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ANTONELLO DA MESSINA (Messina, 1429/30-1479) Raggiunge il difficile equilibrio di fondere la luce, l'atmosfera e l'attenzione al dettaglio della pittura fiamminga, con la monumentalità e la spazialità razionale della scuola italiana. I suoi ritratti sono celebri per vitalità e profondità psicologica. Dimostra una costante capacità dinamica di recepire tutti gli stimoli artistici delle città che visita, offrendo ogni volta contributi autonomi, che arricchivano le scuole locali. Soprattutto a Venezia rivoluzionò la pittura locale, facendo ammirare i suoi traguardi che vennero ripresi da tutti i grandi maestri lagunari, apre la strada alla "pittura tonale” Rinascimento veneto. Ritratto d'uomo (forse autoritratto), Londra, National Gallery

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ANTONELLO DA MESSINA (Messina, 1429/30-1479)

Raggiunge il difficile equilibrio di fondere la luce,

l'atmosfera e l'attenzione al dettaglio della pittura

fiamminga, con la monumentalità e la spazialità

razionale della scuola italiana.

I suoi ritratti sono celebri per vitalità e profondità

psicologica.

Dimostra una costante capacità dinamica di

recepire tutti gli stimoli artistici delle città che

visita, offrendo ogni volta contributi autonomi,

che arricchivano le scuole locali.

Soprattutto a Venezia rivoluzionò

la pittura locale, facendo ammirare i suoi

traguardi che vennero ripresi da tutti i grandi

maestri lagunari, apre la strada alla "pittura

tonale” Rinascimento veneto.

Ritratto d'uomo (forse autoritratto), Londra, National Gallery

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Antonello da Messina e Giovanni Bellini

Giovanni Bellini ,Compianto sul Cristo morto, 1474,

Città del Vaticano, Pinacoteca Antonello da Messina, Pietà con tre angeli, 1475-1476, Venezia, Museo Correr.

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• Il tonalismo

La pittura tonale, è una tecnica tipica della tradizione veneta del XVI secolo, legata a una particolare sensibilità del colore.Con la graduale stesura tono su tono, in velature sovrapposte, si ottiene, essenzialmente, un morbido effetto plastico e difusione tra soggetti e ambiente circostante. Il colore inoltre diventa l'elemento costituente del volume e dello spazioprospettico.La pittura veneta integra in modo armonico uomo e natura, è il colore che definisce le forme e la profondità spaziale. Inquesto modo si possono ottenere effetti di luce, ombra e profondità senza l'uso del chiaroscuro, ma solo con variazioni dicolore.La scuola veneziana si caratterizzò fin dalle origini con uno splendore cromatico, dovuto alle radici bizantine dei magnificimosaici di San Marco e alla disponibilità dei pigmenti delle migliori qualità nei suoi empori, che venivano smerciati in tuttaEuropa. Nelle opere di Giovanni Bellini del secondo Quattrocento e in quelle dei suoi seguaci si inizia già a notare unabbandono dei contorni incisivi e delle forme delineate nettamente, con la costruzione dell'immagine affidataessenzialmente a una calibrata orchestrazione delle campiture cromatiche: si tratta di quel "fondamento sul colore" chegià nella trattatistica cinquecentesca (a partire da Vasari contrappone la scuola veneziana/veneta a quella fiorentina,basata sul "primato del disegno”.Nel corso del primo Cinquecento si sviluppò, una tecnica per velature sovrapposte degli strati di colore e che permetteva diottenere tonalità intense e sature, tanto nelle zone a cromia brillante che in quelle più scure. A questo processocontribuirono i soggiorni di Leonardo da Vinci e dei leonardeschi in laguna, portatori dello sfumato. Un altro elementofondamentale fu lo sviluppo del senso "atmosferico", legato cioè a una pittura in cui è percepibile l'aria e la luce checircola liberamente tra le figure, come un connettivo dorato e avvolgente che le lega allo sfondo: maestri in questo campofurono lo stesso Giovanni Bellini e Vittore Carpaccio. Questa conquista aveva le radici nella pittura fiamminga, di cuiesistevano alcuni esempi in città, ma che soprattutto era stata veicolata dall'esempio di Antonello da Messina,protagonista di un indelebile passaggio in Laguna nel 1475.Ma il più importante contributo alla definizione pratica del tonalismo è legato essenzialmente alla figura di Giorgione, chenel primo decennio del Cinquecento impresse alla pittura una svolta decisiva verso l'uso di un impasto cromatico più riccoe sfumato, che determina il volume delle figure tramite la stesura in strati sovrapposti, senza il confine netto dato dalcontorno.

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Antonello da Messina, Pietà, Madrid Museo del Prado, Giovanni Bellini, Pietà”, Venezia, Museo Civico Correr

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ANTONELLO DA MESSINA

Giovanni Bellini Madonna greca (1460-1470 circa)Antonello da Messina, tavola della Vergine col Bambino, Firenze Uffizi

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Antonello da Messina

La Crocifissione conservata a Sibiu (Romania) è una delle

opere giovanili di Antonello, realizzata probabilmente tra

1468 e 1470.

Sullo sfondo compare una veduta simbolica di Messina

secondo il desiderio, diffuso all'epoca e probabilmente

espresso dal committente, di vedere nella

rappresentazione della propria città un'allusione a

Gerusalemme, di cui sono riprodotti il centro abitato e il

porto, e in cui sono riconoscibili persino alcuni edifici

come il monastero di San Salvatore (sulla destra) e la

Rocca Guelfonia, mentre nella marina si scorgono

(seppure posizionate con una certa "libertà" geografica) le

isole Eolie

La Crocifissione di Sibiu, inaugurò uno dei temi base di

Antonello quello del martirio di Cristo.

La disposizione ortogonale di Cristo e dei ladroni

determina una tangibile scatola spaziale, dimostrando

un'attenta conoscenza delle volumetria spaziale italiana

Deriva iconograficamente dai Calvari fiamminghi, nella

parte bassa della tavola, mentre nella parte superiore,.

Il dipinto presenta legami con l'arte fiamminga visibili

nella scelta del punto di vista molto alto e nella

costruzione del paesaggio roccioso: entrambi richiami alla

pittura di Jan van Eyck e di Petrus Christus.

Crocifissione di Sibiu, Muzeul de Artă di Bucarest, Romania

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Jan van Eyck, Crucifixion and Last Judgment, ca. 1435 – 40. New York Metropolitan Museum of Art.

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Colantonio

Nacque nel 1430 circa a Messina da Giovanni

d'Antonio, e da Garita (verosimilmente Margherita).

Il suo primo apprendistato si svolse probabilmente

tra Messina e Palermo anche se recenti studi

dimostrano la presenza quasi certa del grande

pittore ad Alcamo.

Intorno al 1450 circa fu a Napoli, dove secondo la

testimonianza di Pietro Summonte in una lettera

a Marcantonio Michiel, era apprendista nella

bottega del pittore Colantonio. Qui venne in

contatto con la pittura fiamminga, spagnola e

provenzale, presente sia nelle collezioni reali sia

nell'esempio tangibile di artisti stranieri operanti

nella corte angioina prima e in quella aragonese

poi. All'Antonello di questo periodo vengono

attribuite dieci tavolette con Beati

francescani realizzate per la pala dipinta da

Colantonio per la chiesa di San Lorenzo Maggiore.

Colantonio, Crocifissione (1455 circa)

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Hugo van der Goes, Trittico Portinari , olio su tavola (253x141 cm i pannelli laterali, 253x304 quelle centrale) 1477-1478 , Firenze Uffizi.

I

Venne dipinto a Bruges su commissione del fiorentino Tommaso Portinari, banchiere a capo della filiale locale del Banco

mediceo che visse per più di quarant'anni con la sua famiglia nella città oggi in Belgio.

Le tavole vennero poi trasportate per nave fino a Pisa, su una nave che fece prima scalo in Sicilia e successivamente

risalirono l'Arno su imbarcazioni fino a Firenze, dove l'opera giunse il 28 maggio 1483.

Fu issata all'altezza di Porta San Frediano da sedici uomini e trasportata alla chiesa di Sant'Egidio nell'Ospedale di Santa

Maria Nuova, di antico patronato dei Portinari. Fece scalpore sulla scuola artistica locale. Ammiratissimo, talvolta citato

fedelmente (come nell'Adorazione dei pastori di Domenico Ghirlandaio ed altre opere degli anni 1480), era ancora lodato

da Vasari (che chiamò l'autore "Hugo di Anversa") .

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Domenico Ghirlandaio, Adorazione dei

pastori, 1485, Firenze Basilica di Santa

Trinita, cappella Sassetti

Operò soprattutto nella città natale,

divenendo tra i protagonisti

all'epoca di Lorenzo il Magnifico.

Verso il 1480 in particolare divenne

di fatto il ritrattista ufficiale dell'alta

società fiorentina, grazie al suo

stile preciso e veloce.

Capo di una nutrita ed efficiente

bottega, in cui mosse i primi passi

nel campo dell'arte anche il

tredicenne Michelangelo

Buonarroti.

E’ autore di grandi cicli affrescati, di

alcune scene della Cappella

Sistina a Roma, la Cappella

Sassetti e la Cappella Tornabuoni a

Firenze.

Domenico fece parte della

cosiddetta "terza generazione" del Rinascimento fiorentino

assieme a maestri

quali Verrocchio e il

giovane Sandro Botticelli.

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Antonello da Messina

L'opera ritrae un uomo sconosciuto, vestito secondo alcuni da

marinaio dell'epoca e indossante una berretta nera: la fama del

dipinto, alimentata anche da saggi e romanzi, era tale per cui

ancora oggi viene indicato come "il sorriso dell'ignoto marinaio".

La posa è di tre quarti, lo sfondo scuro e la rappresentazione

essenziale derivano dai modelli fiamminghi, in particolare Petrus

Christus che forse Antonello conobbe direttamente in Italia

La gamma di colori usata è limitata a poche sfumature di bianco e

nero su cui risalta il volto dell'effigiato, dall'incarnato rossiccio. Il

sorriso enigmatico e lo sguardo rivolto allo spettatore sono tra i

migliori esempi dell'arguzia ritrattistica di Antonello, capace di dare

ai suoi personaggi una forte carica psicologica.

La luce è radente e illumina il volto come se si affacciasse da una

nicchia, facendo emergere gradualmente i lineamenti. L'uso dei

colori a olio permette poi un'acuta definizione della luce, con

morbidissimi passaggi tonali, che riescono a restituire la diversa

consistenza dei materiali.

A differenza delle opere fiamminghe però, Antonello utilizzò anche

una salda impostazione volumetrica della figura, con

semplificazioni dello stile "epidermico" dei fiamminghi, che gli

permise di concentrarsi su altri aspetti, quali il dato fisiognomico

individuale e la componente psicologica.

Antonello da Maessina Ritratto di ignoto marinaio, 1465 -1476,Cefalù Museo Mandralisca

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Antonello da Messina

Negli anni successivi Antonello risalì l'Italia,

toccando Roma, la Toscana e le Marche, venendo

sicuramente a contatto con le opere di Piero della

Francesca, dalle quali mutuò la salda monumentalità e

la capacità di organizzare lo spazio secondo le regole

geometriche della prospettiva lineare.

Nel 1474 circa Antonello si recò a Venezia dove venne in

contatto con la pittura di Giovanni Bellini.

Il Salvator mundi è la sua prima opera firmata e datata:

Mille simo quatricentessimo sexstage/simo quinto viije

Indi Antonellus / Messaneus me pinxit.

In quest'opera l'iconografia è ripresa dai fiamminghi e in

special modo da Petrus Christus.

Nella prima stesura la veste del Cristo era più accollata

e la mano benedicente parallela alla superficie, e

successivamente Antonello rielaborò la composizione,

abbassando la piega dello scollo e spostando in avanti

la mano benedicente in modo da accentuare le valenze

spaziali della composizione.

Antonello da Messina, Salvator Mundi, 1465-75, Londra National Gallery,

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Antonello da Messina

Antonello da Messina, Salvator Mundi, 1465-75, Londra ,National Gallery,

PetrusChristus, Salvator Mundi, (attivo 1444, morto

1475/76) |New York, The Metropolitan Museum of Art

Quentin, Massys or Metsys, (c.1466-1530)Salvator Mundi ,Anversa, Koninklijk Museum

voor Schone Kunsten

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Antonello da Messina Maria è colta nell'attimo in cui l'interlocutore le è davanti, e la sua

mano destra sembra volerlo frenare:

dalla sagoma dalla geometria essenziale del manto emerge il

perfetto ovale del volto della Vergine.

Un asse della composizione è dato dalla piega del manto sulla

fronte, giù fino all'angolo del leggio;

al contrario, il lento girare della figura e il gesto della mano danno

naturalezza alla composizione.

La posa è di tre quarti, lo sfondo scuro e la rappresentazione

essenziale derivano dai modelli fiamminghi, in particolare

da Petrus Christus che forse Antonello conobbe direttamente in

Italia. La luce è radente ed illumina il volto quasi facendo

emergere gradualmente i lineamenti e la verità del personaggio.

L'uso dei colori a olio permette poi un'attenta qualità della luce,

con morbidissimi accostamenti che riescono a restituire la

diversa consistenza dei materiali, legno, carta, tessuto, incarnato

.

A differenza delle opere fiamminghe però, Antonello ha una salda

impostazione volumetrica della figura, con semplificazione dello

stile "epidermico" dei fiamminghi che permette di concentrarsi su

altri aspetti, quali il dato fisionomico individuale e la componente

psicologica, nonché il più avanzato realismo

.

L'opera rappresenta uno dei traguardi fondamentali della pittura

rinascimentale italiana. La purezza formale, lo sguardo riflessivo

e la mano sospesa in una dimensione astratta ne fanno un

capolavoro assoluto.

Antonello da Messina Annunciata ,1476 Palermo,Museo di Palazzo Abatellis

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Antonello da Messina Crea l’illusione di far entrare chi osserva nello studio del Santo

attraverso un’apertura in primissimo piano; il gradino, insieme ai

due pilastri laterali che sostengono in alto l’arco, fa da cornice

alla scena.

Lo studio è una strana costruzione di legno, rialzata di tre

gradini rispetto al piano del pavimento: san Girolamo è posto in

posizione privilegiata, al centro del dipinto, seduto su una sedia,

è visto di profilo davanti a uno scrittoio.

Alle spalle del santo c’è una cassapanca con sopra il suo

cappello da cardinale; di fronte e alla sua destra c’è una libreria.

Al di là dello studio di distingue in penombra la campata di una

chiesa, a tre navate, vista in prospettiva con aperture sullo

sfondo che inquadrano piccoli pezzi di spazio esterno

del Cancelliere Nicolas Rolin di Jan van Eyck.

Colantonio, San Girolamo nello studio, Museo nazionale di Capodimonte Napoli

Antonello da Messina, san Girolamo nello studio 1474-75,

National Gallery, Londra

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Antonello da Messina le bifore in alto lasciano intravedere un paesaggio infinito.

La luce che proviene dalle finestre si riflette anche sul

pavimento.

Antonello lo rappresenta invece come un umanista

intento a studiare, senza neppure l’aureola, assimilandolo

all’immagine che doveva avere uno studioso del suo tempo.

L’ambiente assomiglia molto alle architetture del Meridione

d’Italia d’età aragonese

Oltre ai libri e ai simboli (come il pavone in primo

piano) vi è anche un'indagine nella costruzione dello spazio,

illuminato da diverse fonti di luce secondo l'esempio fiammingo.

Nella penombra si vede il leone che si avvicina a dei

porticati. Antonello eccelse anche nella realizzazione del

pavimento, che ricorda molto quello della Madonna del

cancelliere Nicolas Rolin di Jan van Eyck.

Antonello da Messina, san Girolamo nello studio 1474-75,

National Gallery, Londra

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Jan van Eyck e studio, San Girolamo nello

studio, 1442, olio su carta applicato su tavola, 20×13, Detroit

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Il pavone è un simbolo che ricorre spesso nell’arte cristiana e che

rappresenta l’immortalità di Cristo; a sinistra, invece, possiamo vedere una

coturnice, che rappresenta la Verità di Cristo.

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Antonello da Messina

Due finestre nella metà inferiore,

che rischiarano rispettivamente

un vano a sinistra e il portico a

destra (dove si aggira in

controluce il leone amico di

Girolamo), e tre bifore polilobate

nella parte superiore, che

illuminano le volte.

Nonostante la complessità, la

luce riesce a produrre un effetto

unitario, che lega le diverse parti

della tavola, grazie anche alla

salda costruzione prospettica.

Anche la ricchezza dei dettagli

rimanda ai modi fiamminghi,

con l'attenta descrizione dei

singoli oggetti e del loro "lustro"

specifico, cioè del modo in cui

ciascuna superficie rifrange la

luce

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La velatura

è una tecnica pittorica (conosciuta probabilmente

nell’arte egizia) che consiste nella stesura di uno

strato di colore sopra un altro già asciutto. Lo

strato fresco deve essere sufficientemente sottile

da lasciare trasparire il tono sottostante funzionacon il principio dell'acquarello, il pittore conducel'opera o ne realizza una parte giocando con letrasparenze. Ad esempio, con una velatura scura sipuò abbassare il tono di un'intera parte di un'operasenza però perdere il disegno, i toni e i colorisottostanti. Altro vantaggio della velatura è che, peruna serie di principi ottico-fisici, il colore dato con taletecnica risulta sempre più brillante di uno stesso datoa corpo. Ad es. un rosa creato da un impasto di rossoe bianco sarà sempre meno brillante di un rosaottenuto da un rosso dato a velatura. Materialmenteuna velatura è composta da una quantità elevata dilegante e una quantità molto piccola di pigmentoutilizzata specialmente nella pittura fiamminga eveneta

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Antonello da Messina

Antonello da Messina, San Sebastiano, 1478-7,Dresda, Gemäldegalerie,

Il santo campeggia seminudo legato ad un albero al

centro di una via su cui si affacciano alcuni edifici

che, scorciati in prospettiva, incorniciano la sua

figura e ne esaltano la monumentalità, grazie anche

al punto di vista ribassato. Al centro si trova un

passaggio sospeso su una doppia arcata, oltre la

quale campeggia un sereno cielo azzurrino.

Sebastiano, che come avveniva dal XV secolo

offriva la possibilità di ritrarre un dettagliato saggio

di anatomia umana, è ritratto in piedi, leggermente

curvo verso destra, con indosso un perizoma e con

cinque frecce conficcate in cinque parti del suo

corpo: una poco più sopra al suo ginocchio destro,

una nella sua coscia sinistra, una nel suo ventre,

una nel suo addome ed una conficcata in pieno

petto. La sua espressione è priva di dolore ma

manifesta una pacata mestizia nella sopportazione

del martirio.

Lo sfondo è animato da una serie di figurette che

creano anche alcune scenette "di genere": due

donne affacciate dalla balaustra su un tappeto, un

soldato ubriaco di scorcio, una donna col figlio in

braccio, una coppia di armati e una di esotici

mercanti in conversazione.

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Antonello da Messina, San Sebastiano, particolare 1478-7,Dresda, Gemäldegalerie,

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Antonello da Messina

Vi si colgono molteplici influenze: dalla simmetrica disposizione matematica degli elementi

dello sfondo alla Piero della Francesca (evidente anche nel complesso disegno del pavimento),

alle sperimentazioni illusionistiche di Andrea Mantegna (l'uomo sdraiato in scorcio è una

citazione del Trasporto del corpo di san Cristoforo nella Cappella Ovetari, così come lo scorcio

di edifici sullo sfondo), fino alla dolcezza fatta di toni soffusi alla Giovanni Bellini nella

rappresentazione naturalistica del corpo del santo.

Tipico di Antonello è poi il senso della luce, derivato dalla diretta conoscenza della pittura

fiamminga, che tanta importanza ebbe negli sviluppi dell'arte veneziana dopo il suo soggiorno.

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IL RINASCIMENTO

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RINASCIMENTO -

LEONARDO DA VINCI

Uno dei più noti artisti del Rinascimento èLeonardo da Vinci. Pittore, architetto, in-gegnere, scienziato, inventore e scrittore,Leonardo rappresenta il tipico uomo del Ri-nascimento, un uomo che vuole conoscereil mondo attraverso la ragione, utilizzandoun metodo scientifico: solo l’esperienza di-retta può dare certezze e verità.

Leonardo nacque il 15 aprile 1452 nel vil-laggio toscano di Vinci (morirà nel 1519 adAmboise, in Francia).

Nel 1464 la famiglia si trasferì a Firenze e ilgiovane Leonardo, appena dodicenne,diventò apprendista presso la bottega del-l’artista fiorentino Andrea del Verrocchio.

Andrea del Verrocchio, Battesimo di Cristo, 1473. La testa dell’angelo è stata attribuita a Leonardo.

autoritratto di Leonardo

panorama di Firenze

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Andrea del Verrocchio e Leonardo da Vinci,

Battesimo di Cristo,

Firenze, Uffizi

Lo stile del Verrocchio in pittura è intensamente realistico,

con modi ripresi dalla pittura fiamminga, costituito da una

linea espressiva e ricca di pathos.

Tra il 1474 e il 1475 realizzò il Battesimo di Cristo, ora

agli Uffizi, con il giovane allievo Leonardo da Vinci, che

dipinse quasi sicuramente l'angelo di sinistra e i fondali

paesistici.

In quest'opera la composizione è triangolare con al vertice

la ciotola nella mano di San Giovanni Battista e come

base la linea che collega il piede sinistro del Battista a

quello dell'angelo inginocchiato; in essa è inscritta e

funge da centro visivo la figura del Cristo in piedi che dà

alla scena un movimento rotatorio, accentuato dalla

posizione di tre quarti dell'angelo sulla sinistra, che volge

le spalle all'osservatore.

In questo angelo è stata riconosciuta la mano di

Leonardo, diversa per la grazia e morbidezza rispetto alle

altre figure monumentali e definite dalla linea incisiva del

contorno; allo stesso modo il paesaggio sullo sfondo

aperto su di un'ampia valle percorsa da un fiume, reso

con valori atmosferici che ne hanno ammorbidito e

sfumato le forme, si differenzia dalle rocce rozzamente

squadrate.

L'unico dipinto, totalmente autografo, giunto ai giorni

nostri di cui è praticamente certa l'attribuzione al

Verrocchio è la Madonna e bambino con i santi che si

trova nella Cattedrale di Pistoia.

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Andrea del Verrocchio , Davide, 1472-1475 c.

Firenze, Museo Nazionale del Bargello

Eseguita per i Medici, in particolare i fratelli Lorenzo e Giuliano l

David aveva come illustre precedente quello bronzeo di Donatello (1440 circa), al quale l'artista si ispirò distaccandosi però dal modello anche sostanzialmente. La figura dell'eroe biblico non è più nuda, ma abbigliata come un adolescente paggio cortese, dall'idealizzata e goticizzante bellezza che rimanda piuttosto alle opere di Lorenzo Ghiberti.Con la testa del gigante Golia ai piedi, Davide si erge vittorioso con una posa fiera ed elegante, dolcemente ancheggiante sulla destra, bilanciata da il braccio appoggiato in vita e dalla testa girata a sinistra. Nel braccio destro invece tiene la spada, che scarta verso l'esterno. Lo spazio viene quindi occupato in maniera complessa e sollecita molteplici punti di vista da parte dello spettatore.Lo sguardo è sfuggente, rivolto vagamente di lato, e con il sorriso appena abbozzato genera una sfumatura espressiva di spavalderia adolescenziale, che testimonia un inedito interesse verso le sottigliezze psicologiche.Il modellato dolce ed esatto anatomicamente e la soffusa psicologia furono elementi che Verrocchio trasmise al suo più illustre allievo, Leonardo da Vinci si ritiene verosimile l'ipotesi che nelle fattezze del David sia stato ritratto proprio Leonardo da giovane.

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RINASCIMENTO -

Nello studio di Verrocchio, Leonardo più che studiare preferiva disegnarecostantemente per registrare tutto ciò che osservava, sperimentare e praticare attivitàmanuali.

Il primo lavoro conosciuto è un disegno che rappresenta un paesaggio, forse la valledel- l’Arno, datato 1473. Egli utilizzò la linea in modo diverso dalla tradizione fiorentina:per Leonardo non è più contorno, limite esterno dell’oggetto, ma un nuovo modo disugge-rire la presenza di elementi naturali con piccoli tratti e dare l’idea dell’effetto disfocatura dato dall’atmosfera.

Valle dell’Arno, disegno a penna e inchiostro bruno su carta, 1473

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Schizzi di Leonardo di architettura, meccanica, anatomia e proporzioni

Il disegno, per Leonardo, era anche il mezzo per progettare architetture e macchine.

Quando, nel 1482, si trasferisce a Milano per lavorare da Ludovico Sforza, disegnò chiesea pianta centrale ma anche schizzi scientifici di anatomia, botanica, astronomia, cartogra-fia e il famoso Uomo Vitruviano (homo ad circulum et ad quadratum), una figura maschileinscritta in un cerchio e un quadrato, due figure perfette per la cultura rinascimentale.

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Quest’immagine, disegnata da Leo-nardo nel 1490, fornisce l’esempioperfetto del suo interesse per leproporzioni classiche e il suo tenta-tivo di legare l’uomo e la natura: laperfezione del corpo umano rappre-senta il microcosmo che ripete laperfezione dell’universo.

Questo disegno, conosciuto in tuttoil mondo, è presto diventato un’ico-na culturale ed è stato riprodotto suqualsiasi supporto, dalle monete da1 euro alle magliette etc. etc.

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L’uomo vitruviano era stato illustrato anche da altri autori coevi che avevano tradotto eillustrato il trattato De architectura scritto da Marco Vitruvio Pollione nel 25 a.C.

Tuttavia solo il disegno di Leonardo raggiunse la forza di sintesi e l’espressione di perfe-zione tali da farla divenire un’icona.

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Nel 1475 Leonardo dipinge “L’annunciazione”, un’opera molto innovativa: la scena èall’aperto, in un giardino fiorito aperto vesto un ampio panorama invece che all’internodella camera di Maria o sotto un portico. Il significato è chiaro: il concepimento di Cristonon è un fatto privato ma un evento che coinvolge tutto il mondo.

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Iconografia dell’Annunciazione

333

1

1434

1475

1400

14501344

Simone MartiniScena tipicamente gotica. Lo sfondo d’oro è un non-luogo.

Ambrogio LorenzettiStanza con pavimento prospettico, ma il fondo è ancora d’oro.

Beato AngelicoScena sotto un portico. Si intravede un giardino.

Filippo LippiScena dentro un portico. Il giardino recintato è dietro i personaggi.

Leonardo da VinciScena all’aperto, su un prato fiorito e un vasto panorama sullo sfondo.

489

1

Sandro BotticelliScena nella stanza

dellavergine. Il paesaggio èfuori dalla finestra.

1300

1474

Antonello da MessinaStanza di Maria e più fonti di luce date dalle finestre 1502

RaffaelloStanza porticata in prospettiva; sfondo naturale oltre la stanza.

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LINEA D’ORIZZONTE PUNTO DI FUGA

Nell’Annunciazione Leonardo utilizza la prospettiva lineare, un sistema di rappresentazio-ne matematico-geometrico che crea l’illusione della terza dimensione su una superficiepiana teorizzato da Brunelleschi ed Alberti. Qui si possono osservare la linea d’orizzontee le linee ortogonali convergenti verso il punto di fuga.

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Per il paesaggio sullo sfondo Leonardo utilizza invece la prospettiva aerea (o atmosferi-ca) per rendere la distanza delle montagne.

Imita quindi l’effetto dell’addensarsi dell’atmosfera che rende gli oggetti più lontani sfo-cati, più chiari e con colorazioni più fredde.

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Il prato è ricco di fiori e piante: non si tratta di un semplice dettaglio di tipo decorativo;dimostra, invece, l’interesse scientifico di Leonardo per la natura in generale e, più inpar- ticolare, per la botanica. Se si confronta il dipinto con gli schizzi di specie vegetali sipuò notare lo stesso metodo d’osservazione.

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Sebbene Leonardo fosse molto influenzato dagli scritti classici greci e latini, a differen-za di molti suoi contemporanei, capiva il limite della ricerca della verità solo all’internodi quei libri o nella Bibbia. Per questo motivo applicò il metodo dell’osservazione direttadella natura, della registrazione sistematica attraverso schizzi e del trasferimento deisuoi studi nelle opere artistiche.

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Leonardo ha sempre ricercato le proporzioni perfette, sia nel corpo umano che nella com-

posizione dei suoi dipinti.

Nell’Annunciazione è possibile trovare la sezione aurea, una proporzione (chiamata nel

Rinascimento “divina proporzione”) nella quale un segmento è diviso in modo che la parte minore

stia a quella maggiore come questa sta all’intero segmento. Il numero corri- spondente è pari a

0,618033.

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https://www.youtube.com/watch?v=epUuCRzxfSA

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https://www.youtube.com/watch?v=zUgHJ7y7NMk

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ZERI

https://www.youtube.com/watch?v=u918vib1Uhw

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La Vergine delle rocce, 1483-86, Louvre Parigi La Vergine delle rocce, 1493-1507, National Gallery, Londra

Nel periodo milanese Leo-nardo dipinse due capola-vori: la Vergine delle roccee il famoso Cenacolo.

Il primo dipinto (realizzatoin due versioni, attualmen-te al Louvre di Parigi e allaNational Gallery di Londra)presenta la Vergine Mariacon il piccolo GiovanniBattista a sinistra, mentreGesù benedicente e l’an-gelo stanno sulla destra.

Dietro di loro le rocce.

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La Vergine delle rocce, Louvre La Vergine delle rocce, National Gallery

COLORI DIVERSI

PIANTE DIFFERENTI

LA MANO DELL’ANGELO

LA CROCE DEL BATTISTA

LE AUREOLESULLE TESTE

LE ROCCEALLA BASE

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I personaggi sacri sono collocati all’interno di una for-ma piramidale, una composizione che diverrà semprepiù diffusa negli anni seguenti perché rappresental’unità concettuale delle figure.

Questa organizzazione geometrica è animata da unmovimento rotatorio delle figure, una caratteristicache influenzerà anche Michelangelo.

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Come nell’Annunciazione, qui è possibile osservare laprospettiva atmosferica alla fine del paesaggio.

I passaggi tra i colori sono molto graduali e le figurenon presentano un contorno come quelle di Botticelli.

Questa tecnica è chiamata “sfumato” ed è un trattodistintivo della pittura di Leonardo, ottnuto attraversovelature successive.

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A Milano, sulla parete di fondo del refettorio di Santa Maria delle Grazie, Leonardo dipinseL’ultima cena nel 1495-97.

Qui ha rappresentato il momento raccontato nei Vangeli, quando Cristo disse “uno di voi mi tradirà”. Gli apostoli si stanno domandando tra di loro chi sarebbe stato il traditore.

C’è ansia e movimento ed ogni personaggio presenta una diversa espressione del viso.

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Nella discussione che scaturisce dalle parole di Cristo, i dodici apo-stoli sono divisi in gruppi di tre persone che creano quattro piramidi.

Gesù, solo al centro poiché solo di fronte al suo destino, è anch’egliall’interno di una piramide. La sua espressione serena, che mostrache ha accettato il suo destino, contrasta con l’agitazione degli altri.

Giuda è il quarto da sinistra, l’uomo con il gomito sul tavolo e il visoin ombra, quasi invisibile.

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La stanza è rappresentata attraverso la prospet-tiva lineare degli arazzi sulle pareti, del tavolo edella struttura a cassettoni del soffitto che hannoil punto di fuga nella testa di Cristo.

Dietro le aperture sul fondo della stanza è visibileun vasto paesaggio reso con la prospettiva atmo-sferica: chiaro, sfumato e dai toni bluastri.

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prima dei restauri dopo i restauri

Nella sua voglia di sperimentare sempre tecniche nuove Leonardodipinse l’ultima cena con tempere a secco invece di realizzare un af-fresco (tempera su intonaco fresco). Ciò gli permise di utilizzareuna tavolozza più varia ma il risultato è stato poco duraturo: lapittura co- minciò a staccarsi dalla parete quasi subito e solo dopoun lunghis- simo restauro (1977-1999) si è potuto salvare ciò cheera rimasto.

Nel XVII secolo era stata anche aperta una porta per collegare il re-fettorio alla cucina, facendo perdere per sempre i piedi di Cristo enel 1943 scampò per un pelo ai bombardamenti degli alleati.

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Di diverso genere è un’altra pittura murale commissionata nel 1503 a Leonardo, per lasala del Gran Consiglio di Palazzo Vecchio a Firenze, avente per tema la Battaglia di An-ghiari (episodio del 1440 che vide i fiorentini vincere sui milanesi).

La narrazione della battaglia era imperniata su un momento di lotta per strappare ivessilli di guerra. La scena, oggi perduta, doveva essere molto dinamica con i particolarianato- mici dei cavalli ben evidenti.

la realizzazione dell’encausto

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Leonardo decise di dipingere ad olio sulla parete riprendendo l’antica tecnica romanadell’encausto ma il dipinto cominciò a sciogliersi e Leonardo abbandonò l’impresa. Ilcartone preparatorio suscitò comunque un tale fascino da essere distrutto per l’eccessodi interesse... ciò che possediamo oggi è una copia a matita realizzata nel 1615 da PieterPaul Rubens, qualche altra a colori di autore anonimo e gli schizzi preparatori.

La parete sulla quale aveva lavorato Leonardo è stata poi ridipinta da Vasari, opera che ri-schia a sua volta di subire gravi danni nei tentativi che gli studiosi stanno portandoavanti alla ricerca del’originale leonardesco!

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Tuttavia l’opera più nota di Leonardo e forse il dipinto più conosciuto al mondo è la Giocon-

da. Esposto oggi al Louvre di Parigi è probabilmente il simbolo dell’arte per eccellenza.

Leonardo iniziò a dipingere il ritratto di Monna Lisa Gherardini, moglie di Francesco del Giocondo,

tra il 1503 e il 1506, durante un soggiorno a Firenze. Fu portato in Francia dal- l’artista stesso

quando il re Francesco I invitò Leonardo a lavorare per lui. Per questo motivo la Gioconda è oggi al

Louvre del quale costituisce la maggiore attrazione.

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Piero del Pollaiolo,ritratto di giovane donna, 1460

Piero della Francesca, ritratto di Federico da Montefeltro, 1465

Antonello da Messina, ritratto di uomo, 1473

Leonardo da Vinci, Gioconda, 1505-1515

Raffaello SanzioRitratto di Maddalena Doni, 1506

Esistono molte leggende sulla reale identità della donna, sui misteri nascosti nel dipinto e

sul famoso sorriso di Monna Lisa. Tuttavia, per una migliore comprensione di questo ca- polavoro,

è meglio non seguire queste chiavi di lettura ed osservare il dipinto da un punto di vista storico-

artistico.

L’opera è realizzata ad olio su un pannello di legno di pioppo. La donna, vista di tre quar- ti, è

seduta su una poltroncina davanti ad un parapetto oltre il quale si apre un panorama immaginario e

probabilmente non finito. Si tratta di una grande novità nel genere pittorico del ritratto.

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Naturalmente il panorama è reso attraverso la tecnica della prospettiva atmosferica e ilpaesaggio avvolge la donna in prima piano fondendosi con essa. D’altra parte è propriodella cultura rinascimentale considerare l’essere umano e la natura parte della stessaunità.

Molti studiosi hanno tentato di individuare il luogo dipinto nel quadro ma non vi sonocertezze: il paesaggio ricorda quello in- torno alla città di Arezzo e il ponte dietro laspalla destra potrebbe essere quello di Buriano, a 6 Km da Arezzo.

ipotesi di localizzazione di paesaggio

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L’espressione della donna mostra la quieta serenità di chi controlla con la sua razionalitàil mondo circostante. La tecnica dello sfumato non consente di definire i contorni: i pas-saggi sottili tra luce ed ombra danno un particolare effetto indefinito e vibrante.

Il velo trasparente posato sul capo (forse indice che la donna era una puerpera) rendeancora più imprecisi i contorni. Le sopracciglia depilate (come si usava nel Rinascimen-to) rafforzano questa particolare sensazione così come gli angoli della bocca che dannoun’impressione incerta: la Gioconda sorride o no?

CORSO DI STORIA DELL’ARTE

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Leonardo, come è statogià detto, era interessa-to contemporanementeall’arte e alla scienza:per questo motivo halungamente studiato lasezione aurea applican-dola a tutti i suoi lavori.

È quindi possible ri-scontrarla anche nellaMonna Lisa: la tavola hale proporzioni di untriangolo aureo, il para-petto divide l’immaginein due parti in rapportoaureo e una serie di al-tri rettangoli aurei de-finiscono il volto delladonna.

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Marcel Duchamp, 1919

Salvador Dalì, 1954 Andy Warhol, 1963

Fernando Botero, 1977

Eye D, 2007

1981

La Gioconda, come icona dell’arte, è stata reinterpretata un infinitonumero di volte. Marcel Duchamp le disegnò un paio di baffi,Salvador Dalì fece il suo autoritratto sul dipinto leonardesco, AndyWarhol ne fece una versione pop, Fernando Botero ne dipinse unadecisamente grassa... Ancora oggi decine di artisti continuano adusare quest’im- magine anche per i graffiti e la pubblicità!