geografiche, a scala inferiore a 1:1.000.000, come planisferi, mappamondi, ecc..

Carte corografiche: hanno una scala che varia da 1:100.000 a 1:1.000.000. Sono descrizioni ragionate di

una regione che raccolgono informazione preziose sui caratteri fisici, sulle risorse naturali e sugli

insediamenti umani, miscelando storia e geografia. La carta corografica rappresenta una regione più o

meno ampia sotto il profilo sia fisico che antropico. In essa sono evidenziati i particolari orografici (rilievi)

e idrografici (caratteristiche e distribuzione delle acque superficiali), i centri abitati, la viabilità, la

vegetazione, il tutto in relazione alla scala.

Le fonti cartografiche (a cavallo tra fonti scritte e fonti figurate) possono fare riferimento ad una cartografia

storica e una cartografia odierna.

A. La cartografia storica garantisce un

supporto figurativo per leggere le

forme dei paesaggi antichi,

rintracciando sul terreno, a livello

topografico, le strutture antropiche e

degli ambienti naturali. Confrontando

le informazioni dedotte da questa

cartografia con la situazione attuale si

potranno individuare elementi di

continuità, discontinuità e di

trasformazione del paesaggio.

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Le prime mappe storiche

territoriali disponibili

risalgono al 1500. La

cartografia che va da questo

periodo fino al 1700 risulta

utilissima per ricostruire

l’assetto del paesaggio del

passato, precedente alle

grandi trasformazioni che

hanno investito le città e le

campagne. Nella lettura di

queste carte bisogna

prestare attenzione alla

modalità di

rappresentazione che

variano in base alle

conoscenze dell’epoca, alle capacità tecnologiche del rilievo e alle convenzioni condivise dal cartografo.

Gli oggetti rappresentati nelle carte possono essere raggruppati in dieci categorie prevalenti:

1. edifici.

2. strutture di servizio

3. viabilità

4. delimitazioni

5. colture

6. vegetazione spontanea

7. orografia

8. corsi d’acqua naturali

9. corsi d’acqua artificiali

10. toponomastica.

Anche l’immagine topografica non è una veduta totalmente

oggettiva in quanto la rappresentazione risulta sempre la

conseguenza di una scelta selettiva del cartografo che mira ad

evidenziare gli aspetti morfologici più significativi per le finalità di

redazione della mappa.

Per quanto riguarda le mappe storiche utili per lo studio del

paesaggio rurale possono essere raggruppate per grandi

categorie, in base alla destinazione d’uso del documento. Tra le più ricorrenti abbiamo:

mappe militari: utilizzate per la difesa del territorio, evidenziano le fortificazioni e le potenzialità

strategiche;

mappe per la determinazione di confini: per finalità politiche, ammnistrative o giudiziarie;

mappe per la gestione delle acque: per progetti di bonifica e sistemazione della rete idrica

naturale o artificiale;

mappe di perizia danni: per lo più ambientali, dovuti a frane, smottamenti, alluvioni, terremoti,

incendi;

mappe per fini fiscali: per documentare i beni fondiari (catasti);

ecc.

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Per l’analisi di un paesaggio il poter disporre di mappe diverse, per tipo e cronologia, consente di comprendere

meglio le trasformazioni avvenute nel corso del tempo. Tali trasformazioni si possono evidenziare in modo

efficace con la tecnica del filtraggio cartografico basata sulla trasposizione su una base topografica odierna degli

oggetti geografici rilevati nella cartografia storica, per formare delle mappe stratificate che illustrano lo s viluppo

del paesaggio nel periodo considerato.

L’integrazione dell’esame cartografico con i dati raccolti con i documenti scritti e dalle ricognizioni sul campo

contribuisce alla formazione di un quadro complessivo.

B. La cartografia odierna fornisce strumenti evoluti e differenziati su supporto cartaceo o digitale.

E’ bene sottolineare che non è possibile redigere un’unica mappa completa ed esaustiva vista la

complessità del paesaggio, per cui è opportuno ricorrere a restituzioni grafiche differenziate per scala

e criteri di rappresentazione.

Alcune precisazioni su cosa si intende per scala di una carta?

La scala è una proporzione fra le dimensioni reali del terreno e la sua rappresentazione grafica

La scala è definita come il rapporto costante tra una distanza sulla carta (distanza grafica) e la corrispondente

misurata sul terreno (distanza naturale)

A parità di dimensioni della carta variano:

- l'estensione di superficie reale rappresentata;

- il dettaglio degli elementi rappresentati.

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A seconda della finalità della nostra carta utilizzeremo la scala che riteniamo più opportuna.

Sulla maggior parte delle carte la scala viene indicata in due modi.

1. Scala numerica. Indicata con un rapporto, es. 1:25000, ci dice qual è la proporzione tra una misura fatta sulla

carta e la distanza reale, cioè, in questo caso, 1 cm sulla carta corrisponde a 25000 cm nella realtà, cioè a 250

m.

N.B. Bisogna fare molta attenzione però, perché la scala numerica è utilizzabile solo se siamo in possesso di

una copia originale della carta. In caso, ad esempio, di fotocopie possono avvenire ingrandimenti o riduzioni

dell’immagine e la scala numerica non è più valida.

2. Scala grafica. Si tratta della seconda possibilità di indicare la scala ed è rappresentata da un segmento

graduato dove sono indicate le distanze. Se ad esempio è indicato 1 km, basterà misurare la lunghezza tra 0 e

1 per sapere quanto misura sulla carta un chilometro. Tale rapporto è valido anche in caso di ingrandimenti o

riduzioni, perché anche la scala subisce la stessa variazione della carta e così risulta sempre essere utilizzabile.

Una maggiore densità di antropizzazione richiede una scala più dettagliata.

In base ai livelli di dettagli da raggiungere si usa distinguere tre tipologie di scala:

1. Scala di inquadramento : da 1:50.000 a 1:25.000 (utilizzata per i piani paesaggistici regionali e di coordinamento provinciale)

2. Scala di base: da 1:10.000 a 1:5.000 (usata per i piani di settore) 3. Scala di dettaglio: da 1:1.000 a 1:500 (usata per i piani particolareggiati)

E' evidente che il limite di percezione ottica degli elementi varia in base alla scala. Si riportano qui alcuni esempi per tipologia di elemento da analizzare:

Per evidenziare i caratteri morfologici si usa la scala 1:50.000

Per lo studio del mosaico territoriale 1:25.000 oppure 1:10.000

Per le aree urbanizzate e in particolare per gli edifici a livello perimetrale 1:5.000 mente per articolazioni più dettagliate delle architetture 1:1.000

Nella cartografia odierna possiamo ricordare le seguenti categorie cartografiche:

1. Carte topografiche: sono carte redatte dagli istituti cartografici nazionali. In Italia abbiamo l'IGM Istituto geografico militare fondato a Firenze nel 1882.

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Sono delle rappresentazioni cartografiche di una parte della superficie terrestre a scala sufficientemente ampia (da1:10.000 a 1 : 100.000), capaci perciò di rappresentare il terreno nei suoi particolari planimetrici e morfologici e di inserirvi per mezzo di speciali simboli o "segni convenzionali" anche quegli elementi di carattere antropogeografico che non sarebbero rappresentabili in scala e che completano la descrizione di un dato paese (viabilità e sua classificazione, condutture elettriche, acquedotti, opifici vari, ecc.). Le carte topografiche sono il prodotto di regolari operazioni metriche eseguite coi procedimenti che la topografia insegna, inquadrate in una rete trigonometrica, appoggiata a sua volta a determinazioni astronomico-geodetiche. Esse si differenziano perciò dalle semplici piante e piani che rappresentano a una scala generalmente maggiore aree più limitate, città, tenute, ecc., per le quali si può fare astrazione dalla curvatura terrestre e dai riferimenti geografici. Esse sono poi il fondamento sicuro da cui derivano le comuni carte corografiche e geografiche rispondenti a particolari esigenze di studio e di consultazione. La costruzione di una carta topografica per il territorio di uno stato o di un'estesa parte di esso è il risultato di un complesso di lavoro e di abilità scientifiche e tecniche.

2. Mappe catastali: sono indispensabili per la lettura dell'edificato e del tessuto particellare agrario. La scala varia da 1:1.000 per le aree urbanizzate a 1:4.000 per le zone agricole; la mappe catastali informatizzate sono più dettagliate e variano da 1:1.000 a 1:500. Tali carte vanno chiaramente integrate con le topografiche perché non prevedono il rilievo dei dislivelli e l'orografia.

3. Carte tematiche: vanno a costituire un grande gruppo cartografico che illustra l'assetto del territorio in base a determinate caratteristiche d'origine fisica o antropica. Esse rappresentano la distribuzione geografica di uno o più tematismi che hanno un rapporto geometrico o spaziale preciso con le diverse entità geografiche. A seconda che il tema evidenzi una situazione in un particolare momento o la sua evoluzione si hanno carte statiche o dinamiche. Le carte tematiche offrono quindi una visione di sintesi di determinati aspetti del territorio. Per rendere visibili le variazioni del tema nello spazio si usano metodi diversi:

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il colore: con variazioni di tonalità di un colore base per rappresentare l’aumento o la diminuzione dell’intensità del fenomeno rappresentato (es. cartografie del rischio), o con scale colorimetriche che associano il singolo colore ad una precisa variazione del fenomeno (es. cartografie dell’uso del suolo, della vegetazione, ecc.);

le linee: vanno ad unire punti sulla cartografia di base che hanno lo stesso valore del fenomeno

rappresentato, come le: isoterme, linee che uniscono luoghi che hanno la stessa temperatura; le isobare, linee che uniscono luoghi che hanno la stessa pressione atmosferica; le isoipse, linee che uniscono tutti i punti aventi la stessa quota sul livello del mare;

figure geometriche o simboli.

Tra le varie carte tematiche si segnalano: - Carta pedologica: Le carte pedologiche sono elaborati complessi che rappresentano la distribuzione geografica

dei suoli e ne descrivono i principali caratteri chimico-fisici e le qualità. Esse forniscono pertanto informazioni utili a valutare l’idoneità di un territorio ad essere utilizzato per molteplici attività (agricoltura, selvicoltura, urbanistica, industria, viabilità, impianti vari, ricreazione...), costituendo un importante ausilio nella gestione e pianificazione territoriale.

- Carta geolitologica: indica le conformazioni rocciose e i litotipi;

- Carta geomorfologica: riproduce la conformazione del territorio ( forme dei rilievi, aree di instabilità dei

versanti, idrografia, ecc.). E' un documento molto utile per la lettura dei paesaggi antropici.

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- Carta della vegetazione: mette in evidenza i diversi tipi di copertura vegetale rilevabili sul territorio;

- Carte di utilizzo dei suoli: registrano le destinazioni antropiche delle aree, centrate sulle funzioni agrarie.

1.1. 3 Indagini statistiche

La geografia in quanto descrizione dei luoghi si collega alla nascita della statistica. Nella sua configurazione originaria la statistica seguiva un metodo puramente descrittivo finalizzato alla raccolta sistematica di dati relativi all'organizzazione degli Stati. Nel 1600 la statistica diventava una disciplina autonoma e nella Germania entrava nelle università come materia di insegnamento. I rapporti con la geografia divenivano più stretti nell'idea di formare dei quadri generali per la conoscenza delle nazioni europee ed extraeuropee. Nel corso del settecento la statistica assume la configurazione di una scienza autonoma e pratica. La cultura illuministica e l'interesse verso i dati scientifici favoriscono la redazione di inchieste più sistematiche. Con la dominazione napoleonica e l'esportazione su scala europea di un nuovo modello di organizzazione dello Stato, la statistica assumeva un ruolo importante nel quadro della pubblica amministrazione. In Italia settentrionale viene creato a Milano nel 1807 il primo ufficio centrale di statistica. Le indagini prodotte nel periodo napoleonico seguono schemi fissi, ordinati per materie: agricoltura, industria, commercio, ecc. e rappresentano tuttora una fonte importante per la conoscenza storica del territorio all'inizio del 19º secolo. 1.1.4 Le fonti amministrative Esse vengono redatte per scopi pratici, per garantire interessi economici, vincoli giuridici, diritti e privilegi. I documenti amministrativi possono essere considerati come delle fonti primarie, che forniscono informazioni immediate sul territorio e sulle sue caratteristiche storiche. I documenti amministrativi possono essere distinti in due gruppi:

1. fonti pubbliche 2. fonti private.

Al primo gruppo appartengono i documenti emanati da un'autorità sovrana giuridicamente definita e dotata di un potere effettivo sul territorio. Alla seconda categoria appartengono documenti redatti da privati tramite notai o analoghi operatori.

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Altre categorie interessanti per lo studio del paesaggio storico sono le fonti patrimoniali, le fonti normative e le fonti fiscali. Le fonti patrimoniali riuniscono i documenti di natura privata che riguardano la gestione delle terre e degli immobili. Le fonti normative comprendono le leggi, le ordinanze, convenzioni e i regolamenti amministrativi della gestione del territorio emanati dall'autorià centrale o locale e forniscono notizie su beni demaniali comunali, sulle bonifiche, sulla protezione idrogeologica, sul patrimonio forestale, sulla caccia, ecc. Tra le fonti normative dobbiamo ricordare anche gli usi civici, si tratta di diritti collettivi sul territorio (acqua, boschi, pascoli, ecc.) conservati dalle comunità rurali, risalenti in genere al tardo medioevo ma che permangono fino alle soglie dell'età contemporanea. Le fonti fiscali sono una categoria molto importante di fonti pubbliche in quanto sono in grado di fornire informazioni sullo stato dei patrimoni fondiari e il reddito delle attività agricole. Gli estimi e catasti rappresentano in questo settore le categorie di fonti più importanti. Le prime scritture catastali compaiono a partire dal 13º secolo ( epoca dei Comuni) e nacquero per necessità di ordine fiscale, finalizzate all'accertamento dei beni privati da sottoporre a tassazione. Nell'alto medioevo le proprietà e i confini venivano affidati soprattutto alla memoria collettiva dove i contadini che lavoravano le terre erano in grado di testimoniare l'assetto fondiario negli atti pubblici e nei contratti. I primi estimi erano essenzialmente descrittivi, cioè privi di immagini cartografiche ed erano basati sulle dichiarazioni di singoli contribuenti sotto forma di consegne giurate di fronte ad un notaio. In Italia i catasti rurali si diffondono a partire dal Trecento e conoscono un notevole incremento del secolo successivo. I vari tipi di estimi e catasti offrono una documentazione molto dettagliata per ricostruire l'assetto delle campagne, con indicazioni relative alle culture, alle produzioni, alle dimensioni delle aziende, all'assetto delle abitazioni e delle strutture di servizio. Nel corso del 17º secolo compaiono le prime rappresentazioni del territorio legate alle fonti catastali. La redazione di cabrei, registri fondiari che illustravano le proprietà di enti religiosi o di grandi famiglie possidenti, prevedeva un ampio ricorso alle immagini cartografiche, dedicate alle singole aziende agricole.

UN APPROFONDIMENTO Una definizione del termine cabreo : raccolta di mappe, prospetti di edifici, eseguiti a mano, della stessa misura e datazione, rappresentanti beni urbani e rurali di enti e privati, il tutto rilegato in volume. Il termine si fa risalire al nome dei registri dei privilegi della monarchia castigliana, voluti nella prima metà del Trecento da Alfonso di Aragona: dal latino “caput breve”, cioè letteralmente registro principale conciso, divenuto nel

latino medievale “capibrevium” e dunque “cabreo”. I veri e propri cabrei, raccolta di mappe catastali che nel disegno particolareggiato riescono a visualizzare in modo pratico le proprietà terriere e i beni immobili, risalgono ad un’epoca più tarda; la produzione più copiosa ed artistica si ebbe nel Settecento, quando le teorie illuministiche dettero un particolare impulso ad ogni pratica che consentisse di razionalizzare la gestione e l’amministrazione della cosa pubblica e privata. I

proprietari terrieri, gli enti religiosi e le amministrazioni comunali avvertivano l’esigenza di inventariare le proprietà, fissare i confini, descrivere le strade poderali, i diritti di servitù, l’estensione dei boschi, dei pascoli

e dei campi coltivati, le costruzioni coloniche disseminate sul territorio, i corsi d’acqua e quant’altro potesse tornare utile alla gestione del bene in questione. A volte prendevano il nome del proprietario dei beni (es. Cabreo dell’Ordine di Malta), altre volte quello del luogo dove si trovavano i beni stessi (es. Cabreo di Velletri, Cabreo della Tuscia). La realizzazione dei Cabrei era affidata agli agrimensori (capomastri, architetti, e poi dal Settecento anche i geometri) che provvedevano a rilevare esattamente i confini di ogni bene e l’estensione di ogni proprietà,

attraverso misurazioni effettuate con le antiche unità di misura italiane usate in loco. I Cabrei erano formati da due serie di documenti: una parte descrittiva, gli allegati (numerose tavole disegnate o acquerellate, alcune di grande bellezza, che riproducevano schematicamente i beni inventariati (chiese, terreni, palazzi, feudi, etc.) e talora le coltivazioni in atto nei fondi. Nella parte descrittiva, spesso erano riportati anche unità di misura e prezzi e corrispettivi dei canoni annuali pagati ai proprietari, secondo le consuetudini locali dell’epoca. Sono documenti oggi preziosi per studiare e seguire le profonde trasformazioni del paesaggio agricolo.

Nell’Ottocento, la nascita e l’entrata in funzione del Catasto particellare toscano, voluto dal Governo napoleonico e proseguito da Ferdinando III, portò al declino di questa vera e propria arte.

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Il nuovo catasto, cioè il catasto figurato, comincia a prendere corpo nel corso del settecento dalle nazioni più sviluppate per un censimento complessivo delle proprietà fondiarie con l'obiettivo di ottenere una più equa ripartizione dei carichi fiscali. In Italia l'accatastamento settecentesco risulta molto differenziato all'interno del territorio, in particolare risulta molto avanzato nel regno di Sardegna e della Lombardia asburgica, mentre nel Mezzogiorno rimane sostanzialmente assente fino all'età napoleonica. I catasti figurati potevano essere redatti secondo due modalità:

1. una basata sul sistema geometrico particellare, che ancora tuttora viene utilizzato, 2. e per masse di cultura.

Nel primo caso le mappe rilevavano ogni singola particella, indicando la proprietà, l'uso agricolo e la stima. La definizione di particella catastale è ancora quella adottata attualmente; nello specifico la particella viene definita come una porzione continua di terreno appartenente allo stesso possessore, situata nello stesso comune, con la stessa qualità e classe di coltura. Nel secondo caso invece l’unità di base era rappresentata non dalla particella ma da grandi aree destinate alle stesse coltivazioni che potevano anche riunire diversi proprietari. Le fonti catastali rappresentano uno strumento fondamentale per ricostruire sul campo l'assetto dei paesaggi agrari. L’entità delle fonti documentarie di cui è possibile disporre relativamente ad un determinato territorio può essere più o meno ampia ed è comunque importante procedere ad un regesto dei documenti riportando i dati essenziali di ogni fonte.

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Tra le tante informazioni contenute nei documenti di archivio, quelle che rivestono particolare importanza e a cui bisogna porre attenzione sono i dati spaziali cioè le informazioni legate alla geografia del territorio. Tale informazioni riguardano la qualità, la quantità e la localizzazione degli elementi o dei fenomeni descritti. I dati qualitativi riguardano le notizie sulle colture, sulle tecniche agrarie, sull'orografia e in generale sui caratteri ambientali, mentre le informazioni quantitative riguardano la misura dello spazio quindi si riferiscono alle superfici agrarie e alle misure lineari. Entrambi le tipologie di dati possono portare ad una errata interpretazione se non correttamente e attentamente analizzate e contestualizzate. Lo stesso termine a volte può esprimere realtà differenti, così come le unità di misura non sono sempre state le stesse nel corso del tempo. In Italia il sistema metrico decimale è stato, ad esempio, riconosciuto soltanto dopo l’unità nazionale. Anche la localizzazione delle fonti a volte può risultare di difficile decifrazione. Tale difficoltà è legata alla identificazione toponomastica. Non è sempre facile riconoscere le località del passato, a volte tali località possono essere scomparse, possono contenere termini dialettali o microtoponimi che difficilmente sono giunti fino a noi. È vero anche che la toponomastica può rappresentare un contributo importante alla lettura del paesaggio. Spesso i termini utilizzati per indicare un determinato luogo derivano dai caratteri ambientali o dai significati collettivi attribuiti dalle popolazioni. I termini geografici locali vengono in genere raggruppati per tipologie. Tra le principali abbiamo: 1. Toponimi ambientali nati dalle caratteristiche morfologiche locali esempio: fitonimi, zoonimi, ecc; 2. Toponimi funzionali, derivati dalla presenza di particolari attività umane; 3. Toponimi onomastici derivati dal nome di personaggi collegati al sito; 4. Agiotoponimi nati dal culto di un Santo o dalla memoria di un evento religioso. In alcuni contesti per esempio la diffusione dei fitotoponimi può essere un indicatore che ci consente di ricostruire la presenza di specie vegetali predominanti. La toponomastica può essere un valido supporto nelle indagini paesaggistiche ma è necessario che venga interpretata da specialisti in linguistica e in fonetica storica per evitare di commettere errori di interpretazione.

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1.2. FONTI FIGURATE Come ogni fonte storica, anche le fonti figurate, richiedono una lettura critica e una interpretazione adeguata. Tre i documenti iconografici possiamo includere le vedute artistiche in generale, le stesse cartografie storiche che abbiamo già visto, le fotografie d'epoca, i filmati, e infine le immagini remote ottenute tramite telerilevamento. Tra le immagini di tipo artistico comprendiamo immagini di varia natura come: gli affreschi, le miniature, i quadri, i bassorilievi scultorei, i mosaici, le incisioni. Questo tipo di immagine ha evidentemente una finalità perlopiù estetica anche se possiamo cogliere al suo interno aspetti extra estetici. Una prima rappresentazione di luoghi può essere riferita all'età medievale anche se la riconoscibilità dello spazio geografico rappresentato dall'artista cioè una città, un castello ecc. era in genere assicurata non dall'imitazione grafica dell'oggetto reale ma da una iscrizione correlata, una didascalia che ne indicava l’identità. Negli affreschi dell'età romanica compaiono le prime rappresentazioni del territorio. Nel 1200 all'interno di raffigurazioni di spazi urbani delineati in modo astratto e convenzionale venivano collocate immagini di edifici particolarmente rappresentativi ritratti questi in modo più realistico. Nel corso del 1300 nella civiltà comunale italiana la rappresentazione dei luoghi ha la funzione di mostrare il proprio segno di dominio. Il salto di qualità nella rappresentazione del paesaggio è costituita dai ritratti topografici di Ambrogio Lorenzetti al palazzo pubblico di Siena dipinti sulle pareti dell'edificio simbolo dell’autorità cittadina. Tali affreschi, realizzati tra il 1337 e il 1339, sono l'"Allegoria del buono e del cattivo governo". Si è voluto qui rappresentare gli effetti del cattivo governo attraverso una rappresentazione dove viene evidenziata la povertà, la carestia, l'abbandono dei campi e gli effetti del buon governo attraverso campagne coltivate, la presenza di città ordinate, gioia di vivere, ecc. Questo affresco rappresenta il primo documento pittorico italiano. Gli elementi del paesaggio urbano e di quello rurale sono verificabili con gli originali.

Ambrogio Lorenzetti. Gli effetti del buon governo in città. Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena

Ambrogio Lorenzetti. Gli effetti del buon governo in campagna. Sala della Pace, Palazzo Pubblico, Siena

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Nel primo Rinascimento il grande sviluppo della pittura di paesaggio in Italia e nelle Fiandre offre riscontro di notevole utilità per ricostruire l'aspetto del territorio. La riproduzione del mondo rurale diviene un tema ricorrente come sfondo di scene sacre.

In Italia lo studioso Emilio Sereni ha tracciato una lettura del paesaggio agrario dall'antichità all'età moderna basandosi principalmente su testimonianze iconografiche. Le immagini artistiche offrono grandi possibilità per ricostruire la storia dei paesaggi ma non possono essere considerate riproduzioni fedeli e necessitano quindi di una costante verifica filologica e stilistica in grado di distinguere le implicazioni ideologiche, politiche e moraleggianti che condizionavano le rappresentazioni del mondo naturale. Altri reperti iconografici atti a documentare l'immagine del territorio sono le fotografie d'epoca scattate prima che l'impatto industriale e l'urbanizzazione trasformassero radicalmente il mondo delle campagne. Anche la cinematografia rappresenta un utile riferimento quando ha saputo descrivere per immagini i caratteri del paesaggio italiano. Lo sviluppo tecnologico ha permesso l'uso di strumenti sempre più sofisticati per una più precisa lettura del territorio. In tale direzione va il telerilevamento o Remote Sensing, che studia l'insieme delle tecniche e delle metodologie di acquisizione, elaborazione e interpretazione che permettono analisi di oggetti o fenomeni senza entrare in diretto contatto con essi. Interessa un ambito molto ampio, le cui origini risalgono alla metà del 19º secolo con la nascita della fotografia e il cui sviluppo continua ininterrottamente fino al presente. Risale al 1840 la mongolfiera aerea con a bordo una macchina fotografica. Tali tecniche permettono di ricavare informazioni qualitative e quantitative, sull'ambiente e sugli oggetti. Utilizzano foto o dati numerici rilevati da aerei, satelliti, droni o sonde spaziali per caratterizzare la superficie di un pianeta.

Gentile da Fabriano, Adorazione dei Magi (part. della fuga in Egitto). Sono visibili i campi chiusi nel paesaggio toscano.

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Le immagini remote favoriscono lo sguardo complessivo sui siti, l'identificazione di segni non direttamente visibili al livello del suolo. Le prime fotografie aeree, come quelle scattate in Italia dalla aeronautica militare angloamericana durante la seconda guerra mondiale, costituiscono una ricca fonte di documentazione del territorio anteriore alle grandi trasformazioni che hanno investito il nostro paese nel dopoguerra. Le immagini remote ci forniscono tre generi di informazioni:

1. il mosaico territoriale, che illustra l'uso attuale dei suoli, ripartiti in aree omogenee in base alle coltivazione, alle zone urbanizzate, eccetera;

2. le tracce paleoambientali, che forniscono informazioni sulle antiche condizioni idrogeomorfologiche dell'area (paleoalvei fluviali, linee relitte di costa, ecc.)

3. le tracce archeologiche che riguardano i resti di strutture artificiali sepolte nel terreno.

Soldano, comune della provincia di Imperia

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1.3. MANUFATTI TERRITORIALI.

Tali manufatti sono costituiti dei resti della cultura materiale, le strutture architettoniche, le sistemazioni agrarie, i reperti archeologici conservati sul territorio. Nel corso del tempo l'uomo ha operato delle trasformazioni all'interno del proprio territorio. Ogni manufatto va a caratterizzare uno specifico rapporto che l'uomo ha intessuto con il luogo. Ogni opera materiale è parte di uno specifico contesto caratterizzato da un determinato assetto orografico e idrografico, da una specifica composizione dei suoli, da una determinata biodiversità delle specie animali e vegetali con cui ha dovuto relazionarsi. Ogni analisi sul paesaggio prevede dei sopralluoghi finalizzati alle identificazione delle categorie più significative di manufatti. I sopralluoghi potranno essere di tipo estensivo, miranti cioè alla copertura totale del territorio, oppure intensivo concentrate su aree campione circoscritte. Le attività di sopralluogo sono finalizzate a compilare un censimento il più possibile sistematico dei manufatti territoriali di interesse storico culturale conservati nell'area. Il problema principale consiste nel criterio da adottare per la selezione degli oggetti, dal momento che manufatti da esaminare potrebbero risultare molto numerosi, più ci avviciniamo all'epoca moderna più aumenta la quantità e la complessità dei reperti del passato. Per l'età medievale è possibile adottare criteri conclusivi rigidi, con un censimento programmatico di tutti i manufatti anteriori al 16º secolo, mentre per l'età moderna si impongono criteri selettivi in base alle condizioni del territorio e alla densità dell'antropizzazione. I manufatti territoriali sono i prodotti immobili delle attività antropiche, collocati stabilmente nello spazio geografico. Le strutture individuate verranno distinte in base ad un criterio funzionale, in base cioè alla funzione d'uso assegnata dalle popolazioni, con una ripartizione in tre grandi gruppi:

1. edifici, 2. sistemazioni agrarie, 3. infrastrutture.

Tra gli edifici possiamo includere le seguenti classi tipologiche: edifici religiosi, fortificati, residenziali, produttivi (i fabbricati rurali, magazzini, stalle, depositi, mulini, frantoi, ....), edifici di servizio collettivo tra cui palazzi pubblici, ospedali, alberghi, scuole, ecc.

Tra le sistemazioni agrarie abbiamo le sistemazioni connesse alla organizzazione agraria tra questi i terrazzamenti, le recinzioni, i fossati, le delimitazioni, ecc.

Tra le infrastrutture abbiamo: o infrastrutture connesse alla gestione idrica quali canali di irrigazione, acquedotti, bacini, ecc.; o infrastrutture connesse alla viabilità terrestre tra questi tracciati stradali, ponti e viadotti, gallerie,

ecc.; o infrastrutture connesse alla viabilità d'acqua fluviale lacustre o marina tra questi: impianti portuali,

canali navigabili, ecc. Spesso alcuni edifici presentano una destinazione polifunzionale in questo caso è opportuno considerare la funzione dominante segnalando la presenza di destinazioni secondarie. Ogni paesaggio si presenta, in senso diacronico, come una stratificazione di paesaggi, che si sono succeduti nel corso del tempo all'interno del quadro territoriale. Il territorio continua ad essere abitato e vissuto fino ad oggi: lo studio delle presenze del passato pone quindi il problema della loro relazione con il contesto attuale. Le dinamiche dei sistemi insediativi si possono riassumere in due classi principali di fenomeni: la continuità e la discontinuità.

1. Nel primo caso gli insediamenti mantengono una frequentazione ininterrotta e un forte radicamento spaziale, crescendo su se stessi,

2. nel secondo prevalgono fenomeni di mobilità e di dislocazione. Mentre la continuità assicura le funzioni vitali, ma favorisce la trasformazione della rielaborazione dei manufatti, l'esito finale della discontinuità è l'abbandono, che innesca fatalmente processi di degrado delle strutture e di rinaturalizzazione del sito.

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I manufatti territoriali possono quindi essere distinti in base ai criteri di continuità e discontinuità, e in base alla funzione che mantengono nel contesto insediativo attuale:

1. Permanenze attive, quando si verifica una situazione di continuità insediativa e i manufatti territoriali restano in uso nel contesto locale; ad esempio una residenza del 16º secolo che ha mantenuto le sue funzioni applicative fino a oggi; i paesaggi dove prevalgono le permanenze attive sono caratterizzati da un aspetto fortemente storicizzato, stratificato, ancora percepibile nella contemporaneità;

2. Permanenze residuali, quando si verifica una situazione di discontinuità insediativa e le opere del passato si conservano inutilizzate e decontestualizzate rispetto all'assetto odierno del paesaggio; ad esempio un rudere in stato di abbandono oppure un'area archeologica, perimetrata e protetta come isola in un sistema territoriale.

Le permanenze inoltre si possono conservare fino ad oggi nella loro integrità fisica, oppure come semplici tracce di elementi scomparsi. Nell'esame dei sistemi spaziali è utile pertanto distinguere tra permanenze dirette e indirette:

Le permanenze dirette, corrispondono ai manufatti territoriali che hanno mantenuto tracce evidenti dei loro caratteri originari, nonostante le inevitabili trasformazioni, i restauri, gli adattamenti intervenuti nel corso del tempo;

Le permanenze indirette invece coincidono con strutture che sono state totalmente cancellate o alterarte, ma che mantengono una traccia nella localizzazione sul territorio.

Ad esempio una pieve medievale può presentarsi oggi come permanenza diretta se mantiene caratteri architettonici dell'epoca di costruzione, o come permanenza indiretta se è stata radicalmente ricostruita in epoca successiva, pur conservando la funzione di chiesa. La stessa centuriazione romana, conservata nella trama dei campi coltivati, può essere considerata una permanenza indiretta, in quanto i tracciamenti antichi sopravvivono nelle limitazioni odierne. Individuato il patrimonio di manufatti territoriali occorre collocarli all'interno del contesto geografico. Le architettura e i ritrovamenti individuati verranno situati nello spazio utilizzando una base cartografica odierna

in genere si prediligono le mappe IGM al 25.000 oppure le carte tecniche regionali al 10.000.

ECOFATTI

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Come abbiamo affermato all’inizio della trattazione delle fonti per lo studio del paesaggio gli ecofatti rappresentano gli elementi del contesto naturale odierno che forniscono informazioni sugli ambienti del passato. Sono tutti quei fenomeni dovuti all’azione delle forze naturali che hanno interagito con le attività umane. La ricostruzione dei paleoambienti (che esistevano in un certo passato geologico nel luogo in esame) oltre a darci fondamentali informazioni sull'età delle rocce, ci indicano anche il tipo di ambiente in cui si deponeva la roccia che contiene il fossile stesso. Tale ricostruzione si appoggia su dati validi forniti:

da fossili macroscopici vegetali e animali ( legni, foglie, frutti, mammiferi, molluschi ecc.)

da microfossili (pollini e spore, foraminiferi ecc.) avvenuti o meglio rinvenuti in sedimenti di vario tipo. elle ricostruzioni ambientali bisogna per tenere presente che della tanatocenosi non fanno parte solamente gli organismi vissuti nell’ambiente in cui sono stati ritrovati (autoctoni), ma anche quelli che vi sono stati trasportati occasionalmente dopo la morte (alloctoni). Occorre quindi una particolare attenzione alla interpretazione dei fossili per giungere a corrette ricostruzioni ambientali. Per questo sono di grande importanza tutti quei fossili che si ritrovano in posizione di vita e le tracce fossili impresse nel sedimento (piste, orme, tane, ecc.) Lo studio dei reperti e del loro significato ecologico consente di delineare i cambiamenti avvenuti nel popolamento vegetale di determinate aree e di collegarli con gli eventi climatici, a livello di dettaglio via via maggiore quanto più la storia è recente. È possibile disporre di determinazioni di paleotemperature, identificazioni di paleomorfologie ( paleoalvei, terrazzi fluviali e glaciali, ecc.).

Tanatocenosi: insieme di organismi morti presenti in una determinata area; per estensione, in paleontologia, accumulo di resti fossili in un sedimento; si contrappone a biocenosi. La t. è composta da elementi rappresentanti una parte della biocenosi, e da elementi che sono giunti nell’ambiente dopo morti, trasportati attivamente o passivamente. Tafocenosi: insieme di organismi affondati nel substrato sabbioso o fangoso. Comprende le biocenosi e le tanatocenosi non superficiali, ma penetrate nel fondo di mari e di altre masse d'acqua.

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Potremmo parlare più in generale di eoarcheologia, cioè di quella disciplina che si occupa della scoperta del lavoro umano nell'ambiente del passato e valutarne il rapporto con l'ambiente attuale, assicurandone la conservazione. La Geoarcheologia consente, inoltre, di ricostruire il paesaggio antico dei siti archeologici ed i loro processi di formazione. In questa prospettiva offre un contributo originale ed insostituibile: - alla ricostruzione del rapporto (dialettico) tra lavoro dell'uomo e mutamenti ambientali - alla storia dello sfruttamento delle risorse naturali - alla storia dei processi tecnologici applicati alla trasformazione di tali risorse. Lo studio avviene attraverso il: - rilevamento, esplorazione, interpretazione paleoambientale e valorizzazione dei siti archeologici - recupero e caratterizzazione analitica degli oggetti archeologici e dei beni culturali. L’analisi del paesaggio antico ricostruito attraverso i dati geoarcheologici, prevalentemente riferibili alle forme fluviali, nel caso per esempio di uno studio sulla pianura padana, consente inoltre di ipotizzare i rapporti che intercorrono tra le dinamiche fluviali e le attività antropiche. In particolar modo la ricostruzione della rete idrografica costituisce l’occasione per indagare e verificare le conseguenze che l’attività fluviale produceva sugli insediamenti e sul controllo del territorio (vie di percorrenza, confini), nonch sulle singole attività produttive (gestione delle risorse, pratiche agricole, allevamento). La ricostruzione del paesaggio vegetale e la sua evoluzione, analizzate attraverso i dati archeobotanici, permette inoltre di valutare la presenza dell’uomo e il suo impatto nel territorio. L’intensa attività delle comunità per la gestione delle risorse ed in particolare lo sfruttamento agricolo lasciano tracce nella documentazione archeologica e nella stratificazione degli abitati indagati in forma di pollini, resti vegetali carbonizzati, semi. l rilevamento di particolari associazioni vegetazionali pu inoltre testimoniare anche la presenza di pascoli e delle attività di allevamento che integravano l’economia dei villaggi. Fino ad alcuni decenni fa le conoscenze sulla storia della vegetazione terrestre erano basate quasi unicamente sui macrofossili vegetali. Solo a partire dagli anni circa, le ricerche sui resti microscopici delle piante terrestri, cioè su polline e spore, hanno avuto grande diffusione. I pollini e le spore sono piccoli granuli legati alla riproduzione sessuale delle piante: i primi sono prodotti da tutte le piante a seme (Spermatofite), mentre le seconde sono prodotte dalle Pteridofite, cioè da felci, licopodi ed equiseti.

ESEMPI DI ECOFATTI: resti micro e macrobotanici

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