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Anno XI n. 2 Novembre - 2003 Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20/C legge 662/96 - Filiale di Roma IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE A UFFICIO POSTE ROMA - LA ROMANINA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE PREVIO ADDEBITO

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Anno XI n. 2 Novembre - 2003Spedizione in abb. postale art. 2 comma 20/C legge 662/96 - Filiale di Roma

IN CASO DI MANCATO RECAPITO RINVIARE A UFFICIO POSTE ROMA - LA ROMANINA PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE PREVIO ADDEBITO

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Direttore Editoriale – Roberto Speziale

Direttore responsabile – Salvatore Curiale

Coordinatore Comitato di redazione – Emilio Rota

Comitato di redazione– Marta Francescangeli – Valentina Graziani– Francesca Pulciani

Comitato Scientifico Anffas- Angelo Cerracchio - Luigi Croce - Marisa Gennaio

Segreteria di redazione- Francesca Pulciani

Grafica e impaginazioneStudio Immagilinea – Roma

Autorizzazionetribunale di Roma n. 254 / 82 del 3.7.82

StampaAbilgraph srl – Roma Dicembre 2003

SOMMARIO

Il nuovo Welfare:“con” le famiglie o “sulle” famiglie? pag. 3

Roberto Speziale -Salvatore Curiale

Commento alla Finanziaria 2004 pag. 4

Roberto Speziale

Perchè un congresso nazionale a Palermo pag. 6

Gabriella d’Acquisto

Anffas Sud, la sfida necessaria pag. 7

Francesco Torino-Salvatore Parisi

“Comunicanffas”Un progetto di comunicazione pag. 9

Valentina Graziani- Marta Francescangeli-

Francesca Pulciani

Servizio Civile Volontario, dall’obiezione di coscienza

alla pianificazione della solidarietà. pag. 10Enrico Maria BorrelliI finanziamenti europei: un‘opportunità di sviluppo pag. 12

Andrea Pignatti

Testimonianza di una madre pag. 14

INSERTO SCIENTIFICO

Vaccinazioni e Rischi Correlati pag. 15

Angelo Cerracchio- Antonietta Schiano

Epilessia e Rischi Correlati pag. 18

Giulio Sideri, Marisa Gennaio

Il ruolo dell’assistente sociale nella presa in carico

di una famiglia di un bambino disabile mentale. pag. 21

Milena Salvio

Il Progetto DAMA. pag. 23

M. Corona, F. Ghelma, M. Maioli, S. Perazzoli, A. Mantovani

Tribunale dei Diritti dei Disabili

Sessione di Milano e Padova pag. 26

Emanuela Bertini

L’avventuroso viaggio nel Paese di Oz pag. 29

L’equipe del Centro abilitativo “Il paese di Oz”

Le politiche Anffas a favore dell’Infanzia

e delle giovani famiglie pag. 31

Michele Imperiali

Ambulatorio “ Piccoli “ l’esperienza genovese pag. 34

Equipe multidisciplinare

ONLUS Associazione nazionalefamiglie di disabiliintellettivi e relazionali

Personalità Giuridica D.P.R. 1542/64Via E. Gianturco, 1 00196 ROMATel. 06.3611524 - Fax 06.3212383

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Il nuovo Welfare:“con” lefamiglie o “sulle” famiglie?Il punto di vista Anffas sulle politiche di sostegno alle responsabilità familiari

Roberto Speziale - Presidente Nazionale Anffas - OnlusSalvatore Curiale - Direttore Responsabile La Rosa Blu

Anffas Onlus è nata 45 anni fa come associa-zione di famiglie di persone con disabilità intellettive erelazionali. Nessuno più di noi si è interrogato, lungo que-sto quasi mezzo secolo, sul ruolo, sulle responsabilità, maanche sui limiti delle famiglie. E nessuno più di noi, inquesti anni, ha richiamato le Istituzioni sul proprio ruoloe sulle proprie responsabilità.Bene, oggi dovremmo essere felici, dovremmo dire chesiamo stati finalmente ascoltati, oggi che, come si sentedire, la famiglia è stata posta dallo Stato e dalle Regionial centro del nuovo Welfare o, per dirla in italiano, delnuovo modello di Stato Sociale che si va disegnando. Lafamiglia, finalmente,è pensata come “risorsa attiva per lacura e l’assistenza delle persone con disabilità”; la fami-glia che viene sostenuta con la riduzione del carico fisca-le e con l’introduzione di buoni e voucher; la famiglia,addirittura, come “quarto settore”, nuova architrave dellepolitiche sociali a favore dei disabili.Qualcosa, però, ci induce ad essere prudenti, a sospettarepersino: non è che dietro questa esaltazione del ruolodella famiglia come cardine dello Stato Sociale si nascon-de la scelta di delegare ad essa, in toto, i servizi chedovrebbero essere di competenza delle Istituzioni?Su questo aspetto, il punto di vista di Anffas, può essereriassunto nel celebre proverbio milanese “Ofelé fa el tomesté”. A ciascuno il suo ruolo: la famiglia continui adessere il punto di riferimento sociale e di relazione direttadella persona con disabilità, e le Istituzioni dellaRepubblica non si sottraggano al ruolo, sancito dallaCostituzione, di creare condizioni di inclusione sociale edi pari opportunità per tutti i cittadini. E dunque: la famiglia è l’ambito privilegiato all’internodel quale la persona con disabilità può sviluppare il pro-prio Progetto di Vita, per realizzare il quale occorrerà tut-tavia una rete di servizi e di strumenti messi a disposizio-ne dalle Istituzioni pubbliche.Non stiamo inventando nulla: questi strumenti e questiservizi sono già previsti dalle leggi vigenti. La Legge 328negli articoli 14 (Progetti individuali di competenza deiComuni), 19 (Piani di Zona), 20 (risorse economiche), 22(sistema integrato), contiene gli ingredienti necessari alloscopo. La determinazione dei Livelli Essenziali diAssistenza in campo sanitario (LEA) e sociale (LIVEAS)completa il quadro dell’indispensabile.Dire che la famiglia è “centrale” nel nuovo Welfare nonvuol dire lasciarla sola, magari con qualche soldino in piùe qualche imposta in meno, a farsi carico di tutte le esi-genze della persona con disabilità; al contrario, vuol direche le Istituzioni, alle quali spetta la responsabilità di“presa in carico” dei disabili, devono organizzare i neces-sari servizi in modo da accogliere in primo luogo le esi-genze delle famiglie stesse.Su questo tema della presa in carico della persona condisabilità, ANFFAS e FISH hanno presentato il 9 Maggioscorso una proposta di legge a integrazione e modificadella Legge 5 febbraio 1992 n.104, che è consultabile sul

nostro sito www.anffas.net. Questa proposta si fonda sulprincipio che la collettività intera, attraverso le istituzioninazionali e locali, debba garantire tutte le condizioni attea favorire l’inclusione e la partecipazione di ogni cittadi-no disabile e della sua famiglia . E’, di fatto, un contratto,nel quale si definisce con chiarezza chi fa che cosa, com-presa la famiglia quale soggetto attivo. E’un’idea di fami-glia che per esprimersi al meglio richiede forme di soste-gno da parte delle istituzioni: puntuale informazione suidiritti, orientamento sui percorsi riabilitativi precoci e inseno alla rete dei servizi, adeguate agevolazioni fiscali eprevidenziali, ma soprattutto la certezza di poter accede-re ai servizi.Sul piano delle responsabilità, le nostre famiglie non pos-sono e non vogliono accollarsi la titolarità di unico sog-getto garante del Progetto di Vita e, di conseguenza, diQualità di vita della persona con disabilità. E soprattutto,si chiedono come la responsabilità del Progetto Globaleindividuale di presa in carico possa conciliarsi con i prin-cipi di sussidiarietà e di libertà di scelta, dei titoli sociali,della esternalizzazione dei servizi e di quant’altro intendesviluppare il modello di welfare in atto. Un modello, siadetto senza perifrasi, che suscita non poche preoccupa-zioni. Gli esempi sono molteplici: a solo titolo di esem-pio, ricordiamo il recepimento della Direttiva UE78/2000 in materia di non discriminazione in materia dilavoro, o il D.Lgs. attuativo della Legge.30/2003 (LeggeBiagi); e ancora, la Manovra Finanziaria 2004, con l’in-troduzione dell’assegno alle madri ed il peggioramento dialcuni aspetti procedurali in materia di accertamento del-l’invalidità civile. Ma ancora più allarmante delle cose fatte è l’elenco dellecose non fatte che il Governo si era impegnato, anche indocumenti ufficiali (ricordate il Libro Bianco sulWelfare?), a realizzare o quanto meno avviare: presa incarico, criteri di accertamento in base all’ICF, fondo perla non autosufficienza, livelli essenziali di assistenza, ecc..Non solo: la trasformazione del Fondo NazionalePolitiche Sociali in un Fondo indistinto ha creato la con-dizione per rendere potenzialmente inutilizzabili le buonee positive Leggi di settore create negli anni precedenti,dalla.162/98 alla.285/97. Le responsabilità, sia chiaro, non sono soltanto e tutte delGoverno in carica, ma investono il Parlamento nel suocomplesso, opposizione compresa; una opposizione che,d’altra parte, quando è stata alla guida del Paese nella pre-cedente legislatura avrebbe potuto fare qualcosa di più edi meglio: è il caso, per esempio, del Programmad’Azione 2001-2003, o dell’avvio dei lavori relativiall’attuazione dell’art.24 della Legge.328/00.La nostra Associazione non ha pregiudizi politici o ideo-logici. Tutto ciò che ci preme riaffermare, in conclusione,è che saremo sempre al fianco di chi vorrà realizzare unnuovo Welfare “con” le famiglie, ma che con altrettantadecisione ci opporremo a chi questo Welfare vorrà cari-carlo - o meglio, scaricarlo - sulle spalle delle famiglie.

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Commento Finanziaria

Roberto Speziale - Presidente Nazionale Anffas - Onlus

FINANZIARIA 2004 :

LA POSIZIONE ANFFASAl momento in cui questa rivista va in stampa lalegge finanziaria è ancora in discussione alParlamento. Ci limiteremo, quindi, a commentaresoltanto il decreto di approvazione, già entrato invigore, per la parte che si riferisce alle persone condisabilità.

ILRICORSO AMMINISTRATIVO

Attualmente la persona con disabilità che riceve unverbale di invalidità su cui non sia d'accordo, puòpresentare, entro 60 giorni dalla notifica, ricorsoamministrativo alla Commissione MedicaSuperiore (a Roma), senza costi e assistenza di unlegale.La Commissione ha tempo 180 giorni per espri-mersi, trascorso quel termine, il ricorso si considerarigettato. L'interessato, a questo punto, può decide-re se attivare il ricorso giurisdizionale (cioè andaredal giudice), oppure rinunciare, oppure ancora pre-sentare, subito o successivamente, domanda diaggravamento alla Commissione ASL. Se decide diandare in giudizio, deve essere assistito da un lega-le, deve produrre una perizia medica legale e deveattendere i tempi della giustizia civile (nel più rapi-do dei casi: due anni). Cosa propone il Governo:

d'ora in poi sono aboliti i ricorsi amministrativi.

Il ricorso può essere solo giurisprudenziale.Anziché perfezionare i procedimenti di ricorsoamministrativo, in modo da evitare più pesanti con-tenziosi, il Governo preferisce quindi incentivare lavia giudiziale. Una scelta che non gioverà certo allapersona con disabilità.

ILRICORSO GIURISDIZIONALE

Il Governo dopo avere abrogato il ricorso ammini-strativo, interviene anche nel ricorso giurisdiziona-le. Perché? Nei fatti il Ministero dell'Economia si èaccorto che nella gran parte dei ricorsi davanti algiudice risulta soccombente lo Stato. Il motivo èche quasi mai Avvocatura dello Stato, Regioni oINPS sono presenti al processo. Per colmare que-

ste lacune si impone ora per legge che gli "atti

introduttivi dei procedimenti giurisdizionali"

siano comunicati anche al Ministero

dell'Economia che può quindi difendersi anche

attraverso propri funzionari. Se sotto il profilo

della correttezza è giusto che sia garantito il dibatti-mento, si ravvisa una pericolosa inversione di ten-denza rispetto al trasferimento delle funzioni dalloStato alle Regioni.Nel 1998 (D.Lgs. 112) le funzioni concessorie rela-tive alle provvidenze economiche per gli invalidicivili sono state trasferite alle Regioni cui è stataaffidato quindi anche il compito di resistere in giu-dizio. Con la Manovra Finanziaria, in barba al

federalismo e al principio di sussidiarietà, il

Governo dimostra nei fatti, ancora una volta, di

non fidarsi delle Regioni riprendendosi una

competenza che ritiene elusa.Sarebbe stato più corretto e più efficace, oltre chepiù coerente con il principio di un auspicabile fede-ralismo, incentivare la presenza in giudizio delleRegioni, magari utilizzando nella fase istruttoria edi dibattimento le competenze e le conoscenze delleCommissioni ASL che poi sono quelle che hannoemesso il verbale oggetto di contenzioso.

ILCONTROLLO BUROCRATICO

Attualmente tutti i verbali (invalidità civile, cecitàcivile, sordomutismo, handicap, disabilità exL.68/1999) una volta perfezionati dalleCommissioni ASL devono essere inviati allaCommissione di Verifica (dipendente dal Ministerodell'Economia). Nel caso delle minorazioni civili laverifica è sulla correttezza burocratica (formale) esulla sostanza. Nel caso delle certificazioni di han-dicap e di quelle di disabilità (legate al collocamen-to mirato) il controllo è meramente formale. LaCommissione di Verifica ha tempo 60 giorni peresprimersi dopodiché vige il principio del silenzioassenso. Il Ministero dell'Economia che cosa pro-pone? Le Commissioni di verifica verranno inte-

grate con un operatore sociale ed un esperto nei

casi da esaminare. In questo modo potrà entrareanche nel merito dei verbali di handicap e di quellidi disabilità e, se lo ritiene opportuno, sospenderli.Questa ipotesi lascia esterrefatti. Definire le possibi-lità di collocamento mirato è il risultato di un lavo-ro di servizi per l'inserimento lavorativo, della cono-scenza della persona e delle sue possibilità checomporta (o dovrebbe comportare) un approfondi-to lavoro da parte delle Commissioni ASL. Questolavoro potrebbe essere messo in discussione da una

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Commissione completamente slegata dalla rete dei servizi territo-riali, dal mercato del lavoro, dalla conoscenza della realtà territo-riale. E ancor più scombinate dai Comitati Tecnici Provinciali cheoperano istituzionalmente, per compito del Ministero del Welfare,per l'inserimento lavorativo, entrata a gamba tesa, quindi, sullecompetenze delle singole Regioni e delle singole ASL. Altroschiaffo alla sussidiarietà, cioè al principio che impone che l'appli-cazione e la modulazione di alcune norme siano attuate localmen-te e non imposte dall'autorità centrale.Il Ministero avrà poi l'esatta dimensione del costo di funziona-mento delle Commissioni di Verifica? Ha effettuato una valutazio-ne dei costi e dei benefici? Come motiva l'incremento di bilancioautorizzato (2 milioni di euro per l'oramai concluso 2003, 10 milio-ni di euro per ogni anno successivo? La FISH, Federazione Italianaper il superamento dell'Handicap, cui la nostra associazione aderi-sce, ha più volte sostenuto l'opportunità della soppressione delleCommissioni di Verifica ed il trasferimento delle competenze aduna Commissione presso ciascuna Regione.

LE GRAVI MENOMAZIONI

Nella Finanziaria per il 2001, era stato approvato un articolo, il“97”, piuttosto bizzarro: "I cittadini affetti dalla sindrome di Downe i soggetti portatori di gravi menomazioni fisiche permanentinonché i soggetti disabili mentali gravi sono esonerati dalla ripe-tizione annuale delle visite mediche, finalizzate all'accertamentodella disabilità, ad esclusione dei casi in cui vi sia specifica richie-sta del medico di famiglia." Il dettato è rimasto inapplicato poichénessuna norma prevede la ripetizione annuale delle visite in que-stione. Ecco allora che il Governo prevede una nuova definizione:"I soggetti portatori di gravi menomazioni fisiche permanen-

ti, di gravi anomalie cromosomiche nonché i disabili mentali

gravi con effetti permanenti sono esonerati da ogni visita

medica, anche a campione, finalizzata all'accertamento della

permanenza della disabilità." A prescindere dalla dimenticanzadelle patologie di origine genetica (sono contemplate solo le ano-malie cromosomiche), la definizione sembra più corretta. Ma potràmai essere applicata? Il Governo si dà tempo 180 giorni per indi-viduare, con Decreto, l'elenco delle patologie esenti dalla ripetizio-ne delle visite. Sarà un'operazione di una difficoltà metodologica escientifica enorme che produrrà, oltre che delle ovvie discrimina-zioni, una pressione enorme da parte di tutte le associazioni gran-

di e piccole per far inserire nell'elenco questa o quella patologia.Invece di attuare ciò che è previsto dalla legge quadro sull'assi-stenza (328/2000) e cioè la revisione dei criteri di accertamentodella disabilità rifacendosi agli standard internazionali (ICF), sipreferisce introdurre un ulteriore elemento di complicazione buro-cratica alla cui base dovranno convivere principi scientifici e inte-ressi clientelari.Un particolare significativo: il decreto verrà emanato dal Ministerodell'Economia e delle Finanze di concerto con il Ministero dellaSalute. Una ennesima riprova di come il superministero stia allun-gando le mani su tutto il comparto assistenziale. Anche in questocaso la nostra proposta è di tutt'altro segno: accelerare i tempi per

la revisione dei criteri di accertamento della disabilità tenendo

presenti gli standard ICFe con una determinata attenzione al

carico assistenziale. Cioè "a ciascuno secondo i suoi bisogni" e

non più "a ciascuno a seconda della percentuale di invalidità".

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Roberto Speziale - Presidente Nazionale Anffas - Onlus

È da molti anni che le famiglie di persone con disa-bilità intellettive chiedono una modifica del codicecivile che renda meno automatico il ricorso all’in-terdizione, e che tuteli con minore limitazione possibile della capacità di agire , le persone prive diautonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana.

ULTIMO MINUTO

Primo via libera della Camera, il 15 ottobre , al disegno di legge Camera 2189- introduzione nel libro primo, titolo XII, del

codice civile del capo I, relativo all’istituzione dell’amministrazione di sostegno e modifica degli articoli 388, 414, 417, 418,

424, 426, 427 e 429 del codice civile in materia di interdizione e di inabilitazione, nonché relative norme di attuazione , di

coordinamento e finali. Ora il provvedimento dovrà passare al Senato per la definitiva approvazione.

Si della Camera all’amministratore di sostegno.

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oPerchè un congresso Nazionale a Palermo

Gabriella d’Acquisto – Presidente Anffas – Onlus PalermoPresidente Anffas – Onlus Regione Siciliana

Leonardo Sciascia, uno dei più brillanti e acuti uominidi cultura che la Sicilia abbia avuto, racconta e raccoglienella sua antologia di saggi “la corda pazza” la storia ele vicende del Barone Pietro Pisani.Costui, alto dignitario del regno delle Due Sicilie , musi-cologo e archeologo (salvò dal “ratto” degli inglesi lemetope dei tempi greci di Agrigento oggi al Museoarcheologico di Palermo), venne nominato nel 1824Sovrintendente della “Real Casa dei matti” della capita-le siciliana. Entrato in questa istituzione, dopo il primomomento di sconforto e di orrore per le condizioni delluogo e dei ricoverati, il barone Pisani, attuò una misce-la esplosiva composta, dice Sciascia, da due principalifattori : l’amore e il teatro.Trattando con amore e rispetto i ricoverati e facendogliogni giorno recitare la “commedia” della normalità e

della vita, dimostrò che il “teatro” diveniva realtà, (nonper nulla le maschere del teatro antico erano chiamatePersonae tragiche) e che l’amato a sua volta amava. Inpoche parole, scrive ancora Sciascia, “nella regione piùarretrata d’Europa nasceva il manicomio più avanzatodel mondo”, tale che studiosi d’ogni dove venivano adapprendere ed ad osservare.La Sicilia è capace, dunque, di questi miracoli: dellaimprovvisa nascita e dell’apparire subitaneo di fenome-ni di eccezionale qualità e spessore.Cosa diversa è la realtà di tutti i giorni, oggi come ieri,dove la pur copiosa ed intelligente produzione normati-va regionale in materia di handicap trova sul suo cam-mino attuativo spine ed ostacoli d’ogni sorta.La Sicilia, con ormai quasi 6 milioni di abitanti di cui 1nella sola Palermo, è una realtà non facile per le perso-ne con disabilità, non foss’altro che per il grande nume-ro di utenti, che - proprio per l’avanzare della ricercascientifica -vengono individuati correttamente e, quindi,indirizzati ai servizi socio sanitari competenti chiamati,oggi, a fronteggiare fenomeni la cui ampiezzasi rivela, nella sua reale dimensione,

ogni giorno e “sul campo”.Ma la Sicilia è anche altro: è 16 associazioni localiAnffas, che gestiscono centri diurni occupazionali eanche di riabilitazione e cura oltre a svariati servizi. LaSicilia è lavoro duro fatto da tanti in condizioni non faci-li e spesso in modo disconosciuto. Anffas in Sicilia èsperanza seminata e nutrita in paesi lontani dalle città,dove, quindi, è ancora più difficile attivare il colloquio,suscitare l’attenzione e l’attività di chi “deve provvede-re”.Anffas Sicilia è orgogliosa di quello che ogni giorno fa,ma deve emergere come interlocutore effettivo, comesoggetto ben identificato e qualificato per essere nonsolo destinatario delle azioni dell’AmministrazioneCompetente, ma anche soggetto propositivo e autorevo-le nel momento in cui, nei vari “tavoli”, viene effettuataun’attività programmatoria che non è concepibile lascia-re agli “altri”, ancorché fossero qualificati e ben inten-zionati.Insomma se è ammissibile l’espressione Cogito ergo

Sum, devo dire che finora Anffas in Sicilia ha fin trop-po cogitato (e bene) nel suo silenzio, senza avere la pos-sibilità di riuscire ad ESSERE veramente per chi, dal difuori, cerca punti di riferimento e motivazioni per agire.Grazie, allora, a Roberto Speziale Presidente nazionale,grazie a Maddalena Borigo Daniel Presidente di Anffasregione Veneto, grazie ! a tutti voi, che volete e potete farsentire la vostra voce, insieme a noi, per dire cheAnffas esiste, che anffas pensa, che Anffasparla anche in Sicilia. Venite, venite

tutti a Palermo per favore ! è

tempo di AGIRE.

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Salvatore Parisi - Presidente Anffas Onlus - Salerno

Francesco Torino - Consigliere Nazionale Anffas Onlus

delegati progetto Anffas - Sud

Anffas Sud,la sfida necessaria

l gap socio-culturale tra il nord e il sud delnostro paese si accentua nel divario nell’assi-stenza alle persone con disabilità ed alle lorofamiglie che continuano a scontare, a ognilivello istituzionale, il prezzo di politichesocio-sanitarie approssimate e prive di realipresupposti di continuità e di tutela se nonaltro nella loro concreta esigibilità..La sfida è di quelle difficili ma necessaria eirrinunciabile. La promozione e la realizza-zione di una efficace rete territoriale per l’as-sistenza alle persone con disabilità non puòpiù essere rinviata né ridotta ad azioni edinterventi limitati nello spazio e nel tempo. Il progetto ANFFAS-SUD, ha consentito diconfermare un primo dato: le Associazionilocali Anffas hanno una diversa distribuzionesul territorio con una netta prevalenza al cen-tro-nord. Proprio al centro-nord, infatti, siriscontra un’offerta più ampia e qualificatadei servizi, una gamma di prestazioni piùefficaci, una maggiore capacità di dialogocon gli enti e una qualità superiore della for-mazione e aggiornamento del personale.Questo è il prodotto di un sistema di politichesocio-sanitarie che, soprattutto nel meridio-ne, è legato a un assistenzialismo a-proget-tuale che non accenna ad avviare sinergie trail settore pubblico e privato della sanità edegli enti locali e a sviluppare serie concerta-zioni rispettando il principio della sussidia-rietà appunto tra gli enti pubblici preposti e lerealtà associative del Non Profit.Il progetto Anffas Sud rappresenta, quindi, laproposta di un percorso che si prefigge diannullare o almeno di ridurre il divario esi-stente tra il centro nord ed il centro sud nellaqualità dei servizi e dei diritti esigibili dellepersone con disabilità intellettiva e relaziona-le e delle loro famiglie. Si ritiene infatti cheanche nella realtà meridionali solo l’impegnocontinuo di familiari sensibili e determinati,la professionalità degli operatori, il dinami-smo dei dirigenti e dei soci e la volontà delleistituzioni locali e nazionali possono determi-nare un cambiamento forte e ben orientato

verso un recupero funzionale e sociale dellepersone con disabilità. Il progetto Anffas Sud è gia partito nella suaprima fase. Come tutte le novità, è statoaccolto con entusiasmo ma anche con qual-che perplessità più o meno manifestata. Labassa risposta, fin qui registrata, al censimen-to iniziale da parte delle associazioni ANF-FAS del sud Italia non scoraggia le motiva-zioni e gli obiettivi dell’iniziativa.

S TR U M E N TI E S TR ATE G I E

Il progetto ANFFAS-SUD è di durata bienna-le e si articola in una serie di iniziative volte,anche se per strade diverse, ad affermare equalificare la presenza dell’Associazione intutto il territorio meridionale (Lazio, Marche,Abruzzo, Molise, Campania, Puglia,Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna).Nella prima fase, si prevede di:- censire le realtà attive nel meridioneattraverso la compilazione di schede apposi-tamente realizzate per la raccolta dei dati,utili per quantificare la presenza e il rapportosul territorio di riferimento. La conoscenzadelle realtà territoriali che operano con ilmarchio Anffas-Onlus è la prima e irrinun-ciabile azione da attivare;

- affermare, consolidare e qualificare lapresenza dell’Anffas-Onlus in tutto il Sudd’Italia per qualificare e ampliare la varietàdei servizi erogati in base all’analisi dei biso-gni e delle richieste dei soci, per promuoverenuove associazioni e proporsi come interlo-cutori propositivi nei confronti delle istitu-zioni.

- creare una progettualità territoriale attra-verso la costituzione di un gruppo di inter-vento (task force) per esercitare una crescen-te partecipazione sociale delle persone condisabilità intellettiva e relazionale. La legge328/2000 indica nei Comuni i soggetti istitu-zionali deputati alla realizzazione di reti di

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servizi e conferisce agli organismi del Terzo Settore lapossibilità di suggerire e condividere la politica socio-sanitaria locale. L’Anffas, proprio dove è meno rappresentativa e dovemeno sono riconosciuti ed esigibili i diritti dei disabiliintellettivi e delle loro famiglie deve favorire

a) l’associazionismo e la partecipazioneb) l’ascolto, l’individuazione dei problemi e la valutazio-ne delle aspettative; c) il sostegno e la chiarificazione;d) l’informazione, la consulenza e la formazione

Tutto ciò contribuirà ad evitare quegli ostacoli culturaliche impediscono la creazione di servizi efficienti ed effi-caci in favore dei cittadini con disabilità ostacolandone lapartecipazione attiva alla vita sociale. Inoltre, un percorsocosì strutturato aiuterebbe il disabile a vivere più serena-mente in famiglia e alla famiglia di poter instaurare un rap-porto nuovo e più compiuto con il proprio congiunto.

- formare il personale secondo le finalità dell’Anffas-Onlus proponendoa) corsi di formazione e di aggiornamento per migliorarele competenze e il senso di appartenenza dei soci, deifamiliari e degli operatori impegnati nei servizi;b) corsi per sviluppare una specifica preparazione giuri-dica, economica e gestionale affinché gli amministratori ei dirigenti possano acquisire competenze specifiche;

Pertanto siamo in presenza di un progetto che già nelladenominazione porta con se l’idea di una realtà unica.ANFFAS-SUD, che nasce in un momento di radicali cam-biamenti per l’Associazione e si pone come baluardo dinuove sinergie in un territorio che, pur composito e varie-gato, ha bisogno di progettualità e percorsi comuni.Il lavoro da fare è tanto ma l’obiettivo è troppo importan-te!– perché in gioco c’è la qualità della vita dei nostri ragaz-zi speciali e delle loro famiglie - perchè solo l’impegnodiretto e costruttivo di familiari determinati e informatipuò promuovere la realizzazione di una efficace rete terri-toriale per l’assistenza, l’integrazione sociale, l’inserimen-to scolastico e l’avviamento al lavoro dei disabili. -Perché se è vero ed è noto che le Associazioni Anffas alcentro-nord sono più numerose e meglio organizzate èanche vero che le Associazioni Anffas del Centro Sud nonsono rimaste con le mani in mano e certamente non sonoall’anno zero. Altra cosa è il contesto socio-politico chespesso rende quelle realtà “cattedrali nel deserto” ora, aqueste Associazioni del Centro Sud spetta ancheil primario compito di proporsicome referente affidabile deifamiliari e interlocutore privile-giato delle istituzioni per compe-tenze e capacità progettuali.

L’OBIETTIVO RIMANE QUEL-LO DI IMPEDIRE CHE LE PER-SONE CON DISABILITA’ CHENASCONO AL CENTRO SUDSIANO DISABILI DUE VOLTE!!!!

F O R M A Z I O N E

Le nuove modalità di protezione sociale spingono versola realizzazione di un welfare locale pluralistico, condi-viso e flessibile. C’è un bisogno di nuove sensibilitàeducative per realizzare nel meridione una nuova sta-gione nella quale i diritti di cittadinanza attiva intrecci-no i diritti naturali di libertà attiva, le norme si sposinocon le buone pratiche, i servizi si coniughino con le pariopportunità.Attori istituzionali e sociali, in diversi ambiti e conmodalità variegate, a Salerno hanno cominciato a con-frontarsi per pianificare interventi, prestazioni e percor-si il più possibile efficaci, personalizzati, duraturi e cre-dibili al fine di recepire e organizzare le risposte allerichieste e alle aspettative delle persone con disabilità edei loro familiari. .L’ANFFAS-Onlus, in collaborazione con la Provinciadi Salerno, l’Istituto per la Ricerca, Studi, Assistenza eConsulenza per il Volontariato e il Terzo Settore(IRSAC) di Roma e l’Agenzia di Formazione ePromozione Sociale e Civile PAIDEA, ha realizzato ilprogetto formativo “Niente su di noi, senza di noi: cam-biamenti socio-culturali e disabilità nei contesti territo-riali”. Il corso, che partirà alla fine del prossimo mese dinovembre e che si avvale di autorevoli docenti edesperti del settore, ha l’obiettivo di provare, nell’AnnoEuropeo dedicato alle persone disabili, ad andare oltreil momento celebrativo e di proporre una comunicazio-ne circolare di idee e di approcci da indirizzare verso la cooperazione nel ridisegno di un sistema sociale piùequo e sostenibile per tutti.

L’ iniziativa, che rientra nel più ampio e articolato pro-getto ANFFAS-SUD, si rivolge a:- familiari e assistenti di persone con disabilità;- animatori di gruppo di mutuo-aiuto;- insegnanti di sostegno;- volontari ed operatori degli organismi del TerzoSettore;- operatori sociali degli enti locali e dei Piani di Zona;- operatori sociali delle aziende sanitarie locali

per un numero di massimo 50 partecipanti. Il percorso,invece, si articolerà in due moduli che saranno calibra-ti su altrettante tematiche di base: il ruolo della famiglianella presa in carico della disabilità e l’applicazionedella legge 328/2000. Oltre alle tradizionali ore dilezione, che si terranno nei week end presso la sede del-l’amministrazione provinciale a palazzo S. Agostino,sono previsti seminari e laboratori didattici, simulazio-ni di casi e verifiche.

Nella prospettiva di un nuovo welfare, coloroche si propongono di realizzare l’esigibilità dei diritti,la qualità dei servizi, l’uso razionale delle risorse, la cit-tadinanza e la libertà attiva, la tutela, la sicurezza, lepari opportunità e la crescita solidale della comunitàdebbono, attraverso la formazione, individuare moda-lità e forme condivise di interazione.Solo così sarà possibile offrire un reale contributo eticoe culturale.

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s”Un progetto di comunicazioneper il Servizio Civile Volontario

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Valentina Graziani, Marta Francescangeli, Francesca Pulciani

NFFAS Onlus considera la comuni-cazione e l’informazione uno degli strumentifondamentali della sua missione e sceglie direndere concreto questo concetto proponendoil proprio piano di “Comunicazione &Immagine” come progetto per i Volontari delServizio Civile Nazionale.Il disegno prende vita autonoma e viene bat-tezzato con un nome esplicito e incisivo:COMUNICANFFAS.Una doppia sfida per Anffas: trasformare lacomunicazione da funzione residuale a parteintegrante della propria attività; investire inrisorse giovani e fortemente motivate.Il progetto romano non è l’unico ad esserestato presentato, ANFFAS sul territorionazionale ha proposto altri due progetti diforte impatto sociale: “Easylife”, finalizzatoalla formazione e all’impiego di volontariaddetti a favorire l’utilizzo di strumenti infor-matici da parte delle persone con disabilità e“Carta dei Servizi”, per fornire uno strumen-to per avviare i processi di qualità legataall’adozione della carta dei servizi, favorendol’omogeneità degli standard adottati e lamessa in rete delle esperienze. L’intenzione èquella di “dispiegare” su tutto il territorionazionale un nutrito gruppo di volontari (tra i18 e i 26 anni).La sede Nazionale vede attualmente a lavo-

ro tre volontarie convinte che informare imass-media sulla realtà delle persone condisabilità e delle loro famiglie, sia uno deimomenti fondanti della battaglia in difesa deiloro diritti.L’attività del neonato Ufficio Stampa eComunicazione si articola in tre macroaree,la comunicazione, l’informazione e il moni-toraggio sui problemi inerenti la disabilitàintellettiva e relazionale.L’aspirazione, infatti, è quella di divenire unpunto di riferimento e raccordo delle infor-mazioni per le Associazioni socie e le fami-glie, ma, nello stesso tempo, un momento diapertura verso l’esterno attraverso la costru-zione di un dialogo costante con i media e ilMondo Associativo nella sua complessità.Le volontarie sviluppano le attività

dell’Ufficio Stampa e Comunicazione attra-verso la gestione di un’ampia gamma di stru-menti, quali il servizio di help line sul nume-ro verde dell’Anffas, la gestione del sito uffi-ciale, la redazione del periodico “la Rosablu”, la realizzazione di materiale informati-vo e la creazione di una banca dati legislativasul sociale e sull’handicap.Nasce una nuova realtà operativa all’internodella sede nazionale di Anffas Onlus, unnuovo impulso all’attività di promozione etutela dei diritti delle persone con disabilità eall’assistenza delle famiglie coinvolte neldisagio; in ragione dell’insopprimibile neces-sità dell’Associazione di comunicare al pro-prio interno come all’esterno, Anffas si alli-nea con il mondo del Terzo Settore nella con-sapevolezza che la comunicazione può rap-presentare un valore aggiunto per la propriaattività. L’esperienza del servizio civile all’internodell’Anffas si sta rivelando un momento diapertura e crescita importante perl’Associazione e, allo stesso tempo, un’espe-rienza lavorativa di alto livello per le volon-tarie che hanno avuto la possibilità di viverequesto particolare momento storicodell’Associazione divenendo parte integrantedel processo di trasformazione in atto.

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Enrico Maria Borrelli - Presidente di AMESCI Membro della Consulta per il Servizio Civile della Presidenzadel Consiglio dei Ministri.

Servizio Civile Volontario,dall’obiezione di coscienza allapianificazione della solidarietà.

l servizio civile ha per anni ha rappre-sentato il luogo, il percorso, all’interno delquale chi rifiuta l’uso delle armi ed il serviziomilitare, cioè l’obiettore di coscienza, puòugualmente e con pari dignità svolgere unservizio alternativo di difesa della Patriarispondendo al medesimo obbligo costituzio-nale al quale rispondono i militari. Tuttavia,senza la dichiarazione di obiezione dicoscienza, a volte sincera e motivata altrepurtroppo obbligata, un libero accesso al ser-vizio civile per i giovani di leva non è di fattoconsentito, nonostante sia stata dichiarata lapari dignità dei due servizi.Altra cosa è il servizio civile volontario, par-tito da circa due anni in via sperimentale, cheprevede un rapporto libero tra lo Stato, rap-presentato nelle sue diverse forme, ed i gio-vani. Sebbene ne conservi il nome differiscedal servizio sostitutivo civile degli obiettoridi coscienza tanto nella forma quanto nellasostanza. Cambia principalmente il rapportotra gli enti ed i giovani, tra chi propone i pro-getti e chi li deve attuare nel concreto, cam-bia il rapporto tra domanda e offerta.La prima e più importante differenza da spie-gare è che il servizio civile obbligatorio, chea sentire il Governo resterà in vigore fino atutto il 2004, riguarda come sempre i maschidichiarati abili ed arruolati alla visita di levae che fino alla sospensione della stessa saran-no soggetti all’espletamento dell’obbligo. IlServizio civile volontario, invece, riguardatutte le ragazze di età compresa tra i 18 ed i26 anni ed i soli ragazzi dichiarati inabili allaleva compresi nella medesima fascia di età.Differenze più sostanziali le troviamo nel-l’organizzazione del nuovo servizio civileche, per la differente modalità di accesso,costringe gli enti ad investire maggiormentesull’aspetto formativo dei giovani e sullaqualità dei progetti, favorendo una positivaricaduta e un maggior impatto sociale delservizio civile sul territorio. La qualità deiprogetti è in sé stesso un valore, ma acquistamaggiore importanza se si considera che essa

viene percepita dal giovane in termini diappetibilità della scelta. Un buon percorsoformativo, magari professionalizzante, rap-presenta, all'interno di un progetto, il benefi-cio personale che il giovane rileva in funzio-ne della propria scelta di dedicare dodicimesi allo Stato.Il risultato più interessante che vorremmoscaturisse dall’incontro tra la necessità delloStato, da un lato, di avere un Servizio Civileche favorisca lo sviluppo del territorio e ladifesa delle categorie deboli e, dall’altro, l'in-teresse dei giovani che ne traggono esperien-za, formazione e crediti sarebbe quello di riu-scire ad animare una coscienza, oggi quantomai sopita, dell'essere cittadini e dell'apparte-nere ad una comunità che ci garantisce dirittie al tempo stesso ci impone doveri. Per trac-ciare una linea netta tra il servizio civile degliobiettori e quello dei volontari possiamo direche l’unità di misura del nuovo servizio civi-le sono i giovani e non più gli enti. Nonostante questo, c’era il timore che i gio-vani non recepissero, non scegliessero volon-tariamente di entrare in un progetto e chequesto avrebbe portato al collasso del sistemadei servizi costruito in trent’anni di serviziocivile e di obiezione di coscienza. Il primobando per la selezione dei volontari non pro-dusse un risultato entusiasmante e questo erada attribuire ad un’informazione ancora scar-sa e alla novità. Il timore che sarebbe crolla-to tutto è durato poco. Dal secondo bando inpoi, grazie al lavoro di informazionedell’UNSC e all’immancabile passaparola trai giovani, l’esperienza è decollata senza frenolasciando intravedere un futuro longevo. Lavarietà dei progetti, che spaziano dall’am-biente alla protezione civile all’assistenzasociale fino alla formazione in materia dicommercio con l’estero, pone il servizio civi-le, anche e soprattutto per la fascia d’età inte-ressata, al centro di un più ampio programmadi politiche giovanili che abbiano a cuore laformazione, l’educazione e l’orientamentodei giovani. Non ritengo di sbilanciarmi

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dicendo che il servizio civile prenderà uno spazio semprecrescente tra i giovani diventando in breve un passaggioobbligato della loro crescita e della loro formazione, unavera e propria tappa culturale. Ovviamente tutto ciòdipenderà non soltanto da loro, ma da quanto la classepolitica, ad ogni livello, riconoscerà questa funzione delservizio civile e ne aiuterà il radicamento all’interno dellepolitiche giovanili attuate a livello locale.Per esempio, il Governo dovrebbe innanzitutto prenderecoscienza nella sua totalità che il servizio civile non è uncontentino per alcune migliaia di giovani, ma serve piutto-sto a rispondere a quelle domande che provengono dalleclassi sociali più bisognose di tutele, alle quali lo Statospesso non riesce a fornire risposte adeguate. E' quindi necessario che il Governo si adoperi per favorir-ne la partecipazione attuando politiche e incentivi funzio-nali alle esigenze dei giovani, che tenga in conto eventua-li percorsi di studi, da dover rendere compatibili con ilservizio, o anche talune forme di lavoro che non ostacoli-no il regolare svolgimento dei progetti.Ad esempio, il Decreto n°77/02, all’articolo 10 comma 2,recita: "La prestazione del servizio civile è incompatibilecon lo svolgimento di qualsiasi attività di lavoro subordi-nato o autonomo." Mi sembra che in questo modo ilGoverno abbia mutuato il concetto di impegno sociale conquello di sacrificio, chiedendo ai giovani di inibirsi espe-rienze parallele prima ancora di valutare se siano o menoincompatibili con il servizio civile.Le motivazioni di una simile chiusura andrebbero forsericercate nell'immancabile confronto con i militari in ser-vizio volontario i quali, per esigenze funzionali alle soleforze armate, non sono abilitati allo svolgimento di altreattività lavorative. Dovremo forse ricordare che l'attualeriforma delle forze armate ha sancito la distinzione e l'au-tonomia dei due strumenti, mantenendo in comune la solafinalità di difesa della patria.Di contro, va detto che la flessibilità che molti enti e molteassociazioni invocano è una condizione indispensabileperché l'intero sistema decolli, poiché consente a personedi diversa estrazione culturale e sociale e con differentipercorsi di vita di condividere un'esperienza importantesenza dover rinunciare a costruire, anche nel mentre, ilproprio futuro.Il decreto, per alcuni versi, ci ha riportato ai primi dubbiche accompagnavano la stesura della legge 64/01, quandoil problema era quello di centrare il gradimento dei giova-ni nella proposta dello Stato, ovvero di capire quali fosse-ro le motivazioni che potevano indurli ad "impegnarsi" perdodici mesi.La risposta fu quella di dover rendere il servizio civileinteressante, formativo e accessibile. Vale a dire organiz-zarlo in modo che non ostacolasse la vita di un giovaneche nel pieno della costruzione del suo futuro e, se possi-bile, di integrarlo nei percorsi canonici di studio e di lavo-ro.In quest'ottica il servizio civile si presenterebbe comeun'attività integrativa nel percorso di studi o di formazio-ne professionale di un giovane e perché lo Stato goda di unsuo sviluppo non può trascurare l'analisi dei fattori che nefavoriscono o ne ostacolano la scelta.La durata annuale del servizio, il notevole monte ore setti-manale e l'incompatibilità con altre forme di lavoro sono

punti sui quali il Governo dovrà lavorare perché il serviziocivile si caratterizzi per quell'elemento che lo rende unostrumento giovane e moderno: la flessibilità.Sono state fatte ipotesi di un servizio civile organizzatosulla base di un monte ore complessivo (1200) da esperirenell'arco di tre anni, senza il limite di una continuità avolte ingombrante e senza il vincolo di un unico progettoche può rappresentare, proprio per chi lo vive come un'e-sperienza formativa, una scelta riduttiva.Se i giovani potessero scegliere quando svolgere la propriaattività di "volontari dello Stato" con formule più snelle econ una gestione dei tempi assolutamente compatibile coni loro studi o con esperienze di lavoro, anche stagionale,sicuramente il servizio civile entrerebbe non solo nellavita di molti più giovani, ma anche nel costume del nostropaese.

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Andrea Pignatti

Per Ristuccia Advisors

I finanziamenti europei:un‘opportunità di sviluppo.Dall’indagine dei bisogni all’attivazione di un servizio nazionale per le associate ANFFAS .

l 2004 vedrà l’attivazione di un serviziosui finanziamenti comunitari da parte dellaSede Nazionale per valorizzare le progettua-lità del sistema ANFFAS e per facilitare efavorire l’accesso alle opportunità di finan-ziamento dell’Unione europea.L’attivazione del servizio rappresenta il risul-tato di un percorso realizzato in collabora-zione tra ANFFAS Nazionale e i RistucciaAdvisors – Area Finanziamenti Europei peroffrire nuovi servizi innovativi e di qualitàfinalizzati ad apportare un valore aggiunto atutte le realtà socie migliorando ed accre-scendo le opportunità di crescita e sviluppodel sistema ANFFAS.

La strategia adottata consiste nella struttura-zione ed implementazione di un servizio diinformazione, formazione e assistenza tecni-ca sui finanziamenti europei rivolto a tutte leassociate. Per attivare tale servizio, tuttavia,si è ritenuto necessario in primo luogo com-prendere il livello di conoscenza dei finan-ziamenti europei da parte delle associate.Indagare su eventuali esperienze realizzateoltre all’esistenza di rapporti con partnereuropei. Comprendere, infine, le esigenzedelle associate per definire le modalità piùefficaci con cui attivare tale servizio.

I finanziamenti comunitari Le opportunità di finanziamento comunitariea gestione diretta (così denominate perchégestite direttamente dagli Uffici Centralidella Commissione europea) sono costituiteda un insieme di tipologie di contributi con-cessi in forme diverse dalla Unione europea,e precisamente: Programmi Mirati; Linee diBilancio; Programmi di Ricerca e SviluppoTecnologico. Sono già diversi anni che l’Unione europeaha attivato importanti programmi che ricado-no nell’ambito dei settori di ANFFAS. Tra ipiù importanti ricordiamo:

Programma di Lotta contro la discrimina-zione – Programma volto a promuoveremisure di lotta alle discriminazioni dirette o

indirette. Il programma intende migliorare lacomprensione dei problemi connessi con ladiscriminazione attraverso una miglioreconoscenza del fenomeno e una valutazionedell’efficacia delle politiche e delle prassi;promuovere la capacità degli attori nel setto-re per affrontare efficacemente la discrimina-zione, rafforzando gli strumenti d’azionedelle organizzazioni e sostenendo lo scambiodi informazioni, buone prassi e la costituzio-ne di reti; promuovere e divulgare i valori ele prassi che animano la lotta contro la discri-minazione, anche attraverso attività di sensi-bilizzazione.

Programma di Lotta contro la emargina-zione – Programma volto a rafforzare l'effi-cacia delle politiche nazionali e comunitarie,volte a combattere l'emarginazione sociale,favorendo: una migliore comprensione deifenomeni dell'emarginazione sociale; loscambio d'informazioni relative alle politicheseguite dagli Stati membri, in attuazione deipiani d'azione nazionali in materia di emargi-nazione sociale; il miglioramento delle capa-cità di soggetti chiave di affrontare i proble-mi dell'emarginazione sociale e della povertà.

SOCRATES – Programma a sostegno dell’i-struzione a tutti i livelli volto a promuoverela cooperazione tra gli Stati membri nelcampo dell’istruzione, stimolando lo scam-bio di informazioni e la mobilità dei docentie degli studenti.

Gioventù – Programma a sostegno dellepolitiche giovanili: sensibilizzare i giovanialle diversità culturali ed ai valori presentinei Paesi dell’Unione europea, attraverso laloro partecipazione a scambi transnazionali;rafforzare il senso di solidarietà dei giovanipromuovendo il loro impegno in attività alservizio della comunità in Paesi diversi daquello di residenza; incoraggiare la creativitàdei giovani; rafforzare la cooperazione tra gliStati nel settore delle politiche giovanili,favorendo lo scambio di buone prassi, la for-mazione degli operatori e lo sviluppo di azio-

I Premessa

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ni innovative a livello comunitario.

L’indagine effettuata ha voluto individuare ed analizzarela conoscenza di questi strumenti, il livello di utilizzo el’interesse delle singole realtà territoriali di ANFFASverso tali contributi gestiti direttamente da Bruxelles o daaltre istituzioni costituite ad hoc in Europa.Sono stati esclusi, pertanto, da questa indagine prelimina-re quei finanziamenti che sono comunemente definiti“europei”, ma che in realtà vengono gestiti in manieradecentrata da enti amministrativi territoriali (Ministeri,Regioni, Province) e prevedono ricadute principalmentesul territorio locale e/o nazionale senza richiedere un par-tenariato transnazionale (es. le azioni finanziate dal FondoSociale europeo quali l’Obiettivo 3).Tuttavia dalle risposte raccolte si è impostata una strategiaad ampio raggio che parta da un livello comunitario perpoi rispondere, in un secondo momento, alle esigenze diinformazione e assistenza anche sulle opportunità esisten-ti a livello decentrato.

L’indagine svoltaIn occasione dell’Assemblea Nazionale dei rappresentantidelle Associazioni socie, svoltasi a Roma il 10 e l’11 mag-gio 2003, ANFFAS Nazionale ha ufficializzato alle pro-prie associazioni l’inizio di una indagine, commissionataalla Ristuccia Advisors – Area Finanziamenti Europei -avente ad oggetto la rilevazione dell’esperienza maturatadalle singole sedi territoriali nell’ambito dei finanziamen-ti europei (a partire dall’eventuale partecipazione a pro-getti comunitari), nonché l’individuazione e la verifica delloro interesse a conoscere e/o approfondire gli strumenti ele modalità di accesso alle opportunità di finanziamentocomunitario.L’indagine svolta ha coinvolto circa 180 associazioni.Sono stati raccolti 50 questionari che corrispondo ad uncampione del 28% rispetto al totale delle associazionisocieI risultati che ne sono conseguiti hanno rafforzato l’idea diattivare un servizio a tutte le associate. Infatti alla doman-da “Sarebbe interessato ad accrescere le sue conoscenzesulle opportunità di finanziamento comunitarie dirette alsettore specifico di attività?” il 100% del campione harisposto “sì”. Così anche alla richiesta di ricevere infor-mazioni su tali finanziamenti tutti gli intervistati hannomanifestato interesse.

La strategia elaborataDa un punto di vista organizzativo, nell’ottica di creare unsistema funzionale di servizi a favore delle singole sediANFFAS del territorio, ANFFAS Sede nazionale, dataanche la sua centralità geografica ed operativa, ha decisodi ricoprire il ruolo di fornitore e coordinatore del com-plesso delle attività/opportunità a cui le singole associatepotranno accedere in maniera singola o integrata.

In collaborazione con la Ristuccia Advisors – AreaFinanziamenti Europei è stata disegnata la sequenza delleazioni che saranno attivate a partire dal 2004 sulle treseguenti linee:• InformazioneCome attività informativa verrà realizzato un “Portale”sulle opportunità comunitarie collegate ai settori di inter-vento delle associate di ANFFAS che si collocherà all’in-

terno del Sito Ufficiale di ANFFAS. Il nuovo Portale per-metterà agli utenti - navigatori di individuare le realiopportunità europee con informazioni sintetiche edaggiornate. Le informazioni saranno costituite da schederiassuntive di presentazione delle opportunità per facilitar-ne la comprensione, basate su documenti ufficiali dellaCommissione. Saranno attivati sistemi di ricerca per faci-litare l’orientamentoA supporto verrà attivata una Newsletter informativa,inviata via posta elettronica, per l’aggiornamento costan-te sulle opportunità comunitarie e sullo stato di elabora-zione e attuazione delle politiche dell’Unione europea. Durante l’anno verranno infine realizzati Info day su bandiin uscita o nuovi programmi comunitari nel settore.• FormazioneVerranno attivati tre tipologie di corsi formativi indirizzatirispettivamente a:Consiglieri Nazionali: corso di inquadramento ed approccioefficace al tema dei finanziamenti comunitari durante ilquale verrà pianificata anche l’attività dei moduli tecnici ela gestione delle progettualità della Sede nazionale e delleassociate.Comitati Regionali: corso per i referenti delle sedi regiona-li che costituiranno parte della futura task force di progetta-zione europea supportando l’integrazione informativa delSito con le opportunità di finanziamenti gestite in manieradecentrata sui rispettivi territori regionali.Tecnici delle associazioni: corso finalizzato all'illustrazionedegli elementi fondamentali per una efficace progettazionecomunitaria.• Assistenza tecnicaL’assistenza tecnica verrà supportata sia nella fase di pre-screening delle idee progetto che nella elaborazione delprogetto stesso.Nello specifico sarà fornita una assistenza preliminare suidee progettuali per verificare i canali di finanziamento piùidonei per gli investimenti presentati.Tale attività prevede lo svolgimento di una fase istruttoriatecnica della domanda presentata dall’utenza al fine diverificare l’ammissibilità alle opportunità individuate.I progetti, valutati di interesse da parte della SedeNazionale di ANFFAS, potranno essere supportati dalpunto di vista tecnico.Lo svolgimento di attività di assistenza tecnica sui finan-ziamenti comunitari consisterà in un affiancamento nellosviluppo e nell’articolazione dell’azione e nell’assistenzanella preparazione della documentazione di richiesta difinanziamento.Infine per fornire un aiuto nella difficile ricerca di partnera livello transnazionale per la partecipazione a opportunitàgestite dalla Commissione europea, verrà attivato unapposito data base partenariato per supportare eventualiricerche di partner per future iniziative transnazionali.

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Testimonianzadi una madre...

Lettera di una mamma

Mi chiamo Nadia, sono assistente sociale presso una associazione ANFFAS, ma soprattutto

da 3 anni sono mamma di un bambino down.

Riordinando le riviste in ufficio ho ritrovato e letto con interesse il dossier da Voi pubblicato nel

numero di marzo/aprile 2000 “E’ nato un bambino down” e per questo ho deciso di scrivere

questa lettera.

Nella vostra pubblicazione, come in quasi tutte quello che ho letto fino ad oggi, si parla della

nascita di un figlio down come un “evento che si connota come problematico e angoscioso”, “l’in-

frangersi di tutte le speranze, certezze, gioia di avere un figlio”; si parla della reazione “di rifiu-

to” della madre, dei “sentimenti negativi di rabbia, rifiuto, non accettazione”.

Credo che questi sentimenti possano essere veri per molte donne, ma che non sempre sia così e

per questo ritengo necessario dire che la nascita di un figlio, “sano” o down, è sempre e comun-

que una gioia. Penso che una futura mamma che ha saputo dagli esami di essere in attesa di

un bimbo con trisomia 21 , se decide di informarsi e leggere testi sull’argomento, trovando solo

affermazioni come quelle citate sopra avrà molta difficoltà ad accettare con gioia e serenità l’ar-

rivo del suo piccolo. E invece la mia esperienza, così come quella di tanti genitori dell’ANFFAS,

insegna proprio il contrario.

Vorrei brevemente quindi raccontarvi la mia storia:

durante la gravidanza non ho voluto fare gli esami per la trisomia 21 (tritest, amniocentesi) per-

ché qualunque fosse stato il risultato avrei comunque portato a termine la gravidanza. Infatti,

come tutti sapete, l’unica soluzione in questi casi è l’aborto terapeutico che però a parere mio non

è prevenzione, ma sempre aborto rimane. Il mio lavoro con bambini portatori di handicap e con

le loro famiglie, e la mia fede cristiana, mi hanno insegnato che ciò che conta nella vita non è il

produrre, l’ andare all’università, o il diventare persone di successo, ma essere felici, essere volu-

ti bene e voler bene….e questo lo può fare con successo anche mio figlio.

Quando poco dopo il parto mio marito mi ha comunicato che probabilmente nostro figlio era

down non ho provato rabbia, tristezza ecc. ma la stessa gioia che provavo prima. Certo c’era la

preoccupazione per eventuali malformazioni cardiache o altri problemi correlati alla sindrome

di down. Non è stata la mia una reazione dettata dall’inesperienza o dall’ignoranza sull’argo-

mento, so bene infatti, dopo 10 anni di lavoro all’ANFFAS, quante difficoltà una famiglia con

un figlio portatore di handicap deve affrontare.

Ho iniziato a dare la notizia ai parenti, agli amici, ai colleghi e molti hanno reagito dicendo “mi

dispiace”, ma non c’è da dispiacersi anzi c’è da essere felici perché Gabriele è un bel bambino e

sta bene.

Come dicevo prima, io sono una persona di fede, e questo mi ha permesso di vivere l’arrivo di

Gabriele, questo bimbo un po’ speciale, come un dono che ha portato tanta gioia e serenità.

Forse sarà un bimbo più debole ed incontrerà maggiori difficoltà, ma tutti possono essere amici

e l’amicizia non mette nessuno da parte, tira fuori il meglio di ognuno, può cambiare la vita.

Vorrei cogliere quest’occasione per ringraziare i tanti genitori che in questi anni ho incontrato

nei Centri dell’Anffas perché sono stati per me testimoni di come si possa vivere con serenità e

forza con un figlio portatore di handicap ed hanno saputo condividere con me la gioia dell’ar-

rivo di Gabriele.

Vorrei concludere dicendo che la diversità non è sinonimo di sofferenza e tristezza, anzi è un

arricchimento per ciascuno di noi ed occorre avere ogni giorno la forza per dirlo a tutti.

E chissà che non sia vero che il terzo cromosoma 21 dei bimbi down sia portatore di gioia, feli-

cità, simpatia e affetto? Noi lo stiamo già sperimentando.

Nadia , una mamma di Genova

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Sono giunte in redazione numerose richieste affinchétrattassimo delle vaccinazioni e dei rischi associati.Abbiamo raccolto le vostre domande e le abbiamogirate ai dottori Angelo Cerracchio, neurologo eAntonietta Schiano, infettivologa.

I vaccini servono?Si servono perché sono in grado di prevenire l’insor-genza di molte malattie infettive sia virali che batte-riche e in alcuni casi rappresentano l’unica risorsaverso malattie non evitabili o curabili come polio-mielite o difterite.

Le vaccinazioni quindi sono utili?Certo. L’utilità dei vaccini può essere facilmentededotta dai dati epidemiologici che evidenziano l’e-radicazione della poliomielite e della difterite dalnostro paese e la marcata riduzione dell’epatite B daquando è stata introdotta la vaccinazione obbligato-ria.

Le vaccinazioni oltre che utili sono efficaci?Si, le vaccinazioni non rappresentano solo la prima eirrinunciabile difesa contro le malattie infettive maanche uno dei presidi più efficaci con un ottimo rap-porto costo – beneficio. L’efficacia non è assoluta.Nei bambini vaccinati contro la polio, il tetano,l’Haemophilus influenzae, l’epatite B, il morbillo, laparotite e la rosolia è maggiore del 95%; nei bambi-ni vaccinati contro la pertosse è pari all’85%, nell’al-tro 15% dei bambini che non sono stati completa-mente immunizzati dalla vaccinazione la gravità deldecorso della malattia, nel caso venissero colpitidalla pertosse, è notevolmente ridotta.

In quest’ultimo caso però è bene ricordare che lavaccinazione riduce L’efficacia della vaccinazionenon riguarda però solo la singola persona ma l’interacomunità infatti la vaccinazione protegge le personeimmunizzate, diminuisce il numero di suscettibilialla malattia e ne rallenta la circolazione. Prima che ivaccini venissero utilizzati su larga scala, le malattieinfettive causavano migliaia di morti ogni anno siatra i bambini che tra gli adulti.

I vaccini cosa sono?I vaccini sono farmaci che presentano generalmenteun eccellente livello di sicurezza sebbene, comequalsiasi farmaco, nessun vaccino è sempre efficaceo sicuro.

I vaccini come sono fatti?I vaccini sono costituiti da principi attivi ed ecci-pienti. I principi attivi possono essere costituiti da

• virus o batteri interi inattivati (uccisi) Questi vacci-ni non determinano la malattia ma solo la rispostaanticorpale e quindi la capacità da parte dell’organi-smo di rispondere efficacemente ad una futura pro-babile infezione dell’organismo verso cui si è vacci-nati;• frammenti, componenti, parti superficiali dei virusin grado di attivare il sistema immunitario e la com-parsa di risposta anticorpale; • tossine, sostanze tossiche prodotte da alcunimicrorganismi, inattivate;• virus o batteri vivi attenuati (non uccisi ma modifi-cati in maniera da renderli innocui) che, oltre allaproduzione di anticorpi specifici, inducono unaforma asintomatica della malattia;• proteine ottenute per sintesi.

Gli eccipienti servono a migliorare il potere immu-nogeno (la capacità di evocare la risposta immunita-ria), la stabilità e la durata del vaccino.

Cosa sono i vaccini trivalenti?I vaccini trivalenti sono quelli in cui sono presenti trediversi principi attivi (ad es. morbillo, parotite e per-tosse). Oggi per semplificare e diminuire il numerodelle vaccinazioni si mettono nella stessa fiala varitipi di vaccini. Sono già in uso vaccini pentavalente(polio, difterite, tetano, pertosse, haemophilus) edesavalente ((polio, difterite, tetano, pertosse, hae-mophilus, epatite B).

La somministrazione contemporanea di più vacci-ni aumenta il rischio di effetti collaterali indeside-rati?La sicurezza e l’efficacia, delle diverse combinazio-ni di vaccini vengono testate molto accuratamenteprima di essere commercializzate. Anche gli studiepidemiologici successivi alla somministrazione divaccini polivalenti non hanno dimostrato un aumen-to di eventi avversi.

Verso quale malattie bisogna vaccinarsi e quan-do?Il programma delle vaccinazione, prevista nel nostropaese, è rivolto a prevenire nove malattie che causa-no gravi complicazioni e talvolta la morte. Il pro-gramma prevede nel primo anno di vita la sommini-strazione di vaccini antipolio, difterite, tetano, per-tosse, epatite B, ed Haemophilus influenzae. Nelsecondo anno la somministrazione del vaccino con-tro morbillo, parotite e rosolia e nel terzo il richia-mo della polio. Tra i cinque e i sei anni viene som-ministrata una dose di richiamo di vaccino controdifterite, tetano, pertosse, morbillo, parotite e rosolia.

Vaccinazioni e Rischi Correlati

INSERTO SCIENTIFICO

Testi selezionati dal Comitato Scientifico Anffas – Onlus Presidente : Angelo Cerracchio

Componenti : Luigi Croce , Marisa Gennaio

Angelo Cerracchio - Direttore Sanitario Anffas Onlus - Salerno

Antonietta Schiano - Direttore sanitario delle RSA per Disabili Anffas - Onlus “Le Ginestre” e

“Kennedy” di Torre del Greco.

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Infine a compimento dell’undicesimo anno di età siha la somministrazione di un intero ciclo di tre dosidi vaccino antiepatite B.

Dopo quanto tempo dalla somministrazione delvaccino si è protetti verso l’infezione?La protezione offerta dal vaccino per il morbillo ètanto rapida che la vaccinazione può arrestare lamalattia quando il contagio è avvenuto nelle 72 oreprecedenti. Negli altri casi però la protezione non èimmediatamente successiva alla vaccinazione ma sirealizza dopo alcune settimane. Nella vaccinazionecontro la difterite – tetano – pertosse è solo al termi-ne della somministrazione completa del ciclo che siha una protezione completa mentre dopo la prima ola seconda dose la protezione è parziale.

La protezione assicurata dalle vaccinazione quan-to dura?La protezione verso il morbillo, la rosolia, la paroti-te, la polio e l’epatite B dura tutta la vita e quindi nonè necessario, dopo il ciclo di base, fare richiami. La protezione verso la pertosse, dopo un ciclo com-pleto, supera i cinque anni: periodo sufficiente persuperare i primi anni di vita quando la malattia è piùgrave. La pertosse difficilmente viene diagnosticatanegli adulti ma da quando si è dimostrato che èresponsabile nel 12% degli adulti di tosse debilitantee persistente per più di due settimane sono in corsostudi per preparare vaccini anche per gli adulti. La protezione contro il tetano decade lentamentequindi per essere sicuri è necessario ogni 10 anni ese-guire dosi di richiamo.

Tutti i bambini possono essere vaccinati?Tutti i bambini sani possono essere vaccinati. Le uni-che vere controindicazioni sono:1. malattie in cui vi è chiara deficienza del sistemaimmunitario: leucemie, infezioni da HIV …;2. sindromi da immunodeficienza secondari a tratta-menti farmacologici: radiazioni, trattamenti cortiso-nici protratti, più di due settimane, e a dosaggi eleva-ti, più di 2 milligrammi per chilo di peso corporeo diprednisone al giorno);3. malattia febbrile acuta;4. allergie alle sostanze presenti nel vaccino in parti-colare agli eccipienti ma anche a tracce di antibioti-ci.

In merito ai cortisonici è bene chiarire che si puòvaccinare tranquillamente quando sono stati utilizza-ti per via topica (creme e pomate utilizzate perapplicazione cutanee), inalatoria (spray per aerosol)o somministrati per via orale per un periodo inferio-re alle due settimane.Le persone che invece hanno preso alte dosi di ste-roidi per bocca per più di due settimane non devonoricevere vaccini vivi "attenuati". I vaccini virali vivisono i vaccini polio Sabin, morbillo, parotite, rosoliae varicella. Questi vaccini possono essere sommini-strati circa 3 mesi dopo aver terminato la terapia congli steroidi.In passato, quando era ancora in uso il vaccino anti-pertosse a cellule intere si raccomandava di ritardarela vaccinazione nei neonati e nei bambini con crisiepilettiche o malattie neurologiche che potesserodeterminare epilessia.

E’ frequente però che bambini con lievi malattienon vengono vaccinati?Sì e si tratta di un eccesso di prudenza peraltro nongiustificato. Le malattie lievi non alterano la capacitàdel sistema immunitario di rispondere in manieraefficace ai vaccini. La presenza di sintomi (febbre,diarrea non protratta) e infezioni lievi (otiti, faringi-

ti) non dovrebbero rappresentare una controindica-zioni alla vaccinazioni così come le allergie agli anti-biotici (penicillina, cefalosporine) ad eccezione dellaneomicina e della streptomicina.

I bambini prematuri devono essere vaccinati?Sì e vanno vaccinati secondo il calendario normale divaccinazione.

Sono pervenute molte domande sulla sicurezzadei vaccini?Il timore che le vaccinazioni possano determinaredanni neurologici deriva dall’osservazione che iprimi vaccini per la rabbia spesso, a causa della loropreparazione, causavano un’encefalomielite: condi-zione simile alla sclerosi multipla. La sicurezza deivaccini oggi è notevolmente aumentata anche perché • la fase di sperimentazione clinica che precede lacommercializzazione dei vaccini è molto lunga,spesso oltre i dieci anni, e coinvolge migliaia di per-sone; • prima della commercializzazione per ogni lotto divaccino si testa la purezza, l’efficacia e la sicurezza; • in tutto il mondo occidentale vengono utilizzati glistessi vaccini e le informazioni sulla loro sicurezzaderivano dalla vigilanza degli eventi susseguenti allasomministrazione di centinaia di milioni di dosi. La fase di sperimentazione, il controllo durante lapreparazione e la vigilanza post somministrazionehanno permesso di realizzare vaccini molto sicuri,infatti le gravi complicanze dopo vaccinazione sonopossibili ma estremamente rare. Non bisogna peròdimenticare che i vaccini, come tutti i farmaci, pos-sono dare effetti collaterali. Gli effetti collaterali piùfrequenti sono febbre lieve, dolore, arrossamento egonfiore nel punto di iniezione (difterite - tetano –pertosse, polio Salk iniettivo, epatite B), diarrea estanchezza (polio Sabin orale) e si manifestano entrotre – quattro ore dalla somministrazione. Nel casodella vaccinazione contro morbillo – parotite - roso-lia gli effetti collaterali consistono nella comparsadella febbre lieve, rash cutaneo, ingrossamento delleghiandole e possono manifestarsi tra il quinto e ildodicesimo giorno dopo la vaccinazione.

Quali sono le gravi complicanze a cui avete accen-nato?Difficoltà respiratorie, shock e interessamento cere-brale con disturbi neurologici generalmente simili aquelle determinate dalla malattia che insorge natural-mente. Le gravi complicanze post vaccinali com-paiono in meno di un caso ogni 10.000 bambini vac-cinati. Si tratta di probabilità marcatamente inferiorealle complicanze delle malattie per cui ci si vaccina. Dopo la vaccinazione per la difterite, il tetano e lapertosse (DTP) sono stati descritti “attacchi ipotoni-ci/iporesponsivi” e crisi epilettiche, si presume chesiano di origine sincopale e che non abbiano sequele.Sono stati riportati anche casi di neonati che hannosviluppato una neurite brachiale: il recupero è statorapido e completo.Dopo la vaccinazione per morbillo, parotite, rosoliasono stati riportati un piccolo numero di casi di ence-falite morbillosa con sequele neurologiche e di sor-dità neurosensiorale e più frequentemente radicolo-nevriti e altre neuropatie.

Nel caso in cui la vaccinazione determini unacomplicanza neurologia grave e permanente comevengono tutelati il bambino e la famiglia?Non è semplice dimostrare il rapporto causale travaccinazione e comparsa di grave complicanze neu-rologiche. A questo proposito è emblematico quantoè successo in Gran Bretagna ed in Giappone. In que-sti Paesi, dopo che furono descritti, in seguito a vac-

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cinazione per la difterite – tetano – pertosse (DTP),diversi episodi di encefalopatia acuta con grave epermanente compromissione neurologica, si registròuna drastica diminuzione di bambini vaccinati.Ripetute epidemie di pertosse determinarono decinedi decessi prevenibili. Furono, quindi, intensificatigli studi per capire se l’encefalopatia acuta fosserealmente riconducibili alla vaccinazione DTP poi-ché era noto che encefalopatie con crisi epilettichenon correlate alla vaccinazione DTP potevano esor-dire alla stessa età in cui i bambini venivano vacci-nati. La diagnosi differenziale era impossibile poichénon esistevano sintomi clinici, lesioni neuropatologi-che o test di laboratorio peculiari dell’encefalopatiaassociata alla DTP. Gli studi epidemiologici control-lati per determinare se l’esordio dei sintomi neurolo-gici fosse conseguente e non coincidente con la vac-cinazione riscontrarono una relazione, peraltro scar-samente significativa e successivamente smentita, travaccinazione DTP e spasmi infantili o disturbi del-l’apprendimento ma nessuno studio, compresi trestudi prospettici di coorte di oltre 600.000 dosi som-ministrate, riuscì a stabilire un legame tra lesionicerebrali e DTP. (Gli studi epidemiologici possonoindividuare il rischio relativo di un evento indeside-rato comune, ma non possono individuare il rischiodi un evento raro: uno su un milione). Alla luce deglistudi e della revisione della letteratura relativa allarelazione tra DTP e lesioni neurologiche permanentisi giunse alle seguenti conclusioni:1. la vaccinazione DTP è un’importante misura disalute pubblica; 2. le reazioni acute febbrili giustificano lo sviluppodi vaccini migliori;3. non esiste una sindrome clinica o neuropatologicaspecifica associata al vaccino DTP e non esistonomodalità mediante cui può essere stabilita una dia-gnosi di danno cerebrale dovuto a vaccinazione DTPnel singolo caso. 4. i bambini i cui problemi neurologici iniziano pocodopo la vaccinazione giustificano un’indagine dia-gnostica completa, non il presupposto che la sinto-matologia sia spiegata dall’esordio poco dopo la vac-cinazione.5. studi epidemiologici controllati non sono riusciti asostenere l’ipotesi che danni neurologici permanentiderivino dalla vaccinazione DTP. L’associazionetemporale di per sé non dimostra un rapporto dicausa.

Questa riportata ed esperienze simili hanno indotto ilCongresso degli Stati Uniti d’America a varare ilVaccine Injury Compensation Program (VICP). Unprogramma per indennizzare gli individui che hannopresentato, per più di 6 mesi, lesioni a causa di vac-cinazioni raccomandate per tutta la popolazioneinfantile. L’indennizzo è quantificato in tabelle checonsiderano le lesioni causate dai vaccini e il perio-do temporale in cui tali lesioni devono realizzarsi.L’Institute of Medicine (IOM) aggiorna le tabelle inaccordo all’evolversi delle conoscenze scientifiche.Lo IOM nel valutare i rischi dei singoli vaccini, poi-ché non sempre erano disponibili o attendibili i datirelativi al rapporto di causalità ha preso in conside-razione la plausibilità biologica e classificato il rap-porto di causa nei seguenti cinque livelli di prova:1. non vi sono prove dell’esistenza di una relazionecausale;2. vi sono prove inadeguate per poter accettare orifiutare una relazione causale;3. le prove non propendono per una relazione causa-le;4. le prove propendono per una relazione causale;5. le prove stabiliscono una relazione causale.

E’ interessante notare che l’applicando i criteri indi-cati dallo IOM si può tranquillamente condividerel’affermazione: “la possibilità che il vaccino antiper-tussico a cellule intere possa causare un’encefalopa-tia acuta con conseguenti danni cerebrali non è maistata completamente esclusa.” Le implicazioni legalidi una tale affermazioni sono palesi.

Fino a quando non seguiremo l’esempio degli StatiUniti, proprie per le difficoltà di dimostrare un rap-porto causale, l’unico diritto esigibile è il riconosci-mento dell’invalidità civile e dell’indennità diaccompagnamento.

E’ proprio necessario vaccinarsi?Le risposte migliori credo si trovano nel decalogo delNIV (Network Italiano dei Servizi di Vaccinazione)che vale la pena riportare. 1. Le vaccinazioni sono una delle cose più importan-ti che i genitori possono fare per proteggere i lorofigli da molte gravi malattie infettive.2. Le vaccinazioni sono estremamente sicure, grazieai progressi della ricerca medica e la crescente atten-zione di medici, ricercatori e operatori di sanità pub-blica alla qualità ed alla sicurezza dei vaccini.3. I bambini e gli adulti che non sono stati immuniz-zati hanno un rischio estremamente maggiore divenire infettati, o di subire seri danni a causa diimportanti malattie infettive che potrebbero essereprevenute grazie alle vaccinazioni.4. I neonati e i bambini piccoli sono particolarmentevulnerabili alle malattie infettive; è per questo che èessenziale che siano protetti con le vaccinazioni.5. Nonostante non sia possibile escludere un certorischio associato con ogni vaccinazione, la probabi-lità, per i bambini e gli adulti non vaccinati di subiredanni a causa delle malattie è di gran lunga maggio-re.6. La ragione per cui i bambini ora ricevono più vac-cinazioni risiede nel fatto che oggi noi siamo ingrado di proteggerli per molte più malattie gravi chenel passato.7. Le persone che non sono immunizzate aumentanola probabilità che anche altri siano colpiti dallemalattie. Le malattie infettive si diffondono tra lepersone che non sono state vaccinate, e in quella pic-cola percentuale di persone nelle quali la vaccinazio-ne non ha funzionato.8. Le vaccinazioni agiscono aiutando il sistemaimmunitario a diventare più forte.9. Non ci sono reali alternative per proteggersi con-tro alcune importanti malattie infettive. 10. Senza le vaccinazioni, le malattie per cui orasiamo protetti possono tornare a far ammalare, eanche ad uccidere, molti neonati, bambini e adulti.Molti di quelli che sopravvivono alle malattie posso-no soffrirne le conseguenze per il resto della lorovita.Per contattare il Comitato Scientifico rivolgersi alla

redazione de “La Rosa Blu”Via Gianturco,1 00196 Roma

Tel. 06/3611524 06/ 3212391E-mail: [email protected]

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Epilessia e ritardo mentale

L’epilessia è la malattia neurologica conosciuta dapiù tempo a causa delle sue manifestazioni che hannosempre suscitato sorpresa, preoccupazione, misterosia in chi ne è colpito che nelle persone che negliastanti.

Il termine epilessia significa in greco :“essere colti, essere sopraffatti “: E’ proprio questaimprevedibilità e rapidità di comparsa che caratteriz-za la crisi epilettica; essa è pertanto subita dal mala-to che nulla può per evitarla. Essa inoltre non trovauna giustificazione apparente nella sua realtà contin-gente.

Nell’antichità altri eponimi sono stati uti-lizzati come “male sacro “ e “male comiziale”;entrambi sottolineavano lo stupore ed il timore di chisi trovava ad assistere a tale evento. Il primo terminead esempio sottolineava, nella cultura dell’epoca, l’i-dea che l’uomo era incapace di controllare la crisi econseguentemente questa doveva dipendere daun’entità superiore, gli dei.Il secondo, dell’epoca romana, era legato alla deci-sione di interrompere i comizi se un presente mani-festava una crisi epilettica.

Questa realtà creava e sviluppava il concetto di“diversità “, più spesso in senso negativo, ma taloraanche in senso positivo. Il malato nella cultura anti-ca, ma anche più recentemente era considerato vitti-ma del male e/ o del peccato e quindi la guarigioneeventuale poteva avvenire attraverso una purificazio-ne e/o una espiazione. La commistione tra religionee medicina era infatti elevata e spesso la figura disacerdote e di medico era incarnata in una stessa per-sona e i malati, in generale, erano condotti al tempioper essere liberati dai loro mali. Su una colonna deltempio di Esna dell’antico Egitto era scritto “ non silasci entrare chi sia nello stato di chi è colpito da bauo sotto hemet sa^ “ che voleva dire sortilegio di stre-ga o maleficio e sembra si volesse indicare proprio imalati affetti da quello che i greci chiamavano “ maledivino” , cioè l’epilessia.

Se quanto riportato era l’evidenza dellacultura antica, non mancarono figure illustri che con-futarono queste interpretazioni fornendo i primi con-tributi scientifici, basati sulla osservazione empirica.Ippocrate infatti rifiutò il concetto di male divino sot-tolineando che l’epilessia era sostenuta da modifica-zioni obiettive a carico del cervello.

Molti secoli sono passati prima che la medicinamoderna fosse in grado di attribuire alla malattia epi-lessia il giusto inquadramento scientifico strappandocosi il malato dal mistero, dalle fantasie popolari emediche. Solo alla fine del 1700 venne affermata l’u-tilità dell’uso dei bromuri per tentare di controllare lecrisi. Nel secolo scorso tuttavia si sono compiuti ifondamentali progressi interpretativi grazie allo svi-luppo della neurofisiologia, all’introduzione dell’e-lettroencefalografia, delle moderne indagini neurora-diologiche :quali la tomografia computerizzata ( T C) , la risonanza magnetica nucleare ( R M N ) e dellagenetica.

Un cammino simile si potrebbe descrivere per ilritardo mentale. Anche questo infatti è stato oggettodi interpretazioni errate e visto sempre nell’ambitodel mistero, della colpa, della paura ed inserito in ungrande calderone comprensivo di tutte quelle realtàche si manifestavano con questo carattere senzadistinzioni scientifiche di natura ma solo indicate intermini di grado di ritardo.

E’ la scarsa cultura che alimenta la diver-sità e questa determina l’emarginazione; più ci sirende conto dei reali motivi che causano una malat-tia e più si conoscono rimedi per ridurre le manife-stazioni patologiche e /o i danni riportando i malatialla loro giusta realtà medica e sociale.Le malattie del sistema nervoso hanno sempre susci-tato interesse e timore per la loro localizzazione inuna struttura estremamente complessa, sede dellefunzioni più elevate come il pensiero, l’affettività, illinguaggio, la consapevolezza di se e dell’ambientedove viviamo, oltre al controllo dei movimenti e lapercezione delle diverse sensazioni, proprie dellanostra specie.E’ nel sistema nervoso che si controllano gli istintiprimitivi come la fame, la riproduzione, in essoavviene la regolazione del sonno e della veglia oltreal controllo di tutti gli organi ed apparati.Nello stes-so sistema nervoso si localizza la sede dell’anima;da qui un disturbo che si manifesta con una compro-missione e/o perdita della coscienza suscita un sensodi impotenza e viene paragonato alla morte.

L’epilessia è certamente la malattia neuro-logica che più di altre racchiude in se tutti questi ele-menti e con i suoi sintomi può interessare una, piùo tutte le funzioni cerebrali.Per epilessia si intende una abitudine a produrre crisiepilettiche. La crisi epilettica è sostenuta da una improvvisa edingiustificata ipereccitabilità di una popolazione dineuroni con conseguente comparsa di manifestazioniperiferiche espressione della funzione che essi pre-siedono. Se ad esempio il fenomeno critico interessala regione della corteccia cerebrale che presiede almovimento di un arto, il malato presenterà unimprovvisa contrazione di questo.Si tratta quindi diuna cosiddetta attività elettrica parossistica che sisostituisce solo per un tempo breve alla normale atti-vità elettrica sempre presente nelle cellule del nostrosistema nervoso. Tale evento può essere eccezionale,anche se secondario a situazioni particolari non sem-pre facilmente riconoscibili, oppure ripetersi neltempo configurandosi nella malattia epilessia.A seconda del coinvolgimento di una sola area o ditutta la corteccia si distinguono fondamentalmentedue tipi di epilessia : • parziale • generalizzata .

L’epilessia parziale può essere a sua volta distinta in :

1. semplice 2. parziale complessa. Nella prima forma possono comparire per pochisecondi e senza compromissione della coscienza:

Giulio Sideri, Marisa Gennaio*

Dipartimento di Scienze Neurologiche Università di Roma “ La Sapienza “

*Anffas Onlus Roma

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a ) sintomi motori ( es. scosse o clonie muscolari,spasmi );

b ) sintomi somatosensoriali ( es. allucinazioni sem-plici come visione di lampi di luce, sensazioniabnormi chiamate parestesie o disestesie, sensazionedi scossa elettrica)

c ) sintomi vegetativi ( es. pallore e/o arrossamentocutaneo, modificazioni della Pressione Arteriosa,della frequenza cardiaca );

d ) sintomi psichici ( es. disturbi del linguaggio,cognitivi, affettivi )

Nella seconda forma possono comparire per pochisecondi o minuti:

a ) la cosiddetta aura ( o equivalente di una crisi par-ziale semplice)

b ) alterazione della coscienza ( pseudoassenza,arresto motorio, sguardo assente come stupito )

c ) atti involontari automatici o automatismi ( es.oro-alimentari, mimici, gestuali, verbali , ambulato-riali ,comportamentali ).

L’epilessia generalizzata si accompagna sempre aperdita della coscienza e si manifesta con :

a ) crisi a tipo assenza definite anche piccolo malepiù frequenti nel bambino ( brevi sospensioni dellacoscienza talora associate a fini clonie ed alterazionidel tono posturale )

b ) crisi miocloniche / cloniche / toniche ( brevi con-trazioni o scosse di uno, diversi o di tutti i muscoli )

c ) crisi tonico-cloniche definite anche grande male oconvulsive ( perdita di coscienza improvvisa, cadu-ta, contrazione tonica generalizzata seguita da cloniediffuse e poi da rilasciamento muscolare che si con-clude con un breve coma postcritico.La durata com-plessiva è compresa in 1-2 minuti. Si possono asso-ciare fenomeni del tutto caratteristici come l’emis-sione iniziale di un urlo, la morsicatura della lingua,l’emissione di bava, l’incontineza sfinterica )

d ) crisi atoniche ( perdita improvvisa e totale deltono posturale )

E’ soprattutto l’epilessia generalizzata convulsivache ha sempre più preoccupato ed attirato l’attenzio-ne per la drammaticità delle sue manifestazioni, maquesto non è indice di maggiore gravità rispetto atutti gli altri tipi di crisi. Il concetto di gravità è inve-ce legato alla frequenza delle crisi ed al rischio chequeste comportano per l’incolumità di chi ne soffre.La molteplicità di forme di epilessia ha negli ultimidecenni portato a parlare di epilessie individuandonumerose sindromi epilettiche, ciascuna caratterizza-te da segni e sintomi epilettici tipici particolari e ripe-titivi.

Il fenomeno epilettico come è stato detto precedente-mente è interpretabile come un disturbo di funziona-mento errato da parte di popolazioni di neuroni appa-rentemente normali , capaci subito dopo l’eventoparossistico di riprendere l’attività normale loro abi-tuale.

Le crisi possono essere favorite anche da un dannoacuto o cronico che colpisce il sistema nervoso.

Si distinguono quindi- epilessie idiopatiche non associate ad un danno delsistema nervoso

- epilessie sintomatiche secondarie ad una sofferen-za individuabile del sistema nervoso

- epilessie criptogenetiche o probabilmente sinto-matiche nelle quali il danno è presunto ma nondimostrabile.

In questo articolo ci si vuole soffermare sulle formesintomatiche ed in particolare su quelle associate amalattie con ritardo mentale.

Il ritardo mentale è rappresentato da un funziona-mento intellettivo significativamente al di sotto dellamedia ( QI < 70 ), con concomitanti deficit o com-promissioni del funzionamento adattativo attuale inalmeno due delle seguenti aree: comunicazione, curadella propria persona, vita in famiglia, capacitàsociali e interpersonali,uso delle risorse della comu-nità, autodeterminazione, capacità di funzionamentoscolastico,lavoro, tempo libero, salute e sicurezza.Molte sono le cause alla base di un ritardo checomunque rappresenta l’elemento comune di variprocessi patologici che alterano il funzionamento delsistema nervoso.

Tra i fattori predisponesti possiamo indicare:- ereditarietà: errori congeniti del metabolismo tra-smessi per via autosomica recessiva ( per es. malat-tia di Tay-Sachs ); anomalie di un singolo gene a tra-smissione mendeliana ( per es. sclerosi tuberosa );aberrazioni cromosomiche ( per es. sindrome diDown dovuta a traslocazione, sindrome dell’X-fragi-le )

- alterazioni precoci dello sviluppo embrinale: muta-zioni cromosomiche ( per es. sindrome di Downdovuta a trisomia 21 ); danni prenatali per sostanzetossiche ( per es. uso di alcool in gravidanza, infe-zioni )

- problemi durante la gravidanza e nel periodo peri-natale: malnutrizione del feto. Prematurità, ipossia,infezioni,traumi;

- patologie generali acquisite durante l’età evolutiva:infezioni,traumi, avvelenamenti ( per es. piombo )

- influenze ambientali o altri disturbi mentali: cattivoaccudimento, stimolazioni sociali, verbali inadegua-te o carenti, disturbi mentali gravi ( per es. autismo )

In relazione alla gravità sono stati distinti 4 gradi:

1. ritardo mentale lieve QI da 50-55 a circa 70

2. ritardo mentale moderato QI da 35-40 a 50-55

3. ritardo mentale grave QI da 20-25 a 35-40

4. ritardo mentale gravissimo QI sotto i 20-25

Appare intuitivo che un danno cerebrale può favori-re sia un’ epilessia sintomatica che un ritardo doveil disturbo epilettico ne rappresenta un sintomo opuò eccezionalmente verificarsi la presenza delledue patologie come entità indipendenti.Più una per-

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sona è predisposta al rischio di epilessia, espresso inuna cosiddetta soglia convulsivante più bassa più èfacile un danno causa di un ritardo comporti anchecrisi epilettiche sia parziali che generalizzate.

Tra le malattie associate a crisi o sindromi epiletti-che troviamo

• i disordini neurocutanei:sclerosi tuberosaneurofibromatosisindrome di Sturge-Weber

• malformazioni da sviluppo corticale anormale:lissencefaliasindrome di Miller- Diekereterotopie a banda, focale, nodularepolimicrogiriaschizencefalia

• altre malformazioni cerebralisindrome di Ai cardi

• aberrazioni cromosomichesindrome di Wolf-Hirschlornsindrome da inversione duplicazione del cromosoma 15cromosoma 20 ad anello

• malattie mendelianesindrome dell’X-fragilesindrome di Angelmansindrome di Rett

• disordini ereditari del metabolismofenilchetonuriaglicogenosi

• ischemia prenatale o perinataleporencefalialeucomalaciamicrocefalia

• infezioni postatali encefalitimeningiti

• altretraumimalattia celiaca

Tutte queste patologie possono presentare un ritardomentale più o meno importante, ma il rischio di epi-lessia è dimostrato anche in altre come la sindrome diDown con una incidenza compresa tra il 5 e 10 %.

Da tutto ciò deriva che l’epilessia rappresenta un sin-tomo o una malattia concomitante assai frequente inuna popolazione di persone con ritardo mentaleevento che non deve essere trascurato, bensì diagno-sticato e soprattutto trattato adeguatamente.La diagnosi classicamente di epilessia si avvale del-l’ausilio indispensabile dell’elettroencefalografia,che dimostra la presenza di alterazioni dell’attivitàelettrica corticale propria delle modificazioni del-l’eccitabilità inducenti le crisi, contribuendo alladefinizione di tipo: parziale o generalizzata. Negliultimi anni si sono aggiunti altri due esami dai qualinon è più possibile prescindere : la Tomografia assia-le computerizzata ( TC ) e la risonanza magneticanucleare ( RMN ). Proprio questi ultimi hanno per-messo di accrescere il numero di forme secondariee/o sintomatiche. Ancora più recentemente lo svilup-po della genetica e genetica molecolare ha aperto la

strada alla migliore comprensione di forme ereditariee di errori cromosomici e genici causa dei disturbiclinici.Cammino analogo è in atto per il ritardo mentaledove la semplice definizione di ritardo e dei suoigradi non si può limitare ad una osservazione pura-mente clinica ma deve essere sempre di più arricchi-ta del contributo degli esami strumentali quali l’elet-troencefalografia, la TC, la RMN, capaci di svelaredifetti funzionali ed anatomici, talora anche passibilidi trattamento. Ancor più importante e promettentenon solo dal punto di vista diagnostico e prognostico,ma anche preventivo è il contributo dello studiogenetico degli affetti e dei loro familiari.La presenza di una epilessia in un soggetto affetto daritardo mentale indipendentemente dal grado non ècasuale e non costituisce una malattia separata, bensìè verosimilmente l’espressione di un danno anato-mo-funzionale eventualmente su base genetica chedeve essere approfondito.Se questa impostazione, favorita dalla maggioreauspicabile facilità ad eseguire gli esami diagnosticie genetici, ma anche dalla disponibilità delle fami-glie, diventerà una prassi consolidata, sicuramente siavvantaggeranno in primo luogo gli ammalati, maanche la società per una possibile azione preventivaverso queste patologie.

BIBLIOGRAFIA CONSIGLIATA

• Manuale Italiano di Epilettologia a cura della LegaItaliana contro l’Epilessia ( L.I.C.E. )Piccin Nuova Libreria Ed. Padova 1992.

• Le Epilessie. Diagnosi e trattamento ( ThomasP.,Guerrini R.,Arzimanoglou A. )Masson Ed. Milano 2001.

• Manuale Diagnostico e Statistico dei DisturbiMentali DSM – IV ( American PsychiatricAssociation )

• Atlante dell’Epilessia ( Smith D.F., Appleton R.E.,Mackenzie J. ) Jansen-Cilag Ed. 1999.

• Risk factors for epilepsy ( Hauser W.A. ) in Theepilepsies: etiology and prevention Kotagal P.,Luders H.O. Ed. San Diego : Accademic Press 1999.

• Gtenetics and Epilepsy: European EpilepsyAcademy Teaching CourseEpilepsia 1999 (suppl. 3 ): S1- S40.

• Neurodevelopmental disorders as a cause of seizu-res: neuropathologic; genetic and mechanistic consi-deration ( Crino P.B.,Miyata H, Vinters H.V. )Brain Pathol. 2002; 12: 212-233.

• Epilepsy and genetic malformations of the cerebralcortex ( Guerrini R., Corrazza R.Am. J.Med. Genet. 2001; 106: 160-173.

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Il ruolo dell’assistente socialenella presa in carico di unafamiglia di un bambino disabile mentale

Milena Salvio

Assistente Sociale ANFFAS – Onlus di Salerno

Nel suo bellissimo libro“Nati due volte”, GiuseppePontiggia racconta con delicatezza e senza pietismoalcuno la vita di suo figlio parlando di una duplicenascita: la prima che lo consegna impreparato almondo, la seconda che ne registra gli sforzi e la penaper farsi accettare nell’universo dei normali.

Nel libro, che tutti i genitori, gli operatorisocio – sanitari e coloro che hanno a che fare con ladisabilità dovrebbero leggere, si coglie tuttavia l’ina-deguatezza, l’imbarazzo e l’approssimazione dimedici, congiunti, presidi, specialisti nell’avvicinarela coppia genitoriale il cui figlio è affetto da una disa-bilità lasciandola spesso sola ad iniziare questa lottafatta di coraggio, amore ed accettazione.

Le problematiche dei bambini con deficitmentale sono molteplici ed investono la sfera psico-logica, sociale e relazionale.

L’handicap è soprattutto una condizionesociale che investe l’intero nucleo familiare, perciò ènecessario fare un quadro della situazione anche inrapporto alle dinamiche relazionali ed ai contesti divita d’ogni membro.

La famiglia, infatti, si trova di fronte aduna situazione fortemente problematica e su di essa èriversato un carico assistenziale notevole, spessoeccessivo ed improprio che, di fatto, stravolge laquotidianità e può determinare la fine delle relazionisociali.

La nascita di un bambino è un evento cheproduce profondi cambiamenti in tutti gli aspettidella vita e della famiglia: si modificano le relazioniesistenti, si acquisiscono nuove responsabilità, sicerca un diverso equilibrio nella coppia. Questa siprepara al nuovo ruolo genitoriale fantasticando sulfiglio che non c’è, ma immaginandolo con delle pre-cise caratteristiche fisiche e con delle qualità e com-petenze che faranno di lui un adulto felice e realizza-to.

Al momento della nascita c’è, dunque, ilconfronto tra il bambino reale e quello immaginarioche comporterà l’elaborazione di un lutto per la per-dita del figlio ideale e la conseguente accettazione diquello vero con il quale s’inizia una relazione affetti-va positiva.

E’ facile intuire che tutto questo processosi stravolge se alla nascita si scopre che il bambinoha un deficit mentale: tutte le attese, le speranze, iprogetti per il futuro svaniscono per lasciare posto al

dolore, ai sensi di colpa, ad un crollo dell’autostima.La prima reazione, generalmente, è di

negazione: i genitori non vogliono credere a quanto èsuccesso, negano che il figlio abbia “dei problemi”,come dicono loro i medici; in un secondo momentocresce la rabbia, che si manifesta attraverso la ricer-ca di un colpevole (il medico, l’altro coniuge, ildestino crudele, … Dio).

Inizia, poi, una fase caratterizzata da atteg-giamenti iperprotettivi che rinforzano la dipendenzadel bambino dai genitori e che porta ad un isolamen-to di questi dagli altri per dedicarsi totalmente alfiglio. Allo stesso tempo inizia il calvario delle visitemediche ed una sorta d’accanimento terapeutico eriabilitativo come se questo potesse portare a “scon-figgere la malattia”: non sono rari, ancora oggi, i casidi genitori che chiedono di sottoporre il figlio affettoda Sindrome di Down ad interventi di chirurgia pla-stica cosi che non si noti più la differenza con gli altribambini!

Il deficit mentale è più difficilmente accet-tabile e si elabora più lentamente rispetto alle meno-mazioni fisiche e sensoriali perché non si vede adocchio nudo, non è “oggettivamente” presente; inol-tre è più difficile immaginare per il figlio una vitaautonoma.

I genitori, ma in particolare la mamma èspesso soffocata dal senso di colpa di sentirsi respon-sabile del deficit del figlio: si chiede <<perché?>>,ma non sa darsi una risposta e spesso non c’è chipossa o riesca a dargliela in modo per lei accettabile.Oltre il peso emotivo ella si assume anche quelloassistenziale in modo quasi totalitario con conse-guente annullamento del suo ruolo di moglie, dimadre di altri figli, di lavoratrice, di donna.

Il rischio è che da un lato s’instauri unattaccamento sempre più forte ed esclusivo tra madree figlio, dall’altro che vi sia la separazione emotiva,affettiva dal padre che è escluso da questa nuovacoppia che si è formata.

E’ qui che appare necessario l’intervento dioperatori professionalmente qualificati che aiutino lacoppia genitoriale nel lento e doloroso camminoverso la piena accettazione del figlio, che è favoritadalla scoperta delle sue abilità, della sua originalità edelle sue capacità di stabilire rapporti con gli altri.

La famiglia è una risorsa da sostenere epromuovere, perciò sono necessari interventi di

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sostegno, rivolti soprattutto alla madre perché sia ingrado di accudire il figlio. Allo stesso tempo è neces-sario fornire alla famiglia tutti i servizi necessari agarantire adeguata assistenza e l’erogazione di pre-stazioni riabilitative, educative ed abilitative di cui ilbambino ha bisogno.

I bisogni delle famiglie con un bambinodisabile mentale, che possono essere solo percepitioppure espressi da chi presta le cure, i “carer”, attra-verso generiche domande d’aiuto o richieste di spe-cifiche prestazioni, possono riguardare diverse aree: • assistenza nelle attività di vita quotidiana• sicurezza• contatti sociali• affetto• bisogni educativi• economici

Una delle competenze più importanti delservizio sociale professionale è l’assessment, utiliz-zando il termine inglese oggi di moda, in altre paro-le <<valutazione>> ed <<accertamento>> di fatti esituazioni finalizzati ad una decisione ponderata.L’assessment come valutazione del bisogno è voltoad individuare quale bisogno prevalente, o insieme dibisogni insoddisfatti, presenta un individuo, unnucleo familiare o una collettività. Nel tener presente che la finalità degli interventi è ilmiglioramento complessivo della qualità di vita deisoggetti interessati e delle loro famiglie, devonosempre essere considerate nel loro complesso lenecessità di vita di una persona: gestione della quoti-dianità e della salute, necessità economiche, abitati-ve, il bisogno di contatti sociali, di relazioni affettivee di quant’altro è necessario allo sviluppo armonicoed al benessere psico – fisico delle persone. Sin dal primo colloquio bisogna indagare sui rappor-ti esistenti tra i vari componenti il nucleo familiare,se ci sono state modifiche nella relazione di coppiaed individuare le potenziali risorse a cui poter farriferimento. E’ fondamentale conoscere quali reazio-ni si sono avute alla notizia della disabilità del figliocosì da poter avviare immediatamente un adeguatopercorso di sostegno psicologico; sapere se la situa-zione del figlio ha avuto delle ripercussioni anchesull’attività lavorativa di uno o di entrambi i genitorie di conseguenza sulla situazione economica delnucleo, così da poter immediatamente attivare, attra-verso un lavoro di rete, i Servizi Sociali territorialiperché possano erogare eventuali sussidi previsti.Il ruolo dell’assistente sociale è centrato, pertanto,sia sul bambino portatore della disabilità affinchéabbia tutti gli interventi e le prestazioni a cui ha dirit-to sia sui genitori per fornire sostegno e disponibilitàall’ascolto, informarli sui servizi disponibili, assi-sterli nella fruizione degli stessi, stimolarli e soste-nerli a mantenere le responsabilità nel prendere deci-sioni che riguardano il figlio.L’assistente sociale può guidare la famiglia del bam-bino con disabilità in un percorso di elaborazione deltrauma ed aiutarla a scoprire le risorse materiali edimmateriali, interne ed esterne al nucleo, imparandopoi ad utilizzarle.Aspetto fondamentale del lavoro sociale è la “pro-gettazione” attraverso l’individuazione e l’analisi deibisogni e delle risorse, la definizione de obiettivi,mezzi, strategie, destinatari, tempi e la verifica diefficienza e di qualità.Nella progettazione e nell’attuazione degli interventipossibili per una famiglia con bambino disabile biso-gna elaborare strategie di sostegno alla famiglia nellasua attività di cura ed assistenza attraverso una presain carico complessiva; nella relazione d’aiuto ches’instaura, pertanto, il cliente (il bambino e la suafamiglia) non “subisce” un intervento già pensatodall’assistente sociale, ma può portare la sua espe-

rienza per analizzare la situazione e mettere in campole sue capacità per la risoluzione dei problemi, diven-tando così protagonista insieme all’operatore sociale.Le nuove politiche sociali, secondo alcuni studiosi,fanno dell’assistente sociale un manager dell’assi-stenza: in effetti, nel trattamento del singolo casol’assistente sociale instaura con il cliente una relazio-ne d’aiuto e coordina le risorse da attivare, la rete ditutti coloro che sono coinvolti ed il tessuto relaziona-le dell’utente; inoltre concerta gli interventi che pro-vengono da più servizi per mantenere la gestione uni-taria del caso, garantendo l’integrazione tra le pro-fessionalità coinvolte e gli interventi socio – sanitari.Il perseguimento della “qualità della vita” dev’essereobiettivo comune: dei singoli, delle istituzioni e dellepolitiche sociali. Per migliorare la qualità di vita delbambino con deficit mentale e delle loro famiglie, ènecessario che i servizi integrati si occupino global-mente del nucleo assicurando interventi che garanti-scano una continuità di impostazione e di assistenza:da qui il ruolo chiave dell’assistente sociale nellacostruzione della rete di interventi e servizi socio –sanitari e socio – assistenziali intorno al bambinodisabile ed alla sua famiglia.

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Il Progetto DAMA.Una realtà nella tutela della salute delle persone con disabilità grave.

M. Corona, F. Ghelma, M. Maioli, S. Perazzoli, A. MantovaniAzienda Ospedaliera San Paolo – Polo Universitario – Milano

l progetto DAMA, nato per volontà di quat-tro partners (Azienda Ospedaliera San Paolo diMilano, LEDHA – Lega per i Diritti degliHandicappati, Facoltà di Medicina e Chirurgiadell’Università degli Studi di Milano, RegioneLombardia) è ormai una realtà nell’accoglienzamedica dedicata ai disabili neuromotori gravi egravissimi.Le aree di intervento sono:1. accoglienza ed assistenza medica2. progettualità scientifica3. formazione del personale medico, infermieri-stico e per i volontari4. comunicazioneIl 4/4/01 è iniziata la fase operativa del progetto,che si è sviluppata secondo le seguenti linee.Attività di accoglienza e di assistenza medica

Dopo un primo periodo sperimentale della duratadi circa un anno, dal 4.4.2001 l’attività di acco-glienza medica del Progetto DAMA dedicata aidisabili è proseguita e si è progressivamenteampliata nel tempo, in funzione del perfeziona-mento dei percorsi diagnostico terapeutici e,soprattutto, dell’acquisizione di personale medicoed infermieristico.E’ attivo un Call Center con numero verde (n° 84002 7999) al quale le famiglie possono rivolgersiper avere informazioni e riferire i problemi emer-genti; questo consente di attivare ed organizzare ilpercorso più idoneo, nell’area dell’urgenza, attra-verso il Day Hospital o gli ambulatori.Per quanto riguarda le prestazioni specialisticheambulatoriali, esistono percorsi definiti con imedici referenti delle varie specialità.L’ottimizzazione di ognuno di questi percorsi haportato ad un incremento delle capacità di acco-glienza e di risposta, con riduzione dei tempi diattesa. Ogni percorso viene costruito adattandoloalle caratteristiche ed alle necessità di ogni singo-lo paziente (grado di collaborazione, necessità disedazione farmacologica, organizzazione di piùvisite nella stessa giornata, necessità di presenzacontemporanea di più specialisti, ecc.).È stato creato un ambulatorio del progettoDAMA, finalizzato principalmente ad un primoinquadramento delle necessità diagnostiche, allaraccolta dei dati clinico-anamnestici, ed alla spie-gazione dei risultati degli esami ai famigliari. Per quanto riguarda gli accessi in Day Hospital,l’acquisizione in organico di quattro infermiereprofessionali del progetto DAMA (già formate perprecedenti esperienze professionali nell’assistenza

ai disabili gravi), unitamente al fattivo impegnoquotidiano del personale volontario della Ledha,consente attualmente di programmare fino a 6-7accessi nella stessa giornata. È ormai consolidato un rapporto di stretta collabo-razione con i colleghi che operano in strutture resi-denziali per disabili e con il personale medico deiCSE del Comune di Milano, che hanno svolto unimportante lavoro di informazione e di filtro dellerichieste. I contatti con i medici di famiglia hannoavuto invece carattere più sporadico, nonostantevarie sollecitazioni dirette e attraverso i pazientistessi. Il numero degli accessi in pronto soccorso è stato,in rapporto alle prestazioni totali, relativamentelimitato, e riservato invece ai casi che presentava-no caratteristiche di “vera” urgenza o per i qualiesisteva la necessità di dare una risposta urgente.Questo dato è sicuramente correlato all’opera divalutazione e di filtro che è stata fatta dal call cen-ter, che ha permesso, quando possibile, di preferi-re ed organizzare soluzioni alternative in tempirapidi. L’adozione di un protocollo di sedazione farmaco-logia mirato a questo tipo di paziente, elaborato incollaborazione con i colleghi della U.O. di TerapiaIntensiva, consente l’esecuzione di più manovrediagnostico-terapeutiche, su uno stesso paziente,in tempi ristretti, per ottenere un rapido inquadra-mento del problema. I dati clinici dei pazienti e gli esiti dei vari percor-si diagnostico-terapeutici effettuati saranno rac-colti in un archivio clinico computerizzato, con-sultabile in rete locale e presto in rete internet, acui si potrà accedere tramite una Card Sanitaria,ovvero un sistema di riconoscimento individuale eriservato.

Progettualità scientifica

Elemento fondamentale per supportare la proget-tualità scientifica è stato la creazione di un archi-vio clinico scientifico attraverso la costituzione diun database, ancora in fase di strutturazione.Sono stati avviati diversi studi nell’ambito delDipartimento di Medicina, Chirurgia edOdontoiatria che comprendono sia lavori di ricer-ca di base che di ricerca clinica.La collaborazione è stata ormai estesa a tutti gliIstituti del Dipartimento di Medicina, Chirurgia edOdontoiatria che ha sede presso il PoloUniversitario San Paolo.L’acquisizione di strumentazione idonea all’ese-

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cuzione di alcuni particolari accertamenti e per il monitoraggio(fibrobroncoscopio, Respitrace, monitor e ventilatore amagneti-co per RMN in sedazione o narcosi), permette l’effettuazione distudi difficilmente realizzabili con altre metodiche diagnostiche.Sono stati presi accordi con il Dipartimento di Bioingegneria delPolitecnico di Milano - Fondazione Don Gnocchi - per l’esecu-zione e lo sviluppo di studi di valutazione della funzionalitàrespiratoria in pazienti non collaboranti, e di studi sulla neuro-motricità.Il contributo alla ricerca clinica da parte del progetto avvieneanche tramite l’attribuzione ed il finanziamento di due dottoratidi ricerca, di durata triennale a partire dall’anno 2002, nell’am-bito di un protocollo nazionale sulla Sclerosi Tuberosa, con unprogramma di biologia molecolare e di genetica umana.

Formazione

Il tema della disabilità viene affrontato nei percorsi formativi deivari corsi di laurea (laurea in Medicina e Chirurgia, laurea inOdontoiatria e Protesi Dentaria, laurea in ScienzeInfermieristiche) e con la formazione di personale volontariodedicato. Sono stati attivati alcuni corsi elettivi di medicina perla disabilità, per il corso di Laurea in Medicina e Chirurgia equello di Laurea in Scienze Infermieristiche; inoltre, è in pro-gramma un corso di formazione per il personale volontario dellaLEDHA, che partecipa all’attività di accoglienza medica pressoil Day Hospital.

Comunicazione

La comunicazione si è sviluppata attraverso l’organizzazione diseminari ed eventi a carattere nazionale ed internazionale, la par-tecipazione a convegni con relazioni specifiche, e tramite gliorgani di stampa.È stato elaborato un progetto, gestito insieme alla LEDHA, perla comunicazione alle famiglie, alle associazioni ed alle altrerealtà sanitarie. Nell’ambito di questo progetto, è stato realizzato un filmato daltitolo “La Nuova frontiera dell’Accoglienza: il disabile grave el’Ospedale” a cura di una Agenzia di Comunicazione(Sudler&Hennessey) che è stato recentemente presentato allastampa nel corso di un convegno tenutosi presso L’AziendaOspedaliera San Paolo in data 27/02/03. Il filmato, predisposto indue versioni di diversa durata, è rivolto alle famiglie, al pubbli-co interessato, ai centri socio educativi e residenziali, oltre cheagli organi di stampa e “media” in genere, ai quali verrà distri-buito come VHS o DVD. E’ inoltre in corso di realizzazione un sito internet del ProgettoDAMA che intende rivorgersi al pubblico, alle famiglie ed aiprofessionisti del settore, attraverso un’area pubblica ed unariservata ai medici e paramedici. Tra i vari servizi previsti verràaccolta la “Cartella Clinica on line” dei pazienti seguiti dalProgetto, consultabile attraverso un sistema di riconoscimentoindividuale. Sempre nell’ambito della comunicazione, vengono organizzatiperiodicamente incontri con le famiglie e le associazioni.E’ in fase di organizzazione un seminario nazionale sul temadella medicina e chirurgia della disabilità previsto per il prossi-mo Ottobre 2003.

Numero di prestazioni eseguite dal 4/04/01 al 30/09/2003

Prestazioni numeroChiamate al call center 8278Accessi Totali 4146Accessi in PS 490Ricoveri in day hospital 1412Prestazioni ambulatoriali 1498Ricoveri in reparto 171Pazienti in carico 1413

Il ruolo del volontario

Il termine di accoglienza non può prescindere dalla presenza,lungo i percorsi diagnostico-terapeutici, di una particolare figuranon inquadrata nel ruolo del medico o dell’infermiera: quella delvolontario. Un volontario speciale, spesso genitore o parente diuna persona disabile. Una persona con una particolare sensibilitàe conoscenza del tema della disabilità, anche per esperienzadiretta, in grado di comunicare con i pazienti e con le famigliefacendole sentire un po’ più a casa loro, anche in un ambientecome quello ospedaliero, alcune volte ostile o “freddo”.Di questo dobbiamo ringraziare la LEDHA, che ci ha aiutato nel-l’individuare le persone idonee a questo tipo di attività particola-re. Abbiamo svolto un breve, ma necessario, corso di formazio-ne, fornendo quegli strumenti necessari alla convivenza conl’Ospedale e con il personale sanitario; occorre però sottolineareche se qualcosa abbiamo insegnato, molto abbiamo appreso noida loro nel confrontarci con problematiche che certo oggi nonvengono affrontate in un corso di laurea. E tutto quello cheabbiamo appreso, abbiamo cercato di trasmetterlo agli altri, con-tribuendo quindi, in qualche modo, al già citato cambiamento dicultura nell’accoglienza e nell’assistenza. Emerge peraltro la necessità di un altro tipo di volontariato, nonstrettamente legato all’attività assistenziale, quanto invece comesupporto all’attività di natura gestionale e organizzativa del ser-vizio. Infatti è sempre più evidente l’incremento delle attività dicarattere amministrativo necessarie alla puntuale organizzazionedei percorsi diagnostico-terapeutici, alla raccolta e archiviazionedei risultati, alla gestione degli eventi di comunicazione e sensi-bilizzazione. È per questo motivo che stiamo selezionando, inbase alle diverse competenze ed esperienze personali, anchequesto tipo di volontario, ormai fondamentale per sostenere esviluppare insieme il progetto.

Conclusioni

L’attività svolta in questi primi due anni e l’esperienza maturatada tutta l’Equipe del DAMA e da tutti i colleghi dei servizidell’Ospedale, non ha fatto che dimostrare la bontà di un model-lo che, nato da una pressante richiesta assistenziale medica spe-cialistica e non solo, è poi diventato il motore per affrontare iltema della disabilità a tutti i livelli. Non solo in termini di capa-cità di risposta ai problemi di salute di una parte ancora troppo“sconosciuta” di popolazione particolarmente fragile, ma anchee soprattutto in termini di promozione del sapere, istituendo,coinvolgendo e convogliando iniziative di ricerca e di formazio-ne fondamentali per accrescere la cultura di chi opera in questodifficile campo. Con questo presupposto è nel tempo divenuto sempre più impor-tante “comunicare” il Progetto, perché possa venire esportato adaltre realtà ospedaliere in Lombardia e nelle altre regioni d’Italia,consapevoli che non può e non deve rimanere un esempio isola-to. Per una nuova cultura dell’accoglienza medica, dedicata aidisabili gravi.

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Ciao cara CaterinaL’Anffas ti vuole salutare stringendosi al dolore dei tuoi cari per latua prematura ed ingiusta scomparsa.Sempre resterà nel cuore di chi ti ha conosciuta il tuo gioioso sorriso e iltuo amore verso il prossimo. Per te la vita è stata una dura sfida che hai affrontato con molto corag-gio fino al giorno in cui un angelo ha posto fine alle tue sofferenze consegnandoti nelle mani del Signore.Un grazie particolare per tutto l’amore che hai saputo dare ai nostriragazzi disabili dedicando loro parte del tuo tempo. Ai tuoi figli hai lasciato un bagaglio di ricchezze morali che conserveran-no gelosamente per tutta la loro vita e sempre ringrazieranno la loro“Grande e giovane Mamma” .In questi momenti, Caro Emilio, purtroppo non possiamo far altro chedarTi un forte abbraccio dimostrandoTi tutto l’affetto che distingue lanostra associazione. Tua sorella Caterina continuerà a volerTi bene dallasua vita eterna.

a Caterina Rota Rabaglia

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Tribunale dei diritti dei disabili Anffas- sessione di Milano e Padova

Emanuela Bertini

Funzionario Anffas Onlus Nazionale Responsabile ufficio affari generali e legali

Il Tribunale dei diritti delle persone con disabilità, fondato nel 1999 da Anffas Onlus e dalla NazionaleMagistrati, è oggi una realtà tangibile, un appuntamento importante che dà un contributo autorevolee concreto, di natura giurisprudenziale, alle persone con disabilità e alle loro famiglie, affinchè ancheper le persone con disabilità l’uguaglianza dei diritti e la parità di dignità sociale di ogni cittadino,siano condizioni pienamente raggiunte e non meri dettami legislativi.Il Tribunale affronta, attraverso pubblici dibattimenti che si svolgono sul modello di quelli reali, situa-zioni effettivamente accadute in cui sono stati violati i diritti dei cittadini con disabilità e la lorodignità sociale e fornisce pareri che hanno una duplice finalità: posso servire agli interessati nella scel-ta delle iniziative legali più opportune per ottenere il riconoscimento dei propri diritti; costituisconoun patrimonio culturale e giurisprudenziale che, arricchendosi di sessione in sessione, si consolidanella sua funzione di punto di riferimento per i cittadini con disabilità, ma anche per tutti gli opera-tori del settore .L’auspicio dei fondatori è che il Tribunale possa divenire anche uno stimolo per il legislatore, le isti-tuzioni, la pubblica amministrazione e la pubblica opinione.Per Anffas Onlus , che da quasi cinquant’anni è impegnata sul fronte della tutela dei diritti delle per-sone con disabilità e delle loro famiglie affinchè siano garantite condizioni di pari opportunità e dinon discriminazione, questa iniziativa rappresenta un’occasione di fondamentale importanza , che lavede protagonista e promotrice di una nuova cultura dei diritti-doveri nella più alta accezione dei dirit-ti umani di cui tutte le persone sono portatrici a prescindere dalla loro condizione di “presunta” disa-bilità.

VI Sessione - Milano 20 settembre 2003

o scorso 20 settembre 2003 si è tenu-ta a Milano, presso il Centro CongressiFondazione Cariplo, la VI Sessione del tribu-nale ed il triangolare di calcio tra laNazionale Italiana Magistrati, le VecchieGlorie dell’Inter e la Nazionale italiana DeeJay All Stars, che si è disputato pressol’Arena civica di Milano e il cui incasso èstato destinato alla realizzazione di una casa-famiglia.La VI Sessione, organizzata da AnffasMilano Onlus, si è svolta sotto il patrociniodella Regione Lombardia, della Provincia diMilano e del Comune di Milano ed è statorealizzato grazie al sostegno di Mattel Italia.I tre casi sui quali si è pronunciato ilTribunale sono i seguenti:1°caso <<interrogativi sulle cause dellamorte di un bambino con disabilità:eventonaturale o negligenza inaccettabile?>>un bambino muore all’asilo durante la ricrea-zione. C’è il dubbio che abbia ingoiato unacaramella. Intervengono in suo soccorso l’e-ducatrice e il medico. Niente da fare, il bam-bino muore. Si fa l’autopsia : della caramellanessuna traccia. Un’indagine sommaria e ilcaso viene chiuso. I genitori si domandano :come e perché nostro figlio è morto? Ilbimbo era disabile. La compagnia assicura-

trice non vuole rispondere con un rimborso,nonostante abbia incassato i premi alle variescadenze.Il Tribunale ha così concluso “sussistono aparere del Tribunale motivi che possonoindurre ad una riapertura del procedimentosotto il profilo penale, soprattutto con la fina-lità di accertare l’esatto momento del deces-so.. e la compatibilità delle condotte e degliinterventi compiuti negli istanti immediata-mente precedenti con le normali regole didiligenza e di perizia. Sussistono inoltre fon-dati elementi che giustifichino un giudiziocivile nei confronti del Centro, senza esclu-dere la possibilità che la stessa Compagnia diAssicurazioni possa essere evocata in giudi-zio”2° caso << affidamento della gestione deiservizi di aiuto alla persona tramite “garad’appalto”>>È’ giusto che la gran parte delle amministra-zioni pubbliche assegni la gestione dei servi-zi ala persona tramite gara di appalto che pri-vilegiano il puro aspetto economico dellaprestazione? L’efficacia della spesa sociale esanitaria può essere misurata in base allalegge del mercato e del profitto? Non andreb-be tenuto in conto che il fatto che si tratta diservizi ad alta complessità e valore relaziona-le? Si può sottovalutare la qualità professio-nale degli operatori, che significa qualità divita per gli utenti? E’ monetizzabile il pro-

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dotto-servizio di assistenza al disabile? Non si lede, così,il diritto della persona a ricevere una giusta prestazione inbase alle sue necessità?Il Tribunale “aldilà dello strumento giuridico prescelto che , per i finiche interessano possiamo ritenere nel complesso inin-fluente, l’attenzione va puntata sul contenuto della disci-plina contrattuale perché è da esso che dipende in defini-tiva l’ampiezza e la qualità del servizio offerto. Sul punto,si possono individuare anche sul piano normativo unaserie di requisiti minimi imprescindibili, ricavabili dallalegge 5 febbraio 1992 n.104 e 8 novembre 2000 n.328” dacui si possono cogliere alcuni requisiti che dovrebberocaratterizzare i bandi di appalto in questa delicata materia.Le considerazioni ed i “rilievi in punto di fatto s appaionodel tutto condivisibili, ma la loro trasfusione in un’istanzaazionabile è tutt’altro che agevole”.“Se è vero, infatti, che la specificità dell’appalto che vieneconcesso in una materia come la presente deve mettere alprimo posto il fattore umano ed interrelazionale, è veroaltresì che tale esigenza si scontra, per un verso, con l’am-piezza del potere discrezionale dell’amministrazione, e,ancor prima, con le scelte politiche che tracciano le lineedi fondo dell’azione amministrativa”. “ E’ facile vederecome la tendenza che si sta affermando è quella della eco-nomicità dei servizi, dell’attribuzione a privati dellagestione di settori, di taglio di ambiti di intervento dellostato sociale che interessano i deboli, ma su questo oggiperlomeno, che ne campo che stiamo esaminando non vi èuna valida risposta giuridica, perché è la politica che deveassicurare risorse e regole, se vuole che vi sia tutela pertutti e che siano davvero attuati gli artt. 2 e 3 dellaCostituzione”.3°Caso << dimissioni da un centro Socio Educativo di unapersona con disabilità causa un contenzioso economicoper il pagamento della retta>>Un Centro Socio-Educativo chiede ai genitori di Pericle,un ragazzo disabile di 26 anni, il pagamento di una retta,basandosi sull’intero reddito familiare, anziché su quellodel solo soggetto disabile, come stabilito dalle normative.La famiglia si rivolge all’autorità giudiziaria per un pare-re. L’amministrazione comunale, senza attendere l’esitodel ricorso estromette il disabile. I genitori per protestaaccompagnano il figlio negli uffici del Comune, lascian-dolo solo in sala d’attesa, il sindaco chiama i carabinieri edenuncia i genitori per abbandono di incapace. Il Tribunale “dichiara l’illegittimità della sospensionedella frequenza del Servizio Centro Socio Educativo” e“condanna il Comune all’immediata riammissione di … alCentro”.“L’esigenza di tutela immediata del diritto del creditoremai potrebbe comportare il sacrificio del benessere fisio-psichico del disabile”. VII Sessione - Padova 25 ottobre 2003Lo scorso 25 ottobre 2003 si è tenuta a Padova, nell’AulaMagna dell’Università, la VII Sessione del tribunale, non-ché il triangolare di calcio tra la Nazionale ItalianaMagistrati, la Stampa Veneta Insieme e la RappresentativaVeneta Avvocati, disputato presso lo stadio Plebiscito. LaVII Sessione, organizzata dall’Anffas Onlus RegioneVeneto, dall’Anffas Onlus di Padova e con il contributodella Consigliera Nazionale Prof.ssa Manganaro, si è svol-ta sotto il patrocinio della Regione Veneto – Assessoratoalle Politiche Sociali Volontariato e Non Profit.I tre casi sui quali si è pronunciato il Tribunale sono iseguenti:1°caso << ciclo di riabilitazione estensiva non erogabilepresso l’ASL di appartenenza>>Ernesto, un bambino di 8 anni con disabilità intellettiva,necessita di un ciclo estensivo di riabilitazione sanitaria diordine prevalentemente cognitivo secondo quanto indica-

to nella valutazione effettuata dal Servizio di NeuroPsichiatria Infantile dell’Azienda Ospedaliera Territorialedi appartenenza. Il progetto riabilitativo valutato perErnesto è riconducibile certamente ad attività di riabilita-zione sanitaria da attuarsi in forma continuativa per piùore al giorno e per un lungo arco di tempo. L’aziendaSanitaria Locale di competenza non è in grado di erogarele prestazioni di cui necessita il ragazzo. Accertato quindiche Ernesto non riceve dal Servizio Sanitario Nazionale leprestazioni necessarie, sono lesi i diritti di Ernesto a rice-vere le cure ? La normativa vigente in materia di LivelliEssenziali di Assistenza impegna l’ASL territorialmentecompetente a dotarsi di strutture e articolazioni organizza-tive in grado di soddisfare tali bisogni?Il Tribunale così conclude “ 1) Le prestazioni di carattereriabilitativo di cui necessita E.P. possono ricondursi alleprestazioni ricompresse nei L.E.A. di cui al D.P.C.M.29.11.2001;2) le prestazioni di cui E.P. necessita, possono ricondursianche alle prestazioni di integrazione socio-sanitaria;3) tali prestazioni, sulla base delle fonti normative richia-mate, sono o interamente a carico del S.S.N. o in parte acarico del S.S.N. e in parte a carico delle Regioni o entilocali;Non si può però affermare che la normativa vigente inmateria di S.S.N. e di definizione dei L.E.A. imponga allaASL di appartenenza di dotarsi delle strutture e articola-zioni tali da consentire ad E.P. l’erogazione delle presta-zioni di cui necessita. Piuttosto occorre verificare se alivello di normativa regionale e, soprattutto, del PianoSanitario Regionale quella determinata ASL sia tenuta aderogare quelle prestazioni. Si suggerisce, pertanto, di con-tattare la Regione di appartenenza e precisamentel’Assessorato regionale alla Sanità chiedendo se, sullabase del Piano Sanitario Regionale vigente, la ASL dicompetenza sia tenuta ad erogare le prestazioni di cuinecessita E.P..4)Infine, ed in subordine, in relazione alla denegata even-tualità che il quadro non sia destinato a mutare con con-seguente disponibilità delle prestazioni riabilitative infavore di E.P. nell’ambito di istituto di cura ubicato in altraprovincia, , si segnala la possibilità per il padre di accede-re alla prestazione previdenziale di cui all’art.4 comma4bis, Legge 8 marzo 2000,n.53 - ancorché non sianoancora decorsi i 5 anni dal rilascio della certificazione dihandicap grave per E.P.Sul punto si richiama la delibera di questo stessoTribunaleassunta in data 28.09.2002 “2°caso << inserimento lavorativo di un ragazzo con disa-bilità: rispetto della legge o voluta emarginazione?>>Un ragazzo di 27 anni, accertato invalido al 82% dall’ap-posita Commissione Invalidi Civili, dopo aver terminatola scuola dell’obbligo e dopo aver conseguito il diplomacome operatore informatico, iscritto per diversi anniall’Ufficio di Collocamento Obbligatorio della Provincia,viene assegnato ad un posto di lavoro part-time presso ingrande magazzino alla periferia della città capoluogo, conturni di lavoro alternativi dalle 8 alle 12 o dalle 14 alle 18da svolgersi in ufficio. Abitando a 40 KM di distanza perrecarsi quotidianamente sul posto di lavoro, il ragazzo ècostretto a cambiare sino a 8 autobus passando oltre 9 orefuori casa per svolgere 4 ore di lavoro.Successivamente, a causa della dichiarata ristrutturazionedell’organizzazione aziendale, al ragazzo viene assegnatoun turno, dalle 4 alle 8 del mattino o dalle 6 alle 10, ora-rio impossibile da rispettare per mancanza di mezzi pub-blici di trasporto.Per cercare di risolvere la situazione la famiglia si rivolgeprima all’Ufficio di collocamento, senza ricevere alcunaiuto e successivamente ad un sindacato che, dopo diver-se trattative, ottiene un accordo:il ragazzo dovrà svolgere

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mansioni di magazziniere, lavorando in reparto e non inufficio come da contratto.Ci si chiede: Può una azienda, che per legge deve inserirelavoratori disabili, modificare a suo insindacabile giudizioil contratto iniziale eludendo gli impegni presi nel proget-to lavorativo di persone disabili? E’ corretto modificare iturni di lavoro di una persona con disabilità sapendo chequesta è dipendente dai mezzi pubblici per raggiungere ilposto di lavoro?Il Tribunale “dichiara l’illegittimità del comportamentoaziendale consentito nella modifica unilaterale delle man-sioni e dell’orario di lavoro a tempo parziale di una perso-na con disabilità, assunto a seguito di avviamento obbli-gatorio e conseguente stipula di una convenzione di inte-grazione lavorativa ai sensi della Legge 68/1999.”3°Caso <<un percorso rocambolesco per sapere la verità:i genitori di una persona con disabilità bussano, ma lasanità non risponde>>Maria (nome di fantasia) è infermiera presso un ospedalein una cittadina di provincia, opera in un reparto specializ-zato dove vengono trattati pazienti affetti da “epatite B eC” e dove sono presenti soggetti con “citomegalo viruspositivi” che notoriamente possono colpire il feto in gra-vidanza causando lesioni al cervello. Quando rimaneincinta Maria non è subito a conoscenza degli effettivirischi che può correre, ma appena venutane a conoscenzarichiede di essere trasferita in altro reparto. Il trasferimen-to le viene negato e nessuno dei soggetti (medici curanti,Direzione Sanitaria, sindacati ecc) interviene, neanchedopo il peggiorare delle condizioni di salute della gestan-te.La situazione si aggrava al momento del parto e il giornosuccessivo alla nascita Daniela (nome di fantasia) vienetrasferita al policlinico del capoluogo. Negli anni cheseguono nessuno riesce a fornire una diagnosi sicura sullapatologia di Daniela e pertanto a dare indicazioni sullecure e sull’assistenza necessarie.Ancora oggi a distanza di 12 anni Maria ed il marito sidomandano:che cosa è successo a Daniela?È’ stato corretto il comportamento della direzione sanita-ria dell’Ospedale dove lavora Maria?Chi ha il dovere di prendersi carico dell’approfondimentodella situazione invalidante? Etc...? Il Tribunale così si è espresso: Relativamente alla salva-guardia della maternità, per cui sussiste rigorosa ed ade-guata normativa (tra cui ad esempio L860/1950, Legge1204/1971 e DPR 1026 del 1976), il problema rilevarispetto alla sussistenza dei presupposti di fatto della loroapplicazione. Premesso che ovviamente la tutela dellasalute della madre e del nascituro prevale su esigenzeburocratiche ed organizzative del datore di lavoro, i geni-tori di Daniela avrebbero dovuto segnalare il caso con sol-lecitudine alla locale Procura della Repubblica o assume-re immediatamente efficaci iniziative in sede civile.Viene sottolineata l’importanza, in casi come questi, dellatempestività nell’agire non solo per salvaguardare l’esattaricostruzione storica e tecnica dell’accaduto ( ad esempioperizie specifiche, indagini tecniche sulla salubrità deiluoghi, ecc.), ma anche e soprattutto ai fini di azioni lega-li:In sede penale, ipotizzando nei confronti dei medici ilreato di lesioni personali colpose aggravato dalla naturairreversibile della malattia, oggi prescritta.In sede civile, sarebbe stata altresì ipotizzabile una respon-sabilità di natura risarcitoria contrattuale e/o extracontrat-tuale a carico delle varie strutture sanitarie interessate,nonché delle singole persone fisiche direttamente interve-nute. Ma anche in questa ipotesi il termine quinquennaledi prescrizione relativo è scaduto.Considerazioni simili vanno fatte relativamente agli acca-

dimenti intervenuti nella fase del parto e sulle diagnosisuccessive, ove è mancata una tempestiva ricostruzionestorica e tecnica degli eventi che non consente di trarreconclusioni certe.In ultimo, rispetto all’attuale dovere di prendersi caricodell’approfondimento della situazione invalidante e diogni accertamento relativo alla salute di Daniela, dovreb-be nuovamente ipotizzarsi un atteggiamento antidoverosodei sanitari, ingiustificatamente omissivo, con conseguen-te insorgenza di responsabilità penali e civili per i danniprovocati, ma si tratta di un’ipotesi allo stato non docu-mentata in modo adeguato.Ciò che è sicuramente ravvisabile è l’inspiegabile senso diincertezza, sconforto e disorientamento indotto nei genito-ri di Daniela. La legge quadro n.104/92, all’art.5 lett. D)impone espressamente agli operatori del settore sanitariodi assicurare alla famiglia della persona con disabilità unaefficace informazione di carattere sanitario e sociale perfacilitare la comprensione dell’evento, ma, poiché talenorma, pur avendo portata precettiva, è sfornita di sanzio-ne, la sua concreta applicazione è affidata non al diritto,ma alle coscienze personali. Per tale motivo il Tribunaledei Diritti dei Disabili si limita deve limitare ad esprimeresul punto la propria condanna morale.

N.B.I PARERI, QUI SINTETIZZATI NEI LORO ASPETTIPIU’ SIGNIFICATIVI, SONO DEPOSITATI PRESSOLA SEDE NAZIONALE ANFFAS Onlus

Alla fine delle sessioni si é svolto un triangolare di calcio,riportiamo di seguito i risultati.

TRIANGOLARE DI CALCIO

MILANO

1° classificata VECCHIE GLORIE INTER2°classificata NAZIONALE MAGISTRATI3° classificata NAZIONALE ITALIANA

DEE JAY ALL STARS

PADOVA

1° classificata RAPPRESENTATIVAVENETA AVVOCATI

2° classificata NAZIONALE MAGISTRATI3° classificata STAMPA VENETA INSIEME

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L’equipe del Centro abilitativo “Il paese di Oz” - AnffasTrentino Onlus

L’avventuroso viaggio nel paese di Oz

Sommario

l Centro Abilitativo “Il Paese di Oz” accogliebambini residenti nella provincia di Trento chepresentano patologie organiche di diversa natura(cromosomiche, neurologiche, dismetaboliche),generalmente con ritardo mentale associato.La cornice di riferimento istituzionale di taleServizio è rappresentata dall’Anffas TrentinoOnlus, mentre i finanziamenti provengono dalComune di Trento, Servizio Attività Sociali, pre-via approvazione del progetto educativo annuale.

Per avere un’idea delle attività svolte al Centro,immaginiamo di trovarci all’interno di un villag-gio fantastico, dove si snoda il percorso ideale diogni persona presa in carico dal Servizio. Questovillaggio è attraversato da un trenino, la cui loco-motiva è guidata dal pensiero dell’equipe, che sicostruisce attraverso un costate confronto eapprofondimento al fine di raggiungere una lineadi intervento chiara e condivisa. Fanno seguito isingoli vagoni, idealmente occupati dalle diversediscipline proposte agli utenti, a loro volta conte-nenti progetti di particolare rilievo per contento eoriginalità.

PRONTI SI PARTE!Il treno che conduce lungo il percorso abilitativo(usiamo a proposito tale termine per significareuna proposta che parte dalle specificità di ognibambino e favorisce l’emergere di tutte le poten-zialità che in lui sono presenti, senza dover rico-struire nulla che si è perduto, come è implicito neltermine “riabilitazione”) parte da una stazioned’avvio che coincide con il primo incontro che lafamiglia con un bambino disabile ha con il genito-re responsabile o con il neuropsichiatra e la psico-loga del Centro. In quell’occasione, ancora primadi far partire la locomotiva, ci si incontra per una“visita” che ha lo scopo di conoscersi reciproca-mente, di convenire sulle mete successive e di pre-figurare possibili scenari lungo il viaggio cheeventualmente si percorrerà assieme. Se la fami-glia concorda sul programma di massima, si parteper il viaggio…Il bambino, dopo un primo incontro di equipe incui neuropsichiatra e psicologa comunicano leprime impressioni e focalizzano gli aspetti chemeritano un maggiore approfondimento conosciti-vo, intraprende un periodo di osservazione mirata,sotto lo sguardo esperto di uno dei terapisti delCentro. Entrerà allora in gioco la fisioterapista,che leggerà i bisogni prevalentemente legati all’e-spressione motoria del bambino, oppure la logo-pedista, che valuterà le caratteristiche della fun-zione comunicativa del piccolo, oppure la psico-motricista che analizzerà l’espressione emotiva

all’interno di proposte che coinvolgono il bambi-no nella sua interezza psiche-soma, oppure il tera-pista occupazionale che proporrà al bambinoopportunità di espressione di sé attraverso mate-riali concreti, manipolabili. Al termine dell’osser-vazione l’equipe si riunirà nuovamente e, con ilsupporto di un video o attraverso il racconto delterapista, deciderà che tipo di presa in carico èutile per quel bambino, definendo gli obiettivi del-l’intervento, i tempi delle sedute e la loro periodi-cità. Ogniqualvolta poi il terapista che segue ilbambino ne ravveda la necessità, o perché sonosubentrate variazioni imprevedibili rispetto allasituazione di partenza, o perché si è esaurito il per-corso programmato, l’equipe valuterà di nuovo lasituazione e deciderà come proseguire. Le decisio-ni dell’equipe, così come i progetti abilitativi, ven-gono quindi comunicati alle famiglie nel corso diun colloquio di confronto e accordo.L’equipe, identificata idealmente non a caso con lalocomotiva del nostro treno, costituisce l’organooperativamente più importante del Servizio, inquanto in essa vengono assunte e condivise ledecisioni più importanti; si cerca così di soddisfa-re l’ambizioso progetto di restituire quella com-plessità e specificità caratteristica di ogni persona,attraverso l’ascolto e il confronto delle varie figu-re professionali che a diverso titolo si occupanodel bambino. Infatti, accanto ai terapisti, siede altavolo dell’equipe anche: la pedagogista, che ha ilcompito di tenere i rapporti con la scuola e di sal-vaguardare i bisogni del bambino anche in queldelicato ambito educativo, costituendo un aiutoimportante per gli insegnanti; la psicologa, che è adisposizione delle famiglie per sostenerle e aiutar-le nei momenti difficili o in occasione di scelteimportanti; il neuropsichiatra, che esprime la pro-pria professionalità dando informazioni sullediverse patologie ed eventualmente proponendostrumenti di indagine diagnostica qualora fossenecessario.L’attenzione dell’equipe è fortemente rivolta agarantire al bambino le maggiori opportunità dicrescita e sviluppo nel rispetto profondo delle suecaratteristiche psicologiche e comportamentali.Nel tempo è stata infatti maturata la convinzioneche, nell’approccio al bambino, sia fondamentaleconsiderare i suoi bisogni emotivi come opportu-nità alle quali agganciare le proposte d’apprendi-mento e di crescita. Tali proposte risulterannoquindi egosintoniche e sostenute da una motiva-zione che è interna al bambino e non forzatamen-te indotta dall’esterno, dall’adulto. Quando però leproblematiche emotive risultano essere invalidan-ti e prevaricano sulla possibilità di stabilire un rap-porto significativo, sia a livello affettivo che edu-cativo-cognitivo, allora si cerca di affrontare talimodi affinché le proposte possano superare la

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corazza difensiva che nasconde il bambino, vulnerabile e poten-zialmente in divenire, e giungano a lui come possibilità diapprendimento all’interno di un rapporto di fiducia e serenità.La famiglia è sempre coinvolta nel progetto e con essa si cerca distabilire un rapporto di ascolto e di fiducia reciproca, fondatosulla possibilità di esprimere le difficoltà incontrate e di condivi-dere i successi raggiunti, nella convinzione che l’alleanza con igenitori sia a garanzia di un messaggio chiaro e sereno rivolto albambino. La famiglia può trovare al Centro anche un supportonei momenti di difficoltà, sia da parte della psicologa che daparte delle altre famiglie, con cui si cerca di creare occasioni diconoscenza e scambio.I nuclei principali attorno ai quali ruota l’intervento sono argo-mento di confronto anche con gli operatori della scuola (inse-gnanti, assistenti educatori, capi d’istituto), a cui comunque sipreferisce lasciare la scelta degli strumenti e dei metodi miglioriper lavorare con il bambino: quindi il Centro non offre program-mi scolastici, esercizi specifici, protocolli riabilitativi da pratica-re, ma linee fondamentali di intervento attorno alle quali i singo-li consigli di classe possano organizzare il proprio piano educa-tivo-didattico. Annualmente vengono quindi organizzati almenotre incontri per valutare la coerenza dei percorsi intrapresi e percercare di risolvere eventuali difficoltà insorte nel contesto sco-lastico.Le proposte individualizzate ai bambini possono a volte arric-chirsi di progetti particolari che prevedano, per esempio, l’inter-vento contemporaneo di terapisti diversi (come in un contesto dipsicomotricità supportato dalla fisioterapista, che cura gli aspet-ti motori particolarmente delicati), la consulenza di specialistiesterni (come nei progetti di Comunicazione AumentativiAlternativa per i casi in cui la comunicazione non possa avveni-re tramite il canale verbale), l’inserimento dei bambini in conte-sti educativo-terapeutici ad hoc (come nell’attività di judo, vistacome disciplina utile sia per la crescita personale dell’individuosia per imparare a relazionarsi meglio con gli altri), in modo daoffrire ad ogni bambino le condizioni migliori per esprimere tuttele proprie potenzialità.Il percorso del trenino si arricchisce continuamente anche attra-verso la collaborazione con le Università, che avviene tramite larealizzazione di progetti di ricerca e tramite tirocini svolti all’in-terno del Servizio e che spesso riescono a fare un contributo pre-zioso alle attività.Il progetto terapeutico-educativo si svolge quindi spesso nell’ar-co di molti anni, che vedono il bambino diventare piano piano unragazzo, con nuovi bisogni di autonomia e di condivisione con ilgruppo dei pari: è per questo che entra in gioco il “progetto auto-nomia”.

IL PROGETTO AUTONOMIARiconoscere e favorire il cambiamento dalla condizione di bam-bino a quella di adolescente ed infine di adulto, significa per-mettere ai nostri ragazzi (14/25 anni) di spezzare gli schemi det-tati dall’esterno, ed assaporare il gusto della “quinta stagione”,rappresentata da un tempo ed uno spazio personale fatto di scel-te, azioni e ritmi che permettono di esprimere la propria origina-lità.La proposta educativa vuole essere da stimolo alla personalità ecreatività di ognuno, mediante attività pomeridiane legate asituazioni reali e a nuclei di interesse diversificati, in cui ogniragazzo può sentirsi attivamente coinvolto e sempre più autono-mo.Il progetto guida considera importante valorizzare due ambiti dicrescita e promozione del ragazzo, ambiti all’interno dei quali sipossono far rientrare tutte le proposte educative individuate erealizzate negli appuntamenti settimanali previsti.In particolare rispetto all’ambito delle competenze si propongo-no attività che favoriscano l’apprendimento di nuove conoscen-ze e capacità di tipo sociale e sul versante delle autonomie per-sonali, in modo da aumentare il bagaglio di competenze perso-nali che favoriscono al meglio l’inserimento nel tessuto sociale(economia domestica, educazione stradale, attività manuali, judoe yoga). Invece nell’ambito della crescita emotiva si intendefavorire il processo di maturazione psicologica e di consapevo-lezza di sé in un contesto gruppale di incontro tra ragazzi e ragaz-ze, in cui la dimensione adolescenziale costituisce comune deno-minatore e in cui ciascuno si trova proiettato verso l’età adulta e

lavorativa (comunicare danzando, teatro, storie a fumetti, judo,yoga).Motore d’azione è sicuramente la dimensione gruppale doveogni identità ha la possibilità di diventare oggetto di scambio, direlazione, di cambiamento.Collaborare e lavorare con gli altri, inizialmente con l’aiuto ed ilsostegno dell’educatore, progressivamente in modo spontaneodurante lo svolgimento delle attività, rivela il senso di apparte-nenza e il grado di partecipazione di ognuno alla dinamica delgruppo.Precise scelte metodologiche ed opportune proposte operativepermettono ai ragazzi di imparare a riconoscere l’autorità dell’a-dulto e a coglierne le regole da lui stabilite, ponendosi nel grup-po in posizione di scambio e cooperazione, condizioni necessa-rie per cominciare ad accettare e comprendere lo spazio occupa-to da ciascuno.Un ambiente vivace e coinvolgente che mantenga e rinnovi illivello di motivazione alle diverse proposte educative mette ingioco la componente soggettiva, ovvero la capacità di superaremomenti di particolare “risonanza affettiva”, dimostrando diavere stima di sé stessi, autocontrollo e un comportamento ade-guato nel rapportarsi con il mondo esterno.In particolare imparare a condividere qualcosa di personale comeil proprio mondo emozionale permette ai ragazzi di riconosceree rispettare le intenzioni altrui, quindi creare delle relazioni posi-tive.Novità all’interno di un percorso verso l’autonomia personale esociale sono i fine settimana: un luogo fisico, nuovo e ben orga-nizzato per ritrovarsi anche nei fine settimana, permette lo svi-luppo di un percorso specifico di crescita, trasversale, alle attivitàeducative, che interessa mensilmente gruppi diversi (costituiti daragazzi che durante la settimana accedono ad attività differenzia-te).Tale esperienza ha come obiettivi:• Favorire la messa in atto di competenze personali e socialiall’interno dell’attività domestica;• Permettere l’espressione di problematiche adolescenziali fem-minili/maschili;• Favorire lo scambio e il confronto con gli educatori;• Promuovere percorsi gruppali orientali verso l’autogestione delproprio tempo di vita, sociale, professionale, ricreativo.La particolarità del progetto prevede anche il coinvolgimentosempre più approfondito e stretto con i familiari.Stimolo di crescita e cambiamento sono pure le settimane bian-che ed azzurre come ulteriore momento di verifica e valutazionedel percorso educativo di ognuno.Uscire dalla quotidianità significa sperimentare l’autonomia,ossia la capacità di modulare e controllare il proprio comporta-mento e le proprie esigenze lontano da casa, e di sapersi adattareal gruppo e alla nuova situazione ambientale.La partecipazione a questi soggiorni responsabilizza i ragazziogniqualvolta li spinge a scegliere il modo corretto di agire, dovenon ha importanza la qualità e la perfezione della prestazionebensì l’aver deciso in modo autonomo nel rispetto delle conqui-ste di ognuno, e permette agli educatori di affrontare e insieme airagazzi gestire dinamiche e problematiche relazionali semprediverse.Il villaggio delle opportunità del Paese di Oz è dunque assaiampio e complesso, soprattutto per il fatto che mira a realizzarel’ambizioso progetto di articolare, in maniera armonica e sinto-nica rispetto ai bisogni del bambino e del ragazzo, i moltepliciinterventi e gli specifici apporti che molte persone, a diverso tito-lo coinvolte, rivolgono allo stesso soggetto. Per questo esso siconfigura come realtà dinamica e in continuo divenire, così comein crescita e cambiamento costanti sono i bambini, i ragazzi e lefamiglie che qui si rivolgono per essere accompagnati nella lorocrescita.

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Le politiche Anffas a favore dell’infanzia e delle giovanifamiglie

Michele Imperiali Anffas-Onlus VareseComponente Comitato Tecnico AnffasOnlusNazionaleResponsabile per le politiche dell’età evolutiva.

SOMMARIO

Con questo contributo Anffas si propone:1_ fermare l’attenzione e a sviluppare il dibattito all’interno del mondo ANFFAS sulle tematicheriguardanti l’infanzia e il ruolo delle giovani famiglie2_dare a tutti i lettori uno strumento di informazione e formazione al fine di potersi destreggiare nelcampo del “diritto alla riabilitazione”-Il ragionamento si colloca nella logica dallo sviluppo del pensiero ANFFAS uscito dall’Assemblea diCattolica e da altri importanti momenti istituzionali quali la seconda conferenza sulla disabilità diBari, la presentazione della legge sulla “Presa in Carico” di Roma , la conferenza stato-regioni diAbano Terme oltre a convegni, conferenze e tavoli di lavoro in cui la nostra Associazione ha dimo-strato di avere idee chiare sia nel valorizzare la continuità sia nel coraggio dell’ innovazione dellapropria mission. L’infanzia e le giovani famiglie vengono pertanto proposti quali temi centrali di dibattito in seno aduna cultura associativa dinamica ed aperta così come oggi è richiesto.Dai “credo” consolidati su cui poggiano oggi le convinzioni e le rispettive politiche ANFFAS incampo sociale si vogliono richiamare per l’occasione i concetti di:

- intervento precoce di diagnosi, accertamento e cura - diritto alla Presa in Carico e al percorso individuale ( Progetto di Vita). - il nuovo ruolo delle famiglie

Il tutto in piena sintonia con l’input culturale e scientifico che l’OMS ha voluto dare attraverso lapubblicazione della nuova Classificazione Internazionale del funzionamento,della salute e disabilità ( ICF ).

E’INTERVENTO PRECOCE DI DIAGNOSI,ACCERTAMENTO E CURA

fuori discussione che vi siano state negliultimi anni in Italia ,come in molti altri Paesi,importanti evoluzione delle conoscenze scientifi-che e delle tecniche cliniche e riabilitative versoil bambino con disabilità.Oggi si può fare molto di più nell’affrontare ildecorso della disabilità.Tutto questo perché con i nuovi orizzonti cultura-li e sociali, rivolti in particolare in Italia verso l’in-tegrazione, si sono aperte nuovi scenari e attenzio-ni nel campo della medicina e della ricerca.Parliamo quindi di nuove prospettive e di nuovepossibilità.Le nuove prospettive arrivano anzituttodall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)con l’introduzione della nuova concezione di salu-te e di disabilità tradotta con la pubblicazione dellaclassificazione ICFL’ICF(International Classification of Functioning)classifica la salute e gli stati di salute ad essa cor-relati attraverso il ricorso ad un linguaggio univer-sale.Il nuovo modello prende in considerazione tutti gliaspetti contestuali della persona( a maggior ragio-ne quelli dell’infanzia) e permette la correlazione

fra stato di salute e ambiente permettendo di arri-vare a definire la disabilità quale condizione disalute in un ambiente sfavorevole.Tale definizione supera quella precedente (1980)attraverso la quale l’OMS proponeva una classifi-cazione generale della menomazione(deficit),Disabilità(incapacità) e Handicap ( condi-zione di svantaggio conseguente ad un deficit -menomazione o disabilità che limita l’adempi-mento del ruolo normale di un soggetto,in rela-zione all’età, sesso e fattori socio-culturali).Questa nuova classificazione comporterà l’ab-bandono del termine handicap, divenuta in molticasi espressione linguistica a forte connotazionenegativa rispetto al diritto all’inclusione socialedelle persone con disabilitàCon l’ICF si sono aperti e si apriranno nuovi sce-nari e prospettive a più livelli; una visione permolti versi rivoluzionaria dal campo medico-scientifico a quello giuridico-istituzionale. Le nuove possibilità sono già alla portata di moltiservizi sanitari e socio-sanitari pubblici e privatiche hanno scelto di investire sulla prevenzione esulla riabilitazione intensiva con l’intento didimostrare che i risultati che si ottengono sulpiano della qualità della vita dei bambini e degliadolescenti con disabilità ,valgono bene la spesasanitaria richiesta per i trattamenti. L’obiettivo è dinon far diventare i” piccoli” disabili “grandi”handicappati.

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E’ proprio richiamando la spesa sanitaria, che costituisce il con-testo della situazione assistenziale di questo periodo, che sivogliono sostenere le ragioni a favore delle politiche riabilitati-ve e di integrazione in età evolutiva attraverso l’approccio pre-coce e continuativo. I dati della ricerca e della clinica dimostrano come vi sia stato

negli ultimi 20 anni un deciso progresso nel campo della pre-venzione, della diagnosi precoce e dei percorsi riabilitativi delladisabilità mentale. Si sopravvive,si vive di più e meglio alla con-dizione di disabilità; questo grazie soprattutto agli studi chehanno portato all'introduzione di tecniche e metodiche soprat-tutto nel settore della patologia neonatale, e della neuropsichia-tria infantile.Dalla TAC si è arrivati alla risonanza funzionale.La ricerca gene-tica ha aperto orizzonti impensabili fino a qualche anno fa. Ladiagnosi e l’intervento precoce sono divenuti principi fondamen-tali su cui poggia la riabilitazione.Questo per affermare come sia la neuropsichiatria infantilel’ambito in cui oggi la stragrande maggioranza dei bambini sitrova a dover afferire per la presa in carico.La clinica quotidiana dei servizi territoriali riabilitativi dimo-stra come si possa oggi incidere su situazioni come il ritardomentale che rappresenta la quota di patologia più importante daun punto di vista epidemiologico. Vi sono numerosissimi dati che documentano come nel bambinoil sistema nervoso centrale conserva una sua plasticità sensibilealle metodiche riabilitative neuro-riabilitative e neuro-psicologi-che e anche alla psicoterapia; Ci sono pertanto dei tempi specifici perché l’ intervento riabilita-tivo possa risultare più significativo e più efficace: sono quellicorrispondenti all’infanzia e all’adolescenza. Fino a 13-14 anniil terreno risulta pertanto particolarmente fertile alla riabilitazio-ne.I nuovi orientamenti di NPI affermano come non sia sufficientelavorare sulla funzionalità neuro-psicologica del ritardo mentalese non si tiene conto del bambino e del suo ecosistema. Il con-cetto di riabilitazione è centrato sull’approccio integrato richia-mato proprio dal concetto di fondo di presa in carico di tipo glo-baleE’ interessante osservare come il mondo scientifico che si occu-pa in Italia di NPI stia sempre più utilizzando in letteratura, inconferenze e convegni il termine Qualità di Vita riferita al risul-tato atteso dagli interventi integrati programmati e coordinati dalprogetto riabilitativo individualizzato.Purtroppo questo non sta accadendo in seno alla scuola in cuil’integrazione scolastica, forse anche per colpa delle famiglie edelle associazioni, è intesa come qualcosa a se stante rispetto alconcetto di presa in carico e di riabilitazione globale.Nell’agenda ANFFAS si dovrà dare spazio a questo dibatti-to, soprattutto alla luce che proprio dal MIUR ( ex Ministero“Pubblica Istruzione” ) è arrivato il decreto sull’accertamentosullo stato di salute del bambino basato sull’ICF, a garanzia delpercorso riabilitativo individuale in cui la scuola diventa, con iservizi e la famiglia , attore fondamentale.

IL DIRITTO ALLA PRESA IN CARICO

La legislazione italiana è all’avanguardia in tema di diritti a favo-re dei minori con disabilità Esistono pertanto nel nostro Paese tutti i presupposti per favori-re la diagnosi precoce, la presa in carico, il trattamento riabilita-tivo, l’integrazione scolastica,l’orientamento formativo, l’acces-so a servizi domiciliari,diurni e residenziali, tutte condizioninecessarie al bambino e alla sua famiglia per condurre una vitadi pari opportunità e di inclusione sociale.La “Legge–quadro per l’assistenza , l’integrazione sociale e idiritti delle persone handicappate ( Legge 5 febbraio 1992,n.104 ) dedica particolare attenzione al capitolo delle cura, riabi-litazione ed integrazione scolastica e sociale dei minori con disa-bilità attraverso“ programmi che prevedono prestazioni sanitarie e sociali inte-grate tra loro, in grado di valorizzare le abilità della personadisabile, coinvolgendo la famiglia e la comunità….”

Tra i principi generali della Legge 104/92 viene richiamata l’im-portanza di “ garantire l’intervento tempestivo dei servizi tera-peutici e riabilitativi,che assicuri il recupero consentito dalleconoscenze scientifiche e dalle tecniche disponibili, il manteni-mento della persona disabile nell’ambiente famigliare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale…”Le “Linee guida del Ministro della Sanità per le attività diriabilitazione” sancite dall’accordo Governo,Regione eProvincie autonome nel 1998,( G.U. 30 Maggio 1998, n.124)adottano quale modello di riferimento il percorso integrato socio-sanitario che implica l’intima connessione dei programmi diintervento sanitario miranti a sviluppare tutte le risorse potenzia-li della persona disabile con interventi sociali volti all’integra-zione ambientale ( famiglia, scuola, lavoro ). Il documento precisa inoltre che per i casi a maggior com-

plessità si debba garantire l’attivazione di progetti di “ tutela avita “, tagliati a misura sui bisogni del soggetto ( progetto ria-bilitativo individuale) “L’intervento riabilitativo ha inizio almomento stesso in cui il danno si instaura. Il termine è definitoda un accurato bilancio tra la stabilizzazione degli esiti e la pre-senza di potenzialità di recupero……”Vengono definiti i vari stadi della riabilitazione ed i relativi cri-teri ( riabilitazione intensiva ed estensiva) validi in linea genera-le per ogni età e per ogni patologia invalidante o potenzialmentetale . “ L’età evolutiva e l’età senile nonché la patologia di ordi-ne psichico richiedono -secondo le linee guida- considerazionispecifiche……. Con gravi danni cerebrali o disturbi psichici….il progetto riabilitativo può estendersi senza limitazioni…..”Il Progetto obiettivo materno infantile relativo al Piano sani-tario nazionale per il triennio 1998-2000( G.U. n. 89 del 7Giugno 2000) relativamente al capitolo “ Riabilitazione in etàevolutiva” investe la Neuropsichiatria Infantile delle compe-tenze inerenti la prevenzione ,la diagnosi e il trattamento dellepatologie neurologiche e psichiatriche in età evolutiva con l’o-biettivo generale di ridurre quanto più possibile l’handicap,inteso quale risultante del percorso diagnosi- cura-riabilitazio-ne della disabilità. In tale ambito la progettualità integrata con lascuola risulta determinante.L’accordo su Livelli Essenziali di Assistenza sanciti nel corsodella conferenza stato-regioni ( 22.11.2001) vale a dire le pre-stazioni e i servizi che il SSN è tenuto a garantire a tutti i citta-dini gratuitamente o in compartecipazione,grazie alle risorse rac-colte attraverso il sistema fiscale, include tra le prestazioni didiritto,” l’attività sanitaria e socio-sanitaria nell’ambito dei pro-grammi riabilitativi a favore di disabili fisici,psichici e senso-riali…“specificando il livello di prestazioni diagnostiche e tera-peutiche a minori con patologie di interesse neuropsichiatrico. L’atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazionisocio-sanitarie (DPCM 14 Febbraio 2001- G.U. n. 129 del 6.06.2001) chiarisce inequivocabilmente come la riabilitazione aminori affetti da patologie di interesse neuropsichiatrico ( es.accoglienza in strutture terapeutiche) debbano essere a caricodel 100% del SSN.Nel Piano Sanitario Nazionale 2003-2005 il Ministro dellaSalute individua tra i dieci progetti per la strategia del cambia-mento le seguenti priorità : - attuare, monitorare e aggiornare l’accordo sui LivelliEssenziali di Assistenza- promuovere una rete integrata di servizi sanitari e sociali perl’assistenza ai malati cronici ,agli anziani e ai disabiliNel documento vi sono espliciti richiami alla salute del neona-to,del bambino e dell’adolescente e allo sviluppo dell’attività diriabilitazione. Si coglie un interessante attenzione all’area pedia-trica definita “ l’ambiente in cui il SSN si prende cura della salu-te dell’infanzia …”Con il Piano Nazionale di azione e di interventi per la tuteladei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva 2002-2004,il Governo “conferma l’attenzione ai bambini a agli adolescenticome punto di partenza di ogni progetto politico teso a svilup-pare il sociale in un’ottica di evoluzione richiamando l’attenzio-ne sui principi generali degli interessi preminenti dei minoridella non discriminazione,della partecipazione e del diritto allavita e allo sviluppo..” Per quanto concerne il sostegno alla famiglia vengono indivi-

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duate tra le linee operative azioni volte a “ potenziare – al fine diporre i genitori di bambini disabili nelle condizioni di avereinformazioni su come gestire le situazioni riguardanti la disabi-lità-l’efficacia dei segretariati sociali previsti dall’art 22,comma4 della legge n. 328/2000, e dei servizi socio-assistenziali, peruna effettiva presa in carico del bambino disabile e della suafamiglia,attraverso una precisa definizione dei ruoli e delleresponsabilità dei soggetti istituzionali e dei relativi servizi….”I riferimenti legislativi sopra richiamati sono sufficienti a dimo-strare l’esigibilità del diritto del bambino con disabilità alla ria-bilitazione nelle sue varie forme.In questo scenario si colloca la proposta di Legge sulla presain carico della persona con disabilità a integrazione e modifi-ca della L. 104/92, presentata da ANFFAS e FISH a Roma il 9Maggio 2003 con l’intento di dare certezze e solidità ad un pro-cesso oggi molto frammentato.(vedi sito ANFFAS – www.anf-fas.net).

IL NUOVO RUOLO DELLE FAMIGLIEOggi i genitori, ad iniziare da quelli giovani, hanno molte piùpossibilità non solo in termini di esigibilità dei diritti ma ancherispetto al ruolo di partecipazione attiva riconosciuto istituzio-nalmente a vari livelli, soprattutto per quanto riguarda la defini-zione del Progetto di Vita del bambino con disabilità.La “ centralità” della famiglia è pertanto assodata e richiamatain vari provvedimenti legislativi nazionali e regionali al puntoche ANFFAS ha deciso per il momento una politica di “pruden-za”.Visto questo indiscusso riconoscimento, a maggior ragione lefamiglie, ad iniziare da quelle ANFFAS, non possono più per-mettersi di trovarsi impreparate; solo attraverso l’informazione,la formazione e la ricerca del sostegno nelle responsabilità, èpossibile oggi conoscere e riconoscere il possibile dall’impos-sibile.In questo compito le famiglie devono ovviamente essere aiutate.Aiutate da subito, da quando l’evento entra in famiglia. Questocompito spetta in prima battuta ai servizi materno infantile delleAziende Ospedaliere ed in particolare al pediatra che prende incarico il bambino.L’anello della catena si spezza troppo spesso a questo livello. Ilbambino con disabilità e la sua famiglia rischiano di perdereprematuramente e per vari motivi questa preziosa risorsa. I genitori devono invece “esigere” dal pediatra prima, e dalmedico di base poi, quelle competenze di cura e di accompa-gnamento riguardanti le condizioni di salute del bambino . Sono pertanto i medici pediatri i primi “orientatori” nel campodella riabilitazione e della presa in carico del bambino con disa-bilità e della sua famiglia. Le cose non vanno quando si assisteinvece ad un rapido passaggio di consegne alle strutture e allefigure specialistiche. Di solito la presa in carico specialisticacoincide con il defilarsi del medico pediatra. La valorizzazionee la centralità di questa figura nei percorsi diagnostici-terapeuti-ci è sottovalutata non solo sul piano istituzionale, ma purtroppoanche da tutte quelle famiglie che decidono, nonostante le oppor-tunità, di fare di “testa propria”.Associazioni come ANFFAS e altre ,possono essere di moltoaiuto ai giovani genitori di bambini con disabilità ; a tutte vienerichiesto di sapersi rinnovare nelle conoscenze apportate dall’e-voluzione dei modelli scientifico-culturali che, con la promo-zione delle politiche riferite ai bisogni della persona disabilenelle varie fasi della vita rappresentano l’architettura su cui pog-gia la qualità di vita possibile.La riabilitazione,intesa come processo integrato tra rieducazionefunzionale ed educazione, è il “punto di partenza” che può deci-dere anche il “punto di arrivo” del progetto di vita della personacon disabilità e della sua famiglia.

PRIME REALIZZAZIONI DEL PROGETTO DI VITA.

Nella Provincia di Taranto, la nostra associazione di Statte, starealizzando “ un progetto di vita” basato sulla programmazio-ne globale, organica e coordinata dei servizi socio - assisten-ziali e sanitari.A supporto di questo progetto sono state scelte attività cheintendono privilegiare le esigenze espressive , creative edoccupazionali delle persone con disabilità gravi, in particola-re: - la manipolazione e la ceramica - l’educazione al suono e la musicoterapia - la gestualità e il teatro - la didattica con l’uso del computer - la psicomotricità in acqua- la rieducazione equestreL’inizio di questa scommessa ha condotto risultati forseinsperabili prima, man mano ha accresciuto gli entusiasmiconfermando l’idea che il lavoro corretto, valevole, profes-sionale legato ad un fine solidale è senza dubbio premiato.Lungo il cammino al Comune di Statte è stata attribuita l’a-michevole compito di comune capofila di questa cordata Iprimi passi sono stati l’avvio e la realizzazione del progettodenominato “LABORATORIO PER DISABILI GRAVI “redatto ai sensi dll’art. 41 Ter della Legge n. 104 del 1992 edapprovato dalla regione Puglia con deliberazione della G.R. n.4541 del 29.12.1998, il lavoro è stato l’unico ad essere finan-ziato in Puglia, ed è destinato a crescere, infatti in continuitàcol precedente, partirà nei prossimi mesi “ I CENTRI DIUR-NI EDUCATIVI E SOCIO-RIABILITATIVI INTEGRATI”.

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aAmbulatorio “ piccoli “l’esperienza genovese

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a realtà genovese dell’ambulatorioA.N.F.F.A.S. nasce nel 1976 come elementodi primaria importanza per l’intervento riabi-litativo nei primi anni di vita della personadisabile. Dopo alcuni anni di sperimentazione, questarealtà si consolida diventando punto di riferi-mento nel territorio e importante collegamen-to anche con la scuola.Attualmente l’ambulatorio offre un serviziodi riabilitazione a bambini che presentanodeficit intellettivi, relazionali e fisici a partiredalla primissima infanzia fino all’età adole-scenziale ; ad oggi sono inseriti 75 bambi-ni.L’équipe è composta da tre psicomotricisti,due logopediste, una musicoterapista, unafisioterapista, un’assistente sociale , unapedagogista, una psicologa e una psichiatra,oltre che una segretaria e un responsabile tec-nico-operativo.Ci si avvale inoltre di consulenze fisiatrica epsicodiagnostica.L’invio del bambino al nostro Ambulatorioda parte dei servizi territoriali prevede il piùdelle volte una presa in carico globale delcaso.Il primo colloquio della famiglia avviene conla psichiatra, segue poi l’osservazione delbambino da parte delle diverse figure dell’é-quipe.Di fatto l’intervento è complesso e si articolasu più livelli e in contesti differenti.Il bambino viene inserito nei trattamenti piùopportuni individuati dall’équipe multidisci-plinare dell’Ambulatorio e sempre condivisicon le famiglie. I trattamenti condotti dai terapisti mirano adutilizzare canali diversi (quello sonoro-musi-cale, corporeo, verbale....) come strumentiterapeutico- riabilitativi mediatori all’internodella relazione con il soggetto, intervenendosu aree differenti a livello motorio, espressi-vo-emotivo, cognitivo e comunicativo- rela-zionale. Vengono proposte sedute della dura-ta di quarantacinque minuti con frequenza, aseconda dei casi, di una, due o tre volte alla

settimana. Sulla base dei bisogni e dellerisorse del bambino i terapisti e l’équipe indi-viduano degli obiettivi essenziali per lacostruzione di un progetto riabilitativo ;un’opera costante di revisione, verifica e rie-laborazione dei dati prosegue poi per tutto iltempo dell’iter riabilitativo sino alle dimis-sioni.Ma poiché la vita del bambino si svolge prin-cipalmente in famiglia e a scuola il nostrointervento deve estendersi anche a questerealtà.Al momento dell’inserimento in ambulatorioinfatti comincia anche il lavoro con le fami-glie che si avvale di incontri di aggiornamen-to e condivisione del percorso riabilitativosvolto dal bambino, oppure di momenti disostegno e confronto con i familiari sino alprogetto di un eventuale counseling.Creare uno spazio di ascolto consente di sup-portare le relazioni genitori-figli, stimolandol’ elaborazione personale mirata ad attivarerisorse e a comprendere bisogni in una situa-zione il più delle volte inaspettata e doloro-sa. Il servizio pedagogico consiste nel fornirealle famiglie orientamento scolastico e pro-fessionale; favorisce il raccordo con la scuo-la e si articola attraverso le tappe dell’osser-vazione, dell’interazione e della documenta-zione.

Le osservazioni si effettuano nel contestoambulatoriale e scolastico e sono modulate aseconda dell’età e delle disabilità del bambi-no, assumendo una valenza di valutazionedelle competenze operative nelle diverse areedi sviluppo . Si integrano per tutti i bambinii dati sugli apprendimenti, collaborando allastesura con gli operatori scolastici dei pianieducativi personalizzati e dei profili dinamicifunzionali, approfondendo la conoscenza diciascun bambino con i terapisti che lo seguo-no. Viene curata la presentazione del bambi-no a scuola nei momenti particolarmentedelicati dell’inserimento o del passaggio sco-

Equipe multidisciplinare Anffas – Onlus Genova

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lastico. Tali incontri sono organizzati anche al fine dellacontinuità educativa per trasferire tempestivamente leesperienze del bambino tra scuola e ambulatorio, com-prendere i comportamenti problematici e decidere even-tuali strategie di intervento.La documentazione è importante per valutare il lavorosvolto, per affinare il linguaggio comune, per produrreinformazioni e per confrontarsi con gli altri.Si raccoglie così l’esperienza scolastica in senso longitu-dinale tramite il diario psicopedagogico, aggiornato dopoogni incontro, che permette di costruire il “profilo biogra-fico” del bambino.Si documenta talvolta il lavoro ambulatoriale e scolasticotramite videoriprese con valenza informativa e formativa. A volte sono gli stessi genitori ad essere coinvolti : alcuniricercano sostegno educativo, altri mostrano in più lavoglia di “fare” riscoprendo momenti ludici insieme aipropri figli anche all’interno di un progetto di riabilitazio-ne.Si collabora a valorizzare “buone prassi” educative dialcune scuole ricche di esperienza integrandole con i per-corsi riabilitativi mantenendo in questo modo la “memo-ria” dei progetti. Per quest’anno si prevede la promozione di due esperien-ze di integrazione fra minori disabili da noi seguiti e lorocoetanei tramite l’attivazione di un laboratorio di psico-motricità ed uno di video-arte. L’intervento dell’assistente sociale contribuisce alsostegno alla famiglia. Dopo un primo colloquio conoscitivo viene effet-tuata una visita domiciliare al fine di una mag-giore conoscenza dei familiari e dell’ambien-te in cui il bambino vive.L’assistente sociale fornisce informazioni eaiuto per quanto concerne tutti i diritti ine-renti l’handicap : invalidità civile, benefi-ci della L. 104/92, trasporto scolastico eriabilitativo, tagliando disabili per l’au-to, tempo libero, ecc. Sono pertantocura dell’assistente sociale l’aggior-namento continuo della normativa ei contatti con strutture presenti sulterritorio (Commissione InvaliditàCivile, Patronati, INPS, Comuni,ASL ; Consulta per l’handicap....)in modo da poter costruire unarete di relazioni intorno allafamiglia all’interno del contestosociale che meglio raccolga ibisogni emergenti.Le varie professionalità con-vergono poi in un lavoro digruppo che costruisce emodula via via il progettoriabilitativo formulato perciascun bambino.

La supervisione da parte della psichiatra dei singoli inter-venti, gli incontri di riflessione con i tecnici coinvolti neisingoli percorsi consentono l’integrazione di tutti gliaspetti che emergono dalle diverse realtà sia interneall’Ambulatorio che “sul territorio” rendendo così effica-ce la presa in carico globale del bambino e della famiglia.Infatti è il più delle volte l’Ambulatorio che, oltre a farsicarico del progetto strettamente riabilitativo, costruisceun “lavoro d’insieme” che conduce ad una trama di rela-zioni ricche e significative con tutti gli specialisti coinvol-ti in modo che il bambino e la sua famiglia siano costan-temente “pensati”, accompagnati e seguiti.

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