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Approfondimenti M. Fazio 1 I DELITTI DI RICICLAGGIO TRA CONCORSO DI NORME E CONCORSO DI PERSONE di Marco Fazio (Dottore in Giurisprudenza, Università di Messina) SOMMARIO: 1. Il retroterra della nuova incriminazione. – 2. L’inammissibilità del concorso in riciclaggio dell’autore del reato presupposto. – 3. Margini di configurabilità per un concorso in autoriciclaggio, in particolare ex art. 117 Cp – 4. Concorso apparente di norme e concorso in autoriciclaggio: una sistemazione del problema a soluzioni differenziate. – 5. Qualche considerazione sulle prime tendenze interpretative riscontrabili nella giurisprudenza di legittimità. 1. A conclusione di un iter lungo e accidentato, con la legge 15 dicembre 2014, n. 186 è stato finalmente introdotto l’art. 648-ter.I Cp sul nuovo delitto di autoriciclaggio. È sufficiente prendere in considerazione taluni elementi estrinseci – in particolare la collocazione nel codice, la rubrica, la numerazione e la stessa lettera del nuovo articolo – per rendersi conto, già da profani, del legame di non poco momento tra quest’ultimo e le fattispecie di riciclaggio 1 (art. 648-bis) e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter), generalmente e sinteticamente denominato reimpiego 2 . 1 Per un approfondimento sul reato di riciclaggio, v., tra gli altri: G. M. Flick, voce Riciclaggio, in Enc. Giur., vol. XXXI, Roma 2007; S. Faiella, voce Riciclaggio, Postilla di aggiornamento, in Enc. Giur., vol. XXXI, Roma 2009; M. Zanchetti, voce Riciclaggio, in Dig. Disc. Pen., vol. XII, Torino 1997, 203 ss.; G. M. Soldi, voce Riciclaggio, in Dig. Disc. Pen., Aggiornamento, Torino 2011, 493 ss.; M. Angelini, Il reato di riciclaggio (art. 648 bis Cp). Aspetti dogmatici e problemi applicativi, Torino 2008; G. Colombo, Il reato di riciclaggio. Gli strumenti giudiziari di controllo dei flussi monetari illeciti con le modiche introdotte dalla nuova legge antimafia, Milano 1990; G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, parte speciale 7 , Bologna 2015, 256 ss.; F. Mantovani, Diritto penale, parte speciale, vol. II, Delitti contro il patrimonio 4 , Padova 2012, 270 ss.; F. Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale 15 , vol. I, a cura di C. F. Grosso, Milano 2008, 461 ss.; A. Conforti, Art. 648-bis –Riciclaggio, in Codice penale 6 , a cura di T. Padovani, Milano 2014, 3809 ss.; P. Magri, Art. 648-bis – Riciclaggio, in Codice penale commentato. Parte speciale 4 , a cura di E. Dolcini – G. Marinucci, vol. II, Milano 2015, 1314 ss.; A. Lanzi, Art. 648-bis – Riciclaggio, in Codice penale d’impresa, a cura di A. Lanzi – G. Insolera, Milano 2015, 975 ss.; R. Acquaroli, Il riciclaggio, in Reati contro la persona e contro il patrimonio, a cura di F. Viganò e C. Piergallini, Trattato teorico-pratico di diritto penale 2 , diretto da F. Palazzo e C.E. Paliero, Torino 2015, 903 ss. 2 Sul reato di cui all’art. 648-ter, v.: S. Moccia, voce Impiego di capitali illeciti, in Enc. Giur., vol. XVI, Roma 1995; G. Fiandaca – E. Musco, op. cit., 266 ss.; F. Mantovani, Diritto penale, parte speciale, vol. II, Delitti contro il patrimonio 4 , Padova 2012, 278 ss.; F. Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale 15 , vol. I, a cura di C. F. Grosso, Milano 2008, 469 ss.; A.

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Approfondimenti M. Fazio

1

I DELITTI DI RICICLAGGIO TRA CONCORSO DI NORME E CONCORSO DI

PERSONE

di Marco Fazio (Dottore in Giurisprudenza, Università di Messina)

SOMMARIO: 1. Il retroterra della nuova incriminazione. – 2. L’inammissibilità

del concorso in riciclaggio dell’autore del reato presupposto. – 3. Margini di configurabilità per un concorso in autoriciclaggio, in particolare ex art. 117 Cp – 4. Concorso apparente di norme e concorso in autoriciclaggio: una sistemazione del problema a soluzioni differenziate. – 5. Qualche considerazione sulle prime tendenze interpretative riscontrabili nella giurisprudenza di legittimità.

1. A conclusione di un iter lungo e accidentato, con la legge 15 dicembre 2014,

n. 186 è stato finalmente introdotto l’art. 648-ter.I Cp sul nuovo delitto di autoriciclaggio.

È sufficiente prendere in considerazione taluni elementi estrinseci – in particolare la collocazione nel codice, la rubrica, la numerazione e la stessa lettera del nuovo articolo – per rendersi conto, già da profani, del legame di non poco momento tra quest’ultimo e le fattispecie di riciclaggio1 (art. 648-bis) e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (art. 648-ter), generalmente e sinteticamente denominato reimpiego2.

1 Per un approfondimento sul reato di riciclaggio, v., tra gli altri: G. M. Flick, voce Riciclaggio, in Enc. Giur., vol. XXXI, Roma 2007; S. Faiella, voce Riciclaggio, Postilla di aggiornamento, in Enc. Giur., vol. XXXI, Roma 2009; M. Zanchetti, voce Riciclaggio, in Dig. Disc. Pen., vol. XII, Torino 1997, 203 ss.; G. M. Soldi, voce Riciclaggio, in Dig. Disc. Pen., Aggiornamento, Torino 2011, 493 ss.; M. Angelini, Il reato di riciclaggio (art. 648 bis Cp). Aspetti dogmatici e problemi applicativi, Torino 2008; G. Colombo, Il reato di riciclaggio. Gli strumenti giudiziari di controllo dei flussi monetari illeciti con le modiche introdotte dalla nuova legge antimafia, Milano 1990; G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, parte speciale7, Bologna 2015, 256 ss.; F. Mantovani, Diritto penale, parte speciale, vol. II, Delitti contro il patrimonio4, Padova 2012, 270 ss.; F. Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale15, vol. I, a cura di C. F. Grosso, Milano 2008, 461 ss.; A. Conforti, Art. 648-bis –Riciclaggio, in Codice penale6, a cura di T. Padovani, Milano 2014, 3809 ss.; P. Magri, Art. 648-bis – Riciclaggio, in Codice penale commentato. Parte speciale4, a cura di E. Dolcini – G. Marinucci, vol. II, Milano 2015, 1314 ss.; A. Lanzi, Art. 648-bis – Riciclaggio, in Codice penale d’impresa, a cura di A. Lanzi – G. Insolera, Milano 2015, 975 ss.; R. Acquaroli, Il riciclaggio, in Reati contro la persona e contro il patrimonio, a cura di F. Viganò e C. Piergallini, Trattato teorico-pratico di diritto penale2, diretto da F. Palazzo e C.E. Paliero, Torino 2015, 903 ss. 2 Sul reato di cui all’art. 648-ter, v.: S. Moccia, voce Impiego di capitali illeciti, in Enc. Giur., vol. XVI, Roma 1995; G. Fiandaca – E. Musco, op. cit., 266 ss.; F. Mantovani, Diritto penale, parte speciale, vol. II, Delitti contro il patrimonio4, Padova 2012, 278 ss.; F. Antolisei, Manuale di diritto penale, parte speciale15, vol. I, a cura di C. F. Grosso, Milano 2008, 469 ss.; A.

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La legislazione penale ISSN: 2421-552X 2 17.7.2017

Con il presente contributo ci si propone di approfondire il rapporto tra i delitti da ultimo citati e quello di più recente introduzione, rapporto che, già all’indomani dell’emanazione del nuovo art. 648-ter.I Cp, è stato ritenuto meritevole di particolare attenzione dai primi commentatori. Tuttavia non è possibile fornire un quadro esaustivo o comunque chiaro dell’intricata questione, senza prima approfondire il retroterra della nuova incriminazione.

I rapporti intercorrenti tra le condotte oggi riconducibili ai tre diversi reati sono stati oggetto di studio già a partire dall’ultimo decennio dello scorso secolo, ancorché la terza tra queste fattispecie non assurgesse ancora a figura delittuosa. Queste riflessioni venivano sollecitate soprattutto dal fatto che, con riferimento al sistema previgente, erano presenti agli artt. 648-bis e 648-ter Cp elementi testuali ben precisi, alla luce dei quali si poteva considerare sussistente nel diritto penale italiano un “beneficio di autoriciclaggio”3, di fronte al quale nasceva l’esigenza di individuare le condotte da questo coperte.

Senza la pretesa di approfondire in questa sede le vicende modificative che hanno coinvolto le diposizioni codicistiche in argomento4, ci si può limitare ad osservare come già nella versione introdotta nel 1978, l’art. 648-bis Cp – all’epoca rubricato “Sostituzione di denaro o valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione”5 – esordisse con le parole “Fuori dei casi di concorso nel reato”, clausola riproposta nel più recente art. 648-ter, insieme all’ulteriore precisazione “e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis”, con cui si mirava a conferire al delitto di reimpiego una funzione sussidiaria e residuale6.

Per quanto riguarda la portata di queste clausole, si riteneva pressoché unanimemente che, se le norme di incriminazione in commento non erano applicabili nei casi di concorso nel delitto presupposto, a fortiori – qualora il fatto fosse stato commesso in forma monosoggettiva – queste non potessero trovare applicazione nei confronti dell’unico autore dello stesso7.

Conforti, Art. 648-ter –Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, in Codice penale6, a cura di T. Padovani, Milano 2014, 3818 ss.; P. Magri, Art. 648-ter – Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, in Codice penale commentato. Parte speciale4, a cura di E. Dolcini – G. Marinucci, vol. II, Milano 2015, 1340 ss.; A. Lanzi, Art. 648-ter – Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, in Codice penale d’impresa, a cura di A. Lanzi – G. Insolera, Milano 2015, 975 ss.; R. Acquaroli, Il reimpiego di capitali illeciti, in Reati contro la persona e contro il patrimonio, a cura di F. Viganò e C. Piergallini, Trattato teorico-pratico di diritto penale2, diretto da F. Palazzo e C.E. Paliero, Torino 2015, 937 ss. 3 L’espressione, che tradisce una malcelata precomprensione di segno negativo verso il fenomeno, è piuttosto ricorrente nella letteratura, per cui è sufficiente un rinvio agli autori già richiamati nelle note precedenti. 4 Per un esame dell’iter normativo della fattispecie di riciclaggio, v. A. Conforti, op. cit., 3809 ss. 5 Su cui, v., per tutti, G. Pecorella, voce Denaro (Sostituzione di), in Dig. Disc. Pen., vol. III, Torino 1989, 366 ss. 6 Cfr. F. Mantovani, op. cit., 279. 7 V., per tutti, R. Acquaroli, Il riciclaggio, cit., 907.

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Ad ogni modo per lungo tempo queste clausole costituirono il fondamento normativo che forniva sicuro diritto di cittadinanza nel sistema italiano al beneficio di impunità per tutti i fatti di autoriciclaggio, ma la permanenza di tale beneficio non fu semplice e incontrò ben presto diverse opposizioni. In particolare, benché in un primo momento non sussistesse un vero e proprio obbligo giuridico per lo Stato italiano di introdurre nel suo ordinamento penale una fattispecie delittuosa che colpisse le condotte di autoriciclaggio8, a partire dal 2005 i richiami all’Italia da parte del Fondo Monetario Internazionale, rispetto all’attuazione delle Raccomandazioni G.A.F.I.9, cominciarono a orientare la nostra legislazione nella direzione opposta. Del resto anche da un punto di vista comparatistico – soprattutto, ma non soltanto, con riferimento agli ordinamenti con tradizioni di common law – emergeva un prevalente orientamento per la rilevanza penale delle condotte di riciclaggio anche nel caso in cui queste fossero poste in essere dall’autore del delitto presupposto.

La questione circa l’opportunità di reprimere le condotte di autoriciclaggio cominciò, quindi, a reclamare crescente attenzione nel dibattito politico, suscitando interesse anche nell’opinione pubblica, soprattutto a seguito dell’avvento della crisi economica10. Né deponevano a favore della persistenza del beneficio in questione le evidenti inefficienze di cui soffriva la normativa penale antiriciclaggio. Le effettive condanne per riciclaggio e reimpiego erano infatti così esigue che in dottrina si cominciò a parlare di applicazione pratica ‹‹pressoché inconsistente›› 11 : e ciò nonostante la giurisprudenza cercasse di limitare la portata del beneficio di impunità, in modo da evitare che l’ossequio al principio di riserva di legge in materia penale12 comportasse puntualmente un sacrificio di esigenze di giustizia sostanziale13.

8 In particolare, l’art. 6, lett. b), della Convenzione di Strasburgo del 2000 in materia di riciclaggio, identificazione, sequestro e confisca dei proventi da reato permetteva espressamente agli Stati firmatari di non penalizzare l’autorciclaggio: ‹‹it may be provided that the offence set forth in that paragraph do not apply to the person who committed the predicate offence››. 9 Per le quali v. il sito www.fatf-gafi.org 10 Sul rapporto tra diritto penale e crisi economica, v. A. Alessandri, Delitti e pene nello scenario della crisi, in Diritto, mercato ed etica. Omaggio a Piergaetano Marchetti, Milano 2010, 117 ss. 11 V. F. Mantovani, op. cit., 272. 12 Per un approfondimento analitico del principio, v., per tutti, G. Marinucci – E. Dolcini, Corso di diritto penale, Milano 2001, 27 ss. 13 Tra le ricostruzioni più interessanti in tal senso, v. Cass., 27.2.2013, n. 9226, in RP 2013, 5, 513 ss., in cui viene respinto il tentativo di escludere il beneficio di autoriciclaggio per l’autore mediato del delitto presupposto; Cass., 5.10.2011, n. 39756, in De Jure, in cui è ammessa la possibilità di perseguire – ex art. 12-quinquies, I comma, d.l. 8.6.1992 n. 306 – particolari condotte di autoriciclaggio, nonostante il beneficio di cui alle norme codicistiche. V., altresì, N. Amore, Il punto e l’accapo sull’autoriciclaggio dei proventi delle consorterie criminali di stampo mafioso dopo le SS.UU. n. 25191 del 2014, in www.penalecontemporaneo.it, 9 ottobre 2014, per un esame analitico delle differenti situazioni e dei diversi esiti cui si può pervenire nei complicati rapporti tra riciclaggio, reato presupposto consistente nell’associazione a delinquere di tipo mafioso e reati-scopo.

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Fu così che nel 2008 si arrivò a prendere in seria considerazione in sede parlamentare la possibilità di superare finalmente l’orientamento del legislatore per il beneficio di autoriciclaggio, con un emendamento che predisponeva la soppressione delle clausole che garantivano una patente di impunità a chi commetteva fatti di autoriciclaggio 14 . Quest’emendamento fu però stralciato, poiché sembrò più opportuno rinviare la discussione ad un momento successivo, per poter prima svolgere un’attenta riflessione sulla conformità di una simile scelta politica ai principi generali cui il sistema penale italiano si ispira.

A riprova di quanto il problema fosse avvertito ormai in maniera abbastanza seria in sede politico-legislativa, con decreto del Ministero della Giustizia del 18 gennaio 2013, fu costituita la Commissione Greco, con l’incarico specifico di procedere alla presentazione di un progetto di legge di revisione del delitto di riciclaggio e di introduzione di quello di autoriciclaggio, seguita a stretto giro dalla Commissione Fiandaca, la quale elaborò a sua volta una proposta analoga.

Infine, con legge 15 dicembre 2014, n. 186, fu introdotta nel sistema penale italiano l’autonoma fattispecie incriminatrice dell’autoriciclaggio, senza però – come è importante chiarire sin da subito – sopprimere le clausole di riserva di cui agli artt. 648-bis e 648-ter Cp

In base al tenore letterale dell’art. 648-ter.I Cp, è oggi punibile a titolo di autoriciclaggio ‹‹chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa››. In prima approssimazione, è agevole notare come la lettera della nuova disposizione riproponga sia le condotte già individuate nella fattispecie di riciclaggio che quelle proprie del reimpiego15. Proprio il fatto che siano

14 V. i lavori parlamentari del d.d.l. in questione, sul sito www.senato.it, ove si apprende altresì che, con lo stesso emendamento, si proponeva parimenti di aggiungere al testo dell’art. 648-bis il seguente 5° comma: ‹‹Le disposizioni di cui ai commi che precedono si applicano anche nei confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, salvo che per gli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la loro naturale destinazione ovvero in caso di utilizzo del denaro, dei beni o delle altre utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali››. 15 La prima delle condotte elencate all’art. 648-ter.I (chiunque impiega) è proprio quella tipica del delitto di reimpiego, mentre le altre sono state mutuate dalla fattispecie di cui all’art. 648-bis Cp, anche se si può notare come non sia stata riprodotta quella consistente nel “compimento di altre operazioni”, scelta legislativa che può essere apprezzata poiché essa implica un innalzamento del complessivo tasso di determinatezza della fattispecie in commento, mettendo peraltro in luce una sua specialità rispetto a quelle originarie: in questo senso, cfr. S. Cavallini – L. Troyer, Apocalittici o integrati? Il nuovo reato di autoriciclaggio: ragionevoli sentieri ermeneutici all’ombra del “vicino ingombrante”, in DPenCont 2015 (1), 98; L. Troyer – S. Cavallini, La “clessidra” del riciclaggio ed il privilegio di self-laundering: note sparse a margine di ricorrenti, astratti furori del legislatore, in DPenCont. 2014 (2), 53, ove gli stessi autori, in prospettiva de jure condendo, auspicavano già una scelta di questo tipo. Non si registrano novità rispetto alle fattispecie di riciclaggio e

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stati ripresi ampiamente elementi di tipicità già presenti negli artt. 648-bis e 648-ter Cp rende prevedibile qualche sovrapposizione tra le fattispecie in parola.

Il legislatore, nel momento in cui è stata imboccata la via del superamento del beneficio di autoriciclaggio, poteva scegliere tra l’opzione della semplice abrogazione delle clausole di riserva contenute negli incipit degli artt. 648-bis e 648-ter Cp e quella, di fatto preferita, dell’introduzione di una norma penale che descrivesse una nuova condotta. Ed è proprio la scelta del legislatore d’introdurre una nuova fattispecie, sulla cui bontà bisognerà spendere tra non molto qualche parola, ad innescare il problema del rapporto tra questa e quelle contigue già previste.

Ovviamente era auspicabile che in questa delicata scelta di politica legislativa si tenesse conto della ratio obiettiva su cui il sistema previgente si fondava, oltre che delle conseguenze concrete della nuova incriminazione.

Sarebbe peraltro errato ritenere ormai prive d’interesse le ragioni sottese al superato beneficio di autoriciclaggio, poiché queste torneranno utili in sede di valutazione dell’attuale assetto della disciplina penale delle condotte, lato sensu, di laundering.

In particolare sembra opportuno ricordare le diverse posizioni assunte nel tempo dalla dottrina e dalla giurisprudenza sulla classificazione delle clausole di riserva su cui il beneficio di autoriciclaggio si fondava: a) le clausole presenti agli artt. 648-bis e 648-ter Cp sarebbero da considerare come dei veri e propri presupposti negativi di tipicità16; b) quelle in questione costituirebbero semplici clausole di riserva, la cui funzione sarebbe quella di escludere il ricorso al criterio di specialità, in favore di quello di sussidiarietà17 o di consunzione18, così prevedendo, e insieme

reimpiego per quanto riguarda l’oggetto materiale della condotta, né del tutto nuovo è il riferimento al locus di ripulitura dei proventi, dal momento che una formula simile è già presente nella fattispecie di cui all’art. 648-ter Cp; un quid novi si riscontra invece nell’utilizzo del termine “concretamente” laddove si fa riferimento all’attitudine ostativa specificamente richiesta per la condotta tipica. Ad ogni modo, per un esame della nuova fattispecie, v. G. Fiandaca – E. Musco, op. cit., 269 ss.; A. M. Dell’Osso, Il reato di autorciclaggio: la politica criminale cede il passo a esigenze mediatiche e investigative, in RIDPP 2015, 796; R. Bricchetti, Art. 648-ter.I – Autoriciclaggio, in Codice penale commentato. Parte speciale4, a cura di E. Dolcini – G. Marinucci, vol. II, Milano 2015, 1347 ss.; R. Acquaroli, L’autoriciclaggio, in Reati contro la persona e contro il patrimonio, a cura di F. Viganò e C. Piergallini, Trattato teorico-pratico di diritto penale2, diretto da F. Palazzo e C.E. Paliero, Torino 2015, 943 ss.; S. Cavallini – L. Troyer, op. cit., 95 ss; F. Mucciarelli, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, in DPenCont., 2015 (1), 108 ss; F. Sgubbi, Il nuovo delitto di “Autoriciclaggio”: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell’azione legislativa, in DPenCont 2015 (1), 137 ss.; A. D’Avirro – M. Giglioli, Autoriciclaggio e reati tributari, in DPP 2015, 135 ss.; A. Lanzi, L’autoriciclaggio e la necessità di un intervento di “razionalizzazione” da parte della giurisprudenza, in IP, 2015, 1, 1 ss.; A. Gullo, Autoriciclaggio. Voce per “Il libro dell’anno del diritto Treccani 2016”, in www.penalecontemporaneo.it, 21 dicembre 2015. 16 V. F. Mantovani, op. cit., 273; Contra: F. D’Arcangelo, Fondamento e limiti della non punibilità dell’autoriciclaggio, in IP 2014, 303 s. 17 Cfr. Cass., 12.12.2009, n. 47375, in RIDPP 2011, 1, 1275, con nota di A. M. Dell’Osso. 18 Cfr. P. Magri, Art. 648-bis, cit., 1324. Viene, in questo senso, attribuito particolare rilievo al fatto che le condotte tipiche dei delitti di riciclaggio e reimpiego sono generalmente finalizzate al consolidamento del

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risolvendo a monte, un concorso di norme nel senso dell’apparenza 19; c) con riferimento alle clausole in esame, si sarebbe in presenza di cause soggettive di esclusione della pena, la cui previsione è da ricondurre a semplici ragioni politico-legislative di opportunità, per cui non verrebbe meno il reato, ma la sola applicazione delle conseguenze penali20.

Era soprattutto accedendo all’indirizzo sub b) che sembrava profilarsi un ostacolo al superamento del beneficio di autoriciclaggio, dal momento che, secondo questa ricostruzione, tali clausole costituirebbero diretta conseguenza dei principi generali sintetizzati dai brocardi latini lex primaria derogat legi subsidiariae, lex consumens derogat legi comsumptae, oltre che di quello del ne bis in idem sostanziale. Al fine di aggirare quest’ordine di obiezioni, si è sottolineato che le teorie pluralistiche, attraverso le quali vengono risolti conflitti apparenti di norme, esprimono criteri preterlegali e operano, dunque, a prescindere e in assenza di espresse previsioni di legge. In questo senso, allora, qualora quelle in parola venissero realmente in considerazione quali clausole di riserva a favore dell’applicazione del criterio di consunzione o di sussidiarietà, si sarebbe di fronte a un curioso caso di una loro superflua positivizzazione21. Peraltro, tenendo presente l’orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale il criterio di consunzione non opererebbe rispetto a norme penali che non siano poste a tutela di beni giuridici almeno omogenei22, si è ritenuto, a fortiori, che tali clausole non fossero inquadrabili nell’ambito della consunzione 23 , non potendosi infatti ravvisare una generale omogeneità tra il bene protetto rispettivamente dai delitti di riciclaggio e reimpiego, da una parte, e dal delitto presupposto, dall’altra24.

profitto del reato già commesso, di cui rappresentano una naturale prosecuzione. Quest’impostazione ha avuto eco anche in giurisprudenza: v. Cass. 28.2.2007, n. 8432, in Riv. dott. comm., 2014, 1, 170, ove viene richiamato altresì il principio del ne bis in idem sostanziale. Seguendo questa ricostruzione, le condotte di autoriciclaggio dovrebbero essere di regola degradate alla categoria del postfatto non punibile, sulla cui nozione v. G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, parte generale7, Bologna 2014, 725 ss. 19 Per un approfondimento sul tema del concorso di norme e sui criteri proposti per risolvere tale fenomeno nella direzione dell’apparenza, v. G. de Vero, Corso di diritto penale2, I, Torino 2012, 351 ss. 20 Cfr. S. Seminara, I soggetti attivi del reato di riciclaggio tra diritto vigente e prospettive di riforma, in DPP, 2005, 236; V. Magnini, La punibilità dell’“autoriciclaggio” realizzato per interposta persona, in DPP, 2013, 833. 21 V. L. Troyer – S. Cavallini, op. cit., 53 ss. 22 V., per tutti, Cass., sez. un., 19.1.2011, n. 1235, in RP 2011, 9, 895. 23 In questo senso, v. R. Bricchetti, Riciclaggio e auto-riciclaggio, in RIDPP, 2/2014, 686, che pone in rilievo un’ulteriore controindicazione che deriverebbe dall’accoglimento di questa impostazione, ossia il fatto che spesso il delitto di riciclaggio è punito più gravemente di quello presupposto. Pertanto difficilmente il fenomeno sarebbe inquadrabile nei tradizionali schemi della consunzione, che richiederebbe invece che il delitto presupposto, in quanto consumante, sia altresì più gravemente sanzionato di quello consunto di riciclaggio. 24 Secondo gli studi più recenti sull’oggettività giuridica di riciclaggio e reimpiego, questi reati, soprattutto dopo l’allargamento della platea dei possibili delitti presupposti, avvenuto a seguito della già richiamata riforma del 1993, vengono oggi in rilievo per la loro attitudine plurioffensiva, non potendosi più considerare, a dispetto della loro collocazione, semplici delitti contro il patrimonio. Del resto, come giustamente evidenziato in G. Tedesco, Le sezioni unite sui rapporti tra associazione a delinquere di stampo mafioso e riciclaggio, in DPP, 2014, 1318, proprio per la lesione di una pluralità di beni giuridici sarebbe impensabile

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Inoltre, a voler riconoscere comunque un qualche ossequio al principio del ne bis in idem sostanziale, era sufficiente evitare l’incriminazione tout court dei fatti di autoriciclaggio, eventualmente prevedendo un trattamento sanzionatorio più mite per i casi di concorso nel delitto base. Infatti si deduceva che una semplice eliminazione delle clausole di riserva di cui agli artt. 648-bis e 648- ter Cp avrebbe comportato, con buona pace del principio di sufficiente determinatezza25, un effetto moltiplicatore delle comminatorie di pene previste per ciascun delitto suscettibile di generare proventi riciclabili, nonché un aggravio repressivo in alcuni casi ingiustificato26.

Si riteneva pertanto preferibile un intervento con il quale il legislatore, invece di limitarsi ad una semplice espunzione di queste clausole, incidesse sul piano della sfera di tipicità dell’incriminazione. Non solo. Poiché, diversamente da quanto già accadeva all’extraneus nelle ipotesi di riciclaggio e reimpiego, il superamento del beneficio d’impunità avrebbe determinato a carico dell’intraneus una sanzione ulteriore, nonostante questi dovesse verosimilmente già scontare un quantum di pena in relazione al delitto presupposto, si raccomandava di operare altresì sul piano delle conseguenze sanzionatorie, in una prospettiva volta alla valorizzazione del principio di proporzionalità/ragionevolezza27.

Oltre al riferimento al concetto di post factum non punibile e alle connesse esigenze di rispetto del principio del ne bis in idem sostanziale, si è sostenuto che militasse a favore dell’impossibilità di un superamento del beneficio in questione anche un altro principio, quello sintetizzato dal brocardo latino “nemo tenetur se detegere” 28 . I sostenitori di questa tesi hanno osservato come alla punibilità dell’autoriciclaggio seguirebbe un precetto che imporrebbe indirettamente al delinquente di facilitare la scoperta del delitto presupposto, con buona pace del principio ora richiamato. Ma in realtà, premesso che il principio de quo, che attiene comunque più al diritto processuale, non si atteggia nel diritto positivo italiano esattamente come una regola inderogabile29, anche rispetto a questo poteva essere sufficiente la predisposizione di un testo normativo che incriminasse sì l’autoriciclaggio, ma facendo salve una serie di condotte inoffensive, per evitare che un qualunque utilizzo di proventi delittuosi portasse all’incriminazione.

altresì ritenere l’offesa, e con essa la possibilità di punizione, già esaurita con la commissione del primo delitto. Si è pertanto osservato che la funzione delle clausole di cui agli artt. 648-bis e 648-ter Cp non potrebbe essere quella di evitare a monte dei deprecabili casi di bis in idem sostanziale, dal momento che la punizione a titolo di (auto-)riciclaggio del concorrente nel delitto presupposto, qualora non fosse stata espressamente esclusa ex lege, non avrebbe affatto dato luogo ad una violazione del principio del ne bis in idem sostanziale. Per una ricognizione sull’individuazione del bene giuridico tutelato dal delitto di riciclaggio, v. A. Conforti, op. cit., 3810 ss. 25 Per un esame di tale corollario del principio di legalità, v. G. de Vero, op. cit., 103 ss. 26 V. L. Troyer – S. Cavallini, op. cit., 62 ss. 27 V., in questo senso, L. Troyer – S. Cavallini, op. cit., 64. 28 Per tale principio, v., per tutti, F. Cordero, Procedura Penale9, Milano 2012, 254 ss. 29 In questo senso, v. S. Faiella, op. cit., 3.

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In sostanza i principi richiamati, più che ostare al superamento di detto privilegio, potevano venire a questo punto in rilievo quali parametri idonei a guidare il legislatore nella preparazione di un’attenta riforma.

Soprattutto accedendo all’impostazione per cui il fondamento del beneficio dell’autoriciclaggio fosse da ricercare in ragioni di opportunità, tali criteri avrebbero contribuito all’individuazione di un confine tra condotte di autoriciclaggio per cui il mantenimento del beneficio sarebbe apparso opportuno e condotte per le quali, invece, all’esclusione di tale beneficio (e alla conseguente punibilità) il buon senso comune non si sarebbe ribellato30.

Fatte queste premesse sul retroterra proprio della nuova fattispecie delittuosa, sarà più agevole affrontare nel prosieguo il problematico rapporto tra questa e quelle di riciclaggio e reimpiego.

2. Si è già detto che il legislatore, nel momento in cui è stata intrapresa la via

del superamento del beneficio d’impunità per l’autoriciclaggio, poteva scegliere tra l’opzione della semplice abrogazione delle clausole di riserva contenute negli incipit degli artt. 648-bis e 648-ter Cp e quella dell’introduzione di una norma penale che descrivesse una nuova condotta. Si è avuto modo di indicare quali principi hanno portato il legislatore a preferire questa seconda direzione ed è ora il momento di affrontare l’impatto di tale scelta di politica legislativa.

La principale, ma anche la più immediata critica che è stata mossa al legislatore è che la decisione d’inserire una nuova fattispecie ad hoc per l’autoriciclaggio sia figlia di una visione del fenomeno troppo parcellizzata e per di più priva di riscontro empirico31. Generalmente, infatti, il riciclatore viene istigato da chi ha commesso il delitto da cui sono derivate le utilità, com’è chiaro altresì che l’autoriciclatore ha, dal canto suo, quasi sempre bisogno, nel compimento delle operazione di laundering, della collaborazione di soggetti che non hanno preso parte alla realizzazione del reato presupposto non colposo. Così, lo stesso fenomeno appare oggi unitario nei fatti, ma oltremodo frazionato nella disciplina penale.

Un simile assetto può funzionare senza incorrere in gravi difficoltà solo finché le condotte di laundering siano compiute in autonomia esclusivamente dal soggetto attivo del delitto presupposto ovvero da un terzo. Ma quid iuris in tutti quei casi, frequentissimi nella prassi, in cui si assisterà a un’interazione tra condotte concorrenti imputabili ai due diversi soggetti?

Una prima proposta di sistemazione del problema potrebbe essere avanzata in termini di concorso di persone nel reato, ma bisognerebbe chiedersi, a questo punto, quale sarebbe la norma di parte speciale da applicare ai diversi concorrenti.

30 V. R. Bricchetti, op. cit., 687 ss., dove, tra l’altro, si osserva come, sotto il profilo dell’opportunità della punizione, la questione si ponga in termini molto diversi se si considerano, da una parte, il truffatore che versi in banca il provento del proprio delitto e, dall’altra, il narcotrafficante che investa i proventi dei propri crimini nella catena di ristoranti da lui gestita. 31 V., per tutti, A. M. Dell’Osso, op. cit., 812.

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In astratto ci si potrebbe interrogare, in prima battuta, sulla possibilità di formulare un’imputazione ex artt. 110 e 648-bis (o eventualmente 648-ter) Cp per i casi di cooperazione tra chi ha concorso nel delitto da cui provengono i proventi illeciti e chi invece non vi ha preso parte.

Tuttavia è facile replicare che tale impostazione non può essere accolta, avuto riguardo a taluni elementi testuali. Si è visto, infatti, che l’introduzione del nuovo art. 648-ter.I Cp non è stata accompagnata dalla soppressione delle clausole di salvaguardia contenute negli incipit dei due articoli immediatamente precedenti, per cui ritenendo configurabile un fatto di riciclaggio (o impiego) commesso in concorso da autori del delitto presupposto e terzi si finirebbe col rendere ancora oggi operativo il beneficio di autoriciclaggio per i primi, seppur per i soli fatti commessi con la compartecipazione di soggetti terzi.

Ma è del tutto evidente l’irragionevolezza di cui soffrirebbe una simile ricostruzione, in quanto essa implicherebbe una sorta di ultrattività del beneficio di autoriciclaggio, che sarebbe così stato superato con la nuova incriminazione soltanto in relazione all’autoriciclatore solitario, quasi a volere incoraggiare una specifica tipologia, peraltro particolarmente nociva, di consorteria criminale.

Bisogna allora chiedersi se le regole del concorso di persone nel reato possano offrire, da prospettive differenti, qualche soluzione o se è invece il caso di pensare di procedere su ulteriori percorsi argomentativi.

3. Sempre nel solco delle soluzioni in termini di concorso di persone nel reato,

è stata avanzata la proposta di ricondurre i fatti commessi da soggetti con posizioni diverse rispetto al predicate crime al delitto ex art. 648-ter.I, in particolare applicando le regole di cui all’art. 117 Cp.32 .

Seguendo questo indirizzo33, il delitto di autoriciclaggio viene considerato alla stregua di un reato proprio rispetto alle fattispecie contigue di riciclaggio e reimpiego, che costituirebbero, invece, delitti comuni34.

In questo senso si è osservato che ‹‹considerando (…) il solo fronte delle condotte comprese rispettivamente nell’insieme costituito dagli artt. 648-bis e 648-ter Cp da un lato e, dell’altro, quelle iscritte nell’insieme disegnato dall’art. 648-ter.I Cp, è agevole avvedersi che quest’ultimo insieme è minore e completamente compreso nell’altro››35.

La conseguenza di tale impostazione è quella di ritenere applicabile, per casi di questo tipo, l’incriminazione dell’autoriciclaggio a tutti i concorrenti nelle operazioni di ripulitura, a prescindere dal fatto che ciascuno di questi abbia preso parte altresì alla commissione del delitto presupposto.

32 Per un approfondimento sulla disciplina di cui all’art. 117 Cp con puntuali riferimenti ai contesti imprenditoriali che, rispetto alle questioni affrontate in questa sede, acquistano particolare rilevanza, v. A. Gullo, Il reato proprio. Dai problemi ‹‹tradizionali›› alle nuove dinamiche d’impresa, Milano 2005. 33 Per il quale, v. S. Cavallini – L. Troyer, op. cit., 104 s. 34 Per la distinzione tra reati propri e comuni, v., fra gli altri: G. de Vero, op. cit., 434 s. 35 V. F. Mucciarelli, op. cit., 119.

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Si deve tenere presente, però, che sul punto è decisiva anche l’interpretazione che si dà delle disposizioni dell’art. 117 Cp36. Infatti, se si ritiene che i casi che ricadono sotto la disciplina di questa norma di parte generale siano solo quelli in cui la materiale realizzazione della condotta principale viene posta in essere da parte dell’intraneus37, si dovrà escludere il concorso in autoriciclaggio e la questione rimarrà sostanzialmente irrisolta ove le operazioni di laundering non siano materialmente compiute dal concorrente nel predicate crime; salvo, chiaramente, che non si ritenga di argomentare per il concorso nel delitto di cui all’art. 648-bis (/648-ter) Cp, ma con tutte le controindicazioni già denunciate al paragrafo precedente.

Solo aderendo all’indirizzo maggioritario, secondo il quale, nell’ambito d’applicazione dell’art. 117 Cp, non è rilevante, salvi i reati di mano propria, la ripartizione dei ruoli tra i concorrenti38, si potrà concludere più facilmente per il concorso di tutti i soggetti interessati nel solo delitto di autoriciclaggio.

Del resto non sembra nemmeno prospettabile la qualificazione dell’autoriciclaggio come reato di mano propria39, non potendosi ritenere la qualifica soggettiva richiesta ex art. 648-ter.I Cp ‹‹intimamente connessa all’identificazione stessa dell’interesse tutelato, nel senso che non può essere concepito in difetto della posizione ricoperta dal soggetto attivo››40, soprattutto in considerazione dell’iter e delle ragioni che hanno portato alla sua incriminazione.

Sta di fatto, però, che anche la conclusione cui si perviene seguendo la lettura maggiormente accreditata dell’art. 117 Cp presta comunque il fianco a diverse censure. Più precisamente, è stato anzitutto paventato il rischio che l’autoriciclaggio, a causa dell’applicazione dell’art. 117 Cp, finisca con l’inglobare, proprio perché quasi sempre riciclatore e autore del reato presupposto concorrono nelle operazioni di ripulitura di proventi delittuosi, le norme già dettate e non abrogate con riferimento ai delitti di riciclaggio e reimpiego41. Inoltre affermare che coloro che fino al 2014 rispondevano di riciclaggio dovranno essere oggi considerati alla stregua di concorrenti in autoriciclaggio comporta che questi potranno lucrare il trattamento sanzionatorio ben più mite previsto per la fattispecie di nuovo conio. Si tratterebbe di una conseguenza, a ben vedere, poco comprensibile alla luce dell’intentio legis perseguita con l’introduzione del nuovo delitto, con cui si voleva superare un beneficio d’impunità, senza certo nulla concedere ai futuri autori di quelle stesse condotte che erano già perseguite penalmente e peraltro più gravemente.

Del resto – come già osservato – se si è preferita una cornice edittale più mite per l’autoriciclaggio è stato solo per evitare duplicazioni sanzionatorie in capo ai

36 Nello stesso senso, cfr. A. Gullo, Autoriciclaggio, cit., 11 s. 37 In questo senso, v. G. Marinucci – E. Dolcini, Manuale di diritto penale, Parte generale5, Milano 2015, 465. 38 V., per tutti, G. Grasso, Art. 117 Cp, in Commentario sistematico del codice penale4, a cura di M. Romano – G. Grasso, Milano 2012, 269 ss.; G. de Vero, Corso di diritto penale, II, Torino 2017, 60. 39 Contra: F. Mucciarelli, op. cit., 119. 40 V. T. Padovani, Diritto Penale10, Milano 2012, 96 s. 41 Cfr. S. Cavallini – L. Troyer, op. cit., 104 ss.

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concorrenti nel reato base, che devono già rispondere della pena per questo comminata42: un’esigenza evidentemente del tutto assente con riferimento a soggetti diversi da quelli appena indicati.

In realtà, al di là dei rilievi critici appena svolti, bisogna segnalare un errore che inficia già le premesse dell’indirizzo interpretativo in esame. Invero, il richiamo all’art. 117 non è del tutto pertinente, dal momento che questa norma subentra a quella generale di cui all’art. 110 Cp solo allorquando l’extraneus ignori la presenza della qualifica soggettiva nel suo concorrente. È evidente che nella maggior parte dei casi chi ricicla proventi illeciti in cooperazione con l’autore del predicate crime è consapevole del ruolo ricoperto da quest’ultimo nella commissione del primo delitto, per cui non si comprende per quale ragione la dottrina richiamata non faccia riferimento direttamente all’art. 110 Cp, limitandosi tutt’al più a fare salva l’applicazione dell’art. 117 Cp per le sole ipotesi, peraltro piuttosto rare, effettivamente riconducibili alla lettera di questa norma.

Tuttavia bisogna ammettere che, pur integrando l’indirizzo in parola con queste ulteriori precisazioni, rimangono fermi tutti gli esiti irragionevoli di cui si è detto. Probabilmente bisogna convenire con chi ha sottolineato come distinguere le fattispecie in questione (tutte in realtà a soggettività ristretta) in reati propri e comuni pare scelta arbitraria e priva di fondamento, dal momento che la principale diversità tra queste non risiederebbe tanto nelle qualifiche soggettive, quanto piuttosto negli elementi costitutivi del fatto43, tra i quali del resto è corretto ricomprendere le stesse qualità rivestite dal soggetto attivo di reato proprio, in quanto presupposti della condotta44.

Si può poi anche considerare il rilievo per cui il ricorso alle norme in materia di concorso di persone nel reato non sarebbe opportuno nella misura in cui il legislatore, come fa nel caso in esame, riconduce già compiutamente le azioni di due o più persone, seppur costituenti un unico fatto storico, sotto autonome figure delittuose45.

È allora forse il caso di cercare fuori dal capitolo di teoria generale relativo al concorso di persone nel reato una risposta migliore ai nostri interrogativi. Ma non si intenda questa ulteriore ricerca di soluzioni più soddisfacenti come una rinuncia pura e semplice alla sistemazione del problema in termini di concorso di persone nel reato di autoriciclaggio. Al più essa deve considerarsi sottoposta alla condizione che i

42 Sul punto v. G. Amato, Una scelta ineccepibile dettata dall’esigenza di non “colpire” due volte lo stesso delitto, in GD, 2013 (14), 76 ss. 43 V. R. Acquaroli, L’autoriciclaggio, cit., 952. Si tenga presente che, come si è già potuto rilevare, il fatto è decisamente ‹‹più “ricco” per quanto riguarda la fattispecie di cui all’art. 648-ter.I››. Lo stesso autore, tuttavia, tramite un diverso percorso argomentativo, giunge ugualmente alla conclusione poco condivisibile della prevalenza dell’art. 648-ter.I rispetto al riciclaggio. 44 V. G. de Vero, Corso di diritto penale2, I, Torino 2012, 473 s. 45 V. G. Della Volpe, Il contributo dell’extraneus alla condotta di autoriciclaggio: reato di riciclaggio o concorso nell’autoriciclaggio? La presa di posizione del legislatore, in CP 2016, 6, 2654.

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sentieri che saranno battuti nel prosieguo siano percorribili fino in fondo. Diversamente si potrà pur sempre fare ritorno sulla via del concorso di persone, nonostante i limiti di cui si è detto.

4. Sulla scorta dei rilievi svolti, si può tentare, al fine di semplificare i termini del problema, di sbirciare, guardando la colonna dei risultati, la soluzione “esatta” alla quale si vuole pervenire in questa sede, così da evitare che si giunga per un’altra via a quegli stessi esiti problematici che sono già stati sottoposti a critica.

Tale soluzione verosimilmente può essere solo quella che, di fronte a fatti di laundering a opera di soggetti che hanno preso parte al reato presupposto in concorso con terzi, permetta di punire sia il riciclatore che l’autoriciclatore, riservando però loro la pena, per così dire “corretta”, ossia quella ricavata per ciascuno dalle diverse norme dettate in materia. In fondo è proprio dall’esigenza di pervenire a siffatta conclusione che deriva la tendenziale inidoneità della disciplina sul concorso di persone nel reato ad offrire la giusta sistemazione alla questione in esame, salvo che non ci si voglia avventurare nel tortuoso percorso della responsabilità concorsuale per titoli diversi di reato46.

Si può convenire che, di fronte a condotte unitarie realizzate da più soggetti, che appaiano sommariamente riconducibili da una parte a un fatto di autoriciclaggio e dall’altra agli schemi di tipicità di cui agli artt. 648-bis (o 648-ter) Cp, si potranno applicare sanzioni diverse ai vari soggetti coinvolti soltanto ravvisando un coinvolgimento di questi a diverso titolo e, dunque, riconoscendo in capo a ciascuno un concorso apparente di norme47.

Il concorso apparente di norme in questione dovrebbe essere a questo punto risolto, per quanto riguarda il soggetto che non ha concorso nel delitto presupposto, affermando che questi abbia integrato con la sua condotta il reato di autoriciclaggio in forma plurisoggettiva e quello di riciclaggio (o reimpiego) in forma monosoggettiva, per poi applicargli solo la norma penale prevista per quest’ultimo, in forza del principio di sussidiarietà48.

Per quanto riguarda il fatto commesso da chi ha concorso nel delitto presupposto, invece, la soluzione al concorso apparente di norme continuerebbe a essere risolta a monte dalle clausole di riserva che sono state mantenute agli art. 648-bis e 648-ter Cp, le quali svolgerebbero così una funzione inedita, rispetto a quella precedente, consistita nel beneficio di cui si è ampiamente discusso.

Per quanto tale approccio appaia più soddisfacente rispetto ai precedenti, soprattutto in relazione ai risultati da questo garantiti, bisogna comunque ammettere

46 Sul punto, v. M. Gallo, Appunti di diritto penale, Torino 2003, 190 ss; contra: A. M. Dell’Osso, op. ult. cit., 814, il quale osserva che ‹‹non sembra si sia mai riusciti a disarticolare completamente l’unitarietà del titolo di reato quale predicato oggettivo della responsabilità concorsuale››, e che è comunque preferibile ‹‹la maggiore capacità esplicativa della teoria dell’unitarietà››. 47 Cfr. A. M. Dell’Osso, op. ult. cit., 815. Sul fenomeno del concorso apparente di norme, v., per tutti, G. de Vero, Corso di diritto penale2, I, Torino 2012, 351 ss. 48 In questo senso, v. A. M. Dell’Osso, op. ult. cit., 815

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che ci saranno una serie di ipotesi particolari in cui la soluzione ora accennata in termini di concorso apparente di norme penali non sarà percorribile.

Infatti, come osservato, il presupposto necessario perché si possa accedere a questa applicazione delle norme interessate è che ciascun reo abbia commesso un fatto di autoriciclaggio (o, viceversa, di riciclaggio/reimpiego) in forma plurisoggettiva e uno di riciclaggio/reimpiego (o autoriciclaggio) in forma monosoggettiva, così da ritenere applicabile a ciascuno soltanto una norma incriminatrice.

Va da sé, pertanto, che, posto che non sempre potranno ritenersi integrate dai soggetti interessati entrambe le fattispecie nelle diverse forme, in alcuni casi le relative norme non si troveranno in concorso apparente tra loro, per cui non sarà prospettabile la soluzione che qui si propone. Per le ipotesi di questo tipo può tornare utile quanto osservato al termine del paragrafo precedente, laddove si è precisato che l’accantonamento di una ricostruzione in termini di concorso di persone nel reato non andava inteso come definitivo, bensì limitato a quei casi in cui fosse possibile imboccare sentieri ermeneutici più appropriati.

Sicuramente l’interprete può seguire il più ragionevole percorso del concorso apparente di norme, applicando una pena differenziata per chi ricicla proventi delittuosi propri e chi invece ricicla quelli altrui, ma solo allorché i soggetti che vengano concretamente in rilievo abbiano di fatto commesso, in forme diverse, le condotte tipiche di entrambe le norme penali.

Il problema rimane chiaramente per gli altri casi e ha senz’altro a che fare anche con la circostanza che, per quanto simili, le condotte in argomento presentano delle differenze notevoli con riferimento ad alcuni elementi costitutivi.

Così è ipotizzabile che sia compiuto un fatto di riciclaggio e che, nonostante partecipi alle operazioni di ripulitura anche l’autore del delitto presupposto, non sia integrato da costui l’autonomo fatto di cui all’art. 648-ter.I, in quanto l’ostacolo frapposto alla ricostruzione del paper trail non sia “concreto”, o, ancora, in quanto difetti nel caso di specie l’elemento costitutivo del locus del laundering 49.

Allo stesso modo è possibile che cooperi con l’autoriciclatore un soggetto estraneo al delitto presupposto, senza però integrare le condotte tipiche di cui agli artt. 648-bis o 648-ter Cp, perché si limiti in questo caso a concorrere moralmente, per esempio determinando o rafforzando il proposito dell’esecutore materiale. In casi di questo tipo evidentemente non vi sarà alcun concorso apparente di norme, poiché soltanto una è la norma di parte speciale che viene in rilievo.

Ne consegue che, accedendo a un’impostazione secondo la quale i rapporti problematici intercorrenti tra i delitti in questione debbano essere risolti esclusivamente nell’ambito del concorso di norme, si corre il rischio che, laddove sia integrata la condotta tipica di una sola delle fattispecie in argomento, l’interprete avverta di dover concludere per l’impunità di quanti pongano in essere contributi

49 Del resto si è già anticipato al § 3 che le principali differenze tra i delitti in commento attengono agli elementi costitutivi del fatto e che questa circostanza avrebbe complicato ulteriormente la ricostruzione che si sta tentando di fornire in questa sede.

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atipici rispetto a un fatto concreto di autoriciclaggio ovvero di riciclaggio/impiego. Invero, è bene precisare che in ordine alle due ipotesi appena richiamate sono prospettabili soluzioni diverse, essendo differenti le fattispecie in cui le stesse vanno inquadrate.

Si può subito osservare che, qualora soggetti non concorrenti nel delitto presupposto partecipino con contributi atipici a un fatto di autoriciclaggio, la questione potrà agevolmente trovare sistemazione nell’ambito del concorso di persone nel reato. Orbene, se si è accantonata quella ricostruzione solo a condizione che una diversa potesse condurre a soluzioni più convincenti, non si vede quale possa essere occasione migliore di questa per farvi ritorno e ricorso.

La soluzione in termini di concorso di persone nel reato, però, non potrà trovare applicazione nel caso di contributi atipici rispetto alla commissione in forma plurisoggettiva dei reati di cui agli artt. 648-bis e 648-ter Cp, poiché a ciò ostano le persistenti clausole di riserva contenute in queste norme. In siffatte ipotesi, pertanto, non resterà che prendere atto dell’impossibilità di perseguire penalmente il concorrente nel reato presupposto, per una sorta di ultrattività di quel beneficio di autoriciclaggio che il legislatore sembrava aver inteso superare.

Ad argomentare diversamente50, infatti, la stessa funzione di garanzia della legge penale51 verrebbe in qualche misura obliterata. Del resto il legislatore, nel momento in cui ha stabilito con quali modalità superare il beneficio di autoriciclaggio, ha tenuto in considerazione implicazioni legate a principi generali quali il ne bis in idem sostanziale e il nemo tenetur se detegere: ciò non solo per evitare duplicazioni sanzionatorie, ma anche per impedire che qualsiasi operazione sui proventi illeciti da parte del concorrente nel delitto presupposto fosse sufficiente ad integrare la nuova fattispecie. Sembra pertanto preferibile escludere l’applicazione dell’art. 648-ter.I Cp per quei fatti che non si collochino compiutamente al di qua dei confini tassativamente precisati dalla nuova norma penale.

Si potrà invece ravvisare un concorso in autoriciclaggio nel fatto di chi, senza integrare le condotte tipiche descritte agli artt. 648-bis e 648-ter Cp52, concorra altrimenti con l’autoriciclatore, per esempio nella sola forma morale.

Bisogna riconoscere, però, che tale soluzione non ha suscitato in verità molti consensi da parte dei primi commentatori. In particolare si è osservato, da un lato, che il concorso dell’extraneus nel delitto di autoriciclaggio sarebbe comunque da escludere a monte per precisa scelta legislativa53, mentre, dall’altro, si è insistito sul rilievo, già esaminato, dell’irragionevolezza di applicare a chi non ha concorso nel reato presupposto la minore pena prevista per l’autoriciclaggio.

50 Cfr. A. M. Dell’Osso, op. ult. cit., 815, secondo il quale, invece, l’autorici1clatore ‹‹risponderà del nuovo reato tanto che compia monosoggettivamente la condotta tipica quanto che concorra con un contributo atipico alla sua realizzazione ad opera del terzo››. 51 Sulla funzione di garanzia della legge penale, v., tra gli altri, G. Marinucci – E. Dolcini, Corso di diritto penale, cit., 5 ss; G. Fiandaca – E. Musco, Diritto penale, parte generale, cit., 47 ss. 52 Cfr. A. Gullo, op. ult. cit., 11. 53 In questo senso si esprime G. Della Volpe, op. cit., 2656 ss.

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Invero la ricostruzione secondo la quale il legislatore avrebbe inteso escludere il concorso dell’extraneus nel delitto di autoriciclaggio è il risultato di una rigorosa interpretazione sistematica. A tal proposito, si è considerato che, in occasione dell’introduzione della nuova norma penale, non è stata apportata alcuna modifica all’incipit dell’art. 379 Cp, ove è prevista un’apposita clausola di riserva a favore dei casi di concorso nel reato e di quelli di cui agli artt. 648-bis e 648-ter Cp. Si è così osservato che, non essendo stato incluso l’art. 648-ter.I in questa clausola, ammettere il concorso in autoriciclaggio dell’extraneus equivarrebbe ad affermare che quest’ultimo – diversamente dall’intraneus, che è coperto invece dal riferimento dell’art. 379 ai casi di concorso nel reato – possa rispondere sia del delitto di autoriciclaggio sia di quello di favoreggiamento reale. Un esito di questo tipo sarebbe ictu oculi irragionevole, per cui si è desunto che il legislatore non avrebbe incluso la norma sull’autoriciclaggio in questa clausola proprio perché, a monte, non avrebbe concepito la possibilità di un concorso in autoriciclaggio da parte di terzi54. Tuttavia si può facilmente replicare che appare eccessivo imputare una scelta nei termini ora descritti a un legislatore che ha di fatto raggiunto, anche con riferimento all’introduzione della disciplina in argomento, importanti picchi di sciatteria, tanto più se si considera che l’art. 648-ter.I Cp sembra essere stato formulato con leggerezza e con spirito quasi acritico, autorizzando il dubbio che non ci si sia proprio prefigurato alcuno dei risvolti problematici in relazione ai rapporti con le fattispecie contigue di riciclaggio e reimpiego. Sarebbe davvero paradossale, dunque, se il legislatore si fosse davvero interessato, fino a prendere delle posizioni tanto nette, delle ricadute inerenti i rapporti dell’autoriciclaggio con la più “distante” incriminazione di cui all’art. 379 Cp

Quanto poi all’inopportunità di applicare a terzi la pena più lieve di cui alla nuova incriminazione, è appena il caso di puntualizzare che quella che si propone rappresenta comunque la soluzione preferibile, tenuto conto che si sta facendo riferimento a contributi atipici – i cui autori non sarebbero dunque perseguibili a titolo di riciclaggio né di reimpiego – in relazione ai quali le esigenze di tutela degli interessi tutelati dalle norme penali in questione non consentono comunque di andare oltre una pena ricavata dalla più mite cornice edittale della nuova fattispecie.

Per questi motivi, a conclusione di questo studio, sembra possibile formulare le seguenti considerazioni:

A) nel caso di fatti di laundering a opera tanto di concorrenti nel delitto base, quanto di terzi, in cui ciascuno integri in tutti gli elementi sia il fatto tipizzato col nuovo art. 648-ter.I Cp, sia quello di cui all’art. 648-bis (o 648-ter), dovrà ravvisarsi un concorso apparente tra le norme de quibus e bisognerà applicare ai primi solo la norma sull’autoriciclaggio e ai secondi solo quello sul riciclaggio (o reimpiego)55;

54 V. G. Della Volpe, op. cit., 2657 s. 55 Si faccia il caso di Tizio che, dopo aver commesso in forma monosoggettiva un’importante evasione fiscale, si faccia aiutare da Caio, rimasto evidentemente del tutto estraneo alla commissione del delitto presupposto, ad impiegare i proventi derivanti dai risparmi d’imposta nell’acquisto di titoli di Stato. Come spiegato nel testo, Tizio risponderà di autoriciclaggio e Caio di riciclaggio (o reimpiego).

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B) nella diversa ipotesi in cui l’autore del delitto presupposto ponga in essere soltanto un contributo atipico rispetto al delitto di cui all’art. 648-ter.I, questi risponderà esclusivamente del reato da cui derivano i proventi illeciti. Si pensi al caso in cui Tizio, ottenuto un risparmio d’imposta a seguito della commissione di un reato fiscale, si limiti ad istigare Caio a riciclare tale provento: Tizio risponderà solo per l’evasione fiscale, Caio di riciclaggio (o reimpiego);

C) infine, nell’ulteriore caso in cui un soggetto estraneo al predicate crime, fornisca un contributo atipico alla condotta di laundering posta in essere dell’autore del reato presupposto, entrambi risponderanno di concorso in autoriciclaggio ai sensi dell’art. 110 o eventualmente, qualora l’extraneus non fosse al corrente di cooperare con un soggetto intraneo, ex art. 117 Cp. Sviluppando il precedente esempio, si pensi a un terzo che istighi l’autore di un’evasione fiscale a riciclare i proventi del delitto presupposto: in questo caso, entrambi i soggetti saranno chiamati a rispondere di concorso in autoriciclaggio.

5. Nelle pagine che precedono si è cercato di fare chiarezza su uno dei

principali risvolti problematici posti dalla nuova norma sull’autoriciclaggio e si sono proposte determinate ricostruzioni. Tuttavia bisogna prendere atto del fatto che i rilievi svolti tenendo presenti il sistema complessivo e i principi che lo regolano rischiano di apparire comunque come una mera speculazione.

Infatti, se lo studioso del diritto non può esimersi da un esame analitico delle varie questioni, muovendo, più che mai nella materia dei delitti e delle pene, dalla lettera delle norme e dai perimetri di tipicità da queste segnati, ci si può attendere che, posta di fronte alla crudezza del caso concreto che richiede soluzioni pratiche appaganti, la giurisprudenza si attesti su posizioni in parte differenti da quelle argomentate in questa sede, adottando un approccio più pragmatico e guardando alle intenzioni reali del legislatore, nonostante il poco felice intervento con cui a queste si è cercato di dare attuazione.

Ed è quello che per certi aspetti si sta già in qualche misura verificando. Infatti, anche se non sono ancora state rese molte pronunce in relazione ai rapporti tra riciclaggio/reimpiego e autoriciclaggio, si può già intravedere qualche tendenza nell’approccio che la giurisprudenza di legittimità inizia ad assumere. In primo luogo sembra che, seguendo la stessa impostazione della dottrina maggioritaria, la giurisprudenza di legittimità sia per l’esclusione della configurabilità di un concorso in autoriciclaggio da parte dell’extraneus, non potendo essere questi incriminato per il reato proprio di cui all’art. 648-ter.I, ma dovendosi invece ritenere responsabile del reato di riciclaggio, nonostante la cooperazione con l’intraneus56.

La giurisprudenza, per il momento, non fa alcun riferimento espresso agli schemi del concorso apparente di norme, ma sembra potersi desumere che sia questo l’ambito in cui si sta muovendo.

Bisognerà poi vedere, a questo punto, se saranno ravvisati nella prassi giudiziaria spiragli di applicazione per il concorso di persone in autoriciclaggio

56 In questo senso, v. Cass. 20.1.2017, n. 4882, in De Jure.

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almeno per quelle particolari ipotesi, su cui ci si è già soffermati, di soggetti che, senza integrare le condotte tipiche descritte agli artt. 648-bis e 648-ter Cp, concorrano con l’autoriciclatore, per esempio nella sola forma morale. Sembra ipotizzabile che anche in casi simili la giurisprudenza finirà per preferire comunque la ricostruzione nel senso del concorso apparente di norme, malgrado l’impossibilità – di cui si è già riferito – di ravvisare a monte più norme integrate, se non al prezzo di qualche forzatura in termini di dilatazione della condotta tipica57.

Tanto sembra infatti potersi desumere prendendo in considerazione un’altra delle pronunce della Cassazione già disponibili, nella quale, addirittura con riferimento a un’ipotesi di contributo atipico del concorrente nel delitto presupposto con soggetti deputati al riciclaggio vero e proprio58, è giunta a ravvisare un fatto di cui all’art. 648-ter.I59 accanto a quello di riciclaggio a opera dei terzi, senza porsi peraltro il problema che quella in questione sia una figura delittuosa a condotta vincolata, per di più caratterizzata da una descrizione estremamente dettagliata. Questa ricostruzione, essendo idonea a un ampliamento della platea dei casi in cui sarà concretamente applicabile una sanzione (e per di più quella “corretta” per ciascuno dei soggetti coinvolti) per fatti lato sensu di riciclaggio, può apparire soddisfacente, in quanto rispondente a esigenze di giustizia sostanziale. Tuttavia il suo costo non è sostenibile, essendo la stessa elusiva, per di più in malam partem, della lettera della nuova norma e, pertanto, dello stesso principio di legalità.

Circostanza ancora più grave, se si rammenta che, seppur in maniera poco felice, il legislatore ha deliberatamente formulato la norma in questione nei termini di cui si è detto, per dare attuazione, mediante un’attenta formulazione di queste disposizioni, a principi generali quali il ne bis in idem sostanziale e quello del nemo tenetur se detegere.

Si ha l’impressione che questo stesso legislatore, una volta tanto che sembrava intenzionato all’introduzione di una norma di parte speciale tenendo in considerazione qualche elemento di teoria generale, sia paradossalmente scivolato, con l’approvazione di una riforma poco ponderata, su una soluzione degna dei suoi momenti meno brillanti, cui c’è il rischio seguano esiti non in linea col sistema e, per di più, con le stesse direttrici che l’avevano animato.

Ancora una volta si dovrà confidare nella sensibilità della giurisprudenza, sia pure a costo di una costante erosione del significato più profondo del principio di legalità.

Soprattutto in considerazione delle difficoltà di una ricostruzione coerente per i casi di compartecipazione mediante contributi atipici nei fatti di laundering, può

57 Sul punto, cfr. A. Gullo, op. ult. cit., 12. 58 Si ricordi che questi sono i soli casi per i quali abbiamo ritenuto di escludere tout court la rilevanza penale, diversamente da quanto si è argomentato in relazione al contributo atipico dell’estraneo, in presenza del quale abbiamo ritenuto questi penalmente responsabile, seppur non a titolo di riciclaggio (in quanto il fatto non sussisterebbe), ma di concorso in autoriciclaggio, unica fattispecie integrata, mancando di fatto un concorso apparente di norme. 59 Cass. 5.5.16, n. 25321, in De Jure.

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considerarsi in definitiva poco congeniale la scelta di creare una fattispecie ad hoc per l’autoriciclaggio. Sarebbe stato allora preferibile aggiungere un comma alle disposizioni già esistenti, prevedendo semplicemente una specifica cornice sanzionatoria per i concorrenti nel delitto base, introducendo al limite una clausola che impedisse di punire i fatti di utilizzo personale e mero godimento60.

Era insomma possibile superare il beneficio di autoriciclaggio senza frazionare un fenomeno di per sé unitario, dando luogo a tutte le problematiche che sono state affrontate in questa sede. Ma il legislatore ha scelto, senza nemmeno rendersene pienamente conto, un’altra via molto più complicata e si può ritenere che, almeno nella vigenza dell’attuale assetto normativo, solo difficoltosamente la giurisprudenza potrà fornire una sistemazione definitiva convincente dell’intricato rapporto tra la nuova fattispecie e quelle originarie di riciclaggio e reimpiego.

60 È in fondo questa una delle proposte che veniva avanzata, a seguito di uno studio approfondito del fenomeno, dalla relazione finale della Commissione Greco, reperibile sul sito del Ministero della Giustizia (www.giustizia.it). Un dato di questo tipo autorizza a ritenere che quello in commento sia stato un intervento privo di qualsiasi pregio, essendosi dimostrato il legislatore incapace di sfruttare proficuamente i contributi tecnici disponibili, che erano stati tra l’altro richiesti in sede di valutazione politico-criminale alla vigilia della riforma.