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Salerno nell’anno Giubilare del 1900-1901: La Croce del Saragnano
II 5 settembre 1896 venne approvata l'idea di un grande voto
a Gesù Cristo Redentore. Il tutto fu suggerito da papa Leone XIII
il quale propose la costruzione di diciannove monumenti, da
apporsi su diciannove vette italiane, in omaggio ai diciannove
secoli dalla venuta al mondo di Cristo1. Il progetto fu inserito fra
le iniziative del Comitato Internazionale Romano per l'omaggio
solenne a Gesù Redentore, presieduta dal conte Giovanni
Acquaderni. Per l’attuazione venne creata, il 12 giugno 1899, una
speciale commissione attuativa guidata da Filippo Tolli. Al
progetto iniziale si aggiunse una ventesima vetta con l'inserimento
del Monte Capreo, nei pressi di Carpineto Romano, città natale
di papa Leone XIII, per consacrare una cima anche al nuovo
secolo che stava iniziando. Il Papa volle che su ogni monumento
fosse incisa la seguente frase dedicatoria:
JESU CHRISTO DEO RESTITUTAE PER IPSUM SALUTIS / ANNO MCM / LEO P.P.XIII
A Gesù Cristo Dio che attraverso Se stesso ci ha restituito la salvezza / Anno 1900 / Papa Leone XIII
Il mattino del 24 dicembre 1899, Leone XIII aprì la Porta Santa in San Pietro inaugurando il Giubileo
da lui promulgato l'11 maggio 1899 con la bolla Properante ad exitum saeculo. Per suo volere il 31
dicembre 1899 in tutte le chiese del mondo fu celebrata la messa di mezzanotte ed esposto il
Santissimo all'adorazione dei fedeli. Lo stesso Pontefice volle che fossero realizzati venti mattoni
utilizzando la pietra dei luoghi prescelti, per essere murati nella Porta Santa della Basilica di San
Pietro, insieme ad una pergamena commemorativa del Giubileo del 19002.
I monumenti, però, dedicati a Gesù Cristo redentore per il Giubileo
del 1900 alla fine furono di più; molti comuni pensarono di
raccogliere ugualmente l'appello del Papa e di provvedere «in
proprio».
La notizia provocò l’interessamento di tutti i comuni d’Italia.
Salerno non mancò all’appello. Per prima cosa accolse la richiesta
del posizionamento di croci all’interno delle chiese. Queste croci
furono indicate da una lettera papale del 2 novembre 18993;
dovevano essere installate nelle varie chiese del territorio e ai suoi
piedi celebrate le funzioni di fine anno. L’incitamento a realizzare
qualcosa a Cristo Re non tardò nemmeno da parte dei Frati
Francescani della provincia, i quali decisero di inviare una lettera
pubblicata nell’aprile del 1900. Nella lettera il reverendissimo
padre Paolo da Paterno ripone il massimo sostegno morale nella
costruzione allo edifizio grandioso che si otterrà certamente, qual
è il ritorno a Gesù Cristo4. Il semplice acquisto delle croci e il
sostegno morale non era abbastanza.
Bisognava fare qualcosa in più! In una lettera di maggio, poi
pubblicata sui giornali del tempo, l’arcivescovo di Conza e
Campagna scrisse:
Leone XIII
I venti mattoni utilizzati per la
chiusura della porta santa
Se alla nostra regione Salernitana-Lucana non arrivasse la fortuna, come a tante altre regioni d’Italia,
di avere, sopra una delle sue montagne, un degno monumento secolare; accostiamoci riverenti a
leggere e meditare la iscrizione che, a lettere di oro, si va scolpendo sulle pietre, sul bronzo, sul
marmo: JESUS CHRISTUS DEUS HOMO, VINCIT, REGNAT, IMPERAT 5.
Il 5 luglio del 1900 ricorreva la festa per i cinquant’anni di sacerdozio del Vescovo Valerio Laspro.
Quale occasione migliore. Si decise di dedicare, tra le varie iniziative del giubileo, una cappella a
Cristo Redentore. La cerimonia fu riuscitissima. Per l’occasione venne regalata, al vescovo, una statua
raffigurante il Cristo Redentore6 di cartapesta dell’artista Luigi Guacci di Lecce direttore della scuola
artistica provinciale di Lecce. La statua era un solenne regalo del Mons. Gargiulo di Lecce, il quale,
la benedisse nel giorno 7 di luglio alle ore 19. La statua ebbe l’ammirazione di tutti; alla fine della
cerimonia fu deposta nella Cappella del Redentore inaugurata, nello stesso giorno, per commemorare
l’anno Santo.
L’idea della Croce
Nell’ottobre del 1900 la vicina città di Cava de’ Tirreni, con a capo Mons. Giuseppe Izzo, inaugurava
una monumentale croce in ferro, posizionandola sul monte Castello. A questo punto le croci, la
cappella e la statua non erano più all’altezza. Necessitava un monumento altrettanto grandioso.
Venne organizzata una commissione per il solenne omaggio a Cristo Redentore. Nella riunione del
26 novembre 1900, presieduta dal R.mo Canonico Eugenio Reppucci, venne approvata la proposta
fatta dal M. R. Parroco Girolamo Maffei (della chiesa di S. Gregorio in Salerno) di innalzare una
croce di ferro alla cima di un monte designato per omaggio a Gesù Redentore. Il solenne omaggio
doveva essere a devozione della Città e dell’Arcidiocesi. Venne indetta una raccolta fondi per la
costruzione della stessa7.
Ma quale monte scegliere? La risposta risultò banale: il Castello8. Il giornale locale L’Irno9 riportò la
seguente notizia:
Ad iniziativa dell’Eccellentissimo arcivescovo, monsignor
Valerio Laspro, si è testé costituito nella nostra città un
comitato per collocare sul castello una croce alta dieci metri,
in omaggio a Gesù Redentore, ed a perpetua ricordanza del
secolo che muore. Il comitato con circolare, nobilmente
concepita, ha fatto appello ai fedeli di qualunque classe, perché
ognuno nei limiti del possibile concorresse colla sua offerta
alla spesa per l’acquisto della Croce.
L’anno stava per terminare e il monumento era solo nelle
intenzioni del Comitato. La fortuna volle che l’anno Santo fosse
prolungato, da Leone XIII, una volta per sei mesi e poi fino alla
fine dell’anno 190110. Questo prolungamento diede la possibilità,
a Salerno, di organizzarsi per la commemorazione delle croci e
per la solenne cerimonia del 31 dicembre 1900. Furono celebrate
diverse messe piane e cantate e le campane rintoccarono a festa.
Nella vicina borgata di Brignano fu impiantata, dai fedeli e per
iniziativa del parroco Donato Natella, una croce in omaggio a
Cristo Re. Questa, collocata in un punto altissimo, venne vista dai
vicini salernitani11. Per un surplus di richiesta, le croci dell’anno
Santo da impiantare nelle varie chiese non arrivarono per fine
1900. Le croci originali dovevano concedere, per volontà del
Mons. Valerio Laspro, foto estratta
da Corrispondenza di Valerio
Laspro 1860-1914, Archivio
Diocesano di Salerno
Santo Padre, cento giorni di indulgenze; i quali giorni, a causa di questo ritardo, divennero duecento.
Il R.mo parroco Girolamo Maffei rivolse una nota ai vari sacerdoti dell’arcidiocesi scrivendo:
Le Croci da collocarsi nelle Chiese possono essere inaugurate nel corso dell’anno 1901, o in giorno
solenne, o per qualche funzione di giubileo, che nell’anno prossimo è esteso per tutto il mondo. Tale
notizia è pervenuta da Roma.
Intanto si continuava a raccogliere le offerte per la croce monumentale e ad avere delle misure certe:
alta 10 metri e larga 1 metro12. Le croci arricchite di duecento giorni di indulgenza arrivarono poco
dopo.
Il giorno 20 gennaio 1901 vennero collocate, due di esse, nella Parrocchiale Chiesa di S. Gregorio.
La cerimonia risultò magnifica e si concluse con il bacio di tutti gli astanti e l’esposizione del
Divinissimo e canto del Tantum ergo. A benedire gli intervenuti e le croci fu Mons. Arturo Capone13.
La commissione per l’omaggio a Gesù Redentore decise di scrivere anche una preghiera a cui Mons.
Laspro concesse cento giorni di indulgenza14. Ma qualcosa non andò per il verso giusto. La croce
monumentale cambio luogo di installazione. Al Castello fu deciso: il monte di Saragnano15.
Dalla prima pietra alla croce completata
Le offerte continuarono a pervenire. Il giorno 3 maggio del 1901, nonostante il tempo piovoso, molta
gente si recò sul monte Saragnano per assistere alla posa della prima pietra, nel posto designato per
installare la croce commemorativa. La cerimonia fu celebrata dal R.mo Canonico D. Eugenio
Reppucci il quale, per l’occasione, pronunciò un solenne discorso:
Subito si metterà mano ai lavori, e fra breve su quelle alture si leverà
maestoso il santo segno del nostro riscatto16.
Come ringraziamento per l’anno Santo concesso da Leone XIII,
venne organizzato da Salerno un giubileo per Roma. La proposta
venne accettata da tutte le arcidiocesi vicine. Lo stesso Mons.
Giuseppe Izzo di Cava de’ Tirreni decise di incitare la popolazione
alla partecipazione al giubileo. Intanto i lavori per la costruzione
della croce erano terminati. Il presidente del Comitato scrisse a tutti
i parroci delle chiese dell’arcidiocesi dicendo:
Questo comitato per la Croce monumentale da inaugurarsi qui in Salerno,
riportandosi a quanto fu loro notificato con analoga circolare,
direttamente spedita a ciascuna delle SS. VV., si rende sollecito comunicar
loro, che la croce in parola è già un fatto compiuto17.
Il giorno 22 agosto 1901 Mons. Valerio Laspro scrisse una lettera ai
MM. RR. Signori Vicarii Foranei e Parroci dell’Archidiocesi di
Salerno e Diocesi di Acerno. La lettera, pubblicata dal giornale locale
Il Buon Senso, elencava tutto il programma della festa del patrono S.
Matteo e concludeva:
In sì fausta circostanza abbiamo pure stabilito d’inaugurare sul monte
Saragnano che prospetta questa Città, una croce di grandi dimensioni in
omaggio a Gesù Redentore, Re dei secoli. Tale inaugurazione sarà fatta la
mattina del 23 settembre… al riguardo premuriamo la S. V. a
raccogliere… altre offerte per le spese non lievi sostenute per l’impianto
del monumento, eretto a nome dell’Archidiocesi di Salerno e Diocesi di
Acerno18.
Articolo originale estratto da
Il Buon Senso, 31-8-1901,
Biblioteca Provinciale di Salerno
Tutto era stato deciso: giorno 23 settembre 1901: inaugurazione!
Il giorno 24 di agosto arrivò una lettera indirizzata a Mons. Laspro e inviata dal Santo Padre per mano
del Cardinale Rampolla. Veniva concessa la facoltà di impartire la benedizione papale con
l’indulgenza plenaria19. Si aspettava con fervida attesa l’inaugurazione. Nell’articolo: La Croce sul
Saragnano, Il Buon Senso invitava tutti i cittadini a recarsi all’inaugurazione.
Si riporta l’articolo completo:
Con l’animo ripieno di gioia annunziamo che finalmente i voti della Città di Salerno saranno, tra
breve, appagati. Sul monte Saragnano si erge di già maestosa la bella Croce, omaggio di Salerno a
Gesù Redentore. Il 23 del prossimo settembre verrà solennemente inaugurata, con l’intervento del
nostro Ecc.mo Arcivescovo, del Capitolo, del Clero, e dei pellegrini che si troveranno per la festa del
Patrono. Ed i salernitani, al certo, non mancheranno di accorrere numerosi anch’essi a piè della
Croce, per ottenere quella forza, quell’invitto coraggio a sostenere le battaglie del Signore; per
implorare quella pace che il mondo non può né sa dare: quella pace che è tanto necessaria nei nostri
malaugurati tempi. Tutti adunque sul monte Saragnano: quivi noi ammireremo, saluteremo il glorioso
Vessillo della nostra redenzione; quivi noi ci affermeremo cattolici veri, figliuoli devoti ed ubbidienti
della nostra Madre Chiesa; quivi non ci mancherà il conforto, il sorriso paterno, la benedizione del
Padre comune di tutti i fedeli, del venerando Vegliardo del Vaticano, dell’invitto Leone XIII. Questo
padre così buono, così tenero della nostra salute spirituale non ha voluto restarsene estraneo al
solenne omaggio di fede dei Salernitani al Re dei secoli; e, mentre assisterà col cuore alla sacra festa
nostra, ci conforterà tutti della sua apostolica Benedizione, che verrà impartita, dopo la inaugurazione
della Croce, dal nostro Monsignor Arcivescovo20.
Seguirono a questo articolo i programmi per la festa patronale con i rispettivi inviti e richieste di
sconti per il viaggio ferroviario (le richieste dovevano essere spedite al reverendo Maffei). Il 14
settembre Il Buon Senso riportò come data di inaugurazione del monumento le ore 9 antimeridiane21.
Tutto era ormai pronto. La festa del patrono fu riuscitissima anche se bloccata nei festeggiamenti del
giorno 22 settembre. Una forte pioggia delimitò la ricca giornata ad un festeggiamento “chiuso” nelle
quattro mura del duomo. Si pensò ad un rinvio per l’inaugurazione del giorno seguente. Le cronache
del giorno 22 riportano:
Domenica, 22, non potette essere espletato interamente il programma delle feste, per la pioggia
torrenziale; quindi, nel Duomo venne dall’Ecc.mo Mons. Laspro celebrato il solenne Pontificale a
grande orchestra. Il Duomo era letteralmente gremito di fedeli e pellegrini, sul volto dei quali
traspariva la gioia e la soddisfazione per la bella funzione che riuscì a meraviglia22.
L’inaugurazione
Albeggia. Io mi levo, aprendo il balcone posto ad occidente, guardo quella Croce bianca nitida, che
spicca lassù nell’azzurro dell’aria montanina, solitaria, nella bruna quiete degli alberi…Guardo, e
dimando: che cosa tu rappresenti?... E sento che essa mi risponde: Io rappresento l’amore23.
Il lunedì, giorno 23 settembre 1901, fu una giornata incantevole. La pioggia del giorno precedente
era completamente un nitido ricordo lasciando alla croce la sua giornata da première dame. Per
rendere più vivo il ricordo e l’emozione provata dai presenti, si riporta il testo integrale
dell’inaugurazione che verrà riproposto, in foto riproduzione, nella sezione appendice.
Estratto da Il Buon Senso del giorno 28 settembre 1901:
Il lunedì seguente, mentre una vera festa di sole inondava la città e le verdeggianti colline che la
circondavano, una folla straordinaria, innumerevole, immensa di persone si avviava alla volta del
monte Saragnano, dove si doveva procedere alla benedizione ed inaugurazione della Croce, omaggio
di Salerno a Gesù Redentore. L’Arcivescovo, accompagnato dai R.mi Canonici, intervenne alla cara
cerimonia, ricevuto dal Comitato per l’omaggio al Redentore e dai Parroci, tra gli evviva del popolo
festante, che gli mosse incontro recante tra le
mani dei rami di ulivo, e tra lo sparo
incessante di mortaretti e le note allegre del
Concerto musicale dell’Orfanotrofio P. U.
Presso la Croce era stata improvvisata una
cappella, dove l’Ecc.mo Mons. Laspro,
vestitosi dei sacri paramenti, celebrò la
messa, alla quale assistettero tutti con
devozione edificante, e , dopo data al popolo
la benedizione col Santissimo, seguito dal
Clero, procedette all’inaugurazione della
Croce fra il silenzio dell’immensa folla, che,
col suo contegno, dimostrò di sentire tutta la
solennità di quell’ora ed il significato di
quella cerimonia. Infine impartita la
benedizione papale, a cui era annessa la
indulgenza plenaria, l’Eccellentissimo Prelato pronunciò un discorso che riprodurremo per intiero in
altro numero del giornale, per non defraudare i fedeli del vero concetto, a cui fu ispirato.
Venne, in ultimo, redatto il processo verbale di rito, che insieme alla raccolta delle firme degli oblatori
per l’erezione della Croce, fu murato alla base del sacro monumento24. Assistettero alla cerimonia
anche il signor Segretario di Gabinetto del Prefetto, Comm. Ferrando; vari Consiglieri comunali,
rappresentanti il Municipio; il Cav. Avv. Fiore e l’Avv. Salerno Luigi, rappresentanti il comitato
Diocesano, ed il Circolo Cattolico S. Rocco di
Baronissi col proprio vessillo25. È superflua qualsiasi
considerazione sull’esito di questa solennità, che
dimostrò ancora una volta, che viva è la fede nel
nostro popolo, e a scuoterla non vale né la promessa
di lusinghieri vantaggi né la minaccia di possibili
persecuzioni. La Croce, che torreggia sul monte, che
domina la città, sarà sempre il vessillo, che ricorderà
le glorie passate, e darà coraggio a sostenere la lotta
per i futuri trionfi.
Alla solenne inaugurazione seguì la processione
di S. Matteo (posticipata per il temporale del
giorno prima). Chiusero la memoranda giornata
splendidi fuochi pirotecnici che finirono fra’
battimano di una folla straordinaria, che non potè
certo mostrarsi indifferente alla gara, ch’erasi
impegnata fra tre de’ più celebri artisti, fra cui
uno di Napoli.
Solenne fu il discorso del vescovo Laspro il quale
ripercorse il solenne cammino della croce (quella
del cammino di Cristo) attraverso i secoli.;
concludendo con un salutiamola, veneriamola,
celebriamola, e vinceremo… E così sia26.
Croce anni 40 circa, estratta dal web (foto 1)
Articolo originale estratto da Il Buon Senso,
28-9-1901, Biblioteca Provinciale di Salerno
L’inaugurazione della croce venne riportata dai vari giornali locali e tra questi L’Irno, il quale, nel
numero di lunedì 27 settembre 1901, concluse con: La cerimonia riuscì solenne e commovente.
Sappiamo che tra non guari sul Saragnano sarà eretta una chiesa27.
Nel programma per la festa del patrono, promulgato a Salerno il 15 settembre 1902 dal comitato
permanente, e più precisamente al giorno 22 settembre, venne inserita la commemorazione del primo
anniversario dell’inaugurazione della croce monumentale posta sul Saragnano. Il giorno stabilito
venne all’uopo preparata una piccola edicoletta. La mattina del 22 si celebrarono due messe piane.
La prima venne celebrata dal parroco Maffei il quale pronunciò anche un discorso al popolo
pervenuto. Terminò la celebrazione solenne tra gli spari ed al suono dell’inno reale impartì la
benedizione col Santissimo. La sera si spararono molte bombe carta nei pressi della croce la quale,
per l’occasione, venne graziosamente illuminata28.
Nel 1903 Salerno si preparò alla festa per i venticinque anni di papato di Leone XIII. Proprio in un
articolo del periodo venne riportato:
Di tanto in tanto, dal Saragnano, ove fu eretta, nell’anno del giubileo, la croce commemorativa,
partono colpi di cannone29.
La cappella nei pressi della Croce
Vicino alla croce esiste una sorta di cappella. Da una ricerca del
Sig. Carmine Iemma dell’archivio storico di Salerno sappiamo
che nei documenti contenuti in Cat. X – Lavori Pubblici e
Comunicazioni ed in particolare nel Fasc. X – II – 14/2 dal titolo
Strada Alessia – Croce – Mantenimento (arco cronologico 1832
– 1933), e precisamente nel giorno 16 giugno 1864 risulta un
appalto per la riparazione della vecchia strada che conduce ad
Alessia. La strada da riparare parte dal punto detto Canalone e
giunge a quello denominato Cappella del Saragnano30. Tutto ciò
spiegherebbe la presenza di quella cappella nei pressi della
croce. Ma ciò non è così! Difatti la cappella del Saragnano è una
cappella molto precedente all’arco temporale riportato nel Fasc.
X suddetto. Tra le varie ricerche, operate per fare chiarezza su
questa struttura, lo scrivente si è più volte imbattuto in questa
dicitura di Cappella di Saragnano. Tra i documenti quello di
maggiore interesse è un apprezzo del tavolaro Antonio
Buongiorno di Cava de’ Tirreni che nel giorno 20 marzo 1769
apprezza un terreno in Vietri fuori al Ponte nel luogo
denominato la Sgarrupa, seù lo Pastiello… Lo Saragnano, e S. Nicola Gallocanta. Dopo aver
apprezzato dei beni scrive:
Segue… un altro pezzo di bosco selvaggio di sito puranche pendinoso parte buono, e parte
sterile… sito nelle pertinenze della Città della Cava, e propriamente nel luogo denominato la
Cappella dello Saragnano da sotto la Strada publica vecchia, che dal Casale dell’Alessia, ed
altre parti si calava nella città di Salerno.
Cappella oggi, foto privata
Alla fine della spiegazione del territorio riporta un disegno con la cappella che si ritrova completa e
vissuta.
Questo cancella la possibilità di un riatto dell’antica struttura.
La conferma di una struttura “da farsi come nuova” ci viene
data dal giornale, più volte segnalato (Il Buon Senso). Si
scopre qualcosa su questo punto, sempre così povero di
notizie, e propriamente in un articolo del 1904 e come
anticipato dall’Irno (vedi nota 27: Sappiamo che tra non guari
sul Saragnano sarà eretta una chiesa) si ritrova:
Domenica 15, sul Monte Saragnano, a pochi passi ove
sorge il Simbolo della nostra redenzione, innalzato alla fine
del secolo scorso, si collocherà la prima pietra del
Santuario che dovrà sorgere in onore di Maria Santissima,
in quest’anno giubilare, cinquantesimo della definizione
del dogma del Suo Immacolato Concepimento31.
Il suolo per la costruzione fu donato dal Comm. Orilia di
Cava de’ Tirreni per intercessione del Rev.mo Canonico
Nastri della cattedrale di Salerno. La cerimonia per la posa
della prima pietra venne ricordata nell’edizione successiva del giornale Il Buon Senso. Come per i
punti più salienti visti in precedenza si riporta il testo integrale dell’evento:
Il giorno 15 dello scorso mese sul Monte Saragnano, a pochi passi dalla Croce innalzata alla fine del
secolo scorso, fu posta la prima pietra della Cappella che dovrà sorgere in quest’anno giubilare, in
onore di Maria SS.ma Immacolata. Alle ore 8 meno pochi minuti giunse il R.mo Canonico della nostra
Cattedrale Don Giuliano Nastri, delegato dal nostro
Eccellentissimo Arcivescovo Primate, per la cerimonia. Alle
ore 8 ant. precise, su d’un altare appositamente eretto innanzi
alla Croce, egli celebrò Messa piana che fu ascoltata con
grande divozione da tutti gli astanti, mentre che i fanciulli del
Ricreatorio festivo alternavano canti dell’inno alla Croce ed
a Maria SS. Immacolata. Terminata la santa Messa si
procedette alla benedizione ed apposizione della prima pietra
della Cappella, di quella Cappella che dovrà tramandare ai
posteri la pietà e la devozione dei fedeli salernitani per la
comune Madre Maria. I lavori di fabbrica sono subito
principiati, essendosi obbligato l’assuntore dei lavori, tal
Vincenzo Amato, della nostra città, di consegnare la Chiesetta
compiuta, il giorno 15 ottobre p. v. Alle ore 11 ant. tutta la
cerimonia essendo terminata, si fece ritorno in città, ed i
ragazzi del Ricreatorio allietarono, con belle suonatine, il
cammino a tutti. Al comm. Orilia di Cava dei Tirreni che ha
ceduto gratuitamente il suolo, ed all’ingegnere Felice Landi
della nostra città che ha fatto il disegno della Cappella e
dirigerà i lavori, i nostri più sentiti ringraziamenti come quelli
di tutta la cittadinanza32.
Purtroppo la chiesetta non venne realizzata. Dallo stesso giornale riscontriamo due articoli che
testimoniano la mancata realizzazione della chiesetta e una nuova idea per il completamento. Il primo
riferimento è di un articolo del giugno 1912 dove si scrive:
Veduta di Salerno dalla cappella,
foto privata
Antonio Buongiorno, Classe XV,
apprezzi, Archivio storico di Cava
de’Tirreni
Per una nuova Chiesetta
Sul Saragnano, collina a ridosso del lato occidentale della nostra città, fu per nobile impulso del
Can.co Nastri, tempo fa, iniziata la fondazione di un tempietto, rimasto però incompiuto, per varie
ragioni e soprattutto finanziarie. Bisogna dire anzi che non s’eressero che appena le mura, rimaste
poi là per parecchi anni, a somiglianza di ruderi di un tempio diroccato. Ora con nobile slancio il
nuovo Priore di A.G.P. Maggiore, Sacerdote Fanchiotti, che è tutto fuoco ed energia nella sua
missione, che espleta con tanto zelo, ha voluto riprendere, con la piena approvazione ed
incoraggiamento del beneamato nostro Presule, Mons. Valerio Laspro, lustro ed onore
dell’Episcopato Cattolico, l’opera interrotta, diramando una circolare con relativa scheda a tutti i
Parroci della Diocesi, perché vogliano invitare i Fedeli a versare il tenue obolo di cent. 10 come unica
offerta. Siamo sicuri che tutti si faranno un dovere di concorrere ad un’opera così bella a maggior
gloria della nostra Religione. In questa rubrica pubblicheremo il risultato delle schede. Il titolo della
Chiesetta sarà della Vergine Santissima della Guardia che si venere in un santuario a Bologna. Ne
riparleremo33.
Nel numero di luglio si riparla della Cappella da dedicarsi alla Vergine della Guardia. Come per gli
articoli precedenti si riporta l’intero testo:
Per l’Erigenda Chiesetta sul Saragnano
Il Saragnano è una collina ubertosa a ridosso di Salerno, dove, tempo fa, il Can.co Nastri ideò
d’erigere un tempietto. Ma l’opera rimase incompiuta e così quelle quattro mura divennero, per la
solitudine, luogo di convegni non troppo leciti. Il Priore di A.G.P. Maggiore Sac. Fanchiotti, ad
evitare tale sconcio e a completare l’opera, ha diramato delle circolari a tutti i Parroci della nostra
Diocesi, nonché a quelli di Vallo pregando di raccogliere fra i loro parrocchiani l’offerta minima di
10 centesimi, assommando ogni scheda a Lire cinque. Già qualcuno ha inviata la scheda riempita ma
molti non si sono fatti vivi. Inculchiamo tutti i Parroci a corrispondere a tale nobile appello lanciato
da un collega zelante, qual’ è il curato Fanchiotti e affrettarsi a raccogliere l’obolo, perché non è
opera locale soltanto e d’interesse particolare, ma di utile comune e di vantaggio esclusivo della
nostra Santa Religione. Il Fanchiotti avrebbe potuto raccogliere privatamente le offerte e far
ridondare a sè tutto l’onore dell’opera; ma egli, umile per quanto zelante, ha reso pubblico il suo
pensier, facendo in modo che, rimanendo le singole forze, possa mettere in attuazione un progetto
sotto ogni punto lodevole. Il Tempietto, che sorgerà sulla collina, dedicato a Maria SS.ma della
Guardia, sarà quasi baluardo e costituirà meta di un pellegrinaggio annuale simile all’altro oramai
secolare di Maria SS.ma del Monte. Dal prossimo numero incominceremo a pubblicare i nomi con le
offerte relative di coloro che già hanno risposto al nobile appello34.
Purtroppo non sono state rinvenute ulteriori notizie. Si può ipotizzare che anche questa volta il tutto resterà
un semplice progetto. La cappella risulta con le 4 pareti in una foto degli anni ‘50 ma sprovvista di tetto.
La parabola discendente e il crollo della Croce
Da questo momento le notizie si fanno sempre più rade.
Nel 1968 su un giornale mensile di Cava de’ Tirreni: Il
Pungolo, un articolo titola: Per interessamento del prof.
Daniele Caiazza sarà realizzata la Salerno-San Liberatore che
gioverà anche a Cava.
Il professor Caiazza riuscì ad ottenere, dalla Giunta
Provinciale cinquanta milioni di lire per il primo stralcio della
strada che doveva congiungere Salerno a San Liberatore.
L’articolo risulta interessante perché recita: La strada partirà dai tornanti del Canalone…seguendo la
dorsale…raggiungerà la più lontana delle frazioni del capoluogo,
quella denominata Croce, per l’esistenza di una vecchia croce di
pietra e di una cadente chiesetta che certamente rivivranno di
novello splendore con il passaggio della prevista arteria35.
Il Castello del 1976 riportava un colloquio dei suoi giornalisti con il sindaco di Salerno, avv. Alberto
Clarizia. In quella occasione veniva richiesto l’intervento per la riparazione della croce in mattoni36.
Nel 1982, lo stesso giornale, pubblicava una segnalazione. Nell’articolo, del mese di giugno, veniva
riportata la preoccupazione per la stabilità del monumento. In quel periodo, infatti, erano in corso,
lungo la strada sterrata, gli scavi per la conduttura dell’acqua (una parte dei tubi è ben visibile ancora
lungo il percorso) e per trasformare la strada in carrozzabile. Nell’articolo si leggeva: Non hanno
provveduto a rinforzare le fondamenta del colossale monumento di pietra37. Si terminava con la
segnalazione all’Amministrazione comunale di Salerno per i provvedimenti atti a scongiurare la
caduta del monumento. Nel 1991 fu segnalata la grave situazione della croce. Le segnalazioni
purtroppo non ebbero un felice risvolto. Durante l’inverno tra il 1996 e il 1997 la croce del Saragnano
crollò. Quel “faro” dei salernitani e dei tanti cavesi che si recavano, in quell’angolo di paradiso, era
scomparso. Solo macerie e il vecchio scheletro in ferro erano visibili.
Nel 1997 la Prof.ssa Lucia Avigliano scrisse un articolo riguardante questo crollo.
La croce, foto inviata dal Sig. Massimo
la Rocca (foto 2)
La croce crollata, foto scattata nel Gennaio 1997, scatto privato della Prof.ssa Lucia Avigliano
Sulla distesa cerulea e splendente sotto i raggi del sole, si stagliava contro il cielo una croce in
mattoni, detta comunemente la Croce del Saragnano. Purtroppo bisogna usare il tempo passato,
perché la bella e poderosa struttura è crollata. Durante una delle furiose tempeste di vento dello
scorso inverno!38.
SIC TRANSIT GLORIA MUNDI!
Note
1. Pro Familia, rivista settimanale illustrata, numero speciale Natale 1900, p. 19.
2. Pro Familia, rivista settimanale illustrata, n. 14 del 6 gennaio 1901, p. 16.
3. Il Buon Senso, 1-1-1900, Biblioteca Provinciale di Salerno (da questo momento Provinciale), collocazione
DIV.SAL.PER B, 13 (da questo momento omessa perché uguale). Le croci commemorative dovevano
essere sistemate nel luogo più acconcio o la notte del 31 o la mattina del 1 gennaio. Le croci erano arricchite
di cento giorni di indulgenze. Le stesse avevano un prezziario: Croce di metallo bianco £ 3,50; Croce di
bronzo £ 7,75; Croce di bronzo antico-argentino £ 12,00.
4. Il Buon Senso, 15-4-1900, Provinciale. Parti pubblicate della lettera recitano: Noi spettatori e ammiratori
ti tanto movimento cattolico, non abbiamo potuto restarcene neghittosi, e, per dare sfogo a quello che
sentiamo, vi dirigiamo la presente, scritta con semplicità e senza ricercatezza di espressioni, per bene
delle vostre anime… con i mezzi morali di cui disponiamo, anche noi dobbiamo portare la nostra pietruzza
allo edifizio grandioso che si otterrà certamente, qual è il ritorno a Gesù Cristo, amarlo illimitatamente,
cooperarsi a farlo amare da tutti, confessarlo pubblicamente e non vergognarsi di predicarlo dinanti al
mondo intero. 5. Il Buon Senso, 15-5-1900, Provinciale.
6. La statua rappresentava il Redentore in atteggiamento svelto e leggiero tanto da sembrar volesse librarsi
in cielo. Ricevette diverse onorificenze: a Torino una medaglia di bronzo; a Roma due medaglie ed una
croce d’oro; a Biarriz un diploma d’onore con croce e medaglia d’oro; a Bordeaux un gran premio d’onore.
7. Il Buon Senso, 1-12-1900, Provinciale.
8. Il Buon Senso, 15-12-1900, Provinciale.
9. L’Irno, 12-12-1900, Archivio di Stato di Salerno (da questo momento A.S.Sa), collocazione BUSTA 39
(da questo momento omessa perché uguale). Madornale è l’errore dell’avvocato Domenico Apicella di
Cava de’ Tirreni. Nel 1993 scrisse: Croce di Saragnano è chiamata quella località nella quale, tra Cava
e Salerno, sorge quella monumentale croce di pietra… Tale croce sarebbe stata eretta dai monaci armeni
qui trasmigrati, e sarebbe stata edificata da altre tre croci, situate agli altri punti cardinali di
Salerno…Quella di Saragnano fu nel 1900 restaurata da Mons. Grasso a ricordo dell’anno Santo. La
notizia è stata riportata in Lucia Avigliano, I siti e le memorie, Cava de’ Tirreni, 2007, pp. 22-23.
10. L’Irno, 27-12-1900, A.S.Sa.
11. L’Irno, 31-12-1900, A.S.Sa.
12. Il Buon Senso, 1-1-1901, Provinciale.
13. Il Buon Senso, 21-1-1901, Provinciale.
14. La preghiera è riportata in appendice completa.
15. Interessantissime sono le ricerche del Sig, Carmine Iemma che sono riportate in appendice.
16. Il Buon Senso, 4-5-1901, Provinciale. Il giornale è consultabile anche all’Archivio Diocesano di Salerno
(da questo momento omesso).
17. Il Buon Senso, 13-7-1901, Provinciale. All’interno dell’articolo vengono richieste le offerte promesse per
poter pagare i lavori occorsi.
18. Il Buon Senso, 24-8-1901, Provinciale.
19. Corrispondenza di Valerio Laspro 1860-1914, Archivio Diocesano di Salerno, collocazione R63 BIS 48.
La lettera sarà allegata in appendice con trascrizione.
20. Il Buon Senso, 31-8-1901, Provinciale.
21. L’Irno riporta le 8 antimeridiane.
22. Il Buon Senso, 28-9-1901, Provinciale. L’Irno riporta l’inaugurazione nell’edizione del
27-9-1901.
23. Articolo di Enrico Manganella, vedi nota 22.
24. Probabilmente le firme furono inserite in un apposito contenitore e murate dietro la lapide. Da foto degli
anni ’90 si nota la mancanza della lapide e un incavo rettangolare. Forse è quello lo spazio dove venne
inserito il contenitore. Purtroppo il testo della lapide resta un’incognita. Probabilmente riportava l’anno
Santo con un richiamo all’opera dei salernitani e del comune di Acerno.
25. In Il Buon Senso precedente al 28-9-1901 viene riportato: Ci giunge notizia che da Baragiano arriverà,
domani, una rappresentanza del Comitato parrocchiale di S. Rocco. Lo rappresenta il Vice Presidente
Spadola ed altri due socii con il proprio vessillo, guidati dal R.mo Cantore D. Nicola Margiotta. Resterà
fra noi sino al dì 23, prendendo parte alla processione e all’inaugurazione della Croce.
26. Il Buon Senso, 5-10-1901, Provinciale. Discorso completo in appendice.
27. L’Irno, 27-9-1901, A.S.Sa.
28. Il Buon Senso, 1-10-1902, Provinciale. La stessa sera venne inaugurata un’artistica tela che rappresentava
da una parte il B. Gerardo Maiella e dall’altra il golfo di Napoli in cui Gerardo vivente salvò una barca sul
punto di perdersi. Luogo per la celebrazione: il largo di S. Gregorio.
29. Il Buon Senso, 3-3-1903, Archivio Diocesano di Salerno.
30. Si veda nota 15 e quindi appendice.
31. Il Buon Senso, 15-5-1904, Archivio Diocesano di Salerno.
32. Il Buon Senso, 1-6-1904, Archivio Diocesano di Salerno.
33. Il Buon Senso, 1-6-1912, Archivio Diocesano di Salerno.
34. Il Buon Senso, 10-7-1912, Archivio Diocesano di Salerno.
35. Il Pungolo, 6-1-1968, Provinciale, collocazione DIV.SAL. PER. A 38. L’accostamento della località Croce
alla croce monumentale è totalmente errata. All’interno dell’articolo si legge: I Baroni Quaranta che
hanno sempre sostenuto le ragioni e i diritti di sopravvivenza della “loro” croce.
36. Il Castello, aprile 1976, Biblioteca comunale di Cava de’ Tirreni. Incredibile la risposta del sindaco il
quale avvisava che non potevano provvedere perché la croce era di proprietà degli Adinolfi. Confusione
visto che gli Adinolfi sono i donatari della croce in ferro sulla cima di S. Liberatore.
37. Il Castello, giugno 1982, Provinciale.
38. I siti e le memorie, Lucia Avigliano, Cava de’ Tirreni, 2007, pp. 22-23. L’articolo è ripreso dal Il Castello,
marzo 1997, Biblioteca Comunale di Cava de’ Tirreni.
Segue la scheda tecnica
Scheda tecnica
Dai rilevamenti sulle macerie della croce, si risale ad una misura attendibile. La distanza tra il centro
dello sbraccio e l’apice della decorazione della stessa è di m 2,20. Partendo da questa misurazione è
stata presa in considerazione una foto degli anni ’60-’70 che ritrae la croce quasi in prospettiva
frontale all’osservatore (foto 9). Modificando il piccolo angolo di rotazione sull’asse verticale, è stata
elaborata un’immagine quasi del tutto frontale. Modificando la scala di lettura al CAD e con qualche
semplice proporzione matematica, risulta che la croce avesse
un’apertura massima sull’orizzontale di m 4,40 (unica misura
certa presa in loco) e un’altezza massima di m 9± 0,5. La base di
appoggio doveva superare i m 3 di lunghezza data la mole del
monumento. Un’ immagine degli anni ’40 circa (foto 1 in
articolo), la quale ripropone la croce nella sua interezza, ha reso
possibile un’idea delle misure della base di appoggio.
Il disegno in alto riporta le classiche tre viste estrapolate al CAD.
Nel comporre tale immagini ho tenuto in considerazione due
grandezze certe, la misura m 4.4 e la misura m 0.72, misurate sul
posto. Intenzione era quella di creare un progetto 3D, ma
l’incertezza delle lunghezze mi ha fatto desistere. Voglio
precisare che sono immagini puramente dimostrative ed
estrapolate matematicamente. La croce è stata costruita in più
step. La base è stata innalzata utilizzando materiale cavato dalle
rocce della zona di costruzione del monumento e aggiungendo
dei mattoni di tufo (foto 3), ben riconoscibili dai resti del
monumento (questi saranno gli stessi utilizzati per le mura della
Il retro della croce. All’interno è
individuabile la putrella e i vari
materiali usati (foto 3)
cappella), tenuti insieme da cemento. Come anima della struttura è stata scelta una putrella d’acciaio.
Il resto è stato composto da mattoni rossi che nella conformazione originale sono serviti anche da
copertura per la base “grezza” (basta confrontare la foto 1 e la foto 2). Dall’articolo del 28 settembre
1901, estratto da Il Buon Senso, si viene a conoscenza di una colorazione originaria bianca;
probabilmente la croce è stata tinta per meglio risaltare tra il verde dello sfondo. È ipotizzabile che i
mattoni utilizzati siano stati acquistati/regalati dall’industria SALID (Società Anonima Laterizi e
Industrie Diverse). Tale stabilimento venne fondato tra la fine dell’800 e i primi del ‘900. Ebbe vita
fino agli anni ’60-’70 del ‘900. La stessa industria nacque sulle spoglie della Società del Sebeto, una
finanziaria del regno Borbonico, che nel 1830 per combattere con le industrie tessili degli svizzeri,
realizzò un complesso che si affacciava direttamente sulla riva destra dell’Irno. Gli stessi mattoni
costituiscono l’arco della cappella del Saragnano.
La struttura in acciaio utilizzata per contorno e per
sostentamento della traversa (foto 5), è stata tenuta
insieme da una serie di bulloni (foto 6). Il marchio
(foto 4) ritrae una F e una V con il simbolo stilizzato
del Vesuvio nel mezzo. Indicano la società delle
Ferriere del Vesuvio. La foto del marchio (foto 4) è
stata scattata dal sig. Filippo Brindisi nel 2010. Lo
scatto è stata inviata dal sig. Giuseppe Nappo, il
quale ha riferito delle notizie che, lo stesso sig.
Brindisi, aveva rintracciato in un libro del Prisco.
Notizie più dettagliate sono state riscontrate dal sito:
http://bicentenario.provincia.napoli.it/faatinta.html il
quale riporta :
Molto diversa è la localizzazione dei grandi
complessi siderurgici e metalmeccanici che
caratterizzano la storia industriale di Torre
Annunziata: dotati di amplissimi spazi esterni ed interni, sorgono in posizione periferica, spesso
prospiciente al litorale. Il primo insediamento
industriale di questo tipo risale agli anni ’80
del XIX secolo, quando alcuni imprenditori e
finanzieri francesi (A. Natanson, R. Duchè, M.
Gaugnat, F. D'Hautpoul), fondano un
moderno stabilimento siderurgico dedito
esclusivamente al trattamento dei rottami di
ferro, denominato prima Natanson-Duchè &
C. e poi Ferriere del Vesuvio. Alla fine del
secolo le sue notevoli potenzialità, per la
vastità dell’area occupata, la relativa
modernità degli impianti e la vicinanza al
mare, attirano la Società anonima delle
ferriere italiane, uno dei maggiori complessi
siderurgici italiani, che lo acquista, lo amplia ulteriormente e lo ammoderna. Nel 1911 viene
incorporato nell’Ilva.
Transetto con il marchio F V, (foto 4)
Particolare struttura d’acciaio, (foto 5)
Particolare dei bulloni, (foto 6)
Dalla busta 761 (anno 1901) del notaio Murino Nicola di Salerno, risulta un atto che potrebbe parlare
della suddetta compagnia:
Angelo Fossati di Luigi ragioniere nato in Rosario di Santa Fé (America) e residente in
Salerno qual rappresentante della Società Vesuviana dei prodotti conservati con sede in
Salerno.
All’interno dell’atto sono riportati i prodotti della suddetta società con riferimento alle partite di
lamiere di ferro estero. L’atto è consultabile all’Archivio Storico di Stato di Salerno.
Particolare della struttura d’acciaio, è ancora visibile la parte terminale del transetto
Di seguito si riporta un’appendice
Alcune Foto
Foto inviata dal sig. Vincenzo Fariello
Foto privata, inviata dalla Prof.ssa Lucia Avigliano
Ricostruzione al CAD: come doveva apparire la croce in 2D
Vista frontale e laterale della croce.
Possibile immagine del monumento nel giorno dell’inaugurazione
La tomba di Laspro nel Duomo di Salerno
La statua del Redentore dell’artista Luigi Guacci di Lecce; Duomo di Salerno
Il luogo detto il “Saragnano”. Notizie del Sig. Carmine Iemma dell’archivio storico comunale
di Salerno. (Notizie inviatemi il giorno 8 Maggio 2017)
Da ricerche fatte nei documenti d’archivio in nostro
possesso nella Cat. X – Lavori Pubblici e
Comunicazioni ed in particolare nel Fasc. X – II –
14/2 dal titolo Strada Alessia – Croce –
Mantenimento (arco cronologico 1832 – 1933)
diverse sono le citazioni del Saragnano nei vari
documenti che riguardano principalmente la
manutenzione della strada di collegamento
Canalone – Alessia. Uno dei documenti più antichi
che cita tale toponimo è una “supplica” datata 11
Giugno 1832 a firma dei parroci e dei “naturali” dei
Villaggi di Alessia, Marini, SS. Quaranta e Dupino
facenti parte all’epoca del Comune di Vietri e
indirizzata al Sig. Intendente della Provincia di Principato Citeriore nella quale si evidenzia
l’importanza della strada di collegamento di detti Villaggi al Capoluogo ai fini del commercio e per
esercitarvi varie arti e mestieri e, a tal motivo se ne chiede la manutenzione. Il carteggio che scaturisce
successivamente precisa che il tratto da riattare è quello che principia dall’antica porta di S. Nicola
della Palma e attraversa in successione: il vallone appellato Canalone, il fondo del Sig. Pecoraro
(oliveto), il Casino del Sig. Michele Cont(o-e), e altro fondo del Sig. D’Alessio per giungere al
Saragnano in tenimento del Comune di Salerno. Il Decurionato con seduta del 19 Settembre 1832
per le scarse risorse non può effettuare tali opere e le rimanda quando le circostanze lo permetteranno.
Documento che assume particolare importanza è un avviso pubblico datato 16 giugno 1864 per
l’appalto della riparazione dell’antica strada che conduce al Villaggio Alessia, e propriamente dal
punto detto Canalone fino a quello denominato Cappella del Saragnano. La successiva delibera di
Consiglio datata 11 Luglio 1864 concede al Sig. Luigi Canale di Nocera Superiore per la somma di
Lire mille l’appalto dei lavori di riparazioni. È questa la prima notizia in cui troviamo la citazione di
“Cappella”. Di data contemporanea è il possesso del già citato “Casino” da parte Di D. Gaetano
Capone in cui abita il suo colono Saverio Avella, abile nei maneggi della zappa e del piccone e per
tal motivo gli viene dato l’incarico della custodia e manutenzione della strada da poco restaurata.
A questo punto l’ipotesi sulla costruzione della cappella del Saragnano potrebbero essere quella di
essere posta a servizio di una piccola comunità che orbitava in quella che era la più grande costruzione
del luogo, il citato Casino in origine proprietà Cont(o-e) poi Capone ed infine Giacchetti, posto al
centro di una vasta proprietà da gestire che richiedeva la presenza di un colono. L’arco temporale
potrebbe essere essere circoscritto tra le date dei documenti citati (1832 – 1864) poiché il primo cita
solo il toponimo mentre il secondo parla chiaramente della “Cappella del Saragnano”.
La preghiera del comitato per l’omaggio a Gesù Redentore
O Gesù, Signore delle Anime e Re Immortale dei Secoli, in quest’ora solenne, che unisce al Tuo
cospetto due età, deh! accogli propizio l’omaggio dei tuoi figli, ed esaurisci i loro voti, che sono per
la Gloria del Tuo Nome e per il Trionfo della Chiesa.
Deh! o Signore misericordioso, Tu, che sei chiamato il Padre del Secolo futuro, mostrati ancora
Padre del Secolo che sorge, e fa che in esso, cessata ogni avversità contro la Augusta Tua Sposa, la
La Cappella del Saragnano, foto privata
Santa Tua Legge si riconosca da per tutto nel tuo soavissimo impero, affinché affratellati i popoli
nell’unità dello spirito cristiano, possano formare, secondo la Tua divina promessa, un solo ovile
sotto un solo Pastore.
Così sia.
Lettera del Cardinal Rampolla a Mons. Laspro contenente il permesso papale.
Ill.mo e R.mo Signore
Ho riferito al Santo Padre il
foglio direttomi dalla S.V. Ill.ma e R.ma
li 17 del corrente mese e riguardante la
croce monumentale, che nel prossimo
mese di Settembre sarà innalzata sul
monte Saragnano in codesta archidiocesi.
Sua Santità, secondando di buon
grado la domanda di V. S., Le ha concesso
la facoltà d’impartire in tale circostanza la
benedizione Papale coll’indulgenza
plenaria da lucrarsi nel modo consueto.
Mentre reco ciò a sua conoscenza, godo
confermarmi con sensi di sincera stima di
V. S. Ill.ma e R.ma.
Roma 24 agosto 1901
Servitore
M. Card. Rampolla
Discorso completo di Mons. Valerio Laspro per l’inaugurazione della Croce
Su questo monte, il quale si leva sulla terra e sul mare e prospetta la vostra Città, voi, o miei cari,
avete voluto piantare questa Croce e dedicarla a Gesù Redentore, per inaugurare degnamente il
principio del secolo vigesimo di nostra redenzione, e per attestare ai presenti e ai futuri la vostra
incrollabile fede verso la nostra Sacrosanta Religione. Bene vi avvisaste, o dilettissimi, e a confermare
l’opera egregia da voi compiuta seguitemi per pochi istanti, meco percorrendo rapidissimamente col
pensiero il tempo e lo spazio, affine di riconoscere la storia stupenda e l’altissimo significato di questo
Segno misterioso e sublime, ch’è la Croce di Gesù Cristo, nostro Divin Redentore e Salvatore del
mondo. Circa otto secoli prima ch’Egli, vero Dio e vero Uomo, fosse venuto a trionfare, sulla Croce
e con la Croce, del peccato della morte e dello inferno, già il più grande dei Veggenti di Giuda, il
Profeta Isaia, aveva annunziato ai popoli, che un Segno, uno Stendardo sarebbe stato innalzato sui
monti, e che il Germe della radice di Gesse, che fu Gesù Cristo, avrebbe raccolto intorno a quel Segno
i dispersi e i fuggitivi d’ Israele, e che tutte le nazioni lo avrebbero su quel Segno invocato. Ma noi
dobbiamo spingerci anche più oltre con le ali del pensiero, ed arrivare sin là nel paradiso terrestre,
nel beante giardino in cui Dio creò ed aveva collocato i nostri Progenitori; ed ivi dobbiamo fermarci
innanzi a quell’albero maestoso, che si estolleva in mezzo dell’Eden e ch’era l’albero della vita. Ora
il gran Padre e Dottore della Chiesa, S. Giovanni Crisostomo, contemplò in quell’albero adombrato
il legno di Gesù Cristo posto a riscontro del legno di Adamo, l’uno legno della schiavitù e della morte,
l’altro legno della libertà e della vita: per lignum Adae servitus, per lignum Christi libertas, in primo
mors, in novissimo vita. Imperciocchè, commenta S. Bonaventura, sulla Croce pende ogni frutto della
vita, essendo Gesù Cristo l’albero della vita messo nel mezzo del Paradiso: in Cruce pendet omnis
fructus vitae quia ipse est arbor vitae, quae est in medio Paradisi. Ed eccoci presto giunti ad ammirare
simboleggiata la Croce sin dai primordii del mondp, la quale in ombre e misteri non solo apparve di
tempo in tempo al popolo di Dio, prefigurata quando dalla verga prodigiosa del condottiere e
legislatore Mosè, quando dall’asta di salvezza su cui fu affisso il serpente là nel deserto, quando nella
scala di Giacobbe che si stendeva tra il cielo e la terra,
quando nel bastone di David ed in altri emblemi dello
Antico Testamento; ma di tal Segno e figura misteriosa
passò la vaga notizia, per le loro antiche tradizioni, anche
ai Gentili ed agli altri popoli dell’uno e dell’altro emisfero,
dell’antico e del nuovo mondo, secondo che narrano i loro
storici ed esploratori. Eglino pure ci fanno testimonianza
del significato diverso e contrario attribuito, tra le varie
genti, al Segno della Croce, e chi l’ebbe come il tipo della
perfezione, dell’aspirazione ed elevazione al Cielo e della
immortalità; e chi come la espressione del pentimento e
della espiazione, e chi come la impronta della ignominia,
e chi come lo strumento del peggiore supplizio e della
morte più crudele. Ohimè! quel Segno dunque
rappresentato sin dai primordii dell’umana esistenza
dall’albero della vita erasi mutato dopo la colpa de’ nostri
Progenitori nel Segno della pena, della espiazione, del
supplizio, e della morte più crudele pe’ miseri figli di
Adamo, gementi sotto il truce impero di Satana e de’ suoi
seguaci lungo il corso di quaranta secoli, e sino a quando
non venne Gesù, il Divin Redentore. Egli, vera luce che
illumina ogni uomo il quale vive su questa terra, venne in mezzo al suo popolo, ma i suoi non lo
ricevettero. Ingombrati ancor essi dalle fitte tenebre che occupano l’intero mondo i perfidi Giudei
l’odiarono e lo perseguitarono sino a bandirgli la Croce. E non si accorsero quegli empii che, mentre
furibondi adoperavano le loro mani a consumare lo scellerato delitto, quelle mani lo servirono, come
osservò S. Leone: admisit in se impias manus furentium, quae dum proprio incumbunt sceleri
famulatae sunt Redemptori. Imperciocchè Gesù Cristo della Croce appunto si avvalse a redimere il
mondo, a debellarele infernali podestà, e a superare la morte, vincendo su di un legno l’antico
omicida, il quale su di un legno aveva procurato dell’uman genere la fatale ruina: ut qui in ligno
vincebat, in ligno quoque vinceretur. Alla Croce, invero, alludendo, presso il tempo della sua
passione, Egli aveva detto alle turbe: - adesso si fa il giudizio di questo mondo: adesso il principe di
Mons. Valerio Laspro, foto estratta da
Corrispondenza di Valerio Laspro 1860-
1914, Archivio Diocesano di Salerno
questo mondo sarà cacciato fuori ed io, se sarò levato dalla terra, trarrò tutto a me stesso: nunc
judicium est mundi, nunc princeps hujus mundi ejicietur foras: et ego si exaltatus fuero a terra omnia
traham ad meipsum. E parmi vederlo quel forte e onnipotente, inebriato di amore verso l’uman
genere, sua diletta fattura, parmi vederlo addossarsi la Croce ed ascendere sino alla cima del monte
Calvario; e quivi, quale sublimemente ce lo descrisse l’Apostolo, - scancellando il chirografo del
decreto ch’era contro di noi, toglierlo di mezzo ed affliggerlo alla Croce, e spogliati i principati e le
potestà infernali menarli gloriosamente in pubblica mostra, avevdo di loro trionfato in se stesso:
delens quod adversus nos erat chirographum decreti, quod erat contrarium nobis, et ipsum tulit de
medio, affigens illud Cruci: et expolians principatus et potestates traduxit confidenter, palam
triunphans illos in semetipso -. Gesù morendo sulla Croce uccise la morte: morte occisus mortem
occidit. Indarno i Giudei lo dissero scandalo, e i Gentili stoltezza. Egli, per contra, esaltato sulla Croce
trasse tutto a sé, come aveva predetto. Tremò la terra, impallidì il sole alla sua morte, e gli stessi suoi
carnefici scesero dal Calvario percuotendosi il petto e confessando: veramente era costui il Figlio di
Dio. Da quel momento la Croce da albero d’ignominia e di supplizio ridivenne l’albero della vita; e
fu ed è l’albero della virtù e della sapienza di Dio. Gesù risorse glorioso per no più morire, e la Croce
fu ed è il trofeo, il Vessillo, la bandiera della sua vittoria. Inalberando quella bandiera i suoi Apostoli
si sparsero prima pel vasto Oriente, ove il nostro inclito e glorioso Patrono S. Matteo si spinse sino
tra gli antropofagi a predicarvi Gesù Crocefisso; e l’Oriente fu prosciolto dalle catene di Satana, e,
disfatto il culto della immonda e crudele idolatria, que’ popoli, in virtù della Croce, si convertirono
alla vera Religione ed alla civiltà cristiana. Ma era nell’Occidente, o Signori, era in Roma, ove Satana,
il principe di questo mondo, aveva stabilito il baluardo del suo terrifico impero. Non vi era popolo
conosciuto, non terra esplorata su cui il popolo Romano
forte e pugnace, per gli altissimi futuri eventi e
ammirabili disegni della Provvidenza Divina, non
avesse esteso il suo potere, e fatto sventolare gli stemmi
delle sue aquile trionfatrici. Ma Roma, la Città invitta,
la Città sconfinata e gremita d’ogni sorta di genti,
mentre dominava a tutte le nazioni era addivenuta sotto
il giogo di Satana la serva di tutti i loro errori e di tutte
le loro abbominazioni, quale giustamente la descrisse il
Sommo Pontefice S. Leone. Ecco perché a Roma la
sapienza e virtù di Dio spinse il principe degli Apostoli
S. Pietro e S. Paolo, Apostolo e Dottor delle genti, a
combattere la suprema battaglia tra Cristo e Belial, tra
la Città di Dio e la Città di Satana, tra le schiere
de’seguaci del Crocefisso, e quelle degli adoratori degli
dei falsi e bugiardi. Quale spettacolo! da una parte
cinquanta Cesari idolatri l’uno dopo l’altro con migliaia
di feroci preconsoli sparsi nelle provincie del vasto
Impero Romano, pronti ai loro ordini, riempire le
prigioni di vittime innocenti, condannarle a perire di fame,
di sete e di ogni maniera di più atroci tormenti; e dall’altra,
uomini e donne incolpabili, teneri giovanetti, pudiche
verginelle, tentati, calunniati, straziati, spogliati de’ loro
beni, confessare imperterriti Gesù Crocefisso. Tre secoli di spietata ed ostinata persecuzione, ed in
tre secoli, milioni e milioni di martiri, che lieti affrontarono la morte per sostenere la loro fede a Gesù
Redentore. Il sangue de’ martiri intanto, o Signori, fu e sarà sempre seme di novelli cristiani, e perciò
cadde alla fine l’immane Colosso del paganesimo, comunque allora sostenuto da tutte le forze e le
Varie immagini del Mons. Valerio Laspro,
foto estratta da Corrispondenza di Valerio
Laspro 1860-1914, Archivio Diocesano di
Salerno
intelligenze mondane, e che, ora, imbellettito alla moderna i nani dell’epoca nostra si argomentano
stoltamente di rialzare: e cadde all’apparire della Croce di Gesù Cristo. Il sole un dì piegava
all’occaso, e l’immenso e fiammeggiante suo disco pareva come andare a porsi su uno de’ più alti
colli di Roma: e sul suo disco un’altissima Croce fu vista ancor essa smagliante di vivissima luce e
intorno a quella Croce furono lette le parole dai colori dell’iride a Costantino: in questo segno tu
vincerai: in hoc Signo vinces. E Costantino, il quale si era rivolto al vero Dio, preceduto dal Labaro
portentoso, comunque con forze ineguali vinse l’idolatra Massenzio; e la Chiesa di Gesù Cristo uscì
gloriosa dalle catacombe, e la Croce di Gesù Cristo fu salutata sui pinnacoli de’ Templi Cristiani, ed
il Vicario di Gesù Cristo acclamato nell’alma Città predestinata pel loco santo, e i Vescovi successori
degli Apostoli da lui mandati che apportarono ovunque nel mondo con la pace il lume ed il tesoro
della vera Religione e della vera civiltà. Ora poi sono già venti secoli, o Signori. In venti secoli quante
generazioni, quante vicende, quanti cangiamenti di persone e di cose, quante guerre, e quante
scoperte, quante nuove idee e nuove invenzioni, e quante sette, quante rivoluzioni, quante empietà
contro la Chiesa di Gesù Cristo! Ma gli errori e le eresie e gli attentati e le calunnie e le persecuzioni
a nulla valsero, e Cristo vive, e Cristo regna, e Cristo impera, e la Croce di Cristo alta sulla vetta del
Vaticano attrae le menti e i cuori a Colui che su questa terra lo rappresenta. Pur tuttavolta molti furono
e molti sono e compiangiamoli ancora noi, quelli che l’Apostolo S. Paolo chiamò, compiangendoli, i
nemici della Croce di Cristo: inimicos Crucis Christi. E sono quelli che l’anima col corpo morta
fanno: e, secondo si esprime l’Apostolo medesimo, sono quelli che vivono tutti attaccati alle cose
della terra, il dio de’quali è il ventre, e si gloriano della propria confusione; e la fine de’ quali, egli
dice, e la storia conferma, fu e sarà la estrema loro perdizione: quorum finis interitus!. Ma noi, o
dilettissimi, deh! lasciate che io mi affretti ad esortarvi con le parole dell’Apostolo, ma noi deh!
gloriamoci nella Croce di Nostro Signore Gesù Cristo, in cui è riposta la nostra salute, la nostra vita,
e la nostra resurrezione. Abbracciati alla Croce di Gesù Cristo se ora in questa vita mortale
partecipiamo ai suoi dolori e alla sua passione, trionferemo poi e regneremo insieme a Lui. La Croce
compendia e svela il grande e universale mistero nascosto dai secoli, quale lo appellò il Dottor delle
genti. La Croce è tale, osserva e insegna S. Agostino, la cui parte superiore tende e ci addita il Cielo,
per cui fummo creati; la inferiore sta e starà sulla terra e sovrasta i regni dell’abisso sin quando la
terra si avvolgerà intorno al sole, stat Crux dum volvitur Orbis, e le sue braccia si protendono verso
l’uno e l’altro polo del mondo, il che significa che la Croce sta e starà da per tutto: essa è la Cattedrale,
il Tribunale di Gesù Cristo, come l’appellano i ss. Padri e Dottori della Chiesa: e perciò sta pe’buoni
a loro conforto, insegnamento e salvezza, e pe’ malvagi a loro confusione e condanna. Ove si erige
la Croce di Gesù Cristo, conchiudo con le parole di S. Pier Damiani, ivi si annunzia la sua vittoria
contro il demonio. Bene dunque e saviamente vi avvisaste, o carissimi, piantando la Croce di Gesù
Cristo su questo monte a difesa e protezione della nostra Città e Diocesi e di tutta la nostra Regione:
salutiamola, veneriamola, celebriamola, e vinceremo. Vinceremo le tentazioni e le persecuzioni dello
spirito di abisso e de’ suoi proseliti: e quando essa apparirà dalla altezza de’ cieli, e sfolgorante di
gloria e di terrore precederà l’Uomo Dio Redentore, il quale, alla fine di questo mondo verrà a
giudicare i vivi e i morti, possiamo nutrire la ferma e dolce speranza di vederci raccolti alla sua destra,
e di udire dalla sua bocca: venite, o benedetti, a possedere il mio regno: E così sia.
(Il discorso è stato riportato integralmente e senza modifiche di caratteri)
Ma cosa resta della croce?
Oggi rimane qualche maceria della croce iniziale. L’estremità di un braccio è stato reciso, forse per
l’incolumità dei possibili passanti per la via della Valle.
Quello che resta…
Ringraziamenti
Si ringrazia:
I carissimi amici Michele Massa e Ferdinando Giordano del gruppo Cava storie che hanno
partecipato attivamente alla composizione di questo articolo rendendo le ricerche e la stesura meno
opprimenti;
L’amico Dott. Dario Cantarella per l’aiuto donatomi e per il disturbo arrecatogli;
Il Sig. Nappo e il Sig. Iemma per le tante notizie inviatemi;
Le Dott.sse Maria Manzo, Beatrice Sparano e Anna Paola Potenza, rispettivamente dell’Archivio
Storico comunale di Salerno, dell’Archivio Storico comunale di Cava de’ Tirreni e dell’Archivio
Diocesano di Salerno, per il gentilissimo aiuto e la massima diponibilità;
La carissima Prof.ssa Lucia Avigliano per la sua immensa disponibilità e per le foto inedite
prestatemi.
Grazie… 9 Giugno 2017