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Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna “In Spagna per la libertà” Vercellesi, biellesi e valsesiani nelle brigate internazionali (1936-1939) a cura di Piero Ambrosio prefazione di Nicola Tranfaglia

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Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporaneanel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia

Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna

“In Spagna per la libertà”Vercellesi, biellesi e valsesiani

nelle brigate internazionali

(1936-1939)

a cura di Piero Ambrosio

prefazione di Nicola Tranfaglia

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1a edizione: Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biel-la e Vercelli “Cino Moscatelli”, 1996Borgosesia, via Sesone, 10

2a edizione, e-book: Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese,nel Vercellese e in Valsesia, 2016Varallo, via D’Adda, 6Sito web: http://www.storia900bivc.itE-mail: [email protected]

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In copertina: una compagnia della 12a brigata internazionale (archivio fotografico dell’Istituto)

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“In Spagna per la libertà”Vercellesi, biellesi e valsesiani

nelle brigate internazionali

(1936-1939)

a cura di Piero Ambrosio

prefazione di Nicola Tranfaglia

Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea

nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia

Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna

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Nella prima parte di questo volume sono raccolte le relazioni presentate al convegnoomonimo, organizzato dall’Istituto e dalla Città di Biella, con la collaborazione dell’asso-ciazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna, che si tenne a Biella il 6 mag-gio 1988.Edizione identica alla precedente, salvo alcune correzioni e precisazioni nonché una di-versa impostazione grafica; non aggiornata con riferimenti bibliografici e alle nuove co-noscenze nel frattempo acquisite. Nell’appendice sono state aggiunte due memorie sul tema,di Anello Poma e Antonio Roasio, già edite nella rivista “l’impegno” nel 1986.

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Gli anniversari della storia sono un’ottima occasione per riportare in primo piano illavoro di ricerca e di riflessione sviluppato e per stimolare nuove indagini o la revisionedi sintesi e giudizi elaborati in contesti culturali che risentivano di un diverso clima poli-tico o erano ancora condizionati dalla presenza forte di protagonisti degli eventi. Il discorsovale anche per la guerra civile spagnola, che fu un capitolo saliente della conflittualitànovecentesca tra conservatorismo e reazione da un lato, progresso e democrazia dall’al-tro. La sua collocazione cronologica alla vigilia della seconda guerra mondiale ne fa l’attoiniziale dello scontro tra fascismo e antifascismo in un’Europa non ancora consapevoledella tragica importanza di questo conflitto, con le potenze democratiche come Francia eGermania rinchiuse in una neutralità che oggi appare ignava, ma che al tempo fu una sceltadiplomatica tesa a evitare che la penisola iberica diventasse il teatro anticipato della se-conda guerra mondiale.

Le forze repubblicane spagnole ebbero tuttavia il sostegno di un esercito di volontariinternazionalisti giunti da tutto il mondo, mentre sull’altro fronte l’Italia fascista e la Ger-mania nazista non mancarono di prodigare i loro aiuti ai nazionalisti reazionari guidati daFrancisco Franco. Se storiograficamente non possiamo inscrivere la guerra di Spagna dentrola seconda guerra mondiale, non possiamo tuttavia isolarla dal contesto storico in cuimaturò e ignorare gli elementi di continuità con il conflitto che sarebbe scoppiato a pochimesi dal suo epilogo. Basterebbe seguire il filone della partecipazione dei volontari anti-fascisti biellesi e vercellesi, biografati da Piero Ambrosio nel saggio riproposto in questaoccasione, per comprendere come l’esperienza della guerra civile spagnola sia stata de-terminante per la formazione dei quadri di comando della guerra di liberazione che si com-batté in Italia dal 1943 al 1945: vi compaiono, infatti, tra gli altri resistenti, figure comequelle di Antonio Roasio e Francesco Leone, che furono ispettori presso il Comando ge-nerale delle brigate “Garibaldi”; Anello Poma, commissario politico del Comando zonabiellese; Annibale Caneparo, commissario politico del Comando zona della valle d’Aosta;Adriano Rossetti, primo commissario politico della 2a brigata “Garibaldi” e poi della VIIdivisione “Fillak” in Valle d’Aosta; Luigi Viana, intendente della 2a brigata “Garibaldi” epoi membro del Cln di Aosta.

Elementi di riflessione storiografica alta che furono sviluppati nel convegno che l’Isti-tuto dedicò al tema e che si svolse a Biella il 6 maggio 1988, con la partecipazione diMarcello Flores, attualmente direttore scientifico dell’Insmli, Gianni Isola, Adriano Bal-lone, Anello Poma, Luigi Moranino, Piero Ambrosio, Gianni Perona, Pierangelo Cavanna;gli atti furono pubblicati nel 1996, corredati dalle accurate biografie dei volontari bielle-si, vercellesi e valsesiani redatte da Piero Ambrosio, da immagini scelte dal “Calendariodel garibaldino” del 1938, edito a Parigi dall’Unione popolare italiana, esemplare rarissi-

Presentazione

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mo e forse unico, e da una appendice cronologica. La decisione di realizzare un’edizionedigitale del volume risponde da un lato all’esigenza di rendere disponibile al pubblico in-teressato la pubblicazione, da tempo esaurita nel formato tradizionale, dall’altro all’op-portunità di celebrare l’ottantesimo anniversario della guerra di Spagna riproponendo temiimportanti, come i legami fra la dimensione storica generale e quella locale. Troppofrequentemente, infatti, la storia del territorio è interpretata come un recinto chiuso incui verificare gli effetti dei fenomeni che si determinano altrove, con una prospettiva ba-nalmente localistica, utile a soddisfare curiosità intellettuali contingenti; più fecondo einteressante è invece l’approccio teso a misurare il contributo della dimensione periferi-ca ai processi e agli eventi storici generali.

Affidiamo ai lettori del web quest’opera, prodotta dalla preziosa collaborazione di PieroAmbrosio, che si inserisce in un lungo percorso di ricerca, testimonianza e divulgazioneche l’Istituto ha affrontato sul tema della guerra civile spagnola, in particolare nella rivista“l’impegno”, ma anche nella sua produzione editoriale di saggi.

Varallo, dicembre 2016 Enrico Pagano, direttore dell’Istituto

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Contrariamente a quanto può fare apparire il titolo o, meglio, il sottotitolo di questovolume e del convegno che ne è alla base, mi sembra che l’insieme dei saggi che lo costi-tuiscono dimostri sostanzialmente due cose: prima di tutto lo stretto collegamento cheesiste tra i problemi storici aperti sulla guerra di Spagna, e quindi il grande interesse e anchei problemi che sono aperti a una ricerca come questa, una ricerca che riguarda sia l’antifa-scismo, sia la lotta di liberazione in Italia e che in questo momento sembra scontrarsi conun mutamento di termini del dibattito storiografico avvenuto negli ultimi anni.

Dovrei separare in questo intervento i due aspetti: cioè parlare, da una parte, di alcuniproblemi di contenuto che riguardano la guerra civile in Spagna e il ruolo degli antifascistiitaliani in quella guerra e, dall’altra, invece, accennare ad alcuni aspetti di metodo cheemergono in maniera molto chiara in alcuni degli interventi e che vanno ripresi.

Non c’è dubbio, come mi sembra dimostri con molta chiarezza Marcello Flores nellasua relazione, che la guerra di Spagna è stata vista per lungo tempo non tanto come quelloche effettivamente fu, e cioè un episodio nella lunga guerra ininterrotta che attraversa glianni trenta e che si ricongiunge alla seconda guerra mondiale, ma come qualcosa, in fon-do, di distaccato da quello che era successo prima e da quello che sarebbe successo poi.Nel senso che, per esempio, un’interpretazione del fascismo italiano, che pure sembra averconquistato un ruolo notevole sia nelle università, sia nei mezzi di comunicazione di mas-sa, tende ancora oggi in modo molto insistente, molto sottolineato, a interpretare la vi-cenda del regime fascista rispetto alla guerra di Spagna come se l’intervento italiano fos-se un episodio di una politica estera che non aveva ancora scelto le proprie mete, che nonaveva ancora individuato i propri obiettivi e che si muoveva sempre secondo mosse tatti-che.

Questo tipo di interpretazione tende a vedere la guerra di Spagna come un episodio delpendolarismo tra le democrazie occidentali e la dittatura tedesca e quindi a interpretare lascelta di Mussolini di entrare in guerra nel 1940 come un episodio ulteriore che si ag-giunge ai precedenti e che ha scarso rapporto sia con la rottura con l’Inghilterra, consuma-ta attraverso l’impresa d’Etiopia, sia con l’intervento nella guerra di Spagna a fianco dellaGermania nazista e di nuovo contro sicuramente l’Unione Sovietica, ma in fondo anchecontro quelle potenze occidentali che pure scelgono la strada del non-intervento.

Così, ad esempio, nell’ultimo volume della biografia di Mussolini scritta da Renzo DeFelice si insiste per decine e decine di pagine sulle incertezze del duce, tra il marzo e ilgiugno 1940, prima di decidere la guerra e si dà un’enorme importanza al fatto che Mus-solini da una parte e Ciano dall’altra fossero indecisi sul momento di entrare in guerra,come se tutto quello che era avvenuto negli anni trenta, ripeto: incominciando soprattuttodalla guerra d’Etiopia, non fosse stata la premessa necessaria dell’intervento in guerra a

di Nicola Tranfaglia

Prefazione

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fianco della Germania nazista. Quest’interpretazione nel mondo anglosassone viene dicontinuo ripresa e riportata come l’interpretazione prevalente nella storiografia italiana.Ora mi sembra che Marcello Flores metta in evidenza con molta chiarezza quale sia il sensodella guerra di Spagna rispetto alla politica italiana, sia rispetto alla politica del movimen-to operaio internazionale.

Sempre parlando della guerra di Spagna in questa fase di transizione che caratterizza lapolitica europea e occidentale, mi sembra molto importante e da riprendere l’annotazioneche si fa, sul declino dell’internazionalismo proletario. Io ho l’impressione effettivamen-te che la guerra di Spagna segni uno degli ultimi momenti della tradizione internazionali-sta, sia dei socialisti che dei comunisti. Quella dei socialisti si era già trovata di frontealla crisi della prima guerra mondiale ma quella dei comunisti ancora no, e nonostante lecritiche molto forti, venute anche da gruppi che si riconoscevano nel comunismo, allagestione nazionalista da parte dell’Unione Sovietica della III Internazionale, anche da quelleparti tuttavia c’era la speranza, l’auspicio e la fede, che l’internazionalismo comunistapotesse non andare incontro alle sconfitte che aveva avuto l’internazionalismo socialistae segnasse una nuova fase. Ora non c’è dubbio che la guerra di Spagna sia l’ultimo avveni-mento in cui questo internazionalismo si dispiega pienamente.

Non c’è dubbio, infatti, che le lotte di liberazione, pur nell’unità di una serie d’idealicomplessivi, segnino un momento di necessario ripiegamento all’interno delle realtà na-zionali, e questo non è qualcosa a cui guardare con un giudizio storico negativo, ma è qual-cosa di cui prendere atto e che troverà la sua piena realizzazione attraverso i trattati di pacee la sistemazione mondiale che avverrà dopo la seconda guerra mondiale.

Si tratta di un punto, secondo me, che la storiografia, non solo italiana, ha poco appro-fondito e che andrebbe ripreso. Come d’altra parte mi sembra che l’altro binomio che sievoca, quello del rapporto tra democrazia e socialismo, anche qui attraverso la guerra diSpagna, trovi un momento di verifica particolare ed è molto significativo, riportandoci aquelle che sono le tendenze storiografiche di oggi, in fondo una differenza di giudizio chela storiografia del secondo dopoguerra registra tra il giudizio sulla democrazia occidenta-le e il giudizio sul socialismo.

È singolare che l’analisi della politica interna e internazionale delle democrazie occi-dentali fra le due guerre mondiali sia sottoposta di solito a una critica abbastanza forte, equesta è una critica nei fatti, perché se studiamo la storia non soltanto dell’Italia e dellaGermania, ma la storia della Francia e della Gran Bretagna negli anni fra le due guerremondiali, ci troviamo di fronte a delle significative cadute del regime democratico, siadal punto di vista culturale, sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista sociale.Ebbene curiosamente, però, la storiografia di cui parlo, cioè la maggior parte della storio-grafia occidentale, ricostruisce in qualche modo la fede nella democrazia per quello chesuccesse attraverso la Resistenza e nel dopoguerra.

Curiosamente questo non avviene per il socialismo: dopo il giudizio negativo che ma-tura sul socialismo così come si è realizzato nella Russia di Stalin, la parola socialismodiventa sinonimo comunque di fallimento, come se esistesse soltanto quella forma, comese non ci fossero altre possibilità di realizzazione del socialismo, e questo ci fa vedere inqualche modo una notevole egemonia, credo, oggi almeno, di una storiografia che si rifàparticolarmente a una serie di pregiudizi ideologici.

Da questi problemi generali, che però mi sembrano molto importanti per collocare laguerra civile di Spagna all’interno di una vicenda occidentale e mondiale, che ha successi-

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ve tappe, ma che effettivamente con la guerra di Spagna sembra chiudere, per alcuni aspet-ti, un periodo e aprirne un altro, passiamo a problemi che sono collocabili in un quadro piùlimitato; mi sembra che dai saggi emergano alcuni spunti sempre di contenuto che sonomolto interessanti e voglio accennare ad alcuni.

Penso per esempio allo spunto che emerge dalla relazione di Adriano Ballone a propo-sito della difficile questione, che ancora oggi non ha trovato, mi pare, nella storiografiainternazionale, una sistemazione adeguata, della politica della III Internazionale nei con-fronti della guerra di Spagna. Intendiamoci, non ha trovato una sistemazione non perchénon siano stati messi in luce con chiarezza, e attraverso una documentazione adeguata, gliaiuti che l’Unione Sovietica ha dato alla Repubblica spagnola, aiuti indubbiamente supe-riori a quelli di qualunque altro Paese, di qualunque altro regime. Ma noi non disponiamoancora oggi degli archivi del Partito comunista sovietico e della III Internazionale e que-sto costituisce per tutti gli storici un grave ostacolo all’approfondimento della ricerca inmaniera compiuta. L’annotazione di Ballone sul ritorno di una parte notevole dei dirigenticomunisti inseriti nella III Internazionale o legati alla III Internazionale dalla Spagna abba-stanza presto, abbastanza prima che fosse obiettivamente chiara la sconfitta della Repub-blica spagnola è un elemento che andrebbe approfondito.

Così andrebbe approfondito il discorso che si fa in altri interventi su ciò che io chia-merei i ritmi e le caratteristiche dell’emigrazione politica e sul rapporto tra emigrazionepolitica e emigrazione di lavoro. Mi sembra che anche su questo si stiano preparando unaserie di strumenti molto utili, e in questo gli istituti della Resistenza hanno avuto finorauna funzione estremamente importante, ma mi sembra che si sia fatta in generale ancorapoca strada, soprattutto a livello nazionale, per approfondire quella che è stata una vicendadi importanza eccezionale, vedendola naturalmente, come sostiene Gianni Perona, dai duepunti di vista: dal punto di vista dell’emigrazione in se stessa e dal punto di vista della po-litica del fascismo nei confronti dell’emigrazione. Si tratta di ricerche molto lunghe e perlo stato delle nostre fonti non facili, ma sono, mi pare, quelle che riescono meglio a farvedere una vicenda che non ha soltanto contorni politici ma anche grandi contorni socialied umani ancora da indagare.

Un altro punto molto significativo che si tocca riguarda un problema che negli annisessanta era stato esaminato a fondo, che ogni tanto riemerge nella storiografia italiana,ma che mi pare abbia bisogno di maggiori precisazioni: il rapporto tra il movimento anti-fascista e la guerra di liberazione. Su questo io condivido le osservazioni di Perona sullasituazione biellese e devo dire che ho l’impressione che queste osservazioni siano valideper la realtà biellese e che in altre zone del Paese le cose siano andate in modi diversi equindi si tratterebbe, per cercare di analizzare il problema a livello nazionale, di comporreun mosaico di questa situazione in modo da rispondere meglio alla domanda sul peso chel’antifascismo ha avuto rispetto al dispiegarsi della Resistenza. Se si farà una ricerca ana-litica a livello nazionale, si scoprirà una notevole continuità tra l’uno e l’altro fenomeno,che spesso è una continuità della vita di uomini e che ha anche un peso, un’importanza neltipo di resistenza che c’è stata in Italia, diversa da quella di altre resistenze che oggi si tendea dimenticare.

Se rispetto a questi problemi di contenuto ho accennato solo a quelli che mi sono par-si, per molti aspetti, di particolare importanza per quanto riguarda i problemi di metodo,credo che ci siano due aspetti che emergono in modo chiaro e che vadano ripresi: da unaparte si indica - lo fa Gianni Isola - l’interesse di quella che per esempio gli anglosassoni

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praticano da molto tempo, ma che in Italia effettivamente è poco praticata, la cosiddettastoria politica quantitativa, che è l’uso dei termini quantitativi per indagare quelle che nonsono più tanto idee, quanto comportamenti, atteggiamenti, analisi di gruppi sociali piccolio grandi che siano. Isola lo ha fatto per la centuria “Sozzi “, è chiaro che si può fare in moltialtri casi e livelli.

L’altro aspetto importante, su cui mi pare gli istituti della Resistenza abbiano lavoratomolto, è quello delle biografie e delle memorie dei militanti. La storiografia italiana halavorato per troppo tempo e, a livello accademico, continua ancora a lavorare su quelleche, per una ragione o per l’altra, sono definite personalità d’eccezione. Il problema, nelricostruire la storia sia del movimento antifascista che della Resistenza, è anche quello diricostruire complessivamente quella che è stata l’esperienza politica e sociale di gruppianche estesi. Da questo punto di vista le memorie, le biografie, avendo oggi anche la pos-sibilità di usare strumenti visivi, mi sembra siano una direzione da seguire in modo moltochiaro.

Complessivamente mi sembra che l’elemento più interessante del convegno e di unvolume come questo sia la capacità di collegare i problemi generali della storiografia sulmovimento antifascista e sulla Resistenza con una storia locale che non è chiusa in se stessama che vuole, per alcuni aspetti, suggerire alla storia nazionale i terreni e gli interrogativisu cui andare avanti.

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Prima parte

Saggi

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La guerra di Spagna è stata più volte oggetto, negli ultimi anni, di una riflessionestoriografica nuova. Quest’ultima si è mossa perlopiù seguendo due direzioni: da unaparte c’è stata una riflessione incentrata sugli aspetti più interni alla storia della Spa-gna, una riflessione che tendeva cioè a vedere la guerra di Spagna entro una cornicepiù ampia, a partire almeno dalla nascita della Repubblica e dall’inizio degli anni tren-ta, ma che riguardava più in generale tutta la storia del Paese. È quello che soprattut-to hanno tentato di fare molti storici spagnoli che, a partire dalla morte di Franco, sisono mossi in questa direzione più globalmente sociale che non politica. Dall’altra cisono stati approfondimenti di carattere più locale che, in alcuni casi, hanno avuto comecentro il problema dei volontari internazionali; un problema che ha finalmente cessa-to di essere solo un momento di celebrazione o di ricordo, seppure su un piano digni-toso e elevato, per divenire parte integrante della più generale riflessione storiografi-ca.

Mentre la storiografia più generale si muoveva approfondendo temi sociali, cultu-rali ed economici, la riflessione sulla storia e sulla partecipazione dei volontari ha per-messo, pur con limiti e con particolarità, spesso con contraddizioni, che si rimanesseancorati a un livello politico e al piano internazionale della vicenda di Spagna all’in-terno della discussione storica. Sia il livello politico che quello internazionale, infatti,sono stati spesso abbandonati a favore di una ricerca rivolta più verso le istituzionispagnole. In passato la partecipazione alla guerra di Spagna dei volontari internazio-nali è spesso stata vista come l’inizio di una fase storica nuova; e cioè solo nell’otticasuccessiva della Resistenza, come preparazione e prodromo alla Resistenza stessa, ocome battesimo del fuoco, militare, di un antifascismo che finalmente poteva ancheprendere le armi in mano.

Proprio partendo dal punto di vista dell’ottica della partecipazione dei volontari èpossibile svolgere alcune riflessioni, che sono state già suggerite in alcune ricerche eche credo possano rappresentare una ipotesi feconda per la discussione storiografica.Molto sommariamente si tratterebbe di vedere la partecipazione dei volontari alla guerradi Spagna come un momento che non è né iniziale né finale, ma piuttosto un momen-to transitorio, di passaggio, molto importante nella storia del movimento operaio diquesto secolo e che proprio le vicende e l’atteggiamento dei volontari evidenziano inmodo particolare. Il 1936, che segna l’inizio della guerra di Spagna, è un anno chevede in fermento e insieme in crisi il movimento operaio: è una crisi in gran parte dicrescita e di allargamento, una crisi positiva, di superamento di settarismi precedentie di modificazioni strategiche, è una crisi che propone nuovi rapporti e nuove allean-ze; è anche però un momento di transizione che l’inizio della politica dei fronti popo-

Considerazioni per la discussione storiografica

sulla guerra civile spagnola

di Marcello Flores

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lari fa invece apparire, soprattutto all’epoca, come l’inizio di una fase democratica erivoluzionaria.

Se infatti guardiamo più complessivamente a tutto il decennio degli anni trenta,vediamo che il ’36 rappresenta il momento più innovativo, più positivo, più di cresci-ta in una fase che però è complessivamente di grandi sconfitte. Gli anni trenta si apronocon la vittoria di Hitler e si chiudono con il patto russo-tedesco, due momenti diver-sissimi tra loro, ovviamente, che però caratterizzano una crisi vissuta drammaticamenteanche dal movimento operaio. La fase nuova, da un punto di vista storico, si apriràdopo: prima con l’alleanza antifascista del 1941-45, poi, in modo ancora diverso, congli anni della guerra fredda. In questo periodo di crisi degli anni trenta, invece, i duemomenti salienti, attorno a cui tra l’altro ancora adesso la riflessione storiografica enon solo storiografica si appunta spesso, sono: quello che succede a Mosca, vale adire il VII Congresso dell’Internazionale, che lancia i fronti popolari; la nuova Costi-tuzione sovietica e poi i processi drammatici e tragici che hanno luogo dal ’36 al ’39;e la guerra di Spagna, che vive anche, ovviamente non solo, di riflesso, drammatica-mente, tutto quello che succede a Mosca. In Spagna si evidenzia un primo parados-so: che la scelta democratica della strategia dei fronti popolari, la scelta cioè di allean-za non solo con gli altri partiti socialisti ma con la borghesia democratica, e quindi lascelta di mettere momentaneamente da parte, o comunque proiettare più nel futuro,la lotta socialista, coincide con un momento preciso di guerra civile in Spagna, cheera tipico della posizione che Lenin, nel corso della prima guerra mondiale, avevaprevisto come momento iniziale di una fase rivoluzionaria. E necessario sottolinearequesta contraddizione, che non può essere risolta solamente ricordando i giusti e ne-cessari cambiamenti che le strategie del movimento operaio debbono avere; ancheperché questo paradosso non sarà più vero durante e dopo la seconda guerra mon-diale, quando il problema della guerra civile come possibile spunto iniziale per unaguerra civile rivoluzionaria di fatto non esiste più, se non in alcune zone particolari,per esempio in Jugoslavia. La Spagna si presenta quindi come momento di raccordotra la prima e la seconda guerra mondiale, che sono sì collegate da molti tratti comunima che rappresentano anche l’inizio e la fine di un periodo: un periodo che alcuni storicihanno paragonato alla guerra dei trent’anni di secoli addietro, e che rappresenta ilmomento più grosso di crisi in cui si evidenziano, giungono a maturazione, si esaspe-rano tutti i momenti di crisi del mondo moderno e contemporaneo.

La logica internazionale che presiede alla nuova fase dei fronti popolari è riassun-ta in realtà da un punto di vista della grande storia: non da quello che sarà l’eroicoatteggiamento dei volontari ma dal non-intervento, che è stato ricordato come un pro-blema importantissimo anche per valutare l’insuccesso finale della guerra di Spagna edella Repubblica spagnola. Il fallimento del non-intervento e la gravità degli effetti cheebbe in Spagna e altrove avrebbero potuto mettere in discussione tutta la logica delFronte popolare? È possibile rispondere positivamente a questo interrogativo anchese bisogna ricordare che la situazione non è assolutamente lineare, ci sono molte con-traddizioni, incongruenze, zig-zag sia nella storia dei fronti popolari che nella storiadel non-intervento. Il non-intervento tuttavia non evita né l’allargamento del conflit-to, né la capitolazione che le democrazie occidentali avranno a Monaco, né la secon-da guerra mondiale. Sancisce invece, anche se questo è possibile vederlo solo in se-guito, il fallimento di rivoluzioni autoctone, indigene, del modo in cui la rivoluzione si

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era rappresentata e si era costruita strategicamente all’inizio del secolo: cioè come ri-voluzione internazionale, ma che non poteva che avere nelle singole realtà nazionalila sua ragion d’essere e le sue motivazioni profonde. Da un punto di vista storicooccorrerà aspettare parecchio, fino all’esperienza di Cuba, e in un periodo quindicaratterizzato da tutt’altre vicende, e alle lotte coloniali dell’indipendenza nazionaledel Terzo mondo, perché si riproponga la possibilità di una rivoluzione autoctona,indigena; naturalmente in Europa la situazione è divenuta nel frattempo completamentediversa.

Il secondo e più grave paradosso che ci insegna la Spagna è che nel momento incui c’è il massimo esempio individuale e collettivo di solidarietà e di internazionali-smo, da un punto di vista politico-strategico si assiste alla fine dell’internazionalismoed al prevalere, anche nella logica del movimento operaio, degli interessi nazionali.Anche questo avviene in modo molto contraddittorio, ma se noi guardiamo al com-portamento del movimento operaio, complessivamente preso, in Francia, in Inghil-terra, negli Stati Uniti e nella stessa Unione Sovietica, vediamo che in realtà c’è que-sto passaggio che non è immediato, che non è brusco, ma che si evidenzia proprio inquesti anni: dall’internazionalismo del tipo di quello che era rinato attorno alla primaguerra mondiale a, invece, un prevalere di interessi nazionali che sarà quello che ca-ratterizzerà poi la seconda guerra mondiale.

Nella realtà quotidiana, e anche nel mito, nella memoria collettiva e persino nellastoriografia, si è dato naturalmente spazio alla spinta dal basso, alla solidarietà degliinternazionalisti; una solidarietà che, è bene ricordarlo, è stata quasi sempre incanala-ta e organizzata proprio da quei partiti che strategicamente cominciarono a modifica-re nel senso nazionale la propria strategia.

È questa partecipazione che maschera la coscienza drammatica della perdita diquesta strategia internazionalista. Una perdita soggettiva, da ascrivere a colpe di que-sto o quel partito, di questo o quel dirigente; siamo in presenza di una fase di transi-zione, una fase dinamica che coinvolge per spinte, in gran parte oggettive, tutto ilmovimento operaio. Abbiamo così in questi anni l’Internazionale socialista, e i suoipartiti, preda di immobilismo e di attendismo e l’Internazionale comunista che ha in-vece come riferimento privilegiato a cui subordinare tutto il resto il richiamo a Moscae all’Unione Sovietica.

La prevalenza di interessi nazionali non è avvertita come tale perché è inserita nellanecessità della lotta antifascista: questa enorme necessità serve ovviamente a giustifi-care e anche a dare un altro senso a quello che avviene in questi anni, ma tuttavianon permette la partecipazione antifascista (che avviene soggettivamente da parte deisingoli, ma anche dei partiti) in una chiave di solidarietà internazionale, non riesce amascherare del tutto questa svolta strategica: che è molto profonda e che avviene, questoè da tener presente, proprio nel momento in cui si aggrava ed anzi si arresta quasi deltutto la credibilità delle democrazie occidentali. Succede, cioè, che nel momento incui le democrazie occidentali non riescono più ad offrire e a dare alla parola demo-crazia e all’identità nazionale un loro significato, emerga il tentativo del movimentooperaio di impadronirsene attraverso una modificazione della propria tradizione pas-sata. Una rottura della tradizione che non viene risolta appieno, di cui non si è piena-mente consapevoli proprio perché c’è la necessità enorme della lotta antifascista daconcludere.

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Il terzo paradosso è appunto quello della scelta di una nuova democrazia. Per quantosi insista molto sull’aggettivo, esso significa fondamentalmente l’inizio di una sceltadiversa, di puntare sulla democrazia più che sul socialismo come obiettivo immediatoda parte di tutto il movimento operaio. In questo 1’Internazionale comunista e quellasocialista sono abbastanza simili, non a caso in Spagna le gioventù dei due partiti rie-scono a collaborare pienamente proprio quando la democrazia sembra consumare lalunga agonia che era iniziata con l’arretramento di fronte ai fascismi. È un’agonia cheperò non porterà alla morte, tutt’altro: la democrazia si risveglierà completamente rin-novata dalle ceneri della seconda guerra mondiale e in questo suo risorgere grandissi-mo merito andrà naturalmente al movimento operaio. Questo però significa che fral’ipotesi e la cornice politica, ma anche psicologica, della rivoluzione, che si attende eche si prevede rapida negli anni dopo la prima guerra mondiale, si passa a una fasemolto diversa e tra queste due fasi c’è la guerra di Spagna, che incarna questo dram-matico momento di passaggio.

La tragedia della seconda guerra mondiale, almeno dal ’41 in poi, sembrerà puri-ficare ed azzerare, insieme a tutti gli errori passati, le posizioni e le incomprensionidegli anni trenta. È però forse possibile sostenere che si trattava di una tragedia evita-bile, almeno come era evitabile la prima guerra mondiale se un effettivo internaziona-lismo fosse stato operante. Naturalmente anche le cause del mancato internazionali-smo della prima guerra mondiale hanno origini profonde e reali che non possono es-sere attribuite semplicisticamente al tradimento dei capi della II internazionale. Eppu-re è importante rendersi conto che un fenomeno analogo avviene anche per la secon-da guerra mondiale. Naturalmente nella ideologia e nella propaganda il richiamo in-ternazionalista rimane ed ha una sua logica importante. Qui ci si pone un problema dicarattere ancora più generale, se cioè nei grandi momenti di crisi l’internazionalismosia sempre destinato a perdere di fronte al risorgere, anche in forma progressista, difenomeni di identità nazionale che trovano una loro maggiore coesione e consenso dimassa.

Ecco: sono proprio i volontari a essere l’emblema di tutti questi paradossi che hocercato di illustrare. Mescolando psicologia collettiva e coerenza politica, i volontarisono nello stesso tempo i più convinti di una inevitabilità della guerra per sconfiggerei fascismi ma anche i più illusi che si tratterà di una guerra di popoli e non di stati;come invece effettivamente accadrà, anche se si tratterà di stati antifascisti, per laseconda guerra mondiale. Naturalmente questa è una differenza non piccola nel com-prendere perché gli esiti della seconda guerra mondiale e la sistemazione post-bellicasaranno quelli che sono stati e perché il rinvio definitivo della prospettiva di una rivo-luzione socialista finirà proprio con la seconda guerra mondiale.

Su tutte queste questioni storiografiche, naturalmente, oggi c’è molta discussionee il nuovo dato positivo è il pluralismo e la tolleranza per le diverse posizioni, le criti-che e le autocritiche che la storiografia, soprattutto questa degli ultimi anni, ha mani-festato, rispetto ad una storiografia precedente, che invece era stata spesso più unrinfacciarsi di colpe fra socialisti, anarchici e comunisti sul ruolo dell’Urss, sulla re-pressione in Catalogna e così via.

Oggi la discussione storiografica sulla Spagna si rivolge soprattutto ai problemi cheriguardano la natura della giovane democrazia spagnola: alcuni suggeriscono che pro-prio con l’inizio della guerra civile finì anche l’esperimento della democrazia spagno-

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la, altri sostengono che la rivoluzione e la guerra del 1936-39 crearono in realtà unasituazione di disordine che favorì una sorta di proliferazione di poteri autonomi e chequindi è impossibile fare una sintesi della realtà spagnola di quegli anni. Si è parlato dirivoluzione immatura, di una necessità di lotta in armi che non poteva che spingereanche verso una dimensione rivoluzionaria e di una struttura sociale invece immaturaper la rivoluzione.

Si è posta molta attenzione alle onde lunghe della storia, alle strutture profonde dellasocietà e della realtà spagnola di tutto il Novecento, rivedendo in quest’ottica tutto ilproblema contadino ed anche il problema religioso e quindi riconsiderando comples-sivamente anche la storia degli anarchici, che erano la realtà politicamente più forteall’inizio della guerra, e il problema di come far convivere una società arretrata conun bisogno di modernizzazione, il peso di una comunità con le nuove tendenze cen-tralizzatrici; tutto ciò entro la problematica di una rivoluzione possibile, mancata oimmatura, ma vista prevalentemente come fatto spagnolo. E quindi si è manifestatauna nuova attenzione al problema del centralismo, della burocrazia, delle istituzioni,dei corpi separati, delle minoranze e dei nazionalismi, dell’integrazione fra la societàe lo Stato, delle tendenze centrifughe di tipo autonomistico o di tipo libertario, tuttitemi che in qualche modo rimangono e sono rimasti estranei (e questo è anche unmotivo per cui si è divaricata così tanto la storiografia in questi ultimi anni) alla rifles-sione e alla coscienza dei volontari e dei combattenti internazionalisti.

Era inevitabile naturalmente che fosse così, e infatti anche in molte memorie deivolontari sembra mancare una identificazione profonda, anche se non si tratta certa-mente di mancanza di solidarietà e di amore, con i motivi interni della rivoluzione spa-gnola; il risultato era stato una comprensione soltanto parziale, spesso, da parte di chiandava a combattere per la libertà della Spagna. Rileggendo le memorie dell’antifa-scismo, alcune volte sembra quasi che ci sia una maggiore omogeneità, per esempio,fra i partigiani italiani, francesi, iugoslavi e i soldati americani, inglesi o russi, proprioda un punto di vista di identità psicologica, che non tra i combattenti internazionalistie gli spagnoli. Anche questo credo sia il segno di una fase di transizione che non ri-guarda solo la strategia, ma anche il carattere politico-psicologico del rivoluzionario,la configurazione completa del militante internazionalista, sia che si tratti del compa-gno di strada, dell’intellettuale impegnato o del combattente. A questo proposito vor-rei ricordare l’atteggiamento di uno dei personaggi più unici, più isolati, ma anche piùscomodi che si è confrontato con la guerra di Spagna, lo scrittore inglese George Orwell.Egli, pur essendo, e continuando ad essere anche dopo la sua partecipazione alla guerra,tra i più critici nei confronti dei comunisti, continuando con una polemica asprissimain nome del socialismo, rifiutando la strategia che era offerta dai comunisti e dall’UnioneSovietica, denunciando quella che considerava nient’altro che l’esportazione anchein Spagna dei processi di Mosca, proprio nel ’40 faceva delle considerazioni analo-ghe a quelle compiute dai comunisti; di un passaggio, cioè, in direzione del patriotti-smo nazionale, di un recupero dell’identità nazionale e del senso della patria, che sa-ranno parte importantissima della adesione, soprattutto dei più giovani, alla Resisten-za.

Orwell parla di bisogno spirituale, di patriottismo e di virtù militari a cui ancora nonsi è trovato un sostituto e che sotto altre forme e nomi erano presenti anche in Spa-gna nello spirito dei combattenti. Se posizioni che sono state spesso giudicate in con-

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trasto fra loro, e lo sono state realmente, come quelle dei combattenti comunisti e diOrwell, giungono nel momento della seconda guerra mondiale a soluzioni analoghe,vuol dire che dietro di esse vi è un processo storico che travalica l’intenzione e lacoscienza degli individui e anche dei partiti. Non si tratta più solo di un problema dipsicologia collettiva, ma anche di un problema storiografico: capire in che modo inte-ragiscono i sentimenti più profondi, collettivi dell’uomo, i miti e le memorie, e comenel corso delle lotte esse si saldino con le politiche e le strategie che spesso cambianopiù di quello che potrebbe sembrare. Questo fu vero per tutti i volontari, ma soprat-tutto per i volontari intellettuali, scrittori e artisti. L’adesione alla Spagna, soprattuttoper quanto riguarda il mondo anglosassone, fu un’adesione che partì spesso dal “mito”della Spagna, dal mito che la Spagna aveva nei confronti della cultura di lingua ingle-se. Il contributo di questi scrittori e di questi artisti fu di rinnovare il mito della Spagnama in un altro modo, dandone una caratterizzazione politica e ideale che prima nonaveva, che prima era forse più semplicemente folkloristica. Complessivamente i vo-lontari di tutti i paesi riunirono, in qualche modo, nella loro esperienza spagnola, i tratticomuni, ma anche le divergenze e le contraddizioni, di tutta la storia recente che ilmovimento operaio si trascinava con sé. Le loro vicende politiche, che sono anche,bisogna ricordarlo, vicende umane, personali, di gruppi, di comunità, sono dense deiproblemi, dei drammi, delle contraddizioni dell’epoca. Solo riuscendo ad aver presentequesta complessità storica, ripercorrendo come si sta facendo, con risultati grande-mente positivi, in questi ultimi anni, le vicende dei volontari in tutti i paesi, non soloin Italia, e facendo poi delle analisi più particolari, regione per regione, zona per zona,credo che si potrà dare un contributo a questo ripensamento complessivo che la sto-riografia sta compiendo sul periodo tra le due guerre.

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“Italiani e polacchi sono i beniamini dei miliziani e dei comandanti. In pochi giorni chesono su questo fronte hanno conquistato una tale stima e simpatia tra i combattenti dellacolonna ‘Libertad’, che, alle volte, noi stessi ci domandiamo se non sia un’esagerazione.Volete un esempio? Il nostro compagno Ca[n]nonero (detto il ‘vecchio’, e, veramente, nonè giovane) caporale dei nostri mitraglieri, un giorno, in un’operazione di ricognizione perdela sua pipa. Per il ‘vecchio’ perdere la pipa è lo stesso che perdere una persona cara. Quel-la perdita era per lui irreparabile. Con la pipa aveva perduto il suo buonumore. Lo viene asapere un capitano della colonna, e, immediatamente, ordina una pipa per il ‘vecchio’. Mauna pipa nuova è come un militare ‘cappella’ e Canonero continuava a sospirare la ‘vec-chia’.

Allora che fa il capitano? Prende una squadra dei suoi uomini e ordina un’ispezioneminuziosa lungo il cammino dove, presumibilmente, la pipa del ‘vecchio’ è stata perduta.I miliziani prendono tanto a cuore la loro missione che ognuno gareggia nella ricerca peravere la soddisfazione di meritarsi la riconoscenza del ‘vecchio’. E lungo il pendio delmonte, fra erbe e sassi, ecco che la pipa viene ritrovata. Grido di gioia dei miliziani spa-gnoli, su di corsa, a portarla a Canonero! Si ride, raccontando di questi episodi, ma il cuo-re si gonfia dall’emozione...”1.

Non c’è ragione di credere che il breve aneddoto raccontato da Francesco Leone siafrutto della pur fertile fantasia del giornalista o del propagandista; certo avendo avuto lafortuna di conoscere il carattere generoso e impetuoso di questo “figlio delle risaie ver-cellesi”, lo spirito di corpo e la sua forma mentis, lo si potrebbe anche dubitare. Non èsolo la descrizione del clima di generico od occasionale cameratismo quello che circolafra le righe, quanto piuttosto il senso di “orgoglio” per il lavoro compiuto e il riconosci-mento dei primi successi di un’iniziativa appena abbozzata.

Può sembrare retorico ricordare l’icastico appello lanciato attraverso i microfoni diRadio Barcellona da Carlo Rosselli “Oggi in Spagna, domani in Italia”: il richiamo all’uni-tà di tutte le forze democratiche per battere il fascismo e l’esortazione a far tesoro di quel-l’esperienza militare per poter metterla a frutto in un futuro ancora indistinto, ma che lapassione faceva vedere assai vicino, che si sarebbe chiamata Resistenza. E i combattentidella “Sozzi”, così come tutti i garibaldini di Spagna, si impegnarono su tutto il continenteeuropeo ed oltre, fino in Abissinia, a contrastare il nazifascismo nel corso della secondaguerra mondiale.

Per superare recenti polemiche sul nesso antifascismo-democrazia non basta sottoli-nearne la strumentalità2; è al contrario necessario continuare nella strada da sempre intra-presa di studiare la nostra storia e di fare anzi uno sforzo ulteriore per far avanzare lo statodelle conoscenze e per capire il complesso e articolato intreccio di cause generali e di

Francesco Leone e la centuria “Gastone Sozzi”

Analisi quantitativa di una leggenda

di Gianni Isola

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motivi personali che seppero, ad esempio, rinsaldare quell’unità antifascista che, nellapluralità delle opinioni politiche, può render ancor viva e vitale la lezione spagnola di cin-quant’anni fa.

Per cercare appunto di sottrarsi alla consuetudine delle celebrazioni e per tentare diavanzare sul terreno della ricerca e della metodologia, mi sembra utile introdurre attra-verso l’uso dei metodi quantitativi l’analisi della composizione politica, sociale, geogra-fica della centuria “Gastone Sozzi”. Intitolata al nome del giovane dirigente comunistacesenate, seviziato e “suicidato” nelle carceri di Perugia dai fascisti nel 19283, la centuriasi era costituita ufficialmente il 3 settembre 1936 nella caserma Karl Marx di Barcellona,a pochi giorni di distanza dalla colonna “Ascaso-Rosselli“, ed era stata inquadrata assiemea polacchi, belgi e francesi nella colonna “Libertad” del Partito socialista unificato di Ca-talogna, un complesso di novecento volontari al comando del colonnello López Tienda edel commissario politico Virgilio Llanos. Vi erano stati inclusi un primo gruppo di com-battenti antifascisti italiani, in massima parte comunisti, appena giunti o già presenti inSpagna, alcuni dei quali avevano avuto il battesimo del fuoco a Irún, a San Sebastián e aMadrid. I quadri ufficiali erano formati dal comandante militare dei due plotoni, il romanoAngelo Antonini (in origine manovale e capocellula comunista del quartiere Trionfale eBorgo, già segnalatosi per il suo valore a Irún e a San Sebastián, poi capitano dell’aviazio-ne repubblicana e comandante partigiano della capitale, insignito di medaglia di bronzo alvalor militare) e dal commissario politico Francesco Leone; la sezione mitraglieri, dotatadi due antiquate mitragliatrici, era agli ordini proprio del ricordato Luigi Cannonero con ilcarpentiere rodigino Pietro Pavanin quale delegato politico. Accanto ad essi gli altri vo-lontari, giunti anch’essi clandestinamente in Spagna con false tessere d’identità per supe-rare i rigidi e protervi controlli alla frontiera francese4.

In genere male armati5, scarsamente equipaggiati6, privi di artiglieria, addestrati rapi-damente ed inviati in due riprese al fronte7, i combattenti della “Gastone Sozzi” hanno tut-tavia lasciato nella memoria collettiva un ricordo quasi leggendario, apparentemente deltutto sproporzionato alla brevissima apparizione di quella formazione militare. Entrata inlinea il 10 settembre 1936 con i suoi elementi più preparati militarmente, a cui si sareb-bero aggiunti cinque giorni dopo gli altri, per lo più addetti alle armi leggere, la centuriaebbe a disposizione poco più di un mese e mezzo per entrare nella leggenda: un periododenso di avvenimenti, di scontri a fuoco, di attacchi violenti e di ritirate ordinate, costel-lato di episodi eroici, concluso il 22 ottobre dello stesso anno con la confluenza dei su-perstiti nel battaglione “Garibaldi” e poi nella XII brigata internazionale, la cui 3a compa-gnia avrebbe a sua volta assunto il nome del martire antifascista. Pelahustán, Real Ceni-cientos, Chapinería erano state le tappe segnate dal sangue della “Gastone Sozzi”, che ebbe,fra morti e feriti, perdite superiori ai due terzi degli effettivi8. A questi eroici combattentinon fu riservato alcun trattamento di favore: “Direi che una deficienza dei compagni diri-genti - ha ricordato Antonio Roasio - fu proprio quella di non valutare l’apporto che potevavenirci dai volontari della Gastone Sozzi e di non utilizzarli maggiormente come ufficia-li”9.

Tuttavia molti di essi avrebbero avuto in seguito questo riconoscimento, ricoprendosia in Spagna che poi in Italia e in Francia nel corso della Resistenza posizioni di comandomilitare e di responsabilità politica di tutto rilievo.

Ma cosa sappiamo oggi a cinquant’anni di distanza di quei militanti antifascisti, accor-si sulle ali dell’entusiasmo da ogni parte d’Europa a contrastare la sedizione militare di

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Franco? Quali tradizioni di lotta politica rappresentavano, quale bagaglio di esperienzemilitari potevano mettere a disposizione della Repubblica spagnola? Da quali regioni pro-venivano?

I dati quantitativi: il problema delle fonti

Della centuria ci sono pervenuti sino ad oggi quattro ruolini: il primo, stilato da EdoardoD’Onofrio nel 1942, nel quadro di una più generale analisi del contributo dei militanticomunisti italiani alla guerra di Spagna, probabilmente su richiesta dal Komintern, contie-ne sessantatré nomi10; il secondo redatto da Pavanin nel gennaio 1946, al ritorno dall’Urssdove aveva militato con valore nell’esercito sovietico, elenca settantaquattro nominativicon alcune aggiunte e non poche difformità rispetto al precedente non solo nella grafia11;il terzo ancora dovuto a Pietro Pavanin, pubblicato nel 1973, riporta ottantasei nomi12: ilquarto e il più recente è stato compilato con grande cura da Alvaro López, che ha pazien-temente ricostruito i dati essenziali di ottantadue volontari italiani, a cui vanno aggiuntioltre allo svizzero Antonio Canonica, anche l’unica donna, la francese Christine Couderche, nel seguire in prima linea il compagno Antonio Tonussi, “si dimostrerà nei combatti-menti la degna emula delle combattenti della Comune di Parigi”13, e il misterioso marina-io svedese o americano Edward Wedin “che brucia dal desiderio di partire per il fronte edha voluto unirsi a noi, antifascisti italiani”14, tanto da risultare il primo caduto della centu-ria (Pelahustán, 13 settembre 1936)15: in totale ottantacinque unità. Pur tralasciando diconsiderare, nonostante le affermazioni di Leone, la presenza di trentasei antifascisti po-lacchi inquadrati nella centuria, per l’impossibilità di reperire documenti attendibili su diessi16, o di seguire l’indicazione di Paolo Spriano secondo cui la centuria “comprende[va]ottantasei italiani, sedici polacchi, un danese, qualche belga e dieci francesi: come un ger-me delle future brigate internazionali”17 senza specificare la fonte di queste sue informa-zioni, agli ottantacinque vanno comunque aggiunti altri tre nomi emersi da un’ulteriorericerca all’Archivio del Pci e all’Archivio centrale dello Stato di Roma: l’emiliano EneaLandini, l’istriano Giovanni Tamburini - probabilmente espunti perché disertori18 - ed illigure Paolo Zanettin19. Si arriva perciò agli ottantotto nominativi, ancora incompleti perquanto riguarda tutta una serie di informazioni importanti: per alcuni non disponiamo nédel luogo né della data di nascita, per altri della professione o delle precedenti esperienzemilitari e politiche, per la quasi totalità degli esiti post-bellici20. Mi sembra comunquecostituire un piccolo, ma significativo campione, sufficiente per mettere alla prova i me-todi quantitativi della ricerca.

C’è chi in passato ha voluto leggere nella formazione della centuria “Gastone Sozzi” ladefinitiva adesione alla causa repubblicana dell’Internazionale comunista e dell’Urss; sul-la base dell’analisi dei dati e soprattutto della non sempre definita opzione comunista dialcuni dei combattenti, credo più aderente alla realtà affermare che la centuria si formò sìsu basi eminentemente di partito, ma in maniera del tutto volontaria, come la colonna “Asca-so-Rosselli”, in sostanza per reagire all’attendismo e all’inerzia internazionale di frontealla ribellione di Franco ed ai rischi per la pace mondiale dello stabilirsi in Spagna di unadittatura fascista. Mi sembra difatti più storicamente corretto collocare l’intervento uffi-ciale dell’Internazionale comunista all’atto della formazione del battaglione “Garibaldi”prima e delle brigate internazionali poi. La guerra civile divenne così il banco di prova dellacapacità dell’antifascismo di rispondere armi alla mano all’aggressione falangista, appog-

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giata dall’Italia fascista e dalla Germania nazista con armi, uomini e mezzi. Per gli antifa-scisti italiani era anche un’affermazione di presenza concreta dopo gli anni della clande-stinità e dell’esilio, un’occasione di rivincita della ancor bruciante sconfitta subita in Ita-lia per non aver voluto e saputo rispondere sullo stesso terreno alla violenza fascista, cheaveva disgregato e distrutto cinquant’anni di paziente tessitura della rete di organizzazionieconomiche e politiche del movimento operaio italiano.

“La nostra Centuria - chiariva enfaticamente Leone, concludendo una delle sue più notecorrispondenze dalla Spagna - ha promesso il suo sangue alla causa della Repubblica de-mocratica di Spagna, per la difesa della libertà, per lavare l’onta del governo di Mussolini,complice di Franco, per l’onore del popolo italiano: questo sangue è stato versato.

Ma la lotta non è finita. I compagni della Centuria ‘Gastone Sozzi’ lo sanno. Il loro mottoè: - Piuttosto di cedere, morire! - Come Gastone Sozzi, il Martire eroico del Partito co-munista d’Italia, il cui magnifico esempio e sacrificio innalziamo come nostra bandiera”21.

Vi era dunque da parte italiana la coscienza di rivendicare un’autonomia di giudizio ed’intervento rispetto alla complicità del fascismo: come ha rilevato Paolo Spriano “per laprima volta, dopo il 1921-22, ci si può battere a viso aperto e con un’arma contro il fasci-smo. E a differenza del 1921 la lotta è impegnata non in un momento di riflusso del movi-mento, ma in mezzo a un popolo che fa dell’antifascismo, del motto ‘No pasaran’, la suadivisa morale e politica. Ecco il salto di qualità che la guerra di Spagna imprime a tuttol’antifascismo”22.

Negli stessi mesi della costituzione della centuria un grande antifascista italiano, Emi-lio Lussu, scriveva con una buona dose di autocritica “non ci siamo saputi battere contro ilfascismo. La piccola avanguardia politica dell’emigrazione italiana deve generosamentesacrificarsi e affrontare quest’impresa. Essa si farà un’esperienza e un nome sui campi dibattaglia. E diventerà il nucleo affascinante attorno a cui si formerà la più grande avanguardiadi domani”23.

La “piccola avanguardia politica”, rappresentata fisicamente dalla colonna “Ascaso-Rosselli” e dalla centuria “Gastone Sozzi”, raccoglieva quest’appello appassionato e unpoco retorico, che si concludeva con un richiamo alla tradizione risorgimentale ed ai ga-ribaldini. Un passato a cui ci si sarebbe richiamati organicamente di lì a due mesi all’attodella costituzione delle brigate internazionali, intitolando al più popolare dei padri dellapatria la brigata italiana e sottraendo così alla propaganda nazionalistica, patriottarda epopulista uno dei simboli di cui il fascismo si era servito per sottolineare la supposta con-tinuità fra le lotte per l’indipendenza nazionale e la scalata al potere delle camice nere.

La provenienza geografica

Da dove venivano gli ottantacinque antifascisti italiani della “Sozzi” che idealmenteaccoglievano e facevano proprio l’invito dell’ex-capitano della brigata “Sassari”? Riassu-mendo i dati della tabella 1, che confronta in valore assoluto e in percentuale la nazione diprovenienza dei componenti della “Gastone Sozzi” con quella più generale dei garibaldiniitaliani, degli ottantadue di cui siamo riusciti a ricostruire il percorso sessantasei eranoentrati in Spagna provenienti dalla Francia, quattro dal Belgio, altrettanti dalla Svizzera edal Lussemburgo, uno dall’Urss, mentre uno si trovava già in Spagna, il corrispondente diguerra al seguito della centuria, il torinese Renato Ludovico Beux; due soli, gli amici UgoMuccini e Domenico Bruno Rolla di Arcola (Sp), provenivano dall’Italia24, avanguardia di

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quel gruppo di oltre duecento giovani antifascisti che vi sarebbero accorsi dopo lo scop-pio della guerra civile25.

I componenti della “Gastone Sozzi” erano nati per lo più in regioni con radicate tradi-zioni operaie come l’Emilia-Romagna (diciassette), la Lombardia (dodici) e la Toscana(dieci) o di secolare emigrazione come il Veneto (dieci) e la Venezia Giulia (nove): la ta-bella 2 dimostra che queste cinque regioni davano oltre il 67 per cento dei combattenti,mentre l’Italia settentrionale toccava più del 70 per cento, se si comprende anche il piùnoto fra essi, il vercellese Francesco Leone, solo accidentalmente nato in Brasile, perchéfiglio di emigranti, ed espunto perciò da questa statistica26.

Un altro “straniero” come Leone era Renato Costetti, un fornaio nato a Lugano cheaveva girato mezza Europa, sempre inseguito dalla polizia per la sua attività di democrati-co e di antifascista: conosciuto soprattutto con i nomi di battaglia di Abd el-Krim e Bel-venti (è indicativo che compaia ancora con questo secondo appellativo, storpiato in Bel-venetti, sia nel primo dei due ruolini di Pavanin che in quello di D’Onofrio), si dimostròcombattente di tempra eccezionale fino alla Resistenza ed oltre27.

Vi sono poi casi non facilmente spiegabili come quelli di Angelo Dabalà e di BernardoFalco, entrambi abitanti a Villejuif, nell’immediata periferia di Parigi: probabilmente dueamici che avrebbero per uno strano giuoco del destino trovato entrambi la morte nello stessogiorno a Chapinería il 18 ottobre 1936, la battaglia che segnò la fine delle operazioni bel-liche della centuria ed il prodromo al suo scioglimento. O quello di Nazzareno Lombezzie Domenico Nardini, entrambi provenienti da Drancy (Nardini era nato a Mercato Sarace-no, in provincia di Forlì, come Giulio Pasini, bombardiere e cuoco della centuria, e sareb-bero morti a distanza di un mese l’uno dall’altro, il primo a Pelahustán nel tentativo disoccorrere un compagno ferito28, il secondo a Chapinería); o dei coetanei Giovanni Baesie Luigi Barani, nati ad un mese di distanza l’uno dall’altro a Monteveglio in provincia diBologna - ma forse emigrati in Francia in tempi diversi - ritrovatisi a combattere fianco afianco nella centuria e poi nella brigata “Garibaldi”. Solo ricerche più approfondite po-tranno far luce su questi piccoli “enigmi” e dirci se alcuni di essi non siano qualcosa di piùdi pure coincidenze.

Più del 40 per cento risulta espatriato prima del 1926 per motivi di lavoro o più spessoper motivi politici, seppur non sia sempre possibile tracciare una netta linea di demarca-zione fra questi due aspetti del medesimo processo di abbandono dell’Italia. Un altro 40per cento fra il 1926 e il 1930: molti sia della prima che della seconda categoria ritorna-rono però clandestinamente in Italia soprattutto dopo la “svolta” del 1930, come il mura-tore cremonese Giordano Bruno Bellini o come il meccanico bresciano Pietro Guerini.Attorno al 15 per cento la percentuale di quanti sarebbero emigrati clandestinamente dopoil 1931: una distribuzione, come dimostra la tabella 3, che concentra oltre il 50 per centodel totale nel decennio 1926-35 ed è indice probabilmente della scarsa presa delle ragio-ni della lotta antifascista negli emigrati di più antica data, cioè fino al 1920 compreso29.Dati che rispettano dunque solo in parte i valori percentuali per le brigate internazionali,dove le prime due fasce (1920 e 1921-25) raggiungono percentuali pressoché identiche aquelle della terza e della quarta30: segno che l’intensa attività di propaganda promossa daipartiti democratici in appoggio alla Spagna repubblicana seppe in seguito penetrare a fon-do non solo negli strati di emigrazione politica più recente e, in teoria, inserita meno com-piutamente nel mercato del lavoro, ma anche fra quanti ormai avevano trovato nei luoghid’esilio occupazioni stabili o comunque non precarie. Per questo mi sembra altrettanto

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utile definire con la maggiore approssimazione possibile la condizione professionale deicombattenti della centuria.

La condizione professionale

Operai, artigiani e contadini costituivano il grosso della “Gastone Sozzi”: di quanti èstato possibile ricostruire con una buona dose di approssimazione la condizione profes-sionale (oltre i tre quarti del totale, come si vede nella tabella 4), più del 55 per cento sierano dichiarati operai con un’assoluta prevalenza di operai meccanici o metallurgici (die-ci), di muratori (otto), di carpentieri (tre); quasi un quinto artigiani, al cui interno spicca-vano quattro falegnami, e quasi altrettanti gli agricoltori, per il 60 per cento braccianti diogni regione italiana dal sardo Giuseppe Frau, sergente con funzioni di comandante disezione, poi radiato per aver rifiutato di continuare a combattere dopo il primo scontro afuoco31, o come il trevigiano Giovanni Tollot, un socialista che sarebbe poi caduto nel 1938sul fronte di Tortosa.

Cinque invece gli impiegati (nemmeno il 6 per cento del totale), di cui ben due com-messi postali, come il veneziano Lindo Volpato, un portaordini che secondo Pavanin avrebbedisertato nell’ottobre 1936, un contabile ed un esercente, il reatino Luigi Vico, che, aven-do perso il braccio destro nella battaglia di Chapinería, venne inviato nel 1937 in delega-zione con l’altro ferito Lino Zocchi in Urss per portare a Mosca al Museo della Rivolu-zione quella bandiera della centuria che oggi è conservata nell’Archivio storico del Pci aRoma.

L’esperienza militare e politica

I dati sull’età media dei combattenti della centuria sono presentati analiticamente nel-la tabella 5. L’età media era di oltre trentacinque anni, superiore di un anno al medesimodato delle future brigate internazionali32: dal più vecchio, il trapanese Giovanni Campo,nato nel 1879, unico siciliano e fra i primi a cadere a Chapinería il 18 ottobre 1936, bentrentun volontari avevano avuto la possibilità di combattere nella prima guerra mondiale:come il bolognese Gottardo Rinaldi, sergente dei bersaglieri, primo comandante militaredella centuria e addestratore delle reclute nella caserma Karl Marx di Barcellona; o comeil sergente maggiore Spartaco Giovannini, un falegname romano più volte ferito, che avreb-be raggiunto il grado di tenente nella brigata “Garibaldi”, dove avrebbe assunto il comandodella 1a compagnia del 2o battaglione; o come l’operaio bolognese Luigi Ardizzoni, cadu-to a Chapinería.

Il servizio di leva era stata invece l’unica forma di addestramento per gli altri quaran-totto, compreso il più giovane membro della centuria, il venticinquenne Oberdan Chiesa,un livornese espatriato al termine proprio del servizio di leva in marina, che, allo sciogli-mento della “Sozzi”, avrebbe militato nella marina repubblicana prima di rientrare in Italiaper morire fucilato dai nazisti sulla spiaggia di Rosignano Solvay il 29 gennaio 1944 perla sua attività di partigiano: al suo nome sarebbe stata intitolata la brigata garibaldina ope-rante nella zona labronica, come a Muccini quella operante nello spezzino; ma quasi tuttipotevano vantarsi di avere alle spalle anche episodi di lotta contro le squadracce fasciste:come l’istriano Arturo Fonovich, responsabile delle “guardie rosse” di Pola nel 1921 epoi segretario del Pcd’I per la VI zona, la Bassa Istria. Come lui ben ventitré combattenti

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della “Sozzi” risultano iscritti al Partito comunista, alcuni sino dalla fondazione come, adesempio, Gilberto Carboni di Luzzara, il bresciano Angelo Marchina o il contabile reggia-no Angelo Curti, sottotenente del genio della prima guerra mondiale poi degradato per l’in-tensa attività di “rivoluzionario” già all’atto dell’intervento, primo segretario della Fede-razione reggiana del Pcd’I, direttore dell’organo locale “Il Lavoratore comunista” e candi-dato alle elezioni politiche del 1921.

Alcuni potevano addirittura vantare una militanza più antica come il già ricordato Gue-rini, che era stato uno dei delegati italiani della Federazione giovanile socialista alle con-ferenze internazionali di Zimmerwald e Kienthal; sul piano internazionale non va neppuredimenticata la presenza al V Congresso dell’Internazionale sindacale (Mosca, 1930) diAlighiero Bonciani, un impiegato fiorentino cui l’invalidità riportata in Spagna non avreb-be impedito l’attiva partecipazione alla Resistenza, tanto da venir fucilato dai nazifascistia Milano il 22 ottobre 1944.

Avevano invece conosciuto il Tribunale speciale Vittorio Ghini, un parrucchiere bolo-gnese, militante della Fgci, che ne ebbe una condanna ad un anno di reclusione: commis-sario politico della “Sozzi”, avrebbe raggiunto nella Resistenza il grado di tenente colon-nello prima di venir arrestato dai nazifascisti e morire fucilato a Novara il 14 giugno 1944.La medesima fine avrebbe fatto a Fossoli il vetraio empolese Pietro Lari, detto “Gigi iltoscano”, che il Tribunale speciale aveva invece assolto, attivo nell’emigrazione a Tolosacome segretario della sezione del Pcd’I locale.

Ma non mancavano un socialista come il trevigiano Tollot ed un “cattolico popolare” -a detta della polizia - come lo spezzino Vittorio Orlandino. Ma tutti, chi più chi meno, eranostati costretti all’esilio dopo aver subito vessazioni di ogni genere. Come Amedeo Neroz-zi, sindaco comunista di Marzabotto fra il 1920 e il 1921 fino al forzato scioglimento dellagiunta democratica, più volte vittima di aggressioni e di intimidazioni conclusesi con ilbando dal paese e con il conseguente espatrio in Belgio nel 1923; fra i primi ad accorrerein Spagna, la sua esperienza di soldato nel corpo della Sanità nel 1915-18 ne avrebberofatto il “medico” sia della centuria che del battaglione e della brigata “Garibaldi”; fino amorire nel pieno della sua attività sotto un bombardamento che centrò il padiglione sani-tario in cui stava lavorando sulla Sierra de Cavalls il 9 settembre 1938.

L’esperienza di amministratore comunale era stata condivisa anche dal “vecchio” del-l’episodio iniziale, quel Luigi Cannonero, combattente della prima guerra mondiale, as-sessore appunto a Bolzaneto (Ge), che sarebbe caduto durante la battaglia di Chapinería33.Anche lui era stato costretto a rifugiarsi in Belgio, dove aveva continuato a svolgere nelleorganizzazioni politiche dell’emigrazione un’intensa attività politica. Sempre in Belgio,fu segretario nazionale dei gruppi di giovani comunisti italiani uno fra i promotori del-l’Aicvas, il friulano Giuseppe Marchetti: espulso nel 1931, trovò modo di farsi arrestareed espellere dalla Svizzera per esser venuto alle mani con i fascisti. Rientrato nella Con-federazione clandestinamente, era stato segretario della Fgci di Basilea dal 1931 al 1936,facendosi arrestare più volte dalla polizia. In Spagna, dopo esser stato presente a tutti gliscontri sostenuti dalla centuria, sarebbe stato tenente della brigata “Garibaldi”, combat-tendo poi nella Resistenza francese.

Avevano invece conosciuto il carcere, e non sempre come “università”, il bracciantepistoiese Gino Poli (tre anni) e il muratore veneto Vittorio Scalcon, arrestato dalla poliziafrancese al termine di una rissa con alcuni marinai fascisti italiani a Marsiglia. L’alessan-drino Luigi Barisone, commissario politico di sezione caduto poi a Chapinería, era l’uni-

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co invece ad aver sperimentato il confino ad Ustica fra il 1927 e il 1929. Ma non è il soloprimato di questo militante, già allievo della scuola di partito di Leningrado: poteva difattivantarsi di esser stato il primo diciottenne a subire il confino.

Umanità e senso di disciplina di un “rivoluzionario di professione”

Ma la biografia forse più completa, sino quasi a divenire emblematica di quella partedella gioventù italiana che non aveva esitato a mettere a repentaglio la propria vita in Spa-gna contro i mercenari del Tercio o contro i legionari italiani, è quella di Francesco Leo-ne. Più volte il suo nome è stato richiamato nel corso di questo rapido quadro dei compo-nenti della centuria, della “sua“ centuria, il cui ricordo fotografico faceva mostra di sé nelcorridoio dell’appartamento di Vercelli. Figlio di poveri braccianti emigrati in Brasile pocoprima della fine del secolo scorso, era ben presto rientrato con la famiglia ad AsiglianoVercellese.

Diplomatosi nel 1918 perito all’Istituto tecnico “Quintino Sella” di Biella, aveva giàdato giovanissimo segni inequivocabili dell’attrazione esercitata su di lui dalla lotta poli-tica; era stato infatti arrestato nel 1916 per aver diffuso manifestini contenenti il docu-mento “per trasformare la guerra imperialista in guerra civile” votato a Kienthal e per averorganizzato il primo sciopero studentesco contro di essa.

Con il suo carattere arguto e impetuoso, non aveva esitato un attimo di fronte al falsoin atto pubblico pur di manifestare concretamente la sua opposizione alla guerra ed evita-re di esser inviato al fronte con i giovani della sua classe: essendo nato nel 1899 e non nel1900, come poi avrebbe continuato con pervicacia tutta contadina a sostenere - i manua-letti parlamentari della “Navicella” ne fanno fede -, aveva convinto il funzionario dell’ana-grafe del villaggio brasiliano a posticipare di un anno la data sul certificato. Aveva tuttaviafatto il servizio militare di leva in aviazione fra il 1918 e il 1920. Membro della Federa-zione giovanile socialista, di cui aveva preso la tessera già nel 1916, sarebbe stato uno deifondatori e dei dirigenti di primo piano della Federazione giovanile comunista e del Pcd’Inel Vercellese.

Delegato a Livorno al XVII Congresso del Psi, si mise in un primo momento in mostracome uomo d’azione per aver fatto parte del corpo scelto delle guardie rosse poste a dife-sa de “l’Ordine Nuovo” a Torino e per aver guidato con coraggio e spavalderia gli arditi delpopolo nella lotta contro il sorgente fascismo sino ai fatti di Novara del luglio 1922: diquella lotta portava ancora a distanza di oltre cinquant’anni le cicatrici e i segni. Era peròanche un giornalista caustico e pungente. Le sue corrispondenze sull’organo locale “LaRisaia”, firmate con lo pseudonimo “don Biagio bolscevico” sono esempio di concisionee chiarezza. L’accusa di aver ucciso un fascista nella piazza principale di Vercelli, lo con-sigliò a lasciare la zona e ad espatriare in Francia per un anno.

Rientrato clandestinamente in Italia nel pieno del primo processo intentato al Pcd’I(1923), lavorò come muratore assieme a Pietro Secchia alla Città degli studi di Milano,collaborando nottetempo all’organo clandestino della Fgci “La voce della gioventù”.

Fu poi inviato in Unione Sovietica all’Accademia militare Tolmaciov di Leningrado,frequentata assieme a quel Gastone Sozzi a cui avrebbe intitolato la centuria34: in queglianni completò la sua preparazione teorica e pratica, militare e politica, che ne avrebbe fattoil prototipo del militante degli “anni di ferro e di fuoco” che attendevano i comunisti ita-liani. Da questo momento non si contano più gli incarichi di partito: fra gli organizzatori

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del Congresso di Lione (1926), rimase in Francia fino al 1927, quando rientrò in Italiaclandestinamente per ordine del Centro estero. Arrestato con le bozze di un articolo per“l’Unità” ancora in tasca, fu picchiato a sangue e torturato a San Vittore e a Regina Coeliprima di esser assegnato dal Tribunale speciale a sette anni e sette mesi di reclusione. Sas-sari, Portolongone, Parma, Alessandria, Civitavecchia furono le tappe di una detenzionequanto mai travagliata e costellata di lunghi periodi di isolamento per il suo carattere ri-belle alla disciplina. I trasferimenti continui e le vessazioni quotidiane non lo piegarono:anzi, all’atto della scarcerazione per amnistia nel 1933, preferì sfruttare la doppia nazio-nalità e chiese ed ottenne di emigrare in Brasile nel marzo 1934.

Ma anche sul continente americano la sua attività di “rivoluzionario professionale” nonconobbe sosta: al contrario si alimentò con la partecipazione alla fallita insurrezione diLuis Carlos Prestes, sia sul terreno dell’azione prendendo parte alla leggendaria marciaattraverso la giungla con cui gli insorti sfuggirono all’accerchiamento dell’esercito, siasu quello della propaganda. Soffocata nel sangue la rivolta, Leone nel 1935 fu richiamatoin Francia e destinato al Soccorso rosso internazionale: ma un combattente come lui nonpoteva rimanere a lungo dietro una scrivania. Non appena la situazione lo consentì, chieseed ottenne di poter andare in Spagna, dove era scoppiata la rivolta franchista. E qui assunsela responsabilità di fare di un centinaio di volontari giunti alla spicciolata una formazionedi combattimento.

Anche in Spagna la sua azione si esplicò sia sul terreno della propaganda giornalistica- di cui ho riportato solo brevi stralci, ma che forse meriterebbe di esser raccolta in unvolume a parte, assieme alle sue corrispondenze su “La Risaia” - sia su quello della lottaarmata, alla testa dei volontari. Ne rimangono alcune annotazioni nel più volte citato dia-rio di Muccini, che danno il senso e il peso di quella presenza al fronte: “Zocchi si avvici-na domandandomi - ma non sei Muccini - Sì - rispondo perché cosa c’è. In quel mentreavanza Leone brontolando Dio... ti abbiamo dato per perduto. Intanto mi dà uno strettonecontro il suo petto, beh, meglio così, pubblicheremo la smentita. Fa una piccola riunioneall’ultimo il circolo si serra sempre più intorno a lui, c’è chi le manca le calze, chi il sapo-ne, chi le sigarette, sembra il padre di tutti, in verità ha una parola buona per tutti35”.

Una presenza dunque paterna e affettuosa, protettiva sino a rischiare la vita per salvareGhini, pronta però a recuperare il controllo della situazione e a sottolineare il necessariosenso della disciplina fra i combattenti: “È già una quindicina di giorni che dormiamo al-l’aperto e Leone pensa bene di mandarci altri 15 uomini per darci il cambio, ma Pavaninimprovvisa una riunione che ha avuto per conclusione di non accettare questo cambio lo-gico anche dal punto di vista politico, e fa un biglietto a Leone esaltando che noi non avrem-mo mai abbandonata la posizione ecc. I nuovi arrivati un po’ mortificati dovettero ripren-dere la strada del ritorno. All’indomani ritornano c’è anche Leone che ci riunisce, ha lafaccia un po’ turbata, comincia che un ordine militare va eseguito, che anche noi dobbia-mo essere disciplinati, spiega la disciplina volontaria ecc. - Dio... che volevate fare gli eroisolo voi altri? Gli altri compagni sono di carne come voi e risentono certe cose ecc. Dopouna mezz’ora con questo linguaggio un po’ duro ritorna pian piano col suo sorriso natura-le, nessuno ha da prendere la parola in riguardo, diamo la consegna agli altri, si prepara izaini e lo si segue”36.

Per quegli stessi, indisciplinati volontari, con uno di quei gesti passionali, tipici delsuo carattere emotivo, avrebbe rifiutato la nomina a commissario politico del battaglione“Garibaldi”, abbandonando “la riunione, alla presenza di Longo e di Di Vittorio, indignatis-

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simo perché nell’organigramma del battaglione nessun altro reduce della ‘Gastone’ tranneme, era stato scelto, neanche come appuntato!”37.

Carattere impulsivo e insofferente dei torti subiti, irascibile e brontolone, FrancescoLeone era dunque il prototipo del “capo“ popolare amato, temuto e rispettato, ma capacedi gesti imprevedibili: doti che gli sarebbero costate allora l’allontanamento dal fronte,nonostante la formale inclusione nello stato maggiore del battaglione “Garibaldi” e i gradidi capitano delle brigate internazionali, e la destinazione alla direzione della “Voce degliItaliani” a Parigi. Le ferite riportate in prima linea costituirono il motivo ufficiale di que-sta esclusione: ma è chiaro che contrasti di fondo dividevano il carattere spontaneo e ri-belle dell’uomo d’azione dai gesti misurati di alcuni membri dell’apparato giunti dall’UnioneSovietica a coordinare l’azione dei comunisti italiani in Spagna.

Terminava così la breve vicenda della centuria “Gastone Sozzi”, ma non del suo coman-dante, che avrebbe continuato la lotta al fascismo fino alla Resistenza ed oltre, con unadedizione ed una disciplina pari solo alla profonda umanità che ne aveva sempre ispiratol’azione.

1 Cfr. FRANCESCO LEONE, Fra i combattenti della centuria “Gastone Sozzi”, in “Il Grido delpopolo”, 10 ottobre 1936, ora in ADRIANO DAL PONT - LINO ZOCCHI (a cura di), Perché andammoin Spagna. Scritti di militanti antifascisti. 1936-39, Roma, Anppia, 1967, pp. 64-65.

2 Mi riferisco alla fallita operazione giornalistica promossa da Giuliano Ferrara con l’intervista aRenzo De Felice nel “Corriere della sera” del 27 dicembre 1987, esauritasi dopo quindici giorni nonsenza qualche strascico polemico: per tutte si veda l’editoriale di ENZO COLLOTTI, Il fascismo: chiera costui?, in “Passato e presente”, a. VI (1987), n. 14-15, pp. 3-10.

3 Per una biografia si veda STEFANO CARETTI, Gastone Sozzi, in FRANCO ANDREUCCI - TOM-MASO DETTI, Il movimento operaio. Dizionario biografico. 1853-1943, vol. IV, Roma, EditoriRiuniti, 1977, pp. 672-676.

4 Cfr. la testimonianza rilasciata in occasione del 50o anniversario di fondazione del Pci da PIETRO

PAVANIN, Note e ricordi, in Archivio Partito comunista (APC), Biografie, memorie e testimonianze,ad nomen, coincidente con quella di ANTONIO CANONICA, La Colonna Libertad y la CenturiaGastone Sozzi, in ALVARO LÓPEZ, La Centuria Gastone Sozzi, “Quaderni Aicvas”, 1984, n. 4, p. 7.

5 Ricorda Ugo Muccini, uno dei membri della centuria, nello sgrammaticato diario giunto rocam-bolescamente in Italia dentro la camera d’aria di una ruota di automobile: “La questione delle armi cifaceva un po’ impazientare tutti, ma ecco finalmente viene l’ordine di partire per Madrid, le armi pernoi c’erano, ci assicurò un comandante spagnolo, infatti alla sera, adunati nel cortile della caserma“Karl Marx” si fa la distribuzione dei fucili che furono accolti con gioia dai compagni. Sono fucili nontroppo nuovi, senza cinghia, che si aggiusta subito col primo pezzo di corda trovato, la più parte sonosenza baionetta, ma infine si avrebbe potuto sparare lo stesso, si distribuiscono pure le poche giberneche ci sono, che vengono attaccate subito alla cinghia dei pantaloni” (cfr. Il diario di Ugo Muccini,La Spezia, Istituto storico della Resistenza, 1973, p. 22).

6 È sempre Muccini a testimoniare: “Intanto devono vestirci. Viene distribuito un sacco a zaino euna tuta non ce n’è per tutti, ognuno si arrangia come può, viene pure distribuito un paio di pantofoledi corda” (cfr. idem, p. 26); e più oltre: “la colonna è pronta per imbarcarsi sui camion per esserecondotta sul luogo di combattimento, i zaini sono allineati nel cortile, si scorge anche qualche valigia,gli uomini che compongono queste milizie popolari non sono affatto vestiti uguali, chi in pantofole, inscarpe, in tuta, vestiti personali, ecc. ecc.” (cfr. idem, p. 27).

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7 Si vedano le già citate testimonianze di Pavanin, Canonica e l’articolo di FRANCESCO LEONE,Faccia a faccia col nemico sul fronte di Talavera, in “Il Grido del popolo”, 17 ottobre 1936, orain A. DAL PONT - L. ZOCCHI (a cura di), op. cit., pp. 96-102.

8 Per un quadro complessivo dei sedici caduti si veda A. LÓPEZ, op. cit., p. 22; altri dodici com-battenti sarebbero caduti successivamente, nelle file delle brigate internazionali, mentre cinque sareb-bero stati passati per le armi dai nazifascisti nel corso della Resistenza.

9 Cfr. ANTONIO ROASIO, Figlio della classe operaia, Milano, Vangelista, 1977, pp. 115-116.10 Si veda la relazione di Edoardo D’Onofrio, Informe sobre la actividad de la XII Brigada y

de la XII Brigada Garibaldi, in APC, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, fasc. 8, pp.19-20; in un altro documento, elaborato a Mosca nel 1940 “sulla base di tutta la documentazionedelle brigate internazionali e del Cc del Pc spagnolo” dallo stesso D’Onofrio, Volontaires italiensdans l’Espagne republicaine (1936-1938). Statistique, (v. APC, idem, fasc. 9, p. 9) i militanti dellacenturia sarebbero invece settantasei. Pur rimanendo inalterato il totale, varia la composizione regio-nale dei garibaldini di Spagna stilata da PIETRO SECCHIA, Il Partito comunista italiano, in ID, Chisono i comunisti. Partito e masse nella vita nazionale. 1848-1870, a cura e con prefazione diAmbrogio Donini, Milano, Mazzotta, 1977, p. 49, che riproduce la voce omonima in Enciclopediadell’antifascismo e della Resistenza (d’ora in poi Ear), vol. I, Milano, La Pietra, 1968. Secchia nonindica la sua fonte e quindi non spiega le ragioni di questa diversa attribuzione: non vi sono dati specifi-ci sulla “Gastone Sozzi”. Anche secondo una lettera di Lorenzo Vanelli, segretario della Fratellanza exgaribaldini di Spagna, inviata a Longo nel 1965 in previsione di una pubblicazione celebrativa del 30o

della guerra di Spagna, i componenti della centuria “Gastone Sozzi” risulterebbero settantasei (v. APC,idem, fasc. 10, p. 7): ma probabilmente la fonte era la stessa. L’appassionata ricerca di Vanelli sareb-be stata pubblicata solo nove anni dopo in appendice a GIACOMO CALANDRONE, La Spagna bru-cia. Cronache garibaldine, Roma, Editori Riuniti, 1974, pp. 384-425. I dati di López sono statiindicati come unica fonte e riprodotti senza variazioni dall’estensore della voce dedicata alla “GastoneSozzi” in Ear, vol. V, Milano, La Pietra - Walk Over, 1987, pp. 600-602, che - salvo errori di stampa- dovrebbe essere l’ex garibaldino Flavio Fornasiero.

11 Cfr. APC, Bmt, doc. 2.12 Si veda PIETRO PAVANIN, I componenti della Centuria “Gastone Sozzi”, in Il diario di Ugo

Muccini, cit., pp. 68-72.13 Cfr. A. CANONICA, op. cit., p. 12.14 Idem, p. 11.15 È ancora Muccini a informarci: “Avevamo con noi un compagno di nazionalità americana che

non so com’è venuto fra noi, ragazzo di coraggio, in quando in quando le facevamo segno di nonsparar più tanto il fucile era caldo e mentre stava ritornando a prendere le munizioni una granata scop-piò a pochi passi da lui colpendolo alla gola. Lo trasportarono subito all’infermeria, ma poco dopospirò” (cfr. Il diario di Ugo Muccini, cit., p. 32).

16 Si veda F. LEONE, Faccia a faccia col nemico, cit., p. 97.17 Si veda PAOLO SPRIANO, Storia del Partito comunista italiano, vol. III: I fronti popolari,

Stalin e la guerra, Torino, Einaudi, 1970, p. 89.18 II primo disertò l’unità nell’ottobre 1936, venendo in seguito espulso dal Pci; rientrato in Fran-

cia nel marzo 1937, secondo il cenno biografico della polizia italiana rimase comunque attivo antifa-scista frequentando gli anarchici, tanto da venire internato nel campo di Gurs nel 1940, da cui evaseper riprendere la lotta nella Resistenza e morire a Bruxelles il 21 gennaio 1941, fucilato dai nazisti (siveda ACS, Cpc, ad nomen e G. CALANDRONE, op. cit., p. 370). Il secondo era invece un marittimonato a Pola, espatriato in Urss nel 1925, dove era rimasto a lavorare nei cantieri navali Marti di Nico-laev fino al 1934, prima di trasferirsi in Francia e quindi in Spagna: nel già citato rapporto del 1946 diPavanin, avrebbe disertato già nel settembre 1936. Non compare neppure nell’elenco di nomi pub-blicato da G. CALANDRONE, op. cit.

19 Il nome di questo comunista ligure come combattente della Sozzi emerge sia da Biografie digaribaldini in Spagna, in APC, Bmt, b. 7, fasc. 12, che da ACS, Cpc, ad nomen.

20 I combattenti della centuria “Gastone Sozzi”: Ambrosini Giovanni Battista, Antonini Angelo, Ar-dizzoni Vincenzo, Bacchiocchi Ciro, Baesi Giovanni, Baldini Gino Bruno, Barani Luigi, Barisone Lui-gi, Bartoli Alberto, Basso Fortunato Marino, Becherini Antonio, Bellini Giordano Bruno, Beretta Giu-

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seppe, Berger Giuseppe Ferdinando, Bertolini Renato, Beux Renato Ludovico, Bocchi Giovanni,Bonardi Giuseppe, Bonciani Alighiero, Bonfanti Enrico, Bonfili Étienne, Bosco Pierino, Campo Gio-vanni, Cannonero Luigi, Canonica Antonio, Carboni Gilberto, Chiesa Oberdan, Colani Giuseppe, ContiRenato, Costetti Renato, Couder Christine, Croce Emilio, Curti Angelo, Dabalà Angelo, Falco Ber-nardo, Fonovich Arturo, Frau Giuseppe, Gasparelli Cesare, Gherardi Nello, Ghini Vittorio, Gilli Mi-chele, Giovannini Spartaco, Guerini Pietro, Landini Enea, Lari Pietro, Leone Francesco, LombezziNazzareno, Magoga Antonio, Malacarne Giovanni, Mambrin Antonio, Marchetti Giuseppe, Marchi-na Angelo, Minghetti Giuseppe, Montanar Rocco, Motta Adamastore, Muccini Ugo, Nappi Antonio,Nardini Domenico, Nerozzi Amedeo, Orlandini Vittorio, Pais Giordano, Pasini Giulio, Pavanin Pie-tro, Pezzetta Augusto, Poli Gino, Premoli Giovanni, Ramazzini Pietro, Rinaldi Gottardo, Rolla Dome-nico Bruno, Rubini Libertario, Scalcon Vittorio, Senna Pietro, Silvestrini Umberto, Spada Angelo,Sparano Ciro, Stagnetti Felice, Tamburini Giovanni, Tollot Giovanni, Tonussi Antonio, Verc France-sco, Vico Luigi, Vivian Romeo, Volpato Lindo, Wedin Edward, Zanettin Paolo, Zennaro Giovanni,Zocchi Lino, Zurilli Orlando

21 Si veda F. LEONE, Faccia a faccia col nemico, cit., p. 102.22 Si veda P. SPRIANO, op. cit., p. 89.23 Si veda EMILIO Lussu, La legione italiana in Spagna, in “Giustizia e Libertà”, 28 agosto 1936.24 Entrambi già nel mirino della polizia fascista, si erano accordati con il responsabile spezzino del

Pcd’I Anelito Barontini per eluderne la sorveglianza e, contando sulla connivenza del concittadino ecompagno Eugenio Vignale, in quegli anni milite di frontiera in servizio sul confine jugoslavo, attraver-so l’Austria avevano infine raggiunto Parigi e di lì, in treno, la Spagna. Lo stesso Vignale, scoperto daisuoi superiori, sarebbe stato costretto ad espatriare e a gettare la divisa per indossare la tuta di mili-ziano garibaldino in Spagna prima e quella di partigiano in Belgio poi. Su questa poco nota figura dicombattente antifascista e sulla rocambolesca fuga dei due v. ANTONIO BIANCHI, Gli spezzini allaguerra di Spagna, in Antifascismo e Resistenza alla Spezia (1922-1945), La Spezia, Istituto sto-rico della Resistenza, 1987, p. 56 e Il diario di Ugo Muccini, cit. Sull’attività di Rolla in Abissinia siveda anche la bella testimonianza di ANTON UKMAR, Contro il fascismo su qualsiasi fronte, in ENZO

RAVA (a cura di), I compagni. Scritti e testimonianze, prefazione di Giorgio Amendola, Roma, Edi-tori Riuniti, 1971, pp. 297-303.

25 Il 75% dei componenti la centuria proveniva dalla Francia, il 4,54% dalla Svizzera, altrettantodal Belgio e dal Lussemburgo, il 2,27% dall’Italia, l’1,13% dall’Unione Sovietica, nella stessa per-centuale i già residenti in Spagna, mentre del 6,81% non è stata determinata.

26 Altri sette provenivano dal Piemonte, cinque dalla Liguria, uno dal Trentino, tre dal Lazio, unodalle Marche, uno dalla Sicilia e uno dalla Sardegna. Di undici non è stata determinata.

27 Questo il ritratto che ne traccia López: “Con la Sozzi combatté a Pelahustán, Chapinería e poipassò al battaglione e alla brigata Garibaldi, e partecipò a tutte le battaglie fino alla caduta della Re-pubblica. In Francia fu internato a Saint-Cyprien, Gurs, Argelès e Vernet. Fuggito dal Vernet, rag-giunse a Tolosa le forze di liberazione e fece parte, col grado di maggiore, della IX brigata partigianaspagnola agli ordini del generale Riquelme” (cfr. A. LÓPEZ, op. cit., p. 11).

28 “Ha un foro alla tempia sinistra. La testa inclinata in un pozzo di sangue. L’occhio sinistro èaperto, vitreo. L’occhio destro è semichiuso. Sollevo il suo corpo, che mi ricade pesantemente sottola mano. Stringo il suo braccio sinistro: è freddo, il polso non batte più... [...] Seppi poi che era cadutoaccorrendo in aiuto al compagno Ghini” (cfr. F. LEONE, Faccia a faccia col nemico, cit., p. 101).

29 Tre (pari al 4,28%) erano emigrati prima del 1920, ventisette (pari al 38,6%) tra il 1921 e il1925, ventinove (41,42%) tra il 1926 e il 1930, sette (10%) tra il 1931 e il 1935, quattro (5,7%) nel1936.

30 L’11,82% era emigrato prima del 1921. il 38,39% tra il 1921 e il 1925, il 28,62% tra il 1926e il 1930, il 15,36% tra il 1931 e il 1935, quattro (5,7%) nel 1936.

31 Molto precisa in proposito la testimonianza del solito Muccini: “A [una] riunione ne seguì subitoun’altra per giudicare il comportamento del caposquadra Frau ormai guarito da una ferita che non hamai avuto e che era riuscito a imboscarsi presso lo stato maggiore a far nulla, l’antipatia era ormaiaperta in tutt’i compagni, finché un giorno apparve nell’ordine del giorno con questa frase: ‘espulsodalla centuria G. Sozzi perché indegno di questo nome’ ecc. All’indomani fu accompagnato da dueguardie spagnole a Madrid e credo l’abbiano rimpatriato alla frontiera francese sempre accompagna-

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to dalle guardie repubblicane” (cfr. Il diario di Ugo Muccini, cit., p. 40-41).32 Trentuno degli appartenenti alla centuria (pari al 39,24%) erano nati nella fascia compresa tra il

1879 e il 1899, quarantuno (51,9%) tra il 1900 e il 1908, sette (8,86%) tra il 1909 e il 1911; di novenon è nota la data di nascita.

33 Ancora una volta ci viene in aiuto la testimonianza di Muccini, così precisa pur nella concitazio-ne della lotta: “I compagni si mettono a correre disordinatamente, Can[n]onero corre anche lui nelpiccolo burrone che andava sulla strada mi metto in ginocchio carico il fucile per di più non ho baio-netta e dopo corro dietro agli altri, non sono sicuro ma dal cappotto nero con la faccia rivolta a terraera lui senz’altro, Can[n]onero, dopo ferito ho visto un moro affondargli la baionetta attraverso laschiena” (cfr. Il diario di Ugo Muccini, cit., p. 58).

34 Sempre a Leone si deve uno dei primi articoli apparsi nella stampa comunista dedicati a Gasto-ne Sozzi, che aveva conosciuto a Torino a “l’Ordine Nuovo”. Cfr. F[RANCESCO] L[EONE], GastoneSozzi (Martiri della nuova Italia), in “Rinascita ”, a. II, 1945, n. 1, pp. 19-20.

35 Idem, p. 41.36 Idem, pp. 45-46.37 Da una lettera inviatami in data 17 dicembre 1983. Per una biografia completa si veda GIANNI

ISOLA, Francesco Leone, in F. ANDREUCCI - T. DETTI, op. cit., vol. III, Roma, Editori Riuniti, 1977,pp. 92-95.

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Tabella 1

Provenienza

Brigate Garibaldi % Centuria Sozzi %

Francia 1.996 59,50 66 6 75,00Italia 223 6,65 2 2,28Usa 104 3,10 - -Belgio 98 2,90 4 4,55Svizzera 60 1,80 4 4,55Urss 58 1,70 1 1,14Argentina 37 1,10 - -Lussemburgo 25 0,75 4 4,55Jugoslavia 19 0,55 - -Cecoslovacchia 4 0,13 - -Austria 2 0,07 - -Spagna - - 1 1,14

Totale 2.626 78,25 82 93,21Non determinata 728 21,75 6 10 6,79

Totale generale 3.354 100,00 88 100,00

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Tabella 2

Regioni di nascita

Brigate Garibaldi % Centuria Sozzi %

Piemonte 167 4,96 7 7,93Lombardia 225 6,70 12 13,64Liguria 77 2,30 5 5,68Veneto 309 9,21 10 11,36Venezia Giulia 132 3,94 9 10,23Trentino 29 0,86 1 1,14Emilia Romagna 209 6,25 17 19,32

Italia settentrionale 1.148 34,22 61 69,30

Toscana 145 4,32 10 11,36Lazio 41 1,22 3 3,42Umbria 32 0,95 - -Marche 26 0,78 1 1,14Abruzzo-Molise 12 0,36 - -

Italia centrale 256 7,63 14 15,92

Sicilia 43 1,28 1 1,14Sardegna 31 0,92 1 1,14Calabria 28 0,83 - -Puglia 19 0,57 - -Campania 19 0,57 - -Basilicata 2 0,06 - -

Italia merid. e insul. 142 4,23 2 2,28

Italia 1.546 46,08 77 87,50Non determinata 1.808 53,92 11 12,50

Totale generale 3.354 100,00 88 100,00

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Tabella 3

Anno di espatrio

Anni Brigate Garibaldi % Centuria Sozzi %

Prima del 1920 69 6,91 3 4,281920 49 4,91 - -

1a fascia 118 11,82 3 4,28

1921 44 4,42 1 1,431922 82 8,23 6 8,571923 98 9,84 7 10,001924 104 10,45 8 11,441925 54 5,45 5 7,16

2a fascia 382 38,39 27 38,60

1926 47 4,71 3 4,281927 28 2,81 3 4,281928 38 3,82 - -1929 67 6,73 10 14,281930 105 10,55 13 18,58

3a fascia 285 28,62 29 41,42

1931 41 4,11 2 2,861932 32 3,21 - -1933 30 3,01 2 2,861934 29 2,92 3 4,281935 21 2,11 - -

4a fascia 153 15,36 7 10,00

1936 58 5,81 4 5,70

Totale 996 100,00 70 100,00

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Tabella 4

Professioni

Categoria Brigate Garibaldi % Centuria Sozzi %

Operai 1.471 43,86 37 42,05Artigiani 254 7,58 13 14,78Impiegati 180 5,36 5 5,68Agricoltori 104 3,10 12 13,63

Totale 2.009 59,90 67 76,10Non determinata 1.345 40,10 21 23,86

Totale generale 3.354 100,00 88 100,00

Tabella 5

Età media

Fasce d’età Brigate Garibaldi % Centuria Sozzi %

1879-1899 695 32,90 31 39,241900-1908 1.193 56,46 41 51,901909-1911 225 10,64 7 8,86

Totale 2.113 100,00 79 100,00

Età media 34,36 35,39

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Qui e nella pagina seguente: combattenti della “Centuria Sozzi”. In basso: gruppo di feriti(il terzo seduto è Francesco Leone, riconoscibile anche nella successiva foto in alto)

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Guerra di Spagna

Due aspetti di carattere generale vanno preliminarmente e sinteticamente indicati alfine di meglio chiarire ciò che si dirà in seguito: il primo riguarda la bibliografia, e in par-ticolare la memorialistica, sulla guerra di Spagna; il secondo le novità e le peculiarità diquesto conflitto di epoca contemporanea.

Per il contesto storico nel quale si sviluppò, per la commistione tra attività diplomatica,lotta politica e mobilitazione rivoluzionaria, per l’intreccio che si stabilì tra forme tradizio-nali di scontro armato e guerra popolare, per le modalità con le quali si concluse la vicen-da lasciando in eredità strascichi polemici e insegnamenti politici, la guerra di Spagna alungo ha costituito un terreno fertile per ricostruzioni storiche che fondevano insiemepassionalità ideologiche, esaltazione di memorie, eventi ed emozioni. Soggettività e rico-struzione storica connotano sin dall’inizio la bibliografia sul tema: a cominciare da quelbrillante e affascinante testo di George Orwell. “Ritengo che su avvenimenti come questinessuno sia o possa essere completamente veritiero. È difficile essere certi di qualcosa,se non di quello che s’è visto con i propri occhi, e consciamente o inconsciamente, ognu-no scrive con una certa partigianeria”: così Orwell chiudeva il suo “Omaggio alla Cata-logna”, cogliendo quel tratto inconfondibile del distanziamento senza distacco, della visi-bilità possibile solo in virtù della presenza da un punto di vista inevitabilmente “partigiano”1.Da quel conflitto, via via, per alcuni decenni, storiografi e movimenti politici trassero in-segnamenti per il presente, facendone anche strumento di recriminazione o di rivalutazio-ne2.

Politica, memoria, ideologia, soggettività e storia si sovrappongono spesso nella biblio-grafia sulla guerra spagnola: e ciò non dipende solo dal fatto che molti intellettuali europeie non europei intervennero in modo diffuso e abbastanza inconsueto sui campi di batta-glia: intervento che servì a dare risonanza, quasi “in presa diretta”, ai fatti bellici e politicia livello mondiale e soprattutto a costruire un modello di conflitto in cui si intrecciavanosenso dell’avventura, coraggio individuale, passione politica, spirito di sacrificio e ten-sione etica.

Non infrequentemente l’aura di “romanticismo mediterraneo”, che ancora oggi avvol-ge la vicenda della “gloriosa Spagna”, ha condizionato la stessa ricostruzione storica e si ètradotta, secondo una bella metafora di Bernard Knox, in un predominio di Calliope su Clio,cioè dell’epica raccontata sull’analisi rigorosa di fatti e documenti3. Tutto ciò rende dav-vero complessa la vicenda spagnola. Tanto più quando - se accantoniamo le valutazioni sullecause lontane, di lunga durata, che originano il conflitto4 - questa guerra si conclude conuna indiscutibile sconfitta delle forze più autenticamente democratiche; eppure la scon-

Antonio Roasio e le brigate internazionali

Spontaneità e organizzazione nella guerra civile spagnola

di Adriano Ballone

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fitta non si traduce in “disperazione”, per quanto bruciante, non ha i toni, le intensità e icolori della “disfatta” irreparabile. Ancora una volta lucidamente lo ha intuito Orwell: “Ilrisultato non è necessariamente disillusione e cinismo. Fatto curioso, tutta l’esperienzaspagnola non ha diminuito per nulla la mia fiducia nella dignità e nella bontà degli esseriumani”5. Non è trascurabile il fatto che tale marchio di sconfitta con dignità e prospettivadi riscatto, elemento identificatore della guerra antifranchista, sproni i partecipanti a ri-creare quella che André Malraux, in “L’espoir”, chiama l’“illusion lyrique” e che consen-te di stabilire analogie e differenze, di cercare riscontri e trarre, in una parola, lezioni peril presente. Ad esempio, Antonio Roasio, in quello che nel 1984 fu forse il suo ultimointervento pubblico, scriveva: “Ritengo più che giusto ricordare gli avvenimenti che carat-terizzarono gli anni trenta in Spagna. [...] Viviamo di nuovo, oggi, un momento di acuta ten-sione internazionale, di contrapposizione e di blocchi, la corsa agli armamenti è semprepiù affannosa, la guerra nucleare, che distruggerebbe l’umanità, diventa sempre più un pe-ricolo reale. Altrettanto ampio è il fronte della protesta contro la guerra, per ristabilireforme di collaborazione tra i paesi, per assicurare pace e libertà ai popoli”6.

Tra tutti questi motivi, che nel leggere la vicenda della guerra spagnola vanno tenuti pre-senti, uno in particolare, per il tema che tratto, va sottolineato: la guerra di Spagna costituìper il gruppo dirigente comunista italiano un momento di indiscutibile rilevanza. Con qualcheenfasi si potrebbe dire che il gruppo dirigente comunista italiano si diede, grazie alle pro-ve affrontate durante quella esperienza, una fisionomia che resterà solida, quasi tessutoconnettivo, nei successivi quarant’anni, in certo modo si stabilizzò come partito. Questa èl’opinione, ad esempio, di Giuliano Pajetta: “Proprio gli anni della guerra di Spagna, comee forse ancor più di quelli del Fronte popolare in Francia, diedero un contributo decisivoa creare le condizioni di base per un Partito comunista italiano reale con una solidità diinquadramento, una chiarezza di orientamento generale, una fiducia nelle proprie forze eun legittimo orgoglio nazionale che permise il superamento delle grandi difficoltà attra-versate, proprio in quegli anni (1937-1939), dal partito ufficiale, debole nei collegamentiinterni, travagliato nella direzione, sottoposto a critiche severe e anche ingiuste (si veda ildiscorso di Manuilskij al XVIII Congresso del Pcus, del marzo 1939) da parte di autore-voli esponenti dell’Internazionale”7.

Pajetta indica chiaramente alcuni “problemi” di storia del Pci che, in sede storiografi-ca, devono ancora essere chiariti: quali “apprendimenti” ricavò il gruppo dirigente comu-nista italiano - in parte residente a Mosca, in parte disperso nell’emigrazione politica, inparte impegnato in prima linea nella guerra spagnola - da quella vicenda? Quale incidenzaebbe l’esperienza spagnola non solo rispetto alla partecipazione al movimento di libera-zione italiano, ma anche alla strategia e alla tattica politica di almeno due decenni succes-sivi alla fine della seconda guerra mondiale? A quali risultati approdò il “complesso e ar-ticolato intreccio di cause generali e di motivi personali”8 che caratterizzò la guerra civilespagnola e anche l’intervento del Pci e dei suoi dirigenti?

Lo scopo di questo saggio è ben più limitato: concentra l’attenzione sulla partecipa-zione di Antonio Roasio alla vicenda spagnola, sul come questo dirigente comunista vissee interpretò quell’evento. Peraltro non si può trascurare il fatto che questo dirigente co-munista, non di secondo piano, in Spagna ricoprì un delicato incarico e che, per così dire,in quel ruolo si specializzò. Una analisi della partecipazione di Roasio ci consente in talmodo di illuminare alcune questioni che la pur vasta bibliografia sull’argomento, e in par-ticolare sulle brigate internazionali9, ha talvolta sottovalutato.

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Antonio Roasio in Spagna

Un primo elemento rilevante: la presenza di Antonio Roasio in Spagna è circoscrittacronologicamente a non più di un anno, dall’ottobre 1936 all’ottobre 1937. Per quanto sitratti di un anno cruciale, segnato da alcune delle battaglie più famose, si direbbe, ad unaprima superficiale valutazione, che la partecipazione di Roasio alla guerra di Spagna siamarginale e secondaria, non certo simile a quella di un Francesco Leone o di un LuigiLongo: sul piano personale, insufficiente a determinare un orientamento politico; sul pia-no generale, poco significativa, impressione questa che pare confermata da altri indicato-ri: il nome di Roasio appare ben poco citato nella storiografia e nella memorialistica10 etalvolta con riferimenti inesatti. Sul piano militare l’anno spagnolo di Roasio coincide ap-prossimativamente con la difesa di Madrid: la sua presenza è segnalata a Cerro de los An-geles, alla Ciudad Universitaria (dove, secondo le imprecise informazioni della poliziafascista11, sarebbe stato ferito in modo grave) e infine a Pozuelo de Alarcón, dove, il 1dicembre 1936, per lo scoppio di una granata restano feriti Longo, il “Campesino” e, “unpo’ più gravemente”, lo stesso Roasio12. Si tratta di una ferita alla gamba che lo costringe-rà ad un mese di inattività nell’ospedale delle retrovie e ad un periodo di convalescenza adAlbacete. Lascerà la Spagna proprio in coincidenza con la caduta delle Asturie. Non risul-ta - sulla base della sua stessa testimonianza, della bibliografia, delle note informative dellapolizia italiana - essere presente ad altre battaglie, né pare si sia distinto in scontri a fuocoo in azioni arrischiate: giunto in ottobre, ferito in dicembre, inattivo sino a marzo, riparti-to nell’ottobre successivo, si direbbe che la sua vita in Spagna sia trascorsa nell’anonima-to, discreto, marginale, caratteristico di un lavoro oscuro e assai poco gratificante. Eppu-re non è così. La presenza di Roasio in Spagna, per quanto breve, per il ruolo che svolge eper gli stretti legami con il movimento comunista internazionale, non è quella di un sem-plice militante. Sino alla partenza per la Spagna, Roasio ha svolto a Mosca, al fianco diTogliatti, il compito di funzionario dell’ufficio quadri del Comintern: ha maturato unaconoscenza non superficiale dei problemi organizzativi e del “carattere” dei militanti co-munisti. È questa una prima ragione che rende non credibile l’affermazione, contenutanell’autobiografia, circa la decisione di partire “volontario” per la Spagna. Indubbiamentele sue doti e qualità temperamentali ne fanno un uomo poco propenso al lavoro d’ufficioe più invece all’azione: lui stesso si autodefinisce un impulsivo, poco aduso alle diploma-zie, anche impaziente e facile ad accendersi13. D’altra parte non pare il tipo da ritrarsi da-vanti al pericolo, che anzi affronta, quando necessario, in modo ardimentoso. Che lui stes-so solleciti l’invio in Spagna è del tutto convincente. Tanto Teresa Noce che Paolo Spria-no e Luigi Longo però, ritengono il suo ruolo importante14. In Spagna viene inviato con uncompito preciso - non necessariamente formalizzato in documenti ufficiali - che gli im-pone altresì di non esporsi oltre misura: per questo la sua presenza pare defilata.

Non sfugge questo dato alla Prefettura di Vercelli che, in data 12 marzo 1937, segnalaal Ministero dell’Interno l’informazione pervenuta: “Secondo notizie fornite, il comuni-sta in oggetto troverebbesi in Spagna, nelle milizie rosse dove rivestirebbe un alto gra-do”15. Cautelativamente andrebbe detto che, e non solo sulla base della documentazioneraccolta nel Casellario politico centrale, la polizia fascista e i suoi informatori non semprerisultano attendibili: appaiono talvolta meno occhiuti ed efficienti o più intriganti che ri-gorosi, nel tenere sotto controllo azioni, contatti, spostamenti dei “sovversivi” iscritti nelCasellario “per il provvedimento di arrestare”. L’attività informativa della polizia è certo

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assidua e intensa, ma a volte la macchina organizzativa, seppure ben oliata, pare incepparsie girare a vuoto per eccesso quasi di zelo burocratico16: inceppamenti che consentono pro-babilmente un qualche margine di manovra alle forze antifasciste attive in Italia, un usodelle distensioni nella fitta maglia del controllo repressivo e intimidatorio. In genere, però,l’informazione poliziesca si rivela attendibile e ad ogni buon conto in questo caso - l’im-portanza del ruolo di Roasio in Spagna - non sbaglia. Roasio parte per la Spagna con uncompito preciso e importante.

Conviene allora seguire le tappe del tragitto da Mosca a Madrid al fine di illuminarealcuni aspetti che possono risultare decisivi nel caratterizzare le funzioni che poi svolgeràtra i miliziani garibaldini. La decisione di partire per l’avventura spagnola viene presa aMosca - a quanto dichiara lo stesso Roasio17 - di concerto con Togliatti: contraria è inve-ce, per ragioni che non conosciamo, ma che possiamo sospettare, la dirigente russa del-l’ufficio quadri del Comintern dove Roasio lavora. Parte da Mosca - dove risiede oramaida una decina d’anni - il 10 ottobre 1936 in treno, con passaporto cubano e del tutto digiu-no di lingua spagnola. Nel viaggio da Mosca a Parigi è con un comunista austriaco, anchelui destinato alla Spagna, che parla spagnolo, ma non l’italiano e il russo, lingue che cono-sce Roasio: sarà un “viaggio di muti”, ricorda divertito lo stesso Roasio.

Quella data - ottobre 1936 - non è senza significato. Alla metà di ottobre Stalin impri-me una svolta alla politica nei confronti della vicenda spagnola: si conclude quella che Spria-no ha chiamato “l’iniziale fase di incertezza diplomatica”, dovuta alla prudenza nei rappor-ti internazionali e alla sottovalutazione del “caso spagnolo”18. È del 19 settembre la “riso-luzione del Segretariato politico sulla questione della Spagna”, dell’Internazionale comu-nista, risoluzione che fissa gli obiettivi dell’intervento comunista: tra l’altro, un diversoatteggiamento nei confronti dei proprietari di terre e di fabbriche; soprattutto l’intenzione“di lottare con decisione contro l’utopistico programma avventurista teso alla ‘creazionedi una società nuova’ quando il nemico è a 60 chilometri dalla capitale”; la necessità dipassare alla “trasformazione della milizia popolare in esercito popolare” mediante “l’in-troduzione della disciplina militare, l’esecuzione indiscussa degli ordini di guerra e lanomina di uno stato maggiore”19. Del 16 ottobre è il telegramma di Stalin a José Diaz,mentre alla fine di ottobre risale il primo arrivo in Spagna, ad Alicante, della nave sovieti-ca Kuhan che trasporta i tanks e i primi trenta aerei. Il 27 agosto Marcel Rosenberg, primoambasciatore Urss in Spagna, aveva presentato le credenziali al presidente Azaña. Dunque,la partenza di Roasio coincide con la decisione di Stalin di assumere un più preciso impe-gno di responsabilità e di solidarietà militare e politica nei confronti della repubblica spa-gnola dopo lo sbarco delle truppe di Franco sul territorio nazionale: l’invio ad agosto didue milioni di dollari da parte dei sindacati sovietici aveva prefigurato il superamento del-la iniziale fase di incertezza dei dirigenti comunisti, dovuta anche ad una reale sottovaluta-zione dell’evento. Assieme a Roasio, a distanza di breve tempo, altri dirigenti comunistipartono per la Spagna: ai primi di ottobre vi ritorna Longo e vi giungono André Marty, Giu-seppe Di Vittorio, Giuliano Pajetta, Velio Spano, Teresa Noce, Osvaldo Negarville20.

Per la verità non sono venute a mancare le ragioni della prudenza diplomatica stalinia-na. Però un fatto nuovo, e imprevedibile, si è verificato: si vanno costituendo i primi rag-gruppamenti di volontari provenienti perlopiù dalla Francia, ma di varie nazionalità, decisia combattere a fianco e in difesa della repubblica. Non si tratta più di un volontariato dipiccole dimensioni. Questo afflusso di volontari (molti dei quali dichiaratamente comu-nisti), caratterizzato da accentuato spontaneismo, che fa nascere “un esercito popolare,

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improvvisato e insieme fortemente politicizzato”21, pone all’Internazionale dei partiticomunisti e al governo dell’Urss problemi, anche sul piano dei rapporti internazionali, nonrisolvibili con semplici gesti di solidarietà ideale o diplomatica. Organizzare questi vo-lontari diventa compito primario, tanto più che il governo di Largo Caballero si mostrainadeguato sotto tutti gli aspetti e, come ha bene messo in luce Santos Juliá, il conflittointerno al Fronte popolare si è fatto aspro dovendo determinare chi avrà l’egemonia realedell’azione politica e di governo22. Già nell’agosto 1936 “Mundo obrero”, organo ufficia-le del Pce, partito a scarso radicamento sociale, aveva perorato la formazione di un eser-cito popolare, con un comando unico ed una severa disciplina militare23. Di lì a poco lecocenti sconfitte militari (caduta di Oropesa del 30 agosto, di Talavera il 4 settembre, diIrún il 5, di San Sebastián il 15, di Toledo il 27 ad opera del generale Varela) renderannoperentoria tale esigenza. La partenza di Roasio si inserisce in questo quadro di riferimen-ti: quando giunge in Spagna, sono già oltre seicento i volontari italiani, perlopiù comunistie anarchici, animati da intensa fede internazionalista e rivoluzionaria, arruolatisi sponta-neamente e con scarsi o nulli collegamenti con il partito. Scrive Spriano che i dirigenticomunisti italiani ricevettero “una scossa dalle cose di Spagna”24: dopo anni di isolamen-to e di difficoltà nel lavoro in Italia, scoprirono di poter contare su di una base socialereale, anche se eterogenea e in gran parte sconosciuta. Uno dei compiti di Roasio, se nonil compito principale, è appunto quello di organizzare e vigilare politicamente su questamassa di volontari giunti dall’Italia. Perché viene scelto Roasio per svolgere questo com-pito? Alcune indicazioni ci possono venire se ci soffermiamo sulla personalità di questodirigente comunista e, in parte, sulla sua biografia.

Soggettività e rivoluzione: la biografia di Roasio

Partito il 10 ottobre da Mosca, giunge il 14 a Parigi dove riceve le “indicazioni neces-sarie”. Il 19 è a Madrid dopo un fortunoso viaggio in aereo. Immediatamente si reca allasede Ce del Pce, dove incontra Codovilla: i due si conoscono da tempo e Codovilla vor-rebbe trattenere Roasio presso la sezione quadri del Ce. Declina però l’invito e parte, se-condo un evidente piano di istruzioni, per Albacete, centro organizzativo delle brigate in-ternazionali. La sera stessa del 19 incontra Vittorio Vidali e Nino Nannetti, e soprattuttoFrancesco Leone, “il solito allegro, ma brontolone”. L’incontro con Leone è, a detta diRoasio, calorosissimo, ha quasi i toni della rimpatriata. Il ricordo comune va agli anni 1920-23, alle riunioni dei responsabili biellesi e vercellesi della Fgc: intensi anni di formazionepolitica e culturale e di consolidamento delle basi ideologiche. Per il ventenne Roasio questianni e questa attività politica segnano le tappe della sua formazione come “coscienza po-litica di classe”25. Anni di confronti e di scontri ideologici e programmatici tra il Partitosocialista e il gruppo bordighista particolarmente solido in quelle federazioni. Il gruppobordighista fa capo a Pietro Secchia, mentre Roasio è schierato con i dirigenti socialisti.Pietro Secchia ricorda in particolare un episodio rivelatore dei primi tempi, quando la suainfluenza sulla Federazione socialista giovanile locale non è ancora piena, prima dunqueche si sia imposta l’“egemonia di classe” sul movimento operaio biellese: durissima è laprotesta di Roasio, dirigente socialista giovanile, nel 1919 contro la decisione di Secchiadi costituire un “circolo giovanile socialista in una sede diversa da quella della sezione delPsi e senza chiedere il permesso a loro [i dirigenti giovanili locali] e senza soprattutto pre-levare tessere e bollini da loro”26. La “fedeltà al partito” e la sua “difesa” sono due orien-

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tamenti solidi della personalità politica di Roasio in tutta la sua vita: cosa che non gli im-pedisce di passare, diventandone subito un dirigente provinciale, dal Psi al Pcd’I assiemea quasi tutto il gruppo socialista giovanile, “ad eccezione di un piccolo gruppetto capeg-giato da Salvatore Furno”. È quello giovanile comunista un gruppo di “scaldati” che la po-lizia novarese tiene sotto stretta sorveglianza a partire dal 1922. Risale all’aprile 1925 laprima scheda di segnalazione di Roasio: vi viene descritto - con quale efficacia identifica-trice sarebbe giusto chiedersi - di corporatura snella, di spalle larghe, mani larghe, gambelarghe, piedi larghi. Il cenno biografico a lui dedicato è molto approssimativo e assai inge-neroso: “Nel pubblico riscuote fama poco buona. È di carattere violento, di educazionevolgare e di intelligenza mediocre. Ha fatto la 5a elementare. È lavoratore manovale e traei mezzi di sussistenza dal lavoro. Frequenta le compagnie dei sovversivi. In famiglia sicomporta in maniera da non dare luogo a rilievi. Non ha coperto cariche amministrative opolitiche. È iscritto al P.C. ed esercita scarsa influenza nell’ambiente in cui vive. Non hamai dimorato all’estero. Non ha mai collaborato alla redazione di giornali sovversivi. Ri-ceve e legge i giornali del P.C. Fa propaganda spicciola fra i compagni di lavoro ma non ècapace di tenere pubbliche conferenze”.

La polizia politica fascista è sprezzante nei suoi giudizi sui “sovversivi”, però tra le tanteovvietà, immagini stereotipate, illazioni gratuite di questa scheda poliziesca alcune anno-tazioni possono interessare poiché risultano penetranti e confortate dalla stessa testimo-nianza autobiografica di Roasio: l’impulsività del temperamento; le difficoltà reali, per luifiglio di bracciante agricolo poverissimo, di formarsi una cultura anche solo di tipo ele-mentare, difficoltà accentuate anche da un conflittuale e problematico inserimento nel-l’ambiente di lavoro biellese - a giudizio dello stesso Roasio - piuttosto chiuso e corpora-tivo; il rapporto sofferto - così tipico della classe operaia - con la scrittura, con il “parlarein pubblico”, con i dibattiti politici formalizzati. Tutto ciò resterà un tratto non modificatonel profondo della personalità di Roasio, anche quando potrà dirsi, dopo gli intensi anni di“apprendistato” in Urss, un dirigente formato. L’apprendimento nelle scuole di partitodell’Internazionale, la frequentazione assidua dei compagni più istruiti (primo fra i qualilo stesso Togliatti), gli incarichi nella direzione del movimento comunista italiano e inter-nazionale costituiranno per lui un potente stimolo di alfabetizzazione culturale e politica,ma non smusseranno del tutto, ad esempio, le impervietà nell’uso della lingua scritta: ilsuo lessico politico e ideologico esprime una particolare predilezione per i toni forti,ultimativi, per le metafore colorite e un po’ abusate, per le espressioni retoricamente pre-costituite e frequenti nei moduli oratori del linguaggio propagandistico dell’epoca stali-niana. Questo lessico, per Roasio, ma anche per tutta una generazione di dirigenti e dimilitanti comunisti, è anche la spia (e l’affermazione implicita) di una fedeltà ideologica,così necessaria in quegli anni alla sopravvivenza nell’emigrazione e nella miseria27.

L’incontro con Francesco Leone - sempre citato nella autobiografia di Roasio con gran-de stima e rispetto e un sentimento di simpatia (anche se questo non esclude momenti didivergenza e anche dissapori) - è certo qualcosa di più di una rimpatriata: Leone farà damentore al nuovo arrivato nei suoi primi giorni di vita spagnola. Stando alla stessa testi-monianza di Roasio, Leone, oramai esperto di “cose spagnole”, essendo stato tra i primi agiungere in Spagna, gli sottopone un inventario: “L’esperienza del primo gruppo di volon-tari antifascisti italiani e polacchi organizzati nella centuria Gastone Sozzi, le difficoltàincontrate per avere un armamento efficiente, la mancanza di coordinamento tra le varieunità militari che operavano sullo stesso fronte, l’impulso volontaristico, anche indisci-

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plinato, delle unità miliziane, l’incapacità delle nostre colonne di fronteggiare un nemicomeglio organizzato e meglio armato in campo aperto”28.

Sintomatica quell’esplicita sottolineatura della indisciplina come carattere costituti-vo delle prime formazioni internazionali. Questo della disciplina è un topos della pedago-gia politica di Roasio, ma anche una delle questioni centrali attorno a cui ruota il rapportotra movimento operaio internazionale e guerra antifranchista in Spagna. Su questo temaoccorre soffermare l’attenzione per meglio intendere la natura e la portata storica del ruolodi Roasio nella organizzazione di volontari e nella guerra spagnola: anche su questo aspet-to la ”lezione” (secondo l’espressione di Giuliano Pajetta) che i comunisti italiani ricave-ranno sarà preziosa.

Necessità e senso della disciplina

Il tema della disciplina - s’è detto - è un tema centrale nei discorsi di Roasio. Anchesotto il profilo temperamentale manifesta per la improvvisazione, per la disorganizzazio-ne, per la inefficienza, lui operaio abituato alla cooperazione organizzata ad un fine comu-ne, un fastidio e una insofferenza che rasentano talvolta l’incomprensione e la chiusurasettaria: si tratta, per lui, di una “spontaneità” non funzionale. Così ad esempio descrivel’esperienza quotidiana dei miliziani nei primi mesi di guerra: alla caserma nazionale:“Alloggiavano oltre duemila volontari di tutte le nazionalità, la confusione era quindi inevi-tabile, e ciò permetteva ai furbi di sfuggire i servizi o disertare le esercitazioni in piazzad’armi. Scoppiavano liti per un nonnulla, sparivano gli oggetti personali, si strappava ilmaterasso di sotto a chi ci dormiva, e tutto ciò senza potersi spiegare a parole. In questecondizioni cresceva il malcontento ed era impossibile osservare l’orario e mantenere unacerta disciplina”. Ma soprattutto: “I combattenti erano dei volontari e dei democratici econsideravano quindi un diritto e un dovere pronunciarsi liberamente su tutte le questioni,scegliere e criticare i propri dirigenti; aspiravano a un’uguaglianza che non sempre è pra-ticabile nella vita militare, quando la disciplina è una condizione necessaria per il buonandamento delle operazioni; aborrivano i gradi, il saluto agli ufficiali: e prima di conside-rare gli ufficiali come tali, volevano vederli alla prova del fuoco”29.

Il “problema” della disciplina è per i comunisti in quegli anni una necessità e un cruc-cio: sono anni nei quali, secondo Luigi Longo, “il partito, i suoi organismi dirigenti, la suaunità dovevano essere difesi ad ogni costo, sia nei dibattiti interni, che negli scontri congli avversari e i nemici. Le decisioni di questi organismi dovevano essere accettate da tuttii compagni come leggi inviolabili. Con lo stesso spirito di disciplina dovevano essereaccettate le designazioni personali agli incarichi di lavoro e alle responsabilità di direzio-ne del partito”30.

Ed esplicitamente fa riferimento alle “manifestazioni di indisciplina politica e orga-nizzativa” che avevano preceduto la guerra di Spagna nel partito e nell’Internazionale: di-sciplina, fedeltà ideologica, obbedienza alla gerarchia, rispetto dell’autorità sono finaliz-zate, in quegli anni, alla sopravvivenza del partito. Aspetti che contraddicono le motivazio-ni che spingono i volontari internazionali in soccorso della Spagna democratica, motiva-zioni che più si avvicinano, sia pure con connotazioni romantiche e idealistiche, all’espe-rienza di una democrazia diretta, inevitabilmente disordinata e spontanea. Roasio è uno diquei dirigenti comunisti che verrà inviato in Spagna con l’incarico di dare una “organizza-zione” al volontariato.

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Per temperamento, per convinzione ideologica, per educazione politica, per affinitàculturale con lo “spirito dei tempi” all’interno del movimento comunista internazionale,per questioni oggettive, Roasio appare, più di altri, adatto a questo compito. Lo confermala sua stessa autobiografia: di aver ricevuto questo incarico Roasio non solo non nega, maindirettamente rivendica come manifestazione del suo impegno di “rivoluzionario profes-sionale”. Rivendica con orgoglio di essere militante disciplinato e fedele e per intima con-vinzione. È ben vero che tutta l’autobiografia è costruita sulla base di collaudati modelli diautorappresentazione ricorrenti nelle autobiografie dei militanti comunisti di formazioneleninista e bordighista31: il modulo narrativo lo descrive come “ribelle nato”, vissuto inuna nera miseria, capace però di emanciparsi dalla condizione di bracciante agricolo ediventare operaio-proletario, anche acculturato e soprattutto dotato di coscienza politicaraggiunta grazie alla mediazione del partito-avanguardia, al quale si è riconoscenti ancheper la disciplina che ha saputo imporre all’originario “ribelle”. Ad indurci ad una qualchemaggiore cautela nei confronti dell’autobiografia vi sono altri aspetti: scritta quasi di get-to nel 1975-76 e pubblicata dell’editore Vangelista, non nasconde il disappunto di Roasioper il “rinnovamento” di quadri e di mentalità in corso nel Pci berlingueriano e per quellaproposta di “compromesso storico” che inquieta assai i “vecchi” dirigenti comunisti32.D’altra parte Roasio sulla vicenda spagnola lascia altre testimonianze, tutte in vario modo,sebbene di epoche diverse, convergenti. Al di là comunque delle questioni di interpreta-zione, la fedeltà di Roasio al partito è ribadita. In almeno altre due occasioni, di moltoposteriori agli anni di prima formazione politica, si rivela appieno.

La prima è del 1933 e riguarda una vicenda familiare: nel gennaio la polizia fascistaintercetta una lettera di Antonio al fratello e una alla sorella, ambedue da Mosca. La cor-rispondenza, che è anche in parte un’imprudenza, sia pure motivata, è originata da una pre-cedente lettera - che non conosciamo se non per via indiretta - della sorella ad Antonionella quale si esprime più che simpatia, una qualche comprensione per il regime fascista,oramai al potere da oltre un decennio, il quale avrebbe apportato “miglioramenti” ai ”po-veri” e alla loro condizione di vita, tra i quali la sorella inserisce la propria famiglia. Roa-sio, pur protestandosi più realista del re e capace di “guardare in faccia alla realtà e rideredi fronte agli scherzi che può giocarti la vita”, risponde con durezza non insolita. Accusa lacorrispondente di egoismo e ignoranza, di dimenticare i sacrifici sopportati dai genitori ela triste condizione di lui Antonio: se in Urss, scrive non percependone l’ironia, “non cisono miglioramenti è perché non esistono più capitalisti che ci sfruttano”. L’immaginedell’Urss che Roasio dipinge è anzi quasi idilliaca: “Le fabbriche, le officine, la terra, tut-to è proprietà dell’operaio, questi lavorano solo 7 ore al giorno, fanno riposo ogni 5 gior-ni e l’utile del lavoro non va a finire nella cassa dei capitalisti sfruttatori, ma nella cassadello Stato (Stato diretto dagli operai) dove viene distribuito una parte per sviluppare ilpaese e l’altra per migliorare la situazione degli operai”.

Quasi con gli stessi termini, la stessa fraseologia, gli stessi accenti accorati - e mal-grado, a distanza d’anni, le tante prove empiriche contrarie - difende, nel 1976, “il socia-lismo sovietico” nelle pagine conclusive dell’autobiografia33.

La seconda occasione, alla quale accenno fugacemente, riguarda lo scabroso incaricodi segretario della Federazione comunista torinese, che assume, per mandato della Dire-zione nazionale del partito, un paio di mesi prima del crollo Fiom alla Fiat. Dovrà gestireun’eredità pesante e difficile, uno sbandamento operaio devastante, una crisi della mili-tanza politica comunista senza precedenti e ancor più aggravata dall’aperta critica degli

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intellettuali torinesi a seguito dei fatti d’Ungheria. Il suo invio a Torino ha tutti i caratteridi una fase di decantazione politica per un dirigente “scomodo”: pesano, alla metà deglianni cinquanta, su Roasio sia i passati rapporti con Secchia, sia l’aver appoggiato incauta-mente e con convinzione nel 1951 la richiesta di Stalin di avere a Mosca Togliatti a dirige-re il Cominform. L’invio di Roasio a Torino, successivo alla battaglia di Togliatti contro le“satrapie“ delle segreterie regionali, per molti aspetti assomiglia a quello di Secchia inLombardia: a qualcosa che si può chiamare “declassamento per punizione”. Per certi aspettirisulterà meno tollerabile di quello di Secchia, dati i tesi rapporti tra Torino e Roma e ilmanifesto disagio dei torinesi verso un “estraneo” che non tarderanno a definire, in modoingeneroso, con l’epiteto di “bisonte”34. Eppure Roasio, in nome della fedeltà al partito,prenderà molto seriamente il suo incarico, rivendicherà il suo compito di “normalizzato-re” di una situazione che descriverà, bollando i torinesi come indisciplinati, in termini nondissimili da quelli con i quali ha descritto la vita quotidiana dei miliziani in Spagna. Fedel-tà al partito, necessità della organizzazione, rifiuto della spontaneità e dell’improvvisazio-ne sono le caratteristiche che fanno di Roasio l’uomo adatto allo scopo nella vicenda spa-gnola.

Del resto che i volontari in Spagna, soprattutto nei primi tempi, intendono la guerra inmodo peculiare e “indisciplinato” ci è confermato da molte fonti: non ultimo il giornale“Il Garibaldino”35. “Non era possibile - scrive Giorgio Amendola, quasi a giustificare unascelta, dell’Internazionale, dura -, se si voleva vincere la guerra, permettere un’autogestione,si direbbe oggi, della guerra, come veniva praticata soprattutto sul fronte catalano, doveerano frequenti le gite individuali dei combattenti in città, sia per partecipare a manifesta-zioni politiche, sia per passare una serata in famiglia”. D’altra parte, aggiunge, “dietro allaquestione della disciplina e del contrasto tra Madrid e Barcellona, v’era tuttavia la que-stione centrale della prospettiva politica”36. Il conflitto tra comunisti, socialisti, anarchi-ci, trotskisti e tra “politici” e “sindacalisti”37 coinvolgerà anche Roasio. Nell’anno in cuiegli è in Spagna, il suo ruolo di organizzatore si esplica con la nomina a commissario po-litico della Brigata Garibaldi. Il compito contempla diverse incombenze: molte ore sonodedicate al “lavoro politico”, all’orientamento ideologico, alla discussione con i titubantie gli indecisi, a rintuzzare la “contropropaganda“ degli avversari38. Molto tempo deve de-dicare alla conservazione o alla “ricucitura” di buoni rapporti unitari con gli altri gruppipolitici (socialisti, repubblicani, ecc.). Vi sono poi da garantire l’organizzazione dei servi-zi essenziali, il reperimento dei mezzi di trasporto truppe, il contatto quotidiano con ivolontari per infondere coraggio quando “cominciava a serpeggiare la diffidenza, diciamopure la paura”39.

Sul rapporto con anarchici e trotskisti, così centrale per il successo della strategia co-munista in Spagna e determinante per illuminare il ruolo politico di Roasio quale dirigen-te dell’Internazionale, l’autobiografia è assai avara di informazioni: quasi eclettica e reti-cente. Soprattutto con gli anarchici il problema dell’organizzazione ha risvolti non soloideologici. Ha scritto sulla questione Knox, testimone non sospettabile, commentando illibro di Ronald Fraser: “Meritano tale simpatia alla luce di quello che accadde loro permano dei comunisti; ma come difensori della repubblica sul campo lasciarono a desidera-re. Dire che le colonne anarchiche non erano una forza di combattimento efficace è usareun eufemismo. A volte dimostrarono un coraggio quasi folle e furono inclini a gesti dram-matici; ma non si poteva fare affidamento su di loro. Nessuno a Madrid si sentiva tranquil-lo con una formazione anarchica al fianco”40.

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Sono elementi che non si possono sottovalutare, tanto più che il progetto di orienta-mento e organizzazione, che Roasio è venuto a far funzionare, accusa difficoltà a realiz-zarsi persino tra le file comuniste. Secondo Giuliano Pajetta, il motivo per i dirigenti co-munisti “di maggiore sorpresa e di inquietudine era rappresentato dall’insufficienza di qual-siasi organizzazione militare, dall’incapacità dei più perfino a comprendere una tale ne-cessità”41. E anche quando verrà compresa, resteranno molte le riserve, soprattutto neiconfronti della gerarchia militare: Osvaldo Negarville, nell’autobiografia, scrive una durapagina contro l’abitudine dei “compagni comandanti” di utilizzare i volontari in parate edesibizioni: “Non accettiamo di diventare animali da esibizione”42.

L’insofferenza alla disciplina non è tanto, in questa occasione, un costume appreso oun atteggiamento caratteriale, è invece il risultato di un modo di intendere e praticare l’at-tività politica e politico-militare proprio di una “guerra di popolo” spontanea, che metteinevitabilmente in conflitto il comportamento del volontario con i “gesti misurati di alcu-ni membri dell’apparato giunti dall’Unione Sovietica a coordinare l’azione dei comunistiitaliani in Spagna” e che costerà a Leone, ad esempio, l’allontanamento dal fronte, malgra-do le ampie prove di affidabilità tattica e umana43. Peraltro - e la nota non è solo di costu-me - dalle testimonianze tutte è agevole ricavare i giudizi ora caustici ora d’affetto orapersino filiali dei volontari per i loro dirigenti e al di là delle barriere ideologiche: sinto-mo questo di un modo di vivere una guerra tutto particolare poiché qui “la lotta si sprigio-na dal basso, è feroce, ma a misura d’uomo”44. Da questo punto di vista la dirigenza comu-nista italiana potrà davvero ricavare preziose “lezioni” da applicare, di lì a qualche anno, almovimento che darà vita, in modo altrettanto spontaneo, alla Resistenza.

Il ritorno a Mosca di Roasio

Sulla base dell’autobiografia non è del tutto chiaro il motivo del rientro a Mosca diRoasio, dopo le battaglie di Mirabueno e di Majadahonda. Secondo la Noce e Vidali il suoallontanamento dal fronte è conseguente alle ferite riportate a Pozuelo. Più articolata è latestimonianza dello stesso Roasio: “È appunto di fronte alla gravità delle perdite che l’In-ternazionale comunista, verso la fine del 1936, inviò una nota ai partiti comunisti più im-pegnati perché procurassero di preservare quadri politici che, formatisi in lunghi anni diesperienza e di lavoro, ora cadevano numerosi come semplici combattenti”45.

La testimonianza è certo allusiva ai limiti della reticenza: la decisione di preservaredirigenti politici sperimentati, impedendo che possano cadere numerosi come semplicimilitanti, non può non corrispondere a una precisa valutazione del destino della guerra spa-gnola. In altri termini, significa riconoscere, alla fine del 1937, l’oramai inevitabile scon-fitta. Per la verità non ci sono conferme documentarie a questo. Certo, il ruolo di Roasioassume un’altra destinazione.

Nel gennaio 1937, non ancora del tutto ristabilito, si ritira al quartier generale di Alba-cete per organizzare l’ufficio matricole o ufficio quadri: lascia il suo incarico di commis-sario politico della brigata. Il suo compito ora è quello di accogliere i volontari, che giun-gono ancora numerosi, registrarne le generalità e il profilo politico, documentarsi sullastoria personale di ognuno, seguirne poi gli spostamenti e assicurare a tutti l’assistenzanei momenti di necessità. Anche ai commissari politici, da questo momento, secondo latestimonianza di Vittorio Vidali, vengono assegnate incombenze analoghe: “Il commissa-rio di guerra si interessa dei combattenti in quanto uomini. Li accompagna sempre: quan-

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do si arruolano, quando si addestrano, quando si inquadrano in unità di combattimento,quando vanno al fronte, quando combattono. Si interessa a tutto ciò che li riguarda: semangiano e se dormono, se vengono educati, se hanno qualche svago, o se hanno delle preoc-cupazioni”46.

Un ruolo di “tutoraggio“, che Roasio deve svolgere stando al centro della macchinaorganizzativa e non al fronte, è un ruolo che egli già conosce perché lo ha praticato a Mo-sca negli uffici del Comintern. Così che in questo frangente risulta “facilitato dal fatto chenumerosi compagni li avevo incontrati alla scuola Zapada e leninista di Mosca e di moltialtri conoscevo la biografia per la mia attività all’ufficio quadri del Comintern”47. Si di-rebbe che questo è un destino (e una competenza) strettamente legato alla sua militanzapolitica: nel dopoguerra sarà vice-responsabile della sezione di organizzazione e respon-sabile della sezione quadri fino al 1948, quando assumerà l’incarico di segretario regio-nale dell’Emilia-Romagna. All’ufficio quadri di Albacete resta sino all’ottobre 1937, almomento del suo rientro a Mosca. Come leggere questo mutamento di ruolo?

Secondo Giorgio Bocca, che riprende la testimonianza di Antonio Berti, allora respon-sabile politico dei comunisti italiani, e di D’Onofrio, successore di Roasio ad Albacete,l’incarico gli giunge direttamente da Togliatti che lo utilizza come testa di ponte e comecontrollore nella intricata situazione del gruppo dirigente comunista italiano48. Allo statoattuale della documentazione non conosco altri riscontri obiettivi a questa interpretazio-ne, che è però plausibile, oltre che per tutto ciò che si è sin qui detto, anche per alcuni altrielementi, in primo luogo quanto si dice nella stessa autobiografia.

“Mentre migliaia di comunisti, di antifascisti italiani combattevano la loro prima gran-de battaglia contro il fascismo, ed accumulavano una grande esperienza politica e milita-re, mentre decine e centinaia di migliaia di italiani in Francia si attivizzavano in questa bat-taglia per la pace e la libertà, creando una riserva di forze inimmaginabile da utilizzare versoil nostro paese, il Centro del partito continuava a discutere se il pericolo principale eral’opportunismo od il settarismo, si andava alla ricerca di quelle formule che dovevanogarantirci la purezza ideologica, approfondendo sempre più quei sintomi di crisi del cen-tro direzionale, crisi che interessava un ristretto gruppo di compagni dirigenti, sempre piùstaccati dal vivo della lotta, crisi che non aveva nessuna influenza diretta verso le migliaiadi comunisti che si trovavano in Francia”49.

Sono gli anni convulsi in cui, dopo aver attraversato una crisi di consenso profondissi-ma e tale da aver quasi annullato la loro presenza in Italia, i comunisti italiani, grazie allasempre più autorevole leadership di Togliatti che dalla guerra di Spagna rilancia la politi-ca delle alleanze50, avviano quel “nuovo corso” che li condurrà fuori dall’isolamento poli-tico.

Contemporaneamente muta l’atteggiamento dell’Urss nei confronti delle democrazieoccidentali, malgrado le oscillazioni della diplomazia e della politica estera: situazionequesta che si traduce anche in una più serrata lotta politica interna di partito e negli immi-nenti processi staliniani ai “deviazionisti”. Il controllo politico sul Partito comunista ita-liano si fa più stretto e la guerra di Spagna viene utilizzata come occasione propizia.

Un secondo riscontro, a conferma del ruolo di Roasio, proviene da una nota informa-tiva dell’Ambasciata italiana a Mosca, la quale tiene sotto stretta sorveglianza51 il gruppocomunista italiano residente all’Hotel Lux, peraltro non facilmente raggiungibile da ope-razioni spionistiche, essendo - come afferma una precedente nota informativa - controlla-to “more sovietico”, intendendo in modo sospettoso e rigido. Il telespresso così recita:

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“Da fonte attendibile risulta che il noto Antonio Roasio avrebbe da tempo fatto ritorno aMosca proveniente dalla Spagna, ove sarebbe rimasto ferito in una azione sul fronte diMadrid. Il Roasio avrebbe ripreso la propria attività in seno al Comintern, dove gli sarebbestato affidato il reclutamento, il controllo e la selezione degli emigrati politici italiani, esembra anche di altre nazionalità, desiderosi di recarsi in Ispagna, nonché altri incarichipolitici. Il Regio Ambasciatore Rosso”52.

Se all’apparenza si tratta di un problema irrilevante, quello del ruolo di Roasio nellaguerra di Spagna e nella organizzazione comunista italiana e internazionale, in realtà sol-leva interrogativi circa tre questioni non marginali alle quali occorre dare una valutazionepiù equilibrata e più complessa. La prima questione riguarda il rapporto tra reale spintaautonoma e spontanea dei comunisti e degli antifascisti per la difesa della “rivoluzionespagnola”, da un lato, e reclutamento-controllo-selezione diretto e promosso dal centroorganizzativo comunista: riguarda, cioè, il come e il perché di un controllo politico sullabase del partito, di cui nella guerra di Spagna si fanno le prime esperienze che tornerannoassai utili nel dopoguerra in Italia.

La seconda questione riguarda la natura delle relazioni tra gruppi dirigenti comunisti“nazionali” e linee di politica comune dell’Internazionale. In altri termini, si tratta di me-glio comprendere quali siano gli effettivi margini di autonomia o quali i caratteri dellasudditanza o invece i percorsi di un inevitabile adattamento che intercorrono nei rapportitra singoli partiti comunisti e direzione dell’Internazionale: ne verrebbe una più articolataanalisi di quel fenomeno che siamo soliti definire “stalinismo”. Qual è, in questa situazio-ne, il grado di “obbedienza” alle direttive? Il caso del rapporto tra Togliatti e Roasio puòessere esemplificativo. Malgrado la proclamata fedeltà al partito di Roasio, si direbbe chei rapporti tra i due dirigenti siano alquanto fluidi. Da un lato tra i due corrono incompren-sioni non marginali che Roasio nell’autobiografia non esplicita, ma neppure minimizza:incomprensioni intanto di carattere (l’uno è sino in fondo “operaio”, l’altro politico e uomodi cultura), ma anche politiche, strategiche e in parte ideologiche. Dall’altro lato trasparenei confronti di Togliatti un atteggiamento di obbedienza, frutto in parte del modello diautodisciplina e di autocontrollo e in parte conseguenza della maggiore delicatezza dellaposizione personale di Roasio (è l’unico dirigente comunista italiano che a causa dell’omi-cidio Rivetti del 1926 non può, neppure clandestinamente, rientrare in Italia: e questo rendela sua posizione assai debole).

La terza questione riguarda la tanto discussa vicenda dell’aiuto effettivo sovietico allarepubblica spagnola. Non è certo ancora possibile una valutazione complessiva e piena,ma alcuni elementi vanno messi in campo: ad esempio, nello stesso periodo in cui Roasioviene richiamato a Mosca, anche altri dirigenti comunisti (Di Vittorio, Negarville, ecc.)lasciano la Spagna, mentre viene avviata una profonda ristrutturazione del quadro dirigentedelle brigate Garibaldi.

Lo stesso Roasio poi, nell’autobiografia, muove esplicite critiche (quasi una polemicacifrata con destinatari non dichiarati) circa la scarsa combattività della resistenza armatadietro il fronte di guerra, nei paesi del Nord, nei paesi baschi, nelle Asturie53. Interessan-te, infine, il commento di Giulio Cerreti alla vicenda di “France-Navigation”: “Fu una bel-la festa e una rivincita su Stalin”54.

Ha probabilmente ragione Gabriele Ranzato quando sostiene che gli aiuti sovietici allaSpagna repubblicana “non superarono mai un determinato limite”55 anche al fine di impe-dire “sviluppi rivoluzionari della situazione spagnola” che avrebbero potuto far naufragare

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le possibili alleanze dell’Urss con le potenze democratiche occidentali. Peraltro, se l’af-flusso di volontari non cessò, andò però diminuendo a partire dal 1938.

Quando Roasio se ne va, nell’ottobre 1937, gli subentra Togliatti “Alfredo”, e una nuovafase comincia. Mi pare però necessario concludere queste succinte note con il convinci-mento che Roasio si porta appresso da quella, pur fugace, esperienza: “Sono convinto -scrive nel 1984 - che la grande lezione storica di quella battaglia popolare non fu piena-mente compresa dalle forze di sinistra”56. E intende dire che un meno timido interventoavrebbe alquanto giovato alla democrazia spagnola e al movimento comunista internazio-nale: a questo principio Roasio rimarrà sempre fedele.

1 GEORGE ORWELL, Omaggio alla Catalogna, Milano, Saggiatore, 1964, p. 279. Su questi aspettipresenti anche nella storiografia e nella memorialistica della Resistenza partigiana in Italia mi sonosoffermato in La dimensione esistenziale della banda partigiana, in “Rivista di storia contempora-nea”, a. XIX, n. 4, ottobre 1990, pp. 550-586.

2 BERNARD KNOX, Ricordando Madrid, in “Comunità”, a. XXXV, n. 183, novembre 1981, pp.176-177, sottolinea questi aspetti in un suo non retorico, ma commosso ricordo di quei giorni. Dopoaver citato Auden (Spain, 1937, la traduzione italiana di Silvio Piccinato è in DARIO PUCCINI, Ro-mancero della Resistenza spagnola, Milano, Feltrinelli, 1960, p. 383): “La storia agli sconfitti potràdire ‘peccato!’ ma non potrà dare né aiuto né perdono”, ricorda come persino “l’amnistia proclamatadopo la morte di Franco arrivò troppo tardi per gli esiliati, che avevano combattuto il fascismo così alungo e su tanti fronti. La storia era andata avanti senza di loro”.

3 B. KNOX, art. cit., p. 166. Si vedano a proposito delle testimonianze storiche, ad esempio, operequali GEORGE HILLS, The Battle for Madrid, New York, St. Martin’s, 1976; DAN KURZMAN, Mi-racle of November: Madrid’s Epic Stand, 1936, New York, Putnam’s, 1980; DOLORES Ibárruri,Memorie di una rivoluzionaria, Roma, Editori Riuniti, 1962; CONSTANCIA DE LA MORA, Glorio-sa Spagna, Roma, Editori Riuniti, 1976; PIETRO NENNI, Spagna, Milano, Sugarco, 1976. In partequesto atteggiamento ha condizionato anche la storiografia: si veda ad esempio HUGH THOMAS, Sto-ria della guerra civile spagnola, Torino, Einaudi, 1963.

4 Si vedano ad esempio PIERRE VILAR, Storia della Spagna, Milano, Feltrinelli, 1955; ID, Laguerra del 1936 nella storia della Spagna contemporanea, in “Critica marxista”, a. VII, n. 2, marzo-aprile 1969, pp. 91-117. Inoltre MANUEL TUÑON DE LARA, Storia del movimento operaio spa-gnolo, Roma, Editori Riuniti, 1972; CARLOS SEMPRUN MAURA, Rivoluzione e controrivoluzionein Catalogna, Milano, Feltrinelli, 1976. Vilar scrive, ad esempio, che per comprendere la guerraspagnola occorre in primo luogo ricostruire “l’ambiente di paura, di tensione, di rabbia sorda, origina-to dalla vittoria inaspettata del Fronte popolare, in tutti i nuclei di forze reazionarie e borghesi” (p.115).

5 G. ORWELL, op. cit., p. 279.6 ANTONIO ROASIO, Un’esperienza antifascista nella Spagna della guerra civile, in “l’impe-

gno”, a. VI, n. 1, marzo 1986, pp. 5-10. Si tratta della relazione svolta al convegno La guerra di

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Spagna: dalla memoria storica alla lezione attuale, Torino, 11-12 maggio 1984. Importante an-che, in quello stesso convegno, la relazione di ANELLO POMA, La guerra di Spagna: ricordi e ri-flessioni, in “l’impegno”, a. VI, n. 2, giugno 1986, pp. 29-34.

Entrambe sono ora ripubblicate in questo e-book (ndc).7 GIULIANO PAJETTA, Lezioni politiche della guerra in Spagna, in “Critica marxista”, a. IX, n.

3, maggio-giugno 1971, p. 106. Si veda anche VERNON RICHARDS, Insegnamenti della rivoluzio-ne spagnola (1936-1939), Pistoia, Edizioni “V. Valiera”, 1974.

8 Così si esprime GIANNI ISOLA, Francesco Leone e la centuria “Gastone Sozzi”. Analisiquantitativa di una leggenda, in “l’impegno”, a. VIII, n. 2, agosto 1988, p. 12 e ora in questo vo-lume.

9 Mi limiterò a ricordare M. TUÑON DE LARA, Storia della Repubblica e della guerra civile inSpagna, Roma, Editori Riuniti, 1966; H. THOMAS, op. cit.; BURNET BOLLOTEN, The Spanish Re-volution: The Left and the Struggle for PowerDuring the Civil War, Chapel Hill, University ofNorth Carolina, 1980; l’interessante CÉSAR M. LORENZO, Los anarquistas españoles y el poder,Paris, Ruedo Ibérico, 1972; la rassegna bibliografica di CLAUDIO VENZA, Gli anarchici e il Frontepopolare nella recente storiografia italiana, in CLAUDIO NATOLI - LEONARDO RAPONE (a curadi), A cinquant’anni dalla guerra di Spagna, Milano, Angeli, 1987; infine, ALDO AGOSTI (a curadi), La stagione dei Fronti popolari, Bologna, Cappelli, 1989.

10 Talvolta, occorre aggiungere, anche in modo scorretto e impreciso.11 Archivio centrale dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale Ps, Casellario politico

centrale, fascicolo “Antonio Roasio”, b. 4.356. D’ora innanzi le citazioni tratte da questa fonte ver-ranno segnalate nel testo.

12 A. ROASIO, Figlio della classe operaia, Milano, Vangelista, 1977, p. 127.13 Idem, passim.14 PAOLO SPRIANO, Storia del Partito comunista italiano, vol. III: I fronti popolari, Stalin, la

guerra, Torino, Einaudi, 1970, pp. 130-144; TERESA NOCE, Rivoluzionaria professionale, Milano,La Pietra, 1974, pp. 216-218; LUIGI LONGO - CARLO SALINARI, Dal socialfascismo alla guerradi Spagna. Ricordi e riflessioni di un militante comunista, Milano, Teti, 1976, pp. 359-360.

15 Si veda la nota n. 11.16 Sul nome di Roasio si concentrano ad esempio imprecisioni, incompletezze, infortuni informativi

derivati da omonimie, tali da sollevare seri dubbi sulla stessa attendibilità della fonte. Viene segnalatoancora in Spagna nel 1938. Prima della vicenda spagnola viene ricercato per qualche tempo con ilnome di “Boasio Antonio”, poi di “Rossic Antonio di Giuseppe”, poi di “Roasio Antonio di Impernia-to”, poi di “Lorasio Antonio”: imprecisioni inquietanti soprattutto se si tien conto che Antonio Roasioè ricercato per l’omicidio Rivetti. Nel 1932 un fitto carteggio tra la Prefettura di Bologna (città nellaquale Roasio ha svolto servizio di leva e si è segnalato come contestatore della disciplina militare),quelle di Vercelli e di Alessandria e il Ministero dell’Interno, è motivato da una parziale omonimia cheimpegna per qualche mese le forze dell’ordine nel tentativo di identificare un certo Roasio Giovanni,nato a Costigliole d’Asti, per un certo tempo istitutore presso un collegio salesiano bolognese, scam-biato per il dirigente comunista e risultato poi del tutto estraneo agli ambienti eversivi e persona di“moralità ineccepibile”. Va detto per altro, a parziale giustificazione dell’incoerente operato della po-lizia, che la lunga assenza di Roasio dall’Italia e la mancanza di fotografie segnaletiche aggiornate riduco-no in parte la possibilità stessa del controllo, che comunque, come dimostrato, resta assiduo e vigile.

17 A. ROASIO, Figlio della classe operaia, cit., p. 99.18 P. SPRIANO, op. cit., p. 89. Si veda anche D. T. CATTELL, I comunisti e la guerra civile spa-

gnola, Milano, Feltrinelli, 1962.19 A. AGOSTI, La Terza Internazionale. Storia documentaria, Roma, Editori Riuniti, 1979, pp.

1.016-1.017, ma si vedano anche le pp. 1.025-1.044.20 A parziale giustificazione della iniziale indifferenza, Giuliano Pajetta, nell’articolo citato, afferma

che “di fronte alla grandiosità degli avvenimenti di quegli anni”, “quanto succedeva in Spagna passavaeffettivamente in secondo piano” e assumeva un “carattere che sembrava marginale”. La partenza diquei dirigenti comunisti per la Spagna (anche Longo ritorna in Spagna nella prima quindicina di otto-bre 1936) confermerebbe il mutato atteggiamento.

21 P. SPRIANO, op. cit., p. 80.

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22 Di Santos Juliá si vedano i recenti Il Fronte popolare nella guerra civile spagnola, in C.NATOLI - L. RAPONE (a cura di), op. cit., pp. 15-30 e Strategia comune e lotta per l’egemonia:forza e debolezza del fronte popolare durante la guerra civile, in A. AGOSTI (a cura di), La sta-gione dei Fronti popolari, cit., pp. 241-263.

23 Citato in M. TUÑON DE LARA, La guerra civile in Spagna, in ROBERTO BONCHIO (a cura di),Storia delle Rivoluzioni del XX secolo, vol. II, Roma, Editori Riuniti, 1966.

24 P. SPRIANO, op. cit., p. 84. Secondo Spriano, che riprende da Cattell, Stalin “avrebbe decisodi intervenire in Spagna tra la fine d’agosto e la prima settimana di settembre” (idem, p. 93).

25 Antonio Roasio era nato a Vercelli nel novembre 1902 da poverissima famiglia di bracciantiagricoli, ultimo di tre fratelli. Nel 1908 si trasferisce con la famiglia a Biella, dove i genitori e poi ilfratello maggiore trovano lavoro nell’industria tessile. Anche lui entra al lavoro in fabbrica giovanissi-mo come apprendista tessile del turno di notte, “imparando allora che cosa significa la tortura del la-voro”. Si avvicina alla politica prima come socialista e poi come bordighista. Ancora negli anni set-tanta trova incomprensibile il “riformismo” degli operai biellesi: “Sembra una contraddizione che il Biel-lese, centro di grandi lotte economiche, con scoppi violenti di moti popolari e di classe, sin dall’inizioe per lunghi anni sia stato influenzato da uomini come Rigola, Quaglino..., cioè esponenti della corren-te riformista del Psi che godevano di larga influenza e prestigio tra i lavoratori”. Come attaccafili, par-tecipa e si fa organizzatore della famosa lotta. Nel 1920 viene licenziato dal Lanificio Sella. Tra il 1920e il 1926 è molto impegnato nell’attività politica, come del resto tutta la sua famiglia: su quattro comu-nisti presenti nel consiglio comunale di Biella, uno è suo fratello e l’altro suo zio. L’episodio che segnauna svolta irreversibile nella sua vita avviene il 18 febbraio 1926: in fabbrica uccide il padrone Rivetti(di questo episodio sono molte le versioni). Aiutato a fuggire dalla rete ormai clandestina del Partitocomunista (verrà tra l’altro ospitato per alcuni giorni a Milano), emigra nell’Unione Sovietica in unviaggio avventuroso. Lì incontra Dina Ermini con la quale si sposa (la Ermini era nata a San GiovanniValdarno nel 1908 ed era già coniugata con Orazio Marchi, che sarà capitano nelle brigate “Garibal-di” in Spagna. Era poi emigrata in Francia e in Urss. Per qualche tempo sarà segretaria di AntonioBerti). Nel 1943 viene fatto rientrare in Italia come responsabile organizzativo comunista nelle zoneliberate. Dal 1938 (subito dopo il rientro in Urss dalla Spagna) fa parte della Direzione del Partitocomunista italiano. Per tutto questo, oltre all’autobiografia, si veda la voce Antonio Roasio, di AldoAgosti, in FRANCO ANDREUCCI - TOMMASO DETTI, Il movimento operaio. Dizionario biografico.1853-1943, vol. IV, Roma, Editori Riuniti, 1977, pp. 360-362.

26 Archivio Pietro Secchia. 1945-1973, in “Annali”, a. XIX (1978), Milano, Fondazione Gian-giacomo Feltrinelli, 1979, p. 136. Per una valutazione critica di questi primi anni di vita del movimentocomunista biellese si veda l’importante introduzione al volume di Enzo Collotti.

27 Basterebbe fare un confronto con alcune tra le più significative autobiografie, quali ad esempioquella di GIORGIO AMENDOLA, Una scelta di vita, Milano, Rizzoli, 1976; di ARTURO COLOMBI,Vita di militante, Roma, La Pietra, 1976 e di FELICITA FERRERO, Un nocciolo di verità, Milano,La Pietra, 1978.

28 A. ROASIO, Figlio della classe operaia, cit., pp. 100-101.29 Idem, pp. 113-114.30 L. LONGO - C. SALINARI, op. cit., pp. 359-360. Non diversamente G. PAJETTA, L’emigra-

zione italiana ed il Pcf tra le due guerre, in “Critica marxista”, a. VIII, n. 6, novembre-dicembre1970, pp. 143-159.

31 Ho studiato questi aspetti nel mio Il militante comunista torinese (1945-1955). Fabbrica,società, politica: una prima ricognizione, in A. AGOSTI (a cura di), I muscoli della storia. Mili-tanti e organizzazioni operaie a Torino 1945-1955, Milano, Angeli, 1987, pp. 88-213.

32 Con il “rinnovamento” in atto tutto il “vecchio” gruppo dirigente verrà relegato ad un ruolo pu-ramente rappresentativo ed escluso dalla direzione di partito: è un destino che riguarda Roasio, maanche altri dirigenti suoi coetanei. È interessante notare come, proprio in questi anni (1975-1980), cisia un fiorire di memorie e autobiografie di dirigenti e militanti comunisti italiani.

33 A. ROASIO, Figlio della classe operaia, cit., p. 346 e ss.34 Si veda il mio Uomini fabbrica potere, Milano, Angeli, 1987, in particolare il sesto capitolo su

La sconfitta.35 PAOLA CORTI - ALEJANDRO PIZARRÓSO QUINTÉRO, Giornali contro. “Il Legionario” e “Il

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Garibaldino “. La propaganda degli italiani nella guerra di Spagna, Alessandria, Edizioni del-l’Orso; Torino, Istituto di studi storici “Gaetano Salvemini”, 1993.

36 G. AMENDOLA, Storia del Partito comunista italiano. 1921-1943, Roma, Editori Riuniti, 1978,pp. 308-309.

37 Si vedano i saggi, citati, di Santos Juliá e di César M. Lorenzo.38 Sulla “contropropaganda” fascista e franchista si veda il saggio di MIMMO FRANZINELLI, L’in-

tervento del clero militare italiano nella guerra civile spagnola, in “Spagna contemporanea”, n.4, 1993, pp. 161-183.

39 A. ROASIO, Figlio della classe operaia, cit., p. 122. Su questo però si vedano anche LUIGI

LONGO, Le brigate internazionali in Spagna, Roma, Editori Riuniti, 1956 e GIOVANNI PESCE, Ungaribaldino in Spagna, Roma, Edizioni di Cultura sociale, 1955.

40 B. KNOX, art. cit., p. 157. Il testo di Ronald Fraser è Blood of Spain, New York, Pantheon,1979. Sul ruolo giocato dal Poum si veda la rassegna bibliografica di EMMA SCARAMUZZA, Il Par-tito obrero de unificatión marxista: un bilancio storiografico, in “Rivista di storia contempora-nea”, a. X, n. 2, luglio 1981, pp. 235-254. Interessanti, su queste vicende, le osservazioni nel frescolibro di JULIÁN ZUGAZAGOITIA, Guerra y vicisitudes de los españoles, Parigi, Libreria española,1969.

41 G. PAJETTA, La guerra di Spagna, cit., p. 109.42 OSVALDO “VALERIO” NEGARVILLE, L’ironia e la pazienza, dattiloscritto, p. 90. Sullo “sponta-

neismo” dei volontari è interessante una osservazione dello stesso Roasio in un articolo, Note sullastoria del partito dal ’37 al ’43, apparso in “Critica marxista”, a. X, nn. 2-3, marzo-giugno 1972,nel quale si dice: molti antifascisti, “in modo spontaneo, riuscirono a varcare i confini per andare inSpagna a combattere, e questo malgrado il parere contrario del Centro del partito, che consideravail lavoro in Italia come compito principale” (p. 180).

43 G. ISOLA, art. cit., p. 21.44 P. SPRIANO, op. cit., p. 80.45 A. ROASIO, Figlio della classe operaia, cit., p. 131.46 VITTORIO VIDALI, Spagna lunga battaglia, Milano, Vangelista, 1975, p. 110. Altri documen-

ti sono editi in ID, Il Quinto Reggimento. Come si forgiò l’esercito popolare spagnolo, Milano, LaPietra, 1976.

47 A. ROASIO, Figlio della classe operaia, cit., p. 113.48 GIORGIO BOCCA, Palmiro Togliatti, Bari, Laterza, 1973.49 La citazione e tratta da A. ROASIO, Note sulla storia del partito dal ’37 al ’43, cit., p. 180.50 Si vedano, oltre che i capp. IX-XIV di P. SPRIANO, Storia del Pci, vol. III, cit., CLAUDIO

NATOLI, Togliatti e il dibattito sulla “democrazia di tipo nuovo” nel Fronte popolare (1935-1937), in C. NATOLI - L. RAPONE (a cura di), op. cit., pp. 109-124, e i saggi di A. AGOSTI, La linea“Dimitrov“ nell’Internazionale comunista 1934-39, e di GIULIANO PROCACCI, Congressi dellapace e guerra di Spagna, in A. AGOSTI (a cura di), La stagione dei Fronti popolari, cit., rispetti-vamente alle pp. 65-85 e 86-126.

51 Sul controllo degli emigrati da parte della Ambasciata italiana a Mosca si veda GIORGIO FA-BRE, Roma a Mosca. Lo spionaggio fascista in Urss e il caso Guarnaschelli, Bari, Dedalo, 1990.

52 II telespresso è in data 17 febbraio 1938.53 A. ROASIO, Figlio della classe operaia, cit., p. 128.54 Ci si riferisce al noto episodio del mercantile sovietico, carico di armi e munizioni destinate ai

miliziani spagnoli e bloccato, per decisione di Stalin, nel porto di Odessa. Il carico viene trasferitosenza autorizzazione sul mercantile di France-Navigation affidato a “Cap Pinede” e portato a destina-zione: si veda GIULIO CERRETI, Con Togliatti e Thorez, Milano, Feltrinelli, 1973. Il corsivo è mio.

55 GABRIELE RANZATO, Guerra civile in Spagna, in Il Mondo contemporaneo. Storia d’Euro-pa, vol. I, Firenze, La Nuova Italia, 1980, pp. 424-425.

56 A. ROASIO, Un’esperienza antifascista, cit., p. 9. A conferma di questa lunga fedeltà, oltreall’articolo e all’autobiografia, è utile rifarsi ad altri due scritti testimoniali di Roasio: Soldati dellaRepubblica, in Perché andammo in Spagna, Roma, Anppia, 1966, pp. 66-73 e Battesimo del fuo-co per i garibaldini al Cerro de los Angeles, in CESARE PILLON, I comunisti nella storia d’Italia,Milano, Calendario del popolo, 1973, p. 515.

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Gli antifascisti originari della provincia di Vercelli che, in numero abbastanza con-sistente, accorsero in Spagna provenivano in larghissima maggioranza dai paesi d’emi-grazione. Trattandosi di persone impegnate politicamente, avevano seguito le vicen-de politico-sociali della Spagna almeno a partire dai fatti delle Asturie del 1934, perl’emozione e la solidarietà che essi suscitarono. Conoscevano dunque, anche se sol-tanto superficialmente, quel paese e poterono inserirsi in quella realtà senza gravi dif-ficoltà. Credo si possa dire che gli italiani ne incontrarono assai meno che non altri,per tantissime ragioni a cominciare dall’affinità della lingua. Premesso questo, speroabbia un qualche interesse parlare anche dell’impatto che ebbero con la realtà spa-gnola quei volontari che provenivano direttamente dall’Italia, soprattutto, come nelcaso di chi vi parla, di coloro che erano cresciuti nel regime fascista, nelle organizza-zioni del regime, da “balilla” fino a “giovane fascista”. Questi non sapevano, se nonper sentito dire, ma pur sempre in modo nebuloso, che cosa era la democrazia, unsistema parlamentare, la libertà di stampa e di associazione: nelle loro orecchie rintro-navano soltanto le invettive contro le demo-plutocrazie, che Mussolini, i gerarchi, edanche i giornali, diffondevano quotidianamente. Né potevano servire da antidoto, senon per poche persone, i rari fogli di stampa clandestina.

Da quanto mi risulta su cinquemila volontari italiani duecento provenivano diret-tamente dall’Italia; pochi certamente, ma un numero sufficiente per cercare di rica-vare elementi di giudizio sul loro comportamento, sulle reazioni, anche differenziate,che quell’esperienza provocò in loro.

Dalla nostra provincia quattro espatriarono in Francia e raggiunsero la Spagna, tuttinell’estate del 1937. Tra questi c’ero anch’io che, in compagnia di un amico, PioBorsano, come me operaio ventiquattrenne, raggiunsi Parigi nell’agosto del 1937,viaggiando su un treno popolare allestito da enti turistici per visitare l’Esposizioneinternazionale. Da qui vorrei cominciare il mio racconto: la prima ventata di libertà,che fu per me e il mio compagno entusiasmante, la ricevetti all’entrata in territoriofrancese. Il treno sul quale viaggiavamo incrociò un reparto di soldati: erano chasseursdes alpes, corrispondenti ai nostri alpini, che salutarono il treno, che sapevano veniredall’Italia, alzando il pugno chiuso, nel saluto del Fronte popolare. Provai un’emo-zione grandissima, pari a quella che mi investì il giorno dopo, quando per le vie di Parigim’imbattei in due diffusori dell’“Humanité”, il quotidiano comunista, che mi offriro-no il giornale mentre intavolavano un’animata conversazione con un altro passante.Il mio primo incontro con la democrazia ebbe quei due segni inconfondibili: un eser-cito democratico e la libertà di stampare e diffondere un giornale. Non ebbi natural-mente il tempo di conoscere alcunché di Parigi negli otto giorni di permanenza, dedi-

La gioventù antifascista biellese in difesa della Repubblica spagnola

di Anello Poma

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cati interamente a stabilire i contatti con l’ambiente dell’antifascismo italiano, a cono-scerlo e a farmi conoscere. La cosa che meglio ricordo, ma anche questa piuttostovagamente, è un comizio di Giuseppe Di Vittorio, appena tornato dalla Spagna, in unagrande sala molto affollata. Fu quella la prima volta che conobbi gli anarchici, chechiedevano conto all’oratore dell’uccisione del loro compagno Camillo Bernieri, vit-tima dei fatti sanguinosi di Barcellona.

In Spagna giunsi verso la fine del mese di agosto, dopo una breve tappa a Carcas-sonne, prima di attraversare la frontiera spagnola. A cinquant’anni di distanza non misi possono chiedere altro che spezzoni di ricordi ed essi sono poi i fatti, importanti emeno importanti, che più mi sono rimasti impressi nella memoria. Ricordi vaghi e senzastoria quelli del viaggio per raggiungere Albacete, centro di raccolta dei volontari dellebrigate internazionali. L’aria che tirava mi parve piena di ottimismo e di fiducia; cam-peggiavano scritte inneggianti al governo, a Juan Negrín e alla Pasionaria, ma anche aLargo Caballero, nonostante non fosse più al governo, e a Buenaventura Durruti, ilcapo anarchico caduto sul fronte di Madrid. Il periodo di addestramento che feci aQuintanar de la República (come si chiamava allora) si limitò all’indispensabile.

Il ricordo si fa più vivo per quanto riguarda il mio arrivo alla brigata e soprattuttoper l’incontro con gli spagnoli. Venni assegnato al 3o battaglione, 3a compagnia, e laprima scoperta che feci fu che l’organico della brigata era composto in maggioranzada spagnoli, cosa del tutto logica, ma che in quel primo momento mi stupì. Tanti diloro giunsero più o meno negli stessi giorni e si trattava non di volontari ma di soldatidi leva della classe 1917. Quelli che conobbi più a fondo, e con i quali legai di unasalda, affettuosa amicizia, provenivano dall’Andalusia, dalla provincia di Jaén. Il rap-porto che stabilii con quei giovani andalusi fu, intanto, di stimolo all’apprendimentodella lingua, che infatti imparai rapidamente e nemmeno male. Credo che anche perloro rappresentò qualcosa d’importante l’incontro con un giovane come anch’io ero,tramite il quale imparavano a conoscere i miliziani delle brigate internazionali, e perdi più di nazionalità italiana, che combattevano per la Repubblica. Il fatto più signifi-cativo fu che assieme a quei giovani andalusi feci conoscenza della guerra e non so, omeglio non ricordo, se quella compagnia influì nel mio comportamento. Ricordo tut-tavia molto bene che ancor prima di guadagnarmi la loro salda amicizia mi guadagnaila loro stima, per il solo fatto che seppi, come hanno saputo fare tanti altri, mantenereuna certa padronanza di nervi al primo impatto con la guerra. Salimmo al fronte a Fuen-tes de Ebro, nei pressi di Saragozza, per una azione offensiva. L’attacco non ebbealcun esito perché gli intenti offensivi furono bloccati sul nascere. Seguirono alcunigiorni di sparatoria dalle opposte trincee e non vi furono scontri a breve distanza. Laguerra la conoscemmo soprattutto attraverso un intenso fuoco d’artiglieria a cui fum-mo sottoposti, senza però subire perdite serie perché eravamo su posizioni protette.Era pur sempre il cosiddetto battesimo del fuoco e per quei giovani andalusi fu trau-matizzante perché, a mio avviso, da generazioni gli spagnoli non sapevano cosa fossela guerra, nemmeno per sentito dire. Aggiungo subito che quando impararono a farlala fecero bene, ma quel primo impatto per loro fu un trauma.

Nei mesi successivi altri giovani affluirono alla brigata ed erano catalani, parecchiprovenivano dalla città o dalla provincia di Barcellona. Vi erano certamente più affi-nità: erano, come me, figli di una civiltà industriale e quindi anche con loro mi fu fa-cile stabilire rapporti di amicizia, che tuttavia non furono della stessa intensità rispetto

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a quelli con gli andalusi e quindi le mie preferenze andarono fino all’ultimo a questi.Di loro mi sono portato dietro un ricordo sconvolgente. Eravamo nel mese di ottobre,dopo che l’Esercito dell’Ebro era ritornato sulle posizioni di partenza, e mentre noieravamo in attesa di lasciare la Spagna, dopo il ritiro dal fronte: ricevetti la visita diLópez, un ragazzo vivace con il quale credo di aver trascorso tutto il tempo sui varifronti. Mi raccontò del lavoro per la riorganizzazione della brigata dicendomi con lamassima serietà e convinzione una cosa incredibile: “Ci stiamo preparando per un’al-tra battaglia” e proferì una frase che mi rimase scolpita: “Me cago en Dios, voy a pelearcon mucha gana”. Potei solo guardarlo con un sentimento colmo di ammirata affe-zione, e questo resta il mio ultimo ricordo degli spagnoli.

Rifacendo il cammino a ritroso, racconterò che, durante la lunga sosta invernaledella fine del 1937 - inizio 1938 trascorsa in Aragona (mi pare fosse nelle vicinanze diLérida, ma non ne sono sicuro) conobbi i due altri miliziani di questa provincia, giunticome me e Borsano dall’Italia, un mese prima del nostro arrivo: Gaspare Fracasso edEraldo Venezia, di Tronzano il primo, di Bianzè il secondo, che tuttavia risiedeva damolti anni a Biella. Ad Eraldo Venezia vorrei dedicare un ricordo: egli cadde sul fron-te dell’Estremadura il 16 febbraio del 1938, ed appartiene alla schiera di militanti del-l’antifascismo italiano ed internazionale che, donando la loro vita per la libertà del popolospagnolo, lasciarono un grande vuoto, perché possedevano doti che sarebbero certa-mente emerse già nel corso di quella guerra, ma soprattutto nelle battaglie successive.La storia purtroppo non ha ricordato uomini come lui perché scomparsi troppo pre-sto, perciò amo parlarne per quel poco che so e ricordo, per la grande stima e affettoche ho conservato. Eraldo Venezia era cresciuto nel fuoco delle durissime lotte con-dotte dai braccianti del Vercellese per contrastare la marcia delle squadre fasciste: tra-sferitosi a Biella quando la vita al suo paese si rese pericolosa, ma soprattutto, si resedifficile, anzi, impossibile avere occasioni di lavoro, non desistette dal suo impegnomilitante, nemmeno quando il fascismo emanò le leggi eccezionali: subì dunque il ri-gore di quelle leggi con anni di galera e, scontata la pena, nel luglio del 1937 era inSpagna. Combatté a Farlete, Fuentes de Ebro e cadde, come ho detto, sul fronte del-l’Estremadura: faceva parte del 1o battaglione della brigata “Garibaldi” e, da quantoseppi, era candidato alla nomina a commissario di compagnia, e forse gli era già toc-cato di assumere il comando del suo reparto, perché morì mentre proteggeva la ritira-ta dei suoi uomini, sotto l’incalzare di un contrattacco di truppe di colore. Al di là diquesto ebbi in seguito testimonianze di altri miliziani del suo battaglione, i quali lo te-nevano in grande considerazione ed esaltavano la sua capacità di saper legare con glispagnoli.

Nei frequenti incontri che ebbi con lui, potei imparare qualcosa persino su taluniaspetti dell’attività del movimento a Biella e in provincia, e poiché era più maturo dime e attento allo svolgersi dell’attività non solo militare, mi aiutò a capire più in frettacerti risvolti anche contraddittori della vita politica e dell’andamento delle operazionimilitari. Mi impressionava poi la sua carica umana e l’entusiasmo che sapeva trasmet-tere a chi gli stava vicino: era un uomo forte e, poco più che trentenne (era del 1903),si trovava nel pieno della sua vigoria fisica e maturo intellettualmente. È facile intuirecome, essendo un modesto bracciante e poi operaio, quel che possedeva di cognizio-ni culturali fosse il prodotto della sua passione e del suo impegno dedicato durante ilsoggiorno nelle patrie galere. La sua carica d’entusiasmo ne faceva anche un uomo

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coraggioso e di ciò ebbi più di una conferma da altri combattenti che sapevano co-s’era il coraggio, nel senso di consapevolezza e quindi, quando bisognava averne.

Una delle impressioni che più mi sono rimaste impresse nella memoria, riguardan-ti l’atteggiamento della gente di Spagna verso i miliziani delle brigate internazionali, laricavai durante il viaggio che compimmo all’inizio di febbraio per recarci in Estrema-dura, partendo dall’Aragona e percorrendo tutto il Levante. Era la stagione della rac-colta delle arance e, durante le soste del treno nelle stazioni, la popolazione e soprat-tutto le donne addette a quel lavoro riempivano letteralmente gli scompartimenti diarance, accompagnate da calorose manifestazioni di saluto. Eravamo ormai nel 1938,la guerra durava da un anno e mezzo, i dolori e i disagi si facevano sentire, e per mequelle manifestazioni spontanee sono rimaste il segno dell’adesione popolare a quellaguerra.

Tornando alle vicende militari (posso parlarne avendo passato tutto il tempo alfronte o nelle vicinanze), lo scontro che avemmo in Estremadura, nato, a quanto ap-presi in seguito, come parte di un’operazione su vasta scala, si rimpicciolì strada fa-cendo fino a ridursi un’operazione di modeste dimensioni. Intanto però Venezia, e conlui altri, ci rimisero vita ed io rimediai la prima ferita: niente di grave, ma i medici mispedirono all’ospedale di Murcia. Qualche giorno dopo fui trasferito in una localitàbalneare per la guarigione così mi godetti la mia prima vacanza al mare. Durò pocoperché all’inizio di marzo i fascisti sfondarono il fronte aragonese e perciò furonoaffrettati i tempi per il rientro alla brigata. Venni incorporato nel 1o battaglione, 1a

compagnia, che però esisteva ormai più di nome che di fatto. Nei combattimenti diCaspe per arginare la dirompente offensiva dei franchisti la brigata aveva subito dureperdite e i suoi reparti scompaginati dovevano essere ricomposti mentre si cercava diritardare l’avanzata nemica. L’impresa si dimostrò sempre più difficile e, dopo il ten-tativo di ristabilire il fronte a Gandesa, riprendemmo a ritirarci fino al fiume Ebro, checi salvò dalla completa disfatta. La brigata come tante altre unità subì una grave crisi,perché diversi non se la sentirono di continuare quella lotta e si ritirarono in Francia.

Resto ancora oggi convinto che la riorganizzazione della brigata, attestatasi lungoil tratto della riva sinistra dell’Ebro, abbia avuto del miracoloso. La sconfitta subita inAragona, che portò alla perdita di questa regione, la separazione della Catalogna dalresto del Spagna, non ebbero le conseguenze irreparabili che si potevano temere. Credoche l’Esercito dell’Ebro fu costruito grazie ad una straordinaria tenuta del morale, nonsolo dei combattenti ma anche della popolazione. Certo, giunsero rinforzi persino diinterbrigatisti che sostituirono perdite ed abbandoni, ma il nucleo fondamentale diquell’esercito furono i resti delle divisioni sconfitte in Aragona, uomini che non siconsideravano vinti. Lo avvertivo dentro di me e lo sentivo presente in tutti gli altri.Quei mesi che trascorsi sulla riva sinistra dell’Ebro segnarono per me, e credo sia sta-to così per tantissimi altri, un processo di maturazione estremamente rapido, non solonella mia formazione di combattente, ma di uomo, diciamo pure di militante. Credosia maturata in quei mesi, e in modo pieno, la mia decisione di diventare quello chenel linguaggio della III Internazionale, si definì il “rivoluzionario di professione”. Checi fosse piena consapevolezza del significato strettamente politico del termine non sapreidirlo con certezza: forse in quel momento aveva semplicemente il significato di nonaccettare la sconfitta e di cercare la rivincita. Fu così infatti per il proseguimento dellealtre battaglie in Spagna e poi fuori dalla Spagna. Partecipai alla fase difensiva della

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battaglia dell’Ebro, la più dura, la più ingrata e nel contempo la più sanguinosa: subiidue ferite, di quelle che in gergo militare si chiamano “ferite intelligenti” perché nonledono nessun organo vitale, e dopo la seconda non tornai più al fronte. Eravamo allafine di settembre e proprio in quei giorni il ministro degli Esteri della Repubblica spa-gnola, Julio Alvarez del Vayo, annunciava alla Società delle nazioni che il suo gover-no aveva deliberato il ritiro delle brigate internazionali. Di lì a qualche mese avrei varcatocon i resti dell’Esercito repubblicano e centinaia di migliaia di civili fuggiaschi il con-fine francese, dove ci attendevano i campi di internamento.

Per la verità i campi non erano ancora pronti e fu la nuda sabbia del Mediterraneoad accogliere centinaia di migliaia di persone, sotto la vigilanza indifferente, ma noncerto amica, di truppe coloniali francesi, composte per l’occasione da senegalesi. Nonc’era proprio niente ad Argelès-sur-Mer dove fu la mia destinazione, non ancora lebaracche, mentre servizi erano improvvisati: solo sabbia e basta, ed eravamo nella primametà di febbraio. Per fortuna ci aveva temprati il freddo inverno di Aragona, regioneche conosce rigidi inverni e torride estati, e poi c’era la giovane età. Solo in aprile fummotrasferiti a Gurs, nelle vicinanze di Pau, nei Pirenei occidentali. Quel campo sarebbediventato famoso e celebrato nella letteratura che parla di quei tempi bui e tormentati:da quel campo passarono decine di migliaia di spagnoli, di antifascisti di tanti paesidell’Europa e infine di ebrei che si erano rifugiati in Francia. Un grande cartello espo-sto là dove vi era il campo (del quale si è conservato come unica testimonianza uncimitero) ricorda che nel campo furono internati 23.000 combattenti repubblicani spa-gnoli, 7.000 volontari delle brigate internazionali e oltre 30.000 ebrei. La nostra co-munità era composta soltanto da internazionali, perché le autorità del campo avevanoprovveduto a separarci dagli spagnoli, e poi, ancora, ad operare una seconda separa-zione tra quelli conosciuti o sospettati di essere comunisti o simpatizzanti (praticamentequasi tutti quelli che fecero parte della XII brigata o della batteria “Gramsci”) e colo-ro invece che avevano combattuto in altre unità, perlopiù anarchici. Tra di noi vi era-no anche dei socialisti, ma ottennero ben presto la libertà e la legalizzazione in Fran-cia.

Credo possa interessare conoscere come si svolgeva la vita al campo, quali pro-spettive avessero quegli internati. Vorrei centrare l’attenzione su quello che fu il nu-cleo più omogeneo, e che si mostrò irriducibile e, credo, almeno alla lunga, si rivelò ilpiù chiaroveggente: quelli cioè che ritenevano di aver subito in Spagna una grave scon-fitta ma non si consideravano dei vinti. Ero tra questi, ed eravamo convinti che pre-sto saremmo stati chiamati ad altre battaglie, e lo svolgersi vertiginoso degli avveni-menti lo stava confermando. Era così forte quella convinzione e quella determinazio-ne, tanto da non essere scossa neppure da eventi di natura eccezionale, quale fu lastipulazione del Patto di non aggressione tra la Germania e l’Unione Sovietica. Ci fuemozione, questo è chiaro, ed anche dello sconcerto. La rovente polemica in atto trale forze politiche della sinistra, della quale si ebbe eco anche nel campo, con gli scherniferoci che provenivano dal settore dove c’erano gli anarchici, non ci sconvolse peròse non superficialmente. Restava ferma in noi la quasi certezza che la guerra, checonsideravamo inevitabile, ed eravamo facili profeti, avrebbe ricomposto e sanato certelacerazioni e in quello scontro gli schieramenti si sarebbero delineati chiari e netti.Quando la guerra scoppiò non avemmo esitazioni e chiedemmo di essere arruolatinell’esercito francese: fu risposto con un rifiuto, e con una proposta alternativa: le

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compagnie di lavoro, per costruire trincee, che rifiutammo perché mortificante. Fer-mi nelle nostre convinzioni, seguimmo naturalmente con trepidazione lo svolgersi deidrammatici avvenimenti, vivendo nella certezza che sarebbe venuto il nostro momento.La débacle della Francia, che temevamo, ci causò molto dolore. Non dovevamo nul-la al governo di quel paese, la cui politica del non-intervento nella guerra civile spa-gnola era stata tra le cause della nostra sconfitta, tuttavia amavamo la Francia e il suopopolo: quel paese era sempre stato la terra di asilo per i perseguitati dal fascismo edal nazismo, ed in ultimo dei perseguitati per motivi razziali, e tutto ciò non potevaessere cancellato dalla pavida e stolta politica dei governanti di quel momento, mo-stratisi incapaci anche nel prepararsi alla guerra contro Hitler.

Dall’arrivo a Gurs e successivamente al campo più duro di Vernet d’Ariège, neiPirenei orientali, cercammo di organizzare la nostra vita onde evitare che in quellecondizioni di cattività diventasse improduttiva. Cercammo di renderla viva soprattut-to sul piano culturale, per continuare, pur in quelle condizioni, a pensare. Per tanti dinoi, i più giovani, si trattava di cominciare a pensare seriamente attraverso un impe-gno di studio, che fu individuale e collettivo. I programmi di quell’impegno, che pertanti di noi era una novità, e dovemmo impararne la tecnica nel corso stesso del lorosvolgimento, erano vari: andavano dalla storia e dall’economia all’apprendimento dinozioni di matematica, alle lingue, mentre la letteratura, francese in particolar modo,ma anche quella russa e inglese, riempivano i momenti meno impegnativi. Per me quelperiodo, che durò quasi tre anni, fu ricco di insegnamenti, non solo per l’impegnoprofuso nello studio, che fu intenso e sorretto da una forte carica di passione che sep-pe reggere alle ristrettezze, privazioni e persino ai morsi della fame. Lo fu anche perle tante conoscenze che feci di uomini di diverse nazionalità, diversi dei quali aveva-no accumulato esperienze e conoscenze, specialmente sul piano culturale, molto su-periori alle mie. Con lo scoppio della guerra molti degli internati erano andati a lavo-rare nelle compagnie di lavoro, ed in ragione di ciò si era accentuato il processo diselezione e, quando raggiunsi il campo di Vernet d’Ariège, alla fine di giugno del 1940,vi trovai molti tra i dirigenti dei movimenti che operavano nell’emigrazione politicadei paesi governati dai fascisti. Tra gli italiani una parte del gruppo dirigente del Pci,tra i quali cito i più noti: Luigi Longo, Giuseppe Di Vittorio, Felice Platone, MarioMontagnana e lo stesso Francesco Leone. Tutti costoro riuscirono a lasciare il cam-po, perché ottennero l’autorizzazione a raggiungere paesi che non erano in guerra: soloMontagnana riuscì a raggiungere il Messico, altri come Leone e Giuliano Pajetta po-terono rendersi liberi, sia pure in condizione di illegalità, in Francia, mentre Longo eDi Vittorio li avrei ritrovati a Ventotene.

Con l’aggressione della Germania all’Urss avemmo la percezione di una svolta nelladirezione delle prospettive e delle speranze che avevamo coltivato. Giunsero confer-me dell’accendersi di focolai di resistenza in Jugoslavia e in Francia. Intanto si sciolsefelicemente l’ansia che ci aveva tormentato, quando vi fu il rimpatrio improvviso diun gruppetto di connazionali, tra i quali Idelmo Mercandino. Si era nell’inverno del1941, e in estate giunse la notizia liberatoria che erano stati condannati al confino:decidemmo tutti di chiedere il rimpatrio e così si concludeva, nel dicembre del 1941,la fase iniziatasi nell’agosto del 1937. Venti mesi dopo, chiusasi anche la parentesi delperiodo di confino, si sarebbe aperta la pagina della Resistenza.

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Fra i nove antifascisti di Mongrando (sette della frazione Ceresane, uno della frazioneCuranuova ed uno della frazione Ruta) che da Villeparisis, località non lontana da Parigi,partirono, a cominciare dall’ottobre 1936, per accorrere in aiuto della Repubblica spagnolavi era Adriano Rossetti: un antifascista la cui militanza politica era già stata contrassegna-ta da alcune significative esperienze.

Alla fine del 1924 Rossetti era stato espulso dalla Francia per l’intensa attività sinda-cale e antifascista svolta in questo paese, ma la polizia francese non aveva potuto notifi-cargli il provvedimento perché egli, appena si era reso conto che le cose si mettevano male,era partito per l’Italia, facendosi precedere, nel suo ritorno a Mongrando, dalla moglieGiuseppina Rossetti, affettuosamente chiamata Fifina, e dalla figlia Liliana, di cinque mesi.

Nel febbraio 1927 era stato denunciato per attività antifascista a Mongrando insiemeal suocero Francesco Rossetti, alla cognata Aurora, alla zia Giorgina ed a Marino Grazia-no, fidanzato di quest’ultima. Nel mese di aprile era stato arrestato e rinchiuso per sei mesinel carcere “Regina Coeli” di Roma, prima di essere assolto per insufficienza di prove dalTribunale speciale dall’accusa di “avere in Mongrando continuato a far parte del PartitoComunista, già sciolto per ordine della Pubblica Autorità, nella cellula degli edili”1.

Episodi rilevanti, le cui cause sono da far risalire all’iscrizione di Adriano Rossetti alPartito comunista d’Italia fin dalla fondazione ed alla sua schedatura tra i “sovversivi”, datenere sotto controllo, specialmente dopo la promulgazione delle leggi eccezionali allafine del 1926.

La consapevolezza di Adriano Rossetti di poter incappare nei rigori delle leggi liberti-cide fasciste non gli impedì di trasformare la sua militanza nel Pci in una scelta di vita:scelta che, all’epoca, significava la formazione di un militante politico di tipo speciale:altruista, leale, incorruttibile e soprattutto onesto. Tutte qualità connaturate con la perso-nalità di Adriano Rossetti che, dotato di un carattere forte e determinato, fecero di lui unmilitante esemplare. Un altro aspetto importante della sua personalità era la qualificataprofessionalità: per la sua perizia di stuccatore e muratore fu un lavoratore apprezzato dagliimprenditori edili per i quali lavorò e da loro rispettato nonostante la diversità di idee. Pregiche egli paleserà ancora di più con il suo comportamento nella cospirazione e nella lottaantifascista, il cui impegno, oltre ad essere animato da una radicata convinzione, sarà sti-molato e sorretto da un assunto che farà proprio: quello secondo cui “prima di tutto c’è ilpartito2, come ebbe a dire alla moglie Fifina all’indomani del matrimonio.

Così, quando gli si presentò, nel 1930, l’occasione di poter ritornare in Francia a lavo-rare, e anche a riprendere la lotta antifascista (che a Mongrando, pur mantenendo i contatticlandestini con il partito, gli era preclusa dalla stretta sorveglianza della polizia), non esi-tò un istante. Egli ben sapeva che nella vicina repubblica poteva contare sull’aiuto dei fa-

Adriano Rossetti e il gruppo di Mongrando

dall’emigrazione in Francia alla guerra di Spagna

di Luigi Moranino

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miliari e sulle buone relazioni che aveva con tanti amici e compagni di lavoro e, fra loro,i molti compagni che condividevano le sue stesse idee politiche.

La zona della Francia dove decise di stabilirsi era quella di Parigi, che già conosceva,ma, per raggiungerla, passò da Basilea, in Svizzera, quindi da Mulhouse, riuscendo, com’eranel suo intento, a depistare la polizia italiana che cercava di controllare i suoi spostamen-ti.

Quanto agli altri antifascisti di Mongrando che, con Adriano Rossetti, parteciparonoalla guerra di Spagna nelle file del battaglione, prima, e brigata “Garibaldi”, poi, vi furono:Giovanni Calligaris (anch’egli comunista dalla fondazione del partito, valente decoratore,espulso dalla Francia insieme a Rossetti alla fine del 1924, vi era ritornato nel 1930, sta-bilendosi nella zona di Parigi, dove, l’anno seguente, era stato raggiunto dalla moglie e dalgiovanissimo figlio Spartaco; non essendo riuscito a procurarsi un regolare permesso disoggiorno, era stato costretto a vivere illegalmente), suo fratello Lorenzo, Secondo DeMargherita, Giovanni Gannio, Attilio Minetto, Carlo Siletti, emigrati in Francia nei primianni venti, Bruno Rossetti e Arialdo Zanotti, rispettivamente fratello e cognato di Adria-no, emigrati nel 1931: tutti elementi politicizzati e delle stesse idee di Adriano. Perlopiùoperai edili per i quali, come per moltissimi loro conterranei, “l’esperienza dell’emigra-zione era parte integrante dell’ambiente in cui era[no] cresciut[i], e proprio per questomotivo poteva[no] far riferimento in Francia ai familiari, agli amici e ai conoscenti che vilavoravano e si erano là stabiliti”3.

Ma torniamo ad Adriano Rossetti, le cui vicissitudini si arricchirono di nuove espe-rienze dopo l’arrivo in Francia, nel giugno 1931, della moglie e della figlia. La localitàprescelta da Adriano e dai suoi familiari, su indicazione del fratello Mario, che vi abitavada tempo, era Villeparisis, come già accennato, un piccolo centro collegato con la ferro-via a Parigi, senza stazione di polizia sul posto e pochi italiani emigrati residenti.

Di Adriano nessuno conosceva i precedenti politici ed egli, che rispettava rigorosa-mente le regole dell’attività politica illegale, poteva muoversi senza destare sospetti e lasua abitazione, oltre ad essere un rifugio per la sua famiglia, diventò una base operativa delSoccorso rosso. Egli era infaticabile, ed anche se il lavoro necessario per mantenere lafamiglia lo teneva lontano da casa per buona parte della giornata, trovò il tempo, come icomponenti del gruppo di attivisti antifascisti che costituì, di dedicarsi all’attività politi-ca. A questo proposito ricorderà Fifina: “Per andare a lavorare a Parigi, partivano in trenoalle quattro e mezzo del mattino, poi dovevano magari attraversare tutta Parigi e prenderediversi metrò [...] le quattro e mezzo del mattino sei giorni alla settimana perché si lavora-va anche al sabato [...] e facevano riunioni due o tre volte alla settimana; Adriano veniva acasa a dormire a mezzanotte o l’una: lui era il segretario”4.

Ma se per il lavoro politico fu rilevante l’apporto di Adriano, su Fifina praticamentericadde la responsabilità di gestire l’andamento della casa, che era grande: disponeva in-fatti di tante camere e numerosi letti; fu lei a dover pensare a dare asilo a compagni, pro-venienti da ogni dove, che il Centro di Parigi mandava a casa sua, e a molti dei quali venneprocurato anche un documento d’identità e trovato lavoro.

Sul compito svolto da Fifina fino al suo ritorno in Italia nel 1943, Vittorio Vidali, diri-gente del Soccorso rosso internazionale, ha scritto: “L’emigrazione politica ha necessitàdi sentire attorno a sé la solidarietà; è come un naufrago gettato a riva dai marosi; strema-to, affamato, smarrito, solo. La mano che gli viene tesa, deve essere fraterna, comprensiva[...]. Perciò gli incaricati di questo lavoro devono essere persone intelligenti e pazienti,

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capaci di intendere la solidarietà, come un impegno politico molto serio”5. Tutte qualitàpossedute da Fifina, che si fece apprezzare per questo da tutti coloro che la conobbero aitempi di Villeparisis, della guerra di Spagna, di Montreuil e della Resistenza.

Tra il 1931 ed il 1932 giunsero dall’Italia Arialdo Zanotti e la moglie Aurora, sorella diFifina, che presero dimora nella casa di Adriano.

Negli anni che precedettero la costituzione del Fronte popolare e il suo avvento al poteredopo la vittoria elettorale nella primavera del 1936, Adriano continuò ad estendere la retedell’organizzazione illegale mentre gli agenti fascisti dell’Ambasciata italiana a Parigi, chemai avevano desistito dal raccogliere informazioni sul suo conto, continuarono nella lororicerca, che per molto tempo fu infruttuosa. Solo alla fine del 1933 riuscirono a scoprireche egli risiedeva a Villeparisis e bisognò attendere fino al luglio 1935 - più o meno cin-que anni dopo il suo espatrio - perché la stessa Ambasciata accertasse e trasmettesse aRoma la notizia che Adriano Rossetti, oltre ad esercitare il mestiere di muratore, era unantifascista attivo nella clandestinità.

In quegli anni, inoltre, furono molti gli antifascisti, dai dirigenti più noti ai semplicimilitanti, che passarono o vennero ospitati a Villeparisis “da quelli di Mongrando”, comeveniva definita nell’ambiente dell’emigrazione e dell’antifascismo la casa di Adriano e diFifina, che aveva trovato nella sorella Aurora una valida collaboratrice.

L’attacco del generale Franco alla Repubblica spagnola provocò in casa Rossetti unaattività febbrile ed Adriano si trasformò in un propagandista che non perse occasione persollecitare gli antifascisti ad accorrere in aiuto del popolo spagnolo arruolandosi nellebrigate internazionali. Lui stesso, proprio per dare l’esempio, fu tra i primi a partire per laSpagna e, ad emularlo, in questo slancio di generosa solidarietà, ci fu ancora una volta Gio-vanni Calligaris, il compagno di tante battaglie. La loro partenza avvenne verso la metà diottobre del 1936 e con essi partirono Secondo De Margherita, Giovanni Gannio, AttilioMinetto, Carlo Siletti ed Arialdo Zanotti. I sette furono seguiti da Bruno Rossetti, nell’apri-le 1937, e da Lorenzo Calligaris, nel novembre dello stesso anno.

Un particolare significativo che testimonia il coinvolgimento delle famiglie dei novevolontari in quella gara di solidarietà che, in Francia come altrove, si sarebbe tradotta nel-la costituzione di comitati per la raccolta di viveri, denari, medicinali per la Repubblicaspagnola, fu che essi partirono con la divisa da indossare in Spagna già confezionata nelleloro case. Entusiasmo e un clima di diffusa mobilitazione antifascista fecero da cornicealla partenza dei volontari. Solo l’idea che ai loro cari potesse succedere l’irreparabile creònelle mogli, che avevano bambini piccoli a cui pensare, non poche apprensioni, fugatedall’assicurazione data loro che, in caso di necessità, avrebbero potuto contare sulla soli-darietà internazionale. A questo riguardo Giovanni Calligaris disse: “Prima di partire perla Spagna, ossia quando gli avvenimenti si sono sviluppati in Spagna, il Partito, ora non ri-cordo più di preciso la domenica, ma era una domenica tra la fine di luglio e la metà diagosto, ci convocò, a Parigi nella sede dei sindacati, tutti i compagni comunisti della zonache han voluto partecipare, ed eravamo molto numerosi, e il Partito, tramite un compagnodella Direzione, che suppongo fosse il compagno D’Onofrio, che allora si faceva chiama-re Edo [...] ci diede questa direttiva: aiutare la Spagna era il primo compito, andare volon-tari in Spagna era un dovere; poi tutta la sequenza di garanzie, nel caso che fosse avvenutala morte o qualsiasi altra cosa. Cioè, in poche parole si trattava di questo: se si vinceva laguerra saremmo diventati cittadini spagnoli e come tali trattati; se perdevamo la guerra eper disgrazia non si fosse riusciti a vincere la battaglia contro il fascismo, evidentemente

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ci sarebbe sempre stata la nostra madre Patria: che in questo caso era la Russia. E cioèsaremmo finiti in Unione Sovietica. E questo valeva per noi e per le nostre famiglie. Edifatti si partiva entusiasti, sapendo che c’era questo ombrello che ci garantiva il domani.Cioè o una o l’altra cosa poteva garantirci. C’era un altro pericolo: la morte. Ma la morteper noi era una cosa logica, perché si sapeva che si andava a fare la guerra e si poteva anchemorire”6.

Giunti ad Albacete, la città spagnola centro di raccolta di tutti i volontari, con altri an-tifascisti italiani formarono il battaglione “Garibaldi” che, prima di essere impiegato sulfronte di Madrid, fu sottoposto ad un breve periodo di addestramento e all’uso delle armi.Fra i commissari dei reparti del battaglione c’erano anche Adriano Rossetti, che ebbe l’in-carico di commissario politico di compagnia, e Giovanni Calligaris, nominato commissa-rio politico di plotone.

Sull’impiego del battaglione “Garibaldi” nella difesa di Madrid nel novembre 1936,Giovanni Calligaris ricorda: “E noi del ‘Garibaldi’ eravamo lì al Pardo - piccolo paese vi-cino a Madrid, sede di scuole militari ed ex scuderie reali - ed eravamo accasermati neilocali della guardia del re e lì c’erano le stalle per i cavalli e c’erano gli alloggi per i sol-dati. E noi eravamo alloggiati lì. Ed è poi diventata la nostra sede permanente. Perché noidiventammo poi delle formazioni mobili, delle formazioni di assalto. Ossia noi non anda-vamo in un posto per rimanere lì, ma andavamo nei punti più pericolosi per tappare i buchi,oppure per dare un colpo, per sviare le forze nemiche in maniera da indebolirle”7.

Fra i primi garibaldini a cadere in combattimento sul fronte di Madrid ci fu GiovanniGannio (classe 1898), che morì a Casa de Campo il 30 novembre 1936. Poi fu la volta diAttilio Minetto (classe 1901) che, nel combattimento di Mirabueno - sempre sul frontedi Madrid - del l gennaio 1937, riportò una ferita al braccio destro che lo rese invalido.Anche Giovanni Calligaris (classe 1900) riportò una ferita, al capo, nel combattimento diMorata de Tajuña (fronte di Madrid) del 17 febbraio 1937. Una seconda ferita al piededestro, che lo tenne per alcuni mesi lontano dal reparto, la riportò ai primi di maggio aValdeavero in Nuova Castiglia.

Adriano Rossetti (classe 1894) fu ferito gravemente all’addome il 14 marzo 1937 aGuadalajara. Di lui l’ordine del giorno, che cita i garibaldini che si distinsero in quellabattaglia, riporta: “Il Commissario politico Adriano Rossetti è citato all’ordine del giornoper il suo coraggioso comportamento sul fronte di Guadalajara. Ferito, rifiutava di abban-donare il combattimento. Colpito una seconda volta, continuava a combattere sino a cade-re stremato di forze sul terreno”8. Sottoposto ad un primo intervento chirurgico a ridossodel fronte, ai primi di maggio Adriano fu trasferito in un ospedale parigino dove lo atteseuna lunga degenza.

Arialdo Zanotti (classe 1900), nominato sergente nel momento della costituzione dellabrigata “Garibaldi”, fu promosso tenente dopo aver preso parte a numerosi combattimen-ti. A Campillo, in Estremadura, il 16 febbraio 1938, fu ferito gravemente al braccio sini-stro, che gli verrà amputato e lo costringerà a rientrare a Parigi.

Durante la guerra di Spagna Fifina non solo continuò ad aiutare i compagni che si pre-sentavano da lei, ma si prodigò per reperire i mezzi finanziari da distribuire alle famigliedei garibaldini partiti da Villeparisis e da località vicine e colà combattenti. Era un incari-co di grande responsabilità perché si trattava di non far mancare il sostentamento alle fa-miglie dei combattenti, dei caduti, degli invalidi, dei feriti, le quali, prive del capo e delsalario che ricavava col proprio lavoro, si sarebbero trovate sul lastrico. Aurora, improvvi-

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satasi attrice, regista, sceneggiatrice, mise insieme una piccola compagnia di teatro cheallestì spettacoli in lingua italiana, che ottennero un notevole successo di pubblico nellefeste organizzate per sostenere la lotta dei garibaldini in Spagna e dalle quali si ricavaronoconsistenti somme di denaro.

La sconfitta della Repubblica spagnola fu vissuta in modi diversi dai garibaldini di Mon-grando: ai feriti o invalidi rientrati in Francia prima del 2 febbraio 1939 - data in cui venneconcesso il diritto d’asilo e l’entrata in Francia dei volontari ormai disarmati - non capitònulla. Giovanni Calligaris e Carlo Siletti, invece, privi di permesso di soggiorno del go-verno francese, furono internati nel campo di concentramento di Saint-Cyprien. LorenzoCalligaris, Secondo De Margherita, Bruno Rossetti, in regola con i documenti francesi,poterono rientrare nei rispettivi luoghi di residenza. Diversa la vicenda di Adriano Rosset-ti: dopo il suo rientro a Parigi egli venne ricoverato in un ospedale, dal quale, nel giro diun anno - tanto durerà la sua convalescenza - fu dimesso e ricoverato diverse volte. In que-sto periodo cambiò casa e si trasferì a Montreuil, sempre nei dintorni di Parigi, in unaabitazione il cui recapito “segreto” sarebbe stato utilizzato come base del Pci.

Lo scoppio della guerra il 3 settembre 1939 rese ancora più problematica l’esistenzadegli antifascisti in Francia: esemplare il caso di Aurora ed Arialdo Zanotti che, pur essen-do in possesso di regolare permesso di soggiorno, furono arrestati il 4 settembre perché“indesiderabili”9 e liberati, dopo quattro mesi di carcere, per interessamento della Legadei diritti dell’uomo.

Il precipitare degli eventi che decretò la fine della II Repubblica e l’instaurazione di unregime collaborazionista con i nazisti, la dichiarazione di guerra dell’Italia alla Francia, il10 giugno 1940, costrinsero molti antifascisti, che illegalmente operavano ancora a Pari-gi, a lasciare la capitale e spostarsi verso il Sud. In quella zona, non ancora occupata dainazisti, poterono meglio organizzare la lotta antifascista sia in direzione dell’Italia che inFrancia dove, dopo l’occupazione nazista, assunse carattere di guerra di liberazione.

Fra i giovani antifascisti italiani attivi nella Resistenza francese, che operarono nellaregione parigina, vi furono: Piero Pajetta, William Valsesia, Gino Vermicelli, Nella Mar-cellino, Marco Bibolotti, i fratelli Diodati, Franco Montagnana, Liliana Rossetti ed altri,appartenenti o collaboratori dell’organizzazione dei “Francs tireurs partisans”10).

Essi utilizzarono la casa di Adriano Rossetti a Montreuil come recapito, punto logisti-co, nascondiglio per il materiale di propaganda e delle armi che servirono per le azionicontro i nazisti e i loro collaboratori di Vichy. Ciò fino a quando Adriano e i suoi familiari,che avevano assistito Arialdo Zanotti fino alla morte (avvenuta nel febbraio 1943 per l’ag-gravarsi della malattia polmonare contratta in Spagna), decisero di rientrare in Italia.

Il loro rientro avvenne il 10 maggio e, consci di quanto sarebbe loro toccato alla fron-tiera, organizzarono il viaggio in modo che la figlia Liliana, essendo cittadina francese eche doveva portare con sé una grossa valigia con doppio fondo contenente materiale poli-tico antifascista, non venisse sottoposta a controlli. E così avvenne: Adriano e Fifina furo-no arrestati mentre Liliana, indisturbata, poté raggiungere Mongrando e consegnare ilcompromettente materiale a chi di dovere. Sottoposti nel luglio 1943 al giudizio dellaCommissione provinciale di Vercelli, ad Adriano furono inflitti tre anni di confino e Fifi-na venne condannata a tre anni di ammonizione. Solo dopo l’8 settembre la famiglia di Adria-no si poté ricomporre nell’avita cascina Ciocchetti di Ceresane.

Ma non c’è tregua: bisogna armarsi e lottare subito contro l’invasore nazista e i loroservi fascisti. Come in Francia tutta la famiglia si impegnerà in questa nuova lotta e la loro

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casa diventerà la prima base dalla quale Piero Pajetta “Nedo”, uno degli animatori e arte-fici della Resistenza nel Biellese, rientrato in Italia dopo l’armistizio, partirà per organiz-zare, nelle nostre vallate, i primi distaccamenti partigiani11.

A conclusione si può sottolineare che, con la morte di due compagni, il ferimento dialtri tre (uno dei quali restò invalido) il gruppo di Mongrando subì perdite di gran lungasuperiori a quelle medie di un esercito in guerra; e questo conferma la testimonianza diGiovanni Calligaris di un impegno dato senza riserve e con generosità.

1 FLORO ROSELLI (a cura di), Tribunale speciale per la difeso dello Stato. Decisioni emessenel 1927, Roma, Stato maggiore dell’esercito, 1980, p. 483.

2 Da una testimonianza rilasciata all’autore da Giuseppina Rossetti il 30 ottobre 1980.3 FRANCO RAMELLA, Biografia di un operaio antifascista: Adriano Rossetti, in “1’impegno”,

a. VII, n. 2, agosto 1987.4 Testimonianza di Giuseppina Rossetti, cit.5 VITTORIO VIDALI, Missione a Berlino, Milano, Vangelista, 1978, p. 120.6 Da una testimonianza rilasciata all’autore da Giovanni Calligaris il 22 novembre 1980.7 Ibidem.8 GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia, Roma, Editori Riuniti, 19742, p. 124.9 Da una memoria autobiografica di Aurora Rossetti del 1 novembre 1978, conservata nell’archi-

vio dell’Istituto.10 Testimonianza di Giuseppina Rossetti, cit.11 Per un approfondimento sulla figura di Piero Pajetta si veda LUIGI MORANINO, Piero Pajetta

“Nedo”. Un combattente per la libertà, Taino, Associazione culturale “Elvira Berrini Pajetta”, 1995.

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Lo schedario dei “sovversivi”

Lo schedario “per gli affiliati a partiti sovversivi considerati pericolosi per l’ordine ela sicurezza pubblica” fu creato, in seno alla Direzione generale della Pubblica sicurezza,a metà dell’ultimo decennio dell’Ottocento, con circolari del maggio 1894 e del giugno1896. Sovrintendeva alla loro classificazione e vigilanza, con forme e mezzi diversi a se-conda del grado di pericolosità2. Era destinato ad accogliere i fascicoli personali di anar-chici, socialisti, repubblicani e, a partire dal 1921, anche di comunisti. A partire dal 1926,in seguito all’approvazione del Testo unico delle leggi di Pubblica sicurezza, fu notevol-mente ampliato e in esso furono inclusi, con la classificazione generica di antifascisti, ancheoppositori del regime di altri orientamenti politici: popolari, liberali, appartenenti al mo-vimento “Giustizia e libertà”, irredentisti slavi e persino fascisti dissidenti1. Nel 1927 preseil nome di Casellario politico centrale.

Nel Cpc sono conservati anche fascicoli di antifascisti che parteciparono alla guerracivile spagnola come volontari nelle brigate internazionali o che furono schedati per “pro-paganda a favore della Spagna repubblicana” o per aver espresso pubblicamente il loro so-stegno al legittimo governo spagnolo, non disgiunto da critiche al regime fascista italia-no.

Per quanto riguarda la provincia di Vercelli sono stati individuati trentasei fascicoli dicombattenti in Spagna2, più alcuni altri fascicoli di antifascisti di cui non si hanno elemen-ti sufficienti per provare la loro appartenenza alle brigate internazionali3.

Ovviamente non di tutti i volontari antifranchisti esiste il fascicolo del Cpc4: per realiz-zare un elenco il più completo e attendibile possibile dei volontari originari della provin-cia5, in mancanza di elenchi ufficiali, è necessario fare ricorso anche ad altre fonti6.

Per quanto riguarda invece gli antifascisti della provincia di Vercelli che furono de-nunciati per il loro atteggiamento favorevole alla Repubblica spagnola finora nel Cpc sonostati individuati ventisette fascicoli7.

I volontari antifascisti in Spagna nella documentazione del Cpc

Esaminando la documentazione contenuta nei fascicoli del Cpc, e confrontandola coni dati biografici riguardanti i volontari antifascisti in Spagna pubblicati in varie opere8,emerge che essa è utile non solo per precisare alcuni aspetti della partecipazione alla guerracivile ma anche, in modo particolare, per la ricostruzione delle vicende precedenti (attivi-tà politica in Italia o nei paesi di emigrazione, eventuali arresti e condanne) e anche se-guenti (internamento in Francia, rimpatrio, interrogatori e condanne).

Antifascismo e guerra di Spagna: “miliziani rossi” e altri “sovversivi” nei

documenti del Casellario politico centrale

di Piero Ambrosio

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Per essere precisi va segnalato che non sempre i dati relativi alla guerra spagnola con-tenuti nei fascicoli del Cpc e quelli riportati nelle opere citate e nelle schede biograficheconservate nell’archivio dell’Aicvas corrispondono (per quanto concerne date di arruola-mento, formazioni di appartenenza, combattimenti): se, da un lato, alcuni dati del Cpc sonoimprecisi, o inattendibili, per difetti delle fonti che erano alla base della redazione di queidocumenti9 o, come vedremo, per reticenze degli stessi antifascisti durante gli interroga-tori, in altri casi la documentazione contenuta nei fascicoli del Cpc consente di entrare inpossesso di dati prima ignoti. Ad esempio finora ben poco si conosceva dell’anarchico bor-gosesiano Enrico Albertini, che raggiunse la Spagna dagli Stati Uniti, dove era emigrato:questi, una vera “primula rossa”, si era messo in vista fin dal 1911 per la sua attività “sov-versiva”10.

I “miliziani rossi”

Vediamo quanto emerge dall’esame dei fascicoli del Cpc dei volontari antifascisti.La partenza per la Spagna, l’arrivo nel territorio della Repubblica, la presenza nelle

brigate internazionali (le “milizie rosse” come venivano definite dai fascisti) erano, nellamaggior parte dei casi, ben presto note alla Prefettura e alla Direzione generale della Ps11:non appena segnalati, se non erano già schedati, gli antifascisti venivano iscritti nel Casel-lario politico centrale, per tutti scattava inoltre la segnalazione nella “Rubrica di frontie-ra” per l’arresto (e, in alcuni casi, anche nel “Bollettino delle ricerche”) e veniva infinedisposta la revisione della corrispondenza diretta ai familiari e ai conoscenti.

Alcuni esempi. La partenza per la Spagna di Eraldo Venezia e Gaspare Fracasso fu se-gnalata al comando di Vercelli della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale da “fontefiduciaria non controllata”; quella di Giuseppe Tamagno fu comunicata dal console di Mar-siglia al Ministero dell’Interno; quella di Adriano Rossetti da Villeparisis, dove risiedevacon la famiglia, risultò da una lettera della figlia Liliana acclusa a una lettera di ArialdoZanotti diretta a sua moglie Aurora, a Mongrando, “revisionata e sequestrata”.

L’arrivo di Francesco Leone a Barcellona fu segnalato il 6 settembre 1936 alla Dire-zione generale della Ps con una “nota confidenziale” della polizia politica in cui si comu-nicava che il dirigente comunista aveva parlato alla radio di Barcellona. Da trasmissionidella stessa emittente radiofonica furono ricavate varie notizie, tra cui quella del ferimen-to di Leone.

La presenza in Spagna di Carlo Ravetto risultò da una lettera censurata indirizzata dalfratello Silvio alla madre, residente a Mezzana Mortigliengo; la partecipazione di Giovan-ni Calligaris alla guerra civile spagnola fu rivelata da sua moglie, ritornata a Mongrandonell’aprile 1940.

“Fonte fiduciaria attendibilissima” nel maggio 1939 comunicò al comando delle trup-pe fasciste italiane che “il connazionale Mosca Carlotin (sic), miliziano nelle brigate in-ternazionali, nell’anno 1937 [era stato] ricoverato nell’ospedale militare n. 1 di Madrid”.

Nel febbraio 1937 il Consolato di Bordeaux comunicò alla Direzione generale dellaPs che, secondo notizie non controllate, Giuseppe Bagnasacco sarebbe stato ucciso: que-sta incaricò pertanto la Prefettura di Vercelli “di fare eseguire riservate indagini nel di luiluogo di origine per accertare se uguale notizia [fosse] giunta ai di lui parenti e di farecontrollare la corrispondenza dei medesimi anche per verificare se ad essi ven[issero] inviatisussidi del soccorso rosso”. Ad ogni buon conto, “nell’eventualità che la notizia della di

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lui morte non [fosse stata] vera”, l’antifascista fu iscritto nella “Rubrica di frontiera” perl’arresto. Il Ministero degli Affari Esteri, interessato al riguardo, nell’agosto dell’annosuccessivo comunicò che “malgrado le indagini esperite in questi ambienti sovversivi [diBordeaux] e presso un creditore del Bagnasacco, non [era] stato possibile aver confermadel decesso”. Che il Bagnasacco si fosse arruolato “nelle milizie rosse” era stato comun-que confermato da “fonte confidenziale in contatto col comando delle truppe volontariein Spagna”.

La presenza nelle brigate internazionali di Quintino Minero Re fu segnalata alla Dire-zione generale della Ps dal comando delle truppe fasciste italiane; quella di Annibale Ca-neparo fu comunicata dall’Ambasciata di Parigi; Riccardo Zanotto risultò invece trovarsi“arruolato nelle milizie rosse in Spagna” secondo non meglio precisate “informazioni as-sunte sul luogo di nascita”.

L’Ambasciata di Mosca segnalò invece il ritorno in quella città di Antonio Roasio, “pro-veniente dalla Spagna, ove [era] rimasto ferito in una azione sul fronte di Madrid”, aggiun-gendo che egli aveva ripreso la “propria attività in seno al Comintern dove gli [era] statoaffidato il reclutamento, il controllo e la selezione degli emigrati politici desiderosi direcarsi in Spagna”.

In molti casi le segnalazioni furono dovute, come si è visto, all’opera di “fiduciari”:grazie a loro la Direzione generale della Ps poté redigere veri e propri elenchi di volonta-ri. Nei fascicoli del Cpc abbiamo rinvenuto, ad esempio, due elenchi della Divisione poli-zia politica datati 22 maggio 1938, relativi l’uno a caduti e l’altro a “connazionali reclutatinelle milizie rosse” con l’indicazione della data di partenza per la Spagna e la località doveerano stati destinati.

Talvolta gli agenti fascisti poterono addirittura rilevare i nominativi dei “miliziani” dairuolini delle formazioni stesse; il Consolato di Salamanca poté infine redigere un elencodi “connazionali arruolati nelle milizie rosse, appartenenti al battaglione Garibaldi” e cheavevano “preso parte attiva al conflitto” desumendo i nomi dal volume “Garibaldini in Spa-gna”, pubblicato a Madrid nel 193712, che era stato inviato in visione da un agente nel maggio1938; grazie a una fotografia la Prefettura di Vercelli identificò, ad esempio, Antonio MoscaCarlottin.

Inoltre, dopo la sconfitta della Francia nel secondo conflitto mondiale, nell’aprile 1942furono rinvenuti negli archivi della Sureté, a Parigi, documenti riguardanti l’Unione popo-lare italiana e “i volontari italiani già combattenti nelle milizie rosse spagnole internatinei campi di concentramento francesi”.

Infine non mancarono i casi di delazioni: ad esempio certo Alessio Arrighelli13, “redu-ce dalla Spagna rossa”, nel febbraio 1938 si presentò al Consolato di Parigi e fornì moltinomi di antifascisti presenti nelle brigate internazionali, tra cui quello di un certo “Ton-della della provincia di Vercelli” (che gli inquirenti ritennero di identificare “molto pro-babilmente in Tondella Federico”), che aveva sentito “ad Albacete parla[re] con altri treconnazionali di un progettato viaggio in Italia, attraverso il confine svizzero, per compiereun attentato con esplosivi durante qualche cerimonia” e aggiunse che questo attentato sa-rebbe stato diretto “da certo Camen”14.

Anche durante gli interrogatori cui gli ex volontari furono sottoposti nelle questuredelle rispettive province di appartenenza, dopo il rimpatrio seguito alla caduta della Re-pubblica spagnola e al periodo, per molti versi drammatico, dell’internamento nei campidi concentramento francesi, vi furono casi in cui ex volontari confermarono l’appartenen-

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za di loro ex commilitoni alle brigate internazionali. Ad esempio Ermenegildo Cozzi, daCastelnovo del Friuli (Ud), fornì, tra gli altri, il nome di Teresio Caron. Questi invece so-stenne di aver conosciuto il suo accusatore in una prigione francese dove sarebbe statoincarcerato per contrabbando di effetti di vestiario dalla Spagna. Sostenne inoltre di es-sersi recato in Spagna nel marzo del 1937 alla ricerca di una certa Ida, svizzera tedesca,con cui aveva avuto una relazione amorosa e di cui non ricordava il cognome, che era statacolà portata “da persone che esercitavano la tratta delle bianche”; e aggiunse che, dopoessersi soffermato in prossimità del confine, data l’impossibilità di proseguire nell’inter-no del paese per la guerra civile, era rientrato in Francia dove era, appunto, stato arrestato.Dichiarò inoltre di non ricordarsi quali fossero esattamente i paesi in cui aveva dimoratoin Spagna e concluse negando di aver “combattuto nelle milizie rosse spagnole” e soste-nendo di non essersi mai interessato di politica, ma di aver sempre esclusivamente pensa-to al suo lavoro.

Al prefetto la sua “narrazione” apparve “molto romanzesca e poco veridica” e, in con-siderazione sia dei suoi “sentimenti comunisti” sia della testimonianza dell’ex commili-tone, pur non essendo stata la polizia in grado di “controllarne l’attendibilità”, dopo aversollecitato le “determinazioni del Ministero dell’Interno” (risulta che la relativa pratica fusottoposta a Mussolini) lo deferì alla Commissione provinciale per i provvedimenti dipolizia, che lo condannò a tre anni di confino.

Dopo il rimpatrio, nel corso degli interrogatori in Questura qualcuno, tra gli ex com-battenti di cui ci occupiamo, cercò di far credere di essersi recato in Spagna in cerca dilavoro: Giovanni Calligaris, ad esempio, dichiarò quanto segue: “A Parigi [...] avevo apertouna modesta azienda di artigianato quale operaio decoratore, e gli affari andarono bene sinverso il 1935. In seguito cominciarono insormontabili difficoltà [...] dovetti così chiude-re l’azienda nei primi mesi del 1936 e la mia situazione divenne molto grave, per mancan-za di mezzi. [...] A Parigi io frequentavo l’associazione del ‘Fronte unico antifascista’ chedivenne poi la ‘Unione popolare italiana’ e la ‘Lega dei diritti dell’uomo’15 dove mi fu con-sigliato di recarmi in Spagna [...] dove vi era possibilità di lavoro e di guadagno”.

Altri dichiararono di essersi arruolati spinti dalla necessità: ad esempio Carlo Zanada,emigrato in Francia nel 1924, dichiarò: “Rimasto privo di occupazione e privo di mezzi mirecai a Parigi nell’ottobre [1936] e decisi di andare in Spagna in cerca di lavoro. Alla fron-tiera spagnola ottenni di passare e mi recai in un paese nei pressi di Barcellona dove, nonavendo possibilità di vita, mi arruolai nelle milizie rosse”; Olinto Sella, emigrato in Fran-cia nel 1934, dichiarò che in seguito a un incidente aveva perso la scarsa clientela dellasua modesta officina per riparazione di motociclette e quindi, “non disponendo di mezzi esollecitato da alcuni francesi del luogo, [aveva] decis[o] di arruolarsi nell’esercito repub-blicano spagnolo”.

Anche Antonio Mosca Carlottin, emigrato in Francia nel 1925, dichiarò di essersi ar-ruolato essendo rimasto disoccupato; e così pure Francesco Prevosto dichiarò che, emi-grato clandestinamente in Francia, ed essendo stato espulso già nel 1925 e privato deidocumenti di identità nel 1928, nell’agosto del 1936, “preoccupando[si] della [sua] sorte,[aveva] decis[o] di partire per la Spagna” e aggiunse che non fu “spinto da nessuno a parte-cipare alla campagna con i rossi spagnoli”.

Altri invece non nascosero i motivi politici alla base della loro decisione: ad esempionel verbale dell’interrogatorio di Luigi Viana si legge quanto segue: “nell’anno 1936 sen-tii il mio spirito di solidarietà verso i rivoluzionari spagnoli che combattevano contro il

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generale Franco ed il 20 agosto mi recai a Barcellona per arruolarmi nell’esercito popo-lare spagnolo”; anche Anello Poma dichiarò di essersi arruolato per “solidarietà moralecol governo repubblicano spagnolo che combatteva contro le forze del generale Franco”;e Carlo Siletti “confermò di aver appartenuto alle forze comuniste spagnole aggiungendodi aver fatto ciò spinto dalla sua fede antifascista”: in considerazione della sua dichiara-zione, pur essendo stato riconosciuto non idoneo a sopportare il regime confinario, per lesue gravi condizioni di salute, fu ugualmente condannato a cinque anni di confino.

Nel corso degli interrogatori la maggior parte degli arrestati cercò di minimizzare ilruolo avuto nelle brigate internazionali: Olinto Sella, ad esempio, pur essendo stato co-stretto ad ammettere la propria partecipazione alla guerra civile, dichiarò di non aver par-tecipato ad alcun fatto d’armi. Altri, nell’intento di evitare la condanna al confino, non am-misero neppure di aver combattuto nelle brigate internazionali: Adriano Rossetti, ad esem-pio, negò “recisamente” la sua partecipazione alla guerra civile in Spagna; anche AnnibaleCaneparo non ammise la sua partecipazione alla guerra civile spagnola, fornendo inoltreuna serie di recapiti e di nomi di persone che avrebbero potuto confermare che non si eramai allontanato da Parigi o da Perpignan, sue località di residenza in Francia: essendosidifeso “con accento di verità” e poiché la citata segnalazione dell’Ambasciata di Parigisecondo cui avrebbe militato nelle brigate internazionali non aveva trovato conferma, nonfu assegnato al confino ma soltanto diffidato.

Comune a tutti i volontari antifranchisti della provincia di Vercelli fu l’atteggiamentodi non fornire nomi di compagni o di dare informazioni generiche o false: Giovanni Cal-ligaris, ad esempio, ammise di aver conosciuto nel battaglione “Garibaldi” alcuni italianivolontari, ma di non ricordarne i nomi; Anello Poma dichiarò che era stato arruolato colgrado di soldato nella 3a compagnia della brigata “Garibaldi”, comandata da un capitanospagnolo e che “in detta compagnia erano anche altri italiani, ma non ne ricord[ava] i nomi”;Antonio Mosca Carlottin affermò di non ricordare i nomi degli altri volontari italiani in-quadrati nella sua compagnia e aggiunse che essi, in gran parte, erano caduti in combat-timento.

Anche Giuseppe Mosca, pur avendo ammesso che nel suo “reparto vi erano anche altrivolontari italiani”, sostenne che “non ne ricorda[va] più i nomi”; per quanto riguardava ilcomandante della sua compagnia disse che si trattava di un “certo Ferraris, italiano, set-tentrionale, da [lui] non meglio conosciuto”; Gaspare Fracasso, dopo aver ammesso di averfatto parte della 1a compagnia della brigata “Garibaldi”, disse che il comandante si chia-mava Mario, piemontese di circa trentacinque anni e aggiunse che non ne aveva mai saputoil cognome e di non ricordare i nomi di altri compagni; Carlo Zanada ammise di aver co-nosciuto “degli italiani facenti parte delle armate rosse” ma sostenne di non conoscerne inomi e quando, il 25 maggio 1942, nella direzione della colonia di confino di Ventoteneun funzionario di Ps gli mostrò una fotografia di Silvio Bianchi, suo ex comandante, di-chiarò di non essere in grado di riconoscerlo, essendo stato ai suoi ordini soltanto per unaquindicina di giorni e non ricordandone le sembianze.

Alcuni ex combattenti ritornarono in Italia solo dopo la caduta del fascismo ma prefe-rirono ugualmente negare la loro militanza: così Giuseppe Mezzano che, interrogato nelmese di agosto del 1943, negò “recisamente di aver preso parte alla guerra civile spagno-la, affermando di essersi recato in Spagna, e precisamente a Barcellona, nel 1936, unica-mente per ragioni di lavoro e di esservi solamente rimasto sei mesi”: fu messo in libertàe sottoposto a “opportuna vigilanza”; così pure Francesco Montarolo, fermato da agenti di

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Ps a Bardonecchia (To) il 19 agosto 1943, negò “recisamente di aver preso parte alla guerracivile spagnola, aggiungendo di aver sempre lavorato in Francia e di non essersi mai allon-tanato nemmeno per ragioni di lavoro”, e dichiarò “di non aver mai fatto parte di partitipolitici a eccezione di un circolo ricreativo di amicizia italo-francese a sfondo popolare”:fu rilasciato e avviato al comune di origine.

La guerra di Spagna e gli antifascisti in provincia di Vercelli

Ed ecco invece quanto emerge dall’esame dei fascicoli del Cpc di alcuni antifascistidella provincia di Vercelli arrestati per episodi in qualche modo connessi alla guerra diSpagna.

Il 7 febbraio 1937 la polizia venne a conoscenza che al noto sovversivo vercellese Ales-sandro Rigolino16 era stata recapitata una lettera “di provenienza sospetta”: perquisito ilsuo domicilio, gli agenti rinvennero e sequestrarono un foglietto scritto a penna a essaallegato in cui era scritto: “Marsiglia 8 novembre 1936. La mia partenza è prossima è qui-stione di ore, la motonave sta alzando le ancore quando riceverai questa spero di essere afianco di Leone a combattere per la libertà. Viva la Spagna proletaria. Viva la gloriosa cen-turia Gastone Sozzi. Preferisco morire sotto il cielo libero che vivere nelle carceri diMussolini. Saluti Giuseppe17. Molti italiani sono già caduti. Non ti comprometto più que-sta è la prima e ultima volta che ti scrivo”. Al foglietto era anche allegato “un ritaglio digiornale sovversivo riproducente la fotografia del pericoloso comunista schedato LeoneFrancesco”.

Fermato e sottoposto a stringenti interrogatori perché indicasse il mittente della let-tera “non fornì alcuna indicazione al riguardo, “mantenendosi evidentemente e pensatamen-te reticente e dando in tal modo la prova evidente di ispirarsi alle direttive del partito co-munista che prescrive agli adepti di non rivelare i nomi dei compagni. Arrivò anche al pun-to di cinicamente affermare di non conoscere il Leone, vercellese di elezione, ben noto inprovincia e suo amico”. Ritenendo il suo comportamento “tale da ostacolare l’azione deipoteri dello Stato” fu deferito alla Commissione provinciale per i provvedimenti di poli-zia che, il 22 marzo, lo condannò a un anno di confino18.

Il 14 febbraio 1937 Francesco Vacchetta19 fu fermato dalla Milizia confinaria di Do-modossola (No) mentre si dirigeva, insieme ad altri, verso il confine con la Svizzera. Ri-sultò che il tentativo di espatrio era originato da motivi politici: l’Ovra infatti accertò che“gli espatriandi avrebbero dovuto recarsi in Spagna per arruolarsi nelle file dei rossi spa-gnoli e presentarsi a Lugano da Giuseppe Faravelli20 per ricevere i mezzi per proseguire”.Fu denunciato alla Commissione provinciale di Milano per i provvedimenti di polizia che,l’8 aprile, lo condannò a cinque anni di confino21.

Nel pomeriggio del 29 marzo 1937 in una trattoria di Pralungo l’operaio Mario Canto-ne22 tra l’altro disse che “sapeva che, mentre ritornavano dall’Africa orientale, tre divisio-ni, invece di rimpatriare, erano state mandate in Ispagna per l’occupazione di Malaga, chetra pochi giorni sarebbe stata ripresa dai rossi, e che quello che parla[va] alla radio di Bar-cellona [era] un biellese e di là si sent[iva] la pura verità di ciò che succede[va]”.

Ai carabinieri, che lo arrestarono, negò di aver pronunciato tali frasi, ammettendo sol-tanto “di aver ascoltato lagnanze da parte di disoccupati”, e cercò di giustificarsi affermandoche “il duce non sa[peva] come sta[vano] gli operai giacché a Roma [andavano] solo i mi-litari in congedo, mentre i dirigenti fascisti non obbedi[vano] al Capo del Governo” e ag-

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giungendo che sarebbe stata necessaria la libertà di stampa per far conoscere al duce idesideri degli operai. Deferito alla Commissione provinciale per i provvedimenti di poli-zia, il 5 giugno fu condannato a tre anni di confino23.

Nell’aprile 1937, a Gattinara, in seguito “ad un certo risveglio sovversivo manifestato-si mediante scritti sovversivi sui muri dell’abitato” furono operati numerosi fermi: men-tre parte dei sospettati, dopo le prime indagini sommarie, fu rilasciata, nei confronti dialtri fu mantenuto il fermo perché fu accertato “che essi solevano spesso riunirsi fra loroper confabulare e biasimare l’opera del Regime, scambiarsi idee di avversione al GovernoFascista e di simpatia per quello Spagnolo”. Si trattava di Alberto Brunetti24, Ernesto Ner-vi25, Antonio Rossi26 e Secondino Zanazzo27 che, deferiti alla Commissione provincialeper i provvedimenti di polizia, furono condannati a cinque anni di confino28.

Sempre nell’aprile del 1937, e precisamente il 24, quattro avventori di una trattoria diVercelli, Settimo Benvegnù29, Germano Ferrari30, Giovanni Battista Savio31 e GiuseppeViotti32, commentarono in francese gli avvenimenti della guerra di Spagna. Il primo escla-mò: “Questo lo bevo in barba a Mussolini”, mentre il secondo rivolto a certo Alberto Caz-zaniga33, ex ardito di guerra e decorato al valore, disse: “Il 24 maggio le tue medaglie te lefaremo saltare”. Un milite presente, tal Ettore Gerardi, “che in quel giorno vestiva da ope-raio”, denunciò il fatto al comando della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale ealla Questura: Benvegnù e Ferrari furono arrestati e deferiti alla Commissione provincia-le per i provvedimenti di polizia che, il 20 maggio li condannò tre anni di confino34, men-tre Savio e Viotti furono diffidati.

Nel maggio 1937 a Pralungo fu arrestato l’attaccafili Giuseppe Negro35, in seguito allaconfessione del giovane Vincenzo Biscotti36, pure arrestato, che aveva dichiarato che dalui “aveva appreso che qualche mese prima stando ad ascoltare le trasmissioni della sta-zione di Barcellona, alla radio del Dopolavoro di Pralungo, aveva udito notizie allarmantisui combattenti italiani in Spagna”. Interrogato, “si mantenne sulla negativa”, ammettendosoltanto di essersi incontrato col Biscotti nel Dopolavoro di Pralungo e di avere ascoltatocon questi dalla radio di Barcellona il canto “Bandiera rossa” e che la stessa sera eranoanche venuti “a conoscenza che combattenti italiani erano stati fatti prigionieri dai rossi”.

Fu interrogato anche il gerente del dopolavoro, Pietro Monti, che “nulla seppe preci-sare, poiché quella sera nei locali vi erano parecchie persone tutte iscritte al Pnf che schia-mazzavano e bevevano”. Deferito alla Commissione provinciale per i provvedimenti dipolizia, l’8 luglio fu condannato a due anni di confino37.

Nel pomeriggio del 12 agosto 1937, Rocco Pareti38, carrettiere senza fissa dimora,mentre era intento a segare legna, a Curino, con il bracciante Giovanni Gnerro, esclamò,in presenza di due testimoni: “Maledetto quel giorno che sono ritornato in Italia a fare ilsoldato. Si starebbe meglio se venisse una rivoluzione come quella che c’è in Spagna. Seviene un’altra guerra, anche se dura venti anni, farò in modo di passare la frontiera per nonfare più ritorno in Italia e passando la frontiera mi pulirò le scarpe perché voglio uscirecon le scarpe pulite, perché della terra italiana ne sono stufo”. I carabinieri di Masserano,venuti a conoscenza dell’episodio, il mattino successivo lo arrestarono. Denunciato allaCommissione provinciale per i provvedimenti di polizia, il 30 settembre fu condannato atre anni di confino39.

Nel gennaio 1938 fu fermato e interrogato il vercellese Luigi Quarelli40, sorvegliatodalla Milizia volontaria per la sicurezza nazionale perché sospettato di attività antinazio-nale41: ammise di avere espresso più volte “inconsulti apprezzamenti nei riguardi del Re-

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gime e della guerra civile in Spagna”. Deferito alla Commissione provinciale per i provve-dimenti di polizia, nella seduta del 25 febbraio fu assegnato al confino per due anni42.

Nel mese di luglio del 1938 risultò che Osvaldo Sasso43, biellese, militare nel 4o reg-gimento alpini di stanza ad Aosta, aveva tentato di propagandare le idee comuniste fra i suoicompagni d’arme: due soldati, Ermete Poma e Guerrino Scalfoni, avevano infatti dichia-rato che aveva cercato “di attrarli con ogni mezzo nell’orbita delle sue vedute politiche”,che aveva parlato “del benessere di cui god[evano] i lavoratori in Russia, auspicando l’av-vento del comunismo anche in Italia [...e] della guerra civile di Spagna, dimostrando le piùaperte simpatie per i rossi e lamentando che la Francia e la Russia non [dessero] sufficien-te aiuto di armi e di uomini ai rossi”. Deferito alla Commissione provinciale per i provve-dimenti di polizia44, il 19 luglio 1938 fu condannato a tre anni di confino45.

Nel corso delle indagini praticate dai carabinieri e dall’Ovra a Borgosesia in seguito auna serie di arresti operati nei mesi di agosto e settembre del 1938 risultò che, all’internodei due gruppi di sovversivi scoperti, uno comunista e l’altro socialista, era circolata stampadi propaganda contro la guerra di Spagna e che alcuni degli arrestati avevano criticato l’in-tervento italiano46.

Nell’aprile dell’anno seguente uno degli arrestati in quell’occasione, Francesco Mo-rando47, fu nuovamente denunciato e subì un nuovo provvedimento di ammonizione per avercommentato, nello stabilimento in cui era occupato, la morte di un fascista borgosesianolegionario in Spagna con un inequivocabile “Oh! là! è andato... uno di meno!”.

Nel Casellario politico sono ovviamente documentati altri episodi48. Ne cito ancoradue, in questo caso relativi a nati in provincia di Vercelli ma emigrati. Del primo fu prota-gonista Antonio Mairone49, che fu arrestato il 9 ottobre 1936 a Torino perché sospettatodi appartenere al movimento “Giustizia e libertà”: risultò, tra l’altro, che si era occupatodel reclutamento di volontari per le brigate internazionali spagnole; denunciato, con altri,al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, per “cospirazione politica mediante asso-ciazione per attentare alla costituzione dello Stato”, il 20 marzo 1937 fu assolto per nonprovata reità e scarcerato.

Il secondo episodio riguarda Carlo Parsini50, segnalato nel dicembre del 1938 per es-sere stato più volte a capo di carovane di camion, organizzate dalla Lega dei diritti dell’uo-mo, contenenti medicinali e indumenti per i volontari delle brigate internazionali51.

Come si è visto gli antifascisti citati furono quasi tutti sottoposti al giudizio della Com-missione provinciale per i provvedimenti di polizia52: gli episodi di cui furono protagoni-sti appartengono infatti perlopiù a un antifascismo per così dire “minore”: singoli atti diprotesta, di ribellione contro il regime fascista, contro la dittatura; tuttavia almeno dueepisodi ebbero un’importanza e un valore ben superiore a quello che potrebbe apparire daquesta breve esposizione: quello di Gattinara e quello di Borgosesia, che coinvolsero (par-ticolarmente il secondo) un numero consistente di antifascisti. Questi due episodi appar-tengono cioè a una fase di ripresa dell’antifascismo organizzato, dopo il periodo in cui,dal 1927 fino al 1932, si era scatenata la repressione, con decine di condanne al carcere eal confino comminate ai vari gruppi operanti in provincia, da quelli di Mongrando e dellavalle Strona, fino a quello di Cavaglià (a cui, tra gli altri, appartennero Eraldo Venezia eGaspare Fracasso, poi volontari in Spagna). Una fase di ripresa dell’antifascismo che, adistanza di pochi mesi dal momento di massimo “consenso” al fascismo, quello rappre-sentato dalla guerra d’Africa e dalla conquista dell’impero, trasse alimento proprio da quellaguerra che in Spagna migliaia di antifascisti stavano combattendo non solo in difesa della

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democrazia in quel paese e contro il fascismo spagnolo, ma, in un certo senso, contro tuttii fascismi: se nell’immediato l’antifascismo non ottenne i risultati sperati, se la repubbli-ca spagnola fu sconfitta, quella lotta fu tuttavia, come ben sappiamo, assai importante permolti avvenimenti successivi, anche nel nostro Paese e sulle nostre montagne.

1 Il Cpc, che è conservato nell’Archivio centrale dello Stato, è costituito da 152.589 fascicoli(147.584 di uomini e 5.005 di donne), che contengono carteggio vario (rapporti, relazioni, note infor-mative e confidenziali, verbali di interrogatori, lettere e altro materiale sequestrato ecc.) sull’attivitàsvolta dai “sovversivi” in Italia o all’estero; talvolta vi sono inoltre schede biografiche redatte dalleprefetture e brevi “cenni” per gli aggiornamenti delle stesse. In molti casi nei fascicoli vi sono le fotosegnaletiche degli schedati e copie della “Rubrica di frontiera” e del “Bollettino delle ricerche”, in cuii “sovversivi” venivano iscritti in caso di emigrazione o di irreperibilità: l’iscrizione nella prima preve-deva vari tipi di provvedimenti, dalla semplice segnalazione del passaggio del confine, alla perquisi-zione o all’arresto. All’estero l’attività dei “sovversivi” veniva seguita da funzionari dei consolati e,soprattutto, da “fiduciari”, informatori non di rado “infiltrati” negli ambienti dell’opposizione.

2 Di Carlo Siletti, di cui non esiste il fascicolo del Cpc, esiste però quello della serie Confinatipolitici.

3 Antonio Archetti, Attilio Santagostino, Vittorio Zanone, Pio Zuppa.4 In alcuni casi (Giovanni Borsano, Rolando Quagliotti, Carlo Tondella, Benedetto Varnero) si

sono tuttavia trovate citazioni in documenti contenuti in fascicoli di altri schedati.5 Sulla base dei dati attualmente in nostro possesso, il numero degli antifascisti vercellesi, biellesi

e valsesiani combattenti nella guerra civile spagnola è quantificabile in cinquantaquattro (di altri cinqueantifascisti non si hanno dati sufficienti per provare la loro partecipazione). Per le loro biografie si rin-via a PIERO AMBROSIO, Vercellesi, biellesi e valsesiani volontari antifascisti in Spagna, alle pp.85-124 di questo volume.

6 Tra cui la serie Ministero dell’Interno, Ps aaggrr, cat. K1b-45 “Arruolamento di volontari perl’Esercito rosso spagnolo”, conservata nell’Archivio centrale dello Stato. Si veda l’introduzione allebiografie in P. AMBROSIO, saggio cit.

7 Alcuni di questi antifascisti furono denunciati anche con altre imputazioni. Poiché il dato distintivoche ci interessa non è rilevabile dall’inventario del Cpc, per poter individuare, con un discreto marginedi certezza, tutti i denunciati per questo “reato” occorrerebbe consultare, oltre ai fascicoli dei confina-ti, come è stato fatto, anche tutti quelli relativi ad ammoniti e a diffidati.

8 Si veda l’elenco delle fonti delle biografie, alle pp. 118 e ss.9 Nei fascicoli del Cpc (e anche in quelli della citata serie Ps aaggrr, cat. K1b-45) si trovano anche

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segnalazioni imprecise e insufficienti o che, per quanti ci riguarda, in seguito a più accurate indagini,alcune si rivelarono errate.

Pietro Reale, nato a Serralunga di Crea (Al) il 2 novembre 1883, residente a Casale Monferrato(Al), macchinista, ex combattente nelle brigate internazionali inquadrato in una batteria di artiglieria dacampagna della brigata “Garibaldi”, rimpatriato nel febbraio del 1938, nell’interrogatorio cui fu sotto-posto nella Questura di Alessandria segnalò come suoi commilitoni certi Picciardi, contadino quaran-tacinquenne originario di Gattinara, e Giuseppe Ramella, di Pinerolo (To) o dintorni, muratore di circa35 anni. Entrambi risultarono sconosciuti nelle località indicate.

Il secondo ha un cognome diffuso anche nel Biellese, ma non ci è stato possibile individuarlo.Nel dicembre del 1936 un informatore segnalò che certo Giovanni Perino, nato a Brusnengo il 6

giugno 1897, già residente a Torino, meccanico, aveva preso alloggio in un albergo di Parigi e si sa-rebbe dovuto recare in Spagna per incarico del Partito socialista. Dagli accertamenti effettuati nullarisultò sul conto di questi nel capoluogo piemontese, mentre a Brusnengo risultò nato un omonimo (diEmilio e Teresa Gallinetti), il 4 settembre 1898, emigrato negli Stati Uniti nel 1914, sovversivo reni-tente alla leva, che risultò tuttavia risiedere a New York, da dove negli ultimi anni non si era allontana-to.

Nel gennaio 1937 fu diramato alle prefetture un elenco di “connazionali adunati a Nizza per par-tire per la Spagna al servizio del fronte popolare” in cui risultava il nome di certo Albino Anselmi. Ilprefetto di Vercelli suppose potesse trattarsi di Antonio Albino Anselmi (di Michele e di Teresa Picco,nato a Roasio il 17 gennaio 1890, sovversivo, emigrato nel 1921 per gli Stati Uniti d’America), cherisultò invece non essersi allontanato da Detroit, dove risiedeva.

Nello stesso mese fu segnalato certo Luigi Bertoli come “arruolato nelle truppe rosse spagnuole”.Il prefetto di Vercelli suppose potesse trattarsi di Iginio Bertoli, di Pietro e Giovanna Fantin, nato aRivignano (Ud) il 10 agosto 1905, manovale, comunista, ex confinato politico (condannato il 6 marzo1928 dalla Commissione provinciale di Udine per i provvedimenti di polizia a un anno per canti sov-versivi), già residente a Zumaglia, da cui era emigrato clandestinamente per la Francia nel dicembredel 1930, irreperibile, iscritto nella “Rubrica di frontiera” e nel “Bollettino delle ricerche”. Rintracciatonel marzo dell’anno seguente a Lantosque, fu accertato che egli, pur essendo “di sentimenti antifasci-sti”, non aveva mai lasciato la Francia. È probabile che la segnalazione si riferisse a un volontario pia-centino.

Nel febbraio del 1937 fu segnalato certo Paolo Bosoni, capopezzo di una compagnia di mitraglie-ri, e nel giugno dell’anno seguente certo Pietro Noca, in servizio nella compagnia anticarri della 14a

brigata. In entrambi i casi il prefetto di Vercelli suppose potesse trattarsi di Paolo Noca, di Carlo e diGiulia Noca, nato a Roasio il 13 marzo 1895, noto con il nomignolo di Busoni, emigrato in Francia,disegnatore, comunista, iscritto nella “Rubrica di frontiera”, ma in seguito ad “accuratissime indagini”,nell’ottobre del 1939 fu accertato che questi non si era mai allontanato da Jarny, sua località di resi-denza.

Nell’aprile 1937 fu segnalato da parte di una “fonte attendibile” che Gilio Gurgo, di Raimondo edi Emilia Perazio, nato a Losanna l’8 marzo 1896, oriundo di Pettinengo, residente a Parigi, scultore,aveva lasciato la capitale francese per recarsi in Spagna e arruolarsi nelle brigate internazionali. Nelmese di luglio questi invece tornò al paese d’origine per alcuni mesi e non risultò che avesse combat-tuto in Spagna.

Alla fine di agosto del 1937 un informatore segnalò al Consolato di New York che certo PietroSchintone, di anni 37 circa, da Biella, si era recato in Spagna e aveva scritto a compagni newyorkesida Valencia. La Prefettura di Vercelli l’11 gennaio 1938 comunicò alla Direzione generale della Ps chenon risultava nato né conosciuto a Biella e nei comuni limitrofi.

In un elenco di “connazionali arruolati nelle milizie rosse spagnole” diramato alle prefetture nel luglio1938 risultava un certo Zanone, tenente colonnello. Il prefetto di Vercelli ipotizzò che potesse trattarsidi Battista Zanone, di Lorenzo e di Angela Sodano, nato il 28 febbraio 1891 a Gattinara, manovale,emigrato in Francia nel 1924, dopo aver subito, quattro anni prima, una condanna a due mesi e mezzodi carcere per “attentato alla libertà del lavoro”, schedato nel Casellario politico centrale e iscrittonella “Rubrica di frontiera”, ma l’identificazione non fu confermata. È possibile che la segnalazione siriferisse ad Arturo Zanoni, comandante della brigata “Garibaldi”.

Nell’ottobre del 1939 il Ministero dell’Interno ipotizzò che il Giuseppe Ceruti segnalato da una

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fonte fiduciaria del Consolato italiano di Salamanca come appartenente alla compagnia italiana delbattaglione “Dimitrov”, morto sul fronte del Jarama in epoca antecedente l’aprile del 1937, potesseidentificarsi in Giuseppe Cerruti Miclet, di Luigi e di Anna Cimamonte, nato il 19 ottobre 1892 a So-prana, tessitore, comunista, emigrato nel 1922, iscritto nella “Rubrica di frontiera”. L’emigrato bielle-se risultò però residente in Francia. Nel mese di giugno la Questura di Vercelli aveva anzi richiesto larevoca della sua iscrizione nella “Rubrica di frontiera” non riscontrando nei suoi confronti “una accer-tata o fondatamente supposta pericolosità politica”. La segnalazione si riferiva probabilmente al lom-bardo Giuseppe Cerutti, caduto il 12 marzo 1937 a Morata de Tajuña.

ACS, Cpc, fascicoli personali di Giovanni Perino di Emilio, Iginio Bertoli, Paolo Noca, BattistaZanone; per Giuseppe Cerruti Miclet fascicolo intestato “Giuseppe Cerruti”; Ps. aaggrr, cat. K1b-45, fascicoli personali di Picciardi, Ramella, Giovanni Perino di Emilio; fascicoli intestati a Paolo Bo-soni e Pietro Noca; per Albino Anselmi, Iginio Bertoli, Gilio Gurgo e Pietro Schintone non esistonofascicoli personali ma solo documentazione sparsa in varie buste.

A proposito di segnalazioni errate si veda anche la seconda parte della nota n. 14.10 Per notizie sulla sua attività e su quella degli altri volontari antifascisti di seguito citati si rinvia -

come si è detto - alle biografie pubblicate in questo volume.11 Solo in tre casi (Pietro Cerruti, Angelo Irico, Matteo Secchia) nei fascicoli del Cpc non esisto-

no documenti relativi alla partecipazione degli schedati alla guerra civile spagnola.12 ESTELLA [TERESA NOCE] (a cura di), Garibaldini in Spagna, Madrid, Ugt, 1937; riedizione

Milano, Feltrinelli, 1966.13 Alias Francesco Airoldi, originario di Voghera, già residente a Milano.14 “Giorgio Camen” era il nome di battaglia del dirigente comunista Giuliano Pajetta. L’Arrighelli

fu denunciato dalla “Voce degli italiani” come provocatore e spia.Come si è visto il contenuto di certe “confidenze” non sempre era attendibile: in questo caso va

segnalato che l’identificazione del Tondella era errata, essendo Carlo e non Federico l’antifascistavolontario in Spagna. Per notizie sui due fratelli si veda la biografia di Carlo, in questo volume a p.107.

15 Associazione costituita nel 1927 in Francia comprendente socialisti, radicali, massoni, anarchi-ci, liberali, esponenti di “Giustizia e libertà”. I comunisti vi aderirono solo dopo il VII Congresso del-l’Internazionale comunista (1935), secondo la politica di fronte popolare, per stabilire legami unitaricon le altre forze antifasciste al fine sviluppare la lotta contro il fascismo. L’associazione mirava adassicurare aiuti agli emigrati politici italiani e a difendere gli antifascisti dagli arbitrii delle polizie locali.

16 Nato il 7 gennaio 1905 a Vercelli, ivi residente, operaio.Appena ventenne aveva cominciato “a professare idee comuniste e, pur non avendo largo ascen-

dente sulle masse, si [era] palesato elemento pericoloso per il suo carattere e per l’attività che spiega-va in favore dei partiti sovversivi, sì da essere ritenuto uno dei più temibili esponenti del gruppo ‘cen-tro’ di Vercelli”. Successivamente “pur non avendo abbandonato le vecchie idee [aveva] simulato un’ac-quiescenza non sincera” per cui era oggetto di particolare attenzione da parte della Questura, chesospettava “ch’egli mantenesse ancora occulti contatti con emissari del partito comunista e soprattut-to relazioni pistolari (sic) con fuorusciti”.

17 Non identificato. Potrebbe trattarsi di Giuseppe Mezzano.18 Fu destinato a Tremiti (Fg). Il 25 agosto 1937 il Ministero dell’Interno ne dispose il prosciogli-

mento, ma l’attuazione del provvedimento fu sospesa essendo stato nel frattempo incarcerato a Lu-cera (Fg) per aver partecipato “ad una manifestazione sediziosa avverso la prescrizione del salutoromano”. Fu liberato il 7 febbraio 1938.

19 Nato il 16 maggio 1893 a Moncrivello, muratore, socialista, già emigrato in Francia e Svizzera.20 Nato il 29 maggio 1896 a Broni (Pv), residente a Milano, laureato in legge, noto socialista fuo-

ruscito, fu deferito più volte in stato di latitanza al Tribunale speciale per la difesa dello Stato; nel 1942,consegnato dalle autorità del governo collaborazionista di Vichy alla polizia italiana, il 24 ottobre fucondannato a trent’anni di reclusione.

21 Fu destinato a Tremiti (Fg) e prosciolto condizionalmente il 12 febbraio 1942.22 Nato il 26 settembre 1896 a Biella, residente a Pralungo, filatore, antifascista. Era già stato

segnalato alla polizia come “individuo sospetto in quanto non [aveva] mai preso parte a manifestazionipatriottiche”.

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23 Destinato a Badolato (Cz), fu prosciolto condizionalmente in occasione del Natale dello stessoanno.

24 Nato il 2 novembre 1888 a Gattinara, ivi residente, carpentiere. Il 26 aprile 1924 era statocondannato dal Tribunale militare di Torino a tre anni di reclusione militare per diserzione.

25 Nato il 1 giugno 1887 a Gattinara, ivi residente, agricoltore. Dalle indagini risultò che diversevolte era stato “notato in compagnia di elementi sovversivi intento a leggere i giornali quotidiani affissiall’albo pretorio, commentando la guerra civile spagnola e mettendo entusiasticamente in rilievo l’azionevittoriosa dei rossi, i quali una volta vinta la guerra avrebbero senz’altro marciato sull’Europa intera,sgominando le forze naziste e fasciste”. Risultò inoltre che una sera imprecisata del mese di febbraioera stato sentito pronunciare frasi contrarie al Regime e che “la Spagna rossa avrebbe fatto moltobene a vincere, perché colla sua vittoria il Fascismo sarebbe scomparso ed avrebbe trionfato il comu-nismo”.

26 Nato il 14 aprile 1874 a Gattinara, ivi residente, operaio.27 Nato il 3 gennaio 1883 a Gattinara, ivi residente, agricoltore.28 Brunetti, Nervi e Zanazzo furono destinati a Tremiti (Fg): il primo fu prosciolto condizionalmen-

te in occasione del Natale 1938; gli altri due ebbero la condanna commutata in ammonizione rispet-tivamente l’11 maggio e il 5 agosto 1939. Rossi fu invece destinato a Siderno (Rc) dove morì il 14agosto 1938.

29 Nato il 18 novembre 1899 a Vigonovo (Ve), residente a Vercelli dall’agosto 1936, classificatocomunista.

30 Nato il 23 maggio 1905 a Milano, abitante da pochi mesi a Vercelli, pittore disoccupato.31 Nato il 24 aprile 1909 a Chardanne (Svizzera), originario di Borgo d’Ale, residente a Vercelli,

manovale.32 Nato il 12 aprile 1903 a Saint-Imier (Svizzera), residente a Vercelli, gessatore.33 Cinquantaseienne, nato a Milano, residente a Vercelli.34 Destinati entrambi a Tremiti (Fg), furono prosciolti condizionalmente in occasione del Natale

dello stesso anno. Benvegnù ritornò a Vercelli e successivamente si trasferì a Zubiena, dove risultaancora vigilato nel gennaio 1944; Ferrari risulta ancora schedato nel Cpc nel marzo 1942 ma irrepe-ribile.

35 Nato il 28 luglio 1901 a Pralungo, ivi residente, attaccafili.36 Nato il 27 gennaio 1921 a Peschici (Fg), residente a Pralungo, attaccafili.37 Destinato a Fontecchio (Aq), fu prosciolto condizionalmente in occasione del Natale dello stesso

anno. Risulta ancora vigilato nel maggio 1941.Vincenzo Biscotti fu invece assegnato al riformatorio.38 Nato l’11 novembre 1893 a Fombio (Mi).39 Destinato a Pomarico (Mt), fu liberato il 28 novembre 1940. Nel novembre dell’anno succes-

sivo fu radiato dal novero dei sovversivi “in considerazione della buona condotta serbata e non essen-do ritenuto pericoloso”.

40 Nato il 20 maggio 1907 a Desana, residente a Vercelli, venditore ambulante.41 Era stato denunciato al comando della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale da sua mo-

glie, Luigia Masserano, che aveva quindi avuto l’incarico di vigilarlo e di sequestrare e consegnare lacorrispondenza che eventualmente gli fosse giunta. Questa, il 16 gennaio 1938, aveva appunto con-segnato al comando una lettera “di evidente carattere sovversivo”.

42 Fu destinato a Bisaccia (Av). Il 3 settembre il provvedimento fu commutato in quello dell’am-monizione, da cui fu prosciolto “per atto di clemenza” in occasione del Natale.

43 Nato il 7 dicembre 1915 a Biella, ivi residente, bracciante.44 Era inoltre stato identificato quale autore di una lettera di “evidente carattere sovversivo” e gli

era anche stata sequestrata “altra corrispondenza pure di carattere sovversivo rintracciata a seguito diuna perquisizione operata nel suo corredo”.

45 Destinato a Tremiti (Fg), fu liberato l’8 luglio 1941.46 Nella catena di arresti furono coinvolti numerosi antifascisti, alcuni dei quali deferiti al Tribunale

speciale per la difesa dello Stato o condannati al confino, altri ammoniti o diffidati. Sull’episodio siveda P. AMBROSIO, Gli arresti dell’estate 1938 a Borgosesia, in “l’impegno”, a. VIII, n. 3, dicem-bre 1988.

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47 Nato il 16 agosto 1895 a Trino, residente a Borgosesia, operaio.48 Altri ancora sono documentati nella serie Ministero dell’Interno, Dir. gen. Ps, Div. aaggrr. Tra

questi quello relativo al falegname Antonio Cerreia Varale (nato il 12 maggio 1911 a Soprana, ivi re-sidente, iscritto al Partito nazionale fascista dal 1931), che fu segnalato quale possibile autore dellascritta “Auguriamo la morte al duce e a tutti coloro che se ne interessano. Viva la Spagna rossa, vivail comunismo” rinvenuta il 28 aprile 1938 a Soprana nella cassetta della raccolta delle denunce deldazio. Deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato con l’accusa di offese al duce, fu rinviatoalla magistratura ordinaria. Non è noto l’esito del procedimento (fascicolo “Vercelli”, 1938, b. 30).

49 Nato il 15 febbraio 1899 a San Germano Vercellese, residente a Torino, tornitore meccanico.Era noto alla polizia fin dal 1920 come anarchico, avendo riportato una condanna a quattordici anni direclusione e a due anni di vigilanza speciale, per attentato con esplosivi contro agenti della forza pub-blica. Scarcerato nell’agosto 1925 per amnistia, nel novembre del 1933, ritenuto “elemento pericolo-so, capace di commettere al momento opportuno atti inconsulti”, era stato inserito nell’elenco dellepersone da arrestare in determinate circostanze.

50 Nato il 15 marzo 1895 a Borgosesia, emigrato in Francia nel 1922, residente ad Annecy, fale-gname, poi autista. In seguito alla segnalazione fu iscritto nella “Rubrica di frontiera” per l’arresto.

51 Risultò inoltre che si “sarebbe anche interessato del trasporto, attraverso il confine franco-sviz-zero, di libelli antifascisti, destinati poi ad essere inoltrati nel Regno a mezzo di emissari clandestini,attraverso i vari valichi del Ticino” e che si sarebbe inoltre occupato di “assoldare colleghi francesi chesi prest[assero] ad introdurre in Italia, clandestinamente, a mezzo di autocarri (sic) turistici, stampatidi propaganda antifascista che [sarebbero stati] ritirato da appositi incaricati dopo le frontiere del PiccoloSan Bernardo e del Moncenisio”.

52 Fanno eccezione, tra i casi citati, i deferimenti del Parsini e del Cerreia Varale al Tribunale spe-ciale per la difesa dello Stato, dovuti alla maggior gravità dei “reati” loro ascritti.

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Che un numero relativamente elevato di biellesi abbia partecipato alla guerra di Spagnacontro i franchisti è richiamato spesso negli scritti e nelle memorie dedicate all’antifa-scismo nella regione, e nel presente volume un contributo definitivo - dovuto al lavoro diPiero Ambrosio - presenta l’elenco più completo possibile.

Su questi trentatré nomi, o trentasei includendo gl’immigrati, non ha senso fare stati-stiche, e le cose più interessanti che sono state scritte, ad esempio sulla figura di AdrianoRossetti e sulla sua famiglia1, suggeriscono che il lavoro biografico o almeno prosopo-grafico è l’unico che possa arricchire significativamente le nostre conoscenze e la nostracomprensione di percorsi non facilmente ricostruibili, né riconducibili a schemi sempli-ci di comportamento. Tuttavia può essere utile una breve riflessione d’insieme su questogruppo, sui suoi modi di aggregazione, sul suo riferirsi alla regione di origine, e sugli esitiultimi della sua vicenda.

Guardando alla composizione sociale, si nota che non pochi dei volontari in Spagnasono muratori, e fra questi principalmente i nativi di Mongrando, che formano quasi unquarto del totale. Altre professioni sono presenti, dal cameriere al manovale, ma limita-tissima è la presenza di lavoratori tessili. Dei più noti, Antonio Roasio è ormai da tempoun funzionario a tempo pieno del partito e dell’Internazionale comunista, mentre AnelloPoma è significativamente quasi il solo che arrivi in Spagna direttamente dall’Italia2. Ingenere tuttavia mancano rappresentanti delle categorie operaie più numerose nel Bielle-se: nessuno proviene né dal settore cotoniero né dai cappellifici, ambienti nei quali pur sitrovano per tutto il ventennio fascista copiose manifestazioni di dissenso militante, cuicorrispondono episodi ben noti negli annali della repressione poliziesca.

Se si considera la distribuzione territoriale dei luoghi di nascita o di residenza, si rile-va di conseguenza una distribuzione ineguale, che esclude, come prevedibile, tutte le vallidello Strona e del Sessera, dove la specializzazione tessile è quasi esclusiva, e dove leaziende vanno trovando una rinnovata prosperità dopo la crisi dei primi anni trenta. I quar-tieri operai della città capoluogo, i suoi immediati dintorni e il Biellese occidentale for-niscono gran parte degli effettivi.

Si è detto a parziale spiegazione, da parte di militanti comunisti del Biellese orientaledirettamente collegati all’emigrazione politica in Francia, che era venuta dall’estero l’in-dicazione di non reclutare volontari per le brigate internazionali, ma di lavorare a organiz-zare la cospirazione all’interno del Paese. Ciò può essere vero3, ma una tale proibizioneebbe comunque solo il risultato di legittimare agli occhi dei comunisti medesimi ciò chestava accadendo e che sarebbe in ogni caso accaduto: le partenze dirette verso la Spagnafurono quasi nulle e il reclutamento dei volontari biellesi si compì quasi interamente ne-gli ambienti dell’emigrazione economica e politica esauritasi con la prima metà degli anni

La partecipazione dei biellesi alla guerra di Spagna:

spie di una trasformazione

di Gianni Perona

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venti. Emergeva in sostanza di riflesso, in questa vicenda marginale alla storia della socie-tà biellese, il grande processo di trasformazione che era in corso nel secondo decenniofascista: non tanto per divieti e ostacoli all’emigrazione, quanto per interna dinamica eco-nomica e demografica, la piccola subregione prealpina aveva definitivamente cessato diessere terra di emigrazione.

Specialmente il settore tessile era diventato molto più esteso, da quando gl’imprendi-tori locali avevano abbandonato le loro filiali torinesi e potenziato gl’impianti locali conla generalizzazione dei doppi turni e la costruzione di nuove fabbriche, avviando un pro-cesso di costante sviluppo che durò fin oltre il 1930, e riprese dopo il 1933, pur attraver-so crisi congiunturali e generali anche gravi4. Per questo verso la metà degli anni trenta,quando giunsero i previsti anni del vuoto demografico, a vent’anni dalle stragi della primaguerra mondiale e dalla rottura coatta dei legami familiari che questa aveva provocato, nonsolo le industrie laniere non trovarono più abbastanza lavoratori per la rinnovata offerta dioccupazione, ma dovettero ricorrere in larghissima misura a operai forestieri, soprattuttoveneti. I quali, venendo ad aggiungersi agli immigrati dalla pianura vercellese e alessandri-na giunti nel secondo e nel terzo decennio del secolo, contribuirono a modificare sostan-zialmente la popolazione dei paesi, incidendo in particolar modo sulle fasce di età più gio-vani, cui le famiglie numerose di origine veneta fornirono il maggior numero di effettivi5.

La colonia italiana soprattutto parigina, anzi banlieusarde, che alimentò il reclutamentodei volontari per la Spagna, apparteneva invece a un ciclo economico e demografico affat-to diverso: strettamente biellese per origine, radicata in una tradizione antica6 di migra-zioni stagionali verso le città e oltre le Alpi, essa era legata alla terra di provenienza davincoli patrimoniali e soprattutto da una rete di relazioni che stendeva un manto protettivodi sicura efficacia su tutte le aree di destinazione, fornendo notizie sulle possibilità di la-voro, appoggio nelle prime fasi degli insediamenti, assistenza nei momenti di crisi.

Ma negli anni trenta anche i gruppi emigrati andavano cambiando: molti, dopo la riva-lutazione della lira nel 1927, avevano portato in Francia tutta la famiglia, e i loro figli, senon essi stessi, consideravano seriamente la prospettiva dell’integrazione nella societàospite. Processo che si sarebbe avviato con più decisione, se non avesse incontrato il tri-plice ostacolo, in primis delle resistenze xenofobe forti nella destra francese, poi dellacrisi economica - che divenne violenta in Francia con un certo ritardo su quella del 1929,ma persisté fino alla metà degli trenta - infine della politica fascista di controllo sullecomunità emigrate.

Al momento dello scoppio della crisi spagnola, nell’estate del 1936, i fattori che po-tevano rendere precaria la situazione degli emigrati erano ancora tutti attivi. Non bastava ilcontesto politicamente più favorevole creato dal nuovo governo di Front populaire ad as-sicurare un miglioramento del mercato del lavoro e una sicura occupazione, senza la qualependeva sempre la minaccia, particolarmente grave per i militanti antifascisti, della revo-ca del permesso di soggiorno e dell’estradamento verso l’Italia a cura delle autorità fasci-ste.

E molto significativo perciò che nel 1935 troviamo proprio un membro del gruppo deifuturi miliziani di Mongrando, Arialdo Zanotti, impegnato in una missione presso il con-sole generale d’Italia a Parigi, insieme a un altro italiano e a tre francesi. “La ‘delegazione’- riferisce a Roma il Consolato stesso - che si diceva nominata nel corso di due assembleedi lavoratori che avrebbero avuto luogo a Villeparisis e a Vaujours con la partecipazione dialcune centinaia di operai, era latrice di due lettere in busta chiusa, indirizzate al Ministe-

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ro del Lavoro francese, nonché di due note indirizzate a S. E. l’Ambasciatore e redatte delresto in termini abbastanza rispettosi, nelle quali si chiedeva un’energica azione di tuteladei connazionali, specie per quanto riguarda il rinnovo delle carte da lavoratore”7.

In questa informazione si trovano per noi molti indizi importanti: l’influenza dei lavo-ratori antifascisti nell’ambiente degli operai emigrati, superiore alla loro consistenza nu-merica, la loro aggregazione nella banlieue parigina, ma soprattutto il precario stato dioccupazione e una situazione giuridica difficile, che li spingeva a chiedere tutela ai rap-presentanti di quello stesso Paese al quale si temeva di essere rinviati se le “carte da lavo-ratore” francesi non fossero state rinnovate.

Un analogo disagio economico è testimoniato da un altro volontario biellese in Spa-gna, Antonio Mosca Carlottin, un muratore di Rosazza, nell’alta valle del Cervo, residentea Tolone, quando espone le sue vicende. “Nel 1936 rimasto disoccupato perché la PoliziaFrancese osteggiava il lavoro degli stranieri decisi di arruolarmi nell’esercito repubblica-no spagnuolo e nel mese di novembre stesso anno mi recai in Spagna dove fui inviato adAlbacete ed incorporato nella Brigata ‘Garibaldi’ 2a Compagnia”8. Certo il Mosca Carlot-tin narra questo alla polizia fascista il 31 ottobre 1941, cercando di minimizzare il signifi-cato politico della sua partecipazione alla guerra antifranchista, ma non c’è ragione di ri-tenere che il cenno alla disoccupazione e all’ostilità delle autorità francesi sia falso, poi-ché allude a una situazione assai simile a quella dello Zanotti.

Né diversa spia di una difficile situazione economica si trova nella vicenda familiareche Giovanni Calligaris racconterà quasi nei medesimi giorni alle stesse autorità di poli-zia. “Dovetti [...] chiudere l’azienda nei primi mesi del 1936 e la mia situazione divennemolto grave, per mancanza di mezzi. Per tale motivo sorsero anche quistioni in famiglia emia moglie mi lasciò ritirandosi in un comune della periferia di Parigi9. Che la testimo-nianza sulle vicende familiari e sullo stato economico sia veridica emerge sia dalla notadella Prefettura di Vercelli del novembre 1941 che comunica l’assegnazione al confino diGiovanni il quale “non ha mezzi per mantenersi e non ha parenti in grado di passargli glialimenti”, sia da una precedente dichiarazione della moglie, rientrata a Mongrando nel-l’aprile 1940, ai carabinieri del paese: “Richiesta del marito, ha dichiarato di ignorare oveegli si trovi attualmente, aggiungendo che nel 1936 egli l’abbandonò in Francia, per recar-si in Spagna, ove sarebbesi arruolato nelle milizie rosse”10.

Ma conviene a questo punto continuare a seguire la vicenda del Calligaris, da cui emer-gono altri importanti indizi sulla comunità emigrata. “A Parigi io frequentavo l’associa-zione del ‘fronte unico antifascista’ che divenne poi la ‘Unione popolare italiana’ e la ‘Legadei diritti dell’uomo’ dove mi fu consigliato di recarmi in Spagna dove, a loro dire, vi erapossibilità di lavoro e di guadagno. Mi recai pertanto, con i miei mezzi, a Barcellona nelmese di novembre stesso anno [1936] e da un circolo di operai cui mi ero presentato fuiindirizzato ad Albacete per essere arruolato nelle milizie rosse”11. Descrizione fattualecorretta, da cui traspare - anche qui sotto l’evidente intenzione di minimizzare le respon-sabilità politiche del dichiarante - l’inestricabile imbricazione delle organizzazioni politi-che e della socialità operaia, per cui i vari comitati antifascisti sono anche veicoli d’infor-mazione tra lavoratori, in Spagna12 come in Francia. Emerge insomma un profilo di lavo-ratore-militante, che cerca di conciliare il suo impegno politico con le ineludibili costri-zioni economiche della sua condizione.

Il circuito antifascista, da parte sua, è tanto più tenuto ad occuparsi di aspetti economi-ci quanto meno i suoi membri possono utilizzare l’antica rete di solidarietà ancorata ai

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villaggi d’origine. In un’osservazione molto illuminante, la Prefettura di Vercelli aveva coltoquesto punto fin dal 1934, quando aveva indagato sui Rossetti, sullo Zanotti e sul Calliga-ris stesso, sospettati di aver inviato al paese stampa clandestina. “Non consta che all’Este-ro, apparentemente, svolgano attività sovversiva; ma ciò può essere giustificato dal fattoche a Villeparisis e nel vicino comune di Aulnay-sous-Bois dimorano molte altre personedi Mongrando di sentimenti fascisti i quali potrebbero informare le autorità in patria dellacondotta tenuta dalla famiglia [Rossetti] suddetta”13.

Insomma, la divisione tra fascisti e antifascisti stava lacerando a poco a poco anche ivincoli di solidarietà cui per secoli si era affidata l’emigrazione economica. Quanto poitale adesione al fascismo fosse estesa o sincera, richiederebbe studi che bisognerà purfare, e che per ora sono impediti dalla cattiva organizzazione degli archivi consolari pres-so il Ministero degli Esteri, sicché lo storico risente di un eccesso di visibilità della mi-noranza antifascista, documentatissima, rispetto ai non fascisti e ai fascisti dichiarati, dicui poco e sporadicamente si apprende.

Riassumendo il significato di queste notazioni, ci sembra di poter definire la parteci-pazione alla guerra di Spagna non solo come l’esito di scelte individuali politiche, ma an-che come un percorso che si iscrive all’interno degli spazi economici dell’emigrazione.Insomma, sopravvenuta in un momento di crisi economica acutissima, la prospettiva spa-gnola sembrava quadrare il cerchio sia dal punto di vista delle organizzazioni antifascistesia da quello dei volontari stessi: offrendo una ragionevole fonte di sussistenza, garantitadalla Repubblica spagnola, e uno statuto giuridico riconosciuto, si ponevano infatti i mili-tanti nella condizione di mantenere la loro coesione politica e di superare la crisi econo-mica. Il che permette di spiegare - nel caso dei mongrandesi e degli altri muratori biellesi- come mai si rechino in Spagna non dei singoli, ma intere squadre di operai, che neglianni precedenti avevano condiviso i medesimi cantieri.

La vicenda degli anni 1939-40, quando l’assenza di una valvola di sfogo porterà l’emi-grazione politica in Francia a disgregarsi totalmente ci sembra confermare quest’analisi.

Ma a questo punto la nostra argomentazione si sposta su alcuni problemi di prospettivae si volge alla questione: come si passa da una situazione di crisi e di sostanziale emargi-nazione rispetto al Paese d’origine, a un ritorno generalizzato e all’assunzione d’impor-tanti ruoli nel Biellese?

Infatti una delle ragioni per cui si è dedicata ripetuta attenzione alle vicende degli emi-grati che si recarono alla guerra di Spagna è che un manipolo di questi si ritrovò poi nelBiellese, dove svolse un compito decisivo tra l’autunno e l’inverno 1943-44, nel tenere inpiedi l’organizzazione militare dei distaccamenti garibaldini da cui si sarebbe sviluppataquasi tutta la Resistenza armata locale. La linea di continuità che si disegna nelle loro bio-grafie tra l’impegno in Spagna e la Resistenza in Italia sembra corrispondere perfettamen-te al motto rosselliano “Oggi in Spagna, domani in Italia”.

Ma una riflessione più approfondita invita ad articolare meglio il giudizio. La Resistenzabiellese nasce infatti su basi essenzialmente autoctone tra il settembre e l’ottobre 1943,con un reclutamento di sbandati e anche di simpatizzanti antifascisti che si riuniscono in-torno a personaggi locali: la valle dell’Elvo, il villaggio operaio di Tollegno, la valle Ses-sera, il vecchio centro antifascista di Cossato e i suoi dintorni forniscono i protagonistipiù rilevanti di questo moto politicamente eterogeneo.

Osserviamo anche - ritornando alle considerazioni da cui siamo partiti - che fra questiprimi iniziatori è largamente rappresentata la categoria dei tessili, ormai egemone nell’eco-

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nomia locale, e in essa non poco peso hanno i gruppi di origine non biellese attratti dairecenti sviluppi dell’industria laniera: come i Moranino, che provengono dalla pianuravercellese, o Quinto Antonietti, che diverrà comandante dell’intera zona partigiana bielle-se, originario di Fubine nel Monferrato alessandrino (gli uni e l’altro reclutati dalla Fila-tura di Tollegno), o Pasquale Finotto, oriundo di Balocco, già animatore degli scioperidell’aprile 1943 alla Cerruti di Biella, poi membro del Cln.

Il ruolo degli “spagnoli” diventa eminente non per caso, ma per una situazione contin-gente ed eccezionale, quando nel novembre 1943 la prima organizzazione militare anti-fascista si disgrega. Piero Pajetta “Nedo”, un veterano di Spagna e della guerra clandestinaa Parigi14, inviato a Biella dal Partito comunista, riforma il gruppo dei responsabili del-l’attività militare e si appoggia esclusivamente a reduci delle brigate internazionali, Adria-no Rossetti ed Anello Poma. Inoltre i superstiti dei primi gruppi partigiani vengono rior-ganizzati, e anche in essi ruoli importanti vengono affidati a militanti provenienti dall’emi-grazione, come William Valsesia, Nino Banchieri, Luigi Viana e altri.

Insomma, povero di quadri esperti nella cospirazione, Piero Pajetta cerca di formarenuovi militanti per l’impegno politico-militare (un veterano dell’emigrazione in Urss e inFrancia come Aladino Bibolotti terrà un corso di preparazione politica in montagna nelquale i due primi classificati sono, non a caso, il Valsesia e il Banchieri) e si appoggiadecisamente al solo personale sperimentato tecnicamente e fidato politicamente di cuipensa di disporre. Con un pieno successo nella congiuntura difficile dell’inverno.

Ma una distinzione netta dev’essere tracciata fra questa prima stagione e l’avvento del-la Resistenza di massa dopo la primavera del 1944. In essa i legami con la società localeridiventeranno decisivi, e l’importanza del gruppo degli iniziatori sempre più marginale.Morto Pajetta nel febbraio 1944, inviati Adriano Rossetti e Annibale Caneparo (altro ve-terano di Spagna) con diversi compiti organizzativi nell’area canavese e valdostana, anchealtri reduci della guerra antifranchista assumono ruoli più limitati, e talora perfino pesacontro di essi, come nel caso di Riccardo Zanotto, l’eredità di dissensi antichi già matura-ti nella Catalogna del 1937.

Il quadro che presentano le brigate garibaldine nel 1944, animatrici di scioperi, inse-diate nei paesi, non riserva insomma che poco spazio ai rappresentanti di una stagione glo-riosa ma irrevocabile. Un indicatore importante come il numero dei caduti, ci dice cheoltre il dodici per cento dei partigiani caduti nel Biellese orientale, dal quale non era ve-nuto nessun volontario di Spagna, sono giovani veneti figli dell’ultima ondata migratoria,che conquistavano così - dolorosamente - il diritto a un’integrazione nella nuova societàbiellese15.

Paradossalmente, la militanza politica che aveva contribuito a isolare gli antifascistinell’emigrazione rispetto ai loro compaesani diventa - caduto il fascismo - un importanteveicolo di reinserimento nella società di origine profondamente trasformata. E l’eccezio-nale congiuntura della Resistenza armata renderà possibile l’assunzione di ruoli impor-tanti, dopo i terribili anni di emarginazione nei campi di concentramento francesi, poi nelleprigioni e nel confino fascista. Ma i grandi cambiamenti che sono avvenuti in Italia si re-gistreranno anche in una sostanziale emarginazione dei veterani di Spagna sia nella secon-da e più matura fase della Resistenza16, sia nel dopoguerra, nello stesso Partito comunistadove avevano sempre militato. Dalla situazione francese, in cui il Comitato centrale delpartito aveva sempre contato, negli anni trenta, almeno un biellese in rappresentanza di unodei più forti gruppi emigrati, si passa così a quella italiana, dove i medesimi personaggi si

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vedono affidare modesti ruoli provinciali. Processo inevitabile, in una situazione in cuipesavano di nuovo i rapporti di massa con il vivo corpo sociale della nazione, e l’esperien-za politica doveva accompagnarsi anche a un inserimento pieno nel nuovo contesto. Conle dovute eccezioni, il personale dell’emigrazione non poteva più far valere allora compe-tenze maturate nella stagione di fuoco della cospirazione e della lotta armata.

1 Si veda, ad esempio, di FRANCO RAMELLA, Biografia di un operaio antifascista: AdrianoRossetti. Ipotesi per una storia dell’emigrazione politica, in “l’impegno’, a. VII, n. 2, agosto 1987,pp. 2-12, edito anche in PIERRE MILZA (sous la direction de), Les Italiens en France de 1914 à1940, collection de 1’École française de Rome, n. 94, Roma, 1986. Si veda anche LUIGI MORANI-NO, Giuseppina Rossetti: una donna nella lotta antifascista, in “l’impegno”, a. VII, n. 3, dicembre1987, pp. 31-33, e per alcune considerazioni di carattere generale F. Ramella, L’émigration dans lamémoire des migrants: les récits oraux, in L’immigration italienne en France dans les années20, Paris, Éditions du Cedei, 1988, pp. 123-128.

2 Si veda ANTONIO ROASIO, Figlio della classe operaia, Milano, Vangelista, 1977. Su AnelloPoma si veda il suo contributo a questo volume e la sua scheda biografica a p. 101.

Ora si veda anche l’articolo in appendice (ndc).3 La riluttanza dei comunisti ad esporre i propri dirigenti ai rischi della guerra è testimoniata da un

altro emigrato biellese, Stefano Schiapparelli, nelle sue memorie. Cfr. STEFANO SCHIAPPARELLI

“WILLY”, Ricordi di un fuoruscito, prefazione di Giorgio Amendola, Milano, Edizioni del Calenda-rio, 1971, p. 128.

4 Sullo sviluppo e l’affermazione sui mercati internazionali dell’industria laniera biellese nel corsodegli anni venti, si veda TERESIO GAMACCIO, L’industria laniera fra espansionismo e grande crisi.Imprenditori, sindacato fascista e operai nel Biellese (1926-1933), prefazione di Guido Quazza,Borgosesia, Isrsc Vc, 1990.

5 Ancora oggi in paesi come Strona la popolazione di origine veneta supera il dieci per cento,nonostante il subentrare dell’immigrazione meridionale a partire dagli anni cinquanta.

6 Fra i pochi personaggi che menzioneremo più particolareggiatamente in questa nota, GiovanniCalligaris era nato a Belfort, alle porte dell’Alsazia, e i Rossetti avevano lunga dimestichezza con laFrancia, dove nacque Bruno, fratello di Adriano. Già all’inizio del secolo l’intera famiglia è registratanei censimenti della grande colonia italiana di Annecy, dove i muratori e i decoratori biellesi, prove-nienti da non più di dieci comuni, formano il gruppo più compatto e numeroso. Quest’ultima notizia èdovuta a Simona Tarchetti, la cui tesi di laurea - diretta da Ada Lonni - contiene molte informazioni sulBiellese, e dà una precisa misura dell’incidenza quantitativamente limitatissima dei militanti antifascistiattivi (meno di uno su cento).

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7 Cfr. Archivio centrale dello Stato, Casellario politico centrale (d’ora in poi Acs, Cpc), fascicolodi Arialdo Zanotti, lettera del Consolato italiano di Parigi, 27 aprile 1935.

8 Cfr. Acs, Cpc, fascicolo di Antonio Mosca Carlotin (sic), verbale di interrogatorio redatto dallaQuestura di Vercelli, 31 ottobre 1941. Il Mosca Carlottin, che era stato rimpatriato il 23 settembre,fu assegnato al confino per cinque anni.

9 Acs, Cpc, fascicolo di Giovanni Calligaris, verbale di interrogatorio redatto dalla Questura diVercelli, 13 ottobre 1941.

10 Acs, Cpc, fascicolo di Giovanni Calligaris, cit., note della Prefettura di Vercelli, 26 aprile 1940e 12 novembre 1941. L’incauta dichiarazione della moglie provocò l’inserimento del Calligaris nellacategoria degli emigrati da arrestare alla frontiera. La polizia italiana era fino a quel momento all’oscu-ro della sua partecipazione alla guerra di Spagna, e ne avrebbe avuta conferma solo assai tardi, nel1942, attraverso i documenti dell’Unione popolare italiana e di altre organizzazioni antifasciste rimessidalla Súreté parigina alla polizia italiana. Cfr. Acs, Cpc, nota del capo della Divisione polizia politicaLeto, 29 aprile 1942.

11 Cfr. sopra, nota 9 e testo relativo.12 Siamo tuttavia molto male informati sull’emigrazione economico-politica direttasi in Spagna prima

della guerra civile. Perciò rimane oscuro il profilo sociale di personaggi come l’anarchico GiovanniBarberis, autista a Barcellona, che morirà combattendo con la “Colonna italiana”. Per le poche noti-zie su di lui si veda la biografia a p. 89 di questo volume.

13 Acs, Cpc, fascicolo di Giovanni Calligaris, cit., copia di lettera della Prefettura di Vercelli, 24marzo 1934.

14 Su Piero Pajetta si veda ora l’esauriente profilo biografico di L. MORANINO, Piero Pajetta“Nedo “. Un combattente per la libertà, Taino, Associazione culturale “Elvira Berrini Pajetta”, 1995.

15 Informazione avuta da Carla Prina Cerai, nel corso dei suoi lavori per la tesi di laurea in Scienzepolitiche.

16 Ancora una volta, il caso di Anello Poma, commissario politico di zona, è la più visibile eccezio-ne, a compimento di una carriera politica eccezionale, nella quale è altrettanto significativa, a nostroavviso, la lunga esperienza nelle fabbriche biellesi fino al 1937, quanto la formazione politica e militareall’estero e al confino dal 1937 al 1943.

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Seconda parte

Biografie

Nota alla prima edizione. Per la realizzazione di queste biografie ringrazio Anello Poma per le prezioseinformazioni; Alvaro López per la cortesia e l’infinita pazienza; il personale della sala di studio dell’Ar-chivio centrale dello Stato. (p. a.)

Nota alla seconda edizione. Nel periodo intercorso tra la pubblicazione del volume (novembre 1996)e questa riedizione ci hanno lasciati Gianni Isola (il 25 febbraio 2000 a Firenze), Anello Poma (il 18dicembre 2001 a Nervi, Genova) e Alvaro López (il 2 gennaio 2004 a Roma). Sono inoltre decedutiGiovanni Pio Borsano, Ernesto Rossetti, Olinto Sella, Giovanni Zucchetti, Pio Zuppa (le relative bio-grafie sono state aggiornate). Non è invece stato possibile ottenere notizie di Bruno Rossetti. (p. a.)

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Nel cercare di ricostruire un elenco il più completo possibile dei volontari antifascistioriginari (nati, residenti o oriundi) dell’allora provincia di Vercelli combattenti nella guerracivile spagnola ci siamo imbattuti in non poche difficoltà: altri si erano cimentati, merito-riamente, in quest’opera e i risultati a cui erano giunti sono stati per noi un utile punto dipartenza, ma i problemi non sono mancati ugualmente. Ogni nuova fonte consultata, ogninuova informazione acquisita, messa a confronto con le fonti note, ha spesso comportatolunghe verifiche e non tutti i dubbi sono stati risolti.

Per quanto riguarda le ricerche precedenti occorre innanzitutto ricordare - pur con tuttii loro limiti - gli elenchi compilati dall’ex responsabile della commissione stranieri delPartito comunista spagnolo, Edoardo D’Onofrio (a Mosca nel 1940, sulla base di docu-mentazione delle brigate internazionali e del Pc spagnolo)1, e da Lorenzo Vanelli, segreta-rio della Fratellanza ex garibaldini di Spagna (Bologna)2, che hanno costituito una base perle successive ricerche e per la stesse schede biografiche conservate nell’archivio dell’As-sociazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna3. A essi attinse anche AnelloPoma, per il volumetto relativo ai volontari piemontesi e valdostani4, che è stato alla basedella nostra ricostruzione.

Poma elencava quarantacinque garibaldini nati o residenti nel Vercellese, nel Biellesee nella Valsesia5; altri sei nominativi sono compresi in opere nel frattempo pubblicate dal-l’Aicvas, i “Quaderni” curati da Alvaro López6; la successiva ricerca, condotta su serie didocumenti conservati nell’Archivio centrale dello Stato e all’Istituto Gramsci di Roma haportato a cinquantaquattro il totale degli antifascisti la cui partecipazione alla guerra civi-le spagnola è stata accertata7.

A questo risultato si è giunti dopo aver effettuato accurati controlli su vari nomi citatiin documenti di polizia e del Partito comunista, che non sono risultati effettivamente vo-lontari in Spagna o non originari della provincia di Vercelli8.

La stessa compilazione delle biografie ha richiesto un vaglio critico delle fonti, sia editeche inedite, per dirimere le non poche difformità delle informazioni in esse presenti. Deiresidui casi dubbi, così come dell’assenza di informazioni sufficienti, si è dato conto. Si èritenuto invece, per non appesantire inutilmente l’apparato delle note, di non segnalare (salvocasi particolari) discordanze tra la nostra ricostruzione e quelle di opere citate, né inesat-tezze riscontrate in queste o in fonti d’archivio9.

Alcuni dati10. Gli antifascisti volontari nelle brigate internazionali in Spagna originaridella provincia di Vercelli erano in maggioranza nati o oriundi del Biellese (trentatré),mentre i vercellesi (nati o oriundi) erano quattordici e i valsesiani solo quattro11. Inoltretre antifascisti nati in altre province si stabilirono nel Biellese prima di emigrare e di rag-giungere la Spagna12. La professione prevalente era quella di operaio13.

Vercellesi, biellesi e valsesiani volontari antifascisti in Spagna

di Piero Ambrosio

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Essi erano in maggioranza comunisti (trentaquattro); sei erano anarchici14 e quattro so-cialisti, mentre di dieci non è noto il colore politico15.

Quarantotto erano emigrati per motivi politici o di lavoro (non sempre è possibile trac-ciare una linea di demarcazione netta tra i due tipi di emigrazione) prevalentemente in Fran-cia16.

Prima della guerra di Spagna ventisette volontari erano già schedati nel Casellario po-litico centrale, sei erano stati deferiti al Tribunale speciale per la difesa dello Stato (di cuitre condannati) e uno era stato confinato17.

Trentadue volontari raggiunsero la Spagna nel 1936, sedici nel 1937, uno nel 1938,mentre due si trovavano già in quel paese. Di tre non è noto l’anno di arrivo.

Perlopiù (trentasei) provenivano dalla Francia, tre provenivano dagli Stati Uniti, altret-tanti dall’Unione Sovietica, e uno da ciascuno dei seguenti paesi: Svizzera, Principato diMonaco, Algeria; mentre partirono direttamente dall’Italia per arruolarsi solo quattro vo-lontari18.

Il paese di provenienza di tre volontari è ignoto19.La loro età nell’anno di arruolamento era compresa tra i ventidue e i cinquantun anni20;

l’età prevalente era compresa tra i trentuno e i quarantadue anni e l’età media era di trenta-cinque anni.

Il 68,5 per cento dei volontari fu inquadrato nel battaglione “Garibaldi” e successiva-mente nella brigata omonima21.

Tredici combattenti raggiunsero i gradi di ufficiale, tra cui tre quello di capitano e duequello di maggiore22.

Nel corso della guerra ventiquattro volontari (pari al 45,2 per cento) furono feriti eotto vi lasciarono la vita23 (a questi va aggiunto un deceduto in seguito in Francia per in-fermità contratta nel corso della guerra24: la percentuale dei deceduti sul totale dei volon-tari considerati è quindi del 16,66 per cento). Un combattente cadde prigioniero: rimpa-triato fu condannato al confino25.

Solo alcuni combattenti lasciarono la Spagna prima del febbraio 1939, epoca del ritirodelle brigate internazionali26, perlopiù a causa di ferite o malattie, mentre gli altri ripara-rono solo allora in Francia27, dove, salvo rarissime eccezioni, furono internati.

In totale gli internati in campi di concentramento furono ventiquattro28. Tredici di que-sti, rimpatriati nel 1941 dalla commissione per l’armistizio, in seguito alla sconfitta dellaFrancia nella seconda guerra mondiale, furono condannati al confino29, assieme ad altridue che in Francia erano riusciti a evitare l’internamento30: quasi tutti furono condannati acinque anni e destinati a Ventotene.

Un altro ex combattente rimpatriato, giudicato inidoneo a sopportare il regime confi-nario, fu internato in campo di concentramento31, mentre uno, rimpatriato e arrestato nelluglio del 1943, fu trattenuto in carcere fino a dopo l’8 settembre32.

Infine uno, per insufficienza di prove, fu solo ammonito33.Solo un ex combattente, reduce dall’internamento in Francia, non subì condanne, una

volta rientrato in Italia34.Di diciannove ex volontari è nota la partecipazione alla Resistenza (quindici in Italia e

quattro in Francia)35; uno partecipò invece alla seconda guerra mondiale nelle file dell’eser-cito sovietico36.

Sei ex combattenti ritornarono in Italia nel dopoguerra, altri quattro rimasero in Fran-cia, mentre di altri dieci non si hanno notizie.

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Albertini, Enrico

Di Giuseppe e di Rosa Naula, nato il 18 settembre 1887 a Borgosesia, bigiottiere.Emigrato in Svizzera con la famiglia nel 1891. Militante anarchico, in stretto contatto

con Errico Malatesta37 e Luigi Bertoni38, esplicò un’intensa attività in Svizzera, Francia eGran Bretagna.

Nell’ottobre del 1911 fu sospettato di preparare, assieme ad altri, un attentato alla vitadi Vittorio Emanuele III e del presidente del Consiglio dei ministri, Giovanni Giolitti. Nel1912 fece parte di un comitato contro la guerra italo-turca, che raccoglieva fondi per sus-sidiare i disertori italiani che si fossero rifugiati in territorio elvetico. Espulso dalla Fran-cia, essendosi reso contravventore al decreto, il 22 ottobre fu arrestato e condannato adue mesi di carcere.

Dopo varie traversie, nel settembre 1915 si stabilì a Paterson, negli Stati Uniti, addet-to alla redazione di “Era Nuova”. Pochi mesi dopo si rese nuovamente irreperibile: essen-do iscritto nel “Bollettino delle ricerche” (nonché nella “Rubrica di frontiera”) negli anniseguenti giunsero alle autorità consolari italiane varie segnalazioni sul suo conto da diver-se città americane.

Partì da New York, per arruolarsi nelle brigate internazionali, ai primi di febbraio del1937, munito di passaporto rilasciatogli dal consolato spagnolo. Non è noto quale incari-co gli sia stato affidato. Lasciò la Spagna il 12 settembre 1938, diretto a New York: sbar-cato in quella città il 26 ottobre, fu trattenuto dalle autorità di immigrazione perché sprov-visto di regolare passaporto.

Non si hanno altre notizie.

Arfinenghi, Arturo

Di Giovanni e di Giaele Capra, nato il 10 marzo 1891 a Varallo.Emigrato in Francia in epoca imprecisata, si stabilì a Parigi. Tra i primi a partire per la

Spagna, risulta arruolato il 18 ottobre 1936 nel battaglione “Garibaldi”. Partecipò ai primicombattimenti sul fronte di Madrid, rimanendo ferito nel mese di novembre. Fu ricovera-to in ospedali di Madrid e Barcellona.

Rimase in Spagna fino al ritiro delle brigate internazionali, nel febbraio del 1939. Rien-trato in Francia, ritornò a Parigi, dove morì il 4 marzo 1963.

Bagnasacco, Giuseppe

Di Antonio e di Caterina Ramella, nato il 16 febbraio 1905 a Pollone, muratore.Emigrato in Francia nel novembre del 1930, si recò dapprima a Parigi poi in varie altre

località, stabilendosi infine, nel 1933, a Bordeaux. Essendo stato segnalato da un infor-matore come possibile attentatore alla vita di Mussolini, nell’ottobre del 1936 fu scheda-to nel Casellario politico centrale e iscritto nella “Rubrica di frontiera” perché, in caso dirimpatrio, fosse perquisito e sorvegliato.

Nel dicembre del 1936 raggiunse la Spagna per arruolarsi: inquadrato nel battaglione“Garibaldi” e successivamente nella 2a compagnia del 2o battaglione della brigata omoni-ma, combatté a Guadalajara, Morata de Tajuña, Huesca e Brunete, riportando due ferite. Inseguito lavorò come muratore nell’ospedale militare di Albacete e in quelli di Benicásime Murcia. Fu quindi destinato al servizio di censura postale ad Albacete, base delle brigateinternazionali, e successivamente a Barcellona.

Ritornato in Francia nel febbraio 1939, fu internato nei campi di concentramento di

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Argelès-sur-Mer, Gurs e Le Vernet. Rimpatriato, il 30 marzo 1941 fu arrestato alla fron-tiera di Menton e tradotto a Vercelli, dove, il 5 giugno, fu condannato a cinque anni di con-fino. Inviato a Ventotene (Lt), fu liberato il 21 agosto 1943.

Rientrato al paese d’origine, svolse attività politica nel Pci.Morì il 10 novembre 1978 a Biella.

Barberis, Giovanni

Di Felice e di Domenica Tondella, nato l’11 marzo 1896 a Biella, meccanico.Militante anarchico, nel 1919 fu aggredito da fascisti a Torino, dove si era da poco tra-

sferito, e, creduto in fin di vita, fu portato all’ospedale, dal quale fuggì.Espatriato clandestinamente nel 1921, dopo una breve permanenza in Francia, si stabi-

lì a Barcellona, con il nome di José Gomez, esercitando il mestiere di autista.Allo scoppio della guerra civile trasformò il suo camion in una rudimentale autoblinda

e raggiunse Vicién, quartier generale della “Colonna italiana”, in cui si arruolò. Combattéa Huesca dove, il 1 settembre 1936, colpito da una granata, morì in seguito alle gravissimeustioni.

Bonora, Enrico

Di Angelo e di Maria Regis, nato il 26 ottobre 1897 a Boccioleto, operaio tessile poiimbianchino, comunista.

Nel 1919, congedato dall’esercito, si trasferì da Mosso Santa Maria, dove abitava conla famiglia, in Svizzera e successivamente nel Liechtenstein, occupandosi come operaiotessile. Ritornato in Italia nel 1921, due anni dopo emigrò nuovamente, dapprima in Fran-cia, a Vienne, e successivamente in Belgio e nel Lussemburgo, dove iniziò a lavorare comeimbianchino. Alla fine del 1926 ritornò in Francia, stabilendosi a Neuilly-Plaisance e suc-cessivamente a Vincennes.

Allo scoppio della guerra civile spagnola fu tra i primi ad arruolarsi tra gli antifascisti,nel mese di agosto del 1936. Combatté sul fronte di San Sebastián come sergente mitra-gliere. Catturato in divisa, nei pressi di Santander, da truppe fasciste italiane e rimpatriato,giunse a Genova il 10 novembre 1937. Dapprima fu consegnato alle autorità militari, comeprigioniero di guerra, e successivamente messo a disposizione della Questura. Essendoritenuto elemento pericoloso, fu deferito alla Commissione provinciale per il confino delcapoluogo ligure che, il 7 febbraio 1938, lo condannò a cinque anni. Destinato a Tremiti(Fg), fu successivamente trasferito a Sant’Onofrio (Cz) e a Torricella Peligna (Ch). Libe-rato il 25 novembre 1942, si stabilì dapprima a Sant’Onofrio, dove risiedeva la moglie,sposata il 6 dicembre 1939, successivamente a Maierato (Cz) e, nel 1946, a Cossato.

Morì il 15 marzo 1954 a Torino.

Borsano, Giovanni Pio

Di Giacomo e di Maria Mussone, nato l’8 agosto 1913 a Gaglianico, residente a Biel-la, meccanico, comunista.

Disoccupato, emigrò in Francia ai primi di agosto del 1937. Recatosi a Parigi, si ar-ruolò per combattere nelle brigate internazionali in Spagna. Giunto ad Albacete, fu inqua-drato nella brigata “Garibaldi”. Segnalato quale “miliziano rosso” fu iscritto nella “Rubri-ca di frontiera” e nel “Bollettino delle ricerche” per l’arresto. Nel mese di ottobre preseparte al combattimento di Fuentes de Ebro, sul fronte d’Aragona. Nel febbraio del 1938

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combatté in Estremadura e nel marzo a Caspe. Durante la ritirata dell’Aragona si rifugiò inFrancia. Internato in Marocco, nel 1943 si arruolò nell’esercito francese.

Dopo la fine della guerra ritornò a Biella, dove morì l’8 luglio 1998.

Bottan, Giacomo

Di Guglielmo e di Maddalena Menegozzo, nato il 29 ottobre 1910 a Portogruaro (Ve),residente a Gaglianico, muratore, comunista.

Da poco tempo residente nel comune biellese, emigrò in Francia e, successivamente,si recò in Spagna, arruolandosi nella brigata “Garibaldi”. Combatté sul fronte dell’Ebro,dove fu ferito. Dopo il ritiro delle brigate internazionali fu internato in Francia. Durante ilperiodo trascorso a Gurs si arruolò nelle compagnie di lavoro per il fronte francese.

Ritornato a Gaglianico dopo la fine della guerra, vi morì il 31 maggio 1969.

Callegaro, Ottavio

Di Ferdinando e di Adelaide Nese, nato il 12 aprile 1910 a Granze (Pd), operaio tessi-le.

Nel 1921 si trasferì a Valle Mosso, dove risiedette fino al mese di ottobre del 1937.Dopo una permanenza di alcuni mesi a Torino, nel 1938 espatriò clandestinamente in Fran-cia.

Nel mese di agosto raggiunse la Spagna, arruolandosi, il 27, nella 4a compagnia del 3o

battaglione della brigata “Garibaldi”. Combatté sul fronte dell’Ebro, restando gravementeferito al ventre, il 16 settembre. Ritornato in Francia nel febbraio del 1939 con un convo-glio sanitario, fu ancora ricoverato, dapprima a Perpignan e successivamente in un ospe-dale nei pressi di Parigi. Il 23 marzo 1939 fu internato nel campo di Argelès-sur-Mer esuccessivamente in quello di Le Vernet. Essendosi rivolto alla Commissione di armistizioper essere rimpatriato, il 22 gennaio 1942 fu accompagnato da agenti della gendarmeriafrancese a Menton, dove fu arrestato e tradotto a Padova.

Il 9 marzo fu condannato a cinque anni di confino e destinato a Ventotene (Lt). Libera-to nell’agosto 1943, ritornò a Valle Mosso.

Morì il 12 febbraio 1991 a Trivero.

Calligaris, Giovanni

Di Secondo e di Maria Capellaro, nato il 12 maggio 1900 a Belfort (Francia) da fami-glia originaria di Mongrando (dove ritornò nel 1906), decoratore.

Partecipò alle lotte operaie del primo dopoguerra, militando dapprima nella Federa-zione giovanile socialista biellese e poi in quella comunista. Nel novembre 1921 fu arre-stato e condannato a sei mesi di reclusione per aver preso parte a una manifestazione incui rimase mortalmente ferito un fascista.

Nel 1922 emigrò in Francia, stabilendosi ad Aulnay-sous-Bois. Espulso per la sua atti-vità politica, nel dicembre 1924, fu costretto a rimpatriare.

Attivo esponente di una cellula comunista che contribuì a costituire a Mongrando, nelfebbraio del 1927 fu coinvolto nelle indagini condotte dai carabinieri contro alcuni appar-tenenti a questa che erano stati scoperti e arrestati39.

Nel 1930 ritornò in Francia, stabilendosi, l’anno seguente, a Villeparisis, dove frequentògli ambienti dell’emigrazione antifascista. Fu iscritto nella “Rubrica di frontiera” e suc-cessivamente nel “Bollettino delle ricerche”.

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Nell’ottobre del 1936 si recò in Spagna, dove fu inquadrato nella 2a compagnia del bat-taglione “Garibaldi”, di cui divenne commissario politico40. Combatté a Boadilla del Monte,Mirabueno e Majadahonda. Ferito alla testa da un colpo di fucile, dopo due mesi di degen-za in ospedale, riprese nuovamente il suo posto, partecipando alle battaglie di Guadalajara(dove ricoprì per qualche giorno l’incarico di commissario politico del battaglione) e diMorata de Tajuña. Nuovamente ferito (accidentalmente da un compagno) al piede destro,fu costretto a un lungo ricovero. Guarito, ma inabile alle fatiche di guerra, fu assegnato aincarichi ausiliari, dapprima ad Albacete e successivamente a Valencia, come responsabi-le della delegazione delle brigate internazionali, con il grado di capitano.

Uscì dalla Spagna nel febbraio del 1939 e fu internato ad Argelès-sur-Mer, Gurs e LeVernet, dove inoltrò domanda di rimpatrio. Il 14 settembre 1941 fu arrestato all’atto del-l’ingresso in Italia al valico di frontiera di Menton. Tradotto a Vercelli e deferito alla Com-missione provinciale per i provvedimenti di polizia, il 6 novembre fu condannato a cinqueanni di confino. Destinato a Ventotene (Lt), fu liberato nell’agosto del 1943.

Organizzatore delle formazioni partigiane biellesi, il 22 novembre 1943 fu arrestato,con altri, e denunciato al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, sezione staccata diTorino, ma il procedimento fu sospeso in seguito alla sua liberazione per uno scambio conmilitari tedeschi prigionieri dei partigiani. Partecipò alla Resistenza nel Biellese, nella Vdivisione “Garibaldi”.

Dopo la Liberazione divenne funzionario della Federazione comunista di Biella, finoal giugno 1952.

Morì il 10 giugno 1983 a Biella.

Calligaris, Lorenzo

Di Secondo e di Maria Capellaro, nato l’11 settembre 1898 a Belfort (Francia), daemigrati di Mongrando che rimpatriarono nel 1906, comunista.

Dopo la prima guerra mondiale emigrò in Francia, stabilendosi ad Aulnay-sous-Bois,dove divenne impresario edile.

Nel novembre 1937 partì per la Spagna per arruolarsi nella brigata “Garibaldi”. Nel gen-naio del 1938 partecipò all’offensiva per la liberazione di Teruel e in seguito combatté aCaspe e sul fronte dell’Ebro. Avendo contratto la tubercolosi, verso la fine del 1938 fucostretto a rientrare in Francia, dove poté risiedere legalmente.

Morì il 3 febbraio 1951 a Eaubonne.

Caneparo, Annibale

Di Quinto e di Melania Porta Variolo, nato il 17 luglio 1905 a Occhieppo Inferiore,operaio.

Emigrò in Francia per ragioni di lavoro nel 1922, rimpatriando nel 1925 per soddisfa-re gli obblighi di leva. In quel periodo entrò nel movimento giovanile comunista. Nel 1928espatriò nuovamente, stabilendosi ad Aulnay-sous-Bois, occupandosi dapprima come ma-novale, nell’impresa edile di uno zio, e successivamente in altre, come lattoniere. Svolseattività politica nel gruppo di lingua italiana del Pc francese, con lo pseudonimo di René.

Raggiunta la Spagna nel novembre del 1936, fu arruolato nella batteria “Gramsci”. Fe-rito durante un bombardamento aereo all’inizio del 1937, fu giudicato inabile e costrettoa rientrare in Francia.

Il 2 maggio 1940 mentre rimpatriava, con regolare passaporto, con la moglie e i due

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figli (naturalizzati francesi), essendo stato segnalato come volontario antifascista, sche-dato nel Casellario politico centrale e iscritto nella “Rubrica di frontiera” e nel “Bolletti-no delle ricerche”, fu arrestato a Bardonecchia (To). Tradotto a Vercelli e interrogato, negòdi aver partecipato alla guerra civile spagnola e, nonostante il Ministero dell’Interno neavesse disposto l’assegnazione al confino, con destinazione Ventotene (Lt), in seguito aripetute obiezioni della Commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, per man-canza di prove concrete, fu solamente diffidato.

Ritornato nel Biellese, riprese l’attività politica, occupandosi, tra l’altro, della siste-mazione del dirigente comunista Giovanni Roveda, fuggito dal confino nel marzo del 1943.

Dopo l’8 settembre 1943 fu tra i primi organizzatori delle formazioni partigiane. Tra-sferito in Valle d’Aosta, ricoprì, con lo pseudonimo di Renati, l’incarico di commissariopolitico del Comando zona.

Morì il 20 maggio 1969 a Roma.

Cantarelli, Mario

Di Pietro e di Maria Luisa Sanpique, oriundo di Quarona, nato il 24 marzo 1911 a Can-nes, dove era emigrato il padre, attivo militante anarchico.

Arruolato nella 14a brigata in epoca imprecisata, cadde il 18 settembre 1938 nei pres-si di Corbera d’Ebre.

Caron, Teresio

Di Severino e di Lucia Rossi, nato il 27 luglio 1896 a Gattinara, manovale poi came-riere.

Emigrato in Francia nel 1920. Di tendenza prima anarchica e poi comunista, a Parigipartecipò attivamente alla ricostituzione della Confederazione generale del lavoro.

Fu tra i primi a raggiungere la Spagna, il 2 agosto 1936, arruolandosi nella “Colonnaitaliana”. Combatté a monte Pelato41 e a Huesca. Nel maggio del 1937 passò alla brigata“Garibaldi”, combattendo su vari fronti. Rimasto ferito a Fuentes de Ebro il 12 ottobre1937, nel gennaio 1939 fu tradotto in Francia, su un treno ospedale, come invalido.

Il 29 gennaio 1941, all’atto del rimpatrio, essendo stato segnalato come volontario an-tifascista ed essendo stato schedato nel Casellario politico centrale e iscritto nella “Ru-brica di frontiera” e nel “Bollettino delle ricerche”, fu arrestato alla frontiera di Bardo-necchia (To). Tradotto a Vercelli, il 22 aprile fu condannato a tre anni di confino: inviato aVentotene (Lt), nel settembre del 1942 fu trasferito a Ustica (Pa) e infine, nel giugno del1943, nel campo di concentramento di Renicci di Anghiari (Ar). Liberato ai primi di set-tembre, ritornò al paese di origine e, durante la Resistenza, fu attivo collaboratore delleformazioni partigiane della Valsesia e del Biellese.

Morì il 18 febbraio 1969 a Biella.

Castoro, Severino

Di Ernesto e di Giovanna Carpegna, nato il 31 luglio 1899 a Vercelli, tessitore, comu-nista.

Emigrò in Francia nel 1923, stabilendosi a Troyes, dove, nell’ottobre del 1929, fu se-gnalato come appartenente a un Comitato per la difesa delle vittime del fascismo. Fu per-tanto schedato nel Casellario politico centrale e iscritto nella “Rubrica di frontiera”.

Negli anni seguenti fece ripetutamente perdere le sue tracce ai “fiduciari” della polizia

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fascista incaricati di sorvegliarlo. Partecipò alla guerra civile spagnola, inquadrato nellabrigata “Garibaldi”.

Ritornato in Francia nel febbraio del 1939, fu internato ad Argelès-sur-Mer, Gurs e LeVernet. Liberato il 10 maggio 1941 e tradotto in Italia, fu interrogato da funzionari dellaQuestura di Vercelli: non essendo nota la sua appartenenza alle brigate internazionali eavendo negato ogni attività antifascista, riuscì a evitare la condanna al confino, subendosolo l’ammonizione, da cui fu prosciolto in occasione del ventennale della marcia su Roma.

Dopo la caduta del fascismo si fece notare come “sobillatore dell’elemento operaio”e, nel marzo del 1944, arrestato perché sospettato di una diffusione di manifestini, fu nuo-vamente ammonito.

Morì il 19 dicembre 1988 a Sanremo (Im).

Cerruti, Pietro

Di Domenico e di Angela Cerruti, nato il 13 dicembre 1885 a Dorzano.Al paese natale era occupato come bracciante e, sebbene giovanissimo, professava idee

anarchiche. All’età di quindici anni emigrò in Svizzera e successivamente, in epoca impre-cisata, si trasferì negli Stati Uniti.

Nel 1906 fu spiccato nei suoi confronti mandato di cattura da parte del Tribunale mili-tare di Torino per renitenza alla leva. Nell’aprile del 1911, grazie al rinvenimento di unasua lettera, sequestrata a un anarchico arrestato a Torino, la polizia italiana seppe che ri-siedeva a Clifton (New Jersey), dove era occupato come tessitore. Ritenuto elemento pe-ricolosissimo, fu sottoposto a vigilanza e schedato nel Casellario politico centrale.

In seguito, dopo essere stato a Rio de Janeiro, Montevideo e Buenos Aires (occupatocome manovale), si rese irreperibile: essendo ritenuto “capace di commettere gravissimidelitti” fu iscritto nel “Bollettino delle ricerche”.

Dopo una permanenza in Francia (il 6 gennaio 1913 fu arrestato a Marsiglia, dove la-vorava come scaricatore di carbone), ritornò negli Stati Uniti, stabilendosi dapprima nelNew Jersey e successivamente nel Connecticut.

Nel dicembre del 1929, resosi nuovamente irreperibile, fu iscritto anche nella “Rubri-ca di frontiera”.

Dopo aver risieduto a New York (dove, nel febbraio 1932, si fece notare per l’intensaattività politica), nel novembre 1936 si arruolò in difesa della Repubblica spagnola. Rima-se ferito. Pare abbia lasciato la Spagna nell’agosto del 1938.

Non si hanno altre notizie.

Crovella, Andrea

Di Antonio e di Clementina Costa, nato il 10 aprile 1902 a Balocco (da famiglia origi-naria di Cossato), operaio, socialista.

Nel 1930 emigrò in Francia, trasferendosi successivamente in Svizzera. Essendosi resoirreperibile, nel gennaio del 1936 fu schedato nel Casellario politico centrale e iscrittonella “Rubrica di frontiera”.

Recatosi in Spagna per combattere a difesa della Repubblica, nel mese di ottobre fuarruolato nel costituendo battaglione “Garibaldi”. Partecipò ai combattimenti del Cerrode los Angeles e di Casa de Campo, dove riportò gravi ferite al braccio e alla mano sini-stra, che gli causarono l’invalidità.

Sembra abbia prestato attività nelle retrovie come commissario politico.

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Lasciata la Spagna il 27 luglio 1938 con un convoglio sanitario, continuò a risiedere inFrancia.

Morì il 30 agosto 1974 a Vienne.

De Margherita, Secondo

Nato presumibilmente a Mongrando42, ivi residente, muratore, comunista.Emigrò in Francia nei primi anni venti, stabilendosi a Villeparisis.Partito per la Spagna nel mese di ottobre del 1936, fu arruolato nel costituendo batta-

glione “Garibaldi” e successivamente nella brigata omonima. Combatté su vari fronti, apartire da quello di Madrid.

Rientrato in Francia nel febbraio 1939, essendo in possesso di documenti regolari, potéritornare a Villeparisis.

Non si hanno altre notizie

Fracasso, Gaspare

Di Pietro e di Caterina Scandolera, nato il 17 agosto 1904 a Tronzano Vercellese, con-tadino.

Nel maggio del 1930 emigrò in Francia, rimpatriando nel gennaio dell’anno seguente.Nel 1932 fu denunciato al Tribunale speciale per la difesa dello Stato per appartenenza aun gruppo comunista operante a Cavaglià e Tronzano Vercellese, ma beneficiò dell’amni-stia “del decennale” e non fu processato.

Il 4 luglio 1937 espatriò clandestinamente in Francia, con Eraldo Venezia43: fu pertan-to denunciato e iscritto nel “Bollettino delle ricerche” e nella “Rubrica di frontiera”.

Raggiunta la Spagna, il 20 si arruolò nella brigata “Garibaldi”, dove fu inquadrato nellacompagnia mitraglieri del 1o battaglione. Combatté a Farlete, dove, il 27 agosto 1937, fuferito alla tempia destra. Dopo un mese di degenza all’ospedale di Barcellona, chiese diritornare in linea: inquadrato nella 1a compagnia del 3o battaglione, fu destinato al frontedell’Ebro. Combatté ancora in Estremadura, a Caspe e sulla Sierra de Cavalls, dove, il 5settembre 1938, fu ferito gravemente al polmone destro. Dopo aver subito due interventichirurgici, nel febbraio 1939 fu trasferito all’ospedale di Marsiglia. Dimesso dopo duemesi, fu internato ad Argelès-sur-Mer, Gurs e Le Vernet.

Consegnato dalle autorità francesi a quelle italiane, il 14 luglio 1941 fu tratto in arre-sto al posto di frontiera di Menton e tradotto a Vercelli, a disposizione della Questura.

Essendo le sue condizioni di salute tali da non consentirne l’assegnazione al confino,il 14 dicembre ne fu disposto l’invio nel campo di concentramento di Istonio (Ch). Il prov-vedimento fu revocato il 6 settembre 1943.

Partecipò alla Resistenza, inquadrato nella brigata Sap vercellese “Boero”.Morì il 29 aprile 1978 a Tronzano Vercellese.

Gannio, Giovanni

Di Nicola e di Angela Vecchiolino, nato il 28 ottobre 1898 a Zubiena, residente a Mon-grando, muratore.

Emigrò in Francia nei primi anni venti. Attivo militante antifascista, nell’ottobre del1936 partì per arruolarsi in difesa della Repubblica. Inquadrato nella 4a compagnia delbattaglione “Garibaldi”, partecipò al combattimento del Cerro de los Angeles e a quello diCasa de Campo, dove cadde il 30 novembre.

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Graglia, Annibale

Di Secondo e di Ester Carta, nato il 23 agosto 1903 a Verrone, residente a Gaglianico,manovale.

Emigrò in Francia per motivi di lavoro nel luglio del 1920.Recatosi in Spagna per combattere in difesa della Repubblica spagnola (presumibil-

mente alla fine del 1936 o all’inizio del 1937), fu inquadrato nel battaglione e successi-vamente nella brigata “Garibaldi”. Ferito in circostanze non note, in seguito svolse man-sioni di infermiere in vari ospedali.

Ritornato in Francia in epoca imprecisata (risulta ancora in Spagna, ad Albacete, l’11dicembre 1937), nell’aprile del 1939 fu segnalato da un informatore della polizia politicafascista come attivo “agitatore” comunista a Vienne. Fu pertanto iscritto nella “Rubrica difrontiera” per il fermo. Non si hanno altre notizie.

Irico, Angelo

Di Giacomo e Antonia Pollone, nato il 27 gennaio 1898 a Trino, residente a PalazzoloVercellese, muratore poi assistente edile.

Aderente a circoli giovanili socialisti fin dal 1911, svolse attiva propaganda. Chiamatoalle armi nel 1917, condannato per antimilitarismo e incarcerato, evase e visse per alcunimesi alla macchia, finché fu arrestato, nel mese di ottobre: beneficiò di amnistia e fu in-viato a ultimare il periodo di ferma nel Vicentino, dove continuò a impegnarsi politica-mente. Congedato nel dicembre 1920, si trasferì a Torino, dove esercitò servizio di guar-dia a “l’Ordine Nuovo”. Licenziato per motivi politici, tornò a Palazzolo Vercellese, dovepartecipò a uno scontro con fascisti, che lo costrinse a vivere nella clandestinità fino algennaio del 1923, quando decise di emigrare in Francia.

Si stabilì dapprima a Modane e successivamente a La Tronche. Occupatosi come mu-ratore, continuò a svolgere attività politica e sindacale, tra l’altro come dirigente dei co-mitati proletari antifascisti. Nel 1927, segnalato alla Direzione generale della Pubblicasicurezza, fu schedato nel Casellario politico centrale e iscritto nella “Rubrica di frontie-ra”.

Il 3 agosto 1931 fu fermato dalla polizia francese per complicità nell’aggressione adue fascisti: condannato a sei giorni di carcere, nel mese di novembre fu espulso. Fu per-tanto iscritto anche nel “Bollettino delle ricerche”.

Nel gennaio del 1932 raggiunse l’Unione Sovietica, dove lavorò come assistente edilefino al novembre 1936, quando, su disposizione del Komintern, partì alla volta della Spa-gna. Giunto ad Albacete il 21, ricoprì dapprima l’incarico di vicedirettore dei servizi diintendenza e, dal mese di dicembre, di responsabile della delegazione delle brigate inter-nazionali a Valencia. Raggiunta in seguito la brigata “Garibaldi”, della quale fu nominatoamministratore, con il grado di tenente, fu in Estremadura e sul fronte dell’Ebro. Dopo ilritiro dei volontari, nel febbraio del 1939 fu internato nel campo di Saint-Cyprien, da cuifu liberato nel mese di marzo per intervento del governo sovietico.

Durante la seconda guerra mondiale fu incaricato di svolgere propaganda antifascistatra i prigionieri italiani in Unione Sovietica.

Ritornato in Italia nel dicembre 1945, occupato negli uffici di collocamento di Ver-celli e, successivamente, di Como, continuò a impegnarsi come sindacalista, segretario disezione del Pci e collaboratore dell’Inca.

Nel novembre del 1964 ritornò a Trino, dove morì il 29 settembre 1982.

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Lario, Plinio

Di ignoti, nato il 5 settembre 1894 a Biella, tessitore, comunista.Trasferitosi nel 1925 ad Altamura (Ba), dove esercitò la professione di commerciante,

nel 1928 emigrò clandestinamente in Francia, stabilendosi a Castelnau-Durban. Fu iscrit-to nel “Bollettino delle ricerche” e nella “Rubrica di frontiera” per il fermo.

Militante molto attivo, usò vari nomi di copertura, tra cui Raimondo Falco e Luigi Can-sian. Il 28 ottobre 1930 fu arrestato perché trovato in possesso di una bomba che intende-va collocare nella sede del Fascio di Parigi: dopo aver scontato una condanna a tre anni direclusione (in seguito alla quale fu schedato nel Casellario politico centrale), fu espulsoe si rese irreperibile.

Allo scoppio della guerra civile probabilmente era già in Spagna, poiché risulta arruo-lato il 28 luglio. Operò con un gruppo di italiani nella regione basca, combattendo a Irún ein altre località. In seguito all’avanzata dei fascisti nel Nord, riparò temporaneamente inFrancia, arruolandosi successivamente nella squadriglia “España”, con la quale combattésul fronte di Madrid; fu quindi trasferito alla brigata “treni blindati” e successivamente alservizio informazioni dell’Armata del centro, con il grado di maggiore. Divenuto inabilein seguito a una ferita e a un intervento chirurgico, fu infine addetto al servizio di censuraa Madrid, dove rimase fino al marzo del 1939.

Raggiunta la Francia, riuscì a restare in libertà fino all’inizio del 1942, quando fu arre-stato a Tolosa: dopo aver scontato tre mesi di carcere perché sprovvisto di documenti, nuo-vamente arrestato, il 20 gennaio 1943 fu condannato ad altri sei mesi per uso di falso statocivile e infrazione a decreto di espulsione.

Scarcerato nel mese di giugno, fu internato nel campo di Le Vernet, dove presentòdomanda di rimpatrio. Mentre veniva tradotto in Italia, riuscì a fuggire dal forte di Moda-ne: arrestato a Caraman, fu nuovamente internato. Prelevato dai tedeschi e condotto nellaprigione di Cherbourg, riuscì ancora a evadere e a entrare nella Resistenza francese, com-battendo con il grado di maggiore.

Non si hanno altre notizie.

Leone, Francesco

Di Antonio e di Caterina Molino, nato il 13 marzo 1899 a Vargem Grande do Sul (SãoPaulo, Brasile), da emigrati che rimpatriarono l’anno seguente, stabilendosi ad AsiglianoVercellese, loro paese d’origine.

Dopo essersi diplomato perito elettrotecnico, prestò servizio militare in aviazione.Membro della gioventù socialista, collaboratore de “La Risaia”, organo socialista vercel-lese, nel 1921 aderì al Partito comunista.

Fondatore e organizzatore degli Arditi del popolo a Vercelli e guardia rossa a “l’OrdineNuovo”, fu segretario della Federazione giovanile comunista di Novara e redattore de “IlBolscevico”. Per la sua intensa attività politica fu più volte processato e subì varie con-danne fino a quando, accusato dell’uccisione di un fascista durante scontri a Novara nelmese di luglio del 1922, fu costretto a espatriare in Francia. Successivamente, dopo esse-re rientrato clandestinamente in Italia nel 1923 e aver collaborato con il centro illegaledella Federazione giovanile comunista, fu inviato in Unione Sovietica, dove frequentò l’ac-cademia militare “Tolmacev” di Leningrado.

Rientrato in Italia nella seconda metà del 1925, con l’incarico di segretario interre-gionale per l’Emilia-Romagna e la Lombardia, nel 1926 fu inviato a Parigi, dove rimase un

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anno, dirigendo “Il Lavoratore”, organo dei gruppi italiani del Partito comunista francese.Nuovamente rimpatriato, grazie all’assoluzione per insufficienza di prove dall’accusa diomicidio, si occupò della redazione de “l’Unità” clandestina a Milano. Scoperto e arresta-to il 28 luglio 1927, fu denunciato al Tribunale speciale per la difesa dello Stato e, il 26ottobre dell’anno seguente, condannato a sette anni e sette mesi di reclusione. Scarceratoil 27 maggio 1933, in seguito a indulto, un anno più tardi emigrò in Brasile e fu pertantoiscritto nel “Bollettino delle ricerche” e nella “Rubrica di frontiera” per l’arresto.

Militò nel Partito comunista brasiliano e partecipò al movimento insurrezionale pro-mosso dall’Alleanza di liberazione nazionale, che fu duramente represso. Richiamato dalPartito comunista italiano in Francia alla fine del 1935, fu assegnato all’organizzazionedel Soccorso rosso internazionale.

Inviato in Spagna allo scoppio della guerra civile, partecipò alla costituzione della cen-turia “Gastone Sozzi”, della quale fu nominato commissario politico. Organizzò e diressele operazioni sul fronte di Madrid, partecipando a vari scontri, tra cui quelli di Pelahustáne Cenicientos. Con lo scioglimento della formazione, alla fine del mese di ottobre, dopola battaglia di Chapinería, contribuì alla costituzione del battaglione “Garibaldi”, entran-done a far parte dello stato maggiore, con il grado di capitano. Operò al Cerro de los An-geles e a Casa de Campo, comandando un attacco alla “Casa rossa”, nel corso del quale, il23 novembre, fu ferito.

Dimesso dall’ospedale, dopo un breve soggiorno in Unione Sovietica ritornò a Parigi,dove, nel 1938, fu segretario dell’Unione popolare italiana e redattore de “La voce degliitaliani”.

Arrestato nell’ottobre del 1939 e internato nel campo di Le Vernet, nel dicembre 1941fu trasferito al campo di Les Milles, da cui riuscì a fuggire, entrando in contatto con ilmaquis. Nuovamente arrestato a Tolone nel luglio 1943, fu consegnato dalla polizia fran-cese alle autorità italiane, che lo incarcerarono. Liberato nei giorni dell’occupazione te-desca, nel mese di ottobre partecipò alle riunioni per la formazione delle brigate “Gari-baldi”, entrando a far parte del comando generale delle stesse. Nel maggio del 1944 fuinviato in Toscana come membro del Triumvirato insurrezionale e in seguito assunse gliincarichi di ispettore generale delle brigate “Garibaldi” e di delegato del Pci nel comitatomilitare del Comitato di liberazione nazionale Alta Italia.

Dopo la Liberazione diresse la Federazione comunista di Vercelli, fu membro dellaConsulta, deputato all’Assemblea Costituente, senatore di diritto nel 1948, rieletto allaCamera dei deputati nel 1958; fino a quell’anno fu inoltre membro del Comitato centraledel Pci.

Morì il 23 maggio 1984 a Vercelli.

Macchieraldo, Andrea

Di Michele e di Angela Nicolello, ato il 2 novembre 1894 a Nizza, da famiglia origina-ria di Cavaglià, meccanico, comunista.

Nel 1925 si trasferì da Torino a Ospedaletti (Im). Nel settembre 1934 espatriò clande-stinamente nel Principato di Monaco.

Fu tra i primi a partire per la Spagna, nell’agosto del 1936: inquadrato nella “Colonnaitaliana” alle dipendenze dell’aviazione, fu addetto alla riparazione di motori d’aereo neicampi di Sariñena, Prat de Llobregat e Bujalaroz.

Il 18 ottobre, sul fronte di Saragozza, fu ferito al braccio sinistro in seguito all’abbat-

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timento dell’aereo sul quale aveva preso posto come mitragliere. Alla fine del 1937 fu pro-mosso ufficiale tecnico d’aviazione.

Individuato come “miliziano rosso” in seguito alla censura di lettere inviate a familia-ri, fu iscritto nella “Rubrica di frontiera” e nel “Bollettino delle ricerche” per l’arresto.

Ritornato in Francia nel febbraio del 1939, dopo essere stato internato nei campi diArgelès-sur-Mer e Gurs, si stabilì dapprima a Bayonne e successivamente a Lorient, doverisiedeva ancora all’inizio del 1942, occupato come operaio44.

In seguito sembra abbia fatto parte delle Forces françaises de l’interieur.Non si hanno altre notizie.

Mellina Sartore, Alfonso

Di Giovanni Battista e di Angela Ciocchetti, nato il 18 agosto 1897 a Curino, murato-re.

Emigrato in Svizzera all’età di quindici anni, rimpatriò nel 1915 per prestare serviziomilitare, combattendo nella prima guerra mondiale. Congedato dopo l’armistizio, nel 1921emigrò negli Stati Uniti, stabilendosi a New York e occupandosi come cameriere.

Nel novembre del 1927, sospettato quale autore dell’invio di ritagli di giornali e mani-festini di propaganda antifascista ad alcune persone di Curino, tra cui il podestà, fu sche-dato nel Casellario politico centrale e iscritto nella “Rubrica di frontiera”45.

Nel 1936 ricoprì l’incarico di segretario del “Circolo di cultura operaia” del West Side.Raggiunta la Spagna nel marzo del 1937, fu arruolato nel battaglione “Garibaldi” (e suc-

cessivamente nella brigata). Segnalato alla Direzione generale della Pubblica sicurezza,fu iscritto anche nel “Bollettino delle ricerche” come comunista pericoloso. Cadde in com-battimento a Huesca il 16 giugno 1937.

Mezzano, Giuseppe

Di Antonio e di Carolina Brusa, nato il 6 gennaio 1896 ad Asigliano Vercellese, verni-ciatore.

Emigrato in Svizzera in epoca imprecisata, si stabilì a Ginevra. Segnalato da un infor-matore della polizia come militante antifascista, il 12 settembre 1935, rientrato in Italia,fu fermato a Vercelli e incarcerato. Non essendo emerso nulla di concreto nei suoi con-fronti, dopo alcuni giorni fu rilasciato ma schedato nel Casellario politico centrale comeanarchico46 e sottoposto a vigilanza.

Il 6 agosto dell’anno seguente espatriò nuovamente, clandestinamente, recandosi an-cora a Ginevra. Nell’autunno47 raggiunse la Spagna, arruolandosi nel costituendo battaglione“Garibaldi”. Partecipò ai combattimenti di Boadilla del Monte, Mirabueno, Majadahonda,Arganda e Guadalajara, dove fu ferito alla mano e alla gamba destre. Dimesso dall’ospeda-le nel marzo del 1938, fu addetto a servizi ausiliari ad Albacete fino al mese di maggio,quando ritornò in Svizzera. Arrestato dalla polizia elvetica a Ginevra l’11 ottobre 1939, fuinternato nel campo di lavoro di Gordola.

Dopo la caduta del fascismo si rivolse al Consolato di Ginevra per essere rimpatriato:il 3 agosto, essendo stato segnalato come “ex miliziano rosso” e iscritto nella “Rubrica difrontiera” fu arrestato a Domodossola (No) e tradotto a Vercelli dove, dopo essere statointerrogato, fu messo in libertà e sottoposto a vigilanza.

Partecipò alla Resistenza, inquadrato nella 182a brigata “Garibaldi”.Nel dopoguerra si trasferì a Biella, dove morì il 29 novembre 1950.

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Minazio, Alfredo

Di Pietro e di Carolina Messen, nato il 18 dicembre 1903 a Cossila (Biella), calde-raio.

Emigrato con la famiglia all’età di tre anni, nel 1921 fu segnalato come iscritto a unasezione comunista di Torino. L’anno seguente fu denunciato per il ferimento di un fasci-sta. Durante l’occupazione delle fabbriche fu guardia rossa alle Officine di Savigliano.

Nel 1930 emigrò in Francia e, successivamente, in Svizzera. Il 19 gennaio 1932 fu ar-restato a Basilea per uso di documenti falsi. Condannato a tre settimane di carcere, fu inseguito espulso e accompagnato alla frontiera francese. Schedato nel Casellario politicocentrale, essendosi reso irreperibile, fu iscritto anche nella “Rubrica di frontiera” e nel“Bollettino delle ricerche”.

In Francia assunse la cittadinanza, risiedendo a La Seyne-sur-Mer. Partì alla volta dellaSpagna nel maggio 1937, fu arruolato nella 15a brigata. Un mese più tardi era al campo diPozorrubio. Cadde in località e in data imprecisate.

Minero Re, Quintino

Di Giovanni e di Catterina Bussetti, nato il 3 ottobre 1901 a Sagliano Micca, cementi-sta.

Emigrò in Francia nel 1921, stabilendosi a Parigi48.Trasferitosi a Barcellona, essendo stato segnalato alla polizia italiana come autorevole

esponente anarchico (noto con il soprannome di King), nel marzo 1932 fu schedato nelCasellario politico centrale e iscritto nella “Rubrica di frontiera” e nel “Bollettino dellericerche”. Successivamente si stabilì a Madrid, dove si occupò come facchino e poi comeoperaio. Nel 1934 ritornò in Francia, stabilendosi nella banlieue parigina e lavorando comemuratore.

Alla fine ottobre del 1936 partì per la Spagna. Arruolato nella 3a compagnia del batta-glione “Garibaldi”, combatté al Cerro de los Angeles, a Casa de Campo e a Pozuelo de Alar-cón, dove rimase ferito alla gamba sinistra. Dichiarato inabile per il fronte, nel maggio del1938 venne addetto al servizio ausiliario a Benicásim, fino al mese di luglio, quando furimandato in Francia, dove si occupò come tornitore.

Dal dicembre del 1941 fino al maggio del 1942 fu internato per ordine della poliziafrancese. Dopo la caduta del fascismo richiese il passaporto per poter rimpatriare, ma glifu rifiutato.

Risulta abbia collaborato alla Resistenza francese. Non si hanno altre notizie.

Minetto, Attilio

Di Giovanni e di Eufrosina Bertinetti, nato l’11 dicembre 1901 a Mongrando.Emigrò in Francia nei primi anni venti, stabilendosi nella regione parigina. Recatosi in

Spagna alla fine del mese di ottobre del 1936, il 6 novembre fu arruolato nel costituendobattaglione “Garibaldi”. Il 1 gennaio 1937, a Mirabueno, rimase gravemente ferito al go-mito destro.

Nel febbraio 1938 un informatore segnalò al comando del Corpo truppe volontarie lasua presenza in un centro di riabilitazione fisica a Mahora. In considerazione della sua ina-bilità al servizio, nel mese di luglio ritornò in Francia. In seguito fu in Unione Sovietica,da cui rimpatriò nel gennaio del 1948.

Morì il 21 novembre 1961 a Mongrando.

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Molinari, Domenico

Di Pietro e di Livia Parodi, nato il 27 aprile 1908 a Biella.Nel 1926 si trasferì a Milano con i genitori, immigrati veneti. Espatriato in data im-

precisata, fu iscritto nel “Bollettino delle ricerche”. Nel settembre del 1937 si recò inSpagna per arruolarsi nelle brigate internazionali: inquadrato nel 3o battaglione della “Ga-ribaldi”, combatté a Campillo, dove, il 16 febbraio 1938, rimase ferito.

Il 1 gennaio 1939 era nel campo di smobilitazione di Torelló.Non si hanno altre notizie.

Montarolo, Francesco

Di Antonio e di Giovanna Cannone, nato il 23 giugno 1900 a Trino, bracciante.Già iscritto al circolo giovanile socialista del paese natale dal 1914, nel 1921 aderì al

Partito comunista. Costretto alla latitanza perché coinvolto in uno scontro con fascisti av-venuto a Palazzolo Vercellese, si trasferì in seguito a Torino, dove continuò a parteciparealle lotte contro le squadracce. Nel 1930 emigrò in Francia, stabilendosi dapprima a Lio-ne e successivamente a Villeurbanne. Segnalato per la sua intensa attività antifascista, nel1936 fu schedato nel Casellario politico centrale e iscritto nella “Rubrica di frontiera”.

Nel novembre di quell’anno si recò in Spagna: segnalato, fu iscritto anche nel “Bollet-tino delle ricerche”. Arruolatosi nel battaglione “Garibaldi”, combatté ad Arganda, Guada-lajara, Morata de Tajuña, Casa de Campo. Con la costituzione della brigata “Garibaldi” fecedapprima parte del 2o battaglione e successivamente della compagnia dello stato maggio-re, come mitragliere. Combatté ancora a Huesca, Boadilla del Monte, Majadahonda e Bel-chite.

Nel marzo del 1938, ammalatosi, fu costretto a tornare in Francia: poté risiedere le-galmente a Lione, dove partecipò all’attività dell’Unione popolare italiana.

Dopo la caduta del fascismo decise di rimpatriare: il 19 agosto 1943 fu pertanto fer-mato a Bardonecchia (To) e tradotto a Vercelli, dove, dopo essere stato interrogato, fu ri-lasciato.

Durante la Resistenza collaborò con la brigata Sap vercellese “Boero”.Morì il 2 febbraio 1973 a Trino.

Mosca, Giuseppe

Di Giovanni e di Aurelia Cristianelli, nato l’11 gennaio 1903 a Cossato, residente a Chia-vazza (Biella) fin dall’infanzia, fonditore.

Iscrittosi alla Camera del lavoro e successivamente alla gioventù comunista, fu un mi-litante molto attivo. Costretto, dopo ripetuti scontri con i fascisti, alla vita clandestina, il27 novembre 1927 fu arrestato a Torino con l’accusa di appartenenza al Partito comunistae diffusione di stampa sovversiva nelle fabbriche della città: deferito al Tribunale specialeper la difesa dello Stato, il 6 luglio 1928 fu assolto in istruttoria per insufficienza di pro-ve.

In seguito resse l’organizzazione del partito nel Biellese. In procinto d’essere arresta-to, in seguito alla scoperta di un gruppo clandestino operante nel basso Biellese e nel Ver-cellese49, cui aveva fornito materiale e direttive, nel novembre 1932 riuscì a espatriareillegalmente in Francia, dove si stabilì a Villeurbanne. Fu iscritto nella “Rubrica di fron-tiera”. Nel marzo 1934, in seguito a indagini dell’Ovra che portarono all’arresto, in Pie-monte e Lombardia, di ventisei comunisti, tra cui alcuni biellesi, fu nuovamente denuncia-

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to al Tribunale speciale, in stato di latitanza, per attività comunista.Il 19 novembre 1936 si arruolò nel battaglione “Garibaldi”. Combatté a Boadilla del

Monte, Mirabueno, Arganda, Guadalajara, dove rimase ferito. Rientrato nella formazione,nel frattempo trasformatasi in brigata, fu inquadrato nella 2a compagnia del 2o battaglione,con il grado di sergente. Combatté ancora a Huesca, Brunete, Farlete, Belchite, Fuentesde Ebro, Caspe, in Estremadura e, promosso tenente nell’aprile del 1938, sul fronte del-l’Ebro. Tornato in Francia nel febbraio del 1939, fu internato a Saint-Cyprien, Gurs e LeVernet. Rimpatriato il 23 settembre 1941 e tradotto, in stato di arresto, a Vercelli, il 19novembre fu condannato a cinque anni di confino. Inviato a Ventotene (Lt), fu liberato dopola caduta del fascismo.

Partecipò alla Resistenza nella brigata Sap biellese “Graziola” come commissario dibattaglione. Riportò una ferita.

Dopo la Liberazione svolse attività sindacale nella Fiom e politica nella Federazionecomunista di Biella.

Morì il 18 luglio 1992 a Biella.

Mosca Carlottin, Antonio

Di Giovanni e di Elena Rosazza Gianin, nato il 18 maggio 1903 a Rosazza, muratore,comunista.

Nel 1925 fu costretto, per motivi politici, a emigrare in Francia: si stabilì a Cap-Mar-tin e successivamente a Tolone.

Ai primi di novembre del 1936 partì per la Spagna per arruolarsi tra i volontari anti-franchisti: inquadrato nella 2a compagnia del battaglione “Garibaldi” e poi, come sergen-te, nella compagnia mitraglieri del 1o battaglione della brigata omonima, combatté a Boa-dilla del Monte, Mirabueno, Majadahonda, Arganda, Guadalajara50, Casa de Campo, Hue-sca e Brunete (dove fu promosso tenente). Il 13 luglio 1937 fu ferito al piede sinistro e fupertanto ricoverato, dapprima in un ospedale militare della capitale spagnola e successi-vamente a Murcia e infine, il 12 agosto 1938, trasferito in un ospedale di Marsiglia. Di-messo nell’ottobre del 1938, fu inviato dalla polizia francese a Tolone, ultimo comune diresidenza in Francia.

All’inizio delle ostilità franco-italiane fu internato nella fortezza di quella città e suc-cessivamente nel campo di concentramento di Le Vernet.

Rimpatriato, essendo stato nel frattempo iscritto nella “Rubrica di frontiera” e nel “Bol-lettino delle ricerche”, il 25 settembre 1941 fu arrestato a Menton. Tradotto a Vercelli, il19 novembre fu condannato a cinque anni di confino. Inviato a Ventotene (Lt), fu liberatonell’agosto del 1943. Partecipò alla Resistenza, inquadrato nella 2a brigata “Garibaldi”.

Morì il 12 settembre 1960 a Rosazza.

Poma, Anello

Di Claudio e di Giuseppina Manacorda, nato il 27 luglio 1914 a Biella, attaccafili.Entrato nelle file comuniste nel 1934, all’inizio di agosto del 1937 si recò a Parigi,

con passaporto collettivo, in occasione dell’Esposizione internazionale, con il propositodi arruolarsi per combattere in difesa della Repubblica spagnola. Giunto ad Albacete il 23agosto e arruolato nella 3a compagnia del 3o battaglione della brigata “Garibaldi”, nel mesedi ottobre prese parte all’offensiva repubblicana sul fronte di Saragozza, combattendo aFuentes de Ebro.

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Combatté poi a Campillo, dove, il 16 febbraio 1938, fu ferito al braccio sinistro. Di-messo dall’ospedale di Murcia e inquadrato nella 1a compagnia del 1o battaglione, nel mesedi aprile partecipò alla ritirata dell’Aragona, combattendo a Gandesa. Nel mese di lugliofu nuovamente ferito, alla gamba sinistra, sul fronte dell’Ebro.

Ritornato alla brigata, fu inquadrato nel reparto d’assalto e, nel mese di settembre,combatté sulla Sierra de Cavalls, sul fronte dell’Ebro, riportando una ferita alla testa.

Uscito dalla Spagna nel febbraio del 1939, fu internato ad Argelès-sur-Mer, Gurs e LeVernet. Rimpatriato il 10 dicembre 1941, essendo stato segnalato come “miliziano ros-so” e pertanto schedato nel Casellario politico centrale e iscritto nella “Rubrica di fron-tiera”, fu arrestato a Menton e fatto tradurre a Vercelli, dove, il 20 marzo 1942, fu condan-nato a cinque anni di confino. Inviato a Ventotene (Lt), fu liberato il 26 agosto 1943.

Subito dopo l’8 settembre fu tra i primi organizzatori della Resistenza nel Biellese,durante la quale raggiunse il grado di commissario politico del Comando zona (corrispon-dente a tenente colonnello dell’esercito).

Nel dopoguerra fu impegnato nell’attività politica e sindacale: dopo aver svolto per al-cuni mesi le funzioni di segretario della Federazione comunista di Vercelli e aver operatonella commissione nazionale di organizzazione del partito, fu eletto vicesegretario dellaFederazione comunista biellese e valsesiana e nominato dapprima vicedirettore e succes-sivamente direttore del settimanale “Vita nuova”; dal 1955 al 1960 fu segretario dellaCamera del lavoro di Biella, in seguito fece parte della segreteria regionale del Pci, finoal 1964. Fu assessore comunale a Biella dal 1946 al 1951 e consigliere fino al 1985.

Nel 1974 fu tra i fondatori dell’Istituto per la storia della Resistenza in provincia diVercelli e dal 1981 fu presidente del Comitato provinciale biellese dell’Anpi.

Morì il 18 dicembre 2001 a Nervi (Genova).

Prevosto, Francesco

Di Maurizio e di Caterina Corgnati, nato il 19 settembre 1892 a Santhià, verniciatore.Trasferitosi a Torino nel 1913, iniziò a frequentare il “Fascio libertario” e si fece no-

tare dalla polizia come propagandista anarchico. Nel 1914 fu condannato a cinque mesi direclusione per distribuzione di manifestini antimilitaristi.

Nel 1924 emigrò clandestinamente in Francia, stabilendosi prima a Briançon e poi aSaint-Fons, dove frequentò ambienti “sovversivi”. Espulso dalla Francia, si trasferì nel Lus-semburgo, dove lavorò in una fonderia fino all’aprile 1928; ritornò quindi clandestinamentein Francia, stabilendosi a Parigi51.

Fu tra i primi a partire per la Spagna, il 19 agosto 1936: arruolatosi nella “Colonna ita-liana”, combatté sul fronte di Huesca.

Il 2 marzo 1937 fu arrestato dalla gendarmeria di Bourg-Madame, nei pressi del confi-ne franco-spagnolo, con altri tre volontari, mentre ritornava in Spagna dopo una licenza diquindici giorni. Deferito all’autorità giudiziaria, fu condannato a sei mesi di reclusioneper infrazione alla legge che vietava l’arruolamento nelle milizie spagnole e per contrav-venzione al decreto di espulsione. Venutene a conoscenza le autorità italiane, fu iscrittonel “Bollettino delle ricerche”.

Nuovamente arrestato, nel settembre del 1939 fu inviato al campo di concentramentodi Le Vernet. Avendo inoltrato domanda di rimpatrio, il 2 luglio 1941 fu accompagnato daigendarmi francesi all’ufficio di Pubblica sicurezza di Menton. Dopo essere stato incarce-rato a Ventimiglia (Im), fu trasferito a Torino, dove, l’8 agosto, la Commissione provin-

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ciale per il confino lo condannò a cinque anni. Fu destinato a Ventotene (Lt) e successiva-mente trasferito al campo di concentramento di Renicci di Anghiari (Ar), da cui fu libera-to ai primi di settembre del 1943.

Morì il 6 settembre 1960 a Torino.

Prina Cerai, Ezzelino

Di Emilio e di Amabile Ottino, nato il 7 dicembre 1915 a Camandona.Emigrò in Francia in epoca imprecisata, stabilendosi a Montbélliard. Raggiunta la Spa-

gna in data non accertata, fu arruolato nella brigata “Garibaldi”. Ferito a Caspe, rientrò inFrancia verso la fine del 1938, diretto in una località dell’Est. Non si hanno altre notizie.

Quagliotti, Lorenzo

Di Giovanni e di Carolina Bricca, nato il 28 aprile 1895 a Livorno Ferraris, aggiustato-re meccanico.

Già residente a Torino, nel 1920 emigrò in Francia, stabilendosi a Grenoble, e succes-sivamente in Svizzera, a Briga. Nel 1927 rimpatriò e prese residenza a Ivrea (Ao, ora To)ma, dopo alcuni mesi, ritornò a Grenoble, dove, rimasto senza lavoro, fu costretto a eser-citare il mestiere di venditore ambulante. Nel 1934, per contravvenzione alle leggi sullavendita, dovette scontare cinque giorni di carcere e fu quindi colpito da decreto di espul-sione quale straniero pregiudicato, che fu però più volte prorogato in considerazione del-la sua numerosa famiglia.

Partito da Marsiglia il 25 maggio 1937 per arruolarsi a difesa della repubblica spagno-la, raggiunse la brigata “Garibaldi” nel mese di giugno. Segnalato dalla polizia politica allaDirezione generale della Pubblica sicurezza, fu schedato nel Casellario politico centrale.Risulta che il 24 novembre fosse ad Albacete. Sulla sua partecipazione alla guerra civilenon si hanno altre notizie.

Ritornato in Francia nel novembre 1938, fu arrestato perché contravventore al decretodi espulsione, che nel frattempo era diventato esecutivo, e condannato a sei mesi di carce-re. Scontata la pena si recò a Grenoble e fu nuovamente arrestato e condannato a un annodi reclusione. Scarcerato nell’agosto 1940, fu inviato nel campo di concentramento di Lo-riol-sur-Drôme. Il 12 dicembre fu consegnato alle autorità italiane di frontiera a Moda-ne52. Tradotto a Vercelli e interrogato da funzionari della Questura, dichiarò di non averpreso parte alla guerra civile spagnola come combattente ma semplicemente come opera-io, occupato in un’officina di riparazione di autocarri militari ad Albacete e, successiva-mente, in lavori stradali a Barcellona. Ciononostante fu deferito alla Commissione pro-vinciale per i provvedimenti di polizia e, il 15 gennaio 1941, condannato a tre anni di con-fino. Inviato a Tremiti, fu liberato il 21 agosto 1943.

Morì il 15 luglio 1953 a Torino.

Quagliotti, Rolando

Di Lorenzo53 e di Irma Perlino, nato il 9 novembre 1914 a Ivrea (Ao, ora To), da fami-glia originaria del Vercellese.

Emigrato in Francia con la famiglia, risiedeva a Grenoble. Partì per la Spagna, per ar-ruolarsi nella brigata “Garibaldi”, presumibilmente nell’aprile 1937. Mitragliere, fu pro-mosso sergente.

Cadde il 9 settembre 1938 sul fronte dell’Ebro, per lo scoppio di una granata nemica.

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Ravetto, Carlo

Di Giovanni e di Rosa Radice, nato il 9 novembre 1900 a Mezzana Mortigliengo, tes-sitore.

Aderì, giovanissimo, alla Federazione giovanile socialista e, successivamente, al Par-tito comunista, svolgendo intensa attività sindacale e partecipando alle lotte antifasciste.Nel 1921 emigrò in Argentina, stabilendosi a Buenos Aires, dove continuò l’attività poli-tica, diventando un dirigente del Partito comunista argentino e del sindacato dei tessili.Operò inoltre attivamente nell’Alleanza antifascista, di cui fu membro del comitato ese-cutivo nazionale, e nel Soccorso rosso. Fu schedato nel Casellario politico centrale e iscrit-to nella “Rubrica di frontiera” e nel “Bollettino delle ricerche”.

Licenziato per motivi politici e arrestato più volte, nell’aprile del 1931 fu anche espulsoe dovette trasferirsi in Uruguay. Rientrato nel febbraio dell’anno seguente, dopo esserestato ancora arrestato e nuovamente espulso, nel settembre del 1933 partì alla volta di Bar-cellona. In Spagna assolse incarichi come dirigente del Partito comunista spagnolo.

Scoppiata la rivolta fascista, partecipò all’organizzazione delle unità militari dell’eser-cito popolare. In seguito fu impegnato nel servizio d’informazione e di propaganda radio-fonica. Uscì dalla Spagna nel febbraio del 1939 e, dopo essere stato internato a Saint-Cy-prien e arruolato in una compagnia di lavoro, si stabilì nella zona di Bordeaux, dove parte-cipò alla Resistenza.

Rientrato in Italia alla fine della guerra, riprese l’attività politica: fu segretario dellaCamera del lavoro di Biella fino al 1955, consigliere comunale e tra i dirigenti della Fe-derazione comunista di Biella.

Morì il 4 dicembre 1989 a Mezzana Mortigliengo.

Roasio, Antonio

Di Giuseppe e di Maria Lesca, nato il 6 novembre 1902 a Vercelli.Trasferitosi a Biella con la famiglia, a dodici anni cominciò a lavorare come attaccafi-

li. Iscrittosi al sindacato, fu tra i fondatori del circolo giovanile socialista. Nel 1921 aderìal Partito comunista, partecipando attivamente alla resistenza contro le squadracce fasci-ste. In seguito a uno di questi scontri, nel 1922 fu condannato a un breve periodo di deten-zione. Scarcerato, riprese l’attività politica, ricoprendo cariche direttive nella Federazio-ne giovanile comunista, di cui, nel gennaio del 1926, contribuì a organizzare il congressonazionale a Mezzana Mortigliengo. Nel mese di febbraio di quello stesso anno, in seguitoall’uccisione dell’industriale Giovanni Rivetti, che l’aveva licenziato per motivi politici,dovette espatriare in Francia, da dove raggiunse l’Unione Sovietica. Colpito da mandato dicattura, fu iscritto nel “Bollettino delle ricerche” e nella “Rubrica di frontiera”.

A Mosca frequentò la scuola leninista e lavorò come operaio. Nel 1934 fu chiamato alComintern, dove prestò la propria attività nell’Ufficio quadri.

Nell’ottobre del 1936 raggiunse la Spagna, contribuendo alla costituzione del batta-glione “Garibaldi”, di cui fu il primo commissario politico. Partecipò a vari combattimen-ti, a partire dall’attacco al Cerro de los Angeles fino a quello di Pozuelo de Alarcón, nelcorso del quale fu ferito. Richiamato ad Albacete, al comando delle brigate internazionali,fu incaricato di organizzare l’ufficio matricola per gli italiani.

Nell’aprile del 1937, ritornò al battaglione, assumendo in seguito incarichi nello statomaggiore della brigata “Garibaldi” ma, non essendosi ancora ristabilito perfettamente,dovette nuovamente essere ricoverato in ospedale. Nel mese di ottobre fu richiamato a

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Mosca, per lavorare nuovamente al Comintern. Nell’agosto del 1938, inviato a Parigi, entròa far parte del “centro di riorganizzazione” del Partito comunista, come responsabile del-l’Ufficio quadri e poi (nel 1940) dell’Ufficio estero. Nel gennaio del 1943 rientrò in Ita-lia per dirigere l’organizzazione clandestina del partito in Emilia, nel Veneto e in Toscana.

Durante la Resistenza fece parte del Comando generale delle brigate “Garibaldi” comeispettore e successivamente come dirigente del Triumvirato insurrezionale della Toscana.Dopo la liberazione di Firenze fu chiamato da Togliatti a Roma, dove diresse la sezione diorganizzazione del Pci.

Nel dopoguerra fu dirigente politico in Emilia-Romagna e in Piemonte; deputato e poisenatore fino al 1968, membro del comitato centrale e della direzione del Pci fino al 1962;presidente dell’Associazione italiana combattenti volontari antifascisti di Spagna.

Morì il 2 gennaio 1986 a Roma.

Rossetti, Adriano

Di Giovanni e di Maddalena Porta Variolo, nato il 31 ottobre 1894 a Mongrando, mu-ratore.

Già emigrato in Francia con la famiglia nel 1909 e rimpatriato nel 1914, tornò nel paesed’oltralpe nel 1921, stabilendosi ad Aulnay-sous-Bois. Espulso nel dicembre 1924 permotivi politici, tornò al paese natale dove, alla fine del gennaio del 1927 fu coinvolto nel-le indagini contro un gruppo comunista clandestino54: deferito al Tribunale speciale per ladifesa dello Stato, il 12 novembre fu assolto per insufficienza di prove.

Il 15 ottobre 1930 emigrò nuovamente in Francia, prima a Mulhouse, per un breve perio-do, e successivamente a Villeparisis, dove svolse intensa attività antifascista. Fu iscrittonella “Rubrica di frontiera”.

Raggiunta la Spagna nel mese di ottobre del 1936, fu arruolato nella 2a compagnia delbattaglione “Garibaldi”, della quale fu nominato commissario politico. Combatté a Boa-dilla del Monte, Mirabueno, Majadahonda, Arganda e Guadalajara, dove, il 14 marzo 1937,rimase gravemente ferito al ventre e fu decorato sul campo. Ai primi di maggio fu trasfe-rito in un ospedale di Parigi per continuare le cure. Segnalato alla Direzione generale del-la Pubblica sicurezza come “ex miliziano rosso”, nel luglio del 1938 fu iscritto anche nel“Bollettino delle ricerche” per l’arresto.

Dopo essersi trasferito a Montreuil, nel maggio del 1943 decise di rimpatriare: arre-stato a Bardonecchia (To), fu tradotto a Vercelli dove, il 9 luglio, fu condannato a tre annidi confino. Il 26 luglio ne fu iniziata la traduzione a Subbiano (Ar) ma, in seguito alla cadu-ta del fascismo, fu fermato a Milano e trattenuto in carcere. Liberato nella seconda metàdi ottobre, fu tra gli organizzatori della 2a brigata “Garibaldi”, di cui fu il primo commis-sario politico. Il 2 marzo 1944 fu arrestato da agenti della Questura di Novara ma, non es-sendo emerso nulla a suo carico, fu rilasciato. Trasferito in Valle d’Aosta, divenne il com-missario politico della VII divisione “Garibaldi”.

Nel dopoguerra continuò a impegnarsi nell’organizzazione comunista in Valle d’Aostae nel Biellese; fu anche assessore comunale a Mongrando e dirigente dell’Anpi biellese.

Morì il 9 giugno 1962 a Mongrando.

Rossetti, Bruno

Di Giovanni e di Maddalena Porta Variolo, nato il 2 novembre 1913 a Grenoble da fa-miglia originaria di Mongrando (che rimpatriò nel 1914), muratore.

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Nel 1931 raggiunse il fratello Adriano55 in Francia. Stabilitosi a Villeparisis, al compi-mento della maggiore età acquisì la cittadinanza francese. Militò nella Confedérationgénéral du travail unitaire e fu segretario della gioventù comunista.

Nell’aprile del 1937 partì per la Spagna. Dopo aver frequentato la scuola militare, nelmese di novembre raggiunse la brigata “Garibaldi”, in cui fu inquadrato nel 2o battaglione,con il grado di sergente. Combatté in Aragona, in Estremadura e sul fronte dell’Ebro.

Alla fine del 1938 ritornò in Francia perché richiamato alle armi. Durante la secondaguerra mondiale fu fatto prigioniero dai tedeschi. Nel dopoguerra ritornò a Villeparisis.

Secchia, Matteo

Di Giovanni e di Maria Negro, nato il 21 febbraio 1906 a Occhieppo Superiore, tessi-tore, comunista.

Fratello del noto dirigente comunista Pietro Secchia, sospettato di svolgere attivitàclandestina, sfuggito fortunosamente all’arresto, il 10 ottobre 1929 emigrò clandestina-mente in Francia, stabilendosi a Villeurbanne, dove svolse attività politica negli ambientidell’emigrazione italiana. Fu schedato nel Casellario politico centrale56 e iscritto nella“Rubrica di frontiera” e nel “Bollettino delle ricerche”. Nel 1932 si recò in Unione So-vietica, dove frequentò il corso “fondamentale” alla scuola leninista e svolse lavoro poli-tico tra i marinai italiani nei porti sul mar Nero. Risiedette poi a Mosca, incaricato dellavoro sindacale al Komintern.

Nel novembre del 1936 raggiunse la Spagna, entrando nello stato maggiore del V reg-gimento delle milizie popolari. In seguito fece parte del comando del V corpo dell’eser-cito repubblicano, con il grado di capitano. Quando, nel febbraio del 1939, le brigate in-ternazionali lasciarono la Spagna, raggiunse nuovamente l’Unione Sovietica, dove, duran-te la seconda guerra mondiale, combatté contro i tedeschi, partecipando, tra l’altro, alladifesa di Mosca, nell’inverno del 1941. Fu insignito di una decorazione sovietica al valormilitare. Rientrato in Italia nel 1946, fece parte dell’apparato centrale del Pci.

Morì il 13 giugno 1979 a Roma.

Sella, Olinto

Di Probo e di Rosa Delpiano, nato il 21 gennaio 1909 a Zumaglia, meccanico, comu-nista.

Nel marzo del 1934, essendo disoccupato, emigrò in Francia, stabilendosi ad Aix-les-Bains. Nel dicembre del 1936 partì per la Spagna: segnalato alla Direzione generale dellaPubblica sicurezza, fu schedato nel Casellario politico centrale e iscritto nella “Rubricadi frontiera”. Arruolato come autista nella 14a brigata, fu destinato al fronte di Madrid. Inseguito fu trasferito alla 13a brigata “Dombrowsky”, dove rimase fino al febbraio del 1939.

In Francia fu internato nei campi di concentramento di Argelès-sur-Mer, Gurs e LeVernet. Richiesto il rimpatrio, il 10 novembre 1941 fu arrestato a Menton. Denunciatoalla Commissione provinciale per i provvedimenti di polizia, il 20 marzo 1942 fu condan-nato a cinque anni di confino. Inviato a Ventotene (Lt), fu liberato nell’agosto del 1943.Tornò ad Andorno Micca, dove morì il 26 agosto 1997.

Siletti, Carlo

Di Valentino e di Virginia Simonetti, nato il 16 dicembre 1902 a Mongrando, operaio,comunista.

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Nel 1921 emigrò in Francia, da cui rimpatriò nel 1926 per contrarre matrimonio. Ri-tornatovi per sfuggire alle persecuzioni fasciste, ne fu espulso per il suo impegno politi-co, rimanendovi tuttavia illegalmente fino all’ottobre 1936, quando si recò in Spagna, perarruolarsi nelle brigate internazionali. Inquadrato nel costituendo battaglione “Garibaldi”,combatté a Casa de Campo, Boadilla del Monte, Mirabueno, Majadahonda, Arganda e Gua-dalajara. In seguito appartenne al 1o battaglione della brigata “Garibaldi” e combatté in va-rie altre località, fino alle battaglie sul fronte dell’Ebro.

Tornato in Francia nel febbraio del 1939, fu internato a Saint-Cyprien, Gurs e Le Ver-net. Nel 1943 chiese di essere rimpatriato e il 17 febbraio fu arrestato alla frontiera. Tra-dotto a Vercelli, l’8 maggio la Commissione provinciale per i provvedimenti di polizia,non tenendo conto della dichiarazione medica di inidoneità a sopportare il regime confi-nario (era infatti affetto da tubercolosi), ritenendolo pericoloso, lo condannò a cinque anni.Inviato a Ventotene (Lt), fu liberato il 21 agosto.

Partecipò alla Resistenza nella 75a brigata “Garibaldi”. Nel dopoguerra collaborò conla Federazione comunista di Biella.

Morì il 20 maggio 1963 a Biella.

Tamagno, Giuseppe

Di Giovanni e di Caterina Occhio Policarpo, nato il 5 dicembre 1892 a Magnano, mu-ratore.

Militante socialista, dopo essersi trasferito nel 1921 a Zubiena, in epoca imprecisataemigrò in Francia per motivi di lavoro. Nel maggio 1932 fu segnalato alla polizia italianacome attivo comunista a Gardanne: fu pertanto schedato nel Casellario politico centrale eiscritto nella “Rubrica di frontiera”.

Nell’ottobre 1936 partì per la Spagna: arruolatosi nel costituendo battaglione “Gari-baldi”, combatté al Cerro de los Angeles, a Casa de Campo, Pozuelo de Alarcón, Boadilladel Monte, Majadahonda e ad Arganda, dove morì il 13 febbraio 1937, colpito da un pro-iettile di artiglieria.

Tondella, Carlo

Di Battista e di Agostina Chirio, nato il 30 marzo 1906 a Viverone, esercitò vari me-stieri, tra cui il minatore, comunista.

Nel maggio 1934 emigrò clandestinamente in cerca di lavoro, dapprima in Francia esuccessivamente in Spagna, Algeria e America del Sud. Rimpatriato, fu condannato a quat-tro mesi di carcere.

Il 14 maggio 1936 fu fermato a Ventimiglia (Im) mentre, con un compagno, tentava nuo-vamente di espatriare clandestinamente. Dopo aver scontato tre mesi di carcere, riuscì, inepoca imprecisata, a espatriare in Francia.

Nell’agosto del 1937 si recò in Spagna, per arruolarsi nelle brigate internazionali: in-quadrato nella 2a compagnia del 2o battaglione della “Garibaldi”, combatté, con il grado dicaporale, a Farlete, Fuentes de Ebro, a Caspe e sul fronte dell’Ebro57.

Rientrato in Francia nel febbraio del 1939, riuscì a restare in libertà fino allo scoppiodella guerra mondiale, quando fu arrestato e internato. Rimpatriato nell’aprile del 1942dalla Commissione d’armistizio, riuscì a evitare la condanna al confino58. Dopo la cadutadel fascismo riprese l’attività politica ma, il 5 dicembre 1943, fu arrestato e internato nelcampo di Scipione di Salsomaggiore (Pr), da dove fu prelevato il 13 giugno 1944 per es-

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sere deportato a Dachau. Rientrato in Italia nel maggio del 1945, fece ritorno al paesed’origine.

Morì il 26 dicembre 1989 a Biella.

Varnero, Benedetto

Di Enrico e di Carolina Uberti Bona, nato il 20 settembre 1905 a Ronco Biellese.Emigrato in epoca imprecisata, giunse in Spagna nell’aprile del 1937, proveniente dal-

l’Algeria. Appartenne al 3o battaglione della brigata “Garibaldi”. Non si sa a quali combat-timenti abbia partecipato, ma pare che nel gennaio 1939 sia stato al fronte, con uno deireparti che, seppure nella fase di smobilitazione, decisero di riprendere le armi. In Franciafu internato a Gurs e a Le Vernet.

Risulta deportato a Buchenwald, ma non si hanno altre notizie al riguardo.

Venezia, Eraldo

Di Alessandro e di Camilla Dellarolle, nato il 27 dicembre 1903 a Bianzè.Bracciante, militante della gioventù comunista, nel 1922, dopo diversi scontri con fa-

scisti, si trasferì a Biella, dove esercitò vari mestieri. Emigrato in Francia nel 1927, si sta-bilì a Boulogne-Billancourt. Rimpatriato nel 1931 per svolgere attività illegale per contodel Partito comunista, prese domicilio a Cavaglià e svolse la professione di merciaio am-bulante. Fu tra gli organizzatori dello sciopero delle mondine del mese di giugno di quel-l’anno.

Sospettato e vigilato, soprattutto dopo una diffusione di manifestini nel mese di no-vembre, il 21 aprile 1932 fu arrestato e denunciato al Tribunale speciale per la difesa del-lo Stato, con altri appartenenti a un gruppo clandestino, con l’accusa di ricostituzione deldisciolto Partito comunista e, il 22 settembre, fu condannato a cinque anni di reclusione(di cui tre condonati). Scarcerato nell’aprile del 1934, ritornò al paese d’origine, occu-pandosi come contadino.

Il 4 luglio 1937 espatriò clandestinamente in Francia, con Gaspare Fracasso59, per ar-ruolarsi nelle brigate internazionali: fu pertanto denunciato e iscritto nella “Rubrica di fron-tiera” e nel “Bollettino delle ricerche”.

Inquadrato nella 1a compagnia del 1o battaglione della brigata “Garibaldi”, combatté aFarlete, Belchite, Fuentes de Ebro e a Campillo, dove cadde il 16 febbraio 1938, nel ten-tativo di liberare un ufficiale catturato dai fascisti60.

Viana, Luigi

Di Emilio e di Ernesta Scanzio, nato il 10 febbraio 1896 a Candelo, muratore.Fu tra i fondatori del Partito comunista nel Biellese, di cui divenne, nel 1924, il primo

segretario di Federazione. Già condannato nel 1922 a sette mesi e mezzo di carcere per“eccitamento alla disubbidienza alla legge”, nuovamente arrestato il 5 ottobre 1925 e de-nunciato con l’accusa di aver organizzato cellule comuniste, fu condannato a un anno.

Il 29 novembre 1926, poco dopo la scarcerazione, essendo ritenuto un pericoloso pro-pagandista, gli furono inflitti cinque anni di confino, ridotti a tre in appello, scontati a Lam-pedusa (Ag) e a Ustica (Pa).

Nel marzo 1931 emigrò clandestinamente in Francia: fu pertanto iscritto nel “Bollet-tino delle ricerche” quale “comunista pericoloso da fermare”61. Si stabilì a Parigi, dovefrequentò ambienti antifascisti, mantenendo contatti con altri fuorusciti italiani. Nell’aprile

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del 1931, al IV Congresso del Partito comunista, svoltosi nei pressi di Colonia, fu elettonel Comitato centrale.

Dopo aver portato a termine varie missioni clandestine in Italia, nell’agosto del 1936fu tra i primi a partire per la Spagna: arruolatosi nella “Colonna italiana”, combatté a mon-te Pelato, Huesca, Tardienta e Almudévar. Nel febbraio del 1937 passò al Gruppo di arti-glieria internazionale, con il grado di tenente, combattendo in Aragona, Estremadura e nelLevante.

Ritornato in Francia nel febbraio del 1939, fu internato nei campi di Saint-Cyprien, Gurse Le Vernet. Rimpatriato il 20 settembre 1941, fu arrestato dalla polizia alla frontiera diMenton e tradotto a Vercelli. Deferito alla Commissione provinciale per i provvedimentidi polizia, il 6 novembre fu condannato a cinque anni di confino. Inviato a Ventotene (Lt),fu liberato nell’agosto del 1943. Durante la Resistenza ricoprì dapprima l’incarico di in-tendente della 2a brigata “Garibaldi” e in seguito fece parte del Cln di Aosta.

Dopo la Liberazione fu per alcuni mesi segretario della Federazione comunista di Ao-sta, poi ritornò nel Biellese, dove continuò a svolgere attività politica.

Morì il 23 febbraio 1950 a Candelo.

Zanada, Carlo

Di Giuseppe e di Rosa Bongianini, nato il 27 maggio 1895 a Palestro (Pv), residente aChiavazza (Biella) dal 1919, attaccafili poi manovale.

Emigrato in Francia nel 1924, quattro anni più tardi fu schedato nel Casellario politicocentrale come socialista e iscritto nella “Rubrica di frontiera”. Nel settembre del 1931,espulso per motivi politici, riparò in Belgio, dove, nell’ottobre dell’anno seguente, fu ar-restato per contravvenzione a un foglio di via e accompagnato alla frontiera con il Lus-semburgo. Rientrò in Francia e poi ancora nel Belgio, da cui fu nuovamente espulso nelluglio 1936. Dopo una nuova breve permanenza in Francia, nel mese di ottobre si recò inSpagna.

Arruolatosi nelle brigate internazionali, nel mese di novembre fu inquadrato nel batta-glione “Garibaldi” (e successivamente, nella primavera del 1938, nella 4a compagnia dellabrigata omonima). Partecipò alla battaglia di Casa de Campo e ad altri combattimenti, finoall’Ebro. Smobilitato, nel febbraio 1939 riparò in Francia, dove fu internato nei campi diconcentramento di Saint-Cyprien, Gurs e Le Vernet. Rimpatriato, il 30 agosto 1941 fu ar-restato dalla polizia a Menton e tradotto a Vercelli. Deferito alla Commissione provincia-le per i provvedimenti di polizia, il 6 novembre fu condannato a cinque anni di confino.Inviato a Ventotene (Lt), fu liberato il 22 agosto 1943.

Partecipò alla Resistenza inquadrato nella brigata Sap biellese “Graziola”. Dopo la Li-berazione continuò l’attività politica, come dirigente di sezione del Pci.

Morì il 20 novembre 1959 a Biella.

Zanotti, Arialdo

Di Celestino e di Emilia Vineis, nato il 6 maggio 1900 a Mongrando, panettiere poimanovale, comunista. Cognato di Adriano Rossetti62.

Nel novembre del 1931 emigrò in Francia per motivi di lavoro, stabilendosi a Villepa-risis. L’anno seguente fu schedato nel Casellario politico centrale come socialista. Nelgiugno del 1935, essendosi reso irreperibile, fu iscritto nella “Rubrica di frontiera”. Pocodopo fu rintracciato a Villejuif.

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Partito per la Spagna nell’ottobre del 1936, fu arruolato nella 1a compagnia del costi-tuendo battaglione “Garibaldi”. Segnalato alla Direzione generale della Pubblica sicurez-za come “miliziano rosso”, fu iscritto nel “Bollettino delle ricerche”.

Prese parte a numerosi combattimenti (Cerro de los Angeles, Casa de Campo, Pozue-lo de Alarcón, Boadilla del Monte e Mirabueno) finché, nel gennaio del 1937, contrattauna pleurite, fu ricoverato in ospedale. Rientrato nella formazione nel mese di marzo, pocodopo fu promosso sergente. Dopo la costituzione della brigata “Garibaldi”, partecipò aicombattimenti di Huesca, Brunete, Farlete, Belchite, Fuentes de Ebro (dove fu promossotenente) e a Campillo, dove, il 16 febbraio 1938, rimase ferito al braccio sinistro. Subital’amputazione, nell’agosto del 1938, rientrò in Francia, dove fu ricoverato in ospedale pertubercolosi. Il 4 settembre 1939 fu arrestato e incarcerato per quattro mesi.

Morì il 27 febbraio 1943 a Parigi.

Zanotto, Riccardo

Di Celestino e di Maria Maffeo, nato l’8 gennaio 1904 a Salussola, residente a Biella,operaio.

Attivo militante comunista nel Biellese, divenuto funzionario comunista nelle Vene-zie, nel mese di dicembre del 1927 fu arrestato a Trieste: denunciato al Tribunale specialeper la difesa dello Stato, il 6 febbraio 1929 fu condannato a due anni e sei mesi di reclu-sione e a tre anni di vigilanza speciale.

Avendo usufruito di condono, fu dimesso dalle carceri di Ancona il 25 febbraio 1930.Verso la fine del mese di maggio espatriò clandestinamente in Francia, raggiungendo suc-cessivamente l’Unione Sovietica, per frequentare la scuola leninista. Fu iscritto nella “Ru-brica di frontiera” per il fermo.

Ritornato in Francia nel 1933, in seguito a dissidi, dopo qualche tempo uscì dal parti-to. In seguito pare abbia frequentato ambienti trozkisti63.

Nell’estate del 1936 si recò in Spagna, dove sembra sia stato tra i promotori della “Co-lonna italiana”. In seguito avrebbe fatto parte di una formazione anarchica, raggiungendo ilgrado di maggiore64. Combatté a Huesca e Teruel.

Ritornato in Francia nel febbraio del 1939, fu internato ad Argelès-sur-Mer, Saint-Cy-prien, Gurs e Le Vernet. Nel 1940 si arruolò nelle compagnie di lavoro. Rimpatriato dalConsolato di Bruxelles65, il 23 giugno fu fermato al valico del Brennero e fatto tradurre aVercelli dove, il 9 agosto, fu condannato a cinque anni di confino. Inviato a Ventotene (Lt),nell’aprile del 1942 fu ricoverato, per tubercolosi, dapprima in un ospedale napoletano esuccessivamente a Novara. Tradotto nuovamente a Ventotene (Lt), fu liberato alla fine delmese di agosto del 1943.

Ritornato nel Biellese, risulta che durante la guerra di liberazione sia stato processatocon l’accusa (probabilmente non vera) di spionaggio a favore dei nazifascisti e fucilato il30 agosto 1944.

Zucchetti, Giovanni

Di Alessandro e di Maria Vercellino, nato il 6 luglio 1895 a Vercelli, socialista.Emigrato clandestinamente in Francia nel 1923, fu iscritto nel “Bollettino delle ricer-

che”. Partecipò alla guerra civile spagnola combattendo nelle brigate internazionali, manon si hanno altre informazioni al suo riguardo.

Morì il 27 novembre 1974 in Francia.

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Appendice: antifascisti di cui si hanno dati insufficienti

Archetti, Antonio

Di Eugenio e di Francesca Schiapparelli, nato il 15 gennaio 1909 a Occhieppo Inferio-re, vetraio.

Emigrato in Svizzera nell’aprile del 1930, nel mese di dicembre fu arrestato ad Anne-cy, in Savoia, accusato di “violenza per scopi politici”, e condannato a quindici giorni direclusione. Segnalato al Ministero dell’Interno fu schedato nel Casellario politico cen-trale e iscritto nella “Rubrica di frontiera”. In seguito prese domicilio ad Annemasse. Rien-trato in Italia alla fine del 1931, il 3 marzo 1932 fu fermato perché sospettato di aver dif-fuso manifestini antifascisti, ma fu rilasciato per mancanza di prove. Poco dopo ritornò inFrancia, a Thonon-les-Bains. Resosi in seguito irreperibile, nel maggio 1938 risultò ri-siedere a Marsiglia.

Il 14 giugno 1939 il comando delle truppe fasciste in Spagna segnalò che aveva mili-tato nelle brigate internazionali.

Non si hanno altre notizie.

Rossetti, Ernesto

Di Francesco e di Delfina Enrico, nato il 17 maggio 1904 a Magnano, già residente aTorino.

Emigrato in Francia nel 1923 (pare risiedesse a Bondy) e iscritto nella “Rubrica di fron-tiera” per l’arresto. Nel gennaio 1937 fu segnalato per essere partito da Nizza per la Spa-gna e in seguito come arruolato. Non si hanno elementi per provare l’attendibilità dellesegnalazioni.

Morì il 21 febbraio 1982 a Biella.

Santagostino, Attilio

Di Francesco e di Angela Cantone, nato il 12 luglio 1901 a Serravalle Sesia, emigratoa Mathi (To) nel 1914, operaio cartaio.

Nel gennaio 1916 si rese irreperibile. Nel dicembre 1923 fu colpito da mandato dicattura per renitenza alla leva.

Nel gennaio 1937 fu segnalato alla polizia politica che svolgeva “notevole attività an-tifascista” in Alta Savoia e che si era arruolato “nelle milizie rosse spagnole”. Fu schedatonel Casellario politico centrale e iscritto nella “Rubrica di frontiera”. Non si hanno ele-menti per provare l’attendibilità della segnalazione.

Morì il 16 maggio 1973 a Lione.

Zanone, Vittorio

Di Lorenzo e di Angela Sodano, nato il 27 marzo 1899 a Gattinara, calzolaio.Attivo militante socialista, schedato nel Casellario politico centrale nel 1917 per an-

timilitarismo. Emigrato in data imprecisata, nel giugno 1928 fu segnalato a Grenoble evenne iscritto nella “Rubrica di frontiera”. L’anno seguente fu segnalato a La Tronche, dovesvolgeva “attività sovversiva”, particolarmente nella Lega italiana per i diritti dell’uomo66,anche come conferenziere. Nel 1931 fu iscritto nel “Bollettino delle ricerche” comecomunista pericoloso da arrestare. Nel 1933 fu nominato presidente della Lidu di Greno-ble. Risulta si fosse naturalizzato francese. Nell’agosto 1936 fu segnalato come “attivis-

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simo aderente al movimento di Giustizia e Libertà”. Nell’aprile del 1937 fu segnalato come“arruolato nelle milizie rosse in Spagna” in un reparto della Croce Rossa, ma non si hannoaltri elementi al riguardo.

Morì il 17 ottobre 1970 a La Tronche.

Zuppa, Pio

Di Pietro e di Panacea Milanaccio, nato il 28 giugno 1880 a Borgosesia, operaio.Fervente socialista, nei primi anni del secolo fu tra i dirigenti del movimento operaio

locale. Licenziato per rappresaglia, emigrò, dapprima in America e successivamente inFrancia, stabilendosi ad Aix-les-Bains e occupandosi come operaio in una fabbrica di mat-tonelle. Nel 1928 fu iscritto nella “Rubrica di frontiera” per il fermo. Cinque anni più tar-di fu segnalato come frequentante ambienti comunisti.

Nel 1935 si rese irreperibile: tre anni dopo un informatore segnalò alla polizia politi-ca che, secondo voci raccolte negli ambienti antifascisti, si era arruolato nelle brigate in-ternazionali. Fu pertanto iscritto nel “Bollettino delle ricerche” per l’arresto.

Nel giugno del 1941 risultava risiedere a Chambéry.Morì il 24 gennaio 1965 ad Aix-les-Bains.

1 Depositati all’Istituto Gramsci di Roma, nell’archivio del Partito comunista italiano, serie “I co-munisti italiani nella guerra di Spagna”.

2 Pubblicato nel 1962 nella “Rivista storica del socialismo” (n. 15-16, pp. 225-261) e in appen-dice a GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia, Roma, Editori Riuniti.

3 Neppure gli schedari dell’Aicvas sono completi, e le schede, a una attenta verifica, rivelano tal-volta imprecisioni. Il fatto che esse riportino informazioni (non sempre provate) tratte da altre fonti,rischia di avallare anche errori.

È da rilevare che anche documentazione ufficiale o che, in qualche misura, ha carattere di ufficia-lità, come alcuni elenchi dell’epoca conservati nella citata serie “I comunisti italiani nella guerra diSpagna” o quelli, pure citati, di D’Onofrio, presentano non poche imprecisioni.

4 ANELLO POMA (a cura di), Antifascisti piemontesi e valdostani nella guerra di Spagna, Torino,Centro studi Piero Gobetti - Sezione piemontese Aicvas, 1975.

5 L’opera di Poma è sicuramente preziosa, ma occorre rilevare che presenta alcune inesattezze(soprattutto per quanto riguarda nomi e dati anagrafici, parte delle quali è stato possibile correggerericorrendo alle anagrafi comunali). In essa compare inoltre, citato come originario della Valsesia, An-drea Guggia, che non risulta esserlo; inoltre Giovanni Gannio è erroneamente biografato anche comeGiovanni Cagno.

6 Anche i Quaderni dell’Aicvas non sono esenti da lacune ed errori. Riteniamo utile (soprattuttoper evitare che anche in futuro, sulla base di questa fonte, l’errore si ripeta) precisare che AladinoQuiriconi non è originario del Vercellese.

7 Di altri cinque non si hanno dati sufficienti per provare la loro partecipazione. Le loro biografiesono pubblicate in appendice.

8 Per quanto riguarda l’esame della documentazione dell’Archivio centrale dello Stato si rinvia allepp. 65-66; per quella dell’Istituto Gramsci (la citata serie “I comunisti italiani nella guerra di Spagna”)occorre tenere conto - oltre a quanto detto nella seconda parte della nota n. 3 - che in essa sonocompresi anche vari elenchi di internati nel “quartiere c” del campo di Le Vernet, che ospitava gli exvolontari delle brigate internazionali, ma in cui, come è noto, furono rinchiusi anche antifascisti che nonprovenivano da quell’esperienza: ciò costringe, ovviamente, a una particolare cautela e al necessarioriscontro con altre fonti.

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9 Per lo stesso motivo non sono state indicate nel testo le province di appartenenza delle localitàspagnole e i dipartimenti delle località francesi, per i quali si rinvia all’indice delle località.

10 In questa elaborazione non sono stati presi in considerazione i cinque antifascisti di cui non visono dati sufficienti a confermare l’arruolamento nelle brigate internazionali, le cui biografie sono pub-blicate in appendice.

11 Vercellese: Vercelli tre, Trino due, uno ciascuno nei seguenti comuni: Asigliano Vercellese (piùun oriundo), Balocco, Bianzè, Gattinara, Livorno Ferraris (più un oriundo), Santhià, Tronzano Ver-cellese. Biellese: Mongrando cinque (più tre oriundi), Biella quattro, uno ciascuno nei seguenti comu-ni: Camandona, Candelo, Cavaglià (oriundo), Cossato, Cossila (ora frazione di Biella), Curino, Dor-zano, Gaglianico, Magnano, Mezzana Mortigliengo, Occhieppo Inferiore, Occhieppo Superiore, Pol-lone, Ronco Biellese, Rosazza, Sagliano Micca, Salussola, Verrone, Viverone, Zubiena, Zumaglia.Valsesia: uno in ciascuno dei seguenti comuni: Boccioleto, Borgosesia, Quarona (oriundo), Varallo.

12 Inoltre un vercellese e un valsesiano emigrarono nel Biellese: consideriamo quindi biellesi tren-totto volontari, vercellesi tredici e valsesiani tre.

13 Premesso che non sempre è possibile stabilire con certezza se alcune attività erano svolte alledipendenze o in proprio, consideriamo operai trentaquattro volontari (di cui tredici risultano del set-tore edile, otto di quello metalmeccanico, sei di quello tessile). Tre volontari erano addetti all’agricol-tura, due ad attività artigianali (ma anche per questi potrebbe essere valida la considerazione prece-dente), sette ad altre attività. Di otto non è nota la professione. Dei dirigenti politici è stata consideratala professione originaria.

14 Nei casi di mancanza di altri dati si è fatto riferimento alle classificazione nel Casellario politicocentrale, non scevre da errori. A tal proposito si veda, ad esempio, la nota 46 relativa a GiuseppeMezzano.

15 Uno di questi (Mario Cantarelli) era probabilmente anarchico, ma non è stato possibile accer-tarlo.

16 In totale (considerando la “mobilità”) sono noti trentasei casi di emigrazione in Francia, otto inSvizzera, cinque in Unione Sovietica, quattro in Spagna, altrettanti nell’America del Sud, tre negli StatiUniti, altrettanti nel Lussemburgo, due in Belgio, uno in Gran Bretagna, nel Principato di Monaco enel Liechtenstein. Di quattro non è noto il paese di emigrazione.

È considerato come emigrato anche un volontario nato in Francia (il citato Cantarelli) la cui fami-glia, dopo la sua nascita, presumibilmente rimpatriò temporaneamente a Quarona, nei cui registri ana-grafici fu registrato. Anche tutti gli altri oriundi nati in Francia (quattro) vi ritornarono dopo rimpatritemporanei.

17 Erano stati condannati dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato: Francesco Leone, EraldoVenezia e Riccardo Zanotto; deferiti ma assolti Gaspare Fracasso, Giuseppe Mosca, Adriano Ros-setti; il confinato era Luigi Viana.

Sono inoltre noti vari casi di arresti e di condanne sia in Italia che all’estero e alcuni casi di espul-sione da paesi di emigrazione. Inoltre undici volontari risultano iscritti nella “Rubrica di frontiera” e nel“Bollettino delle ricerche”, dodici solo nella “Rubrica” e tre solo nel “Bollettino”.

Durante la guerra civile spagnola, o in seguito ma a causa della partecipazione a essa, nove volon-tari furono schedati nel Casellario politico centrale; risultano inoltre sette casi di iscrizione nella “Ru-brica di frontiera” e nel “Bollettino delle ricerche”, dodici solo nel “Bollettino” e tre solo nella “Rubri-ca”.

18 Giovanni Pio Borsano, Gaspare Fracasso, Anello Poma ed Eraldo Venezia.19 Uno di questi, Plinio Lario, risulta arruolato il 28 luglio 1936: non è pertanto da escludere che si

trovasse già in Spagna al momento dello scoppio della guerra civile.20 Il più giovane era Ezzelino Prina Cerai, il più anziano Pietro Cerruti. Di un volontario (De Mar-

gherita) non è noto l’anno di nascita. Per i tre volontari di cui non è noto l’anno di arruolamento si èfatto riferimento al 1937.

21 Tenendo conto dei trasferimenti dalle varie formazioni, si ha complessivamente la seguente si-tuazione: diciannove volontari furono inquadrati nel battaglione e altri diciotto nella brigata, uno in unaformazione anarchica, undici in vari altri reparti, mentre di cinque non è nota la formazione di appar-tenenza. Inoltre cinque volontari appartennero alla “Colonna italiana” e uno alla centuria “Gastone Sozzi”fino al loro scioglimento.

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22 Altri ufficiali: un commissario politico di battaglione, un commissario politico di compagnia, cin-que tenenti, un ufficiale tecnico di aviazione. Risultano inoltre due sottufficiali (sergenti) e un graduato(caporale).

23 Si tratta di Giovanni Barberis, Mario Cantarelli, Giovanni Gannio, Alfonso Mellina Sartore, Al-fredo Minazio, Rolando Quagliotti, Giuseppe Tamagno, Eraldo Venezia.

24 Si tratta di Arialdo Zanotti.25 Si tratta di Enrico Bonora.26 Diciotto ritornarono in Francia (in seguito sei saranno arrestati e internati, mentre uno emigrò in

Unione Sovietica), uno negli Stati Uniti, uno in Svizzera (dove fu internato), due in Unione Sovietica.27 L’ultimo volontario a lasciare la Spagna fu presumibilmente Plinio Lario, che restò a Madrid

fino al mese di marzo del 1939. Probabilmente anche Benedetto Varnero lasciò la Spagna dopo ilritiro delle brigate internazionali, ma non si hanno dati certi: pare solo che abbia combattuto con unodei reparti che ripresero le armi nel mese di gennaio e non risulta che sia stato internato ad Argelès-sur-Mer o a Saint-Cyprien, località dove furono raggruppati i volontari subito dopo il loro ingresso inFrancia.

28 Comprendendo anche i sei che erano ritornati in Francia prima del febbraio 1939.29 Si tratta di Giuseppe Bagnasacco, Ottavio Callegaro, Giovanni Calligaris, Giuseppe Mosca,

Antonio Mosca Carlottin, Anello Poma, Francesco Prevosto, Lorenzo Quagliotti, Olinto Sella, CarloSiletti, Luigi Viana, Carlo Zanada, Riccardo Zanotto (quest’ultimo era rimpatriato in precedenza).

30 Teresio Caron e Adriano Rossetti.31 Si tratta di Gaspare Fracasso.32 Si tratta di Francesco Leone.33 Si tratta di Severino Castoro.34 Si tratta di Carlo Tondella, nei cui confronti non esistevano prove (tuttavia durante l’occupazio-

ne tedesca fu internato e successivamente deportato in Germania).Tra quanti, invece, rientrati in Francia prima del febbraio del 1939, vi poterono risiedere legal-

mente, Annibale Caneparo rimpatriò nel maggio del 1940 e fu solo diffidato, per mancanza di proveconcrete sulla sua partecipazione alla guerra civile spagnola, mentre il dirigente comunista AntonioRoasio, che riuscì a rimpatriare clandestinamente nel gennaio 1943, non subì condanne. Stessa sortetoccò a Francesco Montarolo, ritornato in Italia nell’agosto 1943.

35 Durante l’occupazione tedesca un ex volontario (Giovanni Calligaris) fu deferito al Tribunalespeciale per la difesa dello Stato, uno (Severino Castoro) fu ammonito e uno (Adriano Rossetti) fuarrestato.

36 Si tratta di Matteo Secchia. Ad Angelo Irico, sempre in Urss, fu invece affidato un incarico dicarattere politico tra i prigionieri di guerra italiani.

37 Errico Malatesta, nato a Santa Maria Capua Vetere (Ce) il 14 dicembre 1853, fu uno dei mag-giori esponenti del movimento operaio italiano. Repubblicano e seguace di Garibaldi, ruppe con il maz-zinianesimo in seguito alla forte impressione ricavata dalla Comune di Parigi e si avvicinò all’Interna-zionale, aderendo ben presto alle teorie di Michail Aleksandrovic Bakunin e, in seguito, di PëtrAlekseevic Kropotkin. Agì senza sosta per gli ideali dell’anarchia e fu arrestato numerose volte, con-dannato al domicilio coatto e costretto anche all’esilio. Morì a Roma il 22 luglio 1932.

38 Luigi Bertoni, nato il 6 febbraio 1872 a Milano, da madre lombarda e padre ticinese, tipografo.Nel settembre 1890 si trasferì in Svizzera, dove ebbe i primi contatti con il movimento operaio e leprime esperienze di propagandista e prese parte alla rivoluzione liberale ticinese. L’anno seguente sistabilì a Ginevra ed entrò in contatto con gli ambienti dell’emigrazione anarchica, aderendo alle ideelibertarie. Fondò il periodico bilingue “Il Risveglio - Le Réveil”, la voce più autorevole dell’anarchi-smo nella Confederazione elvetica, che uscì dal 7 luglio 1900 fino all’agosto 1940, quando fu sop-presso da una legge che proibiva tutti i giornali anarchici. Per la sua attività sindacale e politica ebberipetutamente a che fare con le autorità elvetiche e scontò a più riprese brevi o lunghi periodi di deten-zione. Fu definito «padre spirituale dell’anarchismo in Svizzera». Morì il 19 gennaio 1947 a Ginevra.

39 Tra cui Adriano Rossetti, deferito al Tribunale speciale per la difesa dello Stato, che parteciperàalla guerra civile spagnola (se ne veda la biografia).

Nella documentazione conservata nel fascicolo del Casellario politico centrale del Calligaris, sal-vo una notizia generica di deferimento all’autorità “competente”, non vi è alcun cenno a eventuali prov-

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vedimenti nei suoi confronti: tuttavia è certo che non fu deferito al Tribunale speciale per la difesa delloStato né alla Commissione provinciale per i provvedimenti di polizia.

40 È inesatta la notizia della sua appartenenza per un certo periodo al “Battallón de la muerte”riportata in alcune opere, ricavata probabilmente dagli articoli di ENRICO GIUSSANI, Dalla Spagna,in “Giustizia e libertà”, 12 febbraio 1937, e di LUIGI CAMPOLONGHI, Viaggio nella Spagna in guer-ra, in “Il grido del popolo”, 3 e 10 aprile 1937, entrambi ora in Perché andammo in Spagna, cit.:l’omonimo volontario qui citato (solo con il cognome) era il triestino Umberto Calligaris (cfr. AICVAS,schede biografiche).

41 Monte Aragón, nei pressi di Huesca. Denominato “monte Pelato” da Mario Angeloni, volonta-rio perugino tra i fondatori della “Colonna italiana”, e solitamente citato in questo modo nelle varieopere di parte antifascista sulla guerra di Spagna.

42 Non è stato possibile reperire i suoi dati anagrafici completi nell’archivio comunale.43 Già suo compagno nel citato gruppo scoperto nel 1932 (se ne veda la biografia).44 Non trova riscontro la notizia riportata nel Quaderno dell’Aicvas n. 5 secondo cui dal campo di

Gurs sarebbe stato deportato dai tedeschi in Bretagna.45 Secondo la scheda biografica redatta dalla Prefettura il 21 maggio 1937 per questo episodio

sarebbe stato anche denunciato dai carabinieri di Masserano al Tribunale speciale per la difesa delloStato con l’accusa di offese al duce e al re: di ciò non si è tuttavia trovata alcuna conferma.

46 Da una tessera conservata dai familiari (di cui si è venuti a conoscenza dopo la pubblicazionedella prima edizione di questo volume risulta che nel 1937 era iscritto al Partito comunista.

47 Secondo la scheda biografica dell’Aicvas sarebbe stato arruolato nel mese di ottobre; nel casofosse l’autore di una lettera sequestrata al vercellese Alessandro Rigolino, come è ipotizzabile, sareb-be invece partito da Marsiglia l’8 novembre.

48 Secondo una nota contenuta nel suo fascicolo del Casellario politico centrale sarebbe stato anche,per molto tempo, negli Usa.

49 Tra i cui membri vi erano i qui biografati Gaspare Fracasso ed Eraldo Venezia.50 Il 10 marzo, al comando di un gruppo di garibaldini riuscì a catturare un automezzo fascista

carico di rifornimenti: l’episodio è ricordato da G. CALANDRONE in La Spagna brucia e da A[NTONIO]R[OASIO] nella voce Guadalajara dell’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza.

51 Nel dicembre 1933 risulta iscritto nella “Rubrica di frontiera” ma non è nota la decorrenza delprovvedimento.

52 È priva di fondamento la notizia pubblicata nel Quaderno dell’Aicvas n. 3 della sua partecipa-zione alla Resistenza francese e della deportazione in Germania.

53 Vedi.54 Tra cui Giovanni Calligaris (vedi).55 Vedi.56 In cui fu, curiosamente, classificato genericamente come “antifascista”.57 Nel febbraio 1938 la presenza in Spagna di un Tondella fu segnalata al Consolato italiano di

Parigi da un informatore, che precisò che questi, ad Albacete, avrebbe progettato, con altri, di rien-trare in Italia, attraverso la Svizzera, per compiere, durante qualche cerimonia, un attentato che sa-rebbe stato diretto “da certo Camen” (Giuliano Pajetta). Il prefetto di Vercelli, interessato al riguardo,ritenne che potesse trattarsi di Federico Tondella (nato il 29 luglio 1899 a Viverone, barbiere, emigra-to clandestinamente in Francia nell’agosto del 1930 e iscritto nella “Rubrica di frontiera”), fratello diCarlo, che fu pertanto incluso nell’elenco degli attentatori e che, rientrato in Italia, il 9 luglio 1943 fucondannato a cinque anni di confino (ACS, Casellario politico centrale e Confinati politici, fascicolipersonali di Federico Tondella).

58 Sebbene il suo nominativo fosse stato incluso in un elenco di volontari antifascisti inviato dallaDirezione generale della Ps ai prefetti nel dicembre del 1938 (ACS, Ps aaggr, cat. K1b-45, 1938, b.50).

59 Già suo compagno nel citato gruppo scoperto nel 1932 (se ne veda la biografia).60 Si trattava del capitano Mario Traverso, calzolaio genovese quarantottenne, ferito a una gam-

ba, che fu poi ucciso a colpi di baionetta.61 Nel marzo del 1940 risulta iscritto anche nella “Rubrica di frontiera”, ma non è nota la decor-

renza del provvedimento.

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62 Vedi.63 Secondo una segnalazione di fonte fiduciaria alle autorità italiane.64 Sulla data di arrivo in Spagna, come del resto sul periodo precedente, non si hanno notizie cer-

te. Nell’interrogatorio cui fu sottoposto il 4 luglio 1940 nella Questura di Vercelli sostenne che, dopola sua rottura con il Pcd’I, si sarebbe trasferito dapprima a Bruxelles, successivamente a Berlino enuovamente a Parigi, fino alla fine del 1933, epoca in cui si sarebbe trasferito in Spagna, occupandosidi commercio fino allo scoppio della guerra civile. Sull’attendibilità delle informazioni fornite nel corsodell’interrogatorio ci sembrano tuttavia possibili alcuni dubbi che, oltre a essere suffragati da minimiz-zazioni, peraltro ovvie (dichiarò ad esempio di aver svolto semplicemente funzioni di autista), sonoalimentati dalla descrizione di alcune vicende che sembra essere romanzata.

65 A proposito del trasferimento in Belgio rilasciò in seguito versioni contrastanti.66 Fondata alla fine dell’Ottocento a Roma, dopo la presa del potere da parte del fascismo si tra-

sferì a Parigi, dove fu diretta dal giornalista Luigi Campolonghi e poi dall’ex sindacalista rivoluzionarioAlceste De Ambris. In Francia vi aderivano socialisti, radicali, massoni, anarchici, liberali, esponentidi “Giustizia e libertà”. I comunisti ne fecero parte solo dopo il VII Congresso dell’Internazionale co-munista (1935), secondo la politica di fronte popolare, per stabilire legami unitari con le altre forzeantifasciste al fine di sviluppare la lotta contro il fascismo. Durante l’esilio francese l’associazione mi-rava ad assicurare aiuti agli emigrati politici italiani e a difendere gli antifascisti dagli arbitrii delle polizielocali.

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Nota finale

Nel volume dell’Aicvas La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939. Tre anni di storia da nondimenticare, Roma, 1996, sono elencati tra i volontari delle brigate internazionali - sulla base dellebrevi schede biografiche pubblicate in Antifascisti nel Casellario politico centrale, Quaderni del-l’Anppia, Roma, 1988-1995 - alcuni antifascisti che, secondo i risultati delle nostre ricerche, abbia-mo invece ritenuto di escludere. Si tratta di Antonio, Giovanni e Giuseppe Astaldi, Giovanni Canova,Giovanni De Toma (recte: Detoma).

Riguardo ai primi tre, fratelli di Tronzano Vercellese (nati rispettivamente il 2 settembre 1890, il 17ottobre 1892 e il 7 maggio 1901 - l’ultimo a Torino -, meccanici, anarchici): Antonio fu sospettato diaver fatto parte delle brigate internazionali ma la segnalazione si basò su un evidente errore di inter-pretazione di un elenco di volontari (in cui il suo nominativo compare come recapito fornito da unarruolato), inoltre risulta che successive indagini “esclus[ero] tale circostanza”; Giovanni figura nel“Bollettino delle ricerche” come “ex miliziano truppe rosse spagnole” ma da una lettura attenta deidocumenti si comprende che anche questo provvedimento fu originato dall’errata interpretazionedell’elenco citato a proposito di Antonio e di confusione tra i fratelli; neppure riguardo a Giuseppe viè alcun riferimento esatto alla partecipazione alla guerra di Spagna.

Anche il Canova (nato il 10 ottobre 1898 a Ponderano, muratore, socialista), nonostante una se-gnalazione ricevuta dalla polizia circa la sua appartenenza alle “milizie rosse spagnole”, risulta non es-sersi allontanato dalla Francia, dove risiedeva.

Infine il Detoma (di Michele, nato il 19 aprile 1900 - e non il 19 settembre - a Zubiena, sarto,comunista, residente a Sala Biellese, mai emigrato) non è identificabile con l’omonimo di cui esistescheda biografica all’Aicvas: quest’ultimo (di Giuseppe, nato il 19 gennaio 1902 a Zubiena - doveperaltro risulta registrato come Bernardo -, commerciante, residente a Parigi) risulterebbe - secondouna segnalazione della “Fratellanza di Parigi” internato nel campo di Le Vernet, circostanza - peraltronon accertata - che, come si è detto (cfr. nota 8 ), non è di per sé sufficiente a provare l’appartenenzaalle brigate internazionali.

Nel volume è inoltre indicato come nato a Trino il volontario Camillo Sartoris, che nacque invecea Torino.

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Fonti e bibliografia

ARCHIVIO CENTRALE DELLO STATO (ACS), Ministero dell’Interno, Direzione generale della Pubblicasicurezza, Casellario politico centrale (Cpc)ACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale della Pubblica sicurezza, Confinati politiciACS, Ministero dell’Interno, Direzione generale della Pubblica sicurezza, Divisione affari generali eriservati, cat. K1b-45 “Arruolamento di volontari per l’Esercito rosso spagnolo”ASSOCIAZIONE ITALIANA COMBATTENTI VOLONTARI ANTIFASCISTI DI SPAGNA (AICVAS), schede bio-graficheARCHIVIO PARTITO COMUNISTA ITALIANO (APCI), depositato all’Istituto Gramsci di Roma, serie “ Icomunisti italiani nella guerra di Spagna”Gli antifascisti italiani nella guerra di Spagna, “Quaderni italiani”, New York, n. 3, aprile 1943I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo, Biella, Pci, [1945]GIOVANNI PESCE, Un garibaldino in Spagna, Roma, Editori Riuniti, 1955ANELLO POMA, Dalle fabbriche biellesi al fronte spagnolo, in Il prezzo della libertà. Episodi dilotta antifascista, Roma, Anppia, 1958GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia, Roma, Editori Riuniti, 1962ADRIANO DAL PONT - LINO ZOCCHI (a cura di), Perché andammo in Spagna. Scritti di militantiantifascisti. 1936-1939, Roma, Anppia, 1966ANELLO POMA (a cura di), Antifascisti piemontesi e valdostani nella guerra di Spagna, Torino,Centro studi Piero Gobetti - Associazione italiana combattenti volontari antifascisti in Spagna, sezionepiemontese, 1975Autobiografia di una guerra civile, Torino, Archivio nazionale cinematografico della Resistenza, 1976ALVARO LÓPEZ (a cura di), Antifascisti italiani caduti nella guerra di Spagna. Combattenti anti-fascisti di Spagna caduti nella lotta di liberazione in Italia, Quaderno Aicvas n. 1, Roma, 1982ID, La centuria Gastone Sozzi, Quaderno Aicvas n. 4, Roma, 1984ID, La Colonna italiana, Quaderno Aicvas n. 5, Roma, 1985ID, Il battaglione Garibaldi, Quaderno Aicvas n. 7, Roma, 1990Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza, voll. I-III, Milano, La Pietra, 1968-1976, voll.IV-VI, Milano, La Pietra-Walk Over, 1984-1989.Volontari antifascisti in Spagna qui biografati sono elencati anche nelle seguenti opere:ALVARO LÓPEZ, Dalla Spagna al confino, 2a parte del Quaderno Aicvas n. 2, Roma, 1982 (contie-ne però anche elenchi di ammoniti, internati, condannati al carcere)ID, Dalla Spagna alla Resistenza in Europa, in Italia, ai campi di sterminio, Quaderno Aicvas n.3, Roma, 1983 (contiene però anche elenchi di confinati e di condannati al carcere)ANELLO POMA - GIANNI PERONA, La Resistenza nel Biellese, Parma, Guanda, 1972; Biella, Gio-vannacci, 1978GIANNI FURIA - LUIGI SPINA - ANGELO TOGNA (a cura di), 60 anni di vita della Federazione biel-lese e valsesiana del Pci attraverso i suoi congressi, Biella, Pci, 1984.

Nelle seguenti note sulle fonti i dati archivistici e bibliografici relativi alle serie di documenti e allepubblicazioni di questo elenco sono riportati in forma abbreviata. Di alcune altre fonti archivistiche eopere, in cui vi è un numero limitato di citazioni e che pertanto non sono state qui sopra elencate, i datibibliografici sono invece riportati direttamente nelle singole note sulle fonti. Sono citate solo opere incui i biografati sono citati a proposito della loro partecipazione alla guerra civile spagnola. Non si fan-no rinvii ai saggi pubblicati in questo volume. Le schede biografiche dell’Aicvas sono state citate solonei casi in cui siano state effettivamente utilizzate come fonti. Non è stato citato il ricorso agli archivicomunali, pressoché generalizzato.

Il volume La Spagna nel nostro cuore. 1936-1939. Tre anni di storia da non dimenticare, Ro-ma, Aicvas, 1996, non è stato citato, essendo pervenuto quando l’impaginazione di questo volumeera già stata ultimata. In esso sono pubblicate, con alcune imprecisioni, brevi schede di tutti i volontariqui biografati, a eccezione di Bottan, Callegaro, De Margherita, Prina Cerai e dei biografati in appen-dice. Per alcune altre osservazioni su quest’opera si veda la nota alle pp. 116-117.

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Albertini, Enrico: ACS, Cpc, fascicolo personale; AICVAS, scheda biografica; APCI, I comunistiitaliani nella guerra di Spagna, b. 7, fasc. 9; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...

Arfinenghi, Arturo: ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Citato anche in Quaderno Ai-cvas n. 7.

Bagnasacco, Giuseppe: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo perso-nale; ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi;ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 7. Citato anche in: I comunisti biel-lesi nella lotta contro il fascismo (con nome errato); Quaderno Aicvas n. 2; 60 anni di vita dellaFederazione biellese e valsesiana del Pci...

Barberis, Giovanni: ACS, Cpc, citato in documenti contenuti nel fascicolo personale di Giusep-pe Barberis; MAGRINI [ALDO GAROSCI], L’assedio di Huesca, in “Giustizia e libertà”, 11 settembre1936, ora in Perché andammo in Spagna (che contiene ampi riferimenti alla sua figura di combat-tente e all’episodio della sua morte); Gli antifascisti italiani nella guerra di Spagna; ANELLO POMA,Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 5; testimonianze orali del nipote Roberto Maia (Oc-chieppo Inferiore) e della cugina Maria Lastella (Zumaglia), 27 febbraio 1994. Citato anche in UM-BERTO CALOSSO, La battaglia di Monte Pelato, in “Il Mondo”, 17 gennaio 1953, ora in ADRIANO

DAL PONT - LINO ZOCCHI (a cura di), Pionieri dell’Italia democratica. Vita e scritti di combat-tenti antifascisti, Roma, Anppia, 1966; GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia; La Resistenzanel Biellese (in alcune di queste opere è citato come Giuseppe anziché Giovanni).

Bonora, Enrico: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale; ACS,Ps aaggrr, cat. K1b-45. Citato anche in Quaderno Aicvas n. 3.

Borsano, Giovanni Pio: ACS, Cpc, citato in documenti contenuti nel fascicolo personale di Anel-lo Poma; ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Citato in: ANELLO

POMA, Dalle fabbriche biellesi al fronte spagnolo; La Resistenza nel Biellese; 60 anni di vitadella Federazione biellese e valsesiana del Pci...

Bottan, Giacomo: AICVAS, scheda biografica; testimonianza orale della sorella Regina, Gagliani-co, 9 febbraio 1996. Citato in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; La Resistenza nelBiellese; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci...

Callegaro, Ottavio: ACS, Cpc, fascicolo personale; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spa-gna, b. 7, vari elenchi; Quaderno Aicvas n. 2. Citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta controil fascismo; La Resistenza nel Biellese; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesianadel Pci...

Calligaris, Giovanni: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo persona-le; ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi;ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 7; Autobiografia di una guerracivile; Testimonianza orale di Giovanni Calligaris a Luigi Moranino, 22 novembre 1980; ISRSC BI-VC, Fondo Facelli, Autobiografia di Angelo Irico, sd. Citato anche in: ILIO BARONTINI, La vittoriadi Guadalajara, in “La Voce degli italiani”, 15 marzo 1938, ora in ADRIANO DAL PONT - LINO ZOCCHI

(a cura di), Pionieri dell’Italia democratica. Vita e scritti di combattenti antifascisti, Roma,Anppia, 1966; I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; GIACOMO CALANDRONE, LaSpagna brucia; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 2; Quaderno Aicvas n. 3; 60 annidi vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci...

Calligaris, Lorenzo: ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; AICVAS, scheda biografica; APCI, I comunistiitaliani nella guerra di Spagna, b. 7, fasc. 9; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Citato anchein: I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; 60 anni di vita della Federazione biellese evalsesiana del Pci...

Caneparo, Annibale: ACS, Cpc, fascicolo personale; ANELLO POMA, Antifascisti piemonte-si... Citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; La Resistenza nel Biellese;Quaderno Aicvas n. 3; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci... Biografa-to anche nell’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza.

Cantarelli, Mario: ACS, Cpc, fascicolo di Pietro Cantarelli; AICVAS, scheda biografica.Caron, Teresio: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale; ACS,

Ps aaggrr, cat. K1b-45; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 5. Citatoanche in: Quaderno Aicvas n. 2; Quaderno Aicvas n. 3.

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Castoro, Severino: ACS, Cpc, fascicolo personale; AICVAS, scheda biografica; APCI, I comunistiitaliani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi. Citato anche in Quaderno Aicvas n. 2.

Cerruti, Pietro: ACS, Cpc, fascicolo personale (nulla sulla sua partecipazione alla guerra civilespagnola); AICVAS, scheda biografica; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...

Crovella, Andrea: ACS, Cpc, fascicolo personale; AICVAS, scheda biografica; APCI, I comunistiitaliani nella guerra di Spagna, b. 7, fasc. 9; Quaderno Aicvas n. 7.

De Margherita, Secondo: AICVAS, scheda biografica. Citato in: I comunisti biellesi nella lottacontro il fascismo; La Resistenza nel Biellese; 60 anni di vita della Federazione biellese e valse-siana del Pci...

Fracasso, Gaspare: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale;ACS, Ministero dell’Interno, Ps aaggr, A5g seconda guerra mondiale, Internati civili pericolosi, fasci-colo personale; ISRSC BI-VC, Fondo Facelli, lettera (autobiografia) di Gaspare Fracasso a DomenicoFacelli, 12 novembre 1969 e questionario Aicvas compilato il 23 febbraio 1976; APCI, I comunistiitaliani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; Auto-biografia di una guerra civile. Citato anche in: ANELLO POMA, Dalle fabbriche biellesi al frontespagnolo; Quaderno Aicvas n. 2 (indicato erroneamente come confinato a Ventotene); QuadernoAicvas n. 3.

Gannio, Giovanni: ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Citato anche in: I comunisti biel-lesi nella lotta contro il fascismo; GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia; La Resistenza nelBiellese; Quaderno Aicvas n. 1; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci...;Quaderno Aicvas n. 7.

Graglia, Annibale: ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...Citato anche in Quaderno Aicvas n. 7.

Irico, Angelo: ACS, Cpc, fascicolo personale (nulla sulla sua partecipazione alla guerra civile spa-gnola); AICVAS, scheda biografica; ISRSC BI-VC, Fondo Facelli, Autobiografia di Angelo Irico, sd,parzialmente edita, a cura di PIERO AMBROSIO, con il titolo “Nel lavoro che svolgevo davo tuttome stesso”, in “l’impegno”, a. XIII, n. 3, dicembre 1993 e successivamente in ID, “Un ideale in cuisperar”. Cinque storie di antifascisti biellesi e vercellesi, Borgosesia, Isrsc Bi-Vc, 2002; APCI, Icomunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...Citato anche in GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia. Biografato anche nell’Enciclopediadell’Antifascismo e della Resistenza.

Lario, Plinio: ACS, Cpc, fascicolo personale; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Citatoanche in Quaderno Aicvas n. 3.

Leone, Francesco: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Ministero di Grazia e giustizia, Detenutipolitici, fascicolo personale; APCI, Biografie, memorie, testimonianze, “Note [auto]biografiche del com-pagno Francesco Leone, consultore”, 29 maggio 1945; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spa-gna, b. 7, vari elenchi; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 4; QuadernoAicvas n. 7. Biografato anche in: FRANCO ANDREUCCI - TOMMASO DETTI, Il movimento operaioitaliano. Dizionario biografico, vol. III, Roma, Editori Riuniti, 1977; Enciclopedia dell’Antifasci-smo e della Resistenza; ADOLFO MIGNEMI (a cura di), Figure e centri dell’antifascismo in terranovarese, Novara, Istituto storico della Resistenza, 1992; RENZO MARTINELLI - MARIA LUISA RI-GHI (a cura di), La politica del Partito comunista italiano nel periodo costituente, Annali dellaFondazione Istituto Gramsci, 1990, Roma, Editori Riuniti, 1992. Citato anche in: L. NOVAS CALVO,Un militante: Francesco Leone, in “Lo Stato Operaio”, a. XI, n. 1, gennaio 1937; GUSTAV RE-GLER, La Casa verde, ivi; ALBERTO CIANCA, Visita al battaglione Garibaldi, in “Giustizia e liber-tà”, 26 febbraio 1937, ora in Perché andammo in Spagna; LUIGI GALLO [LUIGI LONGO], Il batte-simo del fuoco del battaglione Garibaldi, in “La Voce degli Italiani”, 13-14-15 ottobre 1937, orain Perché andammo in Spagna; AGOSTINO DE VITA, Battaglione Garibaldi. Ottobre 1936 - apri-le 1937, Parigi, Edizioni di Coltura Sociale, 1937; ESTELLA [TERESA NOCE], Garibaldini in Spa-gna, Madrid, Unión general de trabajadores, 1937, ora Milano, Feltrinelli, 1966; RANDOLFO PAC-CIARDI, Il battaglione Garibaldi, Lugano, Nuove edizioni di Capolago, 1938, poi Roma, La Lan-terna, 1945; Gli antifascisti italiani nella guerra di Spagna; GIOVANNI PESCE, Un garibaldino inSpagna; LUIGI LONGO, Le brigate internazionali in Spagna, Roma, Editori Riuniti, 1956; PIETRO

NENNI, Spagna, Milano, Avanti, 1958, ora Milano, Sugarco, 1976; GIACOMO CALANDRONE, La

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Spagna brucia; GIOVANNI PESCE, Senza tregua. La guerra dei Gap, Milano, Feltrinelli, 1967; PA-OLO SPRIANO, Storia del Partito comunista italiano, vol. III, Torino, Einaudi, 1970; ARISTODEMO

MANIERA, Nelle trincee dell’antifascismo. Ricordi di un garibaldino di Spagna, Urbino, Argalia,1970; MASSIMO MASSARA (a cura di), I comunisti raccontano, Milano, Edizioni del Calendario,1972; Diario di Ugo Muccini, Comune di Arcola - Isr La Spezia, 1973; La solidaridad de los puebloscon la República Española. 1936-1939, Mosca, 1974, traduzione italiana Le brigate internazio-nali. La solidarietà dei popoli con la Repubblica spagnola. 1936-1939, Milano, La Pietra, 1976;LUIGI LONGO - CARLO SALINARI, Dal socialfascismo alla guerra di Spagna, Milano, Teti, 1976,ANTONIO ROASIO, Figlio della classe operaia, Milano, Vangelista, 1977; A[NTONIO] RO[ASIO], CasaRossa, in Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza; Quaderno Aicvas n. 2; QuadernoAicvas n. 3; ANTONIO CANONICA, La Colonna Libertad y la Centuria Gastone Sozzi, in Quader-no Aicvas n. 4.

Suoi scritti sulla guerra civile spagnola: Fra i combattenti della Centuria “Gastone Sozzi”, in“Il grido del popolo”, 10 ottobre 1936, e in Garibaldini in Spagna, cit.; Faccia a faccia con ilnemico sul fronte di Talavera, ivi, 17 ottobre 1936, entrambi riediti in Perché andammo in Spa-gna; Piuttosto di cedere morire (testo quasi identico a quello dell’articolo precedente), in ESTELLA,Garibaldini in Spagna, cit., ora anche in Quaderno Aicvas n. 4; Verso il fronte di Talavera, inGaribaldini in Spagna, cit.; Con i feriti del Battaglione “Garibaldi”, ivi; Spagna, in “La vocedegli italiani”, 17 gennaio 1939; Ottanta uomini in tuta costituirono la prima Brigata, in “l’Unità”,edizione piemontese, 29 ottobre 1950.

Macchieraldo, Andrea: ACS, Cpc, fascicolo personale; AICVAS, scheda biografica; QuadernoAicvas n. 5. Citato anche in GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia; Quaderno Aicvas n. 3.

Mellina Sartore, Alfonso: ACS, Cpc, fascicolo personale; ANELLO POMA, Antifascisti piemon-tesi... Citato anche in: La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 1.

Mezzano, Giuseppe: ACS, Cpc, fascicolo personale; ANELLO POMA, Antifascisti piemonte-si...; Quaderno Aicvas n. 7.

Minazio, Alfredo: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; AICVAS, schedabiografica; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Citato anche in Quaderno Aicvas n. 1.

Minero Re, Quintino: ACS, Cpc, fascicolo personale; ANELLO POMA, Antifascisti piemonte-si...; Quaderno Aicvas n. 7. Citato anche in Quaderno Aicvas n. 3.

Minetto, Attilio: ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spagna,b. 7, fasc. 9; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Citato anche in: I comunisti biellesi nellalotta contro il fascismo; La Resistenza nel Biellese; 60 anni di vita della Federazione biellese evalsesiana del Pci... (in queste tre opere è citato con nome errato); Quaderno Aicvas n. 7.

Molinari, Domenico: AICVAS, scheda biografica; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...Montarolo, Francesco: ACS, Cpc, fascicolo personale; ISRSC BI-VC, Miscellanea, Breve auto-

biografia di Francesco Montarolo; ISRSC BI-VC, Fondo Facelli, Autobiografia di Angelo Irico; ANEL-LO POMA, Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 7. Biografato anche nell’Enciclopedia del-l’Antifascismo e della Resistenza e citato anche nel Quaderno Aicvas n. 3.

Mosca, Giuseppe: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale;ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; ANELLO

POMA, Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 7. Biografato anche nell’Enciclopedia del-l’Antifascismo e della Resistenza e citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fasci-smo; GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n.2; Quaderno Aicvas n. 3; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci... Si vedainoltre Autobiografia di una guerra civile.

Mosca Carlottin, Antonio: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo per-sonale; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, fasc. 9; ANELLO POMA, Antifascistipiemontesi...; Quaderno Aicvas n. 7. Citato anche in: Quaderno Aicvas n. 2; I comunisti biellesinella lotta contro il fascismo; G. CALANDRONE in La Spagna brucia; A[NTONIO] R[OASIO], Gua-dalajara, in Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza; 60 anni di vita della Federazio-ne biellese e valsesiana del Pci...

Poma, Anello: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale; ACS,Ps aaggrr, cat. K1b-45; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; ANELLO

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POMA, Antifascisti piemontesi... Citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fasci-smo; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 2; Quaderno Aicvas n. 3; 60 anni di vita dellaFederazione biellese e valsesiana del Pci... Si veda inoltre Autobiografia di una guerra civile.Biografato anche nell’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza.

Suoi scritti sulla guerra civile spagnola, oltre all’opuscolo citato: Dalle fabbriche biellesi al fron-te spagnolo, in Il prezzo della libertà, Roma, Anppia, 1958; Figure dell’Antifascismo militante:Eraldo Venezia, in “l’impegno”, a. II, n. 4, dicembre 1982; Cosa è stato Nedo per i partigiani biel-lesi, ivi, a. IV, n. 1, marzo 1984; La guerra di Spagna: ricordi e riflessioni, ivi, a. VI, n. 2, giugno1986; Ripensando alla guerra di Spagna cinquant’anni dopo, ivi, a. VIII, n. 1, aprile 1988; Comevissero gli ex combattenti delle brigate internazionali nei campi di concentramento francesi, in“l’impegno”, a. XVII, n. 2, agosto 1997; Dalla lotta antifascista in Spagna alla Resistenza in Ita-lia, in “Agorà”, annuario del Liceo scientifico statale “Galileo Ferraris”, Varese, a. V, 2001, poi inFabio Minazzi (a cura di), La lotta antifascista dei comunisti in Europa. Dalla guerra di Spagnaalla Resistenza: testimonianze orali, Napoli, La città del Sole, 2005. I cinque articoli pubblicati ne“l’impegno” sono stati riediti in Ricordi di due guerre civili. Spagna 1936-1939 - Italia 1943-1945.Scritti di e su Anello Poma “Italo”, a cura di Piero Ambrosio, Varallo, Isrsc Bi-Vc, 2016, e-book;l’articolo pubblicato nel 1986 è riedito anche in questo e-book.

Prevosto, Francesco: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo persona-le; ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi;Quaderno Aicvas n. 5. Citato anche nel Quaderno Aicvas n. 3.

Prina Cerai, Ezzelino: AICVAS, scheda biografica; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spa-gna, b. 7, fasc. 9; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...

Quagliotti, Lorenzo: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale;ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Citato anche in: QuadernoAicvas n. 2 e (con imprecisioni) Quaderno Aicvas n. 3.

Quagliotti, Rolando: ACS, Cpc, citato in documenti contenuti nel fascicolo intestato a suo padre;ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Citato anche in GIACOMO CALANDRONE, La Spagnabrucia; Quaderno Aicvas n. 1.

Ravetto, Carlo: ACS, Cpc, fascicolo personale; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi... Bio-grafato anche nell’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza e citato anche in: I comunistibiellesi nella lotta contro il fascismo; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 3; 60 annidi vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci... Si veda inoltre Autobiografia di una guerracivile.

Roasio, Antonio: ACS, Cpc, fascicolo personale; ANTONIO ROASIO, Figlio della classe opera-ia, Milano, Vangelista, 1977; ANTONIO ROASIO, relazione al convegno “La guerra di Spagna: dallamemoria storica alla lezione attuale”, Torino, 11-12 maggio 1984, pubblicata con il titolo Un’espe-rienza antifascista nella Spagna della guerra civile, in “l’impegno”, a. VI, n. 1, marzo 1986 e rie-dita in questo e-book; Quaderno Aicvas n. 7; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi.... Biografatoanche in: FRANCO ANDREUCCI - TOMMASO DETTI, Il movimento operaio italiano. Dizionario bio-grafico, vol. IV, Roma, Editori Riuniti, 1978; ISACCO NAHOUM “MILAN”, Dalla lotta antifascistaalla Resistenza alla costruzione della Repubblica, in “Patria indipendente”, 1 febbraio 1987; Enci-clopedia dell’Antifascismo e della Resistenza; RENZO MARTINELLI - MARIA LUISA RIGHI (a curadi), La politica del Partito comunista italiano nel periodo costituente, Annali della FondazioneIstituto Gramsci, 1990, Roma, Editori Riuniti, 1992. Citato anche in: ALBERTO CIANCA, Visita albattaglione Garibaldi, in “Giustizia e libertà”, 26 febbraio 1937, ora in Perché andammo in Spa-gna; AGOSTINO DE VITA, Battaglione Garibaldi. Ottobre 1936-aprile 1937, Parigi, Edizioni dicoltura sociale, 1937; ESTELLA [TERESA NOCE], Garibaldini in Spagna, Madrid, Unión general detrabajadores, 1937, ora Milano, Feltrinelli, 1966; RANDOLFO PACCIARDI, Il battaglione Garibaldi,Lugano, Nuove edizioni di Capolago, 1938, poi Roma, La Lanterna, 1945; Gli antifascisti italianinella guerra di Spagna; GIOVANNI PESCE, Un garibaldino in Spagna; LUIGI LONGO, Le brigateinternazionali in Spagna, Roma, Editori Riuniti, 1956; PIETRO NENNI, Spagna, Milano, Avanti, 1958,ora Milano, Sugarco, 1976; GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia; GIOVANNI PESCE, Senzatregua. La guerra dei Gap, Milano, Feltrinelli, 1967; PAOLO SPRIANO, Storia del Partito comuni-sta italiano, vol. III, Torino, Einaudi, 1970; ARISTODEMO MANIERA, Nelle trincee dell’antifasci-

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smo. Ricordi di un garibaldino di Spagna, Urbino, Argalia, 1970; MASSIMO MASSARA (a cura di),I comunisti raccontano, Milano, Edizioni del Calendario, 1972; La solidaridad de los pueblos conla República Española. 1936-1939, Mosca, 1974, traduzione italiana Le brigate internazionali.La solidarietà dei popoli con la Repubblica spagnola. 1936-1939, Milano, La Pietra, 1976; LUI-GI LONGO - CARLO SALINARI, Dal socialfascismo alla guerra di Spagna, Milano, Teti, 1976; AL-BERTO ROVIGHI - FILIPPO STEFANI, La partecipazione italiana alla guerra civile spagnola (1936-1939), Roma, Ufficio storico dello Stato maggiore dell’Esercito, 1992. Citato anche in: QuadernoAicvas n. 3; I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; La Resistenza nel Biellese; 60 annidi vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci... Si veda inoltre Autobiografia di una guerracivile.

Suoi scritti sulla guerra civile spagnola, oltre al citato volume autobiografico: All’assalto con lebombe a mano, in ESTELLA, Garibaldini in Spagna, cit.; Due attacchi ribelli respinti vittoriosa-mente dalle brigate internazionali, ivi; Soldati della Repubblica, in “La voce degli italiani”, 21-23novembre 1937, riedito in Perché andammo in Spagna; Sul fronte di Madrid, in Il Partito comu-nista italiano, Roma, Pci, sd [1946?]*; I comunisti italiani nella guerra di Spagna, in PALMIRO

TOGLIATTI (a cura di), Trenta anni di vita e lotte del Pci, “Quaderni di Rinascita”, n. 2, Roma, Ri-nascita, 1952; Battesimo del fuoco per i garibaldini al Cerro de los Angeles, in CESARE PILLON (acura di), I comunisti nella storia d’Italia, Milano, Calendario del popolo, 1973; voci Albacete, Casarossa, Cerro de los Angeles, Guadalajara, in Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza.

* Copia in bozza di stampa si trova in FONDAZIONE ISTITUTO GRAMSCi, Roma, Archivio Partitocomunista, serie: Biografie, memorie, testimonianze. Secondo l’ex archivista dell’Istituto, Fabrizio Zitelli,il volume non fu edito.

Rossetti, Adriano: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale;ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; FRANCO RAMELLA, Bio-grafia di un operaio antifascista: Adriano Rossetti, in “l’impegno”, a. VII, n. 2, agosto 1987 (trat-to da Les italiens en France de 1914 à 1940, sous la direction de Pierre Milza, Collection de l’Éco-le française de Rome, n. 94); Quaderno Aicvas n. 7. Citato anche in: ALBERTO CIANCA, Visita albattaglione Garibaldi, in “Giustizia e libertà”, 26 febbraio 1937, ora in Perché andammo in Spa-gna; I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; GIOVANNI PESCE, Un garibaldino in Spa-gna (cit. con nome errato); GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia; OLAO CONFORTI, Gua-dalajara. La prima sconfitta del fascismo, Milano, Mursia, 1967; GIOVANNI PESCE, Senza tre-gua. La guerra dei Gap, Milano, Feltrinelli, 1967; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n.2; Quaderno Aicvas n. 3; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci... Biogra-fato anche nell’Enciclopedia dell’Antifascismo e della Resistenza. In questa si veda inoltre la cita-zione nella voce Guadalajara, curata da Antonio Roasio.

Rossetti, Bruno: AICVAS, scheda biografica; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; testi-monianza orale di Bruno Rossetti, 4 aprile 1996. Citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta controil fascismo; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci...

Secchia, Matteo: ACS, Cpc, fascicolo personale (nulla sulla sua partecipazione alla guerra civilespagnola); ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; Autobiografia di una guerra civile. Citatoanche in: PAOLO SPRIANO, Storia del Partito comunista italiano, vol. III, Torino, Einaudi, 1970;La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 3.

Sella, Olinto: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale; ACS, Psaaggrr, cat. K1b-45; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; ANELLO POMA,Antifascisti piemontesi... Citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; LaResistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 2; 60 anni di vita della Federazione biellese e valse-siana del Pci...

Siletti, Carlo: ACS, Confinati politici, fascicolo personale; ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; APCI, Icomunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; ANELLO POMA, Antifascisti piemonte-si...; Quaderno Aicvas n. 7. Citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; LaResistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 2; Quaderno Aicvas n. 3.

Tamagno, Giuseppe: ACS, Cpc, fascicolo personale; ANELLO POMA, Antifascisti piemonte-si... Citato in: IL MILITE ROSSO [PIETRO NENNI], Il Battaglione Garibaldi nella battaglia di Ar-ganda, in “Il Nuovo Avanti”, 27 luglio 1937, ora in PIETRO NENNI, Spagna, Milano, Avanti, 1958,

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ora Milano, Sugarco, 1976; ESTELLA [TERESA NOCE], Garibaldini in Spagna, Madrid, Unión ge-neral de trabajadores, 1937, ora Milano, Feltrinelli, 1966; Gli antifascisti italiani nella guerra diSpagna; I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; GIOVANNI PESCE, Un garibaldino inSpagna; GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Ai-cvas n. 1; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana del Pci...; Quaderno Aicvas n. 7.

Tondella, Carlo: ACS, Cpc (citato in documenti contenuti nel fascicolo personale di Sisto Bosco-no); ACS, Ps aaggrr, cat. K1b-45; ACS, Ministero dell’Interno, Ps aaggr, A5g seconda guerra mon-diale, Internati civili pericolosi, fascicolo personale; AICVAS, scheda biografica; ANELLO POMA, Anti-fascisti piemontesi...; Autobiografia di una guerra civile. Citato anche in: Quaderno Aicvas n. 2;Quaderno Aicvas n. 3.

Varnero, Benedetto: AICVAS, scheda biografica; ACS, Cpc, citato in un documento contenutonel fascicolo di Vittorio Flecchia.

Venezia, Eraldo: ACS, Cpc, fascicolo personale; ISRSC BI-VC, Fondo Facelli, Testimonianza diDomenico Facelli su Eraldo Venezia; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; ANELLO POMA,Figure dell’antifascismo militante: Eraldo Venezia, in “l’impegno”, a. II, n. 4, dicembre 1982. Siveda anche DOMENICO FACELLI, Una vita per gli ideali del popolo. Eraldo Venezia, in “L’amicodel popolo”, a. XXXIV, n. 38, 16 novembre 1978. Biografato anche nell’Enciclopedia dell’Antifa-scismo e della Resistenza e citato anche in: ANELLO POMA, Dalle fabbriche biellesi al fronte spa-gnolo; GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia; I comunisti biellesi nella lotta contro il fa-scismo; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 1; 60 anni di vita della Federazione biel-lese e valsesiana del Pci...

Viana, Luigi: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale; ACS, Psaaggrr, cat. K1b-45; APCI, I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; ANELLO POMA,Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 5. Biografato anche in: Enciclopedia dell’Antifasci-smo e della Resistenza; FRANCO ANDREUCCI - TOMMASO DETTI, Il movimento operaio italiano.Dizionario biografico, vol. III, Roma, Editori Riuniti, 1978; 60 anni di vita della Federazione biellesee valsesiana del Pci... Citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo; STEFANO

SCHIAPPARELLI, Ricordi di un fuoruscito, Milano, Edizioni del Calendario, 1971; La Resistenza nelBiellese; Quaderno Aicvas n. 2; Quaderno Aicvas n. 3.

Zanada, Carlo: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale; APCI,I comunisti italiani nella guerra di Spagna, b. 7, vari elenchi; ANELLO POMA, Antifascisti piemonte-si...; Quaderno Aicvas 7. Citato anche in: I comunisti biellesi nella lotta contro il fascismo (cit. connome errato); Quaderno Aicvas n. 2; 60 anni di vita della Federazione biellese e valsesiana delPci...

Zanotti, Arialdo: ACS, Cpc, fascicolo personale; ISRSC BI-VC, Autobiografia di Aurora Rossetti,1 novembre 1978; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; Quaderno Aicvas n. 7. Citato anchein: GIACOMO CALANDRONE, La Spagna brucia; I comunisti biellesi nella lotta contro il fasci-smo; La Resistenza nel Biellese; Quaderno Aicvas n. 1; 60 anni di vita della Federazione biellesee valsesiana del Pci...

Zanotto, Riccardo: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Confinati politici, fascicolo personale;ISRSC BI-VC, b. 73, fasc. 9; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...; testimonianza di GiuseppeMosca in Autobiografia di una guerra civile. Citato anche in: La Resistenza nel Biellese; Quader-no Aicvas n. 2.

Zucchetti, Giovanni: AICVAS, scheda biografica; ANELLO POMA, Antifascisti piemontesi...

In appendice:Archetti, Antonio: ACS, Cpc, fascicolo personale.Rossetti, Ernesto: ACS, Ps. aaggrr, cat. K1b-45.Santagostino, Attilio: ACS, Cpc, fascicolo personale; ACS, Ps. aaggrr, cat. K1b-45.Zanone, Vittorio: ACS, Cpc, fascicolo personale.Zuppa, Pio: ACS, Cpc, fascicolo personale.

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Terza parte

Immagini

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“Nessuno pensava di fare fotografie per futura memoria”

“Giornali, molti giornali, in tutte le lingue. Sulle pareti stanno numerose le fotografie”ricorda Giorgio Camen (Giuliano Pajetta) descrivendo l’ambiente di trincea1, e questapresenza importante e familiare, strettamente connessa al quotidiano della guerra, sembraessere confermata da altre testimonianze che ricordano queste “immagini scattate ‘dal vero’,dagli stessi protagonisti nelle pause dei combattimenti, sulla stessa linea del fuoco, o inretrovia, nei brevi momenti concessi alla Colonna Italiana o al Battaglione Garibaldi”2.“Nessuno pensava di fare fotografie per futura memoria. Quelle che si vedono sono istan-tanee dilettantesche fatte per divertimento da chi possedeva una macchina fotografica. Fannoeccezione le fotografie ricavate da un film (‘Tierra de España’) organizzato da Hemingwayche volendo dimostrare i progressi della giovine repubblica spagnola, in pace e in guerra,come battaglione militare modello della Spagna repubblicana scelse il Battaglione Gari-baldi che non era spagnolo”3. L’impressione che si ricava da queste testimonianze e l’im-magine che alcuni protagonisti tentano di accreditare ancora a molti anni dalla conclusio-ne della guerra spagnola, è quella di una produzione spontanea, dilettantistica, estranea aqualunque tipo di progettualità politica, posta ai margini del circuito informativo, quasiche i comandi delle brigate internazionali non tenessero in alcun conto questo potentemezzo di comunicazione.

Anche “Life”, che pure annovera tra i propri corrispondenti autori quali Capa, Seymoure Taro, sembra confermare il quadro delineato da Pacciardi: “La guerra di Spagna - si leg-ge in un articolo del 1937 - ha prodotto poche buone fotografie”, ma “più di un fotografoha rischiato la vita per istantanee di azione solo per farsele poi sequestrare dai militari.Ambedue le parti hanno fatto scattare fotografie di propaganda di edifici distrutti e di ci-vili uccisi dal nemico, nascondendo tutto ciò che poteva essere di aiuto o di utilità per l’altraparte”4. Ed ancora: “Non è stato per mancanza di coraggio se la guerra è stata descritta efotografata in modo inadeguato. La guerra moderna usa la propaganda come un’arma eambedue le parti in Spagna hanno censurato spietatamente notizie e fotografie”5.

La prospettiva muta repentinamente. Alla spontanea familiarità del dilettante, alla mar-ginalità dell’attività fotografica si sostituisce bruscamente un quadro più complesso e forseanche più prevedibile: ritroviamo qui come altrove le figure consuete della censura e del-la propaganda, sapientemente applicate ad un sistema di comunicazione che si avvia adessere di massa. La propaganda come arma di guerra6.

Valerio Castronovo ha recentemente fatto notare7 la “sostanziale univocità formale deimessaggi” e “la sorprendente analogia di strumenti espressivi utilizzati” sui due fronti,rilevando la “tendenza di entrambi ad avvalersi sino in fondo del linguaggio della propa-

“Simboli che sembrano documenti”

L’uso della fotografia nel “Calendario del Garibaldino 1938”

di Pierangelo Cavanna

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ganda, assai più che di quello dell’analisi e della riflessione politica, per far valere le ra-gioni dell’intervento armato” e certo questa uniformità semantica è un dato importante, datenere nella dovuta considerazione sebbene non sia un fenomeno isolato, ma non possonoessere considerati di meno altri aspetti particolarmente significativi quali le differenzepur evidenti di strategie e di linguaggi espressivi riscontrabili tra i diversi attori del con-flitto e la novità costituita proprio dalla definitiva messa a punto degli strumenti di propa-ganda legati alla comunicazione di massa. Come ricordava George Orwell, “è molto dif-fícile scrivere obiettivamente a proposito della guerra di Spagna a causa della mancanza didocumenti non propagandistici”8.

L’uso sistematico e massivo, tattico e strategico di questa nuova arma di guerra si rive-la allora uno degli elementi più caratterizzanti e ricchi di significato della guerra di Spa-gna, della sua modernità terrificante, tragicamente espressa dal bombardamento aereo diGuernica.

I servizi di propaganda

Nazionalisti e fascisti: “Vandalismi e atrocità commesse dai rossi”

La formazione di uffici o centri di coordinamento per la propaganda è una preoccupa-zione dei comandi politico-militari di tutte le forze impegnate nella guerra di Spagna. Anchei nazionalisti, nonostante la scarsa presenza di fotografi professionisti tra le loro file, rie-scono ad organizzare efficienti strutture di supporto per la produzione di documentazionefotografica destinata alla propaganda, come quella coordinata da Juan José Serrano Go-mez “Serrano” al seguito delle truppe di Queipo de Llano in Andalusia, ma soprattutto ilgabinetto fotografico costituito dal generale Aranda col compito di riprendere fotografiedel campo nemico, ritrarre i soldati della propria colonna e documentare l’entrata nellecittà e nei villaggi occupati9.

Quando però sorge la necessità di operare su fronti più vasti, al di fuori degli stretticollegamenti con l’esercito, si rivela indispensabile il ricorso a fonti esterne; per illustra-re il testo che il deputato Juan Estelrich dedica a “La persecuzione religiosa in Spagna”10,uno degli esempi canonici di propaganda del terrore, ci si affida alle immagini di agenzia:chiese distrutte e mummie profanate emergono dal repertorio fornito da Keystone, Asso-ciated Press e New York Times, a dimostrare e mostrare al mondo la volontà di distrugge-re e l’accanimento degli anarchici e dei bolscevichi nell’incendiare i templi ed ammazza-re “gli ecclesiastici, secolari e regolari”. Obiettivo questo che ricade anche tra i compitidella sezione fotografica della Missione militare italiana in Spagna che deve essere impe-gnata nella “ripresa fotografica e cinematografica di distruzioni, vandalismi e atrocità com-messe dai rossi; degli aspetti desolati delle zone evacuate dai comunisti”11. È sulla diffu-sione e sul potere di persuasione di questo tipo di documenti che si fonda il richiamo del-la “crociata” di Franco e dei suoi alleati internazionali: “Hanno mostrato loro [ai “volonta-ri” fascisti, nda] fotografie orrende; hanno raccontato fantasie quali possono solo nasce-re nelle menti sadiche dei falangisti”12.

L’accento posto sull’uso propagandistico delle immagini, e sulla parola parlata dellaradio, in contrapposizione a quella scritta, al testo, la necessità insomma di utilizzare i nuovimezzi di comunicazione è ben chiara ad un personaggio quale Lamberti Sorrentino, vice-capo dell’Ufficio stampa e propaganda della Missione militare italiana in Spagna, respon-sabile della Sezione radio e buon fotografo. In un articolo del luglio 1938, pubblicato ne

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“Il Legionario” e dedicato ai “Cacciatori d’immagini”13, individua nei periodici illustrati enei “giornali da proiettare nelle sale cinematografíche” i nuovi prodotti del giornalismomoderno. “Il lettore - afferma Sorrentino - si è trasformato, ed è diventato una personache non legge quasi più nulla e che vuole invece veder tutto. La parola ha perduto a poco apoco il suo potere di persuasione. L’immagine, invece, domina ormai su tutta la linea colfascino irresistibile della sua immediatezza sintetica e sbrigativa. Il cinema, la radio e latelevisione devono ancora, in realtà, dire la loro parola decisiva; e molte cose cambieran-no, allora, fino a far precipitare nel disinteresse più completo la povera inanimata, pallidafotografia del giornale, che apparirà inevitabilmente in ritardo e senza il guizzo della bru-ciante attualità”. Estremamente interessante risulta il riferimento esplicito alle possibili-tà della televisione e l’analisi delle conseguenze che essa avrà per il fotogiornalismo, dicui sarà destinata a segnare la fine o almeno a determinarne una trasformazione profonda,ma allora esso compie i suoi primi passi e proprio il ruolo dei nuovi fotografi, dei fotore-porter attrezzati coi maneggevoli apparecchi da 35 mm, risulta fondamentale, soprattuttoper promuovere la conoscenza del conflitto spagnolo in campo internazionale dalle pagi-ne dei maggiori periodici illustrati.

I repubblicani: “Una missione sociale e storicamente necessaria”

Molto importante, soprattutto nei confronti del fronte interno, è il ruolo dei fotografispagnoli, nella grande maggioranza esplicitamente schierati coi repubblicani. Oltre a for-mare improvvisate agenzie fotografiche, destinate più a coprire le difficoltà di approvvi-gionamento di materiali che a fornire immagini alla stampa nazionale e internazionale, essicollaborano attivamente con le strutture politiche e militari: Faustino Mayo si unisce al VReggimento di Enrique Líster; Francisco Mayo e Benitez Casaus fanno parte del cosid-detto Altavoz del Frente; Kati Horna collabora a testate anarchiche quali “Mujeres Libres”,“Tierra y Libertad” e “Umbral”; mentre il grafico Josep Renau, noto per i suoi fotomon-taggi realizzati sulla scia di Heartfield, è nominato direttore della Propaganda grafica delCommissariato generale dello stato maggiore.

Con la Unidad de Servicio Fotograficos del Ejercito del Este, con sede a Lérida, la-vora dal settembre 1937 anche il più famoso fotoreporter spagnolo, Agustí Centelles, acui viene affidata all’inizio del 1938 l’organizzazione e la direzione dell’archivio fotogra-fico dell’Esercito di Catalogna, con sede a Barcellona, carica che lo porta a collaborarecon Jaume Miravitlles, commissario per la Propaganda, e con Pere Catalá Pic, direttoredelle pubblicazioni dell’Ufficio di propaganda della Generalitat di Catalogna, al quale sideve il notissimo manifesto fotografico “Aixafem el feixisme”14.

Proprio ad un grafico come Renau si devono le dichiarazioni più esplicite e chiare sulruolo organico che deve assumere l’artista militante: “Il cartellonista - scrive Renau15 -impone alla sua funzione sociale una finalità diversa da quella puramente emozionale dellibero artista. Il grafico è l’artista della libertà disciplinata, della libertà condizionata dalleesigenze obiettive, vale a dire, superiori alla sua volontà individuale”, e a questo ruolo essosi deve dedicare con la dignità che implica il pieno esercizio di “una missione sociale estoricamente necessaria”16.

Ciò che merita di essere sottolineata è allora la condizione differente della produzio-ne di propaganda sui due fronti avversi: mentre in campo nazionalista si tratta prevalente-mente di una impostazione dirigista, centralizzata, con uno scarto netto tra ideazione edesecuzione degli elaborati grafici e visivi destinati alla propaganda, che rimangono anco-

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rati a canoni stilistici tradizionali17 (si veda ad esempio la ritrattistica di regime), in cam-po repubblicano l’adesione dei grafici e fotografi spagnoli è profondamente ideologica epoliticizzata, con immediate ripercussioni sui temi e sui modi della loro produzione, egiunge a gettare le basi di una nuova estetica fotografica, strettamente aderente alle moti-vazioni etiche e politiche della lotta. Il fotografo scende in strada fin dal primo giorno,quel 18 luglio del 1936 in cui molti reporter erano convenuti a Barcellona per l’aperturadelle Olimpiadi popolari, mai iniziate, e si ritrova totalmente immerso nel clima delle primeazioni di resistenza civile al sollevamento militare. Le foto di Centelles e quelle di Na-muth-Reisner a Barcellona, quelle di Vidal e Albero y Segovia a Madrid mostrano da subi-to un profondo coinvolgimento, una prossimità non solo fisica del fotografo all’azione diresistenza. L’uso delle nuove Leica e Contax consente una agilità di movimento che per-mette di rendere pienamente questa consonanza e di rinunciare definitivamente alla posa,alla documentazione ex post che tanto aveva caratterizzato la fotografia di guerra fino aquel momento.

In quei primi giorni il fotografo percorre le strade affiancando le barricate e mesco-landosi alle manifestazioni di folla, partecipa all’evento e lo documenta sentendosi partedi esso, così come nei mesi successivi registrerà l’arrivo dei volontari delle brigate inter-nazionali, la preparazione logistica e le azioni di guerra, le conseguenze atroci delle batta-glie e dei bombardamenti, ma soprattutto il popolo che lotta e soffre e che risulta il gran-de protagonista di queste immagini, in particolare in quelle di Kati Horna, che rivolge lapropria attenzione prevalentemente alle condizioni della vita quotidiana nei piccoli centri.

Come ha rilevato Joan Fontcuberta a proposito delle immagini di Centelles18 - ma que-sta considerazione può essere estesa anche agli altri fotografi che operarono da parte re-pubblicana - le immagini che questi hanno prodotto vogliono essere documenti grafici allostato bruto, volutamente “prive di firma e di stile”, nelle quali si vuole far prevalere il ri-chiamo realistico del mezzo. Obiettivo principale è il compimento della missione politi-ca e sociale che il fotografo ha scelto di svolgere, ciò che comporta in qualche modo l’an-nullamento della cifra personale, dell’interpretazione che si sovrappone e si interpone allapura funzione documentaria, al fine di trasmettere il messaggio nel modo più convincentepossibile, per produrre, come dice Fontcuberta, “simboli che sembrano documenti”.

E poco importa se per raggiungere questo scopo si deve ricorrere, in alcuni casi, asoluzioni apparentemente in contraddizione col dettato strettamente documentario, adinterventi di costruzione o ricostruzione dell’immagine quali la riquadratura del negativoin fase di stampa, il fotomontaggio e la doppia esposizione, la messa in scena e la posa.Ma anche la composizione dell’inquadratura viene utilizzata in funzione di sottolineaturaretorica del soggetto, come accade tipicamente nelle riprese dal basso verso l’alto, so-vente composte in diagonale, più volte utilizzate ad esempio da Centelles e Campana19,mentre altri fotografi quali Namuth-Reisner e Albero y Segovia adottano soluzioni diffe-renti, con riprese frontali o appena scorciate ed ombre marcate, ricercando una monumen-talità dell’immagine che rimanda in modo esplicito alla produzione del realismo sociali-sta ed al dibattito che in Unione Sovietica contrapponeva alle ricerche delle avanguardie,accusate di “tendenze formaliste, di feticismo della tecnica”, il ritorno a “forme compren-sibili”, al “primato del contenuto sulla forma”, propugnato dai membri della Ropf, Rus-

skoe Obcestvo Proletarskich Fotografov (Associazione russa dei fotografi proletari), chesi battevano per l’abbandono dei modi del reportage a favore di un ritorno alla fotografiadi composizione a fini celebrativi20.

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Le brigate internazionali

Allo stato attuale delle ricerche non sappiamo se e quanto di questo dibattito sia con-fluito ed abbia influenzato la produzione fotografica realizzata nell’ambito di organismialtamente politicizzati e ideologicamente controllati quali furono le brigate internaziona-li, ma certo la storia politica di questi organismi e di molti dei volontari e dei quadri diri-genti lascia supporre che sul fronte spagnolo ne giungesse più di una eco. Indagini condot-te direttamente sulle fonti, fotografiche e a stampa, sono a tutt’oggi molto rare. La mag-gior parte delle immagini ci è nota attraverso pubblicazioni di anni o decenni successivealla data in cui venne effettuata la ripresa, né, senza conoscere l’originale e la sequenza diproduzione in cui questo è inserito, siamo in grado di riconoscere e valutare il peso e ilsenso dell’impaginazione, che pure adotta schemi profondamente differenti nelle diversetestate21.

Anche le recenti indagini di Paola Corti e Alejandro Pizarróso Quintéro, condotte sudue importanti periodici prodotti dagli opposti schieramenti nel corso della guerra spa-gnola22, pur risultando di grande importanza per comprendere i meccanismi della propa-ganda politico-militare, fanno solo qualche cenno ai modi di produzione ed utilizzazionedell’immagine fotografica, che pure vi svolgeva un ruolo importante, e resta ancora so-stanzialmente valida l’osservazione fatta a suo tempo da Nanda Torcellan a proposito dellascarsità di pubblicazioni “sulla ricchissima documentazione visiva”23 della guerra di Spa-gna.

Per la fotografia prodotta al di fuori dei circuiti professionali, ma comunque non dafotografi improvvisati, il lavoro è ancora tutto da fare e non può per ora andare molto oltreuna prima indagine descrittiva, senza ancora poter affrontare l’ordine di problemi che emer-gono invece dalle prime attente ricerche sulle fotografie prodotte durante la Resistenza24.

L’analisi che presentiamo di un piccolo esempio di uso propagandistico della fotogra-fia durante la guerra di Spagna non può che essere considerata come un primo tentativo diavvicinamento al problema, certamente lacunoso e sottoposto al rischio di offrire inter-pretazioni falsate o insufficienti poiché, come si è detto, troppi ancora sono gli elementidi conoscenza che riconosciamo come indispensabili nel preciso momento in cui ne rile-viamo l’assenza. Lacuna tanto più grave quando risulta evidente come la guerra civile spa-gnola sia uno dei passaggi obbligati per comprendere la formazione di una nuova forma dicomunicazione sociale ampiamente centrata sull’uso delle immagini.

Il “Calendario del Garibaldino”

Il “Calendario del Garibaldino 1938”, edito dall’Unione popolare italiana, consta di cin-quantatré fogli di cm 22,7/15,8, con una copertina centrata grafícamente sulla bandieradella brigata con l’effigie di Garibaldi25. I fogli settimanali presentano sempre una parti-zione verticale che prevede in alto una grande immagine fotografica, di soggetto vario, acui corrispondono altre due fotografie di ridotte dimensioni poste agli angoli inferiori acornice del calendario settimanale, generalmente raffiguranti singoli o gruppi, tutte for-nite di didascalia.

Non siamo per ora in grado di conoscere con esattezza le motivazioni e gli obiettiviche tale pubblicazione si prefiggeva, ma il “Calendario” va inserito nella politica editoria-le condotta dal comando della brigata “Garibaldi” e deve essere messo in relazione colgiornale “Il Garibaldino”26, pubblicato dal 1 maggio 1937 al 7 febbraio 1938, e quindi allaredazione del volume antologico “Garibaldini in Spagna”, edito nel 1937, nel quale com-

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paiono numerose immagini presenti anche nel “Calendario”, ciò che fa supporre la pre-senza di una sola redazione e di un vero e proprio fondo di immagini al quale attingere nellediverse occasioni. Caratteristica comune a queste pubblicazioni, soprattutto evidente perla parte iconografica, è la loro natura di prodotti a circolazione interna, autoreferenziali,nei quali la narrazione prevale sull’informazione; gli argomenti trattati riguardano quasiesclusivamente la vita delle brigate e dei loro membri mentre poco è mostrato delle rela-zioni col nemico.

Il riferimento al giornale della brigata risulta esplicito nell’immagine di apertura delcalendario, il “Trombettiere delle brigate internazionali”, che è anche il simbolo che ac-compagna graficamente la testata del periodico, ma altri rimandi sembrano possibili esoprattutto risulta evidente una precisa corrispondenza ed un adeguamento al programmapolitico e militare del comando delle brigate espresso in forma compiuta dalle pagine delgiornale, a dimostrazione dell’articolazione estrema delle strategie di propaganda e dicostruzione del consenso.

Al trombettiere fanno seguito immagini relative ad altri ruoli militari, motociclisti,“cacciatori”, mitraglieri ed alcune scene di vita al fronte. Scarse sono le fotografie d’azio-ne, la documentazione delle diverse fasi del combattimento (“Bombardamento aereo”, “Al-l’attacco”, “I volontari passano i reticolati”) ma qui, rispetto agli esempi presenti in “Ga-ribaldini in Spagna”, risultano meno ingenue, costruite e composte con maggiore atten-zione e prive di particolari incongrui (il soldato che guarda in macchina durante un “attac-co”, ad esempio) che ne rivelino l’artificio palese della posa. Caratteristica è anche la sceltadel modo in cui l’azione di guerra viene documentata: o come evento terribilmente “spet-tacolare” (i bombardamenti) o come scena corale ambientata in spazi amplissimi nei qualila presenza della persona si riduce a puro segno. In queste fotografie brigatiste manca larappresentazione diretta della tragedia; lo scontro armato viene presentato registrandoneil prima e il dopo, mostrandone i luoghi e gli effetti sulle cose piuttosto che sulle perso-ne, secondo una tecnica che aveva avuto larghissima applicazione per tutto il XIX secoloma che i nuovi fotografi, i fotoreporter, avevano ormai abbandonato e programmaticamenterifiutavano27.

Anche la celebrazione delle vittorie militari, diversamente da quanto accade per i testiscritti, non passa mai attraverso l’exemplum personale, non si trasforma in modello dieroismo, rifiuta la costruzione del simbolo iconico che viene praticata nella stessa occa-sione dalla stampa internazionale (la foto del miliziano di Capa) secondo un procedimen-to proprio della comunicazione di massa. Le immagini di Guadalajara, Huesca, Guadarra-ma e Brunete o quelle del fronte di Aragona, che scandiscono le settimane seguendo l’or-dine delle ricorrenze, si riferiscono sempre alle fasi preparatorie (“La partenza”, “Il viag-gio di avvicinamento”, “Lo spiegamento della brigata”) o documentano i segni lasciati dallabattaglia e i festeggiamenti per la vittoria (“La strada da Madrid a Saragozza dopo la scon-fitta fascista di Guadalajara”, “I garibaldini ammirano il bottino preso al nemico”) mentresi evita accuratamente il riferimento alle gravi perdite subite (“Tank durante l’offensiva diBrunete”).

Non c’è dubbio che questo atteggiamento derivi da una pratica nella quale censura epropaganda si intrecciano indissolubilmente senza che sia possibile distinguere nettamentedove finisca l’una ed inizi l’altra, pratica che trovava il proprio specifico campo d’azionenel controllo, seppure imperfetto, della stampa periodica delle brigate e che si è evidente-mente estesa ad un prodotto non strettamente legato all’informazione come il “Calenda-

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rio”. Per queste ragioni la scelta del corredo iconografico può essere meglio compresanel quadro delle trasformazioni indotte dall’andamento della guerra: “Dall’agosto del ’37- come ha rilevato Paola Corti - le informazioni sui singoli combattimenti vennero di fat-to sostituite da più costanti aggiornamenti sulle attività di addestramento [...] A partire dallatragica conclusione dell’episodio di Brunete il giornale [“Il Garibaldino”, nda] cominciòdi fatto a prestare una sempre maggiore attenzione alla vita quotidiana delle truppe”28.

Le immagini che si riferiscono a questi temi percorrono tutta l’estensione del “Calen-dario”, alternando la documentazione dei momenti di addestramento e di preparazione(“Istruzione sul fucile a mitraglia”, “Momenti di riposo utilizzati per gli esercizi contro igas”) a quelli di pausa e di svago (“La zuppa”, “La squadra calcistica garibaldina”, “Coro digaribaldini”). Una grande attenzione è dedicata al tema dell’alfabetizzazione e della diffu-sione della stampa di informazione politico-militare tra le truppe (“Non più analfabeti nellaBrigata Garibaldi”, “Il giornale murale di un battaglione”, “Lettura in trincea”), argomentopiù volte ripreso anche nelle pagine di “Garibaldini in Spagna” e presente nelle immaginidi molti fotografi29, a dimostrazione dell’importanza che i comandi attribuivano alla dif-fusione dell’informazione ed alla pratica della lettura, di volta in volta finalizzate a scopidiversi a seconda dell’andamento del conflitto. Se - specialmente dopo Brunete - “le ri-correnti sconfitte subite dai repubblicani [...] imponevano anche al giornale di tacere sullaguerra, di sorreggere il morale di una truppa ormai in chiaro declino o ricorrendo alla rie-vocazione di alcune vittorie dei mesi precedenti o rimuovendo la memoria delle sconfit-te”30, allora risulta pienamente comprensibile e giustificato l’ampio spazio dedicato nel“Calendario” alla rievocazione della difesa di Madrid che costituisce il tema delle imma-gini relative ai mesi di ottobre, novembre e dicembre ed assume un significato preciso lascelta della fotografia di chiusura, il ritratto di André Marty, “l’eroe del Mar Nero, forgia-tore ed animatore delle Brigate Internazionali”, che costituisce certamente un richiamoall’ordine ed all’ortodossia più ferrea e feroce; la negazione finale dell’entusiasmo vo-lontaristico che pure le immagini precedenti avevano cercato di documentare.

1 GIORGIO CAMEN [GIULIANO PAJETTA], In trincea con i volontari italiani del BattaglioneDimitroff, in Garibaldini in Spagna, Madrid, Ugt, 1937, pp. 230-232.

2 MASSIMO SCIOSCIOLI, Presentazione, in ID (a cura di), Italiani nella guerra di Spagna 1936-1938. Un contributo di libertà, in “Archivio trimestrale. Rassegna di studi sul Movimento Repubbli-cano”, a. VIII, n. 1, gennaio-marzo 1982, p. 6.

3 RANDOLFO PACCIARDI, La guerra di Spagna, in M. SCIOSCIOLI (a cura di), op. cit., pp. 9-12.Il riferimento è al noto documentario The Spanish Earth, realizzato da Joris Ivens e John Ferno confinanziamenti di John Dos Passos e Archibald MacLeish, con testi di Ernest Hemingway; cfr. EVA PAOLA

AMENDOLA - FEDERICA DI CASTRO (a cura di), Spagna 1936-1939. Fotografia e informazione diguerra, Venezia, Marsilio, 1976, pp. 35-36. In occasione della presentazione di alcune immagini tratteda questo documentario, il periodico americano “Life” pubblica per la prima volta, nel numero del 12luglio 1937, la famosissima immagine di Robert Capa del miliziano caduto a Cerro Muriano, sul fron-te di Cordova, che assumerà ben presto il ruolo di icona della guerra di Spagna, ruolo che mantienea tuttoggi nonostante la messa in discussione della sua natura di documento ed il disvelamento dellasua costruzione artificiosa; cfr. ANDO GILARDI, Storia sociale della fotografia, Milano, Feltrinelli,1976, p. 299. Per una analisi sintetica e attenta delle forme del falso in fotografia cfr. RENZO CHINI,

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Tecniche e autentiche del falso fotografico, in “Aft. Rivista di Storia e Fotografia”, a. VIII, n. 15,giugno 1992, pp. 42-46; una grande occasione perduta per discutere in modo approfondito di questitemi è quella offerta da ALAIN JAUBERT, Commissariato degli archivi. Le fotografie che falsifica-no la storia, Milano, Corbaccio, 1993, che si limita ad essere un esempio datato di anticomunismoviscerale.

4 The war in Spain makes a movie with captions by Ernest Hemingway, in “Life”, July 12,1937, citato e riprodotto in E. P. AMENDOLA - F. DI CASTRO (a cura di), op. cit., pp. 35-37. È sin-golare notare come la notazione di Pacciardi richiami in modo quasi letterale l’osservazione dell’arti-colista di “Life”, fatta quarantacinque anni prima.

5 The camera overseas. The Spanish war kills its first woman photographer, in “Life”, August16, 1937, citato e riprodotto in E. P. AMENDOLA - F. DI CASTRO (a cura di), op. cit., pp. 37-38.

6 L’individuazione delle esatte caratteristiche del fenomeno condotta dal redattore di “Life” nonpotrebbe essere più esplicita, e forse tale lucidità di analisi molto deve alla conoscenza diretta dei primistudi sulle tecniche di propaganda utilizzate nella grande guerra, pubblicati negli Stati Uniti a partiredalla fine degli anni venti; cfr. ALEJANDRO PIZARRÓSO QUINTÉRO, “Il Legionario”. Un quotidianofascista nell’intervento propagandistico degli italiani nella guerra civile spagnola, in PAOLA CORTI

- ALEJANDRO PIZARRÓSO QUINTÉRO, Giornali contro. “Il Legionario” e “Il Garibaldino”. Lapropaganda degli italiani nella guerra di Spagna, Alessandria, Edizioni dell’Orso; Torino, Istitutodi studi storici “Gaetano Salvemini”, 1993, pp. 11-66, in particolare alle pp. 13-16.

7 VALERIO CASTRONOVO, Premessa, in P. CORTI - A. PIZARRÓSO QUINTÉRO, op. cit., p. 9.8 Citato da RIK SUERMONDT, Agustí Centelles, in “Perspektief”, n. 39, settembre 1990, pp. 66-

67. Ricordiamo qui l’attività di fotografo di Orwell, purtroppo dispersa, almeno per quanto riguardale immagini della guerra di Spagna, in conseguenza di un incidente che lui stesso descrive in questitermini: “Verso la fine di marzo [1937, nda] ebbi un’infezione alla mano che dovette subire un’incisio-ne ed essere tenuta con una benda al collo. [...] I ‘praticantes’, o infermieri, mi derubarono d’ognioggetto utile che avessi, compresa la macchina fotografica con tutte le mie fotografie’’; cfr. GEORGE

ORWELL, Omaggio alla Catalogna, Milano, Il Saggiatore, 1964, p. 91.9 PUBLIO LÓPEZ MONDÉJAR, Las Fuentes de la Memoria II. Fotografia y Sociedad en España,

1900-1939, Madrid, Ministerio de Cultura, Lunwerg Editores, 1992, p. 98.10 JUAN ESTELRICH, La persecuzione religiosa in Spagna, Milano, Mondadori, 1937. Contro

questa ignobile propaganda si alza la voce di Picasso, nominato dal governo repubblicano direttoredel Museo del Prado: “La ridicola frottola che i propagandisti fascisti hanno fatto circolare per il mondoè stata completamente smentita molte volte dal grande numero di artisti e intellettuali che ultimamentehanno visitato la Spagna. Tutti hanno riconosciuto il profondo rispetto che il popolo spagnolo in armiha rivelato nel salvare la grande ricchezza di quadri e dipinti religiosi e di arazzi dalle bombe incendia-rie fasciste. Tutti conoscono il barbaro bombardamento del Museo del Prado da parte degli aereiribelli, tutti sanno anche come i soldati riuscirono a salvare i tesori d’arte a rischio della loro vita. Quinon ci sono dubbi possibili. Da una parte i ribelli buttarono bombe incendiarie sui musei, dall’altra ilpopolo ha messo al sicuro gli obiettivi di quelle bombe, le opere d’arte. A Salamanca Milan Astraygrida ‘Morte all’intelligenza’. A Granada García Lorca è assassinato”; cfr. PABLO PICASSO, Dichia-razioni sulla guerra di Spagna 1937, in MARIO DE MICHELI (a cura di), Scritti di Picasso, Milano,Feltrinelli, 1964. È appena il caso di accennare qui alla larga eco che la guerra di Spagna ebbe nellacomunità intellettuale internazionale, ed in particolare in quella artistica. Alle due opere più famose diPicasso, Sogno e menzogna di Franco, del 1936, e Guernica, del 1937, si affiancano quelle di Ko-koschka, Masson, Alix, Wiemken, Sassu e altri, oltre naturalmente agli artisti spagnoli, prevalente-mente di area surrealista, quali Mateos, Luna e Prieto. Gli elementi più significativi di questa produzio-ne vennero presentati al pubblico internazionale nel padiglione spagnolo dell’Esposizione universaledi Parigi del 1937 che, oltre a Guernica, ospitava La Montserrat di Julio Gonzáles, i pannelli di JoanMiró e la colonna monumentale di Alberto Sanchéz Pérez La strada del popolo spagnolo conducea una stella. Anche la grafica repubblicana di propaganda si richiama sovente alle nuove correntiartistiche, differenziandosi profondamente in questo dalla corrispondente propaganda nazionalista; bastiricordare il coinvolgimento diretto di figure come Josep Renau e Pere Catalá Pic, che si ricolleganoalla pratica del collage e del manifesto politico del dada berlinese, ma anche il manifesto El Rumor,pubblicato dalla Cnt, di chiara impronta surrealista, e quello di Miró Aidez l’Espagne, pubblicato nel

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n. 45 della rivista parigina “Cahiers d’Art”, del 1937. Alla tradizione propagandistica del volume diEstelrich appartiene il più tardo LUDOVICO ZUCCOLI, La Repubblica di Spagna con riferimentoalle cose d’Italia, Napoli, Stab. Tip. Raimondi, sd [1948], pubblicato con evidenti intenzioni antire-pubblicane e soprattutto anticomuniste, “corredato da raccapriccianti fotografie sulle stragi e sulla di-struzione di edifici religiosi”; cfr. NANDA TORCELLAN, Gli italiani in Spagna. Bibliografia dellaguerra civile spagnola, Milano, Angeli, 1988, p. 13.

11 A. PIZARRÓSO QUINTÉRO, op. cit., p. 26.12 G. CAMEN [G. PAJETTA], L’Altavoz del Frente parla ai “volontari” di Mussolini, in Gari-

baldini in Spagna, cit., pp. 266-268.Di segno totalmente diverso l’iniziativa dell’aviazione dell’esercito repubblicano che diffondeva

nelle trincee nemiche volantini nei quali si prometteva salva la vita ai soldati che avessero disertato. Aprova palese del mantenimento della promessa il testo era corredato da fotografie di prigionieri deirepubblicani in perfetta salute e da trascrizioni di loro dichiarazioni; cfr. Garibaldini in Spagna, cit.,p. 312.

Un altro esempio di manifesto propagandistico diffuso dal battaglione “Garibaldi” tra i soldati ita-liani a Guadalajara è pubblicato nelle pagine del Calendario del Garibaldino 1938, Unione popola-re italiana, 14 marzo, e di Garibaldini in Spagna, cit., p. 286. Esso raffigura lo stivale fascista cheopprime la Spagna sullo sfondo di una raccolta di messaggi propagandistici e si rifà direttamente adun manifesto antinazista di identica impostazione, pubblicato nella rivista “Volks-Illustrierte”.

Più rari sono i collage totalmente fotografici quali Madrid / 1936 / No Pasaran! o l’efficacissimoKultur!, pubblicato dalla Sezione propaganda del Comitato nazionale della Cnt; cfr. ANN WILSON (acura di), Images of Spanish Civil War, London, Sidney, George Allen & Unwin, 1986, p. 80 e ss.

13 L. S. [LAMBERTI SORRENTINO], Cacciatori d’immagini, in “Il Legionario”, a. II, n. 406, 27agosto 1938, ora in P. CORTI - A. PIZARRÓSO QUINTÉRO, op. cit., pp. 185-187. Sorrentino, di cui“Life” pubblica una immagine nel numero del 1 novembre 1937, è vicecapo dell’Usp per il settoreradiofonico e redattore capo de “Il Legionario” fino all’agosto del 1937. Al suo ritorno in Italia pub-blica Questa Spagna. Avventure di una coscienza, Roma, Edizioni Roma, 1939. Nello stesso annoentra a far parte, come inviato e fotografo, della redazione di “Tempo”, fondato da Alberto Monda-dori, per il quale realizza la copertina del primo numero, un minatore di Carbonia, e successivamentenumerosi servizi dal fronte.

La riflessione di Sorrentino sulla nuova tipologia di lettore, che predilige le pubblicazioni ricche diillustrazioni fotografiche, risente evidentemente delle esperienze americane e soprattutto tedesche, mail suo riferimento ad una specie di analfabetismo di ritorno che avrebbe caratterizzato il contempora-neo lettore di periodici, tipico delle grandi realtà urbane, risulta nettamente in contrasto con il livellomedio di alfabetizzazione dei combattenti sui due fronti.

Al problema dell’alfabetizzazione prestavano invece una grande attenzione i comandi delle brigateinternazionali; cfr. infra, nota 28.

14 Per conoscere le vicende dei fotografi e della fotografia spagnola in questo periodo il riferimen-to fondamentale è P. LÓPEZ MONDÉJAR, op. cit., in particolare alle pp. 91-103. Si vedano inoltre:JOAN FONTCUBERTA - JERALD GREEN - ALBERT BARCELLS, Agustí Centelles (1909-1985) Foto-periodista, Barcelona, Fundació Caixa de Catalunya, 1988, in cui si ricorda la collaborazione di Cen-telles alla pubblicazione repubblicana, edita nel 1937 in fascicoli, Visions de guerra i de Reraguar-da. Història gràfica de la Revolució; ANTONIO GONZÁLES QUINTANA - ALBERTO MARTÍN EXPÓ-SITO - JUAN ANTONIO PÉREZ MILLÁN, Kati Horna. Fotografías de la guerra civil española (1937-1938), Salamanca, Ministerio de Cultura, 1992. Le immagini spagnole di Capa sono pubblicate inCornell Capa, Robert Capa. Images of War, New York, Grossman Publishers, 1964 (ed. italianaMilano, Mursia, 1965). Studi recenti di Carlos Serrano, citati in P. LÓPEZ MONDÉJAR, op. cit., p.103, n. 66, hanno rivelato però che molti dei reportage spagnoli firmati da Capa erano in realtà operadi David Seymour “Chim” e di Gerda Taro. Del manifesto di Catalá Pic vennero realizzate almenodue versioni, con e senza testo in catalano inserito, che presentano anche lievi differenze nelle fratturedella svastica; cfr. PELAI PAGÈS, La guerra civil, Barcelona, Editorial Barcanova, 1993, p. 4, e P.LÓPEZ MONDÉJAR, op. cit., p. 198.

15 JOSEP RENAU, Contestación a Ramón Gaya, cit. in P. LÓPEZ MONDÉJAR, op. cit., p. 103, n.65.

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16 J. RENAU, Función social del cartel publicitario, cit. in P. LÓPEZ MONDÉJAR, op. cit., p.103, n. 62.

17 Cfr. P. LÓPEZ MONDÉJAR, op. cit., p. 98 e pp. 210-211. Più interessante risulta dal punto divista propagandistico l’opuscolo preparato dal Dipartimento per il turismo nazionalista nel 1938, re-datto in inglese, che invitava ad un viaggio di nove giorni lungo la strada della guerra nel Nord, offren-do la possibilità di “osservare la storia nel suo farsi tra scenari spagnoli di incomparabile bellezza”, iltutto corredato da una doppia serie di immagini che contrappone vedute di luoghi e monumenti famosia sistemi di difesa, città distrutte e visite al fronte di Franco; cfr. A. WILSON (a cura di), op. cit., pp.138-139.

18 J. FONTCUBERTA, Agustí Centelles com a model, in J. FONTCUBERTA - J. GREEN - A. BAR-CELLS, op. cit., pp. 7-14.

19 Cfr. ibidem; P. LÓPEZ MONDÉJAR, op. cit., ma anche le immagini anonime riprodotte in IGNA-ZIO DELOGU - CESARE COLOMBO (a cura di), 30 anni di Spagna, Roma, Anpi, 1969. Pur se strut-turato in modo più dinamico, questo schema compositivo di monumentalizzazione della figura è lo stessoutilizzato da Capa per la foto del miliziano; schema che origina dalle ricerche delle avanguardie sovie-tiche, viene fatto proprio dall’iconografia del fascismo con il manifesto di Achille Bologna per la “Mo-stra della Rivoluzione Fascista” del 1932 e si ritrova ancora nella famosissima immagine di Max Al-pert, Comunisti, avanti!, 1942 circa; cfr. VASILY CHUIKOV - VASILY RYABOV, The Great Patrio-tic War, Moscow, Planeta Publishers, 1985, p. 169.

20 Cfr. ROSALIND SARTORTI, Unione Sovietica, in JEAN-CLAUDE LEMAGNY - ANDRÉ ROUILLÉ

(a cura di), Storia della fotografia, Firenze, Sansoni, 1988, pp. 127-135 (ed. orig. Histoire de laPhotographie, Paris, Bordas, 1986). Esempi di questa produzione sono reperibili in moltissime pub-blicazioni relative alla guerra di Spagna: si vedano ad esempio la fotografia anonima della Donna delleMilizie antifasciste, in I. DELOGU - C. COLOMBO (a cura di), op. cit., p. 98, un’immagine a figuraintera ripresa in esterni che si staglia netta sullo sfondo perfettamente fuori fuoco, realizzata con tec-nica da professionista che si ritrova anche nell’altra immagine anonima del Contadino in armi, idem,p. 103, che rimanda al Ritratto di contadino durante la guerra civile di Namuth-Reisner, 1937(cfr. P. LÓPEZ MONDÉJAR, op. cit., p. 92) ed all’immagine di Albero y Segovia pubblicata sulla co-pertina del numero del marzo 1937 della rivista sovietica “Smena”; cfr. E. P. AMENDOLA - F. DI CASTRO

(a cura di), op. cit., p. 39. Sfuggono ai rischi della retorica le immagini dell’anarchica Kati Horna,nelle quali lo “stile documentario”, per riprendere la definizione di Walker Evans, si estende a tuttocampo, senza le censure preventive legate alla collaborazione con gli organismi istituzionali o con igrandi periodici illustrati; tipica in questo senso la ripresa di un interno dell’Ospedale di Campagna aGrañen, del 1937, che mostra appese al muro sopra la branda immagini certamente “sconvenienti” enon ortodosse quali una grande fotografia di Marlene Dietrich, nudi femminili e copertine di rivistecinematografiche; cfr. A. GONZÁLES QUINTANA - A. MARTÍN EXPÓSITO - J. A. PÉREZ MILLÁN, op.cit., p. 27.

21 È sufficiente richiamare qui il confronto tra la facciata del primo numero de “II Garibaldino” del1 maggio 1937, con tre piccole immagini inserite nella griglia delle colonne di testo, col numero di“Giustizia e Libertà” del 23 aprile dello stesso anno, in cui la pagina intitolata Tra i prigionieri italianidi Guadalajara è composta su due colonne di fotografie con didascalie a tutta pagina. Ancora mag-giore l’impatto visivo della facciata de “Il Volontario della Libertà” del 25 novembre 1938, dedicatoalla partenza delle brigate internazionali, in cui al di sotto del titolo il testo è sostituito da una fotografiaa tutta pagina dei volontari in cui si inserisce in calce una foto di gruppo delle autorità repubblicaneconvenute alla cerimonia, mentre un estratto del discorso pronunciato da André Marty funge da dida-scalia; cfr. M. SCIOSCIOLI (a cura di), op. cit., sip.

22 P. CORTI - A. PIZARRÓSO QUINTÉRO, op. cit.23 N. TORCELLAN, op. cit., p. 7.24 Il confronto tra la produzione dei volontari antifascisti in Spagna e quella partigiana durante la

Resistenza potrebbe rivelarsi ricco di possibilità e di risultati e pare a mio avviso il solo pertinente,stante le finalità e le condizioni di produzione, per certi versi assimilabili nonostante le evidenti profon-de differenze. Per una prima analisi della produzione fotografica in ambito resistenziale e per una di-scussione dei problemi posti dalla sua utilizzazione cfr. ADOLFO MIGNEMI, Fotografie, in Gli archivie la memoria del presente, Roma, Ministero per i Beni culturali e ambientali, 1992, pp. 76-97, ID (a

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cura di), Storia fotografica della Resistenza, Torino, Bollati Boringhieri, 1995; SERGIO FANT, Lafotografia della Resistenza bellunese, in “Protagonisti”, a. XIV, n. 53, ottobre-dicembre 1993, pp.12-32.

25 La rarissima copia in possesso dell’Istituto (forse l’unica esistente) è stata messa a disposizionedell’Istituto alcuni anni fa dall’ex miliziano della brigata “Garibaldi” Joan Carreras, di Sant Pere Pe-scador (Gerona), grazie all’interessamento di Guido Rossi, già segretario del Cln provinciale vercel-lese, all’epoca direttore delle scuole italiane in Spagna (ndc).

26 Per una analisi di questa testata e delle strategie di propaganda interna della brigata “Garibaldi”si rimanda a P. CORTI, Dentro la guerra: “Il Garibaldino”, giornale di trincea della Brigata Ga-ribaldi, in P. CORTI - A. PIZARRÓSO QUINTÉRO, op. cit., pp. 67-96, ed all’antologia ordinata pertemi alle pp. 194-251.

27 Notissima e sintomatica l’affermazione di Capa: “Se le tue fotografie non sono abbastanza buo-ne, significa che non eri abbastanza vicino”, frase che condensa tutta la mitologia che circonda la figu-ra del fotoreporter; cfr. LANFRANCO COLOMBO (a cura di), The concerned photographer, in “Po-pular Photography Italiana”, n. 144, ottobre 1969, p. 19.

Per la fotografia di guerra nel XIX secolo cfr. PIERANGELO CAVANNA, Fogli d’album, in PEPPI-NO ORTOLEVA - CHIARA OTTAVIANO (a cura di), Guerra e mass media nel Novecento. Strumentie modi della comunicazione in contesto bellico, Napoli, Liguori, 1994, pp. 21-48.

Che i comandi delle brigate internazionali potessero ricorrere anche a fotografie realizzate da pro-fessionisti è evidente da numerose immagini, si vedano ad esempio quelle relative al discorso tenutodal ministro Hernandez e dal generale Miaja ai prigionieri italiani dopo la battaglia di Guadalajara,pubblicate anche nel Calendario (21 marzo), ma certo la possibilità di studiare i documenti fotogra-fici alla fonte consentirebbe ulteriori verifiche. La sola analisi del materiale pubblicato non consente adesempio di stabilire il formato del negativo di partenza e quindi dell’apparecchio fotografico utilizzatoin ripresa. L’eventuale notevole incidenza di immagini realizzate nel nuovo formato di pellicola 35 mmpotrebbe essere considerata quale elemento certo del professionismo degli operatori, perfettamenteaggiornati ed attrezzati e quindi solo impropriamente definibili come dilettanti dedicati ad una produ-zione occasionale. Il problema dei formati è poi strettamente connesso a quello delle possibilità diapprovvigionamento; mentre i nazionalisti venivano riforniti di materiale fotografico dagli alleati tede-schi, sul fronte repubblicano macchine fotografiche, pellicole e carte iniziarono a scarseggiare già pochimesi dopo l’inizio del conflitto. Soprattutto la carenza di pellicole costrinse molti fotografi a ricorrerenuovamente alle vecchie macchine a lastre e ciò ebbe probabilmente una certa influenza sul modostesso di fotografare; cfr. P. LÓPEZ MONDÉJAR, op. cit., p. 93.

28 P. CORTI, op. cit., p. 91.29 Cfr. Garibaldini in Spagna, cit., p. 153 e p. 166; A. GONZÁLES QUINTANA - A. MARTÍN

EXPÓSITO - J. A. PÉREZ MILLÁN, op. cit., p. 38 e p. 121, n. 28; A. WILSON (a cura di), op. cit., p.134.

30 P. CORTI, op. cit., p. 92.

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Copertina del “Calendario del garibaldino”In viaggio verso il fronte di Huesca

Trombettiere delle brigate internazionali

... e i militi si misero a scavare trincee

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Tutto e tutti per fortificare Madrid: fu la parola d’ordine del novembre 1936

I primi garibaldini pronti per la sfilata

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La batteria “Antonio Gramsci” si è fatta onore su tutti i fronti di Spagna

La batteria anti-tank dei garibaldini

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Una mitragliatrice antiaerea della brigata “Garibaldi”

I volontari passano i reticolati. Comincia la grande offensiva del Guadarrama

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Cacciatori di tanks pronti al lancio di dinamite

Mitragliere all’agguato

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Sono passati gli aeroplani fascisti

Aeroplano abbattuto nei pressi di Morata de Tajuña

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Prigionieri fascisti di Quinto e Belchite

La strada da Madrid a Saragozza dopo la sconfitta fascista di Guadalajara

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I garibaldini ammirano il bottino preso al nemico a Guadalajara

La brigata “Garibaldi” a riposo in Aragona

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Un momento di calma in trincea

Un breve alt durante la marcia

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Momenti di riposo utilizzati per esercizi contro i gas

Non più analfabeti nella brigata “Garibaldi”

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Posto di comando presso Villanueva del Pardillo

Un angolo della cucina della brigata “Garibaldi”

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La zuppa

Tony e la sua fisarmonica

La pulizia delle stoviglie

I garibaldini sanno scherzare

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Quattro garibaldini

La lettura in trincea

Lo studio della carta topografica

Garibaldino barbitonsore in trincea

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Fatti radere

Coro di garibaldini

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Squadra calcistica garibaldina

Fraternizzazione fra bimbi spagnoli e feriti

Pionieri spagnoli organizzati dai garibaldini

La brigata distribuisce giocattoli ai bimbi

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Il giornale murale di un battaglione

Evacuazione di bimbi dalla zona di guerra

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Appendice

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Questa testimonianza, sull’esperienza vissuta in Spagna durante la partecipazionea quella sanguinosa guerra civile, aggiungerà poco a quanto già si conosce, ma ha forsela particolarità di riportare alle mutevoli condizioni ambientali di quegli anni e a quelleche sono state le duplici reazioni che si ebbero in Italia all’esplodere di quella trage-dia, ai commenti influenzati dalla propaganda del regime fascista. Conservo ricordinitidi di quei giorni così lontani, che coincisero con le mie prime esperienze di impe-gno politico-ideale. I commenti che riuscivo a captare nella fabbrica e fuori erano divario genere e divergenti dall’uno all’altro ambiente, ma una sottolineatura si imposesubito: ora più, ora meno, essi presentavano differenziazioni di fondo, assai marcate,rispetto a quelli che si erano manifestati un anno prima, nel corso, cioè, della guerradi Abissinia.

In fabbrica, la maggior parte dei commenti era improntata ad una chiara simpatiaper i repubblicani, ovvero alla parte che si opponeva al colpo di stato dei generali ec’era la speranza di una vittoria delle forze strette attorno al governo di Fronte popo-lare. Il clima di fabbrica era opprimente o, per meglio dire, rigido, per quanto attene-va all’impegno nel lavoro e all’osservanza dei regolamenti di disciplina; assoluto era ildivieto di ogni protesta che intaccasse anche solo minimamente il potere del padrone,considerato indiscusso. Fuori di lì, per quanto ne ricavai dalla mia esperienza perso-nale, le proteste erano piuttosto blande, vigeva una certa indifferenza. Laddove c’era,la stessa presenza di colui che aveva la qualifica politico-sindacale di fiduciario di fab-brica, designato dal sindacato fascista, non era molesta, non già perché qualcuno nonlo fosse o non lo volesse essere, ma perché non aveva nessun potere riconosciuto dalproprietario dell’azienda. Semmai, era tenuto a non pretendere alcunché dal lavora-tore che potesse infastidirlo o distoglierlo dal suo impegno di lavoro.

Nella fabbrica, e più generalmente nei luoghi di lavoro, comandava chi ne era pa-drone, o qualcuno designato da questo. Personalmente ebbi a scontrarmi con il pote-re padronale ed a subirne i drastici provvedimenti disciplinari, il più grave dei quali,oltre al licenziamento in tronco, fu la denuncia ai carabinieri. Per fortuna non alleautorità di Pubblica sicurezza o, peggio, a quelle fasciste (altrimenti l’accusa sarebbeentrata nella sfera dei reati politici) e ciò non è senza significato. Subii infatti il prov-vedimento e la denuncia perché osai, in tempi in cui erano stati cancellati tutti i dirittidei lavoratori, ribellarmi e, soprattutto, reclamare per me e i miei compagni di lavoro,l’applicazione di quella che era una “larva” di contratto di lavoro; nel concreto, ilpagamento a tariffa maggiorata delle ore straordinarie, la cui osservanza, nella prati-ca, era lasciata alla completa discrezione dell’imprenditore. Devo dire, però, che nonmi fu mai rimproverato, nemmeno in quella circostanza, il fatto che la pensassi in modo

La guerra di Spagna: ricordi e riflessioni*

di Anello Poma

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contrario al regime fascista e lo esprimessi abbastanza apertamente con gli altri ope-rai. Quella fu veramente una grossa fortuna perché il fatto avvenne all’inizio dell’estatedel 1937, cioè poche settimane prima del mio espatrio in Francia. Un’accusa per an-tifascismo lo avrebbe certo reso impossibile.

Vale ancora la pena di ricordare, per rendere più chiaro un discorso che potrebbeapparire contraddittorio, che nessuno dei militanti antifascisti che tornarono dal car-cere in quegli anni, in maggioranza comunisti dichiarati, incontrò serie difficoltà adaccedere ad un posto di lavoro. In questi casi, l’elemento determinante era la loroqualifica professionale, per il resto, poté toccar loro di ricevere il classico e abusatoammonimento: “In questa fabbrica si viene per lavorare”, frase lapidaria che compren-deva tutto.

In questo clima, che definirei tollerante, persino le autorità di Pubblica sicurezzaostentavano un atteggiamento bonario. Ricordo che questo mi fu ancora più chiaroseguendo la vicenda di Domenico Bricarello, che incontrai alla fine del 1934. Venivadal penitenziario di Civitavecchia, dove aveva scontato sei anni e mezzo di reclusio-ne, e da dove era stato scarcerato per indulto. La pena inflittagli dal Tribunale specia-le nel 1928 era stata, infatti, di dodici anni e nove mesi: una delle condanne più pe-santi, a cui, come se non bastasse, si erano aggiunti tre anni di vigilanza speciale. Inconseguenza di quest’ultimo provvedimento, era tenuto non solo a ritirarsi in casa alcalar della sera, ma anche a recarsi periodicamente al Commissariato di Ps per ap-porre una firma che attestasse la sua presenza in città. Più di una volta il funzionariosi lasciò andare a commenti scherzosi tipo: “Allora Bricarello, quando la facciamoquesta rivoluzione”, a cui l’interpellato rispondeva: “Presto, signor commissario”. Sisentivano forti e saldamente attestati al potere i funzionari del regime e persino in venadi scherzare. Sarebbe stata proprio la guerra civile spagnola a rivelare le prime crepedi quell’edificio, nel quale essi allora credevano.

Raccolsi le prime reazioni e i primi commenti sulla guerra di Spagna all’esterno delluogo di lavoro, frequentando un albergo-ristorante, nonché luogo di ritrovo della cit-tà, da lungo tempo scomparso. Si chiamava “Gallo antico” ed era situato nell’areaadiacente la chiesa di San Cassiano. Vi si trovavano numerosi giochi delle bocce, dovesi davano appuntamento i più provetti giocatori nonché moltissimi altri che non prati-cavano il gioco, ma si divertivano ad assistervi. Si potevano trovare persone di ogniceto sociale: il lavoratore appena uscito dalla fabbrica, in certe ore anche il bottegaioo l’artigiano, l’impiegato e, non di rado, il professionista. Era un ambiente molto va-rio e anche alcuni antifascisti a me noti ne erano assidui frequentatori e lo utilizzava-no come luogo di incontro. Ricordo, ad esempio, uno scambio furtivo e inavvertibilea chi non l’avesse saputo di stampa clandestina a cui mi capitò di assistere.

Alla discussione sul procedere delle partite in corso, si mescolavano o facevanocapolino riferimenti agli avvenimenti politici. Fin dalla vittoria dei fronti popolari, inSpagna ma soprattutto in Francia, si poteva avvertire un maggior interesse e parteci-pazione al discorso politico, cosa che non succedeva durante la guerra d’Africa. LaSpagna, e il carattere di quello scontro, rivelatosi subito sanguinoso, accesero unagrande curiosità ed ebbero il potere di monopolizzare le discussioni.

Le opinioni di quanti tradivano simpatia per gli antifascisti spagnoli erano menoesplicite, sommesse e a mezze frasi; a voce alta venivano invece espresse quelle dicoloro che pronosticavano, e si auguravano, il sopravvento dei militari, anche quan-

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do non era ancora ben chiara la loro collocazione politica e ideologica. Tanto più ven-ne ostentata e dichiarata la simpatia per i generali quando si ebbe conferma che eranofascisti e quando si seppe della partecipazione di forze armate italiane, che non tardòmolto. Emergeva con chiarezza la presa efficace fin dall’inizio, della martellante pro-paganda degli organi d’informazione. “I comunisti perderanno in Spagna”, dicevanoquanti ne erano influenzati. Si trattava, per lo più, di persone del ceto medio, piccoloborghese e la loro opinione, che esemplificava in modo eccessivamente drastico eschematico la qualifica delle parti in lotta, era per larga parte la conseguenza della loroscarsa informazione ricavata unicamente dagli organi d’informazione, specialmentedai giornali ufficiali.

Doveva però essere soltanto una realtà apparente, o quanto meno non generaliz-zata, perché le autorità cominciarono ben presto a preoccuparsi dell’eco che gli avve-nimenti di Spagna generavano negli ambienti operai, ansiosi, invece, di conoscere piùda vicino i fatti, e di attingere informazioni meno contraffatte sulla realtà. Ciò è com-prensibile se si tiene presente che molti di quei lavoratori avevano un passato di lottesociali rilevanti e un presente di opposizione, anche aperta, al regime, come testimo-niava il numero ragguardevole di militanti antifascisti, in maggioranza provenienti dalceto operaio, condannati dal Tribunale speciale fascista o dalle commissioni per ilconfino.

Gli stessi discorsi tenuti in quei mesi in particolari ricorrenze o occasioni dai gerar-chi fascisti tradivano questa crescente preoccupazione. Si udirono infatti frasi, volu-tamente minacciose, di questo tenore: “È ora di rispolverare il manganello”. Proprioperché velleitarie nascondevano timori fondati. Le autorità, infatti, avvertivano unrisveglio crescente dell’interesse politico: troppi ardivano parlare del Fronte popolaree poi, anche della Spagna; alcuni cominciarono a riunirsi per discuterne.

A partire dalla fine del 1936 riprese a circolare più largamente, sempre in sensorelativo, s’intende, la stampa clandestina. Passava più frequentemente tra le mie mani“l’Unità”, in piccolo formato e in carta finissima, ma anche “Il grido del popolo” e,subito dopo, “La voce degli italiani”, che lo sostituì. Non rammento se circolassero incittà altri giornali stampati dai vari movimenti antifascisti; conobbi l’“Avanti!”, orga-no del Partito socialista, più tardi, in Francia.

Si andò anche oltre a questo: a partire dai primi mesi del 1937 seppi, non ricordocome, della possibilità di captare l’emittente “Radio Barcellona”, dalla quale si pote-vano ascoltare i notiziari in lingua italiana. In quegli anni, però, erano in pochi a pos-sedere un apparecchio radio, perché per tanti di noi era ancora un genere di lusso: siusavano allora degli stratagemmi.

Persino i locali pubblici gestiti da persone fidate, e che a loro volta si fidavano degliavventori che li frequentavano, erano utilizzati a quello scopo. Nel popoloso rione Riva,dove ero nato e cresciuto, il bar Italia era fra questi e fu lì che ascoltai le prime tra-smissioni. Andavano in onda a tarda sera e coincidevano con l’orario di chiusura del-l’esercizio. Organizzava la ricezione, con tutte le precauzioni del caso, Giuseppe Zal-dera, mio coetaneo ed amico, anche lui cresciuto in quel popolare rione. Ricordo cheanche lui seguiva con la mia stessa trepidazione gli avvenimenti della Spagna e insie-me gioivamo e soffrivamo per le vicende di quella battaglia che per noi era una batta-glia di civiltà e a cui, comunque, attribuivamo, più per istinto che per convinzioneragionata, grande importanza per il nostro stesso domani.

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Credo ci fossero altri in città a vivere attraverso quell’emittente il dramma di quelpaese e di quel popolo. Seppi che anche nei paesi del circondario, specialmente nellenumerosissime frazioni disseminate nel Biellese, al riparo di un’omertà impenetrabi-le, quella trasmissione fu ampiamente ascoltata ed i fascisti, pur sapendolo, furononell’impossibilità di reprimere. Se si ripensa alla situazione di due anni prima, quandoil regime aveva saputo montare la folle avventura della guerra in Abissinia e al gran-dissimo consenso che aveva raccolto, si deve concluderne che i tempi erano moltocambiati e con una rapidità straordinaria.

In quel nuovo clima, maturarono in me l’idea e poi la decisione di espatriare. Lacostituzione delle brigate internazionali in Spagna, l’eco delle loro imprese che ci giun-geva da “Radio Barcellona”, specialmente dopo le notizie della battaglia di Guadalajara,esercitarono un grande richiamo. Quando giunsi in Spagna capii che eravamo stati inmolti a sentirlo, perciò è discutibile la tesi, sostenuta anche in opere scritte, di coloroche affermano essere stato praticamente impossibile raggiungere la Spagna repubbli-cana a quanti risiedevano in Italia. Non furono in molti, questo è vero, ma oltre due-cento tra i cinquemila italiani che combatterono nella XII brigata internazionale “Ga-ribaldi” e in altre unità dell’esercito popolare spagnolo, provenivano direttamentedall’Italia. Il rischio, in fondo, era lo stesso di ogni espatrio clandestino.

Personalmente provai in diversi modi. Un mio conoscente, che aveva parenti neidintorni del lago di Como ed asseriva di poter contattare dei contrabbandieri per il mioespatrio, mi tenne per qualche tempo aggrappato a questa speranza, ma alla fine do-vetti abbandonarla. Più seria e realistica fu una seconda via prospettatami da Brica-rello, quel vecchio “galeotto”, benché poco più che trentenne, che tanta parte ebbenella mia formazione di militante fino al mio espatrio dall’Italia. Egli si trovava sem-pre nel mirino della polizia perché faceva parte degli indiziati pericolosi ed era sempresoggetto a sorveglianza. Nella primavera del 1937 ci fu a Biella la visita di un grossogerarca fascista, forse Starace, non ricordo. In tali occasioni, la polizia locale venivamobilitata e il primo atto era l’arresto e l’incarceramento degli antifascisti più noti egiudicati più pericolosi. Parecchi furono dunque rinchiusi nelle carceri del Piazzo perotto o dieci giorni, anche se la visita del gerarca non durò più di due giorni. Mentreerano in cella, alcuni di loro progettarono di espatriare in Francia o in Svizzera, perraggiungere poi la Spagna. Poiché desideravo far parte di coloro che volevano realiz-zare il progetto, mi recai, su indicazione di Bricarello, a Pralungo Sant’Eurosia perparlare con Rodolfo Benna. Vi trovai invece la moglie, la quale probabilmente era alcorrente della cosa e con ogni probabilità cercava di dissuadere il marito. Mi accolse,perciò, se non proprio con ostilità, con una certa freddezza. Non avversava, tutt’al-tro, le opinioni politiche del marito, già reduce dalle “patrie galere” per le sue convin-zioni e il suo impegno, ma aveva due figlie e credo non se la sentisse di rimanere solaa sobbarcarsi quel peso e quella responsabilità. Non le si poteva dar torto, e anchequesta possibilità cadde.

Andò male, ma soltanto per me, l’opportunità sfruttata con successo da EraldoVenezia e Gaspare Fracasso nel mese di luglio, forse per un malinteso, o per un ec-cesso di prudenza. Con loro, soprattutto con Eraldo, strinsi poi una affettuosa amici-zia che fu interrotta solo dalla sua prematura morte, sul fronte di Estremadura, nelfebbraio del 1938. Perseguii comunque con tenacia il mio progetto e finii per trovarela strada giusta, che era poi la più semplice e alla portata di tutti. Si rivelò tanto facile

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da sembrare inverosimile nel regime fortemente restrittivo del tempo, per questo pensonon sia stata sfruttata adeguatamente. Nel 1937, a Parigi, si tenne la Esposizioneuniversale e le agenzie di viaggio italiane, in collaborazione con le ferrovie dello Sta-to, organizzarono treni popolari, a prezzi modesti, per agevolare coloro che la vole-vano visitare. Si viaggiava con passaporto collettivo e il controllo non fu severo, po-trebbe sembrare una stranezza poco credibile ma fu così. Mi prenotai per quel viag-gio e ai primi di agosto ero a Parigi.

L’impatto con la realtà francese fu subito sconvolgente per una natura entusiasta,e diciamo pure un po’ sognante, come era la mia. Già durante il viaggio, poco dopo ilpassaggio della frontiera, c’imbattemmo in una unità dell’esercito francese in eserci-tazione, credo si trattasse di un reparto di chasseurs des Alpes, o comunque truppealpine, ed i soldati salutarono il treno in arrivo dall’Italia con il pugno chiuso, che erail saluto del Fronte popolare. Ero partito con Pio Borsano, mio coetaneo e compagnodi viaggio e, tutto sommato, di avventura, perché alla nostra età un’impresa come quellache avevamo cominciato aveva anche dell’avventuroso.

Ci guardammo esterrefatti, comprendendo il carattere politico e polemico diquell’accoglienza, e Pio, che era una natura spontanea, esplose in una delle sue carat-teristiche rumorose risate. Gli fece eco uno dei viaggiatori che proveniva da Roma,da dove il treno aveva iniziato il suo lungo viaggio, e che, se ben ricordo, doveva es-sere un impiegato statale. In primo luogo si espresse con un gesto piuttosto tipico,consistente in un certo movimento del braccio, poi esclamò: “Ci penserà Mussolini asistemarli”. La cosa non ebbe seguito, noi eravamo troppo occupati a ripensare aquell’accoglienza, fatto nuovo e del tutto insolito, gli altri viaggiatori non ritennero difiatare.

Giunti a Parigi, cercammo subito di prendere contatto con le organizzazioni o gliambienti antifascisti dell’emigrazione italiana, non prima però di aver camminato perdiverse ore lungo le vie della città e conoscerne alcuni punti più rinomati. Per partemia sperimentai l’uso di quel poco francese che avevo imparato, certo non a scuolaperché avevo dovuto fermarmi alle elementari e darmi subito da fare per trovare unlavoro.

Ad un certo punto, la nostra attenzione venne catturata da un gruppo di giovaniche guardammo ammirati. Negli angoli delle vie erano intenti a vendere il quotidianocomunista l’“Humanité” e il settimanale della gioventù che, se ben ricordo, era intito-lato “Regard”. Non solo vendevano i giornali, ma intavolavano discussioni con i pas-santi che vi erano interessati. Non cercai di mescolarmi a quella discussione, che delresto non avrei potuto pretendere di capire bene, ma tentai di scambiare qualche pa-rola chiedendo informazioni. Ebbi poca fortuna, purtroppo, perché m’impappinavo,provocando la rumorosa risata del mio compagno, il che aveva il potere di accrescereancor più il mio imbarazzo.

Bricarello ci aveva fornito alcuni recapiti ed avemmo fortuna. In una libreria, inti-tolata “Les bureaux d’éditions sociales”, trovammo la persona giusta. Ricordo pocodi lui ma quanto basta per provare commozione ripensando a quell’incontro. Era cer-tamente un emigrato politico di età media, l’aspetto da persona dedita agli studi, per-ciò credo svolgesse il lavoro di libraio. Conosceva bene Bricarello e anche altri bielle-si; saputo delle nostre intenzioni ci indirizzò alla redazione della “Voce degli italiani”,che seppi poi essere portavoce dell’Unione popolare italiana.

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Ripetemmo la nostra storia, che non aveva nulla di complicato, e perciò non do-vemmo faticare per essere creduti, dal momento che ci indirizzarono in una pension-cina popolare alla periferia della città, ridandoci appuntamento per discutere della nostrasituazione e decidere cosa fare. Infatti non ci furono problemi e la nostra permanen-za a Parigi fu di breve durata. Dopo meno d’una settimana eravamo in viaggio conaltri verso il “Midi” della Francia, per fare tappa a Carcassonne. Ancora una sosta diqualche giorno, senza neanche il tempo di approfondire le nuove conoscenze e ripren-demmo il viaggio, prima in camion poi a piedi, per attraversare i Pirenei e raggiungerela cittadina di Figueras: ero in Spagna.

Percorsi in treno la Catalogna e la stupenda regione del Levante, terra dei legumie degli agrumi, fino a Valencia, quindi deviai verso l’interno e, senza conoscere soste,giunsi ad Albacete, sede e base delle brigate internazionali. Albacete e la regione dellaMancia erano ben altra cosa come paesaggio rispetto a quello che avevo visto di quellaterra fino a quel momento, e questo valeva anche per il povero paesino di Quintanarde la Reina1, che da pochi anni, cioè dalla caduta della monarchia nel 1931, era statoribattezzato Quintanar de la República. Avrei rivisto il Levante l’anno seguente, quandosostai all’ospedale di Murcia e al convalescenziario di Horiguela2 per guarire da unaferita rimediata a Campillo, sul fronte dell’Estremadura. La vera Spagna era però quelladi Albacete: lo imparai dopo. Allora dovevo solo trascorrere il periodo, nemmeno lun-go, di istruzione militare che, a parte alcune difficoltà iniziali per abituarmi all’alimen-tazione, non trovai eccessivamente noioso. Intanto cercai di “guardarmi attorno”.

Affermare che capii tutto e subito sarebbe infantile, mentre è vero che ci fossecuriosità e persino ansia di comprendere. Faticai, naturalmente, a penetrare nella si-tuazione del paese e le prime cose comprensibili furono le conseguenze dolorose diquella guerra che già contava centinaia di migliaia di morti. Eppure, nonostante que-sto, ebbi la sensazione, divenuta presto certezza, che quello fosse un popolo deciso avincere e che ancora coltivasse questa speranza; forse perché si giocava tutto: la suacondizione di popolo libero e qualcos’altro ancora. Più convincente fu la sensazioneche ricavai dai primi veri contatti umani che, superando l’ostacolo della lingua, stabi-lii con i giovani della classe 1917, chiamati alle armi. Li incontrai quando raggiunsi labrigata “Garibaldi”, dove venni incorporato in quanto italiano, e che, se ben ricordo,era acquartierata nelle vicinanze della città di Lérida, nell’impervia regione dell’Ara-gona.

Stavamo per essere impiegati in una operazione offensiva sul fronte di Saragozza,quando affluirono, appunto, le reclute spagnole. Erano giovani mobilitati al serviziomilitare obbligatorio che la Repubblica aveva istituito da poco, non più, quindi, i com-battenti volontari politicizzati delle prime milizie, sebbene anch’essi permeati dallatensione ideale che animava lo sforzo bellico di quel popolo. Devo tuttavia aggiunge-re che la politicizzazione di quella guerra era grande ed estesa anche nella parte fran-chista e lo era persino con il marchio della crociata religiosa, come constatai fin dalprimo contatto in guerra, e che mi fu confermata nel corso della battaglia dell’Ebro.

Con quei giovani spagnoli salii al fronte ed ebbi l’impatto con la guerra. Fui im-pressionato da qualcosa nel loro comportamento che per me aveva dell’incredibile eche poteva spiegarsi solo con l’ignoranza che essi avevano della guerra. Ci trovava-mo impegnati davanti a Saragozza, in uno dei tanti e vani assalti alla capitale dell’Ara-gona, che si rivelò sempre un obiettivo imprendibile. Non fu un combattimento parti-

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colarmente cruento e le perdite furono limitate, tuttavia fu sconcertante la paura ini-ziale di quei giovani. Pensai che forse io, che avevo tanto sentito parlare della guerra1914-1918 negli anni dell’infanzia, a scuola e fuori, da coloro che l’avevano fatta, miero in una certa misura familiarizzato con taluni dei suoi aspetti, come il bombarda-mento dell’artiglieria. Ciò influì certamente sul mio contegno, che determinò però ungiudizio esageratamente positivo di quei giovani nei miei confronti.

Lo manifestarono appunto dopo quel primo combattimento di Fuentes de Ebro conuna sconfinata quanto gratuita ammirazione verso uno che, al pari di loro, era alle sueprime esperienze di guerra e non faceva niente di più che padroneggiare come potevail senso di paura che sentiva intensamente e persino dolorosamente. “¿Tú no tienesmiedo?”3, mi dicevano ammirati per il solo fatto che a me riuscivano comprensibilicerti effetti della guerra che a loro invece sfuggivano e che al loro primo manifestarsili atterriva. Non valse, in quel momento, spiegar loro che era vero il contrario. Si sta-bilì però un legame di affettuosa amicizia, di confidenza profonda. Ne parlo con com-mozione perché mi legai moltissimo a quei giovani, che raggiunsero con me la brigatanel settembre 1937 e che provenivano in maggioranza dalla provincia di Jaén in An-dalusia. Più tardi avrei conosciuto e stretto rapporti amichevoli anche con giovani ca-talani, provenienti cioè da una regione più affine all’Italia del Nord, ma ciò che provaiin affetto e amicizia con e per quei giovani andalusi non ebbe eguali.

Fu comunque grazie a quei legami e a quelle conoscenze che imparai a guardarepiù addentro alle cose di quel paese e a formarmi un giudizio più completo e maturo,comprendendo certi fenomeni e certe contraddizioni. Capii, ad esempio, che il con-senso di cui godeva la Repubblica era vasto ma non generalizzato. I franchisti e le forzedella destra reazionaria che avevano promosso la ribellione dei generali avevano i loroseguaci infiltrati nella Spagna repubblicana. Franco battezzò quei suoi sostenitori“Quinta colonna”. Resta pur vero, tuttavia, che senza un largo consenso di massa laresistenza delle forze schieratesi con il governo di Fronte popolare non sarebbe dura-ta quasi tre anni.

Naturalmente l’appoggio e la partecipazione popolare rivelarono anche incrinatu-re e momenti di crisi, specialmente quando si verificarono gravi rovesci sul pianomilitare. Di una in particolare vorrei parlare, non solo perché la vissi in tutta la suadrammaticità, ma perché resta un fenomeno quasi stupefacente il fatto che le manife-stazioni di cedimento non abbiano avuto le conseguenze disastrose che il mondo esternoalla Spagna, e in particolare gli ambienti dirigenti degli stessi governi democratici eu-ropei, si attendevano. Fu quanto accadde nel marzo del 1938 con l’offensiva franchi-sta in Aragona, che portò le truppe dei generali fascisti, comprese logicamente le divi-sioni italiane fasciste e le forze tedesche, a infrangere ogni resistenza repubblicana, aoccupare la regione e, attraverso la Catalogna, a raggiungere il mare alla foce del fiu-me Ebro. La Spagna repubblicana si trovò così ad essere spaccata in due corpi sepa-rati, e si verificarono nelle nostre file fenomeni di disgregazione. Penetrò, cioè, laconvinzione che la guerra fosse perduta e diversi si lasciarono prendere dal panico evincere dallo sconforto, raggiungendo la Francia e consegnandosi alla polizia di con-fine di quel paese.

Credo che quel fenomeno coinvolse soprattutto gli antifascisti che erano giunti daaltri paesi. Non mi avventuro naturalmente in giudizi che coinvolgono le forze politi-che e le sfere del governo, e mi limito a ciò che riguarda le brigate internazionali, che

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del resto non erano poca cosa. La stragrande maggioranza dei volontari restarono alloro posto di lotta, posto che essi stessi avevano scelto. Considerammo infatti quelladefezione un fatto passeggero, conseguenza della stanchezza e, diciamo pure, delladelusione. Siccome si era volontari trovammo quasi logico e naturale che alcuni, inquella condizione, abbandonassero la lotta.

Altri due dati, piuttosto, furono sorprendenti. L’afflusso dei volontari internazio-nali non si interruppe e altri ne giunsero; la testimonianza fisica della solidarietà mo-rale e materiale delle forze democratiche e popolari si mantenne quindi integra, al dilà del peso che tale presenza ebbe sul piano militare, cioè mai determinante. Fu inve-ce importante per la parte repubblicana, sebbene in misura ben minore di quanto nonlo sia stato per quella franchista, il flusso degli armamenti.

Ciò che più mi impressionò e mi emozionò fu la crescita della determinazione de-gli spagnoli di battersi fino in fondo, e non solo per orgoglio, in battaglie di retroguar-dia. Ormai avevo imparato a conoscerli bene: dal nulla si erano fatti soldati ed eranodiventati fior di combattenti. Solo così fu possibile costruire l’esercito dell’Ebro, chefuori dalla Spagna venne considerato un miracolo e stupì il mondo, perché si mostròcapace di compiere l’operazione più importante e più lunga di quella guerra, per quantola più sanguinosa.

Non mi dilungherò sui combattimenti ai quali presi parte. Ho voluto ricordare so-prattutto i comportamenti umani ed è proprio in quest’ottica che intendo parlare deifatti legati alla battaglia dell’Ebro, a come la vissi. Padrone ormai della lingua fino apensare in castigliano, partecipai con entusiasmo alla preparazione di quello scontro,perché proprio in ragione dei legami che avevo stretto mi sentivo parte di quel popo-lo, della sua storia, che studiavo con passione, dei suoi costumi, che assimilavo. D’al-tra parte, sentivo, al pari degli altri volontari, con grande tensione che la prossimabattaglia avrebbe avuto un carattere decisivo, che sarebbe stata una svolta, anche perchéeravamo partecipi della storia dell’Europa e sentivamo dunque che la guerra di Spa-gna avrebbe avuto un grande significato per tutto il continente. Infatti lo ebbe, anchese negativo e molto diverso da come avevamo sperato, perché a Monaco, la GranBretagna e la Francia, che già aveva proclamato la mobilitazione generale, cedetteroai ricatti di Hitler, consegnandogli praticamente la Cecoslovacchia.

In nessun altro fatto d’armi, in tutta quella guerra che durò quasi tre anni, vi fu uncosì grande dispiegamento di uomini e mezzi come nella battaglia dell’Ebro. La di-sponibilità di questi ultimi ne decise l’esito. Al suo inizio, il 24 luglio, l’esercito repub-blicano poteva contare su un dispositivo efficiente. Dopo la sconfitta subita dallaRepubblica in Aragona, le nazioni europee, e particolarmente la Francia, convinte chela partita fosse decisa, avevano infatti allentato il rigido blocco delle frontiere, decre-tato in ossequio al famigerato “patto di non intervento”, sottoscritto da tutti i paesima mai rispettato da quelli fascisti. La Francia, dunque, lasciò affluire ingenti quanti-tativi d’armi, in particolare cannoni e aerei che la Spagna produceva in minima misu-ra e doveva quindi importare. Al momento dell’offensiva repubblicana culminata colpassaggio dell’Ebro, i paesi europei reagirono palesando umori anche maggiori deglistessi governi fascisti. Il blocco alle frontiere con la Francia torna ad essere rigido comenon mai, e poiché i mari erano sorvegliati dalla marina dei paesi fascisti la sproporzio-ne dell’armamento divenne abissale, diventando il fattore determinante delle sorti dellaguerra.

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La “Garibaldi” fece interamente la sua parte, pur partecipando solamente alla fasedifensiva, la più cruenta e ossessiva di quella battaglia. Capimmo, ma solo quando sirivelò in tutta la sua tragica realtà, che sarebbe stata l’ultima, al di là della nostra so-pravvivenza. Era impressionante lo scenario delle colline nei pressi di Gandesa (ilsettore allora difeso dalle brigate internazionali si trovava in una zona denominata SierraCaballs4); ancora più impressionante e sconvolgente il rombo dell’artiglieria e dell’avia-zione franchista, assolutamente padrone del campo.

L’artiglieria iniziava di buon mattino il suo martellamento e non cessava che allasera, quando le truppe franchiste venivano scagliate contro le nostre postazioni. Perquanto provati dai vuoti paurosi provocati nelle nostre file dai bombardamenti e col-mati con sempre maggiori difficoltà, la nostra reazione era rabbiosa, quasi fossimosorretti da una sorta di determinazione fatalistica. Pareva impossibile tenere la posi-zione dopo giornate di bombardamenti così micidiali, ciononostante riuscimmo più voltea ricacciare gli assalitori con le armi individuali o a colpi di bombe a mano, provocan-do anche tra loro perdite gravissime.

Ricordo le notizie forniteci da alcuni soldati franchisti passati nelle nostre file. Alladomanda se lamentavano forti perdite, risposero con l’ironia scanzonata che è tipicae spontanea degli spagnoli: “Hombre, es la única cosa que no falta”5. È noto, del resto,che la battaglia dell’Ebro, durata oltre due mesi di ininterrotti attacchi e contrattacchi,costò oltre centocinquantamila caduti in combattimento. La frase dell’ex combatten-te nelle file franchiste mi induce ad una notazione riflessiva. Le diserzioni fra i fran-chisti furono purtroppo limitate, anche perché Franco era spietato con le famiglie deidisertori, tuttavia considero lo scarso risultato ottenuto in questo senso una dellemaggiori debolezze palesate dall’azione politica e propagandistica dei repubblicani euna tra le cause, seppure secondarie, che facilitarono la vittoria franchista.

Mi sorregge in questa convinzione il fatto che potei, proprio in quei giorni e in quegliscontri sanguinosi, misurare la capacità combattiva delle truppe fasciste. È vero, comeho detto prima, che il loro assalto era preceduto dal bombardamento incessante dellenostre postazioni, mentre essi non ne erano praticamente più soggetti, ed è altrettantovero, come credo capiti ad ogni esercito, che le truppe franchiste venissero all’attac-co furiose per le perdite subite ed ebbre da abbondanti libagioni di anice. Lo sentiva-mo il giorno che precedeva l’azione, quando giungevano a noi le grida sprezzanti edammonitrici che dicevano testualmente: “Rojo, prepara las alpargatas que mañanavas a corer”6 e subito dopo la richiesta di “un otra copa de anís”7. Le frasi citate, chericordo esattamente e non solo approssimativamente, avevano su di noi un effettoagghiacciante giacché si sapeva che se non a noi, sicuramente la sorte preannunciatasarebbe toccata a qualche reparto. Proprio in quelle occasioni, dicevo, potei registra-re la caparbia determinazione degli assalitori nel continuare l’avanzata lungo il pendiofino all’obiettivo, pur subendo perdite assai pesanti, perché sapevamo usare le armi elo facevamo. Non credo però che la loro insistenza, che alla fine, spesso, veniva pre-miata, pur a caro prezzo, fosse dovuta solo all’effetto dell’alcool e alle minacce degliufficiali, rivolte a chi tentennava e mostrava di lasciarsi sopraffare dalla paura. Leminacce non erano gratuite, ma sono convinto che agisse su quegli uomini anche l’ef-fetto di una propaganda efficace.

Queste, comunque, furono le impressioni più vive riportate sulle impervie e deso-late pendici di Sierra Caballs nei mesi di agosto e settembre 1938, che furono anche

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gli ultimi della mia esperienza in Spagna. Verso la fine di settembre, infatti Álvarezdel Vayo, ministro degli Esteri della Repubblica spagnola, comunica alla Società dellenazioni di Ginevra la decisione presa dal governo del suo paese di ritirare i combat-tenti delle brigate internazionali dal fronte. Nel tentativo di respingere uno dei tantiattacchi dei franchisti alla zona occupata dalla mia compagnia, ormai tale solo di nome,perché gli effettivi si erano drasticamente ridotti, rimasi ferito e fui evacuato in ospe-dale. Da lì raggiunsi il paese di Torelló in Catalogna, base di raccolta dei superstitiinternazionalisti di nazionalità italiana. Era la terza ferita riportata in quella guerra, segnodella mia permanenza sulla linea del fronte o nelle immediate retrovie.

Forse anche per questo mi riesce difficile dominare una fastidiosa insofferenza versoquanti si erigono, a mio avviso con troppa disinvoltura, a giudici ipercritici rispetto allapolitica e alla condotta del governo spagnolo. Capisco bene che la mia reazione è piùistintiva che ragionata e dunque rispetto, anche quando non la condivido, l’opinionedi coloro che, giornalisti e scrittori, si recarono in Spagna in qualità di osservatori, percapire e raccontare. Mi riesce invece molto più difficile capire, ripensando alla miaesperienza di persona che andò a offrire solidarietà fattiva per un popolo di cui con-divideva la causa, combattendo fino allo stremo e senza il tempo di approfondire o diindagare nelle pieghe della politica governativa, come possano invece averlo trovatoaltri, partiti come me per combattere e da cosa derivi la loro sicurezza di giudizio.Personalmente ho una sola certezza: vissi in quegli anni una delle esperienze più esal-tanti della mia vita, anche se fu la più sfortunata. Sono convinto, però, che fu deter-minante nel non avere esitazioni di fronte a importanti scelte successive.

* Testo, riveduto e ampliato dall’autore, della relazione svolta al convegno La guerra di Spagna:dalla memoria storica alla lezione attuale, Torino, 11-12 maggio 1984, edito in “l’impegno”, a.VI, n. 2, giugno 1986.

1 Recte: Quintanar del Rey (ndc).2 Recte: Orihuela (ndc).3 “Tu non hai paura?”.4 Recte: Sierra de Cavalls.5 “Uomo, è l’unica cosa che non manca”.6 “Rosso, prepara le pantofole che domani ti toccherà correre”.7 “Un’altra coppa di anice”.

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Ritengo più che giusto ricordare gli avvenimenti che caratterizzarono gli anni trenta inSpagna. Se è vero che la storia è fonte inesauribile di esperienza per il futuro è doppia-mente giusto ricordare quei fatti, perché la guerra di Spagna del 1936-39, rappresenta unadelle pagine più importanti della lotta popolare contro il fascismo e per la libertà combat-tuta fra le due guerre mondiali.

Viviamo di nuovo, oggi, un momento di acuta tensione internazionale, di contrapposi-zioni e di blocchi, la corsa agli armamenti è sempre più affannosa, la guerra nucleare, chedistruggerebbe l’umanità, diventa sempre più un pericolo reale. Altrettanto ampio è il frontedella protesta contro la guerra, per ristabilire forme di collaborazione tra i paesi, per assi-curare pace e libertà ai popoli.

Gli anni ottanta presentano molti elementi di analogia con gli anni trenta. Per suffraga-re la mia affermazione vorrei ricordare alcune tappe salienti di quel periodo.

1931: aggressione della Cina da parte del Giappone e conquista della Manciuria: pri-mo passo dell’imperialismo giapponese in Asia.

1933: conquista del potere da parte di Hitler ed avvio della violenta politica antidemo-cratica e razziale in Germania e di revanscismo nazionalista in Europa.

1934: rivolta armata a Vienna e vittoria delle forze fasciste; tentativo di colpo di statofascista in Francia, sconfitto dalla protesta popolare: preludio alla vittoria del Fronte po-polare nel 1936.

1935: guerra coloniale del fascismo italiano in Abissinia.1936: accordo di Monaco e cedimento delle forze democratiche ai ricatti di Hitler,

che può occupare tranquillamente la Cecoslovacchia.È in questo clima di tensione che si inserirono gli avvenimenti del decennio spagnolo,

culminati nel 1929 con la sconfitta del regime fascista di De Rivera e, nel 1931, con lacaduta della monarchia e la costituzione di un governo repubblicano. Questo governo nonebbe però sufficiente fiducia nella spinta delle masse popolari e dei partiti democratici edi sinistra nel portare avanti le riforme democratiche e nel contrastare le forze reaziona-rie: quella fiducia avrebbe forse dato alla Spagna un destino diverso. Il colpo di stato delluglio 1936 provocò un vasto movimento di lotta popolare nel Paese e profonda indigna-zione e solidarietà tra le masse popolari del mondo intero. In Spagna, la lotta armata con-tro i golpisti fu immediata: sorsero i primi gruppi della milizia popolare che imposero algoverno la distribuzione delle armi per attaccare i focolai fascisti e liberarono in pochigiorni due terzi del Paese e tutte le città principali: Madrid, Barcellona, Valencia ed altreancora. I golpisti, sconfitti sul terreno della sorpresa, di fronte alla reazione coraggiosadelle masse popolari non esitarono a gettare la Spagna nella più orribile e sanguinosa del-le guerre civili con l’aiuto delle nazioni fasciste: Italia, Germania e Portogallo. Fu in que-

Un’esperienza antifascista nella Spagna della guerra civile*

di Antonio Roasio

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sto periodo che tra le forze democratiche e di sinistra maturò la coscienza di un aiutoconcreto ai repubblicani, con l’organizzazione di forti nuclei di volontari che combattes-sero in Spagna la battaglia della libertà. Nacquero così i primi nuclei del volontariato in-ternazionale: la colonna “Rosselli” (con il motto “oggi in Spagna, domani in Italia”), lacenturia italiana “Gastone Sozzi”, la centuria “Comune di Parigi”, la centuria “Thaelmann”,la centuria “Dombrowski” e tante altre, che combatterono la loro prima battaglia contro ilfascismo internazionale inquadrati in unità spagnole.

Nel mese di agosto, la situazione politica e militare della Spagna cominciò a delinear-si con maggiore chiarezza e si intravidero gli sviluppi di un conflitto non più limitato aiconfini della sola Spagna. Non si trattava, cioè, solo di uno scontro nazionale, di una guer-ra civile fra golpisti e repubblicani, ma di una guerra fra fascismo e democrazia in Europa.

Lo confermarono, del resto, gli stessi governanti italiani quando parlarono apertamen-te di una guerra ideologica contro le plutodemocrazie, della prosecuzione della guerrad’Abissinia, di una necessità nazionale per fare del Mediterraneo un “lago” italiano. Anco-ra più esplicita fu la dichiarazione del generale tedesco Reichmann quando affermò: “L’in-tervento in Spagna non è soltanto una magnifica scuola di guerra ma anche una lezionepolitica ammirevole. Allo sforzo imperativo di preparazione sistematica alla guerra corri-sponde quello di infiltrarsi nel campo avversario. L’appoggio dato a Franco ci ha permes-so di situarci attraverso le linee strategiche e vitali della Francia e dell’Inghilterra”.Si rivelò quindi un grave errore, condannato da tutte le forze di sinistra e democratiche, ladecisione di “non intervento” della Francia e della Gran Bretagna, che isolarono la Spagnarepubblicana, le impedirono di acquistare armi e i materiali necessari per la guerra, for-nendo, in pratica, un aiuto indiretto alla politica fascista.

In questo momento tragico per le sorti della democrazia spagnola, come ho detto, pre-se coscienza il vasto movimento di solidarietà, attraverso l’organizzazione del volontaria-to internazionale. Iniziò quindi una vasta azione che vide uniti tutti i dirigenti della II e dellaIII internazionale. Numerosi incontri videro impegnati personaggi come Nenni, DeBrouckère, Adler, Thorez, Cachin, Longo, ecc., con queste finalità: realizzazione di unaunità fattiva su obiettivi immediati e concreti, organizzazione alla base di comitati unitariper il reclutamento fra le forze popolari e antifasciste, organizzazione di manifestazionidi massa come non se ne erano ancora viste in passato.

Fra la fine di agosto e settembre fu chiara a tutti la superiorità militare dell’esercitofascista, la cui forza era composta dalle unità comandate dal generale Franco, dall’eserci-to coloniale composto da dodicimila legionari e diecimila marocchini e dal battaglionedel “Tercio”, mercenari trasportati nel continente con l’aiuto dell’aviazione italiana e te-desca. A ciò bisognava aggiungere le unità militari dell’esercito del Sud, comandate dalgenerale Queipo de Llano, e le armate del Nord, comandate dal generale Mola. A questeunità giungeva inoltre l’aiuto, in armi e uomini, da parte dei paesi fascisti. Si ritiene chel’Italia abbia utilizzato in Spagna circa centomila uomini, la Germania fra i venticinque etrentamila: in maggioranza tecnici ed unità speciali.

L’esercito fascista seppe fin dal primo momento utilizzare le proprie forze, orientan-dole verso un obiettivo strategico-militare unico: l’unificazione delle forze armate del Sude del Nord, con la conquista delle province occidentali e, successivamente, la conquista diMadrid, che fin dall’inizio era stata il centro della resistenza repubblicana. L’obiettivo, cheavrebbe dovuto condurre alla resa totale delle forze repubblicane, fu raggiunto solo in partenell’arco di due mesi.

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L’esercito fascista del Nord, infatti, venne fermato sulla sierra e la somosierra dalleprime brigate “di acciaio” organizzate dai lavoratori di Madrid e venne inchiodato sulleposizioni di partenza. L’esercito del Sud, invece, al comando del generale Franco, in tremesi occupò tutte le province occidentali, meridionali e centrali, praticamente senza in-contrare una vera e propria resistenza, se si eccettua l’opposizione di unità locali, noncollegate fra loro, che difendevano il proprio villaggio o provincia. Ai primi di novembre,le truppe franchiste raggiunsero così la periferia di Madrid, dove prepararono l’offensivadecisiva che consentì loro di occupare la capitale il 7 di quello stesso mese.

A quel punto emersero tragicamente le deficienze politiche e militari del governo re-pubblicano, prima fra tutte, l’impossibilità di poter contrastare l’avanzata di un esercitoben preparato, armato fino ai denti e con una visione strategica precisa, soltanto con mili-zie operaie male armate, poco preparate e senza il minimo coordinamento.

L’esigenza di un governo forte, che impegnasse direttamente tutti i partiti democraticidivenne prioritaria. Si formò così la coalizione nota come governo di Largo Caballero,con il seguente programma: mobilitare tutte le energie del Paese per vincere la guerra;reclutare energie nuove per creare riserve fra le forze armate; organizzare un nuovo eser-cito repubblicano unendo in unità militari tutti i distaccamenti, le varie colonne, le unitàcombattive organizzate dai vari partiti ed organizzazioni sindacali; creare uno stato mag-giore capace di elaborare una strategia militare unica utilizzando le unità militari nei puntistrategici e non nella regione in cui si erano formate; mobilitare tutte le ricchezze nazio-nali per la causa repubblicana.

La cosa fu quasi facile a dirsi, ma faticosa e lunga a realizzarsi e tra contrasti violenti.Su questa base si decise l’utilizzazione dei volontari internazionali, anch’essi organizzatiin unità militari, nel nuovo esercito repubblicano e sotto il comando dello stato maggiorespagnolo. Si può così spiegare la contraddizione esistente fra il documento unitario, ap-provato a Parigi il 28 ottobre 1936 e firmato dal Partito socialista, dal Partito comunistae dal Partito repubblicano, in cui si parla della costituzione in Spagna di una legione divolontari antifascisti, e la decisione, presa ad Albacete, di costituire le brigate internazio-nali, fra cui il battaglione “Garibaldi”.

Base di organizzazione e di raccolta delle brigate internazionali fu, appunto, la città diAlbacete, piccolo centro lontano dalla linea del fronte. Il grosso dei volontari arrivò neiprimi sei mesi della guerra, poi gli arrivi si diradarono fino a cessare nella primavera del1938, quando il governo repubblicano, vista la durezza delle battaglie, le gravi perdite e lascarsa, se non nulla, possibilità di vittoria, pensò di ritirare i volontari dal fronte per rim-patriarli. Il rimpatrio avvenne nel settembre del ’38; nello stesso tempo, la Repubblica tentò,tramite l’ambasciatore francese, di stabilire una trattativa per trovare un accordo con i fran-chisti su basi onorevoli. Il tentativo fallì per il rifiuto di questi ultimi di trattare con i re-pubblicani, da cui si voleva una resa senza condizioni.

Come ho detto, i volontari internazionali furono cinquantamila, provenienti da cinquan-tatré nazioni. Il contingente più numeroso era dato dai francesi, con oltre novemila uomi-ni, seguito da tedeschi e austriaci con oltre cinquemila, dagli italiani con quattromilaotto-cento, dai polacchi con quattromilacinquecento, mentre dai paesi balcanici giunsero tre-milacinquecento uomini. La maggioranza di questi volontari erano emigrati politici chevivevano all’estero, per lo più in Francia. Non meno significative le cifre riguardanti i vo-lontari provenienti da altre nazioni, anche extraeuropee: tremila uomini da Stati Uniti eCanada, duemilacinquecento dalla Gran Bretagna, duemila dalla Cecoslovacchia, millecin-

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quecento dai paesi del Nord Europa, oltre duemila dall’America latina. Numerosi, oltreduemila, furono anche i volontari sovietici, in maggioranza aviatori, carristi, artiglieri edistruttori.

Durante i primi cinque mesi di guerra furono organizzate sei brigate internazionali, duegruppi di artiglieria e vari servizi ausiliari come il servizio sanitario, con oltre duemilasei-cento volontari e duecento medici, che consentì l’allestimento di diciassette ospedali fis-si e di quaranta ospedali da campo; il servizio trasporti, dotato di oltre millesettecentoautomezzi e di un’officina per le varie riparazioni; il servizio postale per i volontari, ilservizio vettovagliamento e raccolta mezzi inviati dalla solidarietà internazionale; il com-missariato politico per la propaganda; una scuola per commissari politici ed un servizio difureria.

Poiché, però, le sei brigate erano composte da elementi di nazionalità diversa, destina-ti nelle varie unità a seconda del loro arrivo ad Albacete, si presentarono subito problemidi coesione dovuti alle differenze di lingua, mentalità, caratteristiche culturali e militari.Si rese quindi indispensabile risolvere al più presto tale stato di cose. Nell’aprile 1937, lebrigate vennero ristrutturate in base alla nazionalità o alla lingua. I nomi che esse assunse-ro: “Garibaldi”, “Lincoln”, “Dimitrov”, “Thaelmann”, ecc., indicavano chiaramente la lorocomposizione nazionale.

Io arrivai ad Albacete, proveniente dall’Unione Sovietica, il 12 ottobre 19361. Il flussodei volontari in arrivo era di circa settecento-ottocento uomini la settimana; gli italianierano già circa duecento. Alcuni giungevano in modo legale, altri no. In Francia esistevanodue punti di raccolta: uno a Perpignan, per chi entrava attraverso i Pirenei, e uno a Marsi-glia, per chi arrivava via mare. Successivamente i volontari venivano concentrati in vari puntidella Catalogna e trasportati ad Albacete con treni speciali.

Quando giunsi ad Albacete, i volontari erano già circa duemila e la mia prima impres-sione fu tutt’altro che esaltante. Le strutture ricettive erano scarsissime, inoltre sembravadi vivere nella torre di Babele, dove migliaia di uomini vivevano insieme senza compren-dersi, con abitudini e culture diverse: da quel caos bisognava creare velocemente un eser-cito. Due condizioni richiedevano di fare presto: la situazione militare a Madrid e il desi-derio dei volontari di entrare in azione, poiché era per combattere che erano giunti sin lì.

La confusione era enorme: mancava di tutto. Bisognava trovare il posto per sistemarei volontari, possibilmente per nazionalità o per lingua, trovare i materassi, che erano po-chissimi, la paglia, le coperte, organizzare le mense, trovare i viveri, i piatti, le posate. Sicominciava dal niente e la confusione favoriva fenomeni di indisciplina e di individuali-smo. Ci volle una settimana per superare le deficienze, mettere un po’ d’ordine, dividere esistemare i volontari, conoscere gli uomini, la loro preparazione militare ed incominciarea dividerli in unità militari, plotoni, sezioni, compagnie, abbozzando una minima prepara-zione militare. Così, alla fine di ottobre del 1936, nascevano le prime due brigate interna-zionali, la XI e la XII. Verso la fine di ottobre venne costituito ufficialmente il battaglione“Garibaldi”, cinquecento volontari divisi in quattro compagnie, al comando di RandolfoPacciardi; commissari politici io, comunista, e Amedeo Azzi, socialista.

Per portare a termine la preparazione militare degli uomini ci volle molta iniziativa, sesi tiene conto che i volontari avevano età molto diverse: i più giovani non avevano ancoradiciotto anni, i più anziani ne avevano più di sessanta. La maggioranza aveva un’età che andavadai trenta ai quarant’anni. Gli italiani vennero spostati a Madrigueras, distante una ventinadi chilometri da Albacete. Si trattava, in pochi giorni, di compiere azioni militari di prepa-

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razione e di armarli, sparando però pochi colpi perché le munizioni erano molto scarse.Poche erano anche le mitragliatrici e i fucili, di tipo vecchio, modello 91, molto pesanti epieni di difetti.

Il 10 novembre, il battaglione “Garibaldi” partiva per il fronte, verso Madrid. Fu un viag-gio trionfale, ad ogni stazione centinaia, migliaia di cittadini ci aspettavano, ci offrivanofiori, vino, frutta, ci ringraziavano di tutto cuore per il nostro esempio di solidarietà. Giuntial posto di concentramento prendemmo contatto ufficiale con il comando della XII briga-ta internazionale, comandata dall’ungherese Lukács (Máté Zalka, scrittore) e con Luigi Lon-go, commissario politico. Lo stato maggiore era composto da due bulgari, Belov e Pie-trov (Damiànov e Lukanov), consigliere militare era il colonnello Fritz (solo dopo la guerraseppi che si trattava del generale Batov, che durante l’ultima guerra aveva comandato uncorpo d’armata), vice commissario politico era il tedesco Regler, scrittore. La lingua uf-ficiale era il russo ed in parte il francese. Della brigata facevano parte il battaglione italia-no, il battaglione tedesco e quello franco-belga.

La preparazione dell’offensiva venne fatta in modo molto superficiale, con un viaggioverso l’obiettivo militare lontano cinque o sei chilometri. Si trattava di un’azione diversi-va; bisognava attaccare e conquistare il Cerro rojo (Cerro de los Angeles), una montagno-la che dominava una vasta pianura, per minacciare il fianco destro dei franchisti, dominareGetafe, dove esisteva il campo di aviazione usato come base per bombardare Madrid, edifendere le strade che univano la capitale alle province orientali della Spagna.

Emersero subito dolenti note di impreparazione. I camion che dovevano portare i com-battenti verso la linea del fronte arrivarono con ore di ritardo, le strade erano intasate, simarciava a passo d’uomo e quando un camion aveva un guasto non esisteva alcuna possibi-lità che rovesciarlo nell’argine della strada. Pesava la non conoscenza della località e quindil’impossibilità di stabilire come e da quale parte attaccare l’obiettivo. Quando arrivammovicino a Cerro rojo trovammo un muro invalicabile in cui bastava far rotolare dei sassi perfermarci. Inoltre, eravamo all’oscuro di quali altre unità militari fossero impegnate nel-l’operazione, cosicché ogni movimento di truppe ai nostri fianchi ci creava problemi epreoccupazioni. I servizi di collegamento non funzionarono, non avevamo quindi contatticon lo stato maggiore della brigata, con i servizi di vettovagliamento, né sapevamo doveportare i feriti (per fortuna solo due ed in modo leggero).

Fu un’esperienza amara, dove imparammo a nostre spese che ci volevano tempo e pa-zienza, ma anche ingegno per diventare un’unità combattente; non bastavano la conoscen-za e lo slancio per vincere un nemico agguerrito come l’armata franchista. Purtroppo, questainesperienza, che al nostro battaglione era costata due feriti, venne pagata duramente daaltre unità delle brigate internazionali che, impegnate in veri combattimenti frontali con ilnemico persero il 30 e anche il 40 per cento dei loro uomini.

Utilizzammo i pochi giorni successivi per parlare intensamente con i volontari, mette-re a nudo le deficienze, sottolineare che non bastava la combattività, ma che dovevamo im-parare l’arte militare, prestare maggiore attenzione alla organizzazione dei servizi e deicollegamenti con telefono e staffette, garantire i contatti con lo stato maggiore e miglio-rare la conoscenza degli obiettivi militari e della zona in cui eravamo costretti a combat-tere. Nello stesso tempo, si rendeva necessaria una partecipazione cosciente di tutti i vo-lontari nel superare le difficoltà e una maggiore disciplina nell’assolvere i compiti cui eranopreposti. I combattenti di compagnia, di sezione o di squadra dovevano innanzitutto impa-rare ad assolvere al loro dovere, mantenendo i contatti con le loro unità ed organizzando la

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loro azione; questo valeva anche per i porta ordini, i barellisti e gli infermieri. Non dovevapiù succedere, cioè, come nella battaglia del Cerro rojo, in cui tutti avevano abbandonatoil proprio incarico specifico e si erano trasformati in combattenti che sparavano contro ifascisti. Quelle poche ore di esperienza pratica, fatta sotto il tiro dei fascisti, tuttavia, ser-vì molto più di tutte le conversazioni di Albacete.

Quattro giorni dopo, il 18 novembre, il battaglione venne trasferito sul fronte di Ma-drid, nel settore di Casa de Campo. Erano giorni d’autunno freddi ed umidi: faceva un freddocane. Nella notte del 19 novembre gli uomini vennero trasferiti sulla linea del fronte, inun parco con poche casette e con scarse possibilità di adattarsi per passare la notte e ripa-rarsi dal freddo, che si faceva sentire anche perché non tutti i volontari avevano indumentiadatti per quel clima.

Alla mattina presto fummo svegliati da un forte tiro di artiglieria: per molti volontariera la prima volta. Per fortuna non si ebbero vittime: nel bosco era facile trovare posizionisicure. Il comandante del battaglione, Pacciardi, il sottoscritto e Francesco Leone, cheaveva già una certa esperienza nel combattimento come ex commissario della centuria“Gastone Sozzi”, ci consultammo rapidamente. Non sapevamo dove si trovava il fronte,eravamo in seconda linea in attesa di ordini dal comando di brigata.

Più tardi si cominciarono a vedere gruppi di combattenti che si ritiravano verso Ma-drid, capimmo che i fascisti attaccavano e che i nostri combattenti, come era successomolte volte, si ritiravano. Si decise di mandare avanti una compagnia per vedere cosa stes-se accadendo, mentre Leone, che parlava bene lo spagnolo e poteva dialogare con i soldatiche si ritiravano, cercava di fermarli e di convincerli a combattere.

Dopo poche centinaia di metri i nostri volontari si trovarono a contatto con i franchistie si organizzarono per resistere e fermare la loro avanzata. Così il nostro battaglione sitrovò faccia a faccia con il nemico, senza sapere bene dove fosse il fronte e quali truppeavessimo alla nostra destra e sinistra. Il contatto con il comando di brigata ci permise dichiarire questi problemi e di sapere che a destra avevamo un battaglione di “carabineros”e a sinistra un battaglione di volontari tedeschi. Il fronte venne ristabilito e i fascisti fer-mati.

Furono otto giorni di duri combattimenti con attacchi e contrattacchi, ma il fronte ri-mase fermo. Quei combattimenti furono un insegnamento preciso per gli uomini, i quali,a loro spese, impararono a cercare le posizioni migliori per colpire e per nascondersi, anon uscire allo scoperto se non per gravi motivi, perché sarebbero stati colpiti dai cecchi-ni e dal nemico appostato, a creare trincee e buche per non prestarsi al tiro al piccione. Inpoche parole, si imparava a combattere. Le perdite, purtroppo, furono elevate: oltre centouomini tra morti e feriti. Morirono un comandante di compagnia, un commissario politi-co, il comandante del servizio per i collegamenti, Leone fu ferito.

Da novembre, cioè dalla battaglia del Cerro rojo, fino a marzo, alla battaglia di Guada-lajara, il battaglione “Garibaldi” partecipò a tutti i duri combattimenti per la difesa di Ma-drid, guadagnandosi, con le altre unità di volontari internazionali, il titolo di brigate “mo-dello”, la riconoscenza del governo spagnolo, ma anche l’onore e la soddisfazione di com-battere una battaglia che persino la maggioranza degli spagnoli considerava persa, comeaveva dimostrato lo spostamento del governo e dello stato maggiore dell’esercito a Va-lencia2.

La battaglia, malgrado l’inferiorità in uomini ed armi, fu vinta perché combattuta conlo slancio coraggioso della maggioranza della popolazione che, in vista del pericolo, si

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era tutta mobilitata per frenare ogni atto di ribellione da parte della famosa “quinta colon-na”, così numerosa nella capitale, per aiutare i combattenti repubblicani, per costruire operedi difesa ed anche per combattere. A Madrid, l’antifascismo scriveva così la sua paginagloriosa di storia, di esempio per il mondo intero, dimostrando che un esercito è invinci-bile quando è sostenuto da tutto il popolo. Eroismo che doveva ripetersi su scala ben piùimportante durante la seconda guerra mondiale. A conforto di questa mia affermazione,vorrei ricordare anche l’esempio contrario di Parigi, nel giugno 1940, quando le truppetedesche, in formazione di parata ed al canto degli inni militari, marciarono nelle vie dellacittà, senza che venisse sparato un solo colpo di fucile e sotto gli occhi di una massa dicittadini cupi e umorosi, ma anche vergognosi per quella brutta pagina di storia. I pariginicancellarono quella macchia solo nel giugno 1944, nei giorni dell’insurrezione nazionale.

Per gli italiani antifascisti la battaglia di Guadalajara ebbe un valore particolare, perchéfu la prima volta che l’antifascismo italiano si scontrò con il fascismo ad armi pari, inflig-gendogli una cocente sconfitta. Con l’organizzazione delle brigate internazionali su basenazionale o di lingua, confluirono nel battaglione “Garibaldi” tutti gli italiani che combat-tevano in altre unità: un piccolo gruppo della colonna “Rosselli” e gli italiani che eranostati inquadrati nella XIV, XV, XVI brigata internazionale, per un totale di circa quattro-cento uomini. Gli ultimi scaglioni arrivati si trovavano ad Albacete al comando di Pacciar-di, commissario politico era Ilio Barontini. Altri italiani che si trovavano in Spagna a com-battere, oltre duecentottanta nei vari gruppi di artiglieria da campagna e nell’artiglieriaantiaerea ed una cinquantina di specialisti nell’arte militare, erano impegnati in corpi spe-ciali come cavalleria, carri armati, aviazione, marina. Oltre duecento italiani combatteva-no in unità spagnole anarchiche o del Poum.

Una prima considerazione riguarda l’elevata qualità della presenza dell’antifascismoitaliano in Spagna. Uomini come Togliatti, Nenni, Longo, Rosselli, Di Vittorio, Pacciardi,Braccialarghe, Platone, Vidali e numerosi altri portarono il loro contributo militare e po-litico in quella prima battaglia combattuta contro il fascismo. Gravi furono le perdite (ol-tre settecento combattenti) numerosi i mutilati. Voglio, a nome di tutti, ricordare Batti-stelli, comandante di battaglione; Battistatta, commissario politico della brigata; MelchiorreVanni, che faceva parte del Comitato internazionale di solidarietà a Parigi, ferito duranteuna missione da un bombardamento su Madrid; Nino Nannetti, comandante di divisione;De Rosa, Angeloni, Jacchia, professore di Trieste, uno dei fondatori del fascismo che vennein Spagna per lavare la sua macchia; Primo Gibelli, operaio torinese espatriato in Urss,maggiore di aviazione, caduto durante un’azione in difesa di Madrid, unico italiano dichia-rato eroe in Unione Sovietica.

Questa gloriosa pagina di storia e di solidarietà popolare dovette purtroppo soccom-bere per molti motivi, internazionali ed interni. La decisione di “non intervento” applicatadalle democrazie borghesi privò, come ho detto, la Spagna repubblicana degli aiuti in armie materiali necessari per la guerra. Soltanto l’Unione Sovietica inviò numerosi aiuti tecni-ci, armi, munizioni, materiali vari, ma l’aiuto cominciò a diminuire verso la fine del 1937e si diradò nei primi sei mesi del 1938, per difficoltà logistiche: ben otto navi sovieticheda trasporto vennero affondate in quel periodo nel Mediterraneo da sottomarini “fantasma”,in realtà italiani e tedeschi. Per questi motivi la Spagna repubblicana, nel campo dell’ar-mamento, non poté mai competere con la parte avversaria.

Agirono negativamente per la Repubblica anche motivi di carattere politico, come l’ar-retratezza di larghe masse contadine influenzate dalla Chiesa; la nefasta influenza su ampi

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strati popolari, specie in Catalogna, della concezione anarchica e populista contraria adogni iniziativa da parte del governo e dello stato maggiore per mobilitare tutte le possibi-lità del paese per vincere la guerra; le loro iniziative utopistiche condussero addiritturaallo scontro armato con le forze repubblicane a Barcellona. A questi fattori va aggiuntal’incapacità del governo repubblicano di appoggiare e indirizzare l’entusiasmo popolare,così chiaro a Madrid nel novembre 1936, di utilizzare tutte le risorse nazionali per la guerra,di creare nelle retrovie del nemico un movimento partigiano, di smascherare i nemici chesi annidavano nelle retrovie, prima fra tutte la famosa “quinta colonna”.

Vanno ricordati, infine, i contrasti tra i vari partiti del Fronte popolare, generati dal la-tente anticomunismo che cresceva con il peggioramento della situazione militare all’in-terno, la diffidenza per l’attivismo e la combattività dei comunisti nell’esercito, l’aiutomateriale dell’Urss e la presenza delle brigate internazionali. Alcuni partiti, cioè, ebberoquasi sempre il pensiero rivolto al compromesso con le forze franchiste, poi realizzato daBesteiro, Casado e Carrillo nel marzo 1939 a Madrid.

Tutti questi fatti ebbero un’influenza diretta sul morale dei volontari antifascisti, chenon erano semplici soldati in cerca di avventura ma militanti coscienti, molti di essi conalte qualità politiche, che avevano dietro di loro un passato di combattività e di sacrificio.Dall’esame di alcune migliaia di cartellini individuali di volontari italiani, risulta che cin-quantasei antifascisti avevano subito una condanna dal Tribunale speciale, quarantadue datribunali ordinari e sei da tribunali militari. Inoltre, ben quattrocento avevano subito espul-sioni dalla Francia, Belgio o Svizzera e duecentocinquanta avevano subito arresti per in-frazione alla legge dopo la loro espulsione. Infine ben millecinquantaquattro nominativi sitrovano sui bollettini del Ministero degli Interni con l’indicazione “da arrestare come an-tifascista”.

Gli elementi di dissenso fra i vari partiti pesarono quindi sulla coscienza dei combat-tenti, anche perché essi avevano coscienza di essere sempre stati fedeli all’impegno di com-battenti al servizio delle autorità della Repubblica spagnola, così come pesarono i fatti diBarcellona, il modo in cui veniva condotta la guerra nazionale di liberazione, sempre sulladifensiva e per tutti i trenta mesi con l’iniziativa sempre lasciata ai fascisti e senza offen-sive che incidessero sull’andamento della guerra.

I volontari dimostrarono tuttavia un’alta coscienza internazionalista e la volontà di com-battere fino in fondo la guerra antifascista. Dall’ottobre 1936 al marzo 1939, cioè finoalla ritirata, dimostrarono sempre la loro combattività, la loro fiducia sulla giustezza dellaguerra che combattevano.

Vorrei terminare la mia testimonianza con questa affermazione di Togliatti, fatta nelmaggio 1945 sulla rivista mensile “Risorgimento”: “Se è vero che sulla Spagna scese dopoil marzo del 1939 il silenzio funebre dei sepolcri e delle galere, il campo della lotta nonfece altro che spostarsi e gli obiettivi non cambiarono. Se quel primo bastione fosse ca-duto senza combattimento le sorti del mondo, quelle del nostro paese, sarebbero statediverse. Su quel campo di battaglia riconoscemmo amici e nemici, riconoscemmo il peri-colo ed il compito comune [...] Su quel campo di battaglia sorse l’unità antifascista, scuolaconcreta tanto di guerra quanto di politica”.

Quell’esperienza, infatti, venne utilizzata dopo pochi anni in tutta Europa contro il ne-mico comune, venne utilizzata in Italia con l’unione di tutte le forze democratiche ed an-tifasciste, per combattere insieme la guerra di liberazione nazionale e creare una nuovanazione.

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* Dalla relazione svolta al convegno La guerra di Spagna: dalla memoria storica alla lezioneattuale, Torino, 11-12 maggio 1984, edita in “l’impegno”, a. VI, n. 1, marzo 1986.

1 Ero partito da Mosca il 12 ottobre 1936 e dopo una breve sosta a Parigi, per contatti con alcunidirigenti del Partito comunista italiano, ero ripartito per Madrid, dove ero giunto il 20 ottobre, incompagnia di Edoardo D’Onofrio.

2 Il 30 novembre 1936, nella battaglia di Pozuelo, riportai una ferita alla garnba. Dopo quindicigiorni di ospedale a Madrid e dieci giorni di convalescenza ad Albacete, ritornai al battaglione,partecipando alle battaglie di Mirabueno e Majadahonda. Alla fine di gennaio del 1937, fui richiamatoad Albacete dal comando generale delle brigate internazionali che mi incaricò di organizzare un ufficiomatricola per gli italiani. Si trattava, in pratica, di preparare una scheda personale per ogni volontario,contenente i dati biografici principali, l’unità di inquadramento e ogni annotazione di fatti e di spostamentiriguardanti il volontario stesso. Si trattava, inoltre, di informare il Comitato di solidarietà di Parigi deicaduti, affiché si provvedesse ad avvisare parenti ed amici, di far giungere nella capitale francese iferiti più gravi e gli invalidi per assicurare loro assistenza e cure adeguate. Infine, si provvedeva alrientro in seno alle unità combattenti dei feriti dopo la guarigione o alla loro sistemazione in servizialternativi in caso di inabilità al combattimento. L’incarico, nel luglio del 1937, fu affidato a D’Onofrioche, durante l’esodo in Francia del febbraio 1939, riuscì a mettere in salvo l’intero archivio dei volontariinternazionali, inviandolo in Unione Sovietica. Personalmente, nell’aprile 1937, tornai alla mia unità inqualità di ufficiale di collegamento nello stato maggiore della XII divisione. Fui richiamato a Moscanell’ottobre del 1937 per lavorare al Comintern e per altre missioni all’estero.

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I precedenti

193114 aprileProclamazione della Repubblica spagnola.

193616 febbraioVittoria elettorale del Fronte popolare.

20 febbraioFormazione del governo di Fronte popolare, pre-sieduto da Manuel Azaña.

7 aprileIl presidente della Repubblica, Niceto Alcalá Za-mora, viene destituito dalle Cortes per violazionedella Costituzione. Il nuovo presidente sarà ManuelAzaña, mentre Santiago Casares Quiroga assume-rà l’incarico di primo ministro.

***

La guerra civile

17 luglioRivolta dei generali monarchici e fascisti contro ilgoverno repubblicano: inizia la guerra civile.

21 luglioA Barcellona i ribelli sono sconfitti. La Generali-tat, governo della regione autonoma, istituisce uncorpo di milizie.

25 luglioInizia la prima offensiva fascista contro Madrid.

26 luglioNuovo governo, presieduto da José Giral Pereira,costituito da soli repubblicani.

27 luglioIl governo italiano decide l’intervento in appoggioai fascisti spagnoli.

30 luglioA Burgos si costituisce una giunta fascista, che siattribuisce le funzioni di governo sui territori sot-tratti alla Repubblica (diciotto province su quaran-tasette).

1 agostoCostituzione del primo governo di Fronte popolaredella Generalitat catalana.Léon Blum, capo del governo francese di Frontepopolare, accoglie le istanze inglesi di non interven-to nella guerra civile spagnola.

5 agostoLe truppe marocchine spagnole, con l’appoggiodell’aviazione italiana, passano lo stretto di Gibil-terra.

17 agostoSi costituisce la prima formazione volontaria diantifascisti italiani: la “Colonna italiana”.

23 agostoI volontari italiani della “Colonna italiana” prendo-no posizione sul fronte di Huesca.

3 settembreSi costituisce la seconda formazione di volontariitaliani: la centuria “Gastone Sozzi”.

4 settembreNuovo governo, presieduto da Francisco LargoCaballero, comprendente socialisti, repubblicani ecomunisti.

9 settembrePrima riunione a Londra del “Comitato di non in-tervento”, costituito su iniziativa dei conservatoriinglesi e con l’appoggio del governo francese.

10 settembreBattesimo del fuoco dei volontari della centuria“Gastone Sozzi” a Cenicientos.

13 settembreI franchisti occupano San Sebastián.

27 settembreRappresentanti della Confederación nacional detrabajo, diretta dagli anarchici, entrano a far par-te del governo della Catalogna.

30 settembreIl governo spagnolo denuncia alla Società dellanazioni l’intervento armato dell’Italia e della Ger-mania a sostegno dei ribelli.

I principali avvenimenti della guerra civile spagnola

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1 ottobreProclamazione, a Burgos, dello stato spagnolo subasi corporative, nazionali, cattoliche.Il generale Francisco Franco è ufficialmente capodello stato e comandante supremo dell’esercito.

3 ottobreLe Cortes approvano lo statuto autonomo dei Pa-esi baschi, analogo a quello catalano.

5-6 ottobreIl primo contingente di volontari internazionali (tracui circa centocinquanta italiani) varca la frontie-ra: arriverà ad Albacete, base delle brigate inter-nazionali, il 10 ottobre.

10 ottobrePubblicazione del decreto costituivo dell’Esercitopopolare.

12 ottobreSbarca ad Alicante un grosso contingente di vo-lontari (fra i quali molti italiani) partito da Marsi-glia.

16-18 ottobreLa centuria “Gastone Sozzi” combatte la sua ulti-ma battaglia a Chapinería: nel mese di novembre isuperstisti saranno incorporati nel battaglione “Ga-ribaldi”.

18 ottobreI governi italiano e tedesco riconoscono la Giuntadi Burgos come governo di tutta la Spagna.

22 ottobreIl governo repubblicano autorizza la costituzionedelle brigate internazionali.

23 ottobreAnnuncio ufficiale dell’aiuto sovietico alla Repub-blica spagnola.

27 ottobreViene firmato a Parigi l’atto costitutivo della “Le-gione italiana” (che assumerà il nome di battaglio-ne “Garibaldi”).

5 novembreI fascisti riescono a sfondare il fronte del centro ead avvicinarsi a Madrid.

6 novembreIl governo repubblicano si trasferisce a Valencia.Nella capitale rimane una Giunta di difesa, capeg-giata dal generale José Miaja.

7 novembreRappresentanti della Cnt entrano nel governo.

9 novembreIl battaglione “Garibaldi” viene incorporato nellaXII brigata, assieme al battaglione franco-belga ea quello polacco.

13 novembreIl battaglione “Garibaldi” entra in azione a Cerrode los Angeles, sul fronte di Madrid.

18 novembreGermania e Italia riconoscono ufficialmente il go-verno di Franco.

6 dicembreConferenza militare italo-tedesca a Roma per de-cidere sugli aiuti da fornire a Franco.

19376 febbraioLe truppe franchiste iniziano l’offensiva sul frontedel Jarama per accerchiare Madrid da est.

8 febbraioLe truppe fasciste italiane occupano Malaga.

17 febbraioInizia la controffensiva, vittoriosa, dei repubblica-ni sul fronte del Jarama.

8-24 marzoOffensiva delle truppe franchiste e delle camicienere italiane a Guadalajara: prima sconfitta inter-nazionale del fascismo.

31 marzoInizia l’offensiva franchista contro le Asturie e iPaesi baschi.

19 aprileFusione dei falangisti e dei tradizionalisti nel Parti-to nazionale della falange, capeggiato da Franco.

26 aprileI tedeschi bombardano Guernica: oltre millecinque-cento civili morti.

1 maggioCostituzione della brigata “Garibaldi”, che incor-pora anche i resti della “Colonna italiana”.

3-5 maggioInsurrezione anarchica a Barcellona, duramenterepressa.

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16 maggioDimissioni del governo Largo Caballero. Succede-rà il governo presieduto dal socialista Juan NegrínLópez, composto da repubblicani, socialisti, comu-nisti e nazionalisti baschi e catalani.

1 giugnoLa Cnt decide di appoggiare il governo Negrín.

24 giugnoOccupazione di Bilbao.

29 giugnoA Barcellona viene costituito un nuovo governodella Generalitat in cui sono rappresentate le or-ganizzazioni che fanno capo al Fronte popolare ealla Cnt.

1 luglioLettera collettiva dell’episcopato spagnolo in ap-poggio al movimento franchista.

5-28 luglioOffensiva repubblicana sul fronte del Guadarrama.

12-26 luglioOffensiva repubblicana a Brunete, a ovest di Ma-drid.

23 luglioItalia e Germania si ritirano dal Comitato di non in-tervento in Spagna.

14-22 agostoOffensiva delle truppe fasciste italiane, che con-quistano Santander.

24 agostoOffensiva repubblicana sul fronte d’Aragona: du-rerà un mese ma non darà alcun risultato.

23 ottobreI franchisti conquistano Gijón, nelle Asturie, e pra-ticamente dominano tutto il Nord del Paese.

30 novembreIl Giappone riconosce il governo di Franco.

15 dicembreGrande offensiva repubblicana a Teruel, a est diMadrid.

19 dicembreControffensiva franchista a Teruel. La battaglia,con alterne vicende, durerà fino alla fine di febbra-io del 1938.

193811 gennaioL’aviazione italiana inizia bombardamenti sistema-tici di Barcellona e di altre città della Catalogna.

9 marzoInizia l’offensiva fascista in Aragona, in direzionedel Mediterraneo.

3 aprileI franchisti penetrano in Catalogna occupandoLérida e Gandesa.

15 aprileIl territorio della Repubblica spagnola è spezzatoin due: la Catalogna è isolata, ma l’avanzata fran-chista viene fermata sul fronte dell’Ebro.

24 giugnoIl Vaticano riconosce il governo di Franco.

5 luglioAttacco franchista in direzione di Valencia.

24 luglioInizia la battaglia dell’Ebro: le truppe repubblica-ne sono inizialmente vittoriose, ma ai primi di no-vembre saranno piegate.

21 settembreNegrín, nella vana illusione di ottenere come con-tropartita il ritiro delle divisioni fasciste italiane etedesche, annuncia alla Società delle nazioni ladecisione di ritirare dal fronte tutti i volontari in-ternazionali e chiede la costituzione di una commis-sione incaricata di controllare l’effettivo ritiro di tuttii combattenti stranieri.

30 ottobreInizia l’offensiva franchista sul fronte dell’Ebro.

25 dicembreOffensiva franchista in Catalogna.

193926 gennaioI franchisti occupano Barcellona. Gruppi di com-battenti internazionali lasciano i campi di smobili-tazione e riprendono le armi in battaglie di retro-guardia per coprire la ritirata verso la frontierafrancese.

9 febbraioI combattenti dell’esercito popolare e delle briga-te internazionali passano la frontiera francese: sa-ranno rinchiusi in campi di concentramento.

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27 febbraioGran Bretagna e Francia riconoscono il governodi Franco come governo di tutta la Spagna.

28 febbraioDimissioni del presidente Azaña.

4 marzoIl colonnello Segismundo Casado López, coman-dante delle truppe repubblicane a Madrid, con uncolpo di mano proclama decaduto il governo Ne-grín e si dichiara disposto a trattare la resa con inazionalisti.

6 marzoI dirigenti repubblicani si rifugiano in Francia.

19 marzoIl Portogallo firma un patto di non aggressione e diamicizia con la Spagna nazionalista.

27 marzoFranco aderisce al Patto Antikomintern, stipulatoda Germania, Italia e Giappone.

29 marzoLe truppe franchiste entrano in Madrid.

1 aprileFranco annuncia che le operazioni militari sonoterminate: la guerra civile si conclude con la scon-fitta della Repubblica e l’instaurazione della dit-tatura.

Per una cronologia approfondita si veda ora PIETRO RAMELLA, Il secolo breve spagnolo.

Cronologia ragionata 1898-1975, Varallo, Isrsc Bi-Vc, 2014.

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Abd el-Krim v. Costetti, RenatoAdler, Friedrich 165Agosti, Aldo 50-52Airoldi, Francesco 67, 75Albero, Manuel 129, 135Albertini, Enrico 66, 88, 119Albertini, Giuseppe 88Alcalá Zamora, Niceto 173Alix, Yves 133Alpert, Max 135Álvarez del Vayo, Julio 163Ambrosini, Giovanni Battista 28Ambrosio, Piero 73, 76, 78, 120, 122Amendola, Eva Paola 132, 133, 135Amendola, Giorgio 29, 45, 51, 52, 83Andreucci, Franco 27, 30, 51, 120, 122, 124Angeloni, Mario 115, 170Anselmi, Albino 74, 75Anselmi, Antonio Albino 74Anselmi, Michele 74Antonietti, Quinto 82Antonini, Angelo 19, 28Aranda, Antonio 127Archetti, Antonio 73, 111, 124Archetti, Eugenio 111Ardizzoni, Luigi 23Ardizzoni, Vincenzo 28Arfinenghi, Arturo 88, 119Arfinenghi, Giovanni 88Arrighelli, Alessio v. Airoldi, FrancescoAstaldi, Antonio 117Astaldi, Giovanni 117Astaldi, Giuseppe 117Astray, Milan 133Auden, Wystan Hugh 49Azaña Diaz, Manuel 40, 173, 176Azzi, Amedeo 167

Bacchiocchi, Ciro 28Baesi, Giovanni 22, 28Bagnasacco, Antonio 88Bagnasacco, Giuseppe 66, 67, 88, 114, 119Bakunin, Michail Aleksandrovic 114Balcells, Albert 134, 135Baldini, Gino Bruno 28

Ballone, Adriano 9Banchieri, Nino 82Barani, Luigi 22, 28Barberis, Felice 89Barberis, Giovanni 84, 89, 114, 119Barberis, Giuseppe 119Barisone, Luigi 24, 28Barontini, Anelito 29Barontini, Ilio 119, 170Bartoli, Alberto 289Basso, Fortunato Marino 28Batov, Pavel Ivanovich 168Battistatta, Quinto 170Battistelli, Libero 170Becherini, Antonio 28Béla, Frankl 168Bellini, Giordano Bruno 22, 28Belov v. Damiànov, Gueorgui PurvànovBelventi v. Costetti, Renato 22Benna, Rodolfo 157Benvegnù, Settimo 71, 76Beretta, Giuseppe 28Berger, Giuseppe Ferdinando 29Bernieri, Camillo 54Berti, Antonio 47, 51Bertinetti, Eufrosina 99Bertoli, Iginio 74, 75Bertoli, Luigi 74Bertoli, Pietro 74Bertolini, Renato 29Bertoni, Luigi 88, 114Besteiro, Julián 171Beux, Renato Ludovico 21, 29Bianchi, Antonio 29Bianchi, Silvio 69Bibolotti, Aladino 82Bibolotti, Marco 63Biscotti, Vincenzo 71, 76Blair, Eric Arthur 16, 17, 37, 38, 49, 127, 133Blum, Léon 173Bocca, Giorgio 47, 52Bocchi, Giovanni 29Boerio, Paola 97Bolloten, Burnet 50Bologna, Achille 135

Indice delle persone*

* I nomi seguiti da punto interrogativo tra parentesi si riferiscono a persone citate nel corso di inter-rogatori di polizia: di esse non sono certe l’esattezza dei dati né l’effettiva esistenza.

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Bonardi, Giuseppe 29Bonchio, Roberto 51Bonciani, Alighiero 24, 29Bonfanti, Enrico 29Bonfili, Étienne 29Bongianini, Rosa 109Bonora, Angelo 89Bonora, Enrico 89, 114, 119Borsano, Giacomo 89Borsano, Giovanni Pio 53, 55, 73, 85, 89, 113,

119, 158Bosco, Pierino 29Boscono, Sisto 124Bosoni, Paolo 74, 75Bottan, Giacomo 90, 118, 119Bottan, Guglielmo 90Bottan, Regina 119Braccialarghe, Giorgio 170Bricarello, Domenico 155, 157, 158Bricca, Carolina 103Brunetti, Alberto 71, 76Brusa, Carolina 98Busoni v. Noca, PaoloBussetti, Catterina 99

Cachin, Marcel 165Calandrone, Giacomo 28, 64, 112, 115, 118-

124Callegaro, Ferdinando 90Callegaro, Ottavio 90, 114, 118, 119Calligaris, Giovanni 60-64, 66, 68, 69, 80, 81,

83, 84, 90, 114, 115, 119Calligaris, Lorenzo 60, 61, 63, 91, 119Calligaris, Secondo 90, 91Calligaris, Spartaco 60Calligaris, Umberto 115Calosso, Umberto 119Camen, Giorgio v. Pajetta, GiulianoCampana, fotografo 129Campesino (El) v. Gonzáles, ValentínCampo, Giovanni 23, 29Campolonghi, Luigi 115, 116Caneparo, Annibale 67, 69, 82, 91, 92, 114, 119Caneparo, Quinto 91Cannone, Giovanna 100Cannonero, Luigi 18, 19, 24, 29, 30Canonica, Antonio 20, 27-29, 121Canova, Giovanni 117Cansian, Luigi v. Lario, PlinioCantarelli, Mario 113, 114Cantarelli, Pietro 92, 119Cantone, Angela 111Cantone, Mario 70Capa, Cornell 134

Capa, Robert 126, 131, 132, 134-136Capellaro, Maria 90, 91Capra, Giaele 88Carboni, Gilberto 24, 29Caretti, Stefano 27Caron, Severino 92Caron, Teresio 68, 92, 114, 119Carpegna, Giovanna 92Carreras, Joan 136Carrillo, Wenceslao 171Carta, Ester 95Casado López, Segismundo 171, 176Casares Quiroga, Santiago 173Casaus, Benitez 128Castoro, Ernesto 92Castoro, Severino 92, 114, 120Castronovo, Valerio 126, 133Catalá Pic, Pere 128, 133, 134Cattell, David Tredwel 50, 51Cavanna, Pierangelo 136Cazzaniga, Alberto 71Centelles, Agustí 128, 129, 134Cerreia Varale, Antonio 77Cerreti, Giulio 48, 52Cerruti, Angela 93Cerruti, Domenico 93Cerruti Miclet, Giuseppe 75Cerruti Miclet, Luigi 75Cerruti, Pietro 75, 93, 113, 120Ceruti, Giuseppe 74Cerutti, Giuseppe 75Chiesa, Oberdan 23, 29Chini, Renzo 132Chirio, Agostina 107Chuikov, Vasily 135Cianca, Alberto 120, 122, 123Ciano, Galeazzo 7Cimamonte, Anna 75Ciocchetti, Angela 98Codovilla, Vittorio 41Colani, Giuseppe 29Collotti, Enzo 27, 51Colombi, Arturo 51Colombo, Cesare 135Colombo, Lanfranco 136Conforti, Olao 123Conti, Renato 29Corgnati, Caterina 102Corti, Paola 51, 130, 132-136Costa, Clementina 93Costetti, Renato 22, 29Couder, Christine 20, 29Cozzi, Ermenegildo 68Cristianelli, Aurelia 100

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Croce, Emilio 29Crovella, Andrea 93, 120Crovella, Antonio 93Curti, Angelo 24, 29

D’Onofrio, Edoardo 20, 22, 28, 47, 61, 86, 112,172

Dabalà, Angelo 22, 29Dal Pont, Adriano 27, 118, 119Damiànov, Gueorgui Purvànov 168De Ambris, Alceste 116De Brouckère, Louis 165De Felice, Renzo 7, 27De La Mora, Constancia 49De Margherita, Secondo 60, 61, 63, 94, 113,

120De Micheli, Mario 133De Rivera, Miguel Primo 164De Rosa, Fernando 170De Vita, Agostino 120, 122Del Vayo, Julio Alvarez 57Dellarolle, Camilla 108Delogu, Ignazio 135Delpiano, Rosa 106Detoma, Bernardo 117Detoma, Giovanni di Giuseppe 117Detoma, Giovanni di Michele 117Detoma, Giuseppe 117Detoma, Michele 117Detti, Tommaso 27, 30, 51, 120, 122, 124Di Castro, Federica 132, 133, 135Di Vittorio, Giuseppe 26, 40, 48, 54, 58, 170Diaz, José 40Dietrich, Marlene 135Diodati, fratelli 63Don Biagio bolscevico v. Leone, FrancescoDonini, Ambrogio 28Dos Passos, John 132Durruti, Buenaventura 54Džugašvili, Iosif Vissarionovic (Stalin) 8, 40, 45,

48, 51, 52

Enrico, Delfina 111Ermini, Dina 51Estella v. Noce, TeresaEstelrich, Juan 127, 133, 134Evans, Walker 135

Fabre, Giorgio 52Facelli, Domenico 120, 124Falco, Bernardo 22, 29Falco v. Lario, PlinioFant, Sergio 136Fantin, Giovanna 74

Faravelli, Giuseppe 70Ferno, John 132Ferrara, Giuliano 27Ferrari, Germano 71, 76Ferraris (?), comandante di compagnia 69Ferrero, Felicita 51Finotto, Pasquale 82Flecchia, Vittorio 124Flores, Marcello 7, 8Fonovich, Arturo 23, 29Fontcuberta, Joan 129, 134, 135Fornasiero, Flavio 28Fracasso, Gaspare 55, 66, 69, 72, 94, 108, 113-

115, 120, 157Fracasso, Pietro 94Franco y Bahamonde, Francisco 12, 20, 21, 40,

49, 61, 69, 127, 135, 162, 165, 166, 174-176Franzinelli, Mimmo 52Fraser, Ronald 45, 52Frau, Giuseppe 23, 29Fritz, Pablo v. Batov, Pavel IvanovichFuria, Gianni 118Furno, Salvatore 42

Gallinetti, Teresa 74Gallo, Luigi v. Longo, LuigiGamaccio, Teresio 83Gannio, Giovanni 60-62, 94, 112, 114, 120Gannio, Nicola 94García Lorca, Federico 133Garibaldi, Giuseppe 114Garosci, Aldo 119Gasparelli, Cesare 29Gaya, Ramón 134Gerardi, Ettore 71Gherardi, Nello 29Ghini, Vittorio 24, 26, 29Gibelli, Primo 170Gilardi, Ando 132Gilli, Michele 29Giolitti, Giovanni 88Giovannini, Spartaco 23, 29Giral Pereira, José 173Giuseppe, miliziano vercellese 70Giussani, Enrico 115Gnerro, Giovanni 71Gomez, José v. Barberis, GiovanniGonzáles, Julio 133Gonzáles, Valentín (El campesino) 39Gonzáles Quintana, Antonio 134-136Graglia, Annibale 95, 120Graglia, Secondo 95Graziano, Marino 59Green, Jerald 134, 135

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Guerini, Pietro 22, 24, 29Guggia, Andrea 112Gurgo, Gilio 74, 75Gurgo, Raimondo 74

Heartfield, John v. Herzfeld, HelmutHemingway, Ernest 126, 132Hernandez, Jesús 136Herzfeld, Helmut 128Hills, George 49Hitler, Adolf 13, 58, 161, 164Horna, Kati 128, 129, 135

Ibárruri Gómez, Dolores (La pasionaria) 49, 54Ida (?), amica di Teresio Caron 68Irico, Angelo 75, 95, 114, 119-121Irico, Giacomo 95Isola, Gianni 9, 10, 30, 50, 52Ivens, Joris 132

Jacchia, Pietro 170Jaubert, Alain 133Juliá, Santos 41, 51, 52

King v. Minero Re, QuintinoKnox, Bernard 37, 45, 49, 52Kokoschka, Oskar 133Kropotkin, Pëtr Alekseevic 114Kurzman, Dan 49

Landini, Enea 20, 29Largo Caballero, Francisco 41, 54, 166, 173,

175Lari, Pietro 24, 29Lario, Plinio 96, 113, 114, 120Lastella, Maria 119Lemagny, Jean-Claude 135Lenin v. Ul’janov, Vladimir Il’icLeone, Antonio 96Leone, Francesco 18-22, 25-30, 39, 41, 42, 46,

58, 66, 70, 96, 113, 114, 120, 169Lesca, Maria 104Leto, Guido 84Líster, Enrique 128Llanos, Virgilio 19Lombezzi, Nazzareno 22, 29Longo, Luigi 26, 28, 39, 40, 43, 50-52, 58, 120-

123, 165, 168, 170Lonni, Ada 83López, Alvaro 20, 27-29, 85, 86, 118López, giovane spagnolo 55López Tienda, Rafael 19López Mondéjar, Publio 133, 134, 135, 136Lorenzo, César M. 50, 52

Lukacs, Paul alias Máté Zalka v. Béla, FranklLukanov, Karlo Todorov 168Luna, pittore spagnolo 133Lussu, Emilio 21, 29

Macchieraldo, Andrea 97, 121Macchieraldo, Michele 97Mac Leish, Archibald 132Maffeo, Maria 110Magoga Antonio 29Magrini v. Garosci, AldoMaia, Roberto 119Mairone, Antonio 72Malacarne Giovanni 29Malatesta, Errico 88, 114Malraux, André 38Mambrin, Antonio 29Manacorda, Giuseppina 101Maniera, Aristodemo 121, 122Manuilskij, Dmitriy Zakharovych 38Marcellino, Nella 63Marchetti, Giuseppe 24, 29Marchi, Orazio 51Marchina, Angelo 24, 29Mario (?), comandante di compagnia 69Martinelli, Renzo 120, 122Martín Expósito, Alberto 134-136Marty, André 40, 132, 135Massara, Massimo 121, 123Masserano, Luigia 76Masson, André 133Mateos, pittore spagnolo 133Mayo, Faustino 128Mayo, Francisco 128Mellina Sartore, Alfonso 98, 114, 121Mellina Sartore, Giovanni Battista 98Menegozzo, Maddalena 90Mercandino, Idelmo 58Messen, Carolina 99Mezzano, Antonio 98Mezzano, Giuseppe 69, 75, 98, 113, 121Miaja, José 136, 174Mignemi, Adolfo 120, 135Milanaccio, Panacea 112Milite Rosso (Il) v. Nenni, Pietro 123Milza, Pierre 83, 123Minazio, Alfredo 99, 114, 121Minazio, Pietro 99Minazzi, Fabio 122Minero Re, Giovanni 99Minero Re, Quintino 67, 99, 121Minetto, Attilio 60-62, 99, 121Minetto, Giovanni 99Minghetti, Giuseppe 29

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Miravitlles, Jaume 128Miró, Joan 133Mola Vidal, Emilio 165Molinari, Domenico 100, 121Molinari, Pietro 100Molino, Caterina 96Mondadori, Alberto 134Montagnana, Franco 63Montagnana, Mario 58Montanar, Rocco 29Montarolo, Antonio 100Montarolo, Francesco 69, 100, 114, 121Monti, Pietro 71Morando, Francesco 72Moranino, famiglia 82Moranino, Luigi 64, 83, 84, 119Mosca, Giovanni 100Mosca, Giuseppe 69, 100, 113, 114, 121, 124Mosca Carlottin, Antonio 66-69, 80, 84, 101,

114, 121Mosca Carlottin, Giovanni 101Motta, Adamastore 29Muccini, Ugo 21, 23, 26-30, 121Mussolini, Benito 7, 21, 53, 68, 70, 71, 88, 158Mussone, Maria 89

Nahoum, Isacco (Milan) 122Namuth, Hans 129, 135Nannetti, Nino 41, 170Nappi, Antonio 29Nardini, Domenico 22, 29Natoli, Claudio 50-52Naula, Rosa 88Negarville, Osvaldo “Valerio” 46, 48Negrín López, Juan 54, 175, 176Negro, Giuseppe 71Negro, Maria 106Nenni, Pietro 49, 120, 122, 123, 165, 170Nerozzi, Amedeo 24, 29Nervi, Ernesto 71, 76Nese, Adelaide 90Noca, Carlo 74Noca, Giulia 74Noca, Paolo 74, 75Noca, Pietro 74, 75Noce, Teresa 39, 40, 46, 50, 75, 120-124Novas Calvo, L. 120

Occhio Policarpo, Caterina 107Orlandino, Vittorio 24, 29Ortoleva, Peppino 136Orwell, George v. Blair, Eric ArthurOttaviano, Chiara 136Ottino, Amabile 103

Pacciardi, Randolfo 120, 122, 126, 132, 133,167, 169, 170

Pagès, Pelai 134Pais, Giordano 29Pajetta, Giuliano 38, 40, 43, 46, 50-52, 58, 67,

75, 115, 126, 132, 134Pajetta, Piero “Nedo” 63, 64, 82, 84Pareti, Rocco 71Parodi, Livia 100Parsini, Carlo 72, 77Pasini, Giulio 22, 29Pasionaria (La) v. Ibárruri Gómez, DoloresPavanin, Pietro 19, 20, 22, 23, 26-29Perazio, Emilia 74Pérez Millán, Juan Antonio 134-136Perino, Emilio 74, 75Perino, Giovanni 74Perino, Giovanni di Emilio 74, 75Perlino, Irma 103Perona, Gianni 9, 118Pesce, Giovanni 52, 118, 120-124Pezzetta, Augusto 29Picasso, Pablo (Pablo Ruiz y Picasso) 133Picciardi (?), miliziano 74Piccinato, Silvio 49Picco, Teresa 74Pietrov v. Lukanov, Karlo TodorovPillon, Cesare 52, 123Pizarróso Quintéro, Alejandro 51, 130, 133-136Platone, Felice 58, 170Poli, Gino 24, 293Pollone, Antonia 95Poma, Anello 50, 69, 78, 82-86, 101, 112-114,

118-124Poma, Claudio 101Poma, Ermete 72Porta Variolo, Maddalena 105Porta Variolo, Melania 91Premoli, Giovanni 29Prestes, Luis Carlos 26Prevosto, Francesco 68, 102, 114, 122Prevosto, Maurizio 102Prieto, Gregorio 133Prina Cerai, Carla 84Prina Cerai, Emilio 103Prina Cerai, Ezzelino 103, 113, 118, 122Procacci, Giuliano 52Puccini, Dario 49

Quaglino, Felice 51Quagliotti, Giovanni 103Quagliotti, Lorenzo 103, 114, 122Quagliotti, Rolando 73, 103, 114, 122Quarelli, Luigi 71

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Quazza, Guido 83Queipo de Llano, Gonzalo 127, 165Quiriconi, Aladino 112

Radice, Rosa 104Ramazzini Pietro 29Ramella (?), miliziano 75Ramella, Caterina 88Ramella, Franco 64, 83, 123Ramella, Giuseppe (?), miliziano 74Ranzato, Gabriele 48, 52Rapone, Leonardo 50-52Rava, Enzo 29Ravetto, Carlo 66, 104, 122Ravetto, Giovanni 104Ravetto, Silvio 66Reale, Pietro 74Regis, Maria 89Regler, Gustav 120, 168Reisner, George 129, 135Renati v. Caneparo, Annibale 91, 92Renau, Josep 128, 133-135René v. Caneparo, AnnibaleRichards, Vernon 50Righi, Maria Luisa 120, 122Rigola, Rinaldo 51Rigolino, Alessandro 70, 115Rinaldi, Gottardo 23, 29Riquelme, Manuel 29Rivetti, Giovanni 50, 51, 104Roasio, Antonio 19, 28, 38-52, 67, 78, 83, 104,

114, 115, 121-123Roasio, Giovanni 50Roasio, Giuseppe 104Rolla, Domenico Bruno 21, 29Rosazza Gianin, Elena 101Roselli, Floro 64Rosenberg, Marcel 40Rosselli, Carlo 18, 170Rossetti, Adriano 59-63, 66, 69, 78, 82, 83,

105, 106, 109, 113, 114, 123Rossetti, Aurora 59, 61-64, 66, 124Rossetti, Bruno 60, 61, 63, 83, 85, 105, 123Rossetti, Ernesto 85, 111, 124Rossetti, famiglia 61, 81, 83Rossetti, Francesco (padre di Giuseppina) 59Rossetti, Francesco (di Francesco) 111Rossetti, Giorgina 59Rossetti, Giovanni 105Rossetti, Giuseppina (Fifina) 59-64Rossetti, Liliana 59, 63, 66Rossetti, Mario 60Rossi, Antonio 71, 76Rossi, Guido 136

Rossi, Lucia 92Rosso, Augusto 48Rouillé, André 135Roveda, Giovanni 92Rovighi, Alberto 123Rubini, Libertario 29Ryabov, Vasily 135

Salinari, Carlo 50, 51, 121, 123Sanchéz Pérez, Alberto 133Santagostino, Attilio 73, 111, 124Santagostino, Francesco 111Sartoris, Camillo 117Sartorti, Rosalind 135Sasso, Osvaldo 72Sassu, Aligi 133Savio, Giovanni Battista 71Scalcon, Vittorio 24, 29Scalfoni, Guerrino 72Scandolera, Caterina 94Scanzio, Ernesta 108Scaramuzza, Emma 52Schiapparelli, Francesca 111Schiapparelli, Stefano “Willy” 83, 124Schintone, Pietro 74, 75Scioscioli, Massimo 132, 135Secchia, Giovanni 106Secchia, Matteo 75, 106, 114, 123Secchia, Pietro 25, 28, 41, 45, 106Segovia, Francisco 129, 135Sella, Olinto 68, 69, 85, 106, 114, 123Sella, Probo 106Semprun Maura, Carlos 49Senna, Pietro 29Serrano, Carlos 134Serrano Gomez, Juan José “Serrano” 127Seymour, David “Chim” 126, 134Siletti, Carlo 60, 61, 63, 69, 73, 106, 114, 123Siletti, Valentino 106Silvestrini, Umberto 29Simonetti, Virginia 106Sodano, Angela 74, 111Sorrentino, Lamberti 127, 128, 134Sozzi, Gastone 21, 25, 30Spada, Angelo 29Spano, Velio 40Sparano, Ciro 29Spina, Luigi 118Spriano, Paolo 20, 21, 28, 29, 39-41, 50-52,

121-123Stagnetti, Felice 29Stalin v. Džugašvili, Iosif VissarionovicStarace, Achille 157Stefani, Filippo 123

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183

Suermondt, Rik 133

Tamagno, Giovanni 107Tamagno, Giuseppe 66, 107, 114, 123Tamburini, Giovanni 20, 29Tarchetti, Simona 83Taro, Gerda 126, 134Thomas, Hugh 49, 501Thorez, Maurice 165Togliatti, Palmiro 39, 40, 42, 45, 47-49, 105,

123, 170, 171Togna, Angelo 118

Tollot, Giovanni 23, 24, 29Tondella, Battista 107Tondella, Carlo 67, 73, 75, 107, 114, 115, 124Tondella, Domenica 89Tondella, Federico 67, 75, 115Tonussi, Antonio 20, 29Torcellan, Nanda 130, 134, 135Traverso, Mario 115Tuñon De Lara, Manuel 49-51

Uberti Bona, Carolina 108Ukmar, Anton 29Ul’janov, Vladimir Il’ic (Lenin) 13

Vacchetta, Francesco 70Valsesia, William 63, 82Vanelli, Lorenzo 28, 86Vanni, Melchiorre 170Varela, José Enrique 41Varnero, Benedetto 73, 108, 114, 124Varnero, Enrico 108Vecchiolino, Angela 94Venezia, Alessandro 108Venezia, Eraldo 55, 56, 66, 72, 94, 108, 113-

115, 124, 157Venza, Claudio 50Verc, Francesco 29Vercellino, Maria 110Vermicelli, Gino 63Viana, Emilio 108

Viana, Luigi 68, 82, 108, 113, 114, 124Vico, Luigi 23, 29Vidal, Martín 129Vidali, Vittorio 41, 46, 52, 60, 64, 170Vignale, Eugenio 29Vilar, Pierre 49Vineis, Emilia 109Viotti, Giuseppe 71Vittorio Emanuele III 88Vivian, Romeo 29Volpato, Lindo 23, 29

Wedin, Edward 20, 29Wiemken, pittore spagnolo 133Wilson, Ann 134, 135, 136

Zaldera, Giuseppe 156Zalka, Máté v. Béla, FranklZanada, Carlo 68, 69, 109, 114, 124Zanada, Giuseppe 109Zanazzo, Secondino 71, 76Zanettin, Paolo 20, 29Zanone (?), tenente colonnello 74Zanone, Battista 74, 75Zanone, Lorenzo 74, 111Zanone, Vittorio 73, 111, 124Zanoni, Arturo 74Zanotti, Arialdo 60-63, 66, 79-81, 84, 109, 114,

124Zanotti, Celestino 109Zanotto, Celestino 110Zanotto, Riccardo 67, 82, 110, 113, 114, 124Zennaro, Giovanni 29Zitelli, Fabrizio 123Zocchi, Lino 23, 26, 27, 29, 118, 119Zucchetti, Alessandro 110Zucchetti, Giovanni 85, 110, 124Zuccoli, Ludovico 134Zugazagoitia, Julián 52Zuppa, Pietro 112Zuppa, Pio 73, 85, 112, 124Zurilli, Orlando 29

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184

Abissinia 18, 29, 154, 157, 164, 165Africa 72Africa orientale 70Aix-les-Bains (Savoie) 106, 112Albacete (Spagna) 39, 41, 46, 47, 54, 62, 67,

80, 88, 89, 91, 95, 98, 101, 103, 104, 115,159, 166, 167, 169, 170, 172, 174

Alessandria 26, 50, 74Algeria 87, 107, 108Alicante (Spagna) 40, 174Almudévar (Huesca) 109Alsazia (Francia) 83Altamura (Ba) 96America 112America del Sud 107, 113America latina 167Ancona 110Andalusia 54, 127, 160Andorno Micca 106Anghiari (Ar) 92, 103Annecy (Haute-Savoie) 77, 83, 111Annemasse (Haute-Savoie) 111Aosta 72, 109Aragón, monte (fronte dell’Aragona) 92, 109,

115, 119Aragona 55-57, 89, 90, 102, 106, 109, 131,

144, 159-161, 175Arcola (Sp) 21Arganda (Madrid) 98, 100, 101, 105, 107, 123Argelès-sur-Mer (Pyrénées-Orientales) 29, 57,

89-91, 93, 94, 98, 102, 106, 110, 114Argentina 93, 104Asia 164Asigliano Vercellese 25, 96, 98, 113Asturie 39, 48, 53, 174, 175Aulnay-sous-Bois (Seine-Saint-Denis) 81, 90,

91, 105Austria 29

Badolato (Cz) 76Balocco 82, 93, 113

Barcellona (Spagna) 19, 23, 45, 54, 66, 68-71,80, 84, 88, 89, 94, 99, 103, 104, 129, 164,171, 173-175

Bardonecchia (To) 70, 92, 100, 105Basilea (Svizzera) 24, 60, 99Bayonne (Pyrénées-Atlantiques) 98Belchite (Saragozza) 100, 101, 108, 110Belfort (Territoire de Belfort) 83, 90, 91Belgio 21, 24, 29, 89, 109, 113, 116, 117, 171Benicásim (Castellón) 88, 99Berlino 116Bianzè 55, 108, 113Biella 25, 51, 55, 74-76, 82, 89-92, 96, 98-

102, 104, 107-110, 113, 157Biellese 51, 64, 74, 78, 81-83, 86, 91, 92, 100,

105, 108-110, 113, 123, 157Bilbao (Vizcaya) 175Bisaccia (Av) 76Boadilla del Monte (Madrid) 91, 98, 100, 101,

105, 107, 110Boccioleto 89, 113Bologna 22, 50, 86Bolzaneto (Ge) 24Bondy (Seine-Saint-Denis) 111Bordeaux (Gironde) 66, 67, 88, 104Borgo d’Ale 76Borgosesia 72, 76, 77, 88, 112, 113Boulogne-Billancourt (Hauts-de-Seine) 108Bourg-Madame (Pyrénées-Orientales) 102Brasile 22, 25, 26, 96, 97Brennero 110Briançon (Hautes-Alpes) 102Briga (Svizzera) 103Broni (Pv) 75Brunete (Madrid) 88, 101, 110, 131, 132, 175Brusnengo 74Bruxelles (Belgio) 28, 110, 116Buchenwald (Germania) 108Buenos Aires (Argentina) 93, 104Bujalaroz (Saragozza) 97Burgos (Spagna) 173, 174

* Non sono state considerate le voci Italia e Spagna. Delle località vercellesi, biellesi e valsesiane nonè stata riportata la sigla della provincia.Di ogni frazione di comuni delle province di Biella e Vercelli èindicato, tra parentesi, il capoluogo (situazione al 2014); per i comuni al di fuori delle stesse sonoindicate le province di appartenenza all’epoca (per i comuni del Canavese è indicato anche il cambiodi provincia nell’immediato dopoguerra); per i comuni francesi è indicato il dipartimento, per quellispagnoli la provincia (per i capoluoghi lo stato); per altre località lo stato di appartenenza.

Indice dei luoghi*

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185

Camandona 103, 113Campillo de Llerena (Badajoz) 62, 100, 102,

108, 110, 159Canada 166Candelo 108, 109, 113Cannes (Alpes-Maritimes) 92Cap-Martin (Alpes-Maritimes) 101Caraman (Haute-Garonne) 96Carbonia (Ca) 134Carcassonne (Aude) 54, 159Casa de Campo (Madrid) 62, 93, 94, 97, 99-

101, 107, 109, 110, 169Casale Monferrato (Al) 74Caspe (Saragozza) 56, 90, 91, 94, 101, 103,

107Castelnau-Durban (Ariège) 96Castelnovo del Friuli (Ud) 68Catalogna 15, 19, 56, 82, 128, 159, 160, 163,

167, 171, 173, 175Cavaglià 72, 94, 97, 108, 113Cecoslovacchia 161, 164, 166Cenicientos (Madrid) 19, 97, 173Ceresane (Mongrando) 59, 63Cerro de los Angeles (fronte di Madrid) 39, 93,

94, 97, 99, 104, 107, 110, 123, 168, 169, 174Cerro Muriano (Cordoba) 132Cerro rojo v. Cerro de los AngelesCervo, valle 80Chambéry (Savoie) 112Chapinería (Madrid) 19, 22, 23, 24, 29, 97, 174Chardanne (Svizzera) 76Cherbourg (Manche) 96Chiavazza (Biella) 100, 109Cina 164Civitavecchia (Rm) 26, 155Clifton (Usa) 93Colonia (Germania) 109Como 95, 157Connecticut (Usa) 93Corbera d’Ebre (Tarragona) 92Cordova (Spagna) 132Cossato 81, 89, 93, 100, 113Cossila (ora fraz. di Biella) 99, 113Costigliole d’Asti (At) 50Cuba 14Curanuova (Mongrando) 59Curino 71, 98, 113

Dachau (Germania) 108Desana 76Detroit (Usa) 74Domodossola (No) 70, 98Dorzano 93, 113Drancy (Seine-Saint-Denis) 22

Eaubonne (Val-d’Oise) 91Ebro, fiume 56, 57, 160, 161Ebro, fronte 90, 91, 94, 95, 101-103, 106, 107,

159-162, 175Elvo, valle 81Emilia-Romagna 22, 47, 96, 105Estremadura 55, 56, 62, 90, 94, 95, 101, 106,

109, 157, 159Etiopia 7

Farlete (Saragozza) 55, 94, 101, 107, 108, 110Figueras (Girona) 159Firenze 85, 105Fombio (Mi) 76Fontecchio (Aq) 76Forlì 22Fossoli (Carpi, Mo) 24Francia 8, 14, 19, 21, 22, 25, 26, 28, 29, 38,

40, 47, 51, 53, 56-61, 63, 65, 67-70, 72, 74,75, 77-83, 87-104, 106-115, 117, 123, 124,155, 157, 159-161, 164-167, 171, 172, 176

Fubine (Al) 82Fuentes de Ebro (Saragozza) 54, 55, 89, 92,

101, 107, 108, 110, 160

Gaglianico 89, 90, 95, 113, 119Gandesa (Tarragona) 56, 102, 162, 175Gardanne (Bouches-du-Rhône) 107Gattinara 71, 72, 74, 76, 92, 111, 113Genova 85, 89Germania 7, 8, 20, 57, 58, 114, 115, 164, 165,

173, 174, 175, 176Getafe (Madrid) 168Giappone 164, 175, 176Gibilterra 173Gijón (Asturias) 175Ginevra (Svizzera) 98, 114, 163Gordola (Svizzera) 98Gran Bretagna 8, 88, 113, 161, 165, 166, 176Granada (Spagna) 133Grañen (Huesca) 135Granze (Pd) 90Grenoble (Isère) 103, 105, 111Guadalajara (Spagna) 62, 88, 91, 98, 100, 101,

105, 107, 131, 134, 136, 143, 144, 157, 169,170, 174

Guadarrama, sierra (fronte di Madrid) 131, 140,175

Guernica (Vizcaya) 127, 174Gurs (Pyrénées-Atlantiques) 28, 29, 57, 58, 89-

91, 93, 94, 98, 101, 102, 106-110, 115

Huesca (Spagna) 88, 89, 92, 98, 100-102, 109,110, 115, 131, 137, 173

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186

Inghilterra 7, 14, 165Irún (Guipúzcoa) 19, 96Istonio (ora Vasto, Ch) 94Istria 23Ivrea (Ao ora To) 103

Jaén (Spagna) 54, 160Jarama, fiume (fronte di Madrid) 75, 174Jarny (Meurthe-et-Moselle) 74Jugoslavia 13, 58

Kienthal (Svizzera) 24, 25

La Mancia 159La Seyne-sur-Mer (Var) 99La Tronche (Isère) 95, 111, 112Lampedusa (Ag) 108Lantosque (Alpes-Maritimes) 74Lazio 29Le Vernet (Ariège) 29, 58, 89-91, 93, 94, 96,

97, 101, 102, 106-110, 112, 117Leningrado (Urss, ora San Pietroburgo, Russia)

25, 96Lérida (Spagna) 55, 128, 159, 175Les Milles (Aix-en-Provence, Bouches du Rhô-

ne) 97Levante (ora Comunidad Valenciana) 56, 109,

159Liechtenstein 89, 113Liguria 29Lione (Rhône) 26, 100, 111Livorno 25Livorno Ferraris 103, 113Lombardia 22, 45, 96, 100Londra 173Lorient (Finistère) 98Loriol-sur-Drôme (Drôme) 103Losanna (Svizzera) 74Lucera (Fg) 75Lugano (Svizzera) 22, 70Lussemburgo 21, 29, 89, 102, 109, 113Luzzara (Re) 24

Madrid 19, 27, 29, 39-41, 45, 48, 54, 62, 66,67, 88, 94, 96, 97, 99, 106, 114, 123, 129,131, 132, 138, 143, 164-176

Madrigueras (Albacete) 167Magnano 107, 111, 113Mahora (Albacete) 99Maierato (Cz) 89Majadahonda (Madrid) 46, 91, 98, 100, 101,

105, 107, 172Malaga (Spagna) 70, 174Manciuria 164

Marche 29Marocco 90Marsiglia (Bouches-du-Rhône) 24, 66, 70, 93,

94, 101, 103, 111, 115, 167Marzabotto (Bo) 24

Masserano 71, 115Mathi (To) 111Menton (Alpes-Maritimes) 89-91, 94, 101, 102,

106, 109Mercato Saraceno (Fo) 22Messico 58Mezzana Mortigliengo 66, 104, 113Milano 24, 25, 51, 70, 75, 76, 97, 100, 105,

114Mirabueno (Guadalajara) 46, 62, 91, 98, 99,

101, 105, 107, 110, 172Modane (Savoie) 95, 96, 103Monaco (Baviera) 13, 161, 164Monaco, principato 87, 97, 113Moncenisio, valico di frontiera 77Moncrivello 75Monferrato 82Mongrando 59, 60, 61, 63, 64, 66, 72, 78-80,

90, 91, 94, 99, 105, 106, 109, 113Montbélliard (Doubs) 103Monteveglio (Bo) 22Montevideo (Uruguay) 93Montreuil (Seine-Saint-Denis) 61, 63, 105Morata de Tajuña (Madrid) 62, 75, 88, 91, 100,

142Mosca (Urss, ora Russia) 13, 14, 16, 23, 24, 28,

38-41, 44-48, 52, 67, 86, 104-106, 172Mosso Santa Maria 89Mulhouse (Haute-Rhin) 60. 105Murcia (Spagna) 56, 88, 101, 102, 159

Nervi (Genova) 102Neuilly-Plaisance (Seine-Saint-Denis) 89New Jersey (Usa) 93New York 74, 88, 93, 98Nicolaev (Urss, ora Ucraina) 28Nizza/Nice (Alpes-Maritimes) 74, 97, 111Novara 24, 25, 96, 105, 110Nuova Castiglia 62

Occhieppo Inferiore 91, 111, 113, 119Occhieppo Superiore 106, 113Odessa (Urss, ora Ucraina) 52Orihuela (Alicante) 159, 163Oropesa (Toledo) 41Ospedaletti (Im) 97

Padova 90

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187

Paesi baschi 174Palazzolo Vercellese 95, 100Palestro (Pv) 109Parigi 20, 22, 27, 29, 40, 41, 53, 59-63, 67-

69, 74, 79, 80, 82, 88-90, 92, 96, 97, 99, 101,102, 105, 108, 110, 115-117, 133, 158, 159,166, 170, 172, 174

Parma 26Paterson (Usa) 88Pau (Pyrénées-Atlantiques) 57Pelahustán (Toledo) 19, 20, 22, 29, 97Pelato, monte v. Aragón, montePerpignan (Pyrénées-Orientales) 69, 90, 167Perugia 19Peschici (Fg) 76Pettinengo 74Piccolo San Bernardo, valico di frontiera 77Piemonte 29, 100, 105Pinerolo (To) 74Pola (ora Croazia) 23, 28Pollone 88, 113Pomarico (Mt) 76Ponderano 117Portogallo 164, 176Portogruaro (Ve) 90Portolongone (ora Porto Azzurro, Li) 26Pozorrubio (Toledo) 99Pozuelo de Alarcón (Madrid) 39, 46, 99, 104,

107, 110, 172Pralungo 70, 71, 75, 76, 157Prat de Llobregat (Barcellona) 97

Quarona 92, 113Quintanar del Rey / de la República (Cuenca) 54,

159, 163Quinto (Saragozza) 143

Real Cenicientos v. CenicientosRenicci (Anghiari, Ar) 92, 103Rio de Janeiro (Brasile) 93Rivignano (Ud) 74Roasio 74Roma 23, 45, 59, 61, 70, 79, 85, 92, 93, 105,

106, 114, 116, 158, 174Ronco Biellese 108, 113Rosazza 80, 101, 113Rosignano Solvay (Rosignano Marittima, Li) 23Russia 8, 62, 72Ruta (Mongrando) 59

Sagliano Micca 99, 113Saint-Cyprien (Pyrénées-Orientales) 29, 63, 95,

101, 104, 107, 109, 110, 114Saint-Fons (Rhône) 102

Saint-Imier (Svizzera) 76Sala Biellese 117Salamanca (Spagna) 67, 75, 133Salsomaggiore (Pr) 107Salussola 110, 113San Germano Vercellese 77San Giovanni Valdarno (Ar) 51San Sebastián (Guipúzcoa) 19, 41, 89, 173Sanremo (Im) 93Sant Pere Pescador (Gerona) 136Sant’Eurosia (Pralungo) 157Sant’Onofrio (Cz) 89Santa Maria Capua Vetere (Ce) 114Santander (Cantabria) 89, 175Santhià 102, 113São Paulo (Brasile) 96Saragozza (Spagna) 54, 97, 101, 131, 143, 159Sardegna 29Sariñena (Huesca) 97Sassari 26Savoia 111Scipione (Salsomaggiore, Pr) 107Serralunga di Crea (Al) 74Serravalle Sesia 111Sessera, valle 78, 81Sicilia 29Siderno (Rc) 76Sierra de Cavalls 24, 94, 102, 162, 163Soprana 75, 77Stati Uniti d’America 14, 66, 74, 87, 88, 93,98, 113-115, 166Strona 83Strona, valle 72, 78Subbiano (Ar) 105Svizzera 21, 24, 29, 60, 70, 75, 87-89, 93, 98,

99, 103, 111-115, 157, 171

Talavera (Toledo) 41, 121Tardienta (Huesca) 109Teruel (Spagna) 91, 110, 175Thonon-les-Bains (Haute-Savoie) 111Ticino, cantone 77Toledo (Spagna) 41Tollegno 81, 82Tolone (Var) 80, 97, 101Tolosa (Haute-Garonne) 24, 29, 96Torelló (Barcellona) 100, 163Torino 25, 30, 45, 72, 74, 76, 77, 89-91, 93,

95, 97, 99, 100, 102, 103, 111, 117Torricella Peligna (Ch) 89Tortosa (Tarragona) 23Toscana 22, 97, 105Tremiti (Fg) 75, 76, 89, 103Trentino 29

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Trieste 110, 170Trino 77, 95, 100, 113, 117Trivero 90Tronzano Vercellese 55, 94, 113, 117Troyes (Aube) 92

Udine 74Ungheria 45Unione Sovietica 7-9, 14-16, 20, 21, 23, 25, 28,

29, 40-42, 44, 46, 47, 49, 51, 57, 58, 62, 82,87, 95, 96, 97, 99, 104, 106, 110, 113, 114,129, 167, 170-172

Uruguay 104Ustica (Pa) 25, 92, 108

Valdeavero (Madrid) 62Valencia (Spagna) 74, 91, 95, 159, 164, 169,

174, 175Valle d’Aosta 92, 105Valle Mosso 90Valsesia 86, 92, 112, 113Varallo 88, 113Vargem Grande do Sul (Brasile) 96Vaticano 175Vaujours (Seine-Saint-Denis) 79Veneto 22, 105Venezia Giulia 22Venezie 110

Ventimiglia (Im) 102, 107Ventotene (Lt) 69, 87, 89-92, 101-103, 106,

107, 109, 110, 120Vercellese 25, 55, 86, 100, 103, 112, 113Vercelli 25, 39, 50, 51, 63, 66, 67, 69-71, 74-

76, 80, 81, 86, 89, 91-98, 100-105, 107, 109,110, 113, 115, 116

Vercelli, provincia 53, 65, 67, 72, 86, 102Vernet v. Le VernetVerrone 95, 113Vicentino 95Vichy (Allier) 63, 75Vicién (Huesca) 89Vienna (Austria) 164Vienne (Isère) 89, 94, 95Vigonovo (Ve) 76Villanueva del Pardillo (Madrid) 147Villejuif (Val-de-Marne) 22, 109Villeparisis (Seine-et-Marne) 59-62, 66, 79, 81,

90, 94, 105, 106, 109Villeurbanne (Rhône) 100, 106Vincennes (Val-de-Marne) 89Viverone 107, 113, 115Voghera (Pv) 75

Zimmerwald (Svizzera) 24Zubiena 76, 94, 107, 113, 117Zumaglia 74, 106, 113, 119

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Presentazione della 2a edizione p. 5Prefazione di Nicola Tranfaglia ” 7

Prima parte: saggi ” 11Marcello FloresConsiderazioni per la discussione storiografica sulla guerra civile spagnola ” 12Gianni IsolaFrancesco Leone e la centuria “Gastone Sozzi”. Analisi quantitativa

di una leggenda ” 18Adriano BalloneAntonio Roasio e le brigate internazionali. Spontaneità e organizzazione

nella guerra civile spagnola ” 37Anello PomaLa gioventù antifascista biellese in difesa della Repubblica spagnola ” 53Luigi MoraninoAdriano Rossetti e il gruppo di Mongrando dall’emigrazione in Francia

alla guerra di Spagna ” 59Piero AmbrosioAntifascismo e guerra di Spagna: “miliziani rossi” e altri “sovversivi”

nei documenti del Casellario politico centrale ” 65Gianni PeronaLa partecipazione dei biellesi alla guerra di Spagna:

spie di una trasformazione ” 78

Seconda parte: biografie ” 85Piero AmbrosioVercellesi, biellesi e valsesiani volontari antifascisti in Spagna ” 86

Terza parte: immagini ” 125Pierangelo Cavanna“Simboli che sembrano documenti”. L’uso della fotografia nel

“Calendario del Garibaldino 1938” ” 126Immagini scelte del “Calendario del Garibaldino 1938” ” 137

Appendice ” 153Anello PomaLa guerra di Spagna: ricordi e riflessioni ” 154Antonio RoasioUn’esperienza antifascista nella Spagna della guerra civile ” 164Cronologia ” 173Indice delle persone ” 177Indice dei luoghi ” 184

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