Antologia 2 Ragazzi e dintorni - GE il Capitello2. Ragazzi e dintorni la scoperta di esistere L a...

15
Ragazzi e 2 dintorni Antologia 2 Il rapporto con se stessi, con la famiglia, con il gruppo IL PIACERE DI LEGGERE LA SCOPERTA DI ESISTERE A. Valente Buonanotte p. 22 IN FAMIGLIA: AFFETTI E CONFLITTI A. Fine Come cambiano i tempi! p. 24 COME NASCE UN’AMICIZIA S. Bambarén Il segreto di una vera amicizia p. 32

Transcript of Antologia 2 Ragazzi e dintorni - GE il Capitello2. Ragazzi e dintorni la scoperta di esistere L a...

  • Ragazzi e 2dintorni

    Antologia 2

    Il rapporto con se stessi, con la famiglia, con il gruppo

    IL PIACERE DI LEggERE

    LA SCOPERTA DI ESISTERE

    A. Valente Buonanotte p. 22

    IN FAMIgLIA: AFFETTI E CONFLITTI

    A. Fine Come cambiano i tempi! p. 24

    COME NASCE UN’AMICIZIA

    S. Bambarén Il segreto di una vera amicizia p. 32

  • 22

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    Il pIacere dI leggere

    Antologia 2

    Qualcuno dice che i sogni fatti verso il mattino si avverano…Bisognerebbe dirlo a Francesco, che se ne intende, esperto com’è in sogni di tutti i tipi. Vuoi dirglielo tu?

    Andrea Valente

    2. Ragazzi e dintorni la scoperta di esistere

    La sera, o a volte la notte, al momento di ritirarsi in camera sua, anche Francesco, come chiunque altro, salutava i pro-pri genitori dicendo semplicemente «buona notte». Questo lo ren-deva un ragazzo assolutamente uguale a qualsiasi altra persona cui potesse pensare, e la cosa non gli dispiaceva, sempre che si fosse mai posto il problema.La sua era un’abitudine così radicata che, anche quando era solo in casa, diceva comunque «buona notte», non si sapeva bene a chi.In alcune occasioni però questo commiato beneaugurante assu-meva sfumature particolari, ma quasi impercettibili, e soprattut-to ai suoi genitori, a meno che non fossero tanto bravi da far fin-ta di niente. Ma non sembrava.A volte, di solito al termine di qualche giornata un po’ meno uguale, Francesco pareva quasi ansioso di coricarsi, come se la notte portasse con sé non so quale sorpresa. Allora buona notte lo diceva tutto attaccato: «buonanotte», ma è chiaro che solo lui poteva notarne la differenza, anche perché sentiva, forse incon-sciamente, che il suo cuore batteva un po’ più in fretta del solito, quasi che anche lui fosse impaziente. Quelle sere le sue aspetta-tive erano simili a quelle che precedono un film, soprattutto se atteso da un po’.Francesco aveva un rapporto particolare con i sogni, forse uni-co, ma di questo non era certo, perché non aveva mai osato par-larne con nessuno.Una volta addormentato, infatti, riusciva a prolungare la propria giornata, ma questa volta a modo suo. La cosa, è chiaro, gli per-metteva di regolare qualche conticino che du-rante le ore da sveglio era rimasto in sospeso.Ancora adesso, quando ci pensa, si inorgogli-sce ricordando la partita del torneo scolasti-co, finita in campo sul due a uno per gli al-tri, ma tirata, nel sonno, fino ai supplemen-tari e vinta per tre a due, ovviamente con un suo gol, perché quando si sogna è bene farlo in grande.

    Buonanotte

  • 23

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    E il prof di chimica? Francesco si era persino svegliato dalle ri-sate al pensiero di averlo licenziato in tronco. E siccome quello era un sogno piuttosto ricorrente, ogni volta pensava che biso-gnava essere davvero scemi a farsi licenziare così tante volte. In-somma, nelle sue notti c’era posto per tutti, soprattutto per chi gli stava un po’ qui. Ma non solo: molte ore piccole di questa vita virtuale accoglievano anche dei sogni più vicini a quello che i so-gni sono davvero.Per un certo periodo Francesco aveva trascorso le notti con una tal Barbara. Questa tipa, ovviamente, era una gran bellezza an-che durante il giorno, solo che alla luce del sole aveva le classi-che caratteristiche dell’irraggiungibilità, quindi non restava che accontentarsi della fase rem1.Si trattava, però, di una situazione un po’ diversa, perché se di solito nel sonno Francesco chiudeva un discorso, in questo caso la speranza, ancorché remota, era di aprirlo. La differenza era notevole e la difficoltà, di conseguenza, proporzionale.Per alcune notti di fila, da novello Humphrey Bogart2, era en-trato nelle sue simpatie, anche se poi, di giorno, tutto sembrava immobile e deprimente. Non restava che farsi sotto con decisio-ne e la sera scelta per l’attacco Francesco si coricò prima del so-lito, non riuscendo comunque ad addormentarsi che dopo mez-zanotte. Tutto, però, stava andando per il verso giusto, perché il furbone, prima di spegnere la luce, aveva messo su un bel di-sco particolarmente soft, preso in prestito all’insaputa del babbo. Keith Jarrett3, per essere precisi, e chi lo conosce può capire che quella notte nessuna Barbara avrebbe potuto resistere.– Dai che è tardi! – lo svegliò, senza troppa grazia, la mamma, proprio nel momento della dichiarazione, perché nei sogni anche le sette del mattino possono essere un’ora romantica.Ma chissenefrega se è tardi!!!Ormai era tutto perduto, perché i sogni non devono essere inter-rotti. Mai. Al diavolo la colazione, tanto non sarebbe riuscito a in-ghiottire niente, Francesco si rassegnò ad andare verso scuola.La rabbia già gli bolliva nel sangue, ma rischiò un’eruzione quando, in lontananza, sbucò l’inconfondibile splendida sagoma di Barbara, accompagnata, come al solito, da qualche ragazzo dell’ultimo anno.Il fatto che lei non avesse idea di quello che era successo nel suo so-gno tranquillizzò Francesco quel tanto da permettergli di fare fin-ta di niente e di lasciarsi da lei ignorare come ogni altra mattina.Invece Barbara questa volta gli si avvicinò e, immobilizzatolo con uno sguardo sorridente, gli stampò un bacio sulla fronte. Poi se ne andò.

    A. Valente, Sotto il banco, Fabbri

    1.  fase rem: vale a dire durante il sonno. La rem – si è scoperto nel 1953 – è una fase, durante il sonno, in cui avvengono movimenti oculari rapidi sotto le palpebre abbassate.

    2.  Humphrey Bogart: famoso attore del passato (anni Trenta e Cinquanta), simbolo di carisma e fascino maschile.

    3.  Keith Jarrett: pianista e compositore statunitense contempora neo, celebre per le sue improv visa zioni jazz e per le sue melodie raffinate e avvolgenti.

  • 24

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    Il pIacere dI leggere

    Antologia 2

    Anne FineNella tua famiglia o tra i tuoi conoscenti noti qualche differenza nell’educazione di maschi e femmine? Nella tua immaginazione, chi esegue un ricamo? E chi una saldatura?Quale sarà la passione di Blair, il protagonista di questo racconto? E quella della sua sorellina Annie?

    Alastair MacIntyre prese suo figlio Blair per la gola e lo scrollò.– Senti un po’, figliolo – sibilò. – Ti avverto. Un’altra volta, dillo un’altra volta e ti sfido a dimostrare che sei tanto bravo a farlo, di qualunque cosa si tratti!– Molla subito Blair – disse Helen MacIntyre. – Gli si raffredda la colazione.Alastair MacIntyre diede a suo figlio un’ultima bella scrollata e lo lasciò andare.Alastair MacIntyre udì la testa del figlio urtare contro il legno e guardò in su, addolorato.– L’hai sentito, Helen? Ma l’hai sentito?E uscì dalla stanza portando con sé il piatto. Blair infilò cauta-mente le lunghe gambe sotto il tavolo e si massaggiò la testa.– Come mai urla tanto? – chiese a sua madre. – Perché è diventa-to una belva? Che cos’è successo?– L’hai detto un’altra volta.– Ma no!

    Come cambiano i tempi!

    2. Ragazzi e dintorni in famiglia, affetti e conflitti

  • 25

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    – Ma sì.– Come! Quando?– Sei sceso, hai attraversato la porta, mi sei venuto dietro al la-vandino, hai guardato il bacon nella padella sopra la mia spalla e l’hai detto.– Non è vero.– Sì, agnellino. Hai detto: «Scommetto che potrei farci stare più fette di bacon di così in quella padella». Hai detto così. È stato al-lora che si è arrabbiato.– Non mi sono sentito.Helen MacIntyre posò le mani sulle spalle del figlio e si sollevò in punta di piedi. Cercò di soffiargli via la curcuma1 dai capelli, ma non era abbastanza alta.– No. Non ti senti mai. E non pensi prima di aprire la bocca. Im-magino che quel tuo cervellino ti stia finendo nelle gambe.– Blair non ce l’ha, il cervello.La sorella piccola di Blair, Annie, alzò lo sguardo dai suoi cere-ali croccanti:– Se avesse un po’ di cervello, non direbbe le cose che dice.– Io non le dico – ribatté Blair. – Mi vengono fuori e basta. Non le sento nemmeno quando le dico!– Appunto – sottolineò Annie. – È quello che ha detto la mam-ma. Tutto gambe, niente cervello.Spinse via il piatto e raccolse lo zaino.– Martedì. Ho preso tutto? Costume, pantaloncini da ginnastica, occhialetti da saldatore, flauto e ricamo.– Ssst! – la avvertì Blair. – Parla piano –. Ma era troppo tardi. L’allegra litania aveva evocato Alastair MacIntyre come l’oscu-ro angelo vendicatore di un antico sistema d’istruzione da tempo caduto nell’oblio.– Sei sicura di non aver dimenticato niente – chiese alla figlia con amaro sarcasmo. – Sci? Occhiali da sole? Arco e frecce? Sella e briglie, magari?– Oh, no! – disse Annie. – Non mi serviranno finché non tocche-rà alla nostra classe di andare a Loch Tay.Alastair MacIntyre si rivolse al figlio:– E tu, figliolo? Sei pronto per una lunga giornata di scuola? Scarponcini da roccia? Attrezzatura da apicoltore? Maschera e bombola d’ossigeno?– È martedì – rifletté Blair. – Ho solo Arte del cucito.– Arte del cucito?– Ma sì – gli spiegò sua moglie. – Cucito. Quell’utile risorsa che non hai mai imparato.– Cucito? Il mio ragazzo nel banco che cuce?– No, papà. Non stiamo nei banchi. Dobbiamo dividerci la seta e

    1.  curcuma:una polvere di spezie cadeva sulla testa del ragazzo.

  • 26

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    il cotone. Stiamo seduti in cerchio e parliamo.– Seduti in cerchio a cucire e parlare?Blair fece un passo indietro.– Mamma, sta diventando paonazzo. Spero che non riproverà a strangolarmi!Alastair MacIntyre affondò la testa tra le mani.– Non ci posso credere – disse con voce rotta. – Il mio figliolo, figlio e nipote di minatori, sta seduto in cerchio, cuce e chiac-chiera.– Non chiacchiero e basta. Sono molto bravo. Ho cominciato il ri-camo, adesso che ho finito di fare l’orlo al mio grembiule!Alastair MacIntyre gemette.– Il suo grembiule!– Non fare così –. Helen MacIntyre consolò il marito. – Lo fanno tutti i maschi. I tempi cambiano –. Depose una pila di piatti unti nel lavandino e aggiunse: – Grazie a Dio.– Mio figlio no! – gridò Alastair MacIntyre. – Mio figlio no! Non il ricamo! No! Non lo sopporto! Sono un uomo ragionevole. Sono convinto di stare al passo con i tempi come tutti. Non ho fatto storie quando la mia ragazza ha imparato a usare il saldatore. Non mi è piaciuto, ma ho portato pazienza. Ma ci sono dei limi-ti a tutto. Un uomo deve avere i suoi punti fermi, e questi sono i miei. Non permetterò al mio solo e unico figlio di mettersi a ri-camare.– Perché no? – chiese Blair. – Sono molto bravo. Scommetto che so ricamare molto, molto meglio della piccola Annie.Calò un terribile silenzio. Poi Annie disse:– L’hai detto un’altra volta!Gli occhi di Blair si dilatarono per l’orrore:– Non è vero!– Invece sì. Ti abbiamo sentito tutti. Hai detto: «Scommetto che so ricamare molto, molto meglio della piccola Annie»!– Non è vero!– Ma sì.– Mamma!Mrs MacIntyre alzò una mano consolatoria e la posò sulla spal-la di Blair.– Si, agnellino. Mi dispiace. L’ho sentito anch’io.All’improvviso Alastair MacIntyre fu colpito da un pensiero im-provviso. Si riprese in fretta e cominciò a fischiettare in tono ca-suale. Tese la mano verso lo scolapiatti e prese la valigetta del pranzo. Staccò la giacca dal gancio dietro la porta, scoccò alla moglie un bacetto furtivo sulla guancia e cominciò a strisciare lungo la parete verso la porta sul retro.– Papà!

  • 27

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    Alastair MacIntyre finse di non aver sentito.– Ehi, papà!Anche un sordo avrebbe sentito. Alastair MacIntyre incassò la sconfitta. Si voltò verso la figlia.– Sì, pulcino?– Cos’è che gli avevi detto?– A chi?– A Blair.– Cosa, pulcino?– Che cosa sarebbe successo se lo diceva un’altra volta.Alastair MacIntyre aveva l’aria di un animale braccato. Si allen-tò il nodo della cravatta e si schiarì la voce, che pure uscì spez-zata.– Che cos’è che ho detto?– Hai detto: «Dillo un’altra volta e ti sfido a dimostrare che sei tanto bravo a farlo, di qualunque cosa si tratti!». È così che hai detto.– Oh, be’. Questo non conta. Il ragazzo non può dimostrare di essere più bravo di te a cucire.– Perché no?– Non può e basta.– Sì che può. Io presento il mio ricamo al concorso di fine qua-drimestre. Lui può presentare il suo.– No, figliola!– Sì, papà: l’hai detto tu.– Stavo scherzando.– Papà! Non è vero!Alastair MacIntyre si passò il dito dentro il colletto per allentar-lo, e guardò sua moglie, in cerca di salvezza.– Helen!Annie incrociò le braccia sullo zaino e guardò la madre chie-dendo giustizia.– Mamma!Mrs MacIntyre si voltò e immerse le braccia, come faceva ogni mattina da diciannove anni, nell’acqua unta del lavello.– Credo – disse – che gli farebbe molto bene.Alastair MacIntyre fissò incredulo la schiena della moglie. Poi uscì sbattendo la porta. La robusta vibrazione della porta con-tro l’intelaiatura di legno fece cadere un po’ di gesso sbriciolato dal soffitto. Cadde quasi tutto su Blair e si mescolò alla curcuma con una certa grazia.– Mi farebbe bene un accidente – disse Blair. – Sarebbe bello.– Non volevo dire che farebbe bene a te – ammise Mrs MacInty-re. – Volevo dire che farebbe bene a tuo padre.

  • 28

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    2.  pozzo: miniera.

    Fu col cuore gonfio e pesante che Alastair MacIntyre tornò dal pozzo2 quella sera per trovare il figlio appollaiato sulla soglia, con un telaietto rotondo da ricamo in una mano e un ago nell’al-tra, a esercitarsi nel punto erba.– Non hai niente di meglio da fare? – chiese a suo figlio in tono irritato.Blair capovolse il lavoro e staccò coi denti un filo penzolante, con navigata abilità.– Lo sai che ho solo una settimana, papà. Dovrò lavorare giorno e notte.Alastair MacIntyre si rifugiò in cucina. Per cercare di tirarsi su, disse a Helen:– Aspetta che arrivino i suoi amici e lo scoprano lì con quella ro-baccia. Si prenderà una girata che lo rimetterà a posto.– Jimmy e Iain sono già venuti. Li ha mandati al Cofanetto in Pitlochrie Street a comprare un’altra matassina di arancio fiam-ma che gli serviva per finire il bordo a punto annodato…Il bicchiere del tè tremò nella mano di Alastair MacIntyre.– Oh, no – sussurrò.Abbandonato il tè, tornò in corridoio e scoprì che suo figlio e i suoi amici ostruivano la soglia reggendo in alto una matassina di filo da ricamo colorato dopo l’altra per vederle alla luce del sole.– Non puoi dire che non è la stessa. È perfetta, dai.– Ma sei cieco? Questa è molto più rossa dell’altra.– No. Ha dentro del giallo, come quella che hai finito.– No.– E quella verde, allora? È perfetta, no?– Sì, sta benissimo.– Sì.Alastair MacIntyre indietreggiò con la testa fra le mani.Il giorno dopo, sabato, si sentì meglio. Rannicchiato nella sua poltrona davanti ai mondiali di rugby alla televisione, col figlio accanto, si sentì di nuovo un uomo felice; finché non si guardò attorno.Blair era seduto a capo chino a ricamare con una combinazione decisamente piacevole di fili color pesca e azzurro baby.– Non guardi la partita? – sbottò Alastair MacIntyre rivolto al figlio.– Sto guardando – disse Blair. – Prova tu a guardare la tivù e fare il punto satin. Non è proprio facilissimo.Alastair MacIntyre cercò di non pensarci. Francia-Scozia non era una partita da rovinare con inquietudini parentali. E quan-do, negli ultimi secondi, il muscoloso terzino del Dunfermli-ne trasformò la meta che salvò le chiappe alla Scozia, rimbalzò trionfante sulle molle della poltrona e gridò gioioso:

  • 29

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    – Figliolo, hai visto? Hai visto?– Mi dispiace – disse Blair. – Questo punto corallo è tremendo. Uno non può mettersi a guardare in giro quando è lì che lo fa.

    Per tutta la notte, Alastair MacIntyre rimuginò. Rimuginò du-rante la colazione della domenica e rimuginò durante il pranzo della domenica. Rimuginò per un intero pomeriggio di giardi-naggio e per gran parte della cena. Poi, consumando una secon-da porzione di prugne, finalmente escogitò un piano.La sera dopo, tornando a casa dal pozzo, invece di parcheggiare l’auto in garage la lasciò davanti a casa e andò in cerca del figlio ribelle. Lo trovò sul pianerottolo di sopra che dava il tormento ad Annie chiedendole se il suo punto croce era allineato giusto.– Lascia stare, figliolo – disse Alastair MacIntyre in tono suppli-chevole. – Vieni fuori, aiutami a dare una controllata al motore.Blair parve non aver sentito. Protese il lavoro perché il padre lo potesse guardare.– Che cosa ne dici? – gli chiese. – Sii sincero. Spietato. Pensi che i punti in blu siano regolari? Guarda bene. Ti voglio esigente.Alastair MacIntyre rabbrividì. Quello era suo figlio? Gli parve che un incubo si fosse impossessato del suo primogenito.– Blair – lo supplicò. – Vieni fuori a vedere la macchina. Ho biso-gno del tuo aiuto.– Chiedilo alla piccola Annie – gli disse Blair. – Ti aiuterà lei. Ha preso il massimo dei voti al corso di manutenzione dell’auto. Io non posso.– Per favore, figliolo.Alastair MacIntyre era quasi in lacrime.Blair si alzò. A tutta altezza, torreggiava su suo padre.– Papà – disse. – Dillo alla piccola Annie. Io non posso. Non pos-so rischiare di ritrovarmi le dita tutte unte. Rovinerebbe il mio lavoro.Soffocando a stento un singhiozzo di umiliazione e offesa, Ala-stair MacIntyre discese le scale tre gradini alla volta e uscì in cerca del più vicino pub.Tornato a casa, trovò la piccola Annie china sul suo motore, in-tenta a ripulirsi le mani sudice in uno straccio bisunto.– È un pezzo che non lo controlli, eh? – lo rimproverò. – Le can-dele erano un disastro. E mi piacerebbe sapere da quanto tempo non cambi l’olio.Mortificato, sentendosi un uomo tra i Marziani, Alastair MacIn-tyre sgattaiolò oltre la porta e salì le scale per infilarsi a letto.

    La mattina della consegna dei premi a scuola, Alastair MacInty-re si svegliò che stava male. Non ottenne comprensione dalla mo-

  • 30

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    glie, che gli preparò il completo sul letto.Alastair MacIntyre si prese la testa tra le mani.– Non lo sopporto – disse. – Non lo sopporto. Mio figlio che vin-ce il primo premio di Atte del cucito! Te lo ripeto, Helen. Non lo sopporto!Stava ancora borbottando «non lo sopporto» tra sé e sé, quando il vicepreside fece loro cenno di prendere posto nell’affollata aula magna della scuola. Il vicepreside gli diede una pacca d’incorag-giamento sulla schiena e gli disse:– Dev’essere molto fiero, oggi, Mr MacIntyre.Alastair MacIntyre sprofondò nella sua sedia, sull’orlo delle la-crime.Tenne gli occhi chiusi per gran parte della cerimonia, e li aprì solo quando ad Annie fu consegnato il premio Saldatura Junior, una raspa nuova. In quel momento, per dimostrare che era al passo coi tempi quanto il suo vicino, applaudì forte e con entu-siasmo, poi richiuse di nuovo gli occhi, per paura di vedere che al suo unico figlio veniva consegnata una confezione nuova di aghi.Quando venne il momento della verità, cedette e spiò tra le dita. Diede un’occhiatina furtiva agli altri genitori. Nessuno sogghi-gnava. Nessuno sussurrava sprezzante rivolto al vicino. Nessu-no ridacchiava sottovoce nascosto dietro la manica. Così, quan-do tutti gli altri applaudirono, applaudì anche lui, per non sem-brare incivile.Un uomo nella fila dietro si sporse in avanti e gli batté sulla spalla:– Volevo dire che devi essere un padre molto orgoglioso oggi, Alastair MacIntyre.E, sensibile com’era, non riuscì a cogliere nemmeno un accenno di sarcasmo nell’osservazione. Mentre facevano la fila per uscire, Annie e Blair li raggiunsero. Alastair MacIntyre fece i compli-menti a sua figlia. Cercò di dar seguito al successo congratulan-dosi col figlio, ma le parole gli rimasero incastrate in gola. Fu tratto in salvo dall’arrivo di quasi tutta la squadra di calcio della scuola, in calzoncini e maglietta.– Blair! Non sei ancora pronto. Stiamo aspettando te!Il portiere, un ragazzone corpulento il cui padre lavorava alla miniera nel pozzo di fronte a quello di Alastair MacIntyre, si chinò in avanti all’improvviso e afferrò il ricamo di Blair. Il pa-dre di Blair rabbrividì. Ma il portiere si limitò a ripiegarlo con cura.– Un bel lavoro, questo – disse. – L’ho visto in mostra nel tuo corridoio. Non so proprio come hai fatto a cavartela con tutte quelle parti complicate.

  • 31

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    – Oh, è stato facile – disse Blair. – Scommetto che se ci provassi riusciresti anche tu a farne uno bello così.Alastair MacIntyre fissò suo figlio, poi sua moglie, poi sua fi-glia, poi di nuovo suo figlio.– Oh, no – obiettò il portiere. – Non potrei farcela. Non ho il tuo senso del colore.Consegnò il ricamo ad Alastair MacIntyre.– Può tenerglielo lei? – disse. – Deve venire a giocare, adesso. Non possiamo aspettare ancora –. Si rivolse ad Annie. – E devi venire anche tu, piccola Annie. Neil è ammalato. Devi farci da arbitro.Prima di correre via, Annie lasciò scivolare la raspa nuova in una delle tasche del padre. Blair fece cadere un pacchetto nell’al-tra.Alastair MacIntyre saltò su come se si fosse scottato.– Che cosa c’è dentro? – chiese, timoroso di mettere una mano in tasca e sfiorarlo, nel caso che fosse un fungo da rammendo o un nuovo ditale.– Lettere adesive – disse Blair. – Le ho chieste io. Sono perfette per le magliette da calcio. Si attaccano stirando. Abbiamo impa-rato a stirare a Economia domestica. Farò le magliette per tutta la squadra.– Con scritto cosa?– Kirkcaldie Killers – gli disse Blair con orgoglio. – In arancio fiamma e azzurro baby.

    A. Fine, Era così diverso, Fabbri

  • 32

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    Il pIacere dI leggere

    Antologia 2

    Serena era nata in una casa a due passi dalla riva, e, sin da quando era piccola, si era sentita attratta dall’oceano.Dopo la scuola, di solito finiva in fretta i compiti per precipitar-si sulla spiaggia, e sentire così da vicino il respiro dell’oceano. Era un gioco persino spogliarsi e, indossati costume e magliet-ta, restare a piedi nudi di fronte a quell’immensità. Il momento che amava di più era il tramonto, o meglio subito dopo il calar del sole, quando poteva contemplare tutti i colori che le nuvole si lasciavano scappare, mentre la palla di fuoco lentamente svaniva all’orizzonte.Serena era una ragazzina molto speciale, e proprio per questo qualche volta non veniva compresa del tutto.Invece di andare alle feste o di vedere i suoi compagni di classe, lei preferiva starsene seduta sulla sabbia a guardare il frangersi delle onde contro gli scogli di cui era disseminata la spiaggia vi-cino a casa. Alcuni dei suoi amici, dopo la scuola, le proponeva-no di fare un giro con loro: chi la invitava ad andare per negozi, chi al cinema o anche solo a uscire per un gelato. E sebbene si divertisse un mondo così, nulla la faceva stare bene come quan-do era da sola, a tu per tu con l’oceano.

    Sergio BambarénCredi nell’amicizia con la A maiuscola? Pensi che possa esistere un legame «a pelle» tra esseri solo apparentemente diversi, ma affini nella sensibilità e nei sentimenti? Che si possano condividere esperienze ed emozioni anche parlando linguaggi diversi?Ti piacerebbe conoscere un ambiente lontano e affascinante come l’Oceano che bagna le coste australiane?

    Il segreto di una vera amicizia

    2. Ragazzi e dintorni come nasce un’amicizia

  • 33

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    Il suo legame con la natura era forte, e a lei piaceva ammirare tutte quelle creature che gremivano la spiaggia: qualche gabbia-no che volteggiava in cielo, un granchio o due che scavavano bu-che nella sabbia, trasportando con pazienza e lontano i granelli che ostruivano le loro tane segrete; Dio solo sa quanto profonde.E quest’attrazione per l’oceano l’aveva spinta a passeggiare avan-ti e indietro lungo la spiaggia non lontano da casa. Non aveva fratelli o sorelle, ed essere figlia unica non le pesava più di tan-to, sebbene avesse sempre sognato di trovare un giorno un ami-co con cui condividere tutto lo spettacolo magico che si rappre-sentava nelle fenditure degli scogli. Voleva un amico a cui poter raccontare delle minuscole creature che vivevano chiuse in mon-di a sé. La solitudine era diventata la sua migliore compagna e, sebbene avesse amato l’idea di contemplare tutte queste meravi-glie con qualcuno, lei preferiva ancora stare da sola nel suo mon-do di fantasia.Benché, se avesse potuto trovare un amico vero, anche soltanto uno…

    [Serena conosce un delfino che chiama Dolphy e con lui crea un profondo legame di amicizia… Ma dopo un anno di avventure ed emozioni…]

    L’estate era ormai un ricordo, e le acque iniziavano a farsi più fredde, perché le favorevole condizioni di cui aveva goduto la co-sta l’inverno precedente erano mutate. Questo voleva dire una sola cosa, che sarebbe venuto il momento in cui il branco di del-fini non sarebbe più stato in grado di trovare il cibo, e che avreb-bero dovuto rimettersi ancora una volta in cerca di acque più calde.Dolphy e Serena si godevano ancora uno di quei dolci pomerig-gi sulla magica spiaggia, con il sole che già moriva all’orizzonte.– Perché sei tanto tranquillo? – chiese Serena.– Perché non ho niente da dire in questo momento. A volte due buoni amici stanno tanto bene insieme da condividere il silenzio, piuttosto che dover parlare per forza di qualcosa. Stare in silen-zio è un buon modo per ascoltare la propria voce interiore e per sapere chi è uno veramente.– Raccogli una conchiglia – disse poi il delfino.Serena prese in mano una magnifica ostrica e l’avvicinò piano al suo orecchio:

    «Due amici in silenzioa volte si dicono di piùche con mille parole».

  • 34

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    Ma Serena sapeva che cosa stava succedendo. Aveva sentito l’acqua raffreddarsi giorno dopo giorno.– Te ne stai andando, non è così? – chiese a quel punto Serena.– Sì – ammise Dolphy. – L’acqua sta diventando di nuovo fredda, e io devo seguire il branco in fondali più caldi.– Ti rivedrò ancora? – chiese al delfino suo ami-co, mentre una lacrima le rigava il volto triste.– Non lo so, Serena. Comunque sia, non dimenti-care la lezione più importante che abbiamo appre-so in quest’anno della nostra amicizia.– E cioè? – chiese Serena.– Raccogli una conchiglia, amica mia.Questa volta Serena scelse una bellissima ciprea rosa che avvici-nò all’orecchio:

    «Per i veri amicinessun posto è lontano».

    Un arcobaleno dispettoso sottolineò il momento nel cielo. Dolphy e Serena a occhi in su si lasciarono coinvolgere da quello spet-tacolo meraviglioso fatto di mille colori. Perché sapevano che do-vunque la vita li avrebbe condotti, loro due sarebbero stati sem-pre insieme, un bellissimo ponte di cuori li univa.E Serena intuiva, per la prima volta nella sua vita, che d’ora in avanti non sarebbe stata mai più sola.Serena aveva imparato che il mondo è gremito di creature straor-dinarie ora sue amiche, e, se si fosse sentita triste o sola, avrebbe pensato a una di loro, a avrebbe capito che a volte la solitudine non è soltanto una benedizione, ma anche un modo speciale per apprezzare i buoni amici incontrati strada facendo.E alla fine, Serena capì, con l’aiuto di Dolphy, che la loro amici-zia era il più grande dono che potevano scambiarsi l’un l’altra.– Così, quale sarebbe il segreto di una vera amicizia?– È ciò che abbiamo scoperto condividendo con qualcuno così tante avventure – concluse il delfino. – Rispettarci tra di noi, es-sere presente ogni volta che tu avrai bisogno di me, quando ti troverai in acque tranquille o risalirai controcorrente… aspetta, come dice quella formula terrestre? «Nella buona e nella cattiva sorte…».– Già. L’amicizia è il più bel dono tra spiriti affini, e non conta chi siamo o da dove veniamo – aggiunse Serena.– Mia cara amica, a volte le persone perdono di vista i propri

  • 35

    I l p I a c e r e d I l e g g e r e

    sogni, e allora questi si assopiscono nell’oblio della solitudine, come spettri nella tomba.«Racconti di altre spiagge lontanissime… Che magnifico mondo è mai questo!» pensò Serena. «E quanto è meglio dividerlo con un amico o due!».– Addio, Dolphy – disse la ragazzina. – È tempo per me di ritor-nare al mio mondo, e di condividere le cose belle della vita con quelli che sono disposti a vederle.– Arrivederci, mia anima gemella – aggiunse Dolphy, e con un colpo di coda virò in direzione del branco, pronto a fare rotta con loro nelle acque calde a cui sentiva di appartenere.E quando la ragazzina fece ritorno a casa per raccontare ai suoi genitori quanto aveva scoperto, udì il sussurro di una conchi-glia lasciata lì come per magia dall’oceano:

    «I veri amici amano condividerei momenti preziosi

    che la vita riserva loro,come le piccole cose dell’esistenza

    per cui vale la pena di vivere ogni giorno.Va’ dovunque tu debba andare,

    e passa parola!».

    S. Bambarén, Serena, Sperling & Kupfer