“Vertigine di Sofferenza” · molti scontri sia tra Palestinesi e Israeliani ma anche tra...

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I.I.S Corridoni-Campana indirizzo: Liceo scientifico Federico e Muzio Campana “Vertigine di Sofferenza” Storia , Testimonianze e Arte dalla Striscia di Gaza Noemi Baldoni 5B Scientifico Anno scolastico : 2016/2017

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I.I.S Corridoni-Campana

indirizzo: Liceo scientifico Federico e Muzio Campana

“Vertigine di Sofferenza”

Storia , Testimonianze e Arte dalla Striscia di Gaza

Noemi Baldoni

5B Scientifico

Anno scolastico : 2016/2017

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Indice

1. Introduzione pag.3

2. Premessa pag.4

3. Capitolo 1 pag. 5 - Principio ed Evoluzione del conflitto pag .5

- Storia contemporanea e attualità del conflitto pag.8

4. Capitolo 2 pag.15

- Pillole di nozioni sulle caratteristiche delle Striscia di Gaza pag.16

- ogni famiglia a Gaza ha una storia da raccontare pag.17

- Muhammad Al Silky pag.18 - Famiglia appartenete ad Hamas pag.19

- Rami Kadher Ayyad: una vita per una Bibbia nella Striscia di Gaza pag. 23

- Rami Kadher Ayyad: la vedova di Rami , Pauline Ayyad pag 24

- Amal pag.26

- Forse ci sarà la pace. pag .29

5. Capitolo 3 pag.30 - In mezzo alla disperazione c’è sempre spazio per l’Immaginazione pag.30 - Tahaluk ( “esausti” ) pag.31

- Salvador Dalì ( 1904-1989) pag.33

- Costruzione molle con fave bollite: presagio di guerra civile pag.34

- Il Volto della Guerra pag.36

6. Conclusione pag.37

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Intruduzione

“Io sogno di dare alla luce un bambino che chieda: “Mamma, che cosa era la guerra?” (Eve Merriam)

Tutto ha avuto inizio grazie a due viaggi : il primo nella terra di Israele nell’Agosto 2015, mentre l’altro molto più recente avvenuto in questa Pasqua 2017 in Polonia (con relativa visita ad Auschwitz-Birkenau.) Sono sempre molto stata interessata riguardo l’attualità o la storia moderna e contemporanea, e grazie a queste esperienze ho avuto il piacere di approfondire argomenti importanti (su cui spesso si sa poco) e questo mi ha fatto sempre di più aumentare la passione riguardo il popolo ebraico e la terra di Israele ; terra di un grande valore spirituale ma ricca anche di lacrime e sangue.

Ho intitolato la mia tesina “ Vertigine di sofferenza” per dimostrare quanto ogni singola guerra in qualsiasi tempo e luogo porti unicamente distruzione e morte e guadagno unicamente per “i ricchi businnesman” . La sofferenza fa provare come “una vertigine” , ti stordisce , ti fa perdere la bussola, puoi perdere anche te stesso ma grazie ad essa si può andare anche oltre , si può aver voglia di testimoniare ciò che è accaduto, si può voler cambiare .

Qui verranno raccontare storie di vita e testimonianze non si parlerà soltanto di “numeri”.

Grande importanza ha sempre avuto l’arte nella vita (infatti alcune immagini inserite in questo scritto sono dei miei lavori) e grande importanza ha l’arte nella guerra perché attraverso l’opera artistica si possono creare messaggi universali per tutti gli uomini e diffondere le proprie esperienze di vita. Attraverso il manufatto artistico si può dar voce anche ai sentimenti e alle esperienze più intime e sconvolgenti.

Per raccontare le diverse testimonianze ho preso in esame un libro ,scritto da un uomo che ho conosciuto nella terra d’Israele , e che abita anche là per la maggio parte dell’anno e anche una mia esperienza diretta avvenuta proprio nella terra di Israele.

Vorrei cercare di dar voce ai civili delle Striscia che molto spesso l’Occidente considera come non esistenti

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Premessa

Parlare della Striscia di Gaza non è facile, la situazione politica in questo territorio non è chiara e di facile interpretazione. Ci sono molti scontri sia tra Palestinesi e Israeliani ma anche tra Palestinesi stessi: tra la fazione più moderata di Al Fatah e quella più radicale di Hamas.

La linea di Hamas , con ideali islamici di maggiore estremismo , ha preso il controllo della Striscia dal 2007 a seguito della Battaglia di Gaza.

Per capire un po’ meglio la situazione in questo lembo di terra largo 6 chilometri e lungo 40 è necessario parlare meglio della situazione politica e geo-politica in questa zona che viene denominata dagli storici nelle sue problematiche come Questione Mediorientale.

Difficile è parlare in maniera breve ,concisa e chiara della storia moderna e contemporanea che riguarda Israele , Palestina e Striscia di Gaza, e per riuscire a fare ciò è necessario consultarsi con libri , blog , articoli di giornali, siti internet, ecc. per cercare di fare maggiore chiarezza

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Capitolo 1

« Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nel paese che vai a prendere in possesso e ne avrà scacciate davanti a te molte nazioni: gli Hittiti, i Gergesei, gli Amorrei, i Perizziti, gli Evei, i Cananei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te » ( Bibbia , Deuteronomio 7,1)

- PRINCIPIO ED EVOLUZIONE DEL CONFLITTO

-Perché la Guerra?

Il conflitto arabo-israeliano, che da cinquanta anni ha trasformato la terra di Palestina in un campo di battaglia permanente, è un prodotto tragico del nazionalismo, inserito in un contesto di forte conflittualità religiosa. Israele, stato indipendente dichiarato il 14 maggio 1948, si costituisce al termine di una contraddittoria politica di decolonizzazione attuata con gravissime responsabilità da Francia e Gran Bretagna.

La Palestina non è mai stata una nazione indipendente. Fino al 1914 era parte dell'impero Ottomano; una regione scarsamente popolata, arretrata e con un sistema semifeudale. Gli abitanti erano in grandissima maggioranza poveri braccianti al servizio di proprietari terrieri. Nel 1880 la zona

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contava circa 24 mila ebrei e 150 mila arabi. Nel 1945 gli arabi erano saliti a 1 milione e 240 mila, mentre gli ebrei erano 553 mila. Solo Gerusalemme era un centro urbano di una qualche importanza.

-Che cosa accadde nel Frattempo?

La prima guerra mondiale segnò la fine dell'impero Ottomano; l'area mediorientale passò sotto il controllo (protettorato) franco-inglese. Le diplomazie dei due stati avviarono un triplice gioco: A) fu promessa l'indipendenza ai grandi proprietari arabi in cambio del loro appoggio in guerra (1915) B) Balfour (premier britannico) rispose alla pressione del movimento sionista dichiarando di vedere con favore la creazione di uno stato ebraico indipendente in Palestina (1917). C) l'accordo Sykes-Picot, siglato nel marzo 1915, e tenuto a lungo segreto, fissò la spartizione dell'intero Medio Oriente in aree di influenza.

-La Creazione sello Stato di Israele

I Trattati di Versailles assegnarono la Palestina al protettorato britannico. Sia ebrei che arabi si aspettavano una qualche forma di indipendenza; la Gran Bretagna non va oltre a qualche proposta di spartizione territoriale; la conflittualità tra le popolazioni - sempre più numerose - cresce continuamente. Il vento di guerra, e i rischi di una penetrazione tedesca nell'area, indussero il ministro Eden a favorire una strategia di accordo tra i paesi arabi e a proporre (1939) la costituzione di uno stato indipendente, basato sulla coesistenza etnica. Per limitare la supremazia ebraica e per non rompere l'alleanza con i paesi islamici, fu fortemente limitata l'immigrazione ebraica - fissata a quota 75.000. Con l'inizio in grande scala della persecuzione nazista, è facile immaginare quale ripercussione drammatica abbia comportato questa scelta. Non mancarono scontri tra terrorismo ebraico e autorità britanniche, considerate ostili al sionismo. Terminata la guerra, forse anche in seguito all'ondata emotiva dell'olocausto, l'immigrazione verso la Palestina non fu più ostacolata dal controllo britannico. Nell'immediato dopoguerra la zona era teatro di scontri tra ebrei e britannici, e tra ebrei e arabi. Nel maggio 1947 La Gran Bretagna annunciò all'ONU che si sarebbe ritirata dalla regione. Nel novembre dello stesso anno dalla stessa assemblea delle Nazioni Unite venne la proposta di dividere la regione in due parti: agli ebrei sarebbe andata la zona del Negev (permetteva una notevole espansione e capacità di accoglienza di nuovi immigrati). Usa, Urss e Francia si dichiararono a favore; la Gran Bretagna si astenne; stati arabi, India, Grecia e Pakistan votarono contro.

-Proclamato nel 1948 lo Stato di Israele

Quando le truppe inglesi lasciarono il Medio Oriente, nel maggio 1948, fu immediatamente proclamato lo stato di Israele. Gli stati arabi considerarono la creazione dello stato ebraico - fondato su basi religiose e razziali - un atto di forza intollerabile: un esercito di palestinesi e truppe dei paesi arabi circostanti attaccò il nuovo stato

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iniziando la lunga stagione delle sconfitte militari. Aggressioni dei paesi arabi e controffensive violentissime portarono i soldati di Israele ad occupare vaste zone interamente abitate dai palestinesi. I conflitti del 1956, 1967 e 1973 aprirono le porte alla tragedia dei "territori occupati": le alture del Golan, la striscia di Gaza e la Cisgiordania diventarono campi di guerriglia permanente; con una popolazione a grandissima maggioranza palestinese (1,5 milioni gli arabi acquistati nei confini israeliani) discriminati e disprezzati da autorità e coloni. Soltanto nella controffensiva del 1949 e in seguito ai disordini dovuti alla proclamazione del nuovo stato ci furono quasi 1 milione di palestinesi espulsi dalla propria terra, accolti in miserabili campi profughi messi a disposizione dai paesi arabi e dall'UNRRA.

- Le guerre

Dal 1949 il conflitto ha assunto connotati sempre più drammatici. Nel 1956 i palestinesi costituiscono un movimento di liberazione (Al-Fatah) capace di collaborare con le forze armate degli stati arabi e di muovere azioni di guerriglia nel territorio israeliano. Nel 1967 - con fronti caldi come Siria e Egitto - scoppiò una crisi internazionale intorno al controllo del golfo di Aqaba (Sharm el Sheikh), innescato principalmente da Nasser , presidente dell'Egitto. Forte dell'appoggio sovietico - se Usa e Francia erano filo-israeliani, ovviamente i sovietici erano filo-arabi - Nasser annunciò il blocco delle navi che attraversavano il golfo di Aqaba per rifornire Israele. Lo stato ebraico rispose con la forza: il 5 giugno 1967 l'aviazione bombardò gli aeroporti dei paesi arabi; le truppe di terra occuparono Gaza, Sherm el Sheikh, la Cisgiordania e Gerusalemme, le alture del Golan, l'Alta Galilea e il Sinai. L'attacco passò alla storia come la guerra dei 6 giorni: il 10 giugno le offensive erano già terminate. Ma le ferite aperte risultarono gravissime: lo scontro all'interno del territorio palestinese si trasformò in guerriglia permanente, con una militarizzazione molto estesa del movimento di liberazione arabo e un ricorso alla rappresaglia indiscriminata e violentissima. Nel 1969 nasce l'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) sotto la guida di Yasser Arafat. Intanto anche il Libano, con il bombardamento di Beirut nel 1968 ad opera dell'aviazione israeliana, entrava nella spirale di guerra del Medio Oriente. La Francia di De Gaulle divenne sostenitrice della pacificazione nell'area, appoggiando di fatto l'azione diplomatica dei paesi arabi. 1972 E' l'anno del massacro di Monaco. Il 5 settembre un commando di guerriglieri palestinesi fece irruzione negli alloggi israeliani del villaggio olimpico, prendendo in ostaggio nove atleti e uccidendone due. Quando le trattative fallirono le truppe speciali assaltarono il commando: nel conflitto rimasero uccisi cinque feddayyin, un poliziotto e tutti gli ostaggi. 1973 Anwar Sadat, successore di Nasser alla presidenza dell'Egitto, tentò nuovamente nell'autunno del 1973 di cambiare i rapporti di forza nell'area. Il 6 ottobre, sfruttando l'effetto sorpresa offerto dalla festività dello Yom Kippur, Egitto e Siria attaccarono. Dopo primi parziali successi, l'armata

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araba fu costretta alla ritirata, al punto da veder quasi minacciato Il Cairo. Il 22 ottobre la controffensiva ebbe termine.

-Irrimediabilità della Presenza di Israele per i Palestinesi

Sadat si convinse dell'irrimediabilità della presenza di Israele e avviò una serie di contatti che portarono a una normalizzazione completa dei rapporti tra i due paesi e una fuoriuscita dell'Egitto dalla spirale di violenza del conflitto arabo-israeliano (trattato di pace di Washington, 1979). Sadat, tacciato di tradimento della causa araba, fu assassinato nell'autunno 1981. Teatro principale degli scontri divenne il Libano, dove si erano rifugiati circa 200.000 palestinesi, armati e decisi a sostenere in grande scala azioni terroristiche e militari contro Israele. Il paese era caduto in una tragica guerra civile su cui Siria e Israele stavano pesantemente contribuendo. All'inizio del 1980 Israele invase il Libano meridionale coinvolgendo nella controffensiva anche i territori palestinesi e proclamò Gerusalemme capitale dello stato. I fatti sono terribilmente complicati per gli intrecci tra scontri locali e religiosi con le questioni di politica internazionale e di supremazia nell'area. Il massacro di Sabra e Shatila (settembre 1982) - un campo di profughi palestinesi alla periferia di Beirut - ad esempio è stato compiuto da truppe dell'esercito cristiano-libanese ma con la complicità dell'esercito israeliano, guidato tra gli altri da Sharon, che aveva il controllo dei campi.

Storia contemporanea e attualità del conflitto

La Nascia Dell’' Intifada

Nel 1982 Israele invade e occupa la parte meridionale del Libano per distruggere le basi palestinesi. Dal 1987 al 1992 i palestinesi cominciano una forma di resistenza popolare, chiamata Intifada,

Nel 1993 vengono firmati gli Accordi di Oslo e sembra che il conflitto stia per finire, ma i nodi principali restano irrisolti e rimandati a un secondo turno di negoziati: la nascita di uno stato palestinese indipendente, il ritorno dei profughi palestinesi, il controllo delle scarse risorse idriche e lo status di Gerusalemme.

- L’Accordo Mancato

Nel 1994 la Giordania firma un accordo di pace con Israele. Nelle zone che dovrebbero diventare il futuro stato palestinese comincia una forma di autogoverno guidata dall’Autorità Nazionale Palestinese, presidente della quale viene eletto nel 1996 Yasser Arafat. Dopo l’entusiasmo degli Accordi, la diplomazia internazionale arresta la sua pressione e israeliani e palestinesi non riescono a trovare un accordo.

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- La Seconda Intifada

Israele si è ritirato dal Libano nel 2000. La tensione ricomincia a salire e, nel settembre 2000, comincia la seconda Intifada scatenata da una provocatoria passeggiata dell’allora candidato premier israeliano Ariel Sharon sulla Spianata delle Moschee. Le principali formazioni militari che combattono Israele sono: la Brigate Izz ad-Dīn al-Qassām (braccio armato di Hamas, vicina ai Fratelli Musulmani), la Jihad Islamica, il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, le Brigate dei Martiri di al-Aqsa (braccio armato del partito Fatah). Il conflitto ha cominciato a calare d’intensità quando, l’11 novembre 2004, muore Arafat.

- Segnali di Pace ?

Il governo israeliano, guidato da Ariel Sharon, e le cancellerie delle grandi potenze mondiali, si dichiarano di nuovo pronte al confronto con i palestinesi, dopo che Arafat era stato considerato negli ultimi anni un interlocutore poco credibile. A gennaio 2005 si tengono le elezioni presidenziali in Palestina e successore di Arafat viene nominato Mahmoud Abbas (Abu Mazen). Il dialogo riprende, ma il governo Sharon decide unilateralmente di sgomberare la Striscia di Gaza, occupata nel 1967, ad agosto 2005. L’esercito di Tel Aviv sgombera con la forza i coloni israeliani e lascia l’amministrazione del territorio ai palestinesi.

- Hamas Vince le Elezioni

Il 25 gennaio 2006, le elezioni politiche in Palestina sanciscono la vittoria del partito armato degli islamisti di Hamas. Il nuovo governo di Hamas ha però vita breve, dato che viene da subito boicottato dalla comunità internazionale e da Israele. Quest'ultimo sostiene Abu Mazen, sia apertamente che sottobanco, fornendo armi alle forze di Fatah e liberandone i prigionieri, mentre all'opposto i deputati eletti di Hamas vengono arrestati.

Nel giugno 2006 Hamas cattura, al confine con la Striscia, il caporale israeliano Gilad Shalit, allora diciannovenne. Israele, però, rifiuta di barattarne la liberazione con quella di tutti i bambini e le donne palestinesi detenuti, come proposto da Hamas. Nel febbraio dell'anno successivo (in mezzo c'è stata la guerra tra Israele e Libano dell'estate 2006), Hamas e Fatah accettano di formare un governo di unità nazionale, sulla base di un accordo raggiunto alla Mecca.

- Hamas Conquista la Striscia

La crisi inter-palestinese continua però ad aggravarsi progressivamente, fino a quando, nel giugno del 2007, sfocia in scontri aperti che culminano con la conquista della Striscia di Gaza da parte di Hamas, mentre in Cisgiordania Fatah accusa il partito islamico di aver fatto un colpo di Stato, e fonda un governo di Emergenza. Israele nei mesi successivi dichiara Gaza “entità nemica” e stringe la Striscia sotto un durissimo embargo, impedendo l'apertura dei confini, incluso quello di Rafah, tra la Striscia e

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l'Egitto. Un embargo che nel gennaio 2008 spinge Hamas a distruggere tratti della barriera di confine, per consentire alla popolazione di sfondare in Egitto in massa, per procurarsi generi di prima necessità.

- Le Trattative di Israele

Sull'altro fronte, nel novembre 2007, Israele e l'Autorità Palestinese di Abu Mazen e del premier Salam Fayyad, iniziano un percorso di colloqui di pace con la supervisione Usa ad Annapolis. Le trattative, però, procedono da subito a rilento per l'indisponibilità da parte di Israele a discutere i temi chiave del conflitto: lo status di Gerusalemme e quello dei profughi palestinesi. Non solo, Israele prosegue anche imperterrito la costruzione e l'ampliamento delle colonie in Cisgiordania, allo scopo di creare dati di fatto sul terreno, che non potranno essere coinvolti nella trattativa. Le proteste in questo senso della Segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, rimangono inascoltate, mentre le concessioni israeliane ad Abu Mazen si limitano alla liberazione di alcuni detenuti con pene in scadenza, e di militanti delle Brigate dei Martiri di Al Aqsa, a condizione che rinuncino alla lotta armata. Il colloqui di Annapolis promettevano di portare alla nascita di uno Stato palestinese entro la fine del 2008. Nell'autunno 2008, però, la carriera del premier israeliano Olmert viene compromessa da guai giudiziari che portano la ministro degli Esteri Tzipi Livni a prendere il controllo del partito Kadima. La scadenza dei colloqui a quel punto diventa impossibile da rispettare, e tutto slitta al 2009, dopo le elezioni in Israele e la fine del mandato di Abu Mazen. La contesa per il futuro governo israeliano è soprattutto tra la Livni e Banjamin Netanyahu del Likud, la destra oltranzista. Mentre ancora non è affatto certo che le elezioni palestinesi si terranno.

- Continuano i Raid tra i Vani Tentativi di Tregua

Nel giugno 2008, Hamas aveva dichiarato una tregua con Israele, impegnandosi a cessare il lancio di razzi verso il sud del territorio israeliano in cambio della riapertura dei valichi della Striscia. Una tregua interrotta da diversi raid israeliani attuati per compiere omicidi mirati di miliziani, e da sporadici lanci di razzi da parte delle milizie non direttamente legate con Hamas. Nel frattempo i confini della Striscia vengono aperti solo di rado, e la popolazione di Gaza continua a impoverirsi sfiorando in più periodi un'autentica crisi umanitaria. Tra novembre e dicembre 2008, corpi speciali israeliani compiono piccoli attacchi dentro la Striscia, provocando la reazione di Hamas che, allo scadere della tregua, il 18 dicembre 2008, riprende massicciamente il lancio di razzi, lasciando intendere l'intenzione di concordare una nuova tregua, che garantisca la reale apertura dei confini.

- Operazione Piombo Fuso : una Strage

Israele non reagisce per alcui giorni finchè, il 27 dicembre, lancia a sorpresa l'offensiva denominata Cast Lead, Piombo Fuso. La Striscia di Gaza viene bombardata per cinque giorni e successivamente viene invasa dall'esercito israeliano.

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L'operazione è scattata il 27 dicembre 2008 (11:30 ora locale, 9:30 UTC) dopo il completamento della raccolta di informazioni di intelligence, proseguita per un periodo di tempo imprecisato.

Nel primo giorno di bombardamenti i morti vengono stimati, a seconda delle fonti, tra i 200 e i 300, e questo viene considerato da fonti e dai media palestinesi come il giorno con più caduti nei 60 anni di conflitto aperto (è stato rinominato da queste il Sabato nero del massacro). I feriti vengono stimati da fonti mediche palestinesi in circa 700.Intanto, dalla Striscia di Gaza continua il lancio di razzi Qassam e Grad sul sud d'Israele, che nel primo giorno causano una vittima e diversi feriti.

Successivamente, all'alba della mattina del 3 gennaio 2009, Israele ha cominciato a colpire Hamas con colpi di artiglieria, provenienti da mezzi stanziati a poche centinaia di metri dal confine con Gaza, preannunciando un'azione di terra. Già il 3 gennaio a Gaza il sistema sanitario era collassato; a 250.000 abitanti mancava l'elettricità mentre l'acqua corrente era disponibile a intermittenza ed essendo stato colpito il principale canale fognario gli scoli hanno invaso le strade.

- Israele all’Interno della Striscia di Gaza: un Massacro di Civili

Alle 20:00 circa (ora locale) del 3 gennaio, le truppe israeliane sono penetrate con carri e mezzi blindati di vario tipo all'interno della Striscia di Gaza da tre punti, dando inizio ai primi scontri a fuoco, e riuscendo ad assumere il controllo di alcune postazioni di lancio dei razzi Qassam.

La città di Gaza è stata totalmente accerchiata dalle forze armate israeliane, mentre violenti scontri si sono sviluppati a Dayr al-Balah e Bureyj, nella zona centrale della Striscia. Altri combattimenti sono scoppiati nel campo profughi di Jabaliya, a Nord della città di Gaza. Qui è stata segnalata l'uccisione di un capo militare di Hamas, Iman Siam.

- Strage in una Scuola Palestinese

Il 6 gennaio 2009, un raid israeliano colpisce una scuola ONU adibita a rifugio per civili, dalla quale si riteneva fossero partiti lanci di razzi . Il numero delle vittime è stimato essere circa 40 e i feriti circa 50, e immediata è la reazione di Ban Ki Moon, Segretario Generale dell'ONU, che chiede un'indagine sull'avvenimento. L'esercito israeliano dichiara di non essere stato a conoscenza della presenza di civili in quell'edificio, e dispone un'inchiesta: al termine della stessa, il 15 gennaio, afferma di ritenere eccessivo il numero dei deceduti conteggiati dalle fonti internazionali (43), sostenendo che 21 dei caduti sarebbero stati noti, e tra questi vi sarebbero stati diversi militanti di Hamas (due sarebbero stati identificati subito, sempre secondo fonti dell'IDF). Le indagini dell'ONU hanno invece fin dal primo momento sostenuto che non vi sarebbero stati lanci di razzi dall'edificio e che la posizione di questo era nota da tempo ad Israele, mentre sarebbero state raccolte dai media testimonianze non verificate, sia a favore sia contro la loro presenza nell'area dell'edificio della scuola.

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- Arriva la Tregua

Il 18 gennaio 2009 si svolge la Conferenza di Pace di Sharm el Sheikh, fortemente voluta dai governi occidentali e dall'egiziano Mubarak, che porta all'accettazione della tregua da parte d'Israele e del ritiro da Gaza a patto che i confini siano sorvegliati per evitare il contrabbando d'armi, e anche all'apertura di Hamas nei confronti di una tregua di una settimana se, in questo stesso periodo di tempo, Israele completerà il ritiro del proprio esercito.

- Primi Bilanci

Dopo ventidue giorni il bilancio complessivo del ministero della Sanità di Gaza, gestito da Hamas, ha annunciato che le vittime (palestinesi) sono 1203 di cui 410 bambini, i feriti invece 5300. Da parte israeliana si calcolano invece 13 vittime israeliane, di cui 3 civili e quasi 200 i feriti.

L'ONU Accusa Israele (in Particolar Modo ) e Palestina di Violazione Dei Diritti Umani

Nel settembre 2009 è stata presentata la relazione della missione dell'ONU che dall'aprile 2009 ha indagato sul conflitto. Secondo quanto riferito dal presidente Richard Goldstone (di origini ebraiche, ex giudice costituzionale del Sud Africa, ex membro del Board of Governors dell'università ebraica di Gerusalemme) vi sarebbero state violazioni dei diritti umani da entrambe le parti, pur riservando le critiche maggiori all'operato delle forze armate israeliane, ritenute responsabili di aver deliberatamente colpito dei civili in più occasioni.

Interessanti sono due articoli che mettono in luce come Israele , non solo in conflitti , ma anche all’interno del suo stato violi anche luggi dell’Onu e come mantenga all’interno della sua giurisdizione leggi razziali contro i cittadini palestinesi

- 1° Articolo

“Alcune leggi israeliane sono discriminatorie nei confronti dei palestinesi. La Legge del ritorno, ad esempio, garantisce automaticamente la cittadinanza israeliana agli immigrati di religione ebraica, mentre ai rifugiati palestinesi nati in quello che oggi è lo Stato di Israele viene impedito di esercitare il diritto di tornare a casa. Molti degli oltre 3000 ordini militari in vigore nei Territori occupati presentano caratteristiche apertamente discriminatorie. Un aspetto preoccupante è quello relativo alla demolizione delle abitazioni: dal 1967 migliaia di case sono state abbattute a Gerusalemme Est, a Gaza e in Cisgiordania, perché costruite "illegalmente" o perché appartenenti a famiglie di palestinesi colpevoli, o ritenuti colpevoli, di aver commesso attentati in Israele.” [1.1]

- 2° Articolo: Israele non è forse la sola democrazia del Medio oriente?

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Formalmente, Israele è uno Stato democratico. A cadenze regolari si tengono elezioni parlamentari e comunali a suffragio universale aperto a tutti i cittadini israeliani. Tuttavia, nonostante si presenti come Stato democratico, Israele compie continue violazioni dei principi democratici nei territori palestinesi occupati Inoltre, Israele viola i diritti umani e i principi democratici dei palestinesi che sono cittadini israeliani e vivono nel territorio dello Stato d’Israele. I palestinesi cittadini israeliani rappresentano il 20% della popolazione israeliana. La nozione di cittadinanza dello Stato di Israele è in contrasto con il concetto universale moderno di cittadinanza, secondo cui tutti i cittadini sono uguali senza distinzione di fede, lingua, nazionalità ecc. Nello Stato ebraico di Israele, solo gli ebrei godono di pieni diritti politici e sociali, mentre i cittadini palestinesi di Israele sono discriminati sia nella legislazione scritta (secondo una relazione dell’ONU, nel 1998 vi erano 17 leggi contenenti discriminazioni contro cittadini arabi) e sia nella prassi consuetudinaria.

Esempi di leggi discriminanti:

La legge del ritorno (1950), si basa sulla definizione rabbinica di ebreo, secondo la quale è ebreo chiunque sia nato da madre ebrea o si sia convertito alla religione ebraica. La cittadinanza israeliana viene data a qualsiasi ebreo ne faccia richiesta, il che significa che qualsiasi ebreo, proveniente da qualunque parte del mondo può stabilirsi in Israele con pieni diritti di cittadinanza; tutto ciò mentre il diritto al ritorno è negato ai rifugiati palestinesi che furono costretti alla fuga dopo il conflitto arabo-israeliano del 1948-1949. Pertanto, la nozione israeliana di cittadinanza, basata su legami di sangue e sulla fede religiosa, è antidemocratica per definizione.

La “Absentee Property Law” (1950), stabilisce che qualsiasi proprietà abbandonata da coloro che furono costretti alla fuga nel corso del conflitto del 1948-1949 venga incamerata dallo Stato di Israele. Ciò si applica a 200.000 palestinesi di cittadinanza israeliana (20% del totale), che fuggirono dalle loro case nel 1948 e si stabilirono in altre aree all’interno di Israele. Ma questa legge si applica anche ai palestinesi che fuggirono in altri paesi o in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. Tutte queste persone si sono viste negare tutti i diritti di proprietà (su terreni, abitazioni, società, azioni, conti bancari, cassette di sicurezza ecc.), che appartenevano loro fino al 1948.

Le leggi che impediscono ai partiti arabi che non riconoscono il carattere ebraico dello Stato israeliano di partecipare alle elezioni.

La legislazione di emergenza del 1945, che consente la confisca delle terre arabe (nel 1998 solo il 10% della proprietà immobiliare detenuta da palestinesi prima del 1948 era ancora in mani palestinesi).

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La legislazione sull’istruzione, che contempla tra i suoi scopi dichiarati la promozione della cultura ebraica e dell’ideologia sionista.

Altre pratiche discriminatorie La popolazione israeliana palestinese subisce discriminazioni nella ripartizione dei finanziamenti per i servizi pubblici; ciò significa che la maggior parte delle città a popolazione prevalentemente palestinese ubicate all’interno di Israele ricevono stanziamenti di bilancio decisamente inferiori per la sanità, l’istruzione e altri servizi sociali rispetto alle città a maggioranza ebrea.

Secondo una relazione del 1998 dell’Adva Centre di Tel Aviv, le disparità sociali ed economiche in Israele sono particolarmente evidenti nei confronti degli arabi israeliani. La relazione fornisce alcune cifre illuminanti:

Il reddito medio dei palestinesi che hanno cittadinanza israeliana è il più basso tra tutti i gruppi etnici del paese.

Il 42 % dei palestinesi cittadini israeliani all’età di 17 anni ha già abbandonato gli studi.

Il tasso di mortalità infantile tra i palestinesi cittadini israeliani è quasi il doppio rispetto a quello degli ebrei: 9,6 per 1000 nascite contro 5,3. [2.1]

- Vittime

Le guerre tra Israele e i paesi arabi confinanti, del 1948 al 1973, hanno causato la morte di circa 100mila persone. La prima Intifada, dal 1987 al 1992, ha causato la morte di 2 mila persone, in massima parte palestinesi. Dall'inizio della seconda Intifada (settembre 2000) al 20 giugno 2007, hanno perso la vita 4626 palestinesi e 1050 israeliani. Almeno 214 palestinesi sono morti negli scontri tra le milizie di Hamas e Fatah. Il bilancio provvisorio della guerra nella Striscia di Gaza del dicembre2008/gennaio 2009 è di quasi 800 palestinesi morti, quasi metà dei quali civli, e 11 vittime israeliane. (fonte Amnesty International)

- Risorse Contese

Rispetto al conflitto generale innescato dalla rivendicazione dei Palestinesi per la nascita di un loro stato indipendente, il problema è quello sia dello Stato di Israele che dei palestinesi per il controllo dell’accesso ai fiumi e alle riserve idriche, scarse, della zona.

- Forniture Armamenti

Israele riceve armi e addestramento soprattutto dagli Stati Uniti, ma anche dalla Francia e dalla Germania, anche se riesce a produrre da solo la massima parte degli armamenti che servono alle sue forze armate. I vari

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gruppi palestinesi ricevono armamenti ed addestramento dall’Arabia Saudita, dall’Iran dalla Siria. [3.1]

Capitolo 2

“La guerra non si può umanizzare , si può solo abolire” (Albert Einstein)

Non è mia intenzione immergermi troppo ( anche se già in parte è avvenuto ) in argomenti politici e storici sperando però di aver dato un quadro storico abbastanza dettagliato senza essermi dilungata troppo. Vorrei però non parlare solo di “ storia” ma concentrarmi su dei racconti che parlano di umanità . Vorrei parlare di vite spezzate e distrutte dalla crudeltà della guerra che in questo territorio ha il sapore di guerra civile.

E’ necessario capire, conoscere e immedesimarsi nelle storie di queste persone che vivono tutti i giorni gli orrori della guerra per comprendere che in essa non ci sono né vincitori né vinti ma solo tanta sofferenza che sfortunatamente ricade unicamente sui civili che non hanno nessuna colpa per ciò che accade.

Ho intenzione di parlare di vite, di testimonianze della crudeltà umana. Parlerò di cristiani , mussulmani, di membri della milizia di Al Qassam , di feriti , di vedove…

Per raccontare queste testimonianze devo parlare di un libro e di un viaggio , a cui ho partecipato , ad Israele. Lì ho conosciuto un un uomo , più specificatamente un prete, il Monsignore Luigi Ginami. Il Monsignore è stata la guida del Tour di gruppo nella terra Israeliana a cui ho preso parte . Il viaggio a fatto aprire gli occhi a tutti sulle meraviglie , sull’atmosfera mistica dei paesaggi e sul sangue che c’è celato sotto quella terra. Israele è una terra importantissima per le tre grandi religioni monoteistiche del mondo ( Cristianesimo , Ebraismo e Islamismo ) quindi intrisa di profonda religiosità e amore ma anche sfortunatamente di odio a tra Ebrei e Mussulmani ma anche anche tra gli stessi Islamici divisi al loro interno in svariati orientamenti politici e religiosi da quelli moderati a quelli più radicali.

Importante e iniziare e dare una brevissima “infarinatura” sulla figura dello scrittore del libro che ho intenzione di prendere come perno da cui sviscerare gli argomenti.

Don Luigi Ginami è sacerdote della Diocesi di Bergamo e presidente della Fondazione Santina Onlus. Ha pubblicato negli anni diversi libri dedicati alla straordinaria storia di coraggio e di speranza della mamma disabile : Roccia del mio cuore è Dio, Piemme , 2005; God is in the Rock of my Heart, Los Angele ( U.S.A.) , 2007; La speranza non delude , Paoline, 2008 (tradotto in arabo nel 2009) ; A Hearth poured out for God , Philadelphia

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( U.S.A.) 2010; Quando sono debole è allora che sono forte, Velar , 2011; Dio Asciugherà ogni lacrima , Marna, 2013. Il Monsignore Lui Ginami oggi ha un impiego nella Segreteria di Stato Vaticana e periodicamente effettua viaggi nei luoghi più poveri del mondo.

Il libro da cui sono tratte le testimonianze, ( tra cui una di cui sono “testimone indiretto” perché a Betlemme ho avuto il grande piacere di assistere personalmente al racconto della storia di questa donna in cui la violenza ha distrutto la sua famiglia.) si intitola “ Opere di Luce”( Velar, 2015) scritto dal Monsignore Luigi Ginami con la collaborazione di Vania De Luca una giornalista vaticanista a Rainews24.

Pillole di nozioni sulle caratteristiche della Striscia di Gaza

La striscia di Gaza è una piccola zona lungo la costa tra Israele e l’Egitto, lunga 40km e larga 10km, dove sono stanziati 1,4 milioni di palestinesi. Essa non è riconosciuta come uno stato sovrano, ma è reclamata dall’Autorità Nazionale Palestinese, in quanto parte dei territori palestinesi.

-Come è organizzata la Striscia di Gaza?

Il suo centro urbano più importante è Gaza City, poi esistono altri centri come Khan Younis, Rafah. La striscia di Gaza è costituita per lo più da profughi palestinesi, che sono fuggiti dalla loro terra in seguito all’

occupazione, 1948. Sono concentrati principalmente in otto compi profughi gestiti dall’ONU, che sono: Jabaliya, con circa 106 mila abitanti circa; Rafah, con circa 95 mila abitanti circa; Shati, con 78 mila abitanti circa; Nuseirat, con 57 mila abitanti circa; Khan Yousin, con 63 mila abitanti circa; Bureij, con 28 mila abitanti circa; Maghazi, con 22 mila abitanti circa; Deir el-Balah, con 19 mila abitanti circa;

L’assedio della striscia di Gaza è continuato anche dopo il ritiro delle truppe israeliane, dal 2006 tutti i valichi sono stati chiusi e ciò ha comportato un vero e proprio disastro per il popolo palestinese: la chiusura di questi valichi ha condizionato particolarmente l’entrata dei flussi di scorte

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alimentari, medicinali, carburante, materiali di costruzione e molte altre materie prime. Ci sono state, inoltre, delle restrizioni per il transito degli abitanti, specie oltre i confini; secondo le stime il 73% delle famiglie che si trovano nella Striscia di Gaza, vive oltre il limite della povertà e il 50% della popolazione è disoccupato.

- La questione dei valichi

Dopo il ritiro delle truppe israeliane, l’unica zona che non è occupata da truppe israeliane, è il valico di Rafah, confinante con l'Egitto, a cui è appunto affidato il controllo. Questa zona è destinata al transito dei pedoni, all’esportazione di merci, ma non delle importazioni. Nonostante Israele controlli questa area attraverso la videosorveglianza, non può effettuare fermi di persona come accade nelle altre aree. Dal giugno del 2006 tutti i valichi sono stati chiusi, così come quello di Rafah, chiuso dal 25 giugno pur non essendo controllato direttamente dagli israeliani. In quella occasione sono rimasti all’interno dei territori egiziani, per alcuni mesi, 3.000 palestinesi di cui 400 malati. Il valico è stato riaperto solo per brevi momenti, come 10, 11, 19 agosto 2006, 24, 25 31 ottobre 2006 etc. A fine febbraio 2007 si è raggiunto un accordo tra palestinesi ed egiziani per tenerlo aperto tre volte a settimana, poi a metà maggio del 2007 è stato richiuso e 50mila palestinesi sono rimasti bloccati. L’Egitto ha chiuso i suoi valichi all’inizio del 2007 quando il controllo effettivo della Striscia di Gaza era passata nelle mani di Hamas, un movimento per la resistenza islamica. Altri valichi a volte sono stati aperti solo per far entrare degli aiuti umanitari. È stata la chiusura di questi valichi che ha rappresentato e rappresenta una delle principali cause della sofferenza della popolazione. La situazione economica e sociale è gravissima, la maggior parte della popolazione si trova in situazione di grave indigenza e di completa dipendenza dagli aiuti assistenziali anche perché la reiterata chiusura dei valichi compromette le esportazioni.

Ogni famiglia a Gaza ha una storia da raccontare

La Striscia di Gaza non è solo però un territorio pieno di guazzabugli politici , sociali e differenti ideali di vita e religiosi dove sembra che la popolazione non esita o che non ne sia toccata dai conflitti ; ma Gaza è anche questo: macerie di centinaia di abitazioni ridotte ridotte a un cumulo di rovine; strade dove si fatica a ripristinare un manto percorribile dalle vecchie automobili e dai tanti carretti trainati dagli asini. Gaza è quando la notte che cala subitanea e impietosa e spande un buio trafitto unicamente da rari lampioni e dalle tante illuminazioni di fortuna, sembra non lasciare spazio alla speranza di pace. Gaza è anche due milioni di persone ammassate in un lembo di terra che ha l’aspetto di una grande carcere a cielo aperto , dove entrare e uscire è difficili e per chi vi abita quasi impossibile.

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Gaza quindi non è solo un una terra bruciata adibita a campo di battaglia tra Israeliti e palestinesi o tra favoreggiati di Al Fatah o di Hamas ma c’è altro come afferma Giorgio Ferrari in suo articolo sul giornale Avvenire :

“ Ogni palestinese ha una storia da raccontare : migliaia di case sono state lesionate.Ci sono centomila persone senza tetto e il conflitto ha fatto oltre duemila vittime e 10 mila feriti.”[1]

Bisogna quindi andare oltre e parlare di testimonianze di vita non solo di numeri e statistiche.

Muhammad Al Silky

La prima storia ha come protagonista Muhammed Al Silky un giovane uomo mussulmano dall’età di circa 30 anni mutilato alla gamba destra. L’uomo abita a Safa , un piccolo rione del quartiere Al Shujaiyya di fronte alla zona del mercato tristemente conosciuta per la battaglia scatenata dagli Israeliani il 19 luglio 2014. Il massacri della famiglia dell’uomo è avvenuta mercoledì 30 Luglio 2014 alle 15.00. Quel giorno sono andate distrutte 3 ambulanze , ci sono stati 16 morti e 150 palestinesi feriti. Quello giorno sono morti i sui 5 piccole figli di età compresa tra i 3 e i 9 anni.

Riportare letteralmente l’intervista con la testimonianza dell’uomo contenuta nel libro è il modo più adatto per far comprendere bene lo scenario di morte e distruzione di quella terribile giornata :

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“[…] approfittando di una tregua concessa dagli israeliani di quattro ore ( i miei quattro figli) giocavano sulla terrazza di questa casa..quella maledetta giornata si era aperta con un massacro , una fregata israeliana , dal mare, aveva bombardato una scuola dell’ONU e aveva massacrato 23 donne e bambini ; altra carneficine erano avvenute a Tuffah , a Khan Younis, e di nuovo a Gaza City con la stage al mercato ortofrutticolo.” [2]

“[..]Nel primo pomeriggio di quella giornata calda e limpida , come la nostra terra ci sa regalare , dopo l’annuncio di una “tregua umanitaria” . la gente era uscita di casa. [..] E io avevo concesso ai miei figli di salire sulla terrazza a giocare all’aria aperta illuminata dal caldo sole estivo . Non mi fidavo far uscire i piccoli ne suk, li ritenevo più sicuri sulla grande terrazza che fa da tetto alla casa..Mi illudevo era il luogo più insicuro ed esposto sul quale farli giocare. Senza preavviso gli F16 israeliani sono ritornati, sentii un sibilo brevissimo e prima che il sibilo dell’aereo so fosse allontanato la catastrofe era già avvenuta.. i micidiali aerei da combattimento israeliani scaricarono 4 bombe sulla folle che si accalcava attorno ai banchi del mercato seminato morte. [3] “[…]Sembrava che il demonio in persona si fosse manifestato creando un vortice di dolore , morte e sangue. Sedici persone morte sul colpo e più di 150 giacevano ferite. Un fumo nero gravava come cappa…fiamme.[..] L’acre odore del fumo di mischiava a quello della carne umana cotta dalla combustione delle bombe sganciate sulla folla.”[4]

In questa giornata sono morti i suoi figli ,suo padre , suo fratello e 3 dei suoi nipoti e inoltre il protagonista ha perso la gamba. Quanta distruzione e quanta sofferenza in queste terre e quanto un’essere umano può soffrire nella vita. Bastano pochi secondi e l’intera esistenza può trasformarsi in un incubo facendo perdere tutte le certezze.

Dalla prima parte delle parole dell’uomo si comprende bene che tutti i cittadini che popolano la Striscia sono soliti a Bombardamenti Israeliani ma forse quello che si sa meno è che Hamas costruisce le sue basi missilistiche o postazioni strategiche militari in mezzo alla case abitate da civili per scoraggiare Israele ad attaccare e per far ricadere la morte di madri , padri e figli a come opera unicamente di Israele ,cosi da far aumentare l’odio verso il paese nemico nella popolazione ottenendo cosi un maggior proselitismo.

Famiglia appartenete ad Hamas

L’inferno di Gaza è questo che è stato descritto nel paragrafo precedente , ma ciò è solo il il primo gradino dell’infelicità di Gaza. Poche persone sanno che oltre alla guerra tra Israeliani e Palestinesi , Gaza vive un’altra guerra più nascosta , ma forse ancora più grave.

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La Popolazione della Striscia di Gaza si compone di circa 1.645.000 abitanti tutti musulmani (esiste infatti solo un’esigua minoranza di cristiani.)

Questi musulmani sono in conflitto tra loro perché il partito di Hamas, che è di fatto al potere a Gaza, lotta strenuamente contro il partito di Al Fatha . Non è una lotta politica, ma un vero e proprio scontro tra due clan irriducibili tra di loro..Dall'anno 2007, nella striscia di Gaza, la lotta armata tra Hamas Al Fatah produce molti morti e il recente conflitto israeliano è stato l'occasione per regolare segretamente I conti tra queste bande rivali. Hamas e Al Fatah si uccidono tra loro e poi gettano i cadaveri nei luoghi bombardati dagli israeliani. A seguito della battaglia di Gaza (2007) Hamas prese il controllo dell'omonima Striscia. Nel quadro di questi eventi e tra accuse di illegalità, i funzionari eletti di Hamas furono eliminati fisicamente o allontanati dalle loro posizioni dall'Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania e i loro incarichi furono assunti da esponenti del Fath e da membri indipendenti. Il 18 giugno 2007, il presidente palestinese Mahmud Abbas (Fath) ha emesso un decreto che mette fuorilegge le milizie di Hamas. Hamas è annoverata tra le organizzazioni terroristiche dal Canada , dall'Unione Europea, da Israele, dal Giappone, e dagli Stati Uniti, ed è bandita dalla Giordania. Australia e Regno Unito elencano solo l’ala militare di Hamas , le Brigate Izz ad-Din Al Quassam , come organizzazione terroristica. Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno adottato misure contro Hamas a livello internazionale. Secondo il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti il gruppo ottiene finanziamenti da Arabia Saudita , Iran , espatriati palestinesi e finanziatori privati.

La seconda intervista è quindi di una famiglia appartenente ad Hamas, in particolare si avrà la testimonianza di un ragazzo di 23 anni di nome Belal Al Arcar, il cui fratello, militava nella milizia di Al Quassam. Importante è spendere qualche parola per definire “cosa è” questo corpo armato.

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Le Brigate Ezzedin al-Quassam , più correttamente “ Brigate del martire Izz al-Din al-Quassam” e costituiscono il braccio armato del gruppo palestinese Hamas. Create nel 1992 sotto la direzione di Yahya Ayyash , hanno come loro obiettivo primario quello di costituire un efficace gruppo militare a sostengo dei fini di Hamas , che da tempo consistono nel bloccare i negoziati nati dagli Accordi di Oslo. Dal 1994 al 2000 le brigate “Izz al-Din al-Quassam hanno organizzato un gran numero di attacchi contro soldati e civili israeliani. All’inizio della seconda intifada il gruppo divenne uno dei principali obiettivi uno dei principali obiettivi di Israele. Le brigate operavano in alcune città in Cisgiordania , ma molte di queste vennero distrutte nel 2004 dalle diverse operazioni dell’Israel Defense Forces. Dall’altra parte Hamas concentò la propria forza nella Striscia di Gaza, generalmente considerata la sua roccaforte. Le Brigate “Izz al-Din al-Quassam sono finite così, come dicevamo, nella lista delle organizzazioni terroristiche di Unione Europea , Stati Uniti , Australia e Regno Unito.

In questa casa, come viene affermato nel libro ,si nota che qui l’Islam è presente in modo più forte e rigoroso(rispetto al precedente racconto) perché bisogna togliere le scarpe prima di entrare; l’interno della casa è spoglio non vi sono mobili e il padre e i due figli hanno la barba molto curata secondo il protocollo islamico. Inoltre ,secondo il rigoroso codice coranico , la moglie non può essere presente nella sala in cui avviene l’intervista e quindi rimane seduta sul ciglio della porta. Per concludere la breve descrizione dell’abitazione e della abitudini di “ una famiglia di Hamas” sono presenti alla pareti alcune fotografie formato poster che raffigurano militari vestiti al modo delle brigate Al-Quassam.

Il ragazzo Belal inizia il racconto e anche qui importate è riportare le testuali parole dell’intervista:

“ [..] Era martedì 26 luglio. Noi non abitavamo in questa casa ma in un quartiere della città tristemente famoso dal nome Al Shajaiye , alla porta est di Gaza City , quel giorno è stato un autentico inferno. I bombardamenti israeliani erano di eccezionale intensità e non hanno avuto sosta per tutta la notte. I jet da combattimento dello stato ebraico sono passati quasi a volo radente sul capoluogo della Striscia provocando panico nella popolazione. Oltre a tutto questo l’esercito israeliano avanzava con i blindati distruggendo tutto. Bombardamenti dall’alto, colpi di mortaio e fuoco dai blindati creavano un’atmosfera surreale con gli ingredienti del panico , dell’angoscia e della morte.Rumore scoppi infernali da assordare le persone si alternavano a momenti di gelido silenzio che puzzava di morte. In quella diabolica giostra di distruzione, la nostra casa fu centrata diverse volte e cominciò a crollare. Per non rimanere vittima dei crolli la gente fuggiva fuori e lì trovava una cruente morte sotto il fuoco dei blindati israeliani che ammazzavano senza pietà . In quel giorno sono morte 200 persone. Le stesse ambulanze che portavano soccorso erano gli obiettivi preferiti dell’artiglieria nemica. In quella mattanza ho perso mio fratello che militava nella milizia Al Qassam”[5]

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Qui la morte di questo giovane viene considerata come la morte di un martire o di un eroe , immolato per la patria , che invece in Occidente viene reputato un terrorista ucciso. In questa casa lo scrittore si trova in un’abitazione di presone che ,secondo molte democrazie europee, appartengono ad un’organizzazione terroristica come quella di Hamas ma che invece in questo scritto hanno l’aspetto di una normale famiglia scossa e distrutta dalla violenze della guerra. Spesso se non si conosce si dipinge sempre l’altro come nemico e come colui che “unicamente semina violenza e morte” ma invece lo stesso a sua volta è vittima dell’altro. Non c’è nessun vinto e nessun vincitore per la maggio parte delle volta ma unicamente vittime.

Cit.“ La guerra è folle. Il suo piano di sviluppo è la distruzione” (Papa Francesco)[6]

Allora forse deve venire in mente una domanda :” E’ forse il mondo stesso ad essere una drammatica organizzazione terroristica?”

A Gaza City si sente molto la presenza di Hamas , la sua avversione per l’Occidente e si vedono di più i risultati della guerra: ci sono macchine per lo più vecchie e piene di ammacchi e somari tirano carretti carichi di merce, l’asfalto è completamente sbriciolato in alcuni tratti , in altri enormi buche creano pazzeschi ingorghi , le case sono sbriciolate ma nonostante ciò le persone , le famiglie continuano a non lasciare quelle abitazioni per cercare di ricostruire ciò che è distrutto; nonostante ciò c’è ancora speranza. ( tutto ciò l’ho scritto sulla testimonianza della donna che ho conosciuto con la mia permanenza a Betlemme che ha raccontato molti spaccati della vita nella Striscia) Una curiosità è che solitamente l’esercito israeliano avvisa tutto il quartiere , che verrà bombardato , con volantini lanciati nel cielo , con telefonate con annunci alla radio oppure inviano un piccolo innocuo razzo che spaventa spaccando solo il tetto , in modo che le case rimangano vuote e le possano poi ridurre in macerie . Tutto ciò è per cercare di salvare quanti più civili possibili così da mettersi poi la coscienza apposto.

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Per concludere il discorso sulle milizie di Al-Quassam bisogna far presente che da più parti si sostiene con verità che Hamas non è un partito , ma un gruppo terroristico che , usando la forza, vuole la distruzione di Israele. Ma il primo nemico di Hamas non è però Israele o l’Occidente , ma il partito Palestinese di Al Fatah che a Gaza non ha nessun valore e che spesso e volentieri è vittima di soprusi e di vessazioni da parte di Hamas. La strategia è la stessa dell’ISIS ed è quella di colpire prima di tutto il mondo moderato dell’islam , che non condivide la violenza e il modo di procedere di Hamas e così, spesse volte , le strade di Gaza diventano teatro di violenza tra mussulmani. Questo fatto in Europa non è sufficientemente chiaro, come non è chiara la galassia dell’intero mondo islamico in ebollizione sempre più grande.

ISIS è presente nella striscia di Gaza ma nella striscia non è ben visto. Nel novembre-dicembre 2014 l’ISIS chiese di poter avere una riunione con Hamas per poter creare un coordinamento , ma Hamas in quell’occasione li fa arrestare tutti . Per loro non è ancora giunto in momento di usare violenza verso i cristiani cosa che nel 2017 è profondamente cambiata.

Rami Kadher Ayyad: una vita per una Bibbia nella Striscia di Gaza

La terza storia ha come protagonisti un famiglia Cristiana Ortodossa ma, anche questa anche se di religione differente rispetto alla precedenti soffre anche lei la distruzione del nucleo familiare e la sofferenza di vivere in un territorio dilaniato dalla guerra che per ha per alcune forme l’aspetto di una guerra civile.

Essere Cristiani nella striscia di Gaza non è facile ma i rapporti tra Cristiani e Mussulmani sono apparentemente buoni , ma all’interno del

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modo Islamico si fa sempre più avanti una forma di Islam intollerante e molto dura. Lo stesso Hamas condanna ciò ,ma dal 2007 la situazione a Gaza è cambiata. Da quando nel 2007 Hamas ha preso il potere la situazione si è completamente capovolta. Il capo islamico , lo sceicco Abu Saqer diede origine a un movimento fondamentalista dal nome Jihadia Salafiya che voleva imporre la legge a Gaza. Questo gruppo non voleva che i cristiani facessero proselitismo, esigeva che tutte le donne , anche quello non islamiche , si coprissero il volto con il velo in pubblico , che fosse vietata totalmente la vendita di alcolici e proibite così come le attività occidentali degli internet caffè.

Il protagonista del racconto è Rami Kadher Ayyad. Rami era il direttore dell’unica libreria Cristiana della città di Gaza che era di proprietà della Società Biblica Palestinese , una realtà che riunisce nel mondo dell’editoria Cristiani Cattolici, Protestanti e Ortodossi. Nella Striscia non si sentono molto le differenze di confessione perché sono molto pochi i Cristiani in questo mondo islamico. Questa storia non è contemporanea alle precedenti avvenute nel 2014 ma è accaduta nel 2007. Nel mese di aprile di quell’anno la situazione divenne più difficile e ignoti islamisti avevano lanciato un ordigno contro il locale di Rami. Inoltre dopo quel fatto un gruppo chiamato Spade dell’Islam fece minacce di morte all’uomo e poche sere prima della sua morte fu pedinato da un’auto senza targa. Ecco le testuali parole del nipote di Rami sulla vicenda:

“[..] La sera del 7 ottobre 2007 mio zio telefonò a zia Pauline dicendo che sarebbe rientrato tardi quella sera. Invece, chiuso il telefono, fu sequestrato da tre uomini, due dei quali con il volto coperto ,che lo portarono ad alcuni isolati non distanti dalla libreria. Alcuni testimoni ci hanno raccontato che gli assassini hanno cominciato a picchiarlo e ad accoltellarlo : un’autentica sevizia sul corpo di un giovane uomo di 32 anni dalla corporatura robusta . Mentre lo massacravano con il calcio dei fucili e lo accoltellavano, lo continuavano ad oltraggiare dicendo che era colpevole di aver fatto proseliti cristiani, di aver invitato la gente a convertirsi al cristianesimo! Mentre moriva lo ingiuriavano con odio e grande rabbia , sembravano dei demoni , in un impeto di perfida e odio , ciascuno dei quali lo ha voluto finire con un colpo di arma da fuoco. Hanno infierito su di lui in un modo incredibile!”[7]

Ora la famiglia di Rami si è trasferita in Cisgiordania, a Betlemme, dove puo’ vivere in modo più sereno. Sono riusciti a lasciare la Striscia dopo aver provato l’inferno.

Rami Kadher Ayyad: la vedova di Rami , Pauline Ayyad

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Pauline Ayyad è la vedova dell’uomo chiamato Rami ucciso dal gruppo estremista islamico. Difficile è parlare del vuoto, del senso di impotenza e soprattutto della paura della condizione di donna sola con tre bambini in un mondo islamico in cui la donna ha scarsa o nessuna importanza.Pauline è la donna che ho avuto il piacere di incontrare nel mio viaggio ad Israele e che mi ha dato una conoscenza dirette e più tangibile dei fatti e delle condizione di vita nella striscia di Gaza.

Anche qui è necessario far “parlare direttamente” Pauline così da immedesimarsi meglio nella vita della donna:

“[..] Non riuscivo a riprendermi e non riuscivo a perdonare , ma provavo odio e rancore contro gli assassini di mio marito.Alcune giorno dopo la sua morte , donne musulmane con il velo sulla bocca vennero a trovarmi e mi dissero che se fossi divenuta mussulmana , loro avrebbero pensato ai mei tre figli e anche a me. Mi arrabbiai tantissimo e decisi in cuor mio di lasciare Gaza per sempre”[8]

“[..] Ero rimasta sola con due bambini e Sama , il cui nome vuol dire Paradiso , non era ancora nata. Erano giorni di grande difficoltà. Non sapevo che fare , ero in preda a sentimenti fortissimi dentro di me , che andavano dalla mancanza di mio marito alla difficoltà di trovare un lavoro , alla paura di continuare a vivere in quel mondo islamico cosi crudele e spietato.[…] In occasione delle feste di Natale gli Israeliti concedono permessi per andare a Betlemme per alcuni giorni. Chiesi a un amico di aiutarmi a formulare la domanda per motivi medici. Presentammo il tutto attendendo la risposta. Nel frattempo avevo iniziato a pepare la valigia nel caso in cui avessi dovuto lasciare Gaza. Ma purtroppo , alcuni giorni prima di Natale questo amico mi diss che era impossibile per me lasciare Gaza. Fu

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per me molto duro e iniziai , con tanta tristezza , a disfare le valigie. Il giorno dopo Natale , all’ora di pranzo , suonò il telefono rispose mio figlio George , al quale la polizia disse che per noi era pronto un permesso di uscita per tutti e quattro e che avevano due ore. Mi precipitai a fare le valigie e arrivammo ad ere dieci minuti prima delle tre di pomeriggio, Gli addetti palestinesi ai bagagli ci fecero festa e io con i miei tre figli lascia definitivamente la Strisca con i loro auguri. Era il 26 dicembre 2008 , il giorno dopo sarebbe iniziata nuovamente la guerra..” [9]

Fortunatamente Pauline è riuscita salvarsi con i suoi figli ed ha anche avuto la forza di perdonare gli assassini di suo marito. Probabilmente è questa la via per finire questo conflitto fratricida: l’odio porta soltanto odio e distruzione , ma se si riuscisse a perdonare, se si riuscisse a dire basta come ha fatto Pauline forse questo conflitto insensato troverebbe una fine.

“ Non bisogna arrendersi alle violenze,, parlare di coesistenza fra arabi ed ebrei in questa terra è ancora possibile” come afferma Abraham B. Yehoshua.

Amal

Questa è l’ultima testimonianza del racconto ma non per questo meno importante.

Il mondo islamico di Gaza pervade profondamente il mondo femminile e lo riduce alle ferie regole dell’islam ma Amal anche se donna mussulmana

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non ama sottostare a queste regole e considera lei stessa , le donne che si comprano totalmente di nero come “fanatiche religiose” ( anche se molto spesso non costrette dai loro mariti e padri..) e con queste donne ( a meno che anche tu non sia donna ) non è possibile parlare , non si possono neppure guardare o tanto meno fotografare .

Amal è un ragazza di 20 anni che vuole cambiare il proprio paese , che vorrebbe far sentire la sua voce e cambiare la situazione delle donne nella Striscia come nel mondo mussulmano.

Anche qui è necessario far parlare Amal che racconta dei piccoli aneddoti su cosa “ é bene che una donna faccia”:

“ Voglio spiegarti come viviamo qui in Gaza noi donne mussulmane . Prima di tutto c’è una grande differenza tra la donna sposta e donna celibe. Anche tra le miei amiche sposate non fanatiche vige la legge che non è possibile postare la propria fotografia da sola in Facebook , ma sempre con marito e figli. In secondo luogo devi sapere che qui a gaza l’Islam è molto forte ed esigente e ogni giorno noi siamo invitate ad assumere un atteggiamento più integralista. Ti faccio un semplice esempio. Tu esci per la strada e , nelle strade principali, trovi grandi cartelli in successione. Il primo cartello dice più o meno così .” Portare il velo è cosa buona”. Ti appare come un semplice invito, nulla di più. Il secondo cartello pubblicitario è una dura del Corano o un testo di spiegazione nel quale si parla del velo per le donne islamiche. Infine , dopo questi due cartelli , il terzo dice: per quanto riguarda l’obbligo del velo per la donna dell’Islam ,non esiste libertà, ma ogni volto deve adeguarsi… Capisci che ogni volta che vedo quel cartello sono portata non solo a coprirmi con il lungo vestito , ma anche a velarmi la bocca …. Almeno mentre passo vicino al cartello!”[10]

Quanta poca libertà c’è per la donna in questi paesi , quanta sofferenza…

Pensando alla condizione della donna nell’Islam mi è venuto in mente un libro che avevo letto un pò di anni fa intitolato “ Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini , scrittore Afghano , che parla proprio della condizione della donna in Afghanistan e anche se qui ci troviamo nella Striscia di Gaza la citazione è comunque appropriata:

“Una società non ha nessuna possibilità di progredire se le sue donne sono ignoranti.” [11]

Ecco l’Islam dovrebbe comprendere l’importanza della donna e capire che ella è importante tanto quanto l’uomo , che ogni essere umano ha pari dignità e che nessuno per colore della pelle , religione o sesso più essere considerato inferiore.

Altra citazione sempre dello stesso autore che fa capir e senza mezzi termini le condizioni di libertà e di vita della donne nell’Islam:

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“Donne, attenzione: Dovete stare dentro casa a qualsiasi ora del giorno. Non è decoroso per una donna vagare oziosamente per le strade. Se uscite, dovete essere accompagnate da un mahram, un parente di sesso maschile. La donna che verrà sorpresa da sola per la strada sarà bastonata e rispedita a casa. Non dovete mostrare il volto in nessuna circostanza. Quando uscite, dovete indossare il burqa. Altrimenti verrete duramente percosse. Sono proibiti i cosmetici. Sono proibiti i gioielli. Non dovete indossare abiti attraenti. Non dovete parlare se non per rispondere. Non dovete guardare negli occhi gli uomini. Non dovete ridere in pubblico. In caso contrario verrete bastonate.”[12]

Vorrei concludere su questo “ spaccato di vita” dell’ Islam con sempre ancora un volta con una citazione dello stesso autore per far comprendere a pieno che anche la libertà dell’uomo musulmano è comunque legata da molti vincoli e limitazioni della libertà individuale :

“Tutti i cittadini devono pregare cinque volte al giorno. Se durante l’ora della preghiera verrete sorpresi in altre attività, sarete bastonati. Tutti gli uomini devono portare la barba. La lunghezza prescritta è di almeno un palmo sotto il mento. Se non vi conformerete a questa disposizione, sarete bastonati. Tutti i ragazzi devono portare il turbante. Gli scolari delle scuole elementari porteranno il turbante nero, quelli delle scuole superiori bianco. Tutti gli studenti devono indossare abiti islamici. Le camicie devono essere abbottonate sino al collo. È proibito cantare. È proibito danzare. È proibito giocare a carte, giocare a scacchi, giocare d’azzardo e far volare gli aquiloni. È proibito scrivere libri, guardare film e dipingere. Se tenete in casa dei parrocchetti, sarete bastonati e i vostri uccelli verranno uccisi. Se rubate, vi sarà tagliata la mano al polso. Se tornate a rubare vi sarà tagliato il piede. Se non siete musulmani, non dovete praticare la vostra religione in luoghi dove potete essere visti da musulmani. Se disubbidite, sarete bastonati e imprigionati. Se verrete sorpresi a convertire un musulmano alla vostra fede sarete giustiziati.” [13]

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( questa è una scritta che , durante il mio viaggi ad Israele si trovava fuori una moschea. Questa era per intimidire tutti i non mussulmani )

Forse ci sarà la pace..

A l l a fi n e d e l 2 0 1 4 l a s t r e g a faticosamente raggiunta fra Israele e la Striscia dovrebbe condurre a un ragionevole percorso di pace. Ma tutti sanno che non è così scontato . Occorre fare i conti con Hamas , la costola oltranzista che si separò da Fatah e prese il sopravvento nella Striscia sfrattando con la violenza l’Autorità nazionale palestinese e disconoscendo la legittimità di Abu Mazen. Da anni Hamas controlla con pugno di ferro alla

società palestinese chiusa fra quelle mura che Israele le ha costruito attorno , un’enclave o una prigione , a seconda di come la si vuole intendere . Ma non stupiamoci se il più fervido guardiano della conservazione dello statu quo sia proprio Hamas , che si spartisce in controllo della Striscia con gli ancor più radicali militanti della jihad: un feudo dove detta ogni regola , dall’istruzione militare obbligatoria a 11 anni per i maschi fino alla martellante propaganda per la fecondazione in vitro , inizialmente offerta alle spose dei tremila prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane ora venduta prezzi di costo a tutti , l’importante è fare figli , il maggior numero possibile. E non si tratta di un improvviso amore per la vita . Basti pensare a un’agghiacciante risposta di un dirigente di Hamas quando gli si fece notare che la guerra di luglio agosto aveva provocato 430 vittime fra i bambini: “ Però negli stessi giorni ne sono nati 516. Il saldo è positivo” aveva risposto. Nel sud della striscia si cerca di ricostruire strade e via di comunicazione . Ma Hamas rifiuta di aprire cantieri sorvegliati dalle telecamere , come ha chiesto Israele : non vogliono che il loro nemico giurato scopra che stanno ricostruendo i tunnel distrutti dai raid dell’aviazione con la stella di David.

Concludendo ogni guerra è comunque un business . C’è il bucine degli aiuti internazionali e quello della ricostruzione , quello del cemento e quello delle imprese che forniscono sevizi. C’è sempre l’eterno braccio di ferro tra Hamas e Fatah su chi dovrà gestire gli aiuti e chi terrà i cordoni della borsa. Se va bene faranno metà , altrimenti la ricostruzione si prolungherà all’infinito e i fondi resteranno lì, o magari andranno a finire da qualche parte.

A Gaza continua sempre a mancare l’acqua potabile, manca l’elettricità , molti ospedali sono chiusi o distrutti. Parlare di ricostruzione sembra la più crudele delle bugie

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Capitolo 3

“Se il mondo fosse chiaro, l’arte non esisterebbe.” (Albert Camus)

In mezzo alla disperazione c’è sempre spazio per l’Immaginazione

Dal precedente capitolo si è ben compreso che ogni famiglia di Gaza ha una storia da raccontare , migliaia di case sono state lesionate , ci sono centomila persone senza tetto e la guerra ha fatto oltre duemila morti e diecimila feriti , ma c’è ancora spazio per l’immaginazione….

Interessante è l’azione di Iyad Sabbah , artista palestinese che ha collocato sulla spiaggia di Shujaiyya sette sculture di creta che rappresentano un gruppo di di persone in fuga dai bombardamenti .

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Tahaluk ( “esausti” )

Iyad Sabbah (1973), artista e docente all’università al-Aqsa di Gaza, ha deciso di sistemare un nuovo gruppo di sculture proprio lì, tra le macerie della città di Gaza nel quartier di Shujaiyya

Tahaluk, 2014 Courtesy of Iyad Sabbah

L’installazione, intitolata Tahaluk (“esausti”), rappresenta una famiglia come tante: la giovane mamma col figlioletto per mano, il papà con l’ultimo nato in braccio, due adolescenti, le due nonne appoggiate ai loro bastoni. Il gruppo è ritratto mentre fa una cosa che tante alte famiglie laggiù sono state costrette a fare: scappa. O meglio: si trascina stancamente, per la prima o per l’ennesima volta, verso la salvezza. Le figure, polverose e crepate, malinconiche nei colori e nelle espressioni, sono fatte di vetroresina e argilla, usando come materia prima il fango e i detriti accumulatisi attorno alle rovine delle case.

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Lo scorso 18 ottobre Sabbah le ha “esposte” prima sulla spiaggia, poi tra le rovine dei bombardamenti (il luogo della fuga e il luogo della casa), dove si trovano tutt’ora. Non sapeva quale sarebbe stata la reazione della gente, non abituata a iniziative di questo tipo. “A Gaza non c’è interesse verso l’arte contemporanea – ha detto Sabbah – ma le persone hanno capito il senso dell’iniziativa e hanno interagito con le opere, sentendole come parte del proprio vissuto”. Gli abitanti di Shuja’iyya, tra cui diversi bambini, sono scesi per strada e hanno cominciato ad aggirarsi curiosi tra le sculture, discutendo sul loro significato, studiandole, toccandole. Forse esausti nel corpo, ma certo non nella mente, ancora vogliosa di scoprire cose nuove, di sognare una vita tranquilla dove la scena mimata da quelle spettrali figure diventi solo un lontano ricordo.[14]

L’arte può davvero arrivare ovunque e in chiunque , l’arte è testimonianza , è sentimento e riesce attraverso il suo linguaggio a far presa in qualunque luogo , tempo e su qualsiasi persone di qualsiasi paese ed estrazione sociale.

Interessante è capire che anche se adesso siamo negli anni 2000 le testimonianze delle guerra attraverso la rappresentazione artistica sono avvenute anche nel passato e in particola modo hanno iniziato ad avere una maggiore importanza e un grande impatto sull'osservatore dalla seconda metà dell’Ottocento.

Infatti la guerra ha da sempre influenzato le opere realizzate da artisti appartenenti a vari movimenti culturali, come ad esempio il neoclassicismo, il romanticismo, il cubismo, l' espressionismo, nelle cui opere affiora spesso la denuncia alle atrocità della guerra.

Un pittore che riesce a descrivere con forte impatto le nefandezze della guerra , attraverso delle rappresentazioni surreali e profondamente affascinati è il pittore Salvador Dalì

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Salvador Dalì ( 1904-1989)

Salvator Dalìè un pittore nato a Figueres , in Catalogna nel 1904 ed è un esponete del Surrealismo; ansi è il personaggio in cui questa corrente artistica trova la propria espressione più completa ed esasperata. Si può definire brevemente il Surrealismo attraverso due citazioni del poeta e intellettuale francese Andrè Breton:

“ Surrealismo, n.m. Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere , sia verbalmente , sia per iscritto , sia per per qualsiasi altro modo , il funzionamento reale del pensiero. Dettato dal pensiero , in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione , al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale”.

“ Il surrealismo si fonda sull’idea di un grado di realtà superiore connesso a certe forme d’associazione finora trascurate , sull’onnipotenza del sogno, sul gioco disinteressato del pensiero. Tende a liquidare definitivamente tutti gli altri meccanismi psichici e a sostituirsi ad essi nella risoluzione dei principali problemi della vita”.

Quindi il Surrealismo è un automatismo psichico , perciò è un processo automatico che si realizza senza il controllo della ragione e fa si che l’inconscio , che è sempre presente nel sogno ma che non viene mai solitamente a galla , emerga nella vita quotidiana e che sia “visibile” anche quando siamo svegli.

Si raggiunge quindi la surrealtà in cui il conscio della veglia ,si unisce e compenetra in armonia con l’inconscio del sogno.

La bellezza surrealista si crea quindi quando si posizionano due oggetti reali bene definiti che però non hanno nulla in comune in uno stesso luogo , che però è estraneo ad entrambi. Questo accostamento crea una visione strana appunto surreale che sorprende, che destabilizza l’osservatore perché distrugge a fondo tutte le certezze della vita.

Salvator Dalì è una personalità artistica che aderendo al Surrealismo nelle sue opere fa ricorso al sogno , all’inconscio e al paradosso.

Dalì per realizzare le sue opre inventa una sua particolarissima tecnica di automatismo che definisce “ metodo paranoico- critico”.

Anche qui usiamo le sue parole per comprendere meglio la tecnica inventa da lui stesso:

“La paranoia è una malattia mentale cronica, le cui sintomatologia più caratteristica consiste nelle delusioni sistematiche , con o senza

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allucinazione dei sensi. Le delusioni possono prendere la forma di mania di persecuzione o di grandezza e di ambizione”

L’attività paranoico-critica venne definita dallo stesso pittore come:

“Un metodo spontaneo di conoscenza irrazionale basato sull’associazione interpretativo-critica dei fenomeni deliranti.”

E il suo metodo per realizzare i sui dipinti viene sempre da lui descritto :

“ Durante l’intera giornata , seduto davanti al cavalletto , fissavano la tela con un medium per vederne sorgere gli elementi della mia immaginazione. Quando le immagini si collocavano esattamente nel quadro io le dipingevo immediatamente , a caldo. Ma , a volte , dovevo aspettare delle ore a restare in ozio con il pennello immobile in mano prima di vedere nascere qualcosa”

Quindi le immagini che l’artista cerca di fissare sulla tela nascono dal torbido agitarsi dell’inconscio ( la paranoia ,appunto ) e riescono a prendere forma pittorica solo grazie alla razionalizzazione del deliro ( momento critico)

Costruzione molle con fave bollite: presagio di guerra civile

Autore: Salvador Dalì

Data: 1936

Tecnica: Olio su tela

Dimensioni: 100×99,9 cm

"Nel quadro raffigurai u n e n o r m e c o r p o

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Ubicazione: Philadelphia Museum of Art

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umano che irrompeva all'esterno con delle mostruose escrescenze di braccia e di gambe che si laceravano in un delirio di autostrangolamento. Come sfondo per questa architettura di carne delirante divorata da un cataclisma narcisistico e biologico, dipinsi un paesaggio geologico che era stato inutilmente rivoluzionato per migliaia di anni e congelato nel suo "corso normale". Abbellii la morbida struttura di questa grande massa di carne nella guerra civile con alcuni fagioli bolliti..."

(Salvador Dalì)

Queste sono le parole con cui descrive la sua opera è si comprende bene come si esplicitato in questo dipinto l’incombere oscuro e terribile della violenza e della guerra.

Da quest’opera emergono profonde caratteristiche naturalistiche che compongo un’abominevole scultura , una sorta di architettura geometrica pietrificata con elementi del corpo umano. In quest’opera emerge un un forte Iperrealismo che rende ancora più evidente l’irrealtà e la surreale dell’opera.

Probabilmente questa architettura dalle fattezze umane è un’allegoria della guerra e degli scempi che essa può realizzare.

Dalì vuole dimostrarci che i mostri i non esistono ma che la mente può immaginarli e quindi potrebbe ( e puntualmente fa e farà) realizzarli nella realtà attraverso gli orrori della guerra. Quest’opera è stata realizzata nel 1936 quindi prima della Seconda Guerra Mondiale ma sembra come se il pittore avesse fatto una previsione sulle atrocità che saranno poi compiute nei campi di battaglia e nei Lager nazisti.

Quest’opera rappresenta varie parti del corpo come gambe , braccia e un volto ma sono posizionate in maniera del tutto innaturale e poi esse sono realizzati in maniera scheletrica così per accentuare la brutalità e la bruttezza che solo la guerra sa produrre.

Descrivendo minuziosamente gli elementi che sono presenti nell’opera possiamo identificare una gigantesca mano nodosa che strizza quello che sembra un seno di donna. un’altra mano è a terra, ossuta e deforme , mentre un microscopico uomo le si affaccia incuriosito da dietro, come spuntando da una roccia. Un piede scheletrico poggia su un bacino a sua volta sorretto da un altro piede ossuto. In alto occupa la scena un volto che sogghigna spaventosamente volgendo in alto lo sguardo disperato; sullo sfondo c’è un cielo meraviglioso. Al suolo si mescolano ossa, minerali e fave bollite , tra i quali spunta fuori contesto quello che sembra essere un armadio .

Ovunque è violenza , angoscia e paura per tradurre l’orrore assoluto della guerra.

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“ Il Volto della Guerra”

Autore: Salvador Dalì

Data: 1940

Tecnica: Olio su Tela

Dimensioni: 64x79 cm

Ubicazione:Rotterdam, Museum Boijmans Van Beuningen

“L'arte è fatta per disturbare, la scienza per rassicurare.” (Slvador Dalì)

Una delle opere di Dalì più drammatiche del repertorio artistico mondiale è : il ”Volto della guerra" E' stato dipinto quando l' artista si trovava al sicuro negli Stati Uniti per sfuggire alla guerra in Europa.Si tratta di una delle immagini più forti e paurose tra quelle inventate da Dalì. La guerra generatrice di morte, alimenta in Dalì l' angoscia e la paura. Ma forse l' immaginazione daliniana è mossa dal ricordo della guerra civile in Spagna. Nel dipinto, in primo piano, su un paesaggio desertico, vuoto fino all' orizzonte, è rappresentata la maschera della morte; la sole presenze vive sono i vermi-rettili che fuoriescono minacciosi, ma che non trovano nulla su cui avventarsi. Le orbite e la bocca sono occupati da teschi, i quali contengono altri teschi, che ci lasciano intuire che quella che vediamo sia solo una delle infinite facce della guerra e della distruzione. I colori predominanti sono il giallo e il marrone. In basso a destra della tela c' è l' impronta della mano di Dalì. La prospettiva angosciosa della figura, indica la moltiplicazione all' infinito del

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male totale causato dalla guerra, portatrice di morte e distruzione. Questo è un dipinto molto bello ma allo stesso tempo terrificante che riesce a dar voce alla sofferenza e alla distruzione della guerra.

Come è bella l’arte e quanto può dirci su di noi. Qualsiasi forma d’arte partendo dal disegno è universale e anche i bambini posso esprimersi tramite il disegno e anche i bambini di Gaza lo fanno e solitamente in media 8 bambini su 10 rappresentano la proprio casa ( i quartieri di Gaza City) con scene di guerra , solitamente bombardamenti.

Quanto male può fare un’infanzia nella guerra anche per l’immaginazione…

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Conclusione

Siamo arrivati alla fine del viaggio e spero di aver fatto conoscere degli spaccati di vita e di aver trasmesso il mio amore per l’arte.

Vorrei concludere citando una frase di un romanzo di Amos Oz dal titolo Giuda di cui si parla della situazione mediorientale . Un personaggio parlando de Israele dice :

“[..] due popoli che amano la stessa terra sono come due uomini che mano la stessa donna , ci sarà sempre odio tra i due”.

Lo scrittore israeliano poi precisa smentendo questo paragone:

“[…] Succede dappertutto , non solo in Israele. Con una differenza : due uomini che amano la stessa donna no possono arrivare a un compromesso , invece due popoli che amano la stessa terra sono come due uomini che hanno la stessa casa: possono dividerla in due piccoli appartamenti e arrivare a un compromesso”[15]

Speriamo che nel futuro Israeliani e Palestinesi smettano di pensare alla Terra Santa come alla loro donna e inizino a vederla come una casa comune in cui abitare e che capiscono che dalle differenze si possono arricchire entrambi e che la loro guerra non è altro che uno scontro fratricida che uccide solo i loro padri , madri e il loro futuro … i figli.

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Bibliografia :

[1] “ Il difficile ritorno” ,di Giorgio Ferrari, Avvenire (25.10.14)

[2] cap. “Scolpire in ogni sillaba le ferite del terribile girono”; pag. 101; “Opere di luce”, Velar; 2015

[3] cap. “Scolpire in ogni sillaba le ferite del terribile girono”; pag. 102; “Opere di luce”, Velar ; 2015

[4] cap.“Scolpire in ogni sillaba le ferite del terribile girono”; pag. 103; “Opere di luce”, Velar ;2015

[5] cap. “Una diabolica giornata di distruzione”; pag.112, “Opere di luce”, Velar ;2015

[6] Papa Francesco nell’Omelia nel cimitero di Redipuglia

[7] cap. “ essere cristiani nella Striscia di Gaza non è facile. Si rischia la vita ogni giorno”; pag 125; “Opere di luce”; Velar, 2015

[8] cap. “Pauline Ayyad: il perdono della vedova di Rami”; pag 128; “Opere di Luce” , Velar ; 2015

[9] cap. “Pauline Ayyad: il perdono della vedova di Rami”; pag 129; “Opere di Luce” velar ; 2015

[10] cap. “Amal” ; pag 157; “Opere di luce”; Velar; 2015

[11] “ Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini ,Piemme ; 2013

[12] “ Mille spendi soli”di Khaled Hosseini ,Piemme ; 2013

[13] “ Mille splendidi soli” di Khaled Hosseini ,Piemme ; 2013

[14] articolo dal sito htt ://www.darsmagazine.it/fuga-gaza-sculture-esauste-iyad-sabbah/#.WTu4HRPyjR0

[15] “ Giuda “ di Amos Oz , Narratori Feltrinelli, 2014 terza edizione

Sitografia:

[1.1] http://www.amnesty.it/campaign/io_non_discrimino_2003/temi/leggi.php3?menu=temi

[2.1 ]La rivista de “Il manifesto” numero 10 ottobre 2000 su http://www.amnesty.it/campaign/io_non_discrimino_2003/temi/leggi.php3?menu=temi

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[3.1] per informazioni sulla questione mediorientale preso in esame sito: http://www.stopcensura.com/2010/10/israele-palestina-storia-della-guerra.html

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