Anno 2020 Fascicolo 2 - Diritti Regionali · 2020. 10. 29. · Diritti regionali. Rivista di...
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2020
Anno 2020 – Fascicolo 2
ISSN 2465-2709 www.dirittiregionali.it
Rivista quadrimestrale (2/2020)
ISSN 2465-2709
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INDICE
EDITORIALE
Le Regioni per differenziare, lo Stato per unire. A ciascuno il suo 1
ALESSANDRO MORELLI - ANNAMARIA POGGI
Per una corretta applicazione della deliberazione n. 140 del 30 aprile 2015 di Roma
capitale recante “Linee guida per il riordino, in corso, del patrimonio indisponibile
in concessione”. Una visione costituzionalmente orientata della gestione del patri-
monio pubblico (passando per la categoria dei c.d. beni comuni) 7
FELICE BESOSTRI - GIUSEPPE LIBUTTI
L’ordinanza del Presidente della Giunta regionale dell’Abruzzo sull’assegnazione
temporanea del personale regionale sanitario ad altra sede o Asl nella gestione della
pandemia da Covid-19 (ord. n. 30, 8 aprile 2020) 41
MARTA FERRARA
La specialità delle ordinanze dei Sindaci nell’emergenza sanitaria nazionale: un po-
tere “inesauribile” 68
NICOLA PIGNATELLI
Il sindacato di legittimità sulle misure di contrasto all’epidemia 86
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 II
ALFONSO VUOLO
I poteri di emergenza nella Repubblica dei Presidenti 108
FORTUNATO MUSELLA
La tecnica normativa nel contesto della crisi epidemiologica da COVID-19 140
LUCA DI MAJO
La contrattazione del prezzo del farmaco tra clausole di riservatezza, principio di tra-
sparenza ed effettività del diritto alla salute oltre le differenze territoriali regionali
184
GIULIANA GUERRERA
Brevi riflessioni sul fondamento costituzionale del potere di annullamento straordi-
nario degli atti degli enti locali a margine del parere del Consiglio di Stato, 7 aprile
2020, n. 735 223
MARGHERITA AMITRANO ZINGALE
ALESSANDRO MORELLI - ANNAMARIA POGGI
EDITORIALE
Le Regioni per differenziare, lo Stato per unire. A ciascuno il suo
La polemica di qualche settimana fa tra alcuni esponenti della maggio-
ranza e dell’opposizione sulla ri-centralizzazione o meno della sanità suona,
in realtà, come un campanello di allarme per il regionalismo del dopo emer-
genza, poiché si colloca in un contesto caratterizzato (già prima dell’emer-
genza) dalla centralizzazione dei poteri normativi del Governo e dalle conti-
nue dichiarazioni circa la necessità di “nazionalizzare” (strade, trasporti …).
Sul tema della sanità, che pare la spia sintomatica di ben altre questioni,
vale comunque la pena di spendere qualche considerazione.
I giudizi di merito (positivi o negativi poco importa), infatti, non tengono
conto del fatto che già oggi lo Stato dispone di strumenti che gli consentono
di imporre indirizzi unitari o, comunque, di intervenire in determinate situa-
zioni con scelte unitarie.
In primo luogo, il Parlamento dispone della competenza legislativa esclu-
siva ex art. 117, co. 2, lett. m), Cost. sui livelli essenziali delle prestazioni (an-
che in materia sanitaria) che debbono essere garantiti su tutto il territorio
nazionale. In secondo luogo, l’art. 120 Cost consente al Governo il potere so-
stitutivo (nei confronti delle Regioni) proprio a tutela dei livelli essenziali di
cui sopra.
Alessandro Morelli è Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell’Uni-
versità degli Studi Magna Græcia di Catanzaro.
Annamaria Poggi è Professore ordinario di Istituzioni di diritto pubblico nell’Univer-
sità degli Studi di Torino.
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La centralizzazione di cui si discute, dunque, si può già fare e consiste
nella possibilità (legislativa o comunque normativa) di imporre alle Regioni
di garantire le prestazioni che vengono ritenute indispensabili per l’ugua-
glianza dei cittadini, ovunque essi risiedano. Del resto, il potenziale di diffe-
renziazioni territoriali introdotto dal nuovo Titolo V, anche sul terreno dei
diritti sociali, ha posto sin dal 2001 il tema degli strumenti di garanzia della
necessaria unitarietà, tipico, per la verità, degli ordinamenti decentrati. In
questi, infatti, si pone come determinante la questione del punto di equilibrio
tra esigenze di unità fondate sulla costruzione della cittadinanza sociale e li-
bertà di differenziazioni legittimate dal frazionamento del potere politico.
Punto di equilibrio che, nel nostro ordinamento, è stato rinvenuto, soprat-
tutto, nella formula dei livelli essenziali delle prestazioni.
Per la verità, nella materia sanitaria i livelli essenziali di assistenza sono
già stati individuati dal d.p.c.m. del 12 gennaio 2017, che ha sostituito inte-
gralmente il d.p.c.m. del 29 novembre 2001, con cui i LEA erano stati definiti
per la prima volta. In entrambi i casi, va sottolineato, l’individuazione ha
visto una reale concertazione Stato-Regione, a dimostrazione del fatto che il
regionalismo cooperativo è possibile. Ma la stessa vicenda dimostra che, a
quasi vent’anni dalla revisione costituzionale del 2001, in una materia così
delicata sono stati prodotti solo due provvedimenti, e in un settore in cui il
progresso scientifico e tecnologico, nonché il mutamento della conformazione
della popolazione richiederebbero, invero, interventi costanti.
La carenza di un serio impegno statale nell’individuazione dei livelli es-
senziali (anche negli altri settori di fruizione dei diritti e soprattutto dei diritti
sociali) incide direttamente (e in negativo) sull’eguaglianza sostanziale, cioè
sulla garanzia della a-territorialità nella fruizione. Ma, come ha osservato Ro-
berto Bin1, tale carenza è addebitale allo Stato – Parlamento e Governo – e
1 Caro Orlando, il vero problema della sanità è il centro, non in periferia, in www.lacostitu-
zione.info, 3 aprile 2020.
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non certo alle Regioni, il cui scopo costituzionale è la differenziazione, mentre
è allo Stato che compete mettere in campo gli strumenti unitari.
Se, invece, l’argomento polemico consiste nel contestare l’esistenza di
“venti sistemi regionali diversi”, allora si entra in un genere di considerazioni
completamente diverso, e il discorso si sposta inevitabilmente sul senso del
regionalismo e sul suo “posto” nel sistema costituzionale.
Qui non è più un problema di fruizione di prestazioni essenziali (la citta-
dinanza sociale a-territoriale) ma si contesta direttamente la possibilità di
differenziare l’organizzazione del sistema sanitario.
A parte la considerazione che già dal 1990-1992 (ben prima dunque della
riforma costituzionale del 2001) l’indirizzo politico statale si era decisamente
e costantemente orientato verso un decentramento nell’organizzazione della
sanità (che peraltro costituisce la quasi totalità del bilancio regionale), vi è,
in realtà, un vizio di fondo teorico in quel ragionamento, spia di una ben esile
considerazione del regionalismo in quanto tale.
Il regionalismo, infatti, è, pour cause, differenziazione, altrimenti non
avrebbe motivo di esistere. Le Regioni sono nate per rendere il sistema più
democratico ma ciò inevitabilmente sfocia nella differenziazione, poiché si-
gnifica consegnare alle comunità regionali talune scelte che incidono sulla
vita delle comunità stesse. Quando, dunque, si addebita al regionalismo la
differenziazione come esito delle politiche regionali si mette in campo un’ar-
gomentazione del tutto inconferente. Il tema, semmai, è fin dove si può spin-
gere quella differenziazione, tema, appunto che percorre tutti i sistemi decen-
trati.
Prima, dunque di revocare in dubbio il regionalismo e il Titolo V sarebbe
forse utile iniziare a farlo funzionare. Sarebbe forse utile lasciare alle Regioni
la possibilità di differenziarsi, mentre lo Stato dovrebbe finalmente assolvere
al compito di unitarietà che lo stesso Titolo V gli assegna e che non consiste
nell’ossessiva compressione delle competenze regionali (come dimostra il
fatto che praticamente tutte le leggi regionali vengono impugnate dinanzi
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alla Corte costituzionale), quanto nel programmare lo sviluppo economico e
sociale del Paese ed immaginare quelle “infrastrutture di sistema” utili anche
alle Regioni.
Vi è poi un’altra considerazione di fondo sull’utilità del riformismo conti-
nuo. Nell’esperienza degli ultimi decenni, sono state ripetutamente proposte,
e talora realizzate, riforme ispirate da istanze diverse e contrapposte, con la
conseguenza che il sistema istituzionale (ammesso che di sistema si possa an-
cora parlare) appare oggi caratterizzato da elementi riconducibili a modelli
diversi di regionalismo, giustapposti in modo incoerente.
Le recenti proposte di una nuova centralizzazione delle competenze, dopo
che negli ultimi anni non si è parlato d’altro che di regionalismo differenziato
non possono sorprendere se si pensa che è almeno dal 2001 che in Italia il
dibattito pubblico sulle autonomie ha l’andamento delle montagne russe: fino
al 2008 non ci si poteva non dire “federalisti”, qualunque cosa s’intendesse
evocare con tale formula, e la riforma del 2001 è chiaramente figlia di questa
temperie politico-culturale; successivamente, dopo lo scoppio della crisi eco-
nomica e di una serie di scandali giudiziari che hanno coinvolto diversi espo-
nenti delle istituzioni regionali, queste ultime sono state rappresentate da
molti, negli anni successivi, come roccaforti della casta politica ed esosi centri
di spesa da depotenziare o eliminare del tutto. L’esito negativo del referen-
dum costituzionale del 2016 sul testo di riforma promosso dal Governo Renzi,
che intendeva introdurre un bicameralismo imperfetto, ma riduceva sensibil-
mente le competenze legislative regionali, ha incoraggiato le istanze autono-
mistiche delle Regioni più sviluppate del Nord. Così, dopo i referendum con-
sultivi svoltisi in Veneto e in Lombardia nell’ottobre del 2017, si è avviato un
processo di attuazione dell’articolo 116, co. 3, Cost., che consente di attribuire
alle Regioni ordinarie «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia».
L’emergenza sanitaria determinata dal coronavirus potrebbe adesso dare
avvio all’ennesima inversione di rotta, determinando il fallimento del pro-
cesso di attuazione del regionalismo differenziato. Un processo nel quale, in
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verità, inizialmente – sotto il Governo Conte I – erano state convogliate
istanze non del tutto compatibili con il vigente quadro costituzionale.
Le richieste avanzate dalle tre Regioni capofila (Veneto, Lombardia ed
Emilia-Romagna) del processo di attuazione dell’art. 116, co. 3, di compe-
tenze in pressoché tutte le materie previste in tale norma, o in una considere-
vole quantità delle stesse, unitamente alle prospettate modalità di definizione
delle risorse utili a finanziare l’esercizio delle funzioni differenziate, sembra-
vano tendere al riconoscimento, in via surrettizia, di nuove autonomie spe-
ciali, con seri rischi per la tenuta complessiva del sistema. Si promuoveva,
peraltro, una devoluzione delle competenze non preceduta dalla piena attua-
zione del sistema di perequazione, dalla fissazione dei livelli essenziali delle
prestazioni in tutti i comparti e dall’attuazione del principio dei costi stan-
dard.
Il processo attuativo del regionalismo differenziato era già entrato in una
fase di rallentamento prima dello scoppio dell’emergenza, successivamente
all’avvio del Governo Conte II, con la presentazione da parte del Ministro per
gli affari regionali e le autonomie di una legge-quadro recante «Disposizioni
per l’attuazione dell’autonomia differenziata», che peraltro avrebbe potuto
offrire un’occasione di riflessione sulle modalità verso le quali ci si stava orien-
tando nel dare seguito all’art. 116, co. 3, Cost. Ora il coronavirus potrebbe far
tramontare del tutto la possibilità di portare a compimento tale processo, an-
che in modalità adeguate a garantire pienamente i principi di solidarietà e di
unità nazionale.
Occorre chiedersi però se corrisponda a una scelta lungimirante non sol-
tanto l’idea di trascurare le istanze di maggiore autonomia da tempo manife-
state da diverse Regioni, ma anche quella di rinunciare a razionalizzare l’ar-
ticolazione delle competenze tra i diversi livelli territoriali di governo. Non
sembra opportuno, in ogni caso, immaginare, in questa specifica fase, nuove
riforme strutturali dell’ordinamento orientate in senso centralista.
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La visione congiunturale che ha ispirato, soprattutto negli ultimi de-
cenni, molte delle riforme realizzate e di quelle solo programmate del sistema
delle autonomie rischia di indurre a confondere la tempesta con la quiete, lo
straordinario con l’ordinario. Ciò che però può apparire necessario nell’emer-
genza spesso risulta inaccettabile in condizioni di normalità. Ed è impensabile
che la complessità, che anche nel pieno della stessa emergenza sta richiedendo
l’azione coordinata dello Stato e delle autonomie, possa essere stabilmente
governata soltanto dal livello centrale.
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FELICE BESOSTRI - GIUSEPPE LIBUTTI
Per una corretta applicazione della deliberazione n. 140 del 30 aprile 2015
di Roma capitale recante “Linee guida per il riordino, in corso, del patrimo-
nio indisponibile in concessione”.
Una visione costituzionalmente orientata della gestione del
patrimonio pubblico (passando per la categoria dei c.d. beni comuni)
Abstract (It.): La necessità di regolamentare la gestione del patrimonio pubblico in confor-
mità con le norme di contabilità amministrativa non può far passare in secondo piano il valore
sociale e culturale che l’enorme patrimonio di Roma Capitale riveste. La giusta misura sta nel
contemperare l’interesse proprietario con il valore sociale esercitato attraverso l’utilizzo del bene,
tenuto conto anche del principio di sussidiarietà orizzontale.
Abstract (En.): The social and cultural value of the heritage and history of Roma Capitale
cannot be overshadowed by the need to regulate the management of public assets in accordance
with the general rules of administration and accounting. A proper measure can only be achieved
by balancing the proprietary interest with the social value exercised, also taking into account the
principle of horizontal subsidiarity.
Felice Besostri è Avvocato del Foro di Milano. Giuseppe Libutti è Avvocato del Foro
di Roma.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Antefatto della delibera romana. – 3. Oltre il pubblico
e il privato: “i beni comuni”. – 4. Analisi della deliberazione n. 140 del 2015. – 5. Il conse-
guente contenzioso. – 6. Conclusioni.
1. Introduzione
Il tema della regolamentazione e gestione del patrimonio di proprietà de-
gli enti pubblici è di grandissima attualità e nel tempo è stato affrontato da
numerose amministrazioni.
Le soluzioni adottate sono state le più diverse tra loro: alcune ammini-
strazioni comunali di differente colore politico, tra cui Bologna e Torino,
hanno sviluppato regolamenti di riordino del Patrimonio, basandosi sulla ca-
tegorizzazione dei “beni comuni”. Il Comune di Napoli nel 2011 ha persino
deliberato l’avvio di un processo per la creazione di una rete nazionale ed eu-
ropea per la definizione di uno statuto europeo dei “beni comuni”2.
Il valore giuridico, oltre che sociale, del “bene comune” è, invero, di-
scusso. È una figura non codificata, in alcuni casi divisiva, posto che ne
manca una definizione univoca ed i beni comuni vengono declinati in maniera
differente, anche nelle delibere delle amministrazioni citate. I problemi defi-
nitori, tuttavia, rischiano di essere marginali rispetto alle complicazioni cau-
sate dall’applicazione pratica di tale figura, all’interno delle deliberazioni di
organi territoriali e nella regolamentazione del patrimonio pubblico che ne è
derivata. In primis si pensi alla possibilità per la pubblica amministrazione
di poter agire, per il recupero del proprio patrimonio, attraverso l’istituto
dell’autotutela esecutiva, che, come noto, è esercitabile solo nel caso di bene
appartenente al patrimonio demaniale e indisponibile.
2 A. LUCARELLI, Beni comuni. Dalla teoria all’azione politica, Viareggio 2011, 178.
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Anche Roma Capitale si è dovuta confrontare con la regolamentazione
della gestione e assegnazione del patrimonio di proprietà; con la deliberazione
n. 140 del 30 aprile 20153 ha scelto, però, di non seguire alcuna delle strade
percorribili per perseguire il valore “bene comune”. Senza disciplinare il pa-
trimonio disponibile, né quello indisponibile, la delibera resta in una vera e
propria terra di mezzo, al di fuori di ogni vincolo legislativo. A dispetto del
titolo («Linee guida per il riordino, in corso, del patrimonio indisponibile in
concessione») e del conclamato obiettivo di riordinare il patrimonio indispo-
nibile di Roma Capitale dato in concessione4, la citazione dei beni comuni è
talmente avulsa dal suo minimo sostrato semantico, da apparire francamente
un incongruo giustificativo per operazioni di tutt’altro genere.
Il ruolo dell’amministrazione pubblica, aspetto di fondamentale impor-
tanza, è stato declinato riduttivamente: dopo cinque anni manca un regola-
mento, che dia attuazione ai principi contenuti nella delibera. Il Comune si è
limitato alla riacquisizione del patrimonio di sua proprietà, senza possibilità
alcuna di riassegnazione. Essendosi agito sulla base del solo presupposto pro-
prietario, sono state ignorate tutte le conseguenze giuridiche derivanti dalla
riacquisizione, quali sospensione del pagamento del canone concessorio, in-
terruzione delle attività esercitate e aumento del costo del “fitto passivo”,
3 «La Giunta Capitolina delibera per quanto espresso in premessa, che è parte inte-
grante e sostanziale del presente provvedimento: – che, considerata la necessità ed opportu-
nità che il Patrimonio di Roma Capitale sia valutato come “Bene Comune” finalizzato a
sviluppare opportunità e servizi ai cittadini oltre che per la residenza pubblica, nel campo
culturale, sociale, artigianale, professionale, imprenditoriale e commerciale, quale risorsa ed
opportunità per tutti i cittadini, i beni del patrimonio indisponibile siano assegnati con pro-
cedure ad evidenza pubblica per le finalità di interesse collettivo definite dall’Amministra-
zione, in ragione della migliore finalizzazione delle risorse per la città, dispone quanto se-
gue… ».
4 Estratto dal verbale delle deliberazioni della giunta capitolina n. 140 del 2015, 1.
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quale ad esempio la custodia dell’immobile. Ciò solleva non pochi dubbi in
ordine alla conformità dell’operato dell’amministrazione al principio di buon
andamento di cui all’articolo 97 Cost.
Al fine di comprendere la peculiarità nella gestione del patrimonio di pro-
prietà capitolina è però necessario un breve antefatto, sull’origine della Deli-
berazione n. 140 del 2015.
2. Antefatto della delibera romana
Le attività svolte attraverso l’utilizzo dei beni di Roma Capitale sono
state, nel corso del tempo, le più svariate, dall’assistenza ai malati di Sla, agli
asili nido, alle aule studio, ai centri di distribuzione dei pacchi alimentari, ai
centri antiusura, ai centri antiviolenza e via via discorrendo. Solo una tor-
sione strumentale della categoria dei “beni comuni”, da parte del Consiglio
comunale romano, può spiegare l’ignoranza dei criteri di assegnazione degli
immobili di proprietà del comune di Roma ai sensi della disciplina antece-
dente alla deliberazione n. 140 del 2015.
Gli immobili di proprietà di Roma Capitale interessati dalla deliberazione
in esame erano stati, in gran parte, assegnati ai sensi e per gli effetti della
deliberazione comunale n. 26 del 1995, poi modificata dalla deliberazione del
Consiglio comunale n. 202 del 1996: con esse venivano definite le linee pro-
grammatiche per «l’assegnazione ad uso sociale, oltreché ad uso sanitario,
politico, culturale assistenziale, sindacale, ricreativo sportivo e di tutela am-
bientale di spazi e strutture di proprietà comunale», con l’obiettivo primario
«di utilizzare le risorse costituite dal patrimonio immobiliare disponibile ed
indisponibile del Comune di Roma per consentire ad iniziative che arricchi-
scano il tessuto sociale e culturale della città di esistere e svolgere la propria
attività, nonché per razionalizzare la dislocazione degli uffici e delle strutture
comunali procedendo alla globale riduzione degli oneri per fitti passivi».
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La deliberazione n. 26 del 1995 muoveva dall’assunto che le attività di
volontariato sono indispensabili all’amministrazione pubblica per perseguire
i propri obiettivi e che, quindi, esse devono essere favorite anche mediante la
concessione in locazione di parte del patrimonio immobiliare del comune
stesso5. Per agevolare e promuovere il lavoro svolto da tutte le associazioni
che perseguono un fine sociale, venne prevista la possibilità di ridurre il ca-
none di locazione al 20% del prezzo di mercato6. Proprio questa riduzione del
canone, agevolazione comune a moltissime delle associazioni che avevano in
concessione/locazione beni del patrimonio del Comune di Roma, ha poi gene-
rato un’indagine da parte della Corte dei conti del Lazio: la sentenza n.
77/2017 della sezione regionale del Lazio della Corte dei conti ha concluso la
5 «Appare necessario che il volontariato ed il privato sociale si riorganizzino concor-
rendo con l’amministrazione Comunale ad una programmazione degli interventi che assu-
mano un ruolo di promozione e iniziativa collegato ad una valutazione complessiva delle
istanze sociali. In tale ambito, allorché le attività rivestano forte valenza sociale si configu-
rino come servizi per la collettività, l’Amministrazione potrà, sulla base di specifiche con-
venzioni, finanziare le stesse; in coerenza con queste linee l’Amministrazione Comunale do-
vrà adoperarsi nello stabilire contatti utili alla concessione di strutture immobiliari anche
con enti privati ed altri enti istituzionali nelle zone ove risulti impossibile soddisfare con
proprietà comunale le esigenze di socializzazione più volte richiamate» (estratto dal verbale
delle Deliberazioni del Consiglio comunale n. 26 del 1995, 19).
6 «Sia nel caso di concessione che di locazione verrà applicato – in considerazione della
riconosciuta attività e finalità di sodalizi richiedenti – il canone ridotto nei termini e con le
condizioni fissate dall’art. 7 lett. B) della deliberazione n. 5625/83. Il canone, come sopra
calcolato, è soggetto ad adeguamenti ISTAT previsti dalla normativa vigente» (estratto dal
verbale delle Deliberazioni del Consiglio comunale n. 26 del 1995, 23).
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vicenda escludendo il danno erariale e sostanzialmente ha sancito la legitti-
mità delle concessioni/locazioni a canone ridotto in misura del 20%7.
Come conseguenza della deliberazione n. 26 del 1995 veniva emanato il
Regolamento di disciplina dell’assegnazione degli immobili di proprietà del
Comune di Roma, sia appartenenti al patrimonio disponibile che al patrimo-
nio indisponibile8 ad esclusione dei beni che rivestono carattere commerciale.
Il provvedimento aveva come scopo quello di razionalizzare l’utilizzo del pa-
trimonio tutto del Comune di Roma. Va ricordato, peraltro, che un tentativo
in tal senso era stato esperito già nel 1993, quando con deliberazioni nn. 103
e 104 furono istituite due commissioni con il compito di predisporre le gra-
duatorie relative all’assegnazione di detto patrimonio in favore di associa-
zioni, centri sociali, cooperative sociali e similari; il lavoro fatto dalle com-
missioni, però, non era stato ritenuto idoneo e corrispondente agli obiettivi di
carattere socio-istituzionale dell’amministrazione, anche perché non teneva
7 Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, Sentenza n. 77 del 2017:
«Non si esclude che una diversa e più accorta gestione del patrimonio avrebbe consigliato
modalità di regolamentazione più ponderate e più attente al pubblico interesse, ma tanto
non è oggetto del presente giudizio, né, nel caso, riguarda le parti convenute che non possono
essere chiamate a rispondere per la diversa causa petendi più volte indicata. Non si ravvisa,
pertanto, l’esistenza del danno e manca, quindi, l’elemento presupposto per poter ricono-
scere responsabilità delle parti chiamate nella presente fattispecie ed esse devono, conse-
guentemente, mandarsi assolte dalla domanda attrice».
8 «Il presente regolamento si applica alle occupazioni senza titolo formale accertata alla
data del 31 dicembre 1994 di beni immobiliari ascritti al patrimonio disponibile ed indispo-
nibile del Comune di Roma, ai fini delle loro regolarizzazioni che potranno essere deliberate
nei termini di cui ai successivi articoli. Il presente regolamento si applica, altresì, per le
nuove assegnazioni di beni immobili ascritti al patrimonio disponibile ed indisponibile del
Comune di Roma» (estratto dal verbale delle deliberazioni del Consiglio comunale n. 26 del
1995, 21).
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conto delle numerose occupazioni senza titolo che caratterizzavano il patri-
monio immobiliare del Comune di Roma9.
Le attività svolte dall’amministrazione comunale nel successivo venten-
nio andarono dal censimento degli immobili alla gestione del patrimonio da
parte della Romeo Gestioni S.p.A., passando per richieste di morosità arre-
trate, notifiche di sgomberi, fino ai contenziosi giurisdizionali10. In nessun
modo, in detto censimento, viene preso in considerazione il valore sociale delle
9 «Di conseguenza, l’applicazione di tali criteri non è risultata idonea a realizzare la
regolarizzazione delle utilizzazioni a fini non commerciali. A tale situazione sono da aggiun-
gere le numerose occupazioni senza titolo esistenti alla data del 31 dicembre 1994 che non
troverebbero definizione nel quadro della normativa vigente». «Si è constatato, quindi, che
i criteri contenuti nelle richiamate deliberazioni commissariali debbono essere aggiornati ed
integrati avuto riguardo, tra l’altro, alle istanze di regolarizzazione presentate dalle varie
associazioni ... alle situazioni di fatto determinatesi con particolare attenzione alle realtà
circoscrizionali più carenti dal punto di vista della presenza sul territorio di servizi e punti
di aggregazione e, come tali, più esposte ai processi di degrado socio ambientale e di poten-
ziale estraneazione ed emarginazione sociale delle fasce di età giovanile e della terza età»
(estratto dal verbale delle deliberazioni del Consiglio comunale n. 26 del 1995, 19).
10 Attività che a detta della stessa amministrazione hanno dato vita ad un elevato con-
tenzioso, pendente presso il Tribunale amministrativo regionale del Lazio: «Considerato che
sono in atto centinaia di contenziosi con gli utilizzatori senza titolo o morosi, a seguito delle
attività sviluppate per il recupero delle disponibilità degli immobili, e che molti sono i prov-
vedimenti di sospensione emessi dal TAR» (estratto dal verbale delle deliberazioni della
giunta capitolina n. 140 del 2015, 4).
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 14
attività che vengono svolte all’interno del - e grazie al - patrimonio immobi-
liare di Roma Capitale11. Ad ogni buon conto è mancato, e manca tuttora, un
censimento delle associazioni e delle attività svolte da esse all’interno di detto
patrimonio: per fare un esempio, il ruolo ricoperto da una biblioteca o da
un’aula studio aperta in un quartiere periferico di Roma ha un valore del
tutto differente da quello che avrebbero le stesse attività in quartieri centrali
o posti nelle immediate vicinanze dell’università12.
Si tratta di una carenza che si riverbera anche su profili funzionali, visto
che il welfare statale negli anni è stato pressoché azzerato e molti dei servizi
pubblici sono forniti da enti del terzo settore. Il riordino del patrimonio deve
basarsi indiscutibilmente sul principio di buon andamento della pubblica am-
ministrazione: con una mappatura delle attività utili, in alcuni casi indispen-
sabili, per ogni quartiere di Roma, il patrimonio potrebbe essere concesso
11 Ciò rende impossibile, anzitutto sotto il profilo metodologico, procedere ad una valo-
rizzazione del patrimonio partendo dalla categoria dei beni comuni, la quale, se corretta-
mente intesa, prescinde dalla appartenenza proprietaria per dare valore al perseguimento
dei fini sociali.
12 Si rammenta che molti ed articolati sono i sistemi che considerano variabili non di
tipo meramente economicistico, nella contabilità tradizionale: ad esempio, il modulo di con-
tabilità NAMEA (National Accounting Matrix including Enviromental Accounts) – proposto
per la prima volta dall’Istituto di statistica olandese (CBS) – raccoglie in un unico schema
conti economici tradizionali (modulo economico) e conti ambientali (modulo ambientale).
Questo tipo di correzione del modulo economico – affiancando valori di tipo diverso ai conti
economici dei settori istituzionali (Pubblica amministrazione, famiglie, resto del mondo) –
fu giudicato nella XIII legislatura addirittura motivo meritevole per giungere all’approva-
zione, da parte del Senato della Repubblica, del disegno di «legge quadro in materia di con-
tabilità ambientale dello Stato, delle regioni e degli enti locali» (in un testo unificato degli
Atti Senato nn. 3116-3294), anche se il conseguente Atto Camera n. 6251 non completò l’iter
parlamentare.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 15
sulla base dei servizi che è necessario fornire e che gli organismi pubblici non
sono più in grado di espletare.
È invece del tutto evidente che queste priorità non sono state considerate,
così come, tra la prima deliberazione del 1995 e l’emanazione della delibera-
zione n. 140 del 2015, non sono state considerate le evoluzioni che hanno re-
gistrato molti dei modelli gestionali e molti degli istituti giuridici invocati.
Per uno di essi, poi, la dottrina e la giurisprudenza hanno subìto una grande
evoluzione: nella deliberazione n. 26 del 1995 non vi era alcun riferimento al
patrimonio da intendersi quale “bene comune”, aspetto invece presente nella
deliberazione del 2015.
3. Oltre il pubblico e il privato: “i beni comuni”
Ormai da diverso tempo si discute di “beni comuni” non solo sotto
l’aspetto giuridico, ma anche in ambiti economici e sociali: basti pensare alla
teoria elaborata dal premio Nobel per l’economia Elionor Ostrom13. Per
quanto attiene la giurisprudenza, di fondamentale importanza, per la defini-
zione di tale categoria, è stata la sentenza della Corte di Cassazione, Sezioni
Unite, n. 3665 del 14 febbraio 2011.
In detto provvedimento la Suprema Corte ha utilizzato il termine “bene
comune” per indicare tutti quei beni che, a prescindere dal titolo di proprietà,
si caratterizzano per il fatto di essere funzionali al perseguimento e soddisfa-
cimento degli interessi della collettività costituzionalmente riconosciuti. I
giudici di legittimità, nel richiamare gli artt. 2, 9 e 42 Cost., hanno superato
la concezione proprietaria dello Stato-persona, al fine di assicurare l’uso e il
13 Governing the Commons: The Evolution of Institutions for Collective Action, Cambridge-
New York 1990.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 16
servizio che il bene offre alla collettività nella realizzazione dei valori costitu-
zionali, quali la tutela della personalità umana ed il suo corretto svolgimento
nello Stato sociale. La rilevanza giuridica della sentenza si coglie nel capo in
cui si statuisce che in determinate fattispecie si prescinde dal titolo di pro-
prietà, il quale è secondario rispetto alla funzione sociale del bene14.
La materia dei beni comuni è a tutt’oggi fervente di suggestioni e di pro-
poste, che si richiamano per lo più al progetto proposto dalla c.d. Commis-
sione Rodotà. Nel 2007 con decreto del Ministro della Giustizia una commis-
sione di tecnici, presieduta da Stefano Rodotà, fu investita dell’onere di redi-
gere un disegno di legge per la riforma delle norme del Codice civile sui beni
14 La massima riporta: «Dalla applicazione diretta degli artt. 2, 9 e 42 Costituzione si
ricava il principio della tutela della umana personalità e del suo corretto svolgimento
nell’ambito dello Stato sociale, anche nell’ambito del “paesaggio”, con specifico riferimento
non solo ai beni costituenti, per classificazione legislativa-codicistica, il demanio e il patri-
monio oggetto della “proprietà” dello Stato, ma anche riguardo a quei beni che, indipen-
dentemente da una preventiva individuazione da parte del legislatore, per loro intrinseca
natura o finalizzazione, risultino, sulla base di una compiuta interpretazione dell’intero si-
stema normativo, funzionali al perseguimento e al soddisfacimento degli interessi della col-
lettività e che – per tale loro destinazione, appunto, alla realizzazione dello Stato sociale –
devono ritenersi “comuni”, prescindendo dal titolo di proprietà, risultando così recessivo
l’aspetto demaniale a fronte di quello della funzionalità del bene rispetto ad interessi della
collettività». Tra i commenti S. LIETO, Beni comuni, diritti fondamentali e Stato sociale. La
Corte di Cassazione oltre la prospettiva della proprietà codicistica, in Pol. dir., 2011, 331-350;
C.M. CASCIONE, Le Sezioni unite oltre il codice civile. Per un ripensamento della categoria dei
beni pubblici, in Giur. it., 2011, 2506-2514; E. PELLECCHIA, Valori costituzionali e nuova tas-
sonomia dei beni: dal bene pubblico al bene comune, in Foro it., I, 2012, 573 ss. Su tale tasso-
nomia si vedano anche le considerazioni di P. GROSSI, I beni: itineranti fra ‘moderno’ e ‘post-
moderno’, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2012, 1081-1083.
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pubblici, mai modificato dal 1942 ad oggi15. Il progetto del 2007 muoveva
dalla necessità di adeguare la normativa codicistica alle trasformazioni eco-
nomico-sociali avvenute nel dopoguerra ed aveva una chiara finalità conta-
bilistica: la necessità di costruire «un conto patrimoniale delle amministra-
zioni pubbliche basato sui criteri della contabilità internazionale». Tale la-
voro era volto a superare la disciplina sistematica dei beni codificata nel Co-
dice civile che vede contrapposto il patrimonio indisponibile a quello dispo-
nibile, in favore di tre “nuove” categorie: beni comuni, beni pubblici e beni
privati.
Tra i propositi della Commissione, dunque, vi era quello di modificare la
stessa definizione di bene, contenuta nell’art. 810 c.c., ricomprendendo in tale
categoria anche le cose immateriali, le cui utilità possono essere oggetto di
15 La Commissione sui Beni Pubblici, presieduta da Stefano Rodotà, è stata istituita
presso il Ministero della Giustizia, con Decreto del Ministro, il 21 giugno 2007, al fine di
elaborare uno schema di legge delega per la modifica delle norme del Codice civile in materia
di beni pubblici. Una simile iniziativa era stata proposta già nel 2003 da un gruppo di stu-
diosi presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze. L’idea era nata in seguito al lavoro
che era stato avviato in quella sede per la costruzione di un Conto patrimoniale delle Ammi-
nistrazioni pubbliche basato sui criteri della contabilità internazionale. Nello svolgimento
di tale compito, e alla luce dei primi processi di valorizzazione e privatizzazione di alcuni
gruppi di cespiti pubblici (immobili e crediti), era emersa la necessità di poter contare su un
contesto giuridico dei beni che fosse più al passo con i tempi ed in grado di definire criteri
generali e direttive sulla gestione e sulla eventuale dismissione di beni in eccesso delle fun-
zioni pubbliche, e soprattutto sulla possibilità che tali dismissioni (ed eventuali operazioni
di vendita e riaffitto dei beni) fossero realizzate nell’interesse generale della collettività fa-
cendo salvo un orizzonte di medio e lungo periodo. Il testo della proposta è reperibile on-line
sul sito del Ministero della Giustizia: https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?con-
tentId=SPS47617.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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diritti: si pensi ai beni finanziari o alle frequenze radiotelevisive16. Il relativo
progetto, che tende a tradurre in norma giuridica quelle riflessioni, ha tre ca-
ratteristiche essenziali: in primo luogo, contiene una disciplina di riferimento
per i beni pubblici che dovrebbe essere idonea a recuperare una dimensione
ordinante e razionalizzatrice di una realtà normativa quanto mai farraginosa;
in secondo luogo, offre una classificazione dei beni legata alla loro natura eco-
nomico-sociale; infine, ha l’obiettivo di ricondurre la parte del Codice civile
che riguarda i beni pubblici – ed in generale la proprietà pubblica – ai principi
fondamentali della nostra Carta, collegando le utilità dei beni alla soddisfa-
zione dei diritti della persona e al perseguimento di interessi pubblici essen-
ziali17.
La Commissione Rodotà, che ha avuto il grande merito di stimolare il
dibattito sulla gestione dei beni pubblici, non ha però prodotto l’auspicata
16 «Condividendone interamente i contenuti», riprodusse per primo il progetto Rodotà
in un atto parlamentare il disegno di legge n. 2031, Senato della Repubblica, XVI Legisla-
tura, 7, che così recita: «d) la classificazione di beni pubblici, appartenenti a persone pub-
bliche in tre categorie: 1) beni ad appartenenza pubblica necessaria, cioè quei beni che sod-
disfano interessi generali fondamentali, la cui cura discende dalle prerogative dello Stato e
degli enti pubblici territoriali. La norma fornisce un elenco esemplificativo di tali beni. Ne
prevede la non usucapibilità, la non alienabilità e le forme di tutela amministrativa e giudi-
ziale; 2) beni pubblici sociali, cioè quei beni le cui utilità essenziali sono destinate a soddisfare
bisogni corrispondenti ai diritti civili e sociali della persona. Anche in tal caso, l’elenco è
esemplificativo. La norma prevede un vincolo di destinazione pubblica e ne limita i casi di
cessazione; 3) beni pubblici fruttiferi, che non rientrano nelle categorie precedenti e sono
alienabili e gestibili dai titolari pubblici con strumenti di diritto privato. La norma regola i
casi e le procedure di alienazione;».
17 Reperibile on-line sul sito del Ministero della Giustizia:
https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_1_12_1.wp?contentId=SPS47617.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 19
modifica del Codice civile e, a dirla tutta, non ha prodotto neanche una defi-
nizione univoca di cosa si intenda per “bene comune”18. Di questa dicotomia
sono plastica espressione i due disegni di legge in discussione nella XVIII le-
gislatura alla Camera dei deputati sul tema: uno è stato presentato con Atto
Camera n. 1744, a prima firma dell’on. Giuseppe D’Ippolito del Movimento
5 Stelle, ed è la riproduzione autentica del progetto della commissione Ro-
dotà. L’altro è il progetto di legge Atto Camera n. 1617, «Modifiche al Codice
civile in materia di beni comuni e di disciplina del diritto di proprietà», a
prima firma dell’on. Stefano Fassina.
La filiazione di ambedue i testi dalle medesime esigenze non impedisce di
vedere il diverso impatto che hanno, ad esempio, su problematiche come l’ap-
plicabilità di istituti quali l’autotutela amministrativa, che finora è stata il
frutto di una importante lavoro di dottrina e di giurisprudenza19. Ma c’è di
18 Non è di facile comprensione la distinzione tra i vari beni ove si consideri che, i beni
pubblici, «ma solo quelli appartenenti a persone pubbliche», si dividono in ulteriori tre sot-
tocategorie: 1) i beni ad appartenenza pubblica necessaria; 2) i beni pubblici sociali; 3) i beni
pubblici fruttiferi. Riguardo alla razionalizzazione e semplificazione le aspettative sono am-
pliamente disattese posto che dall’attuale bipartizione (pubblico/privato) si passerebbe ad
una tripartizione (pubblico, privato, beni comuni) dove oltretutto non è sempre chiara la
distinzione, all’interno della stessa categoria bene comune, tra beni ad appartenenza pub-
blica necessaria (l’attuale demanio) e beni pubblici sociali.
Ma non v’è chi non veda come possa una norma che ha come scopo la semplificazione
introdurre nuove categorie, che sostanzialmente rendono il quadro giuridico più farraginoso
e complesso. Desta perplessità anche l’abolizione del demanio pubblico, che sappiamo essere
inusucapibile ed invendibile, e la sua sostituzione con la categoria dei beni ad appartenenza
pubblica necessaria anch’essi inusucapibili ed invendibili.
19 «I beni che fanno parte del demanio pubblico sono inalienabili e non possono formare
oggetto di diritti in favore di terzi, se non nei modi stabiliti dalle leggi che li riguardano.
Spetta all’autorità amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 20
più: è agevole constatare come i propositi del progetto Rodotà siano in netto
contrasto con l’utilizzo che, in realtà amministrative come Roma, negli ultimi
anni si è fatto della categoria così individuata. L’obiettivo della razionalizza-
zione e della semplificazione dei beni non è stato raggiunto con il passare,
apoditticamente, dalla attuale bipartizione pubblico/privato ad una triparti-
zione tra pubblico, privato e bene comune; neppure, come vedremo in se-
guito, è facilmente comprensibile la distinzione tra bene pubblico e bene co-
mune, e francamente non se ne comprende neanche la necessità.
In tal senso, più efficace e più idoneo a conseguire gli obiettivi appare il
progetto di legge n. 1617: un primo passo verso l’uniformazione del Codice
civile al dettato costituzionale potrebbe avvenire, prima ancora di creare
nuovi istituti giuridici, proprio attraverso l’interpretazione autentica
dell’art. 832 c.c. che vi si propone, statuendo che il proprietario ha diritto di
godere e di disporre in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti di cui all’art. 42
Cost.20. In questa maniera verrebbe pienamente rispettata «la funzione so-
ciale della proprietà» presente nella Costituzione: la proposta a prima firma
Fassina costituisce un indubbio passo in avanti nella sistematica dei beni co-
muni e ne dà (finalmente) una definizione21.
Essa ha la facoltà di procedere in via amministrativa, sia di valersi di mezzi ordinari a difesa
della proprietà e del possesso regolati dal presente codice» (art. 832 cod. co).
20 «Il proprietario ha diritto di godere e di disporre delle cose in modo pieno esclusivo,
entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico»: art. 832
cod. civ.
21 Camera dei deputati, progetto di legge n. 1617-XVIII, art. 1.: «1. Prima della sezione
I del capo I del titolo I del libro terzo del codice civile, dopo l’articolo 810 è aggiunto il
seguente: “Art. 810-bis. - (Beni comuni) - Sono beni comuni le cose, materiali o immateriali,
che, per la loro natura e per la loro funzione, soddisfano diritti fondamentali e bisogni so-
cialmente rilevanti, servendo immediatamente la collettività la quale, tramite i suoi com-
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Tale impostazione è sicuramente riconducibile al pensiero di Paolo Mad-
dalena, giudice emerito della Corte costituzionale, il quale afferma che i beni
demaniali sono beni che appartengono alla collettività (pubblici perché del
popolo), e che allo Stato persona spetta una funzione di tutela e di gestione.
In sostanza, il demanio non è da considerarsi come una proprietà privata
dell’Ente statale, ma come una proprietà collettiva in uso pubblico. È dunque
fondamentale assicurare, a prescindere dall’ente territoriale proprietario,
l’inalienabilità a beneficio delle generazioni future22.
La deliberazione n. 140 del 2015 ha però il “pregio” di non perseguire nes-
suna delle strade finora intraprese per disciplinare i beni comuni, poiché ha
ponenti, è ammessa istituzionalmente a goderne in modo diretto. Detti beni sono fuori com-
mercio e sono di proprietà collettiva demaniale o di uso civico e collettivo, urbano o rurale.
Qualora si trovino in una proprietà privata, la pubblica amministrazione è tenuta a riacqui-
sirli al patrimonio pubblico, mediante lo strumento della prelazione nelle vendite. La pub-
blica amministrazione può altresì istituire su tali beni le necessarie servitù pubbliche. In
ogni caso la pubblica amministrazione è tenuta a controllare che sia perseguita da parte del
proprietario la funzione sociale dei beni a lui nominalmente appartenenti. Nei casi di im-
prese che si riferiscono a servizi pubblici essenziali, a fonti di energia necessarie a garantire
la prestazione di servizi essenziali o a situazioni di monopolio, la pubblica amministrazione
è tenuta ad acquisirle alla proprietà pubblica e, se del caso, a trasferirle o ad affidarle a
comunità di lavoratori o di utenti ai sensi dell’art. 43 della Costituzione» (https://www.ca-
mera.it/leg18/126?tab=&leg=18&idDocumento=1617&sede=&tipo=).
22 P. MADDALENA, Il territorio bene comune degli italiani, Roma 2014, 86 e ss.: «Dunque,
la Costituzione contempla certamente due tipi di proprietà: quella collettiva, di carattere
inclusivo, denominata proprietà collettiva, e quella individuale, di carattere esclusivo, de-
nominato diritto di proprietà privata. La prima appartiene originariamente al popolo a ti-
tolo di sovranità, la seconda appartiene allo Stato a titolo di legge, cioè di manifestazione
sovrana del popolo».
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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come oggetto solo il patrimonio indisponibile da considerarsi apodittica-
mente quale bene comune. Prassi amministrative come questa rendono diffi-
coltosa la possibilità di giungere ad una reale regolamentazione dell’istituto
giuridico che, a parole, si invoca.
4. Analisi della deliberazione n. 140 del 2015
Nella deliberazione n. 140 del 2015 di Roma Capitale si trovano riferi-
menti al patrimonio disponibile, indisponibile ed ai beni comuni23. Come
mezzo per conseguire il fine si individua la riacquisizione dell’intero patrimo-
nio immobiliare di proprietà di Roma Capitale, senza prevedere alcun regime
transitorio che permetta il prosieguo di tutte quelle attività esercitate dalle
associazioni concessionarie di detti immobili, che a seguito del provvedi-
mento di riacquisizione resterebbero sospese24. All’interno della delibera-
zione, il patrimonio pubblico viene considerato come un “bene comune” per
23 «Considerato, quindi, che il Patrimonio pubblico costituisce una significativa risorsa
della città e che Roma Capitale è proprietaria di numerosi immobili, fra cui immobili di
patrimonio indisponibile (circa 860 beni) alcuni dei quali versano in situazioni di grave de-
grado e richiedono interventi di restauro e/o manutenzione straordinaria; di tali beni occorre
garantire con urgenza la conservazione da gravi processi di degrado, nonché preservarli da
occupazioni abusive; che al tempo stesso è necessario considerare la redditività del patrimo-
nio pubblico al fine di definire maggiori risorse economiche per la città, provvedendo alla
sua migliore finalizzazione» (estratto del verbale delle deliberazioni della Giunta Capitolina,
seduta del 30 aprile 2015, 2).
24 «Considerato che l’uso dei beni in concessione rappresenta, in molti casi, un apporto
significativo ad attività e servizi di valenza pubblica di supporto alle finalità dell’Ente e/o
di sussidiarietà di servizi, ciò deve avere un peso specifico nell’individuazione delle priorità
che devono presiedere l’attività di riordino di cui al presente provvedimento, per evitare
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sviluppare opportunità e servizi ai cittadini, in conformità con la delibera-
zione dell’assemblea capitolina n. 66 del 18 luglio 2013, che dettava le “linee
programmatiche” della nuova amministrazione25.
La deliberazione dispone la riacquisizione di tutti i locali di proprietà di
Roma Capitale. Essa, pur proclamando l’obiettivo di disciplinare il patrimo-
nio indisponibile, a più riprese fa riferimento anche al patrimonio pubblico
tout court: esso sarebbe da intendersi come «bene comune per far sviluppare
opportunità e servizi ai cittadini oltreché per la residenza pubblica, nel campo
culturale, sociale, artistico, artigianale ed imprenditoriale»26. La contraddi-
zione con l’enunciata bipartizione codicistica è evidente ed emergerà prepo-
tentemente nel conseguente contenzioso, che scuoterà questo pilastro teorico
della delibera dimostrandone la non riconducibilità al diritto positivo, con cui
è destinata a collidere inesorabilmente.
improvvisi effetti negativi alla città» (estratto del verbale delle deliberazioni della Giunta
Capitolina, seduta del 30 aprile 2015, 2).
25 «Quello di Roma Capitale è un patrimonio da far valere. Si tratta di un numero rile-
vante di edifici e terreni che, se opportunamente gestiti, possono contribuire alla risoluzione
di alcuni problemi avvertiti come urgenti per i cittadini. La gestione di tale patrimonio sarà
completamente trasparente, basata sulla concessione in uso dei beni per mezzo di bandi,
l’esito dei quali consenta, altresì, di contribuire a garantire determinati servizi o rilanciare
alcune attività economiche. Per meglio valorizzare tali ricchezze, naturalmente, è necessario
avere conoscenza esatta dell’intero patrimonio capitolino. Una gestione trasparente ed effi-
ciente dovrà altresì garantire un’adeguata manutenzione, riconsiderare l’organizzazione
delle sedi della stessa Amministrazione, eliminando i costi inutili in modo da realizzare ri-
sparmi da realizzare risparmi da reinvestire per altre priorità» (estratto dal verbale delle
deliberazioni della giunta capitolina n. 66 del 2013).
26 Estratto dal verbale delle deliberazioni della Giunta Capitolina, deliberazione n. 140
del 2015, 1.
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La determinazione n. 140 del 2015 risulta ulteriormente contraddittoria
ove specifica che verrà valutato l’eventuale passaggio di beni dal patrimonio
indisponibile a quello disponibile, con conseguente applicazione del regime
locatizio e messa a reddito degli immobili. Balza così agli occhi uno dei primi
propositi dell’atto in questione, quale quello di «considerare la redditività del
patrimonio pubblico al fine di definire maggiori risorse economiche per la
città, provvedendo alla sua migliore finalizzazione»27. La prima criticità cau-
sata dalla deliberazione in questione è proprio quella sua parte predominante,
che pone in vendita il patrimonio indisponibile: si tratta di una criticità sia
teorica che pratica.
Si è già evidenziato come, per sua natura, il patrimonio indisponibile non
può essere sottratto alla sua destinazione «se non nei modi stabiliti dalla
legge» (art. 828 c.c.). È di tutta evidenza che un atto normativo, che ha come
proposito quello di riordinare il proprio patrimonio indisponibile, non è com-
patibile con atti di disposizione quali la vendita dello stesso, ferma restando
l’impossibilità giuridica di procedere alla sua alienazione nello stato di diritto
in cui si trova.
La deliberazione prosegue affermando che l’uso dei beni in concessione
rappresenta un valore da tutelare per la città anche in attuazione del princi-
pio costituzionale di sussidiarietà orizzontale28. Occorre allora chiedersi ove
risieda la tutela del principio di sussidiarietà orizzontale in una delibera di
27 Estratto del verbale delle deliberazioni della Giunta Capitolina, seduta del 30 aprile,
2015, 2.
28 Considerato che l’uso dei beni in concessione rappresenta, in molti casi, un apporto
significativo ad attività e servizi di valenza pubblica di supporto alle finalità dell’Ente e/o
di sussidiarietà di servizi, ciò deve avere un peso specifico nell’individuazione delle priorità
che devono presiedere l’attività di riordino di cui al presente provvedimento, per evitare
improvvisi effetti negativi alla città.
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riordino del patrimonio indisponibile, che non prende in minima considera-
zione le attività sociali che vengono esercitate all’interno, ma si preoccupa
solo ed esclusivamente di censire catastalmente detto patrimonio. Oltre alla
nostra Costituzione «pervasa dal principio della sovranità popolare»29, anche
la legge 6 giugno 2016, n. 106, recante delega al Governo per la riforma del
Terzo settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile univer-
sale, all’articolo 1, comma 1, secondo e terzo periodo, ricorda che «per Terzo
settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il persegui-
mento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità so-
ciale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i ri-
spettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di inte-
resse generale».
La deliberazione in questione aggiunge, inoltre, che il precedente regola-
mento di disciplina delle concessioni amministrative risale al 27 settembre del
29 TAR Lazio, sez. II bis, ord. 15 dicembre 2009, sul ricorso numero di registro generale
6380 del 2009, dalla «ricognizione delle norme che ne stabiliscono i modi di esercizio» indi-
vidua anche l’«impegnarsi direttamente nel sociale (alla stregua del principio di sussidiarietà
di cui all’art. 118)». In tal senso anche la dottrina: per D. NOCILLA, Popolo, in Enc. dir.,
XXXIV (1985), 359, il popolo ha «una sua unità, una sua capacità di volere e, in definitiva,
una sua soggettività» e la Costituzione distingue “l’appartenenza” della sovranità, dal suo
“esercizio”, precisando ulteriormente che «il Popolo esercita la sua sovranità», o attraverso
la elezione libera e personale della propria «rappresentanza parlamentare» (art. 70 Cost.), o
attraverso la «partecipazione diretta» alle funzioni legislative, amministrative e giudiziarie,
come chiaramente si desume, tra l’altro, dall’art. 118, comma 4 (svolgimento da parte di
cittadini, singoli o associati, di «attività di interesse generale», «secondo il principio di sus-
sidiarietà»).
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1983 e per tale ragione non sarebbe più in linea con il quadro normativo vi-
gente come evolutosi negli ultimi decenni, pur non indicando quali sarebbero
le evoluzioni normative in questione30.
Ulteriore incongruenza della deliberazione si ravvisa allorquando essa
statuisce le priorità da seguire nell’attività di riordino del patrimonio31. È di
30 Nella Deliberazione del Consiglio Comunale n. 5625 del 27 settembre 1983 la tipologia
delle concessioni viene così distinta: a canone di mercato; a canone ridotto (riduzione al 20%
del canone di mercato) accordato per le concessioni in favore dello Stato, degli Enti Pubblici,
delle Organizzazioni internazionali riconosciute dallo Stato, nonché delle Associazioni che
svolgono attività di carattere sociale, assistenziale, culturale, sportivo ecc. sempreché con
finalità di interesse pubblico; a canone ricognitivo per le concessioni a Enti o Associazioni
che svolgono attività socialmente utili d’interesse cittadino, su delega o per conto del Co-
mune ed a Enti e Organizzazioni internazionali riconosciuti dall’ONU (per canone ricogni-
tivo si intende il canone non inferiore al tributo erariale dovuto per il bene); a canone con-
venzionato qualora gli Enti o Associazioni beneficiari realizzino progetti finalizzati per
conto dell’Amministrazione o forniscano servizi utili alla stessa.
31 «L’attività di riordino del patrimonio deve seguire progressivamente e temporal-
mente le seguenti priorità: 1. per gli utilizzatori, che sono già destinatari di un provvedi-
mento di rilascio, si provvederà, in via prioritaria, all’avvio dei procedimenti necessari per
riacquisire il bene nonché a provvedere alla definizione di bandi ad evidenza pubblica per
l’assegnazione; 2. per gli utilizzatori dei beni a preminente carattere commerciale, professio-
nale e/o imprenditoriale, non ricollegabile ad attività di natura prevalentemente sociocultu-
rale, si procederà analogamente, in via prioritaria all’avvio delle procedure finalizzate al
recupero della disponibilità del bene; 3. per gli utilizzatori di beni a destinazione urbani-
stica e catastale di tipo commerciale o residenziale si valuterà l’eventuale passaggio degli
stessi, con appositi atti, dalla categoria del patrimonio indisponibile a quella del patrimonio
disponibile, con conseguente applicazione del regime locatizio, relativo all’uso conforme alla
suddetta destinazione urbanistico-edilizia; 4. fermo restando quanto previsto al punto 5, per
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tutta evidenza che una delibera che si propone come obiettivo il patrimonio
indisponibile non può contenere il proposito di disciplinare la riacquisizione
di quei beni aventi preminente carattere commerciale e/o imprenditoriale, che
per definizione non possono rientrare nella categoria del patrimonio indispo-
nibile.
Si tratta di una macroscopica svista che ha non poche ricadute sul piano
pratico, ed in particolare riguardo alla impossibilità di agire in autotutela
amministrativa, il che comporta l’istaurarsi di lunghi e numerosi contenziosi
civili, dei quali si sarebbe dovuto tener conto prima di dar vita all’attività di
riordino: valutazione della quale non v’è traccia alcuna, neppure per esclu-
dere il rischio di danno erariale a carico di chi, adottando l’atto, avrebbe po-
tuto esporre le casse pubbliche a soccombenze giudiziarie seriali.
Identica problematica è riscontrabile anche in ordine alla graduazione
dell’esecuzione dei provvedimenti di riacquisizione in autotutela, ove si sta-
tuisce che si dovrà partire da quei locali che hanno preminente carattere
gli utilizzatori che svolgono prevalentemente effettive funzioni, attività e/o servizi d’inte-
resse pubblico, e che pertanto utilizzano il bene con modalità compatibili con la sua desti-
nazione e che non risultino morosi si procederà, d’intesa con i Dipartimenti ed i Municipi
interessati successivamente rispetto a quanto previsto ai punti 1 e 2, all’avvio delle proce-
dure finalizzate al recupero della disponibilità del bene. Lo stesso criterio potrà essere appli-
cato a favore degli utilizzatori rientranti in questa stessa classificazione, che risultassero
morosi, qualora entro 250 giorni o con rateizzazione definita con atto di impegno, provve-
dano a sanare la morosità. Resta inteso che i fattori dell’interesse pubblico e dell’utilità dei
servizi svolti per la collettività, saranno considerati nel definire l’attuazione temporale del
piano di recupero dei beni; 5. per gli utilizzatori quali Enti, Organismi o Associazioni che
svolgono comprovate attività socialmente utili di interesse cittadino o municipale, su delega
o per conto di Roma Capitale, ed Enti ed Organizzazioni internazionali riconosciute
dall’ONU, si procederà nel rispetto del Regolamento sulle Concessioni (Consiglio Comunale
n. 5625/1983)».
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«commerciale professionale e imprenditoriale». L’impossibilità giuridica di
esperire l’autotutela nei confronti di quei beni che hanno carattere commer-
ciale, nasce dal fatto che – a prescindere dalla classificazione catastale – essi
non possono essere considerati quale patrimonio indisponibile per mancanza
del requisito oggettivo.
5. Il conseguente contenzioso
Emerge in questo quadro in modo evidente la contraddittorietà della de-
terminazione in questione che, se da un lato si pone l’obiettivo di disciplinare
il patrimonio indisponibile, dall’altro fa riferimento al patrimonio pubblico
da intendersi quale bene comune.
Se anche in dottrina non si è giunti ad una definizione di bene comune
univoca, si può però affermare che tutti i tentativi in tal senso prescindono
dalla classificazione catastale e sono basati su un principio finalistico: il che
li rende inidonei a prevalere sul dato di diritto positivo. Nulla appare alterato
o alterabile rispetto al regime dei beni che per la normativa vigente dispon-
gono già di una loro classificazione. Se si parla di bene comune, sicuramente
non si può fare riferimento alla categoria catastale (disponibile o indisponi-
bile), altrimenti il riferimento stesso ingenera una confusione di tipo sistema-
tico e normativo: non si comprenderebbe neanche la necessità di aggiungere
alle categorie del patrimonio disponibile e indisponibile quella del bene co-
mune. Le due classificazioni, infatti, hanno senso se considerate alternative e
non cumulative.
In ogni caso, il fatto che la riacquisizione fosse fine a sé stessa – poiché la
futura assegnazione degli stessi locali è demandata all’emanazione di un suc-
cessivo regolamento, che ad oggi è atteso da oltre 5 anni – era un troppo pre-
vedibile motivo di contenzioso giurisdizionale, nel quale Roma Capitale è pre-
cipitata.
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Al riguardo, si è pronunciato di recente il Tar Lazio con sentenza n. 2982
del 5 marzo 2020: chiamato a decidere sulla legittimità del diniego del rinnovo
della concessione, motivato dal riordino gestionale del patrimonio capito-
lino32, il giudice amministrativo ha emesso una pronuncia di fondamentale
rilevanza, in ordine alla valenza della delibera n. 140 del 2015 ed alla sua in-
terpretazione ed attuazione sul piano pratico. Il Tar ha statuito che la deli-
berazione in questione ha un valore programmatico circa il riordino del pa-
trimonio pubblico; testimonianza ne è il fatto che la stessa deliberazione rin-
via ad un futuro regolamento di gestione del patrimonio stesso33. La delibera
non contiene al suo interno la disciplina generale di rapporti concessori, ed a
ben guardare neanche potrebbe averla: è un atto della Giunta comunale, e
come tale non ha visto il coinvolgimento del Consiglio, che sarà competente
32 «Per l’annullamento del provvedimento di Roma Capitale – Dipartimento patrimo-
nio sviluppo e valorizzazione-Direzione gestione amministrativa – U.O. concessioni-loca-
zioni emesso in data 18 marzo 2016, prot. n. 6849, nella parte in cui l’amministrazione capi-
tolina, con riferimento alle richieste di rinnovo inoltrate dall’associazione di cui ai prott.
27591/09 e 11083/20, dispone che «non può procedersi al rinnovo della concessione in quanto
è in corso un riordino gestionale del patrimonio capitolino per procedure all’assegnazione
dello stesso in osservanza della normativa vigente in materia … e che in mancanza di perfe-
zionamento del titolo concessorio, vengono meno i presupposti che giustificano il versa-
mento ridotto dell’indennità d’uso, con conseguente obbligo di riacquisizione del bene»:
TAR Lazio-Roma, sez. II, 5 marzo 2020, n. 2982.
33 «Al riguardo, deve tuttavia osservarsi che la predetta deliberazione reca – per am-
missione anche della stessa difesa capitolina – disposizione di portata esclusivamente pro-
grammatica. Si tratta, infatti, di un provvedimento che mira esclusivamente a dettare in
via generale, le line d’azione che devono essere seguite dagli Uffici, in attesa del nuovo rego-
lamento per la gestione del patrimonio, e a stabilire, in questa prospettiva, l’ordine di prio-
rità nelle procedure di riacquisizione»: TAR Lazio-Roma, sez. II, 5 marzo 2020, n. 2982, §
12.2.
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per l’adozione del relativo regolamento così come previsto dall’art. 42,
comma 2, lett. a) del Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali
di cui al Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 26734.
La sentenza in questione ha anche il pregio di chiarire che gli interessi che
entrano in gioco nel rinnovo della concessione – ma possiamo tranquillamente
aggiungere anche nella riacquisizione amministrativa – sono diversi: vi è
quello relativo alla necessità dell’amministrazione di rientrare nel possesso di
un bene di sua proprietà, e vi è quello relativo alla tutela e conservazione di
attività socialmente utili. Nel caso di specie, è stata ritenuta di preminente
interesse pubblico la circostanza che il mancato rinnovo avrebbe comportato
la fine di un’attività con una spiccata valenza sociale: il mancato rinnovo
della concessione è illegittimo perché frutto di non adeguata ponderazione di
interessi, e non è sorretto, inoltre, da adeguata motivazione35.
I giudici amministrativi così si pongono in continuità con quanto stabi-
lito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 3665 del 2011, ove il termine “bene
comune” è utilizzato per indicare quei beni che, a prescindere dalla proprietà,
sono funzionali al perseguimento ed al soddisfacimento di interessi collettivi
costituzionalmente riconosciuti.
Altra criticità – che prescinde dallo scrutinio del modo in cui (non) si sono
contemperati gli interessi tutelati, ma che ha una valenza sul piano stretta-
34 «La deliberazione non reca quindi la disciplina generale dei rapporti concessori, né
del resto potrebbe farlo – come correttamente rimarcato dalla ricorrente – atteso che l’ado-
zione di atti di natura regolamentare è rimessa esclusivamente al Consiglio comunale»: TAR
Lazio-Roma, sez. II, 5 marzo 2020, n. 2982.
35 «Come correttamente rilevato dalla ricorrente, il provvedimento impugnato è perciò
illegittimo perché non costituisce il frutto di un’adeguata ponderazione, esternata mediante
idonea motivazione, e per la manifesta contraddittorietà rispetto alle precedenti determina-
zioni della stessa Amministrazione»: TAR Lazio-Roma, sez. II, 5marzo 2020, n. 2982, § 12.5.
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mente pratico – è quella relativa alla legittimità delle riacquisizioni in auto-
tutela. In questo ambito ha rilevanza la classificazione del patrimonio pub-
blico così come disciplinato dal Codice civile: esso è da intendersi quale patri-
monio demaniale, disponibile ed indisponibile, posto che dalla diversa natura
del bene dipende una serie di conseguenze in ordine alla loro riacquisizione e
gestione. Differenze, queste, che sembrerebbero non essere state prese in de-
bita considerazione nella deliberazione in esame: in essa viene esplicitamente
invocata la redditività del patrimonio pubblico indisponibile36, caratteristica
assolutamente non contemplata nel Codice civile, all’interno del quale detto
patrimonio è finalizzato al perseguimento dell’interesse pubblico.
Sono ormai diverse le pronunce dei Tribunali civili che statuiscono l’ille-
gittimità delle riacquisizioni in autotutela amministrativa del patrimonio di
Roma Capitale, sul presupposto che l’autotutela esecutiva costituisce la mas-
sima espressione di supremazia dell’ente pubblico cui è assegnata la gestione
del bene ed è, per tale ragione, legata alla natura giuridica della res cui è fun-
zionale. Da ciò deriva che l’autotutela patrimoniale delle pubbliche ammini-
strazioni è esercitabile esclusivamente nei confronti dei beni appartenenti al
demanio, ovvero al patrimonio indisponibile dell’ente; tale tipo di tutela non
è, pertanto, assicurato con riguardo alla gestione di beni appartenenti alla
categoria del patrimonio disponibile37.
Sul punto la giurisprudenza è costante nell’affermare che l’appartenenza
di un bene al patrimonio indisponibile di un ente territoriale si stabilisce in
36 «Che al tempo stesso è necessario considerare la redditività del patrimonio pubblico
al fine di definire maggiori risorse economiche per la città, provvedendo alla sua migliore
finalizzazione» (estratto dal verbale delle deliberazioni della Giunta Capitolina cit., 2).
37 Al riguardo: Tar Lazio-Roma, sez. II-bis, n. 11057; Tar Lazio-Roma, sez. II, n. 3764
del 2016 e nn. 1881 e 1882 del 2015.
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relazione alle caratteristiche funzionali ed oggettive del bene stesso, presup-
ponendo non solo che il bene sia di proprietà pubblica, ma anche una concreta
destinazione dello stesso ad un pubblico servizio38.
Prescindendo, quindi, dalla ponderazione degli interessi tutelati, assume
un preciso valore sintomatico il fatto che le determine dirigenziali di riacqui-
sizione siano state inoltrate a tutti i concessionari degli immobili di proprietà
capitolina, senza un previo accertamento degli immobili stessi e delle attività
ivi svolte. Sul piano pratico, il modello procedimentale prescelto dal Comune,
per dare seguito alla delibera del 2015, si rivela eloquente: l’accertamento ca-
tastale, necessario per procedere alla riacquisizione in via di autotutela, da sé
non è sufficiente per legittimare l’atto di riacquisizione. Se infatti si tratta di
patrimonio indisponibile, bisogna verificare le condizioni dell’immobile al
momento dell’assegnazione, e se, quindi, lo stesso avesse una concreta desti-
nazione ad un servizio pubblico: destinazione pubblica che deve essere attuale
e non consistere in un mero programma di utilizzo da parte dell’amministra-
zione39. Tutto questo avrebbe richiesto una importante e laboriosa indagine
da parte di Roma Capitale, che prima di procedere in autotutela aveva il
compito di indagare sulle condizioni dell’immobile al momento dell’assegna-
zione.
38 Si veda: Cass. 16 dicembre 2009, n. 26402; Cass. 9 settembre 1997, n. 8743.
39 «La Corte d’appello ha richiamato il principio, costantemente affermato nella giuri-
sprudenza di questa suprema Corte, secondo cui, ai fini della qualificazione di un bene come
appartenente al patrimonio indisponibile di un ente pubblico, ai sensi dell’art. 826 c.c.,
comma 3, la destinazione a un pubblico servizio, che tale indisponibilità connota, deve ri-
sultare da un duplice ordine di requisiti, quello c.d. “soggettivo” costituito da una manife-
stazione di volontà dell’ente proprietario, espressa in un atto amministrativo ad hoc, con il
quale il bene sia stato destinato al soddisfacimento di un’esigenza collettiva, e quello “og-
gettivo”, che ricorre nei casi in cui tale destinazione al pubblico interesse sia stata concreta-
mente attuata» (Cass. 14 giugno 2018, n. 15621; Cass. sez. un. n. 6019/2016).
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Tale compito di sicuro non è agevole, posto che molte di queste assegna-
zioni sono frutto della deliberazione n. 26 del 1995, la quale, giova ricordare,
aveva ad oggetto sia il patrimonio disponibile, che quello indisponibile, e che
ha nelle premesse anche la regolamentazione delle c.d. occupazioni abusive40.
Di conseguenza, diversi immobili dati in concessione provenivano da una pre-
gressa occupazione o versavano in uno stato di abbandono. Ciò avrebbe com-
portato, da parte di un’amministrazione attenta al principio del buon anda-
mento di cui all’articolo 97 Cost., il riconoscimento della impossibilità di pro-
cedere alla riacquisizione in autotutela per mancanza del c.d. requisito ogget-
tivo, ovvero la destinazione del bene ad un pubblico servizio.
Ciò ha portato il Tribunale di Roma a pronunciarsi statuendo l’illegitti-
mità della riacquisizione in autotutela da parte di Roma Capitale; nel dichia-
rare conseguentemente nulla una delle molte determine41 emesse con ecces-
siva facilità dalla giunta capitolina, il giudice civile non ha certo voluto di-
sconoscere il valore sociale dell’attività svolta all’interno dei locali, ma solo
asseverare che – essendo tale attività il frutto degli sforzi portati avanti dal
concessionario del bene e non dall’amministrazione pubblica – essa non è le-
gittimata alla riacquisizione in autotutela.
40 «11) Per quanto sopra esposto è necessario, pertanto, procedere alla emanazione di
un nuovo regolamento per disciplinare la regolarizzazione delle occupazioni senza formale
titolo accertate alla data del 31 dicembre 1993 nonché le assegnazioni ad uso sociale di spazi
e strutture immobiliari ascritte al patrimonio indisponibile e disponibile» (deliberazione n.
26 del 1995).
41 «In conclusione, non essendo stata provata, nel caso in oggetto, l’appartenenza
dell’immobile al patrimonio indisponibile comunale, deve escludersi la sussistenza in capo
alla p.a. del potere di agire in autotutela ex art. 823, comma 2, c.c. per riacquistare la dispo-
nibilità dell’immobile, dovendo essa agire utilizzando i rimedi ordinari di tutela previsti dal
Codice civile» (Tribunale civile di Roma, sez. II, 9 dicembre 2019, n. 23739; cfr. ord. 13
marzo 2017, n. 54321).
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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6. Conclusioni
Non v’è dubbio che la deliberazione capitolina del 2015 presenta una serie
di problematicità: in primo luogo in relazione al dettato costituzionale, e poi
alla normativa codicistica. È certo che i beni indisponibili non hanno la fun-
zione di creare reddito per l’amministrazione proprietaria, ma hanno lo scopo
di fornire un servizio alla cittadinanza e, proprio per tale ragione, sono ina-
lienabili ed impignorabili.
Si tratta di servizi alla cittadinanza che sono stati “offerti” da altri citta-
dini alla collettività, esonerando l’amministrazione da tale onere. Ancor più
inappropriato risulta quindi il proposito di giungere al riordino del patrimo-
nio indisponibile attraverso il richiamo alla categoria dei “beni comuni”. Alla
riacquisizione del patrimonio è conseguita l’impossibilità di riassegnazione
degli immobili stessi con conseguente pregiudizio per l’amministrazione, che
si manifesta sia come privazione alla collettività di servizi offerti sia come
rinuncia, da parte della stessa, del percepimento del canone concessorio.
Non v’è dubbio che gli immobili riacquisiti da parte di Roma Capitale
siano rimasti abbandonati e lo saranno fino a futura assegnazione, e che l’am-
ministrazione prima di riassegnarli dovrà, a proprie spese, ristrutturare detti
locali, al fine di soddisfare il requisito oggettivo richiesto per la classificazione
di patrimonio indisponibile. Non potrà, quindi, validamente riassegnarli se
non saranno prima resi funzionali per il perseguimento dello scopo pubblico
cui verranno destinati: se non fosse così, in futuro si avrebbe la impossibilità
di riacquisirli attraverso lo strumento dell’autotutela esecutiva, con la man-
cata ricaduta degli stessi nel novero del regolamento del patrimonio indispo-
nibile.
Emerge, quindi, la contraddittorietà dei propositi insiti nella delibera-
zione n. 140 del 2015, con la sua applicazione pratica che si è risolta nella
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riacquisizione in autotutela del patrimonio capitolino. Infatti, se da un lato
(giustamente) ci si proponeva di preservare l’ingente patrimonio immobiliare
di Roma Capitale, dall’altro si agiva per il recupero dell’intero patrimonio
senza prevedere il regime di futura assegnazione di detti immobili42, lasciando
la comunità cittadina priva del regolamento attuativo, e, con esso, priva della
disponibilità del patrimonio stesso. La discrezionalità amministrativa non va
confusa come una libertà illimitata: essa si tramuta in arbitrio quando non si
provvede all’emanazione di atti che, seppur di natura discrezionale, in parti-
colari circostanze acquisiscono connotati di doverosità, alla luce dei principi
di buona amministrazione sanciti dall’art. 97 Cost.
Gli effetti negativi sull’erario, che sono provocati dal persistere di un atto
illegittimo43, trovano una ben precisa reazione ordinamentale: l’art. 1,
comma 136, della l. 311/2004 prevede che «al fine di conseguire risparmi o
42 «Considerato, quindi, che il Patrimonio pubblico costituisce una significativa risorsa
della città e che Roma Capitale è proprietaria di numerosi immobili fra cui immobili di pa-
trimonio indisponibile (circa 860 beni) alcuni dei quali versano in situazioni di grave degrado
e richiedono interventi di restauro e/o manutenzione straordinaria; di tali beni occorre ga-
rantire con urgenza la conservazione da gravi processi di degrado, nonché preservarli da
occupazioni abusive» (estratto dal verbale delle deliberazioni della giunta capitolina, 2). Ed
ancora: «Che occorre garantire l’effettivo presidio dei beni in particolare nelle zone periferi-
che della città e nei quartieri più esposti a rischio di vandalismo e occupazioni abusive, ed
evitare il degrado degli immobili qualora fossero lasciati per lunghi periodi inutilizzati; che,
pertanto, è opportuno definire – anche nelle more del nuovo Regolamento ed ai fini della
successiva fase di messa a bando degli immobili recuperati alla disponibilità dell’Ammini-
strazione, per assegnazioni coerenti con la natura dei suddetti beni facenti parte del patri-
monio indisponibile di Roma Capitale e con i principi di trasparenza e massima pubblicità
e concorrenzialità – alcune Linee guida per la gestione delle suddette attività di riordino»
(estratto dal verbale delle deliberazioni della giunta capitolina, 4).
43 Cfr. Corte dei conti, sezione regionale per la Sardegna, sent. n. 303/2011.
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minori oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche, può sempre essere
disposto l’annullamento di ufficio di provvedimenti amministrativi illegit-
timi».
Sulla stessa linea il Consiglio di Stato, che – in tema di autotutela – ha
più volte statuito che sussiste il potere di autotutela della pubblica ammini-
strazione, nei casi in cui risulta comprovata l’illegittimità originaria del prov-
vedimento (nel caso di specie la sussistenza di numerose pronunce) e sussiste
un interesse pubblico concreto ed attuale alla rimozione dell’atto, diverso dal
mero ripristino della legalità che consiste nella finalità di conseguire minori
oneri finanziari per le amministrazioni pubbliche44.
Ci si chiede, quindi, se, al fine di evitare un maggiore pregiudizio per l’am-
ministrazione comunale, anche alla luce delle menzionate pronunce giudi-
ziali, non sia opportuno ritirare in autotutela le determine dirigenziali di riac-
quisizione inviate a tutte le associazioni, in attesa di regolamentare l’attua-
zione della deliberazione n. 140 o di emanarne una nuova, che tenga conto
delle contraddittorietà della precedente.
Nel caso in cui si intenda disciplinare il patrimonio pubblico consideran-
dolo “bene comune”, ovvero metterlo al servizio dei cittadini, che hanno un
compito attivo nella sua conservazione ed utilizzazione, bisogna evitare che
l’impostazione ripeta i vizi di quella prescelta nel 2015: essa è assolutamente
confliggente con la divisione tra patrimonio disponibile e non. Non vi è ne-
cessità alcuna, infatti, di aggiungere alla ripartizione patrimoniale codicistica
quella dottrinale di “bene comune”; esse sono alternative tra loro, e in caso
contrario si verifica un quadro ampiamente contraddittorio, che il conten-
zioso si incaricherà di riportare a sistema mediante l’intervento riparatore
della giurisdizione.
44 Cfr. da ultimo Consiglio di Stato, sez. IV, sent. n. 3191 del 17 maggio 2019.
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Con il concetto di “bene comune”, invece, vengono finalmente poste al
centro le persone e non i patrimoni, in una visione costituzionalmente orien-
tata del Codice civile che pone vede i cittadini quali soggetti attivi nella ge-
stione del patrimonio pubblico, in conformità con quanto disposto dall’art.
118, ult. co., Cost. Con il principio di sussidiarietà orizzontale si riconosce e
garantisce la partecipazione dei cittadini alla gestione della “cosa pubblica”,
mediante lo svolgimento di attività di interesse generale. Ciò dovrebbe avere
come conseguenza il riconoscimento di tutte quelle attività socialmente utili
e, quindi, la tutela degli spazi dove esse vengono esercitate45.
45 «Il “nuovo” principio di sussidiarietà è, quindi, volto a favorire “l'autonoma inizia-
tiva dei cittadini, singoli e associati”, ovvero a favorire la partecipazione dei cittadini e delle
formazioni sociali (imprenditoriali ed associative) nelle quali si svolge la loro personalità, ai
sensi dell'art. 2 Cost., alla cura e al buon andamento della “Cosa pubblica” mediante “lo
svolgimento di attività d’interesse generale”. In tal modo, viene riconosciuto in primis il
valore del volontariato, che insieme alla cooperazione costituisce un patrimonio storico della
nostra nazione (attualmente il “Terzo settore” annovera in Italia circa sette milioni di vo-
lontari impegnati a vario titolo, insieme a più di tremila associazioni e organizzazioni “no
profit”, nell’assistenza ai più bisognosi e nella tutela della persona, dell’ambiente e della
cultura, dando uno spontaneo adempimento ai “doveri inderogabili di solidarietà politica,
economica e sociale” previsti dall’art. 2 Cost.). Al tradizionale modello solidaristico va pro-
gressivamente affiancandosi un nuovo modello di “cittadinanza attiva”, già patrimonio
della lunga storia della democrazia in Europa e nei Paesi anglosassoni ma non estraneo alla
storia italiana, dai Comuni alle Repubbliche marinare, dalle Società di mutuo soccorso alle
Cooperative di lavoro, dalle Signorie alle attuali “Misericordie” che affiancano i servizi so-
ciali comunali. Tale nuovo modello è caratterizzato, alla stregua delle previsioni degli artt.
1, 2 e 118 della Costituzione, dalla spontanea cooperazione dei cittadini con le Istituzioni
pubbliche mediante la partecipazione alle decisioni e alle azioni che riguardano la cura dei
beni comuni, anziché dei pur rispettabili interessi privati, e che quindi cospirano alla realiz-
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Appare quantomeno contraddittorio l’agire della pubblica amministra-
zione che, riacquisendo detto patrimonio, non pone una normativa transito-
ria a tutela di questi spazi e delle attività ivi esercitate. Non si può ignorare
che le attività di volontariato del Terzo settore, al fine di assicurare il proprio
servizio ai terzi, hanno bisogno di essere programmate. Tale aspetto gli è to-
talmente impedito, stante il fatto che la riacquisizione in autotutela può es-
sere eseguita in qualsiasi momento, senza preavviso.
Oltre alla scarsa considerazione del valore sociale di dette associazioni,
senza il rispetto del principio di sussidiarietà orizzontale, l’aver agito in au-
totutela esecutiva nei confronti di tutti i soggetti beneficiari delle conces-
sioni/locazioni pone anche una questione relativa al mancato rispetto delle
garanzie costituzionali, di cui all’art. 24 Cost. Infatti, il diritto di difesa da
atti ablatori è declinato sia sotto forma di partecipazione preventiva al pro-
cedimento dei soggetti interessati, sia come tutela del principio di legalità
contenuto nell’articolo 1 del Protocollo Addizionale della Convenzione Euro-
pea dei Diritti dell’Uomo (che impone lo scrutinio volto a verificare se l’inge-
renza statale nel pacifico godimento del bene da parte del singolo abbia ri-
spettato un giusto equilibrio tra gli imperativi d’interesse generale e quelli
della salvaguardia dei diritti fondamentali dell’individuo)46. Come già eviden-
ziato in precedenza, la mancata ricaduta di tali beni nell’alveo del patrimonio
indisponibile comporta rilevanti conseguenze riguardo alla procedura di riac-
quisizione. È doveroso evidenziare che questa problematica ha attraversato
zazione dell’interesse generale della società assumendo a propria volta una valenza pubbli-
cistica, nella consapevolezza che la partecipazione attiva dei cittadini alla vita collettiva
può concorrere a migliorare la capacità delle istituzioni di dare risposte più efficaci ai bisogni
delle persone e alla soddisfazione dei diritti sociali che la Costituzione riconosce e garantisce»
(Cons. Stato, 6 marzo 2019, n. 1546).
46 F. BUONOMO, La tutela della proprietà dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo,
Milano 2005.
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ben tre amministrazioni. Emerge, quindi, il grave disagio per i cittadini che,
ove non hanno subìto la riacquisizione forzosa, continuano le proprie attività
“con la spada di Damocle” relativa al fatto che potrebbero subire il provve-
dimento di riacquisizione in qualsiasi momento e senza ulteriore preavviso.
D’altro canto, vi è l’enorme contenzioso sviluppatosi a seguito di detta
deliberazione che lascia, come sempre quando si tratta di contenzioso giudi-
ziale, tutte le parti incerte sulle sorti dello stesso. È appena il caso di ricordare
che le determine dirigenziali di riacquisizione conseguenti alla deliberazione
in questione sono state inviate a tutte le associazioni, nessuna esclusa, e se
davvero fossero state tutte eseguite ad oggi, a Roma, non esisterebbe più al-
cuna forma di assistenza sociale: altro che tutela del principio di sussidiarietà
orizzontale!
È inutile dire che il prezzo delle attività sociali non è quantificabile in
termini economici proprio perché di valore assoluto; in ogni caso, esse sono in
grado di garantire un risparmio alle casse comunali poiché in tale veste i cit-
tadini si impegnano ad offrire servizi che la pubblica amministrazione
avrebbe dovuto erogare. È evidente che il valore sociale ed economico è di
maggiore rilevanza ora che stiamo attraversando questa crisi sanitaria legata
al Covid-19, a cui seguirà una crisi economica senza precedenti, caratterizzata
dalla scarsa presenza dello Stato sempre più imbrigliato nei vincoli di bilancio
che non permettono di affrontare spese per il sociale.
In tale contesto è sempre più di vitale importanza il ruolo svolto dall’as-
sociazionismo, in particolar modo per le periferie, e che la ricaduta di tali at-
tività, seppur non direttamente quantificabile in termini economici, è di fon-
damentale importanza per i cittadini47. Alla luce delle osservazioni svolte, sa-
rebbe una misura di buon senso, con l’annullamento della deliberazione n.
47 È stata istituita la Commissione di inchiesta con delibera della Camera dei deputati
del 27 luglio 2016, con il compito principale di verificare lo stato del degrado e il disagio delle
città e delle loro periferie, con particolare riguardo alle implicazioni socio-economiche e di
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 40
140 del 2015, che Roma Capitale s’impegnasse nella riscrittura di una nuova
deliberazione che tenga conto in primo luogo delle esigenze dei cittadini: ciò
non può che avvenire considerando adeguatamente le evoluzioni pratiche
della disciplina in tema di patrimonio pubblico, nonché la presenza di vincoli
di bilancio che rendono sempre più essenziale il lavoro svolto dagli enti del
terzo settore per una cittadinanza in cerca di risposte.
sicurezza, attraverso l’esame di una serie di fattori: struttura urbanistica e composizione
sociale dei quartieri periferici; realtà produttive presenti nelle periferie urbane e fenomeni ad
esse collegate, quali tassi di occupazione, disoccupazione (in particolare femminile e giova-
nile), lavoro sommerso, lavoro precario, situazione dei giovani che non studiano, non lavo-
rano, non seguono corsi di formazione professionale (i cosiddetti NEET o né-né); forme di
povertà, marginalità e di esclusione sociale; istruzione e offerta formativa; distribuzione
delle risorse infrastrutturali e situazione della mobilità; distribuzione dei servizi collettivi:
scuole, strutture formative, sanitarie, religiose, culturali e sportive; presenza di migranti, di
loro associazioni e di organizzazioni finalizzate alla mediazione culturale e all’inclusione. Tra
gli altri compiti si ricordano: accertare il ruolo delle istituzioni locali nelle gestione delle po-
litiche rivolte alle periferie e le forme di partecipazione attive della cittadinanza; acquisire
le proposte di miglioramento sociale delle periferie da parte delle istituzioni territoriali e
dalle associazioni locali (associazioni di cittadini, parrocchie, sindacati, organizzazioni di
utenti e consumatori, organizzazioni delle diverse etnie presenti); verificare lo stato di at-
tuazione delle zone franche urbane; valutare le esperienze positive realizzate nelle città ita-
liane ed europee; riferire alla Camera dei deputati proponendo interventi, anche di carattere
normativo, al fine di contrastare le situazioni di degrado delle città.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 41
MARTA FERRARA
L’ordinanza del Presidente della Giunta regionale dell’Abruzzo sull’assegna-
zione temporanea del personale regionale sanitario ad altra sede o Asl nella
gestione della pandemia da Covid-19
(ord. n. 30, 8 aprile 2020)
Abstract (It.): lo studio esamina l’ordinanza n. 30/2020 adottata dal Presidente della Re-
gione Abruzzo per fronteggiare la prima fase dell’emergenza Covid-19. L’atto, che autorizza il
trasferimento del personale sanitario sul territorio regionale per garantire migliori prestazioni
ospedaliere, pone però alcune criticità sul piano delle fonti, specie in punto di legittimazione della
potestà normativa regionale a entrare nel rapporto di pubblico impiego privatizzato.
Abstract (En.): the study aims to deep the ordinance n. 30/2020 adopted by the President of
the Abruzzo Region to face the first phase of Covid-19 emergency. Laying down the healthcare
professional transfer to the regional territory in order to improve hospital treatments, the urgent
measure shows some critical issues, expecially regarding the regional regulatory legitimacy to
cover the public employment relationship that has been privatized by the Italian Legislator.
Ricercatrice t.d. in Istituzioni di Diritto pubblico, Università degli Studi G. d’Annun-
zio, Chieti-Pescara.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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SOMMARIO: 1. Un’ordinanza regionale in chiaroscuro. – 2. Le competenze Stato-Re-
gione quale limite inderogabile al potere di ordinanza contingibile e urgente. – 3. La compa-
tibilità tra l’ordinanza abruzzese e la riserva di competenza statale in tema di personale
pubblico privatizzato. – 4. Sistema delle fonti, verticalizzazione del potere e organizzazione
regionale dell’emergenza.
1. Un’ordinanza regionale in chiaroscuro
All’interno della congerie di atti prodotti dal feudalesimo dei poteri di
emergenza da Covid-19, si distingue per aspetti di particolare criticità l’ordi-
nanza contingibile e urgente in materia di pubblica sanità (art. 32, co. 3, l. n.
833/1978)48 adottata dal Presidente della Regione Abruzzo per l’ottimale allo-
cazione del personale sanitario delle aziende sanitarie regionali (ord. n. 30 dell’8
aprile 2020, prot. n. 96972/20)49.
48 La legge n. 833 che istituisce, come noto, il Servizio Sanitario Nazionale, conferisce
al Presidente della Giunta regionale la potestà di adottare ordinanze a carattere contingibile
e urgente in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa
al territorio della Regione.
49 Ulteriori misure urgenti per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019 -
Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di
igiene e sanità pubblica finalizzata a garantire l’ottimale allocazione del personale sanitario delle
aziende sanitarie della Regione Abruzzo, in BURA, serie spec., n. 48 del 10 aprile 2020.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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L’ordinanza50 affluisce a numerosi provvedimenti emergenziali che il Pre-
sidente della Giunta abruzzese ha emanato nell’arco di poco meno di un tri-
mestre51, a partire dalla dichiarazione governativa sullo stato di emergenza
sanitaria52. Delle trentasette ordinanze adottate alla data del presente lavoro
(17 aprile 2020) nell’ambito della “fase uno”, nove sono motivate da esigenze
igienico-sanitarie ex art. 32, co. 3, e si rivolgono anche a operatori e utenti del
sistema sanitario regionale, nonché a Enti pubblici, Aziende sanitarie regio-
nali e strutture sanitarie private accreditate dal SSR53.
50 In letteratura, sul potere di ordinanza si rinvia, senza pretesa di esaustività a: G.U.
RESCIGNO, Ordinanza e provvedimenti di necessità e di urgenza, in Noviss. dig. it., XII (1965),
89; F. SATTA, Ordine e ordinanza amministrativa (voce), in Enc. giur., XXV (1991), 1 ss.;
F. BILANCIA, Ordinanze di necessità e potere di deroga al diritto oggettivo, in Giur. cost., 1992,
3609 ss.; G. MARAZZITA, Le ordinanze di necessità dopo la legge n. 225 del 1992 (riflessioni a
margine di Corte cost. n. 127 del 1995), in Giur. cost., 1996, 505 ss.; A. MORRONE, I poteri di
ordinanza contingibili e urgenti: l’integrazione del diritto “eccezionale” nel sistema delle fonti e
dei livelli di governo territoriale, in Riv. giur. amb., 1997, 265 ss.; G. RAZZANO, Le ordinanze
di necessità e di urgenza nell’attuale ordinamento costituzionale, in Scritti in onore di Michele
Scudiero, IV, Napoli 2008; nonché gli studi monografici di A. CARDONE, La normalizzazione
dell’emergenza. Contributo allo studio del potere extra ordinem del Governo, Torino 2011, ed
E.C. RAFFIOTTA, Norme d’ordinanza. Contributo a una teoria delle ordinanze emergenziali
come fonti normative, Bologna 2019.
51 Facilmente riscontrabili all’indirizzo www.regione.abruzzo.it, all’interno della sezione
“Ordinanze del Presidente”.
52 Delib. del Consiglio dei ministri, 31 gennaio 2020 (Dichiarazione dello stato di emer-
genza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da
agenti virali trasmissibili), in Gazz. uff. n. 26 del 1° febbraio 2020.
53 In ordine cronologico, si tratta delle ordinanze: O.P.G.R., n. 4 dell’11 marzo 2020
(Misure urgenti per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019 -
Ordinanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di
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igiene e sanità pubblica indirizzate agli operatori, agli utenti, alle Aziende, agli Enti pubblici e
alle strutture private accreditate del Servizio Sanitario Regionale); O.P.G.R. n. 7 del 13 marzo
2020 (Nuove misure urgenti per la prevenzione e gestione dell’emergenza epidemiologica da CO-
VID-2019 - Ordinanza ai sensi dell’art. 32, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di
igiene e sanità pubblica indirizzate agli operatori, agli utenti, alle Aziende, agli Enti pubblici e
alle strutture private); O.P.G.R. n. 11 del 20 marzo 2020 (Emergenza Covid-19 - Istituzione delle
Unità speciali di continuità assistenziale ai sensi del D.l. 9 marzo 2020 n. 14); O.P.G.R. n. 12
del 22 marzo 2020 (Ulteriori misure urgenti per la prevenzione e gestione dell’emergenza epide-
miologica da COVID-2019 - Ordinanza ai sensi dell’art. 32, della legge 23 dicembre 1978, n.
833 in materia di igiene e sanità pubblica indirizzate agli operatori, agli utenti, alle strutture
sanitarie); O.P.G.R. n. 16 del 26 marzo 2020 (Ulteriori misure urgenti per la prevenzione e ge-
stione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019 - Ordinanza ai sensi dell’art. 32, della
legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica indirizzate agli operatori,
agli utenti, alle Aziende, agli Enti pubblici e alle strutture private); O.P.G.R. n. 23 del 3 aprile
2020 (Proroga dell’efficacia di alcune misure urgenti per la prevenzione e gestione dell’emergenza
epidemiologica da COVID-2019 adottate con ordinanze nn. 3 del 9 marzo 2020, 4 del 11 marzo
2020, 5 del 11 marzo 2020, 6 del 12 marzo 2020 e 7 del 13 marzo 2020); O.P.G.R. n. 24 del 3
aprile 2020 (Assistenza socio-sanitaria a pazienti con disturbi dello spettro autistico e loro fami-
glie: gestione dell’emergenza COVID-19 e dei fattori di stress psichico per le persone con auti-
smo); O.P.G.R. n. 28 del 8 aprile 2020 (Accordo di collaborazione per la regolamentazione dei
rapporti relativi alla gestione dell’emergenza COVID-19 tra Regione Abruzzo e AA.SS.LL. e le
Strutture private accreditate per l’assistenza ospedaliera - Ordinanza ai sensi dell’art. 32, della
legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e sanità pubblica indirizzate agli operatori,
agli utenti, alle strutture sanitarie); infine, l’O.P.G.R. qui in commento n. 30 del 8 aprile 2020
(Ulteriori misure urgenti per la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019 - Ordi-
nanza ai sensi dell’art. 32, comma 3, della legge 23 dicembre 1978, n. 833 in materia di igiene e
sanità pubblica finalizzata a garantire l’ottimale allocazione del personale sanitario delle aziende
sanitarie della Regione Abruzzo).
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 45
Con l’ordinanza n. 30 adottata nell’esercizio della potestà contingibile e
urgente, si introduce una disciplina emergenziale in tema di trasferimento del
personale sanitario presso differente Asl o presso sede diversa da quella di
appartenenza, in assenza di norme autorizzatorie di livello statale.
Nel proemio, che richiama gli atti primari e regolamentari adottati dal
Governo Conte II a partire dal d.l. 23 febbraio 2020 n. 654, è citato anche il
d.l. 9 marzo 2020 n. 1455, che per la durata dell’emergenza epidemiologica
autorizza le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale a procedere alle
assunzioni del personale medico (art. 1, co. 1, lett. b))56, nonché a collocare in
54 Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da
COVID-19 (conv. con modifiche dalla legge 5 marzo 2020, n. 13), in Gazz. uff., n. 45 del 23
febbraio 2020. L’articolato è, in realtà, erroneamente citato dall’ordinanza, che avrebbe in-
vece dovuto recare il successivo d.l. n. 19. Quest’ultimo ha, infatti, quasi totalmente abro-
gato le previsioni del d.l. n. 6 e contiene all’art. 2, co. 1, la vigente norma attributiva della
competenza governativa all’adozione dei d.P.C.M. per la definizione delle misure emergen-
ziali. Per alcune considerazioni sulla tecnica normativa di “abrogazione e riscrittura” usata
dall’Esecutivo per riordinare gli atti emergenziali, cfr. M. AINIS, Il virus della decretite, in
La Repubblica, 24 marzo; ma anche, A. MORELLI, Il Re del Piccolo Principe ai tempi del
Coronavirus. Qualche riflessione su ordine istituzionale e principio di ragionevolezza nello stato
di emergenza, all’interno del Forum La gestione dell’emergenza sanitaria tra Stato, Regioni ed
enti locali, in questa Rivista, 1/2020, 520 s.
55 Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione
all'emergenza COVID-19, in Gazz. uff., n. 62 del 9 marzo 2020.
56 Previste fino al 31 dicembre 2022 dal comma 548 bis della legge di bilancio 2019 (l.
30 dicembre 2018, n. 145), nei limiti delle disponibilità di bilancio delle aziende sanitarie e
di spesa per il personale previsti dal quadro normativo.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 46
servizio i medici che si trovino al penultimo anno della scuola di specializza-
zione (lett. a))57, in deroga all’ordinario regime di reclutamento del settore.
Inoltre, sempre alle aziende e agli enti del Servizio sanitario nazionale il de-
creto-legge consente di ricorrere, nelle more dell’emergenza, al conferimento
di incarichi lavorativi individuali a tempo determinato destinati al personale
sanitario e medico che ne abbia i requisiti (art. 2, co. 1)58.
Come si deduce, il d.l. n. 14 non attribuisce specifiche competenze sulla
gestione dei dipendenti del settore sanitario alle Regioni, ma concede a queste
ultime unicamente di richiamare in servizio il personale collocato a riposo,
ove insista l’impossibilità di effettuare nuove assunzioni e sino al termine
della emergenza (art. 1, co. 6).
In questo assetto normativo non privo di talune zone grigie59, il Presi-
dente della Giunta regionale dell’Abruzzo, con provvedimento temporaneo
57 Il decreto-legge ancora dell’art. 2, co. 1, abilita il conferimento di incarichi di lavoro
autonomo, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, per una durata
non superiore a sei mesi che può essere prorogata in ragione del perdurare dello stato di
emergenza sino al 2020. Dalla littera legis si desume che il ricorso alle prestazioni dei medici
specializzandi ha valore formativo-professionalizzante, non equivalente a una effettiva im-
missione in ruolo. Il legislatore dell’emergenza precisa, infatti, che il personale arruolato
conserva l’iscrizione alle scuole di specializzazione, continua a percepire il trattamento eco-
nomico previsto dal contratto di formazione medico-specialistica e contabilizza le presta-
zioni lavorative emergenziali ai fini del conseguimento del diploma di specializzazione.
58 Per espressa previsione, detta procedura, che deve svolgersi previo avviso pubblico,
può essere attivata solo dopo la verifica dell’impossibilità di ricorrere al personale già in
forze o a soggetti idonei collocati nelle graduatorie concorsuali attive.
59 Presenti, d’altra parte, già nella stessa legge n. 833 del 1978 che lascia ampi margini
di incertezza sui limiti dell’azione regionale durante l’emergenza sanitaria. Un esempio può
trarsi dall’art. 11, co. 2, lett. b) che assegna alla Regione, nel rispetto del quadro normativo
statale, la competenza legislativa ad «unificare l’organizzazione sanitaria su base territoriale
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ed emergenziale immediatamente esecutivo60, autorizza i Direttori generali
delle aziende sanitarie e il Referente sanitario regionale per le emergenze61 alla
modifica anche unilaterale62 del luogo dell’adempimento della prestazione la-
vorativa (art. 1182 c.c.) da parte del personale sanitario, rispettivamente in
altra sede della azienda di appartenenza – anche a distanza superiore ai 50
e funzionale adeguando la normativa alle esigenze delle singole situazioni regionali», senza
specificare i profili che rientrano nella dimensione organizzativo-assistenziale. Per la neces-
sità di una legge-cornice che, nell’ambito della protezione della salute, specifichi le compe-
tenze degli enti territoriali e i rapporti con la disciplina statale durante le epidemie e le altre
emergenze sanitarie, cfr. G. SILVESTRI, Covid-19 e Costituzione, 10 aprile 2020, in www.uni-
cost.eu, ma dello stesso tenore già le riflessioni di M. AINIS, Il virus della decretite, cit.
60 Si noti che, per previsione espressa in calce, l’ordinanza risulta efficace dal momento
della pubblicazione sul sito istituzionale della Regione, e non sul Bollettino Ufficiale della
Regione Abruzzo (Bura). Come è dato constatare, anche in ordinanze emanate da altri Pre-
sidenti regionali, si legittima in tal modo per via di prassi un doppio regime di pubblicità
degli atti emergenziali, differente da quello generale degli atti amministrativi contenuto
nella l. n. 241 del 1990. Esso si compone di una preventiva pubblicazione sul sito istituzio-
nale della Regione con valore di efficacia («di notifica a tutti gli effetti di legge») e di dies a
quo per eventuali impugnazioni dell’atto dinanzi al Tar e al Capo dello Stato, in sede di
ricorso straordinario (rispettivamente nel termine di sessanta e centoventi giorni dalla co-
municazione), e di una pubblicazione successiva sul Bollettino ufficiale regionale, quale
forma di pubblicità notiziale.
61 Istituito dalla Direttiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dip. della Pro-
tezione civile recante «Individuazione della Centrale Remota Operazioni Soccorso Sanitario
per il coordinamento dei soccorsi sanitari urgenti nonché dei Referenti Sanitari Regionali in caso
di emergenza nazionale» (d.P.C.M. del 24 giugno 2016, rep. 1993).
62 Una volta superato il criterio prioritario di assegnazione, consistente nell’eventuale
manifestazione di volontà al distacco temporaneo da parte del personale (artt. 1, co. 1 e 2,
co. 1).
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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km – (art. 2) o in azienda diversa (art. 1), senza peraltro prevedere alcuna
forma di partecipazione delle associazioni sindacali di categoria.
A prima lettura, dette previsioni appaiono al contempo inedite nella so-
stanza e deboli in punto di legittimazione.
Inedite, perché il loro contenuto immediatamente precettivo che incide
sul rapporto di lavoro tra personale e direzioni sanitarie non sembra trovare
riscontro neanche nei provvedimenti contingibili adottati dal Presidente
della Regione più colpita dall’emergenza Covid, ossia la Lombardia.
Deboli nel fondamento, in quanto le disposizioni introdotte, oltre a non
trovare base legale alcuna nei decreti governativi emergenziali63, paiono esor-
bitare dall’area di stretta «organizzazione del sistema sanitario» che afferisce
alla materia concorrente della «tutela della salute» (art. 117, co. 3 Cost.)64.
Considerazione, quest’ultima, che non può non alimentare i dubbi sulla legit-
timità dell’ordinanza e, ancora a monte, sull’esistenza di una effettiva pote-
stas emanandi in tema di rapporto di lavoro sanitario facente capo al Presi-
dente della Giunta, come oltre si tenterà di approfondire.
63 Neppure nel d.l. 25 marzo 2019, che all’art. 3 limita contenutisticamente l’adozione
di ordinanze contingibili e urgenti da parte di sindaci e presidenti di Regione alle misure di
contenimento elencate in modo tassativo dallo stesso decreto (art. 2, co. 1).
64 In senso conforme, tra le altre, Corte cost., sentt. nn. 54 del 2015 e 371 del 2008. È
noto che la riscrittura del Titolo V della Costituzione ha adottato una nozione più estesa di
«tutela della salute» rispetto alla previgente «assistenza sanitaria e ospedaliera». Sui pro-
blemi di coordinamento tra le due materie, risolti dalla Corte costituzionale nella maggior
parte dei casi con la prevalenza della «tutela della salute sui profili di assistenza sanitaria,
cfr. M. BELLETTI, Il difficile rapporto tra “tutela della salute” ed “assistenza ed organizzazione
sanitaria”. Percorsi di una prevalenza che diviene cedevole, in Le Regioni, 6/2006, 1176 ss., e
ID., Livelli essenziali delle prestazioni e “coordinamento della finanza pubblica”, cap. I, in C.
BOTTARI (a cura di), I livelli essenziali delle prestazioni sociali e sanitarie, Rimini 2014, spec.
19 s. e nt. 10.
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2. Le competenze Stato-Regione quale limite inderogabile al potere di ordi-
nanza contingibile e urgente
Nelle norme statali adottate nella fase emergenziale e nei primi indirizzi
maturati nella giurisprudenza amministrativa a seguito della proliferazione
di ordinanze sindacali e regionali sul territorio nazionale65, si ribadisce che i
poteri normativi degli enti sub-statali, anche quando sono abilitati a incidere
in senso restrittivo sui diritti fondamentali dei soggetti residenti nei rispettivi
territori, non possano in ogni caso valicare il sistema di competenze tracciato
dall’art. 117 Cost.
Lo dimostra anzitutto l’art. 3, co. 1, del d.l. n. 19 del 25 marzo 2020 (Mi-
sure urgenti di carattere regionale o infraregionale)66, che limita la potestà nor-
mativa regionale nella disciplina delle misure di contenimento «esclusiva-
mente» all’«ambito delle attività di loro competenza e senza incisione delle
attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’economia nazio-
nale»67. Nella medesima direzione può leggersi poi il parere “dissuasivo” verso
l’esercizio dei poteri autoritativi in deroga degli enti territoriali emesso dal
65 Su cui la rassegna curata da A. MORELLI e C. DRIGO, Dossier - L’emergenza sanitaria
da covid-19. Normativa, atti amministrativi, giurisprudenza e bibliografia, in questa Rivista
(ult. agg. 11 maggio 2020).
66 Recante «Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da Covid» (in
Gazz. uff., n. 79 del 25 marzo 2020).
67 Per la tesi che rinviene nell’art. 3 una disciplina di dettaglio eccessivamente riduttiva
dello spazio delle ordinanze regionali, legato all’ipotesi di un aggravamento del rischio sani-
tario territoriale, cfr. F. CINTIOLI, Sul regime del lockdown in Italia (note sul decreto legge n.
19 del 25 marzo 2020), in Osservatorio emergenza Covid, Federalismi.it, 6 aprile 2020, 13,
www.federalismi.it.
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Consiglio di Stato (7 aprile 2020 n. 735)68 avverso l’ordinanza adottata dal
Sindaco di Messina (n. 105 del 5 aprile 2020)69.
68 In sede di ricorso straordinario ex art. 138 TUEL. Cons. St., sez. I, n. 735, Pres.
Torsello, est. Carpentieri, in www.giustizia-amministrativa.it. Al parere fa seguito la delibe-
razione del Consiglio dei Ministri (n. 40 del 9 aprile 2020) di annullamento dell’ordinanza
(d.P.R., Annullamento straordinario dell’ordinanza n. 105 del 5 aprile 2020 del sindaco del
comune di Messina, 9 aprile 2020, in Gazz. uff., n. 96 del 10 aprile 2020).
69 In contrasto con gli artt. 23 e 120 Cost., il provvedimento prevedeva l’obbligo di
preventiva registrazione on line per quanti volessero fare ingresso nell’isola attraverso il
porto della città, previo rilascio di un nulla osta “di spostamento” da parte del Comune. Per
un commento critico sul parere, con particolare riguardo al bilanciamento tra i principi di
unità statale e autonomia ivi effettuato, si rinvia ad A. RUGGERI, Non persuasivo il parere
reso, dietro sollecitazione del Governo, dal Consiglio di Stato su un’ordinanza del Sindaco De
Luca relativa all’attraversamento dello Stretto di Messina, 10 aprile 2020, in Consulta OnLine,
1, 2020, 217 ss., www.giurcost.org. Per un approfondimento, invece, sui risvolti giurisdizio-
nali del potere regionale e infraregionale di ordinanza contingibile e urgente, e, in modo par-
ticolare, sulla sostanziale superfluità della sanzione legale di inefficacia ex art. 3, co. 2, d.l.
n. 19/2020 avverso le ordinanze in contrasto con la normativa statale e con l’art. 1 del me-
desimo d.l. alla luce dei rimedi demolitori attivabili dal cittadino (ricorso per annullamento,
e dal Governo (annullamento straordinario), cfr. N. PIGNATELLI, L’annullamento straordi-
nario ex art. 138 TUEL di un’ordinanza comunale: il covid-19 non “chiude” lo stretto di Mes-
sina, in questa Rivista, Forum - La gestione dell’emergenza sanitaria tra stato, Regioni ed Enti
locali, 1/2020, spec. 568.
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La Prima sezione ricorda infatti, forse con eccessiva velocità70, come gli
interventi a carattere regionale e locale che esorbitino dalle competenze co-
stituzionalmente attribuite abbiano l’effetto di indebolire la gestione unitaria
dell’emergenza da parte del Governo.
A un inquadramento più ampio, questi esempi confermano l’actio finium
regundorum segnata dalla Corte costituzionale già prima della riscrittura del
Titolo V, nel 1995 (sent. n. 127)71, in occasione del conflitto tra l’esercizio del
potere di ordinanza per emergenza politico-sanitaria del Presidente del Con-
siglio dei ministri (ex l. n. 225/1992)72 e le norme adottate dalla Regione Pu-
glia. Benché si sia trattato di un giudizio demolitorio delle ordinanze gover-
native, nel principio competenziale in esso affermato sembra potersi leggere
anche il canone inverso, relativo all’invasione regionale delle competenze sta-
tali. Se è infatti vero, come attesta la Corte, che la portata derogatoria del
potere statale di ordinanza non può spingersi sino a ledere il principio di au-
tonomia regionale costituzionalmente tutelato (p. 10, cons. in dir.), allora an-
che il potere emergenziale di cui dispone il Presidente della Giunta regionale
non può violare le competenze statali costituzionalmente attribuite.
Ebbene, a leggere l’ordinanza n. 30 del Presidente della Giunta abruzzese
con le coordinate ora richiamate emerge una qualche distonia contenutistica.
70 «In presenza di emergenze di carattere nazionale, dunque, pur nel rispetto delle au-
tonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evi-
tare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione
dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare in-
terventi ma anche di limitare le libertà costituzionali» (considerato 8.5).
71 Pres. Baldassarre, rel. Guizzi; in Giur. cost., 1995, 2185 ss., con nota di G.U. RESCI-
GNO, Sviluppi e problemi nuovi in materia di ordinanze di necessità e urgenza e altre questioni
in materia di protezione civile alla luce della sentenza n. 127 del 1995 della Corte costituzionale.
72 Legge n. 225 del 24 febbraio 1992 (Istituzione del Servizio Nazionale della Protezione
Civile).
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Più esattamente, il Presidente entra con potere di urgenza nel rapporto di
lavoro privatizzato del personale medico (art. 1, co. 2, del d.lgs. 30 marzo
2001, n. 165)73, autorizzando soggetti di raccordo logistico-informativo, come
73 Il Testo unico sul Pubblico impiego adottato dal Governo Amato II ha escluso dalla
privatizzazione solo alcune individuate categorie professionali – dai magistrati, ai militari,
passando per i docenti universitari (art. 3, d.lgs. n. 165) –, lasciando le altre, divenute im-
piego privatizzato, alla disciplina del diritto privato e della contrattazione collettiva; per un
approfondimento sulla c.d. terza privatizzazione e sui suoi risvolti giurisdizionali si rinvia a
F. CARINGELLA, Manuale di Diritto amministrativo, VIII ed., Roma 2015, 729 ss. Comples-
sivamente, lo slittamento verso il diritto dei privati non ha comportato un’alterazione del
modello dell’art. 97 Cost., giacché, come la Corte costituzionale ha puntualizzato, il princi-
pio di imparzialità della p.a. può attuarsi anche al di fuori della rigidità delle forme «dello
statuto pubblicistico» attraverso un «equilibrato dosaggio di fonti regolatrici» (sent. n. 313
del 1996, p. 4.1.1, cons. in dir., in Giur. cost., 1996, 2591 ss., osservata da C. PINELLI, Im-
parzialità, buon andamento e disciplina differenziata del rapporto di lavoro dirigenziale, 2596
ss.).
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il Referente sanitario74, e figure dirigenziali75, quali i Direttori generali delle
aziende sanitarie, a effettuare assegnazioni temporanee del personale76 presso
74 Il Referente Sanitario Regionale è nominato da ciascun Presidente di Regione e ha
prevalenti funzioni di informativa regionale e interregionale per la gestione dell’emergenza
su disponibilità di posti letto e risorse umane, strumentali e tecnologiche, nonché di raccordo
con la Centrale Remota Operazioni Soccorso Sanitario (c.d. Cross), all’interno di un sistema
di coordinamento triangolare, che ha vertice nel dipartimento della Protezione civile (DPC).
A livello nazionale, il dipartimento di Protezione civile ha delineato con un’ordinanza ad hoc
il sistema di coordinamento regionale e interregionale dei soccorsi sanitari urgenti da Covid-
19 tra Protezione civile, Cross e RSR (Ulteriori interventi urgenti di protezione civile in rela-
zione all’emergenza relativa al rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da
agenti virali trasmissibili; ord. n. 644, 4 marzo 2020, in Gazz. uff., n. 56 del 5 marzo 2020).
Tuttavia, l’attivazione della rete è avvenuta con ritardo rispetto alle 72 ore dall’evento
emergenziale richiamate in premessa al d.P.C.M. 24 giugno 2016 per la prima gestione dei
soccorsi (Direttiva del 24 giugno 2016: individuazione della Centrale remota operazioni soccorso
sanitario (Cross) e dei referenti sanitari regionali in caso di emergenza nazionale), giacché la
dichiarazione dello stato emergenza risale al 31 gennaio, mentre il coordinamento regionale
e interregionale è stato reso operativo solo il successivo 4 marzo 2020.
75 Sempre di nomina presidenziale, ai sensi dell’art. 2, d.lgs. 4 agosto 2016, n. 171, re-
cante l’«Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto
2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria».
76 Nel caso dell’assegnazione per così dire “esterna” ad un’azienda sanitaria regionale
diversa da quella cui il dipendente afferisce (art. 1, co. 2, ord.), il Referente sanitario può
disporre del personale una volta sentiti i Direttori generali delle aziende sanitarie. La disposi-
zione non chiarisce la natura del coinvolgimento dei Direttori, né indica come necessaria
l’espressione di vero e proprio parere ai fini del comando del dipendente. Questo determina,
da un lato, un depotenziamento della figura apicale dell’azienda sanitaria – e un proporzio-
nale incremento della potestà decisionale di un organo, quale il RSR, che è invece di rac-
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altre aziende sanitarie regionali o altre sedi che necessitino di un potenzia-
mento delle prestazioni assistenziali durante la pandemia.
In disparte la considerazione che l’atto risulta privo di un limite tempo-
rale77 che è invece requisito di legittimità delle ordinanze contingibili78, esso
cordo – e, dall’altro, una asimmetria funzionale con l’art. 2, che correttamente prevede, in-
vece, che il Direttore generale possa assegnare in via temporanea il personale ad altra sede
della medesima azienda, nell’esercizio di un potere datoriale che l’organo possiede ex se, in
qualità di legale rappresentante dell’Azienda.
77 Al riguardo, e con riserva di effettuare altrove una completa rassegna casistica, si
rileva come le ordinanze contingibili e urgenti variamente adottate a livello regionale du-
rante l’emergenza da Covid-19 mostrano una incredibile varietà stilistica in punto di effica-
cia temporale dell’atto. Il “grado 0” della vigenza è rappresentato dall’assenza di indica-
zioni, di cui offre appunto un esempio l’ordinanza n. 30 della Regione Abruzzo. In casi come
questo, il termine di efficacia delle misure adottate non sembra potersi inferire neanche da
eventuali indicazioni contenute in norme statali, dal momento che il carattere eccezionale
delle disposizioni contenute nelle ordinanze esclude il ricorso all’interpretazione analogica
(art. 14, Preleggi).
78 Giacché, come noto, la deroga alla normativa primaria propria delle ordinanze con-
tingibili e urgenti adottate dal potere amministrativo deve necessariamente essere limitata
nel tempo (cfr. Corte cost., sentt. nn. 127 del 1995, 32 del 1991, 418 del 1992, 617 del 1987,
4 del 1977, 26 del 1961, 8 del 1956), e, comunque, nei limiti della «concreta situazione di
fatto che si tratta di fronteggiare» (sent. n. 4 del 1977, cit.). Più di recente (sent. n. 115 del
2011), la Corte ha statuito che le ordinanze sindacali di ordinaria amministrazione, adottate
«anche» in assenza dei presupposti di contingibilità e di urgenza per esigenze di incolumità
pubblica e sicurezza urbana – quest’ultima aggiunta all’art. 54, co. 4, del d.lgs. n. 267 del
2000 dalla novella del 2008 –, sarebbero prive della potestà di derogare alla legislazione pri-
maria rimessa ai soli provvedimenti contingibili e urgenti, che risulterebbero dunque vinco-
lati unicamente al rispetto dei «principi dell’ordinamento» (p. 3, cons. in dir.). A commento
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si risolve nell’introduzione per via provvedimentale – e non legislativa – di
una disciplina emergenziale del comando79 (artt. 56-57 T.u. imp. civ. St.80 e
art. 30, d.lgs. n. 276/200381) per il personale sanitario82 in servizio presso le
aziende regionali, prevedendone il distacco temporaneo dal datore di appar-
tenenza con corresponsione di un’indennità omnicomprensiva83 e di un rim-
borso spese a carico dell’azienda sanitaria distaccante.
Senza voler troppo addentrarsi nella materia giuslavoristica, la pervasi-
vità dell’ordinanza entro il rapporto di lavoro individuale pone due questioni
della pronuncia, v. G. LEO, La Consulta dichiara illegittima la norma che consentiva ordi-
nanze dei sindaci, anche non contingibili e urgenti, in materia di sicurezza urbana , in Dir.
pen. cont., 8 aprile 2011, https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/.
79 In tema, v. M. ESPOSITO, Comandi e fuori ruolo (mobilità temporanea tra amministra-
zioni diverse: comando, distacco e collocamento fuori ruolo), in Diritto del lavoro. Il lavoro nelle
pubbliche amministrazioni, in F. CARINCI-L. ZOPPOLI (a cura di), vol. V, Torino 2004, 740
ss., nonché S. MAINARDI, D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 e riforma del mercato del lavoro:
l’esclusione del pubblico impiego, in Lav. pubb. amm., 2003, 1076.
80 D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli
impiegati civili dello Stato), in Gazz. uff., 25 gennaio 1957, n. 22.
81 Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge
14 febbraio 2003, n. 3 (c.d. legge Biagi).
82 Nella prassi, l’applicazione dell’istituto conosce frequenti pratiche elusive proprio nel
settore sanitario, arrivando a mascherare fenomeni di definitivo trasferimento del personale
presso la Asl comandataria; per un resoconto giornalistico, cfr. A. CASSANO, Trasferiti ma
senza concorso sanità, boom del “comando”, in La Repubblica, 8 settembre 2018.
83 Pari a 50 euro giornalieri. Ai sensi dell’art. 3 dell’ordinanza, le eventuali prestazioni
aggiuntive che dovessero rendersi necessarie a causa dell’emergenza sono retribuite in base
al profilo previsto dalla contrattazione collettiva per il personale medico e commisurate in
30 euro orarie per il personale del comparto (comma 2).
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problematiche, l’una sull’an, l’altra sul quomodo della disciplina. Si tratta in-
fatti di capire se il Presidente della Regione gode di una legittimazione a in-
tervenire sulla mobilità dei dipendenti regionali in regime privatistico in ge-
nerale, e nella fase emergenziale in particolare; e, in secondo luogo, di inda-
gare le modalità tipiche o atipiche attraverso le quali detto potere regolatorio
dovrebbe esplicarsi.
3. La compatibilità tra l’ordinanza abruzzese e la riserva di competenza sta-
tale in tema di personale pubblico privatizzato
Si è detto che, con l’ordinanza n. 30, il Presidente della Giunta regionale
introduce una disciplina modificativa dei rapporti di natura privatistica in-
tercorrenti tra l’azienda sanitaria e il relativo personale, in ragione della ne-
cessità di assicurare un incremento delle prestazioni sanitarie sul territorio
nelle more della crisi84. A fondamento del provvedimento vi è evidentemente
la presunzione che la Regione goda di una qualche potestà normativa nel set-
tore, sebbene l’art. 117 Cost. non sia in alcun modo menzionato né nell’arti-
colato né nel proemio, in cui compare, invece, il solo art. 32 Cost.
La legittimazione del legislatore regionale, prima ancora che del Presi-
dente della Giunta in qualità di ufficiale di governo ex art. 32, co. 3, l. n. 833,
in tema di pubblico impiego regionale non è però affatto pacifica. La giuri-
84 Rinforzata anche dalla nota trasmessa alla Regione dal Referente Sanitario (prot.
RA n. 0093001/20), recante la domanda di azioni urgenti a presidio della salute pubblica,
tra cui le eventuali assegnazioni temporanee dei sanitari presso le Aziende sanitarie regionali
più carenti di personale.
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sprudenza costituzionale successiva alla riforma del Titolo V (l. cost. 28 otto-
bre 2001, n. 3)85 ha anzi negato all’autonomia legislativa sub-statale la possi-
bilità di occuparsi dei rapporti di lavoro regionali, sul presupposto che
quest’ultimi ricadessero nella materia «ordinamento civile» di competenza
esclusiva dello Stato (art. 117, co. 2, lett. l)). Si è trattato di una soluzione
utile anche a sedare le preoccupazioni diffuse nella dottrina giuslavorista86
all’indomani della riscrittura dell’art. 117 Cost., secondo cui un’allocazione
dell’impiego regionale entro la diversa materia dell’«organizzazione ammini-
strativa» delle Regioni, di competenza residuale di queste ultime87, avrebbe
potuto provocare una disparità di trattamento tra i dipendenti dei vari terri-
tori, fino ad alimentare una sorta di regionalismo differenziato sul regime pri-
vatistico (ex d.lgs. n. 165/2001) o pubblicistico applicato in autonomia dalle
diverse Regioni al proprio personale.
A livello sostanziale, l’opzione della giurisprudenza costituzionale per la
materia «ordinamento civile» costituisce lo sviluppo del criterio invero piut-
tosto datato della natura privatistica del rapporto di lavoro che la Corte ha
utilizzato sin dal 195688 a vantaggio del legislatore statale, e che ha poi speci-
ficato nel divieto per le Regioni di non alterare «le regole fondamentali che
85 Prima della quale il pubblico impiego regionale afferiva alla potestà legislativa ripar-
tita, in quanto ricadente nell’«ordinamento degli uffici e degli enti amministrativi dipen-
denti dalla Regione», nonostante l’avvenuta privatizzazione del 1993 (d.lgs. n. 29).
86 Ne parla, tra gli altri, F. GHERA, Regioni e diritto del lavoro, Torino 2012, 10 s.
87 Come pure si è ritenuto, in carenza di attribuzioni espresse da parte del legislatore
della revisione del 2001; per un approfondimento su questa tesi, si rinvia a E. GIANFRANCE-
SCO, La ripartizione delle competenze tra Stato e Regioni in materia di tutela e sicurezza del
lavoro, in Le Regioni, 4/2005, 528 s.
88 Sent. n. 7 del 1956, a proposito della illegittima previsione della legge sarda di una
riduzione dei canoni di affitto per i contratti agrari (« … le leggi regionali non possono di-
sciplinare rapporti nascenti dall’attività privata rivolta alla terra, quale bene economico,
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disciplinano i rapporti privati» (sent. n. 282 del 2004)89 e nella correlata esi-
genza per lo Stato di predisporre una protezione uniforme (art. 3, co. 1, Cost.)
del comparto pubblico sull’intero territorio nazionale, Regioni ad autonomia
speciale comprese (sent. n. 189 del 2007)90.
A partire da questa impostazione centralista, numerosi settori di micro-
normazione regionale sono stati via via attratti alla lettera l) del comma 2
dell’art. 117 Cost.91, tanto che in dottrina non è mancata la definizione
sia nella fase organizzativa, che in quella produttiva; rapporti che devono essere regolati dal
Codice civile. Possono, invece, occuparsi dei problemi attinenti alla organizzazione anche
tecnica e allo sviluppo agricolo e forestale dell’isola alla cui soluzione è interessata la collet-
tività»). In senso conforme, tra le altre, le successive decisioni nn. 154 del 1972, 391 del 1989,
82 del 1998.
89 Ma, in questo senso, già le precedenti pronunce nn. 82 del 1998 e 352 del 2001.
90 Nonché, da ultimo, le sentt. nn. 81 del 2019 (p. 3.2, cons. in dir.) e 154 del 2019 (p. 2,
cons. in dir), rispettivamente sulla disciplina introdotta dal Friuli-Venezia Giulia in merito
al trattamento economico del personale privatizzato iscritto all’albo dei giornalisti e in ser-
vizio presso gli uffici stampa istituzionali delle amministrazioni regionali e degli enti del
Servizio sanitario nazionale; e sulle norme approvate dalla Regione Sardegna che attribui-
scono un’indennità aggiuntiva al personale non dirigenziale, equiparata al trattamento
spettante ai dirigenti.
91 Per una ricostruzione del trend seguito dalla Corte costituzionale attraverso la mate-
ria dell’ordinamento civile (art. 117, co. 2, lett. l)), cfr. D. BALDAZZI, Il settore “lavoro” dopo
la riforma del Titolo V della Costituzione: le Regioni alzano bandiera bianca, in Ist. fed., 6/2006,
spec. 1050-56; A. TROJSI, L’impiego regionale: fonti e spazi di competenza legislativa delle Re-
gioni, in Ist. fed., 5-6/2009, 819 ss.; A.M. BENEDETTI, Lavoro privato, lavoro pubblico e “ordi-
namento civile”: quali spazi per le Regioni? (nota a Corte costituzionale, sentenza 29 aprile 2010,
n. 151), in Consulta Online, 2010, www.giurcost.org; F. GHERA, Legge statale, legge regionale
e contatti collettivi in materia di ordinamento del personale delle Regioni, 2013, in Dir. fond.,
www.dirittifondamentali.it; G. FONTANA, Spunti critici in tema di ordinamento civile, in Giur.
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dell’ordinamento civile come nozione «passe-partout»92, usata per «stabilire
limiti all’attività regionale sostanzialmente fuori controllo»93.
cost., 2013, 1161 ss.; C. PADULA, Il riparto delle competenze legislative fra Stato e regioni in
materia di pubblico impiego, in Federalismi.it, 21/2017, www.federalismi.it. Per alcuni spunti
di riflessione sulle connessioni tematiche tra ordinamento civile e istituti giuslavoristici, in-
vece, cfr. T. TREU, Diritto del lavoro e federalismo, reperibile in Astrid, 4-6, www.astrid-on-
line.it, e S. DE GOTZEN, Procedure di mobilità nel lavoro pubblico, assegnazione a mansioni
superiori dirigenziali tra organizzazione regionale e “ordinamento civile”, in Forum di Quad.
cost., 2014, www.forumcostituzionale.it.
92 L’espressione è coniata da S. CASSESE, Dentro la Corte, Bologna 2015, 147. Non pare
allontanarsi dalla posizione espressa la tesi che vede nell’ordinamento civile una materia
non-materia, a carattere trasversale: in questa direzione v. E. LAMARQUE, Legge della Pro-
vincia autonoma di Bolzano, surrogazione legale in favore della Provincia e ordinamento civile,
in Le Regioni, 5/2005, 987 ss.
93 Ancora S. CASSESE, Dentro la Corte, cit., 181.
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Ad eccezione di poche aree lasciate per sottrazione alla disciplina regio-
nale94, tra cui ordinamento e organizzazione amministrativa dell’ente e so-
cietà regionali95, sono stati annessi all’alveo della lettera l)96 la protezione del
personale di strutture sanitarie private accreditate del Servizio sanitario re-
gionale (sent. n. 290 del 2013), la disciplina dei rapporti di impiego pubblico
privatizzato (sent. nn. 10 del 2019 e 16 del 2020), la mobilità del personale e
94 Sulla base della dimensione locale degli interessi tutelati, come ricorda F. GIUFFRÈ,
Unità della Repubblica e distribuzione delle competenze nell’evoluzione del regionalismo italiano,
Torino 2012, 97, richiamando la decisione costituzionale n. 282 del 2002, sul divieto tempo-
raneo di effettuare date prestazioni terapeutiche (elettroshock e interventi di psicochirurgia,
nello specifico) previsto da legge regionale. Nella sentenza, la Corte precisa che non «ogni
disciplina, la quale tenda a regolare e vincolare l’opera dei sanitari, e in quanto tale sia su-
scettibile di produrre conseguenze in sede di accertamento delle loro responsabilità, rientri
per ciò stesso nell’area dell’“ordinamento civile”, riservata al legislatore statale», e distingue
tra «“principi e i criteri della responsabilità” afferenti alla lett. l), comma 2 dell’art. 117,
Cost., e “regole concrete di condotta, la cui osservanza o la cui violazione possa assumere
rilievo in sede di concreto accertamento della responsabilità, sotto specie di osservanza o di
violazione dei doveri inerenti alle diverse attività”», rientranti invece nella competenza del
regionale.
95 Settori che consentono di operare una differenziazione in riflesso dell’autonomia co-
stituzionalmente riconosciuta alle Regioni e dunque, in linea di principio, non collidono con
l’esigenza di un trattamento normativo uniforme ex art. 3, co. 1, Cost.; in senso conforme,
cfr. A.M. BENEDETTI, Lavoro privato, cit., 12 s.
96 Secondo una parte della dottrina giuslavorista (T. TREU, Diritto del lavoro, cit., 7),
l’attivazione della competenza normativa statale si avrebbe in presenza di profili della di-
sciplina del rapporto espressivi dei diritti civili e sociali del lavoratore, in forma singola o
associata.
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l’assegnazione di mansioni superiori (sent. n. 17 del 2014), infine i profili re-
lativi al trattamento economico e giuridico del personale regionale contrat-
tualizzato (sentt. nn. 89 e 154 del 2019)97.
Il carattere recente delle decisioni non solo dimostra che l’orientamento
costituzionale a garanzia dell’uniformità regolatoria è sinora ancora solido,
ma lascia anche presagire che detto trend potrebbe essere destinato a un ulte-
riore irrobustimento al termine della pandemia, quando si aprirà la fase della
giurisdizionalizzazione dell’emergenza e dei contenziosi Stato-Regione. Tut-
tavia, al netto dei giudizi prognostici, l’approdo della Corte costituzionale
pare essere quello per cui il rapporto di impiego pubblico privatizzato com-
plessivamente inteso rientra nella materia «ordinamento civile», riservata
alla legge statale e alle indicazioni sui circuiti di produzione del diritto da
questa prescritti.
Quid iuris, allora, per l’ordinanza n. 30? La sua adozione sembra trascu-
rare il divieto per la normativa regionale a fare ingresso nella regolamenta-
zione privatistica del rapporto di lavoro intercorrente tra le Aziende sanitarie
e il rispettivo personale che la giurisprudenza costituzionale attribuisce, come
visto, alla riserva di competenza normativa statale, ai sensi del comma 2, lett.
l) dell’art. 117 Cost.98. D’altro canto, milita in favore di questa preclusione
97 Si noti che in un caso risalente al 2004 (sent. n. 388), invece, la Corte ha fondato la
riconduzione alla competenza statale della ricollocazione del personale dello Stato eccedente
presso le amministrazioni di Regioni ed enti locali sugli artt. 4 e 120 Cost., e non sull’art.
117, comma 2, lett. l); lo ricorda S. DE GOTZEN, Procedure di mobilità, cit., 2.
98 Ad ulteriore rinforzo il precedente del 2014 (sent. n. 17, cit.) che ha riguardato proprio
la Regione Abruzzo, relativamente al trasferimento unilaterale del personale dirigente di
ruolo dall’Azienda regionale per il diritto allo studio (ADSU) all’amministrazione regionale.
Confermando il suo orientamento, la Corte ha dichiarato l’illegittimità parziale della norma
regionale che autorizzava lo spostamento del personale (art. 2, co. 5, l.r. Abruzzo 28 dicem-
bre 2012, n. 71, recante «Misure per il contenimento dei costi della selezione del personale nella
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per materia anche una ragione di sistema, quella per cui l’eventuale sostitu-
zione de facto del Presidente della Giunta, in qualità di ufficiale di Governo,
al datore di lavoro – la Asl – nel rapporto con i rispettivi dipendenti equivar-
rebbe all’esercizio pubblicistico di un potere datoriale che è invece privato,
con una definitiva deviazione dalla logica della privatizzazione a regime.
Questi elementi inducono a considerare l’ordinanza n. 30 del Presidente
della Giunta dell’Abruzzo illegittima per violazione della competenza esclu-
siva del legislatore nazionale, e più specificamente nulla (art. 21 septies, l. n.
241/1990) per carenza di potere in astratto, non rilevando come giustifica-
zione di un’eventuale deroga all’art. 117 Cost. neppure lo stato di emergenza
sanitaria, che, come visto99, non può spingersi fino ledere l’assetto delle com-
petenze costituzionalmente previste.
Residua però l’ipotesi che il provvedimento in esame possa essere diver-
samente ascritto alla potestà normativa ripartita tra lo Stato e la Regione, in
attuazione della tutela del diritto fondamentale alla salute (art. 32 Cost.), re-
sasi tanto più necessaria e indifferibile durante la crisi sanitaria. Tuttavia,
anche questa tesi, per la quale il Presidente della Giunta avrebbe inteso di-
sciplinare con provvedimento contingibile e urgente taluni profili dell’orga-
nizzazione sanitaria di competenza ripartita100, magari in forza dell’art. 7, c.
2 della l. n. 833 già richiamato, deve pur sempre misurarsi con i limiti specifici
alla potestà regionale. Per quanto legittimato dal comma 3 dell’art. 117 Cost.,
Regione Abruzzo, modifica alla legge regionale n. 91/94 e disposizioni per il funzionamento della
Struttura del Servizio di Cooperazione Territoriale - IPA)», in quanto inerente alla «dinamica
del rapporto di lavoro» privatizzato e «del relativo regime» di competenza statale, ai sensi
del comma 2, lett. l), dell’art. 117 Cost. (p. 3, cons. in dir.).
99 Supra, § 2.
100 Sulla base di alcune pronunce costituzionali che ammettono nell’alveo dell’organiz-
zazione del servizio sanitario (rectius della tutela della salute) le norme attinenti allo svolgi-
mento dell’attività professionale intramuraria (cfr. sentt. n. 181 del 2006 e n. 50 del 2007).
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il Presidente della Giunta avrebbe infatti dovuto in ogni caso tenere in con-
siderazione la normativa statale di cornice, e, in modo particolare, il d.lgs. n.
165 del 2001101 che individua quali uniche fonti dei rapporti di lavoro pubblici
contrattualizzati il codice civile e la contrattazione collettiva (art. 2, co. 3,
terzo e quarto periodo), non già la legge regionale, né, tanto meno, l’ordi-
nanza del Presidente della Giunta.
4. Sistema delle fonti, verticalizzazione del potere e organizzazione regionale
dell’emergenza
Si viene così agli ulteriori profili problematici posti dall’ordinanza, che
riguardano il piano strumentale della scelta del mezzo di normazione e i rela-
tivi riflessi sulla cornice di governo regionale.
Sul primo versante, il Consiglio di Stato ha non da ora chiarito che anche
per il potere contingibile e urgente si impone il rispetto del principio di pro-
porzionalità tra lo strumento normativo utilizzato e la finalità da raggiun-
gere. In attuazione di questa impostazione, dunque, il ricorso al potere
d’emergenza può considerarsi legittimo solo in presenza di una situazione
d’urgenza irreparabile e imminente per la pubblica incolumità, che impone
una decisione non rinviabile e tale da rendere impossibile il ricorso agli atti
tipici di normazione102.
101 Cui la stessa Corte costituzionale ha attribuito valore ordinamentale, parlando di
disciplina-norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica nella sent. n.
314 del 2003, poi variamente richiamata dalla giurisprudenza successiva (tra le ultime deci-
sioni, vv. sentt. nn. 59 e 89 del 2019).
102 Cfr., ex plurimis, Cons. St., sentt. nn. 3024 del 2003, 1727 del 2015, 3369 del 2016
(sez. IV). Peraltro, proprio in ragione della situazione emergenziale non tipizzata né tipiz-
zabile il Consiglio di Stato ritiene che l’ordinanza debba essere suffragata da una istruttoria
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Nel caso abruzzese, l’assegnazione temporanea ad altra sede del personale
sanitario è disposta con ordinanza ex art. 32, co. 3, e non con legge regionale,
proprio in ragione dell’emergenza sanitaria.
Ora, alla luce di tale ultima situazione contingente, pare indiscutibile che
l’ordinanza costituisca la risposta più idonea ad assolvere alla rapidità del
provvedere in materia sanitaria, sebbene l’Abruzzo sin dall’inizio della crisi
non sia rientrato tra le Regioni più colpite dal contagio Covid.
Purtuttavia, ragionando sul piano delle fonti103 – o su ciò che di esse or-
mai rimane – e tenendo in disparte le difficoltà logistiche che si registrano per
le deliberazioni assembleari a tutti i livelli, nel caso di specie il ricorso alla
legge regionale sarebbe stato senz’altro preferibile visto l’impatto della disci-
plina introdotta sul principio costituzionale di competenza, anche allo scopo
di non alimentare il sospetto di un uso strumentale del potere emergenziale
da parte del Presidente della Giunta. A favore di una normazione ordinaria
depone, d’altra parte, anche l’art. 54, co. 1, dello Statuto abruzzese riguar-
dante l’attuazione dei principi in materia di pubblica amministrazione regio-
nale, che affida alla legge regionale, non già al potere provvedimentale, le
adeguata e da una puntuale motivazione, idonee a giustificare la deviazione dal principio di
tipicità degli atti amministrativi e la deroga alla legislazione primaria (in questo senso cfr.
Cons. St., sez. V, sent. 25 maggio 2012, n. 3077; sez. III, sent. 29 maggio 2015, n. 2697).
103 Per una ricostruzione ragionata della successione di atti normativi di vario livello
che ha caratterizzato la caotica gestione dell’emergenza anche a livello regionale, cfr., tra gli
altri, M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Liber Amicorum
per Pasquale Costanzo, in Consulta Online, 11 aprile 2020, www.giurcost.org, il quale richiama
la figura della «catena di atti normativi», che impone la ricerca a ritroso della fonte legitti-
mante.
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norme attuative «dei principi che regolano l’organizzazione e l’attività am-
ministrativa»104.
Si viene così all’ultimo profilo, riguardante l’impatto che l’uso del potere
di ordinanza contingibile e urgente produce sulla forma di governo regionale
e sul sistema territoriale di gestione dei rischi epidemiologici.
È innegabile, infatti, che la preferenza per la monocratica e più snella
funzione provvedimentale determina sul piano interorganico l’accentra-
mento decisionale nelle mani del Presidente della Giunta e il sostanziale iso-
lamento del Consiglio regionale dalla gestione della crisi sanitaria. Una situa-
zione, questa, che appare non differente da quella che pure si è registrata a
livello statale sin dalla dichiarazione di emergenza, ma che, a livello regionale,
ha l’effetto di esasperare la nota verticalizzazione del potere nella persona del
Presidente della Giunta105, che già condiziona la fisiologia dell’attività deci-
sionale e politica dell’ente.
Tuttavia, nel caso del trasferimento del personale sanitario in commento,
la sovraesposizione funzionale del Presidente emerge anche rispetto al cir-
cuito organizzativo dell’emergenza, che pure è attivo a livello regionale all’in-
terno del più ampio Piano regionale delle Maxi-Emergenze106. Ne fanno parte
a vario titolo il Comitato Regionale Emergenza Urgenza Abruzzo (c.d.
CREA)107, l’Unità di Crisi istituita presso la Regione Abruzzo per l’emergenza
104 La stessa disposizione riconosce, peraltro, la legge e il contratto privato quali fonti
regolative del rapporto di impiego del personale regionale.
105 In tema, ex multis, M. OLIVETTI, Nuovi Statuti e forme di governo delle Regioni. Verso
le Costituzioni regionali?, Bologna 2003, 308-310.
106 D.G.R. n. 264 del 27 aprile 2018 (Approvazione del documento Piano regionale delle
Maxi-Emergenze - Regione Abruzzo).
107 Previsto dal Piano sanitario regionale 2008-10, 176, allegato alla l.r. Abruzzo n.
5/2008. Presieduto dall’Assessore regionale alla Sanità o da un suo delegato, il CREA gode
di funzioni di programmazione del sistema di urgenza-emergenza, stimolo e coordinamento
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Covid-2019108 e il Referente sanitario regionale, tutti organismi che si raccor-
dano con il Dipartimento regionale Sanità per il contenimento della diffu-
sione del virus e l’assistenza ai pazienti contagiati.
Nello specifico, l’ordinanza n. 30, mentre attribuisce al Referente sanita-
rio per il tramite del Presidente della Giunta funzioni dispositive del perso-
nale medico (art. 1, c. 1) che paiono estranee alle competenze assegnate all’or-
ganismo dal citato d.P.C.M. del 24 giugno 2016109, sembra tacere sulla previa
acquisizione del parere del CREA, che è invece richiesto come obbligatorio
nelle ipotesi di emergenza sanitaria dalla legge regionale110.
Detti rilievi inducono a ritenere quanto mai necessario un ripensamento
o un maggiore self restraint rispetto all’uso dei poteri regionali di emergenza,
giacché, come si è tentato di evidenziare nella vicenda osservata, l’eccesso di
precauzione di cui il frequente ricorso al potere contingibile e urgente è indice
delle azioni regionali tese al raggiungimento di una formazione specifica nel settore delle
emergenze sanitarie, e di consultazione obbligatoria sui pertinenti atti predisposti dalla Re-
gione Abruzzo.
108 D.G.R. n. 125 del 4 marzo 2020 (Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio
2020 recante “Dichiarazione dello stato di emergenza sul territorio nazionale relativo al rischio
sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili” e D.L. n.
6 del 23 febbraio 2020 “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza
epidemiologica da COVID-19”. Individuazione delle risorse umane, tecniche, strumentali ed
economiche per fronteggiare l'emergenza). L’atto individua nella Struttura di Missione per il
superamento delle Emergenze di Protezione civile Regionali (SMEA), presieduta dal Referente
Sanitario, il soggetto preposto al coordinamento degli interventi regionali di contrasto alla
diffusione del contagio da Covid-19.
109 P. 1.
110 Piano sanitario regionale 2008-10, cit., 176.
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sintomatico finisce per degradare in cortocircuiti formali e previsioni di dub-
bia sostenibilità costituzionale.
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NICOLA PIGNATELLI
La specialità delle ordinanze dei Sindaci
nell’emergenza sanitaria nazionale: un potere “inesauribile”
Abstract (It.): l’articolo esamina il fondamento legislativo del potere dei Sindaci di adottare
ordinanze contingibili e urgenti in una situazione di emergenza sanitaria nazionale, ovvero non
esclusivamente locale. Il lavoro mette in evidenza quindi la natura speciale di questo potere, fun-
zionalizzato ma inesauribile.
Abstract (En.): the article examines the legislative basis of the power of the Mayors to adopt
contingent and urgent ordinances in a situation of national (not exclusively local) health emer-
gency. The work therefore highlights the special nature of this power, functionalized but inex-
haustible.
Professore Associato di Istituzioni di diritto pubblico nell’Università degli Studi di
Bari “Aldo Moro”.
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SOMMARIO: 1. L’oggetto. Una notazione preliminare sui limiti del TUEL (artt. 50 e 54).
– 2. La prassi amministrativa e la confusione pandemica. – 3. I presupposti e i limiti del
potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti nella giurisprudenza costituzionale: un
modello per il legislatore statale. – 4. L’emersione della specialità del potere di ordinanza dei
Sindaci nell’emergenza sanitaria nazionale: le fasi. – 5. Una notazione conclusiva.
1. L’oggetto. Una notazione preliminare sui limiti del TUEL (artt. 50 e 54)
Intendiamo riflettere sinteticamente su quale sia il fondamento e su quale
sia lo spazio del potere dei Sindaci di adottare ordinanze contingibili e urgenti
in una situazione di emergenza sanitaria nazionale (rectius, non esclusiva-
mente locale).
Tale potere, pur scontando la compressione strutturale imposta dalla ma-
cro-dimensione dell’emergenza, ha palesato tutta la propria vitalità in rela-
zione alla prossimità del luogo di concretizzazione di tale emergenza nonché
in relazione al rapporto di legittimazione diretta da parte della comunità lo-
cale di riferimento.
Tuttavia, non vi è dubbio che la ricerca dello spazio residuo debba con-
frontarsi con gli stessi limiti imposti dalla disciplina generale del TUEL.
Da una parte (art. 50, co. 5, TUEL) l’attribuzione al Sindaco, quale «rap-
presentante della comunità locale», del potere di adottare ordinanze contin-
gibili e urgenti «in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere
esclusivamente locale».
Dall’altra (art. 54, co. 4, TUEL) l’attribuzione al Sindaco, quale «ufficiale
di Governo», del potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti volte a
prevenire ed eliminare, per quanto rileva ai presenti fini, gravi pericoli per
l’«incolumità pubblica», intesa come integrità fisica della popolazione.
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Pertanto, fermi questi limiti (dimensionali ex art. 50 e teleologici ex art.
54 TUEL)111, è emersa da subito l’esigenza di un’attribuzione legislativa spe-
ciale, al di là di quella generale del TUEL e in realtà anche al di là della gene-
ricità di altra disciplina speciale, quella contenuta nell’art. 32 l. n. 833/1978,
che, pur attribuendo ai Sindaci il potere di ordinanza nelle materie di compe-
tenza del Ministro della Salute, sconta la carenza di regole di raccordo con gli
altri livelli di governo.
2. La prassi amministrativa e la confusione pandemica
In realtà in questi mesi le molteplici ordinanze sindacali adottate hanno
trascurato del tutto, nella foga emergenziale, la problematica dei suddetti li-
miti e quindi della naturale inadeguatezza del TUEL (nonché dell’art. 32 l.
n. 833/1978), continuando ad evocare l’applicazione degli stessi artt. 50 e 54
TUEL, spesso senza neppure citare in premessa o richiamare nel corpo della
motivazione la più recente normativa statale emergenziale.
Più specificatamente, e più problematicamente:
i) i Sindaci in moltissimi casi hanno applicato (rectius, affermato di appli-
care) contestualmente l’art. 50 e l’art. 54 TUEL, operando illegittimamente,
in una sorta di schizofrenia bicefala, sia come rappresentanti della comunità
locale sia come ufficiali di Governo; evidentemente tale confusione di istituti,
richiamati in modo apparentemente rafforzativo, si pone in contrasto con i
presupposti stessi di esercizio del potere nonché con la diversa natura dei ri-
spettivi regimi normativi; quello dell’art. 54 TUEL, che presuppone l’esi-
111 Per un inquadramento si rinvia a P. SABBIONI, art. 50 e 54 TUEL, in C. NAPOLI, N.
PIGNATELLI (a cura di), Codice degli Enti locali, Roma 2019, 304 ss.
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stenza di un rapporto gerarchico con il Prefetto e con esso il potere di annul-
lamento prefettizio112, diversamente da quello dell’art. 50 TUEL, che, in as-
senza di tale relazione gerarchica, ammette in via residuale, a tutela dell’unità
dell’ordinamento giuridico, il potere di annullamento straordinario del Go-
verno ex art. 138 TUEL113; in sintesi, abbiamo assistito a un abnorme cumu-
lazione dei ruoli funzionali;
ii) in molti altri casi i Sindaci hanno adottato ordinanze contingibili e
urgenti asseritamente applicative dell’art. 50 TUEL, pur in una situazione di
emergenza sanitaria nazionale, ma preordinate in realtà alla tutela dell’inco-
lumità pubblica della popolazione locale, quindi volte a tutelare un bene co-
perto dall’art. 54 TUEL114; si pensi a quelle ordinanze con cui è stata disposta
la chiusura dei territori comunali, generando delle auto-zone rosse115; in sin-
tesi, uno sviamento del potere.
112 Appare emblematico, tra i molti, l’annullamento da parte del Prefetto di Napoli
dell’ordinanza ex art. 54 TUEL del 23 febbraio 2020, adottata congiuntamente da cinque
dei sei Sindaci dei Comuni dell’Isola di Ischia, la quale vietava l’accesso nei rispettivi terri-
tori comunali a coloro che provenivano dalla Cina, dalla Lombardia e dal Veneto. Sulla vi-
cenda cfr. A. DE SIANO, Ordinanze sindacali e annullamento prefettizio ai tempi del Covid-19,
in www.federalismi.it. Più in generale sulla natura dell’istituto cfr. M. GNES, L’annullamento
prefettizio delle ordinanze del Sindaco quale ufficiale di Governo, in Giorn. dir. amm., 2009, 44
ss. 113 Si ricorda la recente vicenda dell’annullamento straordinario da parte del Governo
dell’ordinanza ex art. 50 TUEL del Sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020, la quale
prevedeva, in sintesi, un obbligo di registrazione su un portale per coloro che avessero voluto
attraversare lo stretto. Cfr. A. RUGGERI, Non persuasivo il parere reso, dietro sollecitazione
del Governo dal Consiglio di Stato su un’ordinanza del Sindaco De Luca relativa all’attraversa-
mento dello stretto di Messina, in www.giurcost.org; N. PIGNATELLI, L’annullamento straordi-
nario ex art. 138 TUEL di un’ordinanza comunale: il Covid-19 non “chiude” lo stretto di Mes-
sina, in questa Rivista. 114 La problematica è stata rilevata anche nella circolare del Ministero dell’Interno,
Capo di Gabinetto, del 2 marzo 2020 in www.interno.governo.it. 115 Per un’utile rassegna cfr. F. SEVERA (a cura di), Documentazione e interventi dei
Comuni in relazione alle misure adottate per il contenimento dell’emergenza Covid-19, in Osser-
vatorio emergenza Covid-19. Rassegna di documentazione, in www.federalismi.it.
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Questa prassi, e con essa tale confusione di poteri, ha confermato l’esi-
genza di individuare, a tutela del principio di legalità e con essa a tutela dei
diritti costituzionali incisi, il fondamento giuridico e quindi una base legisla-
tiva stabile del potere di ordinanza sindacale in emergenza sanitaria nazio-
nale.
Peraltro tale esigenza è rafforzata dall’imponente dato quantitativo, che
sembra rievocare la valanga di ordinanze sindacali adottate nel 2008 (quasi
800), a seguito della modifica dell’art. 54 TUEL116, nel senso dell’attribuzione
ai Sindaci del potere di adottare “anche” ordinanze non contingibili e urgenti
(successivamente oggetto di dichiarazione di illegittimità costituzionale pro-
prio nella parte in cui ha incluso la locuzione «anche»117).
3. I presupposti e i limiti del potere di adottare ordinanze contingibili e ur-
genti nella giurisprudenza costituzionale: un modello per il legislatore statale
Il potere dei Sindaci di adottare ordinanze contingibili e urgenti, che co-
stituisce una species del generale potere di adottare atti di necessità e ur-
genza118, è stato sottoposto progressivamente a una conformazione da parte
116 Art. 6, d.l. n. 92/2008. 117 Cfr. Corte cost. n. 115/2011. 118 In dottrina cfr. ex plrurimis M.S. GIANNINI, Potere di ordinanza e atti necessitati,
in Giur. compl. cass. civ., 1949, 949 ss.; V. ANGIOLINI, Necessità ed emergenza nel diritto pub-
blico, Padova 1986, passim; B. CAVALLO, Ordine e ordinanza nel diritto amministrativo, in
Dig. disc. pubbl., Torino 1995, 435 ss.; A. MORRONE, Le ordinanze di necessità ed urgenza, tra
storia e diritto, in A. VIGNUDELLI (a cura di), Istituzioni e dinamiche del diritto. I confini
mobili della separazione dei poteri, Milano 2009, 133 ss.; M. CERASE, Ordinanze di urgenza e
necessità, in S. CASSESE (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, Milano 2006, 3989 ss.; M.
RAMAJOLI, Potere di ordinanza e Stato di diritto, in Studi in onore di A. Romano, Napoli 2011,
735 ss.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 73
della giurisprudenza costituzionale119, che ha ricostruito un modello costitu-
zionale per il legislatore statale, utile ai nostri fini, come parametro per la
stessa legislazione dell’emergenza.
La perimetrazione di tale potere può riassumersi nei seguenti assunti:
i) gli atti adottati nell’esercizio del potere di ordinanza sono qualificabili
come provvedimenti amministrativi e non come fonti del diritto idonee a in-
novare l’ordinamento giuridico;
ii) il legislatore statale non può attribuire all’Amministrazione (e quindi
al Sindaco) il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti negli ambiti
coperti da riserva di legge assoluta;
iii) negli ambiti coperti da riserva di legge relativa (quali, ad esempio, i
diritti costituzionali ex artt. 16, 17, 19, 41 Cost. limitati in questa fase emer-
genziale) il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti è sottoposto a
una «autorizzazione legislativa» (rectius, a una interposizione legislativa), i
cui caratteri costitutivi possono dirsi i seguenti:
a) la norma che disciplina il potere non può ritenersi una clausola legitti-
mante un’abrogazione o una modifica della normativa primaria ma una clau-
sola attributiva di un potere amministrativo idoneo a derogare alla norma-
tiva primaria;
b) la norma attributiva individua l’organo competente, titolare del po-
tere;
c) la norma attributiva non predetermina il contenuto dell’ordinanza (in
una logica di atipicità del potere) ma i “presupposti”, la “materia” e le “fina-
lità”, limitando così la discrezionalità assoluta dell’Amministrazione;
d) la norma attributiva può legittimare tale potere per un tempo limitato,
strettamente connesso al raggiungimento delle finalità individuate, in as-
senza di ordinari rimedi predisposti dall’ordinamento;
119 Cfr. Corte cost. nn. 8/1956, 26/1961, 4/1977, 100/1987, 201/1987, 617/1987, 32/1991,
127/1995, 115/2011.
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e) il legislatore non può sottrarre l’esercizio del potere di ordinanza al ge-
nerale obbligo di motivazione e al principio di pubblicità degli atti, quali pre-
supposti indefettibili per l’esercizio del diritto di difesa;
f) l’esercizio del potere di ordinanza, pur essendo legittimato a derogare
alla normativa primaria, deve rispettare in ogni caso i principi generali
dell’ordinamento giuridico.
4. L’emersione della specialità del potere di ordinanza dei Sindaci nell’emer-
genza sanitaria nazionale: le fasi
Fermo il modello costituzionale ricostruito, è quindi necessario esaminare
l’autorizzazione legislativa e quindi il fondamento normativo, alla luce del
quale i Sindaci in questi mesi sono stati e sono tutt’ora legittimati ad eserci-
tare i propri poteri. Alla luce di quest’analisi sarà possibile comprenderne l’ef-
fettiva natura.
Tale verifica deve essere condotta sulla base del principio tempus regit ac-
tum, visto il susseguirsi di diverse normative emergenziali.
Sono individuabili 5 fasi del potere di ordinanza sindacale nell’emergenza
sanitaria nazionale:
I) Dal 31 gennaio (ossia dalla delibera del Consiglio dei ministri recante la
dichiarazione dello stato di emergenza) al d.l. 23 febbraio 2020 n. 6: “il vuoto
apparente”.
In questa prima fase, pur essendo stato dichiarato dal Governo lo stato
di emergenza nazionale, non era stata ancora approvata una disciplina spe-
ciale relativa all’esercizio del potere di ordinanza dei Sindaci, ferma in ogni
caso l’inadeguatezza strutturale della disciplina generale del TUEL (artt. 50,
co. 5, e 54, co. 4).
Anche per questa ragione, abbiamo assistito a una prassi schizofrenica,
di cui abbiamo già detto.
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Tuttavia sembra necessario rilevare come vi fosse in realtà una base le-
gislativa utile, diffusamente ignorata, per l’esercizio di un potere di ordinanza
sindacale anche in una situazione di emergenza sanitaria non esclusivamente
locale.
L’art. 50, co, 6, TUEL contiene, infatti, una clausola di chiusura legitti-
mante un potere di ordinanza cedevole e transitorio, in attesa dell’intervento
dei livelli di governo superiori. Tale disposizione prevede, infatti, che nel caso
di emergenza che «interessi più comuni», da interpretarsi come emergenza
sovra-comunale, «ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non
intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma», ossia lo
Stato e le Regioni «in ragione della dimensione dell’emergenza» (art. 50, co.
5, TUEL).
Questa clausola di chiusura è peraltro del tutto compatibile anche con
l’art. 32, co. 3, l. n. 32/1978, secondo cui nelle materie di competenze del Mi-
nistro della Salute sono emesse «dal presidente della giunta regionale e dal
sindaco ordinanze di carattere contingibile ed urgente, con efficacia estesa
rispettivamente alla regione o a parte del suo territorio comprendente più co-
muni e al territorio comunale».
La valorizzazione di queste disposizioni avrebbe forse evitato l’evoca-
zione distorta dell’art. 54 TUEL e con esso gli annullamenti prefettizi (da
ritenersi uno strumento certamente meno eccezionale dell’annullamento
straordinario ex art. 138 TUEL delle ordinanze sindacali ex art. 50 TUEL).
II) Dal d.l. 23 febbraio 2020 n. 6 al d.l. n. 2 marzo 2020 n. 9: “la tipizza-
zione delle ordinanze sindacali”.
Il legislatore statale ha introdotto una disciplina legislativa speciale, ri-
spetto al TUEL (e allo stesso art. 32 l. n. 32/1978), soltanto con l’art. 3, co. 2,
del d.l. n. 6 del 23 febbraio 2020 (convertito in l. n. 13 del 5 marzo 2020),
secondo cui «nelle more dell’adozione» dei DPCM (attuativi delle misure pre-
viste dagli artt. 1 e 2), «nei casi di estrema necessità ed urgenza», le stesse
misure previste dagli art. 1 e 2 del decreto-legge potevano essere adottate
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temporaneamente anche dai Sindaci con le ordinanze ex art. 50 TUEL, «allo
scopo di evitare il diffondersi del COVID-19, nei comuni o nelle aree nei quali
è risultata positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte
di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una
persona proveniente da un’area già interessata dal contagio del menzionato
virus» (art. 1, co. 1).
In realtà il legislatore statale, pur richiamando formalmente la disciplina
generale dell’art. 50 TUEL (nonché quella dell’art. 32 l. n. 32/1978) e quindi
il potere di ordinanza contingibile e urgente, ha tipizzato il contenuto delle
ordinanze o almeno ridotto l’atipicità delle stesse, ancorandole al catalogo
delle misure previste dal decreto-legge. In questa logica il potere di ordinanza
contingibile e urgente è stato privato della purezza del proprio carattere iden-
titario, quello della atipicità del contenuto (riconosciuto anche dalla giuri-
sprudenza costituzionale), divenendo in sostanza (al di là del richiamo for-
male all’art. 50 TUEL) un potere di ordinanza speciale, funzionalizzato all’at-
tuale dimensione emergenziale sanitaria.
Tale specialità è apprezzabile anche in relazione alla dimensione della
temporaneità, posto che tale potere è stato etero-limitato temporalmente
sino all’entrata in vigore dei DPCM (non essendo quindi limitato temporal-
mente a seguito di un’autonoma valutazione da parte del Sindaco sulla stru-
mentalità della misura).
In ogni caso si tratta di un potere di ordinanza, entro questi limiti, cede-
vole (analogamente alla previsione dell’art. 50, co. 6, TUEL) e sottoposto a
maggiori regole di coordinamento con gli altri livelli di governo (rispetto a
quanto desumibile dall’art. 32 l. n. 833/1978).
Deve essere rilevato altresì come questa tendenziale tipizzazione fosse ap-
parentemente contraddetta dall’art. 2, secondo cui «le autorità competenti
possono adottare ulteriori misure di contenimento e gestione dell’emergenza,
al fine di prevenire la diffusione dell’epidemia da COVID-19 anche fuori dai
casi di cui all’articolo 1, comma 1». Tuttavia tale disposizione, pur nella sua
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genericità, sembrava indirizzata esclusivamente alle Amministrazioni dello
Stato, come cabina di regia dell’emergenza; in ogni caso doveva essere inter-
pretata con riferimento a misure ulteriori rispetto a quelle previste e quindi
ulteriori e diverse rispetto alle ordinanze, di cui si è detto.
III) Dal d.l. 2 marzo 2020 n. 9 al d.l. 25 marzo 2020 n. 19: “il tentativo di
inibire le ordinanze sindacali”.
Successivamente, dopo l’adozione dei DPCM (del 23 febbraio 2020, del 25
febbraio 2020 e dell’1 marzo 2020), con l’art. 35 del d.l. n. 9 del 2 marzo 2020,
il legislatore ha previsto che «a seguito dell’adozione delle misure statali di
contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 non
possono essere adottate e, ove adottate sono inefficaci, le ordinanze sindacali
contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza predetta in contrasto
con le misure statali» (c.vo aggiunto), facendo però salvi gli effetti delle ordi-
nanze già adottate ai sensi dell’art. 2 d.l. n. 6/2020 (art. 2, co. 3).
Con l’art. 35 d.l. n. 9/2020 il legislatore ha voluto quindi ribadire la tem-
poraneità del potere dei Sindaci nonché prevedere una sanzione espressa av-
verso le ordinanze adottate in violazione delle misure statali.
In realtà tale previsione è apparsa principalmente un’affermazione sim-
bolica nei confronti dei Sindaci delle specifiche “zone” individuate dai
DPCM, una sorta di tentativo di inibire anche politicamente il potere di or-
dinanza, posto che la temporaneità del potere di ordinanza poteva già desu-
mersi dall’art. 3, co. 2, d.l. n. 6/2020 e posto che l’illegittimità di eventuali
successive ordinanze, in violazione dei DPCM, sarebbe stata desumibile dai
principi generali sull’invalidità dei provvedimenti amministrativi (senza
l’utilizzo problematico, e forse inutile, della categoria della inefficacia).
Più in generale, per i Sindaci di tutti gli altri Comuni italiani, rimanendo
ferma la disciplina del suddetto d.l. n. 6/2020, l’art. 35 del d.l. n. 9/2020 ha
assunto una qualche rilevanza (anche in questo caso meramente simbolica)
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 78
solo a seguito dell’approvazione del DPCM del 9 marzo 2020, che ha interes-
sato per la prima volta tutto il territorio nazionale (analogamente ai DPCM
dell’11 marzo 2020 e del 22 marzo 2020).
In ogni caso dallo stesso tenore letterale dell’art. 35 del d.l. n. 9/2020, che
avrebbe dovuto precludere soltanto l’adozione di ordinanze sindacali in vio-
lazione dei DPCM già adottati, non poteva desumersi che dovessero ritenersi
«inefficaci» (rectius, illegittime) tutte le ordinanze adottate successivamente
alla entrata in vigore dei singoli DPCM120, come in una sorta di neutralizza-
zione assoluta del potere di ordinanza sindacale121.
Al contrario poteva ricavarsi che:
i) i Sindaci avrebbero potuto adottare ordinanze conformi al contenuto
dei DPCM, quindi esecutivo-attuative (in questa logica quindi di diversa na-
tura rispetto a quelli di cui agli art. 50 e 54 TUEL);
ii) i Sindaci, fuori dai casi disciplinati dai DPCM, avrebbero potuto adot-
tare le ordinanze previste dall’art. 3, co. 2, d.l. n. 6/2020, di cui si è già detto,
anch’esse di natura speciale, visto il loro contenuto tendenzialmente tipico e
cedevole.
In questa logica riteniamo quindi che la stessa normativa emergenziale
statale, già in questa fase, presupponesse la vitalità del potere di ordinanza
sindacale, idoneo a sperimentare soluzioni e adattamenti locali innanzi a un
quadro epidemiologico complesso e in evoluzione122.
120 In senso contrario cfr. M. CAVINO, Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal
Governo, in www.federalismi.it, 6. 121 In senso contrario cfr. G. TROPEA, Il Covid-19, lo Stato di Diritto, la pietas di Enea,
in www.federalismi.it. Più in generale sul ridimensionamento dell’autonomia locale
nell’emergenza sanitaria nazionale cfr. U. ALLEGRETTI, Una normativa più definitiva sulla
lotta all’epidemia del coronavirus?, in www.forumcostituzionale.it. 122 Nello stesso senso cfr. G. BOGGERO, Un decentramento confuso, ma necessario. Po-
teri di ordinanza di Regioni ed enti locali nell’emergenza da COVID-19, in www.piemonteauto-
nomie.it, 2.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 79
IV) Dal d.l. 25 marzo 2020 n. 19 al d.l. 16 maggio 2020 n. 33: “l’emersione
del modello speciale”.
L’emersione definitiva della specialità del potere di ordinanza sindacale
nell’emergenza sanitaria nazionale può ritenersi palesata con l’art. 3, co. 2,
d.l. n. 19 del 25 marzo 2020123 (convertito con modificazioni dalla l. n. 35 del
22 maggio 2020).
L’art. 5 del suddetto decreto ha abrogato sia il d.l. n. 6/2020 sia l’art. 35
del d.l. n. 9/2020.
Quest’ulteriore normativa ha introdotto, infatti, un autonomo modello di
potere di ordinanza sindacale, prevedendone i presupposti in modo stringente
(per quanto la redazione legislativa non sia delle più chiare, riproponendo la
formulazione inibente dell’art. 35 d.l. n. 9/2020124).
In sintesi, può dirsi che i Sindaci possono adottare ordinanze contingibili
e urgenti, volte a fronteggiare l’emergenza, a condizione che125:
i) non siano in contrasto con le misure statali disposte dai DPCM già adot-
tati e con le misure regionali;
ii) siano adottate nelle more dell’adozione dei DPCM e quindi con effica-
cia limitata fino a tale momento;
iii) siano adottate in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di ag-
gravamento del rischio sanitario verificatesi nel territorio comunale; «tali cir-
123 Cfr. F. CINTIOLI, Sul regime del lockdown in Italia (note sul decreto legge n. 19 del
25 marzo 2020), in www.federalismi.it. 124 Cfr. M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in
www.giurcost.org, 22, secondo cui «si tratta di formule palesemente infelici sul piano della
tecnica redazionale (disporre che un certo atto ‘non può essere adottato’ non ha senso, per-
ché l’unica cosa che ha senso è disporre sulla sua legittimità) ma il significativo precettivo è
chiaro: l’ordinanza deve rispettare tutte le disposizioni statali adottate nella fase emergen-
ziale». 125 In questo senso, pur in modo parzialmente diverso, cfr. Cons. St., sez. I, 7 aprile
2020, n. 735, in www.giustizia-amminisrativa.it. Sul d.l. n. 19/2020 cfr. anche la circolare del
Ministero dell’Interno del 26 marzo 2020 in www.interno.governo.it.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 80
costanze, in applicazione delle ordinarie regole sulla motivazione del provve-
dimento amministrativo, non devono solo essere enunciate ma anche dimo-
strate”126;
iiii) siano adottate misure ulteriormente restrittive127, rispetto a quelle
attualmente vigenti, tra quelle di cui elencate dall’art. 1, co. 2;
iiiii) esclusivamente nell’ambito delle attività di competenza comunale;
iiiiii) senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza stra-
tegica per l’economia nazionale.
Alla luce di questi presupposti contenuti nella “autorizzazione legisla-
tiva” emerge un potere di ordinanza sindacale non soltanto transitorio (come
generalmente il potere di ordinanza) ma anche cedevole e fortemente predeter-
minato nel contenuto, non soltanto attraverso la limitazione a un catalogo di
misure (come previsto anche dall’art. 3 d.l. n. 6/2020) ma anche attraverso la
previsione di un criterio generale incidente sul catalogo (quello della “misura
più restrittiva”), e in ogni caso sottoposto a condizioni e presupposti ancor più
stringenti rispetto alla precedente normativa (si pensi al limite espresso della
competenza e al presupposto dell’aggravamento della situazione nel territo-
rio comunale).
Pertanto, alla luce della “lex specialissima” (il d.l. n. 19/2020) – tale ri-
spetto alla disciplina generale del TUEL e a quella speciale della l. n. 833/1978
126 Così il Cons. St., sez. I, parere del 7 aprile 2020, n. 735, in www.giustizia-ammi-
nisrativa.it. 127 In realtà i Sindaci in questa fase hanno adottato anche ordinanze «meno restrit-
tive», sanzionate, ove adottate ex art. 54 TUEL, con l’annullamento prefettizio. Si ricorda,
a mero titolo esemplificativo, l’ordinanza del Sindaco di Livorno del 23.4.2020, che aveva
consentito talune attività di festeggiamento del 25 aprile (annullata dal Prefetto di Livorno
con provvedimento del 24 aprile 2020).
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 81
– l’ordinanza «deve essere sia secundum legem che – diciamo così – secundum
decretum»128.
Quanto, invece, al rapporto tra ordinanze sindacali ed eventuali misure
regionali più restrittive (adottate nei limiti dell’art. 3, co. 1, d.l. n. 19/2020),
sia sufficiente rilevare che a nostro avviso le ordinanze sindacali sarebbero
illegittime per eccesso di potere se contrastanti con il provvedimento ammi-
nistrativo regionale (qualora meno restrittive e quindi derogatorie rispetto
alle misure regionali derogatorie rispetto alle misure statali); qualora fossero
in armonia e quindi conformi alle misure regionali derogatorie, legittimate
dalla normativa statale, non sarebbero certamente invalide, perché conformi
a quanto previsto dalla normativa statale, ma se mai inutili129.
In questo senso sembra andare la modifica introdotta in sede di conver-
sione dell’art. 3, co. 2, d.l. n. 19/2020, a cui è stato aggiunto il riferimento al
necessario rispetto anche delle misure regionali.
In realtà delle previsioni derogatorie alle suddette condizioni sono state
introdotte nel DPCM del 26 aprile 2020 (le cui misure sono state applicabili
fino al 17 maggio 2020), che ha attribuito specifici poteri di ordinanza ai Sin-
daci, sottratti ai presupposti dell’art. 3, co. 2, d.l. n. 19/2020, riconoscendo
così un ruolo forte alla diversificazione locale. Più specificatamente è stato
previsto che il Sindaco può disporre la temporanea chiusura di «luoghi pub-
blici o privati» nonché la temporanea chiusura di “ville”, “parchi” e “giar-
dini” pubblici in cui non sia possibile evitare assembramenti (art. 1, co. 1,
lett. d, e).
128 Così M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, cit., 22.
Nel senso della specialità del potere di ordinanza nella situazione emergenziale nazionale cfr.
TAR Puglia, sez. III, sentenza 22 maggio 2020 n. 733. 129 Sui rapporti tra ordinanze sindacali e misure regionali diverse letture, diametral-
mente opposte tra loro, sono prospette da A. RUGGERI, Il coronavirus, la sofferta tenuta
dell’assetto istituzionale e la crisi palese, ormai endemica, del sistema delle fonti, in www.giur-
cost.org, e da M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, cit., 23.
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Al netto della ragionevolezza dell’opzione e della valorizzazione della
prossimità decisionale del Sindaco, rispetto a diversificate situazioni territo-
riali, deve rilevarsi la illegittimità di tale attribuzione di poteri con DPCM,
vista la mancanza di una autorizzazione legislativa, come pretesa dalla giuri-
sprudenza costituzionale.
In ipotesi le ordinanze adottate dai Sindaci, in applicazione del DPCM
del 26 aprile 2020, avrebbero potuto essere quindi impugnate e annullate
sotto tale specifico profilo genetico.
V) Dal d.l. 16 maggio 2020 n. 33 sino al 31 luglio 2020: “le ordinanze sin-
dacali speciali nella fase 2”.
Da ultimo l’art. 1 del d.l. 16 maggio 2020 n. 33 (assieme al DPCM del 17
maggio 2020) ha aperto la c.d. “fase 2”, tracciando una linea anche per l’eser-
cizio dei poteri sindacali di ordinanza.
In sintesi tale disposizione:
i) ha previsto che a decorrere dal 18 maggio cessano di avere efficacia, per
quanto rileva ai presenti fini, tutte le ordinanze sindacali adottate in appli-
cazione dell’art. 3 d.l. n. 19/2020; pertanto qualsiasi ordinanza sindacale
adottata prima del 18 maggio, conforme al modello speciale sopra ricostruito,
e recante un termine temporale successivo al 18 maggio, deve ritenersi inido-
nea a produrre effetti giuridici;
ii) ha previsto che le misure dell’art. 3 d.l. n. 19/2020 (quindi anche le
ordinanze sindacali) possono essere adottate o reiterate «solo con riferimento
a specifiche aree del territorio medesimo interessate da particolare aggrava-
mento della situazione epidemiologica».
In questa logica, fermo il congelamento delle ordinanze precedentemente
adottate, il legislatore ha riconosciuto la sopravvivenza del potere di ordi-
nanza, legittimando quindi i Sindaci, anche dopo il 18 maggio, ad adottare
ordinanze contingibili e urgenti, nel rispetto delle regole speciali dell’art. 3
d.l. n. 19/2020 e comunque verificato l’aggravamento nel territorio comunale
della situazione epidemiologica.
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In realtà tale ultima condizione, prevista espressamente dall’art. 1 d.l. n.
33/2020, appare ultronea, posto che è già pretesa dall’art. 3 del d.l. n. 19/2020.
Deve essere altresì rilevato come l’art. 1, co. 9, del d.l. n. 33/2020, confer-
mando la funzionalità del potere di ordinanza sindacale, ha disposto che i
sindaci possono disporre «la chiusura temporanea di specifiche aree pubbliche
o aperte al pubblico in cui sia impossibile assicurare adeguatamente il rispetto
della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro».
Tale previsione legislativa, da una parte, supera i profili di illegittimità
rilevati in relazione alla analoga disposizione attributiva del potere contenuta
nel DPCM del 26 aprile 2020, e, dall’altra, configura un potere di ordinanza
derogatorio rispetto alle regole di cui all’art. 3 d.l. n. 19/2020.
5. Una notazione conclusiva
Alla luce di quanto emerso può dirsi, in sintesi, come il potere di ordi-
nanza sindacale non si esaurisca (e non si sia esaurito) nella dimensione
dell’emergenza nazionale, sopravvivendo ad essa.
Più in generale è lo stesso principio di sussidiarietà ex art. 118 Cost. che
impone al legislatore statale, anche nell’ambito di una emergenza sanitaria
nazionale, di disciplinare e preservare il potere di ordinanza sindacale, quale
strumento idoneo e adeguato a fronteggiare problematiche locali, pur con-
nesse e derivanti dall’emergenza nazionale; in questa logica un potere eserci-
tato dal Sindaco come rappresentante della comunità locale e non come uffi-
ciale di Governo.
«In via di principio, il potere di ordinanza dovrebbe restare in capo ai
sindaci anche nella fase emergenziale»130.
130 M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, cit., 22.
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Peraltro in alcuni casi le ordinanze sindacali hanno sperimentato sul
campo e anticipato soluzioni adottate a livello statale131.
Tuttavia, per quanto il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti
tenda a sfuggire per natura al criterio di competenza e alla relazione dei po-
teri, come dimostra la disinvoltura fattuale con cui è stato utilizzato in alcuni
casi, il principio di legalità, come ricostruito dalla giurisprudenza costituzio-
nale, impone l’individuazione dei presupposti normativi idonei a garantire
tale ordinazione nel sistema e quindi la relazione con i poteri emergenziali
sovra-comunali, secondo un modello inevitabilmente speciale, al di là della
fisiologica inadeguatezza della disciplina generale del TUEL (artt. 50 e 54)
nonché al di là della genericità della pur speciale normativa contenuta
nell’art. 32 l. n. 833/1978.
In questa logica può dirsi come la torsione del potere di adottare ordi-
nanze contingibili e urgenti, specificatamente sotto il profilo della limitazione
della atipicità del contenuto nonché del rafforzamento dei presupposti nor-
mativi del potere, come visto nella normativa analizzata, costituisca la ri-
cerca del punto di equilibrio tra dimensione nazionale dell’emergenza e am-
missibilità in tale contesto del potere di ordinanza sindacale.
Anche il Consiglio di Stato ha affermato in modo chiaro l’esigenza di quel
punto di equilibrio tra unità ed autonomia: «in presenza di emergenze di ca-
rattere nazionale, dunque, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente
tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che inter-
venti regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione
dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o
effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali»132.
131 M. RAMAJOLI, Coronavirus, perché i Sindaci possono emanare ordinanze più restrit-
tive, in www.ilsole24ore.it. 132 Così Cons. St., sez. I, parere del 7 aprile 2020, n. 735, in www.giustizia-amministra-
tiva.it.
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In sintesi, un potere di ordinanza sindacale limitato e funzionalizzato, ma
non esaurito né esauribile.
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ALFONSO VUOLO
Il sindacato di legittimità sulle misure di contrasto all’epidemia
Abstract (It.): il saggio costituisce lo sviluppo della relazione svolta nel corso del seminario
«Stato di diritto, emergenza e tecnologia». In esso è affrontato il tema del controllo in sede giuri-
sdizionale dei proteiformi provvedimenti emanati per il contrasto alla diffusione del contagio,
con specifico riguardo alle notevoli difficoltà registrate nel raccordo tra gli enti in cui è articolata
la Repubblica.
Abstract (En.): the essay is the development of the relation carried out during the seminar
«Rule of law, emergency and technology». It deals with the issue of judicial control of the different
measures to face the spread of contagion, with specific regard to the considerable difficulties con-
cerning the relations between the entities of the Italian Republic.
Professore ordinario di Diritto costituzionale, Università di Napoli Federico II.
Il lavoro costituisce lo sviluppo della relazione svolta nel corso del webinar «Stato di
diritto, emergenza e tecnologia», organizzato da Giovanna De Minico e Massimo Villone e
tenuto il 4 e 5 maggio 2020. Esso si colloca altresì nell’ambito del progetto di ricerca «Pro-
blematiche giuridiche ed economiche scaturite dall’emergenza Coronavirus e conseguenze
del fenomeno nei sistemi politico-istituzionali», coordinato dal prof. Sandro Staiano, Uni-
versità di Napoli Federico II.
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SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. L’eclissi del sindacato della Corte nonostante il problema-
tico raccordo tra Stato e Regioni. – 3. Il ruolo del giudice comune. – 4. Il rilievo della tutela
cautelare. – 5. La nuova configurazione di alcuni istituti processuali.
1. Premessa
È doverosa un’avvertenza di carattere generale. Le vicende normative
dell’emergenza epidemiologica hanno assunto una consistenza ciclopica, sic-
ché ogni sforzo, pur sovraumano, di darne integrale conto è illusorio.
Si susseguono, infatti, a ritmo incalzante, tra gli altri, decreti del Presi-
dente del Consiglio, ordinanze regionali e contro-ordinanze sindacali coi rela-
tivi chiarimenti, decreti-legge, circolari, FAQ.
Si tratta di una sorta di dannazione di Sisifo con l’ulteriore aggravio che,
già in partenza, non c’è la prospettiva di venirne a capo talmente è rapido il
processo di produzione normativa, che, per giunta, al crepuscolo tende a es-
sere più intenso133. Per non perdere il senno a causa della frustrazione, biso-
gna accontentarsi di ricostruzioni parziali, coltivando però il ragionevole au-
spicio che, a differenza della figura mitologica, la nostra pena non sarà per
l’eternità.
133 Si vedano le considerazioni di A. D’ALOIA, L’emergenza e… i suoi ‘infortuni’, in Dir.
fond., 26 marzo 2020, spec. 3 ss., www.dirittifondamentali.it.
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Con questa consapevolezza, mi soffermerò su quattro punti che ritengo
essenziali relativamente al sindacato giurisdizionale sugli atti di governo
dell’emergenza.
2. L’eclissi del sindacato della Corte nonostante il problematico raccordo tra
Stato e Regioni
La Corte costituzionale, finora, non è stata chiamata a intervenire sulle
vicende in atto.
Non è stato possibile farlo nella sede del giudizio di legittimità, in quanto
l’attività di regolazione dell’emergenza, nella fase iniziale, è deflagrata in atti
non ascrivibili al novero di quelli legislativi, che, come ovvio, esulano dal giu-
dizio di legittimità costituzionale.
Non è accaduto nella successiva fase, quando ai proteiformi provvedi-
menti statali e sub-statali134 è stata offerta copertura da fonti di rango pri-
mario (decreti-legge e leggi di conversione), per la semplice ragione che non
sono state sinora proposte pregiudiziali di costituzionalità135.
134 Si tratterebbe di “sfregi” costituzionali della prima fase dell’emergenza, cancellati ex
post dagli atti con forza di legge, secondo G. SILVESTRI, Covid-19 e Costituzione, in uni-
cost.eu, 2020, par. 3. Pur non essendo critico riguardo alla generale strategia di contrasto
all’epidemia, sulla legittimità di questa sorta di sanatoria manifesta perplessità M. LUCIANI,
Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Riv. AIC, 2/2020, 112, www.rivi-
staaic.it.
135 Diversamente è accaduto in Francia. Si veda Conseil consitutionnel, Décision n°
2020-800 DC du 11 mai 2020.
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Ciò non si è verificato in via incidentale probabilmente perché non vi è
stato ancora il tempo per farlo, ancorché nella fase cautelare dei giudizi co-
muni possa essere sollevata la pregiudiziale di costituzionalità136; ma, soprat-
tutto, perché gli atti normativi hanno riscontrato il tendenziale favore
dell’autorità giurisdizionale, come si dirà di qui a poco.
Questioni di legittimità non sono state però proposte neanche in via prin-
cipale, laddove, nell’eventualità, sarebbe stato lecito immaginarsi un tempe-
stivo intervento della Corte se avesse fatto uso del potere cautelare: l’art. 35,
l. n. 87 del 1953137, lo àncora, infatti, al «rischio di un pregiudizio grave ed
irreparabile per i diritti dei cittadini», che sarebbe stato spontaneo ipotizzare
in ragione delle profonde limitazioni delle libertà che hanno costellato
l’azione di contrasto alla pandemia.
136 Diverse sono le opzioni per l’autorità dinanzi alla quale si pone il dubbio di legitti-
mità. Ad esempio, il remittente si riserva di pronunciarsi sulla domanda cautelare all’esito
del giudizio di costituzionalità, conservando, dunque, la relativa potestas iudicandi; si veda
la sentenza n. 10 del 2018. Oppure può rilasciare un provvedimento interinale con effetti
limitati fino alla restituzione degli atti da parte della Corte costituzionale, adita con coeva
pronuncia; si vedano le sentenze n. 83 del 2013 e n. 128 del 2010. È stata anche ritenuta
ammissibile la pregiudiziale sollevata dal giudice amministrativo a quo benché si fosse pro-
nunciato sull’istanza cautelare, considerato che ora l’art. 55, co. 11, d.lgs. 104 del 2010 sta-
bilisce che l’ordinanza con cui è disposta una misura cautelare fissa la data di discussione
del ricorso nel merito, sicché l’incidente sarebbe ancora rilevante nel giudizio principale; si
veda la sentenza n. 200 del 2014, riguardo alla quale sia consentito rinviare ad A. VUOLO,
L’incidente di costituzionalità nella fase cautelare del processo amministrativo: nuovi orienta-
menti della Corte costituzionale, in Federalismi.it, 23/2014, www.federalismi.it.
137 Modificato dall’art. 9, l. n. 131 del 2003, che, addirittura, riconosce un potere d’uffi-
cio alla Corte. L’art. 21 delle Norme integrative ha poi contemplato anche l’istanza di so-
spensione avanzata dal ricorrente.
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In effetti, tra Stato e Regioni pare esservi stato un sostanziale agreement
volto a desistere dall’intraprendere la via giurisdizionale (qualunque essa sia),
pur se l’interlocuzione istituzionale sia stata sovente aspra e lo sia stata specie
lungo la faglia politica: governo nazionale giallo-rosso, da un lato, e regioni
con guida di centro-destra, dall’altro.
Questo andamento incontra due eccezioni ma nella sede del giudizio am-
ministrativo.
La prima è quella recente costituita dall’impugnazione del provvedi-
mento del Presidente della Regione Calabria, con il quale è stata accelerata
la riapertura di bar e ristoranti. Sul punto si dirà più avanti.
La seconda, invece, è risalente agli albori del contrasto all’epidemia. Mi
riferisco all’ordinanza con la quale il Presidente della Regione Marche adot-
tava alcune misure che, a distanza di qualche settimana, sarebbero poi state
varate a livello nazionale138. La Presidenza del Consiglio la impugnava da-
vanti al Tribunale amministrativo; con decreto monocratico, era accolta
l’istanza di provvedimenti cautelari anticipatori sulla base della considera-
zione che le più incisive compressioni non erano giustificate dalla presenza di
focolai nella regione (nonostante la circostanza che questa sia confinante con
l’Emilia-Romagna, in cui già vi era stato un consistente numero di con-
tagi)139.
138 Chiusura delle scuole, università, musei, biblioteche nonché la sospensione di tutte
le manifestazioni pubbliche.
139 T.a.r. Marche, sez. I, 27 febbraio 2020, decreto n. 56. Il decreto è stato poi confer-
mato con ordinanza 5 marzo 2020, n. 63. Su tali decisioni si vedano le notazioni di G. DI
COSIMO - G. MENEGUS, Coronavirus, il TAR sospende l’ordinanza della Regione Marche (che
ne fa un’altra), in laCostituzione.info, 28 febbraio 2020. www.lacostituzione.info; nonché G.
DI COSIMO - G. MENEGUS, La gestione dell’emergenza coronavirus tra Stato e Regioni: il caso
Marche, in biodiritto.org, 16 marzo 2020.
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Una considerazione. Il Presidente del Consiglio non ha sollevato conflitto
di attribuzioni140 ed è problematico presagire le ragioni che stanno alla base
di tale strategia difensiva. Naturalmente si potrebbe liquidare il problema
sostenendo che non fossero in discussione competenze di livello costituzio-
nale. Tuttavia, può darsi che abbia inciso anche una ragione di carattere
strettamente processuale: la mancanza di un rito monocratico innanzi alla
Corte anche nel conflitto intersoggettivo, pur avendo questo dimostrato nel
corso del tempo una maggiore dimestichezza con la tutela cautelare per ef-
fetto della risalente previsione di cui all’art. 40, l. n. 87 del 1953. Su questo
punto però deve evidenziarsi che una nuova prospettiva potrebbe aprirsi per
effetto del decreto della Presidente Cartabia del 20 aprile 2020141. Questo sta-
bilisce che le modalità dello svolgimento delle udienze e delle camere di con-
siglio per il periodo dell’emergenza non si applicano a eventuali questioni di
eccezionale gravità e urgenza per le quali la Presidente, sentito il Collegio,
ravvisi la necessità di trattazione immediata in udienza pubblica, con moda-
lità che saranno all’uopo stabilite142.
140 Almeno da quello che risulta pubblicato sulla Gazzetta ufficiale nel momento in cui
si scrive. È appena il caso di rilevare che, secondo costante giurisprudenza, i due rimedi
(giudizio amministrativo e conflitto tra enti) non sono in regime alternativo. Sul punto, in
dottrina, G. ZAGREBELSKY - V. MARCENÒ, Giustizia costituzionale, II. Oggetti, procedimenti,
decisioni, Bologna 2018, spec. 332.
141 Che, invero, in questa parte reitera il precedente del 24 marzo 2020.
142 Si veda il par. 1, lett. e). Sul punto si veda M. TROISI, Il processo costituzionale nella
fase dell’emergenza: tra omologazione necessaria e rivendicazione della propria autonomia, in
Federalismi.it, in corso di pubblicazione.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 92
3. Il ruolo del giudice comune
Il quadro appena tratteggiato, inevitabilmente, conduce a ritenere che la
sede della tutela dei diritti e degli interessi lesi sia, almeno per il momento,
quella della giurisdizione comune.
È possibile però un’ulteriore delimitazione di campo. Salvi gli aspetti pe-
nali, pare assumere una posizione di primo piano il giudice amministrativo,
almeno relativamente al primo periodo di applicazione delle misure varate.
Il ruolo del giudice civile, di contro, sembra essere in un cono d’ombra. A
tal riguardo, al netto delle decisioni di carattere strettamente processuale143,
non si rinvengono filoni significativi144. Tuttavia, in prospettiva potrebbe es-
servi un’inversione di tendenza, dal momento che la depenalizzazione delle
violazioni delle ordinanze restrittive, compiuta dall’art. 2, d.l. n. 19 del 2020,
143 In dottrina F. DONATI, Giustizia online al tempo del Coronavirus e dopo, Consulta
OnLine, 17 aprile 2020, www.giurcost.org; nonché P. SERRAO D’AQUINO, La riorganizzazione
della giustizia civile al tempo del COVID. Commento alle misure introdotte dal decreto legge n.
18 del 2020, in Federalismi.it, Osservatorio emergenza Covid-19, 23 marzo 2020, www.federa-
lismi.it; N. GIALLONGO - A. PROTO PISANI, Brevi note su Costituzione e provvedimenti conse-
guenti alla epidemia da coronavirus, in judicium.it, 2020.
144 È meritevole di qualche notazione solo qualche pronuncia riguardo alla possibilità o
meno per il genitore non affidatario di spostarsi per incontrare i figli minorenni oppure per
condurli presso di sé. Si sono finora fronteggiati due orientamenti. Uno, minoritario, che
interpreta i decreti presidenziali e le ordinanze regionali nel senso che sarebbe una situazione
di necessità in quanto essenziale all’equilibrio psico-fisico del minore: così Tribunale di Torre
Annunziata, 6 aprile 2020, in Redazione Giuffré, 2020. L’altro, maggioritario, secondo il
quale per il mantenimento dei rapporti è sufficiente lo strumento telematico: così Tribunale
di Vasto, 2 aprile 2020, Redazione Giuffré, 2020; Tribunale di Terni, 30 marzo 2020, in Guida
al diritto, 2020, 18, 15; Tribunale di Bari, 26 marzo 2020, ivi, 21.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 93
comporta l’irrogazione di una sanzione pecuniaria impugnabile innanzi al
giudice ordinario145.
Per di più, proprio in ragione della sua natura ancipite, l’attivismo del
giudice amministrativo si realizza secondo un duplice canale: accanto a quella
giurisdizionale, viene in rilievo la funzione consultiva e, a tal proposito, si
segnala il parere che ha preceduto l’annullamento straordinario, da parte del
Governo, dell’ordinanza sulla c.d. “chiusura dello Stretto” adottata dal sin-
daco di Messina146.
Il protagonismo dei giudici amministrativi non sembra incontrare osta-
coli dal momento che finora non si è messa in discussione la loro giurisdi-
zione147. Questo non è un dato affatto scontato, se solo si riflette sulla generale
145 Tuttavia, è contemplata anche la sanzione accessoria della chiusura provvisoria
dell’attività per una durata non superiore a cinque giorni, per impedire la prosecuzione o la
reiterazione della violazione, sulla quale ci sono pronunce cautelari di segno opposto circa la
spettanza o meno, in caso di loro impugnazione, del sindacato al giudice amministrativo. In
senso favorevole T.a.r. Emilia-Romagna, sez. I, decreto 24 aprile 2020, n. 183; in senso con-
trario T.a.r. Campania, Napoli, 23 aprile 2020, decreto n. 933.
Non è da trascurare poi il ruolo del giudice penale in base a quanto previsto dall’art. 4,
d.l. n. 19 del 2020, e in particolare dal comma 6.
146 C.d.S., sez. I, 7 aprile 2020, n. 735, sul quale si vedano le notazioni di N. PIGNATELLI,
L’annullamento straordinario ex art. 138 TUEL di un’ordinanza comunale: il Covid-19 non
“chiude” lo stretto di Messina, in questa Rivista, 1/2020, 11 aprile 2020; A. CELOTTO, Emer-
genza e ordinanze comunali: l’«isola della ragione nel caos delle opinioni» (a prima lettura del
parere 7 aprile 2020, n. 260/2020), in www.giustizia-amministrativa.it, 2020. Nell’ambito
dell’attività consultiva viene in rilievo anche C.d.S., Commissione speciale, 11 marzo 2020,
n. 571, avente ad oggetto l’interpretazione dell’art. 3, co. 1, d.l. n. 11 del 2020, con specifico
riguardo alla sospensione dei termini processuali nel giudizio amministrativo.
147 Bisogna rilevare che numerose ordinanze recano in calce la possibilità di adire il giu-
dice amministrativo nel termine di 60 giorni.
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sospensione di alcuni diritti fondamentali. Si sarebbe potuto ragionare della
loro incoercibilità da parte del potere pubblico. Si pensi al caso della libertà
di culto che, per espressa previsione costituzionale, incontra il solo limite dei
«riti contrari al buon costume»148. In effetti, appare confermato che il diritto
involabile assume frequentemente la consistenza e la forma di interesse legit-
timo: il potere pubblico sorge per bilanciare/contemperare l’interesse sotteso
a un bene della vita, pur di rango costituzionale, con altri interessi pubblici e
privati, specie poi in uno Stato a forte a caratterizzazione sociale149. Il potere
pubblico, quindi, è funzionale per attuare il catalogo dei diritti costituzionali.
Per riprendere (e capovolgere) un’indicazione di Massimo Luciani, anche
(forse, soprattutto) in questa temperie storica, «i diritti hanno bisogno del
potere per affermarsi» e, ancor prima, «il potere ha bisogno del diritto per
legittimarsi»150.
In relazione a quest’ultimo aspetto, come già evidenziato, i primi prov-
vedimenti varati non sembravano avere un’adeguata base legislativa, tant’è
che è stata ravvisata l’esigenza di darvi copertura: prima l’art. 3, d.l. n. 6 del
2020, ha fatto salvi gli effetti delle sole ordinanze contingibili e urgenti già
148 Lo ricorda F. SORRENTINO, Riflessioni minime sull’emergenza coronavirus, in Costi-
tuzionalismo.it, 1/2020, 137, www.costituzionalismo.it. Sul punto si vedano le considerazioni
anche di I. MASSA PINTO, La tremendissima lezione del Covid-19 (anche) ai giuristi, in Quest.
giust., 18 marzo 2020, www.questionegiustizia.it.
149 N. PIGNATELLI, I diritti inviolabili nel riparto di giurisdizione: la resistenza di un
“falso” costituzionale, in Federalismi.it, 12/2020, spec. 185 ss., www.federalismi.it.
150 M. LUCIANI, Costituzionalismo irenico e costituzionalismo polemico, in Giur. cost.,
2006, par. 3.
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adottate dal Ministro della salute ai sensi dell’art. 32, l. n. 833 del 1978; suc-
cessivamente l’art. 2, c. 3, d.l. n. 19 del 2020, ha fatto da scudo, in generale,
ai provvedimenti emanati in precedenza151.
Ma non s’indugia su tale aspetto non essendo l’oggetto di questa rifles-
sione.
4. Il rilievo della tutela cautelare
La tutela in questa fase è stata di tipo soltanto cautelare proprio in ra-
gione del fatto che, di norma, le misure contestate hanno efficacia molto li-
mitata nel tempo, finendo a volte ad esaurirsi nel torno di pochi giorni152.
151 Su questi aspetti. M. BELLETTI, La confusione nel sistema delle fonti ai tempi della
gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità, in Oss. cost., 3/2020,
spec. 14 ss., www.osservatoriocostituzionale.it.
152 Ciò specie in ragione di quanto previsto dall’art. 3, d.l. n. 19 del 2020, secondo il
quale: «Nelle more dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui
all’articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione
a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel
loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, tra
quelle di cui all’articolo 1, comma 2, esclusivamente nell’ambito delle attività di loro com-
petenza e senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l’eco-
nomia nazionale. 2. I Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contin-
gibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né ecce-
dendo i limiti di oggetto cui al comma 1 (…)». Il rapporto sussidiario finisce con il privare
di efficacia gran parte di questi provvedimenti ingenerando enorme confusione, come no-
tano A. RUGGERI, Il coronavirus, la sofferta tenuta dell’assetto istituzionale e la crisi palese,
ormai endemica, del sistema delle fonti, in Consulta OnLine, 1/2020, 218, www.giurcost.org; A.
MORELLI, Il Re del Piccolo Principe ai tempi del Coronavirus. Qualche riflessione su ordine
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Viene così enfatizzato uno degli elementi connotativi del sistema di giu-
stizia amministrativa, ovvero la centralità della tutela d’urgenza153, la quale,
nel periodo contingente, racchiude tutta la protezione che può offrire, in ge-
nerale, l’intero sistema delle garanzie giurisdizionali154.
Anzi, può dirsi che, in molti casi, la tutela è solo quella anticipatoria, sic-
ché, conclusa la fase davanti al Presidente, specie se questi ha respinto
l’istanza, la trattazione collegiale non ha più ragione di essere, in quanto le
misure contestate hanno esaurito i propri effetti. In relazione ai provvedi-
menti che hanno disposto la quarantena domiciliare, ad esempio, non è stato
sporadico assistere alla cancellazione della causa dal ruolo155. In altre ipotesi,
nemmeno la tutela monocratica si è mostrata congeniale allo scopo, man-
cando pochi giorni alla fine del periodo di isolamento imposto156.
istituzionale e principio di ragionevolezza nello stato di emergenza, in questa Rivista, 1/2020,
526; R. CHERCHI - A. DEFFENU, Fonti e provvedimenti dell’emergenza sanitaria Covid-19:
prime riflessioni, ivi, spec. 675 ss.
153 Tra i tanti, si veda F.G. SCOCA, Il contributo della giurisprudenza costituzionale sulla
fisionomia e sulla fisiologia della giustizia amministrativa, in Dir. proc. amm., 2/2012, 371 ss.
154 Ancorché possa residuare un merito come stabilito dal T.a.r. Marche, sez. I, 5 marzo
2020, ord. n. 63. Resta da verificare in futuro il margine concreto per eventuali domande
risarcitorie derivanti dall’illegittimità dei provvedimenti impugnati (ma non sospesi). In ar-
gomento le notazioni di F. FRANCARIO, Diritto dell’emergenza e giustizia nell’amministra-
zione. No a false semplificazioni e a false riforme, in Federalismi.it, Osservatorio emergenza
Covid-19, 15 aprile 2020, spec. 5 ss., www.federalismi.it.
155 Ad esempio, si vedano i ricorsi innanzi al T.a.r. Campania, Napoli, contrassegnati
con r.g. 1048/2020 e r.g. 1120/2020.
156 C.d.S., sez. III, 30.3.2020, decreto n. 1553; T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 19
aprile 2020, decreto n. 221; Id., 24 aprile 2020, decreto n. 270. Si veda anche T.a.r. Veneto,
sez. II, 21 aprile 2020, decreto n. 205, secondo il quale «non va sospesa l’ordinanza sindacale
che dispone la chiusura temporanea dei cimiteri, atteso che il pregiudizio lamentato si è già
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In questo ha avuto un ruolo anche l’art. 84, d.l. n. 18 del 2020, secondo il
quale la domanda cautelare ordinaria, fino al 16 aprile157, comunque avrebbe
dovuto avere uno svolgimento bifasico: prima davanti al presidente e poi da-
vanti al collegio158. Si sono delineati, dunque, i decreti monocratici (non su
istanza ma) “prescritti” dal legislatore per compensare lo spostamento in
avanti della trattazione dell’istanza cautelare ordinaria in ragione dell’impe-
dimento derivante dal picco del contagio.
Peraltro, la dilatazione di questa fase nell’economia generale del processo
amministrativo è stata emblematica allorché si è avuto nel medesimo giudizio
la riedizione del potere cautelare monocratico: rigettata la richiesta volta alla
specifica tutela, a distanza di due giorni la stessa è stata reiterata con favore-
vole considerazione, questa volta, da parte del Presidente, in ragione del sup-
plemento di documentazione prodotta 159; in altre occasioni, invece, il rigetto
ormai per la più gran parte (30 giorni) consumato, e che il residuo periodo di chiusura del
cimitero (ulteriori 13 giorni), non appare di rilevanza temporale tale da aggravare in modo
determinante il danno già patito». E ancora T.a.r. Sardegna, sez. I, decreto 20 aprile 2020,
n. 141, in cui è stato sancito che l’ordinanza impugnata, concernente la chiusura delle libre-
rie, ha effetto fino al 26 aprile 2020, per un numero oramai limitatissimo di giorni feriali,
sicché, nella valutazione dei contrapposti interessi, nell’attuale situazione emergenziale, a
fronte di una compressione di alcune libertà individuali, deve essere accordata prevalenza
alle misure approntate per la tutela della salute pubblica.
157 Si veda la nota prot. n. 7400 del 20 aprile 2020 del Presidente del Consiglio di Stato,
in giustizia-amministrativa.it.
158 Invece, l’art. 3, d.l. n. 11 del 2020 aveva previsto la sola eventualità della trattazione
in due tempi dell’istanza cautelare ovvero sia su richiesta di almeno una parte.
159 T.a.r. Napoli, V, decreto 19 marzo 2020, n. 424; e decreto 21 marzo 2020, n. 436.
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dell’istanza è stato ribadito in quanto, ad avviso del giudice, nelle more non
è mutata la situazione di fatto160.
Dinanzi a questo scenario potrebbe rappresentare un’eccezione la pro-
nuncia del T.a.r. Catanzaro, con la quale è stato annullato il decreto del Pre-
sidente della Giunta calabrese che aveva consentito la ripresa dell’attività di
ristorazione161. Invero, attraverso la sentenza c.d. breve, la definizione del
giudizio in appena cinque giorni dal deposito del ricorso trae origine proprio
dall’incidente cautelare ordinario, unitamente alla rinuncia ai termini a di-
fesa offerta dalle parti162.
Non solo i profili strettamente processuali destano interesse. Sono degni,
altresì, di notazione i dispositivi di quei provvedimenti con i quali il giudice
amministrativo ha accolto in parte l’istanza di tutela d’urgenza, con la rimo-
dulazione della misura inflitta163.
Non v’è dubbio che, nella valutazione degli opposti interessi, sia prevalso
quello al mantenimento degli effetti del provvedimento impugnato, giacché
si farebbe carico delle esigenze di tutela della salute pubblica164.
160 T.a.r. Lombardia, decreto 27 aprile 2020, n. 651, secondo il quale, in ogni caso, la
domanda è priva di fondamento.
161 T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 8 maggio 2020, n. 841.
162 Tale pronuncia è molto interessante in quanto si sofferma su molteplici eccezioni
d’illegittimità sollevate nei confronti del d.l. n. 19 del 2020, reputandole tutte manifesta-
mente infondate. Per una più ampia disamina di questa decisione sia consentito rinviare al
mio Dalle leggi alle ordinanze di reazione, in corso di pubblicazione.
163 T.a.r. Campania, Napoli, sez. V, decreto 21 aprile 2020, n. 436.
164 T.a.r. Campania, Napoli, sez. V, 18 marzo 2020, decreto n. 416, relativamente alla
questione dell’attività motoria; il giudice discorre di limitata compressione della situazione
azionata. Sul tema si vedano le considerazioni di G. PITRUZZELLA, La società globale del
rischio e i limiti alle libertà costituzionali. Brevi riflessioni a partire dal divieto di sport e attività
motorie all’aperto, in Giust. ins., 2020, www.giustiziainsieme.it.
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In effetti, le ordinanze volte alla restrizione delle libertà dei singoli hanno
retto, specie nel periodo in cui maggiore è stato l’allarme circa la diffusione
del virus. Con la sola eccezione del decreto già citato del T.a.r. Marche165, può
dirsi che il giudice amministrativo ha condiviso la maggiore prudenza che ha
ispirato questa o quella autorità istituzionale nel disporre la concreta misura
oggetto del giudizio. In questa logica concorrente (more germanico166), la stella
polare è rappresentata dal convincimento che la linea minima della tutela –
inderogabile per gli altri enti – sia quella dettata dal Presidente del Consiglio
dei ministri167. Ciò è tanto più significativo se si considera che le misure anti-
cipatorie sono state negate in assenza di contraddittorio con la parte istitu-
zionale che avrebbe dovuto difendere i provvedimenti impugnati.
In effetti, il test di ragionevolezza/proporzionalità è stato sempre positi-
vamente superato, ancorché con motivazioni raramente esaustive, giustifica-
bili invero alla luce della estrema celerità che connota i procedimenti in que-
stione. Ciò anche quando forse si sarebbe potuto immaginare una maggiore
articolazione delle misure in ragione della diversa virulenza con la quale il
165 In questo solco può annoverarsi anche l’annullamento prefettizio delle ordinanze
sindacali adottate nell’isola di Ischia, volte ad impedire l’accesso a coloro che provenivano
dalla Cina, Lombardia e Veneto. In argomento A. DE SIANO, Ordinanze sindacali e annulla-
mento prefettizio ai tempi del Covid-19, in Federalismi.it, Osservatorio sull’emergenza Covid-19,
15 aprile 2020, www.federalismi.it.
166 Secondo M. COSULICH, Lo Stato regionale italiano alla prova dell’emergenza virale, in
Corti supreme e salute, 1/2020, 5, www.cortisupremeesalute.it.
167 Paradigmatica, da ultimo, T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 9 maggio 2020, n. 841.
Ma echi vi sono anche nella sede consultiva a partire dal parere citato.
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Covid-19 ha interessato le diverse zone del Paese (non solo tra regioni ma an-
che tra aree ad alta e bassa densità demografica)168.
Nel reticolo dei provvedimenti che si sono succeduti, sovente, è stato di-
sagevole individuare “chi fa cosa”. La casistica offre numerosi spunti. Mi li-
mito a indicarne alcuni.
Ad esempio, è meritevole di considerazione un decreto presidenziale se-
condo il quale non può essere sospesa l’ordinanza contingibile e urgente del
Presidente della Regione Sicilia che reitera il divieto di ogni attività motoria
all’aperto anche in forma individuale, comprese quelle dei minori accompa-
gnati dai genitori, e ciò in quanto l’art. 3, co. 2, d.l. n. 19 del 2020, vieta tas-
sativamente ai soli Sindaci di provvedere «in contrasto con le misure statali»,
mentre altrettanto non risulta essere sancito per gli organi di livello regio-
nale169.
Così come non può essere inibita l’efficacia dell’ordinanza sindacale che
ha disposto stringenti limitazioni alle uscite per gli acquisti di generi alimen-
tari, non essendo incise posizioni di interesse o diritto degli appellanti da ri-
tenersi irreversibilmente e definitivamente sacrificate nelle more della deci-
sione cautelare collegiale170.
In qualche occasione, all’accoglimento della domanda cautelare si è frap-
posto un ostacolo di carattere strettamente procedurale come la mancanza di
168 Sul tema, tra gli altri, F. CINTIOLI, Sul regime del lockdown in Italia (note sul decreto
legge n. 19 del 25 marzo 2020), in Federalismi.it, Osservatorio sull’emergenza Covid-19, 6 aprile
2020, spec. 13 ss., www.federalismi.it.
169 T.a.r. Sicilia, Palermo, sez. I, 17 aprile 2020, decreto n. 458.
170 C.d.S., sez. III, 17 aprile 2020, decreto n. 2028; T.a.r. Sardegna, sez. I, 7 aprile 2020,
decreto n. 122. Sulla vendita dei generi alimentari non preconfezionati si veda anche T.a.r.
Emilia-Romagna, sez. I, 24 aprile 2020, decreto n. 183.
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atti applicativi delle disposizioni impugnate, circostanza che ridondava sulla
mancanza di un interesse attuale alla domanda cautelare171.
In definitiva, è stata ritenuta prevalente la funzione preventiva e precau-
zionale, sottesa alle misure disposte172, volta – è stato affermato testualmente
– a prevenire «un danno infinitamente più grande» di quello economico avan-
zato, nell’occasione, dai ricorrenti le cui attività imprenditoriali erano state
inibite173.
Solo in un caso non ha retto l’ordinanza normativa di tipo restrittivo: si
trattava di un provvedimento sindacale in cui si ordinava la chiusura dei di-
stributori automatici di bevande e alimenti confezionati, rientrando questa
tra quelle di vendita di generi alimentari, seppure in forma automatica, che
la stessa ordinanza faceva salve; tra l’altro, dall’esecuzione dell’ordinanza de-
rivava un danno irreparabile al ricorrente che traeva dall’attività l’unica
fonte di sostentamento per sé e per la propria famiglia174.
Molto più stringente il controllo del giudice amministrativo sulle misure
normative tese ad ampliare le facoltà dei privati. Emblematico il caso recente
della sospensione di un’ordinanza del Presidente della Lombardia con la
quale, in deroga al DPCM, era stata autorizzata la consegna a domicilio da
parte degli operatori commerciali al dettaglio per tutte le categorie merceolo-
giche. Il ricorso è stato presentato dalle organizzazioni sindacali e il Giudice
ha riconosciuto fondata l’esigenza di tutelare il diritto alla salute dei lavora-
tori rappresentati: il pregiudizio sarebbe stato di tale intensità da non con-
sentire la dilazione fino alla prima camera di consiglio utile175. Pronuncia,
questa del giudice milanese, che ha resistito anche alla successiva richiesta di
171 T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 15 aprile 2020, decreto n. 219.
172 T.a.r. Campania, Napoli, sez. V, 14 aprile 2020, decreto n. 779.
173 T.a.r. Friuli-Venezia Giulia, sez. I, 10 aprile 2020, decreto n. 61.
174 T.a.r. Sardegna, sez. I, 10 aprile 2020, decreto n. 133.
175 T.a.r. Lombardia, Milano, sez. I, 23 aprile 2020, decreto n. 634.
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revoca avanzata dalla Regione Lombardia, respinta con motivazione tal-
mente ampia da apparire superflua la fase davanti al collegio176.
Non pare indugiare più di tanto il giudice amministrativo sulle impugna-
tive riguardanti la legittimità della scelta effettuata per la costituzione di un
Comitato di esperti presso la Presidenza del Consiglio177.
Diversamente (almeno in parte) è accaduto con riferimento ai singoli
provvedimenti applicativi laddove qualche spiraglio per i ricorrenti si è
aperto in ragione della specificità del caso178.
In questa direzione sono stati sospesi i provvedimenti della Azienda Sa-
nitaria nella parte in cui, immotivatamente, dispongono il ricovero presso
una struttura privata accreditata residenziale di una paziente proveniente
dal Molise senza aver disposto preventivamente il tampone di controllo per
verificare che la paziente medesima non sia affetta da coronavirus179.
176 T.a.r. Lombardia, Milano, sez. I, 27 aprile 2020, decreto n. 651.
177 T.a.r. Lazio, sez. I, 20 aprile 2020, decreto n. 2915. Si veda anche C.d.S., sez. III, 23
aprile 2020, decreto n. 2128, in cui l’appello viene dichiarato inammissibile in quanto non
viene in rilievo la perdita di beni direttamente garantiti dalla Costituzione.
178 T.a.r. Campania, Napoli, sez. V, 25 marzo 2020, decreti n. 595 e n. 575, relativi alla
quarantena domiciliare irrogata.
179 T.a.r. Molise, 30 marzo 2020, decreto n. 62. Di contro, è stata respinta la richiesta di
sospensione cautelare dell’ordine di quarantena obbligatoria con sorveglianza sanitaria e
isolamento presso la propria residenza avanzata da un bracciante agricolo che si era allon-
tanato dalla propria abitazione per andare a lavorare nei campi, atteso che «nell’attuale fase
epidemica, in sede di comparazione degli interessi in conflitto, si deve dare prevalenza a
quello pubblico inerente la tutela della salute della collettività e della necessità di arginare
qualsiasi rischio di contagio»: T.a.r. Calabria, Catanzaro, sez. I, 28 marzo 2020, decreto n.
165.
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Analogamente è stata sospesa la messa in quarantena per 14 giorni nei
confronti di un avvocato che si era recato in tribunale per impegni professio-
nali relativi ad alcuni giudizi pendenti180.
Resta fermo, comunque, un orientamento complessivamente sfavorevole
ai ricorrenti da parte del giudice amministrativo, il quale ritiene prevalenti le
esigenze di tutela della salute mediante il rispetto delle restrizioni e delle clau-
sole volte al distanziamento sociale al fine di evitare il diffondersi del conta-
gio181.
5. La nuova configurazione di alcuni istituti processuali
È dato anche assistere a un adattamento degli istituti processuali.
Ciò è avvenuto, in via normativa, con la moltiplicazione dei riti nel pro-
cesso amministrativo introdotti dai decreti-legge che si sono rincorsi nell’arco
180 T.a.r. Campania, Napoli, sez. V, 20 marzo 2020, n. 433. Viceversa, è stata respinta
la richiesta di misure cautelari avanzata da un giornalista contro l’obbligo di quarantena
domiciliare non avendo questi disconosciuto le inottemperanze alla prescrizione di cui al
punto n. 1 dell’ordinanza del Presidente della Regione Campania n. 15 del 13 marzo 2020,
né risultando asserita la sussistenza di alcuna delle cause giustificative di esclusione dal di-
sposto obbligo di «rimanere nelle proprie abitazioni»: T.a.r. Campania, Napoli, sez. V, 24
marzo 2020, decreto n. 471.
181 T.a.r. Lazio, sez. II-bis, 27 marzo 2020, decreto n. 2225, riguardo al caso di chiusura
degli uffici comunali e della conseguente sospensione degli incontri tra il padre e la figlia che
si svolgevano con la mediazione di una figura professionale del servizio sociale. Si veda anche
T.a.r. Lombardia, Milano, sez. I, 7 marzo 2020, decreto n. 293.
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di qualche settimana182. Uno addirittura, specialissimo, la cui vigenza ha in-
teressato il periodo dal 6 al 15 aprile, definito efficacemente “rito pasquale”.
Ma vi è stata anche una trasfigurazione in via pretoria di quelli esistenti.
Emblematico, tra i tanti183, il caso dell’appellabilità proprio dei decreti
cautelari monocratici.
Va precisato che l’art. 56, co. 1, c.p.a., stabilisce che: «Prima della trat-
tazione della domanda cautelare da parte del collegio, in caso di estrema gra-
vità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data
182 Per un’ampia disamina R. DE NICTOLIS, Il processo amministrativo ai tempi della
pandemia, in Federalismi.it, Osservatorio sull’emergenza Covid-19, 15 aprile 2020, www.fede-
ralismi.it.
183 Occorre segnalare anche C.d.S., sez. VI, 21 aprile 2020, ordinanza n. 2538, secondo
la quale l’art. 84, co. 5, d.l. n. 18 del 2020, in tema di rito cartolare “coatto”, va interpretato
in senso costituzionalmente e convenzionalmente orientato. Per cui «ciascuna delle parti ha
facoltà di chiedere il differimento dell’udienza a data successiva al termine della fase emer-
genziale allo scopo di potere discutere oralmente la controversia, quando il Collegio ritenga
che dal differimento richiesto da una parte non sia compromesso il diritto della controparte
ad una ragionevole durata del processo e quando la causa non sia di tale semplicità da non
richiedere alcuna discussione potendosi pur sempre, nel rito cartolare, con la necessaria pru-
denza, far prevalere esigenze manifeste di economia processuale (e ciò in particolare nella
fase cautelare, mentre la pretermissione della discussione nel giudizio di merito va valutata
anche alla luce di potenziali effetti irreversibili sul diritto di difesa che andrebbero per
quanto possibile evitati, stante la necessaria temporaneità e proporzionalità delle misure
processuali semplificate legate alla situazione pandemica ‘acuta’)». Sul punto M.A. SAN-
DULLI, Nei giudizi amministrativi la nuova sospensione dei termini è “riservata” alle azioni:
neglette le posizioni dei resistenti e dei controinteressati e il diritto al “pieno” contraddittorio
difensivo. Con postilla per una proposta di soluzione flessibile, in Federalismi.it, Osservatorio
sull’emergenza Covid-19, 9 aprile 2020, www.federalismi.it; C. VOLPE, Pandemia, processo
amministrativo e affinità elettive, in www.giustizia-amministrativa.it, 2020.
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della camera di consiglio, il ricorrente può, con la domanda cautelare o con
distinto ricorso notificato alle controparti, chiedere al presidente del Tar, o
della sezione cui il ricorso è assegnato, di disporre misure cautelari provviso-
rie».
Aggiunge il comma 2 dello stesso articolo: «Il presidente o un magistrato
da lui delegato (…) provvede con decreto motivato non impugnabile»184.
Per di più, questa voluntas legis è stata ribadita da ultimo, in quanto lo
schema iniziale dell’art. 84, d.l. n. 18 del 2020, contemplava la facoltà dell’ap-
pello dei decreti monocratici ex lege, poi espunta nel testo definitivo185.
Orbene, a fronte di tale quadro viene in evidenza la posizione assunta dai
presidenti di alcune sezioni del Consiglio di Stato, secondo i quali, sulla scorta
di due isolati precedenti186, l’appello sui decreti monocratici sarebbe ammis-
sibile – e qui si tratterebbe di una novità assoluta – «nei soli limitatissimi casi
in cui l’effetto del decreto presidenziale del TAR produrrebbe la definitiva e
irreversibile perdita del preteso bene della vita che corrisponda a un diritto
costituzionalmente garantito»187.
184 Corsivo non testuale.
185 M.A. SANDULLI, Sugli effetti pratici dell’applicazione dell’art. 84 d.l. n. 18 del 2020 in
tema di tutela cautelare: l’incertezza del Consiglio di Stato sull’appellabilità dei decreti monocra-
tici, in Federalismi.it, Osservatorio sull’emergenza Covid-19, 13 marzo 2020, www.federali-
smi.it.
186 C.d.S., sez. IV, 7 dicembre 2018, decreto n. 5971; C.d.S., sez. III, 11 dicembre 2014,
decreto n. 5650.
187 C.d.S., sez. III, 30 marzo 2020, decreto n. 1553, con il quale l’appello, dichiarato
ammissibile, viene però rigettato, attesa la priorità nazionale costituita dalla rigorosa pre-
venzione anti-Covid19. Si veda anche C.d.S., sez. VI, 23 marzo 2020, n. 1343, con il quale è
respinta la domanda di concessione di decreto monocratico cautelare, non essendo rilevate
situazioni di estrema gravità e urgenza; C.d.S., sez. III, 17 aprile 2020, decreto n. 2028, con
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Molto si potrebbe dire riguardo alla nozione di “diritto costituzional-
mente garantito” specie in ragione dell’oscillante lettura circa la clausola
(aperta o meno) che sarebbe insita nell’art. 2 della Costituzione188, sicché, am-
mettendosi, come nella sostanza accade, anche i “nuovi” diritti nel tessuto
costituzionale, è difficile circoscrivere il raggio applicativo dell’istituto pro-
cessuale. Con la conseguenza che esso potrebbe prestarsi ad applicazioni sog-
gettive (se non arbitrarie).
Ma, in disparte tali pur non trascurabili aspetti, si vuole appuntare l’at-
tenzione sul fatto che l’istituto è di derivazione prettamente pretoria, il che
non sorprende, tenuto conto dell’inarrestabile ascesa del diritto – anche pro-
cessuale – a formazione giurisprudenziale189.
Sorprende invece che la creatività del giudice si realizzi in collisione col
chiaro dettato normativo: se la lettera della disposizione mostra lacune nella
tutela dei diritti costituzionali, il diritto costituzionale impone che venga solle-
vata una questione di legittimità, affinché, ai sensi dell’art. 134 della Carta,
la Corte possa esercitare il suo sindacato.
Non è da escludere che questa apertura all’impugnazione di decreti mo-
nocratici sia funzionale a che il Consiglio di Stato – per il tramite dei presi-
denti di sezione – conservi almeno il “controllo” di quelle decisioni cautelari
rese su fondamentali atti di governo dell’emergenza, evitando di confinare il
il quale, richiamato il precedente decreto n. 1553 della sezione, l’appello è dichiarato inam-
missibile perché non inciderebbe su posizione di interesse o diritto degli appellanti da rite-
nersi irreversibilmente e definitivamente sacrificate nelle more della decisione cautelare col-
legiale.
188 Si veda, tra i tanti, E. ROSSI, Art. 2, in La Costituzione Italiana. Principi fondamen-
tali. Diritti e doveri dei cittadini, a cura di R. Bifulco - A. Celotto - M. Olivetti, Torino 2007,
spec. 47; P. CARETTI, I diritti fondamentali. Libertà e diritti sociali, Torino 2005, 138.
189 Sul punto diffusamente S. STAIANO, In tema di teoria e ideologia del giudice legislatore,
in Federalismi.it, 17/2018, www.federalismi.it.
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relativo sindacato al presidente di una sezione del tribunale amministrativo
territorialmente competente (o al magistrato delegato).
Del resto, nell’ambito della basilare posizione occupata in questo inter-
vallo temporale dalla giustizia amministrativa, il Consiglio di Stato, in modo
paradossale, rischia di essere relegato in un ruolo complementare anche in
considerazione della circostanza che, di fatto, non è coinvolto nel processo di
comando volto a contrastare la pandemia: tutti gli atti finora emanati, in-
fatti, sono sottratti al suo parere preventivo190.
190 Con l’eccezione, ma in tutt’altro campo, del richiamato avviso espresso in ordine
all’annullamento, in via straordinaria, della già citata ordinanza del sindaco di Messina.
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FORTUNATO MUSELLA*
I poteri di emergenza nella Repubblica dei Presidenti
Abstract (It.): la fase aperta dalla diffusione del coronavirus ha potenziato gli attori
monocratici in Italia, rafforzando i processi di personalizzazione della politica a livello sia
nazionale che regionale. Questo articolo si propone di analizzare l’uso dei poteri di emergenza
al fine di far luce su alcuni attriti e malfunzionamenti presenti nella nostra struttura istitu-
zionale, a partire dalla difficile relazione tra Stato e Regioni.
Abstract (En.): the phase opened by the spread of coronavirus has strengthened
monocratic actors in Italy, so reinforcing ongoing trends of personalization of politics at both
national and regional levels. This article aims at analyzing the use of emergency powers in
order to shed light on some frictions and malfunctions present in our institutional structure,
starting from the difficult relationship between State and Regions.
* Professore Ordinario di Scienza Politica nell’Università degli Studi di Napoli Federico
II.
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SOMMARIO: 1. Dalla primazia all’emergenza. – 2. I decreti del Presidente del Consiglio.
– 3. Le ordinanze dei Presidenti delle Regioni. – 4. Virus e diagnosi.
1. Dalla primazia all’emergenza
Le fasi di emergenza rafforzano le figure monocratiche191. Ciò attiene
alle necessità funzionali di agire rapidamente in situazioni non prevedibili
e di particolare pericolo, che non possano permettere i consueti procedi-
menti deliberativi degli organi collegiali. Ne abbiamo un esempio già
nell’antica Roma dove il dictator – magistratura ordinaria istituita de iure
ben lontana dalle recenti leadership autoritarie – prendeva le redini per un
tempo stabilito per ripristinare l’ordine quando questo veniva a man-
care192. Anche le democrazie contemporanee permettono stati di transito-
ria, più o meno marcata, sospensione delle norme generali193 per fronteg-
191 Questo lavoro si colloca nell’ambito del progetto di ricerca «Problematiche giuri-
diche ed economiche scaturite dall’emergenza coronavirus e conseguenze del fenomeno
sui sistemi politico-istituzionali», coordinato dal prof. Sandro Staiano, Università degli
studi di Napoli Federico II.
192 Sulle trasformazioni storiche della dittatura G. SARTORI, Appunti per una teoria
generale della dittatura, in K. VON BEYME (a cura di), Theorie und Politik, Den Haag 1972,
456-485. Sulle difficoltà, più volte riconosciute dalla teoria politica, dei sistemi democra-
tici a fronteggiare le crisi radicali si veda C. ROSSITER, Constitutional dictatorship: crisis
government in the modern democracies, Princeton 1948.
193 C. MORTATI, La Costituzione materiale, Milano 1940; ID., Note sul rapporto tra
costituzione e politica nel pensiero di Carl Schmitt, in Quaderni fiorentini, 1973, 511-532.
Si vedano anche i commenti al pensiero di tale Autore contenuti in L. CARLASSARE, Stati
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giare situazioni singolari, che, unitamente a restringimenti delle libertà co-
stituzionali dei cittadini, finiscono per attribuire ai governanti competenza
straordinaria di esercizio delle funzioni legislative. Nel nostro paese, lo
stato di emergenza194 causato dalla diffusione del Covid-19195, che si è svi-
luppato con particolare repentinità, ha indotto a misure straordinarie che
d’eccezione e sospensione delle garanzie costituzionali secondo Mortati, in Il pensiero giuri-
dico secondo Mortati, Milano 1990, 479-490; G. DE VERGOTTINI, Necessità, costituzione
materiale e disciplina dell’emergenza. In margine al pensiero di Costantino Mortati, in Dir.
soc., 1992, 217-260. Per una disamina più recente del concetto di stato di eccezione come
sospensione del diritto legalizzata si rimanda a G. AGAMBEN, Lo Stato di eccezione, Torino
2003; B. ACKERMAN, La costituzione di emergenza. Come salvaguardare libertà e diritti ci-
vili di fronte al pericolo del terrorismo, Roma 2005; G. MARAZZITA, L’emergenza costituzio-
nale, definizione e modelli, Milano 2003; F. RIMOLI, Stato di eccezione e trasformazioni
costituzionali: l’enigma costituente, in www.associazionedeicostituzionalisti.it, 2007; M.A.
CABIDDU, Necessità ed emergenza: ai confini dell’ordinamento, in Amministrare, 2/2010,
167-184.
194 Lo stato di emergenza di rilievo nazionale è stato dichiarato con Delibera del Con-
siglio dei Ministri, 31 gennaio 2020, Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza
del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissi-
bili, ex art. 7.1, lett. c), d.lgs. 1/2018, Codice della Protezione civile.
195 Molte Costituzioni democratiche del secondo dopoguerra hanno formalizzato
l’emergenza costituzionale in apposite disposizioni (es., art. 16 Cost. Francia; art. 116
Cost. Spagna; artt. 81 ss. Cost. tedesca). L’Italia ha mostrato, a seguito dell’esperienza
fascista, chiara ritrosia nel delineare uno stato di eccezione al governo parlamentare,
tanto che non ci sono organi preposti alla sua gestione o istituti che la disciplinino, cfr.
G. ROLLA, Profili costituzionali dell’emergenza, in Rivista AIC, 2/2015, 1-26, www.rivi-
staaic.it. Sul punto riflette di recente V. BALDINI, Emergenza sanitaria e Stato di preven-
zione, in Dirittifondamentali.it, 1/2020, 27 febbraio 2020, www.dirittifondamentali.it; E.
BERTOLINI, Democracy and the State of Exception. The Italian experience, in Zeitschrift für
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si iscrivono nell’eccezionalità della contingenza storica196, comportando
una traslazione del potere verso l’organo governativo, che si fa interprete
di una emergency clause ancora da definirsi197. Tale processo avviene nella
particolare fase storica che il nostro paese sta vivendo, caratterizzato da
aperte difficoltà del circuito rappresentativo imperniato su partiti politici
che invece avevano agito sino a pochi decenni fa come asse portante
Politikwissenschaften, 4/2018, 507-520. Si calcola che attualmente oltre il novanta per
cento dei paesi comprendano una clausola di emergenza scritta nella loro Costituzione,
cfr. C. BJØRNSKOV, S.VOIGT, The architecture of emergency constitutions, in International
Journal of Constitutional Law, 1/2018, 101-127.
196 Taluni hanno ravvisato nell’emergenza posta dal coronavirus una sorta di stato
di guerra. La metafora, per quanto possa fare evocare alcuni stati d’animo vissuti da
molti cittadini, appare fuorviante, perché porterebbe a richiamare il conferimento al Go-
verno di poteri necessari da parte del Parlamento ex art. 78 Cost. Cfr. S. CASSESE, La
pandemia non è una guerra. I pieni poteri al governo non sono legittimi, in Il Dubbio, 14
aprile 2020. Il quadro di riferimento per lo stato di necessità che si è venuto a creare,
quadro rispetto al quale l’azione governativa non sempre si è iscritta completamente, fa
capo alle norme relative alla decretazione d’urgenza ex art. 77 Cost.
197 Così si esprimeva il Presidente del Consiglio Conte nella sua informativa al Par-
lamento italiano del 25 marzo 2020: «Poiché il nostro ordinamento, e lo vorrei sottoli-
neare, non conosce – a differenza di altri ordinamenti giuridici – un’esplicita disciplina
per lo stato di emergenza, abbiamo dovuto costruire, basandoci pur sempre sulla legisla-
zione vigente, un metodo di azione e di intervento che mai è stato sperimentato prima».
In questo modo il Presidente del Consiglio sembra segnalare, e avocare a sé, una prero-
gativa rientrante nel novero delle policy costitutive. Tuttavia, è bene sottolineare che lo
stato di necessità, per quanto apra a percorsi non interamente deducibili dalle norme
giuridiche, con sovrapposizione del fatto politico sul diritto, non è tale da lasciare inten-
dere un’attività di regime-building.
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dell’edificio statale198. Ha così rilanciato i processi di personalizzazione
della politica che, già presenti nel nostro sistema politico, si sono espressi
con particolare evidenza durante la crisi epidemica, soprattutto facendo
leva sull’uso delle ordinanze emergenziali rese necessarie per la salvaguar-
dia della sicurezza pubblica199.
Il Presidente del Consiglio è il protagonista normativo di questa fase.
Tale figura aveva già rafforzato la sua posizione, attestandosi come guida
della compagine governativa sulla base di un rapporto diretto con l’eletto-
rato, un processo di presidenzializzazione avvenuto senza alcun cambia-
mento formale della Carta costituzionale200. Gli indicatori della produzione
legislativa mostravano, infatti, il trasferimento di poteri dall’organo par-
198 È questa la tesi, che trova pieno fondamento negli studi politologici, di P. MAIR,
Ruling the void: The hollowing of Western democracy, Londra-New York 2013; trad. it.
Governare il vuoto. La fine della democrazia dei partiti, Soveria Mannelli 2016. Sulla pecu-
liarità del caso italiano nell’ambito di una tendenza che unifica lo scenario occidentale,
si veda M. CALISE, La democrazia del leader, Roma-Bari 2016.
199 Cfr. A. CARDONE, La «normalizzazione» dell’emergenza. Contributo allo studio del
potere extra ordinem del Governo, Torino 2011; E.C. RAFFIOTTA, Norme d’ordinanza. Con-
tributo alla teoria delle ordinanze emergenziali come fonti normative, Bologna 2020.
200 Tali processi sono stati indagati in T. POGUNTKE, P. WEBB (eds.),The Presiden-
tialization of Politics: A Comparative Study of Modern Democracies, Oxford 2005; L. ELIA,
La presidenzializzazione della politica, in Teoria Politica, 1/2005, 5-11; A. DI GIOVINE, A.
MASTROMARINO (a cura di), La presidenzializzazione degli esecutivi nelle democrazie con-
temporanee, Torino 2007; T.E. FROSINI, C. BASSU, P. L. PETRILLO (a cura di), Il presi-
denzialismo che avanza, Roma 2009; F. MUSELLA, P. WEBB (a cura di), The Personal Lea-
der in Contemporary Party Politics, special issue Rivista Italiana di Scienza Politica/Ita-
lian Political Science Review, 3/2015.
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lamentare all’esecutivo, e in tale ambito la predisposizione di canali auto-
nomi di normazione da parte del suo vertice201. La decretazione di urgenza
diveniva uno dei principali canali per la realizzazione del programma poli-
tico governativo, anche associata negli ultimi anni all’uso tattico della
questione di fiducia202, un mezzo per compattare la maggioranza parla-
mentare, o addirittura irretirne la volontà203. Ben prima di un effettivo
201 Ampia analisi sull’ampliamento della decretazione governativa è presentata in
M. CALISE, Il Governo, in F. BARBAGALLO (a cura di), Storia dell’Italia Repubblicana,
Torino 1997, 303 ss.; A. CELOTTO, L’abuso del decreto-legge, Padova 1997; S. STAIANO,
Brevi note su un ossimoro: l’emergenza stabilizzata, in ID. (a cura di), Giurisprudenza costi-
tuzionale e principi fondamentali. Alla ricerca del nucleo duro delle Costituzioni, Atti del
Convegno annuale del Gruppo di Pisa, Torino 2006; G. PITRUZZELLA, Decreto-legge e
forma di governo, in A. SIMONCINI (a cura di), L’emergenza infinita. La decretazione d’ur-
genza in Italia, Macerata 2006, 63-72; N. LUPO, Recenti tendenze in tema di decreti-legge e
decreti legislativi, in Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, 19/2008, 47-63;
M. CARTABIA, Il Governo “Signore delle fonti”?, in M. CARTABIA, E. LAMARQUE, P. TAN-
ZARELLA (a cura di), Gli atti normativi del Governo tra Corte costituzionale e giudici: atti
del convegno annuale dell’Associazione “Gruppo di Pisa”, Torino 2011, XI-XII; R. ZAC-
CARIA, Fuga dalla legge? Seminari sulla qualità della legislazione, Brescia 2011; F. MU-
SELLA, Governare senza il Parlamento? L’uso dei decreti legge nella lunga transizione ita-
liana (1996-2012), in Rivista Italiana di Scienza Politica, 3/2012, 457-478; G. SERGES,
Crisi della rappresentanza parlamentare e moltiplicazione delle fonti, in Osservatorio sulle
fonti, 3/2017, 5.
202 Secondo un andamento crescente nel corso dell’ultimo decennio, le questioni di
fiducia poste sui decreti-legge sono state ben 56 durante la XVII legislatura, riguardando
circa il sessanta per cento della decretazione d’urgenza complessiva (elaborazione propria
su dati del Senato della Repubblica).
203 È questo infatti, in un’ottica di analisi di lungo periodo della decretazione gover-
nativa, l’elemento che più chiaramente segna il passaggio dalla fase di collaborazione tra
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stato di necessità, e in mancanza di casi straordinari di necessità e urgenza,
i decreti erano stati così molto spesso piegati a strumento ordinario di go-
verno204, nonostante la Corte costituzionale abbia teso a stringere le maglie
del suo sindacato205. Si era intensificato poi l’utilizzo degli strumenti di de-
cretazione autonomi del leader, a superamento del principio di collegialità
dell’esecutivo. La quantità e l’anomalia procedurale dei decreti del Presi-
dente del Consiglio, che hanno costituito una delle principali modalità di
indirizzo politico nella fase di crisi pandemica, si poggia e rilancia tali ten-
denze: chiuso il Parlamento per impossibilità – o scelta politica?206 – di
esecutivo e Parlamento nel meccanismo di produzione e reiterazione dei decreti, all’uti-
lizzo dei decreti come strumento unilaterale di realizzazione del programma governativo,
cfr. F. MUSELLA, Governare senza il Parlamento? L’uso dei decreti legge nella lunga transi-
zione italiana (1996-2012), cit.
204 È questa una tendenza di lunghissimo periodo, che trova sostegno nella dottrina
sviluppata nel XIX secolo nel nostro Paese e poi nella disciplina giuridica fascista, per
la quale in situazioni straordinarie la necessità diventa fonte del diritto. Si veda, per una
puntuale analisi, M. FIORAVANTI, Le potestà normative del governo: dalla Francia d’ancien
régime all’Italia liberale, Milano 2009.
205 Sulle decisioni della Corte costituzionale in materia di attività governativa cfr.
M. TROISI, Il governo nelle decisioni della Corte costituzionale, in F. MUSELLA (a cura di),
Il governo in Italia. Profili costituzionali e dinamiche politiche, Bologna 2019, 95-122.
206 Si consideri la scelta compiuta dal paese che ha dato origine al parlamentarismo
moderno: in Gran Bretagna si è dato luogo ad un “Virtual Parliament”, con soli cin-
quanta membri fisicamente presenti in aula e sino ad un massimo di centoventi eletti
collegati in videoconferenza, utilizzando – cosa che crea un’ulteriore contraddizione nello
schema classico che contrappone pubblico e privato nella storia occidentale – una piat-
taforma proprietaria, cfr. Coronavirus: MPs approve new working arrangements as Com-
mons returns, in bbc.com, 21 Aprile 2020. Si veda anche l’analisi pubblicata dall’Hansard
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convocare sedute che implicassero la prossimità degli eletti, si sono seguiti
percorsi decisionali che esprimevano piena centralità del Presidente del
Consiglio, limitando dunque l’unitarietà dell’indirizzo politico dell’esecu-
tivo e anche di fatto il coinvolgimento a posteriori di altri organi costitu-
zionali.
Non è un caso che a contrastare il monopolio di decretazione del Pre-
sidente del Consiglio sono solo le altre figure monocratiche poste a livello
regionale. Si tratta di quei «governatori», come ha preso a chiamarli la
stampa richiamando impropriamente l’esperienza federale statunitense,
che diventano in fase di emergenza i difensori delle loro terre regionali –
anch’essi in un contesto che conferma il lungo processo di eclissi della po-
litica partitica207. Sulla base della riforma costituzionale del 1999 che ne
prevedeva l’elezione diretta, essi sono diventati la più alta autorità politica
dotata di legittimazione diretta nel nostro paese. Al tempo del coronavi-
rus, anche in ragione del riparto tra Stato e Regioni che vede queste ultime
titolari di rilevanti competenze in campo sanitario, avviene tuttavia un
salto di personalizzazione e esposizione che, accantonando sigle e segreterie
di partito, non ha precedenti208. Nella completa assenza dei consigli regio-
nali, i Presidenti di Regione hanno prodotto una mole di provvedimenti
Society: J. TAYLOR, Proposal for a “virtual” Parliament: how should parliamentary proce-
dure and practices adapt during the Coronavirus pandemic?, London, UK Parliament, 2020.
207 La stessa logica porta all’attivismo dei sindaci a livello municipale, i quali, pur se
con posizione e visibilità diversa rispetto ai Presidenti di Regione, hanno adottato ordi-
nanze spesso anticipando o contrastando le misure del livello nazionale. Tanto da indurre
il Ministero dell’Interno a pubblicare una circolare recante istruzioni operative per gli
Enti locali volte a limitare le ordinanze dei sindaci in contrasto con le norme statali, at-
tribuendo ai prefetti specifici poteri di sorveglianza (Ministero dell’Interno, circolare 26
marzo 2020).
208 M. CALISE, Partiti in panchina, governatori in campo, in Il Mattino, 17 marzo 2020.
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quanto mai estesa e variegata, spesso integrando, o anche contraddicendo,
i decreti del capo di governo. Secondo taluni si tratta di un virus regiona-
lista che ha accresciuto «l’incertezza del diritto in emergenza»209, mettendo
in evidenza una frizione mai sopita tra livelli istituzionali del nostro ordi-
namento. Questo contributo riflette sugli atti normativi prodotti per via
emergenziale al tempo del Covid-19, al fine di valutarne il discostamento
dalle prescrizioni costituzionali e le tensioni che essi dischiudono tra i di-
versi livelli istituzionali dell’assetto repubblicano.
2. I decreti del Presidente del Consiglio
Le prime misure contro la diffusione del contagio da coronavirus in
Italia sono state adottate secondo la normativa vigente, vedendo la com-
partecipazione di una pluralità di attori chiamati in causa dall’emergenza.
In una primissima fase, si fa riferimento alle norme contenute nel codice di
protezione civile, che attribuiscono al Presidente del Consiglio la compe-
tenza a intervenire, insieme con le autorità di protezione civile, per fron-
teggiare una emergenza di rilievo nazionale che richiede «mezzi e poteri
straordinari»210. A partire dalle giornate del 20 e 21 febbraio 2020 è invece
il quadro normativo in materia di emergenza sanitaria ad assumere premi-
nenza, attribuendo il potere di emettere ordinanze di carattere contingibile
e urgente, da una parte, al Ministro della Sanità, in relazione al territorio
nazionale o parte di esso, dall’altra, ai Presidenti della giunta regionale e
209 S. CASSESE, Il decreto coronavirus e l’incertezza del diritto in emergenza, in Corriere
della Sera, 24 marzo 2020.
210 É questa l’espressione utilizzata dall’art. 7 del decreto legislativo 2 gennaio 2018,
n. 1 recante il Codice della protezione civile.
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ai sindaci rispetto ai territori di competenza211. Due giorni dopo però, con
l’adozione del decreto-legge 23 febbraio 2020, recante «Misure urgenti in
materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da CO-
VID 19», inizia una fase del tutto nuova, nella quale «si finisce per scegliere
una terza via»212. Ciò conduce alla centralizzazione del comando emergen-
ziale nelle mani del Presidente del Consiglio, in piena marginalizzazione del
processo legislativo ordinario.
L’adozione del decreto-legge n.6/2020213 apre ad una catena di decreti
presidenziali che, rispondendo all’escalation di contagio epidemico, non ha
precedenti nella storia repubblicana. Il potere di ordinanza del Presidente
del Consiglio, retto da decreto-legge deliberato dall’esecutivo, viene per
questa via rivolto ad adottare «ogni misura di contenimento e gestione
adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica»
(art. 1.1 e art. 2). Di fatto ciò è avvenuto attraverso numerosi provvedi-
menti governativi a estesa discrezionalità applicativa, così che la primazia
che il Presidente del Consiglio è andato acquisendo nei processi decisionali
ha poi mostrato «il carattere relativo che può avere la riserva di legge in
relazione ad alcuni diritti fondamentali»214.
I decreti del Presidente del Consiglio – i D.p.c.m. che sono divenuti per
gli italiani uno dei termini più comuni del lessico della crisi epidemiologica
211 Legge n. 833/1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale.
212 M. CAVINO, Covid-19. Una prima lettura dei provvedimenti adottati dal Governo, in
Federalismi.it, Osservatorio Emergenza Covid-19 n. 1, 1-9, www.federalismi.it.
213 Convertito con modificazione con legge 5 marzo 2020, n. 13.
214 U. ALLEGRETTI, Il trattamento dell’epidemia di “coronavirus” come problema costi-
tuzionale e amministrativo, in Forum di Quad. cost., 25 marzo 2020, www.forumcostituzio-
nale.it.
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– avevano già attratto l’attenzione dei più attenti osservatori delle ten-
denze verticistiche dell’esecutivo nazionale215. Rimasti spesso sotto trac-
cia, essi avevano «subito nella morfologia, negli effetti e nei contenuti una
straniante e lunga trasformazione»216, così da divenire, da fonte di regola-
mentazione secondaria, uno strumento efficace di indirizzo politico. Come
è stato rilevato, essi erano sembrati realizzare «una dequalificazione delle
fonti legislative e regolamentari tanto più inquietante perché non assog-
gettata – in genere – al controllo del Consiglio di Stato»217, né si poteva
constatare, a mano a mano che questi acquisivano crescente rilievo poli-
tico, l’associazione ad adeguati strumenti di pubblicità. I decreti del Pre-
sidente assicuravano al leader di governo un ampio campo di azione, che
finiva per sfuggire persino alle raccolte delle banche dati.
Al tempo del coronavirus si assiste ad un salto quantico. Il decreto pre-
sidenziale diventa – per frequenza ed estensione – il principale strumento
di intervento emergenziale. Sprovvisto di copertura costituzionale, esso
mostra la sua lontananza rispetto a quanto previsto dalla Carta costitu-
zionale in materia di decretazione di necessità e urgenza (art. 77), appan-
nando sia il coinvolgimento del Consiglio dei ministri nei termini della de-
liberazione collegiale che precede la loro emanazione, sia l’intervento delle
Camere in fase di conversione della decretazione governativa. A ciò si ag-
giunga che essi non sono oggetto del controllo spettante al Presidente della
Repubblica in sede di emanazione degli atti governativi aventi forza di
legge, che è divenuto negli anni effettivo esercizio del potere da parte del
215 G. TARLI BARBIERI, L’attività regolamentare, in F. MUSELLA (a cura di), Il governo
in Italia, cit., 165-194.
216 D. PICCIONE, Il Comitato per la legislazione e la cangiante natura dei decreti del
Presidente del Consiglio dei Ministri, in Federalismi.it, 3/2017, 5, www.federalismi.it.
217 A. CARDONE, La “normalizzazione” dell’emergenza, cit.; V. DI PORTO, La carica
dei DPCM, in Osservatorio sulle fonti, 2/2016, 13.
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Presidente218, traducendosi spesso in una compartecipazione all’iter legi-
slativo non limitato «a questioni di stretta legittimità»219. Lo stato di ec-
cezione eleva il Presidente del Consiglio, che già l’evoluzione istituzionale
recente aveva delineato come primus super pares220, a dominus delle atti-
vità governative.
In due mesi il vertice dell’esecutivo emana dodici decreti221, con deci-
sioni che avranno un impatto sia di breve che di lungo periodo sulla vita
dei cittadini. Nel grafico 1 si può osservare il rapido passaggio dalla pre-
senza significativa di tale strumento nell’ambito della produzione norma-
tiva nazionale negli ultimi tre decenni, tale da far registrare una media di
uno al mese, alla notevole crescita della fase emergenziale.
218 Per una ricognizione sui poteri del Presidente della Repubblica e la loro estensione
cfr. E. STRADELLA, Il controllo del Presidente della Repubblica sulla decretazione d’urgenza:
fondamenti e prassi alla prova della crisi, in Osservatoriosullefonti, 3/2016, 1-34.
219 A. BALDASSARE, Il Presidente della Repubblica nell’evoluzione della forma di go-
verno in Italia, in Rivista AIC, 1/2011, 1-21, www.wivistaaic.it. Sull’evoluzione della fi-
gura del Capo dello Stato nella democrazia italiana e il suo ruolo nel policy-making, M.
TEBALDI, Il presidente della Repubblica, Bologna 2005.
220 Per un inquadramento su tali processi si veda F. MUSELLA (a cura di), Il Governo
in Italia, cit.
221 Si tratta, in merito alle disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020,
n. 6, dei D.p.c.m. 23 febbraio 2020; D.p.c.m. 25 febbraio 2020; D.p.c.m. 1 marzo 2020;
D.p.c.m. 4 marzo 2020; D.p.c.m. 8 marzo 2020; D.p.c.m. 9 marzo 2020; D.p.c.m. 11
marzo 2020; D.p.c.m. 22 marzo 2020; ai quali si aggiungono il D.p.c.m. 28 marzo 2020; il
D.p.c.m. 1 aprile 2020, il D.p.c.m. 10 aprile 2020 e il D.p.c.m. 26 aprile 2020, in attua-
zione del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19.
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Fig. 1 – Decreti del Presidente del Consiglio, media mensile
Fonte: Elaborazione propria su dati Normattiva.it
*Covid= 23.02.20 – 30.04.20
Si parte col restringere le libertà di movimento di undici municipalità
nella provincia di Lodi, secondo restrizioni che avrebbero poi da lì a poco
interessato diverse regioni italiane, dalla Lombardia al Veneto. All’esten-
sione nazionale del virus, si arriva alla chiusura di scuole e università il 4
marzo, alla quarantena generalizzata per tutti i cittadini italiani l’8 marzo,
e quindi al blocco generalizzato delle attività produttive non essenziali. Il
corpo di disposizioni prodotte dagli atti del Presidente del Consiglio com-
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porta così la più ampia limitazione dei diritti costituzionali nella storia re-
pubblicana222, che, sostenuta dalla gravità della pandemia e largamente
accettata da una popolazione spaventata e disorientata dal virus, tocca
numerose libertà personali, di riunione, di circolazione, di diritto/dovere
allo studio, di culto. L’azione normativa del Governo conosce anche im-
portanti sconfinamenti nella sfera di competenza di altre autorità civili e
religiose, che pur accettate in una prima fase al fine di preservare la salute
pubblica, diventano poi motivo di disaccordo: si pensi al documento pro-
dotto dalla Conferenza Episcopale Italiana che invita a distinguere tra re-
sponsabilità della Presidenza del Consiglio e del comitato tecnico-scienti-
fico e quella della Chiesa «chiamata a organizzare la vita della comunità
cristiana, nel rispetto delle misure disposte, ma nella pienezza della propria
autonomia»223.
Limitazioni così ampie che avrebbero richiesto percorsi di assunzione
di responsabilità collettiva. Il Parlamento, invece, in fase di crisi epide-
mica, risulta l’organo più fragile, anche per la difficoltà ad assicurare la
copresenza fisica dei parlamentari, o produrre in tempo breve la reingegne-
rizzazione dei procedimenti parlamentari che ne possa garantire la riu-
nione a distanza224. Come è stato ricordato, il Parlamento è apparso «sotto
222 Non a caso l’espressione «Costituzione in quarantena» è stata ripresa da diversi
costituzionalisti, si veda C. TRIPODINA, La Costituzione al tempo di Coronavirus, in Costi-
tuzionalismo.it, 1/2020, www.costituzionalismo.it, che riprende alcuni articoli di quoti-
diano: M. OLIVETTI, Coronavirus. Così le norme contro il coronavirus possono rievocare il
dictator, in Avvenire, 11 marzo 2020, e M. AINIS, Meglio distante che latitante, in La Re-
pubblica, 19 marzo 2020.
223 Conferenza Episcopale Italiana, Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, CS
n. 34/2020, 26 aprile.
224 In merito all’opportunità e alla sostenibilità costituzionale dei procedimenti par-
lamentari a distanza si è sviluppato un ampio dibattito. Si vedano S. CURRERI, L’attività
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shock» tanto da apparire «il grande assente»225, «paralizzato, avendo sta-
bilito di sospendere tutte le sedute ordinarie, non riuscendo neppure più a
votare in fretta e furia i provvedimenti necessari per far fronte alla pande-
mia»226. Con l’adozione del decreto-legge 19 del 25 marzo 2020, secondo
modalità congegnate ex novo che non possono che stupire227, è la stessa
fonte emergenziale a strutturare i rapporti governo-parlamento indicando
come il Presidente del Consiglio dovrà riferire alle Camere rispetto ai propri
parlamentare ai tempi del Covid-19: fiat iustitia et pereat mundus, in laCostituzione.info, 11
marzo 2020, www.lacostituzione.info; F. CLEMENTI, Proteggere la democrazia rappresenta-
tiva tramite il voto elettronico: problemi, esperienze e prospettive (anche nel tempo del corona-
virus). Una prima introduzione, in Federalismi.it, 6/2020, www.federalismi.it; N. LUPO,
Perché non è l’art. 64 Cost. a impedire il voto “a distanza” dei parlamentari. E perché am-
mettere tale voto richiede una “reingegnerizzazione” dei procedimenti parlamentari, in Riv.
AIC, 3/2020, 10, www.rivistaaic.it; C. TRIPODINA, La Costituzione al tempo del Coronavi-
rus, in Costituzionalismo.it, 1/2020, www.costituzionalismo.it; R. DICKMANN, Alcune que-
stioni di costituzionalità in tema di voto parlamentare a distanza, in Federalismi.it, Paper,
1 aprile 2020, www.federalismi.it; F. CLEMENTI, Il lascito della gestione normativa
dell’emergenza: tre riforme ormai ineludibili, in Osservatorio Costituzionale AIC, 3/2020,
www.osservatorioaic.it.
225 M. BETZU, P. CIARLO, Epidemia e differenziazione territoriale, in BioDiritto, 22
marzo 2020, 1-7, www.biodiritto.org.
226 G. AZZARITI, Il diritto costituzionale d’eccezione, in Costituzionalismo.it, 1/2020,
III, www.costituzionalismo.it.
227 F. CINTIOLI, Sul regime del lockdown in Italia (note sul decreto legge n. 19 del 25
marzo 2020), in Federalismi.it, Osservatorio emergenza Covid-19, 6 aprile 2020, 1-16,
www.federalismi.it.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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indirizzi228. Ma anche in questo caso l’iniziativa, anche dei rapporti istitu-
zionali, è nelle mani del leader del governo. Per questo si può sostenere che
il Parlamento italiano abbia rappresentato un unicum nello scenario inter-
nazionale, perché mentre negli altri paesi gli esecutivi approfittavano della
situazione per estendere i propri poteri, sino a sovvertire le regole del
gioco229, le Camere si segnalavano per una «autoemarginazione voluta e
ripetuta oltre ogni ragionevolezza»230.
La centralizzazione istituzionale di Giuseppe Conte si traduce facil-
mente in presenza mediatica, che porterà in poco tempo ad accrescere la
228 Decreto-legge n. 18 del 25 marzo 2020, art. 2 comma 4: «I provvedimenti emanati
in attuazione del presente articolo sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repub-
blica italiana e comunicati alle Camere entro il giorno successivo alla loro pubblicazione.
Il Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato riferisce ogni quindici
giorni alle Camere sulle misure adottate ai sensi del presente decreto».
229 Il riferimento più esplicito è alla riforma costituzionale da Viktor Orbán in Un-
gheria, dove il primo ministro ha avocato a sé pieni poteri per combattere l’epidemia,
sospendendo il parlamento a tempo indeterminato, cfr. A. RÁCZ, New Risk to the EU from
Coronavirus: Viktor Orbán’s Hungary, in DGAP Kommentar, Berlino, Forschungsinstitut
der Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik, 2020. Orbán aveva utilizzato tuttavia
l’idea di “stato di necessità” ben prima della pandemia, per produrre importanti riforme
costituzionali e avviare un processo di accentramento del potere. Sul punto si vedano A.
SADECKI, In a state of necessity. How has Orban changed Hungary, Ośrodek Studiów
Wschodnich im. Marka Karpia, 2014; Z. SZENTE, F. MANDÁK, Z. FEJES, Challenges and
Pitfalls in the Recent Hungarian Constitutional Development, Parigi 2015; G.F. FERRARI,
Constitutional Issues and Challenges in Hungary and Italy, in DPCE Online, 2/2019,
www.dpceonline.it.
230 S. CECCANTI, Il Parlamento italiano durante la crisi Coronavirus, in Il Mulino, 24
aprile 2020.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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sua popolarità231. I decreti sono in genere presentati in conferenze stampa
e in discorsi alla Nazione in cui il Presidente del Consiglio parla in prima
persona, trasmessi attraverso i canali televisivi nazionali, ma anche, con
una scelta che rimarca la personalizzazione della comunicazione, attra-
verso le pagine Facebook e la messaggistica social. Anzi molto spesso non
si tratta della presentazione delle attività del governo, ma dell’annuncio di
atti, di anticipazioni di decreti la cui bozza è vociferata o fatta circolare, e
che acquisteranno veste ufficiale solo nelle ore successive. Si conferma così
una caratteristica della decretazione presidenziale, già documentata in al-
tri contesti democratici, dove l’immediatezza dell’interazione social porta
i leader a velocizzare i protocolli formali delle procedure ufficiali, così che
«dopo la decretazione d’urgenza – che aveva segnato l’ascesa dell’esecutivo
primoministeriale – abbiamo la decretazione immediata per tweet, stadio
supremo del governo presidenziale»232. Gli unici a riuscire a insidiare il Pre-
sidente del Consiglio, sul piano decisionale e mediatico, sono i presidenti
demo-eletti che la riforma costituzionale due decenni orsono ha elevato a
capi dei governi regionali, e che possono contendere l’arena, che, soprat-
tutto in stato di emergenza, risulta cruciale: quella del rapporto diretto e
immediato con i cittadini.
231 Giuseppe Conte è all’apice della classifica della fiducia dei leader, toccando alla
fine della fase 1 una percentuale di consenso pari al 64%, a fronte di un valore inferiore
di 19 punti percentuali nel mese di febbraio: Da Salvini a Speranza, come cambia la popo-
larità dei leader, in La Repubblica, 2 maggio 2020.
232 M. CALISE, F. MUSELLA, Il Principe digitale, Roma-Bari 2019, 106.
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3. Le ordinanze dei Presidenti delle Regioni
L’emergenza del coronavirus ha dato luogo a reiterata conflittualità
tra governo nazionale ed esecutivi regionali, o per meglio dire al manife-
starsi di una mai sopita «frattura»233. Il nostro ordinamento aveva asse-
condato negli ultimi anni alcune spinte regionaliste, pur non riuscendo a
convergere verso un coerente assetto di relazioni territoriali. In partico-
lare, due processi, che nell’arco degli ultimi due decenni hanno espresso
notevoli contraddizioni, emergono ora in modo evidente, soprattutto at-
traverso la contrapposizione – talvolta frontale – tra Presidente del Consi-
glio e Presidenti di Regione.
Il primo è lo sviluppo impetuoso della politica personale, il movimento
che accomuna l’Italia alle altre democrazie contemporanee e che porta al
passaggio dalle forme collegiali a quelle monocratiche di organizzazione
politica. A fronte di processi di presidenzializzazione del livello nazionale,
il livello intermedio ha visto i suoi presidenti rafforzare la propria posizione
per via formale, attraverso revisione costituzionale nel 2011234. La riforma
233 La rokkaniana frattura centro-periferia, di cui l’Italia è sempre stata chiaro esem-
pio, e che, secondo il presagio di I. Diamanti, potrebbe mostrare il confine labile tra au-
tonomia e separazione se l’epidemia dovesse durare a lungo. Cfr. I. DIAMANTI, Le basi
incerte del federalismo, in La Repubblica, 19 aprile 2020.
234 Per una prima valutazione dell’introduzione dell’elezione del Presidente di Re-
gione si vedano: A. BARBERA, La “Elezione diretta” dei presidenti delle giunte regionali:
meglio la soluzione transitoria?, in Quad. cost., 3/1999, 572-575; P. CIARLO, Il Presiden-
zialismo regional style, ivi, 1/2001, 131 ss.: A. DI GIOVINE, Appunto sulla cultura espressa
dalla legge costituzionale n. 1 del 1999, in Costituzionalismo.it, 2/2003, www.costituziona-
lismo.it.
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costituzionale di fine anni Novanta ha dato loro un profilo e poteri impen-
sabili sino a pochi anni prima235, secondo un impianto istituzionale poi con-
fermato dalle scelte statutarie delle singole regioni236, anche per effetto dei
paletti posti dalla Corte costituzionale in materia237. I media hanno fatto
235 Un’analisi del passaggio delle regioni italiane dal regime assembleare al regime
della centralità presidenziale è in F. MUSELLA, Governi monocratici. La svolta presiden-
ziale nelle regioni italiane, Bologna 2009. Sulla nuova forma di governo introdotta dalla
riforma costituzionale 1/1999 si vedano: A. BURATTI, Rappresentanza e responsabilità po-
litica regionale nella forma di governo regionale, Napoli 2010; S. CATALANO, La «presun-
zione di consonanza». Esecutivo e Consiglio nelle Regioni a statuto ordinario, Milano 2010;
G. FERRAIUOLO, Poteri regionali e mutamenti degli assetti partitici, in B. Pezzini, S. Troilo
(a cura di), Il valore delle Autonomie: territorio, potere, democrazia, Atti del Convegno an-
nuale del “Gruppo di Pisa”, Bergamo, Dipartimento di Giurisprudenza, 6-7 giugno 2014,
67-98; N. MACCABIANI, Codeterminare senza controllare. La via futura delle assemblee elet-
tive regionali, Milano 2010; M. RUBECHI, La forma di governo regionale fra regole e deci-
sioni, Roma 2010; N. VICECONTE, La forma di governo nelle Regioni ad autonomia ordi-
naria. Il parlamentarismo iper-razionalizzato e l’autonomia statutaria, Napoli 2010.
236 A. BARBERA, La forma di governo negli statuti regionali, in La potestà statutaria
regionale nella riforma della Costituzione. Temi rilevanti e profili comparati, Milano 2001;
A. SPADARO, I “contenuti” degli statuti regionali (con particolare riguardo alle forme di
governo), in Pol. dir., 2/2001, 289-324; F. CUOCOLO, La nuova potestà statutaria regionale,
in Quad. cost., 2/2003, 295-318; G. PASTORI, I nuovi statuti regionali e le autonomie locali,
in Amministrare, 3/2004, 473-482; E. GIANFRANCESCO, L’autonomia di fronte a se stessa:
il caso degli statuti regionali ordinari, in Consulta Online, 1/2016, 35-50, www.giurcost.org;
A. D’ATENA, I nuovi statuti regionali ei loro contenuti programmatici, in Le Regioni, 3-
4/2007, 399-420.
237 La Corte costituzionale in particolare escludeva che gli statuti potessero interve-
nire sul sistema dell’elezione diretta del Presidente di Regione senza rivedere l’impianto
complessivo dell’assetto dei poteri regionali, né che potessero agire come «costituzione
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il resto, rivolgendo ai leader regionali piena responsabilità sulla politica del
livello intermedio, e sempre più alte aspettative. Restituendo loro visibi-
lità nazionale, e talvolta persino notorietà internazionale. Il presidente re-
gionale è divenuto il motore di una macchina politico-istituzionale che si
alimentava del voto popolare e insieme di una retorica federalista soste-
nuta a destra quanto a sinistra. Ciò lo ha portato ad assumere il nome che
richiama, anche se impropriamente, la realtà federale degli Stati Uniti
d’America: i presidenti regionali sono divenuti, sic et simpliciter, i governa-
tori. La riforma non manterrà sempre le sue promesse. A due decenni della
loro ascesa politica, dopo essere stati considerati come simboli e protago-
nisti di una nuova stagione, i Presidenti di Regione sono al centro di nu-
merose critiche che riguardano il funzionamento del regionalismo italiano
se non il loro operato238. Ai tempi del coronavirus, anche per le ampie com-
petenze che la Costituzione affida alle regioni in ambito sanitario, diven-
tano i difensori delle loro terre. E proprio come negli Stati Uniti, dove ab-
biamo assistito spesso agli scontri tra il presidente Trump e il governatore
Cuomo, i governatori nostrani hanno conteso la scena politica al capo del
governo nazionale, con sortite che hanno attratto l’attenzione mediatica.
Con la differenza che i rapporti istituzionali in America sono contenuti, e
regolati, in un assetto dei poteri federale assente nel nostro paese, dove la
regionale» introducendo nuovi diritti del cittadino. Si vedano R. BIN, Calabria “docet”.
A che punto sono gli Statuti regionali?, in Le Regioni, 6/2003, 999-1006; C. FUSARO, Le
forme di governo regionali, in M. CARLI, C. FUSARO (a cura di), Elezione diretta del presi-
dente della giunta regionale e autonomia statutaria delle regioni. Art. 121, 122, 123, 126
supplemento, Bologna 2002, 122-123.
238 La posizione e i limiti della figura del Presidente di Regione, divenuto «the fragile
cornerstone of the Italian Second Republic», sono analizzati più diffusamente in F. MU-
SELLA, The Italian Governors from the Constitutional Reform to the Crisis of Regionalism,
in Identity Crisis in Italy, Budapest 2019, 37-50.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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regionalizzazione, parola d’ordine dei piani di riforma degli ultimi decenni,
ha dato vita ad un processo di riarticolazione dei rapporti centro-periferia
incompleto, e per tanti versi incoerente, in sospeso «tra riforme parziali e
riforme mancate, traccheggiamenti e fughe in avanti»239.
Ciò è al cuore della seconda tensione emersa in questi giorni: l’attivi-
smo decisionale dei governatori. A fronte dell’accentramento dei processi
legislativi a livello nazionale da parte del Presidente del Consiglio, sono
stati prodotti svariati atti che hanno assunto le più varie vesti – ordinanze,
direttive, decreti di varie autorità – tra i quali spiccano per copiosità pro-
prio quelli emanati dai Presidenti di Regione240. Anche in questo caso il
protagonismo non nasce dal nulla. La riforma del Titolo V della Costitu-
zione, che segue solo di due anni quella dell’elezione diretta dei Presidenti,
aveva rilanciato il regionalismo italiano su basi nuove rispetto alla nostra
tradizione statuale. Si ribaltava, infatti, il criterio di riparto delle compe-
tenze tra centro ed enti intermedi, secondo una linea che rendeva le regioni
titolari di potestà legislativa generale. I governatori, già sulla cresta
dell’onda mediatica, diventavano anche il centro di un cantiere di riforma
che rivedeva la stessa forma di Stato. Come è stato notato, «una volta raf-
forzata l’autorità politica dei Presidenti di Regione, con l’introduzione di
una forma di governo a “democrazia immediata”, l’aumento del “tasso di
regionalismo” è stato rivendicato da tutte le regioni, al nord come al
sud»241. Gli stessi presidenti si sono avvantaggiati del processo di devolu-
zione per conquistare spazi di autonomia in importanti settori di policy,
dalla sanità all’agricoltura, dall’ambiente allo sviluppo economico. In que-
sto percorso lo schema del riparto Stato-Regioni ha mostrato significativi
239 F. BORDIGNON, Chi governa la pandemia, in Il Mattino di Padova, 19 aprile 2020.
240 G. AZZARITI, Il diritto costituzionale d’eccezione, cit.
241 G. PITRUZZELLA, L'impatto dei “governatori regionali” nelle istituzioni e nella po-
litica italiana, in Le Regioni, 6/2004, 1239-1244, 1239.
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elementi di ambiguità in merito alla distribuzione dei poteri, che generava
incerte interdipendenze e sovrapposizioni fra le competenze dei diversi li-
velli di governo. Le aree destinate a legislazione concorrente sono ancora
molto ampie, con la possibilità ora della manifestazione di nuove istanze
centraliste, ora di fughe in avanti nelle istanze autonomistiche. Non a caso
dalla riforma è scaturito uno dei periodi che fa registrare il più alto numero
di contenziosi fra Stato e regioni nella storia repubblicana242. Basti consi-
derare che alcune ricostruzioni empiriche recenti sono arrivate a registrare
che mentre dal 1970 al 2001 i giudizi in via principale della Corte costitu-
zionale sono stati solo il 6 per cento del totale, tale percentuale sale al 37%
negli anni 2010-2018243, così rilevando l’ergersi della Consulta ad arbitro di
un sistema a litigiosità crescente. Sino ad arrivare da ultimo a progetti di
riforma che si sono spinti a ridiscutere l’architettura istituzionale del
paese, producendone la differenziazione territoriale, o anche minaccian-
done l’unitarietà244. Fra le materie sottoposte a riparto concorrenziale ri-
troviamo proprio la sanità. Il campo che è sembrato esprimere negli ultimi
242 U. DE SIERVO, Il regionalismo italiano fra i limiti della riforma del Titolo V e la
sua mancata federale italiano”, in Seminario su “Cooperazione e competizione fra Enti ter-
ritoriali: modelli comunitari e disegno federale italiano”, Roma 18 giugno 2007, in www.is-
sirfa.cnr.it; T. GROPPI, Giustizia costituzionale e Stati decentrati: la Corte italiana dopo la
revisione del 2001, in Amministrare, 1/2005, 5-24; S. PAJNO, Regionalism in the Italian
constitutional System, in Diritto & Questioni Pubbliche, 2009, 625-642, www.dirittoeque-
stionipubbliche.org.
243 L. RULLO, The Judicialization of Territorial Politics in Italy, in Regional and Fed-
eral Studies, in corso di stampa.
244 Come noto, i referendum consultivi tenuti in Lombardia e Veneto nel 2017 sull’at-
tribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia al proprio ente territo-
riale in ragione dell’art. 116, co. 3, Cost. hanno dato luogo ad amplissimo responso posi-
tivo da parte dei cittadini. Sono poi seguiti accordi preliminari tra il Governo nazionale
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mesi un chiaro caso di comorbilità: allo shock esogeno dell’epidemia si è
unito il cattivo funzionamento endogeno di un sistema istituzionale che ha
creato incertezza nell’attribuzione delle responsabilità, nonostante l’emer-
genza del coronavirus richiedesse un coordinamento rapido e coordinato245,
e per molti anche centralizzato246. Si aggiunga anche che proprio le regioni
che avevano richiesto a gran voce maggiori competenze autonome, se-
condo il noto progetto del federalismo differenziato, sono state quelle più
colpite dal coronavirus.
e queste Regioni, cui si è aggiunta l’Emilia-Romagna, per muovere i primi passi verso
quanto è stata nominata come “secessione dei ricchi”, cfr. G. VIESTI, La secessione dei
ricchi. Autonomie regionali e unità nazionale, Roma-Bari 2019.
245 Non è un caso che siano stati depositati negli ultimi giorni proposte legislative
per rivedere i rapporti e stabilire migliori raccordi tra livelli di governo. Si vedano, ad
esempio, la Proposta di legge costituzionale Ceccanti ed altri: «Introduzione dell’articolo
116-bis e modifica all’articolo 117 della Costituzione, in materia di conferenze per i rap-
porti tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali e di clausola di supremazia statale» (8
aprile 2020; assegnato in sede Referente alla Commissione I Affari Costituzionali); e la
Proposta di legge costituzionale Boschi ed altri: «Modifica all’articolo 117 della Costitu-
zione, concernente la clausola di supremazia statale per la tutela dell’unità giuridica o
economica della Repubblica o dell’interesse nazionale» (15 aprile 2020; assegnato in sede
Referente alla Commissione I Affari Costituzionali).
246 S. CASSESE, Le Regioni fanno troppe cose e male, il servizio nazionale deve essere
nazionale, in Il Messaggero, 3 aprile 2020.
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Alla copiosa produzione normativa del livello centrale, condotta spesso
attraverso tecniche legislative non soddisfacenti, tanto da porre la neces-
sità di procedere a raccolte delle disposizioni247, si è aggiunta così l’iperpro-
duzione provvedimentale del livello regionale.
Fig. 2 – Ordinanze per regione - emergenza Covid-19
Fonte: Elaborazione propria su dati della Conferenza delle Regioni e delle Province
Autonome
* Covid = 23.02.20 – 30.04.20
247 La Raccolta delle disposizioni in materia di contenimento e gestione dell'emer-
genza epidemiologica da COVID-19 e Testo coordinato delle ordinanze di protezione ci-
vile, pubblicata il 24 marzo 2020 a cura della Presidenza del Consiglio, contiene ben 295
pagine per una lunghezza di 123.000 parole.
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Le ordinanze regionali per fronteggiare l’emergenza epidemiologica
sono state 492 nelle venti regioni italiane nell’arco temporale che va dal
decreto-legge 23 febbraio 2020 al 30 aprile, con in cima alla classifica
l’Abruzzo con 49 ordinanze, seguito da Toscana con 45 e Campania con 39
(Fig. 2). La messe delle ordinanze, che delineano un quadro estremamente
frammentario248 e a frequenti cortocircuiti istituzionali, è stata tale da por-
tare il Governo, in mancanza di adeguate procedure di coordinamento tra
Stato e Regioni, a ricorrere a strumenti creativi di «uniformazione», come
nel caso della predisposizione dello schema di ordinanza-tipo del ministro
Speranza249. Anche se si è trattato, in carenza di collaborazione tra livelli
istituzionali, di meccanismi non sufficienti a garantire l’allineamento tra
le scelte poste in essere ai diversi livelli di governo. Molto spesso anzi la
gestione dell’emergenza ha dato vita alla contesa sulle competenze, se non
ad un vero e proprio scontro politico.
Di esempi è possibile farne tanti. Una prima frizione si era resa mani-
festa già all’indomani della dichiarazione di emergenza, quando il Presi-
dente della Regione Marche Luca Ceriscioli aveva imposto la chiusura delle
248 Sottolinea l’alta frammentarietà del quadro normativo «nel quale da Regione a
Regione – e persino da Comune a Comune – si finisce con l’avere limitazioni differenti
delle stesse libertà costituzionali, non sempre giustificate da specifiche situazioni di ag-
gravamento del rischio sanitario riscontrabili nei diversi territori interessati» A. MO-
RELLI, Il Re del Piccolo Principe ai tempi del Coronavirus. Qualche riflessione su ordine
istituzionale e principio di ragionevolezza nello stato di emergenza, in questa Rivista, 1/2020,
1-17.
249 L. DELL’ATTI, G. NAGLIERI, Le fonti della crisi. Fra esigenze unitarie e garanzie
costituzionali nel governo dell’emergenza da Covid-19, in BioDiritto, 11 marzo 2020, 1-8,
www.biodiritto.org.
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scuole e il divieto di manifestazioni pubbliche250, una scelta che non è stata
accettata dal Presidente del Consiglio Conte nonostante questi andrà in
pochi giorni nella stessa direzione. Alla necessità di collaborazione tra li-
velli potestativi richiama il primo D.p.c.m. emanato da Conte in attua-
zione del decreto-legge 6/2020251, che fa esplicito riferimento, da una parte,
alle competenze del Ministro della Sanità, per quanto riguarda «l’intero
territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni», e, dall’al-
tra, a quelle dei Presidenti di Regione e dei sindaci a emanare ordinanze
contingibili e urgenti in materia di sanità e igiene, rispetto «alla regione o
parte del suo territorio comprendente più comuni o al territorio comu-
nale». Tuttavia, qualcosa si inceppa immediatamente, con i Presidenti a
imporre restrizioni ulteriori, o anche in contrasto, rispetto a quanto stabi-
lito a livello centrale: si prenda ad esempio l’ordinanza del 20 marzo n. 33
adottata dal Presidente della Giunta regionale del Veneto, Luca Zaia, che
richiamando le limitazioni contenute nel decreto del Presidente del Consi-
glio dei Ministri dell’8 marzo 2020, specificava che gli spostamenti sul ter-
ritorio regionale dovessero essere limitati ad un raggio di 200 metri dalla
residenza o dimora anche quando dettati da necessità fisiologica, vietando
al contempo l’apertura dei centri commerciali nel giorno di domenica252.
Oppure si ricordino le decisioni assunte dalla Presidente della Regione Ca-
labria Jole Santelli, che sfida il governo Conte riaprendo bar e ristoranti
all’aperto quando il territorio nazionale viveva ancora la cosiddetta fase 1
250 Ordinanza n. 1 del Presidente della Regione Marche del 25 febbraio 2020, recante
«Misure in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da CO-
VID-19».
251 Si tratta del D.p.c.m. 23 febbraio 2020.
252 Per un commento M. BORGATO, D. TRABUCCO, Brevi note sulle ordinanze con-
tingibili ed urgenti: tra problemi di competenza e cortocircuiti istituzionali, in Dirittifon-
damentali.it, 24 marzo 2020, www.dirittifondamentali.it.
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dell’emergenza, con un’ordinanza che verrà poi impugnata dal Ministro
per gli Affari Regionali253. O ancora le numerose esternazioni del Presi-
dente De Luca, che, all’approssimarsi della fase 2 dell’epidemia, ha minac-
ciato di chiudere i confini della regione Campania in caso di “apertura”
delle regioni settentrionali254. Parlando addirittura di confini regionali,
una categoria tipica della sovranità statale.
4. Virus e diagnosi
A mano a mano che l’emergenza da Covid porta all’accumulazione di
una estesa produzione normativa, è sempre più difficile riconoscerne una
logica ordinativa. La coerenza complessiva rispetto alle previsioni costi-
tuzionali identifica le forzature procedimentali di una catena normativa
sicuramente non lineare, e che può lasciare strascichi anche nell’espe-
rienza istituzionale che seguirà la crisi epidemiologica.
A tale riguardo il giudizio non è unanime: alcuni osservatori non rav-
visano alcuna rottura della legalità costituzionale, almeno se si vuol con-
siderare della produzione normativa dell’emergenza la «“catena norma-
tiva della giustificazione”, che si ripercorre a ritroso sino a trovarne il
fondamento logico (la kelseniana norma fondamentale) o fattuale (la
253 Ordinanza del Presidente della Regione Calabria n. 39 del 29 aprile 2020, re-
cante «Disposizioni relative alle attività di ristorazione e somministrazione di alimenti
e bevande, attività sportive e amatoriali individuali e agli spostamenti delle persone
fisiche nel territorio regionale».
254 Coronavirus, De Luca: «Chiudiamo la Campania se al Nord allentano le misure»,
in La Repubblica, 17 aprile 2020.
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forza legittimante)» 255. Tuttavia altri studiosi osservano che è la stessa
analisi formale a spingere a valutare illegittima la decretazione che ha
comportato una modalità di esercizio dei poteri così ampia e dai termini
indefiniti da parte del Presidente del Consiglio256. Lo stesso piano lascia
verificare la bassa qualità della normazione prodotta, dovuta anche alla
255 M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Riv.
AIC, 2/2020, 22, www.rivistaaic.it. Si ricordi anche l’importante posizionamento sul
tema di Gustavo Zagrebelsky, presidente emerito della Corte costituzionale, per il
quale i D.p.c.m. di Conte non manifestano un’usurpazione di poteri in quanto discen-
dano da due decreti-legge, cfr. Coronavirus e decreti, Zagrebelsky: «Chi dice Costituzione
violata non sa di cosa sta parlando», in Il Fatto Quotidiano, 1 maggio 2020. Riflettono
anche dei provvedimenti adottati durante l’emergenza Covid F. TORRE, La Costitu-
zione sotto stress ai tempi del Coronavirus, in BioDiritto, 27 marzo 2020, 1-9, www.biodi-
ritto.org; E.C. RAFFIOTTA, Sulla legittimità dei provvedimenti del governo a contrasto
dell’emergenza virale da Coronavirus, in BioDiritto, 18 marzo 2020, 1-11, www.biodi-
ritto.org; D. TRABUCCO, Sull’(ab)uso dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri
al tempo del Coronavirus: tra legalità formale e legalità sostanziale, in Astrid Rassegna,
5/2020, www.astrid-online.it.
256 S. CASSESE, La pandemia non è una guerra. I pieni poteri al governo non sono
legittimi, in Il Dubbio, 14 aprile 2020. Sulla “esorbitante” attività governativa nella
gestione dell’emergenza e sulla posizione ancillare assunta dalle Camere, si sofferma
anche A. D’ANDREA, L’emergenza sanitaria e il ruolo del Governo: qualche preoccupazione
costituzionale senza disfattismo, in Questione Giustizia, 20 aprile 2020, www.questione-
giustizia.it.
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numerosità e frammentarietà delle misure adottate257, con un flusso inar-
restabile da Palazzo Chigi di «norme incomprensibili, scritte male, con-
traddittorie, piene di rinvii ad altre norme»258, con il contributo non tra-
scurabile delle ordinanze del Capo della protezione civile e del Commissa-
rio straordinario. Anche alcuni analisti stranieri, nell’osservare le risposte
dei governi all’emergenza Covid sullo scenario internazionale, richia-
mano l’Italia come caso «constitutionally problematic, as the Italian Con-
stitution requires that any limitations on the freedom of movement are passed
by law, and no law was in place to impose such restrictions»259. Non a caso,
anche la Corte costituzionale, attraverso la sua presidente Marta Carta-
bia, ha richiamato al rispetto della Costituzione che «è la bussola neces-
saria per navigare nell’alto mare aperto dell’emergenza e del dopo-emer-
genza e non contempla diritti speciali per i tempi eccezionali»260. Tutta-
via, il giudizio dei giuristi, anche se concorde nel riconoscere l’anomalia
del tempo del coronavirus, non è unitario riguardo alla portata – e alla
gravità – dei percorsi decisionali che si sono iscritti in esso. Lasciando così
257 Si interrogano sulle conseguenze di tale frammentazione sul funzionamento
della pubblica amministrazione F. CACCIATORE, F. DI MASCIO, A. NATALINI, La rego-
lazione dei procedimenti amministrativi e la risposta al COVID-19, in Osservatorio AIR,
12 maggio 2020, www.osservatorioair.it.
258 S. CASSESE, La pandemia non è una guerra, cit.
259 T. GINSBURG, M. VERSTEEG, State of Emergencies: State I, in Harvard Law Re-
view Blog, in blog.harvardlawreview.org, 17 aprile 2020; si veda anche A. VEDASCHI, C.
GRAZIANI, Coronavirus Emergency and Public Law Issues: An Update on Italian Situ-
ation, in Verfassungsblog, 12 marzo 2020, https://verfassungsblog.de/.
260 Relazione della Presidente Marta Cartabia sull’attività della Corte costituzio-
nale nel 2019, Palazzo della Consulta, 28 aprile, https://www.cortecostituzionale.it/docu-
menti/relazione_cartabia/1_relazione.pdf.
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scorgere, per entrambi i punti di vista richiamati, la parzialità prospet-
tica di chi si esprime. Oltre che un certo livello di complementarità delle
posizioni in campo.
Una terza linea interpretativa è stata considerata in questo contri-
buto: al corpus normativo e provvedimentale prodotto durante la crisi
del coronavirus si può adattare un approccio diagnostico, che, ben inse-
rendosi in clima pandemico, possa far scorgere frizioni e malfunziona-
menti già insiti nel nostro assetto repubblicano, e che la fase emergenziale
fa rilevare con maggiore chiarezza. Da questo punto di vista si tratta
dunque di assumere la molteplicità del dato normativo come sintomo per
la determinazione della natura o della sede dei fenomeni che si vogliono
accertare – fermo restando che il giudizio di valore su tali processi resta
ancorato alla concezione che ognuno possiede rispetto alla salus rei publi-
cae.
La decretazione presidenziale, a carattere emergenziale, è l’ultimo
tassello di un processo di personalizzazione della politica che ha visto
l’Italia in “vantaggio” rispetto ad altre democrazie occidentali261. In par-
ticolare, è stato estesamente documentato un processo di rafforzamento
delle figure di leadership legato a recenti evoluzioni della forma partito,
che da un lato ha rafforzato il suo vertice, dall’altro ha dato luogo a ten-
denze a carattere centrifugo262, che hanno rafforzato sub-leader spesso
dotati di largo consenso locale – come tra l’altro mostrato dall’incapacità
261 Presenta una valutazione dei singoli casi nazionali il simposio organizzato da T.
KOSTADINOVA e B. LEVITT dedicato al tema della Personalistic Leadership (special issue
Politics & Policy, 4/2014), che raccoglie, sul nostro paese, il contributo di G. PASQUINO,
dal titolo eloquente: Italy: The Triumph of Personalist Parties, 548-566.
262 Offre un’indagine empirica dei leader politici in quindici democrazie contempo-
ranee, ritratti nelle diverse fasi della loro carriera politica dalla selezione alla post-pre-
sidency, il volume F. MUSELLA, Political leaders Beyond Party Politics, Cham 2018.
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dei partiti di tenere insieme, e coordinare, centro e periferia attraverso
strutture e meccanismi decisionali condivisi263. Tali processi conoscono
una chiara accelerazione in tempo di emergenza.
Il frequente ricorso ai Decreti del Presidente del Consiglio, strumento
sprovvisto di copertura costituzionale, si giustifica con la necessità di as-
sicurare speditezza decisionale. In sospensione della normale dialettica
politica, e in forte restringimento delle attività delle Camere, il vertice
dell’esecutivo assume “piena responsabilità”, come lo stesso si è soffer-
mato più volte a ripetere, rispetto a misure che, anche se giustificate dal
contenimento dell’epidemia, hanno prodotto il più ampio restringimento
delle libertà fondamentali dalla promulgazione della Carta costituzio-
nale. Sono anche il frutto di un lungo processo di rafforzamento del Pre-
sidente del Consiglio che ha portato ad associare ad una maggiore respon-
sabilità – come-se-diretta qualcuno si è spinto a dire – sempre maggiori
prerogative decisionali. Altre scelte, apparentemente di contorno, confer-
mano tale impostazione. Si pensi a come le modalità comunicative del
Presidente del Consiglio abbiano ribadito la sua centralità istituzionale,
con la ricerca di un contatto diretto dei cittadini attraverso i media tra-
dizionali e digitali. Oppure alla scelta del ricorso all’opinione degli esperti
legati al leader da un rapporto fiduciario, che, per quanto sia stata salu-
tata da molti come il ritorno della competenza in politica, ha finito per
allontanare la decisione dalla politica partitico-partitica. Il Presidente
del Consiglio vedrà invece spesso contrastare le proprie decisioni dai ver-
tici degli esecutivi regionali, che si sono costituiti come i più alti rappre-
sentanti demo-eletti dei loro territori. Dal momento che la crisi epocale
263 Sul punto si veda la riflessione contenuta in S. STAIANO (a cura di), Nella rete
dei partiti. Trasformazione politica, forma di governo, network analysis, Napoli 2014; e in
ID., Costituzione italiana: articolo 5, Roma 2017.
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richiede decisioni immediate e/o tecniche, le scelte che spettano al Parla-
mento sono state avocate dai leader monocratici ai diversi livelli gover-
nativi. In periodo di pandemia sono così i presidenti gli attori a detenere
gran parte dei poteri di indirizzo politico. L’assalto globale del virus non
risparmia il cuore pulsante della democrazia rappresentativa, le assem-
blee che dovrebbero orientare le scelte pubbliche negli snodi più cruciali
della nostra vita collettiva.
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LUCA DI MAJO*
La tecnica normativa nel contesto
della crisi epidemiologica da COVID-19
Abstract (It.): la crisi epidemiologica ha accentuato i maggiori profili critici della qua-
lità della legislazione. Il mancato rispetto delle tecniche normative ha reso complessa l’intel-
ligibilità dei provvedimenti regolatori, in particolare rispetto alle restrizioni imposte. Il pre-
sente articolo cerca di mettere in evidenzia le contraddizioni normative in tema di contrasto
alla diffusione del COVID-19.
Abstract (En.): the epidemiological crisis has accentuated the major critical profiles of
the better regulation. Failure to comply with regulatory techniques has made the intelligibility
of regulatory measures complex, especially with respect to the restrictions imposed. This article
tries to highlight the regulatory contradictions regarding the fight against the spread of
COVID-19.
SOMMARIO: 1. Quando le regole non seguono la tecnica normativa: il caso del COVID-
19. – 2. Ipertrofia e ruolo dei regolatori dell’emergenza. – 3. Il linguaggio dell’emergenza tra
* Ricercatore t.d., lett. a) nell’Università degli Studi della Campania L. Vanvitelli.
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ambiguità sintattiche, ambiguità semantiche e incoerenze. –3.1. Modifiche, rinvii e vuoti
normativi. –3.2. Sospensioni e proroghe: il caso dei termini processuali. – 3.3. Abrogazioni:
il caso dell’art. 650 c.p. –4. Qualche considerazione sul rapporto tra emergenze e qualità
della regolazione.
1. Quando le regole non seguono la tecnica normativa: il caso del COVID-19
In generale, si è sempre sostenuto che ipertrofia, confusione ed ambi-
guità rendano ardua la comprensione – pur richiesta dall’art. 73, co. 3,
Cost.264 – dei precetti normativi, rafforzando gli strumenti limitativi dei
diritti.
Un insieme di fattori che contribuiscono ad alimentare il patologico
ricorso alla «legge oscura»265.
E così, con il passare del tempo, le regole tecniche per la redazione delle
norme vengono percepite dai regolatori come vetuste e inadatte ad una
regolazione in affanno rispetto al costante incedere della particolarizza-
zione degli interessi e alla disciplina di “nuove forme di gestione” di una
realtà nuova ed inedita.
Appare sempre più evidente che il regolatore italiano, vuoi per scelta
(il raggiungimento del compromesso politico), vuoi per esigenza e/o neces-
sità (la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19) faccia fatica
a sottrarsi alle varianti di un sistema ordinamentale sempre più complesso,
sempre più «prigioniero delle occasioni»266, ma troppo spesso avulso dalla
stessa realtà che dovrebbe disciplinare.
264 Così, G. GROTTANELLI DE’ SANTI, Artt. 73-74, in G. BRANCA (a cura di), Commen-
tario della Costituzione, Bologna-Roma, 1985, 225 ss.
265 M. AINIS, La legge oscura. Come e perché non funzione, Roma-Bari, 2012.
266 S. RODOTÀ, La vita e le regole. Tra diritto e non diritti, Milano, 2009.
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Una progressiva «crisi palese»267 di fonti incoerenti già conosciuta nei
periodi più convulsi di stratificazione normativa.
Da più parti268 e ormai da tempo, si sostiene che la crisi della legge e
del sistema delle fonti genera una forte incertezza del quadro regolativo
267 A. RUGGERI, Il coronavirus, la sofferta tenuta dell’assetto istituzionale e la crisi palese,
ormai endemica, del sistema delle fonti, in Consulta on line, 6 aprile 2020, www.giurcost.org.
268 Cfr., ex multis, E. ALBANESI, Teoria e tecnica legislativa nel sistema costituzionale,
Napoli, 2013, A. BARBERA, Le fonti del diritto, un tema sempre più complesso, in R. ZACCARIA
(a cura di), Fuga dalla legge? Seminari sulla qualità della legislazione, Brescia, 2011, S. BAR-
TOLE, Introduzione allo studio della tecnica di redazione dei testi legislativi, Id. (a cura di),
Lezioni di tecnica legislativa, ISAPREL, 1998, P. CARETTI (a cura di), La qualità della rego-
lazione, in Osservatorio sulle fonti, Torino, 2009, P. CARNEVALE, Le cabale della legge. Raccolta
di saggi in tema di semplificazione normativa e manovra “taglia leggi”, Napoli, 2011, S. CAS-
SESE, L’Italia da semplificare, Bologna, 1998, S. CECCANTI, Decreti legge e decreti legislativi
in Italia, in Forum di Quaderni costituzionali Rassegna, 29 aprile 2014, www.forumcostituzio-
nale.it, M. DE BENEDETTO - M. MARTELLI – N. RANGONE, La qualità delle regole, Bologna,
2011, C. DE FIORES, Sulla decretazione d'urgenza (Audizione presso la Commissione Affari
Costituzionali della Camera dei deputati – 19 giugno 2014), in Federalismi.it, giugno 2011,
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Giuffrè, 1960, ora in Diritto costituzionale vivente: Capo dello Stato ed altri saggi, Milano, 1992,
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lano, 1999, N. IRTI, Un diritto incalcolabile, Torino, Giappichelli, 2016, N. LUPO, Le trasfor-
mazioni (e le degenerazioni) dei modi di produzione del diritto: cause ed effetti dei decreti-legge
“omnibus”, in Corr. giur., 2005, N. LUPO, L’omogeneità dei decreti-legge (e delle leggi di con-
versione): un modo difficile ma ineludibile per limitare le patologie della produzione normativa,
in Rass. Astrid, 153 (4/12) del 23.02.12, N. LUPO, L’impossibile qualità della legge, specie con
i procedimenti attuali, in M. CAVINO – L. CONTE (a cura di), La tecnica normativa tra legisla-
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complessivo, rendendo imprevedibile l’attuazione concreta delle stesse re-
gole che, «pur essendo espressione immediata della natura pluralistica
dell’ordinamento, ne compromettono sostanzialmente l’omogeneità, la
coerenza e, dunque, l’efficacia»269.
Tale profilo appare ancor più marcato in un contesto emergenziale in
cui il particolarismo giuridico delle regole, da un lato conferma gran parte
degli aspetti critici della qualità della regolazione contemporanea, caratte-
rizzata ovunque dall’eccesso di norme, dalla disordinata moltiplicazione
delle fonti normative, dalla necessità continua di modificazioni, adegua-
menti, abrogazioni, richiami, rinvii.
Dall’altro lato, rappresenta una reazione e un rimedio non condivisi-
bile alle maggiori patologie della complessità normativa perché punta a
coordinare e a organizzare entro cornici unitarie di politica generale, un
tore e giudici, Atti del Seminario di Novara, 15-16 novembre 2013, Napoli, 2014, B. G. MAT-
TARELLA, La trappola delle leggi.Molte, ocure, complicate, Bologna, 2011, F. MODUGNO (a
cura di), Trasformazioni della funzione legislativa. Crisi della legge e sistema delle fonti, vol.
II, Milano, Giuffrè, 2000, D. MONE, Qualità normativa tra tecnocrazia ed effettività della de-
mocrazia rappresentativa, Napoli, Jovene, 2010, A. MORELLI, I controlli sulla qualità degli
atti normativi del Governo, in M. CARTABIA – E. LAMARQUE – P. TANZARELLA (a cura di),
Gli atti normativi del governo tra corte costituzionale e giudici. Atti del convegno annuale
dell’Associazione “Gruppo di Pisa” Università degli Studi di Milano, 10-11-2011, Milano,
2011, A. MORRONE, Fonti normative, Bologna, 2018. C. MORTATI, Sull’eccesso di potere legi-
slativo, in Giur. it., 1/1949, R. PAGANO, Introduzione alla legistica. L’arte di preparare le leggi,
Milano, 2004. F. PATRONI GRIFFI, La «fabbrica delle leggi» e la qualità della normazione, in
Dir amm., 1/2000, G.U. RESCIGNO, Qualità della legislazione e principio di legalità, in Riv.
dir. cost., 2000, F. SORRENTINO, Le fonti del diritto italiano, Genova, 1999.
269 F. RIMOLI, Certezza del diritto e moltiplicazione delle fonti: spunti per un’analisi, in F.
MODUGNO (a cura di), Trasformazioni della funzione legislativa, cit., 87.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 144
insieme anche molto vasto di atti di «diversa collocazione sistemica270» tra
loro271.
Le misure di contrasto all’emergenza epidemiologica da COVID-19
hanno prestato il fianco a diverse critiche tra i primi commentatori in me-
rito ad una serie di profili particolarmente delicati in tema di rapporto tra
270 C. DEODATO, Il Parlamento al tempo della crisi, in Giust. amm., 6, www.giustizia-
amministrativa.it.
271 Senza pretesa di esaustività, in via generale e fatti salvi i numerosissimi contributi
sulle questioni più specifiche rispetto al tema COVID-19, si segnalano, per l’attinenza all’og-
getto del presente contributo, U. ALLEGRETTI – E. BALBONI, Autonomismo e centralismo
nella lotta contro la pandemia coronavirus, in Forum di Quaderni costituzionali. Rassegna, 9
aprile 2020 in forumcostituzionale.it, U. ALLEGRETTI, Una normativa più definitiva sulla lotta
all’epidemia del coronavirus?, in Forum di Quaderni costituzionali. Rassegna, 28 marzo 2020,
www.forumcostituzionale.it, M. CAVINO, Covid-19. Una prima lettura dei provvedimenti adot-
tati dal Governo, in Federalismi.it, 13 marzo 2020, www.federalismi.it, F. CINTIOLI, Il regime
del lockdown in Italia (note sul decreto legge n. 19 del 25 marzo 2020, in federalismi.it, 6 aprile
2020, www.federalismi.it, L. CUOCOLO, I diritti costituzionali di fronte all’emergenza Covid-
19. Una prospettiva comparata, in Federalismi.it, 31 marzo 2020, www.federalismi.it, R. DI
MARIA, Il binomio “riserva di legge-tutela delle libertà fondamentali” in tempo di COVID-19:
una questione non soltanto “di principio”, in Diritti regionali, 1/2020, www.dirittiregionali.it,
N. LUPO, L’attività parlamentare in tempi di coronavirus, in Forum di Quaderni costituzionali.
Rassegna, 16 aprile 2020, L.A. MAZZAROLLI, “Riserva di legge e “principio di legalità” in
tempo di emergenza nazionale, in Federalismi.it, 13 marzo 2020, www.federalismi.it, A. MO-
RELLI, Il re del piccolo principe al tempo del coronavirus. Qualche riflessione su ordine istitu-
zionale e principio di ragionevolezza nello stato di emergenza, in Diritti regionali, 1/2020,
www.dirittiregionali.it, A. RUGGERI, Il coronavirus contagia anche le categorie costituzionali e
ne mette a dura prova la capacità di tenuta, in Diritti regionali, 1/2020, www.dirittiregioganli.it,
T. GROPPI, Le sfide del coronavirus alla democrazia costituzionale, in Consulta on line, 30
marzo 2020, www.giurcost.org
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 145
fonti272, organi costituzionali273 e restrizione di alcuni diritti fondamen-
tali274.
272 U. ALLEGRETTI, Una normativa più definitiva sulla lotta all’epidemia del coronavi-
rus?, in Forum di Quaderni costituzionali, 28 marzo 2020, www.forumcostituzionale.it, R.
CHERCHI e A. DEFFENU, Fonti e provvedimenti dell’emergenza sanitaria COVID-19: prime
riflessioni, in Diritti regionali, 1/2020, www.dirittiregionali.ti.
273 U. ALLEGRETTI – E. BALBONI, Autonomismo e centralismo nella lotta contro la pan-
demia coronavirus, in Forum di Quaderni costituzionali, 9 aprile 2020, G. BOGGERO, Le
“more” dell’adozione dei D. P. C. M. sono “ghiotte” per le Regioni: prime osservazioni sull’in-
treccio di poteri normativi tra Stato e Regioni in tema di COVID-19, in Diritti regionali, 1/2020,
www.dirittiregionali.it, M.A. DE PASQUALE, La gestione normativa della crisi. Dalle deficienze
sanitarie alla caotica gestione multilivello della crisi (sperimentale) «necessitam non habet le-
gem, sed ipsa sibi facit legem», in Diritti regionali, 1/2020, www.dirittiregionali.it.
274 C. ACOCELLA, L’epidemia come metafora della sospensione e della compressione delle
libertà fondamentali. Rileggendo la peste di Camus, in Diritti regionali, 1/2020, www.dirittire-
gionali.it, R. DI MARIA, Il binomio “riserva di legge-tutela delle libertà fondamentali” in tempo
di COVID-19: una questione non soltanto “di principio”, in Diritti regionali, 1/2020, www.di-
rittiregionali.it, F. ALAGNA, Emergenza coronavirus: verso una tutela globale della salute?, in
Diritti regionali, 1/2020, www.dirittiregionalit.it, G.L. GATTA, I diritti fondamentali alla
prova del coronavirus. Perché è necessaria una legge sulla quarantena, in Consulta on line,
1/2020, www.giurcost.org A. RUGGERI, La garanzia dei diritti costituzionali tra certezze e in-
certezze del diritto, in Consulta on line, 1/2020, www.giurcost.org, A VENANZONI, L’innomina-
bile attuale. L’emergenza Covid-19 tra diritti fondamentali e stato di eccezione, in Forum di
Quaderni costituzionali, 26 marzo 2020, www.forumcostituzionale.it.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 146
Le posizioni si distinguono tra chi critica le modalità di contrasto alla
diffusione del COVID-19275 e chi, al contrario276, riconosce un margine di
manovra più ampio al Governo, considerando lo stato di emergenza un
contesto eccezionale da disciplinare attraverso misure e modalità eccezio-
nali, ancorché nei limiti costituzionali.
In aggiunta a quanto fin qui evidenziato, a sommesso avviso di chi
scrive, anche il profilo della tecnica normativa avrebbe meritato maggiore
attenzione da parte di chi è stato chiamato alla regolazione di un’emer-
genza che, pur presentatasi come fattore inedito per proporzioni ed im-
patto, rimane pur sempre un “fatto” da disciplinare che, come tale, ri-
chiede ragionevolezza e rispetto di quelle «regole per la qualità delle re-
gole»277 funzionali al raggiungimento degli obiettivi posti nelle intenzioni
dei provvedimenti regolatori.
275 G. AZZARITI, Il diritto costituzionale d’eccezione, in Costituzionalismo.it, 31 marzo
2020, www.costituzionalismo.it, A. RUGGERI, Il coronavirus contagia anche le categorie costi-
tuzionali e ne mette a dura prova la capacità di tenuta, in dirittiregionali.it, 1/2020, Id., Il co-
ronavirus, la sofferta tenuta del sistema istituzionale e la crisi palese, ormai endemica, del si-
stema delle fonti, in Consulta on line, 6 aprile 2020, www.giurcost.org, G. SILVESTRI, COVID-
19 e Costituzione, in unicost.eu, 10 aprile 2020.
276 M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emergenza, in Consulta on
line, Liber amicorum per il Prof. Pasquale Costanzo, 11 aprile 2020, www.giurcost.org, secondo
«cui la risposta delle nostre istituzioni non è stata quella tipica di una democrazia autoritaria
e che non c’è stata alcuna rottura della legalità costituzionale. Le procedure seguite, al di là
di qualche slabbratura (e di una comunicazione pubblica eccessivamente anticipata rispetto
alla formalizzazione delle misure decise), sono corrette. In secondo luogo, che la Costitu-
zione, una volta di più, ha dimostrato di saper offrire un quadro normativo saldo ed efficace,
smentendo tutti coloro che lamentano l’assenza di una norma esplicita sugli stati di emer-
genza: assenza di previsioni puntuali non significa mutismo costituzionale» (p. 261).
277 M. DE BENEDETTO – M MARTELLI – N. RANGONE, La qualità delle regole, cit.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 147
In realtà, come si avrà modo di verificare successivamente, alcune vio-
lazioni delle regole di drafting formale e sostanziale hanno comportato,
quasi come un inevitabile punto di caduta, conseguenze particolarmente
critiche in ordine alla intellegibilità di provvedimenti non sempre chiari
nei contenuti e non sempre coerenti rispetto agli obiettivi posti in pre-
messa.
La progressiva sospensione delle ordinarie attività regolatorie in favore
della postulata necessità di provvedimenti “singoli e singolari”, instabili,
limitati nel tempo è stata la regola vigente anche in un contesto caratte-
rizzato da continue fibrillazioni che ha chiamato il regolatore (rectius, i re-
golatori) ad orientare le scelte rispetto a dati, statistiche e previsioni for-
nite dal Comitato Tecnico Scientifico.
Diversi, dal punto di vista del corretto utilizzo delle tecniche norma-
tive, sono i profili di criticità che espongono il regolatore dell’emergenza a
valutazioni negative sulle tecniche normative utilizzate; argomenti non
nuovi, già arati dalla dottrina più autorevole che si è occupata di quel che
da tempo è considerato un «problema antico»278.
2. Ipertrofia e ruolo dei regolatori dell’emergenza
278 M. CARLI, La qualità della normazione in Italia: un problema di cultura, in M. RAVE-
RAIRA (a cura di), Buone regole e democrazia, Soveria Mannelli, 2007, p. 179. Non è, in parte,
dello stesso avviso R. PAGANO, Introduzione alla legistica, cit., p. 3, secondo cui «il discorso
del modo di redigere le leggi è in gran parte un discorso nuovo, di questi ultimi decenni,
anche se ricorre, ma in modo marginale, in quel più ampio discorso intorno alle leggi su cui
in passato hanno dissertato filosofi e politici e che dagli stessi ha preso il nome di scienza
della legislazione».
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 148
La caratteristica del nostro sistema politico279 e istituzionale280 incen-
tiva il policentrismo normativo e la produzione sovrabbondante di regole.
Fattori fisiologici per la forma di stato italiana, caratterizzata dalla
presenza di diverse autonomie politiche cui viene riconosciuta la facoltà di
porre in essere atti regolatori.
Così, soprattutto durante gli stati emergenziali come quello in essere,
in cui i destinatari delle norme sono chiamati maggiormente al puntuale
rispetto dei contenuti, degli obblighi e delle restrizioni, l’assegnazione di
competenze specifiche ma, allo stesso tempo, distribuite tra i diversi livelli
di governo, ha comportato una inevitabile trasposizione della funzione re-
golativa da “promozione” ad “inflazione”.
La progressiva ed ipertrofica stratificazione così come la produzione
impetuosa di atti regolatori di diversa natura281 ha reso particolarmente
complessa la comprensione e l’efficacia di una sorta di “statuto dell’emer-
genza da COVID-19” in cui la produzione costante di regole, il linguaggio,
lo stile, i rinvii, le eccezioni, le deroghe e le abrogazioni hanno reso troppo
spesso difficoltosa, per i destinatari, l’identificazione della linea di demar-
cazione tra liceità e illiceità.
279 Così G. CORSO, Perché la complicazione?, in Nuove autonomie, 3-4/2008, 325-333.
280 Secondo M. DE BENEDETTO – M. MARTELLI – N. RANGONE, La qualità delle regole,
cit., 22, «l’aumento dei soggetti (e la loro eterogeneità), incrementa la probabilità della con-
traddittorietà dei loro interventi, in parte riconducibile all’incertezza degli obiettivi pub-
blici, in parte proprio all’aumento del numero dei produttori di regole in mancanza di ade-
guate forme di coordinamento e trasparenza».
281 La rivista dirittiregionali.it, sul punto, ha istituito un osservatorio permanente Dos-
sier. L’emergenza sanitaria da COVID-19. Normativa, atti amministrativi, giurisprudenza e
dottrina, a cura di A. MORELLI e C. DRIGO in costante aggiornamento, così come la rivista
federalismi.it, nella sezione Osservatorio emergenza COVID-19, curata da M. MALVICINI.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 149
Un elenco di provvedimenti costituito da 12 decreti legge (di cui ben 2
in uno stesso giorno)282, 12 decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri,
2 protocolli tra Governo e datori di lavoro, 4 leggi di conversione (ma se ne
attendono altre 8), 29 ordinanze del Dipartimento della Protezione Civile,
21 decreti del Capo di Dipartimento per la Protezione Civile, 1 misura ope-
rativa emessa dalla stessa Protezione Civile, 1 ordinanza del Commissario
Straordinario, 20 ordinanze, 41 circolari, 3 decreti e 2 note del Ministero
della Salute, 16 circolari del Ministero degli Interni, 2 direttive ai Prefetti
da parte del Ministero degli Interni, 9 decreti del Ministero delle Infrastrut-
ture e dei Trasporti, 2 decreti interministeriali (Salute ed Infrastrutture e
Trasporti), 2 direttive e 1 circolare del Dipartimento della Funzione Pub-
blica, 3 decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, solo a titolo
meramente semplificativo (ma i provvedimenti sono molti di più)283.
A ciò si aggiungano i provvedimenti più disparati in tema di sanità ed
igiene adottati ai sensi dell’art. 32, co. 3, l. 23 dicembre 1978 n. 833 dei
Presidenti delle Regioni.
La considerazione, da parte delle Regioni, di una sorta di inadegua-
tezza delle strategie predisposte dal Governo centrale è stata una delle
cause della repentina trasformazione da meri «enti ausiliari dell’ammini-
strazione dello Stato»284 a veri e propri enti di governo attraverso l’auto-
revole imposizione di una serie di misure restrittive che, pur ponendosi
282 d. l. 8 aprile 2020 n. 22 e d. l. 8 aprile 2020 n. 23.
283 Un elenco completo e in aggiornamento può essere consultato sulla rivista www.os-
servatoriosullefonti.it a cura di ERIK LONGO, GIUSEPPE MOBILIO E MATTEO GIANNELLI E
CON LA COLLABORAZIONE DI ALBERTO ARCURI, GIOVANNI AVERSENTE, FRANCESCA
BIONDI DAL MONTE, VINCENZO CASAMASSIMA, CATERINA DI COSTANZO, COSTANZA MA-
SCIOTTA, JACOPO MAZZURI, GIACOMO MENEGUS, PIETRO MILAZZO, FABIO PACINI VALEN-
TINA PAGNANELLI.
284 A. BARBERA, La Regione come ente di governo, in Pol. dir., 6/1973.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 150
come forme di attuazione (o di sovrapposizione) della normativa primaria
(in particolare del d. l. 23 febbraio 2020 n. 6, del d. l. 25 marzo 2020 n. 19
della l. n. 833/78) hanno spesso conseguito un’efficacia maggiore rispetto
ai primi, se non altro per la chiarezza delle disposizioni che, a dispetto dei
dubbi di legittimità285, hanno lasciato pochi margini di discrezionalità alla
tenuta di determinati comportamenti imposti ai destinatari, ma sono ap-
parsi quantomeno in linea con gli obiettivi di contenimento del COVID-
19.
Anzi, quasi sempre sono state proprio le Regioni, prima ancora
dell’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri o dei
Ministri competenti (in realtà solo in quel frangente avrebbero potuto
farlo), a specificare cosa si intende per “casi di necessità”, “passeggio adia-
cente alla propria abitazione”, “comprovate esigenze di salute o di lavoro”,
e così via via l’alluvionale promulgazione di decreti ed ordinanze.
Sul punto, la Regione Campania è stata fin dall’inizio in prima fila per
quanto concerne la specificazione dei diversi profili attinenti alla movi-
mentazione delle persone, in particolare attraverso le ordinanze e i «chia-
rimenti alle ordinanze» susseguitesi con cadenza quasi giornaliera286.
La necessità di emanare numerosi atti interpretativi attraverso decreti
e ordinanze non è altro che il punto di caduta di una frammentazione in
gran parte dovuta anche alle ambigue competenze in capo a Stato e Re-
gioni tracciate prima (per quel che ci riguarda con la l. n. 833/78) e dopo la
riforma del Titolo V (con la materia di «tutela della salute»)287.
285 Per una condivisibile critica, M. CAVINO, Covid-19. Una prima lettura dei provvedi-
menti adottati dal Governo, cit.
286 In dettaglio, cfr. il sito della Regione Campania, su www.regione.campa-
nia.it/it/printable/ordinanze-del-presidente-della-regione-campania.
287 Sul punto, per una rassegna, v. AA.VV., Il nuovo titolo V della parte II della Costitu-
zione. Primi problemi della sua attuazione. Atti dell'Incontro di studio (Bologna, 14 gennaio
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 151
Vero è, allo stesso tempo, che il protagonismo regolatorio degli enti
substatali ha contribuito alla progressiva stratificazione di regole che pure
incide, assieme alla complessità applicativa del Titolo V288 ed alla scarsa
intellegibilità di gran parte dei provvedimenti, sulla stessa certezza del di-
ritto289.
A valle e come conseguenza inevitabile di un’architettura costituzio-
nale ambigua, l’obiettivo di una gestione unitaria dell’emergenza che
avrebbe, almeno in teoria, ridotto la produzione di una grande quantità di
provvedimenti anche antinomici tra loro ha, al contrario, amplificato quel
fenomeno di «interconessione, in cui i legislatori sono tanti, sono tutti in
2002), Milano 2002, B. CARAVITA DI TORITTO, Judge made federalism? The italian expe-
rience. Atti del convegno 2005 dell’International Association of Centers for Federal Studies,
anche in federalismi.it, n. 18/2005, Id., La Costituzione dopo la riforma del Titolo V. Stato,
regioni e autonomie fra Repubblica e Unione Europea, Torino, 2002, G. FALCON, Il nuovo
Titolo V della Parte seconda della Costituzione, in Le Regioni, 2001, A. MORRONE, La Corte
costituzionale riscrive il Titolo V?, in Forum di Quaderni costituzionali. Rassegna, 8, www.fo-
rumcostituzionale.it, M. OLIVETTI (a cura di), La Repubblica delle autonomie. Regioni ed enti
locali nel nuovo Titolo V, Torino, 2001, V. ONIDA, Do constitutional judges make federalism
(in Italy)?, in Federalismi.it, n. 19/2005, www.federalismi.it.
288 V., amplius, M. BELLETTI, Le materie di potestà legislativa concorrente, in Oss. cost.,
2/2016, www.osservatorioaic.it.
289 V. F. SORRENTINO, Incertezza del diritto o mera oscurità della legge?, in Giur. cost.,
1986. La certezza del diritto, peraltro, è stata da sempre considerata dalla Corte costituzio-
nale quale «preminente interesse pubblico», a partire dalla sentenza n. 129/57. Lo specifica
ancora e chiaramente, ancorché limitatamente alla materia penalistica, la sentenza della
Corte costituzionale n. 364/88 e, concordemente, L. PEGORARO, Linguaggio e certezza della
legge nella giurisprudenza della Corte costituzionale, Milano, 1988, 2, P. DAMIANI, La certezza
del diritto come parametro nei giudizi di costituzionalità. Le esperienze italiana e spagnola a
confronto, in Giur. cost., 1999, 2348.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 152
movimento e agiscono contemporaneamente, in genere con diversi ambiti
territoriali di riferimento»290, dando luogo ad una “plurinormatività verti-
cale” in virtù di una «delega di potere, magari involontaria, agli organi
chiamati ad applicarla»291, con il Governo «pronto a cedere davanti ad una
consapevole scelta contraria»292.
Eppure, limitatamente a «specifiche situazioni sopravvenute di aggra-
vamento» (art. 3, co. 1), sulla scorta dell’art. 2, d. l. n. 6/2020, poi abrogato
e sostituito dall’art. 2, d. l. n. 19/2020, alle Regioni è stata concessa facoltà
di intervenire (come è stato), ma solo selezionando e senza andare oltre
quelle misure elencate dal decreto legge che ritenessero di dover adottare.
La strada della “collaborazione interistituzionale”, che pareva trac-
ciata nelle intenzioni del Governo per evitare il rischio di comportare la
convergenza di una molteplicità di fonti emergenziali in tema di sanità
pubblica (come poi purtroppo si è verificato), ha al contrario rivelato una
sovrapposizione di provvedimenti il cui contenuto è apparso piuttosto in-
coerente.
Sfruttando al massimo le «ghiotte»293 disposizioni del d. l. n. 19/2020,
nel cuore dell’emergenza da COVID-19 si è assistito ad una moltitudine di
290 N. LUPO, Le tecniche (e la politica) della legislazione come strumenti essenziali per il
legislatore contemporaneo, in Iter legis, V, 2002, 104.
291 R. GUASTINI, Redazione ed interpretazione dei documenti normativi, in AA.VV., S.
Bartole, (a cura di), Lezioni di tecnica legislativa, cit., p. 39.
292 G. AMATO, Principi di tecnica della legislazione, in M. D’ANTONIO (a cura di), Corso
di studi superiori legislativi, Padova, Cedam, 1990, 57. Per dovizia di precisione, l’unica or-
dinanza impugnata dal Governo è la n. 37 del 29 aprile 2020 della Regione Calabria, annul-
lata dal TAR Calabria con sentenza n. 841/2020.
293 G. BOGGERO, Le “more” dell’adozione dei D.P.C.M. sono “ghiotte” per le Regioni.
Prime osservazioni sull’intreccio di poteri normativi tra Stato e Regioni in tema di COVID-19,
in Diritti regionali, 1/2020, www.dirittiregionali.it.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 153
provvedimenti regolatori più disparati che hanno puntato ad imporre, re-
stringere, organizzare, programmare una serie di interventi anche profon-
damente diversi tra loro, ancorché unificati dalla finalità della tutela della
salute quanto meno sulla carta.
Il d. l. n. 6/2020 autorizzava i Presidenti di Regione ad adottare ordi-
nanze nei casi di estrema necessità ed urgenza, ancorché «nelle more
dell’adozione dei decreti del Presidente del Consiglio» (art. 3, co. 2): ciò
significava in astratto che, per la parte relativa ad eventuali contrasti con
le misure disposte con d. P. C. M., le ordinanze regionali non sarebbero
state più applicabili.
Condivisibile, pertanto, il principio secondo cui l’amministrazione di
prossimità al cittadino sia la più indicata, la più competente, la più legit-
timata ad intervenire, a patto che il coinvolgimento di queste avvenga a
monte e non quando lo spazio di manovra si riduce ad una mera specifica-
zione del contenuto dei provvedimenti centrali per poi scadere in una serie
di regolazioni antinomiche ed incoerenti che sfociano inevitabilmente in
contrasti tra centro e periferia.
Il mancato coordinamento tra le disposizioni contenute nei decreti del
Governo e nelle ordinanze dei Presidenti delle Regioni, in particolare della
Lombardia, del Veneto e della Campania, sembra essere figlio di un mo-
dello ambivalente determinato dalla complessa inserzione delle disposi-
zioni emergenziali.
In un contesto normativo già di per sé fonte di incertezze e di difficoltà
pratiche in relazione alla distribuzione delle competenze, sarebbe stato au-
spicabile un chiarimento in merito a chi spetti o meno la competenza ad
esercitare il potere o i poteri previsti caso per caso, territorio per territorio,
quando le norme stesse prevedono dei meccanismi per la successiva orga-
nizzazione delle attività in essa disciplinate.
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Invece, discontinuità ed eterogeneità delle misure tra d. P. C. M. e or-
dinanze regionali hanno caratterizzato fin dal principio i rapporti tra cen-
tro e periferia, come nel caso degli studi professionali o delle aperture con-
tingentate dei negozi di abbigliamento per neonati.
Alcune ordinanze regionali294, infatti, stabilivano la chiusura degli
studi professionali, in contrasto con l’art. 1, co. 1, lett. a), d. P. C. M. 10
aprile 2020, mentre l’ordinanza 12 aprile 2020 n. 32, della Regione Cam-
pania disponeva una diversa ripartizione degli orari di apertura di alcuni
negozi rispetto al d. P. C. M. 10 aprile 2020.
Così come la disciplina sull’apertura e sulla chiusura degli «esercizi
commerciali per l’acquisto di beni di prima necessità», demandata in teoria
al Prefetto territorialmente competente (d. P. C. M. 1° marzo e d. P. C. M.
4 marzo 2020) ma in pratica disposta singolarmente e diversamente dai
Presidenti delle Regioni295.
Il coinvolgimento di un organo del Governo avrebbe in qualche modo
garantito, da un lato, l’uniformità della misura, dall’altro la reale lettura
della situazione del territorio competente, attraverso un bilanciamento
ponderato di tutte quelle esigenze economiche e di salute che sarebbe op-
portuno demandare in ogni caso all’apprezzamento dell’amministrazione
294 Ordinanza del Presidente del Piemonte del 22 marzo 2020 e ordinanza del Presidente
della Lombardia del 22 marzo 2020.
295 Come ad esempio l’ordinanza 12 aprile 2020 n. 32 del Presidente della Regione Cam-
pania, in cui si leggono affermazioni vaghe, «nuovi e diversi cluster familiari e locali, presu-
mibilmente originati dalla inosservanza delle misure di distanziamento sociale prescritte»,
o ancora «l’epidemia si è manifestata in origine, è verosimile che possa verificarsi una recru-
descenza dei contagi», oppure «negli ultimi giorni si è registrata nuovamente una curva cre-
scente della diffusione del virus, tanto su scala nazionale quanto regionale». Tutti profili che
non coincidono con i dati diffusi dal Comitato Tecnico Scientifico e dalla Protezione Civile,
tanto che alla data del 12 aprile 2020 già si registrava una discesa della curva dei contagi.
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“ponte” tra cittadino e Governo centrale, come le Prefetture per l’ap-
punto296.
Il controverso rapporto tra lo Stato e le Regioni ha mostrato gran
parte dei lati negativi, offrendo alle seconde diversi alibi che hanno portato
a comprendere, oggi più di ieri, come il sistema complessivo di allocazione
delle competenze possa essere preda di una progressiva degenerazione re-
golatoria.
Se la devoluzione fosse stata attuata tenendo presente i limiti costitu-
zionali e il rispetto del ruolo e della funzione della legge, pur nella eccezio-
nalità della vicenda, le misure sarebbero state maggiormente coerenti, uni-
voche e omogenee solo per il fatto di perseguire obiettivi comuni attraverso
compiti diversi.
In questo caso, individuando davvero il diritto alla salute quale por-
zione di un interesse nazionale più ampio, la ragione giustificativa delle
norme sarebbe potuta andare anche al di là delle deroghe pur necessarie,
ma a volte frutto più di suggestioni che di necessità impellenti, alle quali
giocoforza è stato posto un argine, ancorché con provvedimenti modificati
giorno dopo giorno, come accaduto nel caso dei runner della Regione Cam-
pania297.
296 Attesa l’inoperatività della disciplina delle ordinanze sindacali di cui all’art. 50 Testo
Unico degli Enti Locali per cui solo «in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a
carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco,
quale rappresentante della comunità locale».
297 Con ordinanza 1 maggio 2020 n. 31 è stata consentita l’attività motoria in determi-
nate fasce orarie e con l’uso della mascherina, nei pressi della propria abitazione (art. 5).
Prescrizione immediatamente modificata dall’art 1, co. 1-2 secondo cui «1.A parziale modi-
fica di quanto disposto dall’Ordinanza 1 maggio 2020 n. 41 e, in particolare, in sostituzione
dei punti 5. e 6. del relativo dispositivo- con decorrenza dal 4 maggio 2020 e con efficacia
fino al 17 maggio 2020, salvo eventuali ulteriori provvedimenti in ragione della verifica
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Infine, ulteriore ambiguità ed antinomia si rinviene nell’art. 3, co. 2,
d. l. n. 19/2020 che vieta ai Sindaci di adottare, «a pena di inefficacia, or-
dinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza in contra-
sto con le misure statali […]».
Il contrasto, paradossalmente, lo crea proprio il legislatore nell’ultimo
periodo della disposizione richiamata dall’art. 50, co. 5, Testo Unico degli
Enti Locali che espressamente riconosce il potere di ordinanza ai Sindaci
certamente «in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica», ma limi-
tatamente al «carattere esclusivamente locale», proprio per la condivisi-
bile ragione che il legislatore del Testo Unico degli Enti Locali ben imma-
ginava che la gestione di una pandemia mondiale o quantomeno un’emer-
genza sanitaria di carattere nazionale, non potesse essere gestita dai Sin-
daci “a macchia di leopardo”.
dell’evoluzione epidemiologica, su tutto il territorio regionale: 1.1. E’ consentito svolgere
attività motoria all’aperto, ove compatibile con l’uso obbligatorio della mascherina (dispo-
sitivo di protezione individuale di cui all’art.16 del decreto legge n.18/2020), in forma indi-
viduale, ovvero con accompagnatore, per i minori e le persone non autosufficienti, comun-
que con obbligo di distanziamento di almeno due metri da ogni altra persona- salvo che si
tratti di soggetti appartenenti allo stesso nucleo convivente, ovvero di minori o di persone
non autosufficienti. Sono esentati dall’obbligo di utilizzo della mascherina i minori fino a sei
anni d’età e le persone con patologie non compatibili con l’uso della stessa. 1.2. Nella fascia
oraria dalle ore 6,00 alle ore 8,30, è consentito, nelle aree pubbliche ed aperte al pubblico,
svolgere attività sportiva – ivi compresa corsa, footing o jogging- nei limiti consentiti dalle
vigenti disposizioni statali, in forma tassativamente individuale, senza obbligo di indossare
la mascherina, ma con obbligo di portarla con sé e di indossarla nel caso in cui ci si trovi in
prossimità di altre persone». Il giorno successivo, con ordinanza 3 maggio 2020 n. 43 le at-
tività sportive sono state consentite senza limitazione alcuna, salvo il distanziamento so-
ciale.
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E invece, ancora una volta, il Governo ha introdotto una disposizione
incoerente rispetto al sistema di gestione delle emergenze che si colloca al
di fuori di ogni logica, contrastante sia con la ratio dell’art. 50, co. 5, Testo
Unico degli Enti Locali, quanto con il decreto legge stesso che, da un lato
cerca di accentrare le competenze in tema di emergenza epidemiologica in
capo allo Stato per quanto concerne la tipologia delle restrizioni, ma
dall’altro demanda ai Presidenti delle Regioni, ancorché con modalità e
tempi assai dubbi, il temperamento in melius ovvero in pejus delle stesse.
3. Il linguaggio dell’emergenza tra ambiguità sintattiche, ambiguità se-
mantiche e incoerenze
Dalla dichiarazione dello stato di emergenza deliberato dal Consiglio
dei Ministri il 31 gennaio 2020 e pubblicato nella G.U. del 1° febbraio 2020,
il Governo è stato in balìa di due fuochi: da un lato i tecnici nominati dal
Presidente del Consiglio de Ministri per la gestione delle “fasi 1 e 2”, dall’al-
tro i Presidenti delle Regioni che hanno via via accerchiato e delimitato la
discrezionalità politica del regolatore centrale, apparso in affanno provve-
dimento dopo provvedimento a partire dall’utilizzo del linguaggio.
La continua ricerca della copertura scientifica e della giustificazione
per gli obblighi e le restrizioni ha “suggerito” al regolatore l’inserimento di
numerose determinazioni finalistiche come «ai fini del contenimento» (art.
48, co. 2, d. l. 17 marzo 2020 n. 18), «al fine di superare le difficoltà deter-
minate dall'emergenza sanitaria» (art. 26, co. 1, d. l. 8 aprile 2020 n. 23,
«per contrastare l’emergenza» (art. 83, rubrica, co. 6, art. 84, rubrica, co.
3), «per contenere il diffondersi del virus COVID-19» (art. 16, d l. n.
18/2020), «con l’obiettivo di implementare e rafforzare un solido sistema
di accertamento diagnostico, monitoraggio e sorveglianza della circola-
zione di SARS-CoV-2» (art. 1, co. 1, decreto legge 19 marzo 2020 n. 34),
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quasi a giustificare scelte più imposte che condivise attraverso formule
vuote, prive di reale efficacia impositiva e collocabili, almeno in teoria, in
un preambolo o nei considerando formali298.
Nel merito e diversamente da quanto suggerito dai manuali delle tec-
niche normative, il complesso evolversi della regolazione dell’emergenza è
stato caratterizzato anche da disposizioni sovrapposte e spesso ripetitive
per essere mal congegnate, tanto nella predisposizione della «struttura fi-
sica»299 dei provvedimenti, quanto nella scelta dei tempi verbali, nella
mancata definizione dei termini, nella preferenza per abrogazioni impli-
cite, nelle numerose proroghe e rinvii che non hanno fatto altro che rendere
difficilmente intellegibili i contenuti delle prescrizioni.
298 Bisogna pur dire, tuttavia, che Nel nostro ordinamento il preambolo è raramente
utilizzato, esso è posto formalmente all’inizio dell’articolato; ciò dipende dalla nostra tradi-
zione giuridica poco incline ad utilizzare i considerando e maggiormente propensa ad utiliz-
zare le premesse costituite dai cc.dd. visto che, tra l’altro, sono tipici degli atti normativi
emanati dal potere esecutivo, in materia soprattutto di decreti legislativi. In generale, il
preambolo dovrebbe costituire una parte importante dell’articolato sebbene solo introdut-
tiva, perché è in quella sede ricavabile il cuore della motivazione e dalla ratio, tant’è che per
i regolamenti e le direttive comunitarie, come è stato rilevato da R. PAGANO, Introduzione
alla legistica, cit., 113 “la mancanza o la discordanza tra la motivazione (che deve essere
adeguata non potendo consistere nella semplice enunciazione che è opportuno o necessario
adottare la disposizione) ed il dispositivo è motivo di impugnazione dell’atto normativo in-
nanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità”.
299 G. CARCATERRA, Metodologia giuridica, in M. D’Antonio (a cura di), Corso di studi
superiori legislativi. ISLE Scuola di scienza e tecnica della legislazione, cit., 109.
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La complicata e complessa tecnica normativa dell’emergenza si è ca-
ratterizzata per un marcato dissenso rispetto ai suggerimenti di autorevole
dottrina e di pregiati manuali di drafting300.
Senza pretesa di esaustività, diversi i rilievi rispetto a violazioni delle
regole di tecnica normativa che contribuiscono a rendere incoerenti, arti-
colati e complicati il contenuto dei provvedimenti anche in considerazione
della finalità perseguita dal regolatore.
Già nella sequenza strutturale delle disposizioni appare illogica la
scelta di collocare le norme ad efficacia territoriale limitata negli articoli
“di apertura” dei provvedimenti, quindi preliminarmente alle norme di
portata generale applicabili a tutto il territorio nazionale.
La parte introduttiva dell’atto, per buona regola, dovrebbe contenere
primariamente le disposizioni generali, individuando chiaramente, oltre
alle finalità e ai principi-obiettivo, il campo di applicazione e le definizioni.
Segue la parte principale in cui sono inserite le disposizioni sostanziali e
procedurali relative alla materia disciplinata, eventuali sanzioni e clausola
finanziaria. Quindi, le disposizioni relative all’attribuzione del potere di
emanare provvedimenti di esecuzione, la forma dello stesso, le direttive cui
l’organo deve attenersi, le disposizioni di coordinamento, transitorie e
sull’efficacia dell’atto.
Al contrario di quanto evidenziato, la caratteristica forma di “pira-
mide rovesciata”, in particolare dei decreti del Presidente del Consiglio dei
Ministri301, ha comportato una conseguenziale obesità degli atti per la na-
300 Come ad esempio il c.d. Manuale Rescigno e le Regole e raccomandazioni per la formu-
lazione dei testi legislativi del 2011.
301 Salvo i provvedimenti aventi ad oggetto il potenziamento delle misure sanitarie e il
sistema di aiuti economici a famiglie, lavoratori ed imprese per i quali, come si dirà, può
essere condivisibile perché necessaria una deroga alle ordinarie tecniche normative.
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turale conseguenza che ciò che viene disciplinato successivamente rappre-
senta, in gran parte, una replica della prescrizione, dal particolare al gene-
rale, di quanto poco prima viene disposto.
La tecnica di incastellatura prescelta non permette l’adozione di prov-
vedimenti snelli perché la stessa tipologia di disposizione viene ripetuta
due o anche tre volte per ogni elenco, in relazione alle restrizioni imposte a
Comuni, Province e Regioni302.
Sarebbe stato opportuno, al contrario, indicare primariamente le mi-
sure applicabili all’intero territorio nazionale, se non proprio a partire dal
d. P. C. M. 1° marzo 2020 e 4 marzo 2020 – perché prevedono una serie di
misure diversificate rispetto alle zone classificate dagli allegati – almeno a
partire dal d. P. C. M. 8 marzo 2020, ossia da quando la “zona rossa” è
stata estesa all’intero territorio nazionale.
Poiché l’esigenza di coerenza e coesione riguarda la fondamentale lo-
gica del testo, la progressiva costruzione e il grado di non contraddittorietà
tra i concetti esposti, il buon collegamento degli enunciati deputati a ren-
dere il contenuto concettuale che si vuole esprimere chiaro ed intellegibile,
dimostrano che tanto meno è fitta la tessitura delle norme, maggiori sono
le possibilità che questo si manifesti.
Fin tanto che l’unità conferita dalla presenza di un preciso e unico
tema di fondo, al quale conduce via via la trattazione dei temi particolari
gerarchicamente ordinati nella loro successione e relazione, vi sarà certa-
mente una migliore individuazione nel tempo e nello spazio delle misure
imposte.
302 Questo accade nei d. P. C. M. 1, 4 e 8 marzo 2020.
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In ogni tipo di comunicazione anche non giuridica, infatti, la forma è
sostanza e determina anche il contenuto: il che vuol dire che a partire dalla
forma è possibile risalire più agevolmente al contenuto stesso303.
Invece e diversamente da quanto sostenuto, la struttura “capovolta”
viene replicata anche nel successivo d. l. n. 19/2020, nel quale il legislatore
avrebbe potuto prevedere una serie di restrizioni generali, applicabili a
tutto il territorio nazionale e seguite da disposizioni introdotte, ad esem-
pio, dall’espressione «fermo restando quanto già disposto all’art. X, alle
Regioni, alle Province e ai Comuni di cui all’elenco Y, è posto divieto di»,
seguito dall’elenco delle restrizioni.
Invece, ai destinatari viene imposta una ricostruzione delle restrizioni
muovendo dal particolare per arrivare al generale.
Se, al contrario, la «struttura fisica»304 dell’atto fosse stata diversa e
più aderente alle regole che prediligono la coerenza logica delle disposi-
zioni, sarebbe bastato aggiungere pochi ulteriori enunciati corrispondenti
al numero effettivo di limitazioni o restrizioni che il regolatore intendeva
applicare esclusivamente alle “ulteriori” zone rosse.
In tale prospettiva, non pare tuttavia possa muoversi siffatta critica
per il d. l. n. 34/2020, c.d. Decreto Rilancio, che pure consta di ben 266 ar-
ticoli.
Rispetto ai precedenti, pur risultando il più esteso decreto legge
«obeso»305 mai deliberato dal Consiglio dei Ministri, la dimensione appare
giustificata dalla tipologia e dal numero delle misure poste in essere le
quali, stante la reale necessità del provvedere ad horas, non potevano che
303 In questo senso, F. SABATINO, Analisi del linguaggio giuridico, in M. D’ANTONIO (a
cura di), Corso di studi superiori legislativi, cit., passim.
304 G. CARCATERRA, Metodologia giuridica, cit., 190.
305 S. CECCANTI, Decreti obesi e crisi economica, ovvero la vittoria strisciante dell'assem-
blearismo, in Quad. cost., 1/2014, 109 ss.
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essere disciplinate in un unico testo eterogeneo nel contenuto, ma dettato
da una finalità prettamente legata alla “ripartenza” sociale ed economica
dell’Italia rispetto al precedente lockdown.
Se per i provvedimenti precedenti (tanto decreti legge, quanto d. P. C.
M.) sarebbe stato possibile sgravare il contenuto secondo le indicazioni qui
sommessamente suggerite, nei casi come questi appare non censurabile il
comportamento del regolatore nella misura in cui attenui tale criticità at-
traverso la distribuzione del testo in più articoli e commi in modo da ripar-
tire, quanto più uniformemente possibile, il contenuto in Capi e Sezioni
come accade per il predetto decreto legge.
Al di là di tale “scriminante”, la complicazione si rinviene non tanto
nella struttura logica, ma nel merito delle misure ed in tutte quelle proce-
dure che rendono ancora più complessa la gestione dell’emergenza da parte
di chi è chiamato in prima persona e “sul campo” al contrasto del virus.
Ad esempio, nella disciplina ribadita puntualmente in ogni decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri306 che obbliga gli operatori e i servizi
di sanità pubblica territorialmente competenti ad una serie di adempi-
menti finalizzati al controllo di tutti quei cittadini che, raggiunti telefoni-
camente, hanno l’obbligo di fornire informazioni e documenti «sulle zone
di soggiorno e sul percorso del viaggio effettuato nei quattordici giorni pre-
cedenti ai fini di una adeguata valutazione del rischio di esposizione» (art.
3, co. 2, lett. a), d. P. C. M. 1° marzo 2020), nonché di sottoporsi all’accer-
tamento sanitario per verificare «l’assenza di febbre o altra sintomatologia
del soggetto da porre in isolamento, nonché degli altri eventuali convi-
venti» (art. 3, co. 3, lett. a), d. P. C. M. 1° marzo e 4 marzo 2020).
Tutto questo non attraverso una visita medica accurata, ma a mezzo
comunicazione telefonica.
306 Quando sarebbe stato sufficiente un preciso rinvio alla norma nei successivi d. P. C.
M.
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E se, in casi come questi, il Governo si affida alla “sincerità” del citta-
dino, al proprio senso di responsabilità e alla «massima adesione», ci si
chiede cosa accada se il soggetto o la famiglia, raggiunta telefonicamente,
pur nel rispetto dei meri auspici richiamati, non disponga di un termome-
tro e si trovi, pertanto, nella impossibilità adempiere a tutte le prescrizioni
di monitoraggio del “virus intramurario”, atteso che alcuna norma pre-
scrive l’obbligo di possedere un termometro in casa.
Una sorta di “breviario di medicina a distanza”, in cui il paziente di-
venta assistente del medico senza averne le competenze, mentre l’opera-
tore di sanità è obbligato a verificare, sempre telefonicamente, se il pa-
ziente in quarantena «indossa la mascherina chirurgica (da fornire all’av-
vio del protocollo), [rimane distanziato] dagli altri conviventi, [rima-
nendo] nella sua stanza con la porta chiusa garantendo un’adeguata ven-
tilazione naturale, in attesa del trasferimento in ospedale, ove necessario».
Oltre alla evidente complessità di attuazioni di obblighi biunivoci tra
medico e paziente, il puntuale rispetto, ad esempio, del distanziamento in-
tramurario, l’obbligo di tenere la porta chiusa e di non allontanarsi dalla
propria stanza, vieterebbero al “quarantenato” anche l’utilizzo, ancorché
in teoria, dei servizi nella sfortunata ipotesi in cui “la stanza del distanzia-
mento” non ne fosse dotata.
E se, per precauzione e tutela della salute dei conviventi, questi deci-
dessero di lasciare immediatamente l’abitazione per recarsi in una seconda
casa, se detenuta, ciò gli sarebbe stato vietato dalle disposizioni che impe-
divano gli spostamenti, ammesso che l’allontanamento dalla propria resi-
denza per evitare il contagio potesse rientrare in uno dei «motivi di salute»
che consentivano la movimentazione delle persone.
Considerando lecita tale ultima ipotesi, al familiare “minacciato dal
contagio” non sarebbe stato possibile raggiungere la “seconda casa”, nem-
meno nella c.d. “fase 2”, per lo meno in tutte quelle Regioni, come
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l’Abruzzo, che ammettevano la possibilità di raggiungere il secondo domi-
cilio a patto che la permanenza fosse limitata a 24 ore307.
Una duplice condanna al contagio, insomma, per il “paziente 0” della
famiglia e per familiari dello stesso.
Ancora in relazione ai compiti assegnati agli operatori sanitari, non è
chiaro quali potessero essere le conseguenze qualora un soggetto non sia
riuscito ad indicare un proprio medico di base perché, in esempio, ha tra-
sferito la propria residenza pochi giorni prima del lockdown nazionale dell’8
marzo.
Problema “involontariamente” aggirato, attraverso l’art. 8, co. 1, d. l.
9 marzo 2020, n. 16, se si considera che, stando alle disposizioni vigenti,
non soltanto tra il personale sanitario sono stati improvvisamente inclusi
i «medici di continuità assistenziale» che potrebbero sopperire a tale man-
canza, ma che un pediatra avrebbe in teoria anche un non ben definito
obbligo, tra gli altri, di assistenza di pazienti anziani.
Perplessità sorgono anche in merito alla raccomandazione «ai datori di
lavoro» di favorire la fruizione di periodi di congedo ordinario o di ferie»
(art. 1, co. 1, lett. e), d. P. C. M. 8 marzo 2020) per due motivi: in primo
luogo, non è specificato se le ferie richieste o rilasciate siano cumulative
rispetto a quelle già previste per legge o dai contratti collettivi nazionali di
categoria.
307 Ordinanza della Regione Abruzzo, 30 aprile 2020 n. 50 per cui «è consentito ai resi-
denti nella regione Abruzzo - si legge - lo spostamento, individuale o per massimo due per-
sone purché appartenenti allo stesso nucleo familiare, nell'ambito del territorio regionale,
all'interno del proprio comune o dei comuni dove si trovano le seconde case di proprietà, per
il solo svolgimento delle attività di manutenzione e riparazioni necessarie per la tutela delle
condizioni di sicurezza e conservazione del bene da parte del proprietario dell'immobile», ma
«è obbligatorio il rientro in giornata presso l'abitazione abituale».
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In secondo luogo, nel decreto-legge c.d. Cura Italia, all’art. 16, è espres-
samente previsto che «per contenere il diffondersi del virus COVID-19 [...],
per i lavoratori che nello svolgimento della loro attività sono oggettiva-
mente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro,
sono considerati dispositivi di protezione individuale [...] le mascherine
chirurgiche reperibili in commercio» e anche le «mascherine filtranti prive
del marchio CE e prodotte in deroga alle vigenti norme sull'immissione in
commercio».
Così, per alcuni lavoratori non si applicano le regole del distanziamento
e sono tenuti ad effettuare la prestazione anche a meno di un metro di di-
stanza tra loro, con la sola protezione di una mascherina qualunque.
Dal tenore di disposizioni come quest’ultima, appare arduo compren-
dere il grado di percezione di quanto effettivamente primario sia il bene
della salute per il regolatore dell’emergenza se immagina di poter contra-
stare la diffusione del virus con «qualunque altro indumento a copertura
di naso e bocca» (art. 1, co. 1, ordinanza 4 aprile 2020 della Regione Lom-
bardia).
Ancora e sempre in merito alle “ambiguità”, diverse disposizioni con-
tengono la dicitura «esercizi commerciali per l’acquisto dei beni di prima
necessità», consentendone l’apertura e specificando che il cui gestore è
chiamato a garantire comunque il rispetto della distanza di sicurezza in-
terpersonale.
Arduo comprendere se il «centro commerciale» al quale è stata imposta
la chiusura totale fosse anche un piccolo “agglomerato” di «esercizi» di
vendita caseari, panificatori, alimentari che insistono in uno stesso fabbri-
cato ai quali, tuttavia, non si sono applicate le misure restrittive.
Ma se qualcuno avesse per caso inteso questa tipologia di “agglome-
rato” come «mercati» o «fiere», allora non vi sarebbero stati dubbi in me-
rito all’estensione dell’obbligo di chiusura.
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La distinzione posta dal regolatore appare di poco conto perché come
è possibile il rispetto delle misure all’interno di aree particolarmente angu-
ste come i piccoli esercizi commerciali alimentari, così parimenti (anzi, di
più) lo è in quei «centri commerciali», «mercati», «fiere» al cui varco sa-
rebbe stato possibile il contingentamento degli ingressi se solo ai gestori di
questi immensi spazi fossero state concesse le stesse opportunità di aper-
tura con i medesimi obblighi di gestione di flussi e distanziamento sociale
attraverso il rilascio, ad esempio, di un ticket.
Per finire, ancora in tema di ambiguità semantiche, a seguito dei primi
provvedimenti in cui è stato «consentito di» spostarsi più o meno libera-
mente, il Governo, è stato costretto ad intervenire per chiarire il significato
di alcune espressioni come «congiunti», dilatandone o restringendone il
contenuto a seconda dei riferimenti ai parenti più stretti, ai “fidanzati”,
quindi anche agli “affetti stabili” senza specificare, in principio, se all’in-
terno di tale ultima categoria fossero ricompresi anche gli “amici”.
3.1. Modifiche, rinvii e vuoti normativi
Accanto alla complicazione e alle ambiguità semantiche e sintattiche,
si registrano anche modifiche non sempre puntuali, vuoti normativi che
sfociano in vere e proprie lacune dei provvedimenti e rinvii in violazione
della riserva di legge ex art. 16, co. 2, Cost.308, come accade per i d. P. C.
M. 9 e 11 marzo 2020, recanti misure urgenti in materia di contenimento e
gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, «applicabili sull'in-
tero territorio nazionale» che, ai fini della propria legittimazione formale,
308 A. CANDIDO, Poteri normativi del Governo e libertà di circolazione al tempo del COVID-
19, in Forum di Quaderni costituzionali. Rassegna, 11 marzo 2020, www.forumcostituzio-
nale.it.
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rinviano però al decreto legge n. 6/2020, il quale disponeva le restrizioni
limitatamente a parte del territorio nazionale, non ancora dichiarato
“zona rossa”.
La scarsa qualità ab origine dei provvedimenti normativi, come ovvio,
incide negativamente sul rispetto di categorie cardine della democraticità
di un ordinamento giuridico, come il principio di legalità, la riserva di
legge, la certezza del diritto.
Profili di criticità si riscontrano altresì nelle continue correzioni, nella
costante proliferazione di norme di interpretazione autentica che colmano
l’ennesima «porta aperta alla discrezionalità»309 come accade per l’art. 34
d. l. n. 23/2020310, oppure specificano ma complicandola, una o più disci-
pline all’interno di uno stesso articolo311, richiedendo al cittadino ulteriori
309 R. GUASTINI, Redazione ed interpretazione dei documenti normativi, in AA.VV., Le-
zioni di tecnica legislativa, cit., 95.
310 Per dipanare i contrasti interpretativi sui destinatari della misura e per impedire
l’attribuzione dei contributi di assistenza anche a non bisognosi, il legislatore ha dovuto
emanare la norma di interpretazione autentica contenuta nell’art. 34, d. l. n. 23/2020, per
cui «ai fini del riconoscimento dell'indennità di cui all'art. 44, d. l. n. 18/2020, i professionisti
iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria di cui al d.lgs. 30 giugno 1994
n. 509 e al d.lgs. 10 febbraio 1996, 103 devono intendersi non titolari di trattamento pen-
sionistico e iscritti in via esclusiva. In questo modo ha generato un affidamento mal riposto
su chi aveva già avviato la procedura telematica sul sito della Cassa Forense, ma ha dovuto
interromperlo dopo soli 4 giorni.
311 Come nell’art. 28 (Modifiche all'articolo 32-quater del decreto-legge n. 124 del 2019)
del decreto-legge 8 aprile 2020 n. 23, che modifica una serie di innumerevoli disposizioni, tra
cui «l'articolo 32-quater del decreto-legge 26 ottobre 2019, n. 124, convertito, con modifica-
zioni, dalla legge 19 dicembre 2019, n. 157, a cui sono apportate le seguenti modificazioni: a)
al co. 1, dopo le parole "di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986,
n. 917,", le parole "dalle società e dagli enti residenti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere
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a), b) e c)," sono sostituite dalle seguenti: "dalle società e dagli enti di cui all'articolo 73,
comma 1, lettere a), b), c) e d),"; b) al comma 1, lettera c), dopo le parole "sono soggetti a
tassazione con applicazione", le parole "di una ritenuta a titolo d'imposta nella misura pre-
vista dall'articolo 27, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre
1973, n. 600", sono sostituite dalle seguenti: "della ritenuta di cui all'articolo 27, del decreto
del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con la stessa aliquota e alle stesse
condizioni previste nel medesimo articolo 27"; c) al comma 1, dopo la lettera c), sono inserite
le seguenti: "c-bis) per la quota imputabile ai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera
c) del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986,
concorrono alla formazione del reddito complessivo per l'intero ammontare; c-ter) per la
quota imputabile a soggetti non residenti nel territorio dello Stato, sono soggetti a tassa-
zione con applicazione di una ritenuta nella misura prevista dal medesimo articolo 27 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; per i soggetti non resi-
denti indicati nel comma 3-ter del citato articolo 27 la misura della predetta ritenuta è pari
a quella stabilita dal medesimo comma 3-ter."; d) dopo il comma 1 è inserito il seguente: "1-
bis. Resta fermo il regime fiscale applicabile agli utili provenienti da imprese o enti residenti
o localizzati in Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati ai sensi dell'articolo
47-bis, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917."; e) il comma 2 è sostituito dal seguente: "2.
Sugli utili derivanti dalle azioni e dagli strumenti finanziari similari alle azioni, immessi nel
sistema di deposito accentrato gestito da una società di gestione accentrata, è applicata, in
luogo della ritenuta di cui al comma 1, l'imposta sostitutiva di cui all'articolo 27-ter del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con la stessa aliquota e
alle stesse condizioni previste nel medesimo articolo 27-ter. Le ritenute di cui al comma 1
del presente articolo e l'imposta sostitutiva di cui al periodo precedente sono operate sulla
base delle informazioni fornite dalla società semplice."; f) dopo il comma 2 è aggiunto il se-
guente: "2-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano ai dividendi percepiti
a partire dal 1° gennaio 2020. In deroga alle disposizioni di cui al periodo precedente, alle
distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni in società ed enti soggetti all'imposta sul
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«carte bollate»312 e la ricerca a ritroso di tutte quelle norme a cui la modi-
fica si riferisce attraverso una molteplicità di rinvii a catena313.
Eppure, chi si è occupato da tempo delle tecniche normative ha costan-
temente raccomandato di circoscrivere il ricorso ai riferimenti a catena,
evitando il rinvio generico ad una legge, ad un corpus di norme e, in quanto
fonte di incertezza normativa, a disposizioni contenute in altro atto con la
forma «si applicano, in quanto compatibili»314 che impediscono la corretta
appropriazione di un contenuto prescrittivo formulato in un atto diverso,
come se non fosse per nulla toccato da tale richiamo315.
reddito delle società, formatesi con utili prodotti fino all'esercizio in corso al 31 dicembre
2019, deliberate entro il 31 dicembre 2022, continua ad applicarsi la disciplina previgente a
quella prevista dall'articolo 1, commi da 999 a 1006, della legge 27 dicembre 2017, n. 205».
312 Sempre più burocrazia, come sostiene in modo più che condivisibile A. CELOTTO, È
nato prima l’uomo o la carta bollata?, Roma, Rai Libri, 2020. In particolare, per quanto ci
riguarda, con riferimento alla domanda di accesso al reddito di ultima istanza, per il cui rico-
noscimento sono stati richiesti ulteriori adempimenti, a completamento dell’istruttoria,
dall'art. 34, decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23.
313 Come ad esempio l’art. 15 la cui rubrica sembra il titolo di un intero atto normativo
(Modifiche all'articolo 4-bis, comma 3, del decreto-legge 21 settembre 2019, n. 105, conver-
tito con modificazioni dalla legge 18 novembre 2019, n. 133), oppure l’art. 4, co. 1, 2, 3, 7 e
8, d. l. n. 19/2020.
314 Come, al contrario, il legislatore dell’emergenza. Vedasi, ad esempio, l’art. art. 1, co.
4, l’art. 2, co. 7 e 11, l’art. 4, co. 1, decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11, l’art. 49, co. 8, l’art.
66, co. 3, l’art. 83, co. 12 e 21, l’art. 85, co. 1, l’art. 101, co. 7, l’art. 102, co. 4, del decreto-
legge 17 marzo 2020, n. 18, l’art. 4, co. 8, decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, l’art. 1, comma
4, lett. a), l’art. 5, co. 1, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 22, l’art. 13, co. 11, l’art. 36, co.
1, decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23.
315 Così, G.U. RESCIGNO, L’atto normativo, Bologna, Zanichelli, 1998, in part., 176.
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È opinione pacifica che il rinvio evita le ripetizioni e rende maggior-
mente fluido il discorso a patto che sia chiaro, univoco e si riferisca a di-
sposizioni immediatamente individuabili e di significato immediatamente
intellegibile, interpretabile e adattabile alla fattispecie disciplinata.
Invece, oltre ai rinvii a catena, il legislatore obbliga il cittadino alla
ricerca della disposizione o della fonte perché chiedergli di specificare quale
siano le «appropriate misure di prevenzione per la diffusione delle infezioni
per via respiratoria previste dall’Organizzazione Mondiale della Sanità»,
oltre alle «indicazioni per la sanificazione e la disinfezione degli ambienti
previste [dalle numerose circolari ed ordinanze] dal 316Ministero della Sa-
lute» (art. 3, d. P. C. M. 1° marzo 2020) appare quasi una richiesta indebita
ed ultronea.
Così lo sforzo è imposto, tra gli altri, proprio al personale sanitario;
perché ad aggravare le numerose funzioni già assegnateli ci pensa il rego-
latore affidandogli anche il compito di riempire da sé i vuoti rinvii di nu-
merose disposizioni in tema di sicurezza, sanificazione, monitoraggio
dell’emergenza e gestione delle attività sospese, come accade per l’art. 1,
co. 2, lett. hh) per cui l’«eventuale previsione di esclusioni dalle limitazioni
alle attività economiche di cui al presente comma, con verifica caso per
caso [è] affidata a autorità pubbliche specificamente individuate» senza
poi essere state «individuate».
Ancora, il d. P. C. M. 26 aprile 2020 prevedeva, in teoria, un primo
allentamento delle restrizioni, rinviando, per quanto concerne il proprio
fondamento normativo, al d. l. n. 19/2020, che però autorizza solo l’ado-
zione di misure più restrittive.
316 E non, come più correttamente del Ministero. Quasi come se il Ministero fosse una
persona fisica.
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Pertanto, appare particolarmente complesso ammettere che il d. P. C.
M. richiamato potesse derogare, allentandole, alcune disposizioni restrit-
tive previste in precedenza.
Se l’art. 10, co. 2 stabiliva che «si continuano ad applicare le misure
più restrittive adottate dalle Regioni», si può sostenere che l’ambito ope-
rativo del d. P. C. M. 26 aprile 2020 sia stato meno permissivo di quanto
apparentemente lo fosse.
Tanto ciò è vero che nello stesso art. 3, co. 1, il legislatore si rivolge alle
Regioni consentendo l’adozione di «misure ulteriormente restrittive» a
condizione di un «aggravamento del rischio sanitario verificatosi sul terri-
torio o su una parte di esso».
Una disposizione che, come si è avuto modo di constatare in prece-
denza (cfr. par. 2), ha alimentato un progressivo “arrovigliarsi” di una ine-
stricabile matassa, in cui il disvalore dell’incoerenza ha segnato i tratti di
fondo dell’oscurità del linguaggio, delle continue modifiche tra bozze e
provvedimenti definitivi, da una normativa approssimata perché tanto,
per prassi ormai consolidata, sarà sempre possibile reintervenire in chiave
correttiva, modificando ciò che è già stato modificato anche il giorno prima
per il giorno dopo, giusto il tempo di deliberare il d. P. C. M. 9 marzo 2020
che modifica 5 disposizioni del d. P. C. M. 8 marzo 2020, poi entrambi
abrogati appena tre giorno dopo dal d. P. C. M. 11 marzo 2020.
Se la possibilità di procedere a correzioni è quasi inevitabile dinanzi ad
un processo epidemiologico così vorticoso, la cultura della correzione in-
controllata ha inferto un duro colpo alla (già scarsa) qualità della regola-
zione317, soprattutto quando l’attività emendativa non è apparsa sempre
coordinata, generando pericolosi vuoti di disciplina.
Oltre ai rinvii e alle modifiche, diverse sono anche le lacune normative.
317 Definita «una chimera» da L. Di Majo, La qualità della legislazione tra regole e garan-
zie, Napoli, 2019, 62.
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Con d. P. C. M. 1° marzo 2020, ad esempio, il Presidente del Consiglio,
all’art. 1, co. 1, lett. a), lascia “fuori casa” tutti coloro che, per sbaglio o
per motivi di lavoro, alla data del 1° marzo 2020 (pubblicazione della GU)
si sono trovati colposamente nei «comuni di cui all’allegato 1», divenuti
zona rossa a seguito dell’individuazione da parte del Comitato Tecnico
Scientifico di alcuni focolai.
Già, perché non permetterne il rientro da “quel” Comune presso la pro-
pria abitazione o il proprio domicilio (come invece è previsto dal successivo
art. 1, co. 1, lett. a), d. P. C. M. 8 marzo 2020) obbliga lo sfortunato viag-
giatore a spegnere la propria vettura e a soggiornare lì dove si trova in quel
momento per non incorrere nella sanzione di cui all’art. 650 c.p. (poi tra-
sformata in illecito amministrativo, cfr., par. 3.3.).
Lacune del genere hanno rischiato di rendere tamquam non esset anche
le ordinanze della protezione civile perché l’art. 3, co. 3, d. l. n. 6/2020 si
dimentica di fare salvi gli effetti delle ordinanze contingibili e urgenti ema-
nate dalla Protezione Civile in materia di tutela della salute dal momento
che si preoccupa esclusivamente di quelle «già adottate dal Ministro della
salute ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833».
O ancora, per la stessa ragione, quando si prevedono esenzioni come
quelle relative alla inapplicabilità delle «misure di cui alle lettere a), b) e
o) del comma 1» (art. 1, co, 2, d. P. C. M. 1° marzo 2020) al personale
sanitario, al personale delle forze di polizia, del corpo nazionale dei vigili
del fuoco, nonché delle forze armate, nell’esercizio delle proprie funzioni,
ma non agli appartenenti al servizio della Protezione Civile per i quali si
continuerebbero ad applicare le restrizioni, rendendo nulla la loro attività
sui territori.
Quali sarebbero, poi, le «indicazioni» (e non ordinanze o decreti) di cui
all’art. 2, co. 1, lett. u) fornite dal Ministero della salute circa gli «adeguati
presidi idonei» a garantire, secondo i protocolli sanitari elaborati dalla Di-
rezione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della salute, i
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nuovi ingressi negli istituti penitenziari e negli istituti penali per minorenni
non è dato sapere.
3.2. Sospensioni e proroghe: il caso dei termini processuali
La farraginosità con cui il Governo ha deliberato decreti legge e d. P.
C. M. ha richiesto, quasi immediatamente, la previsione di modifiche im-
mediate come nel caso delle attività vietate o ulteriori provvedimenti in-
terpretativi per specificare dubbi non di poco conto riguardanti, ad esem-
pio, la sospensione dei termini processuali318.
In questo ultimo caso, il d. l. 8 marzo 2020 n. 11, non chiarisce se la
sospensione riguarda i procedimenti di cui all’art. 1, co. 1 che, interpretato
alla lettera, si applicherebbe limitatamente ai rinvii di ufficio, delegando
di fatto ai Presidenti dei Tribunali circondariali la discrezione di discipli-
nare tanto il regime delle udienze, quanto le modalità dei rinvii a seconda
della “urgenza” dei procedimenti (come se il Presidente di ogni Tribunale
fosse a conoscenza di migliaia di processi civili e penali, nonché dei ruoli di
decine di magistrati).
318 Su cui P. SERRAO D’AQUINO, Riorganizzazione della giustizia civile al tempo del CO-
VID. Commento alle misure introdotte dal decreto legge n. 18 del 2020, in Federalismi.it, 13
marzo 2020, www.federalismi.it e, per quanto concerne le problematiche applicative ed in-
terpretative dal d. l. n. 11/2020, cfr. G. SCARSELLI, Interpretazione e commento del d. l. n.
11/2020 di differimento delle udienze e sospensione dei termini processuali civili per contra-
stare l’emergenza da COVID 19, in www.Judicium.it, ma anche F. DE STEFANO, La giusti-
zia in animazione sospesa: la legislazione di emergenza nel processo civile - note a lettura imme-
diata all’art. 83 del d.l. n. 18 del 2020).
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Per ogni Tribunale (e non per il circondario di Corte d’Appello) ognuno
dispone della massima discrezionalità, con previsioni nebulose ed incoe-
renti rispetto ai circondari.
Successivamente, però, la legge di conversione del d. l. 17 marzo 2020
n. 18 non ha innovato le date indicate dall'art. 83 co. 1 che, pertanto, pre-
vedeva ancora la sospensione dei termini e dell'attività giudiziaria fino al
15 aprile.
Ora, se la legge di conversione 24 aprile 2020 n. 27, del d. l. n. 18/2020
è posteriore rispetto al d. l. n. 23/2020 che, intanto, prorogava la durata
della sospensione all'11 maggio, una rigorosa lettura del principio della suc-
cessione delle leggi nel tempo imporrebbe di ritenere che la legge di conver-
sione che lascia inalterata la sospensione fino al 15 aprile 2020 deroghi
quella anteriore (art. 36 co. 1, d. l. n. 23/2020, laddove dispone la proroga
all'11 maggio), con l'effetto che, a partire dalla data di entrata in vigore
della l. n. 27/2020, i termini non siano più sospesi.
Dopo quest'ultimo provvedimento d'urgenza la l. n. 27/2020 non ha
alterato il termine del 15 aprile, con evidente difetto di coordinamento
circa la data finale relativa alla paralisi dell'attività giudiziaria: la legge l
n. 27/2020, essendo successiva nel tempo al dl 23/2020, stabilizza il termine
finale al 15 aprile 2020 fissato dal d. l. n. 18/2020 così convertito.
C'è chi sostiene che l'atto legislativo di conversione del decreto legge sia
immune alla successione delle discipline nel tempo. In proposito, si invoca
a sostegno l'efficacia ex tunc dei contenuti del decreto legge una volta che
questi siano convertiti e si sostiene che, per tale ragione la legge di conver-
sione non ha un valore normativo autonomo fino al punto che essa sfuggi-
rebbe al fenomeno della successione legislativa nel tempo. La conclusione
sarebbe che la regola secondo cui lex posterior derogat priori si adotti solo
tra i due decreti legge (n. 18/2020 e n. 23/2020) e, dunque, che prevalga la
data dell’11 maggio stabilita dal d. l. n. 23/2020.
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Invece, la legge di conversione è la risultanza del dibattito parlamen-
tare che le conferisce un significato ben più solido del decreto legge, stante
la formula pluralistica della produzione legislativa. Nessuna statuizione
esclude i contenuti della legge di conversione dal regime della successione
delle norme nel tempo; né appare dirimente che la legge di conversione
produca l'efficacia ex tunc dei contenuti disposti dal decreto convertito.
Resta allora aperto il problema del termine finale del 15 aprile stabilito
dalla legge 24 aprile 2020 n. 27 in conflitto con la data dell'11 maggio fis-
sata dal precedente d. l. n. 23/2020: solo il legislatore, sanando l'equivoco
riflesso sulle libertà individuali, può porvi rimedio, o con altro decreto
legge o con la legge di conversione del d. l. n. 23/2020319.
Eppure, sarebbe stato più semplice ed efficace applicare una legge già
in vigore, lasciando magari ai Presidenti dei Tribunali la gestione delle mo-
dalità di deposito degli atti, implementando finalmente il processo civile
telematico e permettendo il deposito, per quanto concerne la materia pe-
nale, anche degli atti via PEC, atteso che questa modalità attribuisce lo
stesso valore all’atto digitale rispetto al suo omologo cartaceo sottoscritto
manualmente.
Sarebbe bastato, al contrario, che il legislatore rinviasse ad una legge
già pronta, la l. 7 ottobre 1969 n. 742 sulla sospensione feriale dei termini.
Peggio accade per le misure di custodia cautelare, per le quali è stata
introdotta la sospensione dei procedimenti dal 9 marzo al 15 aprile 2020,
da parte dell’art. 83, d. l. n. 18/2020.
Ulteriori modifiche sono via via intervenute rendendo incomprensibile
la disciplina.
319 Sul punto cfr. A. SCALFATI, Termini processuali sospesi nell’emergenza sanitaria: suc-
cessione di leggi nel tempo e l’enigma del dies ad quem, in Giur. Pen., 8 maggio 2020, www.giu-
risprudenzapenale.com.
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L’art. 38, d. l. n. 27/2020, ha prorogato i tempi di sospensione dal 16
aprile all’11 maggio 2020 proclamandone, tuttavia, l’inefficacia qualora i
termini massimi di custodia contemplati dall’art. 304 c.p.p. scadano nei sei
mesi successivi all’11 maggio 2020.
Già il richiamo generico all’art. 304 c.p.p. impediva di capire se il rife-
rimento fosse ai tempi intermedi o a quelli complessivi previsti dall’art.
304, co. 6, c.p.p.
La modifica seguente è avvenuta con l’art. 1 l. n. 27/2020 che non ha
tenuto conto delle ulteriori sospensioni introdotte dall’art. 38, d. l. n.
22/2020.
Ne dovrebbe conseguire, in teoria e sempre secondo il principio della
prevalenza della legge posteriore, che la legge di conversione 24 aprile 2020
n. 27, successiva al decreto-legge n. 22/2020, abroga la sospensione dei ter-
mini fino all’11 maggio disposta dal decreto legge qui richiamato.
Tutto questo in costanza di conversione del d. l. n. 28/2020, in cui,
all’art. 3 co., 1 lett. a) e b), non viene prevista la sostituzione del termine
finale della sospensione originariamente indicata nel 15 aprile 2020, ma
“manipolando” il solo l’art. 83, co. 6, d. l. n. 18/2020, («le parole 16 aprile
sono sostituite dalle seguenti: 12 maggio») laddove sancisce i doveri degli
uffici giudiziari per fronteggiare l’emergenza sanitaria. In sostanza, la so-
spensione è come se non si fosse mai verificata.
Ancora una volta provvedimenti normativi influiscono sul decorso dei
tempi procedurali e dei termini di custodia, coinvolgendo libertà fonda-
mentali dell’individuo attraverso una cattiva fattura normativa e confer-
mando il disorientamento di un legislatore destinato a rincorrere i propri
errori in una materia che pretende, al contrario, un elevato tasso di deter-
minatezza320.
320 Chiaro il riferimento alla storica sentenza della Corte costituzionale n. 364/88 che ha
sancito l’incostituzionalità dell’art. 5 c.p., nella parte in cui non ammetteva il principio della
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3.3. Abrogazioni: il caso dell’art. 650 c.p. (e non solo)
La scarsa intellegibilità delle disposizioni da parte del cittadino si per-
cepisce ancor di più per il ricorrente utilizzo delle abrogazioni innominate
che impongono agli stessi ulteriori sforzi per ricavare la normativa in vi-
gore.
Il legislatore non si è preoccupato di elencare una disposizione finale
con cui indicare quali, tra le precedenti, risultassero abrogate in virtù
dell’effetto novativo della fonte successiva, salvo nel caso dell’art. 5, co. 1,
d. l. n. 19/2020 e del d. l. 16 maggio 2020 n. 33.
Da ultimo, infatti, l’art. 1, co. 1, d. l. n. 33/2020, stabilisce, l’abroga-
zione dell'efficacia delle misure limitative della circolazione all'interno del
territorio regionale di cui agli artt. 2 e 3 del d. l. n. 19/2020. Ora, al di là
del richiamo non preciso alle disposizioni normative, al venir meno delle
limitazioni consegue l’effetto abrogativo: una chiara volontà del legisla-
tore di interrompere l'efficacia di una disposizione precedentemente appro-
vata, almeno in teoria.
Tuttavia, se l'abrogazione produce effetti “istantanei e irretrattabili”,
non potendo incidere sugli effetti della norma abrogata (a meno che il le-
gislatore non preveda la retroattività della norma abrogante, ma non è
ignorantia legis non excusat in caso di norma penale oscura. Sul punto, cfr. ex multis, G. FIAN-
DACA, Principio di colpevolezza ed ignoranza scusabile della legge penale: “prima lettura” della
sentenza n. 364/88, in Foro It.,1988, 1385 ss. e D. PULITANÒ, Una sentenza storica che restaura
il principio di colpevolezza, in Riv. it. dir. proc. pen., 1988, 686 ss. Per quanto concerne,
invece, una rassegna in merito alla giurisprudenza della Corte costituzionale sulla qualità
della legislazione, si consenta un rinvio a L. DI MAJO, La qualità della legislazione tra regole
e garanzie, cit., in part. 199-232.
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questo il caso), come fa il medesimo art. 1, co. 1, d. l. n. 33/2020 a poter
consentire la reiterazione e l'adozione di quelle misure (già abrogate) limi-
tatamente ad alcune parti del territorio regionale in ipotesi di particolare
aggravamento della situazione epidemiologica?
Sarebbe necessario un nuovo decreto legge che prima abroghi la cessa-
zione per poi ripristinare le misure di contenimento. Mentre, nel testo del
d. l. n. 34/2020 si ricava una sorta di abrogazione sottoposta a condizione
risolutiva. A questo punto, sarebbe stato maggiormente corretto parlare
di sospensione delle misure, piuttosto che propendere per un effetto abro-
gativo che, in concreto, potrebbe non verificarsi.
Per quanto concerne le abrogazioni non espresse, formule correnti so-
vente utilizzate dal regolatore dell’emergenza, come «sono abrogate tutte
le norme incompatibili» o «cessano di produrre effetti, ove incompatibili»
(art. 2, co. 2, d. P. C. M. 11 marzo 2020)321, vanno evitate per il futuro, sia
perché è bene richiedere al legislatore uno sforzo nell’individuare e indicare
espressamente le disposizioni abrogate, sia perché, nel dubbio, tali formule
sono per lo più inutili.
Sebbene all’unanimità vi sia una preferenza per l’utilizzo, per quanto
possibile, dell’abrogazione espressa, il “legislatore dell’emergenza” è riu-
scito anche in questi casi a divulgare il verbo dell’incomprensione, come ad
esempio nel caso delle sanzioni comminate a chi viola i divieti di sposta-
mento e nel caso dell’abrogazione espressa delle limitazioni di movimento.
Accade, infatti, che in una materia particolarmente delicata come il
diritto penale, dove la chiarezza delle disposizioni è costituzionalmente
321 «Dalla data di efficacia delle disposizioni del presente decreto cessano di produrre
effetti, ove incompatibili con le disposizioni del presente decreto, le misure di cui al decreto
del Presidente del Consiglio dei ministri 8 marzo 2020 e del decreto del Presidente del Con-
siglio dei ministri 9 marzo 2020».
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prevista dai principi di tipicità e sufficiente determinatezza322, per la vi-
cenda dell’art. 650 c.p.323, il «rovescio della medaglia»324 non ha chiarito se
il legislatore abbia neutralizzato la disciplina penale disponendo, al con-
tempo, un effetto retroattivo della fattispecie amministrativa per due or-
dini di motivi.
In primo luogo, i provvedimenti disposti dalle Autorità pubbliche pos-
siedono spesso contenuti privi di chiarezza, così che l’incerto ambito appli-
cativo ricade sul destinatario della eventuale sanzione, vulnerando uno dei
più solidi principi in materia di fattispecie sanzionatorie disposto dall’art.
1, co. 4, legge 24 novembre n. 689, rappresentato dalla necessaria determi-
natezza dei divieti.
In secondo luogo, questione ancora più complessa, è se appaia legit-
tima una disciplina così oscura che, in relazione a determinate condotte,
riesce a determinare la retroattività di fattispecie sanzionatorie di natura
amministrativa in teoria più gravi in luogo della responsabilità penale.
Se l’analisi fosse condotta a partire dalle tradizionali categorie del di-
ritto penale, come l’abolitio criminis e la successione mediata delle leggi
penali nel tempo, la risposta sarebbe senz’altro negativa, con conseguente
violazione dell’art. 3 Cost.
322 soprattutto alla luce del temperamento della ignorantia legis non excusat, a partire
dalla sentenza della Corte costituzionale n. 364/88.
323 prima introdotto (Art. 3, co. 4), poi quasi immediatamente abrogato dall’art. 4, co.
3, d. l. n. 19/2020, per cui chi infrange i provvedimenti disposti a tutela della salute pubblica,
salva la commissione di più grave reato, risponde di violazione amministrativa rischiando
la sanzione da euro 400 ad euro 3.000. Tale ultimo trattamento sarebbe riservato, in misura
economicamente più contenuta di euro 200, anche al soggetto che ha violato i predetti prov-
vedimenti fino al 25 marzo 2020 in costanza di applicazione dell’art. 650 c.p.
324 R. QUADRI, Applicazione della legge in generale (artt. 10-15), Bologna, Zanichelli,
1974, 315.
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Tuttavia, il legislatore, piuttosto che abrogare espressamente la san-
zione per chi viola il divieto, sembra aver generato una “successione puni-
tiva nel tempo”, indipendentemente dalla natura dell’atto, con la conse-
guente “trasformazione” della punizione che, nella sostanza, ha sempre go-
duto di continuità ancorché nella diversa tipologia e natura.
Ciò porta a chiedersi se la mutazione della sola sanzione abbia o meno
introdotto un trattamento più grave del precedente.
Nel caso di specie la sanzione amministrativa ha una maggiore capa-
cità dissuasiva, in quanto palesemente più afflittiva di quella penale anche
in ragione dell’ampia discrezionalità della stessa nell’applicazione tra il mi-
nimo ed il massimo edittale.
Poiché l’art. 650 c.p. prevede, infatti, una fattispecie contravvenzio-
nale comminata mediate decreto penale di condanna tramite il pagamento
di un’ammenda, quasi mai il reo verrà sanzionato con l’arresto, ed ancor
meno probabile che l’arresto sia poi effettivo, essendo il massimo edittale
ampiamente contenuto nei limiti dell’art. 163 c.p.; si tratta, altresì, di una
fattispecie oblabile, il cui reato si estingue con il pagamento della somma
di 103 euro in favore della cassa delle ammende.
Ed inoltre, vi sono molti riti alternativi che consentono il beneficio
della non menzione nel casellario giudiziale, scelta perseguibile, tra l’atro,
anche scegliendo il rito ordinario e chiedendo il beneficio cui all’art. 175
c.p.
Ne deriva che il risultato finale è lo stesso, ma il “prezzo” da pagare in
caso di sanzione amministrativa è sicuramente più alto.
4. Qualche considerazione sul rapporto tra emergenze e qualità della rego-
lazione
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 181
A causa della crisi epidemiologica, il legislatore italiano si è trovato,
per necessità non giustificata, a contribuire al disordine dell’ordinamento
italiano in virtù di una serie progressiva di provvedimenti regolatori posti
in essere in violazione di regole tecniche, delineando «un sistema paral-
lelo»325 di decreti legge, d. P. C. M. ed ordinanze costruito attraverso dero-
ghe, eccezioni, proroghe stratificate e rinvii.
Tale contesto ha reso sempre più distanti la struttura sintattico-gram-
maticale dei provvedimenti rispetto alle regole di drafting formale e sostan-
ziale, nell’ambito di una «confusione»326 generale che ha portato a cambia-
menti repentini della filosofia di fondo dei provvedimenti, tra annunci di
misure, modifiche e riscritture di interi blocchi rispetto alle bozze sulle
quale il Presidente del Consiglio conduceva le conferenze stampa prima
ancora della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale327.
In un contesto del genere, in cui la norma rincorre affannosamente il
continuo fluttuare dell’emergenza e delle statistiche, la certezza del diritto
e la comprensione della regolazione dovrebbero essere ancor di più elementi
essenziali dell’approntato sistema normativo, al fine di consentire, in
primo luogo l’«accesso al diritto»328 e, in secondo luogo, il corretto orienta-
mento dei comportamenti dei cittadini anche in funzione di una successiva
valutazione dell’efficacia delle misure proposte se è vero, come è vero, che
325 C. PINELLI, Un sistema parallelo. Decreti-legge e ordinanze d’urgenza nell’esperienza
italiana, in Dir. pubbl., 2019, 317 ss.
326 Come giustamente ritiene M. BELLETTI, La “confusione” nel sistema delle fonti ai
tempi della gestione dell’emergenza da Covid-19 mette a dura prova gerarchia e legalità, in Osser-
vatorio costituzionale, 3/2020, www.osservatorioaic.it.
327 In particolare, proprio sul punto, cfr. L. BARTOLUCCI – A. RAZZA, Prassi e criticità
nella fase genetica del decreto-legge, in Oss. sulle fonti, n. 1/2020, www.osservatoriosullefonti.it.
328 F. PATRONI GRIFFI, La «nuova codificazione»: qualche spunto di riflessione, in M.A.
SANDULLI (a cura di), Codificazione, semplificazione e qualità delle regole, Milano, 2005.
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«nella chiarezza formale consiste la garanzia della certezza del diritto329 e
che «l’interprete non solo traduce, ma anche agisce»330.
Pur riconoscendosi le difficoltà mai affrontate prima d’ora, in uno sce-
nario così complesso e senza precedenti, non sembra possa giustificarsi, per
ciò solo, una redazione di regole poco chiare, spesso antinomiche, tanto da
generare non poca confusione tra i destinatari e gli enti di governo substa-
tali, spesso chiamati a specificare le disposizioni emanate dal Governo cen-
trale anche attraverso misure incoerenti rispetto al contenuto.
Sarebbe opportuno tenere a mente che la gestione della crisi epidemio-
logica da COVID-19 non può diventare l’apripista per la trasformazione,
in prassi ordinarie, delle modalità straordinarie di gestione di crisi eccezio-
nali, accettando che «l’emergenza si faccia regola»331.
La tecnica normativa è un’arma per difendere il ruolo della legge nel
sistema, la “via maestra” per scongiurare possibili antinomie, per garan-
tire una maggiore conoscenza degli imperativi giuridici, così da garantire
la migliore efficacia delle disposizioni e una maggiore omogeneità tra obiet-
tivi preliminari e risultati conseguiti sul campo.
L’emergenza, così come non sospende l’applicazione delle regole della
Costituzione, non può essere la ragione giustificatrice per riporre le tecni-
che normative nel dimenticatoio di un legislatore ormai diventato – pur-
troppo – indifferente alla qualità della regolazione, in una fase dove la tu-
tela dei diritti fondamentali lo “consiglia”332.
329 T.E. FROSINI, Il drafting legislativo in Italia e altrove, in Studi parl. pol. cost., n.
127/2000, 9.
330 V. FROSINI, Interpretazione della legge, in M. D’ANTONIO (a cura di), Corso di studi
superiori legislativi, cit., 253.
331 G. AZZARITI, Il diritto costituzionale dell’eccezione, in costituzionalismo.it, 1/2020, I.
332 L. TRUCCO, Tecniche di normazione e tutela dei diritti fondamentali nella Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione europea, in. A. RUGGERI – L. D’ANDREA – A. SAITTA – G.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 183
In un contesto particolarmente complesso è ancor di più auspicabile
una funzione regolatoria parsimoniosa, chiara, uniforme e coerente nei
contenuti che consentono ai destinatari di «determinare quali siano gli as-
siomi e, mediante le regole d’inferenza, quali siano le conseguenze […] lo-
giche di questo contenuto»333.
La gestione dell’emergenza da COVID-19 è stata l’ennesima opportu-
nità persa dal legislatore per dimostrarsi maggiormente sensibile al tema
della qualità della regolazione che, come si è ribadito più volte in questa
sede, non può essere sacrificata in nome della celerità.
Perché in alcuni casi, come questo, celerità è sinonimo di improvvisa-
zione ed inadeguatezza che impediscono al cittadino di poter fidarsi delle
istituzioni.
Le tecniche normative si pongono infatti come precondizione generale
alla capacità di risposta dei cittadini ai quali – e con questo l’ultimo para-
dosso – si chiede espressamente di «far osservare» le disposizioni normative
emergenziali.
Ammesso che sia possibile, ai sensi delle disposizioni finali di «entrata
in vigore», comprendere come «osservar[le]».
SORRENTI (a cura di), Tecniche di normazione e tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali,
Torino, 2007, 317-340.
333 A.A. MARTINO, La progettazione legislativa nell’ordinamento inquinato, in Studi parl.
pol. cost., 38/1977, 6.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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GIULIANA GUERRERA*
La contrattazione del prezzo del farmaco
tra clausole di riservatezza, principio di trasparenza ed effettività del diritto alla
salute oltre le differenze territoriali regionali
Abstract (It.): il lavoro si propone di analizzare il complesso quadro normativo relativo alla
commercializzazione e all’acquisto di farmaci, in cui si combinano principi generali e norme
settoriali. Con specifico riferimento agli acquisti dei farmaci destinati al fabbisogno del Servizio
Sanitario Nazionale, le dinamiche e le modalità di tali acquisti devono conformarsi alla disci-
plina della concorrenza e al principio di trasparenza. La questione coinvolge interessi pubblici
differenti e tutti meritevoli di tutela: per un verso, la trasparenza volta alla conoscibilità degli atti
di gara; per altro verso, l’interesse pubblico a conseguire il risparmio economico nell’acquisto dei
farmaci rimborsabili dal sistema sanitario, che impatta direttamente sul diritto alla salute e sulla
sua effettività su tutto il territorio nazionale. La questione sembra riconducibile al complesso
ambito della politica di governo della spesa sanitaria. Ne consegue l’esigenza di una interazione
tra disciplina di matrice pubblicistica, prevista nel codice dei contratti pubblici e la legislazione
di carattere negoziale inerente alle procedure di negoziazione e alla clausola di riservatezza.
Abstract (En.): the work aims to analyse the complex regulatory framework for the
marketing and purchase of medicines, which combines general principles and sectoral rules. With
specific reference to purchases of medicines intended for the needs of the National Health Service,
the dynamics and modalities of such purchases must comply with the rules of competition and the
principle of transparency. The issue involves different public interests that are all worthy of
protection: on the one hand, transparency with a view to making tender documents public; on the
* Dottore in Giurisprudenza, Diplomata al Master di II livello in “Discipline regolatorie
del farmaco”.
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other hand, the public interest in achieving economic savings in the purchase of reimbursable
drugs from the health system, which directly impacts on the right to health and its effectiveness
throughout the national territory. The question seems to be attributable to the complex area of
Government policy of health expenditure. It follows the need for an interaction between
advertising discipline, provided for in the code of public contracts, with the negotiating legislation
inherent to the negotiation procedures and the non disclosure agreement.
SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. La contrattazione del prezzo dei farmaci: il quadro
normativo di riferimento. – 3. Il procedimento di negoziazione in AIFA. – 4. Le clausole di
riservatezza in ambito farmaceutico e il principio di trasparenza. – 5. Procedura di negozia-
zione del prezzo del farmaco: prospettiva de iure condendo. – 6. Considerazioni conclusive.
1. Introduzione
Negli ultimi anni si è assistito ad un rafforzamento delle misure di traspa-
renza al fine di garantire una maggiore partecipazione nei processi decisionali
e un controllo sociale diffuso sull’operato delle istituzioni pubbliche.
L’interesse conoscitivo fatto valere all’interno del procedimento ammini-
strativo viene valutato nelle sue differenti sfaccettature dalla pubblica am-
ministrazione. Il quadro ordinamentale delinea, nel suo complesso, il ricono-
scimento di un diritto alla conoscibilità del patrimonio informativo pubblico
in capo a cittadini e operatori economici. Il principio di trasparenza rappre-
senta «il fondamento della democrazia amministrativa in uno stato di di-
ritto»334. La legge predispone una serie di strumenti che connotano lo «sta-
*Dottore in Giurisprudenza, Diplomata al Master di II livello in “Discipline regolatorie
del farmaco”.
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tuto della trasparenza» e che si snodano attraverso tre canali: l’accesso docu-
mentale ex art. 22 della legge n. 241 del 1990, la conoscenza tramite pubbli-
cazione dei dati nel sito “Amministrazione trasparente”, previsto nel d.lgs. n.
33 del 2013, e il diritto di accesso generalizzato introdotto nell’ordinamento
giuridico italiano con l’art. 5 bis del d.lgs. n. 97 del 2016 (Riordino della disci-
plina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, traspa-
renza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni).
I principi di pubblicità e trasparenza applicati a tutti gli aspetti della vita
istituzionale costituiscono declinazione del principio costituzionale di buon
andamento, previsto nell’art. 97 della Costituzione. L’accesso civico genera-
lizzato, che si aggiunge al diritto di accesso documentale, trova configura-
zione come pretesa del singolo non sottoposta ad alcun limite quanto alla le-
gittimazione soggettiva del richiedente.
Si tratta un diritto azionabile da parte di “chiunque” e non richiede al-
cuna motivazione circa l’interesse alla conoscenza. Il diritto di sapere, nella
versione inglese Freedom of information act, risponde, infatti, espressamente
«allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle fun-
zioni istituzionali dell’ente, sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuo-
vere la partecipazione al dibattito pubblico. Chiunque ha diritto di accedere
ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori ri-
spetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel ri-
spetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti se-
condo quanto previsto dall'articolo 5-bis» (art. 5, co. 2, del d.lgs. n. 33 del
2013)335.
334 Si esprime in questi termini Cons. di Stato, Ad. pl. del 2 aprile 2020, n. 10.
335 Cfr. art. 5, co. 2, d.l.gs. n. 33/2013, modificato dal d. lgs. n. 97/2016, denominato
«Decreto trasparenza».
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Dall’accesso “generalizzato” delineato dall’art. 5, co. 2, del decreto legisla-
tivo del 14 marzo 2013 n. 33, come modificato dal d.lgs. n. 97/ 2016 si distin-
gue l’accesso “qualificato” di cui all’art. 24, co. 7, della legge n. 241 del 1990.
L’accesso qualificato (o documentale) ha finalità differente da quella sot-
tesa all’accesso civico e risponde ad esigenze di tutela di posizioni giuridiche
qualificate. Infatti, ai fini dell’istanza di accesso ex legge n. 241 il richiedente
deve dimostrare di essere titolare di un «interesse diretto, concreto ed attuale,
corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al docu-
mento al quale è chiesto l’accesso». Nel diritto di accesso “classico” di cui agli
artt. 22 e seguenti della l. 241/1990, l’interessato mira alla protezione di un
interesse individuale336, mentre l’accesso generalizzato previsto all’art. 5 del
d.lgs. n. 33/2013, si traduce in una pretesa finalizzata al diritto di conoscere,
protetto in sé, che si sostanzia nella richiesta di ostensione non condizionata dalla
336 L’art. 22 della L. 241/90, intitolato «Definizioni e principi in materia di accesso»,
delinea il diritto di accesso documentale disponendo che si intende: a) per “diritto di ac-
cesso”, il diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti ammi-
nistrativi; b) per “interessati”, tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi
pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad
una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso;
c) per “documento amministrativo”, ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non rela-
tivi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti
attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica
della loro disciplina sostanziale; d) per “pubblica amministrazione”, tutti i soggetti di diritto
pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse
disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed avente ad oggetto tutti i dati e
i documenti e informazioni detenuti dalle pubbliche amministrazioni337.
Secondo la giurisprudenza consolidata del Consiglio di Stato, i due accessi
possono concorrere e «la pretesa ostensiva può essere contestualmente formu-
lata dal privato con riferimento tanto all’una che all’altra forma di accesso».
Nulla, infatti, osta al cumulo anche contestuale di due differenti istanze di
accesso338. Così, qualora non sia specificato un diverso titolo giuridico della
domanda (ad es. procedimentale), la stessa dovrà essere trattata dall’ammi-
nistrazione come richiesta di accesso civico generalizzato, che garantisce una
tutela più ampia dell’interesse conoscitivo. In definitiva, il rapporto tra le
due tipologie di accesso, che operano sulla base di norme e presupposti diffe-
renti, va letto alla luce di un criterio di integrazione e complementarietà.
L’obbligo di pubblicazione, nei propri siti istituzionali, dei documenti e
dei dati concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministra-
zioni, stabilito dall’art. 2 del d.lgs. n. 33 del 2013, completa il ventaglio di
strumenti disponibili ai fini della conoscenza del patrimonio informativo pub-
blico da parte dei cittadini339.
La ratio della disciplina nazionale, che risente delle positive contamina-
zioni provenienti dal diritto comunitario, è quella di favorire, proprio attra-
verso l’innalzamento dei livelli di trasparenza, forme di verifica sociale dif-
fusa sull’uso dei soldi pubblici e sulla realizzazione delle finalità istituzionali
337 Cfr. Delibera ANAC n. 1309 del 28 dicembre 2016 (Linee Guida recanti indicazioni
operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5
co. 2 del D.lgs 33/2013), in www.anticorruzione.it.
338 Così, Cons. di St., Sez. V, 2 agosto 2019, n. 5503.
339 Sugli obblighi di pubblicazione cfr. ANAC, Determinazione n. 1310 del 28 dicembre
2016 (Prime linee guida recanti indicazioni sull’attuazione degli obblighi di pubblicità, traspa-
renza e diffusione delle informazioni contenute nel d.lgs. 33/2013, come modificato dal d.lgs.
n.97/2016), in www.anticorruzione.it.
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della p.a., rimuovendo ogni impedimento che possa costituire un ostacolo alla
completa informazione. Infatti, in linea con quanto sancito nell’art. 15 del
Trattato di Lisbona, il fondamento del diritto di accesso è rinvenibile nel ge-
nerale principio di conoscibilità dell’azione dei pubblici poteri, volto a raffor-
zare una maggiore partecipazione dei cittadini all’attività amministrativa.
Con particolare riferimento al settore farmaceutico il tema della traspa-
renza si pone rispetto alla applicabilità – nelle procedure ad evidenza pub-
blica – dell’obbligo di conoscibilità dei prezzi dei farmaci (non in regime di
monopolio), inclusivi dello sconto confidenziale di cessione al Servizio Sani-
tario Nazionale concordato dai produttori con l’Agenzia italiana del farmaco
(AIFA), ove sussistano clausole di riservatezza. Il prezzo del farmaco costi-
tuisce la risultante dell’applicazione dello sconto confidenziale negoziato tra
il produttore del medicinale e AIFA al prezzo ex factory340.
Per un corretto inquadramento della tematica bisogna, in primo luogo,
considerare la specificità del comparto farmaceutico che segna differenze no-
tevoli dalle logiche che valgono per il mercato dei contratti pubblici, inteso
nella sua accezione classica. Il comparto farmaceutico, infatti, si contraddi-
stingue sia per le modalità con cui le imprese propongono i loro prodotti, sia
per il livello di consapevolezza con cui il consumatore-paziente compie le pro-
prie scelte341.
A differenza di quanto accade per gli altri settori merceologici, il paziente
non opera la scelta del medicinale sulla base di una valutazione unilaterale.
La scelta del farmaco è rimessa, infatti, al medico che ne deve valutare l’ido-
neità e i suoi potenziali benefici rispetto alla patologia riscontrata. Non va
340 Il prezzo al pubblico di un farmaco, comprensivo di Iva, include il valore ex factory
(prezzo a ricavo industria) e le quote di spettanza al grossista e al farmacista, in La regola-
zione dei prezzi dei farmaci, in www.agenzia farmaco.gov.it.
341 V., in proposito, G.F. FERRARI - F. MASSIMINO, Diritto del farmaco, Bari 2015, 183
ss.
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trascurata neanche una valutazione in ordine alla limitatezza delle risorse fi-
nanziarie disponibili per la cura del paziente, anche alla luce delle verifiche e
degli strumenti sanzionatori attribuiti alle Regioni, cui l’art. 117, co. 2, della
Costituzione italiana assegna la responsabilità della spesa farmaceutica.
Ferma restando la competenza esclusiva attribuita allo Stato nella defini-
zione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali
da erogare su tutto il territorio nazionale (art.117, co. 2, lett. m), prevista per
assicurare il concreto esercizio dei diritti sociali e il principio di eguaglianza
sostanziale, alle Regioni è demandato il compito di stabilire la disciplina di
dettaglio in ambito sanitario.
Infatti, alla luce del quadro costituzionale, derivante dalla riscrittura del
Titolo V della Costituzione, che annovera la tutela della salute fra le materie
di competenza legislativa concorrente, alle Regioni viene riconosciuto uno
spazio di manovra nella regolazione delle modalità per assicurare l’assistenza
farmaceutica territoriale, anche attraverso l’individuazione di una fascia di
farmaci rispetto ai quali gli Enti regionali possono valutare misure di co-pay-
ment in relazione all’andamento della spesa, nonché mediante l’individua-
zione di sistemi di erogazione dei medicinali o di altri strumenti idonei al con-
tenimento della spesa342.
342 L’introduzione dell’autonomia finanziaria di Regioni ed Enti locali ex art. 119 Cost.
si ripercuote su una differenza di disponibilità di risorse tra le diverse Regioni, attenuata
dall’istituzione di un fondo perequativo volto alla redistribuzione del gettito fiscale alle di-
verse unità territoriali. Nel settore sanitario il principio perequativo ha trovato attuazione
con il d.lgs. n. 502/1992 che prevede una ripartizione del fondo sanitario nazionale al fine di
corrispondere alle Regioni quote determinate sulla base della popolazione residente e della
mobilità finanziaria per tipologia di prestazioni. Ulteriormente, il d.lgs. n. 68/2011 (Dispo-
sizioni in materia di autonomia di entrate delle Regioni a Statuto ordinario e delle Province,
nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario) ha conferito
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La necessità di assicurare una corretta gestione delle risorse pubbliche fi-
nisce così per creare una potenziale tensione con l’effettiva tutela del diritto
fondamentale alla salute riconosciuto a tutti gli individui dall’art. 32 della
Costituzione343. Proprio al fine di garantire un sistema universalistico344, lo
Stato si assume l’obbligo di rimborsare il costo di taluni farmaci, per la cura
di malattie ritenute di maggiore rilevanza sociale. D’altra parte, come sotto-
lineato anche dall’AIFA, il diritto del cittadino di avere un accesso uniforme
ai farmaci di fascia A, indipendentemente dalla sua collocazione geografica,
non può essere messo in discussione dalle politiche di ripiano della spesa far-
maceutica assunte dalle singole Regioni345.
maggiore autonomia agli Enti regionali consentendo agli stessi l’acquisizione di fondi, at-
traverso le proprie scelte impositive, introducendo, al contempo, la possibilità di un con-
trollo diffuso da parte dei cittadini sull’efficacia delle prestazioni sanitarie erogate.
343 Il diritto alla salute va annoverato tra quelli “finanziariamente condizionati”; oc-
corre quindi operare un ragionevole bilanciamento con gli altri interessi costituzionali rile-
vanti, tra i quali il contenimento della spesa pubblica, che trova implicito fondamento nella
regola del buon andamento dell’azione amministrativa previsto nell’art. 97 della Costitu-
zione (Corte cost. sent. n. 185 del 1998 e sent. n. 309 del 1999).
344 Per un approfondimento sul diritto alla salute come diritto sociale si rinvia a L.
MEZZETTI, I sistemi sanitari alla prova dell’immigrazione. L’esperienza italiana, in Sistemi
sanitari e immigrazione: percorsi di analisi comparata, a cura di G. Gerrina Feroni, Torino
2019, 137; v. anche, G. CERRINA FERONI, I sistemi sanitari alla prova dell’immigrazione: un
quadro generale, ivi, 6, ove si sottolinea come il sistema italiano del diritto alla salute sia
«costituzionalmente condizionato» alle esigenze di bilanciamento con altri beni, pur nella
salvezza del «nucleo duro e incomprimibile» del diritto fondamentale dell’individuo. Sulla
relazione più generale tra diritti sociali e principio democratico nel contesto della crisi eco-
nomica, cfr. A. MORELLI, Il ruolo dei diritti sociali nella democrazia contemporanea, in Forum
di Quad. cost., 21 ottobre 2018, www.forumcostituzionale.it.
345 Cfr. Comunicato AIFA n. 50 del 9 febbraio 2007.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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La scelta dello Stato di rimborsare alcune prestazioni comporta un potere
di negoziazione del prezzo che ha come conseguenza l’effetto di determinare
criteri ed estensione con cui viene convenuto il rimborso pubblico del costo
dei medicinali.
Il principio di trasparenza, dunque, assume particolare rilevanza, soprat-
tutto con riferimento ai prodotti rimborsabili, nel rispetto del principio
dell’ordinamento eurounitario di concorrenza346. Tuttavia, le dinamiche com-
petitive non sempre risultano coerenti con l’obiettivo degli Stati di agire nella
rigorosa osservanza dei parametri di compatibilità finanziaria.
Si tratta di trovare un punto di equilibrio fra le diverse istanze, nell’am-
bito di procedure ad evidenza pubblica, ivi comprese quelle nelle quali parte-
cipi, per alcuni lotti, un unico offerente in ragione dell’esistenza di un diritto
di esclusiva347. Se, cioè, debba prevalere l’interesse alla più ampia divulga-
zione di tutti gli atti inerenti alla procedura di gara, ovvero optare per un
regime di trasparenza attenuato al fine dell’ottenimento di prezzi più conve-
nienti e di contenimento della spesa pubblica.
Ciò per rispondere all’esigenza di disciplinare, anche in Italia, come già
avvenuto in molti altri Paesi del mondo, le relazioni ed i comportamenti tra
le organizzazioni sanitarie e le imprese produttrici dei farmaci. Dal canto suo,
346 Sul principio di concorrenza nella materia dei contratti pubblici, cfr. da ultimo il
contributo di F. CINTIOLI, Per qualche gara in più: il labirinto degli appalti pubblici e la ri-
presa economica, Soveria Mannelli 2020, 40 ss. Secondo l’Autore, la concorrenza è una fina-
lità che «spesso è stata mal trasposta» nella materia della contrattualistica pubblica, con-
tribuendo al blocco del settore, generando troppi procedimenti e poca discrezionalità.
347 Per gli acquisti infungibili che ricorrono soprattutto in ambito sanitario è ammessa
la procedura negoziata senza pubblicazione di bando di gara, disciplinata dall’art. 63 del d.
lgs. n. 50/2016, con gli accorgimenti necessari in sede di valutazione da parte della stazione
appaltante sulla scelta della procedura da adottare (cfr. Comunicato del Presidente ANAC
del 28 marzo 2018).
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il diritto comunitario ha elaborato una serie di regole fondamentali da appli-
care alla disciplina del prezzo dei farmaci, individuando nella trasparenza il
principio guida che gli Stati membri devono rispettare nell’esercizio della loro
potestà legislativa348.
Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità «esorta gli Stati membri a
migliorare la condivisione pubblica di informazioni sui prezzi effettivi pagati
dai governi e da altri acquirenti per prodotti sanitari e una maggiore traspa-
renza sui brevetti farmaceutici»349.
L’obiettivo principale del regime di trasparenza è quello di rendere pub-
bliche le transazioni finanziarie relative alla commercializzazione di una spe-
cialità medicinale, in modo tale da consentire la conoscibilità dei prezzi dei
farmaci.
In particolare, l’interrogativo riguarda se e quale sia l’obbligo di traspa-
renza applicabile ai prezzi dei farmaci per la parte relativa allo sconto confi-
denziale di cessione al Servizio Sanitario Nazionale concordato dalle aziende
farmaceutiche con l’Agenzia italiana del Farmaco, durante la fase di negozia-
zione del prezzo, ove sussistano clausole di riservatezza. In definitiva, se sia
possibile ritenere assoggettabili i predetti sconti agli obblighi di trasparenza
previsti dall’art. 29, co. 1, del d. lgs. 50/2016350, a tenore del quale «Tutti gli
348 In tal senso, Direttiva Cee/1989/105.
349 Cfr. Risoluzione OMS del 28 maggio 2019 «Improving the transparency of markets for
medicines, vaccines, and other health product».
350 L’art. 29, co. 1, d.lgs. n. 50/2016 dispone che «Tutti gli atti delle amministrazioni
aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla programmazione di lavori, opere, servizi
e forniture, nonché alle procedure per l'affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture,
lavori e opere, di concorsi pubblici di progettazione, di concorsi di idee e di concessioni, com-
presi quelli tra enti nell'ambito del settore pubblico di cui all’articolo 5, alla composizione
della commissione giudicatrice e ai curricula dei suoi componenti, ove non considerati riser-
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 194
atti delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori relativi alla
programmazione di lavori, opere, servizi e forniture, nonché alle procedure
per l’affidamento di appalti pubblici di servizi, forniture, lavori e opere […]
devono essere pubblicati e aggiornati sul profilo del committente, nella se-
zione “Amministrazione trasparente” con l’applicazione delle disposizioni di
cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33», o se tale informazione com-
merciale, possa considerarsi «strategica e riservata» e, dunque, sottratta a
tali obblighi351. Ciò anche in considerazione di quanto stabilito nell’art. 37 del
d.lgs. n. 33/2013, a tenore del quale tutte le pubbliche amministrazioni de-
vono assolvere agli obblighi di pubblicazione concernenti i contratti pubblici
di lavori, servizi e forniture. La medesima disposizione impone la pubblica-
zione dei dati contenuti nell’art. 1, co. 32, della legge 6 novembre 2012, n. 190
(c.d. legge anticorruzione), il quale ricomprende espressamente anche l’im-
porto di aggiudicazione.
vati ai sensi dell’articolo 53 ovvero secretati ai sensi dell'articolo 162, devono essere pubbli-
cati e aggiornati sul profilo del committente, nella sezione “Amministrazione trasparente”
con l’applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33. Nella
stessa sezione sono pubblicati anche i resoconti della gestione finanziaria dei contratti al
termine della loro esecuzione con le modalità previste dal decreto legislativo 14 marzo 2013,
n. 33. Gli atti di cui al presente comma recano, prima dell’intestazione o in calce, la data di
pubblicazione sul profilo del committente. Fatti salvi gli atti a cui si applica l’articolo 73,
comma 5, i termini cui sono collegati gli effetti giuridici della pubblicazione decorrono dalla
pubblicazione sul profilo del committente».
351 L’art. 53, co. 5, d.lgs. n. 50/2016 esclude il diritto di accesso e ogni forma di divulga-
zione in relazione alle informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della me-
desima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tec-
nici o commerciali.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 195
2. La contrattazione dei prezzi dei farmaci: il quadro normativo di riferi-
mento
L’AIFA avvia una contrattazione del prezzo dei medicinali idonei all’in-
clusione nella lista dei farmaci rimborsabili dal Servizio Sanitario Nazionale,
con le aziende farmaceutiche. In particolare, l’art. 48, co. 33, del d.l.
n.269/2003, convertito in legge n. 326/2003, recita testualmente: «i prezzi dei
prodotti rimborsati dal SSN sono determinati mediante contrattazione tra
Agenzia e Produttori secondo le modalità e i criteri indicati nella Delibera
CIPE 1febbraio 2001, n. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 28
marzo 2001»352.
La negoziazione si conclude con la stipula di un accordo tra l’impresa far-
maceutica e l’AIFA, per poi essere recepito da una determinazione del Diret-
tore Generale che viene pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
Nei casi in cui l’esito della negoziazione includa sconti e ulteriori condi-
zioni negoziali confidenziali, l’accordo può essere disciplinato attraverso
un’apposita “clausola di riservatezza” che impone alle parti di non divulgare
e comunicare a soggetti terzi informazioni sullo sconto applicato dalle strut-
ture pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale, affinché lo stesso non venga
352 Ai sensi dell’art. 16, co. 4, della legge istitutiva n. 48 del 1967, il Comitato intermi-
nisteriale per la programmazione economica (CIPE) predispone gli indirizzi della politica
economica nazionale; indica, su relazione del Ministro per il bilancio e la programmazione
economica, le linee generali per la elaborazione del programma economico nazionale e, su
relazione del Ministro per il tesoro, le linee generali per l’impostazione dei progetti di bilancio
annuali e pluriennali di previsione dello Stato, nonché le direttive generali intese all’attua-
zione del programma economico nazionale ed a promuovere e coordinare a tale scopo l’atti-
vità della pubblica Amministrazione e degli enti pubblici; esamina la situazione economica
generale ai fini della adozione di provvedimenti congiunturali.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 196
pubblicato in Gazzetta Ufficiale. La riservatezza degli sconti può essere og-
getto di contrattazione tra le parti solo nel caso in cui le aziende, proprio a
fronte dell’effettiva non conoscibilità garantita dall’accordo in ordine allo
sconto che sono disposte ad applicare, si impegnano a garantire un risparmio
ulteriore al SSN. In tal maniera, la clausola di riservatezza contribuisce alla
realizzazione dell’interesse pubblico della sostenibilità della spesa sanitaria,
determinando altresì le condizioni favorevoli per l’accesso al farmaco da parte
dei cittadini, in attuazione dell’art. 32 della Costituzione.
Le disposizioni contenute nella Delibera CIPE del 1° febbraio 2001, n. 3
si applicano ai medicinali autorizzati all’immissione in commercio secondo la
procedura centralizzata, decentrata, nazionale e di mutuo riconoscimento e
riguardano la contrattazione del prezzo di tutte quelle specialità medicinali
idonee ad essere inserite nella lista dei medicinali rimborsabili dal Servizio
Sanitario Nazionale353.
Al fine di poter accedere alla contrattazione del prezzo di un farmaco,
l’azienda farmaceutica dovrà presentare apposita domanda all’AIFA, alle-
gando una dettagliata documentazione da cui possa evincersi un rapporto
costo-efficacia favorevole, in una delle seguenti situazioni: il nuovo medicinale
si dimostra utile per la prevenzione o il trattamento di patologie o di sintomi rile-
vanti nei confronti dei quali non esiste alcuna terapia efficace; il nuovo medici-
nale si dimostra utile per la prevenzione e il trattamento di patologie o di sintomi
rilevanti nei confronti dei quali i medicinali già disponibili forniscono una ri-
353 Tra le competenze del CIPE rientrano anche l’approvazione del riparto di risorse
finanziarie del Fondo Sanitario Nazionale e l’indicazione delle modalità e dei criteri con cui
procedere alla negoziazione dei prezzi dei farmaci. La centralità del suo ruolo si manifesta,
specificamente, nelle decisioni di allocazione delle risorse finanziarie a programmi e progetti
di sviluppo e nell’approvazione delle principali iniziative di investimento pubblico del
Paese. Cfr., sul punto, www.programmazioneeconomica.gov.it.
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sposta inadeguata; il nuovo medicinale ha un rapporto beneficio rischio più fa-
vorevole rispetto ai medicinali già disponibili in prontuario per la stessa indica-
zione354.
Qualora il nuovo farmaco non presenti una superiorità clinica rispetto ad
altri prodotti già commercializzati, l’azienda titolare dell’autorizzazione
all’immissione in commercio (AIC) deve dimostrare quantomeno la pari effi-
cacia e sicurezza del nuovo farmaco rispetto a quelli già disponibili.
Con riferimento ai termini di presentazione della domanda di classifica-
zione e prezzo, è utile precisare che: per i farmaci registrati con procedura
centralizzata, tale domanda può essere presentata all’Agenzia italiana del
Farmaco esclusivamente in seguito alla pubblicazione sul sito istituzionale
354 La Delibera CIPE n. 3/2001, al n. 3, rubricato «Criteri per la richiesta di contratta-
zione» stabilisce che: «L’Azienda dovrà supportare la propria richiesta di prezzo con una
documentazione dalla quale si evinca: un rapporto costo-efficacia favorevole in una delle
seguenti situazioni: il nuovo medicinale si dimostra utile per la prevenzione o il trattamento
di patologie o di sintomi rilevanti nei confronti dei quali non esiste alcuna terapia efficace;
il nuovo medicinale si dimostra utile per la prevenzione o il trattamento di patologie o di
sintomi rilevanti nei confronti dei quali i medicinali già disponibili forniscono una risposta
inadeguata; il nuovo medicinale ha un rapporto rischio/beneficio più favorevole rispetto a
medicinali già disponibili in Prontuario per la stessa indicazione. Ovvero altri elementi di
interesse per il Servizio sanitario nazionale opportunamente quantificati qualora: il nuovo
medicinale non presenti una superiorità clinica significativa rispetto a prodotti già disponi-
bili; sia quantomeno ugualmente efficace e sicuro di altri prodotti già disponibili. In ogni
caso dovranno essere forniti altri elementi relativi: al prodotto oggetto della contrattazione
se già commercializzato in altri paesi (prezzi, consumi, condizioni di rimborsabilità, ecc.);
alla classe terapeutica di appartenenza; alle quote di mercato acquisibili nei successivi ven-
tiquattro mesi nello specifico segmento di mercato; alle variazioni di spesa prevedibili per il
Servizio sanitario nazionale nelle distinte componenti; ad ogni altra informazione che possa
risultare utile alle parti».
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
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della Commissione Europea della decisione comunitaria di autorizzazione
all’immissione in commercio (l’azienda ha l’obbligo di inserire la data di pub-
blicazione della predetta decisione nella domanda stessa); per i farmaci regi-
strati con procedura nazionale, di mutuo riconoscimento e decentrata, la do-
manda di classificazione e prezzo può essere presentata o dopo la notifica
della determinazione di autorizzazione all’immissione in commercio al tito-
lare dell’ AIC, recante altresì il regime di fornitura del medicinale autorizzato,
ovvero dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento di
classificazione in fascia C(nn)355. Inoltre, nella domanda presentata ad AIFA,
l’azienda farmaceutica deve indicare il numero di AIC e la data di pubblica-
zione sulla Gazzetta Ufficiale del provvedimento di classificazione in fascia
C(nn)356. L’art. 12, co. 3, del D.L. 13 settembre 2012, n. 158357 stabilisce delle
eccezioni in merito alle tempistiche standard di presentazione della domanda
di classificazione e prezzo: per i farmaci orfani, di eccezionale rilevanza tera-
peutica e sociale, nonché per quelli utilizzabili esclusivamente in ambiente
355 La classe C(nn) indica quei farmaci non ancora valutati ai fini della rimborsabilità.
La collocazione in tale categoria avviene con una apposita determina, pubblicata nella Gaz-
zetta Ufficiale, che riporta oltre alla classificazione ai fini della rimborsabilità il regime di
dispensazione ed il codice di autorizzazione all’immissione in commercio (c.d. AIC).
356 Cfr. Guida alla presentazione della domanda di classificazione e prezzo, predisposta
dall’Agenzia italiana del Farmaco, 2014.
357 L’art. 12, co. 3, del D.L. 13 settembre 2012 n. 158 (c.d. Decreto Balduzzi) stabilisce
espressamente che: «la domanda riguardante farmaci orfani ai sensi del regolamento (CE)
n. 141/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 1999, o altri farmaci di
eccezionale rilevanza terapeutica e sociale previsti in una specifica deliberazione dell’AIFA,
adottata su proposta della Commissione consultiva tecnico-scientifica, o riguardante medi-
cinali utilizzabili esclusivamente in ambiente ospedaliero o in strutture ad esso assimilabili,
può essere presentata anteriormente al rilascio dell’autorizzazione all’immissione in com-
mercio».
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 199
ospedaliero o in strutture ad esso assimilabili, l’azienda può presentare tale
domanda anche anteriormente al rilascio dell’autorizzazione all’immissione
in commercio e, precisamente, dopo il parere del CHMP358 per i farmaci or-
fani, dopo il parere sul regime di fornitura da parte della Commissione Tec-
nico-Scientifica per i farmaci ospedalieri, e per i farmaci di eccezionale rile-
vanza terapeutica e sociale, conformandosi alle indicazioni ed ai criteri stabi-
liti dalla Commissione Tecnico-Scientifica359. Nelle predette ipotesi, l’azienda
produttrice ha, altresì, la facoltà di indicare, nella domanda presentata ad
AIFA, se intenda ottenere un unico provvedimento di autorizzazione e di
classificazione, ovvero due distinte determinazioni, l’una di autorizzazione e
collocazione in fascia C(nn) e l’altra di classificazione in fascia di rimborsabi-
lità360.
Ai sensi del co. 5 ter dell’art. 12 dello stesso provvedimento, in caso di
mancata presentazione della domanda nei predetti termini, l’AIFA sollecita
358 Committee for Medicinal Products for Human Use.
359 Per i medicinali di cui al co. 3 dell’art. 12 del Decreto Balduzzi, AIFA comunica agli
interessati le proprie determinazioni riguardanti la domanda di classificazione e prezzo in
via prioritaria ed entro 100 giorni. A tal proposito, il comma 5 bis del predetto art. 12 di-
spone espressamente: «L’AIFA valuta, ai fini della classificazione e della rimborsabilità da
parte del Servizio sanitario nazionale, i farmaci di cui al comma 3, per i quali è stata presen-
tata la relativa domanda di classificazione di cui al comma 1, corredata della necessaria
documentazione, in via prioritaria e dando agli stessi precedenza rispetto ai procedimenti
pendenti alla data di presentazione della domanda di classificazione di cui al presente
comma, anche attraverso la fissazione di sedute straordinarie delle competenti Commissioni.
In tal caso, il termine di cui al comma 4, primo periodo, è ridotto a cento giorni».
360 Nel secondo caso, l’azienda produttrice, entro trenta giorni dall’autorizzazione
all’immissione in commercio del medicinale, deve presentare apposita domanda di classifi-
cazione e prezzo ad AIFA.
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l’azienda titolare della relativa autorizzazione all’immissione in commercio a pre-
sentare la domanda di classificazione entro i successivi trenta giorni. Decorso
inutilmente tale termine, viene data informativa nel sito istituzionale dell’AIFA
e viene meno la collocazione nell’apposita sezione C(nn).
Successivamente alla presentazione della domanda di classificazione e
prezzo da parte dell’azienda produttrice, si apre la procedura negoziale tra
AIFA e azienda farmaceutica al fine di trovare un accordo sul prezzo del far-
maco della domanda.
Ai sensi del co. 4 dell’art. 12 del D.L. 13 settembre 2012 n. 158361, l’iter
procedurale si conclude di norma entro 180 giorni362.
Nell’ambito di tale procedimento, è consentita una sola interruzione che
può essere disposta sia dall’AIFA, nel caso in cui l’Agenzia richieda
361 Convertito con modificazioni dalla l. n. 8 novembre 2012, n. 189.
362 Il co. 4 dell’art. 12 dispone che: «l’AIFA comunica all’interessato le proprie deter-
minazioni entro centottanta giorni dal ricevimento della domanda. Il rigetto della domanda
è comunicato al richiedente unitamente al parere della Commissione consultiva tecnico-
scientifica o del Comitato prezzi e rimborso sul quale la decisione è fondata. Parimenti do-
cumentata è la comunicazione della determinazione di esclusione di un medicinale in prece-
denza classificato fra i farmaci erogabili dal Servizio sanitario nazionale». Ai sensi dell’art.
12, co. 5 bis, D.L. n. 158/2012, convertito dalla l. n. 189/2012, come modificato dal D.L. n.
69/2013, convertito dalla l. n. 98/2013 (nel c.d. «Decreto del Fare» il termine procedurale è
di 100 giorni per i farmaci orfani ospedalieri e di eccezionale rilevanza terapeutica e sociale).
A tal riguardo «l’AIFA valuta, ai fini della classificazione e della rimborsabilità da parte del
Servizio sanitario nazionale, i farmaci di cui al comma 3, per i quali è stata presentata la
relativa domanda di classificazione di cui al comma 1, corredata della necessaria documen-
tazione, in via prioritaria e dando agli stessi precedenza rispetto ai procedimenti pendenti
alla data di presentazione della domanda di classificazione di cui al presente comma, anche
attraverso la fissazione di sedute straordinarie delle competenti Commissioni. In tal caso, il
termine di cui al comma 4, primo periodo, è ridotto a cento giorni».
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all’azienda farmaceutica di procedere ad integrazione documentale della pro-
pria domanda o nel caso in cui vengano in rilievo nuovi elementi valutativi
necessari per l’istruttoria della procedura in corso; sia dall’azienda proprieta-
ria della specialità medicinale oggetto di contrattazione, qualora la stessa in-
tenda fornire ulteriori elementi valutativi utili alla negoziazione.
In sede di definizione del prezzo del farmaco oggetto di contrattazione,
l’azienda titolare ha l’obbligo di corredare le proprie proposte con appro-
priate valutazioni economiche del prodotto, del contesto industriale, di mer-
cato e di concorrenza in cui il medesimo medicinale si colloca. Nel caso in cui
vi sia un accordo tra le parti, la procedura negoziale si conclude con la fissa-
zione di un prezzo che sia rapportato «ai volumi di vendita; alla disponibilità
del prodotto per il Servizio sanitario nazionale; agli sconti per le forniture agli
ospedali e alle strutture sanitarie pubbliche; ai volumi e ai prezzi di altri me-
dicinali della stessa impresa»363.
Inoltre, la delibera CIPE n. 3/2001 sottolinea che, in sede negoziale, può
essere delineata una relazione funzionale tra prezzo e intervalli di variazione
dei volumi di vendita; deve essere previsto l’obbligo di monitoraggio annuale
delle vendite e del fatturato, segnalando eventuali discrepanze rispetto a
quanto definito in sede di contrattazione.
È previsto, altresì, che le parti definiscano contrattualmente anche i casi
in cui il verificarsi di scostamenti, da quanto stabilito in sede di negoziazione,
possa comportare una riapertura della contrattazione, che in talune ipotesi
potrebbe concludersi con una esclusione dalla rimborsabilità della specialità
medicinale in oggetto364. Nel caso di mancato accordo tra le parti, il prodotto
363 Cfr. Delibera CIPE 3/2001, punto 6.
364Ai sensi della Delibera CIPE 3/2001, la riapertura della contrattazione del prezzo di
un farmaco potrà concludersi in uno o più dei seguenti modi: ridefinizione del prezzo e degli
elementi negoziali del prodotto; compensazione dell’eccedenza qualora espressamente pre-
vista; esclusione dalla rimborsabilità.
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farmaceutico verrà classificato in fascia C, come previsto dal decimo comma
dell’art. 8, l. n. 537/1993365. Qualora le parti riescano a raggiungere un ac-
cordo, il prezzo contrattato viene definito ex factory e rappresenta, sia per gli
ospedali sia per le ASL, il prezzo massimo di cessione al Servizio sanitario
nazionale.
Con specifico riferimento al segmento di mercato che transita attraverso
il canale della distribuzione intermedia e finale, al prezzo ex-fabbrica contrat-
tato sono aggiunte, per la definizione del prezzo al pubblico, l’IVA e le quote
di spettanza per la distribuzione366.
La Deliberazione CIPE n.3/2001, disciplinando dettagliatamente «i cri-
teri per la contrattazione del prezzo dei farmaci», statuisce che, tra le condi-
zioni generali di cessione del farmaco al SSN, si possa far riferimento ai “vo-
lumi di vendita” e si possano pattuire sconti per le forniture ospedaliere e per
le strutture sanitarie pubbliche.
3. Il procedimento di negoziazione in AIFA
365 Il co. 10 dell’art. 8 della legge n. 537/1993 prevede che «entro il 31 dicembre 1993, la
Commissione unica del farmaco di cui all’articolo 7 del decreto legislativo 30 giugno 1993,
n. 266, procede alla riclassificazione delle specialità medicinali e dei preparati galenici di cui
al comma 9 del presente articolo, collocando i medesimi in una dei seguenti classi: a) farmaci
essenziali e farmaci per malattie croniche; b) farmaci, diversi da quelli di cui alla lettera a),
di rilevante interesse terapeutico; c) altri farmaci privi delle caratteristiche indicate alle let-
tere a) e b)».
366 Cfr. Delibera CIPE n. 3/2001, punto 6.
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La determinazione del prezzo di un farmaco è il risultato di una scrupo-
losa analisi, da parte di AIFA367, dei dossier di “Prezzo e Rimborso” presen-
tati dalle aziende titolari di una specialità medicinale a supporto della do-
manda di classificazione e prezzo.
In particolare, nella valutazione dell’efficacia e del prezzo di un farmaco,
l’Agenzia italiana del Farmaco si avvale del supporto della Commissione Tec-
nico Scientifica (CTS), del Comitato Prezzi e Rimborso (CPR) e dei dati dei
consumi e della spesa farmaceutica forniti dall’Osservatorio Nazionale
sull’impiego dei Medicinali (OSMED)368.
Secondo normativa, entro 180 giorni decorrenti dalla presentazione del
dossier da parte dell’azienda titolare di una AIC, la Commissione Tecnico
Scientifica esprime parere vincolante sul valore terapeutico del farmaco og-
getto di negoziazione, definendone il place in therapy, nonché sul suo regime
di fornitura, dando specifiche raccomandazioni in ordine alle modalità di di-
spensazione del medicinale secondo il titolo VI del d.lgs. n. 219/2006369. Inol-
tre, la Commissione Tecnico Scientifica esprime parere vincolante in merito
367 L’Agenzia Italiana del Farmaco, istituita dal decreto-legge 30 settembre 2003, n.
269, convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326, è dotata di personalità giuridica di diritto
pubblico e di autonomia organizzativa gestionale, patrimoniale e finanziaria. L’AIFA è sot-
toposta alle funzioni di indirizzo del Ministero della Salute e alla vigilanza del Ministero
della Salute e del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
368 V. https://www.aifa.gov.it/web/guest/negoziazione-e-rimborsabilità.
369 Cfr. d.lgs. n. 219/2006 (Attuazione della direttiva 2001/83/CE (e successive direttive di
modifica) relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché
della direttiva 2003/94/CE).
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al grado di innovatività della specialità medicinale oggetto di contratta-
zione370.
Il Comitato Prezzi e Rimborso, a cui è demandato il compito di istruire
la pratica negoziale dei prezzi dei farmaci, valuta il dossier presentato
dall’azienda richiedente e propone un accordo negoziale nel quale è indicato
il prezzo, il regime di fornitura, eventuali elementi di rimborsabilità condizio-
nata indicati dalla CTS e la classe di appartenenza, ai fini della rimborsabilità
del medicinale in esame371.
Il Comitato Prezzi e Rimborso ha la facoltà di convocare l’azienda tito-
lare dell’autorizzazione dell’immissione in commercio per una eventuale ne-
goziazione. L’esito di tale negoziazione, in caso di ammissione alla rimborsa-
bilità del medicinale in esame, viene sottoposto alla valutazione definitiva del
Consiglio di Amministrazione dell’AIFA372.
Esaurito l’iter procedurale, AIFA pubblica in G.U. i provvedimenti di
“Prezzo e rimborso” che, di regola, entrano in vigore il giorno successivo alla
suddetta pubblicazione373. Il prezzo negoziato con l’azienda farmaceutica
viene pubblicato, indicando il prezzo al pubblico e il prezzo ex-factory al lordo
di eventuali riduzioni temporanee di legge e sconti applicabili negoziati.
Il provvedimento ufficiale pubblicato in Gazzetta Ufficiale reca, inoltre,
una dicitura ad hoc laddove sia stato negoziato uno sconto obbligatorio sul
370 V. art. 1 della Delibera AIFA n. 7 del 20 gennaio 2014 (Regolamento recante le norme
sull’organizzazione e il funzionamento della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Co-
mitato Prezzi e Rimborso), in agenziafarmaco.gov.it.
371 V. art. 6 del Regolamento recante le norme sull'organizzazione e il funzionamento
della Commissione consultiva tecnico-scientifica e del Comitato Prezzi e Rimborso, in agen-
ziafarmaco.gov.it.
372 V. https://www.aifa.gov.it/web/guest/negoziazione-e-rimborsabilità.
373 I farmaci sottoposti a Registro di Monitoraggio entrano in vigore 15 giorni dopo la
pubblicazione in G.U. del provvedimento di Prezzo e Rimborso.
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prezzo ex factory da praticarsi alle strutture sanitarie pubbliche del SSN, come
da accordi negoziali374.
4. Le clausole di riservatezza nel settore farmaceutico
L’accordo di riservatezza (il c.d. non disclosure agreement) costituisce un
negozio giuridico a prestazioni corrispettive, in virtù del quale le parti indi-
viduano le informazioni che intendono mantenere confidenziali e si impe-
gnano a non rivelarle a terzi, pena la violazione dell’accordo stesso.
Si tratta di un contratto atipico375, che è soggetto alla disciplina generale
dei contratti di cui agli artt. 1321 e seguenti del Codice civile. Il ricorso al
374 A titolo esemplificativo, è utile riportare un estratto della determinazione AIFA
pubblicata sulla G.U. del 18 aprile 2019, n. 92 (Serie generale), rubricata «Classificazione ai
fini della rimborsabilità» della specialità medicinale Loyuxta. Il provvedimento AIFA in-
dica esclusivamente il prezzo lordo del medicinale Loyuxta, pur sottolineando che a tale
prezzo verrà applicato uno «sconto obbligatorio complessivo, sul prezzo ex factory, da prati-
carsi alle strutture sanitarie pubbliche del Servizio Sanitario Nazionale, ivi comprese le
strutture accreditate sanitarie come da condizioni negoziali».
375 L’atipicità dei contratti caratterizza quei negozi giuridici privi di una specifica disci-
plina legale. Sotto il profilo dell’autonomia contrattuale, l’art. 1322, co. 2, cod. civ. stabilisce
che «Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una
disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo
l’ordinamento giuridico». Secondo attenta dottrina (cfr. F. CARINGELLA, G. DE MARZO,
Manuale di diritto privato, Il Contratto, volume 3, Milano 2008, 26-27), l’art. 1322, co. 2, cod.
civ. «minus dixit quam volit. Essa, pur facendo riferimento esplicito ai contratti atipici,
esprime un precetto di controllo sulla meritevolezza degli interessi perseguiti valevole per
tutti i contratti, ivi compresi, quindi, i contratti nominati (o tipici). L’assunto trova fonda-
mento nella teoria della causa in concreto […] secondo cui la causa del contratto è la ragione
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suddetto modello contrattuale, avente natura sinallagmatica, persegue l’ob-
biettivo principale di vincolare la controparte alla non divulgazione delle in-
formazioni apprese.
In altri termini, lo scopo del contratto è quello di proteggere tutte le in-
formazioni ed i dati che non si intende rendere pubblici, creando una relazione
confidenziale tra le imprese che vi fanno ricorso e prevedendo, al contempo,
delle penali a carico della parte che dovesse rendersi inadempiente violando
le previsioni contrattuali.
Le clausole di riservatezza hanno particolare importanza nella tutela del
cosiddetto “segreto industriale”: vale a dire, quel patrimonio di informazioni
aziendali che, se mantenute nella sfera di conoscenza dell’autore e non inde-
bitamente divulgate da terzi, generano un vantaggio competitivo per l’im-
presa.
A tal proposito, il co. 1 dell’art. 98 del Codice della proprietà industriale
dispone che «costituiscono oggetto di tutela le informazioni aziendali e le
esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legit-
timo controllo del detentore, ove tali informazioni: a) siano segrete, nel senso
che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione
dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli
operatori del settore; b) abbiano valore economico in quanto segrete; c) siano
sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a
misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete»376.
pratica del medesimo, e cioè lo scopo in concreto perseguito dalle parti». In proposito, se-
condo un’altra prospettazione dottrinale (F. GAZZONI, Manuale di diritto privato, Napoli
2004, 797), nei contratti atipici va valutato lo schema astratto ideato dai contraenti e veri-
ficato se esso abbia un significato economico-sociale. La causa avrebbe, cioè, una funzione
economico-sociale e non economico-individuale.
376 L’art. 3 del d.lgs n. 63/2018 ha modificato il co. 1 dell’art. 98 del Codice della Pro-
prietà Industriale, il quale ha sostituito la definizione di «informazioni aziendali riservate»
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Inoltre, sono da considerarsi oggetto di tutela anche «i dati relativi a
prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole im-
pegno ed alla cui presentazione sia subordinata l’autorizzazione dell’immis-
sione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti
l’uso di nuove sostanze chimiche»377.
Nella prassi farmaceutica, l’utilizzo delle clausole di riservatezza è piut-
tosto frequente nella contrattazione del prezzo di una specialità medicinale
avente luogo tra l’azienda titolare dell’Autorizzazione dell’Immissione in
Commercio e l’Agenzia italiana del Farmaco, in particolare nel caso in cui tali
prezzi includano sconti “confidenziali” di cessione del farmaco al Sistema sa-
nitario Nazionale.
Attualmente vi è in corso un ampio dibattito sulla compatibilità delle
predette clausole con il principio di trasparenza378, considerato valore fonda-
mentale dell’ordinamento giuridico italiano.
con la dicitura «segreti commerciali», estendendo in tal modo la platea dei soggetti tutelabili
dalla normativa in questione. A tal proposito, la dottrina maggioritaria sosteneva che con
l’espressione «informazioni aziendali riservate» si intendesse tutelare solo «le figure impren-
ditoriali» e non anche i soggetti estranei a quest’ambito. (v. A. VANZETTI, La tutela corretta
delle informazioni segrete, in Riv. dir. int., 2011, I, 104). Diversamente, con la locuzione «se-
greti commerciali», il legislatore ha ricompreso fra i soggetti tutelabili dalla normativa in
commento anche quelle categorie che pur non svolgendo direttamente un’attività impren-
ditoriale «abbiano sviluppato processi, soluzioni che possano trovare una potenziale appli-
cazione nell’attività produttiva» (v. commento a cura di L. ANGELASTRI, La definizione dei
segreti commerciali, 2018, in https://www.diritto24.ilsole24ore.com/art/avvocatoAffari/merca-
tiImpresa/2018-06-25/la-definizione-segreti-commerciali-141240.php?refresh_ce=1).
377 Cfr. art. 98, co. 2, d.lgs. n. 30/2005 (Codice della proprietà industriale).
378 La Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 20/2019, ha affermato che «i prin-
cipi di pubblicità e trasparenza sono riferiti non solo, quale corollario del principio demo-
cratico (art. 1 Cost.), a tutti gli aspetti rilevanti della vita pubblica e istituzionale, ma anche,
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Secondo l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, il prezzo dei
farmaci inclusivi dei cosiddetti “sconti” di cessione al Sistema Sanitario Na-
zionale e alle altre strutture sanitarie pubbliche deve rispondere comunque
ad un adeguato livello di conoscibilità. L’Autorità ha auspicato che «il Go-
verno assuma iniziative affinché Agenzia italiana del farmaco non sigli ac-
cordi con le case farmaceutiche inerenti alla presenza di clausole di riserva-
tezza, o qualunque altro elemento che mini la piena trasparenza, e affinché
vengano pubblicati tutti i dati in possesso dell’AIFA inerenti alle decisioni
prese per l’autorizzazione in commercio dei farmaci da parte del Comitato
prezzi e rimborsi e del Comitato tecnico scientifico dell’AIFA»379.
A parere dell’Autorità Antitrust il principale problema è che «l’assenza
di armonizzazione della materia a livello Ue, dovuta al mantenimento delle
relative competenze in capo agli Stati membri, ha fatto sì che la questione dei
ai sensi dell’art. 97 Cost., al buon funzionamento dell’amministrazione (sentenze n. 177 e n.
69 del 2018, n. 212 del 2017)». Principi che, nella legislazione interna, tendono ormai a ma-
nifestarsi, nella loro declinazione soggettiva, nella forma di un diritto dei cittadini ad acce-
dere ai dati in possesso della pubblica amministrazione, come chiaramente stabilisce l’art.
1, co. 1, del d.lgs. n. 33 del 2013. Nel diritto europeo, la medesima ispirazione ha condotto il
Trattato di Lisbona a inserire il diritto di accedere ai documenti in possesso delle Autorità
europee tra le «Disposizioni di applicazione generale» del Trattato sul funzionamento
dell’Unione, imponendo di considerare il diritto di accesso quale principio fondamentale del
diritto europeo (art. 15, par. 3, co. 1, TFUE e art. 42 CDFUE). Sul punto si rinvia ai com-
menti di A. CORRADO, Gli obblighi di pubblicazione dei dati patrimoniali alla luce delle indi-
cazioni della Corte Costituzionale, in Federalismi.it, 5/2019, www.federalismi.it; I.A. NICO-
TRA, Privacy vs Trasparenza, il Parlamento tace e il punto di equilibrio lo trova la Corte, ivi,
7/2019, www.federalismi.it.
379 Così, testualmente, l’allora Presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, Audi-
zione parlamentare informale presso la Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati
del 3 marzo 2016.
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prezzi dei farmaci sia stata lasciata alla gestione a livello nazionale»; mentre
le ditte farmaceutiche definiscono i prezzi dei farmaci a livello globale. Per-
tanto, si pone in essere «una sorta di asimmetria operativa che rende molto
difficile giungere a soluzioni soddisfacenti per tutte le parti coinvolte»380.
A tutto ciò, si aggiunge il rischio che «ove si perseguano prezzi ritenuti
troppo bassi dalle imprese, queste potrebbero anche decidere – in virtù del
principio della libertà d'impresa – di non rifornire dei propri prodotti un in-
tero Stato»381.
In tale contesto, secondo l’Antistrust, si dovrebbe rafforzare in modo con-
creto la governance del sistema sanitario-farmaceutico, in termini di maggiore
trasparenza, nelle varie fasi di contrattazione dei prezzi dei farmaci382.
380 Cfr. R. MAGNANO, Epatite C, Antitrust all’Aifa: «Basta prezzi secretati e più traspa-
renza». M5S: «Avevamo ragione noi» in sanita24.ilsole24.com, 2 marzo 2016.
381 V. R. MAGNANO, Epatite C, Antitrust all’Aifa, cit.
382 Invero, il dibattito in materia di trasparenza sul prezzo dei farmaci nascerebbe da
un equivoco derivante dall’ambiguità semantica che scaturisce dall’espressione «prezzi non
trasparenti». Quando si parla di «prezzi non trasparenti», si intende dire che nell’iter nego-
ziale che coinvolge l’Agenzia italiana del Farmaco e l’azienda farmaceutica titolare dell’au-
torizzazione all’immissione in commercio della specialità medicinale oggetto di contratta-
zione, vengono concordati degli sconti sul prezzo del farmaco e i predetti sconti non vengono
riportati esplicitamente nella determinazione AIFA pubblicata in Gazzetta Ufficiale. Detti
sconti sono puntualmente comunicati alle Regioni, agli ospedali e alle Asl, in modo da poter
essere applicati anticipatamente nelle procedure di acquisto. Dai prezzi non trasparenti si
distinguono i prezzi segreti: vale a dire quei prezzi inclusivi di sconti negoziati che non ven-
gono né pubblicati né comunicati alle strutture sanitarie pubbliche e alle Regioni, e sono
resi noti solo all’AIFA e alle case farmaceutiche. Dunque, tali farmaci vengono acquistati a
“prezzo pieno” dalle strutture pubbliche e successivamente lo sconto viene restituito alle
Regioni da parte delle Aziende Farmaceutiche attraverso la procedura di payback sulla base
di una determina adottata dall’Agenzia. Solo successivamente, l’Agenzia comunica lo
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Con particolare riferimento all’obbligo di trasparenza nell’ambito del Ser-
vizio Sanitario Nazionale, l’art. 41, co. 1, del d.lgs. n. 33/2013 prevede espres-
samente che «le amministrazioni e gli enti del servizio sanitario nazionale, dei
servizi sanitari regionali, ivi comprese le aziende sanitarie territoriali ed ospe-
daliere, le agenzie e gli altri enti ed organismi pubblici che svolgono attività
di programmazione e fornitura dei servizi sanitari, sono tenute all’adempi-
mento di tutti gli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vi-
gente»383.
Coloro che rivendicano l’opportunità della clausola di non disclosure
agreement sostengono che l’esigenza di riservatezza appare rafforzata dal con-
comitante interesse pubblico ad ottenere un prezzo di cessione più basso per
il SSN, favorendo così il contenimento della spesa farmaceutica e realizzando,
sconto per i vari scaglioni che devono essere raggiunti (quorum); cfr., sul punto, Quando il
prezzo del farmaco è “segreto”. Intervista a Nello Martini: Con la risoluzione approvata dalla
Camera si fa un passo avanti, ma la trasparenza è imprescindibile, in Quotidianosanità.it, 29
aprile 2016.
383 In tal senso, C. TUBERTINI, Gli obblighi di pubblicità e trasparenza nell’ambito del
Servizio Sanitario Nazionale (art. 41), in Amministrazione e Management, a cura di B. Ponti,
2013, 325 ss. Secondo l’Autrice, l’articolo in commento risponde all’esigenza di assicurare
l’attuazione del principio di trasparenza da parte di amministrazioni ed enti che compon-
gono il servizio sanitario. L’intenzione del legislatore è, da un lato, di equiparare l’ammini-
strazione sanitaria alle altre amministrazioni pubbliche quanto alla sottoposizione agli ob-
blighi di pubblicità previsti negli altri capi del decreto e, più in generale, agli obblighi di
pubblicazione previsti dalla normativa vigente; dall’altro, di estendere la trasparenza a spe-
cifici e rilevanti aspetti concernenti sia l’organizzazione, sia le prestazioni fornite da tali
strutture. Sul principio di trasparenza negli appalti connessi alla gestione del servizio sani-
tario nazionale, cfr. anche S. TOSCHEI, Affidamento di commesse pubbliche in sanità e best
practices nel sistema di prevenzione della corruzione, in Anticorruzione nella sanità reazioni e
azioni, a cura di M. Cerioni, A. De Angelis, S. Toschei, Roma 2017, 193.
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in tal modo, il risparmio pubblico, nonché l’effettivo esercizio del diritto fon-
damentale alla salute384. Il Servizio Sanitario Nazionale ha infatti il compito
di assicurare i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano Sa-
nitario Nazionale «nel rispetto dei principi della dignità della persona, del
bisogno di salute, dell’equità dell’accesso all’assistenza, della qualità delle
cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonché
dell’economicità delle risorse»385.
Inoltre, gli accordi di non divulgazione consentono di «limitare il feno-
meno delle esportazioni parallele, che verrebbero certamente favorite dalla
conoscenza del prezzo finale di cessione: il farmaco verrebbe acquistato per
essere rivenduto all’estero ad un prezzo maggiore, così consentendo all’espor-
tatore di lucrare sulla differenza, con l’ulteriore rischio di determinare indi-
sponibilità del farmaco in Italia, a tutto discapito dei pazienti»386.
In particolare, sulle clausole di riservatezza nel settore farmaceutico, si è
pronunciata la III sezione del Consiglio di Stato che, con la sentenza n. 1213
del 17 marzo del 2017, ha ritenuto legittimo il diniego dell’Agenzia italiana
del Farmaco ad un’istanza di accesso agli atti relativi all’accordo stipulato
con una ditta farmaceutica, in quanto contenente una clausola di riserva-
tezza. In tale pronuncia, i giudici amministrativi hanno ritenuto legittima
l’apposizione della clausola di riservatezza, non sussistendo nell’ordinamento
giuridico italiano una disposizione normativa che preveda il divieto di stipu-
lare tale tipologia di accordi, in relazione agli interessi commerciali dell’im-
384 Cfr. G. SCACCIA, Commento Art. 32 della Costituzione, in La Costituzione italiana, a
cura di F. Clementi, L. Cuocolo, F. Rosa, V.E. Vigevani, Bologna 2018, 214 ss.
385 Cfr. art. 1, co. 5, D.L. n. 347/2001, convertito con modificazioni dalla l. n.
405/2001.
386 Cfr. M. BONI, M.M. DE ROSA, Il nuovo dg dell’Aifa contro le clausole di riservatezza
nella contrattazione del prezzo dei farmaci, in Pharmadoc.it, 21 marzo 2019.
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presa. Inoltre – secondo i giudici di Palazzo Spada – «l’apposizione della clau-
sola di riservatezza operante nei rapporti tra imprese, consente […] al nego-
ziatore pubblico di tenere celati i risultati economici raggiunti nella negozia-
zione – che ovviamente rimangono sempre utilizzabili quale parametro in-
terno – e di “spuntare” tutti gli sconti che il produttore sia oggettivamente e
soggettivamente in grado di concedere in base ai suoi costi ed alle sue aspet-
tative di profitto»387.
Per quanto la clausola sia pienamente valida ed efficace, il Consiglio di
Stato ha osservato che essa va interpretata ed eseguita in modo da non porsi
in contrasto con le disposizioni di legge, che antepongono l’esigenza di difesa
in giudizio del concorrente rispetto a quelle di riservatezza del contraente.
A tal proposito, l’art. 24, co. 7, della legge generale sul procedimento am-
ministrativo del 1990 dispone espressamente che «deve comunque essere ga-
rantito ai richiedenti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza
sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici»388. Ne
consegue che «ove la conoscenza dei termini dell’accordo sia necessaria per la
difesa in giudizio in ordine alla situazione giuridica di base, rispetto alla quale
l’accesso è strumentale, la clausola di riservatezza non è mai opponibile»389.
Quanto all’applicabilità dell’accesso generalizzato anche alla materia dei
contratti pubblici, oggetto di un contrasto giurisprudenziale tra due diverse
sezioni del Consiglio di Stato, la questione è stata risolta positivamente dalla
387 Cfr. Cons. St., III sez., sent. n. 1213/2017.
388 L’art. 24, co. 7, l. n. 241/1990 dispone che «eeve comunque essere garantito ai richie-
denti l’accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per
difendere i propri interessi giuridici. Nel caso di documenti contenenti dati sensibili e giudi-
ziari, l’accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini
previsti dall’articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei
a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale».
389 Cfr. Cons. St., Sez. III, sent. n. 1213/2017.
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recente decisione dell’Adunanza Plenaria. La sentenza n. 10 del 2020 ha sta-
bilito che gli istituti dell’accesso, quello ordinario e quello generalizzato, che
pure si differenziano per ambito di operatività e diverso grado di profondità,
possono ben concorrere con riferimento ai documenti relativi alle attività
delle pubbliche amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici
di lavori, servizi e forniture, inerenti al procedimento di evidenza pubblica e
alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni og-
gettive previste dallo stesso codice. Non rileva, infatti, ai fini dell’accesso, che
la fase esecutiva del rapporto negoziale sia tendenzialmente disciplinata da
regole privatistiche. Sussiste una rilevanza pubblicistica anche nella fase pri-
vatistica, dovuta alla compresenza di fondamentali interessi pubblici, e dun-
que con riferimento all’esecuzione del rapporto trovano applicazione il prin-
cipio di trasparenza e quello di concorrenza. Il tradizionale principio dell’evi-
denza pubblica ricomprende anche la realizzazione corretta del contratto af-
fidato in esecuzione all’esito della gara, perché in caso contrario sarebbe sem-
plice aggirare, in fase di esecuzione, le regole di buon andamento, trasparenza
e concorrenza «formalmente seguite nella fase pubblicistica anteriore e pro-
dromica all’aggiudicazione»390.
L’art. 5 bis del d.lgs. n. 33/2013 stabilisce i limiti e i divieti all’accesso
“generalizzato”, tutelando in tal modo gli interessi pubblici e privati che po-
trebbero subire un pregiudizio concreto da un uso indiscriminato dell’accesso
di cui all’art. 5391. È, altresì, previsto che il diritto di accesso generalizzato «è
390 Così Cons. St., Ad. pl. n. 10/2020.
391 Così il primo comma dell’art. 5 bis dispone che «l’accesso civico di cui all’articolo 5,
comma 2, è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela
di uno degli interessi pubblici inerenti a: a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; b) la
sicurezza nazionale; c) la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la
politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui
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escluso nei casi di segreto di stato e negli altri casi di divieti di accesso o di-
vulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordi-
nato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o
limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24, comma 1, della legge 241 del 1990». Le
c.d. eccezioni assolute stabilite da tale disposizione rispondono all’esigenza di
garantire un livello di massima protezione a determinati interessi (segreto di
Stato, segreto militare, segreto scientifico e industriale). Alla materia dei con-
tratti pubblici si applica la disciplina speciale contenuta nell’art. 53, co. 2, del
d.lgs. n. 50/2016, caratterizzata da un catalogo di eccezioni all’accesso, asso-
lute e limitate nel tempo. Si tratta di una normativa destinata a contempe-
rare le ragioni dell’accesso con quelle di assicurare il regolare svolgimento
delle procedure selettive. Le restrizioni alla conoscibilità hanno portata limi-
tata e non comportano l’esclusione dell’intera materia dei contratti pubblici
dall’applicazione dell’accesso civico generalizzato, che si espande nuova-
mente non appena vengono meno le ragioni che giustificano siffatti limiti392.
Così, il diritto di accesso viene differito per tutelare la riservatezza aziendale
e per preservare le caratteristiche essenziali dell’offerta a garanzia della con-
correnza, al fine di evitare che gli operatori economici si servano dell’accesso
per acquisire informazioni secretate sui segreti tecnici e commerciali. Lo
stesso vale per la tutela della privativa intellettuale, prevista nella lett. d)
dell’art. 53, co. 6. Orbene, nel caso preso in esame del prezzo dei farmaci a
reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attività ispettive». Mentre il se-
condo comma dell’art. 5-bis stabilisce che l’accesso di cui all’articolo 5, co. 2, è rifiutato se il
diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pri-
vati specificatamente indicati dalla norma e cioè: a) la protezione dei dati personali; b) la
libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una
persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti
commerciali.
392 Cfr. ANAC, delibera n. 317 del 29 marzo 2017 e ora Cons. St., Ad. Pl. n. 10/2020.
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carico del Servizio Sanitario nazionale, con sconti confidenziali, può trovare
applicazione la previsione dell’art. 5 bis, co. 2, lett. c), letta in combinato di-
sposto con l’art. 53 del codice dei contratti pubblici, con l’esclusione dall’ac-
cesso “generalizzato” qualora quest’ultimo possa arrecare un pregiudizio con-
creto ad «interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica,
ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commer-
ciali»393. Come chiarisce la terza sezione del Consiglio di Stato nella decisione
n. 1213 del 2017, «l’esigenza di riservatezza delle imprese in ordine all’inte-
resse commerciale è dunque idoneo, in astratto, a giustificare esclusioni o li-
mitazioni del diritto d’accesso. È evidente che deve trattarsi di esigenza og-
gettivamente apprezzabile, lecita e meritevole di tutela in quanto collegata a
potenziali pregiudizi derivanti dalla divulgazione, secondo un nesso di pro-
porzionalità»394.
5. Procedura di negoziazione del prezzo dei Farmaci: prospettive di riforma
de iure condendo
Con riferimento alla procedura di negoziazione del prezzo dei farmaci, è
in corso di emanazione un nuovo decreto ministeriale che mira a introdurre
rilevanti novità in ordine ai criteri e alle modalità con cui l’Agenzia italiana
del Farmaco stabilisce i prezzi dei medicinali rimborsati dal Servizio Sanita-
rio Nazionale.
L’obbiettivo principale di tale decreto dovrebbe essere quello di garantire
maggiore trasparenza nel processo di contrattazione del prezzo dei farmaci,
393 Cfr. Delibera ANAC n. 1309 del 28 dicembre 2016 (Linee Guida recanti indicazioni
operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5
co. 2 del D.lgs 33/2013).
394 Cfr. Cons. St., Sez. III, sent. n. 1213 del 17 marzo 2017.
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in armonia con la Risoluzione WHA 72/2019 sulla trasparenza dei prezzi di
farmaci, vaccini e altri prodotti sanitari, proposta dall’Italia e approvata nel
corso della settantaduesima Assemblea dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità395.
A dettare le regole relative alle nuove procedure, parrebbe essere il nuovo
Decreto del Ministero della salute di concerto con il Ministero dell’Economia
e Finanza, elaborato già a luglio dello scorso anno, del quale si attende la
pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
Rispetto alla Delibera CIPE n. 3 del 2001, tale Decreto si propone di in-
trodurre alcune novità in ordine agli elementi che deve contenere la documen-
tazione scientifica presentata dall’azienda farmaceutica nella domanda di
classificazione e prezzo.
A tal riguardo, si è posto l’accento sul valore terapeutico aggiunto che la
specialità medicinale deve assicurare in rapporto ai principali trattamenti
con cui viene confrontato396. Tale confronto «tiene in considerazione le alter-
native terapeutiche utilizzate nella pratica clinica nazionale, fornendo ele-
menti valutativi e conoscitivi che indichino i principali trattamenti con cui il
farmaco viene confrontato. Al fine di consentire una valutazione compara-
tiva dei costi dei trattamenti alternativi, devono essere esplicitati gli schemi
posologici e la durata dei trattamenti»397.
Qualora non venga dimostrato alcun vantaggio terapeutico aggiunto ri-
spetto ai prodotti già presenti sul mercato, l’azienda dovrà essere in grado di
395 Cfr. Negoziazione prezzi dei farmaci: cambiano le procedure. Criteri e più trasparenza,
in salute.gov.it, 1 agosto 2019.
396 Cfr. Negoziazione prezzi dei farmaci: cambiano le procedure, cit.
397 V. Bozza del Decreto del Ministero della Salute e del Ministero Economia e Finanza,
art. 2 lett. a) in Salute.gov.it.
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fornire ulteriori elementi di interesse, in termini di vantaggio economico per il
Sistema Sanitario Nazionale, quali elementi costitutivi dell’accordo negoziale398.
Con riferimento al valore terapeutico aggiunto e alla possibilità di un con-
fronto con gli altri prodotti, la comparazione con i prodotti disponibili diviene
sempre più complessa399. Nella bozza di decreto si legge l’intento di realizzare
un modello di cost-effectiveness, ma – secondo una ricostruzione – il docu-
mento normativo altro non farebbe «che ripercorrere i meccanismi di budget
impact che fino ad oggi hanno governato il mondo dei farmaci in Italia»400.
Tra gli altri aspetti innovativi presenti nell’emanando decreto si colloca
quello secondo cui l’azienda è tenuta a fornire «elementi informativi autocer-
tificati sul medicinale oggetto della negoziazione circa la commercializza-
zione, il consumo e la rimborsabilità in altri Paesi e in tal caso a quali condi-
zioni di prezzo e rimborsabilità, incluso ogni ulteriore accordo negoziale»401.
Inoltre, l’impresa farmaceutica deve esibire un’autocertificazione che at-
testi la propria capacità produttiva e di gestione di possibili imprevisti che
possano mettere a rischio gli standard produttivi, nonché le attività che ver-
ranno poste in essere al fine di garantire l’adeguata fornitura del farmaco al
SSN in funzione dei bisogni della popolazione.
Ulteriormente la documentazione presentata dall’azienda farmaceutica
ad AIFA deve essere corredata dall’indicazione dello status brevettuale del
medicinale.
398 V. Bozza Decreto del Ministero della Salute e del Mef, art. 2 co. 3, in Salute.gov.it.
399 I trial clinici sono nella quasi totalità dei “casi studio” di non inferiorità o al massimo
di superiorità a confronto con il placebo. Sui farmaci biologici per malattie rare, dove non
esistono farmaci da comparare i confronti non possono essere eseguiti.
400 V. M. LONGO, Decreto sui prezzi dei farmaci, un’occasione mancata per cambiare il
modello, in Aboutpharma.com, 2 agosto 2019.
401 V. art. 2, co. 2, lett. c) della Bozza del decreto Ministero della Salute di concerto con
il Mef, cit.
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Passando alla disamina dei criteri previsti per il perfezionamento dell’ac-
cordo negoziale tra AIFA e azienda farmaceutica con la fissazione delle con-
dizioni di rimborsabilità e prezzo della specialità medicinale oggetto di con-
trattazione, il Decreto annunciato conferma talune condizioni previste dalla
Delibera CIPE del 2001, vale a dire i volumi di vendita, la disponibilità del
prodotto per il Sistema Sanitario Nazionale e gli sconti per le forniture agli
anti del SSN e a queste aggiunge i contributi di natura pubblica ai programmi
di sviluppo e ricerca del farmaco.
Inoltre, in sede di definizione dell’accordo negoziale, il decreto introduce
alcune novità: la possibilità di procedere a un aumento di prezzo, per casi
eccezionali e comunque per farmaci a basso costo, per i quali si presentino
oggettive difficoltà di reperire materie prime, o in cui sia adeguatamente di-
mostrata l’impossibilità a rimanere sul mercato alle condizioni stabilite per
aumenti dei costi produttivi sulla base di documentate evidenze oggettive; la
possibilità per AIFA di disciplinare, ai fini della razionalizzazione e dello snel-
limento delle procedure negoziali, meccanismi di automatismo a favore di me-
dicinali generici e biosimilari, anche in esito a richieste di modifiche di confe-
zioni, per farmaci per i quali sono già presenti medicinali analoghi rimborsati
dal SSN e di indicare le condizioni per procedere al rinnovo automatico alla
scadenza del contratto, prevedendo i casi in cui poter riconoscere sconti pro-
gressivi; e infine la possibilità che AIFA e le aziende concordino modelli ne-
goziali innovativi, in aggiunta a schemi convenzionali quali, per esempio,
prezzo-volume, tetti di fatturato e pay-back402.
Con riferimento alla durata e al rinnovo dell’accordo contrattuale ver-
rebbe confermata la validità del prezzo negoziato per un periodo di 24 mesi
ed anche la possibilità, attribuita ad entrambe le parti, di riavviare la proce-
dura negoziale per il rinnovo del contratto qualora, a seguito di modifiche
402 Cfr. Negoziazione prezzi dei farmaci: cambiano le procedure, cit.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 219
delle indicazioni terapeutiche o della posologia, variassero i livelli di utilizza-
zione del medicinale.
Inoltre, l’AIFA potrebbe riavviare la procedura negoziale prima della
scadenza dell’accordo, nel caso in cui intervengano nuove evidenze sulla effi-
cacia e sicurezza del farmaco, tali da far ritenere modificato il posizionamento
in terapia o che ridimensionino in maniera sostanziale i benefici clinici stimati
al momento della negoziazione.
Inoltre, secondo il testo del Decreto in corso di approvazione, nel caso in
cui le parti non propongano delle modifiche alle condizioni contrattuali entro
il termine di 60 giorni dalla scadenza naturale del contratto, quest’ultimo si
rinnova automaticamente.
6. Considerazioni conclusive
Come è stato fin qui evidenziato, la procedura di negoziazione del prezzo
dei farmaci a carico del Sistema Sanitario Nazionale avviene – nell’attesa che
entri in vigore il decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro
dell’economia e finanze del 2019 – a seguito di contrattazione a livello cen-
trale tra AIFA e le aziende farmaceutiche, secondo un iter procedurale tut-
tora disciplinato dalla deliberazione CIPE n. 3/2001.
Nei casi in cui l’esito della negoziazione includa sconti confidenziali, la
riservatezza su tali elementi dell’accordo contrattuale è disciplinata attra-
verso una specifica “clausola di riservatezza” che vieta alle parti di divulgare
e comunicare a soggetti terzi la confidenzialità dello sconto applicato alle
strutture pubbliche del SSN, ivi comprese le strutture private accreditate sa-
nitarie.
A tal riguardo, il testo della bozza del decreto del Ministero della salute,
non ancora pubblicato, pur riferendosi in premessa alla Risoluzione World
Health Organization - WHA 72/2019 sulla trasparenza del prezzo dei farmaci,
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 220
vaccini, e altri prodotti sanitari proposta dall’Italia e approvata nel corso
della settantaduesima Assemblea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità,
non interviene sulla regolamentazione delle clausole di riservatezza.
Pertanto, in assenza di un intervento normativo in materia, occorre tro-
vare un bilanciamento tra i molteplici interessi pubblici in gioco: da un lato,
il principio di trasparenza e di accessibilità degli atti di gara previsto dall’art.
29 del Codice dei contratti pubblici, dagli artt. 37 e 5 del d.lgs. n. 33/2013;
dall’altro, il principio di economicità dell’azione amministrativa, sancito
nell’art. 97 della Costituzione, volto a conseguire un risparmio nell’acquisto
di farmaci rimborsabili dal SSN, reso possibile, appunto, dal mantenimento
della riservatezza sugli ulteriori sconti praticati sul prezzo negoziato con il
SSN. Il procedimento di contrattazione del prezzo di medicinali idonei all’in-
clusione nella lista dei medicinali rimborsabili dal Servizio Sanitario nazio-
nale va inquadrato all’interno della tipologia delle attività negoziate proce-
dimentalizzate. Infatti, l’impresa farmaceutica propone un prezzo sulla base
di un puntuale dossier alla luce di un criterio costo/efficacia per i pazienti,
l’amministrazione, per parte sua, compie una serie di valutazioni per avan-
zare una controproposta. La procedura negoziale si conclude con un accordo
tra le parti e la fissazione di un prezzo sulla base di alcuni parametri chiara-
mente individuati (volumi di vendita, disponibilità del prodotto per il servi-
zio sanitario, sconti per le forniture alle strutture ospedaliere).
Anche in considerazione della matrice privatistica degli accordi negoziali
tra AIFA e le aziende farmaceutiche, appare possibile una interazione tra la
disciplina civilistica che regola la contrattazione del prezzo delle specialità
medicinali da fornire al SSN e la disciplina pubblicistica che regolamenta le
procedure ad evidenza pubblica, garantendo la trasparenza degli atti di gara.
Infatti, le discipline dell’accesso sia ex art. 22 l. n. 241/1990, sia di quello ge-
neralizzato si possono esercitare anche su atti di natura privatistica, purché
concernenti attività di pubblico interesse, a ciò non ostando in questo caso la
bilateralità dell’accordo. Tuttavia, la tendenziale accessibilità di tutti gli atti
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 221
negoziali trova un limite in alcuni aspetti per i quali abbiano rilievo i segreti
tecnici o commerciali (art. 53 del Codice dei contratti pubblici).
La disciplina sul prezzo dei farmaci è, invero, funzionale alla realizzazione
di uno dei profili più rilevanti del diritto alla salute: il diritto di accedere ai
trattamenti medici (preventivi, diagnostici, curativi e palliativi) «sub specie
della acquisibilità agevole, continua, sicura e di qualità dei medicinali»403.
Al riguardo è lo stesso Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 50 del 2016)
a prevedere, secondo quanto disposto dall’art. 53, deroghe al principio di ac-
cesso a tutela di interessi pubblici e privati meritevoli di tutela, quali «segreti
tecnici e commerciali» e «legittimi interessi commerciali di un particolare
operatore economico». Ulteriormente, la disposizione contenuta nell’art.98,
co. 5, recita: «fermo restando quanto disposto dall’articolo 53, talune infor-
mazioni relative all’aggiudicazione dell’appalto o alla conclusione dell’ac-
cordo quadro possono non essere pubblicate qualora la loro divulgazione
ostacoli l’applicazione della legge, sia contraria all’interesse pubblico […]».
Sicché, alla luce del quadro ordinamentale, dovrebbe ritenersi applicabile
il principio generale di trasparenza dei dati riferibili alle procedure di aggiu-
dicazione, anche alle procedure di aggiudicazione dei farmaci acquistati dal
SSN.
Tuttavia, qualora il disvelamento del prezzo risulti contrario all’interesse
pubblico di risparmio di spesa o riguardi segreti tecnici o commerciali, il prin-
cipio di trasparenza può subire un’attenuazione.
La riservatezza del prezzo del farmaco contrattato con l’azienda farma-
ceutica può essere mantenuta, qualora sia dimostrabile, dopo una accurata
analisi dei diversi interessi coinvolti, il vantaggio, in termini di maggior ri-
sparmio economico, per il Sistema Sanitario Nazionale, con i benefici riflessi
sull’attuazione concreta del diritto costituzionale alla salute del singolo e
403 Così P. LOGROSCINO, M. SALERNO, La distribuzione dei farmaci tra libertà economiche
e tutela della salute, in Federalismi.it, 7/2019, 1 ss., www.federalismi.it.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 222
della collettività404. Anche l’esercizio delle competenze legislative e ammini-
strative delle Regioni in materia sanitaria devono trovare svolgimenti com-
patibili con la garanzia dei livelli essenziali di assistenza, quale espressione
delle istanze unitarie e solidaristiche della Repubblica405.
404 G. PELAGATTI, I trattamenti sanitari obbligatori, Roma 1995, part. 6 ss.
405 A riprova di ciò, la disciplina contenuta nell’art. 6 del D.L. n. 347/2001 ha attribuito
alle Regioni la possibilità di escludere in tutto o in parte, mediante atto amministrativo, la
rimborsabilità di alcuni farmaci, tenuto anche conto del proprio budget per la spesa farma-
ceutica, ma limitatamente ai farmaci con un ruolo non essenziale ed aventi attività terapeu-
tica sovrapponibile a quella di altri medicinali concedibili, con il preciso limite di esclusione
del divieto di rimborsabilità per i farmaci essenziali.
Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali
(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 223
MARGHERITA AMITRANO ZINGALE*
Brevi riflessioni sul fondamento costituzionale
del potere di annullamento straordinario degli atti
degli enti locali a margine del parere
del Consiglio di Stato, 7 aprile 2020, n. 735
Abstract (It.): il presente contributo si propone di individuare convergenze e differenze dei
concetti di «unità giuridica ed economica», «unità di indirizzo politico ed amministrativo» e
«unità dell’ordinamento», sottesi rispettivamente agli artt. 120 e 95 Cost. e 138 TUEL, tratteg-
giandone sinteticamente i caratteri, a partire dal parere reso dal Consiglio di Stato sull’annulla-
mento straordinario dell’ordinanza del Sindaco di Messina (n. 105 del 5 aprile 2020).
Abstract (En.): this essay aims to identify convergences and differences of the concepts of
«legal and economic unity», «unity of political and administrative direction» and «unity of the
legal system», underlying respectively the articles 120 and 95 of the Constitution and 138 TUEL,
briefly outlining their characteristics, starting from the opinion given by the Council of State on
the “extraordinary cancellation” of the order of the Mayor of Messina (5th April 2020, n. 105).
* Dottore di ricerca in Diritto Pubblico, Funzionario presso “Ente regionale per il Di-
ritto allo studio e alla conoscenza” della Regione Lazio.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 224
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. La vicenda innescata dall’ordinanza del Sindaco di Mes-
sina n. 105 del 5 aprile 2020. – 3. «Tutela dell’unità giuridica ed economica», garanzia del
«mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo» e «tutela dell’unità
dell’ordinamento»: sovrapposizioni applicative e convergenze. – 4. Strumenti attuali contro
gli atti amministrativi degli enti locali.
1. Premessa
Il diffondersi dell’epidemia – poi riconosciuta quale “pandemia”406 – in
ambiti sempre più vasti del territorio ha giustificato la dichiarazione dello
“stato emergenziale” con d.P.C.M. del 31 gennaio 2020407, che ha costituito il
calcio d’inizio di una triste partita, sia per l’elevato numero di vittime sia per
406 Come dichiarato dall’OMS nella conferenza stampa dell’11 marzo: T.A.
GHEBREYESUS, WHO Director General’s opening remarks at the media brefing on Covid-19, in
https://www.who.int/dg/speeches/detail/who-director-general-s-opening-remarks-at-the-media-
briefing-on-covid-19---11-march-2020.
407 Secondo cui, tra l’altro: «1. È dichiarato, per 6 mesi dalla data del presente provve-
dimento, lo stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza
di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili. 2. Per l’attuazione degli interventi di cui
dell’articolo 25, comma 2, lettere a) e b) del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, da ef-
fettuare nella vigenza dello stato di emergenza, si provvede con ordinanze, emanate dal
Capo del Dipartimento della protezione civile in deroga a ogni disposizione vigente e nel
rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico». Tale provvedimento è stato adot-
tato sulla base degli artt. 7, co. 1, lett. c) e 24 del d.lgs. 2 gennaio 2018 n. 1 (c.d. Codice della
Protezione civile).
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il pregiudizio delle categorie costituzionali408, che rischia ora di tradursi anche
in una profonda crisi economica e sociale.
Come è stato evidenziato, difatti, il ricorso a fonti di stampo governativo
(i decreti-legge susseguitisi) e l’ancor più copioso ricorso ad atti amministra-
tivi, tra d.P.C.M., ordinanze di Protezione civile, del Ministero della Salute e
di altri Dicasteri, anzitutto a livello centrale409, ha inciso tanto sulla c.d. “co-
stituzione dei poteri” quanto sulla c.d. “costituzione dei diritti”410.
Ma questa disciplina stratificata411 venuta man mano componendosi, fi-
nalizzata certamente a fronteggiare l’emergenza consentendo ai vari livelli
territoriali di intervenire con le misure ritenute più adeguate, in realtà pone
significative criticità sia in ordine alle limitazioni dei diritti e delle libertà
fondamentali412, sia con riferimento ai rapporti tra Governo centrale e go-
408 A. RUGGERI, Il Coronavirus contagia anche le categorie costituzionali e ne mette a dura
prova la capacità di tenuta, in questa Rivista, Forum, La gestione dell’emergenza sanitaria tra
stato, regioni ed enti locali, 1/2020.
409 Per una recente ricognizione, v. A. CELOTTO, Emergenza e ordinanze comunali:
l’«isola della ragione nel caos delle opinioni» (a prima lettura del parere 7 aprile 2020, n.
260/2020), in www.giustizia-amministrativa.it. Per un maggiore dettaglio, v. C. DRIGO - A.
MORELLI, Dossier. L’emergenza sanitaria da Covid-19. Normativa, atti amministrativi, giuri-
sprudenza e bibliografia, in questa Rivista, aggiornato all’11 maggio 2020.
410 Cfr. M. OLIVETTI, Le misure di contenimento del Coronavirus, fra Stato e Regioni, in
Quotidiano giuridico di Leggiditaliaprofessionale, 10 aprile 2020.
411 In senso critico, v. G. NAPOLITANO, I pubblici poteri di fronte alla pandemia, in Giorn.
dir. amm., 2/2020, 145, secondo cui «a fronte del precipitare dell’emergenza [...] il Governo
ha ritenuto di procedere alla costruzione di un nuovo impianto normativo ad hoc proprio di
uno “Stato di eccezione”».
412 Su cui si veda il recentissimo contributo di M. D’AMICO, Emergenza, diritti, discrimi-
nazioni, in Rivista Gruppo di Pisa, 2/2020, www.gruppodipisa.it.
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verni territoriali, poiché se è vero che il fondamento della disciplina emergen-
ziale non può essere eccessivamente dettagliato, dovendosi adattare alle ca-
ratteristiche concrete dell’emergenza stessa per poterla efficacemente fron-
teggiare, a maggior ragione in uno Stato di diritto sembrerebbe necessaria
una disciplina di rango costituzionale dell’emergenza413, che possa indicare
presupposti e limiti espressi alla sospensione delle libertà fondamentali, onde
evitarne uno svuotamento di significato, ed evitare rallentamenti nell’azione
per contrasti istituzionali e nel coordinamento tra livelli territoriali414.
413 Ricorda la Presidente della Corte costituzionale M. CARTABIA come «la nostra Co-
stituzione non contempla un diritto speciale per lo stato di emergenza sul modello dell’art.
48 della Costituzione di Weimar o dell’art. 16 della Costituzione francese, dell’art. 116 della
Costituzione spagnola o dell’art. 48 della Costituzione ungherese. Si tratta di una scelta con-
sapevole. Nella Carta costituzionale non si rinvengono clausole di sospensione dei diritti
fondamentali da attivarsi nei tempi eccezionali né previsioni che in tempi di crisi consentano
alterazioni nell’assetto dei poteri. La Costituzione peraltro non è insensibile al variare delle
contingenze, all’eventualità che dirompano situazioni di emergenza, di crisi o di straordina-
ria necessità e urgenza […]»: cfr. Relazione sull’Attività della Corte costituzionale nel 2019, in
www.cortecostituzionale.it. In termini critici sulla necessità di apposita disciplina, da ultimo:
E. GROSSO, Legalità ed effettività negli spazi e nei tempi del diritto costituzionale dell’emer-
genza. È proprio vero che “nulla potrà essere più come prima”?, in Federalismi.it, 6/2020,
www.federalismi.it. Cfr. già M. LUCIANI, Il sistema delle fonti del diritto alla prova dell’emer-
genza, in Rivista AIC, 2/2020, 4, www.rivistaaic.it. A favore, ex multis: I.A. NICOTRA,
L’emergenza sanitaria e lo Statuto dei siciliani ai tempi del Covid-19, in questa Rivista, Forum,
la gestione dell’emergenza sanitaria tra stato, regioni ed enti locali, 1/2020; Id., , L’epidemia da
Covid-19 e il tempo della responsabilità, ivi.
414 Emblematico l’annullamento prefettizio dell’ordinanza del Sindaco di Ischia su cui
v. A. DE SIANO, Ordinanze sindacali e annullamento prefettizio ai tempi del Covid-19, in Fe-
deralismi.it, Osservatorio emergenza Covid-19, 15 aprile 2020, www.federalismi.it.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 227
Parimenti, una espressa disciplina costituzionale che fondi ed orienti
l’esercizio dei poteri ai vari livelli territoriali e li coordini costituisce essa
stessa garanzia per evitare sbilanciamenti415 non conformi al rispetto delle
autonomie territoriali, anche nei casi di interventi del Governo centrale volti
a garantire l’unità giuridica ed economica e la tutela dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali416.
2. La vicenda innescata dall’ordinanza del Sindaco di Messina n. 105 del 5
aprile 2020
In tale panorama, in continua evoluzione, si colloca la nota vicenda
dell’ordinanza del Sindaco di Messina (n. 105 del 5 aprile 2020), che impo-
neva, a fronte dell’imperversare dell’emergenza da Covid-19 e per evitare la
415 Cfr. A. MORELLI - A. POGGI, Le Regioni per differenziare, lo Stato per unire. A cia-
scuno il suo, in questa Rivista, 2/2020, 1 ss.
416 Sebbene già guardando all’art. 117 Cost. si rinvengono i limiti di competenza per la
legislazione regionale (ad es. alla lett. m) in materia di LEA o alla lett. q) in materia di pro-
filassi internazionale, riservate appunto alla competenza esclusiva statale), una previsione
esplicita a livello costituzionale in ordine ad un coordinamento strutturato a fini operativi,
di azioni congiunte, coordinate e coese per fronteggiare le emergenze ai vari livelli di governo
parrebbe altamente opportuna, avendo, oltretutto, gli atti attuativi nella specie adottati
per lo più natura di provvedimenti amministrativi. D’altro canto è proprio sul territorio che
spesso può farsi la differenza ed una chiara cornice entro cui muoversi in situazioni emer-
genziali e concitate può evitare di procedere in modo disarticolato e inefficiente e, parimenti,
evitare solitari e dissonanti atteggiamenti da sceriffo del Far West. Cfr. V. BALDINI, Lo
Stato costituzionale di diritto all’epoca del Coronavirus, in Dir. fond., 1/2020, 10 marzo 2020,
www.dirittifondamentali.it.
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diffusione dell’epidemia in Sicilia, una serie di obblighi e restrizioni a «chiun-
que volesse far ingresso nell’isola attraverso il porto di Messina»417.
Ritenendola illegittima, il Ministero dell’Interno richiedeva parere sulla
possibilità di disporne l’annullamento straordinario ai sensi dell’art. 138
TUEL418 – richiesta che veniva approvata dal Consiglio dei Ministri e tra-
smessa al Consiglio di Stato per l’acquisizione del parere richiesto dalla
norma.
417 Per una dettagliata descrizione della vicenda si rinvia a N. PIGNATELLI, Il potere di
annullamento straordinario ex art. 138 TUEL di un’ordinanza comunale: il Covid-19 non
“chiude” lo stretto di Messina, in questa Rivista, Forum, La gestione dell’emergenza sanitaria
tra stato, regioni ed enti locali, 1/2020. Evidenzia i profili problematici del parere reso in me-
rito dal Consiglio di Stato A. RUGGERI, Non persuasivo il parere reso, dietro sollecitazione del
Governo, dal Consiglio di Stato su un’ordinanza del Sindaco De Luca relativa all’attraversa-
mento dello Stretto di Messina, in Consulta OnLine, 1/2020, www.giurcost.org.
418 Dispone l’art. 138 TUEL: «In applicazione dell’articolo 2, comma 3, lettera p), della
legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell’unità dell’ordinamento, con decreto
del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta
del Ministro dell’interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d’ufficio o su denun-
zia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità». A sua volta
l’art. 2, co. 3, lett. p) della l. n. 400/1988 dispone che: «Sono sottoposti alla deliberazione del
Consiglio dei ministri: […] p) le determinazioni concernenti l’annullamento straordinario a
tutela dell'unità dell'ordinamento, degli atti amministrativi illegittimi, previo parere del
Consiglio di Stato e, nei soli casi di annullamento di atti amministrativi delle regioni e delle
province autonome, anche della Commissione parlamentare per le questioni regionali» ri-
spetto a cui la Corte costituzionale con sentenza 13-21 aprile 1989, n. 229 ha dichiarato l’il-
legittimità costituzionale precisamente «nella parte in cui prevede l’adozione da parte del
Consiglio dei ministri delle determinazioni concernenti l’annullamento straordinario degli
atti amministrativi illegittimi delle Regioni e delle Province autonome».
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I vizi posti a fondamento della richiesta di annullamento straordinario in
parte attenevano a profili di legittimità amministrativa ed in parte ad uno
specifico profilo di conformità costituzionale, ponendosi la suddetta ordi-
nanza in contrasto con l’interesse alla «tutela dell’unità dell’ordinamento».
L’urgenza della questione ha fatto sì che nell’arco di poco più di venti-
quattr’ore il Consiglio di Stato esprimesse parere favorevole419 all’accogli-
mento della richiesta formulata, il Consiglio dei Ministri deliberasse nel senso
dell’annullamento dell’ordinanza, il procedimento trovasse puntuale defini-
zione con D.P.R. del 9 aprile 2020 (in G.U. n. 96 del 10 aprile c.a.).
3. «Tutela dell’unità giuridica ed economica», garanzia del «mantenimento
dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo» e «tutela dell’unità dell’ordi-
namento»: sovrapposizioni applicative e convergenze
La soluzione adottata dal supremo Consesso amministrativo, senz’altro
corretta nelle sue conclusioni in ragione dei diversi profili di illegittimità
dell’ordinanza in questione, non di meno induce a qualche riflessione sulla
sovrapposizione tra i concetti di «tutela dell’unità giuridica ed economica» (che
giustifica l’esercizio del potere sostitutivo centrale ai sensi dell’art. 120 Cost.)
e la garanzia del «mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministra-
tivo» (di cui all’art. 95 Cost.) rispetto alla «tutela dell’unità dell’ordinamento»
di cui all’art. 138 TUEL, nonché sulle modalità di operatività del sotteso isti-
tuto dell’«annullamento straordinario»420.
419 Cons. St., sez. I, 7 aprile 2020, n. 735, in www.giustizia-amministrativa.it.
420 R. CARPINO, Art. 138, in R. CARPINO, Testo unico degli Enti Locali commentato, San-
tarcangelo di Romagna 2015, 591. Cfr. A. PERTICI, Art. 138, in C. NAPOLI - N. PIGNATELLI
(a cura di), Codice degli Enti locali, Roma 2019, 774 ss.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 230
Nel parere infatti viene individuato, quale fondamento del potere di an-
nullamento straordinario, l’art. 95 Cost., ossia l’obbligo gravante sul Presidente
del Consiglio dei Ministri di assicurare il mantenimento dell’unità di indirizzo
politico ed amministrativo, nel quadro di unità ed indivisibilità della Repubblica
di cui all’art. 5 Cost.
In concreto, tuttavia, questo “obbligo” di assicurare il mantenimento
dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo sembra atteggiarsi in modo
differente. Come è stato osservato, infatti, tale potere si esplica in una «serie
di attività talvolta precedenti alla stessa formazione della politica generale
del governo, talvolta esecutive di essa, ma da cui emerge il ruolo che la nuova
normativa intende attribuire al Presidente, configurando una sorta di pri-
mato politico sugli altri membri del governo e la possibilità di influire forte-
mente sulle scelte politiche generali»421.
Diretti interessati dalla norma sarebbero dunque i componenti del Go-
verno, essendo opinione consolidata che «le locuzioni di ‘politica generale’ e
di ‘all’unità di indirizzo politico e amministrativo’ adottate nel 1° co. dell’art.
95 della Costituzione alludono chiaramente che all’interno della compagine
governativa vi sia convergenza di visione ed uniformità di azione»422. Se dun-
que la garanzia di unità di indirizzo politico ed amministrativo espressa
421 E. CATELANI, Art. 95 Cost., in P. BIFULCO - A. CELOTTO - M. OLIVETTI (a cura di),
Commentario alla Costituzione, vol. II, Torino 2006, 1850.
422 L. ARCIDIACONO, Ordinamento e organizzazione del governo, in Atti del Convegno an-
nuale dell’A.I.C., Palermo 2001, reperibile al seguente link: https://www.associazionedeicosti-
tuzionalisti.it/old_sites/sito_AIC_2003-2010/materiali/convegni/aic200111/arcidiacono.html.
Ne conferma la portata l’art. 5, co. 2, della l. n. 400/1988 che specifica i vari poteri del Pre-
sidente del Consiglio per il mantenimento di un indirizzo politico ed amministrativo unita-
rio.
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(ISSN: 2465-2709) - n. 2/2020 231
dall’art. 95 Cost. si rivolge alla compagine governativa, nella sua fase di for-
mazione e di attività, porla anche a fondamento del potere di annullamento
straordinario di cui all’art. 138 TUEL appare invero una forzatura423.
L’analisi della disposizione di cui all’art. 138 TUEL induce a ritenere che
l’annullamento straordinario degli atti degli enti locali sia qualificabile in ter-
mini di atto sostanzialmente governativo, orientato teleologicamente alla
«tutela dell’unità dell’ordinamento», in cui le “garanzie” sono date dal coinvol-
gimento di alcune delle massime istituzioni statali (Presidente della Repub-
blica e Consiglio di Stato), ma che non prevede il coinvolgimento del livello
territoriale interessato dall’annullamento stesso.
Al fine di rinvenirne un fondamento costituzionale, è perciò apparso quasi
naturale formulare un collegamento con l’art. 120 Cost. nella parte in cui con-
figura un potere sostitutivo del Governo per la «tutela dell’unità giuridica ed
economica»424.
423 Cfr. L. SAMBUCCI, Annullamento governativo degli atti degli enti locali e sistema costi-
tuzionale delle autonomie, in www.contabilita-pubblica.it, 2012, in nota 34, secondo il quale
(con riferimento al precedente parere del Consiglio di Stato, n. 9771/2005): «[…] l’imposta-
zione della giurisprudenza citata non appare convincente anche perché tradisce una lettura
sbrigativa non solo di Corte cost. 21 aprile 1989, n. 229, ma anche dello stesso parere del
Consiglio di Stato, il quale, come visto, pur determinandosi conclusivamente nel senso della
costituzionalità dell’annullamento straordinario, si è espresso in termini almeno perplessi in
ordine alla effettiva compatibilità del disposto di cui all’art. 138 d.lgs. n. 267/2000 con l’au-
tonomia costituzionalmente riconosciuta agli enti locali».
424 Cfr. V. TAMBURRINI, I poteri sostitutivi statali, Milano 2012, 142 ss., che ne evidenzia
la differenza rispetto agli altri poteri sostitutivi, essendo quello di cui all’art. 120, co. 2, Cost.
qualificabile in termini di straordinarietà, preordinato a «realizzare la garanzia dell’unità
dell’ordinamento giuridico nazionale; che si presta ad operare tanto nel campo degli atti
amministrativi, quanto in quello degli atti normativi […]».
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Come noto, questa espressione «riprende testualmente la formula impie-
gata nella Costituzione tedesca come fondamento d’esercizio della c.d. kon-
kurrierende Gesetzgebung: ovvero della possibilità per la Federazione di legife-
rare in luogo dei Länder al ricorrere dei presupposti indicati […]»425 e tramite
questa sorta di “richiamo” potrebbe prestarsi ad attenuare la rigidità del qua-
dro costituzionale ponendo le basi per un’evoluzione simile a quella di altre
esperienze federali europee426.
In ogni caso, dal dato testuale si evince che il suddetto potere sostitutivo
deve essere esercitato attraverso procedure, definite con legge, che garanti-
scano il rispetto dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione. Il coinvol-
gimento dei livelli territoriali interessati, in questo caso, rappresenta una più
incisiva garanzia per i medesimi e si pone come elemento differenziale rispetto
all’art. 138 TUEL che tale coinvolgimento non prevede427.
425 C. MAINARDIS, Art. 120 Cost., in Commentario alla Costituzione, cit., par. 2.
426 Cfr. E. GIANFRANCESCO, Il potere sostitutivo, in T. GROPPI - M. OLIVETTI (a cura di),
La Repubblica delle autonomie, Torino 2003, 239 e Autori ivi menzionati in nota 8. L’A. os-
serva in particolare come «la nozione di “unità giuridica od economica” si presenta, invece,
strutturalmente elastica e flessibile [...] restia ad essere verificata dall’esterno, in specie dal
giudice costituzionale» traducendosi in “concetti privi di una consistenza oggettivamente
pre-definibile”».
427 A comprova della diversità strutturale dei due poteri in questioni, si v. l’art. 8 della
legge 18 ottobre 2003, n. 131 (cd. La Loggia) attuativo dell’art. 120 Cost., che al primo
comma stabilisce: «il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro compe-
tente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all’ente inte-
ressato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutil-
mente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l’organo interessato, su proposta del
Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti ne-
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Ad evidenziare la struttura sostanzialmente diversa tra l’intervento di cui
all’art. 138 TUEL ed il potere sostitutivo ex art. 120, co. 2, Cost. v’è poi chi
configura quest’ultimo potere come esercitabile esclusivamente a fronte di
una inerzia, inattività o inadempimento omissivo, mentre l’annullamento di
cui all’art. 138 sottende un’attività positiva dell’ente territoriale428, ossia
l’adozione di un atto illegittimo.
Invero, ancorare il potere di cui all’art. 138 TUEL a quello sotteso all’art.
120, co. 2, Cost. rischierebbe di tradursi in una soluzione non coerente nella
misura in cui si espande la portata di quest’ultima norma429, peraltro con una
cessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consi-
glio dei ministri partecipa il Presidente della Giunta regionale della Regione interessata al
provvedimento».
428 Cfr. V. CERULLI IRELLI, Commento all’art. 8, in AA.VV., Legge “La Loggia”. Com-
mento alla legge 5 giugno 2003, n. 131 di attuazione del titolo V della Costituzione, Rimini 2003,
179, che peraltro ritiene il potere sostitutivo di cui all’art. 120, co. 2, Cost. configurabile
anche in forma “commissiva” ma implicante «l’implicita abrogazione dell’art. 138 TUEL
(n. 267/2000) sull’annullamento straordinario degli atti degli enti locali».
429 Così L. SAMBUCCI, Annullamento governativo, cit., 31, che osserva come «le perples-
sità – rispetto alla esaminata configurazione del potere sostitutivo – aumentano con ri-
guardo a quelle impostazioni interpretative le quali ritengono che gli interventi sostitutivi
di cui all’art. 120, comma secondo, Cost., possono giungere fino anche all’annullamento
dell’atto posto in essere dall’ente sostituito. In tal caso, infatti, soprattutto quando l’eserci-
zio dovesse avvenire a «tutela dell’unità giuridica (e, quindi, rilevano esclusivamente para-
metri di ordine legalistico, peraltro evocati solo genericamente dal legislatore costituzio-
nale), sembra di poter ritenere che il potere sostitutivo cessa di essere strumento (che pre-
suppone una attività) di vigilanza (esercitabile a fronte di inerzie, di inattività, e compati-
bile con il nuovo sistema costituzionale delle autonomie) per divenire strumento di vero e
proprio controllo esterno di legittimità, che si conclude con la sanzione tipica di tale con-
trollo: l’annullamento dell’atto. In tal modo, si registrerebbe una forte incoerenza con la
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inversione logica per cui si andrebbe a ricercare il fondamento di una norma
dal contenuto potenzialmente più ampio – perché non opera solo a fronte di
una inerzia (art. 138 TUEL) – in una disposizione costituzionale dal conte-
nuto più circoscritto in quanto operante, nella preferibile ricostruzione, solo
a fronte di una inerzia (120, co. 2, Cost.).
Le criticità che pone in tal senso il rinvio all’esercizio del potere sostitu-
tivo di cui all’art. 120, co. 2, Cost. inducono perciò ad indagare ulteriormente
in ordine all’esistenza di un altro fondamento costituzionale del potere di an-
nullamento straordinario, sotteso alla formula «tutela dell’unità dell’ordina-
mento» contenuta nell’art. 138 TUEL.
A tal fine, si può vagliare in primo luogo l’art. 117 Cost., co. 2, lett. m),
con riferimento in particolare alla determinazione dei livelli essenziali delle pre-
stazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale.
In proposito, è stato rilevato che per valutare l’effettiva incidenza
dell’art. 117, co. 2, Cost. sia necessario tener conto della sua originaria formu-
lazione, ossia della circostanza che, prima della riforma del titolo V della Co-
stituzione, alle Regioni era attribuita solo una potestà legislativa concorrente
limitatamente alle materie indicate espressamente, mentre ogni altra materia
rientrava nella potestà legislativa esclusiva dello Stato e che, invece, con l’in-
tervenuta riforma, il principio di unità dell’ordinamento non avrebbe trovato
rinforzo, favorendosi piuttosto un pluralismo istituzionale paritario430.
riforma costituzionale del 2001 (come detto, rafforzativa delle autonomie ed eliminativi dei
controlli di legittimità sugli atti degli enti locali), ma anche con le disposizioni costituzionali
(di cui all’art. 120, comma secondo, Cost.) che danno definizione all’istituto del potere sosti-
tutivo».
430 In tal senso, v. L. SAMBUCCI, Annullamento governativo, cit., 18-19.
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Ciononostante, si ritiene che il principio dell’unità dell’ordinamento non
si riduca a mera formula di stile431: nell’art. 117 Cost. esso si declina come un
limite posto al legislatore, anche statale, tenuto a legiferare nel rispetto anzi-
tutto della Costituzione (co. 1) e dunque con sostanziale rinvio alle altre di-
sposizioni costituzionali ed in particolare, rispetto alla problematica in
esame, agli artt. 3 e 5 Cost432.
Parimenti può essere richiamato quanto espresso dalla Corte costituzio-
nale433 in ordine alla necessità che sia lo Stato a farsi carico delle emergenze
istituzionali, quale responsabile ultimo dell’unità ed indivisibilità della Re-
pubblica.
Dunque la necessità di garantire in modo uniforme sul territorio livelli
essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, spettante alla po-
testà legislativa statale434, consente sì l’esercizio anche di quella regolamen-
tare di cui è titolare l’organo di Governo e giustifica l’esercizio, da parte di
431 Cfr. L. ANTONINI, Art. 117, 2°, 3° e 4° comma Cost., in Commentario alla Costituzione,
cit., par. 2.2.1 e Autori in nota 35, per cui: «Il principio unitario, infatti, si esprime nell’esi-
stenza di un nucleo di “uguaglianza nei diritti” che consenta il mantenimento di una “citta-
dinanza nazionale”».
432 La Corte costituzionale aveva già considerato che il potere di annullamento straor-
dinario ha la funzione di mantenere il carattere unitario dell’ordinamento della pubblica
amministrazione ed è mezzo di autotutela della PA intesa come ordinamento unitario, non
ponendosi perciò in contrasto con l’art. 5 Cost.: v. Corte cost. 21 aprile 1989 n. 229, in Foro
it., 1989, V, 2089.
433 Cfr. Corte cost. 20-27 gennaio 2004 n. 43, benché riferita ad altro contesto, su cui v.
G. MARAZZITA, I poteri sostitutivi fra emergency clause ed assetto dinamico delle competenze, in
Le Istituzioni del Federalismo, 5/2005, 827 ss.
434 In particolare, si v. Corte cost. 19-26 giugno 2002 n. 282, in cui si è avuto modo di
precisare che «i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali non sono
una materia in senso stretto, ma una competenza del legislatore idonea a investire tutte le
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quest’ultimo, di tutti quei poteri normativi o più strettamente amministra-
tivi che concorrano a realizzare tale finalità, ma è preferibile evitare una let-
tura sovrapposta dell’art. 117 lett. m) e dell’art. 120, co. 2, Cost. 435.
Infatti considerare la lett. m) dell’art. 117 Cost. quale unico fondamento
del potere di annullamento straordinario comporterebbe un trattamento in-
distinto tra atti amministrativi di enti locali e atti amministrativi regionali,
questi ultimi però non più soggetti al potere in questione dopo la sentenza n.
229/1989 della Consulta. Inoltre rimarrebbe insuperata la configurazione in
termini di “atto di controllo” dell’esercizio del potere di annullamento straor-
dinario nei confronti di tali atti.
A partire, invece, da una valorizzazione del primato amministrativo del
Governo sembra potersi pienamente giustificare l’esercizio del potere di an-
nullamento straordinario nei confronti degli atti degli enti locali, rinvenen-
done il fondamento costituzionale nell’art. 177, co. 2, lett. p) Cost. che riserva
alla potestà legislativa esclusiva statale la materia «organi di governo e fun-
zioni fondamentali di Comuni, Provincie e Città metropolitane». La riserva
esclusiva statale in siffatto ambito fa emergere il carattere necessariamente
materie, rispetto alle quali il legislatore stesso deve poter porre le norme necessarie per assi-
curare a tutti, sull’intero territorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, come
contenuto essenziale dei diritti, senza che la legislazione regionale possa limitarle o condi-
zionarle».
435 Fermo restando che proprio a garanzia dei livelli essenziali, e per le altre finalità ivi
tassativamente indicate, può essere esercitato il potere sostitutivo del Governo ai sensi
dell’art. 120, co. 2, Cost.: cfr. F. BASSANINI, La Repubblica della sussidiarietà, Relazione
introduttiva al 52° Convegno di Studi Amministrativi di Varenna (settembre 2006), Il qua-
dro costituzionale: l’equiparazione fra Stato e istituzioni territoriali e il principio di sussidia-
rietà, in www.astrid-online.it.
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unitario delle funzioni fondamentali degli Enti locali436, tra cui anche le fun-
zioni di stampo amministrativo.
Né ciò sembra confliggere con l’attribuzione delle funzioni amministra-
tive in capo ai Comuni, ai sensi del successivo art. 118 Cost., che anzi fa
espresso riferimento alla garanzia del loro esercizio unitario quale condizione
di conferimento delle stesse ad un livello governativo superiore, nel rispetto
dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza che ne rappre-
sentano il limite sostanziale437.
Il potere governativo di annullamento straordinario andrebbe perciò
letto entro la cornice costituzionale delle norme richiamate (artt. 117, co. 2,
lett. p) e 118 Cost.), rappresentando esso stesso garanzia di unità dell’ordina-
mento amministrativo di cui il Governo rappresenta comunque il vertice.
D’altra parte, lo stesso Consiglio di Stato – sebbene in altro contesto, in
un obiter dictum – ha qualificato il potere di cui all’art. 138 TUEL quale
«chiave di volta del sistema» che consente «al Governo della Repubblica nella
sua collegialità [...] il potere di disporre l’annullamento straordinario a tutela
dell’unità dell’ordinamento degli atti amministrativi illegittimi […] e dun-
que, ove ne sussistano i presupposti, anche degli atti formalmente ammini-
strativi emessi dal Sindaco […]»438.
436 Cfr. S. MANGIAMELI, L’attuazione della riforma del Titolo V Cost. L’Amministrazione:
tra Stato, Regioni ed Enti locali, Relazione al Convegno organizzato dall’ISSiRFA-CNR su
Regionalismo in bilico tra attuazione e riforma della riforma, Roma 30 giugno 2004, par. 4.1,
in www.issirfa.cnr.it.
437 Cfr. S. MANGIAMELI, L’attuazione della riforma del Titolo V Cost., cit., par. 1. Cfr.
altresì C. NAPOLI, Le funzioni amministrative nel Titolo V della Costituzione. Contributo allo
studio dell’art. 118, primo e secondo comma, Torino 2011.
438 Cons. St., sez. III, 1° dicembre 2016, n. 5047, in www.giustizia-amministrativa.it.
Nonostante interpretazioni contrarie che ritengono tale potere venuto meno a seguito della
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4. Strumenti attuali contro gli atti amministrativi degli enti locali
Dunque l’annullamento straordinario nei confronti degli atti delle Am-
ministrazioni locali pare affiancarsi legittimamente ancora oggi agli stru-
menti di impugnazione ordinaria dei medesimi atti dinanzi al giudice ammi-
nistrativo in sede giurisdizionale, caricandosi semmai di maggior significato
per il rilievo dato, anche a livello costituzionale, al profilo unitario.
Questo aspetto – ossia il ribadire il carattere unitario dell’azione ammini-
strativa a tutti i livelli di governo – ha assunto valenza preponderante nella
vicenda in esame. Invero l’altra strada percorribile poteva essere quella
dell’impugnazione dinanzi al giudice amministrativo
Si riscontrano infatti numerose altre pronunce del g.a.439 in questa fase
emergenziale che hanno ritenuto legittime ordinanze sindacali particolar-
mente restrittive di diritti e libertà fondamentali440.
Con particolare riferimento ad ordinanze e decreti dei Sindaci, la giuri-
sprudenza li ha ritenuti legittimi e ragionevoli, pur a fronte di un contenuto
fortemente restrittivo, atto ad evitare o comunque limitare il «pericolo con-
creto e imminente di trasferimenti massivi di persone e di contagi dalle regioni
interessate dalla pandemia alle regioni del Sud». La legittimità di tali prov-
vedimenti derivava in sostanza dalla sussistenza dei presupposti di necessità
dichiarazione di incostituzionalità con sentenza Corte cost., n. 229/1989, cit.: cfr. per tutti,
L. SAMBUCCI, op. cit.
439 Tra le varie pronunce in sede cautelare su ordinanze sindacali, v. Cons. St., sez. III,
30 marzo 2020, n. 1553; Cons. St., sez. III, 17 aprile 2020 n. 2028; TAR Campania, sez. V,
17 aprile 2020 n. 783, tutte reperibili in www.giustizia-amministrativa.it.
440 Rileva tale tendenza anche A. VUOLO, Il sindacato di legittimità sulle misure di con-
trasto all’epidemia, in questa Rivista, 2/2020, 104.
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ed urgenza in materia sanitaria e dall’assenza di contrasto con le disposizioni
nazionali (e regionali), limitandosi a rendere più stringenti alcune misure
prese a livello nazionale (e regionale) con il fine di evitare il diffondersi del
contagio nel proprio ambito territoriale di competenza e dovendosi comun-
que accordare prevalenza alle misure approntate a tutela della salute pub-
blica rispetto alla compressione di alcune libertà individuali.
L’ordinanza del Sindaco di Messina, anche in tale ottica, non avrebbe di
certo superato il vaglio giurisdizionale, presentando vari vizi di legittimità –
peraltro messi in evidenza dal Consiglio di Stato nel proprio parere – ma
avrebbe potuto essere semplicemente oggetto di un’impugnazione ordina-
ria441. L’esercizio di un potere particolarmente incisivo, quale quello di an-
nullamento straordinario ex art. 138 TUEL, non può che essere interpretato
perciò come un segnale “forte” dello Stato in ordine alla sua preminenza nel
fronteggiare situazioni di particolare gravità, che possano pregiudicare esse
stesse l’unità ordinamentale.
La questione della scelta delle modalità di esercizio dei poteri statali
nei confronti degli altri livelli territoriali non sembra però profilarsi in
termini meramente “politici” bensì “costituzionali”, non autorizzando lo
441 Così come ad esempio già avvenuto rispetto all’ordinanza del 25 febbraio u.s. del
Presidente della Regione Marche che chiudeva in anticipo scuole ed università, poi impu-
gnata dal Governo e annullata dal TAR Marche (decreto del 27 febbraio) e come avvenuto
per l’ordinanza del 29 aprile u.s. del Presidente della Regione Calabria in merito ad una
gestione “in autonomia” della fase 2 di riapertura progressiva delle attività rispetto al
D.P.C.M. del 26 aprile su cui v. TAR Calabria, sez. I, 9 maggio 2020 n. 841, in www.giustizia-
amministrativa.it.
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“stato di emergenza” a derogare alla Costituzione442: ma il faro per orien-
tare l’assetto dei poteri e del loro esercizio in rapporto ai vari livelli terri-
toriali rimane pur sempre rappresentato dall’art. 5 della Costituzione443.
442 Già M. LUCIANI, op. cit., 25. V. anche G. BUFFONE, Con la competizione Stato-Regioni
a rischio la tenuta costituzionale, in Guida Al Diritto - Sole 24 ore, 19/2020, https://www.di-
ritto24.ilsole24ore.com/guidaAlDiritto/.
443 Cfr. F. BASSANINI, La Repubblica della sussidiarietà, cit., 3.