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Annegamento. Soccorso tecnico e sanitario

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Elvia Battaglia • Alessio Baghin

AnnegamentoSoccorso tecnico e sanitario

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Elvia Battaglia

U.O.C. PneumologiaA.O. San Carlo BorromeoMilano

Alessio Baghin

U.O.S. Pronto SoccorsoA.O. San Carlo BorromeoMilano

ISBN 978-88-470-1381-0 e-ISBN 978-88-470-1382-7

DOI 10.1007/978-88-470-1382-7

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Si ringrazia la Federazione Italiana Nuoto per il patrocinio concesso al volume

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A Paolo, con amore infinitoElvia

Ai miei genitori, Silvano e GiulianaAlessio

A Rossella e Davide, con gratitudine e affettoAngelo

Alle più belle rose del mio giardino… Gaia, Sara e MariaAntonio

A chi mi è stato vicino:“Ducunt volentem fata, nolentem trahunt” (Seneca)

Marco

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Presentazione

a cura di Paolo Barelli

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La sicurezza è un tema che sta molto a cuore a chi, come noi, vive quotidianamente gliambienti acquatici. La Federazione Italiana Nuoto è da sempre impegnata nella diffusionedella cultura dell’acqua, nella prevenzione degli incidenti e nella salvaguardia della vitaumana e, attraverso la sua Sezione Salvamento, promuove e organizza ogni anno una serie diiniziative e attività - tra cui i corsi di formazione e di aggiornamento degli Assistenti Bagnantie Maestri di Salvamento - atte a migliorare la qualità dei servizi a tutela degli utenti.

Per pianificare e concretizzare progetti garanti della vita, la FIN si avvale di partner -ship istituzionali dalle eccellenti professionalità come Comuni, Province e Regioni, ForzeArmate, Guardia Costiera, Croce Rossa Italiana, Protezione Civile e Vigili del Fuoco.

Il connubio FIN-Salvamento fonda le sue radici nel 1899. L’allora Società Italiana diSalvamento (SIS), nelle sue sezioni di Ascoli, Palermo, Napoli, Torino, Milano, Roma,Viareggio, Castellamare di Stabia, Bari e Pizzo Calabro, aveva intrapreso una serie di atti-vità educative basate sull'insegnamento dei movimenti di nuoto, di corsi di salvamento edi pronto soccorso per asfittici, che furono ben presto oggetto delle attenzioni dellaFederazione Italiana Rari Nantes che, nel 1930, istituì l’obbligo di brevetto per gli allievi.Il lavoro congiunto tra le due associazioni portò nel 1936 al definitivo congiungimento: laSIS confluì nella FIN, formandone la Sezione Salvamento.

Da questa sinergia sono scaturiti nel tempo risultati eccellenti (anche se il nostro obiet-tivo rimane quello di abbattere la percentuale dei decessi) soprattutto sul piano sociale alpunto che, nel 1960, le autorità di governo italiane, a conclusione di un lungo e pondera-to percorso decisionale, hanno riconosciuto il brevetto di Assistente Bagnanti marino dellaFIN Sezione Salvamento quale titolo valido a disimpegnare l'attività di salvataggio nel-l'ambito degli stabilimenti balneari, piscine aperte al pubblico e impianti natatori.

L'attività di salvamento in Italia, in sintonia con una costante ricerca di alta e specifi-ca professionalità in linea con le mutate realtà sociali del Paese sempre più finalizzate allatutela dell'ambiente e alle attività della Protezione Civile, si è ulteriormente attivata conprogetti specifici e programmi di pubblica utilità.

L’enorme impegno di risorse e la collaborazione delle nostre società e dei nostri tes-serati ha condotto alla realizzazione di Centri Federali di Alta Specializzazione per il soc-corso e la sopravvivenza lacuale, per il soccorso e la sopravvivenza in mare, per il soccor-

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Presentazioneviii

so e la sopravvivenza fluviale e alluvioni, per l'assistenza elisoccorso. I risultati ottenutidall'Italia, nel campo della sicurezza della vita in acqua, sono oggi un esempio positivo eun modello da seguire per le altre associazioni mondiali che operano nel salvamento.

In questo contesto il manuale Annegamento. Soccorso tecnico e sanitario a cura diElvia Battaglia e Alessio Baghin risulta uno strumento utile per chi opera tutti i giorni inquesto settore e per coloro i quali vi si avvicinano per la prima volta: è un testo scientifi-co che, sono sicuro, riscuoterà grande interesse e attenzione nel mondo del nuoto per sal-vamento e dello sport in generale; un’iniziativa lodevole e particolarmente apprezzatadalla Federazione Italiana Nuoto.

Roma, giugno 2009 Sen. Paolo BarelliPresidente Federazione Italiana Nuoto

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Presentazione

a cura di Giovanni Sesana

È con vero piacere che presento il volume Annegamento. Soccorso tecnico e sanitario acura di Elvia Battaglia e Alessio Baghin.

Prima di tutto per la cura con cui gli Autori hanno affrontato i vari temi correlati agliincidenti in acqua, rendendo il testo di grande interesse anche per i lettori già esperti nel-l’argomento, poi per il peso del tema trattato sia in termini di numerosità assoluta sia intermini di fascia di popolazione coinvolta. Un solo dato: in Italia si stimano circa 400decessi per anno correlati agli incidenti in acqua, che interessano per la stragrande mag-gioranza la fascia più giovane (e più sana) della popolazione. Infine, per la straordinariaimportanza “sanitaria” legata alla correttezza delle azioni che devono essere eseguite nelleprimissime fasi degli incidenti in acqua.

In tutti i Sistemi di Soccorso si sta vivendo in questi anni una duplice logica di svilup-po. Se da una parte stiamo diventando sempre più capaci di portare al di fuori delle muraospedaliere tecniche e terapie fino a pochi anni fa di competenza ultraspecialistica (bastipensare alle terapie dell’infarto miocardico acuto o allo sviluppo che l’ecografia pre-ospe-daliera avrà nel prossimo futuro, correlata anche alla possibilità di trasmettere immaginiin tempo reale dal luogo dell’incidente), dall’altra capiamo sempre con maggior chiarez-za l’importanza delle azioni che devono essere condotte negli immediati minuti cheseguono l’incidente.

Sicuramente in tutte quelle situazioni legate all’arresto cardiocircolatorio o al “peri-arresto” (esempio tipico è proprio l’annegamento) la sopravvivenza del paziente – cosìcome lo sviluppo di lesioni legate alla successiva presenza di danni permanenti – è lega-ta a ciò che è in grado di fare la popolazione che assiste all’evento. Per ogni Sistema diSoccorso poter contare su soggetti che sono capaci di mantenere il paziente nelle miglio-ri condizioni possibili (massaggio cardiaco esterno, respirazione artificiale, defibrillazio-ne...) in questi vitali minuti che separano l’evento dal momento di arrivo del personale isti-tuzionalmente incaricato a trattare le emergenze sanitarie, è probabilmente l’aspetto “cli-nico” più importante.

Auguro pertanto il giusto successo a questa pubblicazione, certo che l’aumento di cul-tura nel campo della prevenzione, della comprensione e della corretta esecuzione dellemanovre di soccorso siano i cardini più importanti attraverso i quali ottenere, in futuro,

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x Presentazione

una importante diminuzione sia del numero che della gravità degli incidenti, in modo dalasciare alle attività ricreative e sportive legate al nuoto solo gli aspetti positivi.

Milano, giugno 2009 Dott. Giovanni SesanaDirettore Articolazione Aziendale Territoriale 118 Milano

Azienda Regionale Emergenza UrgenzaRegione Lombardia

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Indice

Elenco degli Autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . xvii

Acronimi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . xix

Introduzione: il nuoto nella storia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1

1 Annegamento: dimensioni del problema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.1 Definizione e classificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 51.2 Dimensioni del problema . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6

2 La prevenzione dell’annegamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 92.1 Ruolo del personale di soccorso specializzato e di base . . . . . . . . . . 112.2 Sicurezza in acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12

3 Anatomia e fisiologia dell’apparato cardio-respiratorio . . . . . . . . . . . . . . . . 173.1 Sistema di conduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.1.1 Nodo seno-atriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 203.1.2 Tratto interatriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213.1.3 Nodo atrio-ventricolare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 213.1.4 Proprietà funzionali del tessuto cardiaco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223.2 Dinamica cardiaca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223.2.1 Il ciclo cardiaco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 223.2.2 Gittata cardiaca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233.3 Sistema vascolare (arterie, vene, capillari) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 243.3.1 Legge di Poiseuille . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 253.3.2 Equazione di continuità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 263.3.3 Forme di energia meccanica (teorema di Bernoulli) . . . . . . . . . . . . . 263.3.4 Viscosità e moto laminare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273.4 La pressione arteriosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 273.4.1 Regolazione nervosa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 293.4.2 Regolazione endocrina e renale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29

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3.4.3 Regolazione locale del flusso di sangue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 303.4.4 Circolazione capillare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 303.4.5 Ritorno venoso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 313.5 Cenni di elettrocardiografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323.6 Polsi arteriosi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343.7 Apparato respiratorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 343.7.1 Elasticità toraco-polmonare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 363.7.2 Tensioattivo alveolare: composizione e funzioni . . . . . . . . . . . . . . . 373.7.3 Movimenti della gabbia toracica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 383.7.4 Resistenze al flusso nelle vie aeree . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 383.7.5 Pressioni e gradienti pressori nell’albero respiratorio . . . . . . . . . . . . 393.7.5.1 Il ciclo respiratorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 393.7.6 Diffusione dei gas respiratori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 403.7.7 Trasporto dei gas nel sangue . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 413.7.8 La circolazione polmonare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 423.7.9 Rapporto ventilazione polmonare/perfusione . . . . . . . . . . . . . . . . . . 433.7.10 Regolazione della respirazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 443.7.10.1 Chemocettori periferici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 453.7.10.2 Chemocettori centrali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 463.7.11 Tono bronco motore e suoi meccanismi di regolazione . . . . . . . . . . 463.7.11.1 Sistema colinergico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 463.7.11.2 Sistema adrenergico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 473.8 Alterazioni del respiro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 473.9 Misurazione della frequenza respiratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 483.10 Tracheotomia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 483.11 Equilibrio acido-base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 483.11.1 Regolazione renale dell’equilibrio acido-base . . . . . . . . . . . . . . . . . . 513.12 Alterazioni dell’equilibrio acido-base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 523.12.1 Acidosi respiratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 543.12.2 Acidosi metabolica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 553.12.3 Alcalosi respiratoria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 553.12.4 Alcalosi metabolica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 553.13 Emogasanalisi arteriosa (EGA) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 563.14 Pulsossimetria periferica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57

4 Fisiopatologia dell’annegamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 594.1 Annegamento in acqua dolce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 614.2 Annegamento in acqua di mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 624.3 Annegamento in acqua contaminata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63

5 L’incidente da annegamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 655.1 Cenni di meteorologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 655.1.1 L’atmosfea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 665.1.1.1 Troposfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 665.1.1.2 Stratosfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67

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5.1.1.3 Mesosfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 675.1.1.4 Termosfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 675.1.1.5 Esosfera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 675.1.2 La pressione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 685.1.3 La temperatura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 685.1.4 Il vento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 695.1.4.1 Rappresentazione dei venti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 715.1.5 La brezza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 715.1.6 Nuvole e nebbie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 725.2 Ambiente acquatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 735.2.1 La piscina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 745.2.2 Il lago . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 745.2.3 Il fiume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 755.2.4 Il mare . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 805.3 Il meccanismo dell’annegamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86

6 Eventi e alterazioni organiche associati/secondari all’annegamento . . . . . . 876.1 Eventi legati alla fauna marina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 876.2 Ipossia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 886.3 Ipotermia in acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 896.3.1 Monitoraggio della temperatura corporea . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 906.4 Trattamento del paziente ipotermico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 926.4.1 Fase preospedaliera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 926.4.2 Fase ospedaliera . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 926.5 Alterazioni del compenso glico-metabolico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 946.6 Spasmo laringeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 956.7 Sincopi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 966.7.1 Sincope ipossica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 966.7.2 Sincope riflessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 966.8 Idrocuzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 966.9 Crisi epilettiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 976.10 Edema cerebrale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 976.11 Alterazioni dell’equilibrio acido-base . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 986.12 Arresto cardiocircolatorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 99

7 Preparazione atletica del soccorritore acquatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1017.1 Mobilità articolare e stretching . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1057.2 Capacità coordinative . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1067.3 Capacità condizionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1077.3.1 Velocità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1077.3.2 Forza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1087.3.3 Resistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1097.3.3.1 Sistema aerobico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1097.3.3.2 Sistema anaerobico lattacido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1107.3.3.3 Sistema anaerobico alattacido . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111

xiiiIndice

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7.4 Metodologia e programmazione dell’allenamento . . . . . . . . . . . . . . 1147.4.1 Ciclo di allenamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 116

8 Il soccorso acquatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1198.1 Dispositivi e mezzi di soccorso e dispositivi di protezione

individuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1238.1.1 Dispositivi per l’avvistamento e per la comunicazione . . . . . . . . . . . 1238.1.2 Mezzi e dispositivi di soccorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1248.1.3 Dispositivi di protezione individuale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1288.2 Addestramento al nuoto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1308.2.1 Crawl . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1308.2.2 Dorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1328.2.3 Rana . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1338.2.4 Delfino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1358.2.5 Tudgeon . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1378.2.6 Side stroke . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1378.2.7 Over . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1388.2.8 Nuoto subacqueo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1398.2.9 Nuoto in fiume . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1398.3 Tecniche di soccorso acquatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1418.3.1 Avvistamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1428.3.2 Entrata in acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1438.3.3 Avvicinamento e sostentamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1468.3.4 Recupero di una vittima . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1498.3.5 Prese di liberazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1508.3.6 Trasporti di soccorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1568.3.7 Uscite dall’acqua e trasporti verso terra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1618.4 Soccorso a vittima annegata-traumatizzata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1628.4.1 Tecnica di prono supinazione dal torace . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1638.4.2 Tecnica di prono supinazione dalle braccia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1638.4.3 Tecnica di trasporto manuale senza presidi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1648.4.4 Tecnica di trasporto su tavola spinale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165

9 Il soccorso sanitario nell’ambito dell’incidente da annegamento . . . . . . . . 1679.1 Soccorso e trattamento extra ospedaliero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1699.1.1 Avvistamento e recupero della vittima dall’acqua . . . . . . . . . . . . . . 1699.1.2 Primo soccorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1699.1.3 Catena della sopravvivenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1699.1.4 Chiamata dei soccorsi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1709.1.5 Supporto delle funzioni vitali di base e defibrillazione precoce . . . . 1749.2 BLS nell’adulto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1759.2.1 Azioni preliminari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1759.3 La defibrillazione automatica e semiautomatica esterna (DAE)

e la defibrillazione precoce (DP) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1809.4 BLS pediatrico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 184

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9.5 BLS in acqua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1879.6 Supporto delle funzioni vitali avanzate nell’adulto . . . . . . . . . . . . . . 1899.6.1 Ritmi di presentazione defibrillabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1929.6.2 Ritmi di presentazione non defibrillabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1939.6.2.1 PEA (Pulseless Electrical Activity) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1939.7 Supporto delle funzioni vitali avanzate nel lattante

e nel bambino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1979.8 Tecniche di MCE e valutazione dei ritmi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1989.9 Approccio extra ospedaliero del paziente traumatizzato annegato . . 2009.9.1 Traumi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2039.9.2 Dispositivi sanitari utilizzati nel soccorso extra ospedaliero . . . . . . 2089.9.2.1 Dispositivi di immobilizzazione parziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2089.9.2.2 Dispositivi di immobilizzazione totale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2109.9.2.3 Dispositivi per la gestione delle vie aeree . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2119.9.3 Materiale per ventilazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 215

10 Link territorio-ospedale: cenni sul trattamento ospedaliero . . . . . . . . . . . . 21710.1 Ingresso del paziente in pronto soccorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21810.2 Trasferimento del paziente in terapia intensiva . . . . . . . . . . . . . . . . . 21810.2.1 Quadro neurologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21810.2.2 Apparato respiratorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21910.2.2.1 Inalazione di acqua salata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22010.2.2.2 Inalazione di acqua dolce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22310.2.2.3 Inalazione di acqua inquinata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22410.2.3 Apparato cardiocircolatorio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22410.2.4 Apparato renale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22510.2.5 Controlli ematochimici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22610.3 Terapia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22610.4 Possibili complicanze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22710.5 Protocollo d’intervento in un dipartimento di emergenza . . . . . . . . . 22710.5.1 Chiamata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22710.5.2 Controllo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22810.5.3 Trattamento in codice giallo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22810.5.4 Trattamento in codice rosso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22910.5.5 Esito finale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 229

11 Aspetti medico-legali del soccorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23111.1 Concetto di responsabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23211.2 Primo soccorso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23311.2.1 I tempi della rianimazione cardiopolmonare (RCP):

quando interromperla . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23311.2.2 L’utilizzo dei defibrillatori semiautomatici in ambito

extraospedaliero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23411.3 Il codice penale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 234

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Fonti delle immagini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239

Letture consigliate . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 241

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Elenco degli Autori

Alessio Baghin

U.O.S. Pronto SoccorsoA.O. San Carlo BorromeoMilano

Elvia Battaglia

U.O.C. PneumologiaA.O. San Carlo BorromeoMilano

Antonio Busacca

U.O.S. Pronto SoccorsoA.O. San Carlo BorromeoMilano

Angelo Colombo

U.O.C. Medicina RiabilitativaA.O. San Carlo BorromeoMilano

Marco Torricella

U.O.C. Anestesia e RianimazioneA.O. San Carlo BorromeoMilano

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Acronimi

A Airway: apertura delle vie aereeACC Arresto Cardio-CircolatorioACE Angiotensin Converting EnzymeACLS Advanced Cardiac Life SupportADH Anti Diuretic HormoneADP AdenosinDiFosfatoAR Arresto RespiratorioARDS Acute Respiratory Distress SindromeASL Azienda Sanitaria LocaleATLS Advanced Trauma Life SupportATP AdenosinTriFosfatoAV Sistema Atrio-VentricolareB Brathing: respirazione artificialeBAL Bronchoalveolar lavageBLS Basic Life SupportBLS-D Basic Life Support and DefibrillationC Circulation: compressioni toracice esterneCa2+ Ione CalcioCdP Capitaneria di PortoCE Corpo EstraneoCO Centrale OperativaCO2 Anidride carbonicaCONI Comitato Olimpico Nazionale ItalianoCP FosfoCreatinaCPAP Continuous Positive Airways PressureCPPV Continuous Positive Pressure VentilationCVC Central Venous CatheterDAE Defibrillatore Automatico EsternoDDS Dispositivi di SalvataggioDEM Dissociazione Elettro-MeccanicaDIC/CID Disseminated Intravascular CoagulationDP Defibrillazione PrecoceDPI Dispositivi Protezione IndividualeECG ElettrocardiogrammaEEG Elettroencefalogramma

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xx Acronimi

EGA Emogasanalisi ArteriosaEPA Edema Polmonare AcutoERC European Resuscitation CouncilF ForzaFC Frequenza CardiacaFIN Federazione Italiana NuotoFINA Federazione Internazionale Nuoto AmatorialeFiO2 Fraction of Inspired OxigenFIRN Federazione Italiana Rari NantesFIS Federazione Internazionale SalvataggioFR Frequenza RespiratoriaFV Fibrillazione VentricolareGAS Guardo Ascolto SentoGCS Glasgow Coma ScaleGRD Gruppo Respiratorio DorsaleGRV Gruppo Respiratorio VentraleGS Gittata SistolicaH+ Ione IdrogenoH2CO3 Acido CarbonicoHCO3

- Ione BicarbonatoK+ Ione PotassioICP Intracranic PressureILCOR International Liasion Committee on ResuscitationILS International Life SavingILSE International Life Saving EuropeIMA Infarto Miocardico AcutoIRC Italian Resuscitation CouncilLEN Lega Europea NuotoMCE Massaggio Cardiaco EsternoMOF Multi Organ FaillureMSA Mezzo di Soccorso AvanzatoMSB Mezzo di Soccorso Basemt MetriNaCl Cloruro di sodioNaHCO3 Bicarbonato di sodioNAV Nodo atrio-ventricolareNIMBIS Nuotatori Italiani Massime Basi Imprese SportiveNO Ossido nitricoNSA Nodo seno-atrialeO2 OssigenoPaCO2 Pressione arteriosa di anidride carbonicaPaIv Pressione intralveolarePaO2 Pressione arteriosa di ossigenoPCO2 Pressione parziale di anidride carbonicaPdC Perdita di ConoscenzaPEA Pulseless Electrical ActivityPEEP Positive End Espiratory PressurePEG Percutaneous Endoscopic GastrostomyPHTLS Pre Hospital Trauma Life SupportPLS Posizione Laterale di SicurezzaPO2 Pressione parziale di ossigeno PSV Pressure Support Ventilation

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Acronimi xxi

PVC Pressione Venosa CentraleR ResistenzaRA Respirazione ArtificialeRaw Resistenza delle vie aereeRCP Rianimazione CardiopolmonareSA Soccorritore AcquaticoSAV Sistema atrio-ventricolareSIMV Synchronized Intermittent Mandatory VentilationSIS Società Italiana SalvamentoSNC Sistema Nervoso CentraleSNG Sondino Naso GastricoSNS Società Nazionale SalvamentoSSA Sistema seno-atrialeSSUEm 118 Servizio Sanitario Emergenza 118TC Temperatura CorporeaTV Tachicardia VentricolareUO Unità OperativaUV UltraviolettiV VelocitàVa Ventilazione alveolareVO2max Consumo massimo di ossigenoVsm Volume spazio morto anatomicoVt Volume corrente°C Grado Centigrado°F Grado Fahrenheit

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Il nuoto, complesso di movimenti in acqua che assicura il galleggiamento del corpo e il suoavanzamento, è conosciuto sin dai tempi preistorici. Disegni risalenti all’Età della Pietrasono stati trovati nella “caverna dei nuotatori”, nei pressi di Sura nell’Egitto sud-occiden-tale, dove sono raffigurati alcuni uomini preistorici che sembrano muoversi nell’acqua.

Presso gli antichi greci e romani, il nuoto occupava un posto importante nei program-mi di educazione dei giovani e nell’addestramento militare: un’attendibile ipotesi sostie-ne che proprio in Grecia, a Corinto, durante le feste istmiche, si svolgevano, all’internodelle prove acquatiche, anche delle vere e proprie gare di nuoto, così come si ha notizia digare disputate a Venezia nel 300.

Intorno all’anno 800, il tedesco Nikolaus Wynman scrisse il Colymbetes, sive de artenatandi, dialogus et festivus et iucundus lectu, primo trattato di argomento natatorio, in cuiviene illustrata e descritta la tecnica e l’arte del nuoto sotto forma di dialogo tra maestro ediscente e, nel quale, pare si facesse menzione di ausili didattici quali cinture galleggianti,così come si ha notizia che nel 1603, in Giappone, nascesse la prima organizzazione nazio-nale di nuoto; l’allora Imperatore Go Yozei permise l’apprendimento delle tecniche di nuotoai bambini. Nel 1669, l’autore francese Thevenot scrisse L’arte di nuotare, descrivendo unostile simile alla rana. In Cina, nel 1708, venne fondata una delle prime associazioni di soc-corso in acqua, “l’associazione di Chinkiang per il salvataggio di vite”. Nel 1739 Guts Muts,un tedesco di Schnepfenthal, scrisse Gymnastik für die Jugend ovvero “ginnastica per i gio-vani”, nella quale trattava un’ampia sezione dedicata al nuoto. In Europa, nel 1767, adAmsterdam s’inizia a parlare per la prima volta di soccorso in acqua; The Lover of Mankindprometteva un compenso di 6 ducati o una medaglia d’oro a chi avesse soccorso una vitti-ma da annegamento. A distanza di tre anni circa, già 19 persone apparentemente inanimateerano state rianimate con successo e, nel 1793, i soccorsi con esito positivo erano stati circa900. Nel 1794, l’italiano Oronzio De Bernardi compì degli studi sulla galleggiabilità delcorpo umano scrivendo L’uomo galleggiante, ossia l’arte ragionata del nuoto. Nel 1798,Guts Muts scrisse un secondo libro, Kleines Lehrbuch der Schwimmkunst zumSelbstunterricht ovvero “piccolo manuale dell’arte di nuotare da autodidatta”, in cui descri-veva un approccio in tre fasi per imparare a nuotare, che ritroviamo ancora oggi come lineaguida nelle scuole nuoto: ambientamento, esercizi di nuoto al suolo, tecnica in acqua.

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Introduzione: il nuoto nella storia

E. Battaglia, A. Baghin

Annegamento. Soccorso tecnico e sanitario. Elvia Battaglia, Alessio Baghin © Springer-Verlag Italia 2009

Homines enim ad deos nulla re propius accedunt quam salutem hominibus dandoSalvando i loro simili gli uomini si avvicinano agli Dei

(Cicerone)

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Nei primi anni del 1800, il soldato italiano Gianni Salati attraversò a nuoto la Manica,compiendo una delle prime grandi imprese natatorie. Proprio in questo periodo comincia-rono a sorgere società sportive dedicate al nuoto, ormai ritenuto a tutti gli effetti uno sport.La prima società di nuoto nacque in Inghilterra nel 1828, fondata da un gruppo di studen-ti di Eaton; gli allievi venivano portati sul fiume con una barca e fatti cadere in acqua.Sotto la supervisione di maestri, limitavano il loro apprendimento all’agitazione di brac-cia e gambe. Successivamente, il militare inglese Leahy scrisse L’arte del nuoto nello stiledi Eaton. Lo stile insegnato era caratterizzato da una bracciata particolarmente lenta, men-tre la spinta per avanzare era data da colpi di gambe simili alla rana. La pubblicazione dellibro sancì la nascita ufficiale della prima scuola di nuoto. Con l’apertura di nuove scuo-le, nacque poi la federazione nazionale inglese di nuoto come club. In Inghilterra si con-tinuò a nuotare con questa filosofia sino al 1873. Nello stesso anno John Arthur Trudgeonintrodusse, sempre in Inghilterra, l’omonimo stile trudgeon precursore del moderno crawl,movimento del corpo in acqua appreso dai nativi americani durante un suo viaggio in SudAmerica. La tecnica prevedeva un movimento delle braccia portate alternativamenteavanti, con il corpo che ruotava da una parte all’altra. Le gambe venivano mosse attraver-so una sforbiciata a rana con un colpo di gambe ogni due bracciate.

Il nuoto competitivo in Europa iniziò attorno al 1800 ed esordì alle Olimpiadi di Atenenel 1896. In Italia venne fondata nel 1871 la Società Ligure di Salvamento che, nel 1876,modificò la sua denominazione nell’attuale Società Nazionale di Salvamento. In Europa,varie realtà legate al nuoto e alla tematica del soccorso acquatico, si riunirono a Marsiglia,organizzando il primo congresso mondiale. Nel 1889, Arturo Passerini fondò ad Anconala Società Italiana di Salvamento (SIS) con lo scopo di divulgare la pratica del nuoto, l’ad-destramento al salvamento e al pronto soccorso asfittici, incrementando la costruzione dipiscine. Sempre nel 1899 Santoni, assieme ai compagni Vaudano e Cantù, fondarono aComo la Federazione Italiana Nuoto Rari Nantes (FIRN). I pionieri di questa disciplinaerano persone che volevano affrontare, in tutte le stagioni, qualsiasi distanza in mare e perquesto vennero chiamati e definiti Rari Nantes. Da loro discendono le più antiche scuolenuoto “Rari Nantes” di cui, la più antica, è quella di Roma, fondata da Santoni nel 1891.Lo scopo delle Rari Nantes era quello di divulgare la pratica del nuoto e del salvataggiocon l’obbligo di aprire scuole ed effettuare corsi di addestramento. Lo stesso Santoni, nel1895, è fondatore e promotore delle prime gare di nuoto, i “cimenti invernali”.

La SIS, attraverso le sue sezioni sparse su tutto il territorio nazionale, si distinse perun’intensa attività educativa basata sull’insegnamento del nuoto, di corsi di salvataggio edi pronto soccorso per asfittici (programma di base adottato dalle Forze Armate Italiane,ancora oggi seguito). I corsi terminavano normalmente con delle competizioni e dei saggidi abilità natatoria, anticipando le moderne competizioni di nuoto che tutti noi oggi cono-sciamo. In Francia, nel 1908, fu fondata la Federation Internationale de Natation deAmateur (FINA) e, nel 1910, sempre in Francia, fu fondata la Federation Internationalede Sauvetage (FIS), organismo che riuniva tutte le società di salvataggio europee. In Italia,nel 1914, veniva fondato il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI). Nel 1921Santoni, aiutato da Sannibale, fondò i Nuotatori Italiani Massime Basi Imprese Sportive(NIMBS), organizzazione dedita all’attività sportiva del Salvamento. Nel 1928, la FIRNsi associava al CONI, consolidando definitivamente i rapporti nel 1930 e modificando cosìla sua denominazione in Federazione Italiana Nuoto (FIN). La stretta collaborazione tra

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SIS e FIRN determinò nel 1939 l’entrata della SIS nel CONI. Assorbita dalla FIN, diven-ne settore specifico, assumendo l’attuale denominazione di Federazione Italiana NuotoSezione Salvamento.

Già dal 1918, le Capitanerie di Porto (CdP) hanno indicato la FIN e la SNS come gliunici due Enti nazionali abilitati a rilasciare brevetti per il soccorso acquatico marino. Permotivi istituzionali, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti si avvale di questi dueEnti per l’acquisizione del brevetto per il soccorso in mare e il Ministero degli Interni perl’acquisizione del brevetto per il soccorso nelle piscine.

In Italia, le spiagge sono sempre state sotto giurisdizione del Demanio Marittimo, sog-gette alle leggi dei vari Ministeri. Dal 2001, il Demanio Marittimo è in carico alle regio-ni, mentre il mare rimane di competenza delle CdP. Nel 1994, a Cardiff, nacquel’International Life Saving (ILS), organismo internazionale deputato a rappresentare tuttele organizzazioni di salvamento nel mondo. A far parte di questo prestigioso organismo,per l’Italia, è la FIN.

L’annegamento rappresenta in Italia un’importante causa di mortalità, tanto che le sta-tistiche parlano di circa 500 morti/anno e gli ultimi dati forniti dall’ISTAT evidenziano chequeste ultime sono ripartite tra le regioni italiane con una frequenza non correlata alla di -stribuzione geografica delle coste e dei bacini lacustri e fluviali. Fondamentale, in caso diannegamento, risulta essere il fattore tempo, ovvero se il soccorso alla vittima viene attua-to tempestivamente, le possibilità di salvare il soggetto coinvolto e di evitare danni per-manenti sono maggiori rispetto a quelle conseguenti a un soccorso tardivo.

Negli ultimi anni il soccorso sanitario territoriale si è sempre più aggiornato e affina-to, acquisendo competenze sempre più specifiche. Tali motivazioni ci hanno spinto allastesura di questo testo, che si propone quale agile strumento formativo per gli addetti alsettore e per coloro che ritengono utile approfondire l’argomento.

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Le cause principali di annegamento sono imputabili a fattori accidentali legati alla sventa-tezza o alla spavalderia di persone che spesso sopravvalutano le proprie capacità fisiche eatletiche, alla distrazione dei genitori verso i propri bimbi, alla sottostima dell’ambiente incui ci si trova, e all’inosservanza delle leggi e dei regolamenti riguardanti la balneazione.

1.1Definizione e classificazione

Nel giugno del 2002, si svolse ad Amsterdam il Congresso Mondiale sull’Annegamento(World Congress on Drowning), al quale parteciparono i maggiori esperti del settore e lemaggiori organizzazioni che si occupano di soccorso acquatico. In questa occasione sidefinì annegamento (drowning) un quadro clinico caratterizzato da un deficit respiratoriosecondario a immersione o sommersione in un liquido che può portare a morte del sogget-to entro 24 ore, ad esiti permanenti sulla sua salute ma anche al pieno recupero di tutte lesue funzioni vitali.

In letteratura esistono diverse definizioni di annegamento, tutte comunque superatedalla definizione precedente. Per completezza ricordiamo le principali:- semiannegamento (near drowning), quando la vittima sopravvive o decede dopo 24

ore dall’evento;- annegamento secondario (secondary drowning), l’annegamento avviene a causa di

altre patologie che colpiscono l’individuo mentre è in acqua, ad esempio: infarto mio-cardico, trauma cranico, trauma vertebrale, crisi epilettica, crisi ipoglicemica; oppurel’individuo muore in seguito a patologie che insorgono in concomitanza con l’annega-mento, ad esempio: distress respiratorio (ARDS), polmoniti;

- annegamento secco e bagnato (dry and wet drowning), utilizzati per descrivere se èavvenuta l’aspirazione o meno di liquido nei polmoni;

- annegamento attivo (active drowning), quando avviene in presenza di testimoni e l’in-dividuo ha cercato in qualche modo di salvarsi;

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Annegamento: dimensioni del problema

A. Baghin, A. Colombo

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Annegamento. Soccorso tecnico e sanitario. Elvia Battaglia, Alessio Baghin © Springer-Verlag Italia 2009

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1 - annegamento passivo e silente (passive and silent drowning), utilizzato per descrive-re il ritrovamento di una persona deceduta in acqua, dove nessuno l’ha vista entrare;

- annegamento testimoniato (witnessed drowning), quando l’incidente è testimoniatodal suo esordio;

- annegamento non testimoniato (unwitnessed drowning), quando una persona vieneritrovata nell’acqua e non vi è nessun testimone.

1.2Dimensioni del problema

Gli annegamenti e le lesioni alla colonna vertebrale conseguenti ad attività ricreative inaree di balneazione rappresentano eventi molto gravi che interessano spesso la fascia dipopolazione più giovane, con la più lunga attesa di vita. La perdita della vita di un giova-ne, le gravi menomazioni che sono conseguenza di molti semiannegamenti e delle lesionialla colonna vertebrale rappresentano motivo di gravi sofferenze e comportano elevaticosti sociali.

I dati sugli annegamenti non vengono registrati sistematicamente in tutti i paesi, l’in-cidenza è diversa da un paese all’altro. Nel mondo si valuta ci siano circa 400.000 mortiall’anno; l’incidenza è più alta nelle isole del Giappone e in Australia, dove la maggiorparte della popolazione vive vicino al mare. Negli Stati Uniti si è visto che l’annegamen-to risulta al secondo posto tra le cause di morte nella popolazione da 0 a 19 anni e in alcu-ni Stati, invece, al primo posto tra i bambini di età compresa tra 0 e 5 anni. In Europa risul-ta che le morti per annegamento siano circa 35.000 l’anno, con un tasso di 44 morti perogni milione di abitanti. Le aree maggiormente a rischio sono quelle dell’Est europeo, inparticolare Bielorussia, Lituania, Russia e Lettonia, che presentano tassi 15 volte superio-ri a quelli dell’Italia.

Temperatura fredda delle acque, elevato consumo di alcool e difficoltà nell’appronta-re rapidi servizi d’intervento sono tra i fattori che contribuiscono agli elevati tassi di mor-talità in queste aree. I dati disponibili mostrano che i maschi sono a maggior rischio diannegamento rispetto alle femmine, questo perché i maschi sono in generale più a contat-to con l’ambiente acquatico (sia per attività occupazionali che ricreative) e consumano piùalcool. Si potrebbe inoltre attribuire ai maschi un atteggiamento di spavalderia che deter-mina una sottovalutazione del pericolo.

In Italia, i dati disponibili riguardano soltanto le morti per annegamento, più precisa-mente quelle codificate come cause esterne secondo la classificazione ICD-IX con il codi-ce E910 e con i codici E830 e E838, che si riferiscono alla mortalità secondaria relativa aincidenti accorsi a mezzi di trasporto acquatico. I dati sulla mortalità per annegamento nonforniscono informazioni riguardanti la tipologia delle località nelle quali si sono verifica-ti gli incidenti (acque controllate, acque libere, laghi, fiumi, acque marine, piscine, ecc).Complessivamente, in Italia, dal 1969 al 1998, sono morte per questa causa circa 24.496persone di cui 20.068 maschi (81,9%) e 4.428 femmine (18,1%). Nel periodo considera-to, gli annegamenti sono passati da 1.200-1.300 casi all’anno nel 1969 a circa 400 casiall’anno nel 1998.

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L’annegamento, se paragonato ad altre tipologie d’incidenti, rappresenta un fenomenoa bassa incidenza, ma a elevata letalità; in Italia, su circa 1.000 incidenti in acqua ognianno si registrano circa 400 decessi.

Anche in Italia le morti per annegamento dei maschi sono nettamente superiori a quel-le delle femmine. Le principali caratteristiche della mortalità per annegamento per gli anni1970, 1980, 1990, 1998 sono mostrate nella Tabella 1.1.

Il tasso di mortalità è passato da 22,7 a 5,2 morti ogni milione di residenti all’anno,con una diminuzione percentuale del 77%. Questo calo appare sufficientemente uniformenei due sessi. La diminuzione delle morti è dovuta all’accresciuto ruolo dell’educazioneda parte della scuola e della famiglia e alla informazione da parte dei mezzi di comunica-zione sui rischi associati alla balneazione. Sono dunque cambiati in una parte importantedella popolazione i comportamenti che favoriscono questi incidenti quali, per esempio,fare il bagno dopo i pasti o dopo lunghi periodi di esposizione al sole; allontanarsi troppodalla riva; effettuare lunghe nuotate in condizioni di non adeguato benessere. Ovviamente,ha senz’altro influito la maggior abilità natatoria da parte dei giovani delle ultime genera-zioni acquisita nei corsi di nuoto. Una parte della diminuzione osservata è anche da ascri-vere alle maggiori probabilità di sopravvivenza dovute alla disponibilità di unità di riani-mazione cardio-polmonare e alla presenza di persone in grado di effettuare efficacementele operazioni di salvataggio.

L’analisi della mortalità per provincia indica che la presenza di uno sbocco al maregioca abbastanza sorprendentemente un ruolo non di grande importanza nella genesi diquesti decessi, in quanto se è vero che in alcune zone a vocazione tipicamente marittima

1 Annegamento: dimensioni del problema 7

Tabella 1.1 Principali caratteristiche della mortalità per annegamento in Italia

Caratteristiche 1970 1980 1990 1998

tassi* tassi* tassi* tassi*

Classi d’età

0-14 22,3 13,5 4,6 3,015-29 32,9 22,7 12,0 6,130-49 13,7 10,9 6,7 4,650-69 21,0 14,1 8,0 5,9>70 28,5 21,7 14,2 9,4

Sesso

maschi 39,0 25,7 14,4 9,7femmine 6,4 6,1 3,2 1,6

Aree geografiche

nord-ovest 25,6 17,0 7,6 5,6nord-est 31,8 23,7 11,6 5,7centro 16,5 11,4 6,4 4,8sud 16,9 12,2 6,9 4,7isole 22,4 14,2 10,9 5,7

Italia 22,7 15,7 8,3 5,2

* per 1000000 residenti/anno

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si registra un elevato numero di decessi per annegamento, è altrettanto vero che fra le pro-vince che hanno versato un elevato tributo in termini di morti ve ne sono molte che sulproprio territorio hanno unicamente laghi e fiumi. Ciò deve far riflettere sulla particolarepericolosità di questi corpi idrici nei quali, oltretutto, l’attuazione di misure di prevenzio-ne risulta spesso logisticamente più difficile.

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La maggiore attenzione in campo sanitario deve avere come obiettivo misure di prevenzionevolte al controllo dei fattori di rischio, onde impedire l’insorgenza o limitare le conseguenzepiù invalidanti di una malattia. È chiaro che tutto quello che non può essere curato va prevenu-to; di conseguenza è importante che tutti i professionisti sanitari debbano, insieme a tutti colo-ro che si adoperarono nel campo della salute e ai cittadini, essere coinvolti nella prevenzione.La partecipazione attiva di chi ha un ruolo primario nel campo della salute permette più facil-mente di sensibilizzare tutta la popolazione interessata, elaborando un programma di educazio-ne sanitaria a trecentosessanta gradi che coinvolga capillarmente la popolazione bersaglio.

Nell’ambito della prevenzione, dobbiamo distinguere una prevenzione primaria e unaprevenzione secondaria:- per prevenzione primaria intendiamo la messa in atto di quelle misure tese a evitare

l’insorgenza della malattia. Si basa principalmente sul controllo dei fattori di rischio.Neutralizzando gli effetti o rimuovendo i diversi fattori di rischio, si può impedire chela malattia insorga. Per quanto riguarda la sindrome da annegamento, la prevenzioneprimaria deve puntare a una migliore conoscenza dei rischi inerenti a tutte le attivitàche coinvolgono l’acqua;

- per prevenzione secondaria, invece, intendiamo l’identificazione della malattia in faseprecoce. L’addestramento continuo di tutte le forze in campo, come il personale addet-to al soccorso e la stessa popolazione in generale, permette di sviluppare al meglio unaprevenzione secondaria. La prevenzione dell’annegamento è poliedrica e multisettoriale e richiede cooperazio-

ne tra i differenti livelli della società al fine di promuovere la sicurezza. Le misure preven-tive vanno pertanto distinte in tre categorie:

1. Misure di modifica dell’atteggiamento, con campagne mediatiche di sensibilizzazionee opuscoli informativi.Sarà opportuno:

- eliminare pubblicità incoraggianti l’uso di alcol durante gli sport acquatici; - avere maggiore consapevolezza della sicurezza in acqua; - sensibilizzare tutta la popolazione sull’incidente da annegamento e aumentare la consa-

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La prevenzione dell’annegamento

A. Baghin, A. Busacca

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Annegamento. Soccorso tecnico e sanitario. Elvia Battaglia, Alessio Baghin © Springer-Verlag Italia 2009