ANNO XXXIII Giugno/Luglio 2015 N - fub.it · › Etica e trasparenza nell’era dei Big Data ......

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Sped. in Abbon. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art.1 comma 1 - DCB Roma N.307 RIVISTA DI CULTURA DIGITALE FONDATA DA GIOVANNI GIOVANNINI ANNO XXXIII | Giugno/Luglio 2015 EIT DIGITAL @ EXPO 2015 ROBERTO SARACCO: DATA ECONOMY SPECIALE ESCLUSIVA IDENTITà DIGITALE MARIANNA MADIA

Transcript of ANNO XXXIII Giugno/Luglio 2015 N - fub.it · › Etica e trasparenza nell’era dei Big Data ......

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N.307

RIVISTA DI CULTURA DIGITALE FONDATA DA GIOVANNI GIOVANNINI

ANNO XXXII I | Giugno/Lugl io 2015

EIT DIgITal @ EXPO 2015RObERTO SaRaccO: DaTa EcOnOmy

MACHINEMACHINE2

SPEcIalE

ESCLUSIVA

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mariannamadia

VII ediz ione

NOSTALGIA DI FUTUROP r e m i o G i o v a n n i n i

2015Interazione Contenuto TutelaFIEG - via Piemonte, 64 - Roma

›Etica e trasparenza nell’era dei Big Data VI EDIZIONE

›Diritto all’oblio o oblio di ogni diritto? V EDIZIONE

›Ombre e nebbie nell’era dei social media e della trasparenza IV EDIZIONE

›Innovazione fra sostenibilità e sviluppo III EDIZIONE

›Diritti d’autore nell’era di Internet II EDIZIONE

›Orizzonte 2020, cosa c’è nel futuro dei media? I EDIZIONE

3N . 3 0 3 | D i c e m b r e / G e n n a i o 2 0 1 5 |

Un colloquio possibile fra gli oggetti che ci circondano rende il mondo diverso. Con questo numero, che raccoglie interventi autorevoli di istituzioni,

ricerca, politica, comincia il viaggio per approfondire e condividere il concet-to di “smart city”. Derrick de Kerckhove afferma: “Le città intelligenti hanno bisogno di cittadini preparati a usufruirne”.

La Fondazione Ugo Bordoni con il convegno: “M2M: le necessarie si-nergie istituzionali”, ha acceso i riflettori sulle criticità da affrontare, senza indugio. Media Duemila si propone quale cassa di risonanza allo scopo di invitare alla partecipazione.

I dati protagonisti dell’economia sono il cuore della prossima rivoluzione, un cambio di cultura epocale, penso alla sanità perché le informazioni disponibili permetteranno di vivere meglio senza la inevitabile (sino a ieri) lievitazione di costi. Un cambio di paradigma che permette di risparmiare e migliorare servizi ed efficienza a tutto ton-do. Lo sviluppo di questo nuovo modello di vita dove gli oggetti parlando fra loro con-tribuiscono alla qualità della vita necessita infrastrutture e conoscenza.

L’ultimo Rapporto Asstel sulla filiera del-le telecomunicazioni parla di un’Italia ulti-ma in Europa nell’utilizzo della Rete, ancora molto indietro sulla banda ultra larga fissa: a maggio del 2015 è stato raggiunto il 32% delle abitazioni contro il 62% della media UE. Ancora più negativo il dato sull’utilizzo: solo lo 0,5% degli italiani usa la banda ultra larga fissa contro il 6,8% della media europea. Leggermente migliori i dati sulla banda larga fissa base, con la copertura che raggiunge il 99% della popolazione (la media UE è del 97%) mentre l’utilizzo è al 23,4% con una crescita annua dello 0,1%, la più bassa in Europa.

E sulla banda larga, il Sottosegretario allo Sviluppo Economico, Antonello Giacomelli afferma che bisogna attendere l’autunno… che aspettiamo da troppo tempo.È il momento di dire basta e da cittadini promuovere lo sviluppo della tec-nologia che può riportare il PIL in positivo, può aiutare i giovani a trovare lavoro o ad inventarlo.

Maria Pia rossignaud

DATA ECONOMY

3n . 3 0 7 | g i u g n o / l u g l i o 2 0 1 5 |

E D I T O R I a l E

Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

33N . 3 0 0 | G i u g n o / L u g l i o 2 0 1 4 |

I OSSERVATORIO TuttiMedia

Esperti da tutto il mondo al servizio di istituzioni, aziende e persone per gestire l’innovazione.

Dal network Culture & Technology international i più avanzati servizi di consulenza con il metodo dell’Atelier di intelligenza connettiva.

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Moltiplicare le mentiMultiply mind by mind

CULT

URE

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ECHN

OLOG

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ATIO

NAL

Decision Making World Wide Consortium

Derrick de KerckhoveMaria Pia Rossignaud

IDEATO DA

3-7 settembre 2015

3N. 3 0 0 | G i u g n o 2 0 1 4 |

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MILLENIUM s.r.l. Direzione e Redazione: Via Piemonte, 117 | 00187 Roma | Tel. [+39] 06 48 19 145 www.mediaduemila.it

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Direttrice responsabile: Maria Pia Rossignaud Direttore scientifico: Derrick de Kerckhove

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S O m m a R I O

maURIzIO mEnSIM2M profili giuridici e servizi di comunicazione

RObERTO SaRaccOÈ l’ora della data economy: cambia la cultura

EIT DIgITal @ EXPO 2015explorMi 360

gUIDO PIER PaOlO bORTOnISmart meter e smart gridl’italia all’avanguardia

nOSTalgIa DI fUTUROVII EDIzIOnEinterazione Contenuto tutela

32 41 4535RITa fORSIRischi per la Rete: l’impegno del MiSe

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33N . 3 0 0 | G i u g n o / L u g l i o 2 0 1 4 |

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CULT

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Decision Making World Wide Consortium

Derrick de KerckhoveMaria Pia Rossignaud

IDEATO DA

maRcEllO caPRaenergia e tecnologia innovativa: risparmio, controllo, efficienza

PaOlO cOPPOladigitalizzare non è solo questione di tecnologia

lUIgI DallaIOpen data e sfide per le Pa

SERgIO bOccaDUTRIPolitiche a prova di futuro: call for action dell’iot

DOnaTElla PROTOServizi di comunicazione M2M: sinergie istituzionali

4InTEllIgEnza cOnnETTIVaaRS eleCtROniCa3-7 settembre 2015

maRIanna maDIa2017: identità digitale per dieci milioni di cittadini

alESSanDRO lUcIanOSmart city 2015: un miliardo e 100 milioni di oggetti connessi

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maRIO fRUllOnEFocus su interoperabilità e standardizzazione

DOmEnIcO ROSSICultura della difesa per innovare

angElO maRcEllO caRDanI225 milioni le connessioni M2M attive nel mondo

maRcO maRRazzaCon eCall l’automobile chiama i soccorsi

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

Rivoluzione digitale: 3 milioni di utenti con un’identità digitale a partire da quest’anno e 10 milioni entro dicembre 2017. Marianna Madia, a capo del Ministero per la Semplificazione e la pubblica amministrazione racconta a Media Duemila obiettivi e ostacoli da superare per cambiare PA e cittadini. FOIA (Freedom of Information Act) contro la corruzione; SPID per i diritti di cittadinanza digitale e Internet delle cose per migliorare la vita quotidiana. Quali le priorità e soprattutto la sua visione…Il mio obiettivo è la “rivoluzione digitale” nel rapporto tra cittadini, imprese e ammini-strazione. Il paese ha bisogno di un’amministrazione pubblica del XXI secolo che utilizzi e consenta ai cittadini l’utilizzo, di tutta la tecnologia che offre il nostro tempo. Riconoscere il diritto di potere accedere ai servizi, adempiere agli obblighi dovuti e in genere interagire con l’amministrazione per via digitale non è solo una questione di modernità o efficienza

della macchina pubblica. È qualcosa di più. È una questione di democrazia. Oggi i diritti di cittadinanza passano anche attraverso l’uso e la fruizione delle nuove tecnologie.

Accedere a Internet e utilizzarlo per velocizzare e semplificare la vita quotidiana è l’essenza della riforma della pubblica amministrazione. Soffriamo ancora di alcuni importanti ritardi: sia nella domanda di Internet da parte dei cittadini, sia nell’of-ferta di servizi digitali da parte delle pubbliche amministrazioni. Stiamo correndo per sanarli e lo stiamo facendo con diversi strumenti, alcuni già operativi o che lo saranno presto.

Penso alla fatturazione elettronica, la cui obbligatorietà per tutte le PA è stata anticipata dal governo al 31 marzo 2015 e che consente certezze e rapidità nel-le relazioni tra gli imprenditori e la pubblica amministrazione, e al sistema di identità digitale SPID che sarà il principale strumento per godere dei diritti di cittadinanza digitale.

Vi è, inoltre, il disegno di legge di riforma della PA che si occupa di digitale proprio all’art. 1, anche a sottolinearne simbolicamente l’importanza. Abbiamo introdotto in questo testo, attualmente in discussione alla Camera, il Freedom of Information Act, che consentirà ai cittadini l’accesso alle informazioni e ai dati in possesso delle PA.

Con le nuove tecnologie applicate al FOIA i cittadini potranno esercitare un controllo democratico su quello che fanno le pubbliche amministrazioni, con il risultato di allontanare la corruzione, contenere i costi, e ottenere servizi più efficienti.

2017: identità digitale per dieci milioni di cittadiniInTERVISTa a maRIanna maDIa i MiniStRO PeR la SeMPliFiCaziOne e la PubbliCa aMMiniStRaziOne

a capo del Ministero per

la semplificazione e la

pubblica amministrazione

nel governo renzi. Per rai

Educational, ha ideato e

scritto la prima serie del

programma E-cubo (Ener-

gia Ecologia Economia). dal

2004 collabora con l’arel e

dal giugno 2012 ne diventa

membro del comitato diret-

tivo. dal 2011 fa parte del

comitato di redazione della

rivista italianieuropei.

maRIanna maDIa

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Speciale machine to machine

Nei prossimi 3 anni, quale secondo lei il segmento della nostra vita che subirà più cambiamenti…Spero che sia proprio il rapporto con il pubblico quello che subirà più cambiamenti po-sitivi nei prossimi anni. E credo che questi cambiamenti avverranno nella misura in cui sapremo dare attuazione alla cittadinanza digitale. Ciascuno di noi conosce bene la velocità e la semplicità con le quali nel settore privato, grazie alle nuove tecnologie, si possono compiere moltissime operazioni.

Questa velocità e semplicità devono arrivare a casa dei cittadini che chiedono qualcosa o hanno degli obblighi nei confronti della pubblica amministrazione e della collettività. Vorrei soffermarmi sulle opportunità di SPID che consentirà a ciascun cittadi-no di avere una propria identità digitale (un PIN unico).

Attraverso questa identità sarà progressivamente possibile accedere ai vari servizi delle amministrazioni. Contiamo di avere 3 milioni di uten-ti con un’identità digitale a partire da quest’anno e arrivare a 10 milioni entro dicembre 2017.

L’Italia secondo uno studio del World Economic Forum di Davos rischia di perdere le opportunità legate all’eco-nomia dell’Internet of Things che vale l’1.1% del nostro PIL. Il suo Mini-stero spingerà al fine di evitare anche questo ritardo?Assolutamente sì. Lo stiamo già fa-cendo. Il nostro compito è costruire le condizioni favorevoli alla diffusione delle nuove tecnologie ed essere volano per lo sviluppo privato. L’Internet delle cose cioè la possibilità di connettere gli oggetti di uso comune alla rete e trasmettere così informazioni utili alla vita quotidiana è indubbiamente il futuro. Per questo il governo ha approvato due piani strategici che arrivano fino al 2020: la crescita digitale e la diffusione della banda ultralarga.

La crescita digitale è fondata sui pilastri della digitalizzazione della PA, sullo sviluppo delle competenze digitali di cittadini e imprese, e il coordinamento degli investimenti in innovazione e ICT.

La strategia per la banda ultralarga vuole superare il gap infrastrutturale sofferto dal nostro paese; è fondata su un mix virtuoso di investimenti pubblici e privati, che ci per-metteranno di superare i livelli minimi previsti dalla strategia europea. L’attuazione di queste due linee strategiche consentirà il pieno sviluppo dell’economia dell’Internet of Things, evitando quel rischio segnalato dal World Economic Forum.

Maria Pia rossignaud

2017: identità digitale per dieci milioni di cittadini

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

Con il seminario “Machine to Machine: le necessarie sinergie istituzionali”, la Fondazione Ugo Bordoni vuole ampliare il dibattito, già in corso in Italia fra le Istituzioni, sulla tematica delle Machine to Machine communication, ai diversi settori industriali.

Si è cercato di approfondire i nuovi scenari applicativi e le opportunità offerte dalle soluzioni tecnologiche, in un contesto, come quello odierno, di rapida evoluzione, che vede avvicinarsi fra loro settori prima considerati separati, poiché è solo con una visione condivisa, con una presa di coscienza comune che si può tentare di affrontare gli straordinari cambiamenti che stanno ar-rivando e quelli già arrivati.

Con il termine Machine to Machine non intendiamo le tradizionali comunicazioni tra computer, ma le comunicazioni tra dispositivi sempre più smart, quali quelli usati nelle comunicazioni nelle reti energetiche o tra automobili, e che coinvolgono numeri sempre più elevati di dispositivi.

La Gartner, società leader mondiale nella consulenza strategica nell’Information Techno-logy, stima che, entro la fine del 2015 (cioè entro pochi mesi) ci saranno, solo nel settore delle smart city, un miliardo e cento milioni di “oggetti” connessi: illuminazione, traffico, parcheggi, reti di distribuzione, sanità...

E se dovessimo ampliare lo sguardo su tutti gli “oggetti connessi”, i numeri diventereb-bero stupefacenti: stime affidabili ci raccontano che alla fine del decennio questi dispositivi potrebbero arrivare a circa 50 miliardi.

È l’“Internet delle cose”, e non è più solo un’idea, non più solo una possibilità del futuro, è qui, oggi, ed è in pieno sviluppo.

Noi riteniamo che, per non rimanere indietro e per sfruttare appieno questo potenziale, con vantaggio per l’industria nazionale e per la crescita del paese, sia necessaria qualche riflessione sulle politiche nazionali delle telecomunicazioni e sul contesto regolatorio. In par-ticolare, mi riferisco alle tematiche dell’accesso al mercato mobile all’ingrosso, alle politiche di numerazione, alle politiche dello spettro, alla privacy e alla security, all’accesso condiviso ad informazioni di pubblica utilità.

Il vero rischio, tipico di queste fasi storiche di grande e disordinato sviluppo, è che ci si possa trovare con un mercato con eccessivi vincoli o eccessivamente frammentato, oppure con soggetti stranieri che possano diventare dominanti in Italia. Gli esempi provengono non solo dagli over the top, da Apple o da Amazon, ma anche, per fare un esempio, da importanti attori del settore automobilistico che possono introdurre nel mercato del nostro paese veicoli dotati di apparati con SIM già istallate, e con contratti con operatori stranieri.

Smart city 2015: un miliardo e100 milioni di oggetti connessi

l’OPInIOnE DI alESSanDRO lUcIanO

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Speciale machine to machine

Inoltre, è già stato avviato un di-battito internazionale sulla possibi-lità di liberalizzare i numeri IMSI, quelli identificativi di ogni singolo operatore cellulare quando i suoi utenti si muovono nel mondo: è infatti necessario prevedere la pos-sibilità di distribuire numeri tele-fonici non solo a operatori mobili, ma anche a grandi utenti M2M. Questo può condurre a vantaggi o a svantaggi per la competizione e per gli utenti finali a seconda delle scelte normative e regolatorie adottate.

Un altro esempio è quello della numerazione: un pro-blema, solo apparentemente banale, legato all’esaurirsi della numerazione telefonica. Le soluzioni esistono, ma bisogna iniziare a pensarci.

E non possiamo evitare di domandarci quali possano essere i rischi per la privacy e la sicurezza. I dispositivi M2M sono pervasivi e possono trasmettere dati legati alla salute, agli spostamenti, al consumo energetico, alle propensioni personali agli acquisti. Rischi reali, come si vede, per cui devono essere previste appropriate contromisure.

Al contrario, però, saranno disponibili anche dati che potranno dare origine a nuovi ser-vizi di pubblica utilità e che dovranno essere resi disponibili a tutti: il servizio di emergenza europeo eCall, che obbliga le case automobilistiche ad inserire un dispositivo che comunichi immediatamente un avvenuto incidente (servizio che sarà in vigore in Europa da marzo 2018) è la prova di un uso virtuoso di dati per migliorare la qualità della vita dei cittadini.

Desidero ricordare, infine, quanto sia stato prezioso l’impulso che l’AGCOM ha voluto dare con la sua delibera di dicembre 2013 che ha indetto l’indagine conoscitiva sui problemi legati a M2M, i cui risultati ci dicono, senza nessuna possibilità di equivoci, che siamo di fronte a due questioni fondamentali.

La prima è che l’Italia ha un enorme problema di infrastrutture digitali che il Governo si sta apprestando a colmare, sia dando un diverso quadro normativo e sia, dando un impulso concre-to per lo sviluppo di infrastrutture digitali alla pari con quanto è già stato fatto in tutta Europa.

La seconda questione può essere riassunta così: è indispensabile una convergenza tra rego-latori, operatori e ricercatori, perché si arrivi, nel tempo più breve possibile, a indicare una via che permetta linguaggi comuni, protocolli condivisi, neutralità di piattaforme, integrazione dei linguaggi e dei sistemi, in particolare, nel settore energetico, che in Italia è particolarmente avanzato, con obiettivi sfidanti su smart grid e smart metering. Come, e probabilmente prima di altri infatti, questo settore ha bisogno che si definiscano linee guida cui attenersi.

Il Governo e le Autorità sono chiamati a creare le condizioni per uno sviluppo armoniz-zato di queste opportunità e la Fondazione Ugo Bordoni desidera dare il proprio autorevole contributo a questo fondamentale dibattito.

alEssandro luciano Presidente Fondazione ugo bordoni

Smart city 2015: un miliardo e100 milioni di oggetti connessi

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

Le reti M2M rappresentano una grossa opportunità che solo una politica indu-striale attiva può trasformare in una rivoluzione pari a quella che trenta anni

fa ha promosso il successo dei cellulari, con un radicale cambiamento nel modo di vivere di ciascuno di noi. Sono quindi necessarie sin da subito delle scelte strategiche, che devono essere compiute insieme da tutti gli attori coinvolti in modo da evitare le inefficienze che possano limitarne lo sviluppo, proponendo un cammino partendo dai concetti di interoperabilità e standardizzazione.

La Fondazione lavora su M2M con un approccio sistemico, necessario data l’am-piezza del tema che include qualsiasi tipo di comunicazione tra dispositivi, e ciò ha

permesso di individuare le due caratteristiche che maggiormente qualificano le possibili appli-cazioni: la mobilità e la distribuzione geografica.

È, infatti, diverso gestire dispositivi statici e localizzati, come quelli all’interno di macchine in una fabbrica o in una casa intelligente, da quelli nelle automobili che si muovono con più ampia libertà. I due elementi menzionati possono consentire quindi di distinguere tra varie categorie di comunicazione M2M, a ciascuna delle quali può corrispondere una diversa tecnologia di comunicazione: per alcune classi può essere sufficiente il Wi-Fi, mentre per altre deve essere garantita la piena mobilità facendo ricorso a reti cellulari classiche, anche se per applicazioni più avanzate sono richieste reti di ultima generazione (4G ma anche 5G).

Questa prima classificazione mostra come le realtà possano essere molto diverse dal punto di vista strettamente tecnologico. Tuttavia è necessario un approccio integrato per evitare false partenze che in qualche modo possano distorcere le prospettive future del mercato.

Uno dei primi fattori da rilevare, richiamato anche dall’AGCOM nella consultazione pub-blica su M2M, è come si modifichino sia i rapporti classici tra l’operatore che gestisce la rete

di comunicazioni elettroniche e l’utente, sia la natura stessa del consumatore. Consideriamo un esempio per meglio chiarire il punto. Ciascuno di noi ha una SIM all’interno del suo dispositivo e un rapporto diretto con l’operatore che la ge-stisce. Immaginiamo invece lo scenario in cui sia una casa automobilistica ad acquisire un milione di SIM, impiantarle nelle autovetture e stipulare un contratto unico con un operatore mobile, magari globale. In questa situazione, esiste un utente con un milione di SIM (one million SIM user), mentre il consumatore finale ha un’auto in grado di comunicare con tutta la rete senza dover curare gli aspetti contrattuali.

Focus su interoperabilitàe standardizzazione l’OPInIOnE DI maRIO fRUllOnE

una possibile

caratterizzazione

per M2M

11n . 3 0 7 | g i u g n o / l u g l i o 2 0 1 5 |

Speciale machine to machine

Il fornitore del servizio M2M diventa l’utente dell’operatore TLC. I clienti sono le multi-utilities, le reti energetiche, i produttori di veicoli, l’industria dell’automazione, etc. Il fornitore di servizi M2M rivoluziona il concetto stesso di utente: non gestisce un solo terminale, ma anche milioni di terminali contemporaneamente. Dalla consultazione dell’Autorità è emerso molto chiaramente che ragionare su queste dinamiche significa analizzare anche la posizione di un paese come l’Italia all’interno di un contesto globale che procede velocemente verso scelte che rischiano di essere irre-versibili e non compatibili con il contesto. L’esempio della casa automobilistica è già una realtà, ma anche le reti energetiche e gli altri soggetti stanno valutando quali dispositivi e tecnologie utilizzare.

Lo scenario M2M lascia aperti una serie di problemi che devono essere risolti: prestazioni: gli utenti M2M sono di-

versi dagli utenti umani. Oltre ad avere delle caratteristiche in termini di affidabilità, la-tenza, reliability delle comunicazioni, pongo-no requisiti prestazionali molto stringenti. Se tratto milioni di dispositivi, non posso avere le stesse modalità di manutenzione di uno smartphone: devono essere in grado di lavo-rare per lunghi periodi di tempo (ad esempio trenta anni), quindi con batterie adatte allo scopo senza intervento umano; modello di business: ci sono vincoli

di lungo periodo. Il lock-in imposto dall’uso delle SIM di uno specifico operatore condi-ziona i provider M2M vincolandone le scelte a tecnologie che non decadano rapidamente; numerazione: saranno necessari indirizzi per i miliardi di dispositivi, e le soluzioni attuali

di numerazioni non sono adatte. Si dovrà passare al protocollo IPV6, e soluzioni specifiche di numerazione per il M2M potrebbero aprire il mercato a nuovi soggetti e al contempo favorire una maggiore flessibilità per chi metterà in campo soluzioni M2M; gestione dello spettro: l’uso di frequenze licenziate dedicate al M2M mette in condizioni

i M2M providers di pianificare soluzioni di lungo periodo, assicurando l’uso di quella banda e avendo garanzia dei requisiti prestazionali imposti dalle applicazioni. Diversamente in bande non licenziate può venir meno la garanzia di prestazione. Quindi anche nel delicatissimo campo delle frequenze sorgono dei vincoli da prevedere da subito; privacy: M2M si nota poco, ma è sempre online con conseguenti problemi di privacy. Le

informazioni che sono raccolte hanno un impatto fortissimo sulle abitudini di vita e di consumi, (smart meter) o per il tracciamento dei percorsi (automotive).

L’introduzione di applicazioni M2M è un processo già in corso e inarrestabile: come paese, possiamo decidere di essere protagonisti o guardarlo accadere nostro malgrado. È opportuno che in questo momento ci sia un’attenzione forte su queste tematiche.

Molti degli aspetti sono agenda del Governo e del MISE, ad esempio smart grid e smart cities che sono fondate sul concetto di M2M.

Una risposta ad hoc per ogni nuovo scenario/opportunità che si presenta può costituire una soluzione efficace nel breve periodo, ma anche un rischio concreto di parcellizzare il mercato inibendo le ricadute positive legate alle economie di scala.

Mario Frullone direttore delle Ricerche Fondazione ugo bordoni

Sim embedded:

status, previsione

e confronto

tecnico/economico

con altre soluzioni

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

Droni, aerei invisibili, piccoli robot che acqui-siscono e trasferiscono informazione, sicurezza e privacy, macchine che parlano fra loro, e natural-mente il soldato tipo del terzo millennio sono ar-gomenti della conversazione con Domenico Rossi, Sottosegretario di Stato alla Difesa.

Buzzati ed Il Deserto dei Tartari un passato mili-tare fatto di attese e silenzi si contrappone all’oggi dove le informazioni viaggiano alla velocità della luce. Non bisogna più attendere che il nemico si affacci, esca allo scoperto.

La vita militare di Domenico Rossi è iniziata nel 1974, il mondo era diviso in blocchi con-trapposti, la sua prima missione lo porta su una collina: “Resistere 36 ore – racconta – in un con-

testo dove il tempo stimato di sopravvivenza non superava l’ora e mezza”. Questo il com-pito affidatogli.

A cinquanta chilometri da Gorizia la vita militare era caratterizzata dall’attesa di un nemico che non arrivava mai, forse come ben descrive Buzzati. La nostra era, al con-trario, è caratterizza dall’in-terventismo che necessita tecnologia.

Difesa e innovazione...Dalla caduta del muro di Berlino in poi, la necessità di una risposta tempestiva ha significato, per i paesi occidentali, sviluppare capa-cità non più correlate diret-tamente all’impiego di armi

atomiche. Negli ultimi settant’anni la difesa è stata elemento propulsore per l’innovazione. Il computer, ne è esempio eccellente. Oggi è importante la condivisione delle scoperte, chi raggiunge prima un obiettivo deve metterlo a disposizione.

Le sinergie, in un quadro economico di risor-se scarse, sono fondamentali. L’innovazione ha imposto cambiamenti anche nell’esercito, infatti, l’innalzamento tecnologico degli equipaggiamen-ti e dei sistemi ha provocato piccole e grandi ri-voluzioni. Oggi un soldato che esegue un adde-stramento di 12 mesi, come previsto dal servizio militare, non ha più uno spazio operativo di in-serimento. Il servizio di leva è caduto proprio per l’inefficacia operativa.

Oggi servono eserciti professionali sempre più tecnologici. L’informazione, corretta e tempestiva, è determinante anche nel nostro settore, non solo in quello economico.

Il soldato del futuro combatterà immerso in un ambiente totalmente connesso dove la comu-nicazione fra gli uomini è meno importante di quella fra gli oggetti?In un mondo di guerre asimmetriche, il soldato deve essere riconoscibile nella sua posizione, è individuo inserito in un nucleo. Il suo ruolo principale è quello di ricevere e trasmettere in-formazioni, essenza fondamentale del mondo moderno. Riconoscere l’amico dal nemico, permettere ai vertici di valutare le situazioni utili per inviare, ad esempio, droni, aerei, o quel che serve, dipende tutto dall’informazione trasferita. La ricerca in questa direzione sta facendo sforzi enormi, per arrivare a tecnologie idonee.

Cultura della difesaSoldato tipo del terzo millennioInTERVISTa a DOmEnIcO ROSSI i SOttOSegRetaRiO di StatO alla diFeSa

È commendatore dell’or-

dine al merito della repub-

blica italiana; croce d’oro

per anzianità di servizio;

cavaliere dell’ordine di

san gregorio Magno; Me-

daglia d’argento al merito

conferita dalla c.r.i.; Me-

daglia Mauriziana al merito

di dieci lustri di carriera

militare; croce d’oro con

stelletta per anzianità di

servizio militare.

DOmEnIcO ROSSI

13n . 3 0 7 | g i u g n o / l u g l i o 2 0 1 5 |

Speciale machine to machine

La macchina sostituirà l’uomo?La macchina perfetta, sostituto del cervello uma-no, nella sua capacità di analisi delle informazioni che arrivano, è la metafora del progresso da sem-pre. La macchina è in grado, senz’altro di assorbire più informazioni dell’uomo ma l’elemento deci-sionale fa la differenza.

Scegliere le informazioni da portare ai deciso-ri, non può essere compito di una macchina. Se parliamo del massimo livello politico, l’informa-zione serve a valutare il momento, e soprattutto aiuta ad immaginare le prospettive. Se guardia-mo al quadro mediorientale odierno, è evidente che la situazione deriva da scelte del passato. Le scelte sono dell’uomo, la macchina può fornire strumenti, proporre comparazioni, simulazioni, scenari.

Comunicazioni fra le macchine, come imma-gina questo nuovo mondo che sta esplodendo?La ricerca con università ed enti di varia natu-ra predispone un’alleanza su fronti diversi, a un dato momento tutti i soggetti si confronteranno sui risultati.

Il collegamento tra le informazioni è il nodo principale. Dopo l’11 settembre alla difesa aerea concorrevano anche nuovi soggetti quali il Mini-stero della Marina Mercantile, esercito, Aeronau-tica. È chiaro che tutte le informazioni devono confluire in un centro di raccolta che le gestisce in tempo reale e le usa per decidere. Ordini il decollo di un aereo o di una flotta, sono azioni che fanno la differenza.

Abbiamo bisogno anche di una cultura della difesa?Se analizziamo i tempi di lavoro ed intervento ri-spetto a 40 anni fa, ci rendiamo conto che ogni azione è divenuta molto più rapida. Intelligence e tecnologia sono strumenti utili militarmente per rispondere alle minacce, ma abbiamo bisogno an-che di una cultura della difesa, legata al sistema paese. La difesa non può essere a sé stante, il no-stro paese deve smettere di pensare alla sicurezza ed alla difesa solo nel momento in cui si percepisce un pericolo.

La sicurezza è necessaria sempre, i livelli si pos-sono abbassare o alzare a secondo del momento. La cultura legata alla difesa dovrebbe essere inse-gnata nelle scuole.

Nel mondo globalizzato i confini hanno perso la loro importanza strategica. Ritorniamo al sol-dato del futuro, suo compito è trasferire informa-zioni che devono arrivare al governo italiano, ma anche ai vari livelli di comando internazionale. Occorre parlare la stessa lingua ed avere le stesse capacità. Due concetti semplici, riassunto della nostra conversazione.

Donne e forze armate, ne ha sostenuto l’ingres-so…Partecipai ad uno degli annuali meeting Nato de-dicati all’inserimento delle donne nelle forze ar-mate, tutti i paesi erano rappresentati da donne, tranne l’Italia evidentemente. Mi accorsi di essere Mister Next Year.

Mister Next Year?Sì, mi fu spiegato che da vent’anni gli italiani promettevano una delegata per l’incontro suc-cessivo. Questo è un aneddoto divertente, ma senza una forte spinta sociale e la tecnologia non avremmo avuto la legge (380/1999). In ogni paese mediamente il 10% delle forze armate è composto da personale femminile. L’Italia si è adeguata.

E per finire, sicurezza, privacy da Wikileaks e Snowden…Privacy – sicurezza, equilibrio da costruire. Ognu-no di noi può valutare diversamente la questione, ma la sicurezza è un bene che non si crea singo-larmente, lo Stato deve garantirla. La sicurezza ha un grande valore, parliamone.

Un Atelier di Intelligenza Connettiva su privacy e sicurezza?Con piacere, coinvolgiamo giovani, istituzioni, ri-cercatori, esperti di Big Data. Proviamo a costruire insieme l’equilibrio di cui abbiamo bisogno.

Maria Pia rossignaud

Cultura della difesaSoldato tipo del terzo millennio

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

Dialogano tra loro, si scambiano informazioni, ci aiutano nel monitoraggio di dati e nel controllo di prestazioni. Saranno, in un futuro più vicino di quello che si possa pensare, lo strumento per rendere efficienti al massimo le nostre città ed assisterci nella vita quotidiana. L’era del Machine to Machine è appena cominciata ma le “tecnologie intelligenti”, oggetti progettati per funzionare autonomamente limitando al minimo l’interazione con l’uomo, sono già un banco di prova im-portante. Un universo ancora tutto da scoprire ma che, già oggi, pone degli interrogativi cruciali viste le dimensioni che sta assumendo il fenomeno. In questo senso uno dei ruoli più attivi è quello che sta interpretando l’Autorità Garante per le Comunicazioni che, grazie all’attività delle sue diverse anime interne, cerca di stimolare riflessioni e interventi normativi.

Presidente, dopo due anni di lavoro avete appena diffuso i risultati della prima indagine conoscitiva sul M2M. Che informazioni ci consegna?

Comincerei fornendo qualche cifra. Ad oggi sono circa 225 milioni le connessioni M2M attive nel mondo; di queste oltre 61 milioni in Europa (il 27% del totale) con un trend di crescita che supera il 20% annuo. In testa, per ora, ci sono i mercati asiatici, trainati dalla Cina; mentre l’America è in linea col nostro continente. Ma le stime ci dicono che, già nel

2017, si dovrebbe raggiungere il mezzo miliardo di dispositivi “parlanti”. E anche in Italia il fenomeno è in crescita.

Nello specifico, quali sono i settori di maggior sviluppo di queste tecnologie?Possono essere molteplici; alcuni “settori verticali” sono già sotto gli occhi di tut-

ti: le connected cars, automobili che utilizzano la connessione per le dotazioni di sicurezza (come le chiamate d’emergenza) o per attivare i servizi di infotainment; lo smart metering, che permette di misurare e monitorare in tempo reale i consumi di luce e gas; lo smart grid, che ci aiuta a gestire la rete di distribuzione elettrica in maniera efficiente e razionale; le smart cities, con l’applicazione delle varie tecnologie alle infrastrutture e ai servizi per migliorare le nostre città; non ultima la domotica, che ci consente di gestire a distanza i dispositivi di uso quotidiano (dalle luci agli elettrodomestici).

Come e in che proporzione si stanno diffondendo nel nostro paese?Sul territorio italiano, all’inizio del 2014, si contavano oltre 6 milioni di dispositivi

M2M collegati attraverso SIM. Ora abbiamo circa 8 milioni di dispositivi connessi. Il 31% utilizzate dal settore automobilistico, dalle cosiddette smart cars (che presto, però, copriranno da sole la metà del mercato). Seguono a ruota l’utility, il metering e l’asset management così come lo smart home & building (che si dividono una quota pari al 21%). In termini assoluti siamo tra i più attivi in Europa, sui livelli di Francia e Gran Bretagna. Anche se, “normalizzando” i dati e comparandoli col totale

225 milioni le connessioni M2M attive nel mondo

Presidente agcoM. direttore

international Management

school san P iet roburgo

(1989-2004). consulente

undP, membro comitato

esperti Politica economica

ufficio Primo Ministro italiano

(1989 - 1991). consigliere

speciale del chief competition

Economist presso la direzione

generale della concorrenza

della commissione Europea

(2004-2005).

angElO maRcEllO caRDanI

angElO maRcEllO caRDanI i PReS idente agCOM

15n . 3 0 7 | g i u g n o / l u g l i o 2 0 1 5 |

Speciale machine to machine

delle connessioni mobili presenti, i paesi at-tualmente leader del M2M sono concentrati nel Nord del continente (Svezia, Norvegia e Finlandia su tutte).

Ma il M2M può davvero trasformare l’intero sistema economico?

I servizi Machine to Machine stanno modificando i rapporti tra operatori delle telecomunicazioni e consumatori, cam-biando la tradizionale catena del valore: da “lineare”, basata sulla semplice gestione della rete, a “circolare”, fondata sulla gestio-ne di una piattaforma. Dal tipico modello Business-to-Consumer (B2C), in cui c’è una relazione diretta tra fornitore e utente, si sta andando verso modelli Business-to-Business-to-Consumer (B2B2C), in cui l’operatore è “mascherato” dal fornitore del servizio che ha il rapporto commerciale col consumatore. Ad esempio, chi compra un’automobile potrebbe ignorare il fatto che all’interno è presente la SIM di un opera-tore che fornisce i servizi multimediali o d’emergenza.

Quali altri cambiamenti intravede all’orizzonte?Ci saranno sicuramente riflessi sul modello classico di connettività, con il superamento

della dimensione nazionale e la sua proiezione su scala globale. I servizi M2M, per loro natura, sono legati alla rete mobile, alla gestione da remoto; ciò presume la creazione di offerte di connettività che non si limitino ai confini interni ma che permettano di connettersi ovun-que nel mondo. Gli operatori dei singoli paesi sono già corsi ai ripari costituendo alleanze che però, come rovescio della medaglia, hanno condotto il settore verso ecosistemi chiusi che includono pochi grandi operatori e tagliano fuori i pesci piccoli. Con possibili rischi per la concorrenza, creando difficoltà d’entrata nel mercato M2M per gli operatori meno strutturati (come la maggior parte di quelli italiani), ma anche per gli stessi consumatori, che si troverebbero “obbligati” a scegliere tra offerte limitate. Ma questa è solo una delle tante questioni sul tavolo...

A cosa si riferisce?Mi riferisco, ad esempio, alla questione del roaming internazionale: in alcuni casi il

permanent roaming (la presenza in Italia di dispositivi con numero mobile estero) viene impiegato per avere una migliore copertura, sfruttando le stazioni radio di tutti gli opera-tori nazionali e per beneficiare di prezzi massimi wholesale (previsti dal Regolamento UE sul roaming, che però è stato studiato nell’ottica di un uso temporaneo e non costante dei dispositivi in paesi esteri); secondo me andrebbe cambiato l’approccio, individuando soluzioni alternative che riducano l’incidenza di comportamenti opportunistici. C’è, poi, il

225 milioni le connessioni M2M attive nel mondo

Source: Ovum.

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

problema del regime autorizzatorio: l’attuale “Codice” è difficilmente applicabile al settore M2M visto che i nuovi soggetti gestori delle piattaforme (secondo il modello B2B2C) non sono necessariamente operatori tlc. Ci sono in ballo anche conseguenze per la sicurezza e la privacy, perché i clienti di un servizio M2M sono spesso ignari del fatto che i propri dati personali sono nelle mani di soggetti terzi (ulteriore derivazione del B2B2C). Ci sono risposte da dare sulla portabilità del numero (ad oggi normata solo per il mercato nazio-nale mentre, come visto, molto spesso il M2M sfrutta operatori esteri) e sulla politica di assegnazione dello spettro radio (per assicurare la sostenibilità economica di un sistema a bassa redditività come questo).

L’AGCOM come sta intervenendo per rispondere a tutti questi interrogativi?A livello comunitario, coordinando i gruppi di lavoro BEREC (organismo UE creato nel

2013 per occuparsi proprio di comunicazioni elettroniche) e CEPT (la Conferenza europea delle amministrazioni postali e delle tlc che, tra le altre cose, affronta tematiche relative alla numerazione dei servizi M2M).

In ambito nazionale, oltre a quantificare il fenomeno attraverso la nostra indagine conosci-tiva, vigilando sul mercato ed esaminando con tutti i soggetti interessati le sfide di domani: i fattori abilitanti, le previsioni di sviluppo, le possibili barriere normativo-regolamentari alla sua evoluzione.

Con quali esiti? Quali sono le soluzioni più urgenti messe a punto?Nel corso degli incontri svolti durante l’indagine conoscitiva è emersa la necessità di creare

occasioni di confronto costruttivo tra i soggetti, pubblici e privati, che operano nei settori verticali e gli operatori specializzati nelle comunicazioni elettroniche tradizionali. L’AGCOM, a tal proposito, ha deciso di dar vita a un Comitato permanente sul M2M per assicurare una visione d’insieme e un maggior coordinamento. L’auspicio è che, adottando degli accordi bilaterali con le altre Authority e gli Enti coinvolti, si riescano a dare le giuste risposte istitu-zionali per ancorare il Machine to Machine a fondamenta solide.

MarcEllo gElardini

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Speciale machine to machine

La visione istituzionale sul cambiamento rispetto a settori economicamente sensibili sia dal punto di vista dell’industria sia dell’utente: sistemi “da mac-china a macchina” rivoluzioneranno il mercato dell’energia?

La predisposizione di reti elettriche sempre più attive, pronte ad integrare la crescente produzione delle fonti rinnovabili è un fattore determinante per progredire verso un nuovo sistema energetico più efficiente, sicuro ed affidabile. Attingendo alle aree tecnologiche dell’elettronica, dell’informatica e delle teleco-municazioni, vengono introdotti nuovi dispositivi per monitorare e controllare la rete, e per analizzare i dati e regolare i flussi di energia in tempo reale.

È, infatti, necessario riuscire ad ottimizzare al massimo il potenziale derivante dalla modulazione dei carichi, incentivando la capacità di risposta della domanda ai segnali di prezzo e rimuovere gli ostacoli normativi. L’Autorità per l’energia italiana e il Ministero dello Sviluppo Economico hanno da tempo posto l’atten-zione allo sviluppo e all’applicazione diffusa di tecnologie innovative a supporto della gestione attiva delle reti di distribuzione, anche attraverso l’incentivazione e la promozione di progetti pilota e sperimentali. L’Autorità ha selezionato alcuni progetti pilota sulle reti di distribuzione con l’obiettivo di favorire una gestione della rete più flessibile e adeguata alle esigenze di implementazione delle fonti rinnovabili. Il Ministero, attraverso il Fondo per la Ricerca di Sistema elettrico (a valere sulla componente tariffaria A5) e il Programma Operativo Interregionale (POI) Energia, ha avviato una serie di progetti di R&S e dimostrativi su reti reali. Dai risultati acquisiti emerge una significativa importanza per quanto attiene i servizi di comunicazione “M2M” necessari per il funzionamento delle smart grid.

Quali gli interventi istituzionali sugli investimenti rispetto alle concrete pro-spettive di sviluppo e miglioramento dei servizi grazie alla nuova tecnologia dell’Internet of Everything?

Il punto di partenza possono essere proprio le funzionalità innovative spe-rimentate nell’ambito dei progetti pilota di smart grid. A tale scopo l’Autorità per l’energia ha considerato le diverse funzionalità dei cosiddetti Smart Distri-bution System, con riferimento alla classificazione per le applicazioni per i servizi di comunicazione M2M e le ha proposte nell’ambito dell’indagine conoscitiva promossa da AGCOM con la delibera n. 708/13/CONS. Le funzionalità sono analizzate con lo scopo di identificare i possibili benefici delle stesse e l’esistenza di livelli crescenti di innovazione utilizzabili per strutturare un approccio graduale al roll-out in modo da minimizzare i costi. I futuri orientamenti dovrebbero

Energia e tecnologia innovativaRisparmio, controllo, efficienzaInTERVISTa a maRcEllO caPRa diRez iOne geneRale PeR il MeRCatO elettR iCO, le R innOvabil i e l’eFF iC ienza eneRget iCa - MiSe

nel 2002 viene nominato dal

Ministro dello sviluppo Economico

Membro della segreteria tecnica

del dipartimento per l’Energia,

con i seguenti incarichi: delegato

italiano del Working Party on Fossil

Fuels dell’agenzia internazionale

d e l l ’ E n e r g i a e d a l 2 0 0 3 è

delegato italiano dell’accordo

di cooperazione internazionale

carbon sequestration leadership

Forum; delegato del governo

italiano nella European Technology

Platform on Zero Emission Power

Plants presso la commissione

Europea (dal 2005); consigliere di

amministrazione della società rsE

s.p.a. - gruppo gsE (2007-2011);

delegato nazionale del Programma

comunitario intelligent Energy for

Europe (iEE); delegato italiano

per conto del MisE dello steering

group per lo Strategic Energy

Technology Plan (sET-Plan) della

commissione europea. nel 2012

è nominato membro MisE del

gruppo di lavoro smart cit ies

dell’agenda digitale italiana.

maRcEllO caPRa

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

essere finalizzati all’identificazione degli output delle funzionalità prescelte, alla valorizzazione degli stessi, alla gradualità di implementazione secondo priorità selettive.

Le istituzioni UE stanno accompagnando questo cambiamento epocale?Le istituzioni comunitarie fin dal lancio della strategia Europa 2020 hanno posto l’accento

sullo sviluppo dell’intera filiera smart, con particolare enfasi sullo sviluppo degli smart meter, che assumono un ruolo chiave grazie alla capacità di misurazione dell’energia consumata, ed eventualmente generata localmente, permettendo allo stesso tempo una comunicazione bidi-rezionale tra i singoli punti di consumo e i centri di controllo dei fornitori. Da un punto di vista normativo, gli smart meter sono presenti nel c.d. “Terzo pacchetto Energia”. Le direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, infatti, impongono agli Stati membri di assicurare l’attuazione di sistemi di misurazione intelligenti, che favoriscano la partecipazione attiva dei consumatori nei mercati della fornitura di energia elettrica e di gas.

Quali le politiche in atto e quali gli obiettivi per il futuro? Tale percorso ha raggiungo, a livello europeo, il suo apice nel 2012 con l’emanazione

della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica. Ne è conseguito un piano strategico europeo di sostenibilità energetica le cui fondamenta poggiano, principalmente, su obiettivi di lungo e medio termine incentrati sulla sicurezza degli approvvigionamenti, la riduzione dei costi dell’energia, la promozione di filiere tecnologiche innovative e la tutela dell’ambiente.

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Speciale machine to machine

Grazie alla possibilità di interfaccia con le tecnologie informatiche e di comunicazione, i sistemi smart consentono di intervenire sugli impianti regolando lo scambio sia di energia sia di informazioni sul funziona-mento degli impianti. I piani di roll-out europeo prevedono che almeno l’80% dei consumatori elettrici sia coinvolto entro il 2020. La Roadmap integrata al 2020 dello Strategic Energy Technology (SET) Plan e più recentemente la Comunicazione per la Energy Union pongono tra le priorità nel nuovo approccio comunitario alla ricerca e innovazione la partecipazione dei consumatori alla transizione energetica attraverso lo sviluppo della filiera smart.

Grazie a M2M raggiungeremo l’efficienza energetica ed eviteremo sprechi?Lo smart metering rappresenta l’ambito tecnologico attraverso il qua-

le sviluppare nuove logiche di servizio che permettano, da un lato, di ridurre i costi di gestione e, dall’altro, portare i vantaggi in termini di efficienza energetica. Inoltre, attraverso lo sviluppo degli smart meter, soprattutto con riferimento agli apparecchi di ultima generazione, si potrà quantificare il flusso di gestione e distribuzione di energia, passo fondamentale verso la partecipazione della domanda agli obiettivi di efficienza energetica. Ruolo fondamentale in tal senso lo avranno le nuo-ve tecnologie M2M sempre più intelligenti che non avranno solo una funzione abilitante per i nuovi consumatori-produttori ma anche nella possibilità di interfacciarsi al meglio con i fornitori migliorando il processo di coinvolgimento dei consumatori e la loro capacità di scelta. I nuovi apparati, oltre ad avere requisiti sempre più innovativi (a cominciare dall’interoperabilità), saranno chiamati a offrire una lunga serie di servizi, o a fornirne i presupposti basilari, non solo energetici (ad esempio sulla sicurezza e protezione degli edifici o su internet e le telecomunicazioni).

Gli ostacoli sono normativi, pratici, economici?Le principali criticità legate allo sviluppo delle reti intelligenti sono rappresentate dagli

aspetti della comunicazione e degli standard, che devono essere aperti e non basati su protocolli proprietari in modo da poter implementare un sistema aperto alle innovazioni tecnologiche. In questa prospettiva la trasformazione della smart grid in un’applicazione basata sull’utilizzo di Internet appare la migliore opzione. In Italia, il Governo con l’art.9 del d.lgs 102/2014, di recepimento della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, (“Misurazione e fatturazione dei consumi energetici”), ha voluto dare un forte segnale nella direzione della diffusione degli smart meter di nuova generazione, grazie alle cui funzionalità potranno svilupparsi servizi innovativi a crescente valore aggiunto di cui potranno beneficiare i consumatori finali. L’im-plementazione generalizzata dei sistemi di smart metering necessita di consistenti investimenti (dell’ordine di alcuni miliardi in Italia), i cui benefici attesi variano in funzione del tempo e in relazione ai diversi stakeholder considerati. Tutto ciò richiede che ogni singolo piano di roll-out debba essere basato su una corretta analisi costi-benefici ex ante, nonché sul monitoraggio nelle diverse fasi di installazione. Inoltre, occorre concentrarsi non solo sull’evoluzione dell’hardware ma anche sulle modalità che possano permettere al consumatore di fruire effettivamente delle informazioni sui profili di consumo.

M.g.

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

NeL 2025, secondo una ricerca del Pew Research Center, l’Intelligenza Artificiale ed i robot saranno integrati in quasi tutti gli aspetti della nostra vita quoti-

diana, nei complessi processi del manifatturiero e nelle attività, anche le più banali. Marc Prensky, famoso per il libro Mamma non rompere, sto imparando! ed attualmente direttore della fondazione Global Future Education afferma che la penetrazione di robot e AI arri-verà addirittura al 100%, paragonabile a quella di cellulari e smartphone ai nostri giorni. David Clark (MIT Laboratorio di Intelligenza Artificiale e Computer Science) afferma che la condivisione delle informazioni tramite Internet tra device sarà così profondamente radicata nella vita quotidiana delle persone che diventerà invisibile, sarà naturale come l’elettricità, e l’AI sarà parte integrante della nostra vita.

Ecco perché la conoscenza diffusa dell’ambiente con le sue peculiarità diviene priori-taria ed è necessario concentrarsi sugli aspetti culturali prima che su quelli tecnologici.

La digitalizzazione porterà all’automatizzazione di tanti processi in moltissimi ambiti della società, i prodotti fisici del lavoro, anche frutto dell’interazione con altre persone, saranno tra pochi anni risultati di un processo virtuale, dialogando con un computer o con un terminale anche non fisico.

A livello internazionale si parla di una percentuale fra il 40 ed il 60% di lavori automatiz-zabili. Entro i prossimi 20 anni ci sarà un’ampia fascia di lavoratori che subirà la concorrenza di software e robot. Solo ieri, ha raccontato Andrea Gumina (MISE) a Media Duemila, si pensava che il lavoro del taxista non potesse essere toccato dalla tecnologia. Oggi le macchi-ne senza autista di Google evidenziano il contrario, e sono già realtà.

Digitalizzare non è solo questione di tecnologial’OPInIOnE DI PaOlO cOPPOla

Harvard Business Review: tra dieci anni i robot vanteranno prestazioni cognitive superiori al 90% della popolazione USA, e potranno avanzare una pretesa legitti-ma su circa 50 milioni di posti di lavoro oggi affidati a persone meno prometten-ti dei loro futuri supplenti al silicio.

Università di Oxford: oltre il 47% dei posti di lavoro attuali potrebbe essere rim-piazzata da dispositivi automatici nei prossimi due decenni.

Boston Consulting Group: le fabbriche di automobili sono oggi il settore che ricorre in modo più aggressivo all’automazione. Si calcola che circa il 40% del lavoro di produzione sia già affidato ai robot, e che il loro costo orario di lavoro si aggiri intorno agli 8 dollari (destinato a scendere del 22% nei prossimi dieci anni), contro i 25 degli operai umani.

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Speciale machine to machine

L’impatto della tecnologia sulla vita delle persone sarà sempre più dirompente. Per que-sto bisogna avviare una rivoluzione sociale. In Italia ci sono ancora 24 milioni di persone che non hanno mai avuto accesso ad Internet; un numero che diminuisce di solo 800 mila unità l’anno e che non dipende da fattori anagrafici, basti pensare ad esempio che secondo le statistiche della Digital Agenda Scoreboard in Norvegia tra gli ultrasessantenni c’è un tasso altissimo d’informatizzazione (il 69% delle “persone svantaggiate” - over 55, disoccupati o in pensione - in Norvegia hanno un livello base o superiore di competenze tecnologiche, 26% in Italia, 36% media UE). È il segno che il nostro paese non è ancora pronto ad accogliere il futuro. La sfida digitale, però, può essere vinta solo sistemicamente; bisogna trovare dei moltiplicatori di cultura digitale, inne-scare dei meccanismi che facciano venire la voglia di usare Internet. In questo senso, i sistemi messi in atto dalla pubblica amministrazione devono essere in prima linea. Il rapporto con la PA è l’avanguardia dei rapporti tra cittadini e nuove tecnologie perché noi tutti, prima o poi, dobbiamo dialogare con il settore pubblico. Iniziative come la banda ultralarga (che vorrebbe portare i 100 mega di rete all’85% della popolazione, ben al di sopra degli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea), l’identità digitale, l’anagrafe nazionale unica, la fatturazione elettronica, il progetto Italia Login sono solo i primi passi. Nonostante l’Italia abbia, infatti, il 100% dei servizi di e-government solo il 23% dei cittadini li usa (la Danimarca, ad es., ha il 96% dei servizi e l’86% di utilizzo). Evidentemente quanto fatto finora non basta, e non c’è tempo per sprecare altre opportunità.

I settori in cui l’automatizzazione, la sensoristica, i Big Data diventeranno cruciali nei prossimi anni sono tra i più strategici: il lavoro, l’istruzione, la salute. Dobbiamo preparare le persone ad un’economia dell’abbondanza, dove la conoscenza e le competenze da sviluppare siano l’elemento determinante per il successo di una società e di un paese.

paolo coppola Presidente tavolo Permanente per l’innovazione

Presidente Tavolo Perma-

nente per l'innovazione e

l'agenda digitale italiana

presso Presidenza del con-

siglio dei Ministri. È profes-

sore associato di informa-

tica all'università di udine.

dal 5 marzo 2013, deputa-

to Pd nella circoscrizione

Friuli Venezia giulia. È stato

assessore all'innovazione e

egovernment del comune

di udine.

PaOlO cOPPOla

22 | n . 3 0 7 | g i u g n o / l u g l i o 2 0 1 5

Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

IL 9 maggIo 2013 il presidente degli Stati Uniti Barack Obama firmava un nuovo or-dine esecutivo che obbligava tutte le agenzie governative ad adottare dati in formato

aperto compatibili anche con le future infrastrutture informatiche che verranno adottate negli USA. Nelle parole del dispositivo si legge che:

“I nuovi dati del governo saranno messi gratuitamente a disposizione in formati aperti, ed interoperabili, mantenendo la tutela della privacy, la riservatezza e la sicurezza. Que-sto requisito aiuterà il governo federale a raggiungere l’obiettivo di rendere facilmente disponibile una grande quantità di dati precedentemente inaccessibile o ingestibile, per imprenditori, innovatori, ricercatori, e altri che possano utilizzare tali dati per generare nuovi prodotti e servizi, costruire imprese e creare posti di lavoro”.

Il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), stabilisce che tra i compiti dell’A-genzia per l’Italia Digitale vi siano quelli di promuovere le politiche di valorizzazione del patrimonio informativo pubblico nazionale. Lo stesso codice stabilisce come le attività volte a garantire l’accesso telematico e il riutilizzo dei dati delle pubbliche amministrazioni rientrino tra i parametri di valutazione della performance dirigenziale.

Per la PA la gestione e la diffusione dei dati pubblici è dunque un compito di primaria importanza da svolgere secondo “linee guida nazionali” aggiornate annualmente dall’A-

genzia per l’Italia Digitale, secondo un processo omogeneo, efficiente ed efficace.Da un punto di vista normativo è inoltre necessario sottolineare come il DL n.32

del 27 gennaio 2010, in attuazione della direttiva 2007/2/CE, imponga alle autorità pubbliche di rendere disponibili i set di dati territoriali secondo standard adottati a livello comunitario, adeguando i set di dati esistenti. Inoltre il DL n.90 del 24 giugno 2014, sui servizi in rete e basi di dati delle pubbliche amministrazioni, prevede un termine per l’attuazione delle norme stabilite dal CAD e le relative eventuali sanzioni.

La difficoltà per la PA nell’attuazione pratica di tali norme è evidente ed è in-dispensabile lavorare anche alla formazione dei soggetti attuatori.

Le pubbliche amministrazioni faticano di fronte alla mancanza di risorse e di conoscenze necessarie per gestire il patrimonio digitale. Manca la cultura necessaria e il livello istituzionale locale appare spesso non adeguato.

Esistono inoltre diversi casi di sovrapposizione normativa tra legislatore nazio-nale e regionale che generano ulteriore confusione confondendo spazi, funzioni e ruoli.

È una sfida anche tecnologica, la nuova frontiera sarà infatti quella di produrre metadati in continuo, anche in forma automatica. Dobbiamo arrivare a cataloga-re il dato in modo che non sia in capo al singolo Comune l’obbligo di produrre l’open data. Perché il comune può, senza costo, produrre un dato standard in maniera semplice, ma non ha le competenze per farlo e vive questi aspetti come adempimenti aggiuntivi.

Il passo fondamentale deve essere quello di lavorare per costruire linguaggi comu-ni, che siano condivisi e stabili, per consentire a chi lavora dentro e fuori la pubblica

Open data e sfide per le PA

Par l amen ta re de l Pd e

membro della commissione

ambiente della camera dei

deputati. Ha lavorato come

ricercatore presso il cnr dove

si è occupato di geochimica.

Ha svolto attività politica fin

da ragazzo, dalle proteste

studentesche, al consiglio

comunale di siena circa venti

anni fa, fino agli organismi

dirigenti del Pd provinciale e

come membro dell’assemblea

nazionale dal 2009.

lUIgI DallaI

l ’OPInIOnE DI lUIgI DallaI

23n . 3 0 7 | g i u g n o / l u g l i o 2 0 1 5 |

Speciale machine to machine

amministrazione di avere certezze. È un problema prima di tutto culturale probabilmente inevitabile, che gli amministratori incontrano nel rapportarsi con linguaggio informatico.

Esiste poi il tema del rapporto tra pubblico e privati in questo settore. La PA deve al più presto muoversi verso un modello di gara dove, insieme al vantaggio economico, risulti discriminante la definizione dei parametri oggettivi di valutazione, che non possono essere disgiunti dal tipo di servizio richiesto. Non si possono infatti valutare appalti per servizi di elaborazione e disseminazione dei dati con metodologie che prescindono dall’effettiva fruibi-lità presente e futura del lavoro, e dunque anche dalla possibilità di aggiornamento di questo. È necessario quindi individuare pa-rametri di valutazione oggettive per ogni categoria di appalto; stabilire ad esempio il consolidamento delle esperienze all’interno di una azienda e pertanto anche la qualità dei lavori e dei servizi, può allo stesso tempo garantire servizi efficaci per la PA e favorire aziende che diano stabilità ai propri lavoratori e promuovano la loro crescita dimensionale.

Dunque se tutti noi oggi rico-nosciamo il valore degli open data dobbiamo comprendere come la qualità del dato sia fondamentale; questa qualità dipende in ultima analisi dal lavoro delle ammi-nistrazioni pubbliche. È quindi necessario superare la frammen-tazione riconoscendo al pubblico il ruolo di regolatore e chiedendo maggiori investimenti in formazione a chi lavora su questi temi, creando le professionalità che spesso mancano nella PA. Esistono esperienze positive, ad esempio nelle sinergie tra i Consorzi e le società pubbliche che devono essere valorizzate.

Per superare le barriere culturali rispetto all’utilità dell’open data, possiamo pensare di ribaltare il tema, cercando di sottolineare le potenzialità per la creazione di nuovi modelli di business legati agli open data. Organizzando in dati dal punto di vista dell’utilizzatore anziché del produttore del dato stesso, possiamo trasformare gli amministratori pubblici ad ogni livello in fruitori oltre che depositari del dato. In questo modo possiamo forse suscitare un interesse ed una consapevolezza anche nell’opinione pubblica.

In conclusione esiste la necessità di lavorare da subito sulla formazione dei soggetti titolari del patrimonio informativo; per questo è necessario superare ogni tipo di sovrap-posizione normativa tra livelli territoriali competenti, ricercare soluzioni tecnologiche che consentano anche alle amministrazioni più piccole di produrre dati idonei, ma soprattutto sensibilizzare gli amministratori sull’importanza e l’utilità di gestire i dati in maniera cor-retta per amministrare meglio la propria comunità, rendendo le disposizioni normative e le sanzioni previste davvero efficaci.

luigi dallai Parlamentare Pd Commissione ambiente Camera

Open data e sfide per le PA

24 | n . 3 0 7 | g i u g n o / l u g l i o 2 0 1 5

Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

L’Internet delle cose cambia tuttoElettrodomestici che comunicano tra loro, contatori elettronici che aggiornano

in tempo reale il fabbisogno energetico di casa, auto iperconnesse, che trasmettono e registrano i flussi del traffico, SIM sempre più embedded, presenti in tutti gli oggetti che ci circondano. Per non parlare di nuovi mercati nascenti, come quello dei robot e dei droni o della complessità delle smart city: una nuova realtà a cui dovremo abituarci.

Non sono cose distanti da noi, molti prototipi esistono già. Probabilmente uno dei campi più prolifici di applicazioni sarà quello dello salute. Se negli anni ’50 l’uomo entrava dentro computer che avevano una potenza di calcolo risibile rispetto a quelli odierni, domani è del tutto ipotizzabile che il computer possa entrare nel corpo umano. L’ecosistema M2M comprende numerosi soggetti: a) produttori di dispositivi di comunicazione; b) operatori di rete; c) gestori di piattaforme; d) pro-duttori di contenuti; e) fornitori di servizi.

Tutti insieme concorrono alla comunicazione di decine di oggetti intorno a noi o nella nostra casa, con una popolazione complessiva di milioni e presto miliardi di oggetti connessi tra loro. Dall’indagine AGCOM sono emerse diverse criticità per sviluppo dei servizi M2M. Le infrastrutture oggi utilizzate per fornire i servizi M2M sono inadeguate a soddisfare le esigenze trasmissive.

Inoltre, le soluzioni tecnologiche sono estremamente frammentate e le piattafor-me risultano di natura prevalentemente proprietaria. Questo ci spinge a individuare le forme di incentivazione dello sviluppo di piattaforme standardizzate e interoperabili. Ed è anche in questo quadro, senza qui affrontarlo, che si innesta il dibattito sulla definizione del 5G.

Privacy e identità digitaleLa gestione dell’identità digitale di persone, device e oggetti connessi rappresenta in prospet-

tiva il fattore più critico per lo sviluppo dell’Internet delle cose.Nasce infatti un nuovo concetto, quello di identità degli oggetti, l’Identity of things (IoT).

Avremo un ecosistema in cui identità di diversa natura daranno luogo a livelli differenziati di relazioni: relazioni fra persone, fra persone e oggetti, fra dispositivi, infine fra dispositivi da un lato e applicazioni e servizi dall’altro.

Ciò che serve per lo sviluppo del business legato allo IoT è una modalità standard di gestione dell’identità digitale di diverse entità (persone, servizi e oggetti). I punti di criticità sono evidenti.

I dati sensibili sono al centro di un fiorente mercato (anche “nero”), oggetti di uso quotidia-no, saranno sempre più accumulatori di dati che riguardano le nostre vite. Si tratta spesso di dispositivi vulnerabili, ma soprattutto di cui non abbiamo portata di quanto “valore” produco-

Politiche a prova di futuroCall for action dell’IoTl’OPInIOnE DI SERgIO bOccaDUTRI

L’Internet delle cose avrà sulle nostre

vite e relazioni sociali un impatto

paragonabile a quello che ebbero le varie

fasi della rivoluzione industriale. Come

allora, le questioni che si porranno saranno di

natura inedita su tutti i fronti: dalla regolazione

alla logistica dagli aspetti giuridici a quelli culturali, modificando

le forme stesse dell’organizzazione

sociale.

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Speciale machine to machine

no per molte aziende, tanto che alcuni parlano di economia datocentrica. Tutto ciò rinforzerà ulteriormente il dibattito giuridico e culturale sul concetto di privacy.

Cosa cambia per le aziende?

L’IoT sta diventando il centro nevralgico delle ricerche e degli investimenti in innovazione e cambierà il modo in cui le aziende creano prodotti e customer experience.

Secondo uno studio presentato al World Economic Forum di Davos l’Italia, insieme alla Spagna, alla Russia, all’India e al Brasile, è tra i Paesi che rischia di perdere le importanti op-portunità economiche legate all’Internet delle cose industriale (IoT), che pure potrebbe valere l’1,1% del nostro PIL. In Italia mancano infrastrutture, competenze e basi giuridiche necessarie per l’adozione diffusa delle nuove tecnologie dell’IoT.

Infine dovremo tutti guardare al futuro del lavoro: l’automazione non significa fine della forza lavoro. Negli anni ’50 la durata di un pit-stop in Formula 1 era di 90 secondi con tre, al massimo quattro meccanici impiegati. Oggi dopo quasi settanta anni di tecnologia il pit-stop dura circa 2 secondi, i meccanici sono una ventina.

Eppure oggi a Le Mans o nelle gare di GT, perdonate la digressione sportiva, i pit-stop sono fatti da quattro persone che cambiano le gomme e fanno rifornimento. La risposta sta nei rego-lamenti, a Le Mans soltanto 4 persone possono toccare contemporaneamente la macchina, nella F1 non esiste un limite. Così i team di F1 impiegano un numero tale di persone in modo che ciascuno effettui una sola operazione. L’esempio ci dice almeno due cose, che maggiore tecnologia si traduce spesso in maggiore specializzazione e da qui maggiore impiego di forza lavoro e che la regolazione svolge un ruolo fondamentale. I fattori abilitanti e ruolo della politica

Per cogliere il massimo vantaggio da queste nuove tecnologie, occorre migliorare i “fattori abilitanti”: ossia le competenze umane e le reti a banda larga.

Lo sviluppo della banda ultralarga è un passo fondamentale, ma per essere di supporto all’IoT la rete deve essere diffusa.

Parallelamente, la carenza di competenze digitali deve portarci a rinsaldare le relazioni organiche tra università e centri di ricerca da un lato e mondo della pro-duzione dall’altro. Anche la politica deve fare la sua parte.

Vi sono decisioni di sviluppo industriale che rientrano tra le prerogative del governo e su questo occorre il concorso di tutti gli stakeholders. Non si tratta più, infatti, di una specializzazione settoriale, ma dell’intero sistema delle attività produt-tive e delle transazioni commerciali ed economiche globali. L’Italia ha caratteristiche particolari che le consentirebbero di effettuare un grande balzo in avanti.

È ciò a cui dobbiamo puntare, attraverso un confronto pieno tra decisori politici, autorità regolatorie, imprese e consumatori, che ci porti verso le scelte più ampie e condivise e a un tempo più efficaci e a prova di futuro.

Insomma una vera e propria “call for action” dell’IoT, sapendo che vi saranno anche forze resistenti al cambiamento.

Sergio Boccadutri Coordinatore area innovazione Pd

coordinatore area innovazione

del Pd. già tesoriere di sinistra

Ecologia libertà, precedente-

mente era stato tesoriere di

rifondazione comunista. il 25

febbraio 2013 viene eletto de-

putato con sinistra Ecologia li-

bertà. il 25 giugno 2014 lascia

il gruppo di sEl seguendo la

scissione dell'ex capogruppo

gennaro Migliore per sostene-

re il governo renzi aderendo

direttamente al Pd.

SERgIO bOccaDUTRI

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Il mercato del futuroDa una consultazione svolta Dalla coMMissione europea nel 2013 è emerso chiaramente che l’IoT (Internet of Things) è fra le soluzioni con il più elevato potenziale per migliorare la qualità della vita dei cittadini nella Unione Europea. In tale sistema sensori incorporati negli oggetti fisici più disparati (non solo i tradizionali computer e smartphone) si collegheranno tramite reti wired e wireless, spesso utilizzando lo stesso protocollo IP, ad Internet, comunicando direttamente tra loro e con le persone.

L’IoT è un sistema che incrocia molte delle sfide sulle quali sono focalizzati gli obiettivi tematici della Programmazione Europea 2014-2020 come a) eHealth; b) Intelligent buildings e Smart Home; c) Smart Factories e Negozi Smart; d) Smart metering e Smart grid; e) Smart city, Intelligent Trasport System (ITS) e connected cars.

L'irreversibilità dell’evoluzione tecnologica, la possibilità di sviluppo delle imprese e la mole di nuovi servizi disponibile per i cittadini e per le amministrazioni sottese dalla IoT rappresenta un valore immenso rispetto al quale è necessario porsi, però, con il dovuto livello di attenzione, soprattutto perché un’evoluzione destrutturata del mercato potrebbe comportare rischi di vario genere, come accenneremo meglio nel seguito.

Sebbene pur sempre qualificabili come appartenenti alla tipologia dell’“Internet of Things”, un approfondimento specifico meritano i servizi denominati Machine to Machine (M2M).

Questo tipo di servizi sono caratterizzati da alcune peculiarità quali: 1) lo scambio automatico dei dati tra i dispositivi e/o applicazioni IP based (quasi sempre); 2) nessuno o ridotto intervento umano; 3) il coinvolgimento delle reti mobili e fisse; 4) l’assenza (per ora) di disposizioni giuridicamente vincolanti.

Il mercato dei servizi M2M è previsto essere in forte crescita nei prossimi anni; in particolare la crescita degli apparati M2M, rispetto al mercato totale dei terminali mobili che utilizzano solo connessioni dati, potrà arrivare, su scala mondiale, oltre il 16% nel 2017 con una crescita vicina a 5 volte il livello del 2012 (Vedi figure 1 e 2).

Un indice del fatto che il trend di sviluppo possa essere effettivamente quello so-praindicato è dato dall’andamento misurato dall’Autorità per le Garanzie nelle Comu-nicazioni sul mercato italiano delle SIM per i collegamenti solo dati, che includono le SIM M2M, e per le quali è stato misurato un incremento del 21,9% dal 3° trimestre 2013 al 3° trimestre 2014. Anche se il dato sopra include quello legato agli Operatori mobili virtuali (MVNO), tale componente può essere considerata del tutto residuale rispetto a quella degli Operatori mobili infrastrutturali (MNO), per cui il dato può ritenersi significativo.

Il contesto nel quale tali servizi si stanno sviluppando è, però, di decisa deregolamen-tazione. E se questa può essere un’opportunità da alcuni punti di vista, per i medesimi motivi può essere un rischio ad uno sviluppo che possa favorire l'interoperabilità dei servizi ed, in ultima analisi, lo sviluppo di un mercato competitivo: si consideri a titolo esemplificativo la diffusione di software proprietari sviluppati per le connected cars che diverse case automobilistiche di spicco hanno già implementato nei propri

Servizi di comunicazione M2M

dirigente di seconda fascia

MisE – direzione generale

per i servizi di comunicazione

elettronica, radiodiffusione e

postali. componente osser-

vatorio sicurezza reti e comu-

nicazioni della commissione

consultiva Ministero dell’in-

terno e gruppo di lavoro rea-

lizzazione del numero 116117

su territorio nazionale. Membro

comitato scientifico e redatto-

re rivista sicurezza e giustizia.

DOnaTElla PROTO

l ’OPInIOnE DI DOnaTElla PROTO

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modelli, che inficiano lo sviluppo del mercato, l’ingresso di nuovi player e la libertà di scelta dei consumatori, a svantaggio della competitività dell’intero ecosistema, con un forte rischio di chiusura del mercato soprattutto per gli attori nazionali.

In considerazione di tali rischi e delle prospettive di crescita dei servizi M2M si impone la necessità di pensare ad una politica industriale basata su modelli di governance multistakehol-der, in cui lo stakeholder pubblico può svolgere un ruolo di facilitatore di estremo rilievo per favorire legislazioni – comunque – market based e competitive.

Si avvierebbe un processo virtuoso con grandi potenzialità di sviluppo non solo per le PMI, per gli operatori Tlc (o OTT), per i car makers ed i produttori dell’indotto, ma in genere per il sistema paese, in quanto si avrebbe un aumento della pro-duttività e della competitività nel comparto, miglio-ri servizi per i cittadini, sia in termini di costo che di qualità, accessibilità a servizi avanzati, anche per “soggetti in digital divide”, e maggiore sicurezza, limitandoci a considerare solo il settore automotive.

Le connected cars

L’applicazione delle tecnologie informatiche e della comunicazione ai sistemi di trasporto, alle infrastrutture, ai veicoli ed alla gestione del traffico e della mobilità rappresenta, infatti, uno dei settori di intervento strategico. Se da un lato i numeri indicano che la filiera automotive costituisce uno dei pilastri industriali e di sviluppo del sistema paese con 3.200 imprese au-tomotive attive, 275.000 addetti nella filiera produttiva, pari al 7% degli occupati nel settore manifatturiero, 88 miliardi di euro di fatturato, pari al 5,5% del Pil, 37.080.753 autovetture circolanti (di cui 1.360.501 di nuova immatricolazione), 2 milioni di “scatole nere” installate, pari al 6% del parco assicurato totale, con una previsione di crescita al 2017 fino al 10-15% (per cui si calcolano 5,7Mln di scatole nere in circolazione), non si può non considerare un’in-trinseca contraddizione insita nel settore che genera una serie di esternalità negative in termini di sicurezza, congestione delle strade ed ambiente che impongono l’adozione di un approccio integrato, in cui la tecnologia può essere di grande aiuto, affinché si possa raggiungere l’obiet-tivo di una mobilità sostenibile, considerando che l’Italia è un paese che soffre di un’elevata densità di traffico interno e, non incidentalmente, di un’offerta infrastrutturale che non è in grado di assorbire la domanda.

Il mercato globale delle connected cars varrà 39 miliardi di euro nel 2018, partendo dai 13 miliardi del 2012. Per consentire al mercato delle connected cars di raggiungere il suo pieno potenziale, l'industria automobilistica e gli Operatori mobili devono poter lavorare a stretto contatto per essere in condizione di definire delle architetture scalabili, sicure ed interoperabili, che conservino la flessibilità richiesta dall’innovazione continua, affinché si possa raggiungere quell’obiettivo di mobilità sostenibile che consente di prevenire gli incidenti (il 95% dovuto ad errori umani), migliorare il traffico, la sicurezza stradale e del trasporto, ridurre i consumi e l’impatto ambientale e favorire lo sviluppo economico del paese.

A livello europeo il mercato si è mosso, cercando di anticipare l’esigenza della regolamen-tazione, fondando il Connected Car Forum come piattaforma per la condivisione delle in-formazioni tra il settore automotive e operatori di reti mobili. Sempre dal lato del mercato,

Source: Ovum.

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negli Stati Uniti di recente AT&T ha avviato uno specifico programma per facilitare le sperimentazioni da parte dei costruttori di veicoli: il modello attuato da AT&T ha pre-visto l’aggregazione in una sorta di Campus (il Drive Studio ad Atlanta) dei principali stakeholder privati nel campo della manutenzione e dell’erogazione di contenuti mul-timediali per favorire la sperimentazione da parte dei produttori di veicoli di soluzioni avanzate nel settore delle connected cars.

Ma anche il regolatore ha un suo ruolo: basti pensare quanto fatto dalla Commissione Europea in tema di ecall su cui ci soffermeremo più avanti. L’intersezione della logica sottostante il modello delle connected cars con le possibilità offerte dall’implementazione dei sistemi IoT e M2M offre concrete possibilità di successo, ma è necessario “abilitare il mercato” dal punto di vista della standardizzazione e delle regole, prima, e della produzione di moduli e servizi, poi.

To do listSe gli obiettivi sono chiari, va osservato che alcuni specifici punti ed alcuni interventi

sono ancora da chiarire e definire affinché il mercato dei servizi M2M si ampli e si sviluppi in termini competitivi. Tra questi i più rilevanti sono: individuare dei modelli di governance multistakeholder; incentivare processi di standardizzazione ed interoperabilità sia tecnica che concettuale per evitare le criticità delle soluzioni proprietarie; analizzare e risolvere alcuni aspetti regolamentari legati a temi quali: Tutela della privacy (o rectius dell’identità personale), accesso alle informazioni sempre più

strategiche per modelli di business real time e definizione delle responsabilità, evitando qualsiasi atteggiamento tecnofobo.

Sicurezza (da intendersi anche come affidabilità) delle comunicazioni, in modo da evitare danneggiamenti, manipolazioni o distruzioni, anche all’insaputa del titolare del dato.

Sicurezza dei prodotti o dispositivi, tale per cui si garantisca la sicurezza delle persone at-traverso una concreta applicazione dei paradigmi e delle strategie basate sul c.d. approccio di privacy and data protection by design, ma anche nazionale, ripensando in tale ottica la strategia nazionale per la cybersecurity.

Profili assicurativi e definizione delle responsabilità delle autonomous cars. Possibile utilizzo di archi di numerazione esistenti o di nuovi archi specificatamente per

tali servizi, anche per soggetti non autorizzati come operatori di comunicazione o al di fuori del territorio nazionale.

Possibile individuazione di risorse spettrali dedicate.

Ulteriori aspetti per il settore delle comunicazioni sono legati alla gestione degli aspetti di roaming internazionale, alle modalità/obblighi di fornitura delle informazioni sulla lo-calizzazione del device, all’utilizzabilità di SIM embedded o sostituibili dall’utente per la portabilità dei device, al passaggio al protocollo IPv6.

Il ruolo prioritario dell’eCall per la sicurezza del trasportoQuesti aspetti, che costituiscono quasi precondizioni insieme ad una capillare rete a banda ultralarga, diventano particolarmente rilevanti nel caso specifico dell’eCall che pur essendo un caso particolare tra i servizi M2M in quanto non si basa su protocollo IP, riveste un partico-lare significato sia per le sue correlazioni con i modelli operativi di gestione delle chiamate di emergenza, sia per la gestione – specificamente normata in Italia – dell’invio delle informazioni di localizzazione del chiamante.

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“eCall è l’esempio perfetto di un progetto sviluppato dalla Ue per salvare vite umane. Adesso la legge permetterà di fornire vantaggi reali grazie alle tecnologie digitali”, ha detto Günther H. Oettinger, Commissario Ue all’Economia Digitale, a seguito della decisione del 28 aprile 2015 del Parlamento Europeo di rendere obbligatorio l’eCall dal 2018.

In caso di grave incidente una chiamata eCall viene avviata automaticamente (o manualmente) dal dispositivo veicolare. Il dispositivo crea una connessione vocale ed invia automaticamente un messaggio dati (MSD) relativi all’incidente. La chiamata, identificata come ecall dalla rete mobile, viene istradata al PSAP (Public Sa-fety Answering Point) che decodifica l’MSD ricevuto ed avvia la gestione dell’inciden-te, inoltrando i dati ad una sala operativa o ad un altro Psap. L’MSD include: a) orario dell’incidente; b) localizzazione del veicolo; c) direzione di marcia. L’eCall sarà obbligatorio dal marzo 2018 per tutte le auto di nuova immatricolazione, ma l’Italia con la partecipa-zione al progetto HeERO , avviato nel 2010 e concluso nel 2013, ha già “testato” il servizio, abilitando alla ricezione delle chiamate eCall il PASP di Varese, abilitato la rete telefonica fissa e mobile, definendo un codice di istradamento delle chiamate (normativa tecnica di interconnessione nazionale ST763-3) per veicolare le infor-mazioni della chiamata di emergenza e l’OP_ID di origine per la localizzazione della chiamata.

A fine 2014 si è ritenuto utile estendere l’ipotesi progettuale partecipando anche al progetto europeo HeERO . L’obiettivo è estendere l’ecall system ai mezzi pesanti ed alle due ruote, in-terconnettere due PSAP con l’allargamento del bacino geografico abilitato alle chiamate ecall, definire dei protocolli di interazione tecnologica ed organizzativa tra due o più PSAP e con i Telematic Service Provider per servizi aggiuntivi e opzionali, oltre a valutare l’interazione con le infrastrutture di comunicazione V2V e V2I, sistemi cooperativi già presenti sull’A22 (l’autostrada del Brennero dove avrà luogo il test) ed utilizzati non solo per la sicurezza preventiva sulle strade e l’efficienza del traffico, ma anche per valutare lo stato di occupazione e la sicurezza dei parcheggi.

Da un veicolo meramente connesso ci si proietta verso un veicolo cooperativo, in cui l’automobile diventa sensore e fonte di informazioni di traffico e di sicurezza operante su una piattaforma telematica “aperta ed integrata”, nello spirito della direttiva UE ITS (Direttiva 2014/40/CE del 6.7.2010) per un paese più veloce, più informato, più sicuro, più smart.

La sfida

A fronte degli indubbi benefici che potranno essere portati dall’introduzione di tali sistemi ed applicazioni è prevedibile che le innovazioni conseguenti a tale introduzione potranno determi-nare mutazioni significative dei modelli di business, di mercato, delle politiche sociali tradizionali e, quindi, che tutte queste modifiche possano avere implicazioni etiche e giuridiche inesplorate.

Da qui l’esigenza di essere preparati non solo sul piano degli standard tecnici applicabili, ma soprattutto sul piano normativo/regolamentare in un quadro sinergico che consenta di affrontare adeguatamente le sfide che lo sviluppo dei servizi IoT ci impone ed in cui il ruolo dell’Amministrazione è focale.

donaTElla ProTo dirigente comunicazione elettronica MiSe

Figures in legend

refer to device/

connection share

in 2017. Source

Cisco vni Mobile

Forecast, 2013.

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Dopo un percorso durato due anni la normativa sull’eCall è legge. Da pochi giorni è infatti operativo in tutti gli Stati membri dell’Unione Europea il Regolamento che impone alle aziende automobilistiche d’installare su autovetture e veicoli commerciali leggeri, entro il 31 marzo 2018, dispositivi per le chiamate d’emergenza automatiche in caso d’incidente. In questo biennio, però, i paesi membri non sono stati con le mani in mano ma hanno effettuato dei test per capire come potrebbe funzionare la rete dei soccorsi. L’ingegner Marco Marrazza ha guidato la sperimentazione in Italia con HeEro, il progetto pilota sull’eCall.

Questa normativa ha avuto un lungo iter. Per quali ragioni?All’inizio c’erano dei dubbi, soprattutto da parte degli operatori di telefonia, perché non si conosceva la reale fattibilità del progetto. L’industria dell’auto, da parte sua, pur essendo pronta prima di procedere voleva essere certa che si arrivasse tutti insieme ad un accordo sui tempi. Ma le difficoltà sono derivate anche dal lato pubblico, sui problemi legati alla gestione della macchina dei soccorsi, al collegamento con l’infrastruttura stradale. Per questo il Regolamento, a mio avviso, è solo un primo passo, lo scoglio principale da superare; ora si tratta di allargarne l’applicabilità il più possibile.

In questo quadro, come è nato il progetto HeERO?Non appena la Commissione ha iniziato a parlare di eCall europeo, parallelamente si è deciso di dare vita in un campione di paesi membri a progetti pilota, di durata triennale, per testare sul campo il suo funzionamento; il cosiddetto HeERO1. È seguita una seconda fase che ha coinvolto gli Stati rimasti fuori in un primo tempo, chiamata HeERO2. Mentre a settembre avvieremo un nuovo capitolo di sperimen-tazione: e-HeERO.

In Italia quali risultati ha dato?Innanzitutto ci ha rassicurato sull’effettiva messa in pratica del sistema di chiamata automatica d’emergenza. Ha facilitato l’approccio alla questione e ha dimostrato che gli standard tecnologici attuali permettono già l’implementazione in direzione dell’e-Call. Ma soprattutto ha permesso di mettere in piedi una catena operativa, pronta per essere riproposta su larga scala, su tutto il territorio nazionale.

Come si è svolto concretamente? Chi ha partecipato?Ci siamo confrontati e abbiamo optato per un approccio sperimentale, su strada, laddove alcuni paesi si sono invece limitati a studiare il fenomeno “al chiuso”. Come territorio/laboratorio di riferimento abbiamo scelto la provincia di Varese. Oltre al Governo italiano, come partner istituzionali sono entrati nella missione l’Automobile Club Italia (ACI) e l’Azienda regionale emergenza urgenza della Lombardia (AREU);

Con eCall l’automobile chiama i soccorsi

ingegnere elettronico Presiden-

za del consiglio dei Ministri. dal

2009 segue l’introduzione del

sistema ecall paneuropeo e

dal 2011 al 2013 ha coordina-

to il team italiano del progetto

HeEro1, primo programma

pilota su scala europea per

l’attuazione del sistema ecall.

analista esperto per le politiche

di innovazione presso il diparti-

mento della Funzione Pubblica.

Fa parte del team ogP italia.

maRcO maRRazza

InTERVISTa a maRcO maRRazza i ingegneRe – PReS idenza del COnSigl iO de i M in iStR i

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Speciale machine to machine

per il settore automotive c’erano Fiat e Magneti Marelli; sul fronte degli operatori Telecom e Tim.

Ma come funziona l’eCall?Fondamentalmente si attiva solo in caso di in-cidenti di una certa entità. Ad esempio quando scoppia l’airbag; ma la parte progettuale e della sensoristica è demandata interamente ai costrutto-ri, avendo loro maggior know-how a disposizione. Ad ogni modo, quando scatta l’allarme, la macchi-na attiva autonomamente l’eCall e lancia una chia-mata al 112; un servizio che quindi funziona in tutta Europa visto che si tratta del numero unico d’emergenza. Una volta stabilita la comunicazione, nei primi secondi (circa 10-15) la scatola installata sull’auto invia i dati per geolocalizzare in maniera precisa (e non approssimativa, come nel caso di chiamata fisica) il luogo dell’incidente, dopodiché si apre il contatto vocale per tentare d’interagire con gli occupanti l’abitacolo e verificare le condizioni di salute dei passeggeri.

Quali sono i vantaggi di un sistema del genere? Operando da remoto si può imbastire un piano d’intervento prima ancora di arrivare sul luogo, coinvolgendo le forze disponibili in zona a seconda della gravità. Inoltre si potrà evitare buona parte di quegli incidenti solitari che, a causa di soccorsi tardivi, diventano mortali, come quelli causati da malore; con l’eCall si conoscerebbero in tempo reale, salvando parecchie vite. In più, è un sistema che ha ricadute positive anche aldilà di quello legato alla sicurezza personale.

A cosa si riferisce?Per la prima volta i costruttori sono obbligati a produrre macchine che, per essere omologate, devono montare un dispositivo di chiamata automatica d’emergenza. È una grande opportunità, cambia il concetto di automobile; dall’optional alla dotazione di serie: la sicurezza a bordo diventa per tutti. Senza dimenticare gli sviluppi dell’eCall in altre direzioni; già in HeERO1 abbiamo aggiunto il servizio d’emergenza per guasto meccanico che, pur essendo a chiamata volontaria, sfrutta le reti della stessa piattaforma. Ma le applicazioni potrebbero essere molteplici.

Mentre l’eCall in senso stretto quali altri sviluppi può avere? E, soprattutto, l’industria au-tomobilistica è pronta?I costruttori sono sicuramente pronti. Già da qualche anno alcune case montano sistemi simili sulle proprie auto; dotazioni aggiuntive che forniscono un servizio privato di soccorso automatico. Dal punto di vista istituzionale, invece, il prossimo passo sarà verificare il funzio-namento del sistema di soccorso su un’infrastruttura più grande, con problemi di gestione e comunicazione più complessi, come quella autostradale. Ma c’è anche in cantiere il progetto di allargare la gamma di veicoli su cui rendere obbligatorio l’eCall: in HeERO2 è iniziato un ragionamento per installarlo sui mezzi pesanti e su quelli a due ruote; una strada che sarà ripresa da e-HeERO. Seguendo lo stesso criterio un domani si potrebbe pensare di dotare di sistemi eCall persino i mezzi pubblici.

M.g.

Con eCall l’automobile chiama i soccorsi

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

QuanDo si parla di “Internet of Things”ci si riferisce allo sviluppo delle potenzialità della rete, che vedrà moltiplicarsi i collegamenti tra le “cose” e favorirà la nascita di

innumerevoli nuovi servizi. Sarà necessario transitare in ambiente IPv6, per l’esaurimento degli indirizzi della versione 4, e alle innovazioni tutte positive e sfidanti, si aggiungeranno inevitabilmente nuove problematiche. Il riferimento va facilmente agli aspetti di sicurezza informatica, che in un panorama come quello dell’IoT, assumerà nuovi contorni, e presumibilmente anche dimensio-ni notevolmente diverse.

É ragionevole infatti pensare ad un sensibile au-mento di rischi informatici, proprio per la cosid-detta crescita della «superficie d’attacco», e questo imporrà nuove e più potenti analisi dei citati rischi e azioni più mirate per contrastarli.

L’aspetto della sicurezza informatica si inquadra naturalmente nella cornice più ampia della gestione globale della rete Internet, che il MISE monitora

con attenzione.Anzi, il MISE non solo segue le evoluzio-

ni della governance, ma partecipa attivamente alle iniziative che ormai, vista la transizione attualmente in corso verso un nuovo modello riguardante proprio la governance, si susseguono in una discussione dalle dimensioni mondiali.

L’Istituto Superiore delle Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione esprime il rappresentante nazionale in GAC (Governmental Advisory Commit-tee), la Commissione incaricata di rappresentare e difendere le politiche pubbliche nei confronti di ICANN, la società americana che finora si é occupata delle ge-stione di nomi, numeri e protocolli per il funzionamento di Internet, sotto l’egida del Governo americano, almeno fino al 14 marzo dello scorso anno.

Le discussioni sullo sviluppo dell’Internet verso la nuova dimensione dell’IoT si sono attivate da tempo anche nella sede dell’IGF, Internet Governance Forum, a livello nazionale e internazionale, in tali sedi da tempo se ne analizzano le im-plicazioni sullo sviluppo dei nuovi servizi, ed in particolare, per esempio, sull’in-cremento dei servizi di e-commerce con i conseguenti riflessi su tanta parte della nostra vita, ormai in fase di migrazione verso una dimensione online.

Alla luce di quanto rappresentato, ed allo scopo di coltivare la fiducia nella rete per non perdere le occasioni di crescita e gli impatti positivi, si dovranno incre-mentare le azioni di lotta alla contraffazione online, e alle pratiche fraudolente che minano in modo particolare le prospettive di e-commerce.

Rischi per la Rete L’impegno del MISEl’OPInIOnE DI RITa fORSI

direttore generale iscoM –

MisE. direttore della scuola

superiore di specializzazione

in Te lecomun icaz ion i e

direttore dell’ocsi. dal 2009

è rappresentante italiano

presso il Management Board

di Enisa e dallo stesso anno

è anche il rappresentante

aggiunto del governo italiano

presso il gac nell’ambito

dell’icann.

RITa fORSI

IGFL’Internet Governance Forum è un forum multilaterale nel quale vengono dibattuti i problemi riguardanti la Internet Governance. L’istituzione del IGF è stato annunciato dal Segretario generale delle Nazioni Unite nel luglio del 2006 ed è stato convocato per la prima volta nei mese di ottobre e novembre del 2006.

33n . 3 0 7 | g i u g n o / l u g l i o 2 0 1 5 |

Speciale machine to machine

Nel panorama del M2M, in sostanza, per l’elevato nu-mero di oggetti sempre più «intelligenti» fra loro inter-connessi, ragionevolmente si concretizzerà un aumento di rischi informatici che imporrà l’adozione di strategie di difesa sempre più adeguate e sinergiche.

L’attenzione dovrà essere rivolta in modo struttu-rato alle reti e ai terminali, questi ultimi sempre più sofisticati per l’alto grado di informatizzazione e molto appetibili come potenziali varchi d’ingresso in sistemi complessi.

Circa la sicurezza dei terminali, in Italia opera l’OCSI, organo di Certificazione di sicurezza Informatica, incardinato presso l’Istituto Superiore CTI, del MISE.

La sua azione rientra, dopo una complessa fase di accreditamento, nel mondo dei Common Criteria, di livello mondiale, e del SOGIS (Senior Officials Group Information Systems Security) a livello europeo.

L’accreditamento consente il mutuo riconoscimento delle certificazioni emesse, negli ambienti menzionati.

Per fronteggiare i possibili ulteriori rischi converrà per esempio studiare bene le poten-zialità dei terminali intelligenti, quali per esempio gli smart meter, e le condizioni a cui si potrebbero assoggettare per accrescere la loro capacità di resistere a possibili attacchi e tentativi di intrusione.

Circa le reti, e le possibili loro debolezze rispetto le minacce che si prospettano già, che sono peraltro in forte aumento e continue mutazioni, l’Italia si é dotata di un CERT nazionale, cioè di una struttura che si occupa di raccogliere segnalazioni di potenziali vulnerabilità delle reti e di facilitarne il superamento.

Il CERT nazionale é operativo dal 5 giugno del 2014 presso l’ISCOM; a stabilire la sua attivazione è stata una norma, il decreto legislativo 70/2012 che in recepimento della

Rischi per la Rete L’impegno del MISE

ICANNL’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers è un ente statunitense, istituito il 18 settembre 1998. Ha l’ incarico di assegnare gli indirizzi IP e di identificatore di protocollo e di gestione del sistema dei nomi a dominio di primo livello (Top-Level Domain) generico (gTLD), del codice internazionale (ccTLD) e dei sistemi di root server.

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

direttiva europea 140/2009/CE modificava il Codice delle Comunicazioni Elettroniche allora vigente.

L’Italia ha dunque il suo CERT nazionale: un focal point verso l’Europa e verso strutture simili a livello internazio-nale, ma anche un elemento di raccordo con altri CERT di settore, come quello della pubblica amministrazione, che si occupa della sicurezza delle reti della PA o quello della difesa, che opera da tanto tempo e in maniera effica-ce a protezione delle sue reti; il CERT nazionale opera in sinergia anche con la polizia postale che, con il suo centro operativo, CNAIPIC, da un lato interviene direttamen-te se si rilevano profili criminosi in incidenti o attacchi e dall’altro contribuisce ad aumentare la sinergia necessaria a livello istituzionale.

A più livelli, quindi, ci si pone l’interrogativo di come rapportarsi al problema; di come, preliminarmente, offrire necessari servizi di infosharing che possono facilitare la crescita della consapevolezza dei rischi che si corrono in ambienti altamente informatizzati, e, successivamente, di come rendersi disponibili per facilitare la risoluzione di attacchi e incidenti, che potrebbero poi sfociare in veri e propri casi di cyber crime o di serio pericolo per la sicurezza nazionale.

Fino al 2013 in Italia non si era messa a sistema la macchi-na dell’organizzazione sinergica di tante realtà che operavano magari singolarmente ma con il DPCM del 24 gennaio 2013 si é definita l’architettura nazionale e successivamente con

l’adozione del Quadro Strategico e del Piano nazionale, questo processo é stato attivato.Quelli citati sono, per ora, gli strumenti fondamentali che vengono messi a disposizione

anche in vista di una massiccia interconnessione con la rete Internet, che creerà altrettanto numerose interdipendenze; si formeranno catene sempre più complesse e l’obiettivo che dobbiamo porci é quello di rendere singole reti, o intere catene, sempre più resilienti ad attacchi malevoli.

Occorre pertanto che si persegua una forte cooperazione, per supportare adeguata-mente il potenziale sviluppo dei nuovi servizi, in un’ottica di partenariato pubblico e privato.

Al riguardo a latere del CERT nazionale si è subito formato un tavolo tecnico perma-nente con gli operatori di comunicazione elettronica, che sono interlocutori storici del MISE; con il settore dell’energia, con grandi aziende di servizi e con soggetti che fanno parte della constituency del CERT stesso, e tali accordi sono in forte espansione; l’attiva-zione in futuro di collegamenti anche col settore delle piccole e medie imprese arricchirà ulteriormente la sinergia per affrontare con spirito di collaborazione gli aspetti poten-zialmente negativi di un fenomeno che non va sottaciuto, sarà anche foriero di potenti forme di innovazione e sviluppo come non avremmo neppure saputo immaginare prima dell’avvento di Internet.

riTa Forsi direttore generale iSCOM – MiSe

CNAIPIC Centro Nazionale Ant icr imine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche. È incaricato della prevenzione e della repressione dei crimini informatici, di matrice comune, organizzata o terroristica, che hanno per obiettivo le infrastrutture informatizzate di natura critica e di rilevanza nazionale.

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Speciale machine to machine

Maurizio Mensi, professore di Diritto dell’economia alla SNA e Diritto dell’informazione e della comunicazione alla LUISS propone il punto sulla situazione giuridica ed i servizi di comunicazione di un mondo senza interazione umana.

Rilevanza del M2M e settori applicativi

L’espressione Machine to Machine (M2M) indica il trasferimento delle informazioni da parte di dispositivi che non richiedono, alme-no non necessariamente, l’interazione umana. Poiché tale processo coinvolge elementi sia di connettività (terminali e tecnologie di acces-so) sia di fornitura del servizio (contenuti e piattaforme), il termine M2M abbraccia una pluralità di aspetti e trova applicazione in una pletora di settori di impiego.

La diffusione delle tecnologie wireless e dei dispositivi intelligenti, l’enorme cresci-ta del traffico dati, rectius, Big Data, da rete mobile, seguita dalla straordinaria evoluzione dell’“Internet of Things” (IoT), ossia il cre-scente numero di apparati collegati in rete, ha portato ad un’applicazione dei servizi di comunicazione in numerosi ambiti. Poiché le comunicazioni M2M possono realizzarsi anche attraverso protocollo IP (Internet Pro-tocol), esse sono strettamente legate al para-digma dell’IoT, che poggia sullo sviluppo di un’infrastruttura di rete globale e dinamica, edificata su protocolli di comunicazione stan-dard ed interoperabili dotati di capacità di

auto-configurazione, ove gli oggetti “si ren-dono riconoscibili e acquisiscono intelligenza grazie al fatto di poter comunicare dati su se stessi e accedere ad informazioni aggregate da parte di altri”.

L’AGCOM rileva anche che gli acroni-mi M2M e IoT sono spesso utilizzati come si-nonimi nella bibliografia di settore di origine anglosassone e statunitense. Tuttavia è possi-bile operare una distinzione tra i due termini in quanto “esistono numerose applicazioni (automazione industriale, gestione allarmi, ecc.) che si basano sui servizi di comunica-zione M2M, ma che sono estranee alla IoT”.

I settori di applicazione dell’M2M sono eterogenei e in continua crescita. Ne sono esempio le autovetture interconnesse, con i dispositivi telematici di sicurezza istallati nei veicoli per la generazione tempestiva della chiamata di emergenza in caso di collisione stra-dale (il Regolamento EU n. 205/2013, che prevede l’obbligo di installazio-ne del dispositivo di si-curezza su tutte le nuove autovetture e anche l’ag-giornamento delle reti per consentire la localizzazio-ne del mezzo) o la check box predisposta da quasi tutte le compagnie di as-sicurazione, che consente di usufruire di uno sconto sulla RC auto, di cono-scere la reale dinamica in caso di sinistro e di rin-tracciare il veicolo in caso di furto. Numerose appli-cazioni M2M sono altresì

M2M: profili giuridici e servizi di comunicazione

P r o f e s s o r e d i d i r i t t o

dell’economia alla sna e

diritto dell’informazione e

della comunicazione alla luiss

guido carli. già funzionario

della commissione europea

(dg Telecomunicazioni e

servizio giuridico), avvocato

d e l l o s t a t o , d o c e n t e

all’università “cà Foscari” di

Venezia, direttore del servizio

giuridico agcoM.

maURIzIO mEnSI

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

utilizzate per i servizi di infotainment, cioè le applicazioni destinate all’intrattenimento e al supporto delle attività svolte a bordo, come i sistemi di navigazione satellitare.

Un altro ambito in cui l’applicazione di dispositivi M2M è particolarmente diffusa è quello dello smart metering, ossia i contatori che permettono di misurare i risparmi energe-tici conseguibili a seguito di interventi volti a perseguire maggiore efficienza (delibera n. 292/06 dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e il sistema idrico “AEEGSI”), ed il seg-mento smart grids, ovvero le reti intelligenti di distribuzione energetica che consentono di gestire la rete elettrica in maniera razionale minimizzando eventuali sovraccarichi e va-riazioni della tensione. Infine, merita menzio-ne il settore delle smart cities, locuzione con cui si descrivono gli interventi in tecnologie ICT applicate alle infrastrutture e ai servizi delle città miranti ad ottenere una maggiore efficienza e qualità a vantaggio degli abitanti e delle imprese.

Nuovi modelli di mercato: verso una regolamentazione del M2M

Lo sviluppo di queste tecnologie comporta mutamenti significativi dei modelli di busi-ness, di mercato, delle politiche sociali e so-prattutto una rimodulazione dei regimi nor-mativi esistenti.

Il M2M necessariamente impone quindi una riflessione su più fronti. A monte occor-re vagliare le diverse alternative regolatorie perseguibili, insieme al rischio di consumo eccessivo di risorse pubbliche scarse, come lo spettro radio, e al pericolo degli eventuali problemi a lungo termine connessi al fatto che le scelte attuali potrebbero condizionare nega-tivamente le prospettive future, in particolare in seguito all’adozione di specifiche soluzioni tecniche. Per quanto riguarda le applicazioni M2M, occorre invece affrontare soprattutto i rischi legati alla protezione dei dati personali

e alla necessità di garantire la sicurezza delle comunicazioni M2M.

In via generale occorre verificare con at-tenzione se l’applicazione del vigente quadro normativo risulti essere adeguata e equilibra-ta per assicurare lo sviluppo dei nuovi servi-zi. Come già evidenziato dall’organismo dei regolatori europei delle comunicazioni elet-troniche (Body of European Regulators for Electronic Communications, “BEREC”), al-cuni Stati membri dell’Unione europea stan-no adottando misure regolamentari specifiche riguardanti il M2M.

Questo significa che il nuovo modello di business M2M non comporta necessariamente l’elaborazione di un nuovo corpus regolatorio, ma induce piuttosto a valutare i singoli aspetti del fenomeno, cercando di ricondurre il M2M all’insieme dei servizi di comunicazione elet-tronica già disciplinati dal vigente quadro giu-ridico. Come rilevato dall’AGCOM nella sua indagine (vedi articolo pag. 14).

Aspetti problematici legati a rete e connettività

Un primo punctum dolens riguarda le risorse e le infrastrutture fisiche coinvolte dal M2M, in particolare l’attuale limitatezza di dispo-nibilità delle reti, che risultano essere insuf-ficienti a garantire connettività per i servizi M2M, in particolare per le applicazioni più commerciali.

L’uso efficiente dello spettro radio rappre-senta, nell’ambito degli sviluppi tecnologici ed infrastrutturali necessari per la diffusione massiva di terminali M2M, una priorità rego-latoria particolarmente pressante. Per supplire alla carenza di spettro, una valida soluzione può essere rappresentata dall’uso di quelle frequenze che, pur essendo assegnate ad ope-ratori, non sono utilizzate a livello locale (i cosiddetti white spaces) e che potrebbero ri-sultare utili per lo sviluppo di questo mercato emergente. Il M2M poggia infatti su una serie di tecnologie wireless a seconda dell’appli-

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Speciale machine to machine

cazione, del tipo di copertura e delle scelte dell’utente. Prevedendosi in prospettiva una domanda di banda crescente, occorre indivi-duare l’approccio infrastrutturale più equili-brato stanti le peculiarità e le caratteristiche trasmissive dell’M2M, in specie la distanza della trasmissione, la larghezza della banda, la qualità del servizio.

Un altro elemento complesso emerso, in-ter alia, nell’attuazione dei servizi smart grid, concerne la difficoltà di disporre su larga scala di canali di comunicazione broadband e con bassa latenza così da assicurare il passaggio delle informazioni tra impianti distanti ad alta velocità. Il principale problema al riguardo è rappresentato dai costi necessari per la co-struzione e il mantenimento di una propria in-frastruttura di telecomunicazione che copra il numero necessario di impianti, come emerge dal Rapporto AGCOM. Di conseguenza, un operatore del settore M2M utilizzerà più spes-so le infrastrutture pubbliche di accesso messe a disposizione dei carrier, e dovrà far fronte alle problematiche del digital divide, in parti-colare nelle aree più remote, ove la copertura 4G è spesso limitata o assente, e alla mancanza di profili di consumo adatti dal punto di vista tecnico ed economico alle esigenze delle appli-cazioni M2M per le smart grids.

Sotto altro profilo, un aspetto particolar-mente delicato concerne l’individuazione dei settori di applicazione del M2M rispetto ai quali la rete di comunicazioni potrebbe co-stituire una infrastruttura essenziale. Sembre-rebbe invero emergere che le reti di comuni-cazione elettronica siano un fattore abilitante dei servizi M2M e tale aspetto assume un par-ticolare rilievo in quanto tale da comportare l’eventuale imposizione di obblighi di acces-so alla rete in casi eccezionali e al fine di tute-lare l’interesse collettivo.

L’articolata vicenda del roamingUn altro terreno irto di questioni aperte è rap-presentato dall’applicabilità ai servizi M2M

del Regolamento europeo n. 531/2012 (“Ro-aming III”).

Invero, il roaming internazionale svolge un ruolo chiave per il mercato ed i servizi M2M, che hanno natura essenzialmente glo-bale. In quest’ottica, il “roaming fornisce una soluzione pratica al modello detto ‘one-stop-shop’ e permette alla società di vendere i pro-dotti in tutto il mondo (‘Build it once, sell it everywhere’)”.

Infatti la complessità tecnica di alcuni mo-delli M2M non può prescindere dall’eroga-zione di servizi - quali gestione ordini, provi-sioning, customer care, sicurezza informatica, fatturazione e reporting - che sia coerente e quanto più centralizzata a livello internazio-nale, al fine di ridurre l’aggravio in capo al fornitore del servizio, che si troverebbe altri-menti obbligato a dover utilizzare numerose interfacce di gestione con i diversi operato-ri per l’erogazione del medesimo servizio in aree geografiche differenti.

Tuttavia l’applicabilità del regolamento Roaming III non è pacifica e tale strumento normativo potrebbe essere anche rivelarsi ina-deguato a “coprire” i servizi M2M, giacché esso è finalizzato a tutelare i soggetti che si muovono in Europa, mentre i servizi M2M sono spesso immobili, permanentemente in roaming, impiegano offerte di connettività business e producono profili di traffico consi-derevolmente difformi rispetto a quelli gene-rati dai terminali convenzionali.

Il regolamento contiene inoltre delle di-sposizioni suscettibili di costituire una bar-riera alla competitività degli operatori M2M europei a vantaggio delle controparti extra-EU. Infatti, come rilevato dall’AGCOM, seb-bene il regolamento imponga la limitazione dei prezzi per il wholesale roaming access entro il perimetro dell’Unione europea, nel-la pratica le soglie massime di prezzo all’in-grosso regolamentato influenzano anche i rapporti commerciali pan-europei, in quanto i paesi extra EU possono accedere ai prezzi regolamentati, mentre non si verifica la con-dizione simmetrica.

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A livello europeo, peraltro, la scelta di ap-plicare il regolamento nei confronti dei ser-vizi M2M appare ragionevole. Il tema del roaming non può inoltre prescindere dal con-siderare altresì le nuove “International Tele-communications Regulations” in vigore a par-tire dal 1° gennaio 2015 ed approvate dalla World Conference on International Telecom-munications (“WCIT 2012”), organizzata nel dicembre 2012 a Dubai dall’agenzia delle Na-zioni Unite specializzata in materia di teleco-municazioni (International Telecommunica-tions Union, “ITU”. Esse infatti valorizzano l’autonomia dei gestori nella disciplina delle tariffe di interconnessione, prevedono che gli operatori forniscano agli utenti informazioni di prezzo trasparenti, e chiedono agli Stati di promuovere la concorrenza nella fornitura dei servizi di roaming internazionale.

I servizi M2M hanno peraltro riacceso il dibattito sul roaming permanente; infatti essi si basano su un modello di connettività ubi-qua e permanente. In altre parole, molti ser-vizi M2M, per esempio le e-call nel settore automative, registrano il frequente uso a SIM estere in permanente roaming per poter bene-ficiare degli accordi con tutti gli operatori.

Da qui nasce un potenziale rischio anticon-correnziale, poiché solo i maggiori operato-ri possono offrire connettività globale, stante l’impossibilità per tutti di proporre, attraverso la modalità nazionale, un’offerta che possa com-petere con la soluzione roaming. In particolare, vista la dimensione transnazionale dei mercati del M2M rilevanti, risulta che i principali ope-ratori mobili stiano avviando tra essi alleanze internazionali al fine di sviluppare modelli di ri-configurazione da remoto delle SIM. Il mercato della connettività che ne risulta è quindi domi-nato da pochi grandi operatori che, attraverso l’aggregazione delle diverse infrastrutture na-zionali mediante accordi di roaming, offrono servizi di connettività globale, spesso modulati sulle esigenze del M2M. Essi potrebbero quindi adottare politiche commerciali volte ad acquisi-re un’estesa base di utenti indipendentemente dal reale utilizzo delle reti (una pratica nota alla

disciplina antitrust come market preemption), con costi di transizione da una tecnologia all’al-tra così elevati da costituire una barriera all’in-gresso nel mercato rilevante (technology lock-in). Potrebbero altresì determinarsi restrizioni concorrenziali mediante l’applicazione di scon-ti esclusivi e la commercializzazione di prodotti e servizi specializzati tra gli operatori aderenti all’alleanza. In questa circostanza, l’accesso al mercato della connettività globale per gli ope-ratori nazionali risulterebbe particolarmente difficoltoso. In tal senso appare fondamentale perseguire l’adozione di misure regolatorie che favoriscano l’accesso alle infrastrutture mobi-li ed il cambio del fornitore di connettività da parte dell’utente nell’ambito del mercato unico delle telecomunicazioni elettroniche prospetta-to dal Telecom Single Market (TSM) e dal Digi-tal Single Market.

Invero, le tematiche legate al roaming e alla neutralità della rete costituiscono i due settori “sopravvissuti”, seppur notevolmente ridimensionati, in seguito alla stasi del pac-chetto di proposte legislative di cui al “Con-nected Continent” lanciato nel 2013 dalla Commissione europea e relativo ai servizi di-gitali nell’UE. Peraltro la strategia regolatoria del Consiglio su roaming e net neutrality con-trasta con le originali proposte della Commis-sione e con la versione del testo “Connected Continent” approvata in prima lettura nell’a-prile 2014 dal Parlamento europeo, il cui testo invocava la fine del roaming entro il 15 dicem-bre 2015 e l’introduzione di un nuovo istituto denominato “roam like at home”, in base al quale i consumatori avrebbero pagato traffico dati e telefonate mobili effettuate dall’estero al medesimo prezzo pagato nel proprio paese, a condizione di mantenere anche all’estero le abituali tipologie di consumi.

Standardizzazione: M2M e la sfida dell’interoperabilità

Un ulteriore ostacolo suscettibile di vanifica-re concretamente i benefici dei servizi e dei

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dispositivi M2M è certamente rappresentato dall’attuale frammentazione delle soluzioni tecniche adottate nei relativi prodotti e servizi. Come evidenziato anche dal BEREC, al mo-mento non risulta che il quadro regolamentare vigente negli Stati membri preveda obblighi riguardanti l’interconnessione e l’interopera-bilità (in alcuni paesi gli accordi sono conclu-si su base commerciale senza l’intervento del-le autorità nazionali di regolamentazione), né sembra che vi siano disposizioni riguardanti specificamente l’interoperabilità dei processi M2M, con conseguenti eterogeneità interpre-tative in ambito europeo.

È infatti necessario prevedere un quadro regolamentare che contempli obblighi ri-guardanti la standardizzazione, in modo da incentivare l’innovazione e al contempo ga-rantire che il notevole valore derivante dai big data accumulati non venga disperso, at-traverso piattaforme che garantiscano l’inte-roperabilità e la connettività a livello globale degli oggetti e dei servizi connessi, senza so-luzione di continuità; gli standard nel settore ICT assicurano infatti costi minori e vantag-gi per le economie di scala. In proposito la stessa Agenda digitale europea qualifica il tema della interoperabilità quale un pilastro della strategia.

Gestione dei dati e sicurezzaUn ultimo aspetto da considerare, dal quale lo sviluppo del M2M non può prescindere, ri-guarda la sicurezza dei dati sensibili trasmessi sulle reti dei servizi in esame. Il M2M com-porta infatti un cambio di paradigma per gli operatori fornitori di connettività, che perdo-no il contatto diretto con l’utente utilizzatore finale del servizio, determinando una rimo-dulazione della regolazione verso una tutela rafforzata del consumatore, della sicurezza dei servizi offerti e della privacy. Le reti del mercato IoT, essendo per lo più autonome, specialmente nelle infrastrutture critiche, rap-presentano un elemento delicato per gli utenti finali, in ragione innanzitutto degli alti volumi

di traffico dati generati dalle molteplici risorse connesse e gestiti da fornitori di piattaforme di servizi. Risulta pertanto inderogabile dare priorità ai profili inerenti la sicurezza nella progettazione dei prodotti e servizi, mediante adeguati strumenti di gestione e minimizza-zione dei rischi.

I processi M2M sottopongono pertanto all’attenzione del legislatore la verifica del grado di adeguatezza offerto dalla normativa vigente in materia di dati personali oggetto di condivisione, elaborazione, archiviazione e trasmissione per via elettronica. La questione è di estrema rilevanza e delicatezza, conside-rato che lo sviluppo di nuove applicazioni tec-nologiche non può prescindere dalla fiducia nell’ambiente on-line di milioni di cittadini eu-ropei. Tale fiducia può essere ottenuta soltanto assicurando un adeguato sistema di garanzie circa la salvaguardia dell’integrità dei dati per-sonali, il cui trattamento informatizzato è pro-dromico alla fornitura del prodotto o alla pre-stazione del servizio commerciale richiesti. Per raggiungere tale obiettivo il legislatore comu-nitario, allo scopo di garantire l’applicazione delle norme di cui alla Direttiva 2002/58/CE, cosiddetta e-privacy, ha, nell’ambito di una complessiva revisione del sistema, introdotto a carico dei fornitori delle reti e dei servizi di co-municazione elettronica un sistema di notifica delle violazioni dei dati, previsto all’art. 4, par. 1 della Direttiva 2009/136/CE, e all’art. 5, par. 1, della Direttiva 2009/140/CE.

A titolo esemplificativo, è dubbio se le mi-surazioni svolte da uno smart meter siano di proprietà dell’utente finale o della utility che fornisce la prestazione. Dal corretto inquadra-mento di tale questione deriva la soluzione in merito alla tutela della riservatezza e alla ne-cessità di garantire il corretto trattamento dei dati personali, alla luce della circostanza che “i service providers hanno accesso ai dati e possono raccoglierli nei propri database per poi impiegarli per fornire il servizio, ma an-che con finalità economiche non necessaria-mente riconducibili a quanto strettamente ne-cessario alla prestazione fornita all’utente”.

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Al riguardo emerge altresì l’opportunità che sia adottato al più presto, a livello euro-peo, un regime regolatorio in materia di pro-tezione dei dati che consenta una maggiore flessibilità per il trasferimento dei dati da un fornitore di servizi a un altro, favorendo in tal modo la concorrenza tra i servizi. Pari-menti, occorre prevedere la possibilità per gli utenti di chiedere ed ottenere la cancella-zione dei dati che li riguardano, qualora non sussistano ulteriori motivi legittimi per la loro conservazione. In tal senso, nel gennaio 2012 la Commissione europea ha proposto una riforma della normativa UE in materia di protezione dei dati, al fine di aggiornare un impianto normativo ormai desueto, tutelare i diritti della privacy sulle reti di comuni-cazione elettronica e così contribuire a pro-muovere lo sviluppo dell’economia digitale europea. La proposta introduce inoltre il di-ritto degli interessati alla cosiddetta “porta-bilità del dato” (agevolando il trasferimento dei dati da un fornitore di servizi a un altro e dunque migliorando la concorrenza tra i service provider) oltre al cosiddetto “diritto all’oblio”, cioè la possibilità, destinata ad essere pertanto disciplinata nel futuro rego-lamento (ma non dalla vigente direttiva in tema di dati personali 95/46/CE), per l’in-teressato di decidere quali informazioni che lo riguardano possano continuare a circolare dopo un determinato periodo.

In particolare, pur nello sforzo di assicura-re, a mezzi di specifiche previsioni contrat-tuali, la tutela dei dati personali in materia di M2M, si rileva una certa difficoltà ad ap-plicare le disposizioni previste dalla norma-tiva vigente. A titolo esemplificativo, con riguardo alla migrazione di dati personali nel M2M da parte della pubblica amministrazio-ne, non pare adeguato qualificare sempre, sic et simpliciter, il fornitore di servizi di M2M quale responsabile esterno del trattamento. Al contrario, la frequente eterogeneità dei dati in questione, più o meno sensibili, fa sì che si renda necessario identificare, caso per caso, quali tipologie di dati siano ogget-

to di comunicazione, circoscrivere i relativi obblighi e responsabilità in capo al fornitore di servizi e appurare che gli stessi siano di-stintamente inclusi nel contratto di fornitura M2M. Invero le medesime considerazioni sono state svolte in dottrina con riferimento al cloud computing. Al riguardo possono es-sere di ausilio specifici Privacy Level Agree-ment (PLA), appositamente predisposti, volti a stabilire i livelli e le garanzie concernenti la tutela e la sicurezza dei dati personali da parte del fornitore di servizi M2M, per de-lineare le modalità di cifratura e di control-lo da parte dell’utente, le limitazioni al loro trasferimento, la tracciabilità delle azioni sui dati, le garanzie di portabilità e le relative responsabilità.

In ambito M2M la sicurezza, oltre che nei confronti dei dati sensibili, va intesa anche come sicurezza del servizio, giacché l’as-senza di regolamentazione circa il livello di qualità dei servizi può costituire un aspetto problematico per talune applicazioni M2M, quali quelle nel settore della fornitura ener-getica o dell’e-health. In tal senso appare auspicabile la elaborazione di un sistema comune di Service Level Agreements (SLA), accordi per stabilire adeguati livelli di quali-tà per i servizi erogati dai fornitori agli uten-ti, e definire riferimenti comuni per risolvere il problema delle differenti terminologie uti-lizzate dai fornitori, sulla scorta delle linee guida pubblicate dalla Commissione europea il 26 giugno 2014 in tema di cloud compu-ting, che riguardano in particolare la dispo-nibilità e l’affidabilità del servizio, la qualità dei servizi di supporto da parte del fornitore, i livelli di sicurezza e le modalità di gestione dei dati.

Il presente contributo è tratto dall’articolo: ”Ma-chine to Machine” (M2M), fra incertezze e sfide regolatorie, in Diritto ed economia dei mezzi di comunicazione, n. 1/2015.

MauriZio MEnsi

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È l’ora della Data EconomyCambia la cultura

Roberto Saraccoeit iCt labs italy

Trento Node Director

Speciale machine to machine

Dalla cultura Dell’atoMo siamo passati a quella del bit, ed andia-mo verso l’economia e la cultura dei dati. Viviamo sommersi in una valanga di bit, spesso non ne abbiamo reale consapevolezza,

infatti ci muoviamo in un mondo con sempre più tecnologia che trasforma atomi in bit.

Scattare una foto del Duomo di Milano con un cellulare è l’esempio più semplice di un monumento trasformato in bit, i sensori sono perlopiù i protagonisti di questa trasformazione bidirezionale. Esistono sistemi che consentono un ritorno nel mondo degli atomi, quando stampiamo la foto scattata al Duomo di fatto riconvertiamo i bit in atomi, evidentemente diversi da quelli di partenza, ma sempre atomi perché l’immagine digitale è diventata foto su carta.

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e It D Ig Ital @ eXPo 2015e It D Ig Ital @ eXPo 2015

Le stampanti 3D sono sistemi anche molto complessi di riproduzione, oggi se ne parla molto, ma la FIAT già diversi anni fa stampava prototipi di volanti per costruirli dove riteneva più opportuno. L’esplosione di que-sta tecnologia, ben raccontata nel numero precedente di Media Duemila, si traduce nell’industria 4.0 che collega il mondo dei bit agli atomi, in questo caso alla produzione.

L’economia degli atomi dunque evolve, si trasforma in economia dei bit, protagonisti i sensori, realtà e ricchezza importantissima che aprono la strada all’economia dei dati, ancora differente dalle precedenti.

In Cina la città di Wuxi è cresciuta velocemente, da qualche centinaio a 6 milioni e mezzo di abitanti in soli 8 anni. Wuxi per la Cina è considerata una città di dimensioni medie, tutto è relativo.

L’esplosione numerica della popolazione è dovuta alla decisione del gover-no di trasferire in questa città tutto il patrimonio scientifico, industriale, tec-nologico che riguarda il mondo dei sensori, e cioè l’Internet delle cose (IoT).

Ognuno di noi nel proprio telefonino ha sicuramente due o tre sensori che vengono da questa città cinese, i nostri autoveicoli ne montano già una quantità discreta, un centinaio e più.

In termini di numeri parliamo di centinaia di miliardi di pezzi che già fanno parte dei nostri gadget tecnologici, delle no-stre macchine, e che nel 2020 supereranno i mille miliardi. La quantità di dati che i sensori raccol-gono e diffondono sono alla base dell’economia basata sui dati.

Per meglio comprendere il nuovo passaggio bisogna ricordare che l’economia dei bit diversa-mente da quelle dell’atomo permette la duplica-zione infinita. Se cedo il mio atomo, di fatto ne resto senza. Diverso è per i bit che si sdoppiano, si duplicano senza perdere caratteristiche ed infor-mazioni. In passato le cassette dei vecchi film non potevano essere duplicate all’infinito, il degrado era parte integrante del processo. L’evoluzione è ben rappresentata dalla trasformazione della musica in una commodity. Un brano si compra perché gratis costerebbe di più in termini di tempo, anche se per le nuove generazioni è una questione di principio non pagare. Culture diverse che oggi si confrontano sul nuovo cambiamento: la Data Economy che va oltre la bit economy.

Siamo in un altro contesto, la sanità ne è esem-pio perfetto, rappresenta il 7% del PIL del nostro paese, una spesa di oltre 100 miliardi all’anno con tendenza ad aumentare perché direttamente col-legata al miglioramento delle aspettative di vita e salute.

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Speciale machine to machine

La Data Economy permetterà il miglioramento, senza un conseguente aumento di spesa, cambia il paradigma.

La scatola nera che negli aerei è utilizzata, secondo la maggior parte delle persone, per identificare errori nel caso di disastri piccoli o grandi, serve anche per ridurre al minimo il costo del carburante. Sono in pochi a sapere che un algoritmo permette all’aereo di diventare un aliante grazie a complesse operazioni di raccolta ed analisi di dati identificando il punto di “planata” per raggiungere la destinazione e quindi di risparmiare.

Nella salute andiamo verso la stessa direzione. Oggi grazie alla sequenzializzazione del genoma con uno sforzo economico minimo, circa 1.000 euro, rispetto agli oltre 4 miliardi di $ che costò la sequenzializzazio-ne dei primi 4 genomi, è possibile raccogliere infor-mazioni e quindi arrivare a medicinali personalizzati rispetto ad un tumore, ad esempio.

Oggi sequenzializzare il genoma diventa parago-nabile all’analisi del sangue, la medicina va verso una nuova dimensione che parte dai dati catturati e ana-lizzati.

Nel 2020 a tutti i nati si farà la sequenzializzazione del genoma, che condiviso darà la possibilità di anti-cipare i problemi di crescita o addirittura prevedere alcune patologie.

Le informazioni su ciascuno di noi sono sempre più disponibili. In questi giorni Apple vende il suo Smart Watch anche in Italia, sul braccio avremo un altro gadget capace di creare informazioni partendo dalle nostre attività, di qualsiasi genere. Entriamo nell’era della medicina proattiva perché i dati che vendono dal gadget che indosso possono essere meno precisi delle ana-lisi fatte in un centro diagnostico, ma sono in quantità tale da permettere complessivamente analisi precise.

Essere controllati ogni giorno può creare angoscia, ma è certamente utile. Esiste già uno specchio prodotto da Philips che in bagno controlla la nostra cera ogni mattina, e magari facendo il confronto giorno dopo giorno, è in grado di dirci se la mattina inizia sottotono o al meglio delle nostre possibilità. Siamo nell’era dell’integrazione, pensiamo alle toilette giapponesi, ma anche alle analisi del sangue fatte usando gli infrarossi. La percentuale di assorbimento degli infrarossi fornisce indicazioni sulla ossigenazione del sangue.

Il continuo accumularsi di dati diventa un patrimonio di inestimabile valore che può essere usato nei più svariati contesti.

In Corea, Songdo, è la prima smart city al mondo, dove curarsi significa anche disporre di dati giornalieri sulla nostra salute ed il nostro comporta-

QueSto iMpatto gloBale è deStinato a creScere ulteriorMente: Si StiMa che un’appropriata utilizzazione dell’ict Sia in grado di rendere eFFiciente un SiSteMa-paeSe per un 5-8% del pil…

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e It D Ig Ital @ eXPo 2015e It D Ig Ital @ eXPo 2015

mento, la diagnosi arriva attraverso lo studio e l’intreccio dei dati relativi al nostro corpo e dalla comparazione con quelli delle altre persone. Ciascuno di noi in sostanza avrà una scatola nera dalla quale prelevare informazioni.

Un progetto sperimentale in Minnesota accumula dati di pazienti per poi incrociarli e trarre informazioni utili, per esempio nell’associazione di determinati farmaci. In pochi minuti ricercatori di Stanford analizzando le cartelle cliniche di 6,5 milioni di americani hanno scoperto che due farmaci associati possono essere pericolosi, l’economia fondata sui dati cambia le relazioni economiche ed anche la vita.

Nei prossimi 10 anni le smart cities saranno piene di macchine senza guidatore, cambia il mondo ma cambia soprattutto la cultura perché noi tutti diventiamo passivi. Nella mia macchina, al posto del guidatore non ho più nulla da fare se non aspettare tranquillo di arrivare a destinazione. Già diversi anni fa l’Europa ha lanciato un programma per ridurre gli incidenti stradali, sono stati investiti miliardi mentre esistono già le tecnologie utili ad azzerare gli incidenti.

È possibile togliere i divieti di velocità, abolire i semafori, posizionare antenne e lasciare che gli oggetti dialoghino fra loro. Noi esseri umani abbiamo difetti comuni, uno è cer-tamente quello di voler che gli altri rispettino le regole mentre noi, se superiamo i limiti di velocità è perché siamo guidatori provetti...

Le tecnologie possono intervenire per rompere questi atteggiamenti, dobbiamo creare la cultura del futuro. Un altro esempio riguarda i piani di mobilità stradale, ogni città ha

le sue regole e i sensi unici. Nella città intelligente con macchine senza guidatore non sarà necessario stabilire i sensi di marcia a priori. Le macchine sapranno autogestirsi secondo i flussi e le necessità del momento. Oggi partendo dal mondo dei dati possiamo cambiare quello dei bit e quello degli atomi. Ecco la grande rivoluzione che ci attende.

L’Istituto Europeo di Innovazione, EIT Digital, ha seguito il processo di cambiamento dagli ato-mi ai bit e contribuito alla creazione di ricchezza economica e di benessere attraverso la “blended life”. Questa fa leva sul mescolarsi di bit ed atomi e conduce all’augmented reality, nel 2020 rap-presenterà un valore economico intorno ai 150 miliardi di euro.

Word Lens, ne è un piccolo esempio: una ap-plicazione che permette di tradurre un menù giap-ponese inquadrandolo da cellulare, le parole cam-biano e appaiono come scritte in italiano mentre il resto rimane uguale. L’interazione fra bit ed atomi continua.

Quello che ha dominato le ultime tre decadi, il ciclo atomi-bit-atomi, viene affiancato dal ciclo dati-atomi/bit-dati. I dati diventano materia prima su cui costruire ricchezza.

roBErTo saracco

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Speciale machine to machine

ExplorMI 360

La nuova app explorMi 360 è un prodotto di EIT Digital, frutto del lavoro di ricercatori di diverse na-zioni europee. La nuova App permette ai visitatori

di Expo e di Milano di conoscere gli eventi in programma ed i servizi d’interesse in base alla loro posizione ed esigenza. Explor-MI 360 si scarica gratuitamente su ogni tipo di smartphone ed è disponibile anche con TIM2go, il servizio di tablet sharing. La personalizzazione è la sua caratteristica di novità, infatti è uno strumento avanzato che permette di esplorare luoghi e cono-scere eventi da posizionare nella lista delle preferenze, in più un servizio di guida turistica ed informativo basato su un sistema di geolocalizzazione si avvale della ricchezza di dati offerti dall’ecosistema digitale. Un turista prima di arrivare a Milano può cercare e trovare un albergo situato a 20 minuti di metropoli-tana da EXPO e a pochi metri da una palestra. il visitatore che si trova già dentro l’EXPO può richiedere gli eventi che si svolgono vicino al Padiglione Italia (ad esempio) e ricevere tutte le informazioni per raggiungerli e parteciparvi direttamente sullo smartphone.

L’App fa parte di un insieme di servizi collegati alla piattaforma 3citxty, realizzata con tecno-logie avanzate fornite da un consorzio di partner del progetto, coordinato da EIT Digital.

Al progetto hanno contribuito diverse aziende da TIM con Joint Open Lab di Open Innovation tra industria e università che ha curato lo sviluppo dell’applicazione Android, DFKI Eurecom, INRIA, Politecnico di Milano, il Politecnico di Madrid, CEFRIEL,Delft University of Techno-logy, Fondazione Politecnico di Milano e le start up Ambientic, Evensi, InnoValo, Localidata e Mobidot.

Questi 14 partner provenienti da cinque di-versi paesi europei hanno lavorato nel quadro del network europeo EIT Digital con l’obiettivo di capitalizzare le proprie competenze e rafforzare la propria presenza sul mercato. In particolare, i dati provenienti da numerose fonti di informazione, lo-cali o globali, vengono integrati a livello semantico e messi a disposizione dell’utente attraverso diverse interfacce, grazie all’utilizzo di tecniche innovative e sofisticate tecnologie di analisi dei dati. Per in-tegrare le diverse componenti è stata adottata una piattaforma open che rende disponibili i dati agli sviluppatori per la realizzazione di App e servizi. Sulla base dell’esperienza realizzata con ExplorMI 360 a Milano, la piattaforma 3cixty sarà esportata a Londra e successivamente in altre città europee.

App per esplorare Milano

EIT Digital EIT Digital è un'organizzazione pan-europea di alta formazione e di innovazione basata sulla ricerca. La mission di EIT è quella di portare avanti una leadership europea nel campo dell'ICT, per promuovere lo sviluppo economico e la qualità della vita. EIT Digital è una delle Knowledge and Innovation Community (KIC) dell'Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia (EIT). Connettendo ricerca, programmi di alta formazione e business EIT Digital crea i futuri migliori talenti dell'ICT e porta concretamente nella vita quotidiana le innovazioni dell'ICT. Dal 2010, EIT Digital promuove lo scambio di talenti, idee, tecnologie, investimenti e opportunità di business in tutta Europa.

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

L’italia è un paese all’avanguarDia sia sul fronte dello smart meter (misura) sia sul fronte delle smart grid (distribuzione e trasmissione). Nel segmento

della misura, stiamo attraversando una fase di profondo mutamento di questa realtà: la diffusione dei contatori elettronici nel settore elettrico è una realtà già da diversi anni e si sta già ragionando sulla seconda generazione di contatori; nel settore del gas e dell’acqua (che l’Autorità per l’energia ha incominciato a regolare da tre anni) abbiamo in cantiere degli esperimenti sul multiservizio, ovvero un sistema di smart metering che condivida l’infrastruttura di comunicazione tra diversi servizi di pubblica utilità, fornendo un servizio capillare alla città (smart city). Il segmento della misura è in grande fermento e contemporaneamente si stanno definendo le funzioni essenziali da implementare a livello industriale per le smart grid.

Per quanto riguarda i servizi M2M, è importante assicurare l’interoperabilità tra gli apparati che colloquiano ai due (e più) lati della maglia informativa, che sono prodotti da costruttori diversi, basati su tecnologie diverse e utilizzano piattaforme di raccolta informativa diverse.

Il requisito è che tutto deve essere colloquiante e soprattutto interoperabile, per non cadere nel tranello di creare un mondo chiuso senza prospettive di sviluppo e con problemi di replicabilità, dando luogo a costi crescenti nel caso di superamento tecnologico.

Il settore energetico è caratterizzato da una specifica esigenza di unbundling, con due finalità importanti. La prima appartiene al DNA del regolatore e gli permette di fare il suo lavoro fondamentale: definire le tariffe, renderle aderenti ai costi senza sussidi incrociati tra servizi, avere una base conoscitiva di tutti i costi rela-tivi appartenenti a un certo servizio e impostare le relative tariffe corrette. L’altra importantissima finalità è di ridurre i conflitti d’interesse che si manifestano tipi-camente sotto forma di comportamenti anticoncorrenziali: il settore dell’energia è tradizionalmente integrato verticalmente e assistiamo tutti i giorni a un tentativo economicamente corretto d’integrazione tra produzione e vendita, ma c’è tuttavia l’esigenza di introdurre il cosiddetto unbundling funzionale per ridurre o azzerare comportamenti anticoncorrenziali.

Parallelamente sarebbero auspicabili soluzioni M2M che favoriscano lo svilup-po di applicazioni smart tali da minimizzare i costi, rendendo le tariffe e i prezzi che escono dai mercati il più possibile aderenti ai costi, agendo da un lato sulla regolazione diretta e dall’altro sui mercati con la promozione della concorrenza per agevolare il consumatore. Questo è il nostro obiettivo numero uno.

Smart meter e smart grid L’Italia all’avanguardia

l’OPInIOnE DI gUIDO PIER PaOlO bORTOnI

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Speciale machine to machine

In un’attività a forte grado d’innovazione come le smart grid, è necessario attivare anche una regolazione che eviti i leaderismi tecnologici, che insistono e puntano su schemi tecnologici che, se superati dall’evoluzione dei sistemi e dai mutevoli comportamenti dell’utenza, potrebbero trasformarsi presto o tardi in stranded cost che rappresenterebbero un fallimento della regolazione.

Un terzo punto rilevante è la necessità è di sviluppare i servizi M2M con solu-zioni multiservizio e multisettore, come abbiamo chiesto all’AGCOM: non solo aprire alle tecnologie, all’interoperabilità, alla concorrenza, alla riduzione dei costi ma anche alla base condivisa di utilizzo tra servizi diversi, per diversificare il rischio di apparati obsoleti.

Come ogni regolatore, anche l’Autorità per l’energia ha come principale missione quella di tutelare il cliente finale: tra i molti strumenti a disposizione stiamo lavorando all’energy footprint, recente-mente introdotto da un decreto legislativo che recepisce la direttiva europea sull’efficienza energetica n.27 del 2012. Energy footprint significa identificare a tutti i livelli la ca-ratteristica energetica del consumatore finale.

Il Decreto Legislativo dispone l’attuazione di una se-rie di misure che consentano al cliente finale di capire i propri comportamenti energetici. Questo passa necessa-riamente attraverso la disclosure di dati, ossia la presenta-zione al consumatore finale dei propri consumi storici: è necessario avere una storia di consumi che consenta così un’analisi del comportamento per identificare le aree di ottimizzazione del servizio e per permettere al cliente di modificare il proprio comportamento.

Dovremmo perciò istituire un database di consumi storici, che ovviamente sarà popolato dalle applicazio-ni M2M; si tratterà di scaricare almeno cinque anni di consumi di 30 milioni di utenti per quel che riguarda l’energia elettrica e di 18 milioni di utenti per quel che concerne il gas per permettere la valutazione delle carat-teristiche individuali affinché ognuno possa valutare il proprio profilo e cercare di migliorare i propri stili ener-getici, sia sul lato dell’efficienza che dello sviluppo delle rinnovabili.

Attualmente, stiamo considerando tre funzioni fonda-mentali per lo sviluppo dei servizi M2M: monitoraggio, controllo e protezione.

Il monitoraggio permetterà di raccogliere dati e con-figurazioni (anche in tempi relativamente lunghi) per ricostruire tutta una serie di situazioni e per fare delle

Smart meter e smart grid L’Italia all’avanguardia

Presidente dell’autorità per

l’energia elettrica il gas ed il

sistema idrico dal febbraio

2011. Membro del consiglio di

amministrazione dell’agency

for cooperation of national En-

ergy regulators dal dicembre

2009. È stato Vice-Presidente

del cEEr dal 2012 al 2013.

Membro di vari organismi nazi-

onali ed internazionali e gruppi

di lavoro (ErgEg, cigrE, cEi,

aEE). dal gennaio 2009 a gen-

naio 2011: capo-dipartimento

del dipartimento per l’Energia

del Ministero dello sviluppo

Economico; componente del

consiglio di amministrazione

di rsE spa - ricerca sul siste-

ma Energetico; Presidente del

comitato per l’emergenza del

settore del gas naturale; com-

ponente del comitato Tecnico

Emissioni gas-serra (cTE).

gUIDO PIER PaOlO bORTOnI

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Internet of everyth IngInternet of everyth Ing

valutazioni alla fine del percorso. Il controllo è un’operazione più impegnativa, ed è tipica delle smart grid dove abbiamo bisogno di acquisire informazioni sulla realtà per poterla controllare e condizionare, attraverso applicazioni ad “anello chiuso” in cui il fenomeno sotto osservazione è in continua interazione con gli algoritmi di controllo, con necessità di contenere i ritardi sulle informazioni.

L’ultimo aspetto della protezione è relativo alla sicurezza e richiede la capacità di reazione immediata per quelle raccolte d’informazioni che hanno una tipica esi-genza di difesa da un fenomeno per attuare azioni correttive (anche straordinarie) immediate: un esempio riguarda i fuori servizio per eventi meteo, che ultimamente stanno diventando più frequenti in relazione al cambiamento climatico.

Abbiamo chiesto all’AGCOM che, nell’immaginare servizi aperti interoperabili, al minimo costo e multiservizio, si tenga conto anche di un’esigenza di loro stan-dardizzazione, in modo da inserire delle caratteristiche nei capitolati per generare la giusta concorrenza nell’assegnazione di tali servizi: vorremmo essere neutrali nella scelta tecnologica e nel modo in cui vengono approvvigionati e sfruttati questi servizi, proprio per lasciar la massima libertà e per non imporre dei leaderismi del regolatore, che normalmente fanno solo male al sistema.

Un’ultima possibile applicazione è relativa alla domanda: in questo paese la do-manda energetica è stata “silente” per 50 anni, grosso modo dalla nazionalizzazione del 1962.

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Speciale machine to machine

Negli ultimi anni sono nati i mercati, l’offerta si è emancipata ma la domanda sta partecipando ai meccanismi di mercato solo di recente.

Grazie alla tecnologia M2M dovremmo fare un salto di qualità: stiamo pensando di coinvolgere la reazione della domanda (il consumatore, grande e piccolo, con le sue caratteristiche) nel cosiddetto demand response, ovvero la partecipazione della domanda al mercato, che non deve assumere solo la forma di elasticità di prezzo (negli ultimi anni, soprattutto per i grandi consumatori questo è già presente, in controtendenza rispetto alla rigidità del passato).

C’è però da fare un passo in più, coinvolgendo direttamente la domanda, che potrebbe avere grandi margini di condiziona-mento dei mercati: ad esempio, la domanda industriale potrebbe, attraverso uno shift dei proprio modi/tempi di produzione, po-sizionare la propria richiesta di energia in diverse ore della gior-nata contribuendo in maniera sostanziale a far incrociare domanda e offerta su livelli di minore costo. La domanda sta già servendo per alcuni servizi di rete come i “clienti elettrici interrompibili”, che possono essere distaccati in tempo reale in caso di necessità, fornendo un vero servizio di riserva primaria immediata.

Il demand response può anche essere utilizzato dall’utenza più piccola (settore terziario e famiglie), che è un blocco molto duro da emancipare dopo 50 anni di stasi. La riforma della tariffa elettrica che stiamo attivando per i clienti domestici consentirà anche al nostro paese di avere una tariffa aderente ai costi e non più progressiva rispetto ai consumi come ora.

L’Italia ha un retaggio che arriva dagli anni dello shock petrolifero (‘73-’79), quando i nostri politici saggiamente immaginarono una curva progressiva dei con-sumi (la spesa si alzava più che linearmente rispetto ai consumi) in modo da disin-centivare i consumi eccessivi, vista la penuria di energia primaria.

Oggi siamo in uno scenario completamente diverso: da una parte abbiamo una over-capacity nella generazione, dall’altra abbiamo uno scarso grado di pe-netrazione elettrica rispetto ad altri paesi europei, eppure il vettore elettrico è ambientalmente friendly perché riesce ad essere efficiente energeticamente (ad esempio, con le pompe di calore) e a sfruttare molte fonti di energia rinnovabile come il solare e l’eolico.

È chiaro che occorre eliminare questa distonia antistorica in modo tale da svi-luppare, se possibile, anche questo interesse della domanda domestica a partecipare al mercato.

guido PiEr Paolo BorToni Presidente dell’autorità per l’energia elettrica il gas e il sistema idrico

| N. 2 9 2 | M a r z o / A p r i l e 2 0 1 34

MaRina CeRavOlO RAI PUbbLICITà

Gian PaOlO BalBOni TELECoM ITALIA

GiORGia aBeltinO GooGLE

FaBRiziO CaROtti FIEG

GiOvanna MaGGiOni UPA

FRanCO Siddi PRESIDENTE oTM

deRRiCk de keRCkHOveCoNSIGLIERE SCIENTIFICo oTM

MaRia Pia ROSSiGnaUd VICEPRESIDENTE oTM

lUiGi COlOMBO PUbLITALIA ’80

laURa BOnOnCini FACEbooK

lUiGi ROCCHi RAI

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Consiglio Direttivo

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