ANDIDNOTIZIE...da preservare. Il Food Film Fest 2015 si svolgerà dal 15 al 20 settembre a Bergamo...

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI ANNO VENTICINQUESIMO QUARTO NUMERO PERIODICO BIMESTRALE IV BIMESTRE 2015 Member of EFAD - ICDA ANDID NOTIZIE RIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI Hashtag #food… (estivi!) In questo mondo di miti Dieta vegetariana

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI

ANNO VENTICINQUESIMOQUARTO NUMEROPERIODICO BIMESTRALEIV BIMESTRE 2015

Member of EFAD - ICDA

ANDIDNOTIZIERIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI

Hashtag #food… (estivi!)

In questo mondo di miti

Dieta vegetariana

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ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI

RIVISTA DELL’ASSOCIAZIONE NAZIONALE DIETISTI

Member of EFAD - ICDA

ANNO VENTICINQUESIMOQUARTO NUMEROPERIODICO BIMESTRALEIV BIMESTRE 2015

CONSIGLIO DIRETTIVO

PresidenteERSILIA TROIANOSegretarioMARCO TONELLITesoriereGIUSEPPINA CATINELLO

CONSIGLIERI

(Napoli)VALENTINA ANTOGNOZZI(Bari)VINCENZA FICCO(Milano)GIANLUCA IMPERIO(Vicenza)SILVIA MACCÀ(Modena)CLELIA MILORO(Modena)PAOLA PATRIZIA MORANA(Pisa)KATIA NARDI(Arezzo)SERENA TORSOLI(Lecce)ROBERTA TUNDO

ANDID NOTIZIE

(Pistoia)STEFANIA VEZZOSIDirettore Responsabilee-mail: [email protected]

(Empoli FI)MICHELA CARUCCICapo Redattoree-mail: [email protected]

COMITATO DI REDAZIONE

(Padova)LINDA ALBARELLO

(Reggio Emilia)ELENA CARBONI

(Verona)GIOVANNA CECCHETTO

(Modena)FRANCESCA CORTESI

(Caltanissetta)MARIA CRISTINA CUCUGLIATO

(Reggio Emilia)ANNA LAURA FANTUZZI

(Modena)ROSSELLA GIANNINI

(Reggio Emilia)FRANCESCA LUGLI

(Fiorano Modenese MO)MONICA PRAMPOLINI

(Cervia)ANNA MARIA RAUTI

(Firenze)LORENA SARTINI

(Roma)ERSILIA TROIANO

(Lecce)ROBERTA TUNDO

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE

Vicolo S. Silvestro, 6 - 37122 VeronaTel. 045 597940(Lun.-Mer.-Ven. ore 9.15-13.15)Fax 045 597265www.andid.ite-mail: [email protected]

CONSULENTI SCIENTIFICI

DR. GIORGIO BEDOGNIPROF. GUGLIELMO BONACCORSIDR. ATHOS BORGHIDR. ISMENE GIACCHETTIDR. ATTILIO GIACOSAPROF. RENATO PASQUALIPROF. LEONARDO PINELLIDR. PAOLO VINEIS

NORME REDAZIONALI

ANDID Notizie è la rivista ufficiale dell’Associazione Nazionale Dietisti, a pubblicazione bi-mestrale. Saranno pubblicati contributi redatti in forma di articoli originali, articoli originali brevi, casi clinici, articoli d’aggiornamento su argomenti attinenti la figura professionale del Dietista. L’ANDID ed il Comitato di Redazione non si assumono la responsabilità delle opinioni espresse dagli autori dei lavori in extenso, degli abstract e dei contributi inviati e pubblicati sulla Rivista.

NORME PER GLI AUTORI

Gli articoli devono essere inviati via e-mail al Direttore Responsabile della Rivista Stefania Vezzosi (e-mail: [email protected]) oppure al Capo-Redattore Michela Carucci (e-mail: [email protected]). I contributi dovranno pervenire redatti con interlinea singola, margini di 2 cm, carattere Microsoft Sans Serif, corpo 10,5. La bibliografia dovrà essere limitata alle voci essenziali. Dovranno inoltre essere indicati i dati dell’autore (nome, cognome, indirizzo, Ente o Istituto di appartenenza). Gli articoli anonimi o privi dei dati anagrafici non verranno pubblica-ti. Il Comitato di Redazione si riserva di ridurre o sintetizzare gli articoli purché sia mantenuto il senso originale del testo. Gli articoli e le eventuali foto non verranno restituiti.

EDITORE

Associazione Nazionale Dietisti.Autorizzazione del Tribunale di Bologna n° 5878 del 14/5/91.PUBBLICITÀ RACCOLTA IN PROPRIO.Stampato su carta riciclata nel Settembre 2015 da Cartografica Toscana s.r.l.Ponte Buggianese (PT)tel. 0572 636722 - fax 0572 932038

“Non basta guardare, occorre guardare con occhi che vogliono vedere, che credono in quello che vedono”Galileo Galilei

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sommariosummary2

SommarioSummary

editoriale editorial a cura di S. Vezzosi

Hashtag #food… (estivi!) Summery hastag #food 3

primo piano highlights a cura di E. Troiano

In questo mondo di miti A world of myths 4

evidence based nutrition evidence based nutrition a cura di R. Giannini, F. Lugli e M. Prampolini

Dieta vegetariana Vegetarian Diet 5

panorama scientifico scientific survey a cura della Redazione

Il ruolo del counselling nutrizionale nei trattamenti oncologici attivi: razionale di applicazione e prove di efficaciaThe role of nutritional counselling for active treatments of oncology: reasons beyond its application and proofs of its efficacy 15

di Filippo Valoriani

i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature a cura di L. Albarello, E. Carboni, M. Carucci, F. Cortesi e Monica Prampolini

Gli articoli Papers 19

forum forum a cura di R. Tundo

La riscoperta dei grani antichi, il loro impatto sulla salute e il potenziale coinvolgimento dei dietisti in campagne di promozioneThe re-discovery of ancient grains, their impacts on people’s health and potential dietitians’ engagement in promotion campaigning 27di Maria Cristina Cucugliato

fatti e persone people and events a cura di A. M. Rauti

21 Dietisti per Frutta nelle Scuole Dietitians for “Fruits in schools” 31di Giuseppina Catinello con il contributo di Eva Da Ros

Professioni sanitarie e task shifting: esperienze a confrontoHealth professions and task shifting: compering experiences 34di Roberta Tundo Consiglio Direttivo ANDID

Sport e salute. Alimentazione attività fisica per corretti stili di vitaSport and health. Diet and physical activity for healthy lifestyles 35di Roberta Tundo, Clelia Miloro Consiglio Direttivo ANDID

risorse andid andid facilities

Speciale Collana ANDID 37

Altre pubblicazioni ANDID 37

Cedola di commissione libraria 39

Come iscriversi all’ANDID 40

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ANNO 25 / n°4-2015

3editoriale editorial

Hashtag #food… (estivi!)Summery hastag #food

editoriale editorial

Dal campo alla tavola, passando però per la te-levisione, la carta stampata e il cinema, per arri-vare a Facebook e a Twitter. Come sostiene Anto-nio Belloni nel suo libro Food Economy. L’Italia e le strade infinite del cibo tra società e consumi, in una società cibocentrica (fenomeno complesso e assai composito che intercetta l’ambito politi-co, sociale, culturale, etico ed economico) non è più sufficiente saper fare, bisogna anche e so-prattutto saper raccontare.Recenti ricerche documentano infatti, in Italia, l’e-sistenza di oltre 25000 blog dedicati a questo argo-mento, seppure con notizie quasi sempre confinate al “costume”, alla “moda” e alla “cucina”.Oltre questa “finestra”, qualcuno (sempre Antonio Belloni nel libro sopra citato) ci racconta però an-che qualcosa di profondamente diverso, ovvero di un business del cibo che genera complessivamen-te qualcosa come 250 miliardi di euro/anno (più o meno il 15% del Pil nazionale), di un agro-ali-mentare costituito principalmente da micro-im-prese con al massimo 9 addetti che utilizza più del 70% delle materie prime prodotte nel nostro Pae-se, di una “tipicità” e di una “qualità” alimentare tutta italiana, di una terra ricca e redditizia sia per varietà sia per numero di prodotti. Ci racconta però anche di un sistema normativo, vigente in questo settore, troppo complesso e caotico, com-posto da oltre 250 leggi – talvolta confliggenti - in cui co-esistono addirittura tre Ministeri.Belloni sottolinea inoltre come studi recenti, attra-verso indici compositi e complessi (es. indice del ritorno sugli investimenti, ROI), abbiano rilevato come, in questa filiera alimentare, la maggiore redditività sia stata, quasi sempre, prerogativa dell’industria della trasformazione e della distri-buzione e di come i più penalizzati siano risultati proprio i produttori (agricoltori e allevatori): nien-te di nuovo, considerato che l’agricoltura risulta da sempre il settore più sussidiato dalla Pac – Po-litica agricola comune!Antonio Galdo (affermato giornalista e scrittore) segnala, invece, sul suo sito web, una proposta di legge “diversamente interessante”, peraltro già calendarizzata in Commissione Finanze, che pre-mierà chi coltiva o coltiverà un orto o un giardino attraverso incentivi fiscali; nello specifico, si parla di una detrazione del 36% delle spese documenta-te fino, ad un massimo di 30000 euro/anno (non più quindi solo vantaggi per giardini pensili o tetti verdi come attualmente in vigore!). Abbiamo già parlato di orti urbani in questa stessa rubrica e, da allora, non possiamo non sottolineare con piacere come questi siano di fatto triplicati passando da una superficie complessiva coltivata di 1,1 milioni di metri quadrati a oltre milioni di metri quadrati: le Amministrazioni Comunali hanno fatto la loro parte con l’attivazione di bandi per l’assegnazio-

ne di piccoli lotti di aree verdi abbandonate e i cittadini la loro dimostrando fattivamente il loro apprezzamento.E ancora, per chi non avesse la disponibilità di un giardino o di un piccolo appezzamento di terreno da coltivare, sempre lo stesso sito web segnala un progetto assai innovativo, tutto “made in Italy”, per coltivare con facilità ma “in verticale” frutta e ortaggi. Si tratta di un “sistema aeroponico a cen-timetro zero” in cui le radici degli ortaggi crescono sospese nell’aria e le piante ricevono nutrimento tramite nebulizzazione, con un risparmio consi-derevole della risorsa acqua rispetto alla quantità utilizzata nella coltivazione tradizionale.E, a proposito di saper raccontare, non possiamo non segnalare il Food Film Fest 2015, festival internazionale cinematografico, promosso dall’As-sociazione “Montagna Italia” e dalla Camera di Commercio di Bergamo, che raccoglie corto e lun-gometraggi, documentari e film d’animazione da tutto il mondo, legati al tema del gusto, dell’ar-te culinaria, dell’alimentazione equilibrata, della produzione di cibo, della biodiversità e della me-moria gastronomica come patrimonio collettivo da preservare. Il Food Film Fest 2015 si svolgerà dal 15 al 20 settembre a Bergamo e, successiva-mente, dall’8 all’11 ottobre, a Bari, con il Puglia Food Film Fest.Due privilegiate occasioni di edutainment da non perdere, considerato che i film inseriti in questa rassegna cinematografica andranno ad “alimen-tare” una mediateca accessibile anche ai dietisti per organizzare e impostare percorsi/laboratori di educazione alimentare rivolti alla popolazione scolastica.Infine, il 13 agosto u.s., in occasione dell’Earth Overshootday 2015, il Global Footprint Network, ha raccontato al mondo intero come, in meno di otto mesi, la domanda annuale di risorse da parte dell’umanità abbia già superato ciò che la Terra potrà rigenerare in questo stesso anno.Parlare (e continuare a raccontare) di sostenibili-tà alimentare non rappresenta quindi soltanto un impegno professionale collegato ad una “moda del momento” oppure un atto di generosità nei con-fronti dell’umanità, quanto piuttosto un modo per tenere vivo l’interesse su un tema che dovrebbe essere collocato al primo punto dell’agenda politica internazionale, considerati anche gli appuntamen-ti previsti nell’ultimo quadrimestre 2015 (Summit Speciale sull’Agenda di Sviluppo Sostenibile con l’approvazione dei Sustainable Development Goals in occasione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York a fine settembre e, a dicembre, la 21a Conferenza delle Parti della Convenzione Qua-dro sui Cambiamenti Climatici che dovrà approvare il nuovo trattato sul clima).Perciò… #keep in touch!

a cura diStefania Vezzosi

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4 primo pianohighlights

a cura diErsilia Troiano

Mangiare sano: una nuova moda pericolosa? Forse si. Qualcuno (E liberaci dal cibo, A. Mo-migliano, http://www.rivistastudio.com) ha addirittura scritto che “mangiare sano” si sta trasformando in una vera e propria ossessio-ne religiosa (quando non diventa ortoressia). Di fatto, è sufficiente pensare alle neofobie per il glutine, il latte, la carne e, ultimo ma per niente ultimo, l’olio di palma, ed alle “guerre sante” contro di essi, non più combattute sul campo ma a colpi di web…: siti internet, blog, social network e, purtroppo, anche una certa parte di informazione giornalistica, se non la gran parte, contribuiscono infatti - e perico-losamente - ad una logica del “tutto o nulla”, che proprio nulla ha a che fare con i concetti di salute e benessere a noi ben noti.Un esempio per tutti: la battaglia contro l’olio di palma, la cui miccia è stata probabilmente acce-sa da una nota trasmissione televisiva (Report) e da lì divenuta incontenibile in termini non solo di scivolamento e travisamento di informazioni (molte delle quali fondate, tra l’altro), ma so-prattutto come lotta e caccia alle streghe a tutti i prodotti alimentari che contengono olio di pal-ma (o acido palmitico? Perché è forse dell’acido palmitico che dovremmo parlare, ma questa è un’altra storia). La trasmissione riprendeva il fa-moso spot pubblicitario di un prodotto “simbolo” dell’olio di palma (secondo gli autori della tra-smissione), parafrasando “che mondo sarebbe senza olio di palma”? Un mondo migliore, senza deforestazione, patologie croniche o obesità?È la logica del considerare un alimento o, peg-gio, un ingrediente dannoso, pericoloso, cattivo di per sé ad essere molto pericolosa. È la diete-tica per slogan e per dictat quella che fa paura. È il nutrizionismo dilagante a rappresentare il vero antagonista dell’impegno e del lavoro che i professionisti della salute profondono quotidia-namente con pazienti, utenti, cittadini, consu-matori, clienti… Quel nutrizionismo per il quale tutto si riduce ad una attenzione affannosa per i nutrienti e le calorie, anziché considerare quel tutto in una logica globale di alimenti, stile di vita e, soprattutto, benessere (che significa an-che, nella definizione dell’OMS, benessere psico-logico). Quel nutrizionismo che ha contribuito ad una dilagante paranoia, subito cavalcata dal mondo dell’industria e della ristorazione (basti pensare a tutte le insegne “vegan”, “kilometro 0”, “senza glutine”, ecc… di ristoranti ed esercizi commerciali che stanno spuntando come fun-ghi), facendo dimenticare alle persone che ogni giorno in tavola si mettono alimenti e non nu-

trienti, e che a nulla servono informazioni prese qua e là, se non si riesce ad armonizzarle in un piatto da preparare o in un modello alimentare da costruire e/o seguire.Alan Levinovitz, studioso di filosofia delle re-ligioni, nel suo libro “The gluten lie and other myths about what we eat” parla di “mantra alimentari”, introducendo una interessante differenza tra il “mangiar sano” ed il “credere di mangiar sano”, pur non escludendo che alla base di tutti questi mantra ci sia o ci possa essere comunque una base di verità scientifica, verità che viene tuttavia stravolta in nome di un’antitesi tra buono e cattivo, bene e male, che tanto riporta a concetti di religiosa natura.La celiachia, per esempio, esiste, è una condi-zione patologica ben definita, così come recen-temente è stata definita e descritta la cosiddet-ta “gluten sensitivity”: ciò che è del tutto folle è sostenere che, se qualcosa nuoce ad una picco-la parte della popolazione, allora faccia male a tutti. È qui che, come sostiene Levinovitz, entra in gioco l’idea di purezza religiosa. L’idea di im-puro e di cattivo che trasforma un ingrediente o un alimento in un tabù.Per concludere, ciò che è davvero estremamen-te preoccupante è che siccome tutti mangiano, tutti credono di essere esperti di alimentazione, complici ancora una volta la rete ed i social (in un’ottica più ampia, è interessante dare uno sguardo alla campagna contro le autodiagnosi “Non cercarlo su Google”) e ci si trova, come in una vignetta umoristica, a proporre piani o modelli alimentari equilibrati e vari a pazienti/utenti/clienti che rispondono: “Ma come, c’è la pasta in questa dieta? Ma non contiene glu-tine? E non è meglio sostituire il pane con le gallette di mais?”, alla continua ricerca del me-dico o del professionista sanitario (quando va bene) che offra soluzioni magiche o salvifiche per perdere peso, collezionando bigliettini da visita e diete su diete, magari mai iniziate (il cosiddetto shopping di specialisti).In questa difficile epoca, è dunque e sempre più forte la convinzione che i Dietisti debbano e possano offrire sempre di più prospettive ba-sate sull’evidenza, contrastare e controvertere la cosiddetta “pseudoscienza” (quella “nuova” disciplina che prende uno studio scientifico e lo interpreta generalizzando o focalizzando sul particolare e non su una sua lettura sistemica o, ancor peggio, a proprio uso e consumo), per aiutare a cacciare via i misteri, le leggende e le favole dal meraviglioso mondo della nutrizione e della dietetica.

primo piano highlights In questo mondo di miti

A world of myths

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ANNO 25 / n°4-2015

5evidence based nutrition evidence based nutrition

Dieta vegetarianaVegetarian Diet

evidence based nutrition evidence based nutrition

a cura diRossella GianniniFrancesca LugliMonica Prampolini

L’alimentazione vegetariana è sempre più diffusa a livello nazionale ed internazionale, con un conseguente aumento dell’interesse nei confronti di questo modello alimentare sia per i professionisti della salute sia da parte del mondo della ristorazione.Il Dietista, in quanto professionista della nu-trizione, deve essere adeguatamente forma-to e continuamente aggiornato per promuo-vere una corretta informazione e garantire l’applicazione delle migliore evidenze per un intervento personalizzato, anche in questo ambito.

DEFINIZIONEIl termine “vegetariano” viene utilizzato co-munemente nella letteratura scientifica per indicare tutte le varianti di un’alimentazione a base vegetale. L’alimentazione vegetariana viene a sua vol-ta suddivisa in vari sotto-gruppi: 1. Latto-ovo-vegetariana/Latto-vege-tariana o Ovo-vegetariana, basata prin-cipalmente su alimenti di origine vegetale, consumati in modo vario e meglio se in for-ma integrale o semintegrale: cereali, legumi, verdura, frutta, frutta secca e semi oleagi-nosi, alghe. Sono ammesse piccole quantità di cibi di origine animale “indiretti”, ovvero latte e suoi derivati, uova e loro derivati, mentre sono esclusi tutti i tipi di carne e derivati (mammiferi, uccelli, pesci, molluschi e crostacei). 2. Vegana, costituita esclusivamente da alimenti di origine vegetale, che vanno con-sumati in modo vario e meglio se in forma integrale o semintegrale: cereali, legumi, verdura, frutta, frutta secca e semi oleagi-nosi, alghe. Sono esclusi tutti i cibi di origine animale e loro derivati (carni, latte e uova)1.3. Crudista o Raw Food, prevede solamente il consumo di alimenti naturali non trasfor-mati, cioè che non abbiamo subito un riscal-damento ad una temperatura superiore ai

40°. Nella maggioranza dei casi il crudismo è associato ad una dieta di stampo vegano, per cui gli alimenti consumati appartengo-no alle categorie di: frutta, verdura, bacche, radici, tuberi, legumi e semi; esistono però anche varianti ovo/latto vegetariane e al-cune, molto rare, onnivore o di sola carne. Generalmente la motivazione che porta alla scelta di questa particolare alimentazione è prettamente ecologica/salutistica, in base alla sostenibilità e al fatto che la cottura al di sopra di una certa temperatura viene ri-tenuta responsabile della perdita di buona parte del valore nutrizionale dell’alimento.4. Fruttarismo prevede esclusivamente il consumo di tutti i frutti dei vegetali intesi dal punto di vista botanico. A questa cate-goria appartengono naturalmente i frutti dolci universalmente riconosciuti, ma anche alcuni ortaggi come pomodori, melanzane, peperoni, zucche, zucchine e cetrioli (che sono in effetti frutti della relativa pianta) e la frutta cosiddetta grassa come olive e avocado. Le motivazioni predominanti nella scelta di questa tipologia alimentare sono di carattere etico, in quanto vengono con-sumate solamente quelle parti dei vegetali che non comportano un danno per la vita della pianta. Si utilizzano infatti solamente la polpa o eventualmente il succo dei frutti o delle bacche, ma non parti del fusto, foglie e radici. Un discorso diverso riguarda i semi, in quanto alcune correnti di pensiero ne evi-tano il consumo perché significherebbe pri-vare la pianta della possibilità di riprodursi, altri invece li consumano regolarmente2.

CENNI STORICILe origini della dieta vegetariana non sono da ricercarsi solamente all’interno della cul-tura orientale: una dieta con esclusione del consumo di carne era molto diffusa già nella cultura dei grandi filosofi classici e dei pri-mi cristiani che perseguivano tale modello

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6 evidence based nutrition evidence based nutrition

alimentare per svariate motivazioni, anche se prevalentemente riconducibili agli stessi principi etici, morali e religiosi che ritrovia-mo nelle scelte dei nostri contemporanei.Il primo vegetariano di cui si hanno informa-zioni certe è Pitagora (VI secolo a.C., scuola di Crotone): vi era una necessità di non con-sumare esseri animati ed evitare qualsiasi forma di uccisione al fine di perseguire uno stato di purezza e di ascetismo.Le stesse idee furono poi seguite anche da Porfirio, Diogene, Platone, Epicuro e Plutarco con ragioni alla base principalmente di or-dine etico o religioso, ma anche idee di tipo salutistico ed “ecologista” (Platone, nel suo “La Repubblica”, sosteneva che una dieta basata su vegetali richiedeva meno terra di una basata su cibi animali).Questi principi si conservarono anche in epo-ca romana (il poeta Ovidio e il filosofo Sene-ca) e, pur attraversando un periodo buio con il diffondersi della Cristianità, diversi ordini monastici praticarono per un certo periodo il vegetarismo come mezzo di elevazione spiri-tuale (i Benedettini, i Trappisti, i Cistercensi).Testimoni esemplari furono anche Leonardo da Vinci, il grande illuminista Jean Jacques Rousseau, il celebre politico e scienziato americano Benjamin Franklin.I primi documenti scritti sul vegetarismo in Europa sono riconducibili al periodo tra il diciottesimo e diciannovesimo secolo, dove abbiamo traccia di diversi scrittori che ab-bracciano questo modello alimentare (il po-eta romantico inglese Percy Bisshe Shelley, lo scrittore russo Lev Tolstoj).La parola “vegetariano” viene coniata solo nel diciannovesimo secolo, a partire dalla parola latina “vegetus” che significa “attivo, vigoroso”, e non significa quindi “a base di vegetali” e pian piano sostiuisce il termine “Pitagorico”.Nel secolo scorso sono stati vegetariani grandi uomini come il premio Nobel Mahat-ma Gandhi.La prima vera associazione nasce in In-ghilterra nel 1847 (Società Vegetariana), fondata a Manchester da William Cowherd e successivamente nel ventesimo secolo, il movimento vegetariano porta alla nascita di

varie associazioni impegnate nella diffusio-ne del vegetarismo, accanto a gruppi reli-giosi (come gli Avventisti del Settimo Giorno) e a figure di spicco come George Bernard Shaw e Mohandas K. Gandhi.La maggiore diffusione si ha nella seconda metà del ventesimo secolo in cui iniziano ad affermarsi diverse correnti di pensiero ed influenze tra cui: maggiore sensibilità ver-so il mondo animale, un interesse crescente verso religioni e filosofie orientali, una con-sapevolezza di nutrizione e salute, ma anche dei concetti di sostenibilità ambientale.Attualmente l’adozione di uno stile vege-tariano è molto più accessibile e condivi-sibile in quanto questa scelta è svincolata dall’ appartenenza a movimenti o specifiche associazioni (come accadeva in uno spazio temporale non tanto remoto) e questo ha condotto ad una grande variabilità3.

I NUMERIIn ItaliaSecondo i numeri ufficiali riportati dal rap-porto Eurispes 2014, in Italia si contano cir-ca 4,2 milioni di vegetariani pari al 7,1% della popolazione generale (vegetariani 6,5% e vegani 0,6%) contro i 3,7 milioni della ri-levazione precedente, con un aumento del 15% in un anno.Le associazioni stimano cifre maggiori, con un significativo margine non rilevato: 7 mi-lioni, di cui 700 mila vegani.

Nel mondoLa scelta vegetariana sembra essere in cre-scita anche in altri Paesi europei fra cui la Germania e la Gran Bretagna. Uno dei Pae-si che conta il maggior numero di persone vegetariane/vegane è l’India (le stime par-lano di un 30% circa della popolazione); in quest’ultimo caso pesano molto anche le scelte religiose di quella nazione.

LE MOTIVAZIONIPer quanto concerne le motivazioni della scelta di una dieta vegetariana o vegana, il rapporto Eurispes indica che circa un ter-zo delle persone che ha scelto questi regimi alimentari lo ha fatto per rispetto nei con-

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ANNO 25 / n°4-2015

7evidence based nutrition evidence based nutrition

fronti degli animali; circa un quarto indica motivazioni salutistiche, mentre poco meno del 10% afferma che la scelta è dettata da motivazioni ambientalistiche.Secondo un’indagine dell’American Psycho-logical Association (APA), esistono tre princi-pali motivazioni che conducono una persona ad essere vegetariana4:1. La motivazione eticaLa maggior parte dei vegetariani afferma di aver rinunciato alla carne perché ritiene che non sia etico uccidere gli animali per cibarsene. In generale queste persone pre-stano molta attenzione anche al modo in cui vengono prodotti i derivati animali (come le uova o il latte), preferendo fonti che garanti-scano un trattamento equo negli allevamen-ti. Spesso rinunciano anche alle scarpe e agli accessori in cuoio.2. La motivazione salutisticaMolte persone abbracciano la dieta vegeta-riana nella convinzione che si tratti del modo più sano di mangiare. Non sempre fanno la loro scelta sulla base di dati scientificamen-te validi, ma si tratta in ogni caso di in-dividui dai comportamenti particolarmente virtuosi in termini di salute, seppure spesso scettici nei confronti della medicina classi-ca. Il rischio, in questi casi, è quello di non dare abbastanza peso al parere dei medici in caso di carenze.3. La motivazione ambientalistaÈ l’ultima arrivata, ma pare anche una del-le più fondate. Produrre carne ha infatti un impatto ambientale importante, sia in ter-mine di emissione di gas serra, sia in ter-mini di consumo di cereali. Per nutrire gli animali da carne, infatti, si utilizza il 35 per cento dell’intera produzione mondiale di ce-reali (dati FAO - Organizzazione delle Nazio-ni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura).

CARATTERISTICHE E RISCHI NUTRIZIONALIProteineQualora la dieta vegetariana o vegana sia correttamente formulata e varia e venga soddisfatto il fabbisogno energetico, anche il fabbisogno proteico della popolazione sana, come quello degli atleti o degli sportivi, può ritenersi raggiunto. Dalle ricerche effettuate

si rileva che il consumo di vegetali vari e correttamente alternati nell’arco della gior-nata è in grado di fornire tutti gli aminoa-cidi essenziali, anche se le proteine comple-mentari non vengono consumate all’interno dello stesso pasto5. Il livello di assunzione raccomandata di proteine può addirittura essere superiore a quello indicato dai LARN in quei soggetti vegetariani che assumono tale nutriente da fonti meno assimilabi-li, come alcuni cereali e legumi. In questo senso è pertanto necessario affidarsi ad un professionista della nutrizione esperto, in grado di elaborare piani dietetici equilibrati per soddisfare sia le esigenze personali che i fabbisogni nutrizionali6.Acidi grassi omega-3L’adeguato intake di acido α-linolenico (omega-3) può essere raggiunto consu-mando alimenti come semi di lino, noci, canola, alghe, semi di chia e olio di soia. Gli studi hanno dimostrato che l’incremento dell’acido α-linolenico alimentare in rappor-to all’acido linoleico (omega-6) dà lo stesso risultato anche nel plasma, cioè si rileva un incremento degli omega-3 in rapporto agli omega-6. Gli studi sui vegetariani, e più in particolare sui vegani, mostrano invece una bassa concentrazione di acido ecosapentae-noico (EPA) nel plasma. Similarmente anche la concentrazione sierica di acido docosa-esaenoico (DHA) risulta nella maggioranza dei vegetariani molto bassa nonostante il consumo costante degli alimenti sopraindi-cati7, 8. Pertanto in tutte le fasi della vita, l’intake dietetico di omega-3 nei vegetaria-ni dovrà essere correttamente controllato. Nelle categorie di soggetti con richieste au-mentate di omega-3, dopo attenta valuta-zione, potrebbe essere utile raccomandarne la supplementazione suggerendo integratori compatibili con lo stile vegetariano9.FerroLa biodisponibilità del Ferro da alimenti ve-getali è notoriamente molto più bassa ri-spetto a quella degli alimenti di origine ani-male; ciò è dovuto al fatto che nei vegetali il Ferro non è presente nella forma EME che è quella maggiormente assorbita dall’intesti-no. Inoltre i vegetali presentano, come noto,

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alte concentrazioni di sostanze cosiddette antinutrizionali, come ad esempio i fitati, che inibiscono l’assorbimento di alcuni mi-cronutrienti come il Ferro, il Calcio, il Rame, lo Zinco e altri. Solitamente però, anche in considerazione dell’assunzione più elevata rispetto ai fabbisogni, negli uomini e donne postmenopausa vegetariani, raramente vie-ne rilevata la carenza di Ferro plasmatico10. Un discorso completamente opposto invece, si ritrova nel caso di popolazione pediatrica e giovani donne, in particolare durante la gravidanza, dove gli studi hanno evidenziato un’alta percentuale di soggetti vegetariani e non con insufficiente intake di Ferro11. Da-gli studi effettuati risulta evidente come nel lungo termine possa verificarsi un adatta-mento dell’organismo rispetto ad una bassa assunzione di Ferro, agendo sia sull’incre-mento dell’assorbimento intestinale che sul-la riduzione dell’escrezione di questo mine-rale12. L’incidenza dell’anemia da carenza di Ferro nei vegetariani risulta infatti simile a quella dei non vegetariani13. Le raccoman-dazioni in questo senso dovrebbero essere indirizzate, pertanto, verso l’utilizzo di cor-rette fonti di Ferro non eme, come cereali fortificati, fagioli e lenticchie, uvetta passa e melassa consumati assieme ad altri ali-menti ricchi di vitamina C, come ad esempio pomodori e agrumi, ottimali per incremen-tarne l’assorbimento intestinale.ZincoIn tutto il mondo i soggetti che aderisco-no ad uno stile alimentare vegetariano e, in modo particolare, vegano presentano un’in-sufficiente introduzione di zinco risultando ad alto rischio di carenza sierica per questo micronutriente. Inoltre, a causa dell’inibito assorbimento, l’assunzione di zinco nei sog-getti vegetariani dovrebbe essere incremen-tata del 50%10. Questa raccomandazione è in particolar modo importante per le donne in gravidanza e in allattamento, anche se, allo stato attuale, non è ancora ben chiaro l’impatto sulla salute di un insufficiente in-take di zinco nei vegetariani. Fonti di zinco includono prodotti della soia, legumi, cerea-li, formaggio e frutta secca. Alcune tecniche di preparazione dei cibi, come l’ammollo e

la germogliazione di legumi, cereali e semi, e la lievitazione del pane possono ridurre il sequestro dello Zinco da parte dei fitati e aumentarne la biodisponibilità. Gli acidi or-ganici, come l’acido citrico, possono, in una certa misura, aumentarne l’assorbimento14.CalcioL’introduzione di Calcio è molto variabile nei vari gruppi con alimentazione vegeta-riana, risultando comparabile o superiore a quella dei non vegetariani nella tipologia latto/ovo-latto vegetariana e notevolmen-te inferiore nelle altre6. In un campione di popolazione di Oxford, analizzato nello stu-dio European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition Study (EPIC-Oxford), il rischio di frattura ossea è risultato simi-le nei latto-ovo-vegetariani e nei carnivori, mentre i vegani hanno presentato un rischio di frattura più elevato del 30%, con tutta probabilità a causa di assunzioni medie di Calcio considerevolmente inferiori15. Il ruolo del dietista in questo senso è quello di valu-tare molto attentamente e frequentemente l’intake di Calcio nelle categorie sensibili e a fabbisogno elevato (come ad esempio gli adolescenti e le donne in gravidanza) e nei vegani. Il dietista inoltre dovrebbe incorag-giare l’assunzione di alimenti ricchi in calcio (latticini -se disponibili a consumarli-, le-gumi -anche fagioli di soia-, spinaci, cavoli, rape, broccoli, latti vegetali fortificati, succo di arancia, derivati della soia e cereali arric-chiti in calcio) ed eventualmente consigliare una supplementazione nel caso in cui il fab-bisogno non venga comunque raggiunto o si presenti una deplezione/carenza16.IodioAlcuni studi suggeriscono che i vegani che non consumano fonti privilegiate di Iodio, come il sale da cucina iodato e le alghe, pos-sano essere a rischio di carenza di Iodio, in quanto le diete vegetariane non prevedono il consumo di pesce notoriamente ricco in questo micronutriente. Inoltre il sale mari-no e il sale kosher sono generalmente non iodati, come alcune salse salate ad esempio il tamari. L’intake di Iodio a partire dalle al-ghe deve essere invece sottoposto a control-lo, dal momento che il contenuto in questi

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prodotti risulta molto variabile17. Le ricerche hanno rilevato che alcuni vegetali come la soia, le crucifere e le patate dolci conten-gono delle sostanze naturalmente “gozzige-ne” ma il consumo di questi alimenti non è stato associato ad insufficienza tiroidea in soggetti sani purché l’intake di Iodio risulti adeguato18. Anche in questo caso è molto importante l’attenta valutazione del dietista per stabilirne la reale assunzione e garanti-re il raggiungimento della dose giornaliera raccomandata.Vitamina DBasse concentrazioni di vitamina D sono state recentemente riportate tra i soggetti vegetariani adulti e pediatrici19. Inoltre, per tutta la popolazione, ci sono considerevoli variazioni nella concentrazione di vitami-na D nell’arco dell’anno, con il minor livello riportato nei mesi invernali. Relativamen-te al luogo di residenza, è importante che i soggetti vegetariani regolino l’esposizione al sole e l’utilizzo di alimenti arricchiti con vitamina D per mantenere adeguati livelli sierici. Per i soggetti vegani mantenere livelli adeguati di vitamina D è una sfida impor-tante e il dietista ha il dovere di valutarne attentamente l’intake, informare il paziente sulla corretta esposizione al sole e nel caso di carenze, inviare il paziente al medico per una supplementazione20.Vitamina B12Lo dieta vegetariana è da sempre associata a carenza di vitamina B12 dovuta all’insuf-ficiente introduzione. I latto-ovo-vegetariani sono in grado di ricavare adeguate quantità di vitamina B12 a partire da latticini, uova o altre fonti affidabili (come cibi fortificati e integratori), se questi cibi vengono con-sumati regolarmente. Per i vegani, invece, l’unica possibilità rimane quella di assumer-la attraverso alimenti fortificati come latti vegetali, succhi, alcuni cereali per colazione e analoghi della carne o altri prodotti vari. La vitamina B12 è contenuta esclusivamen-te negli alimenti di origine animale, per cui nessun vegetale non fortificato ne contiene quantità significative nella forma attiva. Al-cuni sostenitori della dieta vegana afferma-no che i prodotti fermentati a base di soia

sono un’ottima fonte di vitamina B12; dalle attuali evidenze però si rileva che questi pro-dotti non sono in grado di fornirne quan-tità sufficienti nella forma attiva in grado di sopperire al fabbisogno giornaliero21. L’e-levata assunzione di acido folico, tipica dei regimi vegetariani, può mascherare i segni della mancanza di vitamina B12, al punto che alcune deficienze possono restare non diagnosticate sino alla comparsa dei sintomi tipici22, per cui è necessario stabilirne il li-vello con il dosaggio ematico di omocisteina, acido metilmalonico, e olotranscobalanina23. La carenza di B12 negli adulti è associata ad una serie di sintomi di grado variabile, tra cui il rischio di sviluppare demenze o Alzheimer, sclerosi multipla, psicosi, sbal-zi d’umore, neuropatie, mielopatia, perdita della memoria, depressione, atrofia cerebra-le, perdita dell’udito e patologie vascolari occlusive24. Durante la gravidanza e l’allat-tamento la deplezione di vitamina B12 può essere causa di gravi problemi dello sviluppo del bambino25; pertanto l’obiettivo dello spe-cialista in nutrizione deve essere quella di assicurare un adeguato status di vitamina B12 in tutte le fasce della popolazione, con particolare riferimento alle categorie mag-giormente a rischio (bambini, adolescenti, donne in gravidanza, allattamento, anziani, etc.), raccomandando l’assunzione del sup-plemento prescritto dal medico20.

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EPIDEMIOLOGIARiportiamo di seguito i principali studi epi-demiologici condotti sui vegetariani, con i relativi riferimenti per una analisi più ap-profondita.

OXFORD VEGETARIAN STUDYAppleby, P. N.; Thorogood, M.; Mann, J. I.; Key, T. J. A. (1999). The Oxford Vegetarian Study: an overview. Am J Clin Nutr; 70 (suppl):252S-31S.

È uno studio prospettico su 6000 soggetti vegetariani e 5000 non vegetariani (gruppo di controllo), reclutati nel Regno Unito tra il 1980 e il 1984. Dall’analisi dei dati a dispo-sizione è emerso che i vegani presentavano minori livelli sia di colesterolo totale che di colesterolo LDL rispetto ai soggetti onnivori; i vegetariani che assumevano solo pesce (no carne) mostravano invece valori intermedi. La mortalità è risultata minore nei soggetti che non consumavano carne (sia per ma-lattie cardiovascolari che per neoplasie); le cause per malattie cardiovascolari infatti sono risultate strettamente legate ad elevati intake di grassi animali totali, grassi saturi e colesterolo. Inoltre, coloro che non consuma-vano carne, avevano un rischio dimezzato di sviluppare appendicite rispetto a coloro che la consumavano abitualmente. Per quanto riguarda le carenze invece, non sono emer-si dati significativi all’interno del gruppo dei vegetariani; i vegani che abitavano in Gran Bretagna invece risultavano carenti di iodio.

EUROPEAN PROSPECTIVE INVESTIGATION INTO CANCER AND NUTRITION (EPIC)http://epic.iarc.fr/

Nel mese di agosto del 2009 la rivista Ame-rican Journal of Clinical Nutrition ha pub-blicato alcune conclusioni del progetto EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), un grande studio epi-demiologico a cui ha contribuito anche AIRC (Associazione Italiana per la ricerca sul Can-cro). Si tratta della più vasta indagine svolta su una popolazione per conoscere le relazio-ni tra dieta e salute. Coordinato dall’Agen-zia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) appartenente all’OMS (Organizzazione

Mondiale per la Sanità), lo studio ha coin-volto 520.000 persone provenienti da 10 Paesi europei (Danimarca, Francia, Germa-nia, Grecia, Italia, Olanda, Norvegia, Spagna, Svezia e Regno Unito).Lo scopo dello studio EPIC è stato quello di investigare i rapporti tra dieta, fattori ambientali e stili di vita, con l’incidenza di cancro e di altre malattie croniche. In par-ticolare, un’analisi recente ha mostrato che non c’è una relazione diretta tra quantità di carne, uova o latticini consumati e rischio di sviluppare un cancro del seno, mentre esiste con altri tipi di tumore, come ad esempio quello del colon (soprattutto in relazione alla carne). I dati si riferiscono a oltre 320.000 donne di diversi Paesi europei. Solo la carne lavorata (insaccati, carne in scatola) sembra accrescere il rischio per le donne, di amma-larsi di carcinoma mammario.

EPIC-OXFORDhttp://www.epic-oxford.org/

EPIC-Oxford è uno dei 23 centri dello studio EPIC. L’obiettivo principale di questo studio è stato quello di esaminare come la dieta in-fluenzi il rischio di cancro (in particolare per quelli più frequenti in Gran Bretagna) e di sviluppo di altre patologie croniche. Il rischio di sviluppo di cancro nel tratto gastro-in-testinale superiore e al polmone è risultato inversamente correlato al consumo di frutta ma non a quello di verdura; mentre il rischio di sviluppo di tumori epatici e colon-retto è inversamente correlato all’assunzione com-plessiva di vegetali (frutta, verdura). C’è una debole evidenza riguardo la correlazione in-versa dell’assunzione di fibra e sviluppo di cancro al seno. Per le altre 9 sedi di can-cro studiate (stomaco, vie biliari, pancreas, cervice uterina, endometrio, prostata, rene, vescica e linfoma) non sono state riporta-te significative correlazioni. Per quanto ri-guarda invece le patologie croniche è sta-to dimostrato che i soggetti vegani hanno concentrazioni sieriche di colesterolo e di APO-B inferiori rispetto agli individui onni-vori e a quelli vegetariani. Un altro studio invece ha dimostrato come l’assunzione di una alimentazione vegetariana risulti corre-

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lata ad un minor rischio di infarto cardiaco ischemico; tale risultato è probabilmente legato alla presenza di maggiori livelli sie-rici di colesterolo HDL e un miglior controllo della pressione arteriosa, tipica dei soggetti vegetariani. La dieta vegetariana, ad elevato contenuto in fibre, risulta inoltre associata ad un più basso rischio di accessi ospedalieri per diverticolite. Coloro che non consumano carne, specialmente i vegani, hanno infine una più bassa prevalenza di ipertensione. Tale dato è strettamente correlato al BMI; si è visto infatti che esso risulta essere inferio-re nei vegetariani e nei vegani.

THE ADVENTIST HEALTH STUDIES (AHS)http://www.llu.edu/public-health/health/index.page

L’acronimo AHS indica una serie di progetti di ricerca a lungo termine condotti in una università della California con l’obiettivo di valutare l’associazione tra stile di vita, die-ta, patologie e mortalità negli Avventisti del Settimo Giorno. Gli Avventisti del Settimo Giorno sono stati e sono tuttora oggetto di molti studi epidemiologici perché tendono ad essere molto più omogenei nello stile di vita rispetto alla popolazione generale. Inoltre, gli Avventisti presentano un’ampia varietà di abitudini alimentari, dal vegeta-rismo stretto alla dieta americana usuale e questo aumenta notevolmente le possibilità dei ricercatori di rilevare associazioni fra ali-mentazione e salute.Negli ultimi 40 anni sono stati condotti due studi sugli Avventisti californiani ed è at-tualmente in corso un terzo studio che inclu-de un ampio numero di Avventisti residenti negli Stati Uniti e in Canada. Di seguito una breve descrizione di tali studi.a) The Adventist Mortality StudyIl primo studio sugli Avventisti, iniziato nel 1958 e noto come The Adventist Mortality Study, è uno studio prospettico su una po-polazione di 22.940 Avventisti della Califor-nia. Lo studio ha previsto un periodo di 5 anni di follow-up intenso e un periodo di 25 anni di follow-up meno rigoroso.Dall’analisi dei dati disponibili è emerso che gli uomini Avventisti vivevano 6,2 anni più a lungo dei non Avventisti californiani; le don-

ne invece avevano 3,7 anni in più di aspet-tativa di vita rispetto a quelle del gruppo di controllo.b) Adventist Health Study 1 (AHS-1)Lo scopo è stato quello di capire quali com-ponenti dello stile di vita degli Avventisti fornissero protezione nei confronti dello svi-luppo di patologie. Nello specifico è emerso che:

- Nella filosofia degli Avventisti del Settimo Giorno sono stati promossi, per più di 100 anni, comportamenti salutari tipo: evita-re il fumo, mantenere una alimentazione vegetariana, consumare frequentemente frutta secca, regolare esercizio fisico, man-tenimento di un corretto peso corporeo;

- La riduzione del consumo di carne e l’au-mento di quello dei legumi è stata asso-ciata ad un minor rischio di sviluppo di cancro al colon;

- Il consumo giornaliero di pomodoro e di latte di soia potrebbe ridurre l’incidenza di cancro prostatico;

- Il consumo giornaliero di 5 o più bicchie-ri di acqua, di pane integrale e di frutta secca potrebbe ridurre di oltre il 50% lo sviluppo di malattie cardiovascolari.

c) Adventist Health Study 2 (AHS-2)Da questo studio è emerso che i soggetti ve-gani presentano un BMI inferiore rispetto ai soggetti onnivori. I 5 punti di BMI di diffe-renza rilevati tra i vegani e i non vegetariani indicano che il vegetarianismo potrebbe es-sere protettivo nei confronti dell’obesità e di sviluppo di Diabete tipo 2.

POSIZIONI UFFICIALI In ItaliaIn Italia non esistono Linee Guida e Posizioni di riferimento relativamente alla dieta vege-tariana.

Nel mondoÈ posizione dell’American Dietetic Associa-tion che le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete vegetariane totali o vegane, sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale e possono confe-rire benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Le diete

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vegetariane ben pianificate sono appropriate per individui in tutti gli stadi del ciclo vitale, inclusa gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia, adolescenza e per gli at-leti.I risultati di una rassegna basata sull’evi-denza hanno mostrato che la dieta vegeta-riana risulta associata a una riduzione del rischio di morte per cardiopatia ischemica. I vegetariani evidenziano, inoltre, livelli in-feriori di colesterolo legato alle lipoproteine LDL e di pressione arteriosa, nonché ridotti tassi di ipertensione e di diabete mellito di tipo 2 rispetto ai non-vegetariani. I vegeta-riani tendono ad avere un ridotto indice di massa corporea (BMI) e ridotti tassi di tutti i tipi di cancro. Le caratteristiche di una dieta vegetariana che possono ridurre il rischio di malattie croniche includono ridotte assun-zioni di acidi grassi saturi e colesterolo e più elevate assunzioni di frutta, verdura, cereali integrali, frutta secca, prodotti della soia, fi-bre e fitocomposti.La variabilità delle abitudini dietetiche dei vegetariani rende essenziale valutare in modo individualizzato l’adeguatezza nu-trizionale della dieta. Oltre ad effettuare questo tipo di valutazione, i professionisti della nutrizione possono giocare un ruolo chiave nell’educare i vegetariani sulle fonti alimentari di specifici nutrienti, sull’acquisto e la preparazione dei cibi e su ogni modifi-cazione dietetica necessaria a soddisfare le richieste individuali.

WHO (World Health Organization)L’Organizzazione Mondiale della Sanità non ha mai pubblicato una posizione ufficiale sulle diete vegetariane. In un rapporto del 2003 prevalentemente indirizzato alle popo-lazioni povere dell’ex Unione Sovietica e alle famiglie dell’Europa che vivono in condizioni di povertà26, si può leggere la seguente af-fermazione: La principale preoccupazione ri-guardo alle diete vegetariane è il piccolo ma significativo rischio di carenze nutrizionali. Queste includono carenze di Ferro, zinco, ri-boflavina, vitamina B12, vitamina D e Cal-cio (specialmente fra i vegani) e inadeguato apporto energetico27. In un altro documento

sul rapporto tra introiti di frutta e verdura e rischio di diabete mellito e malattie car-diovascolari del 2005, l’OMS evidenzia invece alcuni benefici rilevati in chi segue diete ve-getariane: valori minori di pressione sangui-gna, una minore mortalità per cardiopatia ischemica e ictus cerebrale e una minore incidenza di diabete mellito28.

CONCLUSIONILe diete vegetariane ben pianificate si sono dimostrate salutari, nutrizionalmente ade-guate e possono conferire benefici nella prevenzione e nel trattamento di alcune pa-tologie. I professionisti della nutrizione do-vrebbero essere in grado di assistere i loro pazienti vegetariani fornendo loro informa-zioni aggiornate e accurate sulla nutrizione vegetariana e sui vari alimenti, spiegando loro anche le modalità di reperibilità e di preparazione dei cibi.

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Il ruolo del counselling nutrizionale nei trattamenti oncologici attivi: razionale di applicazione e prove di efficaciaThe role of nutritional counselling for active treatments of oncology: reasons beyond its application and proofs of its efficacydi Filippo Valoriani SSD di Malattie del Metabolismo e Nutrizione Clinica, Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di [email protected]

panorama scientifico scientific survey

a cura dellaRedazione

Nei soggetti affetti da neoplasia la Malnu-trizione Calorico-Proteica (MCP) rappresen-ta una vera e propria condizione morbosa, concomitante alla patologia oncologica, caratterizzata da uno stato di alterazione delle strutture e delle funzioni dell’organi-smo umano che si viene a generare attra-verso uno squilibrio fra fabbisogni, introiti nutrizionali e/o utilizzazione dei nutrienti. In questo contesto morboso, tale condizio-ne presenta un’eziopatogenesi complessa e multifattoriale; la neoplasia è in grado di produrre una vasta serie di molecole (ci-tochine, neuropeptidi e ormoni) che deter-minano importanti alterazioni dei processi

organici in senso catabolico e un incremen-to, a volte molto significativo, del dispendio energetico basale. Parallelamente a questo, le terapie messe in atto per debellare la ma-lattia creano un complesso e ampiamente variegato panorama multi-sintomatologico che interferisce negativamente nei riguardi di un’adeguata assunzione di energia e nu-trienti1 (figura 1).È stato da tempo ampiamente dimostrato come la MCP nel paziente oncologico deb-ba essere necessariamente considerata una vera e propria “malattia nella malattia” in grado di produrre numerosi effetti avversi: un incremento del tasso di infezioni, delle

CANCER

carbohydrate:• glucose turnover ↑

• insulin resistance

• cori cycle activity ↑

psycological stresspain

anorexiadysgeusiadysphagia

nausea and vomitingsubileus and constipation

diarrhea and intestinal malabsorption

anormal production of cytokines, neuropeptides, hormones, etc.

increased resting energy expenditure

fat:• lipolysis ↑• lipogenesis-lipolysis imbalance• lipid oxidation ↑• hyperlipidemia

protein:• liver-muscle protein turnover ↑• muscle protein loss• negative nitrogen balance

METABOLIC CHANGESFOOD INTAKE DECREASE

Figura 1. From M. Caro, A. Laviano, C. Pichard. Natural intervention and quality of life in adult oncology patient. Clinical Nutrition (2007) 26, 289-301

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complicanze post-operatorie, nonché una si-gnificativa riduzione della tolleranza e della risposta ai trattamenti radio/chemioterapici con un conseguente impatto negativo sui costi sanitari e sulla qualità di vita dei pa-zienti1.È per queste ragioni che l’obiettivo al quale devono mirare i programmi di trattamento nutrizionale rivolti ai pazienti oncologici in fase attiva di trattamento è costituito dalla prevenzione precoce ed efficace della MCP o dal suo trattamento appropriato qualora questa sia già presente al momento della diagnosi2.In questo particolare setting clinico il Coun-selling Nutrizionale (CN) costituisce un vali-do strumento d’intervento di documentata e superiore efficacia rispetto all’arcaica pre-scrizione dietetica. Il CN è costituito da un processo interattivo che si viene a stabilire fra il paziente e il Dietista i quali, median-te le informazioni acquisite e condivise du-rante l’assessment nutrizionale, definiscono l’insieme delle strategie comportamentali prioritarie tese al superamento delle pro-blematiche di carattere alimentare oltre che al miglioramento o alla conservazione dello stato nutrizionale3.Nel 2012, una importante meta-analisi di trial clinici controllati randomizzati, condotti su pazienti malnutriti in fase di trattamento oncologico attivo, ha ben documentato come il CN sia in grado determinare un incremen-

to significativo dell’intake calorico-proteico orale giornaliero, del peso corporeo e degli score relativi alla qualità di vita4.Già nel 2006, infatti, le Linee Guida ESPEN per la nutrizione enterale in soggetti affetti da patologia neoplastica avevano individua-to nel CN un valido presidio per il tratta-mento nutrizionale dei pazienti oncologici in corso di terapia e, più recentemente, in considerazione dell’accrescersi del numero delle sempre più solide evidenze scientifi-che in materia, il CN si è configurato come gold standard per il trattamento di tutti quei casi in cui, rispetto ai fabbisogni energetici giornalieri stimati, l’intake calorico orale è ridotto o potrebbe potenzialmente diminuire nella prospettiva delle cure future. Più preci-samente il CN trova un appropriato utilizzo quanto l’assunzione energetica giornaliera è ridotta o sarà potenzialmente contratta ma comunque superiore al 50% del dispendio energetico giornaliero stimato. Per contro, in caso di una compromissione delle ingesta al di sotto del 50% del fabbisogno energe-tico giornaliero, di un’impossibilità di origi-ne meccanica o neurologica che impedisce l’assunzione orale di alimenti, o ancora, in caso di una MCP di grave entità, il ricorso al CN risulta del tutto inappropriato e non può trovare accoglimento dal momento che la scelta elettiva nei casi sopra citati è rappresentata dalla nutrizione artificiale3, 5 (figura 2).

Patient’s GI function?

Insufficient < 50% needs

Duration + Nutritional status Monitor

vs. ≥ 95% needs Sufficient

Counceling ± supplements

EvaluateIntake

Prescribe

How much?Which nutrients?

Figura 2. From P. Ravasco. Nutritional approaches in cancer: Relevance of individualized counceling and supplementation. Volume 31, Issue 4, April 2015, pages 603-604

Artificial nutritionParental Enteral

YES

NO

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Relativamente all’efficacia del CN, anche la tempistica con cui questo è condotto non riveste certo un ruolo di secondaria impor-tanza: l’avvio dell’attività di CN deve essere precoce ovvero è necessario intraprenderla prima dell’avvio effettivo dei trattamenti on-cologici, in occasione dello screening per il rischio nutrizionale, possibilmente durante la fase di stadiazione iniziale della malattia e deve essere intensiva, cioè è indispensa-bile che questa si articoli e si protragga per l’intera durata dell’iter di cura programmato con una frequenza in genere settimanale.Per quanto concerne le strategie tecniche, mediante il CN è possibile intervenire diret-tamente sull’architettura quali-quantitiva del regime alimentare individuale attraverso la modulazione diretta di:

- numero e distribuzione dei pasti;- densità calorico-proteica (Food Fortifica-

tion e/o Oral Nutritional Supplements);- apporto e ripartizione di singoli o gruppi

di nutrienti, alimenti o bevande3. La versatilità del CN lo rende applicabile all’intero spettro dei diversi trattamenti nutrizionali di cui i soggetti affetti da neoformazioni maligne possono necessitare durante il percorso di cura.È disponibile un discreto numero di pubbli-cazioni che documentano l’efficacia del CN nella gestione delle problematiche nutri-zionali peri-operatorie di soggetti affetti da neoplasie dell’apparato gastroenterico supe-riore candidati a trattamento chirurgico6, 7.Sono molto numerose e di ottima qualità metodologica le evidenze scientifiche che in maniera univoca dimostrano come il CN, durante radio/chemioterapia con finalità cu-rativa per neoplasie del distretto cervico-fac-ciale, dell’apparato enterico inferiore o della regione pelvica, sia in grado di prevenire il deterioramento dello stato di nutrizione, di assicurare la copertura del fabbisogno calo-rico-proteico, di attenuare il grado di tossici-tà acuta e cronica dei trattamenti oncologici e migliorare la qualità di vita rispetto ad altre tipologie di trattamento nutrizionale o

alla sola supplementazione orale8, 9.In letteratura altri autori hanno descritto l’utilità del CN nel management degli effetti collaterali derivanti da schemi mono o poli chemioterapici largamente impiegati nella cura di numerosi tumori solidi10.La variabilità dettata dai molteplici e diffe-renti trattamenti oncologici ad oggi dispo-nibili, l’origine, la diffusione e le caratteri-stiche biologiche della malattia, nonché le complesse e diversificate esigenze cliniche, rendono la nutrizione dei soggetti affetti da neoplasia in trattamento oncologico attivo una realtà assistenziale molto suggestiva ma forse più di altre meritevole di perso-nale sanitario dedicato e adeguatamente formato3.

Bibliografia essenziale1. Monica Marıa Marın Caro, Alessandro Laviano, Clau-de Pichard. Nutritional intervention and quality of life in adult oncology patients. Clinical Nutrition (2007) 26, 289–301.

2. Huebner J et al. Counseling Patients on Cancer Diets: A Review of the Literature and Recommendations for Clini-cal Practice. Anticancer Research 34: 39-48 (2014).

3. Paula Ravasco. Nutritional approaches in cancer: Rele-vance of individualized counseling and supplementation. Volume 31, Issue 4, April 2015, Pages 603–604.

4. Christine Baldwin, Ayelet Spiro, Roger Ahern, Peter W Emery. Oral Nutritional Interventions in Malnourished Pa-tients With Cancer: A Systematic Review and Meta-Analy-sis. J Natl Cancer Inst 2012;104:1–15.

5. H. Lochs ESPEN Guidelines on adult enteral nutrition. Clinical Nutrition, 2006.

6. Sydney M et all. Evidence-based recommendation for cancer fatigue, anorexia, depression and dyspnea. Journal of clinical oncology 26 (23), 2008.

7. G. C. Ligthart-Melis et all. Dietician-delivered intensive nutritional support is associated with a decrease in severe postoperative complications after surgery in patients with esophageal cancer. Diseases of the Esophagus (2012)

8. Henson CC et all. Nutritional interventions for reducing gastrointestinal toxicity in adults undergoing radical pelvic radiotherapy (Review). The Cochrane Collaboration, 2013

9. Evidence based parctice guidelines for the nutritional management of adult patients with head necak cancer, 2011

10. P. Senesse et all. Nutritional support during oncologic treatment of patients with gastrointestinal cancer: who could benefit? Cancer treatment reviews, 2008.

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19i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

a cura diLinda AlbarelloElena CarboniMichela CarucciFrancesca CortesiMonica Prampolini

Nell’ottica della continua attenzione ad una pratica professionale basata sull’evidenza, proponiamo in questa rubrica una rassegna degli articoli scientifici, con i relativi abstract, delle Position Paper e Standars of Practice & Professional Performance recentemente pubblicati sulle più diffuse riviste scientifiche. Degli articoli selezionati è presente il commento del Dietista.

i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEI FENOTIPI NORMOPESO “METABOLICAMENTE OBESI” E DEI FENOTIPI OBESI “METABOLICAMENTE SANI”

Main characteristics of metabolically obese normal weight and metabolically healthy obese phenotypesTatiana FS Teixeira, Raquel DM Alves, Ana Paula B Moreira, Maria do Carmo G Peluzio DOI: http://dx.doi.org/10.1093/nutrit/nuu007 175-190 First published online: 14 February 2015

In this review, the influence of fat depots on insulin resistance and the main characteris-tics of metabolically obese normal-weight and metabolically healthy obese phenotypes are discussed. Medline/PubMed and Science Direct were searched for articles related to the terms metabolically healthy obesity, metabolically obese normal weight, adipose tissue, and in-sulin resistance. Normal weight and obesity might be heterogeneous in regard to their ef-fects. Fat distribution and lower insulin sensi-tivity are the main factors defining phenotypes within the same body mass index. Although these terms are interesting, controversies about them remain. Future studies exploring these phenotypes will help elucidate the roles of adiposity and/or insulin resistance in the development of metabolic alterations.

Commento Il ruolo giocato dal tessuto adipo-so nei disordini metabolici non è ancora ben chiaro. L’incremento dell’adiposità è dovuto a vari fattori tra cui bilancio calorico in positivo, sedentarietà, predisposizione genetica, fattori di carattere psicosociale e, in base alle più re-centi ricerche, anche alla composizione del mi-crobiota intestinale. Ciononostante, quello che è noto da almeno 20 anni è il ruolo centrale dell’insulino resistenza (definita da Kahn come “una condizione in cui concentrazioni norma-li di insulina producono una risposta biologi-ca inferiore alla normalità”) per la comparsa delle principali patologie metaboliche associate all’obesità, come ad esempio diabete mellito

tipo 2, ipertensione e malattie cardiovascola-ri. Altrettanto noto è che anche la localizza-zione dell’adipe gioca un ruolo importante per la comparsa dei disordini metabolici. Il tessuto adiposo localizzato nello spazio tra gli organi interni come fegato, intestino e reni (tessuto adiposo viscerale, VAT) sembra infatti essere quello maggiormente associato alle patologie sopraindicate rispetto al grasso localizzato in sede sottocutanea o periferica (tessuto adiposo sottocutaneo, SAT). Benché la relazione tra insulino-resistenza ed obesità sia importante, ci sono comunque soggetti obesi e grandi obesi con una buo-na sensibilità insulinica e, viceversa, soggetti normopeso che presentano disturbi metaboli-ci tipicamente legati a obesità e insulino-re-sistenza. La nutrigenomica negli ultimi anni si è indirizzata verso la ricerca di particolari fenotipi o caratteristiche genetiche associate alla diversa disposizione del tessuto adiposo. In questo lavoro (che comprende una consi-derevole quantità di studi) gli Autori conclu-dono che la relazione tra insulino-resistenza, disordini metabolici e tessuto adiposo è mol-to più complessa di quella che può sembra-re in apparenza, in quanto anche il pannico-lo adiposo sottocutaneo, in relazione alla sua localizzazione (nell’addome piuttosto che sui fianchi, sui glutei o sugli arti) può giocare un ruolo importante nello stato infiammatorio e nella comparsa di insulino-resistenza. Tutta-via non ci sono ancora evidenze significative in grado di dimostrare come i soggetti obesi non insulino resistenti siano realmente protetti dallo sviluppo delle patologie croniche descrit-te precedentemente. Inoltre, altre importanti comorbidità invalidanti come apnee notturne, problemi di carattere neurologico, respirato-rio e alcuni tumori sono comunque presenti in questi individui. Per ultimo, anche soggetti sottopeso o normopeso non necessariamente sono in salute, in quanto alcuni studi hanno evidenziato complicanze metaboliche anche in una parte di questa popolazione, probabilmen-te legate all’etnia, al sesso e al polimorfismo genetico. Per questo motivo, come già più volte rimarcato anche in questa rubrica, è sempre

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20 i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

necessaria un’accurata valutazione individuale auspicando, nel più breve tempo possibile, di avere informazioni più precise sul genoma in modo tale da riuscire a codificare tutti i vari fenotipi in relazione al loro rischio di malattia.

LA QUALITÀ DELLA DIETA INFLUENZA IL TESSUTO ADIPOSO VISCERALE E QUELLO ADDOMINALE SOTTOCUTANEO: UNA REVIEW SISTEMATICA DI STUDI OSSERVAZIONALI E DI INTERVENTO

Qualitative aspects of diet affecting visceral and subcutaneous abdominal adipose tissue: A systematic review of observational and controlled intervention studiesFischer K, Pick JA, Moewes D, Nothlings U. Nutr Rev. 2015;73(4):191-215

Knowledge of the role that qualitative as op-posed to energy aspects of diet play in the ac-cumulation of visceral abdominal adipose tissue (VAT) and subcutaneous abdominal adipose tis-sue (SAAT) is limited and not conclusive. A sys-tematic review was conducted to evaluate and summarize the existing literature investigating the relationships between qualitative aspects of diet, from single dietary components to overall dietary patterns, and VAT and SAAT. The Pu-bMed, Web of Science, Embase, and Cochrane databases were searched. Observational and controlled intervention studies that assessed healthy adults or adolescents using magnetic resonance imaging, computed tomography, du-al-energy X-ray absorptiometry, or ultrasound were eligible for inclusion. After quality assess-ment of all eligible studies, 20 observational and 23 controlled intervention studies were included. Considering study quality, including nutrition-al and abdominal adipose tissue assessment, about 30 caloric and noncaloric qualitative as-pects of diet were found “to be associated with or affect” VAT and/or SAAT, most notably, me-dium-chain triacylglycerols, dietary fiber, calci-um, phytochemicals, and dietary patterns; for fructose and alcohol, the relationships were less clear. Additional well-designed prospective stud-ies are warranted to confirm current findings and to identify further qualitative aspects of diet that may influence VAT and SAAT accumu-lation.

Commento Nell’attesa che gli studi sul geno-ma umano possano fornire risposte chiare in

grado di definire le basi genetiche della diversa localizzazione dell’adipe, le ricerche attuali, di cui questa review è una conferma, mostrano una relazione tra gli aspetti qualitativi della dieta e il tessuto adiposo viscerale (VAT) e/o sottocutaneo (SAAT). Nonostante siano ne-cessari ulteriori studi, attualmente esiste una correlazione significativa tra l’introito di acidi grassi a media catena, fibre, calcio, composti fitochimici e schema dietetico; meno chiara in-vece è la relazione con l’intake di fruttosio e di alcool. Il dietista può dunque assumere un ruolo chiave in funzione della formazione pro-fessionale ricevuta e delle conoscenze e com-petenze acquisite. Ogni dietista ha quindi il dovere di mantenersi aggiornato e informato e di mettere in pratica i principi cardine del codice deontologico. La prestazione professio-nale che i dietisti sono in grado di fornire sarà fondamentale per affermare sempre di più la posizione di questi professionisti nell’ambito alimentare e nutrizionale, al di là di tutte le figure note e meno note che operano in questo complesso e variegato ambito.

LONGEVITÀ DEGLI UOMINI IN SARDEGNA: UNA REVISIONE DI DATI RETROSPETTICI CHE SUPPORTA UN RAPPORTO CAUSALE TRA LONGEVITÀ E FATTORI ALIMENTARI

Male longevity in Sardinia, a review of historical sources supporting a causal link with dietary factorsG M Pes, F Tolu, M P Dore, G P Sechi, A Errigo, A Canelada and M Poulain. European Journal of Clinical Nutrition (2015) 69, 411–418; doi:10.1038/ejcn.2014.230; published online 5 November 2014

The identification of a hot spot of exceptional longevity, the Longevity Blue Zone (LBZ), in the mountain population of Sardinia has aroused considerable interest toward its traditional food as one of the potential causal factors. This preliminary study on the traditional Sardinian diet has been supported by the literature avail-able, which has been carefully reviewed and compared. Up to a short time ago, the LBZ pop-ulation depended mostly upon livestock rearing, and consumption of animal-derived foods was relatively higher than in the rest of the island. The nutrition transition (NT) in urbanized and lowland areas began in the mid-1950s, fueled by economic development, whereas in the LBZ it started later owing to prolonged resistance to

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change by a society organized around a rather efficient pastoral economy. Even nowadays a large proportion of the population in this area still follows the traditional diet based on cere-al-derived foods and dairy products. The LBZ cohorts comprising individuals who were of a mature age when NT began may have bene-fited both from the high-quality, albeit rath-er monotonous, traditional diet to which they had been exposed most of their life and from the transitional diet, which introduced positive changes such as more variety, increased con-sumption of fruits and vegetables and mod-erate meat intake. It could be speculated that these changes may have brought substantial health benefits to this particular aging group, which was in need of nutrient-rich food at this specific time in life, thereby resulting in a de-creased mortality risk and, in turn, life-span extension.

Commento Una sana alimentazione in ge-nerale, e la dieta mediterranea in particolare, giocano un ruolo fondamentale, assieme allo stile di vita, nella prevenzione delle malattie cardiovascolari considerate oggi la principale causa di morte nei Paesi industrializzati. L’a-limentazione, i fattori ambientali e lo stile di vita risultano spesso strettamente correlati. Basandosi su questa relazione, l’articolo pone l’accento non solo su un possibile legame fra longevità della popolazione della Sardegna - nello specifico la popolazione di un’area defi-nita Longevity Blue Zone (LBZ) - e le caratte-ristiche dell’alimentazione locale, ma anche sul cambiamento delle abitudini alimentari in un particolare momento storico in quella fascia di popolazione.

CRITERI DIAGNOSTICI PER LA MALNUTRIZIONE: UN CONSENSUS STATEMENT DELL’ESPEN

Diagnostic criteria for malnutrition – An ESPEN Consensus StatementT. Cederholm, I. Bosaeus, R. Barazzoni, J. Bauer, A. Van Gossum, S. Klek, M. Muscaritoli, I. Nyulasi, J. Ockenga, S.M. Schneider, M.A.E. de van der Schueren, P. Singer. Clin Nutr 2015 Jun;34(3):335-40. doi: 10.1016/j.clnu.2015.03.001. Epub 2015 Mar 9

Objective. To provide a consensus-based min-imum set of criteria for the diagnosis of mal-nutrition to be applied independent of clinical setting and aetiology, and to unify interna-

tional terminology.Method. The European Society of Clinical Nu-trition and Metabolism (ESPEN) appointed a group of clinical scientists to perform a modi-fied Delphi process, encompassing e-mail com-munications, face-to-face meetings, in group questionnaires and ballots, as well as a ballot for the ESPEN membership.Result. First, ESPEN recommends that subjects at risk of malnutrition are identified by vali-dated screening tools, and should be assessed and treated accordingly. Risk of malnutrition should have its own ICD Code. Second, a unan-imous consensus was reached to advocate two options for the diagnosis of malnutrition. Op-tion one requires body mass index (BMI, kg/m2) <18.5 to define malnutrition. Option two requires the combined finding of unintentional weight loss (mandatory) and at least one of either reduced BMI or a low fat free mass index (FFMI). Weight loss could be either >10% of habitual weight indefinite of time, or >5% over 3 months. Reduced BMI is <20 or <22 kg/m2 in subjects younger and older than 70 years, re-spectively. Low FFMI is <15 and <17 kg/m2 in females and males, respectively. About 12% of ESPEN members participated in a ballot; >75% agreed; i.e. indicated ≥7 on a 10-graded scale of acceptance, to this definition.Conclusion. In individuals identified by screen-ing as at risk of malnutrition, the diagnosis of malnutrition should be based on either a low BMI (<18.5 kg/m2), or on the combined finding of weight loss together with either reduced BMI (age-specific) or a low FFMI using sex-specific cut-offs.

Commento Utilizzare un linguaggio condiviso ed una terminologia uniforme a livello inter-nazionale è ormai una necessità ed una con-dizione indispensabile per migliorare efficienza ed efficacia dell’intervento del dietista. Questo consensus statemet dell’ESPEN (the European Society for Clinical Nutrition and Metabolism) tratta dei criteri diagnostici per la malnutrizio-ne con l’obiettivo di fornire una terminologia e una metodologia condivise per l’impiego di un insieme di indicatori da utilizzarsi per la dia-gnosi della malnutrizione indipendentemente dal setting clinico e dall’eziologia. Oltre all’ormai ampiamente utilizzato - e co-nosciuto - cut-off di 18.5 Kg/m2 di IMC (Indice di Massa Corporea) identificato dall’OMS per la diagnosi di malnutrizione, viene introdotto un indicatore (in parte nuovo) basato sulla combi-nazione di un calo ponderale non intenzionale

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e basso IMC o basso FFMI (Fat Free Mass In-dex). Nello specifico, per individui identificati a rischio di malnutrizione attraverso test di scre-ening nutrizionali validati, la diagnosi di mal-nutrizione potrebbe essere basata: a) sui valori di IMC (< 18.5 Kg/m2); b) su un calo ponderale involontario (>10% del peso abituale o >5% del peso negli ultimi 3 mesi) combinato ad un basso IMC (< a 20 Kg/m2 in soggetti giovani o < a 22 Kg/m2 in soggetti con più di 70 anni) o ad un basso FFMI utilizzando dei cut-off ses-so-correlati (< a 15 Kg/m2 nelle femmine ed < a 17 Kg/m2 nei maschi).

ALTERAZIONE DELLA BARRIERA INTESTINALE E DEL MICROBIOTA DURANTE LA RESTRIZIONE ALIMENTARE, IL DIGIUNO E LA CARENZA PROTEICO-ENERGETICA

Alterations of gut barrier and gut microbiota in food restriction, food deprivation and protein-energy wastingL. Genton, P.D. Cani, J. Schrenzel. Clin Nutr June 2015 Volume 34, Issue 3, Pages 341–349

Increasing evidence shows that gut microbiota composition is related to changes of gut bar-rier function including gut permeability and immune function. Gut microbiota is different in obese compared to lean subjects, suggest-ing that gut microbes are also involved in en-ergy metabolism and subsequent nutritional state. While research on gut microbiota and gut barrier has presently mostly focused on intestinal inflammatory bowel diseases and more recently on obesity and type 2 diabetes, this review aims at summarizing the present knowledge regarding the impact, in vivo, of de-pleted nutritional states on structure and func-tion of the gut epithelium, the gut-associated lymphoid tissue (GALT), the gut microbiota and the enteric nervous system. It highlights the complex interactions between the components of gut barrier in depleted states due to food deprivation, food restriction and protein ener-gy wasting and shows that these interactions are multidirectional, implying the existence of feedbacks.

Commento È ormai ampiamente riconosciu-to come l’intestino sia un organo complesso con molteplici funzioni che vanno ben oltre il “semplice” ruolo di digestione e assorbimento di acqua e nutrienti. Evidenze sempre più im-

portanti evidenziano come la composizione del microbiota intestinale sia strettamente corre-lata a cambiamenti nella funzione di barriera intestinale, inclusa la funzione immunitaria e quella di permeabilità (intestinale). Inoltre, il fatto che la composizione del microbiota sia diversa in soggetti obesi rispetto ad individui normopeso suggerisce che questo influen-za anche il metabolismo energetico e, conse-guentemente, lo stato nutrizionale. Lo scopo di questa review è di raccogliere e riassumere le conoscenze attuali che riguardano l’effetto, in vivo, della deprivazione alimentare sulla strut-tura e sulla funzione dell’epitelio intestinale, del GALT (Gut-Associated Lymphoid Tissue), del microbiota intestinale e del sistema nervoso enterico.

SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE (IBS): TERAPIE NUOVE ED EMERGENTI

Irritable bowel syndrome: new and emerging treatmentsMagnus Halland, Yuri A Saito. BMJ 2015;350:h1622 doi: 10.1136/bmj.h1622

Irritable bowel syndrome is one of the most common gastrointestinal disorders in devel-oped nations. It is characterized by abdominal pain, altered bowel habits, and bloating. Sev-eral non-pharmacological and pharmacological agents, which target the peripheral gastroin-testinal system and central nervous system, are used to treat the syndrome. The individual and societal impact of investigating and man-aging the syndrome is substantial, and despite newer treatments, many patients have unmet needs. Intense research at many internation-al sites has improved the understanding of pathophysiology of the syndrome, but devel-oping treatments that are effective, safe, and that have tolerable side effects remains a chal-lenge. This review briefly summarizes the cur-rently available treatments for irritable bowel syndrome then focuses on newer non-pharma-cological and pharmacological therapies and recent evidence for older treatments. Recent guidelines on the treatment of irritable bowel syndrome are also discussed.

Commento La sindrome dell’intestino irritabile o IBS (dall’inglese Irritable Bowel Syndrom) è un disordine eterogeno e multifattoriale, risultato di una complessa interazione bidirezionale tra intestino e cervello. Le caratteristiche della IBS sono dolore addominale, un alvo alternante,

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distensione addominale, la presenza di muco nelle feci e la sensazione di incompleta evacua-zione dopo la defecazione. Ad oggi la diagnosi della IBS rimane “una diagnosi basata sui sin-tomi” poiché, in assenza di una specifica causa organica, non risultano disponibili test specifici o biomarker che ne provino la presenza. I più recenti criteri diagnostici (Criteri di Roma III) sono quelli elaborati dal panel internazionale di esperti riuntosi a Roma nel 2006. In linea generale la IBS si presenta in tre diverse forme: a) IBS con costipazione predominante, b) IBS con diarrea predominante, c) IBS mista. Considerata l’eziopatogenesi multifattoriale del-la patologia, molti sono i trattamenti che posso essere attuati: dall’approccio farmacologico a quello dietetico-comportamentale fino a tera-pie cognitivo-comportamentali più strutturate. Questa review offre una chiara, dettagliata ed esaustiva rassegna su tutti i trattamenti oggi utilizzati, concludendo con un’ampia riflessio-ne sulle terapie emergenti. Nell’ultima parte vengono inoltre confrontate e analizzate le più attuali Linee Guida elaborate da tre importanti Organizzazioni Scientifiche (National Institute for Health and Care Excellence (NICE), American College of Gastroenterology (ACG) e American Gastoenterological Association (AGA)). Molto interessante risulta anche il protocollo elaborato dalla BDA (British Dietetic Associa-tion) così come le ricerche sull’approccio FOD-MAP (ANDIDNotizie 3/2015) ed i risultati di re-centi studi sui trattamenti “naturali” sempre più richiesti ed utilizzati dai pazienti.In conclusione, questa revisione sistematica evidenzia come un approccio individualizzato, basato su un intervento educativo struttura-to e altri trattamenti non-farmacologici, risulti sempre la strategia di elezione.

SOSTANZE NUTRITIVE E NON NUTRITIVE DEI LEGUMI E LA LORO ATTIVITÀ CHEMIOPREVENTIVA: UNA REVIEW

Nutrient and nonnutrient components of legumes, and its chemopreventive activity: a reviewSánchez-Chino X, Jiménez-Martínez C, Dávila-Ortiz G, Álvarez-González I, Madrigal-Bujaidar E. Nutr Cancer. 2015;67(3):401-10. doi: 10.1080/01635581.2015.1004729. Epub 2015 Feb 24

Legumes in combination with other products are the staple food for a large part of the

world population, especially the low-income fragment, because their seeds provide valua-ble amounts of carbohydrates, fiber, and pro-teins, and have an important composition of essential amino acids, the sulphured amino acids being the limiting ones. Furthermore, legumes also have nonnutritional compounds that may decrease the absorption of nutrients or produce toxic effects; however, it has been reported that depending on the dose, these nonnutritional compounds also have different bioactivities as antioxidant, hypolipidemic, hypoglycemic, and anticarcinogenic agents, which have been proven in scientific studies. It has been observed that in countries with a high consumption of legumes, the incidence of colorectal cancer is lower. Some studies have shown that legume seeds are an alternative chemopreventive therapy against various can-cers especially colon; this was verified in vari-ous animal models of induced by azoxymeth-ane, a colon specific carcinogenic compound, in which a diet was supplemented with different concentrations of beans, lentils, chickpeas, or soybeans, mostly. These studies have proven the anticancer activity of legumes in early stages of carcinogenesis. Therefore, it is im-portant to review the information available to elucidate the chemopreventive mechanisms of action of legume compounds.

Commento I legumi appartengono alla fami-glia delle Leguminose o Fabacee e i loro semi hanno rappresentato da sempre un ruolo im-portante nella dieta di molte popolazioni. La loro coltivazione ed il loro utilizzo nella pre-parazione dei cibi risale al 7000 a.C. Oggi i legumi, in combinazione con altri prodotti, rappresentano l’alimento principale per gran parte della popolazione mondiale, soprattutto nei Paesi con basso reddito. Per essere con-sumati, i semi dei legumi richiedono una serie di trattamenti quali l’ammollo, la cottura o la germinazione che vanno a migliorarne la pa-latabilità e ad incrementare la biodisponibilità dei nutrienti in essi contenuti. A livello globale, i legumi principalmente con-sumati risultano i fagioli, i ceci, le lenticchie, i piselli, le fave, le arachidi e la soia. I legu-mi contengono buone quantità di carboidrati, proteine e fibra; rappresentano una importante fonte di aminoacidi essenziali mentre gli ami-noacidi solforati sono quelli limitanti. I legumi rappresentano anche una importante fonte di minerali quali ferro, zinco e calcio; apporta-no inoltre sostanze non nutritive che, secon-

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24 i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

do quanto riportato in questa review, svolgono funzioni dose-dipendenti di tipo antiossidante, ipolipidemica, ipoglicemica e fungono da agen-ti antitumorali. L’attività chemioprotettiva dei legumi è da attribuirsi alla presenza di fitoe-strogeni, inibitori della proteasi, saponine, fi-tati, fitosteroli, fibra, proteine ed acidi grassi.Alcuni studi hanno dimostrato che i semi delle leguminose rappresentano una terapia alter-nativa chemiopreventiva contro vari tipi di can-cro (in particolare quello del colon); altri studi hanno dimostrato l’attività antitumorale dei legumi nei primi stadi della carcinogenesi. Considerati gli importanti effetti benefici de-rivanti da un’alimentazione ricca in legumi, è possibile considerarli come “funtional food”. In conclusione, questa review rappresenta un punto di partenza per approfondire la ricerca in questo ambito e per chiarire ulteriormente i meccanismi di azione dei composti non nutriti-vi contenuti nei legumi, identificando le varietà con maggiore azione chemiopreventiva.

BEVANDE ZUCCHERATE E RISCHIO DI IPERTENSIONE ARTERIOSA E MALATTIE CARDIOVASCOLARE: UNA META-ANALISI DOSE-RISPOSTA

Sugar-sweetened beverages and risk of hypertension and CVD: a dose–response meta-analysisBo Xi, Yubei Huang, Kathleen Heather Reilly, Shuangshuang Li, RuoNlong Zheng, Maria T. Barrio-Lopez, Miguel A. Martinez-Gonzalez and Donghao Zhou

A number of prospective cohort studies have investigated the associations between con-sumption of sugar-sweetened beverages (SSB) and the risk of hypertension, CHD and stroke, but revealed mixed results. In the present study, we aimed to perform a dose–response metaanalysis of these prospective studies to clarify these associations. A systematic liter-ature search was conducted using the PubMed and Embase databases up to 5 May 2014. Ran-dom- or fixed-effects models were used to cal-culate the pooled relative risks (RR) with 95% CI for the highest compared with the lowest category of SSB consumption, and to conduct a dose–response analysis. A total of six pro-spective studies (240 726 participants and 80

411 incident cases of hypertension) from four publications on hypertension were identified. A total of four prospective studies (194 664 participants and 7396 incident cases of CHD) from four publications on CHD were identi-fied. A total of four prospective studies (259 176 participants and 10 011 incident cases of stroke) from four publications on stroke were identified. The summary RR for incident hy-pertension was 1·08 (95% CI 1·04, 1·12) for every additional one serving/d increase in SSB consumption. The summary RR for incident CHD was 1·17 (95% CI 1·10, 1·24) for every serving/d increase in SSB consumption. There was no significant association between SSB consumption and total stroke (summary RR 1·06, 95% CI 0·97, 1·15) for every serving/d increase in SSB consumption. The present me-ta-analysis suggested that a higher consump-tion of SSB was associated with a higher risk of hypertension and CHD, but not with a higher risk of stroke.

Commento Nelle ultime tre decadi il consumo di bevande zuccherate quali soft drink, bevande zuccherate a base frutta, bevande energetiche e acque vitaminizzate è aumentato sia negli Stati Uniti sia in Europa. Un abbondante con-sumo di bevande zuccherate risulta associato ad incremento ponderale, sindrome metabolica e diabete mellito di tipo 2. In questo studio è stata effettuata una meta-analisi di studi di coorte prospettici per chiarire le associazioni dose-risposta tra il loro consumo e il rischio di ipertensione, malattia coronarica e ictus. Da questa meta analisi emerge come un con-sumo più elevato/eccessivo risulti associato ad un maggior rischio sia di ipertensione sia di malattie cardiovascolari, mentre non è emer-sa alcuna relazione significativa tra consumo di bevande zuccherate e aumentato rischio di stroke/ictus.Per contro, studi recenti suggeriscono che l’au-mentata assunzione di acqua al posto di be-vande zuccherate sia associata ad un rischio inferiore di aumento ponderale e di diabete di tipo 2. Sulla base dei risultati emersi, è racco-mandata una riduzione del consumo di bevande zuccherate per prevenire e controllare le malattie cardiovascolari, anche se sono necessari ulteriori studi prospettici, randomizzati e controllati per confermare l’associazione osservata.

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25i dietisti nella letteratura scientifica dietitians in scientific literature

L’IMPATTO DELLE ETICHETTE NUTRIZIONALI SUL FRONTE DELLE CONFEZIONI ALIMENTARI SULLE SCELTE DEI CONSUMATORI: UNO STUDIO SPERIMENTALE

The impact of front-of-pack nutrition labels on consumer product evaluation and choice: an experimental study

Robert P Hamlin, Lisa S McNeill and Vanessa Moore; Public Health Nutrition: 18(12), 2126–2134; doi:10.1017/S1368980014002997

The present research was an experimental test that aimed to quantify the impact of two dominant front-of-pack (FOP) nutritional la-bel formats on consumer evaluations of food products that carried them. The two FOP label types tested were the traffic light label and the Percentage Daily Intake. Design: A 4 × 5 partially replicated Latin square design was used that allowed the impact of the FOP labels to be isolated from the effects of the product and the consumers who were performing the evaluations. Setting: The experiment was con-ducted on campus at the University of Otago, New Zealand. Subjects: The participants were 250 university students selected at random who met qualifying criteria of independent living and regular purchase of the products used in the research. They were not aware of the purpose of the research. Results: The presence of FOP labels led to significant and positive changes in consumer purchase inten-tions towards the products that carried them. These changes were not affected by the nature of FOP labels used, their size or the product nutritional status (good/bad) that they were reporting. Conclusions: The result is consist-ent with the participants paying attention to the FOP label and then using it as an adi-mensional cue indicating product desirability. As such, it represents a complete functional failure of both of these FOP label types in this specific instance. This result supports calls for further research on the performance of these FOP labels before any move to compulsory deployment is made.

Commento Grazie al Regolamento n. 1169/2011 della Comunità Europea - frutto di lunghi anni di dibattiti - l’etichettatura nutrizionale (prima facoltativa) diventa obbligatoria per tutti gli ali-menti confezionati. È importante sottolineare come il regolamento renda obbligatoria l’etichet-tatura nutrizionale “semplice”, ovvero quella di solito presente sul retro della confezione (Back of Package o BOP) - solitamente senza colori o simboli particolari. L’etichettatura nel principale campo visivo, ad esempio quella posizionata sul fronte della confezione (Front of Package o FOP) rimane, al contrario, ancora un atto volontario. Le etichette nutrizionali rappresentano uno stru-mento per informare i consumatori sul valore nutrizionale degli alimenti e dovrebbero, in teo-ria, aiutare a fare scelte alimentari più salutari al momento degli acquisti. Proprio per questa finalità, le etichette nutrizionali rappresentano una delle azioni più promosse e perseguite per la prevenzione di obesità e sovrappeso. Lo studio qui proposto, che si colloca nell’ampia gamma di studi sponsorizzati dall’UE (progetto FLABEL) e di altri condotti prevalentemente negli Stati Uni-ti e in Australia, valuta quale posizione e quale rappresentazione grafica (modello “del sema-foro” del Regno Unito vs. i valori giornalieri di riferimento – GDA - degli USA) risultino più effi-caci e comprensibili per i consumatori. I risultati che emergono da questo studio possono essere così riassunti: a) le etichettature FOP (Front of Package) richiamano molto più facilmente l’at-tenzione dei consumatori che hanno quindi più probabilità di leggerele; b) per quanto riguarda il formato (GDA o modello “del semaforo”) non c’è ancora un parere conclusivo sul più efficace. L’obbligo dell’etichettatura nutrizionale posta sul fronte delle confezioni e il tipo di rappresenta-zione grafica da adottare è un argomento molto dibattuto tra i vari stakeholder (governi, indu-stria alimentare, società civile e professionisti della nutrizione) in molti Stati. L’informazione nutrizionale costituisce una campagna che tutti noi, sia in qualità di consumatori sia come dieti-sti, dovremmo seguire, sostenere e promuovere. Anche nella pratica clinica, il grado di compren-sione delle etichette nutrizionali da parte dei pazienti risulta sicuramente un aspetto da non sottovalutare.

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Negli ultimi anni il riconoscimento delle pro-prietà salutistiche delle specie vegetali, insieme alla diffusione della celiachia e della gluten-sen-sivity, ha prodotto un crescente interesse verso i “grani antichi”.Tale attenzione ha riunito attorno ai tavoli di lavoro professionisti della salute, agronomi e produttori agricoli. Tuttavia, insieme all’infor-mazione prudente e ponderata, si sta diffon-dendo anche qualche confusione sui benefici, di cui la popolazione generale potrebbe avvan-taggiarsi, derivanti dall’uso dei cereali di antica produzione con l’illusione che si possano curare miracolosamente “generici” disturbi gastrointe-stinali, frutto di autodiagnosi, escludendo il glu-tine dalla dieta.Alcune aziende agricole dedicate a progetti per la valorizzazione dei suddetti grani stanno cercan-do collaborazione con i dietisti per la promozione dei propri prodotti ed è dunque fondamentale essere adeguatamente preparati sull’argomento.

I cereali e la storia dell’uomoI cereali hanno seguito l’uomo nella sua evolu-zione da prima della nascita dell’agricoltura fino ai nostri giorni1.I riscontri archeologici dei primi tentativi di uti-lizzo dei cereali per la produzione di farine risal-gono al neolitico; attraverso l’uso di grosse pietre per la macinatura dei chicchi di cereali si produ-ceva una farina dall’aspetto scuro e granuloso, che veniva poi mescolata con l’acqua a formare un composto che si suppone venisse consuma-to crudo. Probabilmente il caso volle che questo impasto, lasciato inavvertitamente vicino al fuo-co, si indurisse; dalla cottura su superfici roventi nacquero i primi pani senza lievito2.L’uomo cominciò, così, a prendere coscienza della periodicità degli eventi naturali e del ciclo vitale dei vegetali commestibili dominanti nel proprio ambiente, coltivando molte piante utili a soddisfare i propri fabbisogni3.Da quel momento gli stanziamenti e l’evoluzio-ne stessa dell’umanità furono condizionate dalla

necessità di coltivazione dei cereali; si è tratta-to in realtà di una influenza reciproca, dal mo-mento che gli insediamenti dell’uomo sono stati determinanti nel processo di diversificazione dei cereali. Le grandi civiltà del passato si sono svi-luppate, infatti, basando la propria alimentazio-ne su cereali diversi, che si sono diffusi e modi-ficati di pari passo all’espansione dei popoli. I due cereali maggiormente coltivati dalle popo-lazioni mediterranee - Frumento tenero e Fru-mento duro - oggi rappresentano la base per la produzione di numerosi prodotti legati alle culture locali.Tuttavia, i grani oggi utilizzati per la produzio-ne di pane, dolci e pasta, sono molto diversi da quelli che venivano coltivati nelle stesse zone migliaia di anni fa1. Durante il processo di adat-tamento ai diversi ambienti di coltivazione e alle differenti necessità dell’uomo, il frumento ha ri-sposto con variazioni morfologiche e fisiologiche differenti.

L’evoluzione dei graniLe moderne varietà di frumento si sono svilup-pate attraverso tre stadi:

– una selezione occasionale operata dai primi agricoltori semplicemente attraverso il pro-cesso di raccolta e semina;

– una selezione più deliberata da parte degli agricoltori tradizionali nei campi (“domesti-cazione”);

– una selezione scientifica programmata nei recenti piani di perfezionamento genetico.

La prima fase era caratterizzata da frumen-ti selvatici, la cui peculiarità era la cariosside vestita, cioè anche dopo la trebbiatura i rive-stimenti esterni rimanevano aderenti ai chicchi; gran parte dei frumenti oggi coltivati si liberano invece facilmente dagli involucri esterni e pre-sentano granella nuda.Quando l’uomo da semplice nomade raccoglito-re divenne agricoltore, il grano subì importanti cambiamenti; tra le nuove caratteristiche nutri-zionali, furono particolarmente significative la

forum forum La riscoperta dei grani antichi, il loro impatto

sulla salute e il potenziale coinvolgimento dei dietisti in campagne di promozioneThe re-discovery of ancient grains, their impacts on people’s health and potential dietitians’ engagement in promotion campaigningdi Maria Cristina Cucugliato Comitato di Redazione AndidNotizie

a cura diRoberta Tundo

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più facile perdita degli strati esterni del seme durante la raccolta delle spighe ed un aumento del contenuto in carboidrati della cariosside.Ma è nell’ultimo secolo, con la cosiddetta “Rivo-luzione verde”, che il settore sementiero muta notevolmente, attraverso un importante miglio-ramento tecnologico del grano.Prima di quest’ultima fase il frumento era ad alto fusto e si piegava facilmente sotto l’azione del vento e della pioggia. In questi ultimi de-cenni, il frumento originario è stato “nanizzato”, attraverso incroci, ibridazioni e irradiazione con raggi gamma al fine di migliorarne la resa pro-duttiva che è aumentata anche del 50%4.Molti vantaggi si prestavano, così agli agricol-tori: poter seminare in epoca normale e non in ritardo per sfuggire alle gelate tardive; coltivare frumenti precoci anche nelle zone meno fertili di collina, più difficili; risparmiare sulla quantità di seme per il loro maggiore vigore e capacità di accestimento.È da rilevare, tuttavia, che a fronte di eviden-ti vantaggi per le imprese agricole, l’intensivo processo di selezione dei grani ha ignorato le conseguenze sulla salute dei consumatori e dell’ambiente5.

Caratteristiche tecnologiche e nutrizionali dei grani antichi e moderni Le modifiche subite dai nostri grani che mag-giormente hanno destato interesse riguardano le proteine della cariosside, alcune delle quali (come le globuline) vengono facilmente elimina-te dalla molitura e altre, come il glutine, che è stato arricchito in alcune sequenze aminoacidi-che, che ne hanno incrementato la “forza”.Queste sequenze (soprattutto le glutenine) sono responsabili della struttura dell’impasto, perché legandosi tra loro imprigionano l’amido, confe-rendo grande resistenza all’azione delle potenti impastatrici industriali e una maggiore adat-tabilità a tempi di lievitazione ridotti, così che, in poco tempo, possano essere prodotte gran-di quantità di pane e pasta; inoltre, si riduce il passaggio dell’amido della pasta nell’acqua di cottura, che si conserva così chiara, conferendo una falsa percezione di qualità.Oltre all’agronomia, dunque, anche la moder-na industria di trasformazione ha ottenuto dei benefici; purtroppo, i traguardi tecnologici rag-giunti hanno comportato uno scadimento della Sicurezza Nutrizionale.Il concetto di Sicurezza Nutrizionale è stato in-trodotto dalla Commissione Europea nel Libro Bianco sulla Sicurezza Alimentare, intendendo la valutazione della interazioni tra cibo e orga-

nismo, potenzialmente responsabili di patologie degenerative, infiammatorie e tumorali e che vanno al là della sicurezza chimica e microbio-logica.La preoccupazione maggiormente sentita dalla sanità pubblica riguarda il potenziale allergenico del glutine per l’uomo, visto l’aumento dei casi d’intolleranza, soprattutto nella popolazione in-fantile6.Le nuove varietà di frumento sembrano aver contribuito all’aumento della prevalenza di ce-liachia negli individui suscettibili, per la presen-za di un maggior numero di frammenti proteici del glutine dimostratisi tossici in alcuni studi7.La preoccupazione è ammissibile ma è neces-sario precisare che i ricercatori del settore ri-mandano ad ulteriori studi la definizione del rischio; pertanto, appare pericolosa la proposta, divenuta nuova moda sui social network e pres-so alcune palestre, di diete con cibi “speciali” senza glutine per ridurre meteorismo e “pancia gofia”. Tali messaggi ignorano che il vantaggio dei grani antichi non risiede nel contenuto to-tale di glutine, che in alcune specie antiche è cospicuo, ma nella sua composizione in aminoa-cidi, che l’innovazione tecnologica ha modificato incrementando il contenuto di alcune sequenze tossiche per i soggetti con predisposizione alla celiachia; queste, nei grani moderni raggiungo-no concentrazione ben 3 o 4 volte maggiori.In attesa di future ricerche volte a chiarire il ruolo delle vecchie varietà di grano nella pre-venzione dei disturbi glutine correlati, l’azione sinergica del mondo agronomico e sanitario fo-calizza il proprio interesse su altre importanti caratteristiche dei grani antichi.Le piante delle vecchie varietà di grano (Gra-ni duri: Senatore Cappelli, Timilia, Tangarò, ecc. Grani teneri: Verna, Frassineto, Gentilrosso, Ina-lettabile, Sieve, Solina), hanno un fusto molto alto con spighe ariose che non necessitano di diserbo, prestandosi facilmente alla coltivazione biologica; inoltre, esse presentano un apparato radicale più sviluppato rispetto alle nuove va-rietà, che non richiede concimazione e presenta-no naturalmente una maggiore concentrazione di polifenoli e minerali (Mg, P, Ca, Fe, K).La scarsa necessità d’azoto protegge ulterior-mente dai funghi infestanti, produttori di mico-tossine; le piante non richiedono pertanto l’uso di anticriptogamici che, invece, specie negli ulti-mi anni caratterizzano la coltivazione dei nuovi grani.Il pregio dei prodotti derivati dai grani antichi si arricchisce grazie anche alla macinazione a pietra, a cui le aziende votate alla produzione

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ricorrono. Produrre farine derivate direttamente dal chicco “integro” permette di preservare an-che il germe e gli strati esterni della cariosside, ricchi in oli di elevata qualità, tocoferoli e vari composti bioattivi in concentrazioni armoniche tra loro.Ben diverso è il caso degli sfarinati integrali del commercio, derivati da composti raffinati e poi mescolati con la crusca, priva ormai degli enzimi che caratterizzano il chicco di grano.Questi Integrali “non integri” sono nocivi per la salute perché le fibre isolate possono rendere difficile l’assorbimento di alcuni micronutrienti importanti (es. Ferro) e l’assenza degli enzimi tipici della cariosside ne limita ulteriormente la biodisponibilità. A valorizzare ulteriormente i pani prodotti con grani antichi è la fermentazione ad opera di “lievito madre”. Si tratta di un impasto di acqua, farina ed eventualmente sale, che a differenza del lievito di birra, comprende, oltre ai lieviti, anche diverse specie di batteri lattici fermentan-ti del genere Lactobacillus, presenti nella farina stessa.L’utilizzo delle paste acide nel processo di pa-nificazione richiede tempi di fermentazioni più lunghi ma permette di ottenere prodotti qua-litativamente superiori. Esse, infatti, favorisco-no la formazione di composti organici volatili che conferiscono sapori e profumi caratteristici, maggiore digeribilità, tempi di conservazione più lunghi; infatti, il pH più basso contrasta lo sviluppo di muffe e il fenomeno del rafferma-mento8.Inoltre, l’utilizzo dell’impasto acido può incre-mentare la biodisponibilità di composti biolo-gicamente attivi, quali gli acidi fenolici; inoltre, esso può favorire un riequilibrio della popolazio-ne batterica intestinale grazie alla produzione di prebiotici.Negli ultimi anni la letteratura scientifica ha fornito altri contributi all’argomento.Uno studio d’intervento condotto da ricercato-ri italiani e pubblicato sul Journal Of Medicinal Food ha concluso che l’assunzione di pane inte-grale derivante da antiche varietà di grano, ridu-ce i livelli circolanti dei marker di aterosclerosi9; altri studi correlano il ricorso ai grani antichi con la riduzione della sintomatologia nella sindrome dell’intestino irritabile10, mentre studi successivi attribuiscono al consumo di grano integrale la riduzione del rischio di cancro al colon11.Il prof. Stefano Benedettelli, del Dipartimento di Scienze Produzioni Agroalimentari e dell’Am-biente dell’Università di Firenze, spiega che “(…) sono i grani integrali antichi prodotti con me-

todo biologico a fornire le farine integrali per la produzione di alimenti che risultano più ricchi di nutrienti e che mantengono un più basso indice glicemico (stabilizzando i livelli di glucosio, con-trollando i livelli di colesterolo, moderando l’ap-petito e quindi favorendo il controllo del peso)”12.La maggiore biodisponibilità dei micronutrienti risulta di particolare importanza nella nostra so-cietà caratterizzata dalla necessità di contenere l’apporto calorico. Le farine derivate dai grani integrali posseggono un contenuto di base in Magnesio e Ferro maggiore rispetto alle farine raffinate e, considerato che la fermentazione acida aumenta la biodisponibilità dei nutrienti, si può facilmente dedurre che dai grani antichi si ottiene un pane che per 100g fornisce meno calorie ma una quota maggiore di micronutrien-ti rispetto a quello prodotto con farine moderne. Nelle diete ipocaloriche, il potenziale vantaggio è facilmente intuibile, considerato che il rischio di carenze in micronutrienti a lungo termine co-stituisce un fattore limitante al mantenimento dei risultati.Infine, la sostenibilità ambientale che caratte-rizza l’aderenza alla dieta mediterranea non può prescindere dal rifiorire delle vecchie varietà di grano; infatti, il ridotto consumo di pesticidi, anticriptogamici e nitrati necessari alla loro col-tivazione, fa sì che non sia più la terra a dover essere manipolata per adattarsi ai semi “costru-iti” geneticamente, ma la pianta a crescere nel proprio ambiente “naturale”. La tecnologia e l’industria alimentare rischiano di allontanare il consumatore dal contatto con il proprio territorio, dalla stagionalità dei prodotti e dai loro sapori. La coltivazione dei grani antichi è vincolata a specifici habitat e induce naturalmente il recu-pero della biodiversità, presupposto indispensa-bile per riappropriarci della grande varietà dei cibi che caratterizzano il gusto italiano, evitando il pericolo dell’appiattimento delle capacità sen-soriali5.Il dietista interpellato sul ruolo dei grani antichi nella salute umana deve perciò possedere un importante patrimonio di conoscenze e abilità per informare i consumatori, rifuggendo da faci-li interpretazioni e rimanendo fedele all’evidenza scientifica.Questi deve anche considerare la possibilità di frodi nel settore; la produzione dei grani antichi richiede all’agricoltore e al panificatore un gran-de impegno economico e di tempo; il passaggio nelle farine degli oli della cariosside le rende meno durevoli rispetto alle farine facilmen-te reperibili nei supermercati, riducendone la

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shelf-life; per tali ragioni i produttori potrebbero essere allettati da percorsi “più agevoli” sebbene scorretti.Conoscere la filiera resta allora il richiamo più importante sia per i professionisti della salute sia per i consumatori.

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9. Francesco Sofi et al. “Effects of Short-Term Consump-tion of Bread Obtained by an Old Italian Grain Variety on Lipid, Inflammatory, and Hemorheological Variables: An Intervention Study”. Journal Of Medicinal Food J Med Food 13 (3) 2010, 1–6)

10. Sofi F. et al. “Effect of Triticum turgidum subsp. tura-nicum wheat on irritable bowel syndrome: a double-blin-ded randomised dietary intervention trial”. Br J Nutr 2014 Febbr 13: 1-8 (Epub ahead of print)

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12. Relazione prof. Stefano Benedettelli al Convegno Ce-reali 2013 – Varietà di frumento di antica costituzione ed effetti salutistici (progetto Semi rurali) Dipartimento di Scienze Produzioni Agroalimentari e dell’Ambiente – Università di Firenze

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EMILIA ROMAGNACARBONI ELENAVia A. Pergetti, 1 - 42023 Cadelbosco Sopra (RE)tel. 342 9285651e-mail: [email protected]

FRIULLI VENEZIA GIULIATAVIAN ALESSANDRAViale Venezia, 277 - 33100 Udinetel. 340 4621568e-mail: [email protected]

LAZIOGILLANTI GIULIANOVia dell’Astore, 49 - 00169 Romacell. 349 6662114e-mail: [email protected]

LIGURIACORNICELLI MIRIAMVia A. Cantore n. 19-28 b - 16149 Genovacell: 347 3447749e-mail: [email protected]

LOMBARDIAMORELLI AMBRA MARIAVia Aldo Carpi, 6 - 20151 Milano tel. 02 4526625 (pomeriggio)e-mail: [email protected]

MARCHEGIULI MARCOVia Mascagni, 26 - 62015 Monte San Giusto (MC)cell. 392 3033631e-mail: [email protected]

PIEMONTEXOMPERO GRAZIELLAVia Bersezio, 8 - 10036 Settimo Torinese (TO)tel. (ufficio) 011 6336659/6749e-mail: [email protected]

PUGLIA/BASILICATACACCAVO DOMENICO MARCOViale Santa Caterina da Siena, 2 - 70054 Giovinazzo (BA)cell. 392 3283936e-mail: [email protected]

SARDEGNAReferente del Direttivo ANDID con delega per la RegioneIMPERIO GIANLUCAVia Matteo Maria Boiardo, 11 - 20127 Milano (MI)cell. 340 5284749 e-mail: [email protected]

SICILIAROMEO LUANA MARIA CATENAVia San Giuseppe - San Filippo, 10/A 95022 Aci Catena (CT)cell. 340 6157252e-mail: [email protected]

TOSCANAMARIANELLI RITA (BARBARA)Via del Ponte alle Mosse n. 3150144 Firenzecell. 334 3591902e-mail: [email protected]

UMBRIAANGELLOTTI MARIA PIAStrada San Giovanni di Prugneto, 9/g06133 Perugiacell. 349 8668112e-mail: [email protected]

VENETOPOIANELLA GRAZIELLAVia Chiodo, 15/a36050 Bolzano Vicentino (VI)cell. 333 1808229e-mail: [email protected]

RESPONSABILI REGIONALI ANDID

Siamo in rete all’indirizzo: www.andid.it - e-mail: [email protected]

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a cura diAnna Maria Rauti

Il programma europeo “Frutta nelle Scuole”, in-trodotto dal regolamento (CE) n.1234 del Consi-glio del 22 ottobre 2007 e dal regolamento (CE) n. 288 della Commissione del 7 aprile 2009, è finalizzato ad aumentare il consumo di frutta e verdura da parte dei bambini e ad attuare iniziative che supportino abitudini alimentari più corrette e un’alimentazione maggiormente equilibrata.Tra le varie azioni afferenti al programma co-munitario “Frutta nelle Scuole”, il Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (CRA) è stato incaricato dal Ministero di competenza (MIPAAF) di predisporre ed effet-tuare un programma di Misure di Accompagna-mento (MA) che prevedevano una serie di attività atte a coinvolgere alunni, insegnanti e genitori, per favorire la conoscenza del valore di una sana e corretta alimentazione all’interno della quale il consumo di frutta e verdura rappresenta una abitudine imprescindibile per la salute umana: formazione agli insegnanti, visite dei bambini ai centri CRA per la “Scuola in campo” e “Olimpiadi della frutta” le azioni proposte.L’ANDID è stata coinvolta nel proporre i colleghi esperti che, per un periodo di quattro mesi (da fine febbraio a fine giugno), hanno svolto attivi-tà di formazione rivolta agli insegnanti presso le scuole e accolto i bambini, insieme allo staff CRA, presso le sedi dislocate sul territorio.È stata un’esperienza ricca di soddisfazioni dal punto di vista professionale e umano: 21 dietisti sono stati formati presso il Centro Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (CRA-NUT, ex INRAN) di Roma e poi inseriti sul campo; 21 persone che hanno dato vita ad una “alleanza” per rendere questa esperienza lavorativa gratificante sotto tutti i punti di vista, per rendere visibile il baga-glio professionale e la capacità di saper essere e saper fare del Dietista, che da quel momento sarebbe stata attenzionata da CRA, mondo della scuola, istituzioni e dai bambini, attori principali del progetto comunitario.Il programma ha visto impegnati i dietisti in qua-si tutte le regioni italiane: la nostra professione è andata ad integrare lo staff del CRA coinvolto nel progetto MA-FNS (tecnologo e ricercatore di ruolo) per accogliere le scolaresche in visita alla struttura. I bambini e gli insegnanti in visita al centro, accolti con una gallery didattica ricca di

informazioni, visitavano gli orti didattici apposi-tamente allestiti e la merenda con frutta e ver-dura diventava l’occasione perfetta per svolgere un intervento di educazione alimentare mirato.Per quanto riguarda il metodo outdoor learning, scelto per le attività, si è rivelato vincente per stimolare all’osservazione della natura e al ri-spetto dell’ambiente circostante e per aver dato ai partecipanti la possibilità di toccare frutta e ortaggi e vedere le piante che li producono. I bambini e gli insegnanti, soprattutto delle scuo-le collocate nei quartieri più disagiati, hanno apprezzato molto l’opportunità di fare attività gratuite, istruttive e formative all’aperto, anche perché spesso gli spazi verdi delle scuole, per le condizioni in cui versano, non ne consentono la fruizione da parte degli alunni. Tanta responsabilità per i numeri “minimi” che ci sono stati richiesti, tanto entusiasmo nell’aver superato qualsiasi previsione (32.000 bambini in visita ai centri e oltre 100.000 raggiunti con la formazione agli insegnanti).Soddisfatti di quest’esperienza? Moltissimo, come i contributi che seguono dimostrano.

CRA-FRA di Roma (Lazio) – Anna Maria BaraccaHo avuto il privilegio di entrare a far parte del gruppo presso il Centro di Ricerca per la Frutti-coltura di Roma (CRA-FRU) situato nel territo-rio dell’Appia Antica.La formazione nelle scuole, da noi curata, su-scita sempre un grande interesse e due aspetti mi hanno stupito in modo particolare: aver ap-preso che in alcune scuole in Roma e provincia ci sono fino a tre turni di mensa, quindi con poco tempo (dai 20 ai 30 minuti massimo) a disposizione per mangiare, soprattutto per i bambini più piccoli, con verdura e soprattutto frutta che vengono lasciate nel piatto e che, solo qualche volta, la frutta viene portata in classe; altro aspetto è che spesso i genitori cre-dono che dare un frutto per merenda non sia sufficiente per il proprio figlio. Una delle sfide del prossimo anno sarà allora proprio quella di “lavorare” su questa convinzione per farla meglio comprendere ai genitori. Soddisfatta del lavoro svolto, ringrazio le mie compagne di questo viaggio incredibile, la ri-cercatrice e la tecnologa del centro CRA-FRUT.

21 Dietisti per Frutta nelle ScuoleDietitians for “Fruits in schools”di Giuseppina Catinello (Consiglio Direttivo ANDID) con il contributo di Eva Da Ros

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CRA-VIT Arezzo (Toscana) - Sandra Bonannini Incontri di formazione per docenti, genitori e qualche laboratorio sensoriale di frutta per i bambini, visitando 24 scuole, per un totale di 389 docenti e 5631 alunni.1200 alunni in visita che hanno lavorato diret-tamente nell’orto, zappando, annaffiando, semi-nando e messo a dimora piantine di ortaggi che abbiamo raccolto e gustato fino alla fine del pro-getto. Abbiamo raccontato la frutta attraverso la varietà dei colori, del profumo e della stagiona-lità, motivando all’assaggio ed al consumo. Un sacchetto con piantine per l’orto e un frutto da portare a casa come messaggio di continuità fra il CRA, la scuola e la famiglia hanno poi comple-tato le giornate di visita. Stanca, ma soddisfatta del risultato e dell’elevata qualità professionale che ci è stata riconosciuta.

CRA-SFM di Bagheria (Sicilia) – Flavia CascioAprile e maggio sono i mesi nei quali le sco-laresche sono state accolte presso la struttura dell’Unità di Ricerca per il recupero e la valo-rizzazione delle specie floricole mediterranee del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura ed analisi economica (CRA-SFM) di Bagheria (PA). Gli alunni in visita hanno compreso “il viaggio” che il frutto/ortaggio compie dalla terra agli scaffali del supermercato. Degustazioni, ricer-ca della forma e dei colori, sperimentazione del suono e della consistenza sono state le eserci-tazioni realizzate per stimolare l’interesse dei bambini verso la frutta. Gli alunni sono stati inoltre sensibilizzati alla riduzione dello spreco alimentare attraverso un intervento di pulitura della parte edibile della frutta ed esperimenti di compostaggio con gli scarti vegetali. In conclu-sione, interesse e curiosità alle attività, proposte alla luce della fondatezza scientifica che un cor-retto stile di vita è alla base del mantenimento di un buono stato di salute, nonostante la ten-denza e l’abitudine al consumo di prodotti poco salutari o confezionati (snack salati, prodotti da forno, panini farciti, ecc.) in molti bambini.

CRA-ENC di Velletri (Lazio) – Filomena CristofanoRiscoprire l’ambiente rurale e mettere i bambini a contatto diretto con la terra e con il territorio. Questo l’obiettivo delle attività realizzate a Vel-letri dove abbiamo ospitato circa 1200 bambini delle province del Lazio, molti dei quali vivono in appartamento. Tantissima la voglia di imparare e conoscere nuove cose soprattutto per l’incan-tevole bellezza del CRA. Molto interesse ha ri-scosso il processo di compostaggio visto solo in

tv, in un episodio del famoso cartone Peppa Pig. La convivialità ha alimentato in questi bambini un alto consumo di frutta e verdura preparata per l’occasione, suscitando estremo stupore an-che da parte delle insegnanti.Esperienza breve, ma intensa, ricchissima di soddisfazioni!

CRA-VIT di Conegliano (Veneto) – Eva Da RosFrutta nelle scuole mi ha permesso di conoscere la rete dei CRA, centri dedicati alla ricerca in questo caso in viticoltura.Il lavoro sul territorio è stato impegnativo per la vasta area che faceva riferimento al CRA di Conegliano (Veneto e Friuli): Treviso, Venezia, Belluno, Pordenone le province da me curate per l’attività di formazione dedicata agli insegnanti che ha saputo far presa anche nel miglioramen-to e nelle modifiche al loro stile di vita alimen-tare. La richiesta più frequente è stata quella di coinvolgere anche i genitori che auspico possa essere la prossima tappa di questo progetto. La visita delle scolaresche presso il CRA-VIT è stata imperniata anche nel far piantare ai bambini la propria insalatina da portare a casa, insieme a far loro elaborare alcune ricette a base di frutta e verdura per la famiglia. Questo è stato un ul-teriore stimolo alla curiosità, molla importante per favorire l’assaggio di cibi considerati “dif-ficili”: un esempio per tutti, una bambina che non mangiava mele è riuscita ad assaggiarle e ad indicarne una preferita: la Fuji. Per me, una grande soddisfazione.

CRA-VIV di Pescia (Toscana) – Flavia MaragnoIl CRA-VIV (vivaismo e gestione del verde am-bientale e ornamentale) di Pescia ha ospitato le scolaresche in visita per le quali sono stati allestiti laboratori per gli orti didattici e le me-rende. Il progetto “Frutta nelle scuole” mi ha fat-to incontrare 142 insegnanti dislocati su sette province. Esperienza estenuante ma ricchissima di soddisfazioni e stimoli.

CRA-OLI Rende (Calabria) – Stefania MoioGirare tutta la Calabria per incontrare diverse realtà scolastiche e ritrovare quelle stesse diver-se realtà al CRA-OLI di Rende è stato davvero esaltante. Ogni insegnante, ma soprattutto ogni singolo bambino, mi ha insegnato qualcosa, mi ha fatto crescere sia professionalmente sia come donna e madre. Il momento più bello è stato insegnare ai bambini che “Noi siamo quello che mangiamo”. Tutti seduti a terra, con gli zainetti svuotati dalle merende che portavano da casa (patatine, biscotti di ogni tipo oltre a bibite,

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succhi di frutta, bevande per lo sport e molto altro), per comprendere le etichette, leggere gli ingredienti e renderli consapevoli di quanto in-troducono quotidianamente con la loro alimen-tazione e incoraggiarli a fare scelte più salutari. Attenzione, curiosità, stupore hanno centrato in pieno il mio obiettivo. Una grande soddisfazione.

CRA-MAC di Bergamo (Lombardia) – Sara ParisIl CRA-MAC di Bergamo si occupa dello studio e del miglioramento genetico del mais come ri-sorsa alimentare umana e animale. Bergamo, Brescia, Varese e Pavia le province da me curate e che hanno coinvolto ben 2240 alunni frequen-tanti, per più del 70%, la classe prima e seconda della scuola primaria, motivo per il quale il lavo-ro svolto è stato affrontato come un gioco, cen-trato sulla possibilità di esplorare in tutti i sensi la frutta e verdura di stagione. Orto aromatico e giardino fiorito sono stati creati, sulla base della disponibilità di piante aromatiche e di fiori di campo, che crescono naturalmente nell’Azienda CRA-MAC.I bambini sono stati invitati a consumare pro-dotti naturali e a limitare quelli trasformati mo-strando loro le differenze nella composizione di alcuni prodotti alimentari industriali di uso più comune.

CRA-FRF di Forlì (Emilia Romagna) – Carolina PoliIl CRA-FRF si occupa delle principali specie frutticole (tra cui fragole, pere, ciliege,…) con attività di ricerca prevalente nei settori del miglioramento genetico, finalizzato alla inno-vazione varietale per caratteristiche agro-po-mologiche e resistenza alle principali avversità biotiche e abiotiche, e con particolare riferi-mento alla valutazione di nuove varietà e por-tinnesti, salvaguardia e caratterizzazione del germoplasma frutticolo tradizionale regionale e valorizzazione delle migliori risorse geneti-che. Con l’attività di educazione alimentare agli insegnanti ho raggiunto 8175 alunni e ne ho incontrati 1595 in visita al centro nel quale i vari allestimenti hanno permesso ampie pas-seggiate tra ortaggi suddivisi in base alla parte edule (fusto, fiore, seme…), la gallery didattica ha spiegato i substrati di coltivazione, l’impor-tanza dei microrganismi nella trasformazione del compost, le sostanze nutraceutiche presenti in frutta e verdura, la biodiversità e la germi-nazione. La creazione di una parete verticale di piante aromatiche ha potuto approfondire l’esperienza sensoriale. Una parola per tutto, coinvolgimento.

CRA-CER di Foggia (Puglia) - Antonietta ScaringellaQuesto progetto mi ha portata presso il cen-tro CRA-CER (Puglia). Entusiasmante è stato trasmettere il progetto educativo a bambini, insegnanti e genitori ed ancora più gratificante per me è essere stata invitata come dietista re-ferente FNS per la Puglia, dalla scuola ‘’Michele Soranno’’ di Gravina in Puglia, alla festa ‘Sport e Benessere’ ideata dai bambini a conclusione del progetto Obiettivo personale centrato per l’arricchimento dal punto di vista professionale e culturale.

CRA-UTV di Turi (Puglia) – Annamaria SilaLa mia esperienza di dietista in Frutta nelle Scuole l’ho svolta presso il CRA-UTV di Turi (BA). Un centro di ricerca vocato, per ubica-zione, allo studio della viticoltura e dell’uva da tavola. A me il compito di curare gli incontrati con le scuole su un territorio vasto come la Puglia e la Basilicata. L’educazione alimentare, fondamento della nostra professione, ha final-mente trovato quasi completa realizzazione in questo progetto: entrare nelle scuole, incontra-re i bambini e gli insegnanti è stata un’espe-rienza molto stimolante sia sul piano profes-sionale che sul piano umano.

CRA-SCS di Palermo (Sicilia) – Manuela SpinaIl centro in cui ho prestato servizio si occupa di controllo e certificazione di materiali sementie-ri, di attività di ricerca e sperimentazione ad essi correlate e della valutazione dei requisiti per l’iscrizione al registro delle varietà vegetali. Presso il Centro, il fiore all’occhiello è stato, tra i vari orti, un orto verticale di cui una parte, definita “Orto ricicloso”, è stata preparata di-rettamente dagli alunni delle scuole, utilizzan-do bottiglie di plastica riciclate e trasformate in vasi per piante. Ai bambini è stato chiesto, inoltre, di portare dei contenitori alimentari da loro decorati dove porre, con le loro manine, una piantina regalata durante la visita. Con l’ausilio del personaggio “Linguaccione Saporo-so”, abbiamo sviluppato una parte dell’attività dedicata al laboratorio sensoriale, incentrata sulla degustazione ed il riconoscimento di ali-menti (amari, aspri, salati, dolci) appositamen-te preparati. Molto successo ha riscosso il “Gioco della sta-gionalità”, un’attività estremamente utile a dipanare i numerosi dubbi, di alunni ed in-segnanti, sulla stagionalità di frutta e ortag-gi, vista la loro disponibilità in tutti i periodi dell’anno.

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CRA-FSO di Sanremo (Liguria) – Irene TraversoIl CRA-FSO (Unità di Ricerca per la Floricoltura e le Specie Ornamentali) con sede a Sanremo, si occupa di specie floricole, ornamentali, officinali, aromatiche e da essenza, con attività prevalente nei settori della genetica, della difesa, delle tec-niche colturali e della propagazione. 40 gli isti-

tuti scolastici contattati e coinvolti dalla scriven-te, dislocati su tutto il territorio, per gli incontri di educazione alimentare che hanno soddisfatto gli insegnanti. Le attività ludiche coi bambini, oltre alle preparazioni delle porzioni di frutta da offrire quale merenda, sono poi stati il punto focale della visita presso CRA-FSO.

Professioni sanitarie e task shifting: esperienze a confrontoHealth professions and task shifting: compering experiencesdi Roberta Tundo Consiglio Direttivo ANDID

Il 12 giugno scorso, a Taranto si è svolta la pri-ma giornata delle professioni sanitarie orga-nizzata dalla Consulta SItI (Società Italiana di Igiene) che ha visto riuniti insieme dietisti, fisio-terapisti, infermieri, assistenti sanitari e tecnici della prevenzione per discutere di task shifting - redistribuzione delle competenze - tra le figure professionali che in tutti questi anni hanno la-vorato in alcuni ambiti in autonomia pur non essendo riconosciute pienamente dalla norma-tiva vigente. In un periodo di spending review, questa tematica è sentita come una necessità ulteriore per ottimizzare le risorse implementan-do le competenze delle varie professioni sanita-rie, mettendo da parte i mansionari già obsoleti per legge da più di 15 anni ma ancora presenti nel modus operandi in sanità.Dopo il saluto delle autorità, Anna Fabbro, co-ordinatrice nazionale della Consulta, ha aperto i lavori illustrando lo scopo della Consulta, ov-vero sostenere e integrare le professioni sani-tarie. Sono poi seguite le relazioni del tecnico della prevenzione G. de Pasquale che ha parlato delle prospettive future delle professioni sani-tarie in Puglia e quella dell’assistente sanitaria A.L. Calaprice sulla programmazione sanitaria in Regione. Si è proseguito poi con la sessione su “Salute e ambiente: le esperienze a Taranto”: C. Licomati assistente sanitaria Asl Taranto ha evidenziato gli screening effettuati per il piano straordinario salute e ambiente e R.Rizzi, tec-nico della prevenzione, ha parlato delle attività ispettive dello stesso piano, temi particolarmen-te importanti proprio in questa città.Nel pomeriggio è iniziata la tavola rotonda alla quale hanno partecipato i rappresentanti di ogni professione sanitaria: dietisti (la scri-vente), fisioterapisti, assistenti sanitari, tecni-ci della prevenzione, infermieri, i quali hanno

portato la loro esperienza di task shifting e/o di lavoro in team.Per quanto riguarda la nostra esperienza, è sta-to fatto presente che pur non avendo precise esperienze di task shifting in Italia, i dietisti da sempre lavorano in piena autonomia per le atti-vità di educazione alimentare e che sempre più colleghi sono strutturati in team interdisciplinari nelle molteplici attività svolte in ambito clinico, in sanità pubblica così come nella libera professione svolta autonomamente o in strutture private.È stato evidenziato inoltre come i dietisti, da sempre, abbiano tenuto ben presente l’impor-tanza del percorso collaborativo con tutti gli operatori sanitari che di volta in volta interagi-scono nella presa in carico del paziente/utente, la centralità del paziente così come il lavoro in team e il messaggio univoco alla persona. Questi concetti rappresentano infatti le fonda-menta delle Position Paper ANDID elaborate dai diversi gruppi di lavoro in vari ambiti profes-sionali fin dal lontano 2004 (facendo sempre riferimento ai principi dell’EBM).Iniziative e progetti nazionali ANDID (es: la Set-timana del Dietista, convenzione ANDID -Usa-cli, misure di accompagnamento al programma comunitario Frutta nelle Scuole) sono stati illu-strati nella relazione tenuta dalla sottoscritta, per descrivere le linee di indirizzo sulle quali il Dietista si muove in ambito associativo e dalle quali ANDID auspica che tutti i Dietisti, asso-ciati e non, possano trarre spunti di applica-zione nella quotidianità lavorativa. Proprio dai concetti di autonomia, collaborazione, lavoro integrato, ANDID ha mosso una specifica pro-posta al tavolo della consulta.Un’azione comune nell’interesse comune: ela-borare un documento condiviso nel quale tracciare le linee di indirizzo per l’azione di ri-

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conoscimento dei ruoli, compiti e funzioni di ciascuna professione, in base al profilo profes-sionale, per le varie tipologie di settore (es. sa-lute pubblica, diabete, IRC).La nostra esperienza si basa infatti sulla reale fattibilità che la presa in carico del paziente - al quale si può anche dare un primo approccio non medico - debba sempre prevedere un approccio

multidimensionale integrato per ottimizzare il percorso assistenziale del paziente con patologia cronica o la popolazione in generale.La giornata si è conclusa con la premiazione dei tre migliori poster e con l’impegno di pro-grammare a breve altri incontri e un tavolo di lavoro per stilare un documento condiviso da tutte le professioni sanitarie.

Sport e salute. Alimentazione attività fisica per corretti stili di vitaSport and health. Diet and physical activity for healthy lifestylesdi Roberta Tundo, Clelia Miloro Consiglio Direttivo ANDID

Nella splendida cornice di Grottammare (AP), dal 29 maggio al 2 giugno scorso, Batti il 5! Pro-muovi uno stile di vita salutare è stato lo slogan circolato nella città che ha ospitato oltre 3000 atleti che hanno gareggiato in diverse discipli-ne sportive in occasione dell’evento Sport in Tour 2015 dell’Usacli.Quest’anno, ANDID e USACLI hanno organizzato “La settimana del benessere” ed un congresso scientifico svoltosi il 29 maggio. L’evento, accre-ditato ECM per diverse figure professionali tra cui medici, dietisti, fisioterapisti, aveva in program-ma interessanti relazioni sulla promozione di stili di vita salutari e comprendeva anche, a conclu-sione dell’evento, una parte pratica, la Cammina-ta per la salute - nordic walking.Dopo i saluti del Presidente nazionale Usacli, Marco Galdiolo, il ricco programma è stato aperto proprio dalla nostra relazione (a cura di Roberta Tundo) dal titolo: “Quali strategie nella promo-zione di uno stile di vita salutare” nella quale è stata sottolineata l’importanza di migliorare la comunicazione dei messaggi di salute rivolti alla popolazione per renderli più efficaci per ottenere una reale modifica dello stile di vita e stimola-re le persone a riappropriarsi del proprio tempo. Nella relazione è stata inoltre esposta la teoria del Nudge - la spinta gentile1: si basa sull’idea che è possibile indirizzare la persona verso una decisione più vantaggiosa per sé, cambiando la modalità di presentazione o il contesto nel quale si deve effettuare una scelta, spingendola gen-tilmente a optare per quella giusta. Si tratta quindi di sostenere l’empowerment del cittadino attraverso adeguate strategie di comunicazione in modo tale da ridurre le barriere ambienta-li, culturali e socioeconomiche che ostacolano la conoscenza e l’adozione consapevole dei compor-

tamenti favorevoli alla salute. Sono stati inoltre illustrati alcuni progetti e iniziative nazionali ANDID per la promozione di stili di vita salutari e alcuni esempi di comunicazione “creativa” per la promozione della salute sui luoghi di lavoro, come risultati di un corso di formazione effet-tuato lo scorso anno nella ASL Lecce – “La tua vita è un VORTIC? Iscriviti al NORDIC!”: “Per la medaglia d’oro… a merenda, panino al pomodo-ro!” e “Fai comunque colazione anche prima della vaccinazione”.Il programma ha visto susseguirsi diversi rela-tori tra i quali, Marco Tonelli segretario nazio-nale ANDID che ha presentato una relazione dal titolo: “L’alimentazione dei camminatori: realtà e falsi miti” mirata a smentire luoghi comuni e falsi miti legati all’alimentazione dello spor-tivo in generale, con particolare riferimento al camminatore. Partendo dall’assunto che il web rappresenta una fonte inesauribile di notizie le-gate all’alimentazione dello sportivo, è stato sot-tolineato come molte di queste indicazioni non siano supportate dall’evidenza scientifica. Spesso si tratta infatti di radicate - quanto errate – con-vinzioni (ad esempio quella che lo sportivo debba assumere quantità spropositate di proteine e per contro quantità modeste di carboidrati, o anche l’uso inappropriato di integratori) e parodossi che si verificano quando da un lato l’educazione ali-mentare viene affidata a professionisti non com-petenti nell’ambito nutrizionale e dall’altro gli stessi professionisti esperti in educazione fisica affidano all’alimentazione una scarsa importan-za nel miglioramento della performance sportiva.Sono seguite le relazioni del prof. D’Orazio su “Micronutrienti marini e performance atletica” nelle quali ha sottolineato l’efficacia antiossi-dante di questi substrati nello sportivo, quella

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del cardiologo dott. Santomauro dal titolo assai esplicativo “Uno sport per il cuore di tutti”, quella della fisiatra dott.ssa Vilma Tarantino “Abilità al cammino… (ri) abilitazione alla vita”, quella del dott. Massimo de Girolamo medico dello sport e responsabile dell’area sport e salute della pre-sidenza nazionale USacli dal titolo: “Promozio-ne della salute: Progetti USacli - Europa di Best Practice” ed infine quella dell’istruttore di Nordic Walking Domenico Dell’Osso dal titolo: “Nordic Walking: una disciplina salutare adatta a tutti”. Lo stesso ha poi tenuto una lezione pratica di circa due ore sul lungomare della città, coinvol-gendo tutto il gruppo di discenti e relatori entu-siasti di partecipare. Il Nordic Walking è infatti una nuova disciplina sportiva, facile, adatta a tutte le età, poco costosa e una tra le più com-plete (tramite l’uso dei bastoncini si utilizza il 90% della muscolatura); permette una rieduca-zione posturale dinamica, si pratica all’aperto e contribuisce pertanto ad allentare la tensione da stress, con una buona produzione di endorfine. Il Nordic Walking favorisce uno stile di vita sano e attivo e rappresenta un grande aiuto nella pre-venzione cardiovascolare2, 3 e nella riabilitazione dei soggetti cardiopatici2, 3, nella prevenzione e nel trattamento del diabete e dell’obesità, nel-la gestione del morbo di Parkinson e nella cura delle malattie dell’apparato muscolo-scheletrico. Camminando ad andature pari al 60-70% della massima frequenza cardiaca, il Nordic Walking oltre a far bruciare i grassi, migliora la resistenza e potenzia il sistema cardiocircolatorio.Nei giorni successivi al congresso scientifico, le scriventi hanno allestito un gazebo ANDID – USA-CLI per effettuare attività di promozione alla sa-lute rivolta alla popolazione.Al gazebo è stato distribuito inoltre materiale in-formativo sulla figura del dietista e sull’alimen-tazione equilibrata (Brochure “Il Dietista”, schede “Cerca un Dietista”, “Non è vero che”, “Al di là del piatto”), è stata lanciata la campagna nazio-nale “Dieta del praticone? No grazie” e presenta-ta la convenzione ANDID – USACLI nelle palestre ed infine, è stata distribuita la brochure apposi-

tamente ideata per questa giornata per chiedere un contributo di pensiero a tutti: “Batti il 5! Lan-cia la tua idea per promuovere uno stile di vita salutare”: i partecipanti sono stati invitati a pro-porre la loro idea in tal senso, così da diventare essi stessi protagonisti. Le proposte ricevute, tra cui una in lingua inglese e una in lingua france-se, sono state oltre cento.Alcune tra le più significative hanno sottolineato l’importanza di promuovere lo sport anche per i disabili “Sport per tutte le età e sorrisi”; altre proposte interessanti sono state quelle sugli orti urbani e sulla riutilizzazione del verde di risulta dei bordi delle strade e dei campi incolti, per-mettendo così di ottenere spazi verdi adatti al movimento ma a basso costo.Al gazebo è stata effettuata anche una rilevazio-ne di alcune misure antropometriche (peso cor-poreo e altezza) raccogliendo alcuni dati in forma anonima (età, sesso, città, professione, attività fisica svolta, stato fisiologico/patologico, peso, altezza, BMI)Corretta gestione nutrizionale e sostenibilità am-bientale sono state proposte alla popolazione an-che con l’aiuto di tre colleghe abruzzesi (Federica Francia, Layla D’addazio, Lorenza Tiberi).L’evento è risultato assai apprezzato dalla popo-lazione come testimoniato dal numero di visite al gazebo e la risposta entusiasta dei visitatori di ogni età. Anche gli organizzatori hanno mani-festato soddisfazione per i risultati ottenuti e la ricaduta positiva dell’evento.Chi scrive ritiene che eventi di questo tipo - che ben identificano la mission ANDID - possano avere una ricaduta più che positiva per la cono-scenza e la valorizzazione della figura del Dietista tra addetti ai lavori e popolazione, ma soprat-tutto per ottenere una reale e duratura modifi-ca dello stile di vita da parte della popolazione. Tali manifestazioni rispondono inoltre a criteri di sostenibilità dell’evento stesso poiché ben si integrano nel contesto ambientale della sede di svolgimento.

Bibliografia1. Richard H. Thaler (Università di Chicago), Cass R. Sunstein (Università di Harvard), Nudge – La spinta gentile, 2009

2. Dose Response Between Phisical Activity and Risk of Coro-nary Heart Disease : A Meta – Analysis. Jacob Sattelmair, Je-remy Pertman, Eric L.Ding, Harold W. Kohl III, William Haskell and I-Min Lee Circulation. 2011;124:789-795

3. Long-Term Effects of Changes in Cardiorespiratory Fitness and Body Mass Index on All-Cause and Cardiovascular Dise-ase Mortality in Men: The Aerobics Center Longitudinal Study Duck-chul Lee, Xuemei Sui, Enrique G. Artero, I-Min Lee, Ti-mothy S. Church, Paul A McAuley, Fatima C.Stanford, Harold W.Kohl III and Steven N.Blair Circulation.2011;124:2483-2490

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ANNO 25 / n°4-2015

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Speciale Collana ANDIDDai dietisti per i dietisti: questa è la logica ispiratrice della collana ANDID, nata appunto dall’esigenza che l’Associazione ha sentito di promuovere una serie di pubblicazioni rivolte a Dietisti e Studenti dei Corsi di Laurea in Dietistica, su tematiche di grande rilevanza ed interesse nell’espletamento degli ambiti di intervento previsti dal profilo professionale. Grazie alla proficua collaborazione con la Società Editrice Universo, le pubblicazioni possono essere acquistate a prezzo scontato dai Soci ANDID.

risorse andid andid facilities

Manuale ANDID di Valutazione dello Stato NutrizionaleAUTORI: G. Bedogni, G. CecchettoCon la collaborazione di numerosi dietisti esperti e consulenti scientifici ANDID, il manuale si configura come un utile supporto verso la piena realizzazione della propria specificità e competenza professionale, ma è anche un riferimento attendibile per Medici e Studenti in Medicina per quanto attiene alle competenze in materia di valutazione dello stato nutrizionale.

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2009PREZZO € 20,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 16,00ISBN: 978-88-89548-79-0

Carboidrati, glicemia, insulina e buona alimentazione: contiamo i carboidratiAUTORI: M. Armellini, A. Busetti, C. Capparotto, L. Corgiolu, M.G. Grazioli, C. LatinaIl Diabete è una condizione rappresentativa di patologia cronica per la quale risulta fondamentale progettare un modello di assistenza che si adatti sempre ai valori ed ai mutevoli bisogni del paziente. Frutto delle esperienze avanzate negli anni dai dietisti italiani, questo manuale risponde proprio a tale principio, fornendo un supporto pratico per la gestione dietetica del diabete, applicando la migliore evidenza disponibile alle caratteristiche del singolo paziente.

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2009PREZZO € 15,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 12,00ISBN: 978-88-89548-82-0

Il processo assistenziale della nutrizione in ospedaleAUTORI: M.L. Masini, G. Bedogni, G. CecchettoObiettivo di questo testo è aiutare i Dietisti a sviluppare competenze nell’ambito della gestione del processo assistenziale della Nutrizione in Ospedale (NCP – Nutrition Care Process and Model), delineando il ruolo della nutrizione all’interno di un modello assistenziale integrato e coordinato, centrato sul paziente e basato sul coin-volgimento di tutti gli attori in esso implicati. In tale processo, centrale è il ruolo del Dietista.

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2011PREZZO € 23,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 19,55ISBN: 978-88-65150-25-2

Altre pubblicazioni ANDID

20° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Firenze, 9-12 aprile 2008)Il XX Congresso Nazionale ha affrontato, come ormai da tradizione ANDID, le più attuali problematiche nell’ambi-to della nutrizione, quali la gestione integrata delle patologie croniche, la promozione della salute, il trattamento non farmacologico dell’ipercolesterolemia, la disfagia, la ristorazione scolastica.Sono stati inoltre presentati il primo progetto nazionale di ricerca dell’ANDID: “The ANDID Survey of Professional Pratice” e la posizione dell’ANDID sul “Ruolo del dietista nell’ambito della riabilitazione cardiologica”.

PREZZO € 30,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 15,00

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21° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Riccione, 1-4 aprile 2009)Il Congresso ha coinvolto relatori di fama nazionale e internazionale su tematiche di estrema attualità, quali l’equilibrio sostenibile, la conservazione delle risorse naturali e le politiche alimentari, la bioetica e la respon-sabilità professionale nell’ambito della nutrizione artificiale, il trattamento e le problematiche assistenziali nella sclerosi laterale amiotrofica, il percorso assistenziale della malattia renale cronica.

PREZZO € 40,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 20,00

22° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Milano, 20-22 maggio 2010)L’impegno dell’ANDID nella promozione di stili di vita orientati al benessere nel suo significato più ampio e pieno ha visto una sua ulteriore concretizzazione nei lavori del 22° Congresso Nazionale, che ha offerto al pubblico ed al mondo giornalistico una sessione d’apertura intitolata “aspettando l’EXPO. Nutrire il Pianeta... come? Una missione condivisa”, oltre che un ricco programma scientifico ai professionisti che vi hanno partecipato. Tra le tematiche affrontate e dibattute durante il Congresso: l’evoluzione e lo stato dell’arte dei nuovi LARN, l’approccio Evidence Based nell’ambito dei modelli gestionali e terapeutici della patologia cronica, la prevenzione e la riabi-litazione nutrizionale in cardiologia, le patologie metaboliche in età evolutiva, l’obesità in età adulta. Ed ancora: l’integrazione tra ospedale e territorio per la Nutrizione Artificiale Domiciliare, la rialimentazione in corso di anoressia, la ristorazione ospedaliera tra qualità, appropriatezza e partecipazione, il percorso assistenziale della nutrizione per gli anziani.

PREZZO € 40,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 20,00

IL DIETISTA, UN PROFESSIONISTA PER LA SALUTERISERVATO AI SOCI ANDID

Pacchetto da n. 50 pz.€ 6,00/pacchetto (solo rimborso spese di spedizione)

23° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Milano, 12-14 maggio 2011)Dai fondamenti della buona pratica professionale agli attuali orientamenti in materia di sanità pubblica, clinica e riabilitazione: numerosi e interessanti i contributi presentati durante il 23° Congresso Nazionale ANDID che ha offerto - come ormai da tradizione - una preziosa opportunità di condivisione ed approfondimento basata sulle più recenti evidenze scientifiche e sulle significative esperienze di esperti del settore: dall’attività motoria alla prevenzione basata sulla modifica degli stili di vita, al counseling in ambito nutrizionale, agli aggiornamenti in tema di oncologia ed alimentazione, agli aspetti di prevenzione e cura correlati all’obesità severa, all’ali-mentazione del bambino, alla malattia renale ed alle malattie infiammatorie intestinali. Punta di diamante di questo Congresso la sessione dedicata al Nutrition Care Process, metodo di lavoro ormai imprescindibile per la professione del Dietista, tema molto caro all’ANDID, che da tempo ha investito tempo ed energie nella imple-mentazione di una pratica professionale basata sulle evidenze quale strumento importantissimo per elevare la professione del Dietista e per tutelare la salute del paziente/utente.

PREZZO € 40,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 20,00

24° CONGRESSO NAZIONALE ANDID(Verona, 19-21 aprile 2012)Gli orientamenti nazionali ed europei in tema di competenze ed unicità del Dietista e di tutela dell’abusivismo professionale. Un approccio innovativo alla salute ed alle patologie, che parte dai nutrienti per arrivare alle questioni più attuali e controversie in tema di proteine, lipidi e carboidrati. E ancora, le nuove frontiere della professione ed il modello alimentare sostenibile tra etica, scienza e realtà. Infine, un focus sull’universo “bambi-no”. Questi gli argomenti dibattuti durante il 24° Congresso ANDID, raccolti nel volume degli Atti a testimoniarne l’elevato valore scientifico e applicativo per la pratica professionale.

PREZZO € 40,00PREZZO PER I SOCI ANDID € 20,00

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Cedola di commissione librariaPer ordinare gli ATTI dei Congressi ANDID, i numeri arretrati della rivista e la brochure “Il Dietista, un professionista per la salute”, è sufficiente compilare la seguente cedola ed inviarla, unitamente alla ricevuta del pagamento effettuato tramite Bollettino postale sul c/c n. 33634973 o bonifico bancario (IBAN: IT90 N076 0116 9000 0003 3634 973) intestato ad ANDID (Associazione Nazionale Dietisti). Socio ANDID Non socio

Cedola di commissione libraria Collana ANDIDPer ordinare i libri della COLLANA ANDID, è sufficiente compilare la seguente cedola di commissione e inviarla via fax o e-mail alla SOCIETÀ EDITRICE UNIVERSO srl, Via G.B. Morgagni, 1 – 00161 ROMA, tel. 06/4402053 – 06/4402054; fax: 06/4402033; e-mail: [email protected]. Socio ANDID Non socio

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DESIDERO RICEVERE LE SEGUENTI PUBBLICAZIONI

DESIDERO RICEVERE LE SEGUENTI PUBBLICAZIONI

CAP

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LOCALITÀ

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CONTRIBUTO SPESE DI SPEDIZIONE

PROVINCIA

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PREZZO

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TOTALE

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INDIRIZZO

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COGNOME

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PARTITA IVA

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E-MAIL

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Il Manuale ANDID di Valutazione dello Stato Nutrizionale

Il processo assistenziale della nutrizione in ospedale

€ 7,00

Carboidrati, glicemia, insulina e buona alimentazione: contiamo i carboidrati

MODALITÀ DI PAGAMENTOContrassegnoVersamento sul CCP 925008 intestato a Società Editrice Universo srlAssegno bancarioCarta di credito Cartasì Mastercard/Eurocard VisaNumero Scadenza Firma

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NUOVE ISCRIZIONIConsigliamo di scaricare e visualizzare o stampare il mo-dulo di iscrizione (http://www.andid.it/img/scheda_iscri-zione_28032013.pdf), dove sono specificati i campi che dovranno essere compilati successivamente sul sito. In questo modo l’utente potrà procurarsi i dati necessari sen-za doversi interrompere ed essere costretto a riprendere successivamente la procedura.Prima di procedere alla compilazione della domanda on-li-ne, l’utente è tenuto a:1. effettuare il pagamento della quota di iscrizione secon-

do le modalità di seguito specificate2. inviare alla Segreteria Nazionale la copia del titolo di

studio posseduto. In alternativa è possibile inviare una autodichiarazione sostitutiva di possesso del titolo di studio, datata e firmata (http://www.andid.it/img/auto-certificazione_andid_28032013.pdf). L’invio della copia del titolo di studio o dell’autocertificazione è richiesta solo la prima volta che ci si iscrive all’Associazione. L’invio va effettuato con raccomandata a: ANDID presso COGEST M & G - Vicolo S. Silvestro, 6 - 37122 – VERONA.

A questo punto l’utente può ricollegarsi al sito www.andid.it, accedere all’area iscrizioni online e compilare i cam-pi indicati specificando gli estremi del pagamento. L’Area Iscrizione si trova in fondo a questa pagina.Solo dopo aver ricevuto la raccomandata e aver verifica-to l’avvenuto pagamento, la Segreteria Nazionale ANDID formalizzerà l’iscrizione con l’invio al socio di una mail di benvenuto contenente nome utente e password per l’ac-cesso all’area riservata del sito www.andid.itIl socio è invitato ad accedere all’area riservata e a com-pletare la propria scheda personale.Il tempo necessario potrà essere di alcuni giorni.

RINNOVIConsigliamo di scaricare e visualizzare o stampare il modulo di rinnovo (http://www.andid.it/img/scheda_rin-novo_28032013.pdf), dove sono specificati i campi che dovranno essere compilati successivamente sul sito. In questo modo l’utente potrà procurarsi i dati necessari sen-za doversi interrompere ed essere costretto a riprendere successivamente la procedura.Prima di procedere alla compilazione della domanda on-li-ne, l’utente è tenuto a effettuare il pagamento della quota di iscrizione secondo le modalità di seguito specificate. A questo punto l’utente può ricollegarsi al sito www.andid.it, accedere all’area iscrizioni online e compilare i campi indicati specificando gli estremi del pagamento.Solo dopo aver verificato l’avvenuto pagamento, la Segre-teria Nazionale ANDID formalizzerà l’iscrizione con l’invio al socio di una mail di benvenuto contenente nome utente e password per l’accesso all’area riservata del sito www.andid.it. Il socio è invitato ad accedere all’area riservata e a completare la propria scheda personale. Il tempo neces-sario potrà essere di alcuni giorni.

MODALITÀ DI PAGAMENTO DELLA QUOTA DI ISCRIZIONELe nuove iscrizioni possono essere effettuate tramite bol-lettino postale o bonifico bancario intestato ad ANDID (As-sociazione Nazionale Dietisti)• sul c/c n. 33 63 49 73• IBAN: IT90 N076 0116 9000 0003 3634 973• BIC: BPPIITRRXXXspecificando NOME E COGNOME del richiedente e la causale del versamento (NUOVA ISCRIZIONE/RINNOVO per l’anno ..........).La quota associativa è di € 100,00.Per i “nuovi iscritti” è previsto l’invio del “Kit nuovo Socio”, che comprende:• una copia del Codice Deontologico• 20 copie della “Brochure: Il Dietista, un professionista per

la salute”, che potrà essere utilizzata per la promozione e presentazione della figura del dietista presso Istituzioni, Enti pubblici e privati, cittadini e pazienti/clienti

• un numero della rivista ANDID notizie che potrà essere utilizzata per promuovere l’attività dell’ANDID ed incorag-giare altri dietisti ad iscriversi alla nostra Associazione.

RIVISTA ANDID NOTIZIEABBONAMENTO NON SOCIÈ possibile l’abbonamento annuale alla rivista anche per i Non Soci al costo di € 100, mentre i numeri arretrati sono disponibili al costo di € 30 per pubblicazione.

SPECIALE RIVISTA PER GLI STUDENTIÈ possibile sottoscrivere l’abbonamento annuale al costo agevolato di € 50 (inviando copia del certificato di iscri-zione al corso/scuola).

MODALITÀ DI PAGAMENTOÈ possibile effettuare il pagamento per l’abbonamento alla rivista ANDID Notizie, per l’acquisto di atti, riviste o della brochure “Il Dietista: un professionista per la salute”, mediante Bollettino postale sul c/c postale n. 33634973 o Bonifico Bancario indicando il codice IBAN: IT90 N076 0116 9000 0003 3634 973, intestati a: ANDID (Associa-zione Nazionale Dietisti), specificando chiaramente la causale del versamento.

Il nostro indirizzo Internet:www.andid.it - e-mail: [email protected]

Si ricorda che la Segreteria ANDID è disponibile per tutti i soci al numero di telefono 045/8008035 nei giorni di lunedì, mercoledì e venerdì mattina dalle ore 9.30 alle ore 13.30.

DIVENTA ANCHE TU SOCIO ANDID

Come iscriversi all’ANDID

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Cucina la salute con gusto

Ingredienti per 12 persone

Per la pasta frolla magra• farina bianca “00” g 300• zucchero g 50• burro freddo g 90• n. 1 uovo• acqua ghiacciata q.b.• sale 1 pizzico• lievito chimico g 3Per il ripieno• ricotta fresca g 500• grano precotto g 200• zucchero g 140• scorze di arancia/cedro freschi g 80• Acqua di fior d’arancio g 40• latte parzialmente scremato g 500• n. 3 uova• cannella in polvere q.b.• sale q.b.• zucchero a velo g 10 per spolverizzare• scorza di limone g 25

• Tortiera antiaderente con cerniera Ballarini

Cucina la salute con gusto

Cuochi, Dietisti ed esperti di sostenibilità insieme per cucinare i piatti della tradizio-ne gastronomica italiana.

Scopri ingredienti, strumenti adeguati e tecniche di cottura innovative per cucinare in modo sano, corretto e con gusto!

Alla base del progetto un volume che ha fatto la storia della nostra cucina: “Le Ricette Regionali di Anna Gosetti della Salda”.

Per la pasta frolla magra:intridere il burro a cubetti con la farina setacciata e lo zucchero, il lievito e il sale. Rapidamente finire di amalgamare la frol-la con l’uovo e 3 cucchiai di acqua ghiac-ciata. Proteggere la pasta con pellicola e porla a riposare in frigo per 3-4 ore.

Stendere la pasta frolla a 4/5 mm di spessore e foderare lo stampo unto e in-farinato. Rifilare i bordi, pungere il fondo della frolla e porre tutto in frigo (anche la pasta rimasta). Cuocere lentamente per 30 minuti circa il grano, sgocciolato dal liquido di governo, con il latte e la buccia di limone. A cottura ultimata amalgamare 3 tuorli d’uovo, la ricotta, le scorzette, un pizzico di cannella e due albumi montati a neve. Distribuire la farcia nel guscio di frolla e livellare. Stendere delle strisce con la pasta frolla rimasta e incrociarle sulla pastiera. Cuocere il dolce in forno a 170°C per 45 minuti circa. Sfornare e sformare il dolce sulla gratella da pastic-ceria, poi spolverarlo con lo zucchero a velo e servire.

Pastiera napoletana

Ricetta tratta dal libro “Cucina La Salute Con Gusto”

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partner dell’iniziativa

www.ballarini.it

S O L O P O M O D O R O

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Good idea wanted!Settimana del Dietista12 - 18 ottobre 2015

Stay tuned!

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