Appendici

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APPENDICI ROMINA CAPO

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Romina Capo

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APPENDICIROMINA CAPO

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Il ventre infertile

Maeba Sciutti

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APPENDICI

ROMINA CAPO

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Prima edizione: gennaio 2010

Ebook © Clepsydra Edizioni

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Così per polsino hai la sgorbia della lontananzati muove lenta sui polsi e cerca .senza frettal’incavo leggero .quel che il sangue avvallae ti scuce in silenzio fino a sgorgare argilla .una falla sacraun sacro fallo e di quel tenero metalloio satellite naturale .io eletta ero Idra e tu PlutoneOra è pura distrazione e mi trovo a metàdi te un po’ svuotata .un po’ colmauna clessidra di precarietà.

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Era la penombra ed io stavocon tre quarti di luna fra le ancheIl torace prepotente al centro del mondouna carcassa abbandonata con mille pesci attornoIo guardavo .dai miei bulbi colmi di midollonell’ammirazione silente delle musepronte a partorire poesiae schizzarne sui braccioli .sul parquet striatodalla seggiola nervosa .sul labbro dell’impazienzaSputavi dalla bocca tonda le caviglie di Saturnoper farne un bracciale stretto e dalle pelvi stancheil bocciolo del glande .un cuore atroceper la mia sete distante.

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Che poi il mio tempo è un contar di dentiI molari dei venti atroci spuntanoorizzonti divini .mordono verbicon quei canini sibilliniEd io apro parolele spacco e sono sugose .a voltealtre rabbiose e aride .le sventroe dal loro centro dissetoil tuo sentire.

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Ho di fronte lo sbadiglio di gatto che è il tuo silenzioi canini appuntiti della dimenticanzaQuanta profonda impazienza alloggia quella calle di gola .pare di leopardoSono una bolla di sapone .fragileiridescente istante .primula violaassopita lì dove mi addormenta e sfoggiala cleptomania del tuo sguardo.

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Impigliando giornate scureai rebbi del sole .potreifarneticare d’amore .ingoiare cigni e farne ventagli di parole .dondolarmi su lune in brodo .falci severe per i fiori del mio ventre.Potrei scivolare sotto ai tuoi passicon la dimenticanza delle vigne Sentire a ferro e fuoco un tuo bacioche come chiodo mi trapassi.

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Di questa attitudine al pudoreche mi fascia le membra strette emi svergogna .che farci se non inventare le tue ditabramare il capezzolo della memoria ed allattarti lungamente Cedere al tempo che avanza e consumaper poi cadere come ceneree fiato in bruma.

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Le piogge hanno segreti irreversibilicome quando di marzo si gettano orelontane dagli occhi e mi finiscono le acque degli occhi .nel palato molleschiudono in bolle anche le paroleIo ti sfamo di quel po’ di panech’è la mia lingua .sfarino dai tuoi gestiquel che occorre affinché mi piovafra le scapole .lieve. il tuo amore.

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Quel divaricare ancora e ancoragli sguardi e le gambeper contenere il mondo piccolo salvadanaio di miseriaio. tintinno di ricordi .di ombre appesedi bottoni persi e semi ferrosi .di verbiacerbi e alcuni corrosi dal tempoSenso.spazio.verso hanno prezzopiù di quanto io ne sappia il valore.

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Ho idee chiatte .come leccinel nulla quell’unico barlume di vita sfama i miei feticci .voraci e zoppiincauti acquisti della malinconiaUna stola d’ipocondria lunga .e troppomi spiuma i concetti e tutto ha il sensosinuoso del non detto .ti promettomeno corteccia .meno feccia e il silenzio lungo .e denso. della poesia.

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Mi resta in mente la nudità del mareanche nei digiuni di soledove i venti affilano tenacile mie manie elicoidaliI no secchi che s’incuneano come uncini nelle orbiterestano anche loro .voracicome onde dove annegare.

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Il tempo arrocca qui al centro della bocca .una serpe liscia quasi striscia dalla gola alla parolacome vento sfiata fino al pettoun duetto di polsi .e tutto è cosìlontanamente perfetto.

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Al tavolo 2 una coppia bislaccalei ha la ceralacca sul cuorelui un calore raggrumato .sulla guanciail rebbio di una forchetta .taglio di bocca strettaCon l'orlo della gonna lei dice già addiotenendosi forte ad altro .altrovelui in quel brusìo .tossisce la sua stizzalenta scia di canizza .nel caffè muoree se ne va .scagliato via come una lancia.

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Tu distante trentotto corpie una fauce di lupo .nel mezzoun delirio scosceso L’odore della madre è ancora fortee quello della morte poco distaquieta canfora . Il vezzo del vivere prepotente mi conquista.

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Di quel che costano -i tuoi sorrisi-ho una spina nel costatouna virgola .un afflato mal natoSfiato rumorosa .un cetaceo mi affondal’anima ansiosa e restal’onda dei visi .quel violare palatie un testardo coraggioche mi rincorre lo sguardo.

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E poi .cosìnelle ore sciroppose della notteaddentrarmi nella Pigalle dei tuoi sognicoi seni finalmente sorridentiSia. liquida mi ricurvo sgorgandonella ciotola della tua bocca Come calle per le conche dei tuoi occhiper gli sbocchi del tuo ansimareper il tuo dire .per il tuo dareappaio pupille .degl’occhi l’asolenei crepacci delle gole gli echi Amore mesce odore rosso scuro e sprechi d’impazienza .lingua toccapenitenza d’una spalla .indice annoda il mio ventre al tuo fiancoStanco s’arrende .liscio .risplendeabbaglia e cola .io e te una luna solaLisca di notte m’attende all’usciom’arrischio in luce .con voci piccole che mi sgorgano dai seni.

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Tutti i diritti dei testi riservati all’autoreCopertina © Fabrizia Milia

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