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FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI APPUNTI DELLE LEZIONI DI MATEMATICHE ELEMENTARI DA UN PUNTO DI VISTA SUPERIORE Geometria sintetica e Strutture algebriche Nicola Melone Anno accademico 2009-10

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  • FACOLTÀ DI SCIENZE MATEMATICHE FISICHE E NATURALI

    APPUNTI DELLE LEZIONI DI

    MATEMATICHE ELEMENTARI DA UN PUNTO DI VISTA SUPERIORE Geometria sintetica e Strutture algebriche

    Nicola Melone

    Anno accademico 2009-10

  • Indice

    CAPITOLO 1: CENNI DI STORIA DELLA GEOMETRIA EUCLIDEA 1.1 Babilonesi, Egizi, Indiani (2000 - 600 a.C.) 1 1.2 I Greci (600 a.C. – 400 d.C.) 2 1.3 Gli Elementi di Euclide 5 1.4 Costruzioni con riga e compasso 9

    CAPITOLO 2: RICHIAMI DI ALGEBRA 2.1 Introduzione 21 2.2 Elementi di teoria dei campi 25 2.3 L’anello dei polinomi a coefficienti in un campo 30 2.4 Estensioni algebriche e ricerca degli zeri di un polinomio 34

    CAPITOLO 3: FONDAMENTI DI GEOMETRIA

    3.1 Introduzione 37 3.2 Gli assiomi di Hilbert 41 3.3 Elementi di Geometria proiettiva sintetica 44 3.4 Spazi proiettivi finitamente generati 52 3.5 Spazio duale di uno spazio proiettivo 56 3.6 Spazi affini dal punto di vista proiettivo 61 3.7 Spazi proiettivi e affini con un numero finito di punti 65

    CAPITOLO 4: SPAZI PROIETTIVI SU CORPI E CAMPI 4.1 Elementi di algebra lineare su corpi 69 4.2 Spazi proiettivi su corpi 76 4.3 Teoremi di Desargues, Pappo e Fano 79

    CAPITOLO 5: SPAZI PROIETTIVI DESARGUESIANI 5.1 Collineazioni e affinità 85 5.2 Collineazioni centrali e dilatazioni 90 5.3 Il Teorema di rappresentazione degli spazi affini e

    proiettivi desarguesiani 95

  • Introduzione

    Queste note riassumono gli argomenti delle lezioni di Matematiche elementari dal punto

    di vista superiore da me tenute nell’anno accademico 2009/10. In queste note si vuole

    approfittare della storia degli Elementi di Euclide per inquadrare in un percorso storico e

    culturale il processo di maturazione delle idee che hanno portato in oltre duemila anni e

    con il contributo di moltissimi matematici alla sistemazione odierna dei Fondamenti della

    Geometria. Un discorso che permette di evidenziare in modo chiaro il profondo legame

    esistente tra questioni geometriche elementari e antiche di millenni e l’Algebra moderna

    nata all’inizio del ventesimo secolo.

    Spesso problemi matematici dall’enunciato elementare ed apparentemente facili da

    risolvere hanno avuto risposta soltanto dopo molti secoli mediante nuove teorie

    matematiche e, spesso, con strumenti matematici complessi. Penso ad esempio alla

    trisezione dell’angolo, alla duplicazione del cubo, alla quadratura del cerchio, al problema

    ciclotomico e all’ultimo teorema di Fermat. Elementare nel contesto scientifico, e

    matematico in particolare, non significa facile o banale, ma fondamentale. Si pensi, ad

    esempio, alla Fisica delle particelle elementari. Elementare ha la stessa radice di alimento,

    ovvero ciò che è essenziale per lo sviluppo. Matematica elementare significa, quindi, il

    complesso delle nozioni e dei teoremi basilari che rendono possibile la costruzione della

    Matematica contemporanea.

    La scelta degli argomenti è stata motivata da tre obiettivi.

    Il primo obiettivo è un tentativo di risposta alla domanda che numerosi studenti di

    Matematica mi hanno sempre rivolto a conclusione dei loro studi: “perché devo studiare

    tanta matematica superiore se a scuola insegno soltanto argomenti molto elementari che

    non hanno legami con le complesse teorie moderne?”

    Il secondo obiettivo è mostrare che la storia dello sviluppo delle idee matematiche è

    strettamente intrecciata con la storia del pensiero: musica, letteratura, poesia, filosofia e

    matematica hanno profondi legami e reciproche influenze culturali.

    Il terzo obiettivo è colmare un difetto dei corsi di studio in Matematica. L’organizzazione

    didattica suddivisa nei settori disciplinari classici dell’Algebra, dell’Analisi Matematica, della

    Fisica Matematica, della Geometria, della Logica, della Matematica computazionale, della

    Probabilità e la numerosità di insegnamenti in uno stesso settore, se da un lato consente

  • allo studente di approfondire aspetti importanti di una disciplina, molto spesso fa perdere

    una visione di insieme della disciplina stessa e, più in generale, della Matematica.

    Ne deriva spesso, non soltanto nell’opinione pubblica ma anche nei laureati in

    Matematica, una visione della Matematica limitata e frammentaria, priva di uno sviluppo

    storico organicamente connesso alla storia dell’umanità, una scienza priva di umanesimo e

    ridotta ad un arido tecnicismo. Una Matematica brutta, astratta, autoreferenziale, fatta per

    pochi (eletti?) e che non ha contenuti culturali e formativi.

    Nicola Melone

  • 1 Nicola Melone

    CAPITOLO 1

    CENNI DI STORIA DELLA GEOMETRIA

    1.1 Babilonesi, Egizi, Indiani (2000 a.C.- 600 a.C.)

    Il legame della Matematica con la Società è così profondo che la storia della

    Matematica inizia con la storia dell’Umanità. In alcuni graffiti dell’uomo di Neanderthal

    (50.000 anni a.C.) si ritrovano rudimentali sistemi di conteggio e graffiti dell’uomo di Cro-

    Magnon (25.000 anni a.C.) contengono disegni geometrici. Nell’attuale Libano sono state

    rinvenute ossa di animali con tacche riunite in gruppi di uguale cardinalità risalenti a

    15.000 anni a.C.

    Intorno al 10.000 a.C. gli esseri umani da cacciatori raccoglitori si trasformarono in

    agricoltori. Essi costruirono i primi villaggi e si dedicarono all’agricoltura ed all’allevamento

    del bestiame. In particolare le donne si occupavano di agricoltura, dello studio e della

    classificazione delle piante (Botanica), ricavando medicamenti e veleni, e lavoravano

    l’argilla per produrre vasellame. Queste civiltà primitive avevano già alcune rudimentali

    nozioni di Matematica e, in particolare, rette, cerchi ed angoli.

    Morris Kline [MK] afferma che, prima delle civiltà babilonese ed egizia (2000 - 600

    a.C.), non vi è traccia di matematica più avanzata.

    Le conoscenze matematiche dell’antica Mesopotamia (odierno Iraq) derivano da

    numerosi testi scritti su tavolette di argilla con incisioni a forma di cuneo, la cosiddetta

    scrittura cuneiforme. Esse testimoniano una vasta cultura matematica risalente alla

    dominazione sumera (III millennio a.C.), proseguita con la dominazione accadica e assiro-

    babilonese (II e I millennio a.C.), con quella persiana (VI-IV secolo a.C.) e culminata nella

    profonda trasformazione della Grecia classica (III secolo a.C.-I secolo d.C.). Sulle tavolette

    si trovano soluzioni di molti problemi algebrici e geometrici: in particolare la formula

    risolutiva delle equazioni quadratiche, le formule per il calcolo (approssimato) delle aree

    del cerchio e di vari poligoni e il Teorema di Pitagora, 1000 anni prima dei greci [M.K.].

    Su una di tali tavolette si legge infatti: “4 è la lunghezza e 5 la diagonale. Qual è la

    larghezza? 4 per 4 è 16, 5 per 5 è 25. Togli 16 da 25 e resta 9. 3 per 3 è 9 e quindi la

    larghezza è 3”.

    Anche gli egizi inventarono un sistema di scrittura pittografico, i geroglifici, e i

    documenti principali sulle loro conoscenze matematiche sono due papiri risalenti (circa) al

    1700 a.C.. Il papiro di Mosca (così chiamato perché conservato a Mosca), contiene 25

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    problemi tra cui la formula corretta del volume del tronco di piramide (forse il compito di un

    allievo) ed il papiro Rhind (dal nome dello scopritore, detto anche di Ahmes dal nome

    dell’autore), contiene 84 problemi tra cui risoluzioni di equazioni lineari in un’incognita,

    formule per il calcolo di aree, in particolare del cerchio, e di volumi, in particolare di un

    tronco di piramide a base quadrata (forse un manuale per docenti).

    Dai documenti si evince che le conoscenze matematiche degli egizi appaiono meno

    profonde di quelle dell’antica Mesopotamia. Erodoto afferma che la geometria egizia era

    nata per esigenze pratiche. A quell’epoca già si pagavano le tasse sulle terre e le continue

    inondazioni del Nilo, cancellando i confini, costringevano a ricalcolare ogni anno le

    superfici.

    Sebbene la civiltà hindù risalga ad almeno 2000 anni a.C., le prime testimonianze di

    nozioni matematiche sono contenute in documenti religiosi, chiamati Śulvasūtra, intorno

    all’800 a.C.. In essi si trova un valore approssimato per √2 , la descrizione dei metodi per

    costruire altari di forma circolare, semicircolare o quadrata di stessa area, procedimenti

    per costruire figure simili e la seguente formulazione del teorema di Pitagora: “la

    diagonale di un rettangolo oblungo produce da sola entrambe le aree che i due lati

    dell’oblungo producono separatamente”.

    La Matematica di Babilonesi, Egizi e Indiani era sostanzialmente primitiva, rudimentale

    e pratica, riducendosi ad un insieme di regole per risolvere problemi concreti e specifici. Le

    applicazioni più importanti in Mesopotamia ed Egitto furono all’Astronomia. Queste tre

    civiltà non avevano acquisito metodi generali, procedimenti di astrazione ed il concetto di

    dimostrazione.

    1.2 I Greci (600 a.C. – 400 d.C.) Bisogna attendere il V secolo a.C. per assistere alla nascita della civiltà greca classica

    che cambierà il corso della storia dell’umanità e la nascita della Matematica in senso

    moderno. Kline afferma ([M.K]):“Nella storia della civiltà i Greci occupano un posto

    preminente; nella storia della Matematica sono l’evento supremo”. Nel V secolo a.C.

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    comincia, infatti, in Asia Minore (odierna Turchia) una profonda rivoluzione del pensiero

    che, successivamente, infiamma la Grecia moderna, Creta, Rodi, Delo, l’Italia meridionale

    (la Magna Grecia) e l’Africa settentrionale.

    I filosofi ionici, convinti che la Natura fosse un sistema razionale e quindi comprensibile

    razionalmente in tutti i suoi fenomeni, pongono al centro dell’interpretazione dei fenomeni

    naturali la Natura stessa. Si passa così dalla Mitologia al Meccanicismo.

    I motivi principali della nascita e del fiorire di questa cultura furono essenzialmente

    l’adozione dell’alfabeto fenicio (al posto dei vari sistemi basati sui geroglifici egizi), che

    consentì una migliore diffusione delle idee, e la creazione di scuole sotto la guida di grandi

    maestri intorno alle quali si raccoglievano e si istruivano gli allievi.

    I matematici greci più importanti sono stati [MacTutor History of Mathematics archive,

    http://www-history.mcs.st-andrews.ac.uk/history/index.html]:

    • Talete di Mileto (624-547 a.C.): uno dei sette saggi presocratici, fondatore della Scuola Ionica, la prima in ordine di tempo. Egli trasferì in Grecia la matematica egizia, trasformandola in un’attività puramente speculativa. A Talete si deve in particolare l’introduzione del metodo deduttivo;

    • Pitagorica di Samo (569-475 a.C.): allievo di Talete e fondatore della scuola pitagorica a Crotone nella Magna Grecia. Egli è considerato il primo matematico ad aver introdotto il concetto di dimostrazione in matematica ed al quale si deve, probabilmente, la prima dimostrazione del teorema che per questo motivo porta il suo nome;

    • Ippocrate di Chio (470-410 a.C.): che scrisse il primo libro “Elementi di Geometria”, in cui si trova la risoluzione geometria delle equazioni quadratiche, che probabilmente è stato adoperato come modello dei Libri I e II degli Elementi Euclide.Sembra, inoltre, che per primo abbia trasformato il problema della duplicazione del cubo in quello della determinazione di due medi proporzionali tra due segmenti;

    • Platone di Atene (427-347 a.C.): fondatore dell’Accademia, il cui contributo principale alla matematica è stato quello di enfatizzare l’importanza delle dimostrazioni e la necessità di definire accuratamente gli oggetti matematici;

    • Teeteto di Atene (417-369 a.C.): allievo di Platone ed inventore della Geometria solida, che studiò per primo l’ottaedro e l’icosaedro e costruì i cinque solidi regolari, detti platonici, che costituiscono sostanzialmente il Libro XIII di Euclide;

    • Eudosso di Cnido (408-355 a.C.): che sviluppò la teoria delle proporzioni, esposta nel Libro V di Euclide, e introdusse il metodo di esaustione per il calcolo di aree e volumi, utilizzato da Euclide nel Libro XII. Ad Eudosso si deve, inoltre, la prima dimostrazione che il rapporto tra le aree dei cerchi ed i quadrati dei loro raggio è costante;

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    • Menecmo (380-320 a.C.): allievo di Eudosso, che per primo studiò le coniche come sezioni piane di un cono e le utilizzò per dare una soluzione al problema della duplicazione del cubo;

    • Aristotele (384-322), fondatore del Liceo dopo aver lasciato l’Accademia di Platone. È considerato tra i maggiori filosofi della Grecia antica ed uno tra i più influenti pensatori della Storia umana. Non è un matematico nel senso proprio del termine, sebbene a lui si deve la sistemazione della logica come scienza deduttiva indipendente dalla Matematica. La sua autorevolezza influenzò il carattere della Matematica greca classica, in particolare di Euclide, ritenendo indispensabile costruire geometricamente gli oggetti della Matematica;

    • Euclide di Alessandria (325-265 a.C.): che nei suoi famosi 13 Libri degli Elementi ricostruì in una teoria assiomatico-deduttiva la matematica di Talete, Pitagora, Ippocrate, Teeteto, Eudosso ed altri. Sulla base di questa organizzazione assiomatica delle conoscenze matematiche del IV secolo a.C., la Matematica, ed in particolare la Geometria, entra nel periodo d’oro;

    • Archimede di Siracusa (287-212 a.C.): considerato il più eminente matematico greco ed uno dei più grandi scienziati della Storia. Egli perfezionò il metodo di esaustione di Eudosso e calcolò l’area ed il volume di numerosissimi oggetti, in particolare dimostrò che il volume di una sfera è uguale ai di quello del cilindro circoscritto. Archimede studiò molte curve e superfici speciali (tra cui la spirale che porta il suo nome), fornì la costruzione di 13 poliedri semiregolari (detti archimedei), stabilì i principi fondamentali della Meccanica (il principio del galleggiamento dei corpi, ben noto come Principio di Archimede) e costruì molti strumenti tecnologici (gli specchi ustori, l’orologio ad acqua, il principio del sollevamento dell’acqua mediante l’elicoide ed il planetario);

    • Eratostene di Cirene (276 – 194 a.C.): matematico, astronomo, geografo e poeta, considerato il fondatore della Geografia matematica per l’uso sistematico delle coordinate sferiche (latitudine e longitudine) inventate da Dicearco da Messina (350-290 a.C.). Egli per primo ottenne una misura molto precisa del meridiano terrestre. Tra i risultati matematici più noti di Eratostene vanno annoverati l’invenzione di un metodo per individuare numeri primi (il crivello di Eratostene) e di uno strumento (il mesolabio) per inserire due medi proporzionali tra due numeri assegnati e quindi utile per calcolare radici cubiche. Si voglia ad esempio calcolare √ . Determinati con il mesolabio due medi proporzionali b,c tra a ed 1, cioè tali che a : b = b : c = c : 1 , risulta ac = b2 e b = c2, da cui a = c3 ovvero √  = c.

    Apollonio di Perga (262-190 a.C.): considerato insieme ad Euclide ed Archimede tra i più grandi matematici del periodo ellenistico. Egli è l’autore del fondamentale trattato Le coniche nel quale fece un’esposizione sorprendentemente moderna della teoria (i nomi ellisse iperbole e parabola, compaiono nell’opera per la prima volta). Egli introdusse anche le nozioni di normale, evoluta e centro di curvatura di una conica ed ottenne un’approssimazione di π migliore di quella di Archimede;

    • Ipparco di Rodi (190-120 a.C., nato in realtà a Nicea): matematico e astronomo. Considerato tra i più importanti astronomi dell’antichità, egli ha introdotto vari metodi per calcolare tavole trigonometriche e, probabilmente, ha inventato la trigonometria;

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    • Erone di Alessandria (10-75 d.C.): nei suoi 3 Libri della Metrica determina le formule per il calcolo di aree di figure piane, superfici e volumi di figure solide. In particolare determina la formula (nota come formula di Erone) per il calcolo dell’area di un triangolo mediante il suo semiperimetro ed un metodo per calcolare la radice cubica di un numero;

    • Menelao di Alessandria (70-130 d.C.): cui si deve lo sviluppo della geometria e trigonometria sferica nei suoi 3 Libri della Spherica e le applicazioni all’Astronomia. In particolare è noto il cosiddetto teorema di Menelao: condizione necessaria e sufficiente affinché tre punti distinti L,M,N fissati rispettivamente sui lati AB, BC e CA di un triangolo ABC, siano allineati è che le loro misure relative verifichino la relazione

    · 1;

    • Tolomeo (95-165 d.C.): nell’Almagesto perfezionò la trigonometria di Ipparco e costruì la teoria geometrica del moto dei pianeti. La sua teoria resistette 1400 anni fino alla teoria eliocentrica di Copernico, dimostrata sperimentalmente da Galilei. Famoso è il cosiddetto Teorema di Tolomeo (il prodotto delle diagonali di un quadrilatero inscritto in un cerchio è uguale alla somma dei prodotti dei lati opposti) da cui dedusse le formule per   2 . ,     

    (3,4,5), (5,12,13)) e, molto probabilmente, sapevano che ogni terna pitagorica forniva i lati

    • Pappo di Alessandria (290-350 d.C.): ultimo dei grandi geometri greci, il cui maggiore contributo alla Geometria è l’opera in 8 Libri Sinagoga (o Collezione matematica), contenente vari argomenti, tra cui un metodo per risolvere il problema della trisezione di un angolo, paradossi geometrici, poliedri regolari e semiregolari, quadratrice e spirale, superfici minime, astronomia e meccanica. Sono famosi il cosiddetto Teorema di Pappo (la base della geometria proiettiva sintetica moderna) ed un teorema (riscoperto da Guldino nel 1640) sul calcolo del volume di solidi di rotazione.

    1.3 Gli Elementi di Euclide I Greci dividevano la Matematica in Aritmetica (lo studio della “moltitudine” o delle

    “quantità discrete”) e Geometria (lo studio delle “grandezze” o “quantità continue”) e le

    consideravano entrambe di origine essenzialmente pratica. Proclo (412-485 d.C.) nel suo

    “Commentario su Euclide” afferma che la geometria (letteralmente misurazione della

    terra) nasce in Egitto per l’esigenza di ridefinire i confini delle proprietà cancellati ogni

    anno dallo straripamento del Nilo e l’aritmetica origina dalle esigenze dei commercianti

    fenici.

    Il contributo fondamentale dei Greci alla Matematica è stato quello di averla

    trasformata in una scienza astratta e quindi di aver “inventato” la Matematica nel senso

    moderno del termine, ovvero una scienza in cui le proposizioni devono essere di carattere

    generale e confermate da dimostrazioni.

    Ad esempio i matematici mesopotamici conoscevano già procedure per determinare le

    cosiddette terne pitagoriche, cioè terne (a,b,c) di numeri naturali tali che a2+ b2 = c2 (e.g.

  • 6 Nicola Melone

    c) di numeri naturali del tipo

    p,q, ρ numeri nat soltanto dispari.

    Non nda

    tras

    del ruolo

    cen

    di un triangolo rettangolo. Quest’ultima proprietà fu dimostrata in modo rigoroso da Euclide

    nel Libro I (proposizione 47, ed in forma più generale nella proposizione 31 del Libro VI) e

    lo stesso Euclide nel Libro X prova sostanzialmente che:

    le terne pitagoriche sono tutte e sole le terne (a,b,

    a = ρ(p2- q2) , b = ρ(2pq) , c = ρ(p2+q2),

    urali tali che p>q, p,q primi tra loro ed uno

    sono del tutto certi i motivi che spinsero i Greci ad operare questa profo

    formazione della Matematica. Alcuni storici sostengono che probabilmente fu causato

    dal fatto che i primi pensatori greci furono filosofi, interessati soltanto alle idee.

    La filosofia dell’influente scuola pitagorica (anche a seguito della scoperta

    trale dell’aritmetica nell’armonia musicale) si fondava sul principio che il mondo

    sensibile ha una struttura matematica (tutto è numero) e numeri e geometria erano

    identificati. In particolare ritenevano che ogni oggetto naturale fosse misurabile con un

    numero naturale o razionane (frazionario). Gli stessi pitagorici scoprirono, però, che il lato

    e la diagonale del quadrato unitario sono incommensurabili. Dal teorema di Pitagora

    segue infatti che d2 = 1 + 1 = 2 , onde se fosse d = , con p,q numeri naturali

    primi tra loro ( ipotesi non restrittiva), si avrebbe p2 = 2q2 e quindi p sarebbe

    pari. Posto p = 2m, risulterebbe allora 2q2 = 4m2, ovvero anche q sarebbe

    pari, in contrasto con l’ipotesi che p,q soni coprimi.

    A partire da questo risultato, nel IV secolo Teete

    1

    d

    to ed Eudosso studiarono più a fondo

    gli

    a. Questo

    è s

    ù importante e definitivo del

    pro

    in forma

    assiomatico-deduttiva tutte le conoscenze matematiche del tempo (inventando così il

    metodo assiomatico). L’opera si apre con una serie di definizioni degli enti oggetto di

    irrazionali ed Euclide ne fece una teoria generale nel Libro X degli Elementi. La

    scoperta degli irrazionali e la conseguente esistenza di segmenti incommensurabili

    spinsero i matematici del tempo ad una revisione critica dei principi fondamentali della

    Matematica, in particolare del concetto di dimostrazione e di verità matematica.

    I tempi erano maturi per dare alla Matematica una struttura ipotetico-deduttiv

    tato il fondamentale contributo di Euclide alla Matematica.

    Gli Elementi di Euclide rappresentano il punto d’arrivo pi

    cesso (iniziato con Talete, Pitagora, Ippocrate e Platone, per citare soltanto i più

    importanti), di trasformare la Matematica da scienza pratica a scienza teorica.

    Euclide suddivise il suo trattato in 13 Libri (capitoli) nei quali espose

  • 7 Nicola Melone

    studio (ad esempio, punto, retta, piano, angolo retto, acuto ed ottuso, rette perpendicolari,

    triangolo rettangolo, equilatero, isoscele e scaleno, quadrato, cerchio, parallelismo ...) e

    con le seguenti nozioni comuni (i.e. principi logici evidenti) e postulati (i.e. affermazioni la

    cui evidenza non necessitava di dimostrazioni).

    NOZIONI COMUNI

    1. Grandezze uguali ad una stessa grandezza sono uguali tra loro; 2. Sommando (o sottraendo) grandezze uguali a (da) grandezze uguali si ottengono

    grandezze uguali; 3. Grandezze che coincidono sono uguali; 4. Un intero è maggiore di ogni sua parte; POSTULATI

    I. Esiste una (ed una sola) linea retta tra due punti;

    II. Ogni linea retta si può prolungare indefinitamente in una linea retta;

    III. Esiste un (solo) cerchio di centro e raggio fissati;

    IV. Gli angoli retti sono uguali tra loro;

    V. Se una linea retta interseca due linee rette formando angoli interni da uno stesso lato minori di due angoli retti, le due linee rette prolungate indefinitamente si intersecano nel lato dei due angoli interni minori di due retti.

    Una sommaria descrizione del contenuto degli Elementi è la seguente.

    Il Libro I tratta dei criteri di congruenza dei triangoli, delle relazioni tra area di triangoli e parallelogrammi e delle proprietà delle rette parallele. Il Libro II contiene proposizioni su triangoli, quadrati e rettangoli. Il Libro III è dedicato alle proprietà di cerchio e circonferenza. Il Libro IV illustra problemi di costruzione ed in particolare le costruzioni di poligoni regolari inscritti in cerchi. La costruzione di un pentagono regolare inscritto in un cerchio è considerato uno dei più bei risultati degli Elementi. Il Libro V sviluppa, senza utilizzare il contenuto dei libri precedenti, una teoria generale delle proporzioni indipendente dall’aritmetica. Il Libro VI si occupa dei criteri di similitudine dei poligoni. I Libri VII, VIII, IX trattano dell’Aritmetica: proporzioni numeriche, algoritmo della divisione, massimo comun divisore e minimo comune multiplo, numeri primi e fattorizzazione unica, il teorema sull’esistenza di infiniti numeri primi e numeri perfetti. Il Libro X libro molto lungo (contiene 115 proposizioni) e difficile (Fibonacci lo definì difficilior) presenta una teoria degli irrazionali (perfezionando i risultati di Teeteto ed Eudosso). Il Libro XI sviluppa la geometria solida (punti, rette, piani e sfera, parallelismo e perpendicolarità tra rette, rette e piani e tra piani, in analogia a quanto fatto per la geometria piana.

  • 8 Nicola Melone

    Il Libro XII è dedicato ai rapporti tra cerchi, sfere e rispettivi raggi, a lunghezze, aree e volumi seguendo il metodo di esaustione dovuto ad Eudosso (e ad egli attribuito nel Libro). Il Libro XIII tratta dei Solidi Platonici e dei metodi per inscrivere tali solidi in una sfera.

    Nel corso dei secoli il metodo assiomatico euclideo contenuto negli Elementi è stato

    sottoposto ad un’approfondita analisi critica, essenzialmente sulle seguenti tre questioni:

    1. Il V postulato, la cui formulazione non corrispondeva al criterio di evidenza degli altri quattro;

    2. l’uso di nozioni e concetti che non vengono definiti (ad esempio il concetto di uguaglianza, quello di sovrapponibilità tra oggetti, …)

    3. l’uso di enti la cui esistenza è garantita soltanto da figure (ad esempio punti di intersezione tra oggetti geometrici.

    Per quanto concerne il V postulato, per oltre duemila anni dalla comparsa degli

    Elementi, lo sforzo dei matematici si è rivolto al tentativo di provarne la dipendenza dagli

    altri quattro. Proclo nel suo Commento cita una dimostrazione di Tolomeo. Il motivo di tali

    ricerche dipendeva dalla formulazione del postulato più simile ad un teorema (se … allora

    …) e quindi, secondo l’influente pensiero di Aristotele (384-322 a.C.), doveva essere

    dimostrato.

    Questi tentativi hanno avuto molteplici importanti conseguenze nella Storia della

    Matematica, le principali delle quali sono le seguenti.

    • Varie formulazioni equivalenti del V postulato, la più nota e semplice delle quali è il

    cosiddetto Assioma di Playfair (1748-1819) :

    per ogni punto P e per ogni retta l esiste un’unica retta l ʹ per P parallela ad l .

    P∃! lĺ

    • La nascita delle Geometrie non euclidee; particolarmente importante è l’opera Euclides

    ab omni naevo vindicatus di Gerolamo Saccheri (1667-1733), nella quale egli sviluppa

    in modo logico una geometria basata soltanto sui primi quattro postulati, credendo

    erroneamente di essere giunto ad un assurdo. Pur non raggiungendo lo scopo,

    Saccheri impostò il suo tentativo negando il V postulato e deducendo vari teoremi che

    anticipano la nascita delle Geometrie ellittica e iperbolica. L’opera di Saccheri fu

    ripresa da Johann Heinrich Lambert (1728-1777), G.S. Klugel (1739-1812), Luigi

    Lagrange (1736-1813) e di Carl Friedrich Gauss (1777-1855), tutti convinti

    dell’impossibilità di dimostrare il V postulato. I teoremi di una geometria senza il V

  • 9 Nicola Melone

    postulato portarono alla nascita della cosiddetta Geometria Assoluta. In particolare

    Gauss non pubblicò i suoi risultati per non contrastare la filosofia Kantiana dominante

    tra il XVIII e il XIX secolo, secondo cui i postulati e i teoremi della geometria euclidea

    sono giudizi sintetici a priori e quindi l’unico strumento innato per la conoscenza della

    realtà. L’onore della scoperta di geometrie non euclidee logicamente coerenti è stata

    attribuita ai matematici János Bolyai (1802-1860) e Nikolaj Ivanovič Lobačhevsky

    (1792-1856) che furono i primi a pubblicare due organiche geometrie assiomatico-

    deduttive indipendenti dal V postulato. Il principale effetto di tali ricerche fu la crisi

    definitiva della concezione kantiana della Geometria euclidea e una profonda revisione

    del concetto di geometria. Un contributo fondamentale alla nuova concezione della

    Geometria fu dato da Bernhard Riemann (1826-1866). Riemann espose i suoi risultati

    nella lezione per il conseguimento del titolo di Privatdozent all’Università di Gottingen,

    pubblicati nel 1868 con il titolo Sulle ipotesi che stanno alla base della geometria, una

    delle più grandi creazioni del XIX secolo.

    • Una profonda revisione critica dell’impostazione assiomatica di Euclide culminata con

    l’opera di David Hilbert (1862-1943) del 1899 Grundlagen der Geometrie in cui viene

    presentato un sistema di 20 assiomi che rendono completamente rigorosa la

    Geometria euclidea, trasformandola in un sistema formale senza contatti con il mondo

    reale.

    1.4 Costruzioni con riga e compasso

    Euclide, come tutti i matematici del suo tempo, divideva le proposizioni matematiche in

    due categorie: i teoremi (dimostrazioni di proposizioni del tipo: ogni oggetto verificante certe ipotesi deve avere determinate proprietà) e i problemi (costruzioni di oggetti che

    devono verificare determinate proprietà).

    Costruire gli oggetti della Matematica era stato un imperativo di Aristotele (l’esistenza

    degli oggetti definiti matematicamente doveva essere provata mediante costruzioni

    geometriche). Come abbiamo già detto, un motivo di questa necessità è derivato

    probabilmente dalla scoperta delle grandezze incommensurabili e dei numeri irrazionali,

    che misero in crisi l’Aritmetica greca e spinsero i matematici del tempo a costruire gli enti

    geometrici che intervenivano nei loro ragionamenti per garantirne l’esistenza.

    Sebbene nella Matematica greca fossero presenti molti metodi e strumenti di

    costruzione (che essi chiamavano costruzioni meccaniche), certamente gli strumenti

    privilegiati furono riga e compasso.

  • 10 Nicola Melone

    La riga ed il compasso per i Greci erano semplicemente strumenti per tracciare

    segmenti rettilinei (e non per misurare lunghezza) e per tracciare circonferenze di dato

    centro e passante per un dato punto (o avente un dato segmento come raggio), strumenti

    ideali per realizzare proprietà di incidenza tra punti, rette e circonferenze.

    Un primo motivo che ha spinto i Greci a preferire riga e compasso è probabilmente

    dovuto all’influente scuola platonica. Kline [MK] sostiene che Platone si opponesse all’uso

    di strumenti meccanici diversi da riga e compasso, in quanto questi ultimi appartengono al

    mondo dei sensi e non a quello delle idee.

    Un secondo motivo è certamente dovuto ad Euclide ed alla sua sistemazione della

    Geometria negli Elementi. Nell’opera di Euclide tutti i problemi sono risolubili mediante

    costruzioni basate sui primi tre postulati e quindi mediante il solo uso di riga e compasso.

    La grande influenza che immediatamente ebbero gli Elementi spinse a cercare di risolvere

    tutti i problemi di costruzione con il solo uso di riga e compasso, cioè a partire soltanto dai

    primi tre postulati ed utilizzando soltanto le seguenti:

    Operazioni grafiche di base:

    • Tracciare la retta per due punti dati;

    • Tracciare la circonferenza di dato centro e di raggio un dato segmento;

    • Determinare gli eventuali punti di intersezione tra due rette;

    • Determinare gli eventuali punti di intersezione tra una retta e una circonferenza;

    • Determinare gli eventuali punti di intersezione tra due circonferenze.

    Esaminiamo a titolo di esempio alcune elementari costruzioni con riga e compasso.

    (i) Costruzione della somma, differenza e prodotto di due segmenti

    Figura 1

    AC = AB + BC

    A B C

    AC = AB - BC

    (ii) Costruzione del segmento doppio di un dato segmento AB (e quindi di un suo multiplo intero) Costruito il punto C come in figura, ovviamente AC = 2 AB.

    Figura 2

    BA C

    AD = AB AC

    1

    C

    B U A C B A

    D

  • 11 Nicola Melone

    Figura 5

    P

    BA C

    P’

    (iii) Costruzione di un multiplo razionale AB di un dato segmento AB (p,q numeri naturali) Sia a la misura di AB. Dal punto A si disegni una retta qualsiasi formante con AB un angolo acuto e su di essa si fissi un segmento AC di misura c ed il suo multiplo qAC = AD. Risulta AE : AB = AC : AD , da cui AE = = AB e quindi AB = pAE.

    (iv) Costruzione del triangolo equilatero di dato lato AB (e quindi dell’esagono regolare inscritto in una circonferenza) Costruito il punto C come in figura, il triangolo Δ(ABC) è equilatero.

    (v) Costruzione della parallela ad una retta per un punto P Se il punto P appartiene alla retta ℓ , ovviamente la parallela ad ℓ per P coincide con ℓ . Sia   ℓ. Fissato un punto A su ℓ e costruiti i punti B, C e P’ come in figura, la retta per i punti P e P’ è ovviamente la parallela ad ℓ per P.

    (vi) Costruzione della perpendicolare per un punto P ad una retta (e dell’asse e del punto medio di un segmento) Se il punto P non appartenente ad  ℓ, fissato un qualunque punto A su ℓ e costruiti i punti B e Q come in figura, la retta per i punti P e Q è ovviamente perpendicolare ad ℓ. Se, invece, P appartiene alla retta ℓ, fissato un punto A su ℓ diverso da P e costruiti i punti B, Q e Q’ come in figura (AB = 2AP), la retta per i punti Q e Q’ è ovviamente perpendicolare alla retta ℓ .

    A B

    C CD

    G

    A B

    F

    E

    Figura 4

    Figura 6

    B

    Q

    A ℓ

    P

    P

    Q’

    Q

    A B ℓ

    Figura 3

    E

    D

    C

    A B

  • 12 Nicola Melone

    (vii) Costruzione di un quadrato di area doppia di un dato quadrato Un quadrato costruito su una delle diagonali del quadrato assegnato ha area doppia (questa osservazione si trova già in un dialogo di Platone).

    (viii) Bisezione di un angolo (costruzione della bisettrice) Costruiti i punti A, B e C come in figura, ovviamente la semiretta OC è la bisettrice dell’angolo Λ(AOB).

    ix) Costruzione di √ (con b>0)

    Sia AB un segmento di misura b. Costruiti i punti C,D come in figura, risulta AB : BD = BD : BC , da cui BD = √

    (x) Costruzione della radice positiva dell’equazione x2+ax-b=0 (a,b sono le misure di due segmenti) Siano BC e AB i segmenti dati di misure a,√ rispettivamente. Costruiti i punti P,Q come in figura e denotata con x la misura di AP, è ben noto che AQ : AB = AB : AP, ovvero x(x+a) = b e quindi x2 + ax – b = 0 (da René Descart nel suo saggio Geometria). (xi) Costruzione del quarto proporzionale di tre segmenti dati Siano a,b,c le misure di tre segmenti OA, OB, OC , costruiti come in figura (supponiamo c>b, altrimenti si scambiano i ruoli di B e C, ovviamente se b=c il quarto proporzionale coincide con a), il segmento OD è ovviamente il quarto proporzionale dei tre segmenti dati.

    C

    B

    P Q

    A

    O

    Figura 10

    B

    D

    C

    O A Figura 11

    A B

    D

    C b 1

    Figura 9

    Figura 8

    A

    B O

    C

    Figura 7

    ad=a√2

  • 13 Nicola Melone

    Nonostante Euclide negli Elementi avesse risolto più di cento problemi, molti altri

    problemi di costruzione furono risolti con altri metodi e strumenti e si dimostrarono non

    facilmente riconducibili alla riga e compasso. In particolare l’attenzione dei matematici si

    concentrò subito sui seguenti tre problemi, divenuti famosi nella storia della Matematica.

    I tre problemi di costruzione classici - Duplicazione del cubo: costruire lo spigolo di un cubo avente volume doppio di

    quello di un dato cubo; - Trisezione dell’angolo: costruire due semirette che dividono un dato angolo in tre

    parti uguali; - Quadratura del cerchio: costruire il lato di un quadrato di area uguale a quella di

    un cerchio dato.

    PRIMO PROBLEMA. La duplicazione del cubo è una

    naturale generalizzazione della duplicazione del

    quadrato ed era ben noto nella Grecia antica come

    Problema di Delo. Ad esempio Eratostene (284-192

    a.C.) nella sua opera Platonica narra che gli abitanti di

    Delo, colpiti da una grave epidemia, si erano rivolti all’oracolo di Delfo il quale aveva

    suggerito loro di costruire un altare di volume doppio di quello esistente per placare le ire

    del dio Apollo. Resisi conto che l’altare non si poteva costruire in maniera semplice (ad

    esempio raddoppiando la misura dello spigolo), gli abitanti si rivolsero a Platone per una

    soluzione, il quale rispose che non era necessario costruire il nuovo altare, in quanto il dio

    dell’oracolo aveva semplicemente voluto biasimare i greci per la loro scarsa

    considerazione per la Geometria. Il problema fu studiato da Ippocrate che lo trasformò

    nella determinazione di due medi proporzionali tra due segmenti assegnati. Volendo, ad

    esempio, determinare lo spigolo x tale che x3 = 2a3, basta determinare due medi

    proporzionali x,y tra a e 2. Da a: x = x : y = y : 2a si trae infatti x2 = ay e y2 = 2ax e di qui

    x3= 2a3 (ovviamente tale costruzione risolve, più in generale, l’equazione x3 = n⋅a3). La

    costruzione di due medi proporzionali tra due segmenti assegnati si può ottenere, come

    abbiamo già detto mediante il mesolabio di Eratostene. Come abbiamo più volte precisato,

    però, i matematici greci cercavano costruzioni geometriche (preferibilmente con riga e

    compasso). Una soluzione meccanica fu ottenuta da Menecmo, il quale costruì tre curve

    che a due a due si intersecavano in un punto le cui coordinate fornisco i due medi

    proporzionali. Nel linguaggio matematico moderno le tre curve sono le due parabole

     ,   e l’iperbole equilatera 2 .

    a a√2

    Figura 12

  • 14 Nicola Melone

    H

    A

    θ

    J

    I

    P

    O • P0

    Figura 15

    F

    C

    D

    E B A

    Figura 13

    H G

    F E

    D

    C

    B A

    Figura 14

    SECONDO PROBLEMA. La trisezione è un’ovvia generalizzazione del problema della

    bisezione di un angolo ed è di natura differente dagli altri due, sia perché non ha una

    storia interessante sulla sua origine come il problema di Delo, sia perché per angoli

    particolari (i.e. 90°, 27°) esistono semplici costruzioni con riga e compasso. Ad esempio la

    costruzione della trisezione di un angolo retto si ottiene al modo

    seguente (figura 13). Dato l’angolo retto Λ(CAB) e costruiti i

    punti D,E ed F come in figura, il triangolo Δ(ADE) è equilatero e

    AF biseca l’angolo Λ(DAB). Ippocrate si era occupato anche

    della trisezione dell’angolo ed aveva ottenuto la seguente

    semplice costruzione (figura 14). Dato l’angolo Λ(CAB) e

    costruiti i punti D, E come in figura, sul prolungamento di EC si

    fissi un punto F tale che, denotato con H il punto di intersezione di AF con CD, risulti HF

    = 2 AC e sia G il punto medio di HF . Per costruzione risulta HG = GF = AC ed inoltre HG

    = GF = CG , in quanto raggi della circonferenza circoscritta al triangolo rettangolo Δ(FHD).

    Ne segue Λ(CAE) = Λ(CGA) = 2 Λ(AFC) = 2 Λ(FAB) , ovvero Λ(FAB) = Λ(CAB).

    Osserviamo esplicitamente che tale costruzione non è eseguibile con riga e compasso in

    quanto, per la restrizione imposta alla riga di non poter effettuare misure di lunghezze, non

    si può costruire il punto F. La trisezione degli angoli era stata studiata anche dal

    matematico e filosofo Ippia, uno dei principali esponenti della scuola sofista (vissuto nel V

    secolo a.C. a Elide, città del Peloponneso). Per risolvere il problema Ippia inventò una

    curva meccanica (i.e. non costruibile con riga e compasso), nota come trisettrice di Ippia

    (figura 15). La curva è descritta dal punto P intersezione

    della retta JA, che si muove di moto rettilineo uniforme fino

    alla posizione OI, con il raggio OJ, che si muove di moto

    rotatorio uniforme fino alla posizione OI, in modo che retta e

    raggio partano contemporaneamente e giungano

    contemporaneamente nella posizione finale OI. Con il

    linguaggio matematico moderno, denotate con (x,y) le coordinate di P e posto I(1,0) e

    J(0,1), si ha che y e θ sono funzioni affini del tempo e quindi θ è funzione affine di y .

  • 15 Nicola Melone

    Posto , dalle condizioni di simultaneità segue che per y=1,0 risulta

    rispettivamente θ = , 0 e quindi k = e h = 0, onde . Risulta, inoltre,

    ovviamente   , quindi l’equazione cartesiana della trisettrice è   . Per

    trisecare l’angolo θ , in base alla relazione , è allora sufficiente trisecare il segmento

    PH e considerare il punto P’ della trisettrice di ordinata , risultando ovviamente

    Λ (tale costruzione risolve anche il caso

    generale θ ). Archimede diede la seguente costruzione

    molto semplice della trisezione (figura 16). Disegnato

    l’angolo Λ(CAB) in modo che AB e AC siano raggi di

    una circonferenza, si consideri la secante CD tale che il

    segmento DE sia uguale al raggio AB = AC e sia AF il raggio parallelo al segmento CD.

    Risulta Λ(CAF) = Λ(ACE) = Λ(CEA) = 2 Λ(EDA) = 2 Λ(FAB).

    TERZO PROBLEMA. Anche la quadratura di un cerchio era piuttosto naturale, in quanto

    rientrava nella tipologia molto diffusa presso i Greci di problemi di costruzione di figure

    aventi area uguale a quella di figure assegnate. Dinostrato (390-320 a.C.) si servì della

    trisettrice di Ippia per risolvere il problema della quadratura (per questo motivo la curva è

    detta anche quadratrice di Dinostrato). Riferendoci alla Figura 15, risulta y = π θ e quindi

    OP = θπ  θ

      . Ne segue OP0 = limθ

    π  θ   

    π . Utilizzando la trisettrice Dinostrato riuscì a

    costruire, quindi, un segmento di misura π . In base alle Costruzione (x) e (xi) si possono

    allora costruire un segmento di misura π , come quarto proporzionale tra π , 2, 1 , e un

    segmento di misura √ , lato di un quadrato di area uguale a quella di un cerchio di raggio

    unitario, ottenendo una costruzione di un quadrato di area uguale a quella del cerchio

    unitario. La soluzione di Dinostrato non era, però, ottenuta con riga e compasso ma

    basata su una curva meccanica. Dei tre problemi questo è certamente il più famoso anche

    al di fuori della Matematica. Dante Alighieri (1265-1321) nell’ultimo canto della Divina

    Commedia (il XXXIII del Paradiso), alla vista dei tre cerchi che simboleggiano il Padre, il

    Figlio e lo Spirito Santo, paragona l’impossibilità di spiegare l’armoniosa presenza di

    natura umana e divina alla difficoltà di risolvere il problema della quadratura del cerchio

    con i seguenti versi:

    A B

    C

    D

    E F

    Figura 16

  • 16 Nicola Melone

    Qual è 'l geomètra che tutto s'affige per misurar lo cerchio, e non ritrova,

    pensando, quel principio ond'elli indige, tal era io a quella vista nova …

    L’espressione “risolvere questo problema equivale a trovare la quadratura del cerchio”

    viene comunemente usata nel mondo occidentale per indicare questioni molto difficili da

    risolvere. Già nel V secolo a.C. questo problema era stato affrontato da Anassagora (499-

    428 a.C.), ma non si conoscono gli eventuali risultati. Non si conoscono i suoi risultati, ma

    secondo lo storico Plutarco (46-127 d.C.) il problema doveva essere talmente famoso già

    ai tempi di Euclide, da essere inserito da Aristofane (450-388 a.C.), uno dei principali

    esponenti della Commedia antica, il seguente dialogo nella sua opera Gli uccelli:

    - Pistetero (nobile ateniese): “e dimmi che sono questi tuoi arnesi?“ - Metone (geometra): “squadre per l’aere: perché, ecco, quanto all’aspetto, l’aere, nel

    suo complesso, è come un forno. Io allora, di quassù, ci applico questa squadra ricurva e dentro ci inserisco il compasso … hai capito?”

    - Pistetero: “No.” - Metone: “Poi, dopo averla applicata, procedo alle misurazioni con una squadra

    dritta:così, il circolo ti diventa quadrato …” Il problema di determinare l’area di un cerchio attraverso la costruzione di un quadrato

    equivalente era già stato affrontato dai matematici egizi nel problema 50 del papiro Rhind

    in cui è sostanzialmente proposta la seguente soluzione: “per costruire un quadrato di

    area uguale a quella di un cerchio di diametro d è sufficiente prendere come lato un

    segmento di misura pari a d”. Questo risultato è straordinario in quanto, con linguaggio

    moderno, esso fornisce il seguente valore approssimato di π :

    π e quindi π = ≅ 3,16 .

    Nello stesso papiro si trova enunciato che il rapporto tra le aree di un qualunque cerchio e

    quella di un quadrati costruito sul suo raggio è una costante e che tale costante è anche

    uguale al rapporto tra le misure di una qualunque circonferenza e quella del suo diametro

    (il simbolo moderno π è stato introdotto sostanzialmente dal matematico svizzero Eulero

    (1707 - 1783)). La dimostrazione della prima proprietà è dovuta ad Eudosso e quella della

    seconda (e delle uguaglianze tra le due costanti) ad Archimede. Nella prima proposizione

    della sua opera La misura del cerchio egli dimostrò che l’area del cerchio è uguale a

    quella di un triangolo rettangolo, avente per altezza il raggio e per base la lunghezza della

    circonferenza (figura 17). Archimede nel suo trattato Sulle spirali introdusse una nuova

    curva meccanica, denominata oggi spirale di Archimede, e nella Proposizione 19 dimostrò

  • 17 Nicola Melone

    che, denotato con T il punto di intersezione tra la retta per O

    perpendicolare al raggio OP della circonferenza e la retta tangente

    alla spirale nel punto P, la misura di OT è uguale a quella della

    circonferenza. Dalle due proposizioni si deduce che l’area del

    cerchio è uguale a quella del triangolo Δ(POT) avente per altezza il

    raggio e per base un segmento di lunghezza pari a quella della

    circonferenza. In base alla Costruzione (xi), si può costruire un

    segmento di misura   ed in tal modo risolvere il problema

    della quadratura del cerchio. Archimede, inoltre, calcolando i

    perimetri di poligoni inscritti e circoscritti ad una circonferenza, riuscì

    a provare che: 3,1483   π  3,1429 .

    Un altro problema di costruzione della Grecia antica, divenuto celebre nel tempo, è il

    cosiddetto Problema ciclotomico, che consiste nella suddivisione di una circonferenza in

    n archi di uguali lunghezze. Ovviamente dalla costruzione di una suddivisione di una

    circonferenza in n archi di uguale lunghezza se ne deduce immediatamente una in 2n

    archi, semplicemente bisecando gli angoli al centro. Tale problema è ovviamente

    equivalente alla costruzione di poligoni regolari di n lati (inscritti in una circonferenza). Le

    semplici costruzioni con riga e compasso del triangolo equilatero, del quadrato e del

    pentagono regolare (e quindi anche dell’esagono dell’ottagono e del decagono regolari)

    erano ben note nel periodo classico e furono inserite negli Elementi (figure 18, 19, 20).

    Costruzione del triangolo equilatero (figura 18). Sia AB asse del raggio OD. Essendo il triangolo rettangolo Δ(OMA) la metà di un triangolo equilatero (in quanto il cateto OM misura la metà dell’ipotenusa OA), si ha Λ(MAO) = π , Λ(AOM) = π e quindi Λ(CAO) =

    Λ(ACM) = Λ(AOM) = π .

    Costruzione del quadrato (figura 19). È sufficiente tracciare due diametri perpendicolari.

    D

    C

    A B M •

    O

    Figura 18 Figura 19 D

    C

    B A

    Figura 17

  • 18 Nicola Melone

    Costruzione del pentagono regolare (figura 20). La seguente costruzione è dovuta a H.W. Richmond (1983). Siano XA un diametro del cerchio di centro O e P il punto medio del raggio perpendicolare a XA. Siano inoltre PQ e PR le bisettrici interna ed esterna dell’angolo Λ(APO). Assunto il punto A come uno dei vertici del pentagono, gli altri quattro punti B,C,D,E sono ottenuti come in figura 20. Assumiamo il raggio come unità di misura, onde OP = e AP = √ . In base alle proprietà delle bisettrici interna ed esterna PQ e PR, risulta OQ : QA = OP : PA e RA : RO = AP : OP

    e quindi   √5 14

    e RO =   √ . Ora √   e √   , quindi Λ(AOB) = , Λ(COR) = e Λ(COD) = 2 Λ(COR) = , Λ(COB) =

    , ovvero AB , BC e CD sono lati consecutivi del pentagono regolare.

    La caratterizzazione completa dei poligono regolari costruibili con riga e compasso fu

    ottenuta da Gauss nella sua tesi di dottorato, collegando sorprendentemente il numero dei

    lati del poligono ai numeri di Fermat.

    Ricordiamo che un numero di Fermat è un intero del tipo

    2 1 .

    Ad esempio 0 3, 1 5, 2 17, 3 257, 4 65.537. Come è facile

    constatare tali numeri sono primi e lo stesso Fermat aveva ipotizzato che fosse

    primo, per ogni . La congettura di Fermat si rivelò falsa circa un secolo dopo ad

    opera di Euler, il quale provò che 5 4.294.967.297 641 · 6.700.417.

    Nel 1796 Gauss provò che se p è un numero primo di Fermat allora il poligono regolare

    con p lati è costruibile (dando così risposta al problema di costruire il poligono regolare di

    17 lati). Successivamente lo stesso Gauss dimostrò che:

    Teorema di Gauss. Se la scomposizione in fattori primi di un numero naturale è del tipo

    2 · ··· , con , , … , primi di Fermat, allora il poligono regolare di lati è costruibile con riga e compasso.

    Nel 1836 Wantzel provò il viceversa, ottenendo la caratterizzazione completa dei

    poligoni regolari costruibili:

    Teorema di Gauss-Wantzel. Un poligono regolare di n lati è costruibile con riga e compasso se, e soltanto se, 2 · ··· , con , , … , primi di Fermat.

    B

    A

    P •

    Q O X •

    C

    D E

    •R

    Figura 20

  • 19 Nicola Melone

    Giova osservare che questo bel risultato teorico non risolve, però, il problema

    ciclotomico in quanto ancora oggi non si sa quasi nulla sui numeri di Fermat, ad esempio

    se esistono altri primi di Fermat.

    Un interessante ed istruttivo esempio della sostanziale differenza che può presentarsi

    nella generalizzazione spaziale di un problema geometrico piano è fornito dai poligoni

    regolari del piano e dai poliedri regolari dello spazio, noti anche come i solidi platonici.

    Risulta infatti

    •     3                 ;

    •     5     .

    Come abbiamo già accennato, di questo problema si era occupato l’allievo di Platone

    Teeteto, oltre un secolo prima della sistemazione dell’argomento nel XIII Libro degli

    Elementi di Euclide, in cui è esposta la dimostrazione elementare dell’esistenza di

    esattamente 5 poliedri regolari.

    Esponiamo in sintesi la dimostrazione Considerato un poliedro regolare P, le sue facce sono poligoni regolari di un certo

    numero n 3 di lati ed ogni vertice presenta lo stesso numero 3 di facce. Poiché ogni poligono regolare di lati ha gli angoli al vertice uguali a

    2

    e la somma degli angoli delle facce aventi un vertice in comune è minore di 2π, si ha

    3 .

    Essendo la successione

    22

    strettamente decrescente, per 6 si ha

    322 3 ,

    un assurdo. Ne segue

    3 5, ovvero le facce di un poliedro regolare possono essere soltanto - triangoli equilateri, - quadrati - pentagoni regolari.

    In corrispondenza a questi casi possibili si ha:

  • 20 Nicola Melone

    4    2   3

    5   35   3

    3    3 3 5

    m = 5

    m = 4

    m = 3

  • 21 Nicola Melone

    CAPITOLO 2

    RICHIAMI DI ALGEBRA

    2.1 Introduzione

    Ai matematici greci, nonostante il loro indiscusso valore scientifico, mancavano gli

    strumenti teorici sia per caratterizzare le costruzioni eseguibili con l'uso di riga e

    compasso, quindi per dimostrare l'impossibilità delle costruzioni con riga e compasso dei

    tre problemi classici, che per caratterizzare i poligoni regolari costruibili con riga e

    compasso. La risposta completa ad entrambe le questioni è, infatti, strettamente connessa

    alla nascita dell’Algebra moderna (la teoria dei campi) ed è stata ottenuta soltanto nei

    secoli XVIII e XIX.

    Dopo lo straordinario periodo della Grecia classica e alessandrina, che aveva saputo

    armonizzare speculazione pura e applicazioni pratiche (in particolare nel periodo

    alessandrino con Archimede), la Matematica (ed in realtà tutta la Scienza) attraversò un

    periodo buio della sua storia.

    Caddero in un lungo oblio non soltanto la matematica e l’astronomia ma anche la

    fisica, la medicina, la chimica e la biologia aristoteliche. L’Impero romano ed il

    Cristianesimo ne furono le cause principali. I Romani, dopo aver occupato l’Italia

    settentrionale e centrale, invasero l’Italia meridionale (la Magna Grecia), la Grecia e

    l’Egitto. Sebbene la civiltà romana e quella greca siano più o meno contemporanee, la

    Matematica romana era rozza ed elementare. L’imperatore Diocleziano (circa 243-311

    d.C), ad esempio, distingueva la geometria, disciplina da studiare e da applicare, dall’arte

    della matematica pura che era vietata. La civiltà romana ha lasciato grandi opere di

    ingegneria (ponti, strade, viadotti e acquedotti), ma si è rifiutata di coltivare idee astratte e

    non immediatamente utili. Cicerone affermò in proposito: I Greci tennero il geometra nella

    più alta considerazione e di conseguenza nulla compì fra loro progressi più brillanti della

    Matematica. Noi invece abbiamo fissato come limite di quest’arte la sua utilità per

    misurare e per contare.

    Kline [MK] sostiene che i romani non produssero matematica perché interessati

    soltanto a problemi pratici.

    L’affermarsi del Cristianesimo, la diffusione del Vangelo ed il monopolio culturale della

    Chiesa avevano spento l'ansia della ricerca scientifica nel mondo occidentale: le risposte

    ai grandi problemi venivano date dalla religione. L’imperatore Teodosio nel 329 proibì le

  • 22 Nicola Melone

    religioni pagane ed i sacerdoti romani cercarono con estrema durezza di cancellare la

    “cultura pagana”, bruciando i testi greci e distruggendo o trasformando i templi pagani. In

    questo periodo fu, ad esempio, bruciato il Serapeo (che conservava circa 300.000

    manoscritti greci, eredità della grande biblioteca di Alessandria). Il cristianesimo,

    dominante ormai in tutta l’Europa, pretendeva di contenere in sé il sapere e

    l’interpretazione della natura (ogni conoscenza derivava dalle sacre scritture).

    Sant’Agostino (354-430), nonostante la vasta cultura e dichiarate simpatie neoplatoniche,

    diceva: qualunque sia la conoscenza che l’uomo può acquistare al di fuori della Sacra

    Scrittura, se è dannosa vi è condannata, se è salutare vi è contenuta.

    Fortunatamente la scienza greca fu salvata dagli Hindù e dagli Arabi. Gli Arabi, una

    volta completate le conquiste di vasti territori (india, Spagna, Africa del nord) e aver dato il

    colpo definitivo alla civiltà greca, nel 755 divisero l’impero in due regni, uno ad oriente con

    capitale Baghdad e l’altro ad occidente con capitale Cordoba (in Spagna). Entrambe le

    capitali (in particolare Baghdad dove sorse un’accademia, una biblioteca ed un

    osservatorio astronomico) divennero centri di cultura, attraendo scienziati stranieri (in

    particolare quelli greci appartenenti all’Accademia platonica, chiusa da Giustiniano nel 529

    d.C.) e favorendo gli studi scientifici. Nel basso Medioevo (circa 1100-1400) i più grandi

    matematici erano afroasiatici e avevano tradotto in arabo le più importanti opere

    scientifiche della civiltà greca, recuperando e sviluppando la Scienza greca.

    Alla fine del XII secolo cominciò in Italia la rinascita della Matematica europea ad opera

    di Leonardo Pisano (1170-1250, detto il Fibonacci, cioè figlio di Bonaccio, un funzionario

    della dogana pisana), che ebbe modo di studiare la matematica araba nei suoi viaggi al

    seguito del padre in Egitto, Siria, Provenza, Tunisia, Algeria, Marocco. Nel suo trattato

    Liber abaci del 1202, sono esposte in modo sistematico, esauriente e chiaro le

    conoscenze matematiche elementari degli arabi fino al 900.

    Enrico Giusti (Università di Firenze) così scrive a proposito del trattato di Fibonacci: Quando il Liber abaci vide la luce, ottocento anni or sono, la matematica nell’Occidente cristiano era praticamente inesistente: se si eccettuano le traduzioni dall’arabo che alla fine del XII secolo un gruppo di studiosi andava conducendo nella Spagna mussulmana, traduzioni che riguardavano soprattutto i grandi classici (Euclide in primo luogo) dell’antichità greca, ben poco circolava in Europa all’inizio del Duecento. Soprattutto ben poco di comparabile per mole e per profondità a quanto Leonardo Fibonacci avrebbe reso pubblico nel 1202.”

    Allo scopo di divulgare i contenuti del trattato di Fibonacci sorsero le scuole d’abaco. Si

    sviluppò, così, una vera e propria cultura dell’abaco che interagì con la cultura umanistica

    ed influenzò e coinvolse tutta la cultura occidentale. Il rinascimento italiano ha tra le sue

  • 23 Nicola Melone

    radici le scuole d’abaco. Piero della Francesca (1412-1492), Leonardo da Vinci (1452-

    1519) e Michelangelo (1475-1564) furono allievi di scuole d’abaco. Un altro importante

    evento si ebbe nel 1269 con la traduzione in latino direttamente dal greco delle opere

    complete di Archimede dovuta al domenicano Guglielmo di Moerbeke presso la corte

    papale di Viterbo (oggi conservata nella Biblioteca vaticana).

    L’invenzione della stampa a caratteri mobili ad opera di Gutenberg nel 1448, consentì

    la stampa e la rapida diffusione di molte traduzioni dei trattati scientifici greci (Euclide,

    Archimede, Apollonio, Pappo, Menelao..) dall’arabo anche nella lingua volgare di Dante e

    Boccaccio. Anche Luca Pacioli (1445-1514) francescano e matematico italiano, pubblicò in

    volgare la sua importante opera Summa de arithmetica, geometria, proportioni e

    proporzionalità, considerata la prima enciclopedia matematica. I contributi originali di

    Pacioli alla Geometria non sono di grande interesse, ma la sua opera contribuì in modo

    determinante alla diffusione di cultura geometrica, mostrando l’interesse scientifico ed

    applicativo della Matematica.

    I contributi decisivi alla nascita della Matematica moderna e, più in generale, di tutta la

    Scienza moderna, furono:

    - lo sviluppo della teoria delle equazioni algebriche ad opera di Niccolò Fontana (detto il Tartaglia, 1499- 1557), Girolamo Cardano (1501-1576), Rafael Bombelli (1526-1572);

    - la nascita dell’Algebra simbolica ad opera di Francois Viète (1540-1603) (a Viete si deve l’introduzione delle nozioni di variabile e parametro);

    - l’invenzione della Geometria analitica da parte di René Descartes (1596-1650), considerata il primo grande progresso della matematica dopo i greci. Descartes ed anche il suo contemporaneo Pierre de Fermat (1601-1665) applicarono

    la geometria analitica allo studio delle curve, teoria perfezionata dalla scuola olandese di

    Frans van Schooten (1615-1660) (alla quale apparteneva anche Christian Huygens(1629-

    1695)). Lo sviluppo della teoria delle curve fu una delle motivazioni per l’invenzione del

    Calcolo differenziale e integrale ad opera di Gottfried Leibniz (1646-1716) e Isaac Newton

    (1643-1727). Carl Boyer (storico della Matematica) afferma che il calcolo è stato il più

    efficace strumento per l’indagine scientifica mai inventato. La Geometria analitica ed il

    Calcolo differenziale e integrale determinano la nascita della Matematica e della Scienza

    moderna.

    L’introduzione delle coordinate in Geometria analitica, identificando i punti di un piano

    con coppie ordinate di numeri, consentì di trasferire la nozione di punto costruibile in

    quella di numero costruibile con riga e compasso: un numero è costruibile con riga e

    compasso se è una coordinata di un punto costruito con riga e compasso a partire dai

  • 24 Nicola Melone

    punti aventi per coordinate numeri interi. Descartes dimostrò che un numero costruibile

    soddisfa un'equazione di grado al più due, avente come coefficienti dei numeri

    precedentemente costruiti e, quindi, un numero costruibile è soluzione di un’equazione

    algebrica il cui grado è una potenza di 2. Poiché la duplicazione del cubo e la trisezione di

    un generico angolo in termini algebrici equivale alla risoluzione di equazioni algebriche di

    terzo grado, cominciò ad apparire chiaro il motivo per cui tali problemi non fossero

    risolubili con riga e compasso. I risultati di Descartes furono ripresi da matematico

    francese Pierre Laurent Wantzel (1814-1848), il quale diede la prima dimostrazione

    rigorosa della caratterizzazione dei numeri costruibili come zeri di un polinomio avente per

    grado una potenza di due e per coefficienti dei numeri razionali. Wantzel dimostrò anche

    l’irriducibilità del polinomio. Da questi risultati segue ovviamente che con riga e compasso

    non è possibile duplicare il cubo o trisecare un angolo.

    Hartshorne [RH] ha trovato un errore nella dimostrazione di Wantzel ( precisamente nel

    punto in cui prova l'irriducibilità di f). Una versione corretta del teorema è dovuto al

    matematico danese Julius Peter Christian Petersen (1863-1878) e riappare nell'opera di

    Klein nel 1895 (senza citare Wantzel o Petersen, ma è verosimile che ne conoscesse i

    lavori).

    La lunga storia della dimostrazione dell'impossibilità di risolvere con riga e compasso i

    problemi classici ha avuto un’importanza fondamentale nello sviluppo delle idee che

    stanno alla base dell'algebra astratta moderna. I profondi contributi alla teoria delle

    equazioni algebriche, in particolare alla loro risolubilità per radicali, di Gauss, Abel, Galois,

    Hilbert, Noether e molti altri, hanno portato alla nascita delle strutture algebriche

    fondamentali di gruppo e campo e, quindi, alla nascita dell'Algebra moderna.

    Come per la caratterizzazione completa delle costruzioni eseguibili con riga e

    compasso, anche il problema dei fondamenti della Geometria secondo l’impostazione di

    Hilbert incontra sul suo cammino le strutture algebriche di corpo e di campo.

    Il concetto di campo è stato usato implicitamente da Niels Henrik Abel (1802-1829) e

    Evariste Galois (1811-1832) nei loro lavori sulla risolubilità delle equazioni algebriche. Il

    nome campo fu usato per la prima volta da Dedekind nel 1871 e nel 1893, Heinrich Martin

    Weber (1842-1913) diede la prima definizione chiara di campo astratto.

    Questa storia lunga più di due millenni è un ottimo paradigma dell’obiettivo della ricerca

    matematica: a partire dall’esigenza di risolvere un singolo problema il matematico inventa

  • 25 Nicola Melone

    una teoria che consenta di inquadrare il problema in un contesto generale in modo che la

    soluzione risulti banale.

    2.2 Elementi di teoria dei campi Si definisce operazione binaria interna su un insieme S ogni applicazione :S S S e

    operazione binaria esterna su S con dominio di operatori un insieme Ω ogni applicazione

    : Ω . L’immagine di un’operazione interna     (esterna ) su una coppia ,

      , Ω si denota usualmente con il simbolo xωy, si pone cioè ω x, y xωy

    , .

    Esempi I

    • le ordinarie addizione e moltiplicazione tra numeri naturali, interi, razionali, reali e complessi :   , ·  , :   , ·   , :   , ·  , :    ,    ·  , :     ,    ·  ;

    • l’applicazione   : , ;

    • la composizione tra applicazioni di un insieme non vuoto S in se : . ;

    • denotato con Sim(S) l’insieme delle permutazioni di S (i.e. applicazioni biettive), l’operazione di composizioni tra permutazioni è un’operazione binaria su Sim(S).

    • il prodotto righe per colonne tra matrici quadrate reali

    ,      ,   , .

    Le operazioni su un insieme si denotano usualmente con i simboli classici delle

    operazioni tra numeri  , ·  , quando non si dia luogo ad equivoci.

    Una struttura algebrica è un insieme non vuoto su cui siano definite una o più

    operazioni binarie (interne o esterne). Le principali strutture algebriche per i nostri scopi

    sono:

    GRUPPO. Una struttura algebrica , si dice gruppo se l’operazione verifica i seguenti assiomi:

    • associativa : , , , ;

    • esiste un elemento neutro e:   , ;

    •   ,    , detto simmetrico di , tale che . Un gruppo , si dice commutativo (o abeliano) se l’operazione  è commutativa, cioè

     , .Un sottogruppo è un sottoinsieme H tale che , / sia un gruppo ( per ogni , ).

    Esempi II

  • 26 Nicola Melone

    (i) ,  , ,· non sono gruppi; (ii) , è un gruppo abeliano, ,· non è un gruppo; (iii) (Sim(S), ) è un gruppo con elemento neutro l’applicazione identica e simmetrico di ogni elemento : l’applicazione inversa : . Se | S | tale gruppo non è commutativo; (iv) L’insieme GL(n,K) delle matrici quadrate invertibili (i.e. con determinante non nullo) ad elementi su un campo K è un gruppo che si chiama gruppo generale lineare di ordine n su K. L’elemento neutro è la matrice identica e il simmetrico di ogni elemento A è la matrice inversa . Si verifica facilmente che per 2 tale gruppo non è commutativo; (v) L’insieme   delle n-uple ordinate , , … , di elementi di un campo K è un gruppo abeliano rispetto all’operazione di addizione

    , , … , , , … , , , … , . Lo zero è la n-upla (0,0,…,0) è l’opposto di un elemento , , … , è la n-upla

    , , … , .

    ANELLO. Una struttura algebrica , , · si dice anello se

    • , è un gruppo abeliano con elemento neutro 0 (zero dell’anello) ;

    • · è associativa ;

    • · è distributiva rispetto a : · · · e · · · . Un anello si dice commutativo se l’operazione · è commutativa e unitario se esiste l’elemento neutro 1 rispetto a · (unità dell’anello). Un ideale di un anello commutativo , , · è un sottogruppo H di , tale che per ogni e per ogni risulta · . Un ideale si dice primo se per ogni coppia di elementi , tali che ·

    risulta   oppure . Ovviamente A è un ideale di se stesso e l’intersezione di una famiglia di ideali è un ideale. Si può definire,quindi, l’ideale (S) generato da un sottoinsieme S come l’intersezione degli ideali contenenti S. Un ideale si dice principale se è del tipo , ovvero è generato dal sottoinsieme . Se l’anello è commutativo unitario risulta ·  |  . Se è un ideale di un anello commutativo unitario , , · , la relazione binaria definita in A ponendo   è di equivalenza. L’insieme quoziente / ha per elementi i laterali  | e si struttura ad anello commutativo unitario mediante le operazioni definite ponendo

     , · ·  . Tale anello si chiama anello quoziente di A rispetto all’ideale H e si denota anche con / .

    Esempi III

    (i) , ,· è un anello commutativo unitario; (ii) Gli insiemi , , , dei polinomi nell’indeterminata X e a coefficienti interi, razionali, reali o complessi è un anello commutativo unitario rispetto alle usuali operazione di addizione e moltiplicazione tra polinomi.

    CORPO E CAMPO. Un anello unitario , , · si dice corpo se \ 0 ,· è un gruppo. Un corpo commutativo si dice campo. Un campo , ,· si dice estensione (o sovra campo) di un campo , ,·  se è un sottoinsieme di e le operazioni su sono le restrizioni a   delle operazioni su (si dice anche che K è un sottocampo di L). Ad esempio è un sottocampo di e questo è sottocampo di  .

  • 27 Nicola Melone

    Ovviamente l’intersezione di sottocampi è un sottocampo. L’intersezione di tutti i sottocampi di un campo si dice sottocampo fondamentale (o primo). Esso coincide con il minimo sottocampo rispetto all’inclusione.

    Si definisce caratteristica di un campo il minimo intero non negativo tale che · 1 0 . Ovviamente da  · 1 0 segue · 0 ,  . Si verifica inoltre che

    0 oppure è un numero primo. Ad esempio  ,  ,   hanno caratteristica zero, mentre l’anello / (anello dei resti modulo p, quoziente di   rispetto all’ideale generato da ) è un campo di caratteristica .

    Si prova facilmente che: • in un campo di caratteristica zero il sottocampo minimo è isomorfo a ; • in un campo di caratteristica il sottocampo minimo è isomorfo a .

    Esempi IV (i) , ,·   , , ,·  , , ,· sono campi. (ii) L’insieme K[X] dei polinomi nell’indeterminata X a coefficienti in un campo , ,·   è un anello commutativo unitario rispetto alle operazioni di addizione e moltiplicazione tra polinomi (ovvie generalizzazioni delle operazioni analoghe tra polinomi a coefficienti complessi). Ovviamente tale anello non è un campo. (iii) Il corpo dei quaternioni. È ben noto che, fissato riferimento cartesiano ortonormale in un piano euclideo , ogni punto , si può identificare con il numero complesso

    e questa corrispondenza biunivoca risulta utile in molte applicazioni geometriche e è stata essenziale per lo sviluppo della Teoria delle funzioni di variabile complessa. Nel 1843 il matematico irlandese William Rowan Hamilton (1805-1865) , nel tentativo di generalizzare questa rappresentazione algebrica dei punti di un piano allo spazio tridimensionale inventò i quaternioni. Il corpo dei quaternioni si può definire in vari modi. Un quaternione è un una quaterna ordinata , , , di numeri reali, cioè un vettore numerico di . Ovviamente c’è corrispondenza biunivoca tra tali quaterne e le coppie ordinate , ) di numeri complessi e queste ultime sono in corrispondenza biunivoca con le matrici quadrate di ordine 2 sui complessi del tipo

    :

    , , , = ,   .

    L’operazione di addizione + in è definita come nell’esempio II,(v) (e coincide con la somma tra matrici) e la coppia , è un gruppo abeliano di elemento neutro (0,0,0,0). L’operazione di moltiplicazione è definita ponendo:

    (1) , , , · , , , =

    = , ,  ,      .

    Dalla (1) segue che il prodotto in , coincidendo con un prodotto righe per colonne, è associativo, distributivo rispetto alla somma e il quaternione 1,0,0,0 1 00 1 è elemento neutro rispetto al prodotto, ovvero , ,· è un anello unitario. Considerati i quaternioni

  • 28 Nicola Melone

    0,1,0,0 00 , 0,0,1,00 11 0 , 0,0,0,1

    00  ,

    risulta facilmente:

    (2) , , ,  , , , ,

    ·   , ·   , ·   ,    1  ,    ·   , ·   , ·

    onde le operazioni di addizione e moltiplicazione tra quaternioni si possono eseguire come le ordinarie operazioni tra le espressioni polinomiali in  ,  , e tenendo conto delle relazioni (2). Si definisce norma (o lunghezza) del quaternione

    , , , la sua norma euclidea come vettore di , si pone cioè:

    (3)   , , , = ∑ . Dalla (1) si trae facilmente che:

    (4) e quindi · .

    Si definisce coniugato del quaternione , , , il quaternione , , , e si ha ovviamente ·  · . Per ogni quaternione non nullo q si può, pertanto, definire l’inverso   . Ne segue che ( \ 0 , ·) è un gruppo non commutativo e quindi ,  , · è un corpo.

    SPAZIO VETTORIALE SU UN CORPO (O CAMPO). Sia , , · un corpo, una struttura algebrica , , ,    : e operazioni binarie interna ed esterna su V, rispettivamente, si dice spazio vettoriale sinistro (destro) sul corpo K se sono verificati i seguenti assiomi:

    • , è un gruppo abeliano il cui zero si dice vettore nullo;

    •    , , ,  , , ; • · (   · ), ,  , ;

    • 1 ,    . Se il corpo è un campo ogni spazio vettoriale sinistro è ovviamente anche destro e le due definizioni coincidono. Di solito le operazioni del corpo e quelle dello spazio vettoriale si indicano con gli spessi simboli, il contesto consentendo di evitare confusioni. Agli spazi vettoriali su corpi si estende tutta l’algebra lineare degli spazi vettoriali su campi. In particolare le nozioni di base e dimensione. Se , ,· è un’estensione di un corpo , ,· , ovviamente L si può considerare come spazio vettoriale sinistro (e anche destro)

    su K. La dimensione di L come spazio vettoriale su K si denota con il simbolo [L:K] e si chiama grado dell’estensione. Ovviamente si ha [K:K]=1. Risulta inoltre 2: dall’espressione algebrica  ,    , , di ogni numero complesso segue infatti che 1, è una base di su .

    Dalle definizioni e dalle proprietà associative segue immediatamente che l’elemento neutro di un gruppo e il simmetrico di ogni elemento sono unici. In un corpo , , · il simmetrico di un elemento rispetto a si dice opposto di e si denota con – e il simmetrico di un elemento non nullo rispetto a · si dice inverso di e si denota con

    o anche con . In un campo , , · sono verificate tutte le usuali proprietà delle operazioni di somma e prodotto tra numeri. In particolare vale la legge di annullamento del

  • 29 Nicola Melone

    prodotto, si possono risolvere le equazioni del tipo 0  ,    0, introdurre le espressioni ·   e (n intero non negativo) per le quali sussistono tutte le proprietà formali delle analoghe nozioni tra numeri.

    CAMPI ORDINATI. Ricordiamo che una relazione tra le coppie di elementi di un insieme si dice relazione d’ordine se è

    • riflessiva:  ,  ;

    • asimmetrica:  ,   ;

    • transitiva:  ,     . Una relazione d’ordine si dice totale se per ogni coppia , di elementi è verificata una almeno delle condizioni , . Usualmente una relazione d’ordine si denota con il simbolo e la scrittura si legge minore o uguale ad . Il simbolo ( maggiore o uguale ad ) equivale a . Se e si scrive   . Un campo ordinato è un campo , , · su cui sia definita una relazione d’ordine totale verificante le seguenti condizioni:

    •     , , , ;

    • 0 , 0  0. Gli elementi tali che 0 si dicono positivi e quelli per cui 0 negativi. Si denota con il sottoinsieme degli elementi positivi. Si prova facilmente che sussistono le proprietà:

    • ,   , ; • ogni verifica una sola delle condizioni  , 0 ,  ; • 1  ; • 0     ; • ha caratteristica zero.

    I campi ed sono ovviamente ordinati rispetto all’usuale relazione d’ordine tra numeri. Il campo dei numeri complessi non è ordinabile in quanto 1 0 . In un campo ordinato , , ·, si introducono in modo ovvio le nozioni di minimo, massimo, estremo inferiore ed estremo superiore di un sottoinsieme. Ovviamente esistono esempi di campi in cui non ogni sottoinsieme è dotato di minimo (massimo) o di estremo inferiore (superiore). Esempi nel campo razionale:

    - il sottoinsieme  | 0 1  non ha né minimo, né massimo, l’estremo inferiore è 0 e l’estremo superiore è 1;

    - il sottoinsieme dei numeri positivi non ha minimo, massimo, estremo superiore e l’estremo inferiore è 0;

    - l’insieme  |  2 non ha minimo, massimo, estremo inferiore ed estremo superiore (tale estremo superiore dovrebbe essere infatti un numero razionale tale che 2, ovvero √2 e come abbiamo già visto √2 non è razionale).

    Si dimostra invece che il campo dei numeri reali è archimedeo, cioè 0 ,   tale che (assioma di Archimede) e completo, cioè verifica le seguenti proprietà equivalenti:

    • ogni sottoinsieme inferiormente limitato è dotato di estremo inferiore;

    • ogni sottoinsieme superiormente limitato è dotato di estremo superiore;

  • 30 Nicola Melone

    • ogni coppia A, B di sottoinsiemi separati (i.e.  ,        ) ha un elemento di separazione (i.e. un numero reale c tale che  ,        );

    • ogni coppia di sottoinsiemi A, B separati e tali che ha un unico elemento di separazione (assioma di Dedekind)

    Si dimostra inoltre che sussistono le seguenti caratterizzazioni:

    • un campo ordinato completo è isomorfo al campo dei numeri reali; • un campo ordinato archimedeo è isomorfo ad un sottocampo di .

    2.3 L’anello dei polinomi a coefficienti in un campo Sia , ,· un fissato campo e l’anello dei polinomi nell’indeterminata a

    coefficienti in . Nel seguito denoteremo con lo stesso simbolo le operazioni del campo e

    quelle dell’anello dei polinomi, il contesto consente di fare le necessarie distinzioni. Gli

    elementi del campo si diranno anche costanti e, per ogni costante e per ogni polinomio

    , porremo per brevità · .

    Ricordiamo che si definisce grado di un polinomio non nullo

    ,

    e si denota con , il massimo intero   tale che 0 e il coefficiente relativo si chiama

    coefficiente direttore. Un polinomio non nullo si dice monico se il suo coefficiente

    direttore è uguale ad 1. I polinomi non nulli di grado nullo sono le costanti non nulle.

    Risulta ovviamente

    max ,     ,     · .

    Dalla seconda di tali relazioni segue ovviamente che è un dominio di integrità (i.e.

    privo di divisori dello zero: 0, 0 · 0).

    L’anello dei polinomi a coefficienti su un campo ha profonde analogie con l’anello

    degli interi. In particolare i concetti di divisibilità, elementi primi, massimo comun

    divisore, algoritmo euclideo delle divisioni successive, fattorizzazione si introducono allo

    stesso modo.

    Un polinomio si dice divisore (o fattore) di un polinomio se esiste un polinomio

    tale che · . In tal caso si dice anche che divide (o anche che è multiplo di ),

    in simboli | . Il polinomio si dice quoziente della divisione di per . Si assume per

    comodità che ogni polinomio divide il polinomio nullo. Ovviamente ogni polinomio divide se

    stesso ed è multiplo di 1, ogni costante non nulla divide ogni polinomio. Due polinomi non

    nulli e si dicono associati se esiste una costante c tale che (ovviamente

    ). Sono di ovvia verifica le proprietà:

    • |  , | ⇒ | ;

  • 31 Nicola Melone

    • |  , | ⇒ | , , .

    Un polinomio si dice irriducibile su K se esso è divisibile in

    solamente per le costanti e per i suoi associati.

    Si definisce massimo comun divisore di due polinomi non nulli e ogni polinomio

    che divide entrambi ed è multiplo di ogni divisore di e . Ovviamente due massimi

    comun divisori di e sono associati.

    Tre risultati fondamentali per lo studio dell’aritmetica in sono le seguenti

    proposizioni.

    Fattorizzazione unica. Ogni polinomio non nullo è esprimibile come prodotto di fattori

    irriducibili e tale espressione è unica a meno dell’ordine dei fattori.

    Algoritmo della divisione. Per ogni coppia  , di polinomi, con 0 , esistono due soli polinomi   ,   tali che    deg  deg  e .

    Esistenza del massimo comun divisore. Per ogni coppia di polinomi  , esiste un massimo comun divisore e se è un massimo comun divisore , esistono due polinomi  , tali che  .

    L’algoritmo della divisione consente di determinare facilmente un massimo comun

    divisore di due polinomi , mediante il seguente algoritmo euclideo delle divisioni

    successive: in base all’algoritmo della divisione si ha:

     ,     ,  , 

    Essendo , ad un certo passo s si avrà   0.

    Conseguentemente l’algoritmo terminerà con le due uguaglianze successive

     ,  ed è facile verificare che è un massimo comun divisore di  ,  . Dalle uguaglianze

    precedenti si ricava inoltre   e

    quindi che sussiste una relazione del tipo .

    Due polinomi e si dicono coprimi se i loro massimi comun divisori sono soltanto le

    costanti. Sussistono le seguenti proprietà di facile verifica:

    •    ,  |     |        |   ;

    •    ,  |        ,       |  ;

  • 32 Nicola Melone

    Ad ogni polinomio si associa

    l’applicazione polinomiale, che denoteremo con la stessa lettera , definita ponendo:

    : .

    Si chiama zero (o radice) del polinomio ogni costante tale che 0 .

    Nel seguito per semplicità denoteremo con gli stessi simboli  , · le operazioni di tutte

    le strutture algebriche che intervengono, il contesto permetterà di distinguerle.

    Sia un’estensione di un campo . Ovviamente ogni polinomio a coefficienti in può

    essere considerato come polinomio a coefficienti in , ovvero , e quindi

    l’applicazione polinomiale associata ad un polinomio si estende ovviamente ad

    , cioè si può calcolare  , . Un elemento si dice algebrico su se è zero

    di un polinomio non nullo di . Un elemento non algebrico si dice trascendente.

    Un’estensione di si dice algebrica se ogni suo elemento è algebrico. Se è

    algebrico su K ed è un polinomio tale che 0, l’ideale coincide con l’insieme

    dei polinomi di aventi come zero. L’unico polinomio monico di grado minimo che

    genera l’ideale si dice polinomio minimo di su e si verifica facilmente che esso è

    irriducibile.

    Un campo K si dice algebricamente chiuso se ogni polinomio non costante di ha

    uno zero in .

    Sussistono i seguenti teoremi.

    Teorema fondamentale dell’Algebra (Gauss, 1799). Il campo dei numeri complessi è algebricamente chiuso.

    Teorema di Steinitz (1871-1928): ogni campo ammette una chiusura algebrica (il più piccolo campo algebricamente chiuso, rispetto all’inclusione, estensione di ).

    Ad esempio si dimostra che la chiusura algebrica di è .

    Per lo studio degli zeri e della riducibilità dei polinomi sono utili le seguenti proprietà di

    facile verifica:

    •  , (teorema del resto);

    • 0      |  (teorema di Ruffini);

    • un polinomio di grado n ha al più n zeri;

    • Ogni polinomio di grado n a coefficienti in un campo algebricamente chiuso ha esattamente n zeri (non necessariamente distinti) ;

    • gr 1       ;

  • 33 Nicola Melone

    • 2, 3      è                       ;

    •              2             ; Giova osservare che un polinomio irriducibile su un campo può risultare riducibile su

    un’estensione di . Ad esempio il polinomio 1 è irriducibile su e riducibile su in

    quanto risulta 1 in .

    In base al teorema di Ruffini si può definire molteplicità di uno zero di un polinomio

    il massimo intero tale che divide . Uno zero di molteplicità 1 (>1) si dice

    semplice (multiplo).

    Le nozioni di risultante di due polinomi e di derivato di un polinomio sono utili per

    stabilire l’esistenza e per determinare eventuali zeri multipli.

    Si definisce risultante di due polinomi

       ,

    di il determinante di ordine definito ponendo:

    ,

                               0  0               …      

      

    0  … 0

    0     0                                                                    0   0          

    0                             

    00

      

      

    Considerati ad esempio i polinomi 3 2 1  , 2 si ha:

    ,

      1  0

    21

    3 2

    03 

    00

    0 0   12 0    00 2    0

      2 31 00 1

    .

    Si definisce derivato di un polinomio di grado

    1 il polinomio definito ponendo:

      1 .

    Il derivato di un polinomio costante si pone uguale a zero. Il risultante , di un

    polinomio e del suo derivato si chiama anche discriminante di . Si dimostra che.

    •  ,            , 0 ,

    •               0 ,

  • 34 Nicola Melone

    •           , 0 .

    Per quanto concerne l’irriducibilità dei polinomi a coefficienti nei campi  , si provano

    facilmente le seguenti proposizioni.

    • I polinomi irriducibili di sono tutti e soli quelli di primo grado;

    • Ogni polinomio di grado n (>0) si decompone in un prodotto del tipo ∏ , ove , , , … , sono gli zeri distinti e , , … ,

    le rispettive molteplicità.

    • I polinomi irriducibili di sono quelli di primo grado e quelli di secondo grado a discriminante negativo.

    • Se  è uno zero complesso di un polinomio reale , allora anche il complesso coniugato   di è uno zero di . Ne segue che un polinomio reale di grado dispari ha almeno uno zero reale.

    • Ogni polinomio di grado n (>0) si decompone in in un prodotto del tipo ∏  ·  ∏ , costante, , , … , gli zeri reali distinti di , , 1,… ,  , polinomi reali di secondo grado a discriminante negativo ed ∑ 2∑ .

    Per i polinomi a coefficienti razionali non esistono risposte definitive sull’irriducibilità

    come nel caso reale e complesso. Osserviamo intanto che per ogni polinomio

    esiste un intero tale che (  = minimo comun denominatore dei coefficienti di )

    e, inoltre,   e sono entrambi riducibili o irriducibili in . Ne segue che è sufficiente

    studiare l’irriducibilità dei polinomi a coefficienti interi in .

    La ricerca degli zeri di un polinomio di in si semplifica con la seguente

    osservazione. Sia un polinomio a coefficienti

    interi e uno zero razionale, con p,q privi di fattori comuni. Risulta allora

      =         ) e quindi:

    (i) Gli zeri razionali di hanno numeratore divisore di e denominatore divisore di . Sussiste infine il seguente

    Criterio di irriducibilità di Eisenstein. Sia   un polinomio a coefficienti interi. Se esiste un numero primo tale che  |  ,