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Istria è una terra ospitale”. Sembrava un luogo comune, una frase da infilare nella descrizione di un itinerario esplorativo qualunque. Stavo accompagnando un gruppo di colleghi a conoscere la mia terra: un'esperienza intensa con emozioni da comunicare all'istan- te, interiorizzate però in anni di esplorazione alla ricerca di una risposta per mille domande. Mi guardavano curiosi ma non con- vinti delle mie affermazioni, che significato poteva avere quella parola “ospitale”. E poi, accadde. Stavamo scendendo dalla via lastri- cata che dalla chiesa di Santa Eufemia porta verso la residenza estiva dei vescovi nella località di Gallignana, nell'Istria interna, lungo la strada che da Pisino porta verso Fianona ed Albona. Case in pietra bianca, poche vie con tante chiese, l'antica sede estiva dei Vescovi di Pedena che dipendevano dalla potente Aquileia, abitazioni trecen- tesche e lo splendido palazzo Salomon ormai ridotto ad un rudere con la testimonianza pre- potente di una bellezza architetto- nica portata dalla Serenissima fin nel cuore della penisola. Stavamo chiacchierando, allegra- mente. Dalla cantina di una delle antiche case, ai rintocchi di mezzo- giorno, uscì un anziano contadino, la schiena curvata dalla zappa e dalla vanga, con un boccale pieno di vino dorato in mano. Si fermò, ci squadrò e senza chiedere o com- mentare nulla, distendendo il brac- cio, disse.“Ciapè, bevè, el xe bon e fresco, fato in casa!” (Prendete, bevete, è buono, fresco, prodotto in casa). Ci avvicinammo, salutando e rin- graziando a gran voce. Ci passam- mo il boccale, che non era il caso di rifiutare, non ci furono com- menti ma solo sguardi d'intesa, finalmente. E' la forza di questa terra, trova il modo di comunicare. Il resto è questione di sensibilità e pazienza. “Malvasia, carattere forte, sapore antico ma sarà acido prima dell'e- state”. L'affermazione innesca una ridda di pensieri. Mangiando l’Istria “L’ di Rosanna Turcinovich Giuricin

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Istria è una terra ospitale”.Sembrava un luogo comune,una frase da infilare nelladescrizione di un itinerarioesplorativo qualunque. Stavoaccompagnando un gruppodi colleghi a conoscere la mia

terra: un'esperienza intensa conemozioni da comunicare all'istan-te, interiorizzate però in anni diesplorazione alla ricerca di unarisposta per mille domande. Miguardavano curiosi ma non con-vinti delle mie affermazioni, chesignificato poteva avere quellaparola “ospitale”. E poi, accadde.Stavamo scendendo dalla via lastri-cata che dalla chiesa di SantaEufemia porta verso la residenzaestiva dei vescovi nella località di

Gallignana, nell'Istria interna, lungola strada che da Pisino porta versoFianona ed Albona. Case in pietrabianca, poche vie con tante chiese,l'antica sede estiva dei Vescovi diPedena che dipendevano dallapotente Aquileia, abitazioni trecen-tesche e lo splendido palazzoSalomon ormai ridotto ad unrudere con la testimonianza pre-potente di una bellezza architetto-nica portata dalla Serenissima finnel cuore della penisola.Stavamo chiacchierando, allegra-mente. Dalla cantina di una delleantiche case, ai rintocchi di mezzo-giorno, uscì un anziano contadino,la schiena curvata dalla zappa edalla vanga, con un boccale pienodi vino dorato in mano. Si fermò, ci

squadrò e senza chiedere o com-mentare nulla, distendendo il brac-cio, disse.“Ciapè, bevè, el xe bon efresco, fato in casa!” (Prendete,bevete, è buono, fresco, prodottoin casa).Ci avvicinammo, salutando e rin-graziando a gran voce. Ci passam-mo il boccale, che non era il casodi rifiutare, non ci furono com-menti ma solo sguardi d'intesa,finalmente.E' la forza di questa terra, trova ilmodo di comunicare. Il resto èquestione di sensibilità e pazienza.“Malvasia, carattere forte, saporeantico ma sarà acido prima dell'e-state”. L'affermazione innesca unaridda di pensieri.

Mangiando l’Istria

“L’di Rosanna Turcinovich Giuricin

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Pillole di storiaIstria anni Ottanta in una Jugoslaviache si avvia al collasso ed apre spi-ragli a nuove libertà e ad una realtàdifficile da gestire. Il socialismoautogestito aveva anestetizzato glianimi, il pensiero del quotidiano,delle fabbriche che stavano chiu-dendo dappertutto non dava tre-gua. Urgevano soluzioni.Ecco a cosa serve la tradizione:nella zona del Buiese, sulla riva set-tentrionale del fiume Quieto la cri-si aveva lasciato senza lavoro ungran numero di giovani che viderocome valida alternativa il ritornoalle attività di famiglia legate allacampagna. Con il turismo divenutouna realtà importante, coniugare ledue cose fu inevitabile.Pesca e ristorazione per le localitàdi mare, campagna e ristorazioneper quelle dell'Istria interna. Conquali proposte? Naturalmente lacucina tradizionale, quella custoditadalle famiglie per i decenni -dall'Esodo alla dissoluzione dellaJugoslavia - che il menù dei risto-ranti sociali era stato determinatoda una volontà superiore di omo-logazione che livellava l'offertaimponendo “cevapcici e raznici”dalla Slovenia alla Macedonia.Nascevano così negli anni Ottantaristoranti gestiti da chi aveva potu-to mantenere le terre - le famiglieautoctone, spesso di lingua italiana,soprattutto dell'Alto Buiese - ederano quindi in grado di produrreil vino e di portare in tavola il pro-sciutto nostrano, il formaggiopecorino ed il vino, non ancora dialta qualità ma sulla buona strada

per diventarlo.Le Comunità degli Italiani organiz-zarono così le prime conferenzecon gli enologi del Collio per capi-re come recuperare la produzioneimportante che sin dai tempidell'Impero austro-ungarico avevaimpegnato le famiglie di questoterritorio. Ma gli Istriani, ottimi pro-duttori di uve pregiate, non eranomai stati bravi vinificatori. O alme-no era difficile che il loro prodottopotesse essere all'altezza dei “pala-ti” moderni. Bisognava costruirenuove cantine e soprattutto cam-biare metodologie.Una sfida importante per un grup-

po di trenta-quarantenni condiploma di scuola superiore, oanche laureati, che riscoprivano ilgusto di ridare nuove geometriealle terre dei padri.Negli anni Novanta, le vie del vinodiventano una realtà, spinta e pro-mossa dal turismo regionale. NelMomianese nomi come Kozlovicho Markezic o Prelaz fanno notizia,con premi alle rassegne regionali enazionali. Nell'Umaghese si distin-guono Degrassi e Coronica. E tantialtri sarebbero da citare, divenutiquasi una leggenda. I loro vini sibevono nei migliori ristoranti intutta l'Istria, accompagnano divina-mente i piatti che stanno qualifi-cando l'offerta gastronomica del

territorio.Cosa mangiareIl pesce. L'offerta gastronomica inIstria è diventata ricca. Il pesce fre-sco non è una rarità anche se giu-stamente è meglio informarsi sulpescato di stagione. Nei mesi fred-di (dicembre, gennaio) le sogliole lafanno da padrone. In alcuni risto-ranti ad Orsera e Rovigno le pre-parano al forno con vino bianco efettine di tartufo nero. Ma anchearrosto sono una delizia. La tradi-zione natalizia porta nelle case lesogliole preparate a tranci, fritte eservite con polenta soda e calda everze “sofigade”.

La verdura in queste zone è moltodolce per cui cavoli cappucci e ver-ze si consumano in un trito d'aglioimbiondito nell'olio d'oliva d'anna-ta senza previa cottura in acquabollente. Il risultato è garantito.Prima che l'inverno svanisca, otti-me le “granzeole in salata” (grance-vole). Lessate, recuperata la partecommestibile e portata in tavolanel carapace condita con olio d'oli-va caldo che ne esalta il sapore,aceto di vino, sale e pepe. Ottimecon la polenta ma anche con ilpane, possibilmente appena sfor-nato. Sono la specialità dei risto-ranti a sud di Pola e fino alla costaorientale dell'Istria.

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A primavera sopraffine le fritturedi pesce misto con radicchio selva-tico o di primo taglio condito conolio pepe sale e aglio tritato finissi-mo, favolose le seppie in umidopreparate con i cipollotti, con osenza pomodoro, ma comunquecon l'aggiunta generosa di vinobianco durante la cottura. Servonoanche per portare in tavola degliottimi risotti, col nero di seppiacon un piccolo segreto.A fine cot-tura legare con una cucchiaiatagenerosa di baccalà mantecato.D'estate il pesce spesso scarseg-gia, la temperatura del mare nonfavorisce pescate abbondanti. Dapreferire il pesce azzurro. Anchese è considerato un pesce povero,in realtà ha indubbie qualità e poiun sapore molto gradevole a pat-to che venga fritto in olio caldo,abbondante e di primo uso.Anchein Istria la tradizione del “savor” o“saor” è ben radicata. Due lemodalità di preparazione: la primacon l'uso di cipolla fatta appassirecon una foglia d'alloro e l'aggiuntapoi dell'aceto. La seconda che pre-vede la sistemazione del pesceazzurro fritto, alternato con aglio eromarino, irrotto di acqua e acetoe portato a bollore per qualchesecondo. Tutte e due le ricetteprevedono di portare in tavola ilpiatto quando è freddo. Se si pre-ferisce il pesce bianco, meglio farlopreparato al forno con vino bian-co e patate.A settembre la pesca riprende conle orate. Da fare al sale a patto chesiano di grosse dimensioni.Alcune note importanti: gli scampiche si possono gustare un po'dappertutto nei ristoranti dellaregione, vengono pescati nelQuarnero. Pertanto i migliori, e lericette originali, appartengono alocalità come Fianona, Volosca, ealle isole di Cherso,Veglia, Lussinoe Arbe

La carneL'inverno è la stagione della maia-latura per antonomasia e l'Istriainterna, in particolare, è generosa

nell'offrire carne fresca o essiccatao ancora affumicata per ricette ditutto rispetto. Molte sono le trat-torie e gli agriturismi che prepara-no la carne alla brace che ne esaltaal massimo il sapore. Ma ci sonoluoghi come a Vetta e Sovignaccodove vengono preparati gnocchi opasta (i fusi) con il sugo di carneaffumicata. Uno sforzo che il palatoaffronta con piacere mentre lostomaco si aiuta con qualche grap-pa in più per una buona digestio-ne.La primavera è l'apoteosi dell'a-gnello che viene messo sotto lacampana, un rudimentale fornoche permette una cottura senzagrassi ma mantenendo al massimoprofumi e sapori. Le ricette con lacarne d'agnello, si sprecano.Al for-no o in padella, fritto o arrostito

allo spiedo. Nelle case si preparalo spezzatino con i piselli, e così via.Il segreto di tanta bontà è soprat-tutto nella ricchezza dei pascoliche, soprattutto sulle isole delQuarnero, assicurano un prodottod'alta qualità.L'estate è il tempo dei “fusi con lagalina”. La pasta è preparata amano, piegata in modo che raccol-ga il sugo preparato col polloruspante, pomodoro e odori delterritorio quali salvia e rosmarino.Il manzo istriano è una realtà che sitenta di recuperare proprio per laqualità della sua carne. Si puògustare negli agriturismi dell'Istriainterna. E, comunque, la carne chesi mangia nelle trattorie dell'Istria èprodotta sul territorio ed è di otti-ma qualità.

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VerdureUn discorso a parte meritano gliasparagi selvatici che a primaveraconvincono i palati più esigenti araggiungere le trattorie della regio-ne.Vengono raccolti e usati freschiper le frittate, oppure per condirepasta e gnocchi. Una prelibatezza.

Vini aspriMa per completare l'offerta, civuole il vino giusto. Da sceglieredopo alcune riflessioni. Il vino inIstria tradizionalmente veniva pro-dotto sfruttando le vinacce fino infondo. Che cosa succedeva: unafermentazione eccessiva influivasul colore del vino, sul suo saporee sulle possibilità di conservazione.I vini prodotti in casa si conserva-no fino ad aprile-maggio dopodi-ché si guastano, inacidiscono.Anche la posizione delle botti nonfavoriva la loro conservazione,venivano tenute verticali, bastavache il vino calasse di qualche milli-metro e la presenza d'aria provo-

cava l'ossidazione. Sono osserva-zioni fatte in anni di studi e analisida diversi specialisti che hannoseguito negli ultimi vent'anni l'evo-luzione della vinificazione in Istria.Oggi le cantine sono al passo con itempi, la fermentazione a freddoconsente di selezionare profumi esapori, pilotando la vinificazionecon maestrìa.Ma in alcune botti, si produceancora il vino nella maniera tradi-zionale per accontentare chi ama ilsapore forte della tradizione, ilMalvasia corposo, deciso. Sonoesperienze che si possono farefacilmente seguendo le vie delvino. In tutti gli uffici turistici si pos-sono trovare guide e cartine in lin-gua italiana che indicano gli itinera-ri con dovizia di particolari e storiadelle varie famiglie di produttori.

Le strade del vino

Da Momiano a Verteneglio, aVillanova, a Grisignana le vie delvino sono un forte richiamo per il

viandante. Chi volesse percorrerle,che cosa trova? La grande disponi-bilità della gente, la loro voglia dicomunicare, il piacere di stareinsieme a discorrere di vini, viti,campagne ma anche del passato,dei ricordi, delle speranze di oggi.Momiano è un borgo compatto suuna delle colline dell'Alto Buiese, ilcastello dei conti Rota, diroccato,ricorda antichi splendori. Nellacantina nel cuore del paese, diRino e Armando Prelaz ci sonobotti di Malvasia, Refosco,Moscato. Un po' di vino invecchia-to, un po' di vino nuovo per verifi-care le differenze.

Il moscatoIl moscato di Momiano si bevevaalla corte di Vienna, veniva portatosulla tavola dell'Imperatored'Austria Francesco Giuseppe. Lovoleva per i suoi pranzi importanti:lo sceglieva per il suo inconfondibi-le profumo, per il colore, il sapore,tanto che lo "insignì" di alcunemedaglie d'oro. Nelle trattorie di

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Momiano il moscato si serve condisinvoltura, il prodotto è di casa, intutti i sensi. Per un buon Moscatoè importante vendemmiare almomento giusto, usare le bottiadatte, conservare il vino con arteper fargli mantenere intatte quellecaratteristiche che lo rendono uni-co. I grappoli maturano nei vignetia 250 metri circa dal livello delmare, la terra buona deve esserespazzata dall'aria frizzante resa taledall'incontro di correnti che salgo-no dal mare e scendono dallemontagne.

Il "vin de rosa" E' una specialità sempre più rara epregiata il "vin de rosa" prodotto aDignano, nell'Istria meridionale oIstria rossa per il colore della terra.La gente del posto ama ricordareche anche D'Annunzio durante unviaggio in Istria nel 1902 neapprezzò la fragranza tanto dascrivere in una delle sue novelle:"...il vino di Dignano che ha il pro-fumo delle rose". Ora solo pochefamiglie lo producono. L'uva da cuisi ricava è un tipo speciale dimoscato coltivato laddove unostrato sottilissimo di terra copre lapietra nella zona compresa traValle e Dignano e nei pressi diPeroi di fronte all'arcipelago delleisole Brioni. I grappoli sono piccolie radi, gli acini di un bel colorerosa. Per ottenere il pregiato passi-to, l'uva, raccolta al momento dimassima maturazione, viene postaad asciugare per un mese circa,adagiata su graticci oppure appesaalle travi del soffitto. Poi si sgrana esi passano al torchio le vinacce. Lafermentazione avviene in botticel-le di rovere munite di valvole chepermettono un facile travaso cheavviene più volte finché il vino escelimpido e rosato. Si beve nelleoccasioni importanti, come da tra-dizione: Natale, Capodanno,Pasqua. Una volta veniva dato allepersone deboli e in periodo diconvalescenza a modo di ricosti-tuente per vincere la spossatezzadopo la febbre.

EpilogoAlla fine del nostro viaggio, nelgruppo s'era creata una complicitàcuriosa. Loro ormai disposti a sot-toporsi, senza riserve, alle degusta-zioni, sia in cantina che in cucina, iofelice di lasciarmi andare a descri-zioni sulla bellezza della mia terra.Gli occhi lucidi per le libagioni, l'a-nimo predisposto a cogliere le sfu-mature di una paesaggio eloquen-te: “quel bosco potrebbe forniretartufi eccellenti”, quelle morbidecolline sono ideali per un vino dicarattere, un branzino fatto al for-

no tuffato nel sale delle Saline diSicciole dovrebbe essere una bon-tà. E poi, quelle case sarebbero darestaurare, perché non recuperarequesto splendido paesino.Eravamo, finalmente sulla medesi-ma lunghezza d'onda, ormai prontia sentire il respiro dell'Istria, comequi è sempre successo. Chi ci met-te piede, prima o poi trova unmomento per sentire l'esclusivitàdel rapporto con questa terragenerosa. Il resto è storia…checontinueremo a raccontare.