Annibale C. Raineri_ Gli Anni Trenta Prossimi Venturi

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    C Creato: 22 Ottobre 2015< Visite: 150

    (http://www.palermo-grad.com/)

    Gli anni trenta prossimi venturi

    di Annibale C. Raineri

    Su il manifestodi mercoled 30 settembre 2015 uscito un intervento di FrancoBifo Berardi che consiglio. Pur non condividendone le conclusioni, penso chelarticolo di Bifo eviti di alimentare la nebbia con cui gli intellettuali ed i politici dici che ancora si chiama sinistra coprono levidenza. Ne riprendo alcuni elementi,riscrivendoli nel mio universo concettuale, sapendo di operare delle forzature.

    1. La morte della sinistra era gi stata certificata da Luigi Pintor nel suotestamento politico (lultimo editoriale su il manifesto, Senza confini, del 17maggio 2003, che consiglio di imparare a memoria). la premessa percominciare a ragionare. Non si tratta di rinnegare una storia ricchissima digrandiose tensioni etiche, n di cancellare una ricchezza enorme di riflessioniteoriche (concetti e analisi storiche). Si tratta semplicemente di prendere atto diuna fine. Punto. (Altra cosa la lucida, ma difficilissima, analisi sul perch questafine si prodotta).

    2. La prima operazione (preliminare) che Bifo consiglia quella di una radicale pulizia linguistica. Elementare atto di verit, senza ilquale impossibile vedere il mondo, ch il vedere passa sempre per linsieme dei significanti con cui le immagini vengono

    strutturate. Prendere atto che a certe parole non corrisponde nulla preliminare al parlare di qualcosa, anzich di nulla (o meglioal parlare in modo nascosto della postazione che vogliamo continuare a garantirci nel nostro piccolo mondo). Bifo si riferisce allaparola democrazia, ma altre se ne potrebbero aggiungere.

    3. La seconda operazione, altrettanto necessaria, il riconoscimento della nostra impotenza. Anche questo un atto elementare diverit. Essa non prelude allaccettazione dello status quo, al contrario, la conditio sine qua nonper identificare lorizzonteemporale del nostro agire: solo riconoscendo questa evidenza possiamo comprendere nel profondocome si tratta di disporsi per iempi lunghissimi di una trasformazione di civilt. Chi vuole continuare a far finta di agire si accomodi pure, nel teatro immaginariodella politica.

    4. Il centro dellintervento di Bifo mi sembra che sia una previsione di fase. Cito:

    Possiamo prevedere che nei prossimi anni l Unione europea, ormai entrata in una situazione di scollamento politico, di odi incrociati, di

    predazione coloniale, finir nel peggiore dei modi: a destra. Possiamo dirlo una buona volta che la sola forza capace di abbattere la

    dittatura finanziariaeuropea la destra? Dovremmo dirlo perch quello che sta gi accadendo, e le conseguenze saranno violente,

    sanguinose, catastrofiche dal punto di vista sociale e dal punto di vista umano. Dobbiamo allora smettere i giochi gi giocati cento volte

    per metterci in ascolto dellonda che arriva. Dopo la previsione di una recessione globale e della impossibilit di una ulteriore crescita,

    conclude questa parte centrale scrivendo: La decrescita non una strategia, un progetto: essa ormai nei fatti (anche qui si tratterebbe

    anzitutto di una presa datto, A.R.), nelle cifre e negli umori. E si traduce in unaggressione sistematica contro il salario, e contro le

    condizioni di vita delle popolazioni. E si traduce in una guerra civile planetariache solo Francesco I ha avuto il coraggio di chiamare

    col suo nome: guerra mondiale (sottolineature mie, A.R.)

    Non entro nel merito dellanalisi economica presupposta da queste asserzioni. Ne sottolineo una possibile intelaiatura teorica: il

    clima che stiamo vivendo non pu non riportarci alla mente lEuropa degli anni trenta, anticipati in Italia: la crisi del capitalismoiberale, combinata con la sconfitta dei tentativi rivoluzionari, determina lavvento dei regimi totalitari e la tendenza alla guerramondiale. Come non sentirsi in un clima analogo? Ma la natura di quei regimi, cio la naturadella risposta che le societ hannodato in quegli anni alla impossibilit del capitalismo di governare la societ, non pu essere iscritta in una variante del modo diproduzione capitalistico[1] (http://www.palermo-grad.com/gli-anni-trenta-prossimi-venturi.html#_ftn1), non un caso che lasottomissione del mondo della finanza stato ed rimasto uno degli obbiettivi che i movimenti fascisti e nazisti si sono dati nella

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    5. Lulteriore cosa da fare, scrive Berardi Bifo, immaginare. Immaginare una via duscita dallinferno partendo dal punto centralesu cui linferno poggia: la superstizione che si chiama crescita, la superstizione che si chiama lavoro salariato. Sottolineo anzituttoimportanza dellimmaginazione se, come credo anchio, non sono praticabili (ormai?) le vie fin qui seguite (non lo sono sia per ilivello globale imposto dalla vittoria conseguita dal capitale sia per il possibile intreccio fra la forma capitalistica delle relazionisociali ed il dispotismo statuale tendenzialmente totalitario a partire dal novecento). Immaginare, a partire dal liberarsi delle duesuperstizioni. Ma anzitutto provando a interrogarsi su queste superstizioni, ricostruendone la genealogia nella torsione che la

    civilt borghese (cio la impronta data ad essa dalla dinamica del soggetto-capitale) ha imposto alla modernit nata nelRinascimento. Non mi soffermo sulla tendenza allo sviluppo senza-misura (privo-di-misura la definizione che Marx d delcapitale nel cap.4 del suo Capitale), n sulla medesima origine del fatto che il lavoro si dia unicamente nella forma del lavorosalariato[2] (http://www.palermo-grad.com/gli-anni-trenta-prossimi-venturi.html#_ftn2). I limiti fisici dello sviluppo (ma c in questodiscorso sulla crescita una sovrapposizione fra valore duso e valore) e laumento della produttivit su base tecnologica, fanno

    pensare a Bifo che la sinistra, seguendo la prospettiva borghese, dico io, dei governi ha finito per cacciare i lavoratori in un vicolocieco, invece che proporre lunica cosa possibile: la riduzione drastica e generalizzata del tempo di lavoro. Condivido la criticaalla politica della sinistra del tutto subalterna alluniverso culturale borghese, e condivido la tesi che lo sviluppo tecnologico cosstraordinario rende sempre meno sensato considerare il lavoro come fonte del valore, rendendo sempre meno sensato ilmantenimento universale della forma salariata del lavoro (cio il suo essere erogato solo allinterno del sistema di scambiomercantile), ma domando: questo fatto implica per ci stesso la riduzione massiccia del lavoro come tale, o piuttosto non pumplicare la necessit, per tutta una epoca, di una sua erogazione in altra forma (naturalmente combinata con quella capitalistica, eanche con quella statuale)? Il discorso di Bifo non guarda unicamente alle aree sviluppate delle ricche metropoli? che spazio vioccupa la Terra ed il lavoro ad essa connesso? Anzitutto per la maggior parte delle aree del pianeta e delle sue popolazioni, maanche per tantissime aree del nostro mondo ricco.

    6. E intanto cosa fare? Stare a guardare visto che nulla possiamo fare. Guardare cosa? La catastrofe che ormai in corso e chenessuno pu fermare () Sono processi scritti nella materiale composizione del presente, e nel rapporto di forza tra le classi. Manaturalmente non si pu stare a guardare, perch si tratta anche di sopravvivere. Ecco un progetto straordinariamentemportante: sopravvivere collettivamente, sobriamente, ai margini, in attesa Tralascio lidea che si possa fare del sapere la levadel cambiamento e sottolineo limportanza della centralit del sopravvivere. Anzitutto sopravvivere. Anzitutto vivere. Ecco il punto:sopravvivere anche col lavoro (della terra) provando a riconnetterlo a forme di vita, e quindi separandolo dalla schiavit dellamerce (separare lavoro e salario), ma pur sempre lavoro, e non ozio, contemplazione (cose necessarie anchesse), integrare, dareun senso al vivere lavorando e al lavorare vivendo. Costruire cio comunit come nuove forme di vita, che condividono possesso dibeni e lavoro comune, tempi ordinari e tempi della festa. Ci sono tantissime esperienze nel mondo che crescono in questadirezione, piccole e grandi. Rinascono, qualcosa in movimento. Non si tratta di modelli, n credo che la trasformazione socialepu avvenire per contagio (ci vorr una rivoluzione per rompere certi poteri, credo, ma quando??). Sono per i segnidi un altro

    modo di vivere, la testimonianza che oltre la catastrofe c dellAltro nella vita e nel mondo. Solo questa testimonianza, la presenzadi questi segni pu far nascere la speranza e allentare il senso di impotenza che paralizza i cuori migliori. Generare una nuovacultura, un universo di senso. Poi si vedr.

    Solo per questa via pu riformarsi una capacit di vivere il noi, il legame comune. Far crescere nella vita reale il sentimento disolidariet, ecco cosa soltanto pu sciogliere lidentificazione a massasu cui si regge ogni dispotismo totalitario (razzista,neo-fascista, genericamente di destra, demo-autoritario, fondamentalista, ma anche neo-stalinista, variamente populista di destra odi sinistra)[3] (http://www.palermo-grad.com/gli-anni-trenta-prossimi-venturi.html#_ftn3).

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    Note

    1] (http://www.palermo-grad.com/gli-anni-trenta-prossimi-venturi.html#_ftnref1) va presa estremamente sul serio lorigine socialista del fascismo

    taliano e il nome di nazionalsocialismo. Il tema quello del modo di produzione statuale, confrontandosi con le sue teorizzazioni in Henri Lefebvre,

    Mario Mineo, Luigi Cavallaro. Nellanalisi storica, inoltre, occorre saper distinguere il piano sociologico delle dinamiche delle classi dal piano strutturale.

    2] (http://www.palermo-grad.com/gli-anni-trenta-prossimi-venturi.html#_ftnref2) sulla natura borghese della ideologia lavorista rimando alla marxiana

    Critica al programma di Gothae alla lettura che ne fa Walter Benjamin nella tesi n.11 delle sue Tesi di filosofia della storia

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    3] (http://www.palermo-grad.com/gli-anni-trenta-prossimi-venturi.html#_ftnref3) Su solidariet e massa dei regimi fascisti sono illuminanti le pagine di

    Walter Benjamin in Lopera darte nellepoca della sua riproducibilit tecnica, in particolare il cap. XII della seconda versione tedesca e la nota 17

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