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Anche nella maiscoltu-
ra e nella produzione
di farine, Bergamo e il
suo territorio esprimono
un’eccellenza. Per i livelli
molto alti di qualità ga-
rantiti dalle imprese del
settore e per la cura e il ri-
spetto dei valori della tra-
dizione. C’è prima di tutto
una passione che anima
gli imprenditori e i vari te-
stimoni bergamaschi del-
la cultura del mais, delle
sue radici più antiche,
della ricerca di farine ca-
paci di restituire i sapori
più autentici e genuini di
questa terra.
Oltre che un vero amore
per la polenta, divenuta
cibo icona di un’esperien-
za di gusto e convivialità
davvero unica. E c’è or-
mai anche la voglia di fare
rete. Per prepararsi con gli
strumenti giusti al merca-
to globale.
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Qualità e innovazione caratterizzano la fi liera agro-alimen-
tare bergamasca, che annovera aziende leader e brand di
successo protagonisti nei principali mercati mondiali.
È su parametri d’eccellenza che poggia una tradizione tipi-
camente locale e fortemente radicata nel variegato panorama italiano.
Le migliori produzioni bergamasche traggono origine dalle attitudini
proprie di una popolazione dedita al lavoro e di intuito geniale. Gente
costantemente impegnata nel passato a trovare risposte a bisogni es-
senziali e che ha saputo sviluppare nei tempi recenti le condizioni più
favorevoli a uno sviluppo diff uso di attività competitive, oggi rinomate
in Italia e all’estero per il loro grado di innovazione e per i livelli qualitativi
dei prodotti.
Un esempio in questa direzione è certamente rappresentato dal proces-
so di coltivazione del mais, una delle vocazioni dell’agricoltura bergama-
sca, che si esprime al meglio anche attraverso l’utilizzo di farine pregiate
in ricette gustose, tipiche della tradizione gastronomica di questa terra
fondata sulla secolare genuinità dei prodotti utilizzati e sulla loro elevata
qualità. E sul saper fare molto con poco. Come scrisse Francesco Petrarca
richiamando Seneca in quell’esercizio straordinario di saggezza e classi-
cismo rappresentato dalle sue Lettere Senili, «Non sono cose deliziose
in se medesime l’acqua, la polenta ed il pane d’orzo, ma è vera felicità
il saper trarre piacere da ciò che nessuno può toglierti». E ancora: […] Se
abbiamo acqua e polenta possiamo contendere a Giove stesso la palma
della felicità».
Il successo dei sapori bergamaschi
Guido Venturini
Direttore GeneraleConfi ndustria Bergamo
IMPRESE E TERRITORIO
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IMPRESE E TERRITORIOIMPRESE E TERRITORIO
Sono queste le note caratteristiche alla base del successo dei sapori ber-
gamaschi apprezzati dai palati più raffi nati, che hanno consentito a una
coltivazione tipica come quella del mais di diventare uno dei prodotti
simbolo di questa terra, promuovendo l’immagine della Bergamasca oltre
i confi ni nazionali. E, con il mais, anche la polenta è stata elevata negli anni
da “piatto povero”, sempre presente sulle mense di ogni giorno, a ricetta
sfi ziosa, di volta in volta interpretata con originalità da chef stellati, e non
solo, ma sempre nel rispetto della migliore tradizione popolare, che nobi-
lita l’essenza della ricetta storica.
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Questa produzione contribuisce oggi a valorizzare ulteriormente una pro-
vincia operosa, concreta e ancorata a solide tradizioni, ma nel contempo
capace di profonde trasformazioni, frutto di una continua ricerca volta a
raggiungere le migliori performance nei processi di lavorazione e produ-
zione, per garantire risultati economici in continua crescita, come dimo-
strano le analisi congiunturali più recenti.
Le esportazioni della fi liera agroalimentare hanno infatti registrato
quest’anno un aumento del 6,3% rispetto all’anno precedente, per un va-
lore di circa 400 milioni di euro, un risultato che rappresenta il 3% del
fatturato complessivo delle esportazioni bergamasche.
Dati che, ancora una volta, confermano, se mai ce ne fosse necessità, l’ele-
vato livello delle nostre produzioni e l’eccellente qualità dei rinomati sa-
pori bergamaschi, universalmente riconosciuti.
Valori di straordinario pregio anche in vista del prossimo appuntamento
con Expo 2015 che pone il tema dell’alimentazione al centro dell’attenzio-
ne mondiale e che può quindi rappresentare una straordinaria occasione
per le attività e le imprese di questa fi liera: un volano di portata eccezio-
nale per l’economia bergamasca, che trae origine, per una parte rilevante
del suo sistema economico, produttivo e sociale proprio dalla spiccata
vocazione agroalimentare.
E, soprattutto, un momento di incontro della nostra tradizione con il
mondo, da valorizzare in pieno anche per l’emancipazione culturale del-
le nostre imprese, sviluppando la consapevolezza di rappresentare una
tessera importante del mosaico straordinariamente variegato dell’agribu-
siness made in Italy.
Come non trarre spunto da quei Sentieri sotto la neve tracciati da Mario
Rigoni Stern nei primi anni del Novecento? «Mio nonno Gigi – raccontava
– mi diceva che un tempo si mangiava solamente polenta e formaggio. […]
Lo chiamavano Teròn, anche come nome di battaglia, perché era del sud.
[…] Ci faceva ridere quando voleva parlare in dialetto. Mi diceva sempre:
Bocia, polenta e formaio zè bon, ma zè bon anche spaghetti con la pomma-
rola ‘n coppa».
Le esportazioni della fi liera agroalimentare hanno registrato quest’anno un aumento del 6,3% rispetto al 2012, per un valore di circa 400 milioni di euro, un risultato che rappresenta il 3% del fatturato complessivo delle esportazioni bergamasche.
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IMPRESE E TERRITORIO
Progetto Polenta Taragna Orobica
Una ricetta semplice per un grande piatto. Un’idea innovati-
va per un progetto vincente. La storica unione fra il mais,
elemento base dell’alimentazione contadina di un tempo, e
gli ingredienti calorici dei giorni di festa delle famiglie berga-
mine, come il burro e i formaggi freschi d’alta montagna, ha dato vita a un
piatto che è sopravvissuto sino ad oggi con la bontà e la genuinità di un
tempo. Dalla consapevolezza di tutelare la ricetta e di diff ondere la cultura
legata alle tradizioni del mondo rurale, grazie al quale questo alimento è
tuttora attuale, nasce il Progetto Polenta Taragna Orobica.
Né polenta né taragna, bensì Polenta Taragna Orobica. Questo aggettivo
delimita un territorio di produzione non solo relativamente al piatto, ma
anche, e soprattutto, ai suoi ingredienti: le qualità di mais antico Rostrato
rosso di Rovetta, Spinato di Gandino (Presidio Slow Food), Nostra-
no dell’Isola e misto saraceno della Valtellina per le farine, burro di
montagna, Formaggio Tipico di Branzi, Bitto storico (Presidio Slow
Food) e Formai de Mut DOP dell’Alta Valle Brembana per l’inconfondi-
bile condimento.
Un cibo che richiama le montagna, le malghe, il fuoco dei camini si è ele-
vato negli anni a piatto
di fama internazionale,
anche se talvolta bi-
strattato e banalizzato.
Da qui l’intento di que-
sto Progetto, mirato a
Francesco Maroni
Latteria Sociale Branzi
Presidente Associazione Fiera di San Matteo
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ridare alla polenta taragna la meritata dignità e nobiltà.
La Polenta Taragna Orobica, luminosa regina delle tavole dei montanari,
è indubbiamente uno dei fi ori all’occhiello della cucina bergamasca e rap-
presenta probabilmente un simbolo del territorio anche nell’esperienza
del visitatore esterno.
Sulla scorta di questa consapevolezza e mossi dall’entusiasmo di fare
di un’eccellenza gastronomica il simbolo del mangiar bene a Bergamo,
CRA-MAC (Unità di ricerca per la Maiscoltura di Bergamo del Consiglio
per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura) e i produttori dei tre
formaggi simbolo di questo piatto uniscono idee, impegno ed energia
per un fi tto calendario di eventi, proiettati agli ambiziosi traguardi di Expo
2015 e Bergamo Capitale della Cultura 2019.
Il progetto è partito dal suo paese natale, Branzi, in Alta Valle Brembana, in
occasione della seconda edizione della Sagra della Polenta Taragna Orobi-
ca, a fi ne settembre 2013. Nel settembre 2012 questo evento era partito in
sordina, riscuotendo un inaspettato consenso di pubblico e un’incredibile
eco mediatica. Accanto al piatto protagonista, servito dalle Donne di Mon-
tagna di Ornica, i vini del consorzio Valcalepio, le birre artigianali locali e
una buona musica folk hanno concorso a ricreare la festosa convivialità
della tradizione antica. Importante per le prossime tappe del tour della
Polenta Taragna Orobica anche la collaborazione con il CAI, Club Alpino
Italiano, e con i più rinomati chef bergamaschi. Da richiamare anche la
sinergia con Bergamo Scienza e Fiera di Bergamo per la programma-
zione degli eventi e con gli Istituti Alberghieri per interventi di formazio-
ne e stage dedicati agli studenti e per momenti di aggiornamento degli
operatori di settore sui temi delle materie prime e delle ricette.
Lo sviluppo del Progetto Polenta Taragna Orobica è accompagnato e so-
stenuto dal marchio Formaggi Principi delle Orobie, che raggruppa
sei eccellenze casearie orobiche di documentata storicità (Agrì Valtor-
ta Presidio Slow Food, Stracchino all’Antica Valli Orobiche Presidio
Slow Food e Strachitunt DOP, oltre ai già richiamati ingredienti caseari
della Polenta Taragna Orobica). Questo marchio è stato concepito come
strumento di sviluppo per un turismo gastronomico consapevole sul
modello delle Vie dei formagg i. che guidano i visitatori sul territorio dal-
la città, ovvero dal piatto gustato al ristorante, verso percorsi di scoperta
dell’origine delle materie prime in alpeggio e delle loro caratteristiche di
IMPRESE E TERRITORIO
Non c’è turista che, transitando da Bergamo, e forse dal nord Italia, non si sia imbattuto almeno una volta nella polenta taragna. Come ogni prodotto che assume celebrità, non sempre si ha la garanzia di trovarsi di fronte all’originale e, tanto meno, al migliore.
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qualità, genuinità e salubrità. L’associazione tra il Progetto Polenta Tara-
gna Orobica e i prodotti tipici del territorio consentirà di inserire ulteriori
prodotti e presidi dell’arco orobico negli itinerari del gusto attraverso i pa-
esaggi suggestivi del Sentiero delle Orobie, lungo il quale anche i rifugi
CAI concorreranno alla promozione del piatto e delle sue materie prime.
In collaborazione con la Camera di Commercio di Stoccarda, il maggior
centro del Baden Würtemberg, verrà inoltre esportato il format della
Polenta Taragna Orobica fuori dai confi ni nazionali, portando con sé gli
elementi culturali, storici, enogastronomici e artistici peculiari della ber-
gamasca. In programma anche la creazione di una APP dedicata agli iti-
nerari cittadini della Polenta Taragna Orobica, da proporre a chi atterra
all’aeroporto di Orio al Serio e desidera avere una chiave di lettura golosa
della città di Bergamo e dei suoi dintorni.
Il Progetto Polenta Taragna Orobica dà quindi vita a una collaborazione
costruttiva tra diversi attori del territorio che stanno dimostrando una
straordinaria capacità di fare sistema. Con l’obiettivo ambizioso di pro-
iettare il Progetto verso e oltre il 2015 con azioni e interventi mirati a
diff ondere prima di tutto tra i bergamaschi la consapevolezza di essere i
custodi di un piatto speciale, oggi sintesi di cultura, tradizione e capacità
di fare impresa sul territorio per il mercato globale.
Se sono le materie prime a fare la diff erenza, per off rire una taragna a regola d’arte servono tre ingredienti fondamentali: ottima farina, burro fresco e formaggio di montagna, amalgamati con sapiente pazienza. Ma occorre anche che la qualità sia garantita da marchi di aziende che, da secolare tradizione, producono questi prodotti.
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IMPRESE E TERRITORIO
Come fare la polenta taragna orobicaa regola d’arteIngredienti per 4 persone
2 litri d’acqua
300 gr. farina gialla (integrale)
200 gr. formagg io Branzi FTB stagionato (180 giorni) a dadini
600 gr. formagg io Branzi FTB fresco (60 giorni) a dadini
1 manciata di sale
La ricetta
Scaldare l’acqua nel paiolo, aggiungere il sale prima che inizi a bollire.
Quando bolle spegnere il fuoco e aggiungere la farina a pioggia mescolando con un frustino
in modo che non si formino grumi. Riaccendere il fuoco.
Cuocere per 50/60 minuti mescolando spesso con un bastone (cucchiaio) di legno (oppure
cuocere nel paiolo elettrico).
A cottura ultimata aggiungere prima il Branzi FTB stagionato, mescolare bene e poi il Branzi
FTB fresco. Mescolare ancora un pochino.
Servire in un piatto fondo accompagnando con pietanze e sughi a piacere preparati a parte.
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IMPRESE E TERRITORIO
Il Mais Spinato di Gandino è un’anti-ca varietà bergamasca che arrivò nel borgo della Val Seriana nel 1632. È una varietà altamente qualitativa ed orga-noletticamente pregiata, appartenente alla famiglia dei mais vitrei o semivi-trei. L’Unità di Maiscultura CRA-MAC di Bergamo (attiva dal 1920) ha seguito scientifi camente dal 2008 un proget-to di rivalutazione, lavorando su semi originali recuperati nella cascina “Cà Parecia” di Gandino, di proprietà della famiglia Savoldelli.Il Comune di Gandino, con propria de-liberazione consiliare, ha istituito la
De.C.O., la Denominazione Comunale che certifi ca la provenienza di un pro-dotto da uno specifi co territorio e il Mais Spinato (con i suoi derivati) è stato il primo prodotto ad essere iscritto nello specifi co Registro. Il progetto ha avuto risvolti di carattere didattico, culturale e turistico: coinvolgimento delle scuole, corsi per coltivatori, scartocciatura in piazza delle pannocchie. Nel 2013 il Mais Spinato di Gandino è stato protagonista di una serie di attivi-tà legate al festival scientifi co Bergamo Scienza. È stato inaugurato in paese il Giardino del Mais, che ospita la ripro-
Il mais Spinato di Gandino
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duzione (a grandezza naturale) di una dei diciassette monoliti appartenuti alla civiltà precolombiana degli Olmechi e conservati presso il Museo de la Venta di Villahermosa in Messico. Il calco ori-ginale fu autorizzato dal governo mes-sicano nel 1992 in occasione del quinto centenario della scoperta dell’America ed è stato donato a Gandino dalla Fon-dazione Bernaregg i di Bergamo. A Gan-dino è stato siglato un accordo di net-work internazionale sui mais antichi, cui hanno aderito i principali enti terri-toriali, Promoserio con il progetto Sapo-ri Seriani, Slow Food e Terra Madre, e una serie di realtà di tutela del Piemon-te e del Veneto. Ad esse si sono affi ancati
il docente messicano Juan Manuel Mar-tinez Valdez e l’esperto boliviano Mau-rizio Bagatin, in rappresentanza delle principali realtà sudamericane.Il mais della Val Seriana si è fatto spazio fra i ghiacci. Le varietà dello Spinato di Gandino e del Rostrato di Rovetta sono infatti migrate in Norvegia, sull’iso-la di Spitsbergen nell’arcipelago delle Svalbard, a 1200 chilometri dal Polo Nord. Qui ha sede lo Svalbard Global Seed Vault (Deposito Sotterraneo Glo-bale dei Semi) che conserva migliaia di semi vegetali provenienti da ogni par-te del mondo per congelarne (in senso letterale) la salvaguardia nel tempo. È insomma banca mondiale dei semi da
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IMPRESE E TERRITORIO
salvare in caso di cataclismi. Un proget-to aff ascinante cui guarda con curiosità l’intero mondo scientifi co, nel quale è coinvolta anche la Bergamasca grazie al protocollo d’intesa siglato dal Parco del-le Orobie con il Laboratorio di Ecologia Vegetale e Conservazione delle Piante, attivo presso l’Università di Pavia. Sono stati consegnati esattamente 5000 semi di Mais Spinato. Il Mais Spinato è stato presentato allo stand Slow Food del Sa-lone Internazionale del Gusto di Torino 2012, a Gusto in Scena a Venezia e Gu-
sto Cortina nel 2013. In questi anni è nata una fi liera com-pleta di prodotti che fanno di Gandi-no il paradiso della buona tavola: alla classica farina da polenta, si affi ancano il frollino “Melgotto”, la Spinata (la sfi -da gandinese alla pizza), il gelato Mel-gotto, le Chiacchiere salate, i Camisocc (ravioli con radicchio rosso), la Delizia di Spinato (torta salata), la meringa, la torta Fior di Spinato e la 100mais, ideali per chi soff re di intolleranze ali-mentari come la celiachia, oppure la
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Spinetta. Quest’ultima è una galletta di mais estruso, ideale per uno snack fuori pasto, ma anche per racchiudere fra due cialde inedite la bontà del ge-lato al Melgotto. Da non dimenticare il progetto della birra “Scarlatta”, prepa-rata artiginalmente da Roberto Caleca con Mais Spinato di Gandino e foglie di mate boliviano.I prodotti a base di Mais Spinato di Gan-dino fanno parte dei Sapori Seriani e sono stati scelti anche da Gian Nicola Colucci, chef del rinomato Hotel Da-
nieli a Venezia. Sono state aperte anche attività hobbistiche e amatoriali, fra le quali si segnala la realizzazione di “Tu-tolino”, la mascotte del Mais Spinato di Gandino, realizzata da Ivan Moretti con materiali di recupero della coltiva-zione. Tutta l’attività fa capo, dal 2013, all’Associazione Comunità del Mais Spinato di Gandino, presieduta da Fi-lippo Servalli. Le attività di tutela e sal-vaguardia fanno capo alla Commissione De.C.O. guidata dal presidente Antonio Rottigni.
Deposito Sotterraneo Globale
dei Semi, Spitsbergen, Norvegia
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IMPRESE E TERRITORIO
Nelle Cinque Terre
della Val Gandino
La famiglia di Clemente Savoldelli è nata nell’antica Cascina Parecia dove è stato isolato il seme originario del Mais Spinato di Gandino. Per questo l’azien-da Savoldelli Clemente Agricoltura, con sede a Gandino, pur costituendo originariamente una realtà artigianale per edilizia residenziale, ristrutturazio-ni e costruzioni industriali, diviene pro-gressivamente punto di riferimento per le nuove coltivazioni, utilizzando la di-
sponibilità di terreni un tempo di espan-sione costruttiva. Nel 2013 viene allar-gato l’ogg etto sociale dell’impresa, che ora affi anca all’attività edilizia quella agricola. I campi di Mais Spinato vengo-no coltivati a Gandino, Casnigo e Leff e, nell’ambito de Le Cinque Terre della Val Gandino che costituiscono l’area coltiva certifi cata del marchio De.C.O. istituito dal Comune di Gandino. Il ciclo produttivo di semina e raccolto è com-pletato dal laboratorio di trasformazio-ne realizzato nella sede dell’azienda.Qui è stato installato un mulino a pie-
Fare impresa con la tradizione
Mulino Clemente Savoldelli
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tra che, grazie all’ausilio di una pietra del diametro di 1,20 mt., consente di ragg iungere i 200 kg./h di prodotto la-vorato. Al mulino è affi ancato un setac-cio che consente di ottenere farine sino a 180 micron. La farina di Mais Spinato di Gandino viene prodotta in ottemperan-za agli standard di legg e più elevati e in particolare è adeguata al Disciplinare di produzione della Farina integrale e bra-mata della Bergamasca stabilito dalla Camera di Commercio di Bergamo.La Savoldelli Clemente – Agricoltura è inoltre prima produttrice della “Mi-scela di Antiche Varietà Bergamasche”, ottenuta dalla molinatura congiunta di granella di Mais Spinato di Gandi-no, Rostrato Rosso di Rovetta e Nostra dell’Isola. Queste tre varietà bergama-sche sono espressamente indicate nel disciplinare proposto alla Camera di Commercio per la ricetta della “Polenta taragna orobica”, nell’ambito del mar-chio di tutela “Bergamo Città dei Mille…Sapori”.
Dal granoturco al melgotto
Secondo un documento del 1632, a por-tare da Venezia il primo granoturco in Lombardia furono i mercanti gandine-si, che avrebbero in seguito coltivato il “melgotto” in località Clusven di Gandi-
no. La Società Agricola Clusven si trova proprio in questa località e da ricerche storiche pare che il melgotto sia stato piantato per la prima volta proprio nei campi dove viene coltivato ora. Aderen-do al Progetto di salvaguardia e valoriz-zazione del mais autoctono denominato “Mais spinato di Gandino”, promosso dall’Unità di ricerca per la maiscoltura CRA-MAC di Stezzano e dalla commis-sione De.C.O. (Denominazione Comu-nale di Origine) di Gandino, l’azienda agricola coltiva il mais spinato di Gan-dino, chiamato così per la caratteristica di avere l’apice della granella appuntito (rostrato o rampino). La granella viene seminata nel mese di aprile e ragg iun-ge la maturazione ai primi di ottobre;
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dopo la raccolta, le pannocchie vengono sgranate e il mais viene fatto essiccare per poi poter essere macinato e ottenere così la farina di spinato. Questa farina, legg ermente ruvida al palato e dalle pe-culiari proprietà nutritive e organoletti-che, si presta a numerose preparazioni: dalla classica polenta bergamasca, alla produzione di pane, biscotti, gallette di mais, pasta, pizze, torte e persino di ge-lato artigianale.
La qualità dei mais antichi
Quando arriva, non lo si può non nota-re: cappello a falde larghe, barba e baffi bianchi, parlantina veloce e caratteri-stica perché è di nascita bresciana ma radicato nel bergamasco. È Giancarlo
Salera, agricoltore e imprenditore che con conduce il fi glio Pierluigi l’Azienda Agricola Salera. Salera discende da una famiglia contadina, da sempre la-vora la terra. La terra, le vacche, tanto lavoro e tanta fatica lo accompagnano da quando era bambino, lo hanno reso forte dandogli una grande passione per il suo lavoro e, ogg i, la gestione di un’azienda di successo. L’Azienda Agri-cola Salera ha ubicato la produzione di Mais e cereali a Martinengo e Morengo nella bassa Bergamasca e la coltivazio-ne del riso a Garlasco a Pavia nel parco del Ticino. L’agricoltura per la famiglia Salera signifi ca fonte di vita, tradizio-ne, orgoglio ed impegno costante per l’eccellenza del prodotto, risultato del profondo legame con la terra. Ogg i Sa-lera mantiene viva e immutata questa passione per il lavoro e la qualità del prodotto sano, genuino e di altissimo pregio. Dice Giancarlo Salera: “l’otti-mizzazione delle nostre farine di Mais è partita dalla ricerca delle migliori va-rietà di granoturco. Il criterio di scelta è stato fondato esclusivamente sulla qua-lità e non sulla resa. Si tratta di pan-nocchie di ridotte dimensioni, dal seme vitro e molto duro, di scarsa resa ma di qualità superiore. Siamo ogni anno alla ricerca di Mais sempre più antichi per proporre al nostro cliente fi nale la mi-gliore qualità. Ad ogg i riusciamo a pro-
IMPRESE E TERRITORIO
Giancarlo Salera
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porre ben 9 varietà di mais selezionati (Grizz, Belgrano, Rostrato Bergamasco, Marano 0501, Bianco Perla, Tipo Mara-no, Scintilla) perché non tutte le polente sono identiche e la mia passione nel mi-scelarle mi dà la possibilità di realizzare ben 15 tipi di polente con sapori diversi da proporre sul mercato.Tutte le nostre farine sono integrali o bramate, di varia misura ( fi ni, medie o grosse ) e macinate esclusivamente con mulino a pietra. Le fasi di lavorazione e macinazione sono eff ettuate nel rispetto delle caratteristi-che biologiche delle materie prime, per preservarne l’integrità dei principi na-turali e migliorare la digeribilità delle varie componenti nutritive”.
L’oro di Bàresi
Per secoli nel mulino Gervasoni di Bàre-si, in Alta Valle Brembana, si macinò il grano di frumento, di segale e di miglio per ottenere il bianco fi or della farina. Poi arrivò il granoturco e il fi or della fa-rina s’indorò risplendendo come il sole. Il mulino incessante scandiva le ore, anche spremendo con il torchio le noci per farne olio e raspe d’uva per farne grappa. Cibi forti per i forti montanari. E non bastando alle braccia il lavoro, quando ancora le miniere sopra Caro-na producevano ferro, un’antica pesta
manuale in disuso divenne maglio per forgiare vanghe, zappe, badili, rastrelli, falci, vale a dire i semplici “arnesi” da lavoro dei contadini di montagna.Poi, rapidi, vennero i tempi della mo-dernità e nel mulino tacque il fragore dell’acqua scrosciante di rogg ia, ener-gia pulita, vero e proprio dono della natura. Tacquero il mulino, il torchio e il maglio. Ma nel loro silenzio avevano molto da raccontare.Nel 2005, grazie alle numerose segnala-zioni nel primo censimento “I luoghi del cuore”, il Mulino di Bàresi fu acquisito dal FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) che, sensibile a questo silenzioso raccon-to, ne comprese il contenuto culturale e antropologico e ne curò il restauro con-
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servativo, affi dandolo poi alla comunità locale. Così la ruota riprese a girare e a macinare chicchi di mais trasforman-doli in preziosa farina da polenta.A prendersi cura di questo incantevo-le e vivo angolo di memoria è l’Asso-ciazione di volontariato “Maurizio Gervasoni”, costituita il 17 luglio 2005 su iniziativa di nove soci valligiani, ac-comunati dall’idea che il passato aiu-ti l’uomo a costruire il suo futuro. Vi è così un continuo rifi orire di iniziative: per recuperare e pubblicare storie e rac-conti di autentica vita vissuta, riportare in luce conoscenze e competenze anda-te perdute, valorizzare e recuperare il lavoro manuale come custodia del ter-ritorio attraverso le visite per gruppi e scolaresche coinvolti nel “lavoro” del mulino e del campo. Lo scopo è pro-tegg ere, salvaguardare, far conoscere e tramandare la bellezza e il signifi cato di questa realtà, affi nché dalle sue radici rigermogli continuamente il fi or della memoria dei valori, il valore del lavoro ben fatto nel rispetto dell’uomo e della natura, il valore della bellezza e della condivisione.In questa visuale, piccoli ma antichi campi di mais sono stati ritrovati sui versanti morenici già descritti dal ca-pitano di Bergamo Zuanne da Lezze nel 1596 e rubati all’incuria del tempo; le zolle di terra rivoltate con il prezioso,
faticoso e ritmico lavoro di vanga; se-minati con l’antico seme e coltivati con cura; le belle pannocchie scartocciate ed appese sulle lobbie ad essiccare. Anche nei piccoli orti, intorno alle antiche abi-tazioni, qualche fi la di granoturco torna a fare la sua bella e rincuorante presen-za. E anche la ormai tradizionale “Fe-sta del Mulino” a fi ne estate, in cui viene preparato, sul fuoco vivace di legna e il continuo lento movimento manuale del bastone nel paiolo, il magico piatto do-rato, diventa occasione per ritrovarsi, per vivere ogni volta qualcosa di nuovo e di bello, che lasci in bocca il sapore buono, semplice e genuino del tempo, nell’animo durevoli tracce di legg erez-za, di lentezza meditativa del pensiero e dell’azione, dell’ascolto attento che genera emozioni, contatti e rispetto tra le generazioni. (Maria Angela Gervasoni)
Dalla tradizione
all’innovazione
Molino Nicoli Spa è un’azienda alimen-tare della provincia di Bergamo che rap-presenta e raccoglie in sé la tradizione e l’esperienza di cinque generazioni di mugnai. L’azienda nasce nel 1869 come piccolo molino da mais per la produzio-ne di farina. Nel corso degli anni, la pro-
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IMPRESE E TERRITORIO
duzione di sviluppa progressivamente e, all’inizio degli anni Novanta, l’azienda investe nella produzione dei cereali per la prima colazione e barrette di cereali. Ogg i Molino Nicoli ha 70 dipendenti e 2 stabilimenti (entrambi a Costa di Mez-zate), e un importante centro di stoccag-gio ed essiccazione. La forte propensione all’innovazione dell’azienda si coniuga con un profondo rispetto della tradizio-ne bergamasca. Per Molino Nicoli il ter-ritorio rimane al centro delle sue stra-tegie, nella convinzione che la qualità
e la genuinità del cibo vadano di pari passo con la tradizione consolidata nel-le attività agricole, frutto di un’antica esperienza contadina. Nel rispetto della tradizione, l’azienda ha sviluppato una vasta gamma di polente con ben 12 refe-renze. L’azienda ha deciso di intrapren-dere la strada della specializzazione nel settore del “senza glutine” e salutistico, che ha portato alla realizzazione di un intero stabilimento, unico al mondo, completamente dedicato alla produzio-ne in questo settore e autorizzato dal Ministero della Salute Italiano.Molino Nicoli ha da sempre tra i suoi obiettivi i temi delineati per EXPO 2015. L’azienda collabora infatti con il Di-partimento di scienze per gli alimenti, la nutrizione e l’ambiente della Facoltà di Scienze e Nutrizione Umana dell’Uni-versità di Milano per analizzare i pa-rametri nutrizionali e per migliorare le prestazioni dei prodotti innovativi, pun-tando su “alimenti funzionali”, a basso indice glicemico e senza glutine. Colla-bora inoltre con alcuni nutrizionisti per la dieta senza glutine nella nutrizione dei bambini autistici e per l’alimenta-zione senza glutine degli sportivi.Molino Nicoli investe nel mais e nelle sue migliori qualità, favorendo la coopera-zione con agricoltori che garantiscono la produzione delle varietà più resistenti e particolarmente adatte all’alimentazio-
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ne umana. L’approvvigionamento viene infatti realizzato attraverso un’accura-ta selezione delle varietà di mais pro-dotte da aziende agricole di Piemonte e Lombardia appartenenti a una fi liera controllata no-OGM e no-gluten, certifi -cata da SGS Italia. Tutto il mais viene essiccato a basse temperature per pre-
servare al meglio la qualità della gra-nella, e stoccato presso un centro dedi-cato al no-gluten di proprietà aziendale in condizioni di temperatura e umidità costantemente controllate. La capacità di stoccagg io complessiva del centro di stoccagg io è pari a 150.000 q.li, neces-sari a coprire il fabbisogno di un anno.
Molino Nicoli