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1 “LAUDATO SII, MI SIGNORE” I PASSI DELLA FEDE SULLE ORME DI SAN FRANCESCO SUSSIDIO PASTORALE - LITURGICO IN PREPARAZIONE ALLE CELEBRAZIONI FRANCESCANE 2013

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“LAUDATO SII, MI’ SIGNORE”

I PASSI DELLA FEDE SULLE ORME DI SAN FRANCESCO

SUSSIDIO PASTORALE - LITURGICO IN PREPARAZIONE ALLE CELEBRAZIONI FRANCESCANE

2013

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A PAPA FRANCESCO

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PRESENTAZIONE L’Umbria ad Assisi: è come dire, l’Umbria che va da se stessa! Certo, anche dal punto di vista religioso, oltre che culturale, la piccola regione che è il cuore verde d’Italia è molto di più della Città del Poverello. Difficile però negare che ad Assisi batta il cuore spirituale dell’Umbria, come essa è conosciuta in tutto il mondo, e come gli stessi umbri, pur legati a tante altre storie e a tante altre figure di santità, non finiscono di sentirla. Oggi, poi, la scelta del Papa di chiamarsi Francesco, dà al nostro Santo aq al suo messaggio un ulteriore rilievo. Tornare “a se stessi” è importante già nella vita dei singoli. Sant’Agostino lo spiegava plasticamente quando, nelle Confessioni, rammaricandosi per aver scoperto troppo tardi la bellezza della fede, si rivolgeva a Dio così: “Tu eri dentro di me, ma io ero fuori”. C’è dunque il rischio di vivere “fuori” persino da se stessi. Un modo di vivere “fuori” è anche quello di abituarsi alle cose, al punto che il paesaggio, la storia, le cose più preziose di cui dispone un territorio, proprio per quelli che lo abitano, rischiano di essere dimenticati e, comunque, di non far più notizia. Chiamati a rappresentare la nostra Nazione nell’omaggio al Patrono d’Italia, dobbiamo, come Regione Umbria, civile ed ecclesiale, ritrovare motivazioni forti e imboccare percorsi significativi. Dev’essere una grande occasione: occasione di preghiera, occasione di riflessione. Siamo, per l’uno e l’altro aspetto, anche sollecitati dal fatto che il pellegrinaggio regionale cade nell’Anno della Fede. La Lettera pastorale scritta per l’occasione dai Vescovi Umbri invita a metterci sulle orme del Santo di Assisi per credere con Lui e, in particolare, in sintonia con il Giubileo eucaristico di Orvieto-Todi, di amare con Lui Gesù Eucaristia.

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Portiamo con noi, in questo pellegrinaggio, non solo l’Umbria, ma tutto il Paese. Sappiamo che, della protezione di Dio, propiziata dall’intercessione di san Francesco, ha più che mai bisogno. Sarà significativo, a tale scopo, notare che la tradizione del pellegrinaggio delle Regioni e dei Comuni d’Italia ad Assisi, con l’accensione della lampada votiva presso la tomba di san Francesco, è cominciata nel 1939, ma ha avuto alcuni passaggi di “avvicinamento”, che possono ancora dirci qualcosa. Al punto di partenza c’è il fascino universale del nostro Santo. È stato recentemente appurato che fu il Gioberti – nel contesto dunque delle passioni risorgimentali – a qualificarlo come il “più santo degli italiani, il più italiano dei santi”. Su questo sfondo l’avvicinamento dell’Italia ad Assisi ha avuto momenti progressivi. Ne ricordo almeno due. Nel 1870 , mentre l’Italia, con la “breccia di Porta Pia”, completava a suon d’armi l’unità politica facendo di Roma la sua capitale, il francescano, ora beato, Ludovico da Casoria fondava ad Assisi un’opera per ciechi e sordomuti. Scriveva: “Oh quanto piacere farà a San Francesco che i suoi figli poveri accolgano i poveri della sua patria, e gli educhino all’amore suo e alla patria dei suoi amori! Quest’opera per me è un cantico d’amore, di melodia, di armonia celestiale”. Un’opera che continua nell’Istituto Serafico e nell’altro che ancora porta il nome del Beato. Mettendo questo “segno” di carità nel cuore del francescanesimo, Ludovico da Casoria faceva, in certo senso, “scuola di politica”, ricordando all’Italia che l’unità della Nazione si fa innanzitutto stringendosi intorno a chi ha più bisogno: la politica, e la democrazia, ieri ed oggi, trovano in questo il loro contrassegno ideale. Altra tappa: in anni segnati da esasperato nazionalismo e prossimi a una guerra disastrosa, un grande vescovo di Assisi, Giuseppe Placido Nicolini, che si sarebbe reso benemerito della salvezza di tanti ebrei dalla furia persecutrice, si preoccupava di ottenere da Pio XII che san Francesco venisse proclamato “patrono d’Italia”. La proclamazione porta la data del 20 giugno 1939. Tale evento era anche un implicito messaggio all’Italia perché non smarrisse la via della pace. Qualche mese dopo iniziò, da parte dei Comuni d’Italia, l’accensione della lampada nella Basilica del

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Santo. Storia che continua quest’anno per le mani dell’Umbria, terra dove l’incanto francescano è nato e fiorito. Nelle pagine che seguono si presentano degli strumenti che si spera possano essere utili a quanti dovranno animare, destando attenzione e partecipazione. Alcune proposte sono direttamente funzionali alla preghiera. Altre riguardano tematiche varie di riflessione. Il sussidio è pensato, in gran parte, per i singoli cammini diocesani. L’Umbria è tutta costellata di memorie francescane e pertanto in ogni Diocesi si darà il taglio più rispondente al territorio. Sono previsti ovviamente anche i momenti comuni, che non si ridurranno allo stretto pellegrinaggio del 3-4 ottobre. Di grande significato sarà la riscoperta, nei primi di agosto, del “perdono” della Porziuncola. Ci auguriamo che l’occasione del pellegrinaggio umbro ad Assisi sia colta come una grande opportunità pastorale. Proprio a tale scopo si dovrà dare la debita attenzione all’insieme del cammino, e non ridursi alle ultime battute. Un grazie alla commissione che, all’interno del Comitato per il pellegrinaggio costituito dalla C.E.U., ha lavorato con passione. A tutti un saluto di pace e di bene.

+ Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino Presidente del Comitato per il Pellegrinaggio dell’Umbria ad Assisi

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IL CAMMINO COMUNE VERSO LA FESTA DI SAN FRANCESCO

Le festa di San Francesco (3-4 ottobre 2013), nella quale l’Umbria offrirà l’olio per la lampada che arde sulla tomba del Patrono d’Italia, sarà il punto di arrivo di un comune cammino di riflessione e di preghiera; esso sarà ritmato da varie tappe, alcune vissute a livello regionale, altre celebrate nelle singole diocesi e parrocchie. Il programma (ancora in fase di definizione) prevede: 6-7aprile, Orvieto: incontro regionale dei giovani 2 giugno: celebrazione del Corpus Domini nelle Diocesi 1 agosto, Assisi: incontro regionale delle famiglie per la festa del Perdono 1 settembre, Assisi: celebrazione nazionale della Giornata del Creato (da confermare) 17 settembre: celebrazione della festa delle Stimmate nelle Diocesi 21 settembre: iniziativa di evangelizzazione nelle Diocesi 28 settembre, Assisi: convegno sull’Umbria francescana (da confermare) 25 settembre-3 ottobre: celebrazione della novena di San Francesco nelle Diocesi

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INTRODUZIONE ALLA PRIMA PARTE

Il sussidio in questa prima parte propone temi che toccano alcuni aspetti della spiritualità di san Francesco, tracce che possono essere riprese e sviluppate per incontri di preghiera, catechesi, momenti di riflessione che eventualmente vengano previsti dalle singole diocesi o parrocchie in preparazione alla festa di San Francesco d’Assisi. Questi punti sono solo delle indicazioni tematiche, che ciascun operatore pastorale potrà rielaborare e approfondire nei diversi contesti in cui si vorranno proporre come catechesi o quant’altro.

1. Francesco e la scoperta della fede; 2. Francesco e l’Eucaristia (gli amori di Francesco); 3. Francesco e la Chiesa: perdono e riconciliazione; 4. Francesco e il Crocifisso: da San Damiano alle Stimmate.

Ciascun punto presenta dei richiami agli scritti di San Francesco o alle vicende narrate nelle Fonti Francescane che da ora in poi verranno citate con la sigla FF secondo l’Editio maior.

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1. FRANCESCO E LA FEDE Capita ormai non di rado che i cristiani si diano maggior preoccupazione per le conseguenze sociali, culturali e politiche del loro impegno, continuando a pensare alla fede come a un presupposto ovvio del vivere comune. In effetti, questo presupposto non solo non è più tale, ma spesso viene perfino negato (Porta Fidei, 2) “La fede non può mai essere data per scontata. Questo è vero in ogni tempo. In particolare vale per noi oggi. Solo attraverso di essa, infatti, abbiamo accesso a Cristo, che ci chiama a seguirlo con tutta la nostra vita. In ogni tempo occorre riprendere e “verificare” la nostra fede, ossia svolgerla nel suo contenuto e nella sua dinamica affinché, sperimentandone la capacità di rendere autentica la nostra esistenza, ci possiamo convincere ogni giorno di più della sua verità.” L’esempio di San Francesco allora è ancora molto attuale perché ci aiuta a scoprire “la fede come dono prezioso da far crescere ogni giorno. Il suo percorso esistenziale è sempre stato animato dalla dinamica della fede da approfondire ogni giorno” (Paolo Martinelli, Dammi fede diritta, Ed. Porziuncola, p. 6). L’azione di Dio nell’animo dell’uomo è quanto di più misterioso ci possa essere. “Nessuno può conoscere che cosa c’è dentro il cuore

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dell’uomo, solo Dio può” (Giovanni Paolo II) . Per quanto si voglia studiare, analizzare la vita di una persona, rimarrà sempre un mistero l’intervento di Dio nel suo cuore e nella sua mente . Quello che possiamo fare è constatare i fatti, le azioni esteriori, le parole, gli scritti, tutte espressioni di una interiorità nascosta. Quando si parla di Francesco d’Assisi si corre però il rischio di fermarci agli aspetti esteriori della sua vita, ci stupiamo, ci inteneriamo, ma non ci lasciamo interpellare dalla sua esperienza. Non abbiamo, come Francesco, il coraggio di rivolgerci a Dio con decisione: ”Signore, che cosa vuoi che io faccia?”. Raggiungere la consapevolezza che la mia vita appartiene a Dio, è Lui che me l’ha donata, e a Lui devo restituirla è un punto di partenza, ma è anche meta di un cammino spirituale non sempre lineare e semplice, perché non è scontato vivere alla luce di questa certezza, come non lo è stato per Francesco. Anche il giovane Francesco era abituato a vivere la fede come osservanza dei precetti della Chiesa piuttosto che come rapporto personale con Dio. Il suo essere credente consisteva per lo più in una appartenenza ad una istituzione, l’obbedienza a Dio si confondeva con l’asservimento a qualche nobile potente. E’ nota a tutti la provenienza di Francesco da una famiglia ricca, agiata , benestante, il suo vivere pienamente calato nella realtà del suo tempo, i suoi desideri e le sue ambizioni di successo, il sogno di diventare cavaliere, nobile, ammirato e apprezzato dagli uomini e la sicurezza di poter contare sulle risorse economiche per soddisfare i capricci e i desideri tipici di un giovane del suo tempo, come dei giovani di ogni epoca. Era Francesco il proprietario della sua vita, era lui che stava decidendo che fare della sua vita e come gestirla, e non gli mancavano certo le possibilità per tentare l’impresa. Ma Francesco, leggiamo nel suo primo biografo Tommaso da Celano (FF 323-331), nonostante stesse per conseguire quanto desiderava ardentemente, fece una serie di esperienze che lo condussero a cercare altrove, ad andare oltre i suoi sogni di gloria . “Fu visitato dal Signore” (FF 1399 ): “Chi può esserti più utile: il padrone (il tuo Signore) o il servo (un certo conte Gentile)? “(FF 1401) era ovvia la risposta di Francesco “il padrone” e altrettanto logica e consequenziale la sua immediata domanda : “Signore, che cosa vuoi che io faccia?” In questo passaggio possiamo individuare il pieno riconoscimento da parte di Francesco della Signoria di Dio sulla sua vita e il suo pronto desiderio di

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esaudire la volontà del Suo Signore. Potremmo allora domandarci anche noi: quanto sono disposto a pormi con serietà e sincerità questa domanda, con quanto impegno sono pronto a mettermi alla ricerca della volontà di Dio sulla mia vita, con la profonda consapevolezza che è Dio, non io, il proprietario della mia vita? Questa modalità nuova di incontro personale con Dio non è riservata a Francesco e a pochi intimi, ma può accadere a ciascuno di noi e forse sta accadendo e non ce ne rendiamo conto. Questa scoperta conduce Francesco ad un rapporto nuovo con Dio, fatto di riconoscenza, di gratitudine, di desiderio di restituire al legittimo proprietario tutti i beni ricevuti. Nasce allora un nuovo anelito in Francesco: tutto in lui e attorno a lui è illuminato da questo incontro con Dio e di conseguenza cambia anche il modo di relazionarsi con il mondo, con se stesso, con gli altri. I suoi passi, le sue azioni saranno da ora in poi guidati dalla luce di questa scoperta. (cf. FF 674) La restituzione è un atteggiamento tipico di San Francesco “che proprio per non volersi appropriare dei beni ricevuti dal Signore, sa di doverli restituire. Così lo sentiamo affermare : “Beato il servo che restituisce tutti i suoi beni al Signore Iddio, perché chi riterrà qualcosa per sé, nasconde dentro di sé il denaro del Signore suo Dio, e gli sarà tolto ciò che credeva di possedere”. Am 18 (FF 168) E nella Regola ribadisce e chiarisce lo stesso concetto: ”E restituiamo al Signore Dio Altissimo e sommo tutti i beni e riconosciamo che tutti i beni sono suoi e di tutti rendiamogli grazie, perché procedono tutti da lui. E lo stesso Altissimo e sommo, solo vero Dio, abbia e gli siano resi, ed egli stesso riceva tutti gli onori e la reverenza, tutte le lodi e le benedizioni, ogni rendimento di grazie e ogni gloria, perché suo è ogni bene ed egli solo è buono .….” . Rnb17, FF 48 (cfr. Cesare Vaiani, La via di Francesco, ed. Biblioteca Francescana, p.71). “Francesco, smise di adorare se stesso e persero via, via di fascino le cose che prima amava. Si apparta dal tumulto del mondo e cerca di custodire Gesù Cristo nell’intimità del cuore. Come un mercante avveduto sottrae allo sguardo degli scettici la perla trovata e segretamente si adopra a comprarla con la vendita di tutto il resto” (FF 328) . Questo nuovo sentire di sé fa sì che Francesco inizi a guardare in maniera diversa il mondo che lo circonda, i poveri, il lebbrosi, tutte le persone che prima teneva lontane diventano importanti ai suoi occhi e sono occasioni per incontrare il suo Signore, come lui stesso dichiara nel suo Testamento:

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(FF 110-131) “mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia e…. ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza d’animo e di corpo. E di poi, stetti un poco e uscii dal mondo.” Un’ altra scoperta che Francesco fa, è che Dio non è un dio nascosto, un dio lontano, ma è un Dio che parla. Dio gli parla nella chiesetta di San Damiano, davanti al Crocifisso e alla preghiera ripetuta di Francesco “che cosa vuoi che io faccia?” gli chiede di restaurare la chiesa in rovina. Francesco non si pone ulteriori domande, non cerca il significato spirituale e recondito di quelle parole, ma cerca di capire mettendo in pratica le parole ascoltate dal suo Signore. Ascoltare, mettere in pratica e poi capire la volontà di Dio: questo era il metodo, la procedura di un vero ascoltatore della parola di Dio, non come un ascoltatore smemorato, ma come colui che mette in pratica la Parola. (FF 357) Riparata la chiesa di San Damiano, ecco che nuovamente la parola di Dio lo raggiunge e gli indica la strada da percorrere: l’ascolto, durante la Messa, del Vangelo relativo al mandato affidato agli Apostoli di predicare e la spiegazione da parte del sacerdote fanno esplodere di gioia Francesco :” Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!” Non c’è gioia più grande, infatti, che l’incontro di due volontà che vanno nella stessa direzione. E’ come il rivelarsi di un amore sponsale. Quello che Dio gli chiedeva era esattamente quanto Francesco desiderava, portava nascosto nel cuore e non lo aveva ancora scoperto. (FF 357) Quanti hanno fatto questa esperienza di ritrovare nella volontà di Dio l’esatto compimento di un desiderio che portavano nel cuore e che avevano magari provato a inseguire a proprio modo e che invece solo il Signore ha realizzato pienamente? Solo Dio conosce pienamente quello che c’è nel cuore dell’uomo. Ecco allora che la Sacra Scrittura diventa uno dei luoghi privilegiati in cui ascoltare la voce di Dio e Francesco arriverà ad avere tanta venerazione per le sacre scritture da inserire nella regola il richiamo alla massima cura verso le divine parole scritte ovunque vengano trovate …onorando nelle sue parole il Signore che le ha pronunciate (FF 224-225). Chiede di raccogliere anche dei piccoli ritagli da conservare e tenere a mente non come un feticcio, ma per coglierne lo Spirito e poterla mettere in pratica. (FF 156)

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Per Francesco il Vangelo diventa allora norma di vita (FF 75), e osservare il santo Vangelo non era altro che seguire l’insegnamento e le orme del Signore nostro Gesù Cristo (FF 4) . Egli stesso dirà nel suo Testamento: E dopo che il Signore mi dette dei fratelli, nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo. (FF 116) Tanto intenso era diventato ormai il rapporto con la Scrittura, occasione privilegiata di incontro con il Signore, che Francesco, già prossimo alla morte, dopo aver cantato il salmo di Davide 141 , chiede gli venga letto il brano del Vangelo di Giovanni 12 sei giorni prima della Pasqua… anche la sua morte sarà una pasqua. Dal momento della scoperta di Dio Signore della sua vita, Francesco vivrà in piena conformità a Gesù Cristo anche nella morte, vissuta non come un momento inevitabile da subire, ma come il passaggio alla vita eterna, per questo in riferimento a Francesco non si parlerà di morte, ma di ‘transito’.(FF 511) Così l’autore citato riporta il pensiero di un grande studioso di Francesco d’Assisi il P. Esser: “non si tratta in san Francesco soltanto di una sequela esterna della vita di Cristo, ma prima di tutto che nel seguace di Cristo diventi vivo e attivo anche lo Spirito di Cristo. Questa dottrina sullo Spirito del Signore …si può chiamare lo stesso centro del pensiero e della condotta cristiana di san Francesco. Di lui parla sempre nelle sue Regole e Lettere, nelle sue Ammonizioni per i frati” (Cesare Vaiani o.c. p.13). Avere “lo Spirito del Signore e la sua santa operazione” è allora la formula raccomandata da Francesco per poter essere un vero seguace di Gesù Cristo e quindi un vero frate minore. (vedi RB 10,8-12 FF104). Francesco tiene sempre presente questa richiesta nelle sue preghiere e per questo chiede al Signore di donargli “una fede retta, speranza certa, carità perfetta….” (FF 276). “Desta impressione il fatto che Francesco utilizzi il termine ‘fede’ non solo in relazione a Cristo e a Dio, ma anche alle chiese e ai sacerdoti. Pensiamo alle note espressioni usate nel Testamento: “E il Signore mi dette tale fede nelle chiese, che io così semplicemente pregavo e dicevo: Ti adoriamo, Signore Gesù Cristo anche in tutte le tue chiese che son nel mondo intero e ti benediciamo…poi il Signore mi dette e mi dà tale fede nei sacerdoti, che vivono secondo la forma della santa Chiesa Romana, a motivo del loro ordine. (Test. 4,6; FF 111-112)

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Il brano del Testamento considerato in cui si trova incastonato questo testo, contiene due riferimenti alle chiese: Francesco può adorare Cristo salvatore perché ha fede nelle chiese, così da adorarlo proprio in esse. E’ molto importante per la dinamica francescana della fede cogliere come non si possa arrivare a Dio se non per mezzo della fede in Gesù Cristo, ma anche come non si arrivi a Cristo se non attraverso la “fede” nelle chiese e nei sacerdoti. (Paolo Martinelli, o.c., p. 15) “Infine è importante notare come per Francesco la fede sia essenzialmente un dono che va accolto con gratitudine e coltivato innanzitutto mediante la preghiera. E’ un dono non acquisito una volta per sempre. E’ una dinamica che deve riaccadere in ogni circostanza della vita.” (ivi p.30) Le parole della preghiera di San Francesco davanti al Crocifisso ci aiutano allora a cogliere in profondità la sua preoccupazione più ricorrente. Nella consapevolezza di aver ricevuto un dono grande da Dio, Francesco sopra ogni altra cosa desiderava rendere grazie con la sua stessa vita a tanto amore e tanta grazia e sapeva che solo Dio poteva indicargli come:

«Altissimo glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio.

Dammi una fede retta, speranza certa, carità perfetta,

senno e discernimento, Signore per compiere la tua vera e santa volontà.

Amen. » (FF 276)

Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza; non c’è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita se non abbandonarsi, in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio. (Porta fidei, 7)

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2. GLI AMORI DI FRANCESCO

«Tante volte anche noi, presi da una fede flaccica, svenevole, abbiamo fatto dell’Eucaristia un momento di dilettazioni piacevoli, morose, di compiacimenti estenuanti che hanno snervato proprio la forza d’urto dell’Eucaristia e ci hanno impedito di udire il grido dei Lazzari che stanno fuori la porta del nostro banchetto. Se dall’Eucaristia non parte una forza prorompente che cambia il mondo, che dà la voglia dell’inedito, allora sono eucaristie che non dicono niente. Se dall’Eucaristia non si scatena una forza prorompente che cambia il mondo, capace di dare a noi credenti – a noi presbiteri che celebriamo – l’audacia dello Spirito santo…è inutile celebrare l’Eucaristia» (Mons. Tonino Bello).

1. O DEGNAZIONE STUPENDA

La fede di Francesco nell’Eucaristia scuote e mette in crisi tanta nostra leggerezza e superficialità. Leggendo e meditando gli Scritti e il suo modo di comportarsi ciò che balza subito agli occhi e colpisce è questo suo amore “fuori misura” per l’Eucaristia, per il Corpo e Sangue di Cristo.

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Addirittura si dice che “bruciasse” d’amore. Per Francesco non si tratta solo di ascoltare Dio che parla, ma anche vedere Dio che si mostra in Gesù Cristo. Si potrebbe affermare che il suo è uno sguardo che ascolta! Francesco sa dove posare il suo sguardo: «si mostra a noi nel pane consacrato»(FF 144); «sotto poca apparenza di pane»(FF 221). Sa chi c’è lì, ha una chiara coscienza davanti a chi si trova, e ne trae una forza incredibile per la vita.

Da questi due brani si coglie questo “fuoco” che arde in lui, nel suo mondo interiore: sconvolgimento, ammirazione, riverenza, stupore, ebbrezza, soavità ed estasi… «Bruciava di fervore in tutte le sue viscere per il Sacramento del Corpo del Signore, ammirando stupefatto quella degnazione piena di carità e quella carità piena di degnazione. Si comunicava spesso e con tale devozione da rendere devoti anche gli altri, e, gustando in ebbrezza di Spirito la soavità dell’Agnello immacolato, il più delle volte veniva rapito in estasi» (FF 1164).

«Ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del Corpo del Signore, preso da stupore oltre ogni misura per tanta benevolenza e degnazione e generosissima carità. Riteneva grave segno di disprezzo non ascoltare ogni giorno la Messa, anche se unica, se il tempo lo permetteva. Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri. Infatti, essendo colmo di reverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra, e, quando riceveva l’agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull’altare del suo cuore»(FF 789).

Francesco, attraverso l’Eucaristia fa esperienza “ogni giorno” di un Dio che “si umilia” e ci viene incontro “nel pane consacrato”. Con quanta insistenza dice “ogni giorno”. Un Dio che mai si stanca e “ogni giorno” si dona, si fa mangiare: “ogni giorno”… Non una volta, ma sempre, “ogni giorno”. Con tutta la fame , Francesco divora letteralmente il Pane di Vita, facendosi poi “mangiare” pure lui dai fratelli, ogni giorno, rendendosi sempre aperto e disponibile.

«Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sopra l’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli apparve in vera carne, così ora si mostra a noi nel pane consacrato; e come essi con lo sguardo fisico

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vedevano solo la sua carne ma, contemplandolo con gli occhi della fede, credevano che egli era Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, vediamo e fermamente crediamo che il suo santissimo corpo e sangue sono vivi e veri» (FF 144).

2. SCOPERTA DI UN DIO CHE SI FA MANGIARE Come è semplice la fede e la “teologia” di Francesco! La sua vita è impastata di amore, di abbandono, di stupore: egli non può vivere senza la Parola di Dio e l’Eucaristia. Una mamma , in un trasporto d’amore, sussurrò alla sua creatura che teneva in braccio: «Ti voglio tanto bene che ti vorrei mangiare!». Era un modo per esprimere l’intensità dei sentimenti: «Ti vorrei mangiare, vorrei averti dentro di me, ti amo da non poter vivere senza di te… ». Ebbene, Dio innamorato, lo dice sempre a noi, affermando però, di voler Lui “farsi mangiare”, da noi. Le parole non riescono ad esprimere questa follia d’amore, avvenuta nell’ultima cena, dove San Giovanni (Gv 13,1-17) ci dice: «Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di

passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: «Signore, tu lavi i piedi a me?». Rispose Gesù: «Quello che io faccio, tu ora non lo capisci; lo capirai dopo». Gli disse Pietro: «Tu non mi laverai i piedi in eterno!». Gli rispose Gesù: «Se non ti laverò, non avrai parte con me». Gli disse Simon Pietro: «Signore, non solo i miei piedi, ma anche le mani e il capo!». Soggiunse Gesù: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno di lavarsi se non i piedi ed è tutto puro; e voi siete puri, ma non tutti». Sapeva infatti chi lo tradiva; per questo disse: «Non tutti siete puri». Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite

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bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi. In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica».

Francesco, così si esprime, nella sua Lettera a tutti i frati: «L’umanità trepidi, l’universo intero tremi, e il cielo esulti, quando sull’altare, nelle mani del sacerdote, è il Cristo figlio di Dio vivo. Ammirabile altezza, o degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, in poca apparenza di pane! Guardate, frati, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a Lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché egli vi esalti. Nulla, dunque, di voi, tenete per voi; affinché vi accolga tutti colui che a voi si dà tutto» (FF 221). E’ lì, nella celebrazione eucaristica, che Francesco impara a nulla tenere per sé, e a dare “tutto”: questa è la palestra dello spirito.

3. UN PIENO DI FORZA

Senza Eucaristia, senza la “comunione con Lui” a Francesco tutto risulta pesante, grigio, faticoso. Nell’Eucaristia Francesco si riempie di gioia, si nutre di fede e di speranza e trova la forza per camminare ed amare. Eucaristia vuol dire “rendimento di grazie”: il Cantico delle creature è l’espressione traboccante di questo rendimento di grazie di cui è pervasa e nutrita la sua vita.

Nel primo libro dei Re si legge che il profeta Elia stava attraversando un momento difficile e voleva fuggire e morire: «Ora basta, Signore! Prendi la mia vita...Ma un angelo lo toccò e gli disse: Alzati e mangia…Con la forza datagli da quel cibo, camminò per quaranta giorni e quaranta notti…» (1Re 19, 4-8). E’ un racconto che prefigura l’Eucaristia e ciò che avrebbe operato in tutti coloro che sarebbero stati nutriti di questo “Pane del cielo”.

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4. IL PRIMO POVERO DA RICONOSCERE Nell’Eucaristia, Francesco chi vede, che cosa scopre? Il Dio povero

che si è spogliato del suo potere, di tutte le sue prerogative divine. Ben si comprende il motivo per cui nelle Lodi di Dio Altissimo, Francesco grida: «Tu sei umiltà».

«Tutta la storia della salvezza è la storia dell’umiltà di Dio, anzi delle umiliazioni di Dio. Si è abbassato. Dal momento dell’Incarnazione non ha fatto che discendere, discendere fino al punto estremo in cui contempliamo Cristo Signore in ginocchio in atto di lavare i piedi agli apostoli. Che fremito dovette correre fra gli angeli al vedere in tale abbassamento il Figlio di Dio, sul quale essi non osano neppure fissare lo sguardo. Il Creatore è in ginocchio di fronte alla creatura! “Arrossisci superba cenere: Dio si abbassa e tu ti innalzi!”, diceva a se stesso S. Bernardo» (R. Cantalamessa).

Dio che si consegna, si rende presente attraverso il pane e il vino! Solo la fantasia di Dio poteva escogitare una cosa simile! Solo il suo cuore da…Dio innamorato! E tutto per stare con noi uomini, per darci la sua vita e farci capire quanto ci ama! Francesco ben comprende questa “storia d’amore”. Il primo “povero” da riconoscere, da accogliere, sostenere e aiutare e imitare è proprio Lui, il Signore, presente e nascosto nel Sacramento. Ecco perché vuole che sia onorato, adorato con ogni mezzo e senza badare a spese:

«Francesco sentiva tanta riverenza e devozione per il Corpo di

Cristo, che avrebbe voluto scrivere nella Regola che i frati ne avessero ardente cura e sollecitudine nelle regioni in cui dimoravano, ed esortassero con insistenza chierici e sacerdoti a collocare l’Eucaristia in luogo conveniente e onorevole. Se gli ecclesiastici trascuravano questo dovere, voleva che se lo accollassero i frati. Anzi, una volta ebbe l’intenzione di mandare, in tutte le regioni, alcuni frati forniti di pissidi, affine di riporvi con onore il corpo di Cristo, dovunque lo avessero trovato custodito in modo sconveniente» (FF 1635).

«Una volta volle mandare alcuni frati per tutte le province, a portare molte pissidi belle e splendenti, affinché dovunque trovassero il corpo del Signore conservato in modo sconveniente, lo collocassero con onore in queste pissidi. E anche volle mandare altri frati per tutte le regioni

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con molti e buoni ferri da ostie, per fare delle particole belle e pure» (FF 1756).

5. APRIRE GLI OCCHI E RICONOSCERE

Nel cuore di Francesco c’è amore, ma anche tanto dolore e sofferenza per il “santissimo Corpo del Signore nostro Gesù Cristo” che non viene riconosciuto, riverito, onorato, adorato. Le sue parole sono dure e non ammettono attenuanti: «Perciò tutti coloro che videro il Signore nostro Gesù Cristo secondo l’umanità e non videro né credettero, secondo lo Spirito e la divinità, che Egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati; e così ora sotto le specie del pane e del vino tutti quelli che vedono il sacramento del corpo di Cristo, che viene consacrato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare per le mani del sacerdote sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono secondo lo spirito e la divinità, che sia veramente il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati perché l’Altissimo stesso ne dà testimonianza e dice: Questo è il mio corpo e il sangue del nuovo testamento; e ancora: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna.

Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, egli stesso riceve il santissimo corpo e sangue del Signore; tutti coloro che non partecipano del medesimo Spirito e presumono accogliere il Signore, mangiano e bevono la loro condanna. Per cui: Figliuoli degli uomini, sino a quando avrete duro il cuore? Perché non riconoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio?» (FF 142-143).

Rivolgendosi ai giovani, Giovanni Paolo II, in uno dei suoi messaggi forti (15 agosto ’96), così li invita a fare Eucaristia: «Gesù vive in mezzo a noi nell’Eucaristia, nella quale si realizza in maniera somma la sua presenza reale e la sua contemporaneità con la storia dell’umanità. Tra le certezze e le distrazioni della vita quotidiana, imitate i discepoli in cammino verso Emmaus e, come loro dite al Risorto che si rivela nello spezzare il pane: Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino” (Lc 24, 29). Invocate Gesù, perché lungo le strade delle tante Emmaus dei nostri tempi rimanga sempre con voi. Sia Lui la vostra forza, Lui il vostro punto di riferimento, Lui la vostra perenne speranza. Non

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manchi mai, cari giovani, il Pane eucaristico sulle mense delle vostre esistenze. E’ da questo Pane che potrete trarre la forza per testimoniare la fede! ».

6. UNA VITA DIVENTATA EUCARISTIA Francesco, sentendo vicino il tempo in cui sta per passare da

questo mondo al Padre, vuole ripetere con i suoi frati i gesti e le azioni dell’Ultima Cena del Signore: «Per dimostrare che in tutto era perfetto imitatore di Cristo suo Dio, amò sino alla fine i suoi frati e figli, che aveva amato fin da principio…Mentre i frati versavano amarissime lacrime e si lamentavano desolati, si fece portare del pane, lo benedisse, lo spezzò e ne diede da mangiare un pezzetto a ciascuno. Volle anche il libro dei Vangeli e chiese che gli leggessero il vangelo secondo Giovanni, dal brano che inizia:Prima della festa di Pasqua ecc… Si ricordava in quel momento della santissima cena, che il Signore aveva celebrato con i suoi discepoli per l’ultima volta, e fece tutto questo appunto a veneranda memoria di quella cena e per mostrare quanta tenerezza di amore portasse ai frati» (FF 806-808).

Tutta la sua vita è stata “Eucaristia” e lui stesso tutto divenuto Eucaristia. Non è un caso forse, che a San Damiano il corpo di Francesco sia collocato sulla piccola grata attraverso la quale le suore ricevono abitualmente l’Eucaristia: «Quando giunsero al luogo dove egli aveva fondato l’Ordine religioso delle sacre vergini e Donne Povere, deposero il sacro corpo nella chiesa di San Damiano, dove dimoravano quelle sue figlie dilette ch’egli aveva conquistate al Signore e fu aperta la piccola grata attraverso la quale le ancelle di Cristo sogliono ricevere nei tempi stabiliti l’Eucaristia. Fu aperto anche il feretro, che conteneva quel tesoro di celesti virtù, portato ora da pochi, lui che era solito portare molti durante la sua vita. Ed ecco, donna Chiara, che era veramente chiara per ricchezza di meriti, prima madre di tutte le altre, perché era stata la prima pianticella di quella religiosa famiglia, viene con le figlie a vedere il Padre che più non parla con loro, perché se ne va altrove. E guardandolo, piangendo e gemendo, con voce accorata, espressero così il loro cordoglio trepidante e devoto: “O Padre, che cosa faremo ora noi, misere? Perché ci abbandoni desolate? A chi ci affidi, così desolate?» (FF 525).

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Questo è l’augurio che nasce spontaneo, al termine di questa riflessione e confronto con la vita di San Francesco: ogni volta che partecipiamo alla messa, che ci nutriamo di Lui, i nostri occhi possano riempirsi di luce, possiamo essere portatori di stupore a tutti coloro che incontriamo nel nostro cammino. Possiamo anche noi gridare, come i discepoli di Emmaus: «L’abbiamo incontrato. Davvero è in mezzo a noi».

Il credente che si nutre di Eucaristia, non può dormire sonni tranquilli, dev’essere pervaso dall’inquietudine di Dio, invaso dalla passione dell’uomo.

7. APPROFONDISCI & CONDIVIDI

a) Nel mistero dell’Eucaristia Francesco contempla stupito il mistero dell’umiltà di Dio, “che ogni giorno viene a noi in apparenza umile”. L’umiltà è l’unica strada, sulla quale può transitare l’amore. La nostra vita si complica drammaticamente all’insegna dell’avere, del potere e del sembrare. Ma a che serve l’ansia dell’avere, l’arroganza del potere e la fatica del sembrare?

b) Nel mistero dell’Eucaristia, Francesco vede la dimensione assoluta dell’amore di Dio, che si dona tutto a tutti e comprende nell’intimo il senso profondo del “corpo spezzato” e del “sangue versato” di Cristo. «Amare è donare ciò che si è» (J. Maritain). La nostra vita invece si dibatte tra la voglia di spendersi e la difesa egoistica ad oltranza. In verità è che «Nulla è più nostro di ciò che abbiamo saputo regalare» (S. Ambrogio). Come vivi questa dimensione?

c) Nel mistero dell’Eucaristia, Francesco scopre il mistero e la bellezza dell’essere Chiesa, famiglia di Dio, riunita «nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (S. Cipriano). Nella Chiesa , santa e sempre bisognosa di conversione, Francesco sperimenta la felicità dei figli di Dio e la felicità della fraternità con tutti gli uomini, trasformando la sua vita in pura Eucaristia. La nostra vita tende inesorabilmente alla divisione, al frazionamento, all’antagonismo e alla confusione delle lingue. La “civiltà dell’amore” non si costruisce però senza comunione, senza dialogo, senza condivisione e senza riconciliazione. Tu come vivi questo aspetto dell’Eucaristia?

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3. FRANCESCO E LA CHIESA: PERDONO E RICONCILIAZIONE

Il “perdono delle colpe e delle pene” è anticipo della vita eterna, assaggio della vita nella grazia, esperienza della Misericordia di Dio come Amore profondo unico personale e universale di Dio. Nell’Anno della Fede, il Santo padre Benedetto XVI ci invita a riscoprire le verità della nostra fede contenute nel Credo Apostolico. In particolare vogliamo soffermarci sull’articolo che parla della remissione dei peccati:

CCC 976 - Il Simbolo degli Apostoli lega la fede nel perdono dei peccati alla fede nello Spirito Santo, ma anche alla fede nella Chiesa e nella comunione dei santi. Proprio donando ai suoi Apostoli lo Spirito Santo, Cristo risorto ha loro conferito il suo potere divino di perdonare i peccati: «Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi» (Gv 20, 22-23).

CCC 977 - Nostro Signore ha legato il perdono dei peccati alla fede e al Battesimo: «Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo» (Mc 16, 15-16). Il Battesimo è il primo e principale sacramento per il perdono dei peccati perché ci unisce a Cristo «messo a morte per i mostri peccati e... risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4, 25), affinché «anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6, 4).

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CCC 981 - Cristo dopo la sua Risurrezione ha inviato i suoi Apostoli a predicare «nel suo nome... a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati» (Lc 24, 47). Tale «ministero della riconciliazione» (2 Cor 5, 18) non viene compiuto dagli Apostoli e loro successori solamente annunziando agli uomini il perdono di Dio meritato per noi da Cristo e chiamandoli alla conversione e alla fede, ma anche comunicando loro la remissione dei peccati per mezzo del Battesimo e riconciliandoli con Dio e con la Chiesa grazie al potere delle chiavi ricevuto da Cristo. La Chiesa ha ricevuto le chiavi del Regno dei cieli, affinché in essa si compia la remissione dei peccati per mezzo del sangue di Cristo e dell’azione dello Spirito Santo. In questa Chiesa l’anima, che era morta a causa dei peccati, rinasce per vivere con Cristo, la cui grazia ci ha salvati.

CCC 982 - Non c’è nessuna colpa, per grave che sia, che non possa essere perdonata dalla santa Chiesa. «Non si può ammettere che ci sia un uomo, per quanto infame e scellerato, che non possa avere con il pentimento la certezza del perdono». Cristo, che è morto per tutti gli uomini, vuole che, nella sua Chiesa, le porte del perdono siano sempre aperte a chiunque si allontana dal peccato.

CCC 983 - La catechesi si sforzerà di risvegliare e coltivare nei fedeli la fede nella incomparabile grandezza del dono che Cristo risorto ha fatto alla sua Chiesa: la missione e il potere di perdonare veramente i peccati, mediante il ministero degli Apostoli e dei loro successori. Il Signore vuole che i suoi discepoli abbiano i più ampi poteri; vuole che i suoi servi facciano in suo nome ciò che faceva egli stesso, quando era sulla terra. I sacerdoti hanno ricevuto un potere che Dio non ha concesso né agli angeli né agli arcangeli... Quello che i sacerdoti compiono quaggiù, Dio lo conferma lassù. Se nella Chiesa non ci fosse la remissione dei peccati, non ci sarebbe nessuna speranza di una vita eterna e di una liberazione eterna. Rendiamo grazie a Dio che ha fatto alla sua Chiesa un tale dono. Vogliamo ora segnalare alcuni testi tratti dalle Fonti Francescane, attraverso i quali individuare i passaggi più significativi della vita di San Francesco che lo hanno portato a desiderare e a vivere il perdono del Signore.

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1. LE CRISI DELLA VITA PURIFICANO I DESIDERI DEL CUORE: Il sogno di Spoleto

«Una notte, mentre dorme, sente di nuovo una voce, che gli chiede premurosa dove intenda recarsi. Francesco espone il suo proposito, e dice di volersi recare in Puglia per combattere. Ma la voce insiste e gli domanda chi ritiene possa essergli più utile, il servo o il padrone. " Il padrone ", risponde Francesco. " E allora - riprende la voce - perché cerchi il servo in luogo del padrone? ". E Francesco: " Cosa vuoi che io faccia, o Signore? ". "Ritorna -- gli risponde il Signore -- alla tua terra natale, perché per opera mia si adempirà spiritualmente la tua visione”». (FF 587) Con questo episodio il Signore non vuole annullare il desiderio di Francesco, ma vuole purificarlo. Vuole cioè, predisporre il cuore di Francesco ad accogliere la Grazia di Dio che realizzerà quel desiderio.

2. LA MISERICORDIA DI DIO TOCCA IL CUORE DI FRANCESCO: Il crocifisso di S. Damiano

«Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando, un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso – cosa da sempre inaudita – l’immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, movendo le labbra. “Francesco, - gli dice chiamandolo per nome – va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina”». (FF 593) Questo episodio ci ricorda che ogni nostro tentativo di perdono, nasce da un atto puramente gratuito di Dio. Il perdono è innanzi tutto grazia di Dio.

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3. IL PERDONO È (ANCHE) COMPITO DELL’UOMO: L’abbraccio del lebbroso

«Il signore Iddio in questo modo dette a me, Frate Francesco, di incominciare a far penitenza. Essendo nei peccati, a me pareva troppo amaro vedere i lebbrosi, e Iddio Signore mi condusse tra quelli e fui loro misericordioso. E partendomi da loro, quello che prima mi pareva amaro si convertì in dolcezza di animo e corpo». (FF 110)

«Un giorno che stava pregando fervidamente il Signore, sentì dirsi: "Francesco, se vuoi conoscere la mia volontà, devi disprezzare e odiare tutto quello che mondanamente amavi e bramavi possedere. Quando avrai cominciato a fare così, ti parrà insopportabile e amaro quanto per l'innanzi ti era attraente e dolce; e dalle cose che una volta aborrivi, attingerai dolcezza grande e immensa soavità”….. incontrò sulla strada un lebbroso. Di questi infelici egli provava un invincibile ribrezzo, ma stavolta, facendo violenza al proprio istinto, smontò da cavallo e offrì al lebbroso un denaro, baciandogli la mano». (FF 1407) Questi due episodi ci fanno vedere come il perdono, oltre ad essere dono gratuito di Dio, è al tempo stesso un impegno ed una responsabilità dell’uomo («far penitenza»; «fui loro misericordioso»; «facendo violenza al proprio istinto»).

4. LA CERTEZZA DEL PERDONO DEI PECCATI FA NASCERE LA GIOIA DEL CUORE.

«Un giorno, mentre, ritirato in luogo solitario, piangeva ripensando con amarezza al suo passato, si sentì pervaso dalla gioia dello Spirito Santo, da cui ebbe l'assicurazione che gli erano stati pienamente rimessi tutti i peccati. Rapito fuori di sé e sommerso totalmente in una luce meravigliosa che dilatava gli orizzonti del suo spirito, vide con perfetta lucidità l'avvenire suo e dei suoi figli. Dopo l'estasi, ritornò dai frati e disse loro: «Siate forti, carissimi, e rallegratevi nel Signore. Non vogliate essere tristi, perché siete in pochi, e non vi faccia paura la mia o la vostra semplicità; poiché, come il Signore mi ha mostrato con una visione veritiera, Iddio ci

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farà diventare una grande moltitudine e la sua grazia e la sua benedizione ci faranno crescere in molti modi». (FF 1057) Questo episodio ci mostra innanzitutto quale grande gioia produca il perdono dei peccati. Altri frutti, fondamentali per la vita spirituale, nascono dal perdono dei peccati:

- la luce del discernimento per capire la volontà di Dio; - il ricordarsi che è Dio che compie la Sua Promessa.

5.IL PERDONO DEI FRATELLI È LA VERA MISURA NELL’ESERCIZIO DELL’AUTORITÀ:

«E questo sia per te più che stare appartato in un eremo. E in questo voglio conoscere se tu ami il Signore ed ami me suo servo e tuo, se ti diporterai in questa maniera, e cioè: che non ci sia alcun frate al mondo, che abbia peccato, quanto è possibile peccare, che, dopo aver visto i tuoi occhi, non se ne torni via senza il tuo perdono, se egli lo chiede; e se non chiedesse perdono, chiedi tu a lui se vuole essere perdonato. E se, in seguito, mille volte peccasse davanti ai tuoi occhi, amalo più di me per questo: che tu possa attrarlo al Signore; ed abbi sempre misericordia per tali fratelli». (Lettera ad un ministro - FF 235) È Cristo che ci insegna che la vera autorità è colui che serve i fratelli. (cfr. Gv 13, 1ss)

6. IL PERDONO È COME UN SEME CHE FA NASCERE LA GIUSTIZIA E RISTABILISCE LA CONCORDIA

TRA LE PERSONE ALL’INTERNO DELLA SOCIETÀ: IL LUPO DI GUBBIO «Ma io voglio, frate lupo, far la pace fra te e costoro; sicchè tu non gli offenda più, ed eglino ti perdonino ogni passata offesa, e né li uomini né li cani ti perseguitino più …. Frate lupo, dappoiché ti piace di fare e di tenere questa pace, io ti prometto, che io ti farò dare le spese continuamente, mentre che tu viverai, dagli uomini di questa terra, sicchè tu non patirai più fame …. Tornate dunque, carissimi, a Dio, e fate degna penitenza dei vostri

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peccati … Udite, fratelli miei: frate lupo, che è qui dinanzi da voi, m’ha promesso e fattomene fede di far pace con voi, e di non offendervi mai in cosa nessuna; e voi gli promettete di dargli ogni dì le cose necessarie …. Allora tutto il popolo a una voce promise di nutricarlo continuamente». (Fior XXI - FF 1852) “Non c’è pace senza giustizia non c’è giustizia senza perdono” (cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio per la giornata mondiale della Pace 2002).

7.IL PERDONO COME AMORE AL NEMICO «O frati tutti, riflettiamo attentamente che il Signore dice: "Amate i vostri nemici e fate del bene a quelli che vi odiano", poiché il Signore nostro Gesù Cristo, di cui dobbiamo seguire le orme, chiamò amico il suo traditore e si offrì spontaneamente ai suoi crocifissori. Sono, dunque, nostri amici tutti coloro che ingiustamente ci infliggono tribolazioni e angustie, ignominie e ingiurie, dolori e sofferenze, martirio e morte, e li dobbiamo amare molto poiché, a motivo di ciò che essi ci infliggono, abbiamo la vita eterna». (RnB 22; FF 56)

È quel “ma io vi dico…” all’interno del Discorso della Montagna dell’evangelista Matteo. È la logica di Dio che non rimane un’idea ma si traduce in una scelta di vita, fino all’estrema conseguenza: “morire per amor dell’amor mio” (cfr. FF 277).

8. LA PERFETTA LETIZIA COME SINTESI DELL’UOMO FRANCESCO RICONCILIATO

CON SE STESSO, CON DIO, CON GLI ALTRI «Un giorno il beato Francesco, presso Santa Maria [degli Angeli], chiamò frate Leone e gli disse: "Frate Leone, scrivi". Questi rispose: "Eccomi, sono pronto". "Scrivi - disse - quale è la vera letizia". "Viene un messo e dice che tutti i maestri di Parigi sono entrati nell'Ordine, scrivi: non è vera letizia. Cosi pure che sono entrati nell'Ordine tutti i prelati d'Oltr'Alpe, arcivescovi e vescovi, non solo, ma perfino il Re di Francia e il Re d'lnghilterra; scrivi: non è vera letizia. E se ti giunge ancora notizia che i

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miei frati sono andati tra gli infedeli e li hanno convertiti tutti alla fede, oppure che io ho ricevuto da Dio tanta grazia da sanar gli infermi e da fare molti miracoli; ebbene io ti dico: in tutte queste cose non è la vera letizia". "Ma quale è la vera letizia?". "Ecco, io torno da Perugia e, a notte profonda, giungo qui, ed è un inverno fangoso e così rigido che, alI'estremità della tonaca, si formano dei ghiacciuoli d'acqua congelata, che mi percuotono continuamente le gambe fino a far uscire il sangue da siffatte ferite. E io tutto nel fango, nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo aver a lungo picchiato e chiamato, viene un frate e chiede: "Chi è?". Io rispondo: "Frate Francesco". E quegli dice: "Vattene, non è ora decente questa, di andare in giro, non entrerai". E poiché io insisto ancora, I'altro risponde: "Vattene, tu sei un semplice ed un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te". E io sempre resto davanti alla porta e dico: "Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte". E quegli risponde: "Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là". Ebbene, se io avrò avuto pazienza e non mi sarò conturbato, io ti dico che qui è la vera letizia e qui è la vera virtù e la salvezza dell'anima"». (FF 278) Cfr. Gc 1, 2-4: «Giacomo, servo di Dio e del Signore Gesù Cristo, alle dodici tribù che sono nella diaspora, salute. Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la vostra fede, messa alla prova, produce pazienza. E la pazienza completi l'opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla». Cfr. Mt 5, 11: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia».

9. IL PERDONO DELLE COLPE E DELLE PENE È L’ANTICIPO, SU QUESTA TERRA, DEL PARADISO:

IL PERDONO D’ASSISI (INDULGENZA DELLA PORZIUNCOLA) «Frate Teobaldo, per grazia di Dio vescovo di Assisi, augura a tutti i fedeli di Cristo, che vedranno la presente lettera, la salvezza nel Salvatore di tutti. A motivo della maldicenza di alcuni detrattori che, animati dallo zelo dell’invidia o forse dell’ignoranza, con facce di bronzo parlano contro l’Indulgenza di Santa Maria degli Angeli presso Assisi, siamo costretti a

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rendere noto a tutti i fedeli con la presente lettera le modalità e le caratteristiche dell’Indulgenza e in quali circostanze il beato Francesco, mentre era in vita, l’ottenne da papa Onorio. Il beato Francesco risiedeva presso Santa Maria della Porziuncola, ed una notte gli fu rivelato dal Signore che si recasse dal sommo pontefice Onorio, che in quel tempo dimorava a Perugia, per impetrare una Indulgenza a favore della medesima chiesa di Santa Maria della Porziuncola, riparata allora da lui stesso. Egli, alzatosi di mattina, chiamò frate Masseo da Marignano, suo compagno, col quale si trovava, e si presentò al cospetto di papa Onorio, e disse: "Santo Padre, di recente, ad onore della Vergine Madre di Cristo, riparai per voi una chiesa. Prego umilmente vostra santità che vi poniate un’Indulgenza senza oboli". Il papa rispose: "Questo, stando alla consuetudine, non si può fare, poiché è opportuno che colui che chiede un’Indulgenza la meriti stendendo la mano ad aiutare, ma tuttavia indicami quanti anni vuoi che io fissi riguardo all’Indulgenza". San Francesco gli rispose: "Santo Padre, piaccia alla vostra santità concedermi, non anni, ma anime". Ed il papa riprese: "In che modo vuoi delle anime?". Il beato Francesco rispose: "Santo Padre, voglio, se ciò piace alla vostra santità, che quanti verranno a questa chiesa confessati, pentiti e, come conviene, assolti dal sacerdote, siano liberati dalla colpa e dalla pena in cielo e in terra, dal giorno del battesimo al giorno ed all’ora dell’entrata in questa chiesa". Il papa rispose: "Molto è ciò che chiedi, o Francesco; non è infatti consuetudine della Curia romana concedere una simile indulgenza". Il beato Francesco rispose: "Signore, ciò che chiedo non viene da me, ma lo chiedo da parte di colui che mi ha mandato, il Signore Gesù Cristo". Allora il signor papa, senza indugio proruppe dicendo tre volte: "Ordino che tu l’abbia". I cardinali presenti obiettarono: "Badate, signore che se concedete a costui una tale Indulgenza, farete scomparire l'Indulgenza della Terra Santa e ridurrete a nulla quella degli apostoli Pietro e Paolo, che sarà tenuta in nessun conto". Rispose il papa: "Gliela abbiamo data e concessa, non possiamo né è conveniente annullare ciò che è stato fatto, ma regoliamola in modo tale che la sua validità si estenda solo per una giornata". Allora chiamò san Francesco e gli disse: "Ecco, da ora concediamo che chiunque verrà ed entrerà nella predetta chiesa, opportunamente confessato e pentito, sia assolto dalla pena e dalla colpa; e vogliamo che questo valga

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ogni anno in perpetuo ma solo per una giornata, dai primi vespri compresa la notte, sino ai vespri del giorno seguente". Mentre il Beato Francesco, fatto l'inchino, usciva dal palazzo, il papa, vedendolo allontanarsi, chiamandolo disse: "O semplicione dove vai? Quale prova porti tu di tale Indulgenza?". E il Beato Francesco rispose: "Per me è sufficiente la vostra parola. Se è opera di Dio, tocca a Lui renderla manifesta. Di tale Indulgenza non voglio altro istrumento, ma solo che la Vergine Maria sia la carta, Cristo sia il notaio e gli Angeli siano i testimoni". Egli poi, lasciando Perugia e ritornando verso Assisi, a metà strada, in una località che è chiamata Colle, ove era un lebbrosario, riposandosi un po' con il compagno, si addormentò. Al risveglio, dopo la preghiera, chiamò il compagno e gli disse: "Frate Masseo, ti dico da parte di Dio che l'Indulgenza concessami dal sommo pontefice è confermata in cielo". E questo lo riferisce frate Marino, nipote del detto frate Masseo, che lo udì di frequente dalla bocca del proprio zio. E questo frate Marino da poco 1tempo, verso il 1307, carico d'anni e di meriti, si è addormentato nel Signore. Dopo la morte del beato Francesco poi, frate Leone, uno dei suoi compagni, uomo di vita esemplare, così come l'aveva udita dalla bocca di san Francesco e frate Benedetto d'Arezzo, parimenti compagno di san Francesco e frate Rainerio d'Arezzo, come l'avevano udita da frate Masseo, riferirono attorno a questa Indulgenza molte cose, sia ai frati sia ai laici, molti dei quali sono ancora in vita e attestano tutte queste cose. Con quanta solennità poi fu resa pubblica l'Indulgenza nell'occasione della consacrazione della stessa chiesa da parte di sette vescovi, non intendiamo scrivere se non soltanto quello che Pietro Zalfani, presente a detta consacrazione, affermò davanti a frate Angelo ministro provinciale, a frate Bonifazio, frate Guido, frate Bartolo da Perugia e ad altri frati del convento della Porziuncola: e cioè che egli era presente alla consacrazione di quella chiesa, che fu celebrata il 2 agosto ed aveva ascoltato il Beato Francesco mentre predicava alla presenza di quei vescovi; che egli aveva in mano "cedola" (foglio di pergamena) e diceva: "Io vi voglio mandare tutti in paradiso, e vi annuncio una Indulgenza, che ho ottenuto dalla bocca del sommo pontefice. Tutti voi che siete venuti oggi, e tutti coloro che ogni anno verranno in questo giorno, con buona disposizione di cuore e pentiti, abbiano l'Indulgenza di tutti i loro peccati». (FF 2706/10-11)

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4. DAL CROCIFISSO DI SAN DAMIANO A LA VERNA

Desidero accompagnarti in questo pellegrinaggio di fede, dalla chiesa di San Damiano a La Verna, due luoghi dove Francesco ha fatto una forte esperienza di Cristo povero e Crocifisso. Come ogni giovane di tutti i tempi, anche lui aspirava ad un progetto di vita, a qualcosa di grande. La partenza per la Terra Santa, difendere i luoghi dove è vissuto il nostro Signor Gesù Cristo…tutto questo lo entusiasmava lungo la strada, ma a Spoleto nel sogno viene invitato, divinamente invitato a tornare a casa, ritornare indietro.”Francesco, chi può esserti più utile, il padrone o il servo?” – “Il padrone!” – “Allora, perché lasci il padrone, per seguire il servo?” (FF 1399). Con la prigionia di Perugia e dal sogno di Spoleto, ”è l’inizio di un’inquietudine esistenziale che porta il giovane Francesco ad intraprendere un cammino spirituale drammatico. Non sappiamo molto di questo suo travaglio interiore, che rimane confinato nella segreta inviolabilità dell’anima. Ma un passaggio chiave lo troviamo quando, cavalcando nei dintorni d’Assisi, incontra un lebbroso. Francesco riesce a dominare l’istintivo impulso di fuggire, scende da cavallo, abbraccia e bacia il lebbroso”. (M. Collarini).

“Il Signore dette a me, frate Francesco, d’incominciare così a fare penitenza: quando ero nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; ma il Signore stesso mi condusse tra loro, ed io usai misericordia con essi. E

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allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza dell’anima e del corpo. Poi stetti un poco e uscii dal secolo” (FF 110).

“Il bacio al lebbroso e la familiarità che Francesco instaura con questi poveri emarginati, visitandoli e custodendoli, è un passaggio importante nella sua esperienza spirituale, ma non tale da acquietare ancora tutta l’ansia e il travaglio della ricerca. Egli continua ad interrogarsi, ad isolarsi, a vagare per luoghi solitari; spesso si ritrova a pregare. La domanda che gli affiora di continuo nella mente, nel cuore, sulle labbra, ci riporta ai primi biografi:«Signore, cosa vuoi che io faccia?».“ (M. Collarini)

“Un giorno, mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, fu ispirato ad entrarvi, e si pose in preghiera davanti all’immagine del Crocifisso, che gli parlò con commovente bontà: «Francesco, va’, ripara la mia casa che, come vedi, sta andando in rovina». Egli, pensando si trattasse della chiesina dove stava pregando, che per la sua antichità minacciava di cadere, pose mano a restaurarla; e cosi fece per altre chiesette della zona”. (FF 1411)

“Il giovane Francesco non comprese subito queste parole e si mise a restaurare San Damiano ed altre chiesette della zona. Ma l’episodio servi a fissare l’altro caposaldo della sua conversione: se l’incontro e il bacio al lebbroso fissano la dimensione orizzontale della nuova vita di Francesco ( provare pietà per l’umana carne, lenire il dolore di tutti i derelitti), l’ incontro con il Crocifisso di San Damiano radica l’altra componente, quella verticale: rispondere all’amore dell’Uomo dei dolori, di Colui cioè che ha offerto la sua vita per noi e nel cui amore trova intelligibilità e forza redentiva anche nel dolore umano. Tutta la dinamica interiore di Francesco, quindi, si polarizza sul Cristo Crocifisso, che rimarrà forza vitale e punto di riferimento dell’intera esistenza”. (M.Collarini) In Lui egli sentì come puntualizzata e concretizzata la radice più intima e vera della sua scelta: il dolore di Cristo apriva una luce su tutti i dolori degli uomini. “Il Crocifisso di San Damiano gli indica il dolore di Cristo, come valore sovraumano nella realtà dell’esistenza umana, quale forza unica e sola

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capace di dare un significato e un senso al dolore degli uomini, tale da poterli indurre a cercarlo e ad accettarlo con un atto di libera scelta, pur d’avvicinarci a Lui.” (R. Manselli). Rivolto al Crocifisso, recitava:

“Altissimo glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio. Dammi una fede retta, speranza certa, carità perfetta, umiltà profonda. Dammi, Signore, senno e discernimento per compiere la tua vera e santa volontà. Amen.”

Dopo l’incontro con il Crocifisso di San Damiano, l’immagine dell’Uomo dei dolori si imprime sempre più in profondità nel cuore di Francesco. In quell’attimo egli percepisce, come in bagliore istantaneo, che Cristo è il “cuore” del mondo, l’unica solidità, l’unica ragione di vita, l’unico punto di riferimento, ed il suo amore per noi l’unica via all’intelligenza di tutto. La volontà di configurarsi a Cristo, di riprodurre in sé la sua immagine assimilandone comportamenti, parole, sentimenti, di seguire nudo il nudo Crocifisso ( in questo senso va letto lo spogliarsi degli abiti davanti al padre e al Vescovo d’Assisi e più tardi, ormai morente, il farsi deporre nudo sulla nuda terra ) diventano il suo anelito costante. Da qui in avanti il Crocifisso sarà la sorgente di ispirazione, l’elemento di confronto, il sostegno indefettibile in ogni circostanza. Tale proposito, mai disatteso, modella in modo decisivo i lineamenti interiori ed esteriori di questo gigante dello Spirito. Ed ecco che sul monte de La Verna, un giorno vicino alla festa dell’Esaltazione della Santa croce, mentre è assorto in preghiera, riceve il dono delle Stimmate: nelle mani e nei piedi si evidenzia la forma dei chiodi del Crocifisso, e nel fianco la ferita della lancia. Questo avvenimento, testimoniato e descritto dai biografi, documenta un fatto reale e, per quanto si sappia, assolutamente nuovo nella storia del Cristianesimo. “Nella coscienza di fede dei credenti, le stimmate di San Francesco sono il ‘sigillo dall’Alto’, quasi un’autenticazione di conformità al Cristo Crocifisso, per cui il Poverello potrebbe dire come San Paolo «Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me» (Gal 2,20)”. (M. Collarini).

“Le sue mani e i piedi apparvero trafitti nel centro da chiodi, le cui teste erano visibili nel palmo delle mani e sul dorso dei piedi, mentre le punte sporgevano dalla parte opposta, e

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formavano quasi un’escrescenza carnosa, come la punta di chiodi ripiegata e ribattuta. Anche il lato destro era ferito come un colpo di lancia, con ampia cicatrice che spesso sanguinava, bagnando di quel sacro sangue la tonaca e le mutande”. (FF 485).

A Francesco il ricordo della passione di Cristo si impresse cosi vivamente nelle più intime viscere del suo cuore, che, da quel momento, quando gli veniva alla mente la crocifissione di Cristo, a stento poteva trattenersi, anche esteriormente, dalle lacrime e dai sospiri, come egli stesso riferì in confidenza più tardi, quando si stava avvicinando alla morte. L’uomo di Dio rivolgeva a lui quella massima del Vangelo: «Se vuoi venire dietro a me, rinnega te stesso, prendi la tua croce e seguimi» (Mt 16,24). Sappi che, la Verna sarà solo la rivelazione esteriore di una realtà di vita interiore pienamente vissuta. Leggi attentamente questa preghiera di Francesco poco prima di ricevere le Sacre Stimmate:

“O Signore mio Gesù Cristo, due grazie ti priego che tu mi faccia, innanzi che io muoia: la prima, che in vita mia io senta nell’anima e nel corpo mio, quanto è possibile, quel dolore che Tu, dolce Gesù, sostenesti nella ora della tua acerbissima passione; la seconda si è ch’io senta nel cuore mio, quanto è possibile, quello eccessivo amore del quale tu, Figliolo di Dio, eri acceso a sostenere volentieri tanta passione per noi peccatori“. (FF 1919).

È difficile figurarsi lo stato d’animo di Francesco, dopo aver ricevute le stimmate. Sembra, che il primo effetto delle stimmate sia stato, per il Santo, una grande letizia, una completa liberazione da ogni affanno e da ogni tristezza. Questo sentimento d’intima felicità riacquistata, lo troviamo espresso nel canto di lode che Francesco scrisse quasi subito dopo aver ricevute le stimmate, “in ringraziamento per la grazia concessagli”:

“Tu sei santo, Signore Dio solo, che compi meraviglie. Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo, Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra. Tu sei Trino e uno, Signore Dio degli dei, Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, Signore Dio vivo e vero. Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza,

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Tu sei umiltà, Tu sei pazienza, Tu sei bellezza, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete. Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza, Tu sei giustizia e temperanza, Tu sei tutto, ricchezza nostra e sufficienza. Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine. Tu sei protettore, Tu sei custode e difensore, Tu sei fortezza, Tu sei rifugio. Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità, Tu sei tutta la nostra dolcezza, Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio Onnipotente, misericordioso Salvatore.”

Ora a chiusura di questo pellegrinaggio spirituale sulle orme di Francesco da San Damiano alla Verna, anche tu cerca di meditare la Passione di Cristo Signore e trovare in essa quella forza che ci aiuta a rendere viva la nostra fede in Lui. Buon cammino!

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INTRODUZIONE ALLA SECONDA PARTE Le pagine che seguono vogliono offrire alcuni schemi di liturgie per un percorso comune a tutte le Diocesi Umbre in preparazione alla solennità di san Francesco d’Assisi. I testi sono così suddivisi:

CORPUS DOMINI (2 giugno 2013): uno schema di adorazione eucaristica ed una selezione di testi francescani per la processione, nella solennità del Corpus Domini;

PERDONO (2 agosto 2013): uno schema di liturgia penitenziale; STIMMATE DI SAN FRANCESCO (17 settembre 2013): uno schema

di adorazione delle Croce, davanti all’immagine del Crocifisso di San Damiano;

NOVENA (25 settembre – 3 ottobre 2013) in preparazione alla festa liturgica di san Francesco.

Tali schemi sono adattabili alle esigenze di ogni comunità. Ulteriori spunti possono essere ispirati dalla lettura dei seguenti testi:

Per un approfondimento della tematica penitenziale in Francesco di Assisi si veda: L. FOLEY - J. WEIGEL – P. NORMILE, Vivere come Francesco, Padova, Edizioni Messaggero Padova, 2002, p. 81- 85.

Per un commento delle Ammonizioni di san Francesco, si veda: K. Esser, Le ammonizioni di san Francesco, Roma, Ed. Cedis, 1974.

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SCHEMA PROCESSIONALE PER LA SOLENNITÀ DEL “CORPUS DOMINI”

“Vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente

che è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero" CANTO INIZIALE

PRIMA STAZIONE

“IL CORPO DEL SIGNORE”

LETTURA (Ammonizione I - FF 141-145)

Il Signore Gesù dice ai suoi discepoli: “lo sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per me. Se aveste conosciuto me, conoscereste anche il Padre mio; ma da ora in poi voi lo conoscete e lo avete veduto”. Gli dice Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta. Gesù gli dice: “Da tanto tempo sono con voi e non mi avete conosciuto? Filippo, chi vede me, vede anche il Padre mio” (Gv 14,6-9). Il Padre abita una luce inaccessibile (Cfr. 1Tm 6,16), e Dio è spirito, e nessuno ha mai visto Dio (Gv 4,24 e Gv 1,18). Perciò non può essere visto che nello spirito, poiché è lo spirito che dà la vita; la carne non giova a nulla (Gv 6,64). Ma anche il

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Figlio, in ciò per cui è uguale al Padre, non può essere visto da alcuno in maniera diversa dal Padre e in maniera diversa dallo Spirito Santo. Perciò tutti coloro che videro il Signore Gesù secondo l’umanità, ma non videro né credettero, secondo lo spirito e la divinità, che egli è il vero Figlio di Dio, sono condannati. E cosi ora tutti quelli che vedono il sacramento, che viene santificato per mezzo delle parole del Signore sopra l’altare nelle mani del sacerdote, sotto le specie del pane e del vino, e non vedono e non credono, secondo lo spirito e la divinità, che è veramente il santissimo corpo e il sangue del Signore nostro Gesù Cristo, sono condannati, perché è l’Altissimo stesso che ne dà testimonianza, quando dice: “Questo è il mio corpo e il mio sangue della nuova alleanza [che sarà sparso per molti”] (Mc 14, 22.24), e ancora: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna” (cfr. Gv 6,55). Per cui lo Spirito del Signore, che abita nei suoi fedeli, è lui che riceve il santissimo corpo e il sangue del Signore. Tutti gli altri, che non partecipano dello stesso Spirito e presumono ricevere il santissimo corpo e il sangue del Signore, mangiano e bevono la loro condanna (cfr. 1Cor 11,29). Perciò: Figli degli uomini, fino a quando sarete duri di cuore? (Sal 4,3). Perché non conoscete la verità e non credete nel Figlio di Dio? (cfr. Gv 9,35) Ecco, ogni giorno egli si umilia (cfr. Fil 2,8), come quando dalla sede regale (cfr. Sap 18,15) discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con gli occhi del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con gli occhi dello spirito, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che questo è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero. E in tale maniera il Signore è sempre presente con i suoi fedeli, come egli stesso dice: “Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo” (Mt 28,20). PREGHIERA IN PROCESSIONE

R. Tu sei santo, Signore solo Dio, che compi meraviglie.

Sono io, non abbiate paura! (Gv 6,20) R.

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Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di Lui il Padre, ha messo il suo sigillo. (Gv 6,27) R.

Questa è l’opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato. (Gv 6,29) R.

È il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo. (Gv 6,32-33) R.

Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! (Gv 6,35) R.

Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. (Gv 6,40) R.

Nessuno può venire a me se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. (Gv 6,44) R.

Questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. (Gv 6,50) R.

Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo (Gv 6,51) R.

Se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. (Gv 6,53) R.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. (Gv 6,54-55) R.

Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. (Gv 6,56) R.

Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo. (Gv 6,57-58) R.

CANTO

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SECONDA STAZIONE “LA RIVERENZA DEL CORPO DEL SIGNORE”

LETTURA (Lettera a tutti i chierici - FF 207-209)

Facciamo attenzione, noi tutti chierici, al grande peccato e all’ignoranza che certuni hanno riguardo al santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e ai santissimi nomi e alle sue parole scritte, che santificano il corpo. Sappiamo che non ci può essere il corpo se prima non è santificato dalla parola. Niente infatti possediamo e vediamo corporalmente in questo mondo dello stesso Altissimo, se non il corpo e il sangue, i nomi e le parole mediante le quali siamo stati creati e redenti “da morte a vita” (1Gv 3,14). Tutti coloro, poi, che amministrano così santi ministeri, considerino tra sé, soprattutto quelli che li amministrano senza discrezione, quanto siano miserandi i calici, i corporali e le tovaglie sulle quali si compie il sacrificio del corpo e del sangue del Signore nostro. E da molti viene lasciato in luoghi indecorosi, viene trasportato senza nessun onore e ricevuto senza le dovute disposizioni e amministrato agli altri senza discrezione. Anche i nomi e le parole di lui scritte talvolta vengono calpestate, perché “l’uomo carnale non comprende le cose di Dio” (1Cor 2,14). Non dovremmo sentirci mossi a pietà per tutto questo, dal momento che lo stesso pio Signore si consegna nelle nostre mani e noi l’abbiamo a nostra disposizione e ce ne comunichiamo ogni giorno? Ignoriamo forse che dobbiamo venire nelle sue mani? Orsù, di tutte queste cose e delle altre, subito e con fermezza emendiamoci; e ovunque troveremo il santissimo corpo del Signore nostro Gesù Cristo collocato e lasciato in modo illecito, sia rimosso di là e posto e custodito in un luogo prezioso. Ugualmente, ovunque siano trovati i nomi e le parole scritte del Signore in luoghi sconvenienti, siano raccolte e debbano essere collocate in luogo decoroso. E sappiamo che è nostro dovere osservare tutte queste norme, sopra ogni altra cosa, in forza dei precetti del Signore e delle costituzioni della Santa Madre Chiesa. E colui che non si diporterà in questo modo, sappia che dovrà rendere “ragione” al Signore nostro Gesù Cristo “nel giorno del giudizio” (cfr. Mt 12,36). E coloro che faranno ricopiare questo scritto perché esso sia meglio osservato, sappiano che saranno benedetti dal Signore Iddio.

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PREGHIERA IN PROCESSIONE (FF 264-265)

R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli

Santo, santo, santo il Signore Dio onnipotente, che è, che era e che verrà: R.

Tu sei degno, Signore Dio nostro, di ricevere la lode, la gloria e l’onore e la benedizione: R.

Degno è l’Agnello, che è stato immolato di ricevere potenza e divinità, sapienza e fortezza, onore e gloria e benedizione: R.

Benediciamo il Padre e il Figlio con lo Spirito Santo: R.

Opere tutte del Signore benedite il Signore: R.

Date lode al nostro Dio voi tutti suoi servi voi che temete Dio, piccoli e grandi: R.

Lodino lui, glorioso, i cieli e la terra: R.

E ogni creatura che è nel cielo e sulla terra e sotto terra, e il mare e le creature che sono in esso: R.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo: R.

Come era nel principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen. R.

Il presidente conclude:

Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Iddio, ogni bene, sommo bene, tutto il bene, che solo sei buono fa’ che noi ti rendiamo ogni lode, ogni gloria, ogni grazia, ogni onore, ogni benedizione e tutti i beni. Fiat! Fiat! R. Amen. CANTO

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TERZA STAZIONE “DELLA SANTA MESSA”

LETTURA (Lettera a tutto l’Ordine - FF 218-221)

Prego nel Signore tutti i miei frati sacerdoti, che sono e saranno e desiderano essere sacerdoti dell’Altissimo, che quando vorranno celebrare la Messa puri, in purità offrano con riverenza il vero sacrificio del santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo, con intenzione santa e monda, non per motivi terreni, né per timore o amore di alcun uomo, come se dovessero piacere agli uomini (cfr. Ef 6,6; Col 3,22). Ma ogni volontà, per quanto l’aiuta la grazia divina, si orienti a Dio, desiderando con la Messa di piacere soltanto allo stesso sommo Signore, poiché in essa egli solo opera come a lui piace. Poiché è lui stesso che dice: “Fate questo in memoria di me” (Lc 22,19; 1Cor 11,24), se uno farà diversamente, diventa un Giuda traditore e si fa reo del corpo e del sangue del Signore (Cfr. 1Cor 11,27). Ricordatevi, fratelli miei sacerdoti, ciò che è scritto riguardo alla legge di Mosè: colui che la trasgrediva, anche solo nelle prescrizioni materiali, per sentenza del Signore, era punito con la morte senza nessuna misericordia (Cfr. Eb 10,28). Quanto maggiori e più gravi pene meriterebbe di patire colui che avrà calpestato il Figlio di Dio e contaminato il sangue dell’alleanza, nel quale è santificato, e recato oltraggio allo Spirito della grazia (Eb 10,29). L’uomo, infatti, disprezza, contamina e calpesta l’Agnello di Dio quando, come dice l’Apostolo, non distinguendo nel suo giudizio (1Cor 11,29), né discernendo il santo pane di Cristo dagli altri cibi o azioni, lo mangia indegnamente o, pur essendone degno, lo mangia con leggerezza e senza le dovute disposizioni, sebbene il Signore dica per bocca del profeta: “Maledetto l’uomo, che compie con frode l’opera di Dio” (Cfr. Ger 48,10). E il Signore condanna i sacerdoti che non vogliono prendere a cuore con sincerità queste cose, dicendo: “Maledirò le vostre benedizioni” (Ml 2,2). Ascoltate, fratelli miei. Se la beata Vergine è così onorata, come è giusto, perché lo portò nel suo santissimo seno; se il beato Battista tremò di gioia e non osò toccare il capo santo del Signore; se è venerato il sepolcro, nel quale egli giacque per qualche tempo; quanto deve essere santo, giusto e degno colui che stringe nelle sue mani, riceve nel cuore e con la bocca ed offre agli altri perché ne mangino, Lui non già morituro, ma eternamente

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vincitore e glorificato, sul quale gli angeli desiderano volgere lo sguardo (1Pt 1,12)! Badate alla vostra dignità, fratelli sacerdoti, e siate santi perché egli è santo (cfr. Lv 19,2). E come il Signore Iddio vi ha onorato sopra tutti gli uomini, con l’affidarvi questo ministero, così voi amatelo, riveritelo e onoratelo più di ogni altro uomo. Grande miseria sarebbe, e miseranda meschinità se, avendo lui cosi presente, vi curaste di qualunque altra cosa che esista in tutto il mondo. Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, si rende presente Cristo, il Figlio del Dio vivo (Gv 11,27). O ammirabile altezza e degnazione stupenda! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, ed aprite davanti a lui i vostri cuori (Sal 61,9); umiliatevi anche voi, perché siate da lui esaltati (cfr. 1Pt 5,6; Gc 4,10). Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché totalmente vi accolga colui che totalmente a voi si offre. PREGHIERA IN PROCESSIONE (FF 263. 63-71)

R. Laudato sie, mi’ Signore, cum tutte le Tue creature.

Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Dio, Padre santo (Gv 7,11) e giusto, Signore Re del cielo e della terra (Cfr. Mt 11,25), per te stesso ti rendiamo grazie, perché per la tua santa volontà e per l’unico tuo Figlio con lo Spirito Santo hai creato tutte le cose spirituali e corporali, e noi fatti a tua immagine e somiglianza hai posto in Paradiso (Cfr. Gn 1,26 e 2,15), e noi per colpa nostra siamo caduti. R.

E ti rendiamo grazie, perché come tu ci hai creato per mezzo del tuo Figlio, cosi per il santo tuo amore, col quale ci hai amato (Cfr. Gv 17,26), hai fatto nascere lo stesso vero Dio e vero uomo dalla gloriosa sempre vergine beatissima santa Maria, e, per la croce, il sangue e la morte di Lui ci hai voluti redimere dalla schiavitù. R.

E ti rendiamo grazie, perché lo stesso tuo Figlio ritornerà nella gloria della sua maestà per destinare i reprobi, che non fecero penitenza e non ti conobbero, al fuoco eterno, e per dire a tutti coloro che ti conobbero e ti adorarono e ti servirono nella penitenza: Venite, benedetti dal Padre mio

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(Mt 25.34), entrate in possesso del regno, che vi è stato preparato fin dalle origini del mondo. R.

E poiché tutti noi miseri e peccatori, non siamo degni di nominarti, supplici preghiamo che il Signore nostro Gesù Cristo Figlio tuo diletto, nel quale ti sei compiaciuto (cfr. Mt 17,5), insieme con lo Spirito Santo Paraclito ti renda grazie così come a te e a lui piace, per ogni cosa, Lui che ti basta sempre in tutto e per il quale a noi hai fatto cose tanto grandi. Alleluia. R.

E per il tuo amore supplichiamo umilmente la gloriosa e beatissima Madre sempre vergine Maria, i beati Michele, Gabriele e Raffaele e tutti i cori degli spiriti celesti: serafini, cherubini, troni, dominazioni, principati, potestà, virtù, angeli, arcangeli; il beato Giovanni Battista, Giovanni evangelista, Pietro, Paolo, e i beati Patriarchi, i profeti, i santi innocenti, gli apostoli, gli evangelisti, i discepoli, i martiri, i confessori, le vergini, i beati Elia e Enoch e tutti i santi che furono e saranno e sono, affinché, come a te piace, per tutti questi benefici rendano grazie a Te, sommo vero Dio, eterno e vivo, con il Figlio tuo carissimo, il Signore nostro Gesù Cristo e con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. Amen. Alleluia (Ap 19,3-4). R.

E tutti coloro che vogliono servire al Signore Iddio nella santa Chiesa cattolica e apostolica, e tutti i seguenti ordini: sacerdoti, diaconi, suddiaconi, accoliti, esorcisti, lettori, ostiari, e tutti i chierici, e tutti i religiosi e le religiose, tutti i conversi e i fanciulli, i poveri e i miseri, i re e i principi, i lavoratori e i contadini, i servi e i padroni, tutte le vergini e le continenti e le maritate, i laici, uomini e donne, tutti i bambini, gli adolescenti, i giovani e i vecchi, i sani e gli ammalati, tutti i piccoli e i grandi e tutti i popoli, genti, razze e lingue (cfr. Ap 7,9), tutte le nazioni e tutti gli uomini d’ogni parte della terra, che sono e saranno, noi tutti frati minori, servi inutili (Lc 17,10), umilmente preghiamo e supplichiamo perché perseveriamo nella vera fede e nella penitenza, poiché nessuno può salvarsi in altro modo. R.

Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza (Mc 12,30 e 33), con tutta l’intelligenza, con tutte le forze (Lc 10,27), con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e la volontà il Signore Iddio (Mc 12,30), il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha creati (cfr. Tb 13,5), redenti, e ci salverà per sua sola

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misericordia; Lui che ogni bene fece e fa a noi miserevoli e miseri, putridi e fetidi, ingrati e cattivi. R.

Nient’altro dunque dobbiamo desiderare, niente altro volere, nient’altro ci piaccia e diletti, se non il Creatore e Redentore e Salvatore nostro, solo vero Dio, il quale è il bene pieno, ogni bene, tutto il bene, vero e sommo bene, che solo è buono (cfr. Lc 18,19), pio, mite, soave e dolce, che solo è santo, giusto, vero, santo e retto, che solo è benigno, innocente, puro, dal quale e per il quale e nel quale è ogni perdono (cfr. Rm 11,36), ogni grazia, ogni gloria di tutti i penitenti e giusti, di tutti i santi che godono insieme nei cieli. R.

Niente dunque ci ostacoli, niente ci separi, niente si frapponga. E ovunque, noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora e in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente crediamo veramente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo, onoriamo adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo ed esaltiamo, magnifichiamo e rendiamo grazie all’altissimo e sommo eterno Dio, Trinità e Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose e Salvatore di tutti coloro che credono e sperano in lui, e amano lui che è senza inizio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensibile, ininvestigabile (cfr. Rm 11,33), benedetto, degno di lode, glorioso, sopraesaltato (cfr. Dn 3,52), sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sopra tutte le cose desiderabile nei secoli dei secoli. Amen. R.

CANTO

QUARTA STAZIONE LA SALVEZZA NEL SANTISSIMO CORPO E SANGUE DEL SIGNORE

LETTURA (Prima lettera ai custodi - FF 240-243)

A tutti i custodi dei frati minori ai quali giungerà questa lettera, frate Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, segni che sono grandi e straordinari presso il Signore e sono invece ritenuti in nessun conto da molti religiosi e da altri uomini.

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Vi prego, più che se riguardasse me stesso, che, quando vi sembrerà conveniente e utile, supplichiate umilmente i chierici di venerare sopra ogni cosa il santissimo corpo e sangue del Signore nostro Gesù Cristo e i santi nomi e le parole di lui scritte che consacrano il corpo. I calici, i corporali, gli ornamenti dell’altare e tutto ciò che serve al sacrificio, devono essere preziosi. E se in qualche luogo trovassero il santissimo corpo del Signore collocato in modo miserevole, venga da essi posto e custodito in un luogo prezioso, secondo le disposizioni della Chiesa, e sia portato con grande venerazione e amministrato agli altri con discrezione. Anche gli scritti che contengono i nomi e le parole del Signore, ovunque fossero trovati in luoghi sconvenienti, siano raccolti e collocati in luogo degno. E in ogni predica che fate, ricordate al popolo di fare penitenza e che nessuno può essere salvato se non colui che riceve il santissimo corpo e sangue del Signore (cfr. Gv 6,54), e che quando è sacrificato dal sacerdote sull’altare o viene portato in qualche parte, tutti, in ginocchio, rendano lode, gloria e onore al Signore Iddio vivo e vero. E dovete annunciare e predicare la sua gloria a tutte le genti, cosi che ad ogni “ora” e quando suonano le campane, sempre da tutto il popolo siano lese lodi e grazie a Dio onnipotente per tutta la terra.

PREGHIERA IN PROCESSIONE (FF 263. 288-289;292-293; 301)

R. Laudate e benedicete mi’ Signore e rengraziate e serviteli cum grande humilitate.

Popoli tutti, battete le mani, acclamate a Dio con voce d’esultanza, R.

poiché il Signore è eccelso e terribile, re grande su tutta la terra. R.

Perché il santissimo Padre celeste, nostro re dall’eternità, ha mandato dall’alto il suo Figlio diletto, ed egli ha operato la salvezza sulla terra. R.

Si allietino i cieli ed esulti la terra, frema di gioia il mare e quanto racchiude; esultino i campi e quanto contengono. R.

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Cantate a lui un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra. R.

perché grande è il Signore e degno di ogni lode, terribile sopra tutti gli dèi. R.

Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore la gloria e l’onore, date al Signore la gloria del suo nome. R.

Portate in offerta i vostri corpi e prendete sulle spalle la sua santa croce e seguite sino alla fine i suoi santissimi comandamenti. R.

Tremi davanti a lui tutta la terra; dite tra i popoli: “Il Signore ha regnato dal legno”. R.

E salì al cielo e siede alla destra del santissimo Padre celeste. R.

Innàlzati sopra i cieli, o Dio; e su tutta la terra la tua gloria. R.

E sappiamo che egli viene, che verrà a giudicare ciò che è giusto. R.

Cantate al Signore un canto nuovo, perché ha fatto cose meravigliose. R.

La sua destra ha immolato il suo Figlio diletto, l’ha immolato il suo santo braccio. R.

Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia. R.

In quel giorno il Signore ha mandato la sua misericordia, e nella notte il suo cantico. R.

Questo è il giorno fatto dal Signore: esultiamo in esso e rallegriamoci. R.

Benedetto colui che viene in nome del Signore, Dio è il Signore e risplendette tra noi. R.

Si allietino i cieli ed esulti la terra, frema il mare e quanto racchiude; esultino i campi e quanto contengono. R.

Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore la gloria e l’onore; date al Signore la gloria per il suo nome. R.

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Regni della terra, cantate a Dio, cantate inni al Signore. R.

Cantate salmi a Dio, che ascende sopra il cielo dei cieli, che sale a oriente. R.

Ecco, farà udire con forza la sua voce: date gloria a Dio in Israele; la sua magnificenza e la sua forza sono tra le nubi. R.

Mirabile è Dio nei suoi santi; il Dio di Israele, egli stesso darà potenza e fortezza al suo popolo. Sia benedetto Dio. R.

Ti esalterò, Signore, Padre santissimo, re del cielo e della terra, perché mi hai consolato. R.

Tu sei il Dio mio salvatore, vivrò con fiducia e non avrò timore. R.

Mia forza e mia lode è il Signore; egli è stato la mia salvezza. R.

La tua destra, Signore, si è manifestata con forza, la tua destra, Signore, ha percosso il mio nemico, con grande potenza e gloria hai abbattuto i miei avversari. R.

Vedano i poveri e si rallegrino: cercate il Signore e avrà vita la vostra anima. R.

Lo lodino il cielo e la terra, il mare e quanto in essi si muove. R.

Poiché Dio salverà Sion, e saranno riedificate le città di Giuda. R.

Ed essi vi avranno dimora ne faranno acquisto per eredità. R.

La possederà la stirpe dei suoi servi, quanti amano il suo nome abiteranno in essa. R. CANTO

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ADORAZIONE EUCARISTICA CON TESTI FRANCESCANI

“O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile!” Con San Francesco nell’Anno della fede

contempliamo il Signore in eterno vivente e glorificato

INTRODUZIONE E SALUTO

Il sacerdote introduce la celebrazione e saluta i presenti, dicendo:

Nel nome della somma Trinità e della santa Unità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. R. Amen.

Salute in Colui che ci ha redenti e ci ha lavati nel suo preziosissimo sangue. Ascoltando il nome di Lui, adoratelo con timore e riverenza proni a terra: Signore Gesù Cristo, Figlio dell’Altissimo è il suo nome, che è benedetto nei secoli. (FF 214-215) R. Amen. CANTO DI ESPOSIZIONE

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1. GUARDATE L’UMILTÀ DI DIO

LETTURA (FF 221)

Tutta l’umanità trepidi, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, è presente Cristo, il Figlio del Dio vivo. O ammirabile altezza e stupenda degnazione! O umiltà sublime! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, si umili a tal punto da nascondersi, per la nostra salvezza, sotto poca apparenza di pane! Guardate, fratelli, l’umiltà di Dio, e aprite davanti a Lui i vostri cuori; umiliatevi anche voi, perché siate da Lui esaltati. Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre. SILENZIO ADORANTE PREGHIERA (FF 264-265)

Santo, santo, santo il Signore Dio onnipotente, che è e che era e che verrà: R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

Tu sei degno, Signore Dio nostro, di ricevere la lode, la gloria e l’onore e la benedizione: R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

Degno è l’Agnello, che è stato immolato di ricevere potenza e divinità, sapienza e fortezza e onore e gloria e benedizione: R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

Benediciamo il Padre e il Figlio Con lo Spirito Santo: R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

Opere tutte del Signore benedite il Signore: R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

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Date lode al nostro Dio voi tutti suoi servi, voi che temete Dio, piccoli e grandi: R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

Lodino Lui, glorioso, i cieli e la terra: R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

E ogni creatura che è nel cielo e sulla terra e sotto terra, e il mare e le creature che sono in esso: R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo: R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

Come era nel principio e ora e sempre e nei secoli dei secoli. Amen. R. E lodiamolo ed esaltiamolo nei secoli.

Il presidente conclude:

Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Iddio, ogni bene, sommo bene, tutto il bene, che solo sei buono, fa’ che noi ti rendiamo ogni lode, ogni gloria, ogni grazia, ogni onore, ogni benedizione e tutti i beni. Fiat! Fiat! R. Amen.

2. GUARDATE E CREDETE

LETTURA (FF 144-145)

Ecco, ogni giorno egli si umilia, come quando dalla sede regale discese nel grembo della Vergine; ogni giorno egli stesso viene a noi in apparenza umile; ogni giorno discende dal seno del Padre sull’altare nelle mani del sacerdote. E come ai santi apostoli si mostrò nella vera carne, così anche ora si mostra a noi nel pane consacrato. E come essi con la vista del loro corpo vedevano soltanto la carne di lui, ma, contemplandolo con occhi spirituali, credevano che egli era lo stesso Dio, così anche noi, vedendo

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pane e vino con gli occhi del corpo, dobbiamo vedere e credere fermamente che è il suo santissimo corpo e sangue vivo e vero. E in tal modo il Signore è sempre con i suoi fedeli, come egli stesso dice: Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo. SILENZIO ADORANTE PREGHIERA (FF 261)

R. Tu sei santo, Signore solo Dio, che compi meraviglie.

Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo, Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra. Tu sei trino e uno, Signore Dio degli dèi. R.

Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, Signore Dio vivo e vero. Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, Tu sei umiltà, Tu sei pazienza. R.

Tu sei bellezza, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete, Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza, Tu sei giustizia e temperanza. R.

Tu sei tutto, ricchezza nostra a sufficienza. Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine. Tu sei protettore, Tu sei custode e difensore. R.

Tu sei fortezza, Tu sei rifugio. Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità, Tu sei tutta la nostra dolcezza. R.

Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore. R.

Il presidente conclude:

Ovunque noi tutti, in ogni luogo, in ogni ora e in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente crediamo veracemente e umilmente e teniamo nel cuore e amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo ed esaltiamo, magnifichiamo e rendiamo grazie all’altissimo e sommo eterno Dio, Trinità e Unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, Creatore di tutte le cose e Salvatore di tutti coloro che credono e sperano

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in lui e amano lui, che è senza inizio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensibile, in investigabile, benedetto, degno di lode, glorioso, sopraesaltato, sublime, eccelso, soave, amabile, dilettevole e tutto sempre sopra tutte le cose desiderabile nei secoli dei secoli. (FF 71) R. Amen.

3. GUARDATE E GLORIFICATE

LETTURA (FF 181-185)

L’altissimo Padre celeste, per mezzo del santo suo angelo Gabriele, annunciò questo Verbo del Padre, così degno, così santo e glorioso, nel grembo della santa e gloriosa Vergine Maria, e dal grembo di lei ricevette la vera carne della nostra umanità e fragilità. Lui, che era ricco sopra ogni altra cosa, volle scegliere in questo mondo, insieme alla beatissima Vergine, sua madre, la povertà. E, prossimo alla passione, celebrò la pasqua con i suoi discepoli, e prendendo il pane, rese grazie, lo benedisse e lo spezzò dicendo: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”. E prendendo il calice disse: “Questo è il mio sangue della nuova alleanza, che per voi e per molti sarà sparso in remissione dei peccati”. Poi pregò il Padre dicendo: “Padre, se è possibile, passi da me questo calice”. E il suo sudore divenne simile a gocce di sangue che scorre per terra. Depose tuttavia la sua volontà nella volontà del Padre dicendo: “Padre, sia fatta la tua volontà; non come voglio io, ma come vuoi tu”. E la volontà di suo Padre fu questa, che il suo figlio benedetto e glorioso, che egli ci ha donato ed è nato per noi, offrisse se stesso, mediante il proprio sangue, come sacrificio e vittima sull’altare della croce, non per sé, poiché per mezzo di lui sono state create tutte le cose, ma in espiazione dei nostri peccati, lasciando a noi l’esempio perché ne seguiamo le orme. E vuole che tutti siamo salvi per mezzo di lui e che lo riceviamo con cuore puro e col nostro corpo casto. Ma pochi sono coloro che lo vogliono ricevere ed essere salvati per mezzo di lui, sebbene il suo giogo sia soave e il suo peso leggero. SILENZIO ADORANTE

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PREGHIERA DEI FEDELI

Il presidente introduce la preghiera con queste parole:

Poiché il santissimo Padre celeste, nostro re dall’eternità, ha mandato dall’alto il suo Figlio diletto, ed egli ha operato la salvezza sulla terra (FF 288), eleviamo a lui lodi e preghiere.

I presenti esprimono preghiere spontanee di lode e di ringraziamento. Al termine il presidente introduce la preghiera del Signore.

Ed ora ci rivolgiamo al Padre con la preghiera che Gesù ci ha consegnato. Padre nostro…

Il presidente conclude:

Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e con l’aiuto della tua sola grazia giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nell’Unità semplice vivi e regni e sei glorificato, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. R. Amen. BENEDIZIONE EUCARISTICA REPOSIZIONE CANTO FINALE

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LITURGIA PENITENZIALE CON TESTI FRANCESCANI1

“…Guai a quelli che morranno ne le peccata mortali!”

CANTO INIZIALE

Quando i fedeli si sono radunati, mentre entra in chiesa il sacerdote (o i sacerdoti), si esegue, secondo l'opportunità, un altro canto adatto.

INTRODUZIONE E SALUTO

Terminato il canto, il sacerdote introduce la celebrazione e saluta i presenti, dicendo:

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo R. Amen.

La grazia, la misericordia e la pace di Dio nostro Padre e di Gesù Cristo nostro Salvatore sia con tutti voi. R. E con il tuo spirito.

Quindi il sacerdote o un altro ministro rivolge ai presenti una breve esortazione sul significato e l'importanza della celebrazione, e ne espone lo svolgimento.

1 Per un approfondimento della tematica penitenziale in Francesco di Assisi si veda: FOLEY,

L., WEIGEL, J., NORMILE, P., Vivere come Francesco, Padova, Edizioni Messaggero Padova,

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ORAZIONE (FF 276)2

O Alto e glorioso Dio, illumina el core mio. Dame fede diricta, speranza certa, carità perfecta, umiltà profonda, senno e conoscimento che io servi li tuoi comandamenti. Per Cristo nostro Signore. R. Amen. LETTURA (Ef 5, 1-14)

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini. Fratelli, fatevi imitatori di Dio, quali figli carissimi, e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi; lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie! Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - che è roba da idolàtri - avrà parte al regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l'ira di Dio sopra coloro che gli resistono. Non abbiate quindi niente in comune con loro. Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità. Cercate ciò che è gradito al Signore, e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente, poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso. perfino parlare. Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce, perché tutto quello che si manifesta è luce. Per questo sta scritto : «Svégliati, o tu che dormi, déstati dai morti e Cristo ti illuminerà». Parola di Dio. R. Rendiamo grazie a Dio.

2 Tutte le citazioni numeriche delle Fonti Francescane (FF) sono tratte dall’EDITIO

MAIOR.

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RESPONSORIO

R. Misericordias Domini in aeternum cantabo (Taizè)

Dice il Signore nel Vangelo: Amate i vostri nemici, veramente ama il suo nemico, colui che non si duole dell’ingiuria che gli è fatta, ma brucia del peccato dell’anima di lui per amore di Dio, e gli mostra amore con i fatti. (Ammonizione IX - FF 158)

R. Misericordias Domini in aeternum cantabo

Al servo di Dio nessuna cosa deve dispiacere eccetto il peccato. E, in qualunque modo una persona pecchi, il servo di Dio che si lasciasse prendere dall’ira o dallo sdegno per questo, a meno che non lo faccia per carità, accumula per sé- come un tesoro – la colpa degli altri. Quel servo di Dio che non si adira né si turba per alcunché, vive giustamente e senza nulla di proprio. (Ammonizione XI - FF 160)

R. Misericordias Domini in aeternum cantabo

Così il servo di Dio può riconoscere se ha lo spirito di Dio: quando il Signore fa, per mezzo di lui, qualcosa di buono, se la carne non se ne inorgoglisce, poiché la carne è sempre contraria ad ogni bene; ma piuttosto si ritiene ancora più vile ai propri occhi, e si stima minore di tutti gli uomini. (Ammonizione XII - FF 161)

R. Misericordias Domini in aeternum cantabo

Beato l’uomo che sostiene il suo prossimo nelle sue debolezze come vorrebbe essere sostenuto dal medesimo, se fosse in caso simile. (Ammonizione XVIII - FF 167)

R. Misericordias Domini in aeternum cantabo

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PREGHIERA CORALE (Ammonizione XXVII - FF 177)

Questa preghiera si può recitare a cori alterni

1. Dove è amore e sapienza, 2. Ivi non è timore né ignoranza.

1. Dove è pazienza e umiltà, 2. Ivi non è ira né turbamento

1. Dove è povertà con letizia, 2. Ivi non è cupidigia né avarizia.

1. Dove è quiete e meditazione, 2. Ivi non è né preoccupazione né dissipazione

1. Dove è il timore del Signore a custodire la casa, 2. Ivi il nemico non può trovare via d’entrata.

1. Dove è misericordia e discrezione, 2. Ivi non è né superfluità né durezza.

OMELIA

L'omelia, prendendo l'avvio dal testo delle letture, deve portare i penitenti all'esame di coscienza e a un rinnovamento di vita. Si possono usare dei commentari alle Ammonizioni di San Francesco

3.

CONFESSIONE GENERALE DEI PECCATI

È opportuno sostare per qualche tempo in silenzio per far l'esame di coscienza e suscitare nei presenti una vera contrizione dei peccati. Il sacerdote, o il diacono, o un altro ministro, può aiutare i fedeli con brevi suggerimenti.

Il diacono o un ministro:

Fratelli, confessate i vostri peccati e pregate gli uni per gli altri, per ottenere il perdono e la salvezza.

Tutti insieme dicono:

Confesso a Dio onnipotente e a voi, fratelli, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni,

3 ESSER, K., Le ammonizioni di San Francesco, Roma, Ed Cedis, 1974.

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e battendosi il petto, soggiungono:

per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa.

E proseguono:

E supplico la beata sempre vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro.

Il diacono o un ministro:

Rapisca ti prego o Signore, l’ardente e dolce forza del tuo amore la mente nostra da tutte le cose che sono sotto il cielo e ti invochiamo con fiducia, fonte di ogni misericordia, perché tu possa purificare i nostri cuori, guarire le nostre ferite e liberarci da ogni colpa. (FF 277)

R. Ascoltaci, o Signore.

Perché il Signore ci dia la grazia di una vera penitenza, preghiamo. R.

Perché ci manifesti la sua clemenza e ci dia il condono di tutti i nostri debiti, preghiamo. R.

Perché i figli che si sono allontanati dalla santa Chiesa ritornino in comunione di fede e di amore con i loro fratelli, preghiamo. R.

Perché nei nostri cuori feriti dal peccato si ravvivi la grazia del Battesimo, preghiamo. R.

Perché, illuminati dalla speranza della gloria eterna, possiamo accostarci nuovamente al santo altare, preghiamo. R.

Perché, sostenuti dalla forza dei sacramenti, siamo sempre fedeli a Cristo Signore, preghiamo. R.

Perché, salvati dalla divina misericordia, rendiamo testimonianza al nostro Salvatore, preghiamo. R.

Perché camminiamo con perseveranza nella via del Vangelo e possiamo godere un giorno la gioia della vita eterna, preghiamo. R.

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PADRE NOSTRO

Il diacono o un ministro:

E ora, con le parole di Cristo nostro Signore, rivolgiamoci a Dio nostro Pare, perché rimetta i nostri peccati e ci liberi da ogni male.

E tutti proseguono:

Padre nostro…

Il sacerdote così conclude:

Onnipotente, eterno, giusto e misericordioso Iddio, concedi a noi miseri di fare, per la forza del tuo amore, ciò che sappiamo che tu vuoi, e di volere sempre ciò che a te piace, affinché, interiormente purificati, interiormente illuminati e accesi dal fuoco dello Spirito Santo, possiamo seguire le orme del tuo Figlio diletto, il Signore nostro Gesù Cristo, e, con l’aiuto della tua sola grazia, giungere a te, o Altissimo, che nella Trinità perfetta e nella Unità semplice vivi e regni glorioso, Dio onnipotente per tutti i secoli dei secoli. (FF 233) R. Amen.

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VEGLIA DI PREGHIERA DINANZI AL CRISTO DI SAN DAMIANO

“Illumina le tenebre del core mio”

All’ora convenuta, tutti si radunano sul sagrato della Chiesa con la candela in mano, attorno al cero Pasquale. Si esegue un’antifona di Taizé.

CANTO

Tu sei sorgente viva, tu sei fuoco, sei carità. Vieni Spirito Santo, vieni Spirito Santo. SALUTO E MONIZIONE INIZIALE

Terminato il canto, il sacerdote introduce la celebrazione e saluta i presenti, dicendo:

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. R. Amen.

Il Signore vi dia pace!

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MONIZIONE INIZIALE

La guida introduce la celebrazione con queste parole:

Carissimi, vogliamo rivivere, in questa liturgia, l’incontro che Francesco ebbe nella piccola chiesa di san Damiano in Assisi con il Cristo vivente. Un’incontro che stravolse totalmente la sua esistenza. Desideriamo anche noi lasciarci visitare da quella presenza nascosta e discreta che il giovane Francesco accolse nel suo intimo; posiamo il nostro sguardo negli occhi grandi e profondi di “Colui che tutto vede”, anche le profondità del nostro cuore; ascoltiamo le parole che anche a noi il “Signore l’Altissimo” rivolge. Iniziamo questo incontro, come Francesco, accogliendo anche noi il richiamo dello “Spirito del Signore”. CANTO

Durante il canto, vengono accese le candele dal cero pasquale.

Rit. Magnificat, magnificat, magnificat anima mea Dominum.

Magnificat, magnificat, magnificat anima mea. (Taizè)

Tu sei santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose. Rit. Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo, Tu sei re onnipotente, Tu, Padre Santo, re del cielo e della terra. Rit.

Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dei, Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero. Rit.

Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, Tu dei umiltà, Tu sei pazienza, Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete. Rit.

Tu sei gaudio e letizia, Tu sei nostra speranza, Tu sei giustizia, Tu sei temperanza, Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza. Rit.

Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine, Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore, Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio. Rit.

Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, Tu sei la nostra carità. Tu sei la nostra dolcezza, Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, Dio onnipotente, misericordioso Salvatore. Rit.

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CANTO

La processione muove verso la chiesa al canto “Alto e glorioso Dio”. Giunti dinanzi all’immagine del Crocifisso di San Damiano si depongono le candele nel luogo predisposto.

LETTURA (Lc 9,22-25)

Dal Vangelo di Luca Gesù disse ai suoi discepoli: «Il Figlio dell’uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno». Poi, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per me, la salverà. Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?». Parola del Signore R. Lode a te, o Cristo. LETTURA (FF 593-595)

Dalla vita seconda di san Francesco d’Assisi scritta da Tommaso da Celano Era già del tutto mutato nel cuore e prossimo a divenirlo anche nel corpo, quando, un giorno, passò accanto alla chiesa di San Damiano, quasi in rovina e abbandonata da tutti. Condotto dallo Spirito, entra a pregare, si prostra supplice e devoto davanti al Crocifisso e, toccato in modo straordinario dalla grazia divina, si ritrova totalmente cambiato. Mentre egli è così profondamente commosso, all’improvviso- cosa da sempre inaudita!- l’immagine di Cristo crocifisso, dal dipinto gli parla, muovendo le labbra, «Francesco, - gli dice chiamandolo per nome - va’, ripara la mia casa che, come vedi, è tutta in rovina». Francesco è tremante e pieno di stupore, e quasi perde i sensi a queste parole. Ma subito si dispone ad obbedire e si concentra tutto su questo invito. Ma, a dir vero, poiché neppure lui riuscì mai ad esprimere la ineffabile trasformazione che percepì in se stesso, conviene anche a noi coprirla con un velo di silenzio. Da quel momento si fissò nella sua anima santa la compassione del Crocifisso e, come si può piamente ritenere, le venerande stimmate della Passione, quantunque non ancora nella carne, gli si impressero profondamente nel cuore. Cosa meravigliosa, mai udita! chi non è colpito da meraviglia? E chi, o quando mai ha udito qualcosa di simile? Nessuno potrà dubitare che

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Francesco, prossimo a tornare alla sua patria, sia apparso realmente crocifisso, visto che con nuovo e incredibile miracolo Cristo gli ha parlato dal legno della Croce, quando- almeno all’esterno- non aveva ancora del tutto rinunciato al mondo! Da quel momento, appena gli giunsero le parole del Diletto il suo animo venne meno. Più tardi, l’amore del cuore si

rese palese mediante le piaghe del corpo.Inoltre, da allora, non riesce più a trattenere le lacrime e piange anche ad alta voce la passione di Cristo, che gli sta sempre davanti agli occhi. Riempie di gemiti le vie, rifiutando di essere consolato al ricordo delle piaghe di Cristo. Incontrò un giorno, un suo intimo amico, ed avendogli manifestato la causa del dolore, subito anche questi proruppe in lacrime amare. Intanto si prese cura di quella immagine, e si accinse, con ogni diligenza, ad eseguirne il comando. Subito offrì denaro ad un sacerdote, perché provvedesse una lampada e l’olio, e la sacra immagine non rimanesse priva, neppure per un istante, dell’onore, doveroso, di un lume. Poi, si dedicò con impegno al resto, lavorando con intenso zelo a riparare la chiesa. Perché, quantunque il comando del Signore si riferisse alla Chiesa acquistata da Cristo col proprio sangue, non volle di colpo giungere alla perfezione dell’opera, ma passare a grado a grado dalla carne allo spirito. CANTO

Si suggerisce di eseguire l’antifona di Taizé “Nada te turbe”

SILENZIO ADORAZIONE DEL CROCIFISSO MONIZIONE

Senno e cognoscimento sono, per Francesco, la visione, l’attesa, la rivelazione dello stesso amore: avere il senso delle cose a partire dalla fede. Francesco è il pellegrino in cammino, disposto a compiere il comandamento di Gesù: amare con tutto il proprio essere Dio e il prossimo. Tutto questo può partire soltanto da un’unica fonte di ispirazione, di esempio, di guida: il CROCIFISSO, la sua OFFERTA. Adoriamo, dunque, Cristo e mentre compiamo questo gesto chiediamo la disponibilità ad accogliere il dono della Sua stessa vita che vuole essere riversata su di noi.

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Ciascuno si porta, processionalmente, dinanzi all’immagine per compiere un gesto di venerazione, mentre si esegue un canto adatto.

INTERCESSIONI

Rit. Bonum est confidere in Domino, bonum sperare in Domino.

Cristo, restando fedele fino alla morte, ci indichi il cammino del più grande amore. Rit.

Cristo, caricandoti del peso del peccato, ci riveli la via della benevolenza. Rit.

Cristo, pregando per i tuoi crocifissori, ci inviti al perdono senza limiti. Rit.

Cristo, aprendo il paradiso al ladrone pentito, accendi in noi la speranza. Rit.

Cristo, aiuta la nostra poca fede. Rit.

Cristo, crea in noi un cuore puro, rinnova in noi uno spirito fermo. Rit.

Cristo, la tua Parola è vicina, dimori in noi e ci custodisca sempre. Rit.

Intenzioni libere ... PADRE NOSTRO

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ORAZIONE CONCLUSIVA

Il presidente così conclude la celebrazione:

Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Iddio, che hai rivelato all’umanità la potenza del tuo amore umile nell’incarnazione e nella morte sopportata per amore dal nostro Salvatore, concedici la grazia di seguire le orme del tuo Figlio nella sua umiltà, povertà e obbedienza e così poter partecipare alla sua Risurrezione. Per Cristo nostro Signore. R. Amen. BENEDIZIONE DI SAN FRANCESCO

Il presidente benedice i presenti, dicendo:

Il Signore sia con voi R. E con il tuo spirito.

Il Signore vi benedica e vi protegga. R. Amen.

Faccia risplendere il suo volto su di voi e vi doni la sua misericordia. R. Amen.

Rivolga su di voi il suo sguardo e vi doni la sua pace. R. Amen.

E la benedizione di Dio onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo, discenda su di voi, e con voi rimanga sempre. R.Amen.

CONGEDO

Quindi il diacono o un altro ministro congeda l’assemblea:

Andate in pace. R. Rendiamo grazie a Dio.

CANTO FINALE

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NOVENA A SAN FRANCESCO

La fedeltà del Signore, la fede di Francesco.4

In questo schema di novena per la Solennità di san Francesco desideriamo lasciarci guidare dalle ardenti parole sgorgate dal suo cuore a compimento del suo cammino terreno. Un canto, un inno di lode al suo Signore, è ciò che pronunciano le sue labbra; ogni sofferenza, ogni timore è annullato dalla certezza di essere una creatura amata in modo speciale dal Creatore. E allora tutto è lode, tutto è canto: il sole, la luna, le stelle, l’acqua, il fuoco, tutta la vita e anche la morte, perché tutto è dono e riflesso dell’Altissimo. Facciamo sì che questo canto diventi il “nostro canto”, perché Colui che ha già fatto grandi cose nelle nostre vite continui a trovare in noi dei servi e delle ancelle fedeli. La novena si struttura in un ascolto della Parola seguita da brani agiografici e magisteriali, quest’ultimi tratti dalla lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI.

4 Questo schema di novena è stato ideato dalle sorelle povere di Santa Chiara del monastero

di Città della Pieve.

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PRIMO GIORNO MERCOLEDÌ 25 SETTEMBRE

Il “primo canto” di Francesco: l’amore di Dio nel suo cuore

CANTO INIZIALE (Cantico delle creature - strofa n.1)

Altissimu, onnipotente, bon Signore, Tue so' le laude, la gloria e l'honore et onne benedizione. Ad Te solo, Altissimo, se konfane, e nullu homo ène dignu Te mentovare.

INTRODUZIONE E SALUTO LETTURA BIBLICA (Sap 18, 14-15)

Dal libro della Sapienza Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale, guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile. Parola di Dio. R. Rendiamo grazie a Dio. LETTURA AGIOGRAFICA (FF 1028)

Dalla Leggenda Maggiore di S. Bonaventura Dio aveva infuso nell'intimo del giovane Francesco un sentimento di generosa compassione verso i poveri, che, crescendo con lui dall'infanzia, gli aveva riempito il cuore di bontà, tanto che già allora, ascoltatore non sordo del Vangelo, si propose di dare a chiunque gli chiedesse, soprattutto se chiedeva adducendo a motivo l'amore di Dio. Una volta, tutto indaffarato nel negozio, mandò via a mani vuote, contro le sue abitudini, un povero che gli chiedeva l'elemosina per amore di Dio. Ma subito, rientrato in se stesso, gli corse dietro, gli diede con clemenza l'elemosina e promise al Signore Iddio che, d'allora in poi, quando ne aveva la possibilità, non avrebbe mai detto di no a chi gli avesse chiesto per amore di Dio. E osservò questo proposito fino alla morte, con pietà

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instancabile, meritandosi di crescere abbondantemente nell'amore di Dio e nella grazia. Diceva infatti più tardi, quando si era ormai perfettamente rivestito di Cristo, che, già quando viveva da secolare, difficilmente riusciva a sentir nominare l'amore di Dio, senza sentirsi cambiare il cuore. LETTURA MAGISTERIALE (Porta fidei, 1)

Dalla Lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI: La “porta della fede” che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi. […] Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita. Esso inizia con il Battesimo, mediante il quale possiamo chiamare Dio con il nome di Padre, e si conclude con il passaggio attraverso la morte alla vita eterna, frutto della risurrezione del Signore Gesù che, con il dono dello Spirito Santo, ha voluto coinvolgere nella sua stessa gloria quanti credono in Lui. SPUNTO OMILETICO

La parola di Dio irrompe nella vita di Francesco, in questa "terra di sterminio” in cui regnano il divertimento, il benessere e il desiderio di diventare un nobile cavaliere... Ma ciò che è già nobile è l’anima di Francesco; il Signore da sempre ha seminato nel suo cuore un germe d’amore ed è attraverso questa via che l’Altissimo entra fortemente nella sua esistenza spogliandolo di ogni bene materiale perché prenda in sposa Madonna Povertà. Così, attraverso Francesco, l’Altissimo Iddio apre una strada antica, ma nuova nella Chiesa: un povero “esercito” di fratelli che desidera vivere la perfezione del Santo Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo. MOMENTO DI SILENZIO PADRE NOSTRO

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ORAZIONE CONCLUSIVA

Preghiamo. Dio, Padre Onnipotente, che hai aperto il cuore di san Francesco alla bellezza del tuo amore, dona anche a noi di godere di questa grazia, affinché i nostri “piccoli” cuori si dilatino all’immensità del tuo dono. Per Cristo nostro Signore. R. Amen.

SECONDO GIORNO GIOVEDÌ 26 SETTEMBRE

Un canto nuovo... una nuova luce nella Chiesa

CANTO INIZIALE (Cantico delle creature - strofa n.2)

Laudato sie, mi' Signore, cum tutte le Tue creature, spezialmente messor lo frate Sole, lo qual è iorno et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore: de Te, Altissimo, porta significazione. INTRODUZIONE E SALUTO LETTURA BIBLICA (Is 66, 1-2)

Dal libro del profeta Isaia Così dice il Signore: «Il cielo è il mio trono, la terra lo sgabello dei miei piedi. Quale casa mi potreste costruire? In quale luogo potrei fissare la dimora? Tutte queste cose ha fatto la mia mano ed esse sono mie – oracolo del Signore. Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi trema alla mia parola. Parola di Dio. R. Rendiamo grazie a Dio.

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LETTURA AGIOGRAFICA (FF 1411)

Dalla Leggenda dei tre compagni Mentre un giorno Francesco implorava con più ardente fervore la misericordia di Dio, il Signore gli fece capire che di lì a poco gli sarebbe stato detto che cosa dovesse fare. Da quell'istante fu tanto ricolmo di gioia, che non si sapeva tenere dal manifestare alla gente, anche senza volerlo, qualche sentore del suo segreto. Ne parlava tuttavia con riserbo e in forma enigmatica, dichiarando che non aveva intenzione di scendere in Puglia, ma di compiere nobili e grandi imprese nella sua patria. I compagni, notandone il profondo cambiamento (ormai Francesco si era spiritualmente estraniato da loro, benché fisicamente si unisse talvolta alla brigata), gli ripeterono scherzando la domanda: «Ma vuoi proprio prendere moglie, Francesco?». Egli replicava loro in termini enigmatici, come abbiamo riferito sopra. Trascorsero pochi giorni. Mentre passava vicino alla chiesa di San Damiano, gli fu detto in spirito di entrarvi a pregare. Andatoci, prese a fare orazione fervidamente davanti a una immagine del Crocifisso, che gli parlò con pietà e benevolenza: «Francesco, non vedi che la mia casa sta crollando? Va' dunque e restaurala per me». Tremante e stupefatto, rispose: «Lo farò volentieri, Signore». Egli però aveva inteso che si trattasse di quella chiesa che, per la sua antichità, minacciava prossima rovina. Per quelle parole fu colmato di tanta gioia e inondato da tanta luce, che egli sentì nell'anima ch'era stato veramente il Cristo crocifisso a parlare con lui.

LETTURA MAGISTERIALE (Porta fidei, 2)

Dalla Lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza. SPUNTO OMILETICO

L’Altissimo Iddio, Gesù Cristo, rivolge il suo sguardo verso Francesco, che lo implorava con umiltà e spirito contrito: “O alto e glorioso Iddio, illumina le tenebre del cuore mio!”. Come sole splendente, dall’alto della Croce, Gesù lo illumina di luce nuova con il suo sguardo e la sua parola,

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chiedendogli di riparare la Sua Chiesa che sta andando in rovina... E Francesco inizia alacremente la sua opera: prima restaura la chiesetta di S. Damiano, poi quella di S. Pietro e infine la Porziuncola... Ma è ben più grande l’opera che il Signore intende attuare per mezzo suo...! MOMENTO DI SILENZIO PADRE NOSTRO ORAZIONE CONCLUSIVA

Preghiamo. Signore Gesù, dona a noi la grazia di saper cogliere in ogni avvenimento della vita la “parola” che tu vuoi rivolgere a ciascuno di noi, e concedici la forza e il coraggio per metterla in pratica con libertà, confidando solo in te, che vivi e regni nei secoli dei secoli. R. Amen.

TERZO GIORNO VENERDÌ 27 SETTEMBRE

“Un canto a due voci: Francesco e Chiara

CANTO INIZIALE (Cantico delle creature - strofa n.3)

Laudato si', mi' Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l'ài formate clarite e preziose e belle. INTRODUZIONE E SALUTO LETTURA BIBLICA (Bar 3, 31-36)

Dal libro del profeta Baruc Nessuno conosce la sua via, nessuno prende a cuore il suo sentiero. Ma colui che sa tutto, la conosce e l’ha scrutata con la sua intelligenza,

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colui che ha formato la terra per sempre e l’ha riempita di quadrupedi, colui che manda la luce ed essa corre, l’ha chiamata, ed essa gli ha obbedito con tremore. Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito; egli le ha chiamate ed hanno risposto: «Eccoci!», e hanno brillato di gioia per colui che le ha create. Egli è il nostro Dio, e nessun altro può essere confrontato con lui. Parola di Dio R. Rendiamo grazie a Dio. LETTURA AGIOGRAFICA (FF 2826-2827)

Dal testamento di santa Chiara Quando lo stesso santo, infatti, che non aveva ancora né fratelli né compagni, quasi subito dopo la sua conversione, mentre edificava la chiesa di San Damiano, totalmente visitato dalla consolazione divina, fu spinto fortemente ad abbandonare del tutto il mondo, per gran letizia e per l'illuminazione dello Spirito Santo profetò a nostro riguardo quello che poi il Signore adempì. Salendo infatti in quel tempo sul muro di detta chiesa, a certi poveri che si trovavano lì appresso diceva a voce spiegata e in lingua francese: «Venite e aiutatemi nell'opera del monastero di San Damiano, perché qui tra poco ci saranno delle signore: nella loro esistenza degna di fama e del loro santo tenore di vita sarà glorificato il Padre nostro celeste in tutta la sua santa Chiesa».In questo possiamo dunque considerare la copiosa benevolenza di Dio verso di noi: per la sua sovrabbondante misericordia e carità, per mezzo del suo santo si è degnato di parlare così della nostra vocazione ed elezione. E non solo di noi il beatissimo nostro padre Francesco profetizzò queste cose, ma anche delle altre che sarebbero venute nella santa vocazione, nella quale il Signore ci chiamò. LETTURA MAGISTERIALE (Porta fidei, 3)

Dalla Lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI Non possiamo accettare che il sale diventi insipido e la luce sia tenuta nascosta. Anche l’uomo di oggi può sentire di nuovo il bisogno di recarsi come la samaritana al pozzo per ascoltare Gesù, che invita a credere in Lui e ad attingere alla sua sorgente, zampillante di acqua viva. Dobbiamo ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in

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modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli. SPUNTO OMILETICO

Una prima stella, Chiara, ha risposto “eccomi” al Signore, attirata dall’esempio di Francesco. Lei, “vergine carissima a Dio, fu la prima pianticella ed esalò il suo profumo come candido fiore di primavera e risplendette come stella fulgentissima” (LM 4,6: FF 1074). E subito, unite a lei, tante altre piccole stelle cominciarono a brillare di gioia per il Signore… Ora il canto è a due voci, mentre Francesco e i suoi fratelli portano il Vangelo per le strade del mondo, Chiara, “una con le sue sorelle” (cf. RegsC I,4: FF 2752), “si tiene chiusa nel nascondimento della vita claustrale, e fuori irradia bagliori luminosi: si raccoglie in un angusto monastero e fuori si spande quanto è vasto il mondo” (cf. BolsC 4,12: FF 3284). MOMENTO DI SILENZIO PADRE NOSTRO ORAZIONE

Preghiamo. O Dio che nella tua immensa bontà hai ispirato san Francesco e a santa Chiara a seguire in tutto la via del tuo Figlio amato, concedi anche a noi di perseverare in questa santa vocazione alla quale ci hai chiamato. Per Cristo nostro Signore. R. Amen.

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QUARTO GIORNO SABATO 28 SETTEMBRE

Francesco canta la fedeltà del Signore CANTO INIZIALE (Cantico delle creature - strofa n.4)

Laudato si', mi' Signore, per frate Vento e per aere e nubilo e sereno et onne tempo, per lo quale a le Tue creature dài sustentamento.

INTRODUZIONE E SALUTO

LETTURA BIBLICA (Sal 23)

Dal libro dei Salmi Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome. Anche se vado per una valle oscura, non temo alcun male, perché tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici. Ungi di olio il mio capo; il mio calice trabocca. Sì, bontà e fedeltà mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, abiterò ancora nella casa del Signore per lunghi giorni. Parola di Dio R. Rendiamo grazie a Dio.

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LETTURA AGIOGRAFICA (FF 366-367)

Dalla Vita prima di Tommaso da Celano Nello stesso tempo entrò nella comunità religiosa un altro uomo pieno di bontà, così il loro numero fu portato a otto. Allora il beato Francesco li radunò tutti insieme, e dopo aver parlato loro a lungo del regno di Dio, del disprezzo del mondo, del rinnegamento della propria volontà, del dominio che si deve esercitare sul proprio corpo, li divise in quattro gruppi, di due ciascuno, e disse loro: «Andate, carissimi, a due a due per le varie parti del mondo e annunciate agli uomini la pace e la penitenza in remissione dei peccati; e siate pazienti nelle persecuzioni, sicuri che il Signore adempirà il suo disegno e manterrà le sue promesse. Rispondete con umiltà a chi vi interroga, benedite chi vi perseguita, ringraziate chi vi ingiuria e vi calunnia, perché in cambio ci viene preparato il regno eterno». Ed essi, ricevendo con gaudio e letizia grande il precetto della santa obbedienza, si prostravano supplici davanti a san Francesco, che abbracciandoli con tenerezza e devozione diceva ad ognuno: «Riponi la tua fiducia nel Signore ed egli avrà cura di te». Era la frase che ripeteva ogni volta che mandava qualche frate a eseguire l'obbedienza. LETTURA MAGISTERIALE (Porta fidei, 6)

Dalla Lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI L’Anno della fede è un invito ad un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo. Nel mistero della sua morte e risurrezione, Dio ha rivelato in pienezza l’Amore che salva e chiama gli uomini alla conversione di vita mediante la remissione dei peccati. […] Grazie alla fede, questa vita nuova plasma tutta l’esistenza umana sulla radicale novità della risurrezione. Nella misura della sua libera disponibilità, i pensieri e gli affetti, la mentalità e il comportamento dell’uomo vengono lentamente purificati e trasformati, in un cammino mai compiutamente terminato in questa vita. SPUNTO OMILETICO

La presenza del Signore nella vita di Francesco si fa sempre più tangibile... L’Altissimo è con lui dall’inizio del suo cammino, quando si manifestò nel Crocifisso di S. Damiano, sino alla fine, quando gli concederà la corona di gloria... In ogni momento, sia quando il “vento” impetuoso delle avversità

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copre il cielo di “nubi”, sia nel tempo “sereno” delle consolazioni divine, il suo bon Signore assiste Francesco e lo “sostenta”. Ed è attraverso la preghiera e la contemplazione che Francesco rafforza la sua unione con Dio, divenendo sempre più sicuro e infondendo sicurezza ai suoi fratelli: non dovranno mai temere alcun male, perché Cristo, Buon Pastore, è e sarà sempre con loro. MOMENTO DI SILENZIO PADRE NOSTRO ORAZIONE

Preghiamo Eterno Padre, ti rendiamo grazie per la custodia e il sostegno che ogni giorno ci accordi: donaci la grazia di non vanificare i tuoi immensi benefici e di lodarti, come Francesco, per la Tua bontà infinita. Per Cristo nostro Signore. R. Amen.

QUINTO GIORNO

DOMENICA 29 SETTEMBRE “Francesco canta la sua vita nuova in Cristo

CANTO INIZIALE (Cantico delle creature - strofa n.5)

Laudato si', mi' Signore, per sor'Acqua, la quale è multo utile et humile e preziosa e casta.

INTRODUZIONE E SALUTO LETTURA BIBLICA (Ez 36, 25-27)

Dal libro del profeta Ezechiele Così dice il Signore: ”Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre impurità

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e da tutti i vostri idoli, vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo le mie leggi e vi farò osservare e mettere in pratica le mie norme”. Parola di Dio R. Rendiamo grazie a Dio. LETTURA AGIOGRAFICA (FF 474.476)

Dalla Vita prima di Tommaso da Celano Quando la destra del Signore si volse verso di lui, riuscì a districarsi dal peccato, e da allora, per grazia e potenza dell'Altissimo, fu ripieno di sapienza divina più di tutti i suoi contemporanei. Infatti, in mezzo all'avvilimento, non di pochi ma generale, in cui era caduta dovunque la dottrina evangelica, egli fu mandato da Dio nel mondo perché, come gli apostoli, fosse testimone della verità per tutti gli uomini. E realmente egli dimostrò con chiarezza, con la parola e l'esempio, quanto fosse stolta la sapienza terrena e, in breve, sotto la guida di Cristo, trascinò gli uomini, mediante la stoltezza della predicazione, all'autentica sapienza divina. Simile a un fiume del paradiso, il nuovo evangelista di questo ultimo tempo ha diffuso per il mondo intero le acque fluenti del Vangelo, e con le opere ha additato la via del Figlio di Dio e la dottrina della verità. Così in lui, e per suo merito, il mondo ha ritrovato un'insperata esultanza e una santa novità: il virgulto dell'antica religione ha subito rinnovato i rami, che erano ormai vecchi e decrepiti. Al cuore degli eletti fu dato uno spirito nuovo e in mezzo a loro si diffuse una salutare unzione, quando questo santo servo di Cristo, come astro celeste, ha irradiato la luce della sua originale forma di vita e dei suoi prodigi.

LETTURA MAGISTERIALE (Porta fidei, 7)

Dalla Lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI “Caritas Christi urget nos”: è l’amore di Cristo che colma i nostri cuori e ci spinge ad evangelizzare. Egli, oggi come allora, ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra. Con il suo

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amore, Gesù Cristo attira a sé gli uomini di ogni generazione: in ogni tempo Egli convoca la Chiesa affidandole l’annuncio del Vangelo, con un mandato che è sempre nuovo. […] La fede cresce quando è vissuta come esperienza di un amore ricevuto e quando viene comunicata come esperienza di grazia e di gioia. Essa rende fecondi, perché allarga il cuore nella speranza e consente di offrire una testimonianza capace di generare: apre, infatti, il cuore e la mente di quanti ascoltano ad accogliere l’invito del Signore di aderire alla sua Parola per diventare suoi discepoli. SPUNTO OMILETICO

L’acqua che purifica e della quale siamo continuamente aspersi è l’acqua sgorgata dal costato di Cristo Crocifisso. A questa vera sorgente dell’Amore di Dio, “utile, umile, preziosa e casta”, che sola vivifica le nostre anime, ha saputo continuamente attingere Francesco, divenendo a sua volta un “fiume” che “ha diffuso per il mondo intero le acque fluenti del Vangelo”. MOMENTO DI SILENZIO PADRE NOSTRO ORAZIONE

Preghiamo. Signore Gesù, tu che hai ricolmato del tuo Santo Spirito il nostro padre San Francesco, concedi anche a noi la forza di portare ad ogni fratello la tua Parola di salvezza e ravviva in noi il desiderio di seguirti ovunque tu vorrai. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. R. Amen.

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SESTO GIORNO LUNEDÌ 30 SETTEMBRE

“Un canto all’unisono con il Signore CANTO INIZIALE (Cantico delle creature - strofa n.6)

Laudato si', mi' Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la notte: et ello è bello e iocundo e robustoso e forte.

INTRODUZIONE E SALUTO LETTURA BIBLICA (1Cor 3,10-14)

Dalla prima lettera di San Paolo apostolo ai Corinzi Fratelli, secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Parola di Dio R. Rendiamo grazie a Dio. LETTURA AGIOGRAFICA (FF 1483)

Dalla Leggenda dei tre compagni Quest'amore infiammato e l'incessante memoria della passione di Cristo, che portava in cuore, volle il Signore mostrarli a tutto il mondo per mezzo della stupenda prerogativa di un privilegio eccezionale, con cui lo decorò mentre era ancora vivente nella carne. E poiché veniva rapito in alto, verso Dio, da ardenti desideri serafici e una tenera compassione lo trasformava in Colui che, per eccesso di amore, volle essere crocifisso, un mattino verso la festa dell'Esaltazione della Croce, due anni prima della sua morte, mentre pregava su un versante del monte chiamato Alverna, gli apparve un serafino: aveva sei ali e tra le ali

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emergeva la figura di un uomo bellissimo, crocifisso, che aveva mani e piedi stesi in forma di croce e mostrava chiaramente l'effigie del Signore Gesù. Con due ali velava il capo, con due altre il resto del corpo fino ai piedi, e due si stendevano nel volo. Quando la visione scomparve, nell'anima di Francesco rimase un mirabile incendio d'amore, e nella sua carne – cosa più mirabile – apparvero impresse le stimmate del Signore Gesù Cristo.

LETTURA MAGISTERIALE (Porta fidei, 13)

Dalla Lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI In questo tempo terremo fisso lo sguardo su Gesù Cristo, “colui che dà origine alla fede e la porta a compimento”: in lui trova compimento ogni travaglio ed anelito del cuore umano. La gioia dell’amore, la risposta al dramma della sofferenza e del dolore, la forza del perdono davanti all’offesa ricevuta e la vittoria della vita dinanzi al vuoto della morte, tutto trova compimento nel mistero della sua Incarnazione, del suo farsi uomo, del condividere con noi la debolezza umana per trasformarla con la potenza della sua Risurrezione. In lui, morto e risorto per la nostra salvezza, trovano piena luce gli esempi di fede che hanno segnato questi duemila anni della nostra storia di salvezza. SPUNTO OMILETICO

L’Amore di Cristo è un fuoco, nel cuore di Francesco: uno fuoco che arde continuamente e purifica, fino a lasciare in lui un solo desiderio: quello di conformarsi in tutto a Gesù. Iddio realizzò pienamente il desiderio di Francesco, facendolo partecipe della sua stessa Passione: attraverso la Croce, così, le stesse opere di Francesco vengono fatte passare come attraverso il fuoco e resistono nei secoli: il Serafico Padre è degno di ricevere la sua ricompensa! MOMENTO DI SILENZIO

PADRE NOSTRO

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ORAZIONE

Preghiamo. Dio Onnipotente, che in san Francesco ci hai donato un’immagine perfetta del tuo Figlio Gesù, apri i nostri cuori e le nostre menti ad una donazione sempre più piena di noi stessi, affinché anche le nostre vite siano espressione dell’amore trinitario. Per Cristo nostro Signore. R. Amen.

SETTIMO GIORNO MARTEDÌ 1 OTTOBRE

Un canto alla madre Chiesa

CANTO INIZIALE (Cantico delle creature - strofa n.7)

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta e governa, e produce diversi frutti con coloriti flori et herba. INTRODUZIONE E SALUTO LETTURA BIBLICA (Gv 15, 1-5)

Dal Vangelo secondo Giovanni In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla». Parola del Signore. R. Lode a te, o Cristo.

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LETTURA AGIOGRAFICA (FF 1455-1461)

Dalla Leggenda dei tre compagni Vedendo il beato Francesco che il Signore accresceva i suoi fratelli in numero e in meriti – erano ormai in dodici, perfettamente concordi nello stesso ideale –, si rivolse agli undici, lui che era il dodicesimo, guida e padre del gruppo: «Fratelli, vedo che il Signore misericordioso vuole aumentare la nostra comunità. Andiamo dunque dalla nostra madre, la santa Chiesa romana, e comunichiamo al sommo pontefice ciò che il Signore ha cominciato a fare per mezzo di noi, al fine di proseguire secondo il suo volere e le sue disposizioni quello che abbiamo iniziato». E mentre il santo di Dio stava raccolto in orazione,... il Signore gli parlò interiormente attraverso questa parabola: «C'era nel deserto una donna povera e bellissima. Preso dal fascino della sua bellezza, un grande re bramò di prenderla in sposa, sperando che gli avrebbe generato dei bei figli. Celebrato e consumato il matrimonio, ne nacquero molti figli, e quando furono cresciuti la madre rivolse loro queste parole: ``Figlioli, non vergognatevi, perché in realtà siete figli del re. Andate dunque alla sua corte ed egli vi darà tutto quello che vi abbisogna''. Giunti alla presenza del sovrano, questi ammirò la loro bellezza e, notando che gli somigliavano, domandò: ``Di chi siete figli?''. E quando risposero di essere figli di una donna povera, che viveva nel deserto, il re li abbracciò con grande gioia e disse loro: “Non abbiate paura, perché siete figli miei. Se alla mia mensa prendono cibo gli estranei, tanto più voi, che siete miei figli legittimi!”. E ordinò a quella donna di inviare a corte tutti i figli avuti da lui, perché vi fossero allevati»... Terminata l'orazione, il santo si presentò al sommo pontefice e gli raccontò per ordine la parabola rivelatagli dal Signore. E aggiunse: «Sono io, signore, quella donna poverella che il Signore ama e per sua misericordia ha reso bella e dalla quale si compiacque generare dei figli legittimi. Il Re dei re mi ha promesso che alleverà tutti i figli avuti da me, poiché se egli nutre gli estranei, a maggior ragione avrà cura dei figli legittimi...». Al sentire queste cose, il signor papa fu preso da grande stupore, soprattutto perché, prima dell'arrivo del beato Francesco, aveva visto in visione che la basilica di San Giovanni in Laterano minacciava di rovinare; ma un religioso, piccolo e di aspetto meschino, la sorreggeva puntellandola con le proprie spalle... Il pontefice, considerando il fervore di lui nel servizio di Dio e confrontando la sua visione con il racconto simbolico riferitogli da Francesco, cominciò a dire tra sé: «In verità è

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questo l'uomo religioso e santo per mezzo del quale la Chiesa di Dio sarà rialzata e sostenuta». E così egli abbracciò Francesco e approvò la Regola che aveva scritto... Ottenute che ebbe queste concessioni, il beato Francesco rese grazie a Dio e, mettendosi in ginocchio, promise con umiltà e devozione al signor papa obbedienza e riverenza. Gli altri fratelli, secondo l'ordinanza del signor papa, promisero a loro volta obbedienza e riverenza al beato Francesco. LETTURA MAGISTERIALE (Porta fidei, 13)

Dalla Lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI Per fede Maria accolse la parola dell’Angelo e credette all’annuncio che sarebbe divenuta Madre di Dio nell’obbedienza della sua dedizione. Visitando Elisabetta innalzò il suo canto di lode all’Altissimo per le meraviglie che compiva in quanti si affidano a Lui. Con gioia e trepidazione diede alla luce il suo unico Figlio, mantenendo intatta la verginità. Confidando in Giuseppe suo sposo, portò Gesù in Egitto per salvarlo dalla persecuzione di Erode. Con la stessa fede seguì il Signore nella sua predicazione e rimase con Lui fin sul Golgota. Con fede Maria assaporò i frutti della risurrezione di Gesù e, custodendo ogni ricordo nel suo cuore, lo trasmise ai Dodici riuniti con lei nel Cenacolo per ricevere lo Spirito Santo. SPUNTO OMILETICO

Rimanere in Cristo attraverso la sottomissione e l’obbedienza alla Sua santa Chiesa è ciò che desidera Francesco, per sé e per i suoi fratelli. Nella Chiesa Francesco sa scorgere veramente il volto materno di Dio che “sostenta e governa” i suoi figli, affinché nessuno si perda e tutti portino frutti abbondanti di opere buone e di santità, a lode e gloria del suo santo Nome. MOMENTO DI SILENZIO PADRE NOSTRO

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ORAZIONE

Preghiamo. Signore Gesù, continua a governare e sostenere la tua santa Chiesa e concedi ad ogni suo membro di servirti con fiducia, in obbedienza e carità perfetta, affinché tu sia tutto in tutti. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. R. Amen.

OTTAVO GIORNO MERCOLEDÌ 2 OTTOBRE

Il canto della beatitudine eterna

CANTO INIZIALE (Cantico delle creature - strofa n.8)

Laudato si', mi' Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore e sostengo infirmitate e tribulazione. Beati quelli ke 'l sosterrano in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.

INTRODUZIONE E SALUTO LETTURA BIBLICA (Mt 18, 18-22)

Dal vangelo secondo Matteo In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: ”In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo. In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette». Parola del Signore. R. Lode a te, o Cristo.

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LETTURA AGIOGRAFICA (FF 278; 1836)

Della vera e perfetta letizia Un giorno il beato Francesco, presso Santa Maria [degli An-geli], chiamò frate Leone e gli disse: «Frate Leone, scrivi». Questi rispose: «Ecco, sono pronto». «Scrivi – disse – quale è la vera letizia». «Ecco, io torno da Perugia e a notte fonda arrivo qui, ed è tempo d'inverno fangoso e così freddo che all'estremità della tonaca si formano dei dondoli d'acqua fredda congelata, che mi percuotono continuamente le gambe, e da quelle ferite esce il sangue. E io tutto nel fango e nel freddo e nel ghiaccio, giungo alla porta e, dopo che ho picchiato e chiamato a lungo, viene un frate e chiede: “Chi è?”. Io rispondo: “Frate Francesco”. E quegli dice: “Vattene, non è ora decente questa di andare in giro; non entrerai”. E poiché io insisto ancora, l'altro risponde: “Vattene, tu sei un semplice e un idiota, qui non ci puoi venire ormai; noi siamo tanti e tali che non abbiamo bisogno di te”. E io resto ancora davanti alla porta e dico: “Per amor di Dio, accoglietemi per questa notte”. E quegli risponde: “Non lo farò. Vattene al luogo dei Crociferi e chiedi là”. Io ti dico che, se avrò avuto pazienza e non mi sarò inquietato, in questo è vera letizia e vera virtù e la salvezza dell'anima». «E però odi la conclusione, frate Lione. Sopra tutte le grazie e doni dello Spirito Santo, le quali Cristo concede agli amici suoi, si è di vincere se medesimo e volentieri per lo amore di Cristo sostenere pene, ingiurie e obbrobri e disagi; imperò che in tutti gli altri doni di Dio noi non ci possiamo gloriare, però che non sono nostri, ma di Dio, onde dice l'Apostolo: Che hai tu, che tu non abbi da Dio? e se tu l'hai avuto da lui, perché te ne glorii, come se tu l'avessi da te? Ma nella croce della tribolazione e dell'afflizione ci possiamo gloriare, però che dice l'Apostolo: Io non mi voglio gloriare se non nella croce del nostro Signore Gesù Cristo».

LETTURA MAGISTERIALE (Porta fidei, 13)

Dalla Lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI Per fede gli Apostoli lasciarono ogni cosa per seguire il Maestro. Credettero alle parole con le quali annunciava il Regno di Dio presente e realizzato nella sua persona. Vissero in comunione di vita con Gesù che li istruiva con il suo insegnamento, lasciando loro una nuova regola di vita con la quale sarebbero stati riconosciuti come suoi discepoli dopo la sua

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morte. Per fede andarono nel mondo intero, seguendo il mandato di portare il Vangelo ad ogni creatura e, senza alcun timore, annunciarono a tutti la gioia della risurrezione di cui furono fedeli testimoni. Per fede i discepoli formarono la prima comunità raccolta intorno all’insegnamento degli Apostoli, nella preghiera, nella celebrazione dell’Eucaristia, mettendo in comune quanto possedevano per sovvenire alle necessità dei fratelli. SPUNTO OMILETICO

Francesco, memore della beatitudine riservata da Dio a chi sopporta tribolazioni e insulti per amore Suo, non si turba dinanzi ad alcuna situazione avversa, anzi l’accoglie come un dono da parte di Colui che per primo ha subito ogni sorta di oltraggi per amore nostro. MOMENTO DI SILENZIO PADRE NOSTRO ORAZIONE

Preghiamo. Eterno Padre, tu che perdoni ogni nostro peccato e nella tua infinita misericordia continui a benedire le nostre vite, concedi anche a noi di essere pazienti nell’accogliere le tribolazioni e benevoli nel perdonare ogni nostro fratello. Per Cristo nostro Signore. R. Amen.

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NONO GIORNO GIOVEDÌ 3 OTTOBRE

L’ultimo canto di Francesco CANTO INIZIALE (Cantico delle creature - strofa n.9)

Laudato si', mi' Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po' skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male. INTRODUZIONE E SALUTO LETTURA BIBLICA (Ap 2, 8-11)

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo All’angelo della Chiesa che è a Smirne scrivi: “Così parla il Primo e l’Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita. Conosco la tua tribolazione, la tua povertà – eppure sei ricco – e la bestemmia da parte di quelli che si proclamano Giudei e non lo sono, ma sono sinagoga di Satana. Non temere ciò che stai per soffrire: ecco, il diavolo sta per gettare alcuni di voi in carcere per mettervi alla prova, e avrete una tribolazione per dieci giorni. Sii fedele fino alla morte e ti darò la corona della vita. Chi ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Il vincitore non sarà colpito dalla seconda morte”. Parola di Dio R. Rendiamo grazie a Dio. LETTURA AGIOGRAFICA (FF 1239)

Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura Francesco chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola, per rendere a Dio lo spirito della vita, là dove aveva ricevuto lo spirito della grazia. Quando vi fu condotto, per dimostrare con l'autenticità dell'esempio che non aveva nulla in comune con il mondo, egli si prostrò in fervore di spirito, tutto nudo sulla nuda terra. Così disteso sulla terra, dopo aver deposto la veste di sacco, sollevò la faccia al cielo, secondo la

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sua abitudine, totalmente intento a quella gloria celeste, mentre con la mano sinistra copriva la ferita del fianco destro perché non si vedesse. E disse ai frati: «Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni». Quando infine si furono compiuti in lui tutti i misteri, quell'anima santissima, sciolta dal corpo, fu sommersa nell'abisso della chiarità divina e l'uomo beato si addormentò nel Signore. LETTURA MAGISTERIALE (Porta fidei, 15)

Dalla Lettera apostolica “Porta fidei” di Benedetto XVI “La Parola del Signore corra e sia glorificata”: possa questo Anno della fede rendere sempre più saldo il rapporto con Cristo Signore, poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro e la garanzia di un amore autentico e duraturo. […] Le prove della vita, mentre consentono di comprendere il mistero della Croce e di partecipare alle sofferenze di Cristo, sono preludio alla gioia e alla speranza cui la fede conduce: “quando sono debole, è allora che sono forte” (2Cor 12,10). Noi crediamo con ferma certezza che il Signore Gesù ha sconfitto il male e la morte. Con questa sicura fiducia ci affidiamo a Lui: Egli, presente in mezzo a noi, vince il potere del maligno e la Chiesa, comunità visibile della sua misericordia, permane in Lui come segno della riconciliazione definitiva con il Padre. SPUNTO OMILETICO

Ora il canto di Francesco è giunto al suo compimento; restano le allodole a lodare Dio, testimoniando così la gloria del “Santo poverello”. Ma il canto di Francesco continua ancora, finché ci sarà qualcuno che con gioia vorrà ridonare tutta la sua vita all’Altissimo Onnipotente e bon Signore, autore di ogni bene. CANTO (Cantico delle creature - conclusione)

Laudate e benedicete mi' Signore e rengraziate e serviateli cum grande humilitate..

MOMENTO DI SILENZIO PADRE NOSTRO

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ORAZIONE Preghiamo. Dio Onnipotente, che nel padre San Francesco ci hai donato un vivo esempio di vita evangelica, donaci di perseverare fino alla fine nel cammino di sequela del Figlio tuo che abbiamo intrapreso, per godere della tua visione nella Gerusalemme celeste. Per Cristo nostro Signore. R. Amen.

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APPENDICE:

EVENTO REGIONALE DI EVANGELIZZAZIONE “FEDE, PERDONO E RICONCILIAZIONE”

Sabato 21 settembre 2013

I Vescovi delle otto diocesi dell’ Umbria hanno voluto attirare l’ attenzione sulla lettera apostolica Porta Fidei di Papa Benedetto XVI, nella prospettiva della festa di San Francesco, il 4 ottobre 2013, in cui l’Umbria sarà di turno per offrire l’olio della lampada votiva al patrono d’ Italia. Sarà l’occasione, secondo i Vescovi umbri, di un vero “pellegrinaggio dell’anima”. Nel suo Messaggio per la Giornata missionaria mondiale 2012, Benedetto XVI ha ricordato che il Signore Gesù Cristo “ci invia per le strade del mondo per proclamare il suo Vangelo a tutti i popoli della terra”, richiamando l’urgente impegno a favore di una nuova evangelizza-zione in una “dimensione pubblica del credere e dell’annunciare senza timore la propria fede ad ogni persona”. Secondo questo spirito, sabato 21 settembre si organizzeranno otto incontri nelle piazze delle città umbre, sedi vescovili, preferibilmente in quelle ove ha sede la cattedrale o altra chiesa importante della città. Riferimento biblico è l’episodio contenuto nel libro di Neemia (Ne 8-9): ai superstiti della deportazione babilonese, ritornati in una Gerusalemme spopolata e le cui mura sono in rovina, viene solennemente proclamata la Legge.

“Tutto il popolo si radunò come un solo uomo sulla piazza […]. Il sacerdote Esdra portò la Legge davanti all’assemblea degli uomini […] e lesse il libro sulla piazza […]. Tutto il popolo tendeva l’orecchio al libro della Legge […]. Il ventiquattro dello stesso mese, gli Israeliti si radunarono per un digiuno […] e in piedi confessarono i loro peccati”.

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Il popolo di Israele è tornato alla fedeltà all’alleanza, riconoscendo i propri peccati contro la Legge, la cui sintesi consiste nell’ amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’ anima, con tutte le forze e il prossimo come se stessi. Anche San Francesco predicava la conversione dicendo ai suoi frati: “Andiamo dunque per il mondo, esortando e ammaestrando uomini e donne con la parola e con l’ esempio, affinché facciano penitenza dei loro peccati e si ricordino dei comandamenti del Signore” (FF 1508). Come la Gerusalemme di Neemia appare oggi la stessa Chiesa, attaccata da un secolarismo culturale e filosofico aggressivo al punto da mettere in discussione le radici cristiane dell’Europa. La luce del Vangelo, la buona notizia dell’amore di Dio per i peccatori, è la porta che apre alla riconciliazione con Dio e con il prossimo, per poter camminare in una vita nuova. Il 21 settembre questo annuncio, mediato dalla figura di San Francesco, verrà portato congiuntamente dai religiosi francescani, dai pastori, dai laici, per manifestare come sia il popolo di Dio nella sua unità a ricercare e promuovere la conversione al Signore per mezzo del Figlio suo Gesù Cristo. Gli incontri nelle piazze potrebbero essere preceduti da una o più processioni che, da punti diversi della città convergano sul luogo dell’incontro, come segno pubblico di fede e testimonianza a tutti gli abitanti. Dovrebbe essere un procedere festoso, con la croce innalzata, con canti e musica, manifestante un popolo in festa; ogni partecipante potrà portare una fiaccola accesa, segno della luce dell’amore di Dio. Gli incontri nelle piazze, annunciati per tempo nelle parrocchie, potranno anche essere preceduti, nel pomeriggio della data fissata, da una distribuzione di volantini esplicativi nelle strade e nelle case. Si potranno prevedere tre momenti significativi.

1. Presentare Francesco come “araldo del Vangelo” della riconciliazione

I Vescovi dell’Umbria, nella loro lettera I passi della fede sulle orme di San Francesco, hanno sottolineato che l’impegno per la nuova evangelizza-

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zione “deve essere una presentazione viva della persona di Cristo. A questo scopo il Santo di Assisi è certamente un grande maestro […], povero tra i poveri, nella scelta della minorità, della fraternità e dell’armonia con la natura […] fino allo spasimo della conformazione radicale” a Cristo crocifisso. L’ evangelizzazione si cala oggi in un mondo attraversato da profonde divisioni, nelle famiglie con la crescita dei divorzi e separazioni, nella politica, tra i popoli, razze e religioni, tra le culture, tra le generazioni, tra ricchi e poveri. Nella sua carne, il Figlio di Dio ha mostrato che le divisioni possono essere vinte solo dal suo amore, amore anche al nemico, fino al dono della propria vita per lui.

”Egli è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’ inimicizia […] per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia” (Ef 2,14s)

San Paolo ci invita ad avere Cristo come pietra angolare della nostra vita, per diventare “dimora di Dio” in mezzo agli uomini. Ma ciò significa distruggere in noi, grazie a Gesù Cristo, ogni radice di divisione, di giudizio, di orgoglio, di dominio sull’altro. Per questo San Francesco aggiunse una strofa al Cantico di Frate Sole, perché fosse cantato dai suoi frati al cospetto del Vescovo e del Podestà di Assisi, che erano in lite tra di loro.”Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo Tuo amore”. Ambedue commossi e toccati nel cuore, si perdonarono a vicenda. (cf. FF 1800). Quando Francesco arrivò ad Arezzo, trovò la città dilaniata da una guerra civile. Inviò allora frate Silvestro a pregare alla porta della città, comandando ai demoni dell’ odio e della divisione di allontanarsi. Così fu e la città fu riconciliata. (cf. FF 1114) In un’ altra circostanza, si narra che Francesco riconciliò una donna con il marito, uomo malvagio che molto la faceva soffrire ed era contro la fede in Cristo. Egli la invitò ad annunciare al marito l’amore e la misericordia di Dio per lui; l’uomo si trasformò e da allora i due sposi vissero santamente. (cf. FF 1193)

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Anche oggi abbiamo bisogno di questo amore misericordioso, di cui Francesco è stato araldo: ne hanno bisogno gli sposi in crisi, i giovani che hanno perso il senso della vita, gli uomini del nostro tempo che si sono allontanati da Dio ed anche interi popoli che hanno smarrito le loro radici cristiane. Pertanto l’ incontro nelle piazze può essere una grande occasione per invitare alla riconciliazione. È urgente proporre un senso alto della vita, quale solo l’ incontro con Cristo può dare. Questa prima parte dell’ incontro potrebbe essere così articolata:

arrivo in piazza della o delle processioni;

esecuzione di canti e musiche per preparare l’ uditorio;

predicazione sulla figura di San Francesco, sulla sua conversione e adesione a Cristo e ai poveri, la sua misericordia ai peccatori, la sua sequela di Cristo in una società simile per molti versi a quella di oggi. Questa predicazione dovrebbe essere proposta da un frate della Famiglia Francescana, un figlio di Francesco, che meglio di altri condivide e partecipa del suo carisma;

un canto conclusivo, ad esempio Laudato si’, mi’ Signore.

2. Proclamare un brano della Parola di Dio, quale invito alla conversione del cuore

Papa Benedetto, nella lettera apostolica Porta Fidei, ha parlato di una profonda crisi di fede che ha toccato molte persone e della necessità di riscoprire il cammino della fede “per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’ amicizia con il Figlio di Dio”. Ha indetto l’Anno della Fede per “un’autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo”. Come dice San Paolo, la fede nasce in seguito all’ascolto della predicazione dei discepoli di Cristo, che sono come “angeli”, inviati da Dio agli uomini, affinché Cristo possa essere accolto nel loro cuore. Icona di questa dinamica è Maria, che “per fede accolse la parola dell’angelo e credette all’annuncio che sarebbe diventata Madre di Dio” (PF 13).

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Così fece anche San Pietro nel giorno della Pentecoste quando proclamò al popolo:

”Uomini d’Israele[…] Gesù di Nazaret […] voi l’avete crocifisso e l’avete ucciso. Ora Dio lo ha risuscitato[…] Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso. All’udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore […]e Pietro disse loro: ‘Convertitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per il perdono dei vostri peccati’”. (At 2, 22s.)

Similmente predicava San Francesco con grande slancio e semplicità di cuore:

”Con grande fervore ed esultanza egli cominciò a predicare la penitenza […]. La sua parola era come un fuoco bruciante […]. In ogni suo sermone, prima di comunicare la Parola di Dio augurava la pace dicendo: ‘Il Signore vi dia la pace’. […]In questo modo otteneva spesso, con la grazia del Signore, di indurre i nemici della pace e della propria salvezza, a diventare essi stessi figli della pace e desiderosi della salvezza eterna”. (FF 358-359)

Una maniera tipica della predicazione di San Francesco era quindi la proclamazione della Parola di Dio, cui seguiva l’annuncio dell’amore di Dio e l’invito alla conversione. Il secondo momento dell’ incontro potrebbe essere condotto da laici, a mostrare come lo Spirito soffia sull’intero popolo di Dio, secondo questo possibile schema:

proclamazione di un brano del Vangelo (ad es. Lc 1,26s, At 2);

catechesi kerigmatica, proposta da un laico;

preghiera finale, tratta dagli scritti di San Francesco;

canto finale;

invito ad entrare in chiesa cattedrale.

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3. Adorazione e sacramento della penitenza L’annuncio del kerigma ha preparato ognuno a ricevere il perdono sacramentale, che presuppone un ri-orientamento di tutta la vita, un ritorno a Dio con tutto il cuore, accompagnato dal proposito di rompere con il peccato. Il dono della grazia di Dio ci dona la forza per ricominciare, come afferma San Paolo: ”Se uno è in Cristo, è una nuova creatura […] Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!” (2Cor 5,17ss) I peccati commessi hanno reso offesa e causato sofferenza al prossimo e sono stati occasione di divisioni: per questo si rende necessaria la riparazione del male procurato, chiedendo perdono e riconciliandosi con chi possa essere stato offeso e ferito con parole e azioni. Soprattutto è necessario riconciliarsi all’interno delle famiglie. Gesù nella preghiera del Padre nostro ci insegna a dire: ”Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6,15) Nel mondo attuale ove l’amore, la carità, la compassione… sono così misconosciuti, è necessario che, grazie alla predicazione e alla grazia dei sacramenti, appaia l’uomo nuovo, a immagine di Cristo, il quale proclama: ”Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli”. (Mt 5,44s) A questo proposito San Francesco, nel suo breve commento al Padre nostro, dice: ”E quello che noi non rimettiamo pienamente, tu, Signore, fa’ che pienamente perdoniamo, cosicché, per amor tuo amiamo sinceramente i nemici e devotamente intercediamo per loro presso di te, non rendendo a nessuno male per male e impegnandoci in te ad essere di giovamento in ogni cosa” (cf. FF 266-275) Questa terza parte dell’ incontro potrebbe essere così modulata:

ingresso del Vescovo nell’ assemblea con un “lucernario” che fa presente Cristo, luce del mondo;

preghiera introduttiva e saluto del Presidente;

proclamazione (cantata) del Vangelo;

omelia del Vescovo;

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ostensione del SS. Sacramento;

adorazione in silenzio dell’ assemblea;

litanie penitenziali e possibilità di confessioni;

preghiere universali, Padre nostro cantato, benedizione e canto finale.

In occasione dell’ incontro potrebbe essere lucrata, se opportuno e possibile, l’indulgenza plenaria. I Vescovi umbri hanno anche ricordato che “quello che Francesco fece con i lebbrosi, in un gesto di totale condivisione, siamo chiamati a fare anche noi verso i fratelli provati da qualunque tipo di indigenza”. Pertanto durante l’ assemblea nelle cattedrali potrà essere fatta una colletta a favore delle persone che si trovano in stato di bisogno. Inoltre, nel giorno seguente, nei locali, o nei cortili, o chiostri delle chiese, sarebbe bello offrire un pasto di fraternità alle persone indigenti della città. Tale aspetto potrebbe efficacemente essere coordinato dalle Caritas diocesane. L’evento del 21 settembre dovrebbe essere preparato in ciascuna diocesi, per la assegnazione dei ruoli e la gestione degli aspetti organizzativi, da un’équipe non molto grande, composta da religiosi, presbiteri diocesani e laici e con il coordinamento del Vescovo della Diocesi.

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INDICE GENERALE

pag. 3 PRESENTAZIONE

pag. 7 INTRODUZIONE ALLA PRIMA PARTE (temi di catechesi)

pag. 8 1. Francesco e la fede

pag. 14 2. Gli amori di Francesco

pag. 22 3. Francesco e la Chiesa: perdono e riconciliazione

pag. 31 4. Dal Crocifisso di San Damiano a La Verna

pag. 37 INTRODUZIONE ALLA SECONDA PARTE (liturgie)

pag. 38 CORPUS DOMINI (2 giungo 2013):

schema di animazione e selezione di testi per la processione.

pag. 50 CORPUS DOMINI (2 giungo 2013):

schema di adorazione eucaristica.

pag. 55 PERDONO (2 agosto 2013):

schema di liturgia penitenziale.

pag. 62 STIMMATE DI SAN FRANCESCO (17 settembre 2013):

schema di adorazione delle Croce, davanti all’immagine del Crocifisso di San Damiano;

pag. 68 NOVENA A SAN FRANCESCO (25 settembre – 3 ottobre 2013):

nove liturgie della Parola in preparazione alla festa di san Francesco.

pag. 93 APPENDICE: evento regionale di evangelizzazione

I testi del presente sussidio sono disponibili online nel sito www.chiesainumbria.it