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SENECA

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SENECA

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ANNEO SERENO

(amico di Seneca che sotto Nerone fu prefetto

dei vigili)

Dedicato ad

Scritto intorno al 55-56 a.C.

Protagonista Sapiens

DE CONSTANTIA

SAPIENTIS

Dottrina stoicaPrincìpi

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La costanza

È la perseveranza del saggio nei propri giudizi e

intenti nonché la coerenza tra pensiero e

azione, sia l'immutevolezza della

virtù nel corso del tempo, che deve rimanere salda

e irremovibile davanti alle difficoltà che la sorte

presenta.

L'imperturbabilità

E’ quella proprietà del saggio di rimanere indifferente di fronte all‘ iniuria e alla contumelia.

Deve possedere

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La contumelia

• Più un oltraggio che un’offesa. Consiste nell'assumere un

comportamento che porta disagio a un altro, il quale si sente

disprezzato. Ma il saggio è quanto di più simile ci sia a un Dio, se

non fosse per la sua mortalità, e non può certo essere disprezzato

da un essere inferiore.

L’ iniuria

• Vale a dire l'offesa, che ha come intenzione l'arrecare un danno a qualcuno ma non al saggio: non può subire alcun male, poiché dove c'è virtù non c'è male, e

quindi l'offesa, pur raggiungendolo, non lo

danneggia.

Il saggio non è quindi inarrivabile, ma invincibile.

Il «sapiens» dunque, proprio perché imperturbabile,

non può subire né offesa né contumelia.

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L’inespugnabilità del saggio dinnanzi l’attacco degli uomini, diventa un modello per coloro che vogliono

intraprendere la via della virtus

Il saggio, infine, poiché ha riposti tutti i suoi beni in sé e non ha lasciato nulla affidato alla fortuna, non può da essa essere danneggiato.

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L’esemplificazione si fonda sull’attenta osservazione della vita umana nella sua quotidianità e sui comportamenti di personaggi

illustri come:

PUNTO DI RIFERIMENTO

COSTANTE

ESEMPIO DINEGATIVITA’

ESEMPIO DITOLLERANZA

CALIGOLA

SOCRATE

CATONE L'UTICENSE

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De brevitate

vitae

PaolinoDESTINATARIO

DATAZIONE 49 o 62 a.C?

Tematica Brevità della vita

- il tempo

STRUTTURA XX Capitoli

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Dopo otto anni di esilio in Corsica, Seneca rientra a Roma grazie ad Agrippina, seconda moglie di Claudio che gli chiede di educare il figlio

Nerone.

Seneca non vede l’ora di tornare alla vita attiva, ma

nello stesso tempo le meditazioni fatte durante

l’esilio, e la voglia di riprendere la scrittura di

filosofia, gli danno spunto per comporre il «De brevitate

vitae»

Da una parte vede ogni giorno la vita frenetica di Roma, dall’altra ha ancora vivo il ricordo della meditazione sulla vita.

Per questo si è posto alcune domande sul tempo alle quali prova a rispondere nella sua opera:

• Che cosa è il tempo?• Il tempo coincide con la vita dell’uomo?

• E la vita, è quella dedicata all’attività frenetica o alla meditazione?

Perché?

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« Exigua pars est vitae, qua vivimus. Ceterum quidem omne spatium non vita, sed tempus est  »

« Il tratto di vita in cui viviamo è minimo. Infatti tutto lo spazio rimanente non è vita, ma tempo  »

Contenuto

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La vita dunque non è breve, ma siamo noi a renderla tale essendone prodighi.

L’uomo sbaglia a rimandare il tempo del riposo e meditazione per dedicarsi a occupazioni futili e

addirittura nocive.

L’uomo agisce e programma la propria vita come se avesse la certezza di vivere a lungo o, addirittura per sempre mentre la cosa più

difficile è saper vivere.

Il tempo dovrebbe appartenerci interamente ma quotidianamente ogni cosa e ciascuno ce lo ruba:

nessuno è disposto a dare le proprie ricchezze, ma tutti non ci curiamo di regalare tempo della nostra vita agli altri dando libero

accesso a tutti come fossero padroni o ladri.

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Solo il saggio conosce il vero otium (tempo libero) utile e proficuo, diverso da quello degli sfaccendati. L’otium si contrappone al negotium che invece

riguarda coloro che si dedicano alla vita pubblica. Gli occupati non hanno tempo libero, e se ce l’anno sono «occupati del non far niente»

La vita degli occupati è breve, quella del saggio, che sa misurare la sua vita in base dell’attività spirituale, è lunga abbastanza.

Seneca esorta Paolino a lasciare la vita pubblica che non si addice alla dignità dell’uomo per dedicarsi alla vita spirituale e alla

filosofia

Ognuno pretende la sua parte, le ricchezze, gli incarichi, persino la malattia rivendica per sé la sua parte, ma nessuno rivendica se stesso per sé.

L’otium

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«La vita si divide in tre tempi: quello che è stato, quello che è, quello che dovrà essere. Di essi quello che stiamo vivendo è breve, quello che

dovremo vivere è incerto, quello che abbiamo vissuto è sicuro»

Il tempo fluisce perennemente, e per noi uomini è costituito da passato presente e futuro:

Il presente non ci appartiene (fugge via), e bisogna pertanto viverlo nella maniera intensa possibile per poterne divenire padroni;

Il futuro è avvolto dal dubbio e

dall’incertezza, quindi non si

deve confidare in esso

Il passato è invece l’unico tempo che ci

appartiene, perché è l’unico tempo certo: è

necessario allora conquistare tutta la

sapienza del passato per metterci in contatto

con i grandi che ci hanno preceduto.

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All’uomo «occupato» riguarda solo il presente, esso è breve tanto che non lo si può afferrare ed è sottratto agli stessi occupati senza rendersene conto a causa

degli impegni.

Il saggio è dunque al di sopra del tempo, vive in una condizione di «non-tempo» in quanto condensa in sé tutte e tre le scansioni del tempo

«transit tempus aliquot: hoc recordatione comprendit»

Il saggio e il tempo Un determinato tempo è passato: ebbene, egli lo tiene ben stretto

a sé con il ricordo

Un altro tempo gli sta innanzi: di esso ne usa«instat: hoc utitur»

Un altro tempo gli verrà incontro: ecco che egli lo anticiperà «venturum est: hoc praecipit»

Il Saggio raccoglie insieme tutti i diversi tempi, il chè gli rende lunga la vita

«longam illi vitam facit omnium temporum in unum conlatio»

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Classe III A

A.S. 2012-2013

Prof. Rosario Scalia

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I 20 capitoli in cui si suddivide l’opera sono:

II- III: occupazioni e passioni, cause del poco tempo

IV-V-VI: es. di affaccendati illustri come Cicerone, Augusto…

VII: impegni che tolgono il respiro

VIII-IX: ignoto valore del tempo, vivere oggi e non rimandare tutto al domani

I: vita non breve per natura, ma per cattivo uso umano

CONTINUA

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• X-XI: i 3 tempi della vita. Indaffarati desiderano più vita. Saggio pronto a morire.

• XII-XIII: descrizione degli occupati, differenza veri e finti oziosi. Erudizione perdita di tempo se fine a se stessa

• XIV-XV-XVI-XVII: dedicarsi alla sapienza porta all’ozio vero e i saggi insegnano l’immortalità , gli affaccendati trascurano Passato e Presente e si preoccupano del Futuro

• XVIII-XIX: Seneca esorta Paolino per lasciare vita pubblica e dedicarsi alla vita contemplativa

• XX: indaffarati muoiono senza aver vissuto come Turannio

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La datazione del «de brevitate vitae» è stato per gli studiosi motivo di ipotesi svariate e fra le molte avanzate due sono da considerarsi

maggiormente:1- L’opera fu composta nel 49 a.C. nell’anno del ritorno a Roma di

Seneca dall’esilio 2-Fu scritta nel 62 a.C. quando Seneca si ritirò a vita privata.

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Il destinatari

oMaior pars mortalium, Pauline, de naturae malignitate

conqueritur ‘’ La maggior parte dei mortali, O Paolino si lamenta

dell’avarizia della natura’’

Paolino non è facilmente identificabile , ma per certezza deve trattarsi di una persona stretta per Seneca poiché, i dedicatari di queste opere, sono figure di stretto rapporto

con l’autore come Pompeo Paolino, padre di Paolina moglie di Seneca, sposati nel 49, anno possibile della

composizione.

Si tratta di una persona prestigiosa, poiché appartenente alla famiglia borghese di Arles.

P. Paolino ricopre la carica di prefetto dell’annona tra il 48 e il 45. Pur essendo di cultura elevata, non è uno stoico anche se da giovane si dedicò alla retorica e filosofia.