Andraz Museum Guida

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GUIDA

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Guida al Museo del Castello di Andraz, nel Comune di Livinallongo (BL)

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GUIDA

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useum

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Il castello appartiene al Demanio Pubblico dello Stato - Ramo Storico Artistico. I restauri sono stati eseguiti con finanziamenti totalmente erogati dal Ministero per i Beni Culturali secondo gli intendimenti della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Veneto Orientale tra il 1986 e il 2002 (tali finanziamenti sono stati pari a circa € 1.500.000,00).

Attualmente il castello è in concessione al Comune di Livinallongo del Col di Lana che ha realizzato l’intervento di allestimentocon fondi cofinanziati dalla Comunità Europea (Progetto INTERREG IV – TRANSMUSEUM per un importo pari ad € 356.382,35)

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Responsabile scientifi coMarino Baldin

Curatela scientifi ca documentazione archeologicaSandro Salvatori

Curatela scientifi ca“Cusano e il foro gnomonico” Giuseppe De Donà

Progetto e direzione lavori opere di restauro 1986-2002Marino Baldin

Progetto e direzione lavori coperture e percorsi 1990-2002Marino Baldin, Agostino Hirschstein, Francesco Da Rin

Calcolo strutturaleSiro Andrich, Agostino Hirschstein

Progetto e direzione lavori allestimento 2011Studio Marino Baldin, Venezia - Marino Baldin, Renato Cavallini

Responsabile dei lavori di allestimentoFrancesco Avoscan

Realizzazione degli interventi di restauroImpresa De Cian Albino s.a.s., Sedico (BL)

Fornitura materiali di copertura e percorsiReticolo spaziale Mero - ditta Mannesmann, GermaniaVetri - ditta Isoclima, Este (PD)Altre opere di carpenteria metallica - ditta F.lli Scarton s.n.c, Lentiai (BL), ditta Dal Pont Augusto, Sedico (BL)

Realizzazione allestimentoDitta Ambienti s.n.c., Belluno

Progetto grafi co Studio Kateo di Matteo Gazzola, San Vito di Cadore (BL)

Realizzazione grafi caTipografi a Ghedina s.n.c., Cortina d’Ampezzo (BL)

La realizzazione è stata possibile grazie ai fi nanziamenti diMinistero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Provincie di Venezia, Padova, Belluno e Treviso (lavori di restauro)

SOPRINTENDENZA PER I BENIARCHITETTONICI E PAESAGGISTICI

DEL VENETO ORIENTALE

REGIONE DEL VENETO PROVINCIA DI BELLUNO COMUNE DI LIVINALLONGODEL COL DI LANA

COMUNITÀ MONTANA CENTRO CADORE

COMUNITÀ MONTANA AGORDINA

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Servizi Forestali Regione Veneto (sistemazione della “Strada de la Vena”)Comunità Europea e Comune di Livinallongo del Col di Lana - Progetto InterregIV-Transmuseum (allestimento)

Materiale archeologicoMinistero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i BeniArchitettonici e Paesaggistici per le Province di Venezia, Padova, Belluno e Treviso

Ricerca storicaMarino Baldin

Ricerca storico-iconografi caMarino Baldin, Agostino Hirschstein, Lara Manente

TestiValeria Ardizzon, Marino Baldin, Cristina Colautti, Francesco Da Rin, Giuseppe De Donà, Agostino Hirschstein

DisegniStudio Baldin - Lara Manente

RenderingDario Ganz, Belluno

Foto e immagini (*)

Marino Baldin, Agostino Hirschstein, Lara Manente, Maurizio Tezzon

Plastici e modelliModello scala 1:50 - Agostino Hirschstein (collaboratori: Matteo Gazzola, Caterina Hirschstein, Luigi Hirschstein)Modelli scala 1:6660 e 1:625 - Antonio Venturelli

Progetto elaborazione grafi ca computerizzata e realizzazione multimedialeDario Ganz, Belluno

Altre opere per l’allestimentoProgetto anti intrusione - Plinio Balcon, BellunoTraduzione testi - Jacopo Hirschstein, Cortina d’Ampezzo (BL)Sistema anti intrusione - Alarm Engineering, BellunoSito web - Netech s.r.l., Longarone (BL)Fornitura e predisposizione audioguide - Soluzioni Audio di Luca Murer, Belluno

Hanno inoltre collaborato all’allestimentoJolanda Da Deppo (Comunità Montana Centro Cadore), Adriana De Lotto (G.A.L. Alto Bellunese), Sabina Ferrari (Soprintendenza B.A.P. del Veneto Orientale), Luciano Sabbedotti (Comunità Montana Agordina), FrancescoDa Rin ed Emilia Perego (liberi professionisti), Lorenzo Mar (libero professionista)

(*) Parte delle immagini ripropongono documenti esposti alla mostra “Il castello di Andraz e le miniere del Fursil. Un itinerario storico culturale nelle Dolomiti” tenutasi ad Agordo nel 1997 presso la Comunità Montana Agordina. Per tale lavoro hanno in particolare contribuito: Abbazia di Novacella, Archivio Diocesano di Bressanone, Archivio di Stato di Bolzano, Archivio di Stato di Venezia, Comunità Montana Agordina.

INTERREG IV

TRANSMUSEUM

CUP B28F08000040007Progetto realizzato nell’ambito di Interreg IV Italia/Austria 2007-2013 “TRANSMUSEUM.Rete museale transfrontaliera per la promozione dello sviluppo sostenibile”.Progetto cofi nanziato dall’Unione Europea mediante il Fondo Europeo per lo sviluppo regionale (Fesr).

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010 andraz museum - prefazione

016 storia del castello

030 i lavori di restauro

052 il progetto museologico

descrizione degli spazi interni

064 cortile zona archeologica068 galleria070 zona archeologica chiesa072 atrio d’ingresso076 cantina del vino zona archeologica078 magazzino al piano ingresso (cantina del formaggio)080 prigione degli uomini082 teca prigione084 magazzino o prigione delle donne086 atrio (”sala” - “losa”)088 magazzino delle granaglie (“caneva”)090 “segreta”092 “segreta” cusano e il foro gnomonico096 teca “segreta”098 atrio superiore o sala (“losa”)100 cucine102 soggiorni (“stue”)104 camera del capitano106 sottotetto e copertura

indice

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Nella pagina precedente e in quella a destra acquerelli di Edi Pezzetta

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Prefazione

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Andraz Museum

Il Museo, secondo gli intendimenti dell’Amministrazione di Livinallongo del Col di Lana, è stato concepito per promuovere la conoscenza del formidabile monumento e dell’ambito dolomitico circostante come espressione del locale patrimonio culturale legato all’area ladina dell’Alto Agordino, con riferimento alle opere inerenti l’estrazione del ferro, il trasporto, la fusione e alle attività connesse controllate dal Principe Vescovo di Bressanone. In particolare il Museo illustra le vicende storiche di Andraz con richiamo alle trasformazioni subite dal castello e dal territorio circostante, determinate dagli interessi vescovili nell’area compresa tra le miniere del Fursil a Colle Santa Lucia in Val Fiorentina, sino a Valparola in Alta Val Badia, dove erano ubicati i forni fusori. Tale impostazione ha permesso di contestualizzare le vicende del castello collegando il racconto al territorio. Il castello è infatti situato nel mezzo di uno straordinario percorso storico, che unisce di fatto le due più importanti realtà culturali presenti nell’area dolomitica, costituite dal Museo “Vittorino Cazzetta’’ (geologico-paleontologico e archeologico) di Selva di Cadore e dal Museo Ladino della Provincia di Bolzano a San Martino in Badia.Il progetto culturale è stato quindi predisposto pergarantire la più completa informazione ai visitatori

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1 1. Il castello di Andraz, prospetto sud2. Ingresso e chiesa3. Cortile interno

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senza incorrere in eccessi scenografici, comunque inadeguati a rappresentare vicende e situazioni in un edificio che già trasmette di suo straordinarie e inaspettate emozioni al visitatore.

Il Curatore Scientifico architetto Marino Baldin

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1 1. Il castello di Andraz, prospetto nord-ovest2. Ingresso e chiesa3. Cortile interno

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Il castello di Andraz verso il Sas de Stria e le Creste Gallina

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Storia del castello

Il Castello di Andraz sorge su un grande trovante trasportato a valle durante l’ultima glaciazione, in posizione dominante sulla vallata. Si tratta di un luogo strategico per il controllo delle vie provenienti da sud (Belluno, Agordo, Caprile), da nord (Bressanone e Castel Badia, San Martino in Badia, Valparola), da Ampezzo attraverso la sella di Falzarego.Da tale posizione era possibile traguardare la Rocca di Pietore a sua volta collegata visivamente ad altre fortificazioni (Solator a Selva di Cadore, Avoscan, ecc.) che permettevano il totale controllo delle strada che salendo da Agordo attraversava l’area dolomitica per giungere in Pusteria. Il sottostante Rio Castello costituiva presumibilmente il primitivo confinedel Patriarcato di Aquileia e quindi dell’areaveneto-cadorina rispetto all’area tirolese. I primicenni storici sono successivi al 1000; nel 1221 si sa che appartenne alla famiglia Schoneck (Colbello) che lo ottenne in feudo dal Vescovo di Bressanone. Rimase sino al XV sec. proprietà di vassalli alle dipendenze dei “Vescovi-Conti”. Il Vescovado di Bressanone se ne impossessò completamente nel 1416. Da allora, sino alla secolarizzazione imposta dal trattato di Parigi del 1802, il castello rimase di proprietà del Vescovo che lo utilizzò come sede di piccole guarnigioni militari poste sotto il comando di un capitano. Nicolò Cusano fu senz’altro l’ospite più illustre

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1. La ex chiesa costruita dai Comacini (1484-1488) sulle rovine trecentesche2. Particolare della struttura muraria dei merli3. Particolari dei setti murari della rocca4. Particolare prospetto sud della rocca5. Il castello visto dalla “Strada de la Vena” a sud-est

storia del castello

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di Andraz, in qualità di Vescovo di Bressanone prescelse la rocca, a garanzia della propria incolumità per lunghi periodi di soggiorno tra il 1457 e il 1460.Certamente il castello fu in età medievale un importante baluardo strategico militare che in condizioni normali ospitava al proprio interno un numero variabile di circa dieci, quindici persone tra servi e soldati, ma impiegando annessi e pertinenze poteva offrire ricovero a guarnigioni ben più numerose. Soprattutto dal '400 fu utilizzato per garantire gli interessi economici del Vescovo messi in pericolo dalla politica espansionistica di Venezia, alla ricerca di nuovi sbocchi nell’entroterra veneto; la zona dolomitica risultava infatti di grande rilevanza per la presenza di materie prime essenziali quali il legno e il ferro necessarie sia alla flotta che all’attività edilizia della Serenissima. In particolare nell’Alto Agordino era situato l’importante giacimento di ferro acciaioso del “Fursil”, nei pressi di Colle Santa Lucia, in un’area contesa alle popolazioni cadorine, che dal 1177 (editto di Federico I di Svevia Barbarossa) era stata accorpata ai territori vescovili della giurisdizione di Andraz.Il castello possiede una struttura straordinaria concepita in funzione dello sperone roccioso su cui giace.Si presume che tale caratteristica possa essere stata voluta da Corrado Stuck successivamente al 1350, anno in cui Guadagnino da Avoscan, signore del castello, fu costretto alla fuga perché alleatosi con i Veneziani. Lo schema distributivo interno è caratterizzato da piani sovrapposti che sfruttano l’inclinazione e la forma del masso, collegati da un solo corpo scala centrale. L’unico accesso alla rocca era garantito da una scala esterna in legno che poteva essere isolata attraverso un levatoio. I rifornimenti avvenivano invece con l’uso di un argano. La cinta

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1. I Vauz, area situata sul versantemeridionale del monte Pore, qui si aprivano le principali miniere

2. La “via de la vena” nei pressidi Col de Teba a Larzonei

3. La carta del Tirolo (AnichHuber 1774) con indicazione del percorso del ferro

4. Editto di Federico I di SveviaBarbarossa

storia del castello

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muraria merlata posta alla base del castello serviva a garantire un limitato avvicinamento del nemico e permetteva di fruire di uno spazio di servizio interno protetto. Originariamente l’ingresso al cortile doveva essere a valle, sul lato meridionale angolo sud - est, in relazione al più antico e importante percorso che ancora oggi sale da Cernadoi e che permetteva il trasporto del minerale di ferroai forni fusori del castello (“Strada de la Vena”).Del primitivo castello si sa molto poco: aveva certamente una base muraria in pietrame (ritrovata parzialmente durante gli scavi archeologici) ed era di dimensioni più contenute rispetto all’attuale, infatti non si estendeva su tutta la superficie del blocco di roccia; possedeva presumibilmente una struttura interna in legno ed era dotato di una protezione muraria a valle sotto il masso. Questa costituiva una primitiva “galleria” con sezione a forma di “A”, poi rimasta a presidio della rocca nelle ristrutturazioni successive, anche se con funzioni diverse.Da lì originariamente si accedeva al cortile interno situato ad una quota molto più bassa rispetto all’attuale, nell’ambito protetto da mura di una struttura difensiva piuttosto rozza, ricavata trai trovanti che contornano a nord il masso principale su cui era costruita la rocca. Il posto è quello dove è stato rinvenuto un primordiale forno fusorio per il ferro, di epoca successiva al 1178. La “galleria” è inoltre il luogo che presumibilmente ha dato origine al toponimo con cui ancora oggi conosciamo il castello.Andraz significherebbe infatti: cavità, antro.La ricostruzione storico architettonica di questo spazio fa intendere un luogo primitivo dove l’uomo trovava rifugio perché protetto dalle rocce aggettanti e da un particolare ambiente naturale.

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1. Ingresso alla galleria2. La galleria verso nord

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Si può leggere qui una lenta, interessantissima evoluzione del processo di antropizzazionedel territorio iniziato con i cacciatori mesolitici che ad Andraz stazionavano, successivamente proseguito con la formazione della prima fortificazione frai sassi dominata da una piccola rocca, continuato ancora con l’elevazione trecentesca del castello, i cui resti, più volte rimaneggiati nel corsodella storia, noi ben conosciamo e ammiriamo.In questo caso si tratta inoltre di un capolavoro assoluto di architettura medievale in cui l’uomo, attraverso una straordinaria elaborazione tecnica e culturale dei processi costruttivi, produce la nuova opera con un radicamento totale all’ambiente naturale e ai saperi che da questo derivavano. Solo uomini ancora completamente partecipi della natura possono infatti aver concepito la particolare architettura trecentesca del castello, realizzata sfruttando totalmente il sedime naturale e in perfetta simbiosi con lo stesso. Il castello trecentesco, molto diverso dal precedente, tuttavia conservava alcuni elementi della primitiva struttura e in particolare l’accesso che doveva avvenire da valle, in corrispondenzadella “galleria”, sul lato sud, verso l’angolo sud- est del cortile. Manteneva inoltre il passaggio segreto verso il torrente e una quota del cortile decisamente più bassa rispetto all’attuale, ottenuta pareggiandoi vuoti tra i sassi dell’area esterna con la costruzione di solai in legno composti da travi in larice affiancate. Nel 1484, quando i Maestri Comacini intervennero per ricostruirlo dopo un disastroso incendio, le quote dei cortili vennero livellate con il materiale dei crolli rialzando tutta l’area di circa tre, quattro metri.Fu allora che l’ingresso venne spostato ad ovest rendendo il tutto più scenografico e monumentale

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Altare della Santissima Trinità presso la chiesa curaziale di Andraz

storia del castello

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mentre nella vecchia torre con arcere posta a nord-ovest trovava spazio l’abside di una piccola cappella il cui altare seicentesco in legno dorato, di grande pregio, è ora collocato presso la chiesa del vicino abitato di Andraz.Il vecchio ingresso denominato Porta di San Raffaele venne chiuso costruendo al suo posto una torre angolare, priva però di reali funzioni difensive.La ristrutturazione ebbe luogo tra il 1484 e il 1488;fu opera dei Maestri Comacini Jacomo, Antonio ePedro, che ricomposero il castello quasi completamente in muratura con solide volte in pietrame legate a calce (“calce broada”) secondo un preciso capitolato dei lavori concordato con il Vescovo. Rispetto al precedente edificio venne certamente sostituito l’organismo delle scale, con adattamenti al distributivo interno e all’accesso, in questo caso spostato come posizione e come quota, sia nella rocca che nel cortile, ma soprattutto furono sostituiti i solai in legno dei vari piani presenti nella precedente struttura trecentesca.Altri lavori furono necessari conseguentementead un incendio che colpì Andraz nel 1516.Sono inoltre comprovati ulteriori interventi riguardanti la scala di accesso, originariamente non protetta dalle intemperie. Tali opere ben documentate e concluse nel 1599 dal Capitanodi Chiusole hanno compreso varie migliorie necessarie per l’utilizzo ormai prevalentemente residenziale della rocca, infatti, cambiate le originarie strategie militari, il castello era comunque un efficace presidio utilizzabile per funzioni amministrative. Di questo e dei successivi interventi di restauro resta ampia documentazione, composta da scritti e disegni conservati presso l’Archivio di Stato

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1. Torre a sud-est (1484-1488)2. Ingresso ad ovest (1484-1488)3. La scala trecentesca occultata dai “Maestri Comacini” (1484-1488)4. L’ ingresso trecentesco murato dalla ristrutturazione dei Comacini (1484-1488)5. La struttura voltata dei solai6. Modifiche interne dell’impianto scale7. Intonaci settecenteschi nella “segreta”

storia del castello

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di Bolzano, l’Archivio Vescovile di Bressanone e il Museo Ferdinandeum di Innsbruck.Gli ultimi lavori importanti risalgono al XVIII sec. ad opera del Capitano Georg Felix von Mayrhofer.Di tale fase sono molto evidenti le intonacature eseguite con rasatura di calce ad imitazione del marmorino veneziano. Dopo le guerre napoleoniche il castello non possedeva più alcuna rilevanza strategica in conseguenza, sia delle mutate condizioni politiche e militari, sia dell’esaurimento dell’attività estrattiva, conclusasi nel 1755. Il castello fu quindi venduto a privati che lo spogliarono del tetto, nonché degli arredi e delle suppellettili nel corso del 1851.Durante il conflitto del 1915 - 18 fu bombardato dalle postazioni austriache del soprastanteCol di Lana quando la zona fu teatro di unodei fronti di combattimento più cruenti di tuttala prima guerra mondiale.La sacralità del luogo, la concorrenza di più culture, la bellezza del paesaggio e la straordinaria conservazione dell’ambiente naturale ne fanno uno dei simboli di maggior fascino dell’area alpinaorientale: una sintesi di ciò che ha portato al riconoscimento dell’UNESCO delle Dolomiti quale “Patrimonio dell’Umanità”.

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1. 2. Il castello dopo la ricostruzione del 1484-14883. Il castello dopo i lavori di Bartolomeo Chiusole, 15994. Il castello di Andraz e le sue pertinenze al tempo del capitano vescovile

Bartolomeo Chiusole di Neuhof (1594-1603)Olio su tela. Bressanone, Museo Diocesano

5. Il castello in una rappresentazione del 1768

storia del castello

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1. 2. L’avanzamentodei crolli nel primo ‘900 e nel 1919

3. Il cimitero dei cadutidopo il primo conflitto mondiale

4. Il castello dopo il 19095. Il castello nel 1958

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storia del castello

Il castello di Andraz prima degli interventi di ricostruzione e protezione(disegni di studio)

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Il progetto di restauro conservativo

Gli interventi di restauro sono stati effettuatidalla Soprintendenza nel periodo compreso trail 1986 e il 2002 e sono iniziati con una seriedi opere provvisionali e un primo grossolano sgombero delle macerie di crollo all’interno della rocca. In precedenza, negli anni '70 erano state eseguite opere provvisorie di consolidamento che, se pur realizzate in assenza di indispensabili elementi conoscitivi, avevano tuttavia consentito di limitare i crolli negli anni successivi. Dopo il 1987 i restauri sono proseguiti di pari passo con campagne di scavo archeologico che hanno portato alla scoperta di strutture murarie poste circa tre metri al di sotto della pavimentazione in acciottolato, poi rivelatasi frutto di una importante sistemazione tardo quattrocentesca, ma soprattutto è stato ritrovato il primitivo forno fusorio protetto all’interno della cinta muraria, situato ai piedi della rocca. Nel 1996 è stato invece rinvenuto un secondo forno posto all’esterno della zona fortificata, in un’area prativa lambita dal Rio Castello e dal Rio Valparola denominata “Pra del Fourn” dove il materiale prima di essere fuso, subiva abbondante lavaggio per la separazione del minerale dalle impurità. Qui è anche localizzata una discarica frutto degli scarti della lavorazione, che si cela perché completamente coperta da terreno vegetale. Questo luogo è lambito

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I lavori di restauro

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dalle vecchie vie di comunicazione che permettevano il collegamento di Andraz alla miniera e ai centri abitati prima della costruzione della “Strada de la Vena”. Tale percorso ha costituito una delle scoperte più interessanti emerse con i lavori del castello e a questo collegati. Infatti nel 1558 Nicolò Madruzzo, fratello del vescovo Cristoforo Madruzzo, che apparteneva ad una nobile famiglia di Trento dedita all’attività mercantile, fece costruire questa nuova strada espressamente realizzata per facilitare il collegamento in quota tra i giacimenti del Fursil, il Castello e i forni fusori. Infatti i forni, un tempo situati nei pressi della rocca, dovevano essere spostati perché i boschi della zona, utilizzati come combustibile e sfruttati eccessivamente non fornivano una sufficiente produzione. Le nuove fornaci furono quindi costruite a Valparola prima, e Piccolino (Val Badia) poi, dove sono ancora esistenti i toponimi rispettivamente di “Ru de la Feriera” e “Al fourn”.Prima dei restauri il castello appariva estremamente danneggiato ma era pur sempre un documento architettonico originale, ricco di stratificazioni non ancora completamente interpretate. Risultava pertanto assolutamente urgente e prioritario un intervento di protezione di ciò che restava. La lunga stagione invernale e l’esposizione alle intemperie durante il corso dell’anno aumentavano visibilmente il degrado di tutte le superfici superstiti, tanto da far temere ulteriori crolli. Era quindi imprescindibile un lavoro di immediato consolidamento che doveva tuttavia essere seguito da opere per la copertura e protezione di ciò che restava.Il progetto di conservazione è stato predisposto dopo aver eseguito accurati rilievi architettonici comprensivi di analisi chimico fisiche delle malte e di analisi dendrocronologica e al carbonio 14 degli elementi

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1. 2. 3. 4.La costruzionedei ponteggi

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in legno. Inoltre è stata effettuata un’attenta ricerca archivistica comprensiva di verifica della documentazione iconografica disponibile. Sono quindi stati prodotti modelli di studio sui quali si è reso possibile quantificare i crolli, ipotizzare la copertura originaria, elaborare studi di fattibilità per le ricostruzioni e simulare modelli virtuali per le coperture. In particolare la costruzione di un primo modello in scala 1:50, realizzato anche in base alla lettura di specifici inventari relativi alla rocca e alla analisi comparata di edifici analoghi dell’area tirolese, ha permesso di capire pienamente le caratteristiche compositive, volumetriche, spaziali, la compenetrazione della rocca nel sasso, il sistema tipologico distributivo della stessa e contemporaneamente ha consentito di valutare correttamente l’entità dei crolli, che risultano essere per le parti murarie pari a oltre un terzo del volume del fabbricato e, per quanto riguarda le volte e i solai, la pressoché totalità. Inoltre la simulazione della copertura, della quale non rimane alcuna traccia, ha permesso di comprenderne l’altezza pari a circa 9,5 m, misurata dai merli alla trave di colmo, la volumetria pari a oltre 800 m³ e le caratteristiche architettoniche generali. Si è immediatamente evidenziato che la massa del volume di crollo e la conseguente perdita di informazioni circa indispensabili particolari costruttivi era tale da impedire comunque una pur ipotetica ricostruzione rigorosa del castello e della sua copertura. Inoltre, quale castello si sarebbe eventualmente potuto ricostruire? Quale era il castello originario? Quello dove visse il Cusano di cui si hanno pochissimi dati? Oppure quello del 1488? O quello del 1598 raffigurato

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1. I resti della cappellae cinta muraria

2. La rocca spigolo ovest3. Castello e cinta

muraria, vista da sud

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dal Chiusole? O quello del 1768 raffigurato dal Faber? Di fatto il rudere è un frammento in cui si conserva la validità intera dell’opera e quindi di tutte le stratificazioni pervenuteci che costituiscono la testimonianza materiale della storia di questi luoghi.La conservazione di tali stratificazioni doveva dunque essere elemento imprescindibile del progetto così da garantire la comprensione dell’evoluzione storico architettonica sopradetta, pur nei limiti dovuti all’impossibilità di conoscere la situazione precedente i crolli in modo esaustivo e con il dovuto rigore scientifico. Le considerazioni sopraesposte circoscrivevano l’entità dei lavori di ricostruzione e impedivano di realizzare un integrale rifacimento. Inoltre andava anche considerato che, se ci sono state delle ragioni per cui la rocca venne a suo tempo costruita, ci sono state pure delle ragioni per cui successivamente è stata distrutta. La necessità funzionale dell’edificio venne meno per cui fu utilizzato come luogo di recupero dei materiali più preziosi e come cava a cielo aperto di massi squadrati che ancora oggi svolgono la loro funzione altrove.Si è ben presto giunti alla determinazione che, stante la particolarità morfologica e tipologica di Andraz le modifiche e gli interventi necessari per utilizzare la rocca avrebbero potuto essere di grave danno per la stessa a causa dell’invasività di impianti e opere necessarie, anche in base alle vigenti norme di sicurezza e agibilità. Si è quindi partiti da presupposti di massimo rigore conservativo conseguenti ai seguenti concetti:– da un punto di vista di residuo di cultura materiale

il castello, proprio perché legato a degli usi specifici, rappresenta un valore documentario maggiore di quello costituito da altri tipi di espressioni artistiche;

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1. Le due cucine sovrapposte2. Fornetto del pane - particolare3. Ponteggi interni al castello per il restauro dell’Erker4. Ponteggi interni vano a sud-ovest5. 6. La camera del capitano

i lavori di restauro

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– un uso compatibile avrebbe costituito in ogni caso una garanzia di conservazione del bene culturale;

– la compatibilità d’uso, coerentemente con la storia stessa del manufatto andava relazionata anche ai costi relativi alle operazioni di restauro e di gestione;

– l’intervento doveva essere espressione di valorizzazione e di godimento pubblico non solo delle cose di interesse architettonico, ma anche dell’importanza storico ambientale che il castello custodiva e rappresentava.

Si trattava quindi di valutare quali interventi potessero essere idonei alla conservazione e alla possibile fruizione del castello nell’ambito di un recupero generale di Andraz all’interno di un progetto di riuso di ampio respiro, comprensivo anche delle miniere, dei percorsi e degli altri beni culturali presenti nella zona.Tra i lavori più significativi conseguenti alle scelte di conservazione adottate, vanno senz’altro citati il restauro del paramento, sia interno che esterno della rocca e le ricostruzioni murarie. Queste ultime sono state effettuate con prevalente funzione strutturale, ad esempio in tutti quei casi in cui era necessario ricucire e ammorsare setti in precaria situazione statica, spesso abbinando la ricostruzione a iniezioni di consolidamento e a inserimenti di barre in acciaio. In altri casi la ricostruzione è stata concepita con funzione di controventamento per murature soggette a pressoflessione, o ancora, conseguentemente alla predisposizione degli appoggi della copertura. Altre volte, come nel caso della foronomia della facciata sud, le ricostruzioni sono state progettate per riconnettere situazioni architettoniche di evidente fastidio visivo. Il rifacimento murario più complesso ha comunque riguardato le ricostruzioni perimetrali del lato nord necessarie per sostenere

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1. L’angusto ingresso della prigione degli uomini2. La segreta3. Rampa scale quattrocentesca con a destra l’ingresso alla prigione degli uomini4. Gli ambienti delle due cucine sovrapposte5. Particolare della cappa

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la spinta dei soprastanti setti murari posti a est e per dare stabilità alla torre nord, ma anche utili per rendere individuabile il reale perimetro della rocca, e percepibile la volumetria originaria. Si è provveduto a ripristinare il profilo esterno utilizzando le tracce di lavorazione del masso, a suo tempo adeguatamente scalpellato dagli antichi costruttori per creare un sostegno il più possibile piano per i muri in elevazione. Per evitare qualsiasi interpretazione o arbitrio sono stati poi collegati i punti certi ottenendo così il profilo di progetto. Analogamente si è proceduto per la ricostruzione della volta del locale ove attualmente è posizionata la biglietteria di ingresso. Le murature nuove, pur se realizzate con gli stessi materiali e le stesse metodiche, sono state separate rispetto al paramento murario originario con una lamina di piombo interposta nella zona di contatto. Inoltre presentano comunque una superficie più chiara, meno “patinata” dalla ossidazione naturale e, pur non disturbando nella visione di insieme, consentono anche ad un osservatore distratto di coglierne la distinzione. I materiali utilizzati sono quelli ottenuti dal recupero degli elementi di crollo. In particolare il pietrame è stato recuperato, vagliato e selezionato conseguentemente allo scavo nelle aree sottostanti e adiacenti alla rocca. Il pietrame di dimensioni maggiori è stato adoperato per la ricostruzione del paramento esterno, mentre il materiale minuto e meno regolare ha trovato utilizzo, come nelle murature originali, nella parte interna, senza per questo creare una muratura a sacco. Lo stesso è stato impastato con malta di “calce gettata”, appositamente predisposta in cantiere. Si è trattato di un lavoro sperimentale che ripropone una tecnologia dimenticata ma indispensabile in assenza di leganti cementizi,

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1. Consolidamento delle murature2. Rifacimento pavimenti in battuto di calce3. Particolare ricostruzione muraria4. Ritrovamento e restauro pavimentazioni5. Ritrovamento e restauro del pozzo6. 7. Particolare costruzione copertura in vetro

i lavori di restauro

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infatti lo spessore delle murature avrebbe impedito la naturale carbonatazione della calce e la conseguente presa e indurimento delle malte. Il riutilizzo di questa tecnica, che forse per la prima volta è stata riesumata in un intervento di restauro, si è reso possibile con prove sperimentali in cantiere che hanno previsto lo spegnimento della calce viva al momento dell’impiego. La validità di questa tecnologia, peraltro documentata da Vitruvio nel suo “Libro su l’Architettura” e da Palladio “calde broada” è risultata evidente in seguito a specifiche analisi di laboratorio compiute su campioni prelevati dalle murature realizzate. Si è inoltre proceduto al restauro di tutti i paramenti esterni sigillando i bordi delle porzioni di intonaco distaccate ed eseguendo successivamente iniezioni di consolidamento con boiacca a fluidità variabile, a base di calce idraulica desalinizzata. Si sono quindi ricostruite, dove necessario le malte di allettamento e gli intonaci procedendo con un sistematico controllo simultaneo ravvicinato e a distanza che ha consentito di calibrare gli interventi nel modo ottimale per non alterare con operazioni arbitrarie e formalmente discutibili l’attuale consistenza e identità delle facciate. Le pietre, soprattutto nelle zone di maggior degrado o di maggior interesse strutturale, sono state consolidate, a seconda dei casi, con resina poliestere o con iniezioni di resina epossidica, utilizzando la prima per l’incollaggio di esfoliazioni superficiali e la seconda per incollaggi e consolidamenti strutturali. Le pietre sono state poi trattate con impregnazione ripetuta di silicato di etile in considerazione dell’eccezionale esposizione agli agenti atmosferici e della difficoltà di successivi interventi manutentivi. Sui merli è stata invece progettata una specifica protezione. Si tratta di una copertina, sperimentata in cantiere

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Il progetto della copertura e dei nuovi percorsi

in diverse varianti, e poi realizzata in forma definitiva impiegando resina elastomerica bicomponente ancorata alla muratura tramite rete in acciaio inox, bloccata con perni del medesimo materiale, ricoperta prima del completo indurimento con malta di cemento lisciata e rifinita con copertina di sacrificio in malta di calce pigmentata e con trattamento idrorepellente. Il restauro si è concluso con la registrazione pittorica ad acquerello delle nuove malte e con la stesura del protettivo silossanico su tutte le superfici.

La rocca vista dall’esterno, si configura come un oggetto estremamente emblematico in cui la linea di separazione tra il masso erratico e le murature di pietrame sembra definire una simmetria in cui il castello si rispecchia nel monolite di pietra. Potremmo dire, quasi che l’architettura dei ruderi, in questo caso sinonimo di cultura, si confronti con la natura rappresentata dal sasso. Così, scartata l’ipotesi di realizzare la copertura “originaria”, si è deciso per una soluzione che rispettasse al massimo l’edificio esistente e fosse di conseguenza la più discreta possibile, nel tentativo di conservare pienamente le testimonianze superstiti dei saperi tradizionali e delle tecniche costruttive originarie. Si è inoltre considerato imprescindibile il mantenimento degli attuali profili ovvero dello skyline che il castello possiede anche in conseguenza degli importantissimi risvolti paesaggistici così da non modificare il rapporto, estremamente significativo, tra l’oggetto dell’intervento e il contesto in cui è inserito. La silhouette dei ruderi può infatti definirsi una quinta del teatro dolomitico, stagliata sullo sfondo del Lagazuoi e del Sas de Stria. Da questa prima intuizione sono derivate le successive. Così, se il castello di pietra è “pesante”, la copertura

i lavori di restauro

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doveva essere “leggera”, se il castello nella sua unicità e riconoscibilità è strettamente avvinto al luogo in cui sorge, l’intervento doveva possedere la massima neutralità, contrapponendo all’andamento organico della rocca una griglia geometrica che nella sua rigidità permettesse la percezione del piegarsi delle murature, del loro discostarsi dall’ortogonalità a cui siamo abituati e che rappresenta inequivocabilmente, unita alla riproducibilità tecnica, una cifra del presente. Naturalmente queste intenzioni hanno fatto affiorare alcune connessioni importanti. Innanzitutto, attraverso il rapporto linguistico instauratosi, basato sull’assoluta differenza tra le preesistenze e la tecnologia usata si sarebbe mantenuta inalterata la leggibilità del testo architettonico pervenutoci. La struttura prescelta ha infatti la prerogativa di poter essere installata prevedendo solamente alcuni, ben calibrati, appoggi puntiformi sufficienti a sostenerla (n. 14 appoggi di cui n. 1 a cerniera vincolato in tutte le direzioni e n. 1 a carrello svincolato in una direzione), e dando inoltre la possibilità di ottenere tramite mensole a sbalzo altrimenti impossibili, il maggior aggetto sui crolli. Ciò ha evitato le ricostruzioni altrimenti necessarie fornendo la massima trasparenza possibile. Sulla struttura portante così realizzata (reticolo spaziale “Mero - Mannesmann”) è stato sovrapposto un serramento metallico che appoggia solamente sui nodi rigidi (della “Mero”) tramite un giunto a cono , regolabile con estrema precisione anche successivamente al montaggio del serramento, e ciò per poter meglio definire le pendenze minime necessarie al deflusso delle acque meteoriche e diffusione della neve. L’esito finale è stata la realizzazione di una copertura in ferro e vetro modulare secondo la dimensione massima possibile data dagli appoggi

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1 1. Passerella di accesso2. Protezioni e percorsi zona archeologica ex-chiesa3. Protezione vano nord-est della rocca

i lavori di restauro

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e dai sovraccarichi ipotizzati (800kg/m²). Tale copertura, di dimensioni pari a m² 210, è costruita con tubi zincati a caldo di vario dimensionamento rispondenti alla natura delle sollecitazioni, e da serramento metallico tamponato con lastre di vetro temperato extra chiaro realizzate in pannelli con laminazione di film poliuretanico ad alta resistenza alle basse temperature e choc termici, giuntati al telaio con guarnizioni di neoprene e sigillati con silicone elastomerico ad alta resistenza. La quota di calpestio delle nuove coperture corrisponde esattamente a quella delle tracce dell’ultimo solaio preesistente, ovvero, nel caso della rocca, al livello che rende possibile l’affaccio dai merli. Un sistema di passaggi per il pubblico garantisce l’accesso e la visitabilità della rocca. Le scalette ove possibile si adattano alla struttura esistente, in taluni casi sovrapponendosi alle parti originarie, evitando così la loro ulteriore usura. In altre situazioni, invece, sostituiscono le scale mancanti con percorsi che possiedono una logica alternativa non dettata dalla tipologia originaria, ma dalla necessità di rispettare le strutture superstiti. Tali percorsi permettono la completa accessibilità dal cortile sino alla copertura vetrata da cui è possibile ammirare uno straordinario paesaggio e la sottostante visione degli spazi interni e della loro sequenza stratigrafica. Una particolare attenzione è stata posta per la realizzazione del progetto della scala esterna che, inerpicandosi sul sasso, consente di raggiungere l’originario atrio d’ingresso. Questa infatti è stata modellata in modo da assecondare il sasso e da risultare, per quanto possibile, poco visibile permettendo comunque la percezione ravvicinata di interessantissimi particolari costruttivi

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1. 2. 3. 4. 5. Percorso di visita

i lavori di restauro

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del castello, e riproponendo l’uso dell’originaria prima rampa costruita da Bartolomeo Chiusole nel 1598 - 99.A posteriori, e poiché la scrittura è già, di per sè, un sistema di razionalizzazione del reale, sembrerebbe che tutto fosse stato ben chiaro fin dall’inizio, mentre questa presunta premeditazione non da ragione della fatica con cui si è pervenuti al progetto.

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1. Copertura della rocca vista interna2. Copertura in vetro3. Copertura e protezione muraria - particolare4. Reticolo spaziale di copertura della rocca5. Copertura della ex-chiesa6. Copertura della ex-chiesa - particolare

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1. Gli arch. Agostino Hirschstein e Marino Baldin sulla copertura in costruzione2. Gli arch. Francesco Da Rin e Marino Baldin sotto la volta dell’attuale biglietteria3. Operai e tecnici a pranzo nella “cucina del capitano” a fine lavori di restauro,

in primo piano il sign. Carletto De Cian e l’arch. Guglielmo Monti Soprintendente4. Il primo modellino di studio trasportato al castello5. Il signor Albino De Cian controlla l’impasto della “calce broada”

i lavori di restauro

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Il progetto museologico

Il Museo illustra in particolare le trasformazioni architettoniche del castello, dalla sua primitiva costruzione sino ai giorni nostri. Ciò avviene (necessariamente in forma schematizzata e semplificata) attraverso una proiezione multimediale realizzata allo scopo e proiettata nella saletta appositamente dedicata, ricavata all’interno della stanza voltata esistente al secondo livello della rocca (“caneva delle granaglie”). Con analoga finalità è stato predisposto il modellino del castello e della cinta muraria che è esposto all’interno del castello, al piano inferiore, nei pressi dell’ingresso in una posizione dominante, lungo il percorso di visita. Il modellino illustra fedelmente la situazione attuale e l’ipotesi ricostruttiva corrispondente al castello esistente dopo il 1599. Il modello è installato su una base motorizzata che ne consente la rotazione e che quindi permette la completa visibilità dell’opera. Altri modelli sono poi collocati al terzo livello, nella stanza denominata “la camera del capitano” da cui è possibile godere una splendida vista sul paesaggio. Si tratta infatti di due rappresentazioni, a diversa scala, del territorio circostante il castello e del proprio ambito di pertinenza, utili per comprendere sia la particolare localizzazione, sia la morfologia e le caratteristiche dell’area. La completezza delle informazioni è inoltre

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Il castello di Andraz dopo il XVI secolo (disegni di studio)

il progetto museologico

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Il progetto multimediale

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garantita sia dai pannelli e dai disegni esposti nelle varie sale, sia dalle illustrazioni dello scavo archeologico e dei reperti più significativi esposti nelle teche, emersi durante i lavori nel castello. Si tratta sia di pezzi che bene illustrano le vicende della lavorazione del ferro e del suo uso, sia di reperti utili alla comprensione delle vicende di vita quotidiana che si svolgevano ad Andraz.Il progetto museologico si avvale anche di un particolare approfondimento relativo al castello e alla storia del Cardinale Nicolò Cusano, insigne umanista, scienziato del primo rinascimento e Vescovo di Bressanone. In questo caso è illustrato un possibile studio di gnomonica forse eseguito dallo stesso Cusano ad Andraz. Sulla parete sud della “segreta” esiste infatti un foro di probabile utilità per studi di carattere astronomico, tesi avvallata da un interessante lavoro di Giuseppe De Donà.

Le trasformazioni del Castello di Andraz, riassumibili nelle seguenti fasi più significative:– impianto originario dell’XI sec.;– rifacimento trecentesco (forse ad opera

di Corrado Stuck dopo il 1350);– ristrutturazione ad opera di Maestri

Comacini eseguita tra il 1484 e il 1488;– restauro con modifiche ad opera

del Capitano di Chiusole nel 1598-99;– restauro con modifiche ad opera

del Capitano Mayrhofer nel corso del 1723, ancora oggi visibili nelle tracce della tessitura muraria non consentono di percepire i rinnovamenti nella loro interezza.

L’elaborazione grafica computerizzata proposta nel Museo vuole colmare questa lacuna illustrando

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1. Il sito prima del mille2. Il castello dopo il 10273. Il castello dopo il 13504. Il castello “dei Comacini” 1484-14885. Il castello di “Bartolomeo Chiusole”6. Il castello prima dei restauri del 19867. Castello dopo i restauri del 1986-2002

il progetto museologico

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1. 2. 3. Renderingdi progetto

4. Rendering statoattuale del castello

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il progetto museologico

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La progettazione dei modelli

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con varie immagini i castelli che si sono susseguiti ad Andraz nei diversi periodi e ciò che resta della loro presenza. La proiezione propone la storia delle vicende architettoniche del castello, ivi compresa la fase dei crolli e il successivo intervento di restauro, con ricostruzioni virtuali sia della situazione generale esterna, sia degli spazi interni.

Il modello in scala 1:50 è stato realizzato in polistirolo ad alta densità e balsa. È costruito secondo piani orizzontali assemblabili e dotati di incastro in legno. Mostra la situazione del castello voluto dal Capitano di Chiusole nel 1598 ed è quindi comprensivo del rinnovo della scala esterna e della sua copertura eseguita come miglioria rispetto al precedente impianto architettonico attuato dai Maestri Comacini nel 1484 - 1488. Appare sezionato sia nella chiesa che nella torre nord, così da illustrare anche le parti interne. Possiede colorazione bianca, sia in corrispondenza delle emergenze in pietra che sulla rappresentazione delle murature originarie ancora esistenti. È invece dipinto con colore tipo dolomia in quelle parti che costituiscono l’ipotesi ricostruttiva. I modelli realizzati per rappresentare le caratteristiche morfologiche e geografiche dell’ambito di riferimento del castello in scala 1:6660 e 1:625 sono costruiti con fogli sovrapposti di “forex-pan”, tagliati secondo le linee di livello con un pantografo computerizzato. Riportano informazioni essenziali individuate con simbologia colorata ripetuta su specifica legenda. In particolare sono leggibili la “Strada de la Vena”, dalle miniere del Fursil di Colle Santa Lucia sino ai forni fusori di Valparola e, nel modello più piccolo, quello che doveva essere l’antico confine del Patriarcato di Aquileia nei confronti dell’ambito Tirolese.

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11. Plastico a scala 1:6660 del territorio compreso tra la Valparola e la Val Fiorentina2. 3. Particolari che evidenziano i centri abitati e il percorso della “Strada de la Vena”

il progetto museologico

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Le sezioni costruttive del modello e il loro assemblaggio

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1. Il modello in scala 1:50 del castello di Andraz, fine XVI secolo2. 3. 4. 5. Particolari del modello: il giroscale, le volte, la ruota dell’argano,

la carpenteria del tetto della chiesa

il progetto museologico

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Descrizione degli spazi interni

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Il castello di Andrazdopo il XVI secolo,spaccato assonometrico(disegni di studio)

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Le opere oggi visibili sono conseguenti agli interventi edilizi frutto della costruzione trecentesca e della ristrutturazione effettuata dai maestri Comacini tra il 1484 e il 1488. Durante i lavori di rimozione delle macerie sono emerse in particolare sia la pavimentazione in pietra della zona di ingresso, sia l’acciottolato del restante cortile interno. Inoltre l’eliminazione dei materiali di crollo ha portato alla scoperta della rampa di scale voluta (e disegnata) da Bartolomeo Chiusole tra il 1594 e il 1598. Le quote attuali delle zone di ingresso e dei cortili sono comunque quelle della citata ricostruzione quattrocentesca che hanno portato al livellamento del sedime più antico e al riempimento dello stesso con l’utilizzo dei materiali di crollo. Su tale sedime sono state eseguite accurate indagini archeologiche necessarie per la comprensione della situazione originaria di Andraz.Tra i rinvenimenti archeologici più significativi vi è il residuo di un forno fusorio per l’estrazione del ferro dal minerale proveniente dalle vicine miniere del Fursil (oggi Monte Pore) nei pressi di Colle Santa Lucia.L’analisi delle strutture residue permette di ipotizzare che l’impianto comprendesse un muro in pietra (A), una fossa antistante il forno (B) rivestita con materiale refrattario e foderata sui due lati con lastre di pietra e una piattaforma di lavoro in pietra (C) posta

Cortile zona archeologica

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Sgombero delle macerie di crollo e ritrovamento del selciato quattrocentesco

descrizione degli spazi interni

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11. Rilievi e disegni delle ricerche archeologiche2. Rilievi e disegni di progetto3. Cortile - scala di accesso alla rocca e sottostante locale voltato

Sezione con strutturamuraria del forno fusorio

Xi-Xii secolostrati di riporto

Xii-Xv secolostrutture forno fusorio

ROCCIA

CROGIOLO

ROCCIA

CD

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1488-1494strati di riempimentoe livellamento deimaestri comacini

Xvi secoloacciottolato

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al margine Sud della fossa dove sono stati recuperati numerosi frammenti di bicchieri in ceramica. È probabile che l’area fosse coperta da una struttura lignea, testimoniata dal rinvenimento di buche (D) per l’alloggiamento di pali portanti. Questo tipo di forno fusorio è riconducibile a quello denominato “alla catalana” in uso nel Medioevo.I reperti sottostanti la struttura hanno consentito di datare l’utilizzo dell’impianto produttivo tra la fi ne XII e la metà XV secolo.

Pianta delle strutture collegateal forno fusorio

Esempio di forno fusorioalla catalana (sezione)

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descrizione degli spazi interni

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1. Particolare galleria verso nord2. Particolare ingresso galleria dal lato interno3. Particolare galleria lato est4. Particolare ingresso galleria dal cortile lato sud

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Galleria

È la parte più antica del sistema fortificato.Si tratta di un’area protetta dallo spiovente del sasso e sin dalle origini chiusa da una possente muraglia difensiva. La “galleria”, prima della ristrutturazione del 1484 - 1488, serviva anche da accesso al castello attraverso la porta detta di San Raffaele. La “galleria” era infatti collegata al cortile interno posto ad una quota molto più bassa rispetto all’attuale. Esternamente vi si accedeva dal vecchio percorso “della vena” che ancora oggi sale dal borgo di Cernadoi. Nella “galleria” era anche situato il passaggio segreto utilizzato nel 1350 da Guadagnino da Avoscan per la fuga.

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descrizione degli spazi interni

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2 1. Vista interna della ex chiesa e della relativa zona archeologica2. Schizzi di Rilievo e particolari del progetto

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È una delle aree di maggior interesse dell’ambito fortificato di Andraz perché, attraverso le numerose trasformazioni del tessuto murario illustra i cambiamenti della vita al castello, dall’epoca della prima formazione medievale sino ai più recenti interventi settecenteschi. Si tratta di una zona di servizio compresa all’interno della cinta muraria. In un primo tempo in questo luogo trovavano spazio fornaci di lavorazione del ferro e attività artigiane successivamente spostate all’esterno. Con l’intervento del 1484 - 1488 le quote dei cortili vennero innalzate e realizzato il pozzo. Fu allora che la torre a nord ovest divenne abside di una piccola chiesa (la cappella originariamente era posta all’interno della rocca) il cui altare ligneo è ancora conservato presso la curaziale del paese di Andraz.

Zona archeologica chiesa

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descrizione degli spazi interni

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Questo luogo nel 1986, prima dell’inizio dei restauri, appariva completamente ricoperto di macerie. Da qui è iniziata la delicata azione di recupero che ha permesso, come se si trattasse di un profondo scavo archeologico, il ritrovamento della struttura superstite del castello. L’attuale accesso è situato in una zona di ricostruzione della muratura, resasi necessaria per migliorare l’assetto strutturale dei ruderi e per facilitare la comprensione dello spazio interno. La posizione dell’entrata è quella della ristrutturazione quattrocentesca. Quello che si può ammirare è infatti l’impianto architettonico ideato dai “Comacini” durante il rifacimento del castello avvenuto tra il 1484 e il 1488. A loro si deve il muro di spina che separa la scala dalla restante area d’ingresso e il sistema voltato che costituisce l’ossatura del castello oltre che una formidabile difesa contro gli incendi (il precedente edificio trecentesco, andato distrutto, doveva invece possedere impalcati prevalentemente in legno). Tale muro unitamente al ridossamento eseguito sulla torre, a destra entrando, garantiva un adeguato appoggio alle volte che ancora oggi sono parzialmente visibili oltre la scala a sinistra dell’ingresso. L’atrio permetteva tra l’altro l’accessibilità alle due cantine (del vino e del formaggio) ricavate a nord e a sud, a livelli diversi conseguenti alla natura del sasso su cui il castello appoggia.

Atrio d’ingresso

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Particolari nella zona d’ingresso

descrizione degli spazi interni

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4 1. 2. Particolari dell’accesso alla “cantina del formaggio”3. 4. Accesso verso alla “cantina del vino” (zona archeologica della rocca)

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Sono da notare:– lo straordinario adattamento di tutta la struttura

muraria rispetto all’andamento naturale della roccia che si presenta come un grande piano inclinato;

– i gradini della stretta scala quattrocentesca interamente conservatasi, ivi comprese le pedate in legno;

– la scala trecentesca in pietra, visibile anche al di sotto del grigliato di pavimentazione, ricavata in parte sulla viva roccia sino alla originaria soglia d’ingresso;

– le due scatole lignee incluse nella muratura della torre al di sopra dell’ingresso trecentesco che garantivano lo scorrimento delle funi del levatoio.

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descrizione degli spazi interni

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Il castello si sviluppava per tutta l’altezza anche a nord in quello che ora appare come un vuoto indefinito perché tutto è quasi integralmente crollato. Questa zona, che fin dalle origini ospitava dispense e cantine, nonostante i pochissimi resti, ha fornito le più importanti informazioni sull’esistenza del primitivo castello databile all’XI - XII sec. dove era vissuto Guadagnino da Avoscan. Il potente muro trecentesco che chiude l’affaccio ai crolli taglia infatti una precedente struttura muraria che individua un diverso perimetro (ora protetto da un’apposita copertura in vetro). È interessante notare i resti della pavimentazione in battuto di calce (“somassa”) che cela al proprio interno la sede per un elemento in legno di struttura composita.

Cantina del vinozona archeologica

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Vista dal’alto con il vetro di protezione della pavimentazione originariadel XI-XII secolo

descrizione degli spazi interni

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1. Vista dello spaccato interno2. Particolare costruttivo delle volte3. Particolari delle buche pontaie

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La stanza, già presente nel primitivo impianto trecentesco, è parzialmente ricavata nella roccia sul lato sud-ovest, nella parte più bassa del piano inclinato su cui poggia il castello. I solai dell’originale struttura trecentesca dovevano essere in legno ma, dopo l’intervento di restauro quattrocentesco, questa risultò completamente voltata. Sono da notare l’affioramento di roccia abbondantemente scavato e lavorato, la pavimentazione in battuto di calce (“somassa”)ancora originaria nella nicchia della finestra trecentesca, la stessa finestra trecentesca con arcera originale e, soprattutto, il formidabile spaccato degli interni che la rendono una delle sale più interessanti del castello. Le teste in legno superstiti costituiscono il residuo del ponteggio utilizzato durante la costruzione, mantenuto come opera morta all’interno della struttura muraria una volta ultimata la fabbricazione del muro e la sua intonacatura. Tali elementi superstiti sono stati analizzati per determinarne la datazione.

Magazzino al piano ingresso(cantina del formaggio)

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descrizione degli spazi interni

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La stanza appartiene al primitivo impianto trecentesco del castello. L’accesso originale avveniva attraverso una botola. Successivamente, in seguito alla ristrutturazione del 1484 -1488, fu aperto un nuovo passaggio ricavato in rottura sulla parete della scala modifi cando l’andamento della volta.

Si notino:– sulla parete di sinistra i ceppi a cui

venivano incatenati i prigionieri;– sulla parete di fronte la latrina a caduta

ricavata in corrispondenza dell’affaccio;– sulla parete di destra l’affi oramento di roccia

scavata su cui è costruito il castello;– sul soffi tto la botola.

Prigione degli uomini

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particolare degli interni, verso la botola e la scala d’ingresso

descrizione degli spazi interni

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41. 2. Scorie e culatte di fusione3. Disegni punte di freccia e balestra4. Oggetti in ferro di varia provenienza

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All’interno della stanza voltata che originariamente costituiva la prigione del castello è stata collocata una teca che contiene reperti in ferro. Tra questi risultano particolarmente significativi quelli provenienti dallo scavo archeologico realizzato nel cortile, di età compresa tra il XII e il XIV secolo.I frammenti delle culatte dei crogioli e le numerose scorie ferrose sono infatti la prova evidente dell’attività fusoria che si svolgeva nel castello.Tra gli oggetti in ferro rinvenuti sono molteplici quelli riferibili alla funzione militare di questo sito, come le punte di verrettone, appartenenti a dardi da balestra, e una punta di freccia per arco; sono presenti inoltre alcuni elementi relativi ai finimenti da cavallo. La grande quantità di chiodi di varie forme e misure, uno scalpello e un succhiello, possono essere ricondotti ai lavori di manutenzione delle diverse strutture del castello. Interessanti sono anche una serratura completa di meccanismo e due chiavi, la più grande delle quali appartenente ad un portone.

Teca prigione

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descrizione degli spazi interni

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321. Particolare ingresso della stanza2. 3. Particolari della copertura in vetro

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In origine era la stanza che, utilizzando una botola a pavimento, permetteva l’accesso alla sottostante prigione. Successivamente, dopo i restauri del 1484 - 1488 venne adibita a magazzino e forse come prigione per le donne. La stanza risultava completamente voltata e dotata di finestra. L’accesso avveniva tramite una porta con gradini ricavati nello spessore della muratura, ancora oggi leggibili. Da questa stanza, conseguentemente ai crolli delle pareti soprastanti, è possibile godere di uno straordinario paesaggio che si apre verso il Sas de Stria e il Passo Falzarego.

Magazzino o prigione delle donne

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descrizione degli spazi interni

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2 31. 2. 3. Particolari degli ingressi alle varie stanze dal percorso di visita

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Si tratta di uno spazio di disimpegno in origine completamente voltato secondo una tipologia costruttiva analoga a quella conservatasi nel “magazzino delle granaglie” (ora saletta proiezione audiovisivi). Doveva quindi trattarsi di un luogo poco luminoso e cupo che serviva come deposito (vi erano madie e cassapanche per la farina e stanghe per appendere la carne) e come accesso ai piani superiori e a stanze di servizio: a nord (nella parte completamente crollata del castello) il magazzino della carne, a est locali adibiti a prigione e a magazzino, a sud una camera per i servi. È da notare l’affaccio verso nord dove può essere percepita la massa muraria di base dell’originario perimetro architettonico del castello.

Atrio(“sala” - “losa”)

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descrizione degli spazi interni

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Particolare delle volte verso l’ingresso

guida andraz museum 090 − 089

La stanza era utilizzata come deposito delle granaglie ed è l’unica parte del castello dove le volte della ricostruzione quattrocentesca si sono conservate integralmente nonostante i crolli e l’enorme accumulo di macerie delle strutture soprastanti. All’interno sono visibili gli affi oramenti di roccia del masso su cui sorge il castello. È interessante notare la tipologia costruttiva adottata dai Maestri Comacini che ancora risente di una impostazione strutturale tardo medievale con volte a botte e inserimento di lunette e vele in ragione delle aperture e dei disimpegni. La pavimentazione è in battuto di calce “somassa” ricomposta durante i restauri impastando il materiale originale.

Magazzino delle granaglie(“caneva”)

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Studio preparatorio sala audiovisivi

descrizione degli spazi interni

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La “segreta” risultava voltata e in gran parte scavata nella roccia, inoltre era priva dell’attuale ingresso; originariamente doveva essere dotata di una botola che la poneva in diretta comunicazione con la soprastante camera padronale. È forse la stanza di maggior fascino che probabilmente custodiva le antiche pergamene e gli scritti dei vari Signori e Capitani che hanno abitato il castello. Non compare mai nei documenti ed inventari che fanno riferimento ad Andraz se non nella descrizione successiva ai lavori del Capitano Mayrhofer, ideatore dell’attuale accesso provvisto di doppia porta di sicurezza e di pavimento ed intonaci in calce rasata. Nella parete perimetrale esterna, a sud, è visibile un particolare foro, forse di misurazione astronomica. Il castello tra il 1457 e il 1458 (e poi ancora nel 1460) fu abitato da Nicolò Cusano, Cardinale Vescovo di Bressanone, insigne umanista e filosofo, studioso di matematica ed astronomia, considerato una delle massime figure del rinascimento. Durante la sua residenza ad Andraz il Cusano ebbe modo di scrivere “De casearia circoli quadratura”, “De possest” e di completare “De beryllo”, probabilmente lavorando all’interno di questa stanza.

“Segreta”

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Particolari interni

descrizione degli spazi interni

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guida andraz museum 094 − 093

Negli anni compresi tra il 1457 e il 1460, Nicolò Cusano (1401- 1464), Cardinale e Vescovo di Bressanone, visse al Castello di Andraz. Lo studiolo del Cardinale era collocato nella “segreta” del castello, una piccola stanza chesi trova nel lato del maniero rivolto a sud-ovest. Ai tempi del Cusano la stanza era con ogni probabilità priva della porta d’entrata e l’accesso doveva avvenire dall’alto attraverso una botola. Sul muro perimetrale della stanza, quello rivolto a sud-ovest, si trova un piccolo foro che attraversa la parete e che è puntato verso il cielo. La realizzazione del foro è consona al periodo in cui Cusano visse in quel luogo. Il foro ha un diametro di 6 cm, è inclinato verso l’alto di 16.7° e punta in direzione sud-sud-ovest con azimut di 28.5° misurato partendo da sud verso ovest. Nicolò Cusano fu una delle più importanti figure del rinascimento. Si occupò di teologia, filosofia, matematica e astronomia. Il suo interesse per l’astronomia è confermato da alcuni importanti strumenti conservati nella biblioteca di Kues, sua città natale: un astrolabio, una sfera armillare e un Torquetum. Quest’ultimo è un antico strumento che era usato per distinguere i piani fondamentali per l’osservazione degli astri: quello orizzontale, quello equatoriale inclinato sull’orizzonte di 90° la latitudine del luogo e quello dell’eclittica in cui

“Segreta”Cusano e il foro gnomonico

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descrizione degli spazi interni

giace il moto apparente del Sole. Quello del Cusano è il più antico Torquetum conservato in un museo di cui si ha notizia. È possibile che il Cardinale abbia portato al castello anche alcuni di questi strumenti di misurazione, ma è anche probabile che il piccolo spiraglio della “segreta” di Andraz sia stato realizzato dal Cusano per scopi astronomici. In particolare è possibile che con questo foro egli abbia tentato la determinazione dell’errore che all’epoca affliggeva il calendario Giuliano. Nicolò Cusano, infatti, fa parte della lunga lista di scienziati che studiarono il problema per attuare la riforma del calendario. Il calendario giuliano, promulgato da Giulio Cesare nel 46 a.c. prevedeva la lunghezza dell’anno tropico di 365,25 giorni, leggermente differente dal dato vero di 365,2422 giorni. Col passare dei secoli, ciò determinò uno slittamento delle stagioni rispetto al calendario civile. La cosa era intollerabile per la Chiesa, che celebra la Pasqua facendo riferimento all’equinozio di primavera. All’epoca di Cusano, dopo 1500 anni dalla riforma di Cesare, la data dell’equinozio astronomico si era abbassata di circa dieci giorni rispettoalla data canonica del 21 marzo che è alla base del computo della Pasqua. L’errore costrinse la Chiesa alla riforma attuata nel 1582 da Papa Gregorio XIII. Per annullare la differenza accumulatasi nei secoli, si cancellarono dieci giorni passando direttamente da giovedì 4 a venerdì 15 ottobre 1582.Nel 1436 Cusano scrisse “De Correctione Kalendarii”, un testo che portò al Concilio di Basilea. In esso suggerì di eliminare la settimana di Pentecoste dell’anno 1439, ritenendo che l’errore fosse di sette giorni. La discordanza era invece già di dieci gioni, in ogni caso la proposta di Cusano fu accantonata.

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guida andraz museum

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Dopo il Concilio di Basilea, forse nel 1444, Cusano acquista gli strumenti astronomici sopra indicati per approfondire le sue nozioni sui movimenti degli astri in cielo, probabilmente alla ricerca del dispositivo per determinare con precisione i giorni da recuperare per riallineare gli equinozi. Col piccolo foro della “segreta”, usando l’immagine del Sole che d’inverno entra nella stanza attraverso il piccolo spiraglio, si può determinare con buona precisione la data astronomica del solstizio di dicembre, requisito sufficiente per la soluzione del problema.Dopo la metà di novembre fino alla fine di gennaio, l’immagine del Sole che entra nella stanza passa tutti i giorni su una qualsiasi linea verticale tracciata sulla parete opposta al foro. Prima del solstizio il Sole è ogni giorno più basso in cielo e, al contrario, l’immagine nella stanza è ogni giorno più alta. In figura 1, se D1 è la data in cui il Sole transita in un punto qualsiasi quando l’immagine sale (prima del solstizio), e D2 la data in cui l’immagine passa nello stesso punto quando scende (dopo il solstizio), la data del solstizio DS si ottiene sommando alla prima data la metà della differenza in giorni tra le due date, cioè: nel 1457 il giorno più corto fu il 12 dicembre. La differenza rispetto al 22 dicembre, data canonica del solstizio di quell’anno, era esattamente di dieci giorni, quelli che furono poi eliminati. Nicolò Cusano fu amico di Paolo Dal Pozzo Toscanelli (1397 - 1482) che conobbe studente all’università di Padova e col quale rimase sempre in contatto, tanto da averlo vicino anche al momento della sua morte avvenuta a Todi nell’agosto del 1464. Toscanelli, geografo, matematico e astronomo, installò nel 1468 lo gnomone di Santa Maria del Fiore a Firenze, un foro alto 90 metri

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D2

DS

D1

DS= D1+D2-D1

2

descrizione degli spazi interni

utile per l’individuazione del solstizio estivo. Nonostante le differenti dimensioni i due fori solstiziali, quello del castello di Andraz e quello del Duomo di Firenze, sembrano costruiti per la stessa funzione, e, probabilmente, hanno in comune anche la loro progettazione.

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1

2

1. Oggetti in osso e bronzo di varie provenienze2. Piccolo veneziano in argento del doge Orio Malipiero (1178-1192) e oggetto

in bronzo con ricopertura di foglia d’oro

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All’interno della stanza voltata originariamente utilizzata come “segreta” è stata collocata una teca che contiene i reperti messi in luce nel corso degli scavi archeologici e che illustrano la vita all’interno del castello. Tali reperti confermano la funzione militare e amministrativa di questo avamposto d’alta montagna. Il rinvenimento di oggetti d’uso comune consente di delineare alcuni aspetti della vita quotidiana degli abitanti: dadi e pedine in osso erano sin dall’antichità un passatempo consueto tra i soldati che dovevano occuparsi anche della cura del loro abbigliamento, come testimoniano il rinvenimento di bottoni, ditali e spilli. Oggetti preziosi come il sigillo in bronzo e la fascetta in bronzo con foglia d’oro appartenevano probabilmente al capitano.L’analisi delle ceramiche e dei vetri rinvenuti evidenzia come al castello giungessero merci prodotte sia in area alpino-germanica che veneta, attestando così l’interazione di due realtà geo-politiche tra loro contrastanti e diverse per cultura, confermata anche dalla scoperta di due monete in bronzo.

Teca “segreta”

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descrizione degli spazi interni

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Si tratta di uno spazio di disimpegno molto ampio, in origine completamente voltato secondo un modello costruttivo che si ripeteva ad ogni piano, nettamente distinto dagli altri locali del castello. Era utilizzato come deposito e per l’accesso ai piani superiori e a varie stanze. In particolare salendo dalla scala si trovavano a sinistra l’ampia cucina e la dispensa, subito dopo era invece possibile accedere al soggiorno (“stua”) e da lì alla camera padronale e ad altri locali. Inoltre a nord, presso la partenza della rampa scale di accesso al quarto livello, si trovava la porta di entrata della legnaia. A questo piano era pure collocato l’argano. Qui infatti trovavano alloggio i meccanismi in legno necessari al sollevamento dei cibi, della legna e dell’acqua che dal cortile venivano facilmente portati alla cucina, alle dispense e ai depositi. L’argano era inoltre dotato di un rinvio per il piano superiore. In entrambi i piani, in prossimità dello sbarco delle merci esisteva una porta provvista di terrazzino. Sulla parete a sud sono ben visibili la sede di alloggiamento dei meccanismi e una doppia scatola lignea utilizzata per lo scorrimento delle corde. All’esterno, sulla parete ovest, risultano conservati alcuni elementi dell’ingegnosa attrezzatura.

Atrio superiore o sala(“losa”)

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1 2

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1. Studio di funzionamento dell’argano2. Studio di funzionamento dell’argano - particolare3. Parete di alloggiamento dell’argano4. 5. Particolari costruttivi di supporto e scorrimento delle funi

descrizione degli spazi interni

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2 34 5

11. Schizzo ricostruttivo della cucina del capitano2. 3. Viste interne cucina del capitano4. 5. Particolari cucina della servitù

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Si tratta di due cucine sovrapposte dotate di canne fumarie indipendenti ma accoppiate in un unico camino. Sono le uniche zone di governo dei fuochi presenti all’interno della rocca. I due locali, interamente costruiti in muratura di pietrame, erano infatti utilizzati sia per la cottura dei cibi che per l’alimentazione delle stufe di camere e soggiorno. Di fatto il setto murario che le separava dalle attigue camere costituiva una sorta di parete scaldante, di irraggiamento del calore prodotto dal fuoco e dai condotti fumari.

A questo livello si notino:– a nord l’accesso alla dispensa;– a est lo scarico del secchiaio e la base

del “larin” sotto la cappa;– a sud i luoghi di alimentazione delle stufe.

Al livello superiore si notino:– i fornetti per il pane e il doppio camino.

Cucine

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descrizione degli spazi interni

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Le “stue” del castello erano situate a ridosso della cucina in modo da poter essere facilmente riscaldate con uso di una stufa tradizionale in muratura (“fornel”) che possedeva ampie dimensioni e la forma di un sarcofago. Tali stufe erano generalmente completate con un’intelaiatura in legno, soprastante lettino e panche laterali. Venivano alimentate direttamente tramite apposite “bocche” poste nelle cucine in modo che nella “stua” non ci fosse presenza di fumo ma solo propagazione di calore. Si tratta di locali disposti a sud, ben soleggiati dalle ampie finestre munite di doppia seduta, ingrandite durante le trasformazioni di tipo residenziale avvenute nel XVII e XVIII sec. Le “stue” erano completamente foderate in legno e permettevano l’accesso ad altri locali posti a sud ovest.Al riguardo della “stua” padronale, particolarmente interessante risulta la corrispondenza del Capitano Bartolomeo Chiusole con il Vescovo, conservata nell’Archivio di Stato di Bolzano:“… Molto fa di bisogno per la famiglia una stuffa, che stante in questo modo non si può durare per il gran fettor di essi famegi et per le loro vivande. Né mi par che convenga che ogniuno entri nella stufa del capitanio, dove à moglie et figlioli, senza licenza. Et star al fredo non è mancho lonesto; …”

Soggiorni(“stue”)

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123

4

1. Particolare verso l’Erker a sud-ovest2. Affaccio a sud verso il paese3. Ingresso dall’atrio4. Prospetto sud - particolari costruttivi della finestra con sedute

descrizione degli spazi interni

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3 41 2

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1. Scala di accesso al quarto livello e al sottotetto2. Scala di accesso - vista verso la camera del capitano3. Sevizio igienico e finestra di affaccio lato est4. Particolare servizio igienico5. Vista verso sud con l’abitato di Castello

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La stanza, utilizzata come camera padronale, era provvista di servizio igienico separato (vedi la latrina a caduta ricavata in corrispondenza dell’arcera medievale). Inoltre la camera era dotata di ampie nicchie per l’incasso di armadi ed arredi mentre il soffitto doveva essere in legno di cirmolo.Sull’angolo sud - est, a pavimento, compare l’ultima traccia del piano di roccia che segnala il punto più alto su cui il castello è costruito.A lato dell’ingresso una pavimentazione in vetro protegge la sottostante volta crollata su cui doveva aprirsi la botola di accesso alla segreta. A nord si noti anche il foro di alimentazione della stufa direttamente collegato al focolare della cucina. La grande finestra di affaccio offre una straordinaria visuale sulla vallata agordina con sullo sfondo le rocce ove era costruita la Rocca di Pietore. All’interno della camera sono alloggiati due modelli che illustrano il territorio circostante, i confini, i percorsi e i luoghi di maggior rilievo per le vicende del castello e della sua storia.

Camera del capitano

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descrizione degli spazi interni

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Vi si accedeva dal vano scale in muratura attraverso una ripida rampa completamente voltata così da isolare il sottotetto e la copertura dalla sottostante struttura del castello. Era uno spazio racchiuso e dominato dalla carpenteria in legno, utilizzato per il camminamento di ronda e per locali di servizio.Ospitava una latrina e alcune stanzette costruite con tavole e murali, utilizzate come magazzini. In una di queste, protetta da robusti catenacci, erano conservate le polveri da sparo.La pavimentazione di tutto il piano era costituita da battuto di calce di grosso spessore (“somassa”) in modo da evitare la possibile propagazione di eventuali incendi, il tetto doveva essere in legname di abete e larice squadrato a mano. Il manto di copertura era in scandole di larice disposte in triplo strato, inchiodate ad una sottostante struttura ottenuta da tronchetti di abete giovane tagliati lungo la verticale. Doveva trattarsi di una carpenteria assai complessain considerazione sia dell’ampiezza del tetto,sia della sua irregolarità. Presumibilmente il sistema statico poteva assomigliare a quello che ancora oggi può essere ammirato nei sottotetti delle chiese di montagna più antiche. In particolare, considerate le misure, doveva trattarsi di una struttura composta da grandi capriate realizzate a supporto della carpenteria di copertura. Per avere un’idea

Sottotetto e copertura

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Il castello di Andraz dopo il XVI secolo (disegni di studio della copertura)

descrizione degli spazi interni

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Ipotesi ricostruttiva della copertura (1484-1488) - rendering della carpenteria lignea

guida andraz museum

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La copertura in vetro con riflesso il gruppo Lagazuoi

descrizione degli spazi interni

delle dimensioni del tetto bisogna considerare che l’attuale impalcato in vetro misura 210 m² e che la superficie mancante verso nord è pari a circa 95 m². La copertura doveva avere un’altezza di circa 9,50 msimile a quella dello spigolo murario di sud-est, con altezza dalla linea di colmo al suolo pari a circa 55 m. Una dimensione e una forma che certamente incutevano soggezione!Sorprende la straordinaria particolarità del luogo solitario da cui è possibile ammirare l’intero territorio. In particolare si segnalano a nord il Sas de Stria (Sasso della Strega) e a sud, posto sulla più alta di alcune rocce isolate che chiudono la Vallata Agordina il “Sas de la Murada” dove era collocata la Rocca di Pietore. L’attuale struttura di copertura in ferro e vetroè stata costruita nel 1997.

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Finito di stampare nel 2011

Testi composti con i tipiSabon Lt Std, Bembo, Gill Sans

Stampato suFavini Ricarta gr.90CopertinaURM Finesse Premium Silk Matt gr.250

La carta utilizzata in questo volume ha ottenuto il marchio europeodi qualità ecologica Ecolabel ed è certificata Coc-FSC

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GUIDA

Andraz M

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