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Scuola e culture. Materiali di antropologia della mediazione scolastica Federica Parente Contributi antropologici per una didattica interculturale. Un'esperienza in una scuola media romana Tesi di laurea Università degli Studi di Roma 'La Sapienza' - Facoltà di Lettere e Filosofia - Corso di laurea in Lettere a.a. 2001/2002 Relatore: prof. Laura Faranda - Correlatore: dott. Mauro Geraci Documento pubblicato sul sito del Dipartimento di Studi glottoantropologici e Discipline musicali il 12 luglio 2004 - http://rmcisadu.let.uniroma1.it/glotto/index.html APPENDICE 1 DIARIO DI CLASSE 18.12.2001 9:00-10:00 materia: Italiano classe: II alunno: Carlo Verifica d’italiano: tracce: 1) Scegli uno o più compagni della tua classe e analizza il suo modo di comunicare attraverso il linguaggio non-verbale. Prova poi ad analizzare la comunicazione non-verbale della tua insegnante di lettere; 2) Fino a questo momento quale dei laboratori pomeridiani ti ha più interessato e in quale ti senti più a tuo agio. Spiega cosa fate e perché lo preferisci agli altri. La lezione dell’ora precedente sempre con l’insegnante di lettere aveva avuto come argomento la comunicazione non-verbale e alla lavagna compariva questo schema: - la posizione del corpo - l’espressione del viso LINGUAGGIO NON-VERBALE - lo sguardo - il tono di voce - l’aspetto esteriore

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Scuola e culture. Materiali di antropologia della mediazione scolasticaFederica Parente Contributi antropologici per una didattica interculturale. Un'esperienza in una scuola mediaromanaTesi di laureaUniversità degli Studi di Roma 'La Sapienza' - Facoltà di Lettere e Filosofia - Corso di laurea in Letterea.a. 2001/2002Relatore: prof. Laura Faranda - Correlatore: dott. Mauro Geraci

Documento pubblicato sul sito del Dipartimento di Studi glottoantropologici e Discipline musicali il 12 luglio 2004 -http://rmcisadu.let.uniroma1.it/glotto/index.html

APPENDICE 1

DIARIO DI CLASSE

18.12.2001

9:00-10:00 materia: Italiano classe: II alunno: Carlo

Verifica d’italiano: tracce: 1) Scegli uno o più compagni della tua classe e analizza il suo

modo di comunicare attraverso il linguaggio non-verbale. Prova poi ad analizzare la

comunicazione non-verbale della tua insegnante di lettere; 2) Fino a questo momento

quale dei laboratori pomeridiani ti ha più interessato e in quale ti senti più a tuo agio.

Spiega cosa fate e perché lo preferisci agli altri.

La lezione dell’ora precedente sempre con l’insegnante di lettere aveva avuto come

argomento la comunicazione non-verbale e alla lavagna compariva questo schema:

- la posizione del corpo

- l’espressione del viso

LINGUAGGIO NON-VERBALE - lo sguardo

- il tono di voce

- l’aspetto esteriore

Carlo oggi siede al banco da solo. Come vengo presentata alla classe subito lui attira la

mia attenzione chiamandomi “la cantastorie” (mi aveva conosciuto precedentemente al

laboratorio del cantastorie due settimane prima). È tranquillo e scrive il suo compito molto

attentamente, cerca ispirazione guardandosi intorno ed, in alcuni momenti, accenna piccoli

gesti quasi danzanti pur rimanendo seduto. Tutti, chi più chi meno, cercano di portare a

termine il compito e di non fare troppa confusione. Infatti, a compito finito, e se si è tenuta

una buona disciplina, l’insegnante gli permette di trascorrere fuori, giocando a pallone, i

10 min. della prima ricreazione ( 9:50-10:00).

Finito il compito lo consegna all’insegnante che vuole leggerlo subito, lui all’inizio è

titubante e le dice di leggerlo quando lui non c’è, ma lei insiste per potergli segnalare gli

errori e gli dice di prendere la sedia e di sedergli vicino. E così accade. Il tema scelto da

Carlo è il primo, egli descrive Giorgio, il ragazzo del banco dietro che, nel tema, appare

come uno dei suoi compagni preferiti. Numerosi sono gli errori di ortografia: doppie

mancanti, confusione e scambi di alcune consonanti (s con z, e viceversa), problemi di

concordanza tra soggetto e predicato verbale. La professoressa gli ricorda di stare attento

ai soliti errori (gli accenti alla “e” verbo e l’“h” alla “a” verbo) chiedendogli se doveva

preparare il solito “cappio immaginario” per “impiccarlo” qualora avesse sbagliato, Carlo

le sorride fiducioso del suo lavoro. L’insegnante indica le parole sbagliate appoggiandoci

la penna, aspettando che sia Carlo a correggersi e puntualmente così avviene. Nel suo

tema manca la parte relativa alla descrizione dell’insegnante.

Al suono della campanella tutti consegnano finito o meno il lavoro. Compare subito un

pallone da calcio e noto che Carlo si cambia le scarpe, si toglie quelle che porta (scarpe da

ginnastica) e da un sacchetto di plastica ne tira fuori un altro paio (da ginnastica anche

queste) e le indossa.

Tutti per scendere in cortile si coprono, visto il freddo, tranne lui, che scende solo con la

tuta. In cortile tutti si tolgono il giaccone e divisi per squadre giocano a calcio, ognuno ha

il suo ruolo ben definito, sono tutti molto bravi. Giocando sono tutti molto uniti, si fa il

tifo, corrono, corrono tanto da non sentire più freddo.

10:00-11:00 materia: Italiano classe: I alunna: Lina

Arrivo in classe quando manca ancora l’insegnante, ma c’è l’insegnante di sostegno che mi

spiega la situazione generale e le problematiche dei vari alunni. In questa classe ci sono

diversi ragazzi portatori di handicap, chi solo cognitivo (Milena, dislessica), chi anche

motorio (Renzo, si muove tramite un passeggino). Lina siede al banco da sola ed è intenta

a scrivere qualcosa, visto l’impegno, molto importante sul suo diario. Usciamo dalla classe

per andare nel laboratorio d’informatica, aspetto che escano tutti dalla classe e l’ultima è

proprio Lina che mi confida la sua antipatia per l’insegnante di lettere, condivisa anche dai

suoi compagni. Ogni ragazzo si mette a un computer. Poi lo accende e inizia a scrivere il

suo nome, la data, e “verifica di geografia”. Lina scrive il suo nome, in realtà doppio,

Maria Lina, e avendole detto che anche mia sorella si chiama Maria, lei mi dice che è lo

stesso nome della sua mamma.

Lina avvicina a sé il passeggino di Renzo e, tenendogli la mano, gli fa ascoltare della

musica tramite un programma del computer e mi chiama (“professoressa”) facendomi

notare come Renzo gradisca quella musica e cambia brano per capire e accontentare i suoi

gusti.

Cessato il momento musicale comincia a cercare in “clipart” delle immagini o delle foto da

inserire nel suo foglio, sceglie prima un mappamondo con dei bambini o adulti che

tenendosi per mano formano un cerchio, poi lo cancella e inserisce un cuore rosa con

all’interno un cherubino con arco e frecce (tipo Cupido).

Arriva l’insegnante che comincia a dettare le domande e tutti scrivono, chi più chi meno,

velocemente. Lina fa numerosi sbagli, scrive “quagli” al posto di “quali”, “capitoni” al

posto di “capoluoghi”, “actività” al posto di “attività”. (Non so però se gli errori sono

dovuti alla difficoltà di scrivere in italiano sotto dettatura o alla difficoltà di scrivere per

mezzo della tastiera, errori di battitura, ma vista la ripetività di tali errori mi sento di poter

avallare la prima ipotesi).

Cura molto l’estetica della pagina sulla quale lavora e non si preoccupa di rispondere

subito alle domande; mentre gli altri cercano di “sbirciare” nel libro di testo, lei cambia

tipo e colore ai caratteri.

12:00-13:00 materia: musica classe: I alunna: Lina

Il mio orario sarebbe finito, quando accompagnando la prof.ssa di musica in I , per aiutarla

a portare lo stereo, trovo Lina che ripulendo il posto vicino a lei da fogli e dallo zaino che

occupava la sedia, mi chiede o meglio mi “prega” di rimanere un’altra ora e di sedere

vicino a lei. Così decido di trattenermi, ma esco dalla classe per avvertire casa del mio

ritardo. Al mio rientro trovo una situazione molto tesa e la prof.ssa agitata per quello che

era accaduto in mia assenza. Desirè, una ragazza con delle serie problematiche alle spalle,

soprattutto tanta rabbia inespressa, aveva picchiato Carlos, un ragazzo peruviano con un

ritardo cognitivo, in Italia da poco, che non capisce molto l’italiano e parla solo spagnolo

(gli insegnanti infatti utilizzano altri due ragazzi, uno di origine argentina e un altro

peruviano come interpreti quando hanno difficoltà a capirlo), per screzi passati e una volta

ripresa dall’insegnante le si era rivolta in modo maleducato e inaccettabile.

L’insegnante stanca di tutto ciò chiama il vicepreside per discutere dell’accaduto con

Desirè. C’è chi difende Desirè, chi si limita ad ascoltare (si decide poi di convocare sia la

mamma di Desirè che il papà di Carlos). Lina è molto presa a disegnare cerchi e cuori, a

ritagliarli, ad incollarli ed a scriverci sopra “Lina e Leonardo Di Caprio per sempre”

oppure “Lina ama Leonardo”, il suo diario è pieno di sue foto, e mi confida il suo amore

per lui. È come se tutto quello che le accadeva intorno non avesse importanza. Quando

durante il rimprovero a Desirè, intrecciavo il suo sguardo, alzava le spalle e le sopracciglia,

come a voler dire “sono cose che capitano”, o forse... non lo so, quell’atteggiamento non

saprei interpretarlo in alcun modo.

Quando hanno chiesto il numero del cellulare della mamma di Desirè, Lina si è voltata

verso di me dicendomi che se fosse stata la sua mamma ad essere chiamata dalla scuola si

sarebbe molto arrabbiata.

Finito il rimprovero e cominciata la lezione sulla stessa canzone trattata in terza media,

Lina strappa un foglio dal diario e scrive qualcosa. Riesco a leggere solo l’ultima riga, c’è

scritto “T.V.U.K.D.B.” e cioè nel “loro gergo”, “ti voglio un casino di bene”. Poi

accartoccia il foglio e lo tira a Desirè. Accortasi del mio interesse per i suoi movimenti, mi

guarda e mi dice che Desirè è sua amica e con lei va d’accordo. Desirè le risponde, ma non

riesco a leggere nulla.

Poi le chiedo come mai è al banco da sola e se la sua compagna è assente, ma lei mi dice

che è da sola poiché le piace star da sola. Mi chiede se sono una professoressa e le dico

“non ancora”.

Malgrado mi abbia voluto lei lì vicino e malgrado queste poche parole scambiate, per il

resto della lezione non mi ha dato molta confidenza.

09.01.2002

10:00-12:00 materia: italiano (storia) classe: I alunna: Lina

Entro in classe e Lina, come mi vede, mi chiede se mi voglio sedere vicino a lei, ma oggi le

dico di no, cercando di non attirare l’attenzione degli altri ragazzi su di lei (infatti, la

scorsa volta mi ero già seduta). Anche oggi è sola al banco e scrive qualcosa sulla sua

agenda. La campanella suona l’inizio dell’ora, ma l’insegnante ancora non arriva.

Vengo a conoscenza del fatto che tutti lasciano i libri a scuola in un armadio, ordinati uno

sull’altro. Su ogni ripiano dell’armadio sono attaccati dei nomi ed a ogni nomi corrisponde

una pila di libri; ogni alunno è proprietario della pila sovrastante il suo nome. Da ciò vengo

a conoscenza del fatto che Lina non possiede i libri. Infatti Alex (suo compagno) le

rimprovera di prendere sempre i libri degli altri. Poi mi racconta che l’altro giorno

l’insegnante di lettere ha rimproverato tutta la classe perché dal suo libro erano state

strappate delle pagine, e cerca di far ammettere ad Lina la sua colpevolezza, che lei invece

nega. Così chiedo ad Alex perché potrebbe essere stata solo lei e lui mi dice che è l’unica

alla quale la prof. presta i libri. Lina continua a negare e afferma che, a confermare la sua

tesi, c’è sua madre che quel giorno aveva fatto i compiti con lei, ma Alex non è convinto e

insiste, con l’appoggio di Desirè, che si è inserita nella discussione. Lina ha gli occhi un

po’ lucidi e cerca di portare avanti la sua tesi, ma tanto Alex che Desirè hanno un carattere

forte e un po’ prepotente (dovuto ai loro trascorsi); lei risulta la più debole. Desirè poi

cancella la lavagna e stampa un cerchio di gesso sulla guancia di Lina che ancora seduta al

suo posto, diversamente da tutti gli altri, si pulisce senza protestare, mentre Desirè le dice

di non piangere. Desirè le rimprovera di piangere spesso e le dice che se piange non la

intenerisce, ma anzi la fa arrabbiare (così facendo rischia di essere presa in giro, dal

momento che Desirè è il capo, in negativo, della classe). Lina non risponde, ma i suoi

occhi dicono molte cose: è arrabbiata, ma non esprime a parole quello che sente.

Sul suo diario scrive con la matita (scrive quasi sempre a matita) “Backstreet Bois” e poi

corregge “Backstreet Boys”.

Arriva la prof.; inizia l’ora di storia e l’argomento sono i Sumeri. Alex legge il riassunto

fatto a casa, ma Lina non segue, è pensierosa e mi fissa con occhi tristi. Tiene le braccia

sul banco e la testa sulle braccia.

Poi l’insegnante le fa prendere il libro per leggere la sintesi dell’argomento trattato a fine

capitolo, ma Lina non ha il libro e si guarda intorno, per vedere chi lo ha.

Comincia poi a temperare la matita (lo fa a lungo) mentre Alex legge e gli altri seguono.

Finita la lettura, la prof. dice a tutti di rispondere alle domande che ci sono sul libro. Lina

non può fare l’esercizio (non avendo il libro) e comincia a mangiarsi le unghie. Poi la prof.,

presa a seguire altri alunni, si accorge che Lina non ha il libro e la unisce a due sue

compagne, una delle quali lo possiede.

Mentre stanno lavorando, Lina confida alla sua compagna (quella con il libro) che da

domani non verrà più in questa scuola. In un primo tempo la sua affermazione non viene

considerata, ma poi un’altra compagna le chiede il motivo e lei risponde: “Lo so io il

perché!”.

In mancanza della proprietaria, Lina avvicina a sé il testo e cerca di completare gli esercizi

(con difficoltà), finché questo non le viene sottratto bruscamente dall’altra compagna (con

la quale lo condivide) che lo compila con molta semplicità, facendole vedere come andava

fatto.

Rimasta di nuovo sola, continua a tentare di capire come debbano essere fatti quegli

esercizi.

La prof. fa scrivere alla classe delle domande di storia (Schema di storia) proposte da loro,

delle domande, cioè, che devono sempre porsi quando affrontano la storia di un popolo

(es. dove vive e in che periodo, quale struttura sociale ha questo popolo, che religione, che

tipo di abitazioni e costruzioni, quali sono le principali espressioni artistiche ecc.). Lina

scrive sul suo quadernone a matita (forse per correggere più facilmente, visto l’alto

numero di volte che cancella!). � precisa, ha una bellissima calligrafia ed è molto attenta

all’aspetto estetico della sua scrittura. Cerca di tenere il foglio il più possibile pulito,

cancella tutti i segni neri, anche dove secondo me è pulito.

La prof. distribuisce dei fogli protocollo a quadretti per fare un compito, ma Lina rifiuta il

foglio che le viene offerto (forse perché a quadretti) e ne strappa uno dalla parte centrale

del suo quadernone a righe facendo una riga doppia sul lato sinistro.

Su questo foglio i ragazzi devono rispondere alle domande dello schema di storia appena

fatto (guardando il libro).

Lina sbaglia a scrivere la prima riga, ma non soddisfatta di come cancella la gomma di una

compagna (una gomma che a mio avviso cancellava benissimo!), butta il foglio di nascosto

dall’insegnante (facendomi segno di non dirle nulla, altrimenti si sarebbe arrabbiata) e ne

prende uno nuovo.

Dal momento che, per scrivere, ha bisogno del libro che si trova sul banco vicino, accosta

il suo banco a quello della compagna proprietaria del libro.

Mi avvicino a lei e noto sul suo banco due agende; lei spontaneamente mi spiega che una è

della scuola (lei ci annota i compiti) e l’altra invece è personale. Quest’ultima agenda mi

viene offerta e lei mi fa un cenno, come per dire che, se avessi voluto, l’avrei potuta

leggere. Per non sembrare troppo invadente, rifiuto.

Mentre le spiego come deve rispondere alle domande (in maniera discorsiva e non

sintetica), lei mi dice: “Da domani cambio scuola, l’ho detto a mia madre, perché questa

scuola non mi piace!”; poi continua a scrivere il suo compito ed io non le chiedo altro.

Sbaglia di nuovo a scrivere qualcosa e ricambia foglio. Diligentemente ricerca nel libro le

risposte alle domande.

12:00-13:00 materia: italiano classe: II alunno: Carlo

Carlo è assente. Non è ancora tornato dalla Transilvania (suo Paese d’origine), dove è

andato a trascorrere le vacanze natalizie.

16.01.2002

10:00-13:00 materia: italiano (tema) classe: I alunna: Lina(mancava la II, erano in gita, così mi sono trattenuta di più in I )

Arrivando in classe, ho trovato una situazione molto tesa (come al solito). Desirè stava

discutendo con la prof. di lettere per un’altra nota messale dall’insegnante di ed. tecnica.

Cercando di capire cos’era successo, posso ricostruire così l’accaduto. Mentre la prof. di

tecnica riprendeva Valeria (una sua compagna), perché era spesso assente, Desirè si era

alzata per difenderla e quando l’insegnante le aveva detto di non intromettersi perché non

erano affari suoi, lei le aveva risposto in modo poco educato. Leggo testualmente dal

registro sotto “Note disciplinari”: “Desirè manda a fanculo la prof. di ed. tecnica la quale

propone una sospensione”.

La prof. cercava di capire che cos’era successo e voleva delle spiegazioni da Desirè, che

raccontava che lei aveva solo difeso una sua amica, e che “..se qualcuno è amica sua,

nessuno gliela doveva toccà..”. Come Desirè aveva difeso Valeria, così Lina difende

Desirè e quando l’insegnante le domanda lei cosa c’entra, Lina risponde che “Desirè è sua

amica”.

La prof. cerca di far capire a Desirè che non è certo aggredendo o prendendo a parolacce

le persone che si può vivere civilmente, ma Desirè risponde che lei è così e certo non

cambia (“io so’ così, so’ sempre stata così e non posso cambià”), l’insegnante afferma che

tutti cambiano prima o poi, ma Desirè non è affatto convinta.

Oggi in prima è giorno di tema: “Quest’anno ho incontrato dei nuovi compagni di classe.

Adesso te ne parlo”; lo scopo, mi dice la prof., è vedere se scrivono anche di Milena e

Renzo (i due ragazzi disabili).

Sono tutti seduti in una sola fila, anche perché oggi sono solo sette. Solo Lina è in un’altra

fila e quando la prof. le dice di spostarsi e di mettersi vicino a Milena, lei lì per lì accetta e

si sposta, poi come l’insegnante si distrae sbuffa, manda gli occhi al cielo e protesta con i

gesti.

Poco dopo arriva sulla cattedra, davanti agli occhi della prof., un foglio dove Lina scrive:

(in stampatello) “PERCH� IO MI DEVO METERE SEMPRE VICINO A MILENA?

SOLO IO. SONO ANCHE ALTRI.”. E poco dopo torna al suo posto e scrive il titolo del

tema su un pezzetto di carta: (in stampatello) “CIAO. QUESTANO O INCONTRATO

DEI NUOVI COMPANI DI CLASSE. ADESO TE NE PARLO”. Quando confronto

questo con il titolo scritto sulla brutta copia trovo delle differenze. La brutta è corretta

grammaticalmente. Forse nella fretta di annotarsi il titolo non le era importato di scriverlo

corretto. Nella brutta scrive (in corsivo) “Quest’anno ho rinrontoto dei nuovi

COMPAGNI di classe. Adeso te ne parlo”.

Finito di scrivere il tema vedo che comincia a copiarlo in bella copia. Stranamente oggi

scrive con la penna e la prof. mi dice che forse oggi si sente più sicura. Sul foglio della

bella, completamente bianco, senza righe e senza quadretti, fa una piega sul lato sinistro

prendendo bene la misura e tenendo come riferimento la riga del bordo del foglio del suo

quadernone. Oggi non fa la riga doppia; forse non ha la riga.

Quando consegna la bella, la leggo senza farmi notare e vedendo che sul tavolo tiene

ancora la brutta mi avvicino e, mentre lei ripassa l’Emilia Romagna, leggo anche la brutta

e noto molte differenze, periodi interamente modificati.

Mentre i ragazzi fanno il tema, la Prof. sistema il registro aggiornandolo con le assenze e i

voti dei giorni precedenti. Poi mi chiede se voglio vedere i compiti di Lina ed io accetto

molto volentieri. Sono per lo più compiti di grammatica e di geografia. Vedendoli le

comunico le mie osservazioni su Lina, tra cui la più evidente: la sua estrema precisione.

La prof. mi racconta del dramma dell’arrivo di Lina nella scuola a causa dell’igiene. Lina

era ossessionata dalla pulizia; la prof. mi spiega che forse in Romania frequentava una

scuola molto rigida e tutta bianca e mi suggerire di approfondire più in là con Lina questo

argomento per capire questo suo “pallino per la pulizia”. Continua raccontandomi che in

classe puliva tutto continuamente e poi mi dice, con un sorriso: “vedi i vetri? Sono così

puliti, perché li ha puliti Lina” e ancora: “un giorno si è presentata in classe con la carta da

pacchi per incartare banchi e sedie”.

Le confido di aver notato che ogni volta che scrive e sbaglia, cancella, ma ogni gomma per

lei sembra cancellare male o non abbastanza e, a quel punto, strappa. Lei conferma e dice

che erano arrivate ad un compromesso e, per evitare che buttasse continuamente fogli su

fogli senza a volte riuscire a completare i compiti, le aveva permesso di scrivere con la

matita per poter cancellare e correggere, ma anche così, viste le mie osservazioni, il

problema non si era risolto. Ora mi spiego perché l’altro giorno, quando aveva buttato più

volte il foglio, lo aveva fatto di nascosto facendomi cenno di mantenere il segreto. Per lei

l’ordine, la pulizia conta al di sopra di ogni cosa.

La prof. mi dice che lei, praticamente, non ha quaderni, perché non fa che strappare fogli

su fogli e li finisce tutti con pochissimi compiti.

Scopro che Lina ha 12 anni ed è in Italia dalla scorsa estate.

Mentre gli altri continuano il compito e Lina ripassa geografia, Aldo porta alla prof. il

quadernone facendole notare che al precedente compito di casa aveva preso “Bravissimo”

e non gli aveva messo la stelletta, così lei (ammettendo la dimenticanza) tira fuori dalla sua

agenda una busta da lettere con dentro diversi adesivi tra cui delle stellette dorate, ne

stacca una e l’attacca vicino al voto sul quaderno. Fatto ciò, Aldo torna al suo posto

soddisfatto facendo vedere a tutti la sua stelletta.

Lina subito tira fuori il suo quadernone e, nascondendosi dietro il libro di geografia, cerca

di finire e correggere il suo compito di casa.

Ogni tanto qualcuno consegna il compito ed io lo leggo, molto tranquillamente, come se

fosse normale che lo facessi; nessuno dei ragazzi protesta per questo.

Desirè descrive l’aspetto fisico di Lina e dice di lei: “a volte è antipatica, quando ride da

sola. Ogni volta che prende la nota o sufficiente si mette a piangere. Però anche se è così

gli voglio bene”.

Aldo scrive che Lina non gli piace perché “piange costantemente”.

Un altro compagno scrive “Lina ha 12 anni, è alta, ha gli occhi color marroni chiari, è

gentile, è anche buona ed educata, è magra, ha i capelli marroni e mesciati”.

Sandra dice che: “Lina viene dalla Romania e non parla molto bene l’italiano. Lina nella

classe non è simpatica, lei ha gli occhi verdi e i capelli marroni con dei colpi di sole”.

Lina, finito il compito di casa, lo consegna all’insegnante che comincia a correggerlo.

Prima di chiamarla per farle vedere dove ha sbagliato, la prof. guarda al centro del

quadernone e mi fa notare che aveva strappato un altro foglio. Anche per fare questo

compito non era mancato il suo “rito dello strappo” (espressione mia). Poi chiama Lina e

le spiega gli errori, ricordandole di controllare quando scrive sempre due “regolette”, che

le ha scritto in rosso sul quadernone: -are, -ere, -ire l’h va a dormire, -ito, -ato, -uto l’h va

in aiuto. Mentre la prof. le fa notare gli errori, lei le sta accanto e le poggia un braccio

sulle spalle (a mio avviso un segno di confidenza, affetto, fiducia). Prima che le potesse

spiegare tutti gli errori, Lina le prende il quadernone di mano e, correndo al suo posto,

esclama: “Professore’ (come dice lei) lo faccio ancora perché non voglio sul quadernone il

rosso!”. Lo rifà di nuovo perché anche lei vuole la stellina e, da come tutti sorridono,

capisco non solo il valore della stellina, ma soprattutto l’importanza che avrebbe per lei

prenderne finalmente una. Lina non fa ricreazione, non mangia il suo Bondì, per rifare il

suo compito. Una volta finito, lo riconsegna e finalmente mangia. Prima ancora di

correggerlo, la prof. le attacca la stellina e le dice di essersela meritata almeno per la buona

volontà. Lina è molto contenta e tutti le fanno i complimenti per il successo (anche una

ragazza della III che era entrata durante la ricreazione).

Il compito era riassumere un brano di antologia, credo fosse un racconto. Ad un certo

punto la prof. legge la parola “fidanzamento” e chiede ad Lina se ne conosce il significato

e, in questo caso, di spiegarglielo. Lina spiega che “è quando una ragazza sta insieme ad

un ragazzo per un po’ di tempo per vedere se sta bene o male con lui e se lui si lava i

denti”, la prof. sorridendo mi guarda e sottolinea di nuovo l’importanza della pulizia per

Lina. Poi Lina ci racconta una strana storia: la storia di un ragazzo che stava con una

ragazza che si diceva fosse sporca, e questo ragazzo era andato a casa di lei e aveva messo

il suo cappello sotto il letto per vedere se c’era della polvere. Ripreso il cappello, questo

era pulito, e quindi il ragazzo aveva provato che le voci sulla sua ragazza non erano vere”.

Lina poi torna al suo posto o meglio va al banco di Carlos e prepara un compito, come fa

la prof. di lettere: scrive una frase (io sono Carlos) e poi ritaglia le singole parole. Carlos

dovrà poi incollare sul suo quaderno le parole nell’ordine giusto e leggere la frase

composta.

Quando poi, durante l’ora di geografia, la prof. spiega l’Emilia Romagna, Lina non è

molto attenta; è presa a far scrivere qualcosa a Milena, che ora le siede accanto

spontaneamente, senza nessun tipo di protesta di Lina. Infatti le fa scrivere “Milena”, poi

M. porta il foglio alla prof., che le dice: “brava!”.

14:00-14:30 (dopo pranzo)

Tutti giocano a pallone dopo pranzo. I ragazzi organizzano una partita. Fa molto freddo,

ma tra tutti spicca Carlo, che senza giaccone e con i jeans arrotolati fino a metà coscia

corre e gioca con gli altri. Nessuno di loro sente freddo almeno con il pallone da calcio ai

piedi.

23.01.2002

10:00-13:00 materia: italiano (grammatica e geografia) classe: I alunno: Lina(mancano entrambe le insegnanti della II, quindi decido di rimanere in I)

Entro in classe e quando Lina mi vede mi saluta e mi abbraccia dicendo: “Come sei bella

professore’....mmh che buon profumo!”:

Vengo a sapere che Lina ha rifatto per la quarta volta il compito di casa dell’altro giorno

(il riassunto del brano di antologia intitolato “Bastianello”). Un suo compagno le chiede il

perché e Lina risponde che vuole che sia perfetto, senza errori. Consegna il quadernone

alla prof., che lo poggia sulla cattedra sperando di correggerlo più tardi insieme agli altri.

Stando seduta alla cattedra posso leggere indisturbata e sfogliare tranquillamente il

quadernone di Lina senza destare tanta curiosità. Aperto alla pagina del compito, noto che

Lina ha di nuovo strappato un foglio prima di completare il suo lavoro e che ha scritto in

stampatello e con la penna (lei alterna l’uso della penna a quello della matita e scrive a

volte in stampatello e a volte in corsivo).

Su ogni pagina dove scrive, traccia la doppia riga a sinistra. Sfogliando trovo un

messaggio della prof. di lettere diretto alla mamma di Lina che dice: “Gentile Signora, la

informo che la ragazza segue le lezioni, ma ancora non ha raggiunto gli obiettivi minimi sia

per quanto riguarda la grammatica che la composizione dei testi scritti. Lo studio della

storia e della geografia è ancora molto scarso. Forse molte delle difficoltà di Lina sono

dovute alla mancanza dei libri di scuola, quindi non riesce a studiare con serenità perché

sta sempre a cercare sui testi miei e dei compagni. P.S. La prego di non far portare ad Lina

né coca cola né patatine fritte perché fanno male e non stiamo alle feste bensì a scuola!!”.

Oggi i banchi sono disposti in modo diverso dall’altra volta.

Inizia l’ora di grammatica.

La prof. dà ad Lina il suo libro dal momento che lei non lo ha.

Lina vuole leggere, ma la prof. sceglie Valeria. Non segue molto, guarda i disegni del libro

che si trovano nelle pagine successive.

Ogni volta che la prof. chiede a qualcuno di leggere, Lina si propone e al rifiuto della prof.

sbuffa.

Quando arriva il suo momento ne è molto lieta. Legge benino, si avvicina molto con la

testa al libro e segue il testo con il dito indice. Mentre la prof. spiega ciò che si è letto,

Lina si volta a guardare Renzo, che si trova nel banco alle sue spalle con l’insegnante di

sostegno; gli sorride, si sporge dal banco per arrivare a dargli la mano e ci riesce.

Si sta parlando della cronologia di un periodo ed Lina legge un brano cronologicamente

scorretto.

“Mario stamattina si è riaddormentato e arriva a scuola con 20 min. di ritardo. Entra alla

seconda ora e poi il bidello lo porta dal preside per avere l’autorizzazione a farlo entrare”.

La frase è scorretta (cronologicamente prima il bidello porta il ragazzo dal preside e poi lo

fa entrare alla seconda ora) e la prof. chiede a tutti dov’è l’errore. Lina risponde che non

era possibile entrare alla seconda ora e che il bidello lo aveva portato dal preside perché

forse, entrando tardi, aveva disturbato la lezione. Lina cerca l’errore facendo riferimento

alle regole della scuola da lei frequentata e non alla cronologia degli avvenimenti (scopo

dell’esempio).

Un ragazzo critica il modo di leggere di Lina e dice: “Ma che è un robot!” (e ripete le frasi

dette da Lina accentuando il suo modo un po’ balbuziente di leggere).

All’improvviso Milena comincia a piangere, apparentemente senza un motivo. Lina si gira

verso di lei, la guarda e le fa “battere il cinque”; con questo gesto le strappa un sorriso e la

tranquillizza.

Ancora critiche da parte dello stesso ragazzo di prima: “legge a pezzi, legge!!”.

Poi Alex si distrae, la prof. lo richiama e subito Lina dice: “Che ha fatto, professore’? Non

ha fatto niente!”.

Quando la prof. fa leggere un compagno e non lei si spazientisce.

Durante la spiegazione, Lina si alza, viene alla cattedra (dove c’è ancora il suo

quadernone) e richiama l’attenzione dell’insegnante; vuole che le sia corretto il compito (è

molto impaziente). Ma il suo richiamo non ha esito favorevole e torna al suo posto.

Quando Lina parla, mette sempre alla fine di ogni frase la parola “professore’”, come se

cercasse l’approvazione o il consenso per continuare il suo discorso (es. “Professore’

posso leggere io, professore’?”).

Mentre continua la spiegazione, Lina misura con la riga il banco.

Poi riprova a farsi correggere il compito, ma la prof. non ne ha il tempo. Tutti le dicono di

smettere: “tanto non sei capace!” le ripetono. Allora riprende il quadernone e tornando al

suo posto lo sbatte sul banco.

L’insegnante, vedendo la sua reazione, la chiama per la correzione interrompendo quello

che stava facendo. Guarda il compito e rivolgendosi a me dice: “Stavolta non glielo tocco

(non le fa le correzioni che andrebbero fatte), altrimenti lo rifà, le metto “molto brava” e

basta!”; poi la chiama e le riconsegna il quadernone.

Quando Lina torna al banco tira fuori dall’album da disegno F2 un foglio e comincia a

scrivere. Mi avvicino curiosa e scopro che sta di nuovo copiando il compito di casa con la

penna e questa volta lo scrive in corsivo (come se avesse voluto scrivere la definitiva bella

copia).

Poi all’improvviso ha una discussione con i suoi compagni e cambia banco imbronciata e

con gli occhi lucidi. Mi avvicino a lei e le chiedo: “Sei arrabbiata?”, “Si - risponde - ce l’ho

con Valeria, professore’!”. Allora chiedo: “Che cosa è successo?” e lei: “Mi si è rotta la

penna e Alex mi ha dato la sua, ma Valeria mi ha detto che è la sua e che Alex gliel’ha

rubata. Io non ho bisogno di niente! Che me frega a me!”.

Si passa all’ora di geografia. Si parla del Piemonte e la classe comincia a rispondere alle

domande dello “Schema di geografia” su un foglio.

Lina precede tutta la classe, comincia subito a lavorare seriamente. È avanti nel compito

quando all’improvviso si interrompe e dice: “Ora comincio un altro foglio!”, e prendendo

un foglio nuovo comincia a copiare quello che aveva scritto fino a quel momento.

Poco prima della fine dell’ora Lina porta alla prof. la sua agenda dove aveva fatto degli

altri compiti (di storia questa volta), ma l’insegnante ora non ha proprio tempo e Lina

protesta e mostrando il lavoro dice: “Che ho fatto a fare....per scherzo!?”.

30.01.2002

10:00-11:00 materia: lettere (grammatica) classe: I alunno: Lina

Oggi in I sono presenti tutti i ragazzi rom (4). Sono in disparte, separati dal resto dei

compagni e ogni gruppo fa cose diverse. La prof., all’arrivo, si fa vedere ben lieta delle

nuove presenze e li accoglie sorridendo e chiedendo loro di presentarsi. Parla un ragazzo

da me già conosciuto (perché era già venuto a scuola quando io c’ero) e li presenta.

Amedeo è il più loquace, gli altri sono molto più timidi, soprattutto il più piccolo, che

sembra anche spaventato.

La prof. unisce tutti i banchi e fa un grande tavolo intorno al quale siede tutta la classe (ma

una certa separazione rimane comunque, da un lato tutti i ragazzi della classe, dall’altro i

ragazzi rom). Lina non è molto soddisfatta della nuova disposizione, si scoccia (come se

non volesse star vicina ai nuovi venuti).

Mentre la prof. si allontana dalla classe, chiamata al telefono, ho la possibilità di scambiare

qualche parola con Lina e ne approfitto, visto che anche lei ha piacere di chiacchierare con

me. E’ una ragazzina che non parla spontaneamente, ma se le rivolgi delle attenzioni e le

fai delle domande è subito pronta ad aprirsi (prima impressione, vedremo col tempo).

Apre la sua agenda e mi fa vedere delle figurine dei calciatori. Poi mi chiede: “Di che

squadra sei?” Io rispondo: “Della Roma!” e lei ribatte: “Anch’io!”, facendomi vedere che

ai piedi porta dei bellissimi calzini “Giallorossi”.

Poi mi dice: “E ora con le vacanze io come faccio? Che faccio a casa?” (la scuola chiude

per una settimana perché ha totalizzato 205 giorni effettivi di lezione al posto dei 200

previsti dalla Legge; per questo la Preside ha deciso di concedere ai ragazzi una settimana

di vacanza tra il primo e il secondo quadrimestre, cioè dal 4 all’8 febbraio).

Chiedo ad Lina se ha fratelli o sorelle e lei mi dice che è sola; la mamma lavora tutto il

giorno e il papà non c’è mai perché lavora fuori Roma.

Le chiedo come passa il tempo e lei mi dice che di solito gioca con il suo criceto. Poi mi

dice che desidererebbe tanto una tartaruga e un cane. Le dico che io ho il cane e le faccio

vedere la foto (che porto sempre dietro) del mio Cocker, Argus. Come vede la foto Lina

dice: “Com’è bello, piccolo!”- “Quanti anni ha?”; io le rispondo che è anziano perché ha

13 anni, che è un po’ sordo e che non vede più tanto bene. Lei mi dice come devo fare per

far in modo che Argus veda meglio. Mi racconta che un giorno la mamma le ha portato a

casa il cane del “padrone” (il datore di lavoro) e che questo cane la mattina aveva dei

problemi ad aprire gli occhi; allora lei con un batuffolo di cotone imbevuto di acqua molto

calda gli ha bagnato e pulito gli occhi e lui, così, li ha potuti riaprire e vedere bene. Mi

consiglia di farlo; le spiego che Argus non ci vede perché è anziano e non perché ha dei

problemi agli occhi, ma lei continua e mi dice: “Sei fai così poi lui vede bene!”; non insisto.

Arriva la prof. di sostegno e porta via con se 3 dei ragazzi rom, lasciando il più piccolo e

dicendogli che si riservava di prenderlo dopo da solo, dal momento che lui non capiva

ancora nulla d’italiano.

L’insegnante torna e fa prendere a tutti il libro di grammatica e il quadernone. Lina è

seduta vicino ad Sandra e usa il suo libro.

La prof. chiede al bambino rom se ha un quaderno e Lina, intromettendosi nel discorso,

dice: “Se viene domani a scuola, glielo porto io un quadernone o a quadretti o a righe”,

ma la prof. risponde che dovrebbe averne uno nell’armadio e lo prende.

Lina si volta e “batte il cinque” con Milena che le sorride e le siede vicino.

Si pettina continuamente, non fa che togliersi e rimettersi il mollettone, poi mi guarda e

con i capelli sciolti mi dice: “Li lascio così?”, io le faccio cenno di si, ma lei se li lega

comunque (molto tirati).

Apre poi la sua agenda nuova del 2002 (della Banca del Credito Italiano, mi sembra) e mi

fa vedere che alla fine delle pagine c’è una cartina del mondo e una dell’Europa. Le chiedo

di dirmi da dove viene e lei risponde dalla Romania e precisamente da una città di cui,

però, non capisco il nome (ma non glielo richiedo per non essere assillante, prima o poi lo

saprò). Le chiedo se sulla cartina c’è, lei la guarda attentamente e mi dice di no; lì non si

vede.

Poi mi chiama e mi dice: “Professore’, sembra un pesce la Romania?” e io le rispondo: “Si,

sembra un pesce rosa!!” (dal momento che nella cartina politica a nostra disposizione era

stata colorata di rosa), lei mi guarda e sorride.

La prof. ricorda ad Lina di fare le fotocopie del libro di grammatica e di riportare il libro

ad Sandra che gliel’ha prestato.

Lina vuol far vedere alla prof. la cartina con la Romania, ma lei è distratta. Lina ci rimane

male e chiude bruscamente l’agenda.

Alex porta a far vedere all prof. un libricino allegato al libro di narrativa e Lina esclama:

“Io non ce l’ho quello!” e Alex: “Se non te compri il libro, non ce l’hai no, questo!!”. Lina

non risponde e Alex insiste (con tono ironico): “Invece di comprare colori e stupidaggini,

compra i libri che ti servono!”.

La prof. guarda questo libricino e dice a tutti di fotocopiare le prime dieci pagine perché al

ritorno dalle vacanze dovranno lavorarci. Alex dice: “Io ad Lina non jelo do’!” e lo presta

a Cristiano. Poi dice: “Tu Lina come fai?”, ma lei non risponde; l’insegnante allora

esclama: “Glielo do’ io!” e Alex in coro con Desirè: “..e lo riprendi startranno e tutto

rotto!!”.

Si fanno gli esercizi di grammatica fino al suono della seconda ricreazione (11:50-12:00).

Lina allora chiede a Desirè se ha la merenda e se vuole la sua che a lei non va. Desirè le

chiede: “Che c’hai?” e lei le fa vedere che ha un “fagottino” al cioccolato. Desirè lo prende

dicendo: “Va be’!”.

Mi siedo vicino a lei e le dico che, se durante le vacanze vuole un po’ di compagnia,

potremmo vederci e passare un po’ di tempo insieme. Lei tutta contenta mi dice di si. Le

chiedo il numero del telefono e lei mi dice che non ha il telefono a casa, che il suo

telefonino ha la scheda bloccata e che quindi mi da’ il numero del telefonino della mamma;

le raccomando però di dire alla mamma che martedì (rimaniamo d’accordo per martedì)

sarei andata a casa a farle compagnia. Comunque le dico che l’avrei sicuramente chiamata

anch’io per parlarle, presentarmi, avvertirla e chiederle se è d’accordo. Lina mi dice: “Va

bene, tanto mamma è contenta!”. Mi da’ il suo indirizzo, ma non il numero civico, non se

lo ricorda (mi riserverò di chiederlo alla mamma). Poi dice: “Anch’io devo avere il suo!” e

vedo che sull’agenda, malgrado mi chiami sempre “professore’”, scrive, ricordandosi il

mio nome, Federica.

Le domando: “E che facciamo? I compiti, no eh..” e lei: “giochiamo alla Playstation e

mangiamo patatine!”. Poi le chiedo se ha foto della Romania perché mi piacerebbe sapere

qualcosa del suo paese; lei, felicissima, mi risponde di si e che altre foto gliel’hanno

portate da poco degli amici, perché lei non può “andare in Romania”. Le chiedo il motivo

e lei: “non ho ancora i documenti a posto!”.

Poi mi domanda quando è il mio compleanno, le dico: “il 18 agosto” e lei: “il mio il (...)!”.

12:00-14:00 materia: lettere (geografia) classe: II alunno: Carlo

La prof. ritira i “Questionari sulla valutazione del tempo polivalente” e Carlo le dice: “Io

non li ho afusi!”, “avuti” lo correggono e lui sorride.

La prof. parla delle valutazioni di fine quadrimestre e dice ai ragazzi di impegnarsi di più,

perché a lei non fa piacere dare voti bassi e perché per lei la vera soddisfazione è vedere

che la classe migliora. Continua dicendo che vuole dargli una buona preparazione, così un

giorno si ricorderanno di lei; poi aggiunge: “..così poi mi verrete a trovare, magari finite le

medie!!” e Carlo risponde: “Si, da Romania!” e sorride (forse è nel progetto della famiglia

o un suo desiderio tornare al più presto in Patria).

La prof. parla delle valutazioni (suff., buono, ottimo) e fa notare come in Romania i voti

siano diversi, espressi con i numeri.

Mentre la prof. interroga un suo compagno, Carlo canticchia. E’ preparato sull’argomento

(l’Europa del Nord) e sta sempre con la mano alzata. È attento e segue l’interrogazione

anche se ogni tanto sbadiglia. Siede vicino ad una ragazza e sbircia nel suo diario.

Finita l’interrogazione di Alessio, Carlo domanda: “Che pia professore’?”, e lei: “Non li

dico i voti!”.

Carlo scrive sul banco con la penna. Quando la prof. gli da’ la parola, arrossisce e dice:

“No, professore’, chiama un altro!”, ma basta che la prof. lo aiuti con altre domande,

tracciandogli la strada, perché lui partecipi e risponda bene alle domande.

Carlo dice spesso, non trovando un corrispettivo tra ciò che pensa e le parole italiane: “va

be’, non so come si chiama!”.

La prof. gli domanda quali pesci ci sono nei mari dell’Europa del Nord e lui: “Non lo so

come si chiama, è con la “a”..”. Con un po’ d’aiuto, però, riesce a dire: “..si.. le aringhe”.

Poi lo fa leggere e legge bene un brano sui Vichinghi.

Finita la lettura, la prof. va a prendere uno stereo e dice alla classe che ora ascolteranno un

cd. È un cd di un gruppo Rap rumeno molto famoso, gli “L.A.” (pron. “elle ei”), scaricato

da Internet.

Come inizia la musica, Carlo esclama: “No...questa è romena!”, ma si vede che è molto

contento che la si ascolti.

La prof. chiede a Carlo di scrivere alla lavagna le parole, almeno le prime; lui scrive le

prime due parole (OCHI TA�I) e aggiunge: “professore’ no, ho dimenticato come si

scrive in romeno!”. La prof. lo incoraggia e lui ascoltando il cd scrive i primi due versi:

OCHI TA��I MI-AM MINTESC / C�T DE MULT NE IUBEAM

Mentre si ascolta la musica, la prof. invita i ragazzi a ballare. Subito, spiritosamente,

Emilio invita Carlo a ballare come una coppia (tipo tango); un altro ragazzo balla con le

mani come un egiziano.

Carlo balla, ma ad un certo punto si ferma e si vergogna; poi riprende. È orgoglioso di

conoscere quelle canzoni e balla, poi si interrompe, si avvicina e ci dice che la canzone

diceva “io canto per le donne”, poi si riallontana ballando.

La prof. vuole aumentare i bassi e con il tasto “sound mode” troviamo alcune alternative:

semplice, rock, pop, classic: scegliamo rock. Dopo un po’ Carlo mi si avvicina e mi dice:

“Rock non va bene!”, lo togliamo e lui afferma: “Ora è meglio”.

Gli chiedo di tradurmi quello che ha scritto, ma fatica a trovare le parole italiane adatte e

l’insegnante mi dice che a casa parla romeno e che, essendosi trattenuto a lungo in

Romania per le vacanze natalizie, ha perso un po’ d’Italiano. Lo aiuto e la traduzione

risulta:

GLI OCCHI TUOI MI DICONO / CHE TI VOGLIO MOLTO BENE

Carlo dice: “professore’, sono belle queste canzoni!” e aggiunge di averne tante altre di

questo gruppo e che adesso ne hanno fatta un’altra intitolata “Seno�rita”.

Manda avanti continuamente il cd, è impaziente, le vuole ascoltare tutte.

Per le vacanze la professoressa gli dice che dovrà scrivere tutta la canzone e poi dovrà

anche tradurla. Il suo obiettivo è che, alla fine dell’anno, tutta la classe la conosca e la

sappia cantare.

Carlo pronuncia i primi due versi e tutti tentiamo dopo di lui, compresa la prof. Lui ci

corregge attentamente e comunque le prove non vanno tanto male.

Carlo balla benissimo, è molto sciolto. Esegue un passo strano e la prof. gli chiede di

insegnarlo alla classe. � un passo di danza popolare romena e lui, senza farsi pregare più

di tanto, lo fa rivedere. Quasi tutti, compresa la prof., ci provano (qualcuno dei ragazzi più

“terribile” non perde l’occasione di prendere in giro l’insegnante e di ridere alle sue spalle).

È molto bello vederli tutti insieme al centro dell’aula a ballare.

Un compagno chiede a Carlo dove ha imparato e lui gli risponde: “Mica sono andato a

scuola, ho visto gli altri ballare!”. Poi si avvicina a me e alla professoressa e ci fa vedere

come invece ballano le donne romene (muove molto di più i fianchi ora, poi sorride, si

vergogna e smette).

La lezione finisce tra passi di danza, salti, capriole ecc. (come al solito esagerano sempre!).

Prima di lasciare la classe per pranzo, l’insegnante mi fa vedere cosa gli sta facendo

leggere al posto della solita narrativa: si intitola “Il razzismo raccontato a mia figlia. Per

educare al rispetto dell’altro”. È un libro scritto da Tahar Ben Jelloun, un marocchino

trasferitosi in Francia. Mi dice che la lettura però procede lentamente perché sono tante le

tematiche su cui fermarsi a riflettere.

14:00-14:30 (pausa pranzo)

Subito dopo pranzo, incontro la professoressa di lettere della prima, che mi chiede se ho

sentito quello che è successo in I all’ultima ora, durante la supplenza dell’insegnante di

musica: Desirè, per ragioni ancora non molto chiare, ha schiaffeggiato Lina. Io le dico che

non ne so niente.

Poco dopo vedo uscire dalla mensa in giardino i ragazzi, così esco anch’io e vedo Lina

venirmi incontro, con gli occhi rossi e gonfi. Le chiedo che cosa le è successo e lei mi

risponde (con un filo di voce): “Niente!”, ed io: “Hai pianto?”. Lei mi dice: “No!”. Allora

insisto: “E che sono quegli occhi rossi?” e lei: “Niente!”. “Ti hanno fatto arrabbiare?” - le

chiedo - e lei: “No!”.

Poi, vedendo che la prof. porta con sé Desirè per parlarle, le segue da lontano. Mentre

l’insegnante parla a Desirè in sala professori con la porta aperta, Lina da dietro una

colonna ascolta.

Poi mi si avvicina Alex (cugino di Desirè); io e lui abbiamo avuto, fin dall’inizio, sempre

un buon rapporto, così colgo l’occasione e gli chiedo di raccontarmi, nei dettagli, cos’è

successo.

Tutto sarebbe iniziato per colpa di un biglietto scritto da Alex per far fare amicizia a

Amedeo (il ragazzo rom) con Lina. Alex ha firmato il biglietto a nome di Amedeo, ma

Lina ha capito chi era il vero autore. Così si è alzata, è andata da Alex e gli ha detto una

parolaccia (non si sa quale, non me l’ha voluto dire). Poi Desirè si è intromessa e per

difendere Alex (suo cugino, oltre che amico) l’ha schiaffeggiata. Questo sarebbe stato

l’accaduto, almeno per quanto racconta Alessio.

05.02.2002

Oggi non c’è stata scuola, ma ho visto ugualmente Lina. Ho contattato telefonicamente la

mamma e le ho detto che dal momento che Lina era triste per le vacanze (la scuola le

permette di stare con gli altri e di non sentirsi sola), se per lei andava bene, sarei andata da

loro una mattina per farle compagnia. Lei mi ha chiesto se volevo stare solo con Lina o

anche con lei, io le ho risposto che mi avrebbe fatto molto piacere conoscerla, ma lei mi ha

detto che purtroppo doveva lavorare tutta la settimana fino alle 20. Se volevo, però,

potevo vedere Lina e mi ha ringraziato per questo.

Così ci siamo accordate per oggi alle 13.

Arrivata a scuola, dove ci eravamo date appuntamento io ed Lina (dal momento che né

Lina, né la mamma sapevano il numero civico della loro abitazione), ho aspettato qualche

minuto e alle 13:05 ci siamo viste. Lina mi ha portato una bellissima rosa rosa e

dandomela mi ha abbracciata.

Le ho chiesto come andava e lei mi ha detto che le mancava tanto la scuola.

Così, camminando verso casa sua, mi ha raccontato che il papà (che lavora fuori Roma)

era in Italia da 5 anni (come suo zio Gigi), la mamma da 2 e lei solo da 9 mesi. Le faccio i

complimenti per come ha presto imparato l’italiano e lei mi dice: “Mi piace tanto

l’italiano!”.

Mi racconta che quando la mamma è venuta in Italia, lei è rimasta in Romania con la

nonna.

Adora i cani. Come ne incontriamo uno lo accarezza e gli fa tante coccole.

Lungo il cammino (buoni 15 min.) passiamo davanti alla casa di un ragazzo (del quale non

mi ricordo il nome) che Lina conosce e mi dice: “Prima o poi gli spacco la testa!”; le

chiedo perché, e lei: “Una volta mi ha spillato il quaderno di scienze e io gli ho detto:

spillati il cervello, non il mio quaderno di scienze!!”.

Abita in un quartiere, il Trullo, dove le case sono tutte basse e le strade strette; nella sua

strada non ci sono i marciapiedi ma solo dei tubi ritorti nell’asfalto che delimitano la strada

dallo spazio pedonale.

La sua palazzina è di 3 piani, la sua casa sta al primo. Quando entriamo, trovo solo Mirko,

suo cugino, un ragazzo di 23 anni che quando non lavora (fa il parquettista) sta a casa e,

come dice lui, “guardo i film”. Mi prepara il caffè; io mi scuso per l’intrusione e lui si siede

in “salottino” con noi a chiacchierare; mi chiede l’età, che faccio nella vita e se sono

sposata. Io rispondo alle sue domande e noto in Lina un certo fastidio.

Lina parla con Mirko in romeno e, quando le chiedo cosa ha detto, Mirko la rimprovera

dicendo: “Non devi parlare rumeno, Federica non lo conosce e quindi non è educazione!”,

ma lei non lo ascolta e continua. Lui gli risponde in rumeno, riferendomi ogni tanto cosa si

sono detti (non so se poi mi diceva tutto).

Lina è infastidita dalla presenza del cugino. Prima di arrivare mi aveva detto che era “un

po’ matto”, “che era tutto scemo”, e che “gli piaceva fare i scherzi e tenerla per i piedi a

testa in giù”.

Non faceva che ripetergli qualcosa e lui le diceva: “Lina, ma quando cresci!”. Poco dopo

se n’è andato nella sua camera a vedere la TV.

Rimaste sole le chiedo che cosa aveva e lei mi dice: “Mirko, quando porta a casa le sue

amiche, mi caccia sempre dalla camera e quindi deve andare via!” (io per lei sono una sua

amica e non voleva condividere la mia compagnia con nessuno).

Mentre prendo il caffè, Lina si toglie le scarpe per mettersi le pantofole e va in bagno.

Intanto io ho il tempo di guardarmi un po’ intorno.

La sua casa sarà grande 30 mq., forse anche meno. Entrando ci si trova in una cameretta,

che ho chiamato prima “salottino” dal momento che ci sono due poltroncine (mal ridotte)

e un piccolissimo tavolo di legno da salotto; oltre a questo c’è anche un letto da una

piazza e mezza, due piccole credenze e, sopra una di queste, un televisore vecchissimo

(che prende pochi canali e ogni volta che cambi stazione devi sistemare l’antenna

altrimenti non si vede nulla).

Collegati a questa stanzetta-corridoio ci sono 3 locali. Uno è la cucina, piccolissima, senza

finestra, con quattro pensili (alcuni malridotti) e un frigorifero, all’interno della quale c’è

anche un lettino dove dorme lo zio.

Un altro è il bagno e il terzo è una camera con un altro letto matrimoniale, un armadio e

una TV (la stanza dove stava il cugino).

Lina mi dice che nel letto del “salottino” dorme lei con la mamma e nella camera Mirko

con il papà. Quindi una casa da 30 mq. ospita cinque persone.

Lina poi mi fa vedere il piccolo balcone dove la mamma tiene le sue piante; mi mostra le

piante grasse che le ha regalato lei e mi dice: “Quando torno da scuola e ho un po’ di soldi

compro sempre una piccola pianta per mamma!”.

Poi mi presenta i suoi amici criceti “Gipsi” e “Tripsi”. Tripsi è solo da tre giorni che ce

l’ha, mentre Gipsi è un bel po’. Passiamo molto tempo a dare da mangiare a Gipsi (l’unico

criceto che mangia cioccolata) ed a giocare con lui. Faccio anche delle foto a lei con Gipsi

e le prometto di regalargliele, così potrà portarsele a scuola e tenere sempre Gipsi con lei.

A scuola mi aveva detto che quando ci saremmo viste avremmo giocato alla Play Station,

ma non ce l’ha (penso che me l’abbia detto perché forse a scuola qualcuno ce l’ha e

davanti a loro voleva far vedere di possederla, non lo so).

Le chiedo di insegnarmi qualcosa in rumeno, così quando conoscerò la sua mamma potrò

sorprenderla. Quindi prendo dei fogli, le scrivo ciò che per ora desidererei imparare e lei

sotto ogni parola scrive la traduzione e poi me la legge. Io tento di pronunciare, lei mi

corregge e quando dico esatto, con un bel sorriso esclama: “Brava!”; le piace molto

insegnarmi il rumeno e credo che mi farò insegnare altre parole, per ora ho imparato: ciao;

arrivederci; come stai?; io bene; buon giorno; buona sera; buona notte.

Poi propongo di disegnare un po’. Il primo disegno consiste nel raffigurarci l’un l’altra e il

secondo è un autoritratto.

Mentre disegnamo, approfitto per parlare un po’ con lei del suo passato. Mi racconta che

viene da Piatra Neamz e che quando era in Romania e viveva con la nonna (visto che la

mamma e il papà erano già in Italia) stava molto bene e che la nonna la faceva sempre

pulire bene prima di entrare in casa. Le chiedo se le manca e lei mi dice di si, ma che la

sente quando può per telefono. Mi confessa: “Sto’ meglio in Italia perché qui c’è la mia

mamma!” e mi dice di aver chiesto più volte alla mamma un fratellino perché a lei

piacciono tanto i bambini.

Le chiedo se preferisce la Romania o l’Italia e lei mi dice senza rifletterci con un tono un

po’ malinconico: “Meglio la Romania, lì c’è la neve!”; poi le chiedo se conosce i progetti

della famiglia e se rimarrà a lungo in Italia; lei non lo sa, ma alla mia domanda: “Vuoi

tornare in Romania presto?”, risponde: “Si!”.

Mentre lei disegna, disegno anch’io e pare che lei gradisca molto. Poi le dico che vado un

attimo al bagno e lei mi dice: “Il bagno è un po’ sporco!”.

Il bagno è molto piccolo, i servizi sono di porcellana marrone e completamente attaccati

dal calcare, non ci sono mobiletti dove riporre le cose, ma solo cassette di legno e saponi e

spazzolini sparsi un po’ ovunque.

Torno da Lina che sta’ ancora disegnando e lei mi offre delle caramelle, che mangiamo

insieme.

Poi le chiedo com’è la scuola in Romania e lei: “..mmh.. non è come qui. Tutti portano

divise bianche, è tutto bianco e pulito: banchi, sedie e muri. Anche le lavagne attaccate al

muro sono pulite e si può cancellare solo per lungo (e mi fa un cenno con la mano a

significare che si poteva cancellare solo verticalmente). Le ragazze devono portare i capelli

legati e tirati (e mi mostra come, legati con la coda), e i ragazzi devono tenere i capelli

corti, non come qui che i ragazzi li portano lunghi. Tutto più pulito, e se sporchi e butti la

carta per terra ti prendono e ti fanno fare le pulizie dei bagni per una settimana, come le

bidelle”. Io le racconto un po’ di quando andavo a scuola: che alle elementari indossavamo

tutti il grembiule, le bambine bianco ed i bambini blu e che alle medie non tutti i professori

gradivano i capelli lunghi, le minigonne e l’orecchino al naso per esempio. Lei mi

interrompe e aggiunge: “Se avevi l’orecchino al naso, quello tondo, ti prendevano così (mi

fa cenno che prendevano il “colpevole” per l’orecchino) e ti cacciavano fuori!”.

Le chiedo se le materie che studiava in Romania erano le stesse che studia qui in Italia e lei

risponde di si, ma oltre a quelle c’erano anche l’inglese e il francese.

Stanche di disegnare mi fa un gioco, da sei numeri detti da me a caso da uno a dieci, mi fa

il ritratto.

Poi mi mostra le sue agende: una l’ha trasformata in un libro sugli animali; ha attaccato

tante foto e sopra ognuna ha scritto il nome (a volte in italiano, altre in inglese)

dell’animale rappresentato e l’altra è dedicata “al suo amore per Leonardo Di Caprio”. Le

ho portato una piccolissima foto di Leonardo trovata su una rivista, lei mi ringrazia con un

abbraccio e l’attacca subito. In quel momento torna Mirko che la prende in giro perché lei

ha scritto sull’agenda: “Leonardo ti amo”. Le dice in romeno (poi tradottomi) “Ma se non

sai neanche che significa “amare”!!”. Lei si arrabbia e gli risponde in “italiano”:

“Vaffanculo!”. Lui la rimprovera e dice: “Sei una ragazzina, continua così e non imparerai

mai niente!”, e se ne va.

Mi fa vedere dove tiene le cose per la scuola. È una piccola credenza (una delle due del

salottino), dentro non ci sono ripiani e non ci sono libri, ma solo due o tre quaderni e

diverse agende (una del Credito Italiano, una della Saba ed altre). Prende quella della

Saba; è nuova e mi dice: “Bella vero! La vuoi, io ne ho tante?”, le dico di tenerla per se

perché io ne ho già una.

Poi mi chiede quanto avevo pagato i colori che avevo portato con me e io le dico: “4.80

euro”, e lei “così poco!”, poi continua “io mi devo comprare tutto, non ho più niente da

quando sono venuta qui!” (sono stata tentata di regalarle i colori, ma non l’ho fatto; ora

credo di aver sbagliato, se ricapiterà l’occasione lo farò).

Sentiamo suonare alla porta; Lina va ad aprire. È lo zio, che mi saluta e conosce già il mio

nome; forse Lina gli ha parlato già di me; poi va di là da Mirko e non lo vediamo più fin

quando mi saluta prima di andarsene.

Facciamo un altro gioco proposto da Lina e cioè “Nomi, cose, città, animali e colori”. Si

prende un foglio, si tracciano cinque colonne, si scrive il titolo di ogni colonna

(rispettivamente nomi, poi cose e così via), poi si estrae una lettera e bisogna scrivere con

quell’iniziale un nome, una cosa, una città, un’animale e un colore. Poi, per ogni parola

diversa trovata dai partecipanti al gioco, si assegnano 10 punti, per ogni parola uguale 5

punti, per ogni risposta non data 0 punti.

Decidiamo ad un certo punto di non estrarre più la lettera, ma di seguire l’ordine

alfabetico.

Le difficoltà maggiori per Lina sono nel trovare i nomi delle città, così le permetto di

cercarli su una cartina che ha nella sua agenda, e quando anche la mia memoria non mi

aiuta guardo (spesso con il suo aiuto) anch’io; cerchiamo insieme, a volte la trovo io per

lei, a volte lei per me. Le piace aiutarmi.

Anche i nomi la mettono un po’ in difficoltà, così le propongo di scrivere anche nomi

rumeni e se vuole inglesi e francesi, ed ecco che lei approfittando delle sue conoscenze

scrive colori e animali in tutte e tre le lingue. Ride e si diverte da morire quando mi

lamento, scherzando, e dico: “Questo gioco non mi piace tanto, sono troppo svantaggiata

perché tu conosci tre lingue, io solo l’italiano ed a mala pena l’inglese!”.

Spesso cerca di sbirciare sul mio foglio, ma sorpresa sul fatto sorride e fa finta di niente;

cerca di copiare, ma a volte scrive qualcosa intendendo qualcos’altro, es. copia

“ermellino” e non sapendo cos’è lo scrive sotto “colori”; quando le spiego l’errore ride,

corregge e proseguiamo il gioco. Quando fa la somma dei punti, spesso sbaglia e dice:

“Dieci, trenta, quaranta” ed io esclamo: “Come?? Sbaglio o stai rubando qualcosa?”;

allora accortasi dell’errore si corregge e ride (ride di cuore). Arrivate alla “r”

interrompiamo e lei propone “il gioco dell’impiccato”; le raccomando di usare parole che

conosce bene, altrimenti non avrei mai potuto indovinarle. Malgrado questo, lei è sempre

più brava di me e vince ogni volta..

Poi va in cucina e si prepara uno strano cioccolato, fatto con acqua calda e cacao. Per

pranzo, mi racconta che, essendosi alzata alle 11, ha mangiato solo latte e biscotti. Non

mangia altro; le chiedo se per stasera glielo preparerà la mamma, lei mi risponde di si e io

le dico: “A che ora torna mamma?”, e lei: “Non lo so!”.

Ora propongo io un gioco inventato da me sul momento: “il gioco dell’intervista”, che

consiste in domande fatte e risposte date da entrambe. Da questo gioco viene fuori che il

suo piatto preferito è la pizza; il suo colore è il nero; che i ragazzi le piacciono biondi,

occhi blu e sensibili; che la musica che gli piace è quella dei “Backstreet Boys”; che ama

tutti gli animali; che la città che preferisce è quella di Leonardo Di Caprio (l’ha vista una

volta in TV e dice che è tanto bella); che da grande vuole fare la studiosa degli animali;

che le piace la scuola e la materia che preferisce è la matematica. Quando poi le chiedo il

compagno più simpatico, lei mi risponde: “Nessuno!” e mi dice che in Romania aveva tanti

amici, che però ora non sente più. Alla mia domanda se qui ne ha, mi risponde di no.

Arrivata l’ora di andar via, lei mi chiede se può accompagnarmi alla fermata dell’autobus;

io accetto volentieri e subito corre a prepararsi. Arriva Mirko a salutarmi; gli chiedo se

Lina può uscire e lui mi risponde: “Lei fa come vuole, non sono io che devo dirle se può

uscire o no!”.

Ci salutiamo e, uscendo, Lina gli dice qualcosa in rumeno; gli chiedo cosa le ha detto e lui:

“Solite stupidaggini!”. Per le scale le domando cosa aveva detto e lei: “Gli ho detto che

alle ragazze si bacia la mano!”. Sorridendo le spiego che oggi non si usa più.

Lungo la strada, mi chiede se mi piacciono i bambini e se voglio sposarmi; le rispondo di si

e lei guardandomi, mi dice: “Sei molto bella!”.

Le chiedo come ha imparato l’italiano e se all’inizio gliel’ha insegnato un po’ la mamma,

ma risponde che ha imparato da sola, cercando le parole sul vocabolario. Mi racconta che

appena arrivata, quando guardava la TV, chiedeva: “Cosa significa questa parola,

mamma?” e lei gliela spiegava. Una volta doveva andare a fare la spesa e la mamma le

aveva detto di comprare il pane di grano duro. Per la strada non faceva che ripetere “pane

di grano duro, pane di grano duro, ..”, ma che poi, arrivata lì, se l’era dimenticato e così

era dovuta tornare a casa a chiederlo alla mamma; mentre un’altra volta, usando la stessa

tecnica, era riuscita a comprare da sola delle patate.

Arrivata alla fermata mi ha salutato con un forte abbraccio, un bacio e mi ha ringraziato.

Credo che la mia compagnia per lei sia stata un po’ come una festa; aveva qualcuno lì per

lei, per giocare, ascoltarla. È una bambina molto dolce ed estroversa; basta farle delle

domande e lei risponde; non si chiede quale fine tu abbia. Lei ha piacere a risponderti, a

raccontarti di sé, della sua vita, della sua famiglia, forse molto più di qualsiasi membro

della sua famiglia che cerca nelle tue domande sempre una motivazione. Lei è semplice,

innocente, spontanea, come la maggior parte dei bambini alla sua età.

13.02.2002

10:00-12:00 materia: lettere classe: I alunno: Lina

Oggi la prof. è assente e la classe è affidata all’insegnante di sostegno che, non sapendo

cosa fargli fare, decide di portarli in aula d’informatica per preparare un biglietto per San

Valentino.

Lina, come mi vede, mi corre incontro ed io la saluto dicendo “buongiorno” in rumeno.

Subito mi chiede anche le altre frasi che mi ha insegnato e, vedendomi preparata, esclama

sorridendo: “Brava, hai studiato!”.

Nello scrivere il biglietto cambia in continuazione tipo di carattere, colore, dimensione.

Poi mi racconta dei fatti avvenuti la settimana scorsa a casa con il suo criceto. Mi chiede la

foto sue con il criceto e io le rispondo che ancora non le ho sviluppate, ma che appena lo

farò gliele porterò.

12:00-14:00 materia (geogr-narrativa) classe: II alunno: Carlo

La prof. parla alla classe del campo scuola che faranno dal 11 al 15 marzo e, parlando dei

pasti, Carlo esclama: “Tanto io non mangio!”. La prof. gli chiede perché non mangia mai

neanche quello che danno a scuola e lui le risponde: “Non mi piace!”, e lei: “Ma non lo

assaggi neanche! Come fai a dire che non ti piace!”. Poi mi dice che i genitori, visto che

sanno che lui non mangia quello che gli viene dato a scuola, gli fanno tutti i giorni del

tempo prolungato un panino. La prof. gli chiede come faceva in Romania e lui gli dice che

mangiava a casa quello che gli preparava la nonna.

La prof. mi racconta che ieri i genitori di Carlo erano andati a prendere la scheda del

primo quadrimestre ed erano rimasti contenti nel sentire che il figlio era uno dei più bravi.

Entrambi i suoi genitori sono diplomati (la mamma credo sia ragioniera), ma non essendo

riconosciuto, qui in Italia, il titolo di studio romeno, sono costretti a svolgere lavori di

livello inferiore. Carlo vuole andare al liceo scientifico.

Passando alla geografia la prof. fa leggere un brano sulle maree e chiede a Carlo di

leggere, ma lui non vuole. Con un po’ di insistenza riesce a convincerlo, ma come inizia a

leggere un suo compagno si mette a ridere per il suo accento. Lui smette e dice di non

voler più leggere. La prof. rimprovera chi ha riso, dicendo che Carlo legge ormai bene, che

ha fatto tanti progressi rispetto all’anno precedente e che un giorno farà leggere un libro in

rumeno a qualcuno di loro, così almeno questa volta sarà Carlo a poter ridere.

Si passa all’ora di narrativa. Si comincia a leggere il libro di Tahar Ben Jlloun ( pag.15-16)

e nel periodo che viene letto l’autore tratta la differenza dell’agire secondo natura, quindi

seguendo l’istinto, senza riflessione, e dell’agire secondo cultura, quindi seguendo il

ragionamento, il raziocinio, quello che deriva dall’educazione, dalla scuola, ecc. Emilio

fatica a capire questa distinzione e la prof. prova a spiegarglielo con un esempio. Gli dice

di provare ad immaginare di essere sull’autobus, quando ad un certo punto salgono degli

zingari, poi gli domanda: “Tu cosa fai?” e lui: “Me scanso, perché puzzano!”. Poi lo fa

riflettere e gli fa capire che, in quel momento, ha agito d’istinto e che invece se si riflette

sul fatto che in un campo con trenta o quaranta container spesso c’è solo una fontana per

lavarsi, li si giustifica, quindi si ragiona e ci si può comportare diversamente (secondo

cultura stavolta). L’insegnante gli dice che spesso ci si scansa per paura che possano

rubare qualcosa, dal momento che molti rubano. E lui: “Federico, no però!?”. Federico era

un loro compagno rom, che da qualche giorno non andava più a scuola, perché avendo 16

anni aveva cominciato a frequentare la scuola per adulti per prendere il diploma di terza

media. La prof. gli ricorda quando l’anno scorso facevano i giochi interculturali: erano

tutti al centro della classe, lei faceva un’affermazione, chi era d’accordo con quanto detto

si metteva da una parte, chi non lo era dall’altra, dando in entrambi i casi le relative

motivazioni. Alla frase: “tutti gli zingari rubano”, i ragazzi avevano preso ognuno la

propria posizione e Federico si era schierato dalla parte di chi era contrario a questa

definizione, dicendo che non tutti erano così.

La prof. gli ricorda delle loro preoccupazioni quando avevano saputo che in classe sarebbe

arrivato un ragazzo rom ed Emilio anche oggi conferma dicendo: “Io ho avuto paura

quando è venuto” e la prof. “perché non lo conoscevi”. Tutta la classe è affezionata a

Federico, lo stimano e raccontano diversi episodi in cui Federico li ha aiutati (es. una volta

Emilio era rimasto senza benzina nel motorino e Federico lo aveva aiutato a spingerlo fino

ad un benzinaio, ecc.). Suona la campanella, è ora di pranzo.

Chiedo alla prof. se può darmi da fotocopiare i compiti di Carlo e lei mi chiede se posso

prima chiedere alla preside il consenso perché non vorrebbe avere problemi. Così mi

riprometto prima di andare via di passare dalla preside.

14:00-15:00 (pausa pranzo)

Incontro Lina che mi chiede se posso aspettare fino alle 14:30, perché dovrebbe venire la

sua mamma e vorrebbe farmela conoscere. Il giorno prima, infatti, tutti i genitori erano

andati a prendere le schede del primo quadrimestre, ma la sua mamma non aveva potuto

per problemi di lavoro, così oggi le aveva detto che avrebbe cercato di prendersi due ore

di permesso e sarebbe andata a pranzo. Ma così non è stato, non è venuta. Lina è stata

tutto il tempo fissa con lo sguardo sul cancello, e ad un certo punto con un tono triste mi

ha detto: “Non è venuta!”, ed io: “Non ti preoccupare, prima o poi la conoscerò!”. Poi le

dico: “Lina ho bisogno di te, mi devi aiutare!...” e lei: “Si io aiuto, io aiuto!”, e continuo:

“Sto facendo una ricerca sulla Romania e tu puoi aiutarmi; quando hai qualche ricordo

scrivimelo, descrivimi com’è la Romania, la tua casa, non so per esempio le case sono

come le nostre?”, e lei: “No! Sono molto più belle!”. “Poi avrò bisogno anche di mamma,

per sapere lei cosa ricorda e come si è trovata all’inizio in Italia e tante altre cose!” e Lina:

“Si lei aiuta!”.

Poi racconto all’insegnante di lettere della seconda qualcuno dei ricordi di Lina della

scuola in Romania e lei mi dice che l’anno scorso (durante l’ora alternativa a religione)

anche Carlo le parlava della sua scuola e della sua dura disciplina. Malgrado questo il

particolare dell’edificio, delle aule, dei banchi e delle sedie tutti bianchi non le risultava.

Entrambi i ragazzi ricordano una scuola severa, molto diversa da quella italiana. Mi

riprometto di riprendere il discorso, quando avremo più tempo, per disporre anche dei

ricordi di Carlo che, stando in Italia da più tempo, molte cose le ha dimenticate ed ha

cercato di “omologarsi” agli altri (es. orecchino) per non rimanere escluso dalla classe.

20.02.2002

10:00-11:00 materia: lettere classe: I alunna: Lina

Lina è fuori dalla classe, è al piano superiore, la incontro, mi abbraccia e mi dice che non

può venire in classe perché non ha fatto i compiti e mi fa promettere di non dirlo alla prof.

Mi racconta che il giorno prima non era potuta andare a casa di Valeria per fare i compiti

(lei non ha i libri) e che Valeria le aveva detto che li avrebbero fatti insieme a scuola

l’indomani. Oggi Valeria non era venuta ed Lina quindi non aveva i compiti svolti.

Mentre aspetto la prof. di lettere, che è in ritardo assisto a scene per le quali difficilmente

si può rimanere impassibili.

Desirè comincia a picchiare Carlos e anche Alex la imita dandogli degli schiaffi. Aldo

prende la rincorsa e si butta in terra scivolando sulle gambe di Carlos nel tentativo di farlo

cadere e lui non reagisce. Cerco di farli calmare, ma non mi ascoltano e continuano ad

infastidire Carlos. Carlos mi chiede il permesso di andare al bagno, ma non fa in tempo ad

arrivarci che i tre lo rincorrono e lo picchiano ancora. Rientro un momento in classe e

quando esco trovo Desirè che tiene per il collo Carlos contro la parete, cerco di toglierle la

presa e con fatica, dal momento che usava molta forza, ci riesco. La rimprovero e lei

ridendo, come mi allontano da Carlos, lo riprende con forza per il collo e lui:

“Professoressa, aiuto!”, lo libero ancora dalla presa di Desirè, ma come mi allontano o lei

o Alex o Aldo ne approfittano per picchiarlo. Gli prendono le sue cose, gli aprono lo zaino

e lui non reagisce mai.

Alex ha insegnato a Milena (la ragazza handicappata) a dare gli schiaffi a Carlos. Lui le

prende la mano, le fa colpire Carlos e poi le dice: “Brava!!”, gli batte le mani e le sorride.

Lei su istigazione come passa vicino a Carlos gli da’ uno schiaffo (molto “delicato”

rispetto a quelli che prende dagli altri) e il fatto che tutti poi si complimentano con lei, la

induce a farlo di nuovo. Cerco di farle capire che non si fa, ma non so quanto contino le

mie parole in confronto a quelle dei suoi compagni.

Desirè picchia ora anche Simone, e gli dice: “Perché hai detto in giro che ci siamo

baciati!”.

Spesso in questa classe, anzi potrei dire tutti i giorni, ci sono casi di violenza più o meno

espliciti, soprattutto quando non c’è l’insegnante, ma nessuno dei ragazzi della classe

sembra ribellarsi a ciò, anzi, anche chi è spesso il bersaglio delle “botte” tace, forse per

paura. Desirè non da’ molta importanza alle “botte” che da’ ed a quelle che prende (anche

se poche!); è come se picchiarsi fosse “normale”, come se per giocare non ci fosse altro

modo che prendere qualcuno di mira. Desirè è sicuramente l’anello forte della classe, gira

tutto intorno a lei, tutti cercano la sua approvazione.

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno: Carlo

Carlo gioca con le figurine dei calciatori con i suoi compagni. La prof. fa ascoltare una

canzone di A. Branduardi, “Piccola canzone dei contrari”, una canzone che l’autore dedica

ad una donna che ama. Carlo tiene il tempo con la testa, non riesce a stare fermo, batte

anche le mani.

Poi l’insegnante fa individuare ai ragazzi gli opposti che vengono nominati nella canzone:

bianco/nero, alto/basso, pace/guerra, sano/malato, vino/pane, verde/rosso, vero/bugiardo,

fermo/animato, tutto/nulla, donna/fanciulla, bello/brutto, uovo/gallina, lepre/lumaca. Carlo

partecipa molto.

La prof. li fa ora ragionare su quello che per loro potrebbe essere il significato della

canzone, ne viene fuori che “l’amore tra due persone riesce a far tutto”, “ad equilibrare i

contrasti”, “a trovare la giusta via di mezzo”.

Ascoltiamo la canzone battendo le mani per tenere il ritmo e Carlo segnala

spontaneamente con un battito di mani più accentuato degli altri dove si trova l’accento

forte del ritmo (ogni quarto).

12:00-14:00 materia: lettere (geog-narrativa) classe: II alunno: Carlo

La prof. detta un avviso relativo al campo scuola e Carlo scrive aiutato da Emilio che

sbircia cosa scrive e lo corregge se sbaglia.

La prof. spiega alla classe come vuole procedere per lo studio dell’Europa. Vuole

assegnare ad ognuno di loro uno o più Stati, loro dovranno preparare una ricerca su la

parte assegnatagli e poi dovranno spiegarla alla classe. La ricerca consiste anche nel

cercare informazioni sulla cultura, sulle tradizioni, sulla cucina, sulla musica, e portare

delle foto del paese in questione.

Carlo dice: “Io voglio fare l’Ingliterra!” e tutti ridono, anche lui accortosi dell’errore.

La prof. gli dice che lui farà la Romania, Lory (la ragazza che si vergogna di essere

albanese) l’Albania. Carlo si gira e le fa un “gestaccio”. La prof. lo riprende e gli chiede

perché lo ha fatto e lui: “Perché lei non parla mai dell’Albania”, e lei gli risponde: “Non è

vero, con me ne parla!”. Giorgio afferma: “Ma la Romania non fa parte dell’Europa!” e la

prof. gli spiega che lui si confonde con l’Unione Europea, che la Romania non fa parte

ancora dell’Unione Europea (forse ne farà parte nel 2004), ma fa parte dell’Europa

geografica.

Carlo dovrà fare la ricerca sulla Romania, la Bulgaria e la Moldavia.

Carlo protesta con la prof. perché Giorgio prende in giro i suoi genitori e lei lo

rimprovera.

Si passa ora alla narrativa, al libro sul razzismo (pag.17-18). Nel libro si parla in queste

pagine dell’incontro di due famiglie, una famiglia marocchina invita a casa propria un’altra

francese e si ritrovano entrambe a mangiare del cuscus. Da ciò parte una lunga

conversazione su varie cucine (cinese, giapponese, inglese, francese, tedesca, ecc.) e i

ragazzi espongono le loro preferenze in fatto di piatti stranieri.

Alla fine della lettura la conclusione alla quale si arriva è che “per poter non aver paura

bisogna conoscersi”, “invitarci l’uno con l’altro”.

14:00-14:30 (pausa pranzo)

Incontro Lina che mi chiede prima di tutto come sta il mio cane e poi: “Hai visto mia

madre, è venuta a scuola?”. L’avevo vista, ma non aveva immaginato che era la sua

mamma, era venuta a prenderle lo zaino, così più tardi sarebbe potuta tornare a casa senza

peso. È una signora alta con i capelli rosso scuro, robusta e con gli occhi azzurri. Chiedo

se la mamma poi aveva preso la sua pagella, Lina mi dice di si e che aveva tutti sufficiente

e buono. Le faccio i complimenti e le chiedo se la mamma e il papà erano rimasti contenti.

Lei mi dice di si e mi fa vedere una maglia e il giacchetto nuovo che le aveva regalato il

papà, precisandomi il prezzo, rispettivamente 7 e 20 euro.

27.02.2002

10:00-11:00 materia: lettere classe: I alunno: Lina

Lina oggi è assente, questo un po’ mi stupisce, lei non si era mai assentata, ma non chiedo

nulla. Entro in classe, ma c’è una strana aria...

La prof. dice ad Alessio, che siede vicino a Desirè, di cambiare posto. Desirè non c’è, è in

bagno. Quando rientra subito si “scalda” per il cambiamento e dice: “Da quando ho fatto

quella cosa, non po’ sta più nessuno vicino a me? Oh, ma fate come cazzo ve pare” e

aggiunge: “Dovrò menà pure alle prof.!”.

La prof. le dice: “Non stiamo esagerando!” e Desirè: “No! Tanto oggi viè mi’ madre. Mi’

madre vole pure la madre di Lina!”.

Continuo a non capire, doveva essere successo qualcosa nei giorni precedenti.

La prof. fa prendere ai ragazzi il libro di geografia per ripassare e per fare poi la verifica

sulla Toscana.

Poi cerca il suo libro nell’armadio, ma non lo trova e Alex le dice: “Ce l’ha Lina!”.

Mentre tutti ripassano, le chiedo che cosa è successo con Desirè e lei: “Ce n’è sempre una

con Desirè, non so più cosa fare. Ha rimenato a Lina!”.

Le chiedo di spiegarmi cosa era successo precisamente. Lei mi racconta che tutto era

successo il giorno prima e che era già da un po’ che le due ragazze avevano dei problemi

(Desirè qualche tempo fa l’aveva schiaffeggiata). Lina era seduta accanto a Desirè.

“Sedendole accanto cercava - mi racconta la prof. - di appianare le divergenze”, poi Desirè

l’aveva offesa o infastidita in qualche modo (la prof. non mi ha saputo dire come) e Lina le

aveva detto: “Mortacci tuoi!”. Si era alzata ed era uscita dalla classe, ma Desirè l’aveva

rincorsa per il corridoio, l’aveva strattonata e spinta e proprio una di quelle spinte, più

forte della precedenti, le aveva fatto perdere l’equilibrio e l’aveva fatta cadere. Nella

caduta aveva sbattuto la testa ad un muretto, subito le se era gonfiata, arrossato l’occhio e

lei si lamentava di non vedere bene.

Immediatamente era stato chiamato il vicepreside e tutti cercavano di calmare Desirè che

non faceva che dire: “Tornatene in Romania, zozza romena!” - e ancora - “Da quando sei

entrata qui dentro t’ho sempre odiato!”, “La odio dal primo giorno che l’ho vista”.

La prof. mi dice che non si era affatto pentita per come si era comportata e che pretendeva

e pretende tutt’oggi di avere ragione.

Desirè colpisce sempre i più deboli della classe (Lina, Carlos, ecc.), deve in qualche modo

sfogare la sua rabbia e basta poco per farla esplodere, una parola in più, un insulto, che

diventa incontrollabile e subito usa la violenza.

Chiedo alla prof. cosa pensa la mamma di Desirè dei comportamenti della figlia e lei mi

racconta che la mamma è una bravissima persona da poco uscita dalla droga e che ha

molto sofferto. Lei non conosce la figlia, perché per molto tempo non ha potuto crescerla,

stando in comunità; sono vissute lontane e forse non si rende ancora conto della gravità

dello stato psichico della figlia, del suo disadattamento, della rabbia che Desirè ha dentro;

o forse se ne rende conto, ma non sa cosa fare, non sa come prenderla.

Ad un certo punto entra un ragazzo di un’altra classe, si avvicina a Desirè e le dice

qualcosa che non capisco, ma capisco cosa lei gli risponde: “Se voi ce penso io, je meno

come a Lina?”, l’insegnante subito mi dice: “Vedi come c’è da fare a botte chiamano lei!”.

Desirè è un leader nella sua classe e nella sua scuola, ma un leader “negativo”. La sua

forza è nella violenza, nel timore che incute a tutti, lei si fa giustizia da sola, si fa rispettare

con le minacce.

In II un ragazzo la chiama la “malata”, per le sue reazioni violente, per la sua

imprevedibilità.

Quando parla con i prof. il suo è sempre uno sguardo di sfida, ma in realtà, secondo me, è

più uno sguardo pieno d’odio.

Un odio dovuto al suo passato, alla sofferenza, ai vuoti della sua vita. Sicuramente avrà

molto influito la mancanza di sua madre ed ora, dopo tanto tempo, si trova a dover creare

un rapporto con una persona che ha tanto desiderato, ma che non conosce.

Come la prof. si allontana un attimo dalla classe lei esclama: “Se dice qualcosa a mi’

madre, come torna (Lina), l’ammazzo!”. Nota che l’ho ascoltata, ma non mi dice nulla.

Non inveisce mai contro di me, anzi spesso sorridiamo insieme del suo modo “volgare” di

esprimersi.

Quando mi guarda i suoi occhi hanno una luce diversa, non c’è sfida, non mi vede come

una minaccia, ascolta quando le dico quello che penso su come si comporta, anche se sono

parole vane.

Oggi le stanno tutti un po’ lontani. È come se li avesse spaventati un po’ troppo, ma

sembra non importarle.

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno: Carlo

Carlo è assente.

06.03.2002

10:00-11:00 materia: lettere classe: I alunno: Lina

Oggi la I è fuori, sono andati al cinema a vedere “Il Signore degli Anelli”. Passo l’ora

nell’aula d’informatica a parlare un po’ con l’insegnante di sostegno della classe. Mi parla

un po’ di Lina, mi dice: “È una ragazzina molto fantasiosa, non dare sempre molta

importanza a quello che dice!”.

Poi le domando come era andato l’incontro tra Lina e Desirè dopo l’incidente e lei mi dice

che era tutto tornato normale, che tra bambini queste cose posso succedere, che loro poi

dimenticano presto e che però bisogna comunque stare molto attenti, perché tali incidenti

potrebbero portare conseguenze più serie.

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno: Carlo

Emilio, Giorgio e Manuele giocano con le figurine dei calciatori e non sono affatto

interessati alla lezione; la prof. li riprende spesso senza risultati.

Poi gli fa ascoltare una canzone che loro conoscono di Franco Trincale su Maradona;

Carlo si ricorda la musica, Emilio, appassionato di calcio, le parole.

Quando l’insegnante mette la cassetta, tutti la cantano, stanno ad ascoltare e partecipano.

Carlo tiene il tempo prima sbattendo la penna sul tavolo, poi battendo il piede.

Manuele dice: “Professore’ metti “Colapisci”?”. Manuele si alza senza chiedere il

permesso e mentre la prof. tenta di spiegare passeggia per la classe.

La prof. fa leggere alla classe un articolo pubblicato sul “Corriere della Sera” (del 5

marzo) proprio su Franco Trincale. L’articolo parla in particolare di una ballata di questo

cantastorie e cioè di quella su Berlusconi, intitolata “Il picconatore”. Quello che

l’insegnante cerca di fargli capire è “come la musica di un cantastorie che canta per le

strade di Milano possa spaventare anche i potenti”.

Roberto legge una parte dell’articolo, e subito Giorgio lo prende in giro per il suo modo

un po’ lento di leggere e dice: “Guarda che s’è fatto già mezzogiorno!”.

Giorgio comincia ad infastidire Carlo, lo prende per il collo. Quando la prof. li separa,

Giorgio le dice: “Vòi le botte!?”; contemporaneamente Emilio si alza dal suo banco, va

allo stereo, lo accende e alza il volume.

La prof., stanca di riprenderli continuamente e non riuscendo a fare lezione per le continue

interruzioni, mette la nota ad entrambi e Giorgio la insulta dicendo: “Perché non te tagli i

capelli, che in testa ciai un casco de banane?!”.

Disperata esce dalla classe per andare a chiamare la vicepreside. Giorgio esclama: “Sta a

arriva’ la piccoletta!”, “Ha chiamato la nana!”. Ripetono, più volte, una frase che, a sentir

loro, viene spesso detta dalla vicepreside: “Mi guardi in faccia quando parlo!”.

L’insegnante rientra in classe da sola; non so se veramente sia andata dalla vicepreside o se

lo ha detto solo per spaventarli, comunque non c’è riuscita e tutti continuano con il loro

menefreghismo.

Quando riprende di nuovo Giorgio, lui, molto scocciato, esclama: “Ma che vòi?” e le “fa il

verso”.

L’insegnante fa sentire la ballata “Il picconatore” di Franco Trincale ed Emilio, Giorgio e

Manuele reclamano perché non la vogliono ascoltare. Chiacchierano tra loro, non

interessandosi a quello che la prof. gli dice e gli spiega e Giorgio passeggia nella classe.

Distrae Carlo, gli si siede accanto e gli parla, gli chiede di raccontargli delle barzellette e

lui non si fa pregare.

L’insegnante gli fa sentire la canzone su Marta Russo, anche i più terribili si calmano e si

fermano ad ascoltare, tutti riconoscono la voce di Mauro Geraci e sono contenti di

riconoscerlo.

Al suono della campanella la classe si alza ed esce dall’aula, incurante del fatto che la prof.

non ha dato il consenso.

(II Ricreazione 11:50-12:00) Emilio discute con due ragazze della sua classe, si scambiano

“pizze”, l’insegnante interviene per separarli e lui, per la rabbia, sposta un banco e prende

a calci lo zaino di una delle ragazze.

La prof. gli dice: “Guarda che chiamo tua madre!” e lui: “E chiamala!”.

12:00-13:50 materia: lettere (geogr-narrativa.) classe: II alunno: Carlo

Oggi al posto di una semplice lezione di geografia, la prof. fa scrivere alla classe parte del

testo di una canzone rumena degli L.A., della quale avevano già scritto i primi due versi

qualche tempo fa.

Roberto esclama: “Ma oggi non c’è geografia?” e la prof. gli risponde: “Anche questa è

geografia?”.

La prof., in quella occasione, aveva dato a Carlo, come compito per le vacanze di

febbraio, di scriverle il testo di tutta la canzone, ma dopo quasi un mese lui non lo ha

ancora fatto. Lei aveva il testo datole da Lina, che lo aveva scritto senza che la prof. le

chiedesse niente.

Le dico: “Lina ha proprio una bella calligrafia!” e lei: “Tutti ce l’hanno, a scuola (in

Romania) ci tengono molto, gli insegnano proprio a scrivere così”.

Il testo (non tutto, manca una strofa; la classe ha scritto però, per ora, solo il ritornello e la

prima strofa, mentre io mi sono scritta anche la seconda e la terza, la mancante quarta ho

chiesto ad Lina di portarmela) della canzone, intitolata “OCHI TA�I”, è il seguente:

R: OCHI TA�I MI-AMINTESC C�T DE MULT NE IUBE�AM

S�I CUM CA DOI COPII �N BRAT�E NE STR�NGEAM

MI-AMINTESC C�ND �MI SPUNEAI CA� MA� IUBESTI

DAR NU-NT�ELEG CUM DE CE MA� PA�RA�SESTI

TRA�IESC� �NCONJURAT DOAR DE OAMENI RA�I

S�I TOT CE ME-AMINTESC ACUM SUNT OCHI TA�I

1)

EU TE-AM IUBIT PREA MULT

DAR PENTREI TINE NA CONTAT

AI PLECAT DIN V�ATA MEA SI DEA TUNCI A URMAT

NAPT�I NE DORMITE SI PLINE DE DURERE

IN CARE-ACUM AMINTIREA MI-ESTE CEA MAI MARE-AVERE

INIMA �N MINE PLANGE DE DORUL TA�U

SI NIMENI NA SA� TE IUBEASCA� CUM TE-AM IUBIT EU

2)

OCHI TA�I MI AMINTESC �N FIECARE NOAPTE

A�S� DA S�I DUNA DI PE CER CA SO TE SIMT� MEREU APROAPE

A�I FOST TOTUL PT MINE FARO� TINE MI-ESTE GREU

AI LO�SOT MULTA� DOVERE EN SUPLITUL MUI

S�I� ORICA�T AS� INCERCA SO� ERED CO� NUTE MOI IUBESC

CA�NDUL MI-ESTI DOAR DI TINE MI-AMINTESC

3)

�MI ESTE-AT�T DE DOO DE TINE DE FINETEA MEA DE FOTO�

AS� DA ORICE �N LUMREA ASTO SA� TE MAI STRNG LA PUPT

ADOTO�

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Mentre Carlo scrive alla lavagna le parole della canzone, i suoi compagni non fanno altro

che chiedergli: “Che c’è scritto lì? E lì?”. Per loro quell’insieme di lettere e parole non

hanno alcun significato e perciò si fanno venire mille dubbi su ciò che è scritto sulla

lavagna: “Ma quella e una “e” o una “i”, ecc.”. Lory esclama: “Meno male che l’albanese

io non lo so’ scrive’!?”.

Forse solo così potranno capire com’è difficile imparare a scrivere una lingua che non è

quella del proprio Paese. Se si fermeranno a riflettere, potranno forse anche immaginare

quali furono e quali sono, anche se molto diminuite, grazie alla buona volontà, le difficoltà

che Carlo ha dovuto affrontare e affronta tutt’oggi per scrivere in italiano (credo che

proprio questo sia il primo degli scopi dell’insegnante).

La prof. poi chiede a Carlo di tradurre almeno il ritornello per far capire ai suoi compagni

cosa canteranno, e lui tra “mm... come si dice” e “non mi ricordo” riesce nel suo compito:

R. GLI OCCHI TUOI MI RICORDANIELEO QUANTO CI AMAVAMO

E COME DEI BAMBINI ABBRACCIATI CI STRINGIAMO

MI RICORDO QUANDO MI DICEVI CHE MI AMAVI TANTO

MA NON CAPISCO ADESSO PERCHE’ MI LASCI

VIVO CIRCONDATO SOLTANTO DA UOMINI CATTIVI

E TUTTO QUELLO CHE MI RICORDO SONO GLI OCCHI TUOI

L’insegnante fa ascoltare la canzone e tutti provano a cantarla con difficoltà sia a

pronunciare le parole sia a seguire la musica che risulta essere molto veloce, infatti questa

canzone viene classificata nella musica “rap”.

Per cercare di migliorare la pronuncia, ognuno legge i primi due versi e Carlo lo corregge.

Emilio allora esclama: “Professore’ vòi che così stavolta sia Carlo a ridere?”, facendo

riferimento al fatto che spesso quando Carlo legge qualcosa in classe sbagliando degli

accenti, tutti ridono di lui e secondo Emilio questa volta sarebbe stato Carlo a ridere dei

loro errori di pronuncia.

Credo che questo sia il secondo scopo della lezione di oggi e cioè, in qualche modo,

capovolgere le parti e far sentire tutta la classe “straniera”.

Emilio legge il primo verso e Carlo lo corregge due volte, la seconda lettura è corretta.

Poi dopo di lui fanno lo stesso anche gli altri.

A Carlo rompono il portachiavi, lui si arrabbia e non vuole più cantare, non vuole più

correggere nessuno.

Manuele, che viene accusato da Carlo del danno, si difende offendendo: “A’ cosetto

buffo!...A spastico!...Sto romeno de merda!”.

Si passa all’ora di narrativa, siamo alla pag.18 del libro di T. B. Jelloun e precisamente

dove l’autore parla di Montaigne e della sua teoria dell’imparare ad osservare le

differenze. L’insegnante di lettere fa notare ai ragazzi come anche il linguaggio dei gesti

sia diverso da un paese all’altro e racconta che in Giappone, per esempio, è sconveniente

soffiarsi il naso. Lei ha molti amici giapponesi e questi non si soffiano il naso, ma “tirano

su”.

Su diversi argomenti ci si ferma e si riflette. Ad esempio la parola “pulsione” (“andare

verso”), il “controllare le pulsioni” e da questa alla parola “repulsione” (respingere

qualcuno o qualcosa).

Arriviamo a leggere fino a pag.21, al termine della lettura la prof. gli chiede cosa li ha

interessati di più e loro rispondono il concetto di “ghetto”.

Sul libro si legge: <La parola ghetto è il nome di un’isoletta di fronte a Venezia, in Italia.

Nel 1516, gli ebrei di Venezia furono riuniti su quell’isola, separati dalle altre comunità. Il

ghetto è una forma di prigione. In ogni caso è una discriminazione>( pag.21).

Alberto conclude dicendo: “Quindi il ghetto è una prigione dove venivano radunati gli

ebrei?”, la prof. gli spiega che il termine ghetto nasce dall’isola veneta di cui parla anche

l’autore del libro, ma che poi il concetto si è esteso fino a significare ogni luogo di

separazione. Gli fa l’esempio che se nella loro scuola ci fosse una classe formata da solo

ragazzi rom, quella sarebbe una classe “ghetto” e Emilio commenta: “Saremmo razzisti!”.

14:00-14:30 (pausa pranzo)

Dal momento che oggi la prima era fuori per la gita, ho deciso, anche se non c’era il

laboratorio, di fermarmi il pomeriggio per riguadagnare il tempo non trascorso con Lina,

durante la mattina.

Come mi vede mi abbraccia, mi bacia e mi aggiorna sulle condizioni dei suoi criceti: la

femmina è incinta. È molto felice e mi dice che quando nasceranno, me ne vuole regalare

uno; io le dico che ho già il cane e che non posso tenere altri animali, ma non sembra

importarle.

Poi mi racconta che da una settimana è arrivata in Italia sua cugina (sorella del cugino,

questi due ragazzi non sono figli dello zio che vive con lei, ma figli di una sua sorella), che

ha 23 anni e che ha intenzione di rimanere per tre mesi. Mi racconta, rispondendo alle mie

domande, che lei vivrà a casa con loro e dormirà a letto con il cugino. Le domando allora

dove dormirà suo padre e lei mi risponde che lui ora dorme in un lettino che la mattina

richiude e ripone.

Lei mi dice: “Lei però non ha voglia di fare niente. Non vuole lavorare, quella! Mio zio le

ha detto di pulire almeno la casa, ma lei non vuole fare le pulizie!”.

Poi aggiunge: “Non conosce niente d’italiano, dice solo “avanti” e “indietro”, le ho detto:

- Guarda la televisione, come ho fatto io, se vuoi ti scrivo delle parole - come faceva

mamma con me, così io ho imparato, ma lei niente. Mi viene sempre dietro e mi dice come

si dice questo, come si dice quello...”. Io le dico di avere pazienza e di aiutarla, ma lei è un

po’ infastidita dalla nuova arrivata.

Andiamo in classe, mi siedo vicino a lei. Mi fa subito spazio. Poi le ricordo la promessa di

aiuto per la mia ricerca sulla Romania (disegni, foto, racconto di ricordi), mi chiede scusa

per non aver mantenuto il patto; io, al contrario, l’ho mantenuto e le ho portato una foto

di Leonardo e una foto di un cerbiatto (per la sua agenda trasformata in “libro degli

animali”). Il nostro è una sorta di scambio: lei mi aiuta nella mia ricerca con disegni, ma

soprattutto con i suoi ricordi ed io le porto tutto quello che trovo su Leonardo Di Caprio e

foto di animali. Mi ringrazia con un forte abbraccio.

Le chiedo poi come va la testa e di farmi vedere dove si era fatta male e lei me lo indica.

Quando poi le chiedo cosa è successo mi risponde: “È stata Desirè, la solita!!”.

Poi le domando com’è successo e lei non me lo sa spiegare; mi dice che i compagni le

hanno detto qualcosa, lei si è arrabbiata e se l’è presa con lei. Ma la sua spiegazione è

vaga, non chiara, si mangia le parole nel parlarmi.

“È tutto chiarito,? Avete fatto pace?”, lei mi dice di sì, ma non ne è affatto convinta.

Poi mi fa vedere il diario con le foto di Leonardo, si sofferma su una di queste e mi dice

con tono di rammarico: “Questa me l’ha data Desirè!”. La mia sensazione è che lei sia

dispiaciuta di come siano andate le cose e di non riuscire ad essere del tutto amica di

Desirè.

Passa tutto il tempo a scrivere o meglio a scarabocchiare un pezzo di carta ed è molto

silenziosa. Manuele e Giorgio cominciano ad infastidirla. Le spostano il banco sul quale lei

sta scrivendo, lei (aggrappandosi al banco) lo riavvicina a sé e ciò avviene una decina di

volte. Loro ridono e si divertono; lei non si arrende, Lina è molto cocciuta e continua a

scrivere malgrado le difficoltà. Io non intervengo, mi limito ad osservare le sue reazioni.

Interviene un’insegnante e, stranamente, invece di rimproverare i “disturbatori”, dice ad

Lina di smetterla di ostinarsi, visto che loro continuano. Le toglie il foglio sul quale lei sta

scarabocchiando e le dice di seguire quello che la classe sta facendo.

Lei smette, ma si vede che è molto contrariata e secondo me avrebbe voluto piangere, ma

trattiene le lacrime.

Alla fine della lezione le regalo dei pennarelli (lei non li ha, mi aveva detto che li doveva

comprare, ma non lo ha mai fatto) e le dico che così potrà mantenere la sua promessa e

farmi dei bellissimi disegni a colori. Lei mi dice che me li avrebbe riportati mercoledì

prossimo, quando io sarei tornata a scuola, ma io le dico che sono un regalo e così, per

ringraziarmi, mi abbraccia di nuovo. Poi, visto che è suonata la campanella, mi saluta e va

via.

13.03.2002

Oggi ho deciso di non andare più in III . Arrivo a scuola alla solita ora: 8:30. Tutte le

classi le trovo fuori in cortile. Una ragazza (Elena, della III) mi dice che, siccome le bidelle

hanno sbagliato con le circolari, anche loro, come altre classi, sarebbero dovuti entrare alle

11 per una riunione sindacale, ma che non erano stati avvertiti e così dovevano aspettare

per entrare e non potevano neanche tornare a casa perché le famiglie non erano state

informate. Mi avvicino ad un assistente dei ragazzi handicappati e le chiedo cosa è

successo; lei, a bassa voce, per non spaventare i ragazzi, mi dice che avevano telefonato

dicendo che c’era una bomba nella scuola.

Ma in realtà anche i ragazzi, almeno la maggior parte, sapevano già tutto. Molto

probabilmente sarà stato proprio uno di loro o un loro amico a fare la telefonata, nella

quale si diceva anche che la bomba sarebbe scoppiata alle 11 (stessa ora d’entrata delle

altre classi). Qualcuno forse indispettito dal fatto che alcuni avrebbero saltato le prime ore,

aveva deciso di far entrare tutti alla stessa ora. Comunque, prima di far entrare le classi,

sono stati chiamati i carabinieri che, fatti i dovuti controlli, hanno poi permesso a tutti di

entrare alle 9.

Essendo arrivata comunque troppo presto, decido di andare al terzo piano (dove sono i

ragazzi handicappati e i loro assistenti) a far compagnia a Carlos, che essendo stato

assente il giorno precedente non sapeva che la sua classe sarebbe entrata alle 11.

Carlos mi parla della sua famiglia: della sua mamma che fa le pulizie, di suo padre che

pulisce le scale e di suo fratello che si chiama Jan, è più grande di lui e va ad una scuola

spagnola. Lui mi dice che gli piace tanto la scuola e che in Perù non ci andava (poi la prof.

di lettere mi ha detto che andava ad una scuola speciale). Mi fa un disegno e me lo regala e

mi regala anche una cassetta della musica del suo paese. Lui porta sempre con sé le sue

cassette e, quando può, anche il Walkman; adora la musica, soprattutto quella peruviana.

Lui parla un misto d’italiano e spagnolo, ma molte parole le modifica a modo suo ed è

difficile capirlo.

Dove siamo noi ci sono anche Milena (I), Alessandro (di un’altra classe) e Renzo (I). Poco

dopo arriva il papà di Renzo che era venuto per spiegare alle assistenti come mettere il

figlio su una specie di seggiolone che lo teneva però in piedi.

Gli altri ragazzi non hanno mai tolto gli occhi di dosso a quest’uomo che non faceva che

coccolare, baciare, accarezzare e parlare dolcemente con il suo “Ciccio” (così lo

chiamava). Alessandro non faceva che dire: “Iiiiii il papà di Lollo” e Carlos mi chiedeva in

continuazione se era il papà di Renzo.

Carlos poi mi guardava e diceva: “È buono il papà di Renzo!” ed io: “Tutti i papà sono

buoni” e lui: “Il mio, no!”- io - “E la tua mamma?” - lui - “lei è buona!”. Poi parlando con

un’insegnante di sostegno, lei mi dice che Carlos ha il papà molto severo.

11:00-13:00 materia: lettere (storia) classe: I alunno: Lina

Accompagno in classe Carlos e Aldo come lo vede entrare, gli viene incontro e lo prende a

“cazzotti” (come se gli avesse detto buongiorno!).

Lina arriva con 5 min. di ritardo, si è tagliata i capelli, è molto carina com’è vestita, molto

femminile, ha anche degli orecchini con i ciondoli. Siede accanto a Cristiano e legge sul

suo libro.

Entra un ragazzo di un’altra classe e Desirè: “Se te pio t’ammazzo!”.

Desirè si è fatta i colpi di sole, ma ha sempre i capelli tirati e legati con il mollettone, veste

sempre in tuta (sembra un maschio!).

Lina segue la lettura, lei e Desirè si guardano a malapena. Lina mi sembra triste.

Desirè sbuffa e mi dice: “Non mi va de’ fà niente!”

Quando arriva Renzo in classe Lina gli sorride e, per salutarlo, gli prende la mano. Lina

gioca, scherza e ride con Cristiano. Comincia a leggere Desirè, legge molto bene, è la più

brava nella classe.

Guardo sul registro e vedo che in I ci sono: 6 rom ( che non vengono sempre e mai tutti

insieme) e 3 handicappati. In classe sono presenti quasi sempre 8 ragazzi. Continuo a

leggere e alle note del 11/03/2002 leggo: “Alex sbatte al muro la compagna Q.”. Lo faccio

vedere a Desirè che mi dice: “Stavorta non so’ stata io!”.

Lina fa vedere i suoi braccialetti ad Alex che le dice: “Che bello questo!” (indicandone uno

in particolare), Lina gli dice: “Tienilo!”- e lui - “No, è da donna!”, poi glielo ridà.

Comincia a leggere Cristiano e Desirè commenta: “Questo legge come ‘na lumaca!”.

Suona la II ricreazione; Lina non fa merenda, ma la regala ad Alex. Poi viene da me e mi

dà un foglio della sua agenda con su scritto una specie di indice del lavoro che vuole fare

per me sulla Romania e in più mi dice che poi mi porterà delle foto della Romania che sta

aspettando.

Nel frattempo la prof. sta parlando in disparte con Alex.

Poi la prof. mi racconta che le è stato detto che in Romania il regime esistente ora aveva

perseguitato i rom e li aveva costretti a vivere in appartamenti e non più nei campi. Il suo

sospetto era che la famiglia di Lina appartenesse a questi rom e che, arrivati in Italia,

avessero proseguito a vivere in un appartamento.

Mi riporta poi uno strano racconto di Lina che un giorno le aveva detto che, una sera, lo

zio l’aveva cacciata dal letto dove lei dormiva con la mamma e la mattina, quando si era

alzata, aveva visto la madre sporca di sangue; lei poi aveva fatto cadere il discorso, non le

aveva dato tanta importanza agli occhi di Lina. La prof. ha dei dubbi sul ruolo di questo

zio e mi chiede cosa so sul padre; le racconto che vive con loro e lavora fuori Roma, ma

che la sera torna a casa.

Ricomincia la lezione, ma nell’aria c’è qualcosa. Desirè ha discusso con Alex (suo cugino,

o almeno loro a me hanno raccontato così, anche se la prof. non me lo conferma, anzi mi

dice che non è vero). Lui oggi le sta lontano, come un po’ tutti.

Desirè gli dice: “A me me stai sul cazzo quanno fai così, quanno davanti me fai ‘na faccia

e dietro n’antra!”. Simone, l’unico un po’ più vicino a Desirè (credo che gli piaccia! Anzi

ne sono sicura), sorride e Desirè gli dice: “Voio vede’ che te ridi quando vedrai er

sangue!”, “L’ammazzo quello!” e ancora “Poi se je metto le mani addosso a quello, guai a

chi me ferma!”.

Alex siede accanto ad Lina e si comporta come se fossero sempre stati grandi amici; è

molto strano che si sia avvicinato a lei proprio adesso, forse vuole far ingelosire Desirè;

forse vuole farla arrabbiare dal momento che lei non nutre molta simpatia per Lina.

Desirè si siede vicino a me alla cattedra e tutti la fissano, non le staccano mai gli occhi di

dosso.

Milena guarda Desirè e le fa cenno con la testa e Desirè la manda a quel paese con tanto di

braccio.

Alex parla con Lina e le dice: “Io non c’ho paura!”.

Lina forse si è vestita bene per lui (o forse per un altro motivo di cui parleremo più tardi),

fa cenno di legarsi i capelli e gli chiede come sta e lui le dice: “meglio sciolti” e lei, che da

quando la conosco porta i capelli legati, li scioglie. Alex fa i complimenti ad Lina per come

è vestita; è la prima volta che la vedo senza tuta, con pantaloni e camicetta alla moda.

Lina poi chiede a Desirè se è arrabbiata con lei, ma lei le risponde che ce l’ha con Alessio.

Desirè continua a fare dei gestacci a Milena, che la guarda solamente e al gesto “ti taglio la

gola”, Milena alza le spalle come per dire “non importa”.

La prof. poi dedica un po’ di tempo ai chiarimenti tra Desirè ed Alex. Tutto era iniziato

(pare!) dal fatto che Alex aveva scritto su un foglio “Desirè mignotta” ed aveva dato la

colpa poi a Simone. Lei poi aveva scoperto la verità sull’autore della scritta e, in più, che

lui le parlava male alle spalle.

Simone offre una caramella a Desirè e, stranamente, contemporaneamente Alex ne offre

una ad Lina.

Alex cerca di discolparsi dicendo che non era vero che lui parlava male di lei, ma tutti lo

confermano e Aldo aggiunge: “Ma se l’altro giorno hai detto ad Lina di lasciar perdere

Desirè che la portava sulla cattiva strada e che non potranno mai essere amiche!” e lui si

difende dicendo che l’aveva detto la prof.

L’insegnante spiega ad Alex che forse lui ha travisato le sue parole e che lei aveva cercato

di far capire ad Lina che non doveva cercare di imitare Desirè in tutto quello che faceva

(infatti Lina l’imitava nel vestire fino a poco tempo fa, sempre in tuta e con i capelli legati;

forse aveva cambiato il suo look dopo il suggerimento della prof. e non per piacere di

Alex, come avevo supposto prima) e che era giusto che lei si facesse conoscere per come

era realmente, senza voler per forza somigliare a qualcun altro.

Aldo s’intromette e dice: “Se qua c’è qualcuno che vuole imitare Desirè, quello sei tu!”.

La prof. vuole che Alex ripeta alla classe cosa si erano detti a ricreazione, ma Alex non se

lo ricorda. Allora lei lo ridice a tutti. Gli aveva detto che l’altro giorno, quando lui era

stato assente, erano stati molto bene, erano riusciti a fare una bella lezione senza liti e

discussioni. Gli dice che il suo modo di fare (definito da “radio serva”) non faceva che

creare tensioni, discussioni, motivi di vendette varie. Doveva cercare di trattenersi dal fare

“inutili chiacchiere”, che non facevano altro che mettere gli uni contro gli altri.

Finisce l’ora e, mancando la prof. di musica, la classe deve essere smistata nelle varie

classi.

Mentre mi avvio per andare a mangiare il mio pranzo, faccio un pezzo di strada con la

prof., che mi racconta altri fatti con Alex protagonista.

La stessa mattina aveva telefonato a casa di Sandra dicendo alla mamma che Sandra non

era andata a scuola. Poiché aveva già fatto “sega” altre volte, la mamma preoccupata

aveva telefonato a scuola e si era fatta passare la sorella che frequenta la III per avere la

conferma.

Qualche giorno fa invece aveva scritto, insieme ad altri suoi compagni, un avviso sul

quaderno di Milena, facendo anche la firma falsa della prof., chiedendo alla nonna di

Milena (lei ha solo la nonna e il nonno) di telefonare al numero scritto poiché la prof. le

doveva parlare, ed avevano scritto il numero del cellulare della mamma di Lina. La nonna

aveva chiamato, scambiando la mamma di Lina per l’insegnante, creando fraintendimenti,

disturbo e arrabbiature inutili.

La prof. mi dice che Alex è un ragazzo molto immaturo, uno con cui non si riesce a

parlare perché tira su un muro e non ascolta, a differenza di Desirè che, malgrado i suoi

problemi e il suo carattere, non si rifiuta di comunicare. Lei crede che sia anche il numero

dei ragazzi della classe a creare tanti problemi, sono troppo pochi: “non c’è scelta - mi

dice - guarda Desirè! Quello lo esclude perché è rom, quello perché è straniero ed ecco

che la scelta è sempre più ridotta. Quando con colui che hai scelto non vai d’accordo, non

hai nessun altro con cui legare”.

Mi racconta che Alex chiacchiera tanto, cerca di formare coppie, mette in giro voci, fa la

spia e tutto questo non fa che creare problemi ed ecco che se tocchi Desirè lei cerca la

vendetta, la liti e spesso arriva alle mani.

14:00-15:00 (pausa pranzo)

Escono dalla mensa come “valanghe”; la prof. di francese non vuole che stiano fuori;

infatti mancano le insegnanti e lei non li può guardare perché deve stare a mensa. Poco

dopo sento la voce di Desirè che grida: “Ma c’è Federica, ce guarda lei!”. Escono di

nuovo e Desirè mi urla: “Ce guardi?”, faccio cenno alla prof. che ci avrei pensato io e,

dopo aver chiuso il libro, che nell’attesa stavo leggendo, mi avvicino a loro che stavano

giocando a pallavolo e Desirè mi dice: “Giochi pure te!”. Al mio assenso, abbiamo

cominciato a giocare tra bestemmie, parolacce, cazzotti e schiaffi quasi interamente dette e

dati da Desirè.

Giocavano tutti insieme e solo Carlos era escluso. Era come se tutti avessero fatto pace,

allora faccio la stessa domanda ad Alex: “Hai fatto pace con Desirè?” e lui: “Si!”, faccio la

stessa domanda a Desirè: “Hai fatto pace con Alex?” e lei: “No!”, ma sembrava proprio il

contrario.

Desirè è così: litiga, discute, ma poi dimentica presto e presto perdona.

Al rientro in classe hanno cominciato a colorare delle fotocopie. Tutti chiamavano Lina,

tutti la volevano vicina, finalmente era lei stavolta ad avere tutte le attenzioni e il motivo

era semplice: i suoi colori (pennarelli).

Cristiano dice: “Che belli questi colori?” e Sandra: “Dove li hai comprati?”, Lina mi

guarda, io le sorrido e le faccio l’occhietto e lei, rispondendo al mio sorriso, dice: “Me li

ha comprati mia madre, non so dove!”. Con uno sguardo avevamo fatto un patto, lei

aveva capito che poteva decidere cosa rispondere ai suoi amici, poteva scegliere. Aveva

scelto di non dire che glieli avevo regalati io ed io non l’avrei tradita.

Poi Desirè litiga con Aldo e gli dice molte cose piuttosto cattive, lo insulta e insulta sua

madre. Aldo non ha più la mamma, ma questo non impedisce a Desirè di utilizzare anche

questo per ferire il compagno. Aldo si mette in un banco a parte, lontano da Desirè; è

offeso.

Nel frattempo tutti continuano a colorare. Mi avvicino a loro, Desirè si volta verso di me e

mi chiede: “Ma tu ce voi un po’ de bene?”, le dico di si, che a forza di passare del tempo

con loro, mi ci sono affezionata, e poi aggiunge: “Ma l’anno prossimo torni?”, ed io le

dico: “Non credo!” e lei: “Te pare!”.

Le chiedo perché non si scioglie i capelli, perché non cerca di essere un po’ più femminile,

ma lei tira su le spalle e mi dice che non le piacciono i capelli sciolti. Le dico che sempre

legati i capelli si rovinano e lei: “Che me frega, se rovinano loro, mica io!”.

20.03.2002

10:00-11:00 materia: italiano classe: I alunno: Lina

Lina mi corre incontro, mi abbraccia e mi dice che il suo criceto ha fatto i cuccioli (6); è

molto contenta.

Entrando in classe, subito libera la sedia al suo fianco, facendomi segno di volermi vicino

ed io mi ci siedo.

Ad un certo punto entra l’insegnante di sostegno con un ragazzo rom per vedere se i rom

della I sono presenti. Desirè allora chiede a questo ragazzo se conosce Alessio, lui

risponde di si e poi lei aggiunge: “Conosci Alessio.., l’ho visto sull’autobus, era proprio

bono!! Ma me posso mette co ‘no zingaro che puzza? So’ belli, ma poi se rovinano!”.

Alex le risponde: “Non conta la razza, se te piace te piace!” e lei: “Se è negro non me ce

metto, me fa schifo!”.

Poi commentano il vestito della professoressa e Desirè le dice: “Professore’ te sei messa la

gonna pe acchiappa’ tu marito?” e lei le risponde che se è il marito vuol dire che lo ha già

conquistato.

La prof. poi viene chiamata al telefono e Simone mi chiede: “Te sei mai fatta ‘na canna?”,

io gli dico di no; allora mi chiede se ho mai fumato una sigaretta e gli rispondo che il fumo

non mi piace. Valeria coglie l’occasione per raccontarmi che il cugino l’aveva fatta fumare

per forza con un ricatto; se non fumava avrebbe detto a sua madre che aveva fatto sega a

scuola e poiché la mamma gli credeva sempre, lei aveva dovuto fumare.

Poi Desirè racconta alla prof. che Milena, quando vuole, parla. Tutti i compagni

confermano; quando gli dicono di ripetere una parola, lei, che quasi sempre dice cose

incomprensibili, la ripete.

Oggi sono tutti piuttosto dolci con Milena. Alex le ha aggiustato la penna e Simone le

siede accanto.

Alex chiede ad Lina se vuole sedersi vicino a lui. Lei mi guarda ed io le dico che può fare

quello che vuole, così decide a favore di Alex, lasciandomi da sola nel suo banco.

Alex la guarda mentre scrive e le corregge gli errori.

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno. Carlo

Come arrivo trovo Carlo e Manuele che litigano, si insultano, ma nessuno, nemmeno

l’insegnante sa il perché. Manuele lo chiama “frocio” e Carlo lo chiama “maiale” (loro

spesso per insultarsi utilizzano questi appellativi “maiale”, “porco”, “castoro”, “sorcio”,

“cinghiale” ecc.).

Quando Gabriella riprende Manuele lui le “fa il verso” e le boccacce.

La prof. gli fa il provino per il laboratorio del cantastorie per vedere chi è intonato e può

essere inserito nel coro e chi invece si deve dedicare ai disegni per i cartelloni.

12:00-13:00 materia: italiano (assente) classe: II alunno: Carlo

Un’insegnante, nell’ora di supplenza, li porta in sala informatica e li lascia giocare

liberamente con il computer.

C’è chi gioca al solitario e chi disegna. Carlo prima gioca al solitario ed è molto bravo; poi

comincia a disegnare e il soggetto preferito da lui e dai suoi compagni è il lupetto, la Roma

e gli unici colori usati sono il giallo e il rosso. Chiedo a Carlo se anche quando era in

Romania era tifoso di qualche squadra e lui mi dice: “Non come lo sono ora!”.

14:00-14:30 (pausa pranzo)

La prof. di lettere della prima mi racconta che tutti i ragazzi, dopo che io me ne sono

andata, hanno fatto parlare Milena. Le dicevano di ripetere una parola e quando lei lo

faceva, come premio, le davano un bacetto.

Lina gioca a pallavolo con altri ragazzi, la maggior parte della III. Il loro gioco consiste

nel passarsi la palla e chi sbaglia e la fa cadere prende come punizione uno schiaffo.

Seguo il gioco per un po’ e scopro che lo scopo nascosto del gioco è far in modo che Lina

sbagli per darle lo schiaffo. Dopo venti minuti di gioco Lina ha entrambe le guance rosse,

ma continua a giocare; pur di stare con gli altri accetta anche di prendere gli schiaffi.

La prof. mi dice che Lina è molto migliorata anche nelle relazioni con i compagni. Aver

cominciato a padroneggiare meglio l’italiano le da’ più sicurezza e l’aiuta nei rapporti

sociali; lei poi ha tanto bisogno di amicizia e di affetto.

Alex grida ad Lina: “Li’ smetti de giocà, sei l’unica che prende sempre gli schiaffi!”, lei

continua e anzi, quando sbaglia, è lei che va incontro a chi le deve dare lo schiaffo.

L’insegnante fa notare come Lina sia corretta e rispetti le regole del gioco e lui: “Se ero io

col cavolo che piavo tutti quei schiaffi!”.

Smettono di giocare ed Lina mi si avvicina per parlare. Mi racconta che sabato è stata con

il papà e la mamma allo zoo e che hanno fatto tante foto.

Le chiedo che lavoro fa la mamma e lei mi risponde che fa le pulizie, ma quando le chiedo

che fa il papà non mi sa rispondere.

Mi parla della cugina e, poiché questa non conosce l’italiano, mi dice: “Lei non sa fare

niente, poverina!”.

Le chiedo se sta facendo il lavoro per me sulla Romania e mi risponde di si, che ha già

scritto tre pagine e che la prossima volta me le porta.

Si va in classe, mi rivuole seduta vicino ed io l’accontento. Mi fa vedere alcune scritte

sulla sua agenda tra cui “Federica ti voglio un kasino di bene by Lina”.

Quando poi le parlo della lettera per l’autorizzazione a vedere e fotocopiare i suoi compiti

(che deve consegnare alla mamma per fargliela firmare) mi chiede se la può leggere. La

legge e poi quando arriva alla frase “vi mando i miei più cari saluti”, mi guarda ed esclama:

“Che dolce che sei!”. Anche oggi, come altri due mercoledì passati, finita la scuola mi

aspetta e mi accompagna alla fermata dell’autobus e aspetta che arrivi per farmi

compagnia. Quando arriva, mi bacia e se ne va.

26.03.2002

10:00-11:30

Oggi mi trovo a scuola dal momento che si è deciso di recuperare una lezione del

laboratorio del cantastorie.

Parlando con la prof. di lettere della seconda vengo a sapere che lei aveva parlato con la

mamma di Carlo per organizzare una festa multietnica con la partecipazione delle famiglie

della classe, ma la mamma le aveva risposto che non era possibile perché sia lei che il

marito lavoravano tutta la settimana, compreso il sabato. Le chiedo che lavoro fanno i

genitori di Carlo e lei mi dice che le è sconosciuto il mestiere della mamma, mentre il papà

lavora in un cantiere navale di Fiumicino.

Mi racconta che quando Carlo era partito per la Transilvania (nel periodo natalizio), era

andato con uno zio, e poi aggiunge che proprio nel mese di marzo i suoi genitori

sarebbero dovuti andare, almeno secondo quello che le avevano raccontato, in Romania a

prendere l’altro figlio più piccolo, per poter finalmente riunire la famiglia.

In un momento possibile chiedo a Carlo da quale città viene precisamente e lui mi dice da

un piccolo paese vicino Sibiu.

Poi incontro Lina che mi bacia e abbraccia, mi chiede come sta il cane e mi racconta dei

suoi criceti.

27.03.2002

9:00-10:00 materia: ed. tecnica classe: I alunno: Lina

Come entro in classe insieme alla professoressa di tecnica, li trovo tutti intorno ad un

tavolo a giocare a “il nome di lui e il nome di lei”; tutti escluso Carlos che è al suo banco a

disegnare e Lina che siede vicino a quelli che giocano (non la fanno giocare) e si limita a

guardare.

Mi avvicino a loro e chiedo cosa stanno facendo; Alex mi dice: “Che te frega!” e Desirè

subito interviene dicendo: “Non je risponne così a Federica, capito?!! Non me fa incazza!”.

La professoressa chiede più volte ai ragazzi di tornare ai loro posti e prendere il

quadernone, ma nessuno l’ascolta, solo Lina. Porta il quaderno alla prof. e lei lo sfoglia

per farmi vedere cos’hanno fatto. La prof. fa notare ad Lina che mancano diverse lezioni e

lei dice: “Professore’ è nuovo!”, riferendosi al quadernone. In realtà non lo è, ma Lina

spesso scrive le lezioni sulle varie agende che possiede.

La prof. chiede a Desirè di portarle il quadernone e, dopo numerose richieste, finalmente

lo ottiene. Me lo mostra, è perfetto, ordinato e completo.

Lina si è fatta i colpi di sole rossi. Le chiedo se mi ha portato il lavoro sulla Romania che

mi aveva promesso, ma se l’è dimenticato.

Lina è l’unica che segue la lezione, mentre gli altri sono distratti: c’è chi continua a giocare

e chi gira per la classe. Lei scrive alla lavagna quello che la prof. detta e subito corre al

banco per scrivere anche sul suo quadernone. Si sbriga per poter di nuovo essere lei a

scrivere alla lavagna e infatti esclama: “Ho finito professore’!! Vengo!!”. Tocca di nuovo a

lei dal momento che gli altri non hanno alcuna intenzione di fare lezione.

10:00-11:00 materia: lettere classe: I alunno: Lina

Arriva l’insegnante di lettere e preannuncia che oggi vuole fargli fare un bel tema. Mi alzo

dal banco (siedo vicino ad Lina, perché anche oggi mi ha voluto accanto) per andare a

prendere la penna che ho nella borsa e Desirè, con aria dispiaciuta, mi chiede: “Do’ vai?”

ed io: “Prendo una penna”, e lei: “Ambè!” .

Il titolo del tema è il seguente: “Il mio sogno nel cassetto”. Lina scrive che il suo sogno è

rivedere suo nonno, che non c’è più, colora il titolo e mi dice indicandomelo: “Vedi.. I

colori della Romania!” e in fondo al tema, sulla bella copia, disegna un bel cielo stellato e

lo colora di blu, mentre usa il giallo per le stelle e la luna, che aggiunge dopo.

Ognuno scrive il suo sogno: Desirè vuole sposare Diego, il suo attuale fidanzato; Alex

vuole diventare un famoso ballerino di danza moderna; Sandra vuole diventare un’attrice e

una regista; Valeria vuole diventare una cantante come Laura Pausini; Simone vuole

diventare un motociclista e Aldo un pilota.

Desirè cancella parte di una nota sul registro e precisamente cancella il suo nome; poi

comincia ad infastidire Milena, le dà degli “schiaffetti” sulle guance e lei si mette a

piangere. Poi arriva Alex che complica le cose cominciando a prenderla in giro per come

piange e a farle “il verso”. Desirè allora la guarda ed esclama: “Mamma mia quanto sei

brutta!”

Aldo poi prende il diario di Lina e comincia a strapparle delle pagine; Lina si arrabbia, si

riprende il diario e Aldo la insulta dicendo: “paraplegica” e poi “schizofrenica”, lei gli

risponde chiamandolo “deficiente” e “stronzo”.

Ad una certa ora arriva Federico, il ragazzo rom che ora “dovrebbe” frequentare la scuola

per adulti, avendo compiuto 16 anni. Lui cattura completamente l’attenzione di molti

ragazzi (Desirè, Valeria, Alex, Aldo, Simone), che sono tutti molto interessati al tipo di

vita che fa lui, non solo perché è più grande, ma soprattutto perché è un rom. Desirè gli

chiede se la bambina, che ha visto l’altro giorno in braccio alla sua ragazza, è sua e lui

risponde di no; poi gli domanda quanti anni ha e se va all’asilo, lui le dice che ha 2 anni e

che non va all’asilo. Federico è molto gentile con loro e risponde alle domande; fa battute,

li prende in giro e loro si divertono. Poi apre un pacchetto di gomme, ne dà una a Desirè,

una a Valeria, gliene chiede una pure Alex e lui gli dice sorridendo: “Non sono un

tabacchi!”, ma gliela dà.

Saluto Lina, le chiedo cosa fa per Pasqua e lei mi dice che domenica va a Ponza con il

papà da un vecchio “padrone”. Le chiedo se anche in Romania si usano le uova di

cioccolato e la colomba, lei mi dice: “No gli uovi li facciamo noi, li dipingiamo e la

colomba, come il panettone, si fa in casa”.

03.04.2002

9:00-10:00 materia: ed. tecnica classe: I alunno: Lina

Lina mi corre incontro, mi abbraccia e mi bacia come fa sempre quando mi vede. Mi

racconta che l’altro giorno ha liberato i criceti e che le avevano scambiato la testa per una

tana.

Oggi siede vicino a Milena; mi chiede se voglio sedermi vicino a lei, ma per evitare di

mandare via Milena, prende un’altra sedia e l’accosta al banco. Mi consegna i lavori che ha

fatto per me. Il nostro è una specie di gioco e io l’ho chiamato “il gioco del questionario”.

Le scrivo un questionario e poi lei ne scrive uno a me; è un modo per conoscersi meglio.

Lina vuole che tutto ciò che le scrivo poi io lo firmi e lei fa altrettanto.

L’altra sera, per essere sicura che oggi me li portasse, ho telefonato alla mamma che mi ha

detto che avevo fatto bene a chiamare perché Lina se ne stava dimenticando di nuovo.

Quando poi ho chiesto alla mamma se avevano trascorso bene la Pasqua, lei mi ha

risposto: “Bene, anche se per noi la Pasqua è il 5 maggio, però abbiamo festeggiato

comunque la Pasqua co’ italiani!”.

La prof. cerca di iniziare la lezione (in classe c’è anche la prof. di sostegno) e Alex le

chiede: “Professore’ je dice alla prof. de non dacce i compiti per domani?”; la prof. gli

promette che se glielo avesse chiesto in italiano corretto, lei avrebbe provato a parlarne

con la prof. di lettere.

Alex allora va alla lavagna e, facendosi aiutare dagli altri, cerca di formulare in modo

corretto la domanda; il risultato è: “Prof. per piacere potrebbe dire alla prof. [di lettere]

che non ci dasse i compiti per domani?”. La prof. gli dice che c’è un errore, ma loro non lo

trovano, anzi correggono ciò che è giusto; allora lei decide di sottolineare dove c’è

l’errore, ma loro non riescono a correggerlo; così gli dice che se non scrivono in modo

corretto, lei non può mantenere la sua promessa. Si allontana dalla classe e dice ad Alex di

chiamarla quando trova l’errore.

Durante l’ora di tecnica nessuno pensa più alla frase, anzi pensano poco anche alla lezione.

Mentre si legge un brano selle fibre tessili fanno tutti altre cose, tranne Lina, Cristiano e

Sandra che provano, per quanto possono, viste le continue interruzioni dei loro compagni,

a stare attenti. La prof. cerca di attirare l’attenzione alzando la voce per ottenere un po’ di

silenzio e Desirè esclama: “Oh.. a professore’, che te strilli!!” e aggiunge: “A professore’

non hai capito che è inutile che parli, non ce va de studia’!!”. La prof. continua la lezione

anche se in pochi l’ascoltano.

Suona la campanella e inizia la prima ricreazione; tutti escono dalla classe con la propria

merenda. Lina non mangia; le chiedo sa ha portato qualcosa da mangiare e lei dice di si,

ma ora non ne ha voglia (non fa quasi mai merenda).

Al suono della fine della ricreazione, mi vengono tutti intorno chiedendomi un aiuto per la

frase ed io gli dico di prendere nell’armadio il vocabolario; Alex lo prende e lo poggia sulla

cattedra e mi dice: “Ti prego aiutaci!” ed io: “Cerca.. che verbo è quello?”, e lui “Dare!”,

ed io “ Cercalo”. Quando lo trova legge tutta la prima parte in corsivo che riporta i vari

modi e tempi e mi chiede: “È “desse”?”; io gli faccio cenno con la testa, lui subito

corregge la frase e poi corre a cercare la prof. di sostegno. Al suo arrivo, mi chiede come

ci sono arrivati ed io le dico che hanno guardato sul vocabolario, ma quando la prof. gli

chiede perché, a quale tempo ed a quale modo corrisponde quel verbo, loro non sanno

risponderle. Non conoscono i tempi ed i modi; alcuni ne conoscono solo i nomi, come

Desirè che conosce l’indicativo, il congiuntivo e il condizionale.

10:00-11:00 materia: lettere (gramm.) classe: I alunno: Lina

La prof. legge alla lavagna la frase; le spiego cosa è successo e lei mi dice che andava

bene, perché tanto non aveva intenzione di assegnargli altri compiti.

Tutti prendono il libro di grammatica per correggere gli esercizi del giorno ed Lina prende

le sue fotocopie (finalmente le ha fatte!). Le fotocopie sono su fogli grandi; sono state

fatte due pagine per volta e lei è molto impegnata a riordinarle come può, cercando le

pagine dove ha svolto gli esercizi.

In un momento tranquillo Lina mi racconta che non è stata più a Ponza e che non c’è

andato più neanche il padre; poi mi dice che nell’Uovo di Pasqua ha trovato una pistola ad

acqua e che, con il cugino, ha schizzato tutta la mamma.

Oggi mi ha regalato un cuore di legno smaltato con su scritto: “Mi coraz�n se alegra al

verte” che significa “il mio cuore si rallegra quando ti vede”. Ogni giorno mi fa un regalo

(l’altra volta un braccialetto) e se tento di non accettarlo si offende e mette il broncio.

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno: Carlo

In quest’ora la prof. ha cercato di far cantare i ragazzi e di fargli intonare al meglio la

ballata su Bin Laden; dico “ha provato” perché è stata continuamente disturbata da Emilio,

Manuele e Giorgio che tutto hanno fatto tranne cantare. Giorgio ogni tanto cantava e devo

dire che cantava molto bene; era intonato e già aveva fatto propria l’intonazione giusta

delle strofe, ma purtroppo la sua voglia e la sua attenzione venivano meno ogni cinque

minuti. Emilio e Manuele invece non avevano alcuna intenzione di cantare e l’unica cosa

che fanno è prendere in giro e picchiare Alessio, un ragazzo molto timido e remissivo che

non reagisce, ma subisce solamente. L’insegnante ha cerca di separarli e di catturare la

loro attenzione in tutti i modi, ma sembrano davvero ingovernabili.

12:00-13:45 materia: lettere classe: II alunno: Carlo

La prof., appena entra, cerca prima di tutto di farli calmare e gli dice che se continuano a

comportarsi così non farà alcuna domanda per il campo scuola dell’anno prossimo e non

proverà ad organizzare l’altro progetto. Poi mi spiega cos’è quest’altro progetto: una

specie di gemellaggio con la Romania. Vorrebbe portare l’intera classe in Romania, al

paese di Carlo, ma tutto è ancora molto ipotetico.

Oggi si prova a cantare la canzone romena “Ochi tai”. Carlo legge un verso alla volta e

tutti lo ripetono e quando lui vede che qualcuno ha difficoltà, con molta naturalezza, dice:

“Basta che lo leggi com’è scritto!”. Imparando un po’ a leggere in romeno, la classe si è

accorta che, dal momento che la “a” di Carlo ha lo stesso accento di alcune parole della

canzone e si pronuncia come una “e” chiusa, il suo nome ha un suono diverso da quello

che di solito loro usano per chiamarlo e provano a correggersi, a chiamarlo pronunciando

in modo corretto il suo nome. Anche io ora che ho scoperto l’importanza di quell’accento

e cercherò di metterlo sempre per ricordarmi quale è il suo vero nome, evitando di

cambiarlo. Scoprono poi suoni nuovi nel pronunciare alcune parole; tutti si impegnano, gli

piace parlare in una lingua così diversa dalla loro.

Tutti chiedono alla prof. di farle il saluto e io non capisco cosa intendano. Lei allora mi

spiega che al campo scuola ha scoperto che il soprannome datole dai ragazzi (ogni

professore ne ha uno) è “Pinguino Delonghi” e il saluto è un gesto che deve fare con il

braccio mentre pronuncia la frase: “Tutti vogliono Pinguino Delonghi!”; poi le confido

quale è il soprannome della prof. di musica, e cioè “Fusillo”, per i suoi capelli ricci.

Quando poi la prof. dice alla classe che impareranno anche una canzone in albanese, subito

Lory (la ragazza albanese che si vergogna della sua provenienza) esclama: “No!!” e la

prof. le dice che sua madre le ha promesso che un giorno sarebbe andata a scuola ad

insegnare alla classe una canzone del suo paese e che se Lory non voleva, era libera di non

venire a scuola quel giorno.

La prof. chiede a Carlo se è arrivato in Italia il fratellino e lui dice che arriverà tra 2

settimane. Ha 7 anni, ma non va a scuola, perché la scuola è iniziata a settembre e lui a

settembre non aveva ancora sette anni (li aveva compiuti a gennaio). Arrivando in Italia

adesso, l’anno prossimo (a 7 anni e mezzo) frequenterà la scuola italiana e nei prossimi

mesi inizierà un po’ a capire ed a parlare italiano.

Dò a Carlo la lettera per i suoi genitori (per avere l’autorizzazione a leggere e a

fotocopiare i suoi compiti); gli spiego cosa sto facendo e perché mi serve la sua

autorizzazione e quella della sua famiglia e lui mi risponde che non ci sono problemi, che

posso vedere anche subito i suoi compiti, ma gli dico che, per legge, devo avere

l’autorizzazione firmata; allora lui accetta di farla firmare dai suoi.

Si passa all’ora di narrativa; sono arrivati a leggere fino a pag.28, dove si parla

dell’ereditarietà genetica, del fatto che ognuno di noi è unico, della clonazione e della

pecora Dolly. Su questo la prof. si ferma e cerca di farli riflettere chiedendo loro se è

giusto che la scienza faccia queste scoperte e se poi sia giusto che le applichi sull’uomo.

Carlo risponde: “È bene che hanno capito come si fa, ma non lo devono fare!”; una sua

compagna afferma: “Non frenare l’opera della scienza, ma non devono usare gli uomini

come cavie!”. L’insegnante poi porta l’esempio della bomba atomica, per fargli capire che

non sempre chi è l’autore delle scoperte poi è colui che le utilizza. Infatti nel caso

dell’atomica furono gli scienziati ad inventarla, ma fu il governo americano a decidere di

utilizzarla e di lanciarla su Hiroshima. Cerca di fargli capire che la situazione è più difficile

e complicata di quanto sembri.

14:00-14:30 (pausa pranzo)

Durante la pausa Lina gioca ad “acchiapparella” con Milena e si divertono tanto entrambe.

Le chiedo, poi, quando smette di giocare, com’è la scuola romena e lei risponde:

“Cattiva!!”. Mi racconta che è arrivata la moglie del cugino di sua madre e che la mamma

le ha trovato lavoro; fa le pulizie anche lei.

Il pomeriggio, dopo aver cantato la ballata due o tre volte, Lina si stanca. Ad un certo

punto mi si avvicina e mi dice: “Bacetto!!”, mi dà un bacio e torna al suo posto nel coro.

Mi dice che quando diventerò “professoressa di lettere”, lei vuole venire nella mia scuola

ed essere mia alunna.

Alla fine del laboratorio mi aspetta, vuole accompagnarmi all’autobus come sempre.

Mentre scendiamo al piano terra, vediamo un gruppo di ragazze rom che salgono al primo

piano accompagnate da un’operatrice e mi dice: “Come sono strane quelle!”.

Mentre mi accompagna alla fermata ci fermiamo ad un bar perché vuole comprare delle

gomme. Io le sto dietro ed entro con lei; il barista la guarda con uno sguardo indifferente e

lei gli chiede quanto costa un cornetto, lui risponde “50 centesimi”, ma poi Lina gli chiede

3 gomme. Il barista è molto scostante e non accenna neanche ad un sorriso, né tantomeno

ad un saluto quando usciamo. Lei compra pure il cornetto, me ne offre un pezzo, ma io le

dico che non mi va.

Poi arrivo alla fermata insieme all’autobus, la saluto di fretta e salgo.

10.04.2002

9:00-10:00 materia: ed. tecnica classe: I alunno: Lina

Lina mi corre incontro, mi abbraccia e mi bacia. Subito mi racconta le ultime notizie sui

suoi criceti. I sei nati li ha regalati a Valeria, una sua compagna; in compenso, il suo

criceto femmina ne ha partoriti altri 8, o almeno così mi racconta.

Oggi manca Desirè e devo dire che sono più tranquilli, ma non so se dipende dalla sua

assenza. La prof. gli fa leggere i brani sul cotone e la canapa e poi gli fa fare gli schemi alla

lavagna per aiutarli nella memorizzazione. Sono tutti attenti, tranne i due ragazzi rom, che

parlano di cose loro e si astraggono completamente dalla classe.

Regalo a Lina le foto che avevo fatto a lei ed al suo criceto il pomeriggio che eravamo

state insieme ed è molto contenta. Le mostra ai suoi compagni e ne regala una ad Alex che

gliela chiede (lei non dice mai di no, è molto generosa).

Suona la ricreazione e, come al solito, noto che lei non mangia; le chiedo se ha la merenda,

lei mi dice di si, ma che non le piace. Le chiedo perché si porta una cosa che non le piace e

lei mi dice che la compra la mamma e che le dice: “Devi imparare a mangiare anche

questa!”.

Le ho preparato un altro dei nostri questionari e mi dice che lo comincerà a fare da oggi

pomeriggio.

Oggi le ho portato io un regalo, un braccialetto; si mostra molto felice, lo indossa e nota

subito che si intona con i colori del suo abbigliamento; poi le faccio vedere che io porto il

suo e dolcemente mi sorride.

Mi racconta che l’altro giorno il cugino l’ha presa per i piedi e l’ha trascinata per casa

dicendo: “Facciamo le pulizie!” e lei, giudicando il cugino, esclama: “Che stronzetto!”.

10:00-11:00 materia : lettere (geogr.) classe: I alunno: Lina

Lina prende il libro dallo zaino, ma non è il suo, è quello della prof. che glielo presta per

studiare e fare i compiti.

Ha caldo e così si toglie il giacchetto nero; sotto indossa una maglia di cotone con dei

buchi allo scollo; noto che la maglia è al contrario, ma dal momento che non voglio

distrarla dalla lezione non le dico niente.

Accanto a lei siede Valeria che, essendo una tra le più irrequiete della classe, non sta mai

né ferma né attenta alla lezione. Ad un certo punto prende un colore e fa un segno sul

quaderno (uno dei pochi che ha, infatti è nuovo) di Lina che si trova sotto al libro. Lei,

molto scocciata ed arrabbiata, le dice: “No!! Ora devo strappare la pagina!”. Senza

neanche pensare di provare a cancellare il segno, strappa la pagina e Valeria le dice: “Ah,

Li’, tu sei malata!!”.

Lina poi chiude il quaderno e lo ripone per il terrore che lei glielo sporchi di nuovo.

Incuriosita dal mio scrivere, mi chiede: “Che scrivi?”; poi sbircia un po’ e mi dice: “Scrivi

di me?” ed io: “Di tutti”, ma lei non convinta mi chiede: “Mi fai vedere?” e allunga la

mano per prendere il mio quaderno. In un attimo ho fatto mille pensieri: ed ora? Se legge

qualcosa che l’offende? Qualcosa che le dispiace o le fa cambiare idea su di me ed anzi la

fa dubitare della mia buona fede? Spero che il mio timore non sia trasparito dal mio

sguardo o dalla mia espressione; comunque sperando nel meglio le ho dato il mio

quaderno. Lei ha cominciato a leggere, aggrottando le ciglia quando faticava a capire la

mia scrittura (a volte orribile, dovuta alla velocità e dall’urgenza di scrivere le mie

impressioni ed osservazioni) ed ogni tanto sorrideva. Non so se ha letto e capito ciò che

avevo scritto; fortunatamente era una pagina strettamente descrittiva e forse le ha fatto

anche piacere vedere quanto fosse vivo il mio interesse per quello che lei dice e fa. Credo

che, in fondo, non le importi se scrivo di lei!

Le ricordo, prima di andare via, il questionario e le dico che, alla fine della scuola, per

ringraziarla dell’aiuto che mi sta dando per la mia ricerca sulla Romania, avrei voluto

esaudire, nelle mie possibilità, un suo desiderio. E lei subito ne esprime uno, vorrebbe una

mia foto con il cane.

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno: Carlo

La II, come classe, è molto più irrequieta della I, o almeno lo è da qualche mese a questa

parte. Oggi è stata una giornata terribile; la prof. ha tentato di fare lezione, di calmarli, di

parlarci in tutti i modi, ma loro non hanno voluto sentire ragioni, non c’è stato modo di

fargli cantare nemmeno un verso; quel po’ che hanno cantato (meno della metà della classe

ha cantato), poi, lo hanno cantato cambiando le parole, introducendo qua e là il mio

soprannome. Infatti anch’io, come quasi tutte le insegnanti, ho un soprannome datomi da

Giorgio e da Emilio per le mie orecchie. Sono infatti soprannominata: “RECCHIA”. Ad

un certo punto mi sono fermata ad osservarli: due si picchiavano, uno ballava sul tavolo,

uno evidenziava qualcosa su un foglio, uno guardava fuori della finestra, una ragazza

sedeva dando le spalle alla prof. e giocava, rideva e scherzava con la sua compagna di

banco e con quelle del banco di dietro, un altro girava per l’aula, altri due si insultavano

gridando. Davanti a tutto questo l’insegnante non ha avuto altra scelta che mettere una

nota a tutta la classe (una nota, che tra le tante, non credo che abbia, per i ragazzi, molta

importanza).

In attesa della prof. d’italiano, due ragazze prendono il registro e cominciano a contare le

varie note, alcuni ragazzi hanno più note che presenze!!

12:00-13:30 materia: lettere (narrat-geogr.) classe: II alunno: Carlo

Si comincia a leggere il libro di Jelloun: la prof. legge la parte del padre e Carlo quella

della figlia. Arriviamo a leggere fino pag. 32 e gli argomenti trattati sono: gli estremismi

religiosi, il fanatismo, il razzismo.. Una ragazza chiede alla prof.: “Sharon è razzista?” e lei

cerca un po’ di spiegargli con parole semplici che tipo di politica fa Sharon, accennando

anche qualcosa della questione palestinese. Manuele le chiede: “Arafat, chi è?” e lei gli

risponde che è il capo dei palestinesi. Allora lui esclama: “È un infame!!”. Lei gli domanda

perché pensa questo e lui le risponde: “Perché se mette le bombe addosso!!”, lei gli spiega

che non è lui che spinge i terroristi ad essere tali e che, se uno è palestinese, non è vero

che è anche un terrorista. Gli ricorda un discorso fatto a settembre sui musulmani e sul

fatto che se Bin Laden aveva fatto quello che aveva fatto, ciò non significava che tutti i

musulmani la pensavano come lui. Ma Manuele, non convinto, esclama: “Vabbè!. È

comunque un infame, perché è la gente sua che lo fa!!”.

Si continua a leggere e si parla delle crociate. Ad un certo punto un’altra ragazza

interrompe la lettura e chiede all prof.: “Bin Laden è razzista?” e lei le risponde: “Tu che

dici!? È un fanatico che usa la religione per i suoi fini politici”. Un’altra ragazza esclama:

“Anche Milosevich è razzista!!”.

Poi si passa a spiegare il profilo del “fanatico” ed Emilio esclama: “Allora i prof. so’ tutti

fanatici! Le prof. so’ fanatiche perché dicono che c’hanno sempre ragione!!”. L’insegnante

di lettere interviene dicendo che lei non ha mai detto di avere sempre ragione; che lei

insegna e poi valuta, ma non ha mai detto di possedere la verità assoluta, come fanno i

“fanatici”. Poi domanda: “Chi mi fa un esempio di fanatico?” e Manuele esclama:

“Sgarbi!”. Tutti concordano con questo esempio.

Poi la prof. aggiunge: “Non è che uno non possa avere le proprie opinioni, ma bisogna

sempre mettersi in discussione, a confronto con gli altri; in qualcosa si può cambiare,

crescere, fare un percorso in avanti”.

Poi qualcuno si alza, la concentrazione è già finita (chiacchierano tra di loro). L’insegnante

di lettere della seconda ha un ottimo rapporto con loro e non è un’insegnante comune;

cerca la loro complicità e, per calmarli quando litigano, spesso abbraccia il più rissoso, lo

allontana tenendolo abbracciato, tanto che alla fine a lui gli viene da ridere.

All’improvviso Giorgio dice: “Prof. ce fai il saluto?”, ma per lei oggi è una giornata dura

(prima di venire a scuola era andata a prendere la mamma che era stata dimessa, quella

stessa mattina, dall’ospedale) e gli risponde che non ne ha voglia. Allora Giorgio le dice:

“Avevi detto che lo facevi pure quanno eri di cattivo umore!!”.

Continuano ad essere irrequieti e lei, capendo che non è possibile neanche fare lezione, gli

fa attaccare dei cartelloni che avevano fatto i giorni precedenti e poi li porta in cortile a

giocare. Mentre attaccano i cartelloni, l’insegnante chiede alla classe se stanno lavorando

alla ricerca di geografia; poi cerca di parlare con Carlo, che però è distratto da Giorgio e

da Emilio che gli cantano una strana canzone accompagnandola con dei gesti. Lei, invece

di sgridarli o di mettergli una nota (come avrebbe fatto qualche altro insegnante), gli

chiede con interesse: “Che canzone è, mi fate capire anche a me?”.

La prof. poi riesce finalmente a parlare con Catalin della sua ricerca sulla Romania e gli

dice di farsi spedire dal nonno cartoline e altro materiale; lui scocciato esclama: “Perché io

devo fare più degli altri?”. L’insegnante risponde che non è così e che per tutti vale la

regola di portare del materiale visto che non è sufficiente una semplice ricerca presa da

qualche libro e scritta al computer, perché lei vuole immagini, usanze, cibi e tutto quello

che si riesce a trovare. In più sottolinea la fortuna dei suoi compagni per avere la

possibilità, grazie alla sua presenza, di conoscere molto della Romania. Presenta Carlo a se

stesso come una risorsa per la classe; lui, lì per lì, non ne è molto convinto, ma poi accetta

e dice che visto che verso la fine di aprile dovrebbe venire lo zio ad accompagnare il

fratellino e gli chiederà di portargli delle cartoline delle sue parti.

14:00-15:00 (pausa pranzo)

Mi avvicino ad Lina e finalmente (visto che siamo sole) le dico che ha la maglietta al

contrario; lei subito grida: “Oh, no!!” e corre a cambiarla, ma prima la fa vedere a tutti

quelli che incontra (per lei, “precisina” e sempre in ordine, avere la maglietta al contrario è

un “dramma”). Una volta sistemata, torna e mi ringrazia.

Nel pomeriggio sono più scalmanati che mai; 5 insegnanti non riescono a metterli tranquilli

e in posizione per cantare. Cantano, in 50 minuti, una volta sola la ballata e, in più, due di

loro (Giorgio ed Emilio) la cantano cambiando le parole, inserendo ogni tanto la parola

“Recchia”, chiaramente indirizzata a me, visto che è il mio soprannome. Alla fine Emilio,

suonata la campanella, mi si avvicina mi da la mano e mi dice: “Arrivederci signora

Recchia!!”.

Lina anche oggi mi accompagna all’autobus e mi racconta che quella mattina erano andate

in classe loro tre nuove ragazze rom, che però sono in sezione h; le chiedo se c’erano rom

nella scuola romena e lei mi dice: “Si, c’erano e rubavano!!”.

Arriviamo alla fermata e vediamo scendere dall’autobus Desirè, che ci viene incontro

sorridendo. La saluto e le chiedo come mai non era venuta a scuola e lei risponde: “Non

m’annava!!”.

Poi arriva il mio autobus, le saluto e salgo.

17.04.2002

9:00-10:00 materia: ed. tecnica classe: I alunno: Lina

Oggi la professoressa di tecnica è assente e la sostituisce la prof. di sostegno della prima,

che decide di portare la classe nell’aula d’informatica.

Lina, come sempre, mi corre incontro e mi abbraccia, mi chiede del mio cane e mi dice

nuovamente che ora ha dieci criceti. Le domando se ha fatto il questionario e lei mi dice

che l’ha dimenticato a casa, però mi ha disegnato la cartina della Romania, ma non l’ha

ancora colorata e così decide di non darmela.

Mentre andiamo in aula d’informatica mi dice: “Mia cugina non lavora!! Quella o lavora

con i bambini o niente!!”. Poi mi racconta che tra due settimane dovrebbe arrivare sua

nonna, ma non è molto contenta e mi dice: “Lei è cattiva!!”. Arrivati in aula, la prof. gli fa

scrivere un piccolissimo tema (5 righe) dal titolo “La mia aula”. Infatti tutta la classe sta

ripulendo l’aula; per ora hanno scartavetrato tutti i muri e l’armadio, e pulito sedie e

banchi, poi dovranno verniciare per completare il lavoro. Comunque già solo scartavetrata

l’aula sembra un’altra. Tutti sono molto orgogliosi del lavoro fatto.

10:00-12:00 materia: italiano (gramm.) classe: I alunno: Lina(Dal momento che manca la II, che è andata in gita, rimango in prima).

Molti non hanno fatto i compiti d’italiano; anche Lina è senza e così, per non farsi scoprire

dalla prof., prende il diario e li scrive ad un’altra pagina, dicendo che, nello scrivere i

compiti, aveva sbagliato giorno e non li aveva fatti.

Mi vuole sempre accanto; mi libera il posto vicino e, se mi alzo per fare qualcosa o per

farmi un giro per la classe, mi chiama indicando la sedia vicino a lei.

Mi racconta di aver portato, insieme il cugino, la cugina a vedere il Colosseo e di essere

poi andata a mangiare da Mc’Donald. Poi mi dice di essere andata ieri a Prati”, le chiedo:

“Dove?” e lei: “A Prati, con mamma!!”. Allora capisco e le domando: “In Prati, nel

quartiere Prati?”. Lei mi fa cenno di si con la testa.

La prof. assegna un altro compito da fare in classe: descrivere una foto presa dal libro di

storia. Lina, finito il compito, lo porta dall’insegnante per correggerlo; lei le dice che non

va bene e come deve correggerlo. Lina si scoccia, ma si mette a lavorare (si innervosisce

quando non riesce in qualcosa!!). Una volta corretto glielo riporta e accende la luce per

permettere alla prof. di “vedere meglio il suo compito”. Lei lo corregge i soliti errori di

ortografia ed Lina, nel frattempo, si mette le mani nei capelli. Lina scrive le domande in

rosso e le risposte in blu, cura molto l’estetica di ciò che scrive; anche in sala

d’informatica, finito il compito, in fondo introduce quasi sempre un’immagine colorata. La

prof. le dice di trascrivere, ora, in bella copia il compito corretto. Simone chiede quante

sono le domande, gli viene detto 5 ed Lina precisa: “5 domande e 4 descrizioni” e lui le

risponde: “Come sei pignola!!”:

Lina continua ad usare i libri della prof.

08.05.2002

9:00-10:00 materia: ed. tecnica classe: I alunno: Lina

Quando arrivo in classe, trova i ragazzi soli, manca la prof. di ed. fisica e stranamente sono

tranquilli. Desirè mi corre incontro mi abbraccia forte, mi bacia e mi dice: “Federi’ quanto

tempo!!”. Infatti erano quindici giorni che non ci vedevamo in quanto il mercoledì passato

era festa (1 maggio).

Anche Lina è felice di vedermi, mi abbraccia e mi chiede come sta il cane; poi mi

ragguaglia sulle condizioni dei suoi criceti e mi dice che mercoledì è stata a Ponza.

Arriva la prof. di tecnica, ma nessuno ha portato il libro, così lei li chiama uno alla volta

alla cattedra e li fa leggere con il suo. Chiedo ad Lina se mi ha portato il questionario, ma

lei lo ha perso, sono passati troppi giorni. Poi strappo un foglio dal mio quaderno; Lina mi

vede e mi chiede sorridendo: “Un altro questionario?”; le faccio segno di si; non so perché,

ma le piace fare i “miei” questionari; devo però sempre ricordarmi di firmarli sotto,

altrimenti è lei che mi ricorda di farlo. Spesso ci scrivo anche qualche frase affettuosa, tipo

“T.V.U.K.D.B”, molto usata da lei e dai suoi compagni.

La prof., a fine lezione, si rivolge a Carlos e gli dice con tono forte della voce: “Hai

lavorato?.. Rispondi?” ed Lina interviene dicendo: “Professore’ non c’è bisogno che strilli,

ci sente benissimo!!”. La prof. grida nel parlare con Carlos, non perché pensa che sia

sordo, ma perché crede, ingenuamente, che avendo lui difficoltà a capire l’italiano (sia

cognitive, sia linguistiche), se lei grida forse lui la comprende meglio. È un po’ l’errore che

tutti facciamo quando incontriamo qualcuno che per un motivo o per l’altro fatica a

capirci; tendiamo ad alzare la voce.

10:00-11:00 materia: italiano (gramm.) classe: I alunno: Lina

La prof. assegna subito degli esercizi da svolgere in classe, perché ha da fare con il

registro. Tutti si mettono a lavorare e Lina cerca tra le sue fotocopie le pagine relative agli

esercizi assegnati, ma non le trova; tra le tante fotocopie dei vari libri, non trova quelle che

le servono, così si siede vicino ad Sandra. Nel frattempo la prof. mi consegna i suoi

compiti in classe, per fare le fotocopie (sono pochissimi). Li prendo ed esco dalla classe,

ma noto che Lina mi sta guardando; riconosce che sono i suoi e mi sorride chiedendo:

“Che ci fai?”. Io le sorrido e le dico che poi le spiego.

Al mio rientro stanno ancora lavorando ed all’improvviso Desirè mi grida: “A Federi’ lo

sai che me so’ messa con Mattia!!”, la prof. la guarda e lei: “A professore’, è ‘na cosa tra

me e Federica!”, le sorride e continua il suo lavoro.

Mentre sistema il registro la prof. mi racconta qualche cosa sull’arrivo di Lina. Mi dice che

all’inizio non mangiava quasi mai e tutto quello che mangiava lo vomitava sempre. Lei non

ha mai avuto molto chiaro il ruolo dello zio nella famiglia, di un padre di cui Lina parla,

ma che nessuno ha mai visto e di questo cugino che Lina racconta che la notte “fa la pipì a

letto”, di una mamma sempre assente per lavoro fino alla sera, di una bambina a casa sola

con questi due uomini e che vomita in continuazione. Tutto questo l’ha sempre

insospettita molto. Poi ha smesso di vomitare, ma la professoressa non ha smesso di “stare

in allerta”. Le chiedo se poi la nonna di Lina è venuta in Italia, in quanto Lina me ne aveva

parlato nei giorni passati. Lina non era contenta di quest’eventualità e anche la mamma, mi

dice la professoressa, era contraria. Mi dice di aver capito che i rapporti non sono dei

migliori, anche se non conosce la storia. Poi lo chiedo ad Lina e lei mi dice: “No, per

fortuna, nonna è cattiva!!”.

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno: Carlo

Anche la II, come la I, oggi è stranamente tranquilla. Come entro in classe Giorgio (uno

dei più terribili e vivaci della classe) mi grida: “Ecco Recchia, è tornata. Ciao Recchia!!”.

Io sorridendo gli dico che non mi offendo se mi chiama “Recchia” e aggiungo: “Di una

persona, l’importante è che se ne parli, bene o male che sia!!”. Lui mi guarda e mi sorride;

credo che questa frase gli sia piaciuta e subito mi corre vicino e mi parla all’orecchio,

come se fossi stata un suo compagno. Mi dice di dire ad alta voce “a panza”, gli chiedo il

perché e lui: “Tu dillo!!”, lo accontento e tutti ridono.

Poi cominciano le prove della canzone e tutti partecipano; sono così presi che non sentono

nemmeno il suono della campana; alla fine della ballata si battono le mani da soli ed

iniziano la ricreazione con qualche minuto di ritardo.

12:00-13:45 materia: lettere (narra.-geogr.) classe: II alunno: Carlo

Oggi la prof. vuole fare prima narrativa, sperando in una maggiore attenzione della classe.

Sono arrivati a pag. 36 del libro di T. B. Jelloun, dove si parla degli “stereotipi”. Giorgio

mi chiede il libro, perché lui non ce l’ha; allora glielo passo e lui chiama la prof. dicendo:

“Io ce l’ho il libro”. La prof., stupita, dice: “Non mi dire che hai portato il libro!!.. Non ci

credo!!.. Non è possibile!!..” e lui le confessa che il libro è il mio.

Poi si passa alla lezione di geografia; sono iniziate le loro relazioni sugli stati europei e

oggi è il turno di Cristina che ha preparato l’Ungheria, l’Austria, la Repubblica Ceca e la

Repubblica Slovacca. La prof. ha portato dei cd con delle musiche che provengono da

questi paesi. Le ascoltiamo. Carlo non riesce a stare fermo e balla, si alza e fa vedere un

passo di una danza romena, che consiste in alcuni passi fatti incrociando i piedi finché, ad

un certo momento, tenendo il ritmo, si sbattono i piedi con più forza. Sono tutti molto

divertiti.

15.05.2002

9:00-10:00 materia: ed. tecnica classe: I alunno: Lina

Oggi sono tutti intenti alla realizzazione degli aquiloni per la festa multietnica che il Centro

Territoriale Permanente terrà domani a Villa Doria Panfili. Hanno delle canne, del filo da

pesca, delle buste colorate e della carta velina colorata per le decorazioni. Sono tutti

impegnati nel loro lavoro, chi con più difficoltà, chi con meno. Lina non riesce a legare le

canne e, mentre gli altri si aiutano l’uno con l’altro, a lei non l’aiuta nessuno. Chiedo ad

Simone di darle una mano, ma è troppo preso a giocare con il suo aquilone già finito. Così

l’aiuto io.

Poi Lina mi dice: “Che domande difficili mi hai fatto questa volta!!”, riferendosi ai

questionari che spesso le do, ma quando le chiedo se lo ha portato, mi dice che l’ha perso.

La professoressa di sostegno mi racconta che la settimana scorsa tutta la classe è andata a

fare una visita dal medico per il controllo dei pidocchi e mi dice che tutti i ragazzi si erano

coalizzati contro Lina e sostenevano che lei avesse i pidocchi. Lina ha sofferto di questo e

ha pianto molto. La professoressa ha spiegato alla classe che se veramente Lina avesse

avuto i pidocchi, prima di tutto non era una cosa grave in quanto i pidocchi si debellano

con degli shampoo e poi la scuola avrebbe mandato un comunicato a tutte le famiglie e

tutti avrebbero dovuto usare uno shampoo speciale.

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno: Carlo(Non c’è la professoressa, c’è una supplente che non conosco e così preferisco non entrarein classe)

12:00-13:45 materia: lettere (geog.) classe: II alunno: Carlo

Oggi è il giorno delle relazioni di geografia ed è il turno di Carlo, che ha preparato la

Romania e la Moldavia. Le notizie che riporta sono varie e frammentate, più che altro è

quel che si ricorda. Racconta di venire da un paesino a 47 Km da Sibui dal nome Arpasu

de Jios. Poi racconta la storia di un rumeno che, partendo dalla Romania con i vestiti da

antico romano, è arrivato, a piedi, in Italia e precisamente a Roma, alla colonna Traiana; si

racconta che gli Italiani, quando lo videro, si spaventarono, pensando che fosse un Dacio

“uscito” dalla colonna stessa.

Racconta che Bucarest è una città senza centro storico, perché un secolo fa fu tutta

bruciata e anche che 15 anni fa c’era stato un terremoto.

Poi guardiamo il quadernone su cui ha scritto la ricerca. È pieno di cartoline di Sibui,

portategli dal nonno, che era venuto in Italia 15 giorni prima, era stato una settimana e poi

era ripartito. La prof. gli dice che era stato un peccato che lui non l’avesse avvertita del

suo arrivo, perché l’avrebbe voluto invitare in classe per conoscerlo e farlo conoscere ai

suoi compagni.

Troviamo anche una ricetta: “Pasto specifico rumeno”; “Ingredienti: 700 gr. carne

macinata di suino, 300 gr. riso, un cucchiaio di biovegetal (un brodo liofilizzato vegetale),

una cipolla, 2 cucchiai di passata di pomodoro, una foglia di uva, un uovo, un cucchiaio di

farina di mais, sale”. Poi spiega il procedimento di preparazione: “si mette al fuoco in una

padella con poco olio il riso con la cipolla tagliata in piccoli pezzi. Poi si mette il

biovegetal, si spegne il fuoco e si lascia la padella coperta finché so gonfia il riso. Dopo

che si raffredda, si mette la carne macinata, l’uovo e la farina di mais. Dopo si mischia e si

mette un po’ su ogni foglia di uva e la chiude. Poi si mette a bollire nell’acqua, fino a

quando non è cotta”. Gli chiedo come si serve se la foglia d’uva va tolta o meno e lui mi

dice “Come vuoi, si può anche mangiare, è buona!”.

Poi parla della Pasqua (tutto ciò che gli viene in mente dice, senza seguire per forza un filo

logico, spinto dalla prof. che gli dice di dire quel che vuole). Racconta che il sabato, la

domenica e il lunedì di Pasqua in Romania si canta tutto il giorno, che la domenica si fa la

comunione, ma non come qui in Italia con l’ostia, in Romania si usa un pezzo di pane.

Carlo poi parla della situazione politica: “Il Presidente della Romania era un po’ duro,

hanno fatto la rivoluzione e l’hanno ucciso. A Bucarest i soldati hanno ammazzato la gente

che si ribellava a Ceausescu. I rivoluzionari hanno preso Ceausescu e la moglie e li hanno

ammazzati”. Poi racconta che ora a capo della Romania c’è Iliescu che fa parte del PDSR,

cioè del Partito Democratico Socialista Romeno. Aggiunge: “Era meglio Ceausescu,

perché avevi il posto dove lavorare, ti davano più soldi e il terreno. Ora i salari sono gli

stessi, i prezzi come qui in Occidente e c’è tanta disoccupazione”. Racconta che il salario

medio era di un milione di lei e che un pezzo di pane costava 15000 lei.

Poi afferma: “Ora in Romania rimangono solo i vecchi”, facendo riferimento all’alto tasso

di emigrazioni. La prof. gli dice che se la Romania riuscirà a superare le difficoltà che

l’affliggono, poi chi vorrà potrà tornare nel suo paese e lui: “Mio padre torna, io no!!”. Poi

la prof. gli dice che fra tre anni la Romania dovrebbe entrare nell’Unione Europea e lui,

con tono ironico, ribatte: “Si, lo dicono da 50 anni!!”.

Poi racconta che quando era in Romania alle 8 andava a scuola e che dopo ogni ora, che

era di 40-45 minuti, c’era una ricreazione di 25-30 minuti. La prof. si stupisce e gli chiede:

“Facevate pochissime ore?”, e lui: “Là facevamo lezione, non è come qui.. Lavoravamo 50

minuti e 50 minuti erano di lavoro”. Prosegue raccontando che “durante l’ora di storia, per

esempio, non dovevi solo leggere, ma dovevi pure scrivere”. La prof. un po’ ironicamente

gli chiede: “Non c’era nessuno tipo Emilio (uno dei più vivaci della classe), che è

impossibile tenerlo fermo, che si alza dalla sedia e va in giro per la classe?” e lui: “Gli

zingari”. La prof.: “Gli zingari erano nella tua classe?” e lui: “Si c’erano, ma pochi”. Poi

racconta che durante le ricreazioni uscivano liberamente fuori e giocavano a pallone nei

prati intorno alla scuola.

Racconta che durante l’estate andava tutto il giorno in giro con la bicicletta e alle 12

andavano, lui e i suoi amici, a fare i tuffi in un torrente dove l’acqua era molto fredda,

tornava per mangiare e poi riusciva; era molto libero e non c’erano pericoli dove viveva

lui.

Spesso quando racconta e non gli vengono le parole dice: “Professore’.. non so parlà!!”.

Poi racconta una storia che riguarda un lago vicino il suo paese. “La storia racconta che un

uomo ha buttato un bastone in questo lago e lo ha ritrovato nel Danubio” e aggiunge

“come se ci fosse un buco.. professore’!”.

Finita la relazione la prof. fa passare il quadernone tra i banchi per far vedere le bellissime

cartoline che Carlo ha attaccato. Lui è orgoglioso di parlare della Romania, descrivere

cosa riportano le cartoline e rispondere alle domande dei suoi compagni.

Poi è il turno di un altro ragazzo che ha preparato la relazione su Spagna e Portogallo.

Finita anche questa relazione, la prof. fa ascoltare alla classe delle musiche tradizionali

portoghesi e spagnole. Per finire rimette il cd del gruppo rumeno che canta “Ochi tai” e

sorprendentemente tutti canticchiano, a memoria, il ritornello.

14:00-15:00 (pausa pranzo)

Mi siedo su un marciapiede vicino ad Lina e chiacchieriamo un po’ come due “vecchie

amiche”. Lei è sempre molto loquace, ma oggi forse lo è anche di più e non serve che io le

faccia delle domande, come spesso accade; oggi è lei che mi vuole raccontare delle cose

senza seguire un filo logico preciso, è come “un fiume in piena di pensieri e fatti”.

Mi racconta del suo viaggio di arrivo in Italia. È venuta in un camioncino, con un’altra

decina di persone, lei era la più piccola. Un uomo che la nonna non conosceva era andato

a prenderla; la nonna le aveva preparato una borsa e le aveva dato due chili di prosciutto

crudo, del formaggio e del pane per il viaggio. Tutte le provviste (che non le piacevano, lei

preferisce per esempio il prosciutto cotto) le aveva date poi a dei cani randagi incontrati a

Bucarest. Mi racconta che lì è pieno di branchi di cani randagi e aggiunge che “sono tutti

magri, magri, con delle grandi pance.. poverini!”. Mi dice che il viaggio è durato tre giorni

ed a parte Bucarest non si ricorda altro; ha mangiato patatine e qualcosa agli autogrill. In

macchina si cantava. Poi, arrivati in Italia, l’uomo che guidava il camion aveva lasciato ad

una stazione alcuni di loro e poi aveva telefonato alla sua mamma dicendo: “Se non te la

vieni a prendere, la lascio qui da sola dove siamo!”. Lei mi dice che la mamma è corsa, con

il padre, a prenderla. Mi racconta di essere scesa dalla macchina mentre ancora

camminava, per la gioia di rivederli e di riabbracciarli, mi dice che entrambi piangevano

tanto, ma che lei non è riuscita a piangere.

Poi mi parla della cugina Dina, che “ha trovato lavoro con i bambini” (fa la baby-sitter,

credo) e che ha imparato un po’ a parlare italiano. Le dico: “Almeno così quando non c’è

mamma lei ti fa un po’ di compagnia!” e lei mi dice di no, perché la cugina torna solo il

sabato e la domenica, come il papà, in quanto la signora dove lavora “vola” (credo che

faccia l’hostess).

Finalmente riesco a sapere qualcosa di più su questo padre; non vive con loro, torna solo il

sabato e la domenica, “vive lontano, dove lavora, in un’altra casa con le persone con cui

lavora e non può andarsene”, almeno così sa Lina, “perché altrimenti perde il posto”.

Il I maggio è andata a Ponza con il padre (che ci doveva andare per lavoro) e la moglie del

cugino della madre; si è divertita tanto, ha fatto anche il bagno nel mare e mi dice: “Lì

l’acqua è pulita!”.

Scopro che lo zio che vive con lei è il fratello della madre.

Lina mi svela che la mattina fa colazione con latte e biscotti, che il primo ad alzarsi e a fare

colazione è lo zio e poi lei e che l’ultima ad uscire è la mamma. Poi mi racconta come si

lava i denti: prima con il sale, grosso o fino che sia, e poi con la pasta dentifricia.

Infine mi racconta di aver litigato con la mamma e che sono tre giorni che non si parlano.

Mi dice che si è arrabbiata perché si era comprata “Cioè”, un giornalino. Lo aveva

comprato perché c’era il poster dei ragazzi di “Saranno Famosi”, che a lei piacciono tanto.

La mamma le ha detto che quei soldi servivano ad altro, poi le ha chiesto: “Ora che

preferisci la maglia o la gita?” (forse se non avesse comprato quel giornaletto, non avrebbe

dovuto scegliere!). Lei risponde: “La gita” e la mamma: “Invece compreremo la maglia

perché ti serve!”. Così mi dice che forse domani non verrà in gita, perché non sa se la

mamma le darà i soldi per i biglietti dell’autobus. Infatti per la gita di domani servono solo

quelli. Potrei darglieli io, ma preferisco non intromettermi. Credo che in realtà i soldi la

mamma glieli darà, ma sta cercando di far capire ad Lina il valore del denaro e che prima

di spendere bisogna pensare. Infatti il giorno dopo è presente alla gita.

16.05.2002

Oggi è il giorno della festa multietnica, organizzata dal CTP (Centro Territoriale

Permanente) a Villa Doria Panfili. I ragazzi, le professoresse e tutti i partecipanti hanno

preparato qualcosa da mangiare e portato da bere, e in più tovaglie, bicchieri, posate di

plastica. I ragazzi hanno costruito anche degli aquiloni colorati.

Siamo i primi ad arrivare insieme ai responsabili del CTP, poi arriva il gruppo di ragazzi

down che frequenta la scuola G. due volte a settimana, e poi in ultimo arrivano alcuni

degli stranieri del CTP.

È strabiliante come i nostri ragazzi, che spesso prendono degli atteggiamenti discriminatori

nei confronti dei disabili e degli stranieri, si trovino prima a fare le presentazioni e poi a

giocare tutti insieme. Non mancano espressioni come “a’ mongoloide”, “quanto sei brutta”

e insulti vari, ma nel complesso tutti giocano insieme.

I piatti principali sono: il riso alla cantonese, i fagioli alla libanese e un piatto tipico

nigeriano a base di pollo, gamberi, aringhe, peperoni e riso (molto piccante!); e poi i

numerosissimi dolci preparati dalle mamme del ragazzi.

Il risultato è stato migliore del previsto visto che il presupposto dei ragazzi era: “Io non

mangio le schifezze che portano quelli!”. In pochi hanno assaggiato i piatti stranieri, ma

quasi tutti hanno giocato con loro e con i disabili ed hanno condiviso momenti di

divertimento, momenti che credo non dimenticheranno, almeno per il fatto di aver

scoperto che si può giocare e divertirsi anche con chi loro considerano “diverso” e chissà

se piano piano, gioco dopo gioco, riusciranno anche a vederli meno “diversi”.

22.05.2002

9:00-10:00 materia: ed. tecnica classe: I alunno: Lina

Oggi la classe è composta da tre ragazzi, più i tre ragazzi portatori di handicap; ci sono

tanti assenti. La scuola sta finendo e molti di loro già non vogliono andarci più; Desirè

sono più di 15 giorni che non la vedo.

Mi siedi vicino a Lina che con voce dolce, quasi malinconica, mi dice: “Ti voglio tanto

bene!”. Lo stesso me lo dice Alex. Spessi discutono per me, per le mie attenzioni. Se Alex

mi dimostra dell’affetto, Lina non tarda a dirgli: “Federica è mia!!”.

L’ora di tecnica procede bene, lavorano tranquillamente.

10:00-11:00 materia: lettere classe: I alunno: Lina

La prof. di lettere, oggi non c’è, ha preso una settimana, sta poco bene. In sua sostituzione

viene la prof. di sostegno, che li porta in sala informatica. Alex libera, per me, la sedia

vicino a lui, e altrettanto fa Lina, così per non creare discussioni mi metto in mezzo tra i

due. Alex spesso quando si rivolge ai suoi compagni lo fa in modo un po’ duro, oppure li

insulta. Loro ormai lo conoscono e lo lasciano stare. Lina con mia sorpresa comincia a

difendersi. Infatti lui le dice non so per quale motivo: “deficiente” e lei gli risponde molto

prontamente: “cretino” e così continuano per un bel po’. Mi stanco di sentirli litigare e

cosi gli dico: “Se continuate a comportarvi così, non sto più vicino a voi!!”.

Guardo Lina attentamente com’è vestita. Oggi indossa una maglietta di cotone bianca

sporca (ha delle macchie che sembrano di caffè, anche se lei non ne beve) con dei buchi e

dei pantaloni della tuta bianca (sempre gli stessi dall’inizio dell’anno).

Mi racconta che ha fatto una ricerca tramite Internet sulla sua città e mi invita ad andare in

Romania con lei quest’estate. Le chiedo se allora ha deciso di andare, mi aveva detto

precedentemente che non lo sapeva se andare o meno e mi dice: “Vado con mamma, per

due o tre settimane!”

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno: Carlo

Oggi la prof. dedica l’ora a far ripetere ai ragazzi, uno per uno, con il voto, la ballate che

venerdì 24 maggio dovranno cantare alla manifestazione “Intermundia” a piazza Vittorio

Emanuele. Vengo a sapere da una delle ragazze che la prof. ha promesso a chi andrà a

piazza Vittorio (non ci voleva andare nessuno al principio e nessuno voleva cantare) un

ottimo in pagella. Le chiedo come mai e lei: “Come devo fare, non volevano venire?”.

Ripetono tutti chi meglio, chi peggio, la ballata.

12:00-13:45 materia: lettere classe: II alunno: Carlo (Oggi la prof. manca non conoscendo l’insegnante che la sostituisce, preferisco nonrimanere in classe).

14:00-15:00 (pausa pranzo)

Lina si siede vicino a me sullo scalino della scuola, ormai per noi è la nostra “panchina

delle confidenze”. Mi racconta di essere stata domenica al mare, a Fregene, con la

mamma, il papà e lo zio e di aver fatto anche il bagno.

Mi allontano per un momento, quando torno la trovo triste con le lacrime agli occhi, le

chiedo cosa è successo, lei mi dice: “Niente!” ed io le rispondo: “È da un bel po’ che ti

conosco ormai e quel musetto non mi inganna più!”. Mi sorride e mi dice che Federica,

una ragazza della III, la prendeva ancora in giro per quella voce che Valeria, una sua

compagna di classe, aveva messo in giro e cioè che lei aveva i pidocchi. Le dico di non

prendersela, che spesso a quell’età gira un virus che si chiama “scemenza” ed è molto

contagioso. Lei mi guarda perplessa, non so se ha capito la mia battuta, ma forse il tono si,

così mi guarda negli occhi, mi sorride, mi abbraccia e sembra ormai tutto passato.

29.05.2002

9:00-10:00 materia: ed. tecnica classe: I alunno: Lina

Oggi è l’ultimo giorno della mia ricerca. Lina, come sempre, mi corre incontro e mi bacia

per salutarmi. Poi mi chiede come sta il cane; tutti i giorni in cui l’ho vista la sua domanda

ricorrente è sempre stata quella e poi mi ha sempre aggiornata sulla salute dei suoi criceti,

anche se io non le avevo chiesto nulla.

Mi racconta che oggi, per merenda, si è portata la Coca-Cola e aggiunge: “Che mi frega se

la professoressa mi mette la nota!?”.

Durante la lezione di tecnica, Desirè va alla lavagna per scrivere il riassunto di quello che

avevano letto poco prima. Lina si offre di scriverglielo sul quaderno e Desirè le dice: “Ma

de che, non provà a toccà er quaderno mio!”, poi dopo un po’ ci ripensa e le dice: “Va be’

Li’ scrivi te!”. Lina prende il quadernone di Desirè e comincia a scrivere, lasciando da

parte il suo. Dopo un po’ arriva anche Alex (non so dove era andato) e la prof. gli dice:

“Dai Alex sbrigati a copiare!”. Lui non ha molta voglia, mi guarda e mi dice: “Scrivimelo

te! L’altra volta ad Lina gliel’hai scritto te!” ed io: “Ma Lina era alla lavagna; tu ora non

hai nulla da fare, ti manca solo la voglia di scrivere!”. Così, rassegnato, scrive due righe,

ma poi visto che Desirè ha finito di scrivere alla lavagna, la raggiunge al suo banco per

fare un test di “Cioè”. La prof. chiede: “Alex hai scritto!” e lui “No, professore’ non me

va!!” e Lina allora gli chiede: “Vuoi che te lo scrivo io?” e lui tutto contento le porta il

quadernone. Lina però per scrivere sui quadernoni dei compagni non scrive sul suo e la

prof. le chiede poi lei come farà. Alex allora interviene dicendo che poi glielo presta lui il

quadernone per copiarselo a casa.

Durante la lezione Desirè si era informa su cosa avessero portato i suoi compagni per

merenda; lei infatti spesso mangia tutto o parte delle merende dei suoi compagni, ma a

loro non sembra dispiacere.

10:00-11:00 materia: lettere (gramm.) classe: I alunno: Lina

La maggior parte della classe si è dimenticata di portare il libro di grammatica, così la prof.

ha fatto lezione solo a quei pochi che lo avevano e agli altri, tra cui Lina, ha dato da fare

un riassunto di un brano sul libro di antologia, tra proteste varie, dovute al fatto che

secondo loro il brano era troppo lungo (6 pagine).

11:00-12:00 materia: musica classe: II alunno: Carlo

Oggi sono più scalmanati che mai; non hanno alcuna intenzione di fare lezione, vogliono

solo ascoltare il loro cd di musica da discoteca. La prof. cerca prima di parlargli, in quanto

nel pomeriggio avranno lo spettacolo di fine anno, dove faranno vedere ai loro genitori

cosa hanno preparato nei laboratori pomeridiani del tempo prolungato, ma a loro non

interessa e, come possono, accendono lo stereo, anche se la prof. “sta cercando” di

parlare. Così l’insegnante decide di rinunciare e di fargli ascoltare quello che vogliono

purché stiano tranquilli.

12:00-13:45 materia: lettere (narr.-geog) classe: II alunno: Carlo

Si comincia con narrativa in quanto la prof. oggi vorrebbe finire la lettura del libro. E così

avviene. L’ultima parte del testo affronta ancor meglio il tema dei bambini e del razzismo e

come i bambini che nascono non razzisti, possano diventarlo per il cattivo insegnamento.

Durante la lettura sono attenti, sembrano interessati, anche se alla fine, quando la prof. gli

chiede se ci sono dubbi e se c’è qualcuno che vuol dire qualcosa, nessuno parla.

Si passa a geografia; oggi ci sono le relazioni di Manuele sulla Francia, di Giorgio sulla

Germania e di Lory sulla Macedonia, l’Albania e la Grecia. Manuele e Giorgio hanno fatto

la ricerca, ma non l’hanno studiata; la prof. gli mette un brutto voto e gli dice che se la

settimana prossima (ultima settimana di scuola) avranno del tempo gli darà la possibilità di

recuperare. Così tocca a Lory. Lei ha fatto un ottimo lavoro anche se per l’Albania non si

è fatta aiutare affatto dal padre (lei è albanese). La prof. infatti le aveva detto di lavorare

con il papà e di farsi raccontare i costumi, le tradizioni, i piatti tipici albanesi. Lory ha

risposto che non aveva avuto tempo visto che il padre lavora dalle 6 della mattina alle 10

della sera, ma l’insegnante non ha creduto che il non avesse trovato neanche qualche ora la

domenica da dedicare alla figlia. Era più facile che lei non glielo avesse nemmeno chiesto,

poiché Lory si vergogna di essere albanese e non ha mai avuto tanta voglia di parlarne,

soprattutto davanti alla classe. Comunque rispetto all’inizio dell’anno in cui l’ho vista

offendersi ogni volta che si alludeva alla sua origine, va già meglio adesso. Il fatto di dover

parlare dell’Albania per un compito scolastico la può aver aiutata, almeno in parte, ad

accettare di essere albanese e a far conoscere ai suoi compagni aspetti dell’Albania che

dalle cronache televisive non vengono mai fuori. Sembra contenta di parlare del suo paese;

quando poi la prof. le chiede delle principali città, lei le elenca in Italiano e anche se

l’insegnante le chiede di pronunciarle in albanese, lei si rifiuta. La prof. le racconta di

essere stata in Albania e che qualche parola la conosce, ma che ne vorrebbe imparare delle

altre. Poi chiede alla classe: “Per esempio chi sa cosa vuol dire in italiano la parola lule?”.

Tutti cominciano a gridare qualsiasi parola a caso, e Lory è molto divertita; fino a quando

Giorgio, sotto suggerimento di Lory, dice: “Fiore!” e la prof. gli dice: “È giusto, ma come

hai fatto!!” e lui sorridendo le risponde: “Così.. a istinto”. Lory racconta che quando va in

Albania tutti gli anni a trovare i nonni, ritrova i suoi vecchi amici, gioca con loro e spesso

loro gli chiedono di parlare in italiano; poi aggiunge che molti di loro lo conoscono

attraverso la tv. Carlo poi le chiede come si chiama suo nonno, ma lei non vuole dirlo.

Emilio chiede a Carlo: “Tu’ nonno come se chiama?” e lui: “Nellu”; in molti sorridono, e

si continua la lezione.

Poi la prof. accende lo stereo, mette delle musiche albanesi e Lory reclama: “A professore’

ma queste so de mille anni fa!” e lei: “Lory, vi ho detto che vi faccio ascoltare musica

tradizionale!”.

Poi all’improvviso dobbiamo interrompere l’ascolto perché Alessio e Carlo si stanno

picchiando e non per scherzo come a volte accade; non si capisce cosa ha scatenato la lite,

ma la prof. li divide e li porta fuori dalla classe per fare chiarezza sull’accaduto.

14:00-15:00 (pausa pranzo)

Oggi alle 15:30, ci sarà quindi questo spettacolo di fine anno, ci saranno i ragazzi che

balleranno un musical, canteranno la ballata “La barba di Bin Laden” e reciteranno

“Nemici”, poi più tardi ci saranno le esibizioni degli adulti del CTP in canti e danze

popolari.

Durante la pausa pranzo sono tutti emozionati. Le insegnanti sperano che qualche genitore

venga. In un momento di tranquillità dico a Lina che oggi sarebbe stato l’ultimo giorno in

cui ci vedevamo e che però l’anno prossimo sicuramente sarei andata a trovarli, ma lei non

dà molta importanza alle mie parole.

All’improvviso la vedo correre incontro ad un uomo gridando: “Papà!!”, lo abbraccia e lo

bacia. Il padre è un bell’uomo, alto, capelli chiari, carnagione scura. Non si avvicina né agli

insegnanti, né agli altri ragazzi, né agli altri genitori (anche nel teatro dove ci sarà lo

spettacolo, rimane in disparte, completamente isolato), ma Lina non lo lascia mai. Io

guardo Lina, lei mi sorride, ma non mi fa nessun cenno che mi possa permettere di capire

se posso avvicinarmi o no. Mi piacerebbe farlo, vorrei conoscere suo padre, ma lei non fa

niente e sta solo abbracciata a lui, niente e nulla più la interessa. Provo ad avvicinarmi, ma

lui si allontana, e così rinuncio rimanendo vicino all’insegnante di lettere di Lina, con la

speranza che prima o poi si avvicini di sua iniziativa. “C’è il papà di Lina, ha visto?”,

chiedo alla prof. e lei mi dice: “No, dov’è, io non l’ho mai visto! Meno male.. Lina era così

dispiaciuta che non sarebbe venuto nessuno!”.

Lo spettacolo è andato bene; non c’era molta gente, ma neanche poca. I ragazzi si sono

divertiti e anche la Preside è stata contenta del risultato di un anno di lavoro. Prima di

andare via saluto e ringrazio le insegnanti, ripromettendomi di andare a trovarle, e la

preside. Poi saluto qualcuno dei ragazzi che incontro. Giorgio mi chiama come al solito:

“A recchia!!”, ed io: “Ciao ci vediamo l’anno prossimo!” e lui “Perché non vieni più!?”,

“No, ho finito, ma l’anno prossimo torno a trovarvi” e lui per concludere in bellezza mi

risponde: “Va be’ sti cazzi! Ciao”.