Analisi e sviluppo della scheda di front-end per un ... Corso di Laurea Specialistica in INGEGNERIA...

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE Facoltà di Ingegneria Corso di Laurea Specialistica in INGEGNERIA ELETTRONICA Analisi e sviluppo della scheda di front-end per un apparato radiografico con protoni Tesi di Laurea di Stefano Pieri Relatori: Prof. Mara Bruzzi Prof. Lorenzo Capineri Dott. Carlo Civinini Dott. David Menichelli Ing. Samuela Valentini Sig. Mauro Tesi Anno Accademico 2007/2008

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE Facoltà di Ingegneria

Corso di Laurea Specialistica in

INGEGNERIA ELETTRONICA

Analisi e sviluppo della scheda di front-end per un apparato radiografico con protoni

Tesi di Laurea di

Stefano Pieri

Relatori: Prof. Mara Bruzzi

Prof. Lorenzo Capineri

Dott. Carlo Civinini

Dott. David Menichelli

Ing. Samuela Valentini

Sig. Mauro Tesi

Anno Accademico 2007/2008

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All’incanto solo di queste vita

concessa al cuor come alla mente,

nel telon di trame indefinita

per cui cerchiam’ arti nascostamente.

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Indice

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INDICE

Introduzione 1

Capitolo 1

Proton Computed Tomography (pCT)

1.1 Obiettivi e motivazioni della pCT 4

1.2 Interazione protone materia 7

1.3 Schema generale dell'apparato sperimentale 10

1.4 Algoritmi di ricostruzione 12

Capitolo 2

Descrizione apparato

2.1 Specifiche ed architettura 14

2.2 Calorimetro 18

2.3 Modulo tracciatore 20

2.3.1 Scheda Digitale 21

2.3.1.1 FPGA 23

2.3.1.2 Mini Module 24

2.3.1.3 Banco di memoria 25

Capitolo 3

Scheda di front end

3.1 Struttura 26

3.2 Rilevatore 28

3.3 ASIC 33

3.4 Problemi e soluzioni adottate 40

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Indice

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Capitolo 4

Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

4.1 Linee guida di caratterizzazione 44

4.2 Set-up di misura 46

4.3 Livello di rumore ed efficienza 48

4.4 Calibrazione 56

4.5 Gamma dinamica di ingresso ed amplificazione nei chip 57

Capitolo 5

Misure con radiazioni ionizzanti

5.1 Prove con sorgente radioattiva β 61

5.1.1 Descrizione della sorgente 61

5.1.2 Risultati con sorgente radioattiva β 67

5.2 Prove con protoni da 62MeV 73

5.2.1 Descrizione del fascio e set-up di misura 73

5.2.2 Scansione con tensione di soglia variabile 77

5.2.3 Scansione con tensione di polarizzazione variabile 83

5.2.4 Caratterizzazione del fascio di protoni da 62MeV 86

5.3 Prova del tracker module con protoni da 62MeV 91

5.3.1 Gestione della memoria della scheda digitale 91

5.3.2 Misure con il fascio di CATANA 94

Conclusioni 99

Bibliografia 102

Ringraziamenti 106

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Introduzione

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INTRODUZIONE

Nell’ambito del trattamento delle patologie tumorali si registra un grande interesse verso la

terapia adronica capace di un’azione più mirata ed efficace rispetto alla radioterapia

convenzionale.

Il presente lavoro di tesi si inquadra nel contesto più generale dell’esperimento PRIMA

(PRoton IMAging) dell’Istituto Italiano di Fisica Nucleare, cofinanziato dal Ministero

dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca (MIUR, Progetto di Ricerca di Interesse

Nazionale 2006).

Tale progetto si propone di costruire un apparato radiografico a protoni che rappresenti il

primo passo verso una tecnica tomografica. Essa consentirà infatti una migliore pianificazione

della radioterapia, consentendo una più accurata distribuzione della dose effettivamente

impartita al tumore; dose che, attualmente, viene stimata, con relativa incertezza, sulla base

dei coefficienti di assorbimento misurati in una tomografia assiale computerizzata (TAC) a

raggi X.

In particolare l’esperimento PRIMA, descritto in dettaglio nei capitoli 1 e 2, si basa sullo

sviluppo di un telescopio a protoni realizzato con sensori a microstrisce di silicio che, per ogni

particella di un fascio protonico, ricostruisca la traiettoria percorsa all’interno del corpo

attraversato. Tali informazioni, assieme alla perdita di energia della particella (misurata

tramite un calorimetro a cristalli scintillanti), verranno poi utilizzate nella fase di imaging,

anch’essa oggetto del programma di ricerca.

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Introduzione

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La singola traiettoria sarà ricavata grazie alla misura delle posizioni e degli angoli di entrata e

di uscita del protone, ognuno dei quali trovato individuando i punti di passaggio della

particella su due piani posti trasversalmente alla direzione del fascio.

La tesi affronta lo sviluppo e l’analisi della scheda di front-end. Quest’ultima ospita il sensore

a microstrisce di silicio e l’elettronica di lettura che, unitamente alla scheda digitale,

costituiscono gli elementi essenziali del piano per il rilevamento del punto di passaggio del

protone.

Una prima fase del lavoro è stata dedicata alla ricerca di soluzioni efficaci per avere la

massima operatività della scheda. Ovvero sono state condotte delle valutazioni per

individuare le sorgenti di rumore che pregiudicavano le prestazioni del front-end (cap. 3).

Una volta raggiunto un funzionamento ottimale della scheda, si è poi caratterizzato il

comportamento della stessa in laboratorio al fine di interpretarne correttamente la risposta per

radiazioni ionizzanti.

La calibrazione del front-end è stata effettuata, grazie all’uso di segnali di test equivalenti,

simulando il rilascio di diverse energie all’interno del sensore (cap. 4).

Per un effettivo riscontro delle prestazioni ottenibili, sono quindi state condotti esperimenti

con radiazioni ionizzanti: sia con una sorgente di radiazioni β, sia con fascio di protoni con

energia di 62MeV (cap. 5).

Le prove con sorgente di radiazioni β si sono svolte, nei laboratori dell’INFN di Firenze, al

fine di ottenere un ragionevole margine di sicurezza per le successive fasi di sviluppo ed

assemblaggio del progetto PRIMA. Infatti, la natura dell’interazione di tale radiazione con il

sensore al silicio montato sul front-end, ci ha permesso di apprezzare la risposta della scheda

in condizioni assai meno vantaggiose, in termini di efficienza di rilevamento, rispetto a quelle

imposte dal progetto.

Presso i Laboratori Nazionali del Sud (LNS) dell’INFN di Catania, la scheda di front-end è

stata sottoposta ad un fascio di protoni da 62MeV (in dotazione al Centro di AdroTerapia ed

Applicazioni Nucleari Avanzate) per rilevarne il comportamento in un contesto operativo

simile a quello previsto in fase progettuale. Il test col fascio, curato sia nella preparazione di

laboratorio che nell’analisi dati, ha permesso di valutare le prestazioni e di considerarle

conformi alle specifiche richieste.

Infine, come ulteriore prova circa l’effettiva funzionalità del progetto, è stato condotto un

esperimento con il fascio di protoni dei LNS accoppiando la scheda di front-end con la

relativa scheda digitale. Per consentire al modulo tracciatore (tracker module) così formato di

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Introduzione

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leggere le informazioni sulle microstrisce del sensore attraversate dai protoni e di trasmettere i

dati ad un terminale, è stato necessario integrare il codice VHDL sviluppato precedentemente

[9] per la gestione dell’FPGA presente sulla scheda digitale. I risultati preliminari di questo

esperimento hanno dato buon esito e costituiscono un ulteriore passo in avanti verso il

completamento dell’apparato radiografico a protoni.

Con le modifiche apportate, con i risultati acquisiti nella fase preliminare di analisi e con

quelli relativi agli esperimenti tramite radiazioni ionizzanti si ritiene quindi concluso lo

studio, lo sviluppo e la caratterizzazione della scheda di front-end del progetto PRIMA.

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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CAPITOLO 1

PROTON COMPUTED

TOMOGRAPHY (pCT)

Prima di intraprendere una discussione più approfondita sugli argomenti di questa tesi (per la

quale si rimanda ai capitoli successivi) saranno introdotte le principali motivazioni che hanno

portato alla necessità di una tomografia con protoni (par. 1.1). Verrà quindi brevemente

trattata l’interazione particella-materia che ne costituisce il principio fisico (par. 1.2), e

successivamente sarà accennato all’apparato sperimentale (par. 1.3) che, insieme agli

algoritmi di imaging (par. 1.4), ne prefigura l’effettiva realizzazione.

1.1 Obiettivi e motivazioni della pCT

La sempre crescente attenzione nell'uso della terapia adronica (con protoni o ioni atomici)

come trattamento terapico dei tumori, deriva in modo prevalente dalla capacità di trattare una

zona alquanto circoscritta danneggiando il meno possibile i tessuti circostanti e dalla

possibilità di corrompere cellule tumorali che presentano resistenze alle radiazioni

convenzionali.

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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Nel grafico seguente (fig. 1.1) sono evidenziati i differenti profili di dose conferita ai pazienti,

per diversi tipi di irraggiamento.

Fig. 1.1 Dose assorbita con diverse terapie per profondità crescenti Si riportano: la dose impartita con radiazioni convenzionali (profilo X-ray), quella rilasciata con fascio di protoni ad energia fissa (campito in rosso) e modulata (SOBP).

Si noti come nell'uso di raggi-X la dose venga prevalentemente assorbita dagli strati

superficiali, mentre con i protoni si riesca ad avere un picco di assorbimento in profondità e

quindi maggior flessibilità e precisione di trattamento.

Peraltro, siccome la posizione del picco di assorbimento, detto picco di Bragg, è funzione

dell'energia delle particelle, è possibile attraverso la modulazione di quest'ultima colpire una

zona tumorale più estesa (Spread Of Bragg Peak, SOBP), salvaguardando comunque i tessuti

superficiali e quelli di là dalla zona da irraggiare.

Su queste basi sono nati molti centri specializzati per il trattamento dei tumori [11] tra i quali

CATANA (Centro di AdroTerapia ed Applicazioni Nucleari Avanzate) situato presso i

Laboratori Nazionali del Sud (LNS) dell'INFN di Catania che offre un trattamento con protoni

per patologie oculari e presso il quale si è svolto parte di questo lavoro.

Elementi critici del trattamento sono l'intervallo di energie da utilizzare per circoscriverlo

all'area di interesse ed il posizionamento del paziente (treatment planning).

Da eseguirsi con estrema cura per non pregiudicare la risoluzione del sistema, il

posizionamento trasversale viene di solito guidato dall'acquisizione di proiezioni a raggi X del

soggetto (TAC).

Tuttavia, la possibilità di acquisire immagini tomografiche con lo stesso apparato usato per il

trattamento consentirebbe una valutazione diretta, sia della posizione relativa al fascio

terapico, sia, e con pari importanza, della dose effettivamente assorbita dal paziente.

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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La distribuzione spaziale della dose impartita al paziente viene infatti desunta dai coefficienti

lineari, relativi all'assorbimento dei raggi X, calcolati sulla base di una tomografia

convenzionale. Per la conversione vengono usate tabelle che, in base ai coefficienti

d'assorbimento dei raggi X, stimano l'energia rilasciata (stopping power) dalle particelle

adroniche.

Il profilo di dose assorbita così calcolato è affetto da una incertezza che rappresenta il

precipuo limite della terapia protonica attuale [1].

In questo quadro d'insieme, la proton Computed Tomography (pCT) assume quindi un ruolo

cruciale per l'ottimizzazione e l'efficacia della adroterapia. Essa permetterebbe una verifica

dell'intero piano di trattamento: dal corretto posizionamento del paziente, ad una migliore

localizzazione della dose effettivamente impartita.

Sulla base di queste premesse è in avanzamento un progetto INFN denominato PRoton

IMAging experiment (PRIMA) e cofinanziato dal M.I.U.R. (P.R.I.N. 2006) che si prefigge lo

scopo di costruire un apparato radiografico a protoni capace di acquisire immagini con un

flusso di 106 particelle/s, risoluzione spaziale minore di 1mm, risoluzione di densità

elettronica (~dose impartita) minore di 1% e robustezza alle radiazione del sensore maggiore

di 1000Gy [2].

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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1.2 Interazione protone-materia

La stessa natura di una tomografia con protoni necessita la comprensione e lo studio

dell'interazione subita da queste particelle nell'attraversamento della materia, consentendo

così una interpretazione degli aspetti fisici che guidi l’effettiva realizzazione di una pCT.

La perdita di energia (stopping power) per unità di percorso (dx=ρdl) in un materiale di

densità ρ, numero atomico Z, peso atomico A da una particella carica (che non sia un

elettrone) di massa M e carica q=ze, è data dalla formula di Bethe-Block [10]:

dove Tmax è la massima energia trasferibile ad un elettrone libero in una singola collisione, I il

potenziale di ionizzazione medio, me massa dell'elettrone, K costante a pari a 0.307075

MeVg-1cm2 , γ il fattore di Lorentz, β la velocità rapportata a quella della luce (c) e δ(βγ) un

fattore di correzione relativistico.

In fig. 1.2a è riportato l'andamento del tasso di perdita per unità di massa attraversata in

funzione dell'impulso della particella.

Per tessuti biologici ed energie di nostro interesse (fig. 1.2b) si ravvisa una pendenza negativa

della curva. Questo significa che la perdita di energia nella materia aumenta quanto più la

particella l'attraversa (a velocità sempre minori), spiegando così l'insorgenza del cosiddetto

picco di assorbimento di Bragg (fig1.2c-d), già citato nel paragrafo precedente e tanto utile ai

fini delle terapie mediche.

Nel grafico 1.2a si ravvisa anche un minimo di assorbimento (minimum ionization) che si

osserva per particelle con βγ da 3.0 a 3.5 ( in mezzi con numero atomico da 7 a 100) [10]

dette minimum ionizing particle o MIP1.

1) L’acronimo MIP indica particelle aventi velocità tale da minimizzare la ionizzazione in un determinato materiale. Nel corso di questa

tesi si userà tale termine anche per riferirsi alla carica più probabile rilasciata nel materiale da una particella di minima ionizzazione. Sotto queste premesse, un asserto quale “il sistema mostra un’efficienza di rivelazione del 99% per 2MIP” deve essere interpretato: “il sistema mostra un’efficienza del 99% nel rilevare un carica doppia rispetto a quella più probabile ionizzata da una MIP”.

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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La formula di Bethe-Block, a causa della natura statistica delle interazioni con gli atomi del

mezzo attraversato, ci fornisce una perdita di energia media.

Fig. 1.2 Grafico (a) dello stopping power per muoni di diverso impulso e dettaglio (b) per protoni di energia 10-

1000MeV in tessuto biologico (notare il basso contrasto fra i diversi tessuti ad eccezione di quello osseo). Energia residua (c) (simboli vuoti) e stopping power (c) (simboli pieni) per protoni aventi energia cinetica iniziale di 130 e 250MeV in acqua (grafici per il passaggo di una singola particella). Visualizzazione dello smussamento del picco di Bragg (d) per un fascio rispetto alla singola particella causata dalla natura statistica dell'interazione particella-materia.

Per spessori sottili (bassa perdita di energia relativamente a quella iniziale), quali per esempio

i rivelatori di silicio usati nel progetto PRIMA, la funzione densità di probabilità della perdita

(c) (d)

(b) (a)

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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di energia è detta distribuzione di Landau che, per spessori crescenti, degenera in una

gaussiana (fig. 1.3).

Fig. 1.3 Distribuzioni di perdita di energia per pioni di 500MeV in spessori crescenti di silicio

(energia persa normalizzata allo spessore). La stopping power rimane costante al variare degli spessori, mentre varia l'energia persa più probabile (most probable value).

Il cammino di una particella carica nella materia non e’ una linea retta ma se ne discosta a

causa del fenomeno dello scattering multiplo coulombiano (MCS).

Nel determinare il percorso compiuto all'interno del materiale la principale difficoltà è quindi

rappresentata dalla incerta traiettoria di ogni singola particella. In particolare, causa scattering

coulombiano multiplo, ognuna devia dal suo moto idealmente rettilineo, di un angolo

mediamente nullo con uno squarto quadratico nel piano dato da [10]:

⋅+=

00

ln038.016.13

X

l

X

lz

cp

MeVrmsplane β

θ

dove p, e z (z=1 per i protoni) sono rispettivamente impulso e carica della particella, l è la

lunghezza del materiale attraversato mentre X0 è detta lunghezza di radiazione (radiation

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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length) ed è una costante del mezzo attraversato. Per inciso, lo scarto quadratico considerato

nello spazio rmsplaneθ⋅2 .

Facendo un esempio, un protone da 250MeV che attraversi 200µm di silicio viene deviato per

scattering di Coulomb con un angolo di °≈ 08.0rmsplaneθ . Ciò, ad una distanza di 10cm,

equivale ad uno scostamento trasversale di circa 140µm.

Per quanto detto fin qui, le informazioni necessarie da cui ricavare immagini protoniche sono

la conoscenza della traiettoria compiuta da ogni singola particella e l'energia persa in detto

percorso. La prima informazione verrà ricavata grazie ad un telescopio che fornirà le

posizioni e gli angoli di ingresso e di uscita dei protoni mentre la loro energia residua verrà

misurata attraverso un calorimetro posto a valle del telescopio.

1.3 Schema generale dell’apparato sperimentale

L’esperimento PRIMA porta avanti la costruzione di un apparato sperimentale (fig. 1.4)

operante una proton Computed Radiography (pCR) e prevede l'impiego di un calorimetro e di

quattro piani di misura traversi alla direzione del fascio con cui determinare, per ogni singolo

protone, posizione ed angolo di ingresso e di uscita.

Il calorimetro posto a valle della struttura consente la misura dell'energia residua della

particella che, unitamente alla stima della traiettoria, fornisce una buona descrizione

dell'evento per la successiva fase di applicazione degli algoritmi di ricostruzione

dell’immagine (imaging).

È prevista l'inserzione di un ulteriore piano all'interno di un fantoccio di forma e densità note

in modo da verificare l'effettiva veridicità della stima del cammino più probabile (MLP) e

della dose assorbita (desunta dall’energia residua misurata col calorimetro).

Ogni piano di misura (chiamato xy) posto trasversalmente all’asse del fascio determina le

coordinate del passaggio dei protoni. Ciascuno di essi è composto da due tracker module (uno

per ogni coordinata trasversale) a sua volta suddivisi in una scheda di front end per il

rilevamento delle particelle ed una scheda digitale per il trattamento e la comunicazione dei

dati ad un PC remoto.

La rivelazione avviene ad opera di sensori segmentati al silicio (256 strip) montati sulla

scheda di front end e sviluppati dalla Hamamatsu in base a ben delineate specifiche (alta

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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resistenza alle radiazioni ionizzanti, basso rumore, alta efficienza). In particolare lo spessore

(200µm) è stato scelto tale da minimizzare lo scattering colombiano e la perdita di energia,

garantendo al contempo una buona efficienza di rivelazione (prossima al 100%).

È in fase di studio la possibilità di stimare anche l'energia persa dalle particelle nel telescopio

al silicio: 2 sensori ogni piano per un totale di 8-10 sensori ovvero uno spessore di 1.6-2mm

di silicio (indicativamente 3.9MeV, per protoni a 62MeV).

Fig. 1.4 Schema di principio (PRoton IMAging)

Una volta che l'intero sistema radiografico (pCR) sarà stato completato e convalidato nei suoi

diversi aspetti hardware e software, potrà iniziare lo sviluppo di un sistema tomografico con

protoni (pCT).

Esso necessariamente dovrà prevedere un meccanismo per la rotazione relativa tra telescopio

ed oggetto da monitorare, oltre ad un più sofisticato algoritmo di imaging.

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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1.4 Algoritmi di ricostruzione

Con lo scopo di mitigare la distorsione dell'immagine protonica, dovuta al fenomeno dello

scattering multiplo, è stato sviluppato un metodo semi-analitico [6] che stima la traiettoria più

probabile della particella nella materia (Most Likely Path, MLP) grazie alla conoscenza della

posizione e dell'angolo iniziale e finale (fig. 1.5).

Fig. 1.5 MLP per quattro diverse condizioni al contorno, di protoni da 200MeV in 20cm di acqua (a), visualizzazione di un immagine radiografica a protoni senza (c) e con la stima del MLP (d). Con la Correzione si evidenzia un netto miglioramento nel raffronto con l'oggetto radiografato (b).

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Capitolo 1 – Proton Computed Tomography (pCT)

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In particolare, in fig. 1.5c e d si possono vedere l’immagine radiografica e quella modificata

con la stima del cammino più probabile (MPL) percorso dalle singole particelle attraverso il

fantoccio con il profilo di fig. 1.5b. Si può ben notare come l’immagine elaborata (d) risulti

notevolmente più nitida rispetto a quella non trattata (c) [19].

Al fine di sviluppare parallelamente all'hardware dell'apparato un efficiente algoritmo di

imaging e per verificarne la capacità di ricostruzione, è stata valutata l'attendibilità di

simulazioni Monte Carlo (grazie al programma Geant4 [4]) in riferimento a dati sperimentali

di radiografia con protoni effettuata al Loma Linda University Medical Center (LLUMC).

Nel confronto tra i risultati delle simulazioni e quelli della sperimentazione si è registrato un

sostanziale accordo tra i dati [3]. Esiste quindi la possibilità di utilizzare il programma Geant4

per testare l’efficienza di eventuali algoritmi di imaging.

Per quanto riguarda i metodi di ricostruzione tomografica, sono al vaglio procedimenti già

ampliamente collaudati in tomografia convenzionale come l'algoritmo di retroproiezione

filtrata (Filtered Back Projection, FBP) o gli algoritmi iterativi quali l'algebraic

reconstruction technique (ART) ed il Simultaneous ART (SART).

Tuttavia per quanto riguarda la tecnica di retroproiezione, in base a simulazioni effettuate col

metodo Monte Carlo, se ne constata una sua inadeguata risoluzione spaziale (non meno di

2mm) dovuta all'ipotesi di traiettoria rettilinea in nuce alla tecnica medesima.

Al contrario gli algoritmi iterativi, non adottando nessuna particolare ipotesi circa la

traiettoria della particella, sebbene computazionalmente più onerosi, sono possibili soluzioni

per la ricostruzione di immagini pCT.

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

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CAPITOLO 2

DESCRIZIONE APPARATO

La descrizione dell’apparato dell’esperimento PRIMA sarà affrontata partendo dalle

specifiche e dalla struttura che ne costituiscono rispettivamente, gli obiettivi e le scelte

implementative (par. 2.1).

Questa prima discussione generale, verrà approfondita nella disamina delle varie parti di cui si

compone il progetto quali il calorimetro (par. 2.2) ed il modulo tracciatore (par. 2.3) con

particolare riferimento alla scheda di lettura digitale (par. 2.3.1).

2.1 Specifiche ed architettura

Il sistema di radiografia con protoni PRIMA è stato progettato per soddisfare specifiche atte al

conseguimento degli obiettivi di accuratezza e di sicurezza che un tale sistema deve

garantire.

Nella tab. 2.1 sono riportati i principali parametri del sistema. L’energia iniziale del fascio

deve assumere valori pari a 250÷270MeV per permettere l’attraversamento antero-posteriore

di un torace adulto (larghezza media 34cm). È inoltre necessario che l’incertezza su tale

energia sia inferiore al 0.1% in modo che si possa avere una adeguata risoluzione sulla densità

elettronica [6].

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

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Tab. 2.1 Specifiche del progetto PRIMA

PARAMETRO VALORE

Energia fascio di protoni 250÷270MeV

Rate del fascio protonico 106 protoni/s

Risoluzione spaziale <1mm

Risoluzione in densità elettronica di ogni

unità di volume

<1%

Resistenza alle radiazioni del singolo

rivelatore

>1000Gy

Le risoluzioni spaziale e di densità elettronica in una pCT sono fisicamente limitate dal già

citato scattering multiplo di Coulomb e dalla variabilità della perdita di energia delle

particelle (energy loss straggling); è dunque auspicabile che i limiti legati alla progettazione

dell’apparato siano inferiori a quelli di ordine fisico [6].

Un valore di risoluzione spaziale ragionevole può essere di 1mm, considerando l'accuratezza

di localizzazione del bersaglio e di posizionamento del paziente, come pure la risoluzione

nella somministrazione della dose.

Per di più in applicazioni adroterapiche dove la zona da trattare è ridotta a pochi millimetri,

sono spesso citate [12] indicazioni di accuratezza dosimetrica attorno al millimetro.

La risoluzione nella densità elettronica dell'1% è simile a quella che necessita per distinguere i

diversi tessuti del corpo umano (densità relativa tra il 0.5%÷1% [6]).

Per permettere un utilizzo in ambito clinico dello strumento per almeno un anno, in seguito ad

un irraggiamento complessivo attorno ai 1000Gy, le prestazioni devono mantenersi entro

l’1% rispetto a quelle nominali.

Uno schema complessivo dell’apparato e del contesto operativo è riportato in fig. 2.1 ed

include il tracciatore ed il calorimetro (b).

Il tracciatore è costituito da 4 piani denominati xy che hanno il compito di rilevare le

traiettorie di ingresso e di uscita della traiettoria di ogni particella (a) e sono posizionati

trasversalmente alla direzione del fascio.

In ciascuna coppia (p1-p2, p3-p4), i piani xy sono disposti ad una distanza di circa 10 cm (D)

che potrà essere modificata per ottimizzare la qualità della misura.

Il bersaglio da studiare, che nell’esempio di fig. 2.1 si compone di 12 lastre (c) di densità e

forma note, è compreso tra i piani p2 e p3. È inoltre previsto un ulteriore piano (p5) per

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

-16-

raccogliere informazioni aggiuntive sulle traiettorie e sulla verifica degli algoritmi di

ricostruzione (MLP, par. 1.4).

A valle dell’ultimo piano xy (p4) è posto il calorimetro (b), attraverso il quale viene misurata

l'energia rilasciata dalla particella che ivi si arresta.

Fig. 2.1 Descrizione del sistema radiografico con protoni, per un tipico

arrangiamento usato in fase di test. L’oggetto studiato (c) è un fantoccio composto da lastre di forma e densità note. I componenti del telescopio sono: il tracciatore (composto dai piani p1÷p5) ed il calorimetro (b). In figura è indicata una possibile traiettoria (a).

Trattando l'architettura più in dettaglio, si osserva (fig. 2.2) che ogni piano xy è in realtà

composto da due identici tracker module, ognuno provvisto di sensore segmentato al silicio

(silicon microstrip detector) a 256 canali, una scheda di front end analogica che ne gestisce le

uscite ed una scheda digitale che le acquisisce e le trasmette via Ethernet ad un PC.

I due tracker module sono impilati (in modo che i rispettivi sensori siano distanti 2.0mm) e

ruotati di 90° l'uno rispetto all'altro al fine di individuare le due coordinate del punto di

incidenza della particella col piano.

Ogni scheda del tracciatore riceve dal calorimetro un trigger di acquisizione ed un numero ad

esso corrispondente (Global Event Number, GEN) ad ogni passaggio di una particella.

L'etichetta associata all'evento proviene dagli 8 bit meno significativi del contatore di eventi

interno al calorimetro. Essa viene assegnata ai dati corrispondenti in modo da non avere

ambiguità nella ricostruzione globale dell’evento.

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

-17-

Fig 2.2 Architettura apparato pCR, incluso il tracciatore ed il calorimetro.

Il calorimetro è composto da 4 cristalli scintillatori YAG:Ce (Sc in fig. 2.2), 4 fotodiodi (Ph)

e una elettronica di lettura (preamplificatore (Pr) e formatore (shaper, Sh)).

Le uscite analogiche (CO0÷CO3) del calorimetro vengono campionate a 50MHz (14 bit) da

una scheda di acquisizione (acquisition board) in modo da rilevarne il valore massimo ed al

quale risulta proporzionale l’energia rilasciata dalla particella nei cristalli.

Inoltre esse vengono analizzate dalla scheda digitale del calorimetro (calorimeter digital

board) per generare il segnale di trigger (se abilitato) e il suo identificativo (GEN). La

generazione del trigger avviene tramite la comparazione della somma delle uscite analogiche

del calorimetro con una soglia (Vth’) scelta da remoto.

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

-18-

Più specificatamente, essa viene comunicata dal PC ad una delle schede digitali del tracciatore

tramite connessione Ethernet. Viene poi ritrasmessa a sua volta al calorimetro con il bus

Vth’_crtl (3 bit) ed ivi convertito in tensione analogica da un convertitore analogico digitale

(DAC).

Il segnale di trigger comanda anche la memorizzazione dati (uscite CO0÷CO3 e GEN) alla

scheda di acquisizione del calorimetro.

2.2 Calorimetro

Il calorimetro è composto da 4 cristalli scintillatori YAG:Ce otticamente separati ed inclusi in

un unico involucro di alluminio (fig. 2.3).

Ogni scintillatore è seguito da un fotodiodo, un preamplificatore, un formatore (shaper) ed un

discriminatore che aziona il trigger del sistema.

La risoluzione energetica dei cristalli e l’effettiva separazione ottica fra gli stessi è stata

verificata ai Laboratori Nazionali del Sud (INFN-LNS) con un fascio protonico da 60MeV.

In particolare, l’uniformità spaziale di ogni cristallo è stata studiata valutandone la risposta in

nove differenti punti e misurando l’energia più probabile (Ei) persa dai protoni.

La deviazione standard è risultata essere σ(Ei)=1.3%.

Complessivamente si osserva che questo valore è simile in tutti i cristalli mentre il valor

medio della risposta misurata tra un cristallo e l’altro può variare fin del 20%. Ciò dovrà

essere tenuto in considerazione operando una calibrazione specifica per ogni scintillatore.

Fig. 2.3 Foto del calorimetro formato da 4 cristalli di YAG:Ce.

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

-19-

Ognuno dei 4 cristalli YAG:Ce del calorimetro ha dimensione 30x30x100mm3.

Il loro materiale costitutivo è stato scelto per il basso tempo di decadimento dell’emissione

luminosa (75ns) rispetto al periodo di acquisizione (1µs). Per di più la lunghezza d’onda

emessa (550nm) è direttamente rilevabile da un fotodiodo senza la necessità di

fotomoltiplicatore intermedio.

I fotodiodi hanno anche in vantaggio di presentare dimensioni ridotte rispetto a quelle dei tubi

fotomoltiplicatori consentendo dunque un’agevole integrazione, inoltre, non sono sensibili al

campo magnetico connesso al fascio protonico.

Sono state condotte delle simulazioni con il software SRIM [7], per le quali 10cm di YAG:Ce

risultano sufficienti per arrestare protoni da 200MeV [20].

In particolare il cammino medio dei protoni da 200MeV nel cristallo è di 77.5mm, con uno

scarto sulla profondità longitudinale di 3.15mm (longitudinal straggling) ed uno scarto

trasversale rispetto all’asse del fascio di 3.48mm (transversal straggling).

Un singolo cristallo è stato sottoposto ad un test presso Laboratori Nazionali del Sud (INFN-

LNS) ed al centro universitario di Loma Linda (LLUMC). Il fotodiodo interno (Hamamatsu

mod.S3204-05) è stato collegato ad un preamplificatore CREMAT CR100 seguito da un

formatore Ortec 572 [21].

I valori misurati in una configurazione di test tipica sono riportati in fig. 2.4.

0 200 400 600 8000.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0Center = 568,01Width = 20,5Resolution = 3,6%

norm

aliz

ed c

ount

s

channel

Fig. 2.4 Misura della risposta dello scintillatore a protoni di energia

cinetica 60MeV[2]. Istogramma dell’energie rilevate. La risoluzione riportata in figura corrisponde alla larghezza a mezza altezza della distribuzione (FWHM).

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

-20-

La linearità della risposta si mantiene entro lo 0.85% per energie comprese tra 20 e 60MeV.

La risoluzione viene valutata come larghezza relativa a mezza altezza dal picco (Full Width at

Half Maximum, FWHM) ed è pari al 3.6% per protoni da 60MeV e circa 1% a per 200MeV di

energia.

I valori misurati nei vari test con particelle a diversa energia sono riportati in tab. 2.2

Tab. 2.2 Risoluzione (FWHM) del calorimetro, misurata con protoni con energia

nell’intervallo 34÷200 MeV

Parametro LNS LLMUC

Energia (MeV) 34 40 54 60 200

FHWM (%) 9 7 5 4 1

2.3 Modulo tracciatore

Ognuno dei 4 piani xy dell'apparato è composto da due moduli tracciatore (tracker module,

fig. 2.5) reciprocamente ruotati di 90° ed a loro volta costituiti da una scheda digitale e da

una di front end per la rilevazione del fascio.

Fig. 2.5 Tracker module composto da scheda digitale e di front end (sprovvisto del sensore)

Nel seguito del paragrafo descriverò la scheda digitale, mentre alla trattazione del front end,

oggetto principale di questa tesi, sarà dedicato il capitolo 3.

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

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2.3.1 Scheda digitale

La funzione principale della scheda digitale è quella di acquisire i segnali provenienti dalla

scheda di front end, immagazzinarli, previa compressione (zero-suppression), in memorie

dedicate e trasferirli al PC. Inoltre sono gestiti i segnali di configurazione del front end, il

trigger, il GEN e l’eventuale impostazione della soglia sulla scheda digitale del calorimetro

(Vth’_ctrl, fig. 2.2).

La sua struttura (fig. 2.6) è conformata ad "L" in modo tale da lasciar libero il sensore che si

trova sul front end ad essa accoppiato (fig. 2.5) e che verrà attraversato dal fascio. Le sue

dimensioni esterne sono 230x210mm, quelle interne 140x135mm.

Fig. 2.6: Immagine della scheda digitale

Essa è costituita da 3 blocchi fondamentali:

o Un chip Field Programmable Gate Array (FPGA) che gestisce le uscite del front end,

la loro memorizzazione comandata dal trigger del calorimetro.

o La memoria costituita 4 chip static RAM da 1Mx16bit, per la memorizzazione dei

segnali e del GEN proveniente dal calorimetro

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

-22-

o Un modulo preassemblato (Mini Module) per l'interfacciamento del sistema e del

tracker module col terminale di controllo.

Nello schema a blocchi complessivo (fig.2.7) sono riportate inoltre le varie alimentazioni [8],

i connettori, i driver ed il clock.

Fig. 2.7 Schema a blocchi della scheda digitale

Il clock a 100MHz viene fornito dal cristallo della Rakon SPXO009437 ed inviato

separatamente al Mini Module ed alla FPGA tramite driver SN65LVDS1DBV, il quale,

operando un Low Voltage Differential Signaling (LVDS), minimizza il rischio di introdurre

rumore ad esso associato.

In riferimento alla FPGA si aggiunge che il routing delle piste è stato realizzato in modo tale

da ripartire uniformemente gli ingressi al dispositivo nei 4 settori del chip per essere sicuri

FPGA Xilinx

3AN XC3S1400AN

DRV LVDS

Oscill. 100MHz

Virtex-4

Fx12 Mini Module Conn.

RJ45

Connettore Samtec

140 pin 30x2x2 DWM + SLM Conn.

JTAG

Mem 1Mx16

CY7C106AV33

Mem 1Mx16

CY7C106AV33

Mem 1Mx16

CY7C106AV33

Mem 1Mx16

CY7C106AV33

Conn. JTAG

DRV. LVDS

Connettore Samtec 140 pin 30x2x2 DWM + SLM

Conn. Trigger

DRV

Conn. Event Number Trigger Enable

3 bit x DAC Calorimetro

Drv LVDS Ev. Num.

Drv LVDS. Trigger Enable

3 bit x DAC Cal.

2.5V

3.3V

LDO MiniMod

LDO Mem & Oscill.

LDO FPGA

1.2V

3.3V

3.3V

1.2V

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

-23-

che, in fase di programmazione, se ne potessero sfruttare appieno le potenzialità senza

incorrere in limitazioni dovute all’hardware interno.

2.3.1.1 FPGA

Per garantire la flessibilità propria di un sistema in fase di sviluppo, la gestione interna della

scheda digitale è stata affidata ad una logica programmabile.

La scelta è caduta sul chip della Xilinx Spartan-3AN XC3S1400 data la sua alta capacità di

gate (1400K), di RAM interna (memoria Flash 12251K) ed all’abbondante dotazione di I/O

(502).

Le principali funzionalità che il chip assolve sono l'acquisizione, ad ogni evento-trigger, dei

segnali digitali provenienti dal front end e dal calorimetro (GEN) e la loro memorizzazione

(dopo eventuale elaborazione) nel banco esterno di memoria. La trasmissione dei segnali di

controllo e di test del front end, l'abilitazione e la soglia per il trigger del calorimetro. Deve

inoltre permettere anche l’acquisizione in modalità pre-trigger: ovvero la possibilità di

memorizzare i segnali in una finestra a cavallo del trigger (si veda il cap. 5).

In aggiunta, la FPGA comunica col Mini Module per ricevere e scambiare le informazioni che

quest’ultimo trasmetterà all'unità centrale (PC).

Complessivamente i pin I/O impiegati nella FPGA sono [9]:

- 256 ingressi corrispondenti alle strip del rivelatore sul front end

- 16 uscite per impostare i 2 DAC sul front end

- 8 I/O per il controllo ed i segnali di test del front end

- 8 ingressi per il Global Event Number dal calorimetro

- 1 ingresso Trigger da Calorimetro

- 1 uscita Trigger Enable

- 3 uscite per impostare il DAC del trigger sul calorimetro (solo per una delle 8 schede

digitali)

- 12 I/O per la comunicazione col Mini Module

- 16 I/O per il bus dati verso la memoria

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

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- 20 I/O per il bus indirizzi verso la memoria

- 24 I/O per segnali di controllo della memoria

- 2 ingressi differenziali di clock (Low-Voltage Digital Signaling, LVDS)

2.3.1.2 Mini Module

Il Mini Module (fig. 2.8) è un modulo composito programmabile della Xilinx (Virtex4-FX12)

ed è stato scelto per la presenza di una interfaccia di comunicazione Ethernet inclusa nel

modulo oltre che per le sue alte capacità di elaborazione e di memorizzazione.

Fig.2.8 Immagine del Mini Module utilizzato

Le principali funzionalità espletate dal dispositivo sono la comunicazione con la FPGA, il

prelevamento e la comunicazione via Ethernet (o, in alternativa, via protocollo seriale: vedasi

cap. 5), al terminale di controllo, dei dati acquisiti dalla scheda oltre alla gestione di errori

eventualmente occorsi.

Il Mini Module scelto dispone di 72 pin di I/O utilizzati in parte per il protocollo di

comunicazione (handshaking) con la FPGA e in parte per l’accesso alla memoria.

In particolare avremo:

- 16 I/O per il bus dati verso la memoria

- 20 I/O per il bus indirizzi verso la memoria

- 24 I/O per controllo della memoria

- 12 I/O per la comunicazione con la FPGA

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Capitolo 2 – Descrizione apparato

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2.3.1.3 Banco di memoria

Il banco di memoria è composto da 4 chip RAM CMOS statica della CYPRESS

(CY7C1061AV33) ognuno dei quali organizzato in 220 indirizzi di parole da 16bit, ovvero

16Mbit (1Mx16).

Complessivamente il banco di memoria ha una capacità di 64Mbit (4Mx16bit). Esso rarà

accessibile al Mini Module come alla FPGA (bus indirizzi e dati condivisi) sia in fase di

scrittura che in fase di lettura. La tensione di alimentazione è di 3.3V ed il tempo minimo di

immagazzinamento [9] è di 30ns.

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Capitolo 3 – Scheda di front end

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CAPITOLO 3

SCHEDA DI FRONT END

Oggetto di questo capitolo sarà la scheda di front end del tracciatore per la quale verranno

descritti i vari sviluppi, i componenti e le rispettive funzionalità.

In particolare, avendo il compito di rilevare il passaggio di una particella, essa si compone di

un rivelatore segmentato al silicio (par. 3.2) e di una elettronica di read-out dedicata (integrati

ASIC, par. 3.3) che ne consente la lettura.

Questa descrizione della scheda è importante sia nell’ottica di un inquadramento della sua

struttura costitutiva (par. 3.1), sia per una maggiore comprensione di alcune problematiche

(illustrate nel par 3.4) che sono state affrontate e risolte nell’ambito di questo lavoro di tesi.

3.1 Struttura

La scheda di front end (fig. 3.1) è stata sviluppata dall’INFN di Firenze ed ha il compito di

rilevare il passaggio delle particelle attraverso il sensore al silicio a microstrisce di cui è

provvista.

La sua struttura è ridotta all’essenziale per ridurre al minimo la possibilità di rumore indotto:

a tal fine, una fonte possibile di disturbi come la scheda digitale (clock a 100MHz) è stata

progettata per essere fisicamente separata dal front end.

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-27-

Quest’ultimo si compone di un rilevatore segmentato al silicio (256 microstrip) posto al

centro della scheda, di otto chip ASIC per amplificare e discriminare i segnali provenienti dal

sensore, dei relativi buffer, del sistema di alimentazione e di due DAC (3.3V, 8bit) per la

gestione delle soglie dei discriminatori.

Fig. 3.1 Scheda di front end

La scheda è strutturata in due parti simmetriche. Si possono individuare due sottogruppi

distinti, ciascuno formato da:

• quattro ASIC dedicati (Gruppo 1 e Gruppo 2 in fig. 3.2) alla lettura di una metà delle

uscite del sensore.

• un DAC per fornire una tensione di soglia comune a tutti gli ASIC del sottogruppo

• due regolatori lineari di tensione: uno per alimentare la parte analogica dei chip del

sottogruppo e l’altro per alimentare la parte digitale dei chip ed il DAC

Inoltre la scheda presenta vari connettori per l’alimentazione dei chip, per la tensione di

polarizzazione del sensore ed, in fase preliminare, per la diretta regolazione delle soglie degli

ASIC.

Il collegamento del front end con la scheda digitale avviene tramite due connettori a quattro

file (4x36vie) che permettono sia la trasmissione delle 256 linee relative alle strip del sensore

sia l’ingresso di alcuni segnali di gestione (segnali di test, controllo dei DAC, segnali di errore

dagli LDO), che le connessioni di massa.

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-28-

Per un nuovo prototipo in corso di realizzazione è previsto l’impiego di connettori Zero

Insertion Force (ZIF), tali da consentire un più agevole disaccoppiamento delle schede

componenti il tracker module.

Fig. 3.2 Dettaglio del sensore e degli ASIC. I chip indicati con U14÷U20 costituiscono un raggruppamento

(Gruppo1), U22÷U28 formano l’altro (Gruppo2). Ogni gruppo di chip ha una propria tensione di soglia. Sono inoltre visibili i due connettori 4x36 per il collegamento con scheda digitale, il sensore a microstrisce, ed i due connettori lemo (canali pari e canali dispari) per il test dei vari chip.

3.2 Rivelatore

Il sensore al silicio a singola faccia, prodotto dalla Hamamatsu Photonics K.K., è suddiviso in

256 strip p+ ottenute per impiantazione ionica su un substrato di tipo n, floating zone con

orientazione del cristallo <100>. L’area attiva del rivelatore è circa di 51x51mm ed il passo

fra le strip 200µm [22].

U22

U24

U26

U28

U20

U18

U16

U14

Ingressi di test

Connettori 4x36 vie

Sensore a microstrisce

GRUPPO 1 GRUPPO 2

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Capitolo 3 – Scheda di front end

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Lo spessore del wafer da cui è stato ricavato il sensore, anch’esso di 200µm, è un

compromesso tra buona sensibilità di rivelazione, bassa perdita di energia delle particelle e

bassa probabilità di interazione coulombiana. Il sensore adottato è detto a “singola faccia”,

ovvero è stato realizzato in tecnologia planare: con successive maschere fotolitografiche su di

una sola superficie.

Se comparato con sensori a “doppia faccia” (dotati di strutture su entrambe le superfici, e

capaci di risolvere le due coordinate spaziali del punto di incidenza di una particella carica), il

sensore da noi utilizzato ha un costo notevolmente più basso, un’affidabilità ed una

disponibilità maggiore. Di contro, avendo la necessità di usarne due per risolvere il punto di

incidenza, il suo uso determina una peggiore precisione nella misura. Infatti, a seguito di un

doppio spessore di silicio da attraversare, si ha un aumento di scattering multiplo oltre che una

maggiore perdita di energia da parte dei protoni.

a) b)

Fig. 3.3 Immagine (a) e dettaglio (b) di un angolo del sensore. Sono evidenziate le piazzole di lettura delle strip accoppiate in continua (DC pad) ed in alternata (AC pad), il collegamento (sub., n+) con back del substrato n (basamento di tutte le strutture elencate: polarizzato negativamente rispetto alle strip), la piazzola di polarizzazione (Bias ring), l’anello di guardia che riduce la corrente di polarizzazione inversa (Guard ring, che annulla la corrente che fluisce sui bordi del sensore) e le resistenze di polarizzazione in polisilicio (polysilicon bias resistor).

Il sensore (fig. 3.3a) viene utilizzato polarizzando inversamente le giunzioni p+n formate dalle

microstrisce (drogate p+) e dal substrato del sensore (drogato n). Poiché il drogaggio delle

strip è maggiore di quello del substrato, la contro polarizzazione forma una zona di

svuotamento che si estende in gran parte su quest’ultimo in quanto la regione di carica

spaziale deve essere complessivamente neutra.

La tensione nominale di completo svuotamento del sensore è di circa 75V (dato fornito dalla

Hamamatsu).

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Capitolo 3 – Scheda di front end

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Il nostro sensore opera entro un intervallo di tensioni di polarizzazione inversa tra i 75V ed i

200V con una corrente di buio (fig. 3.4a) massima di 500nA circa.

In fig. 3.3b ne viene mostrata una foto dettagliata in cui sono indicate le piazzole delle strip

accoppiate in alternata (AC couple pad) ed in continua (DC couple pad), l’anello per la

tensione di polarizzazione (bias ring), l’anello di guardia (guard ring) che limita la corrente di

buio (leakage current) oltre alle resistenze di polarizzazione in polisilicio (polysilicon bias

resistor). Sul retro del sensore, in corrispondenza della metallizzazione in alluminio, il

substrato è drogato maggiormente rispetto che altrove. Ciò permette il formarsi di una

giunzione metallo-semiconduttore non rettificante. Inoltre, ottenendo una separazione tra

questa e la zona svuotata della giunzione p+n, si garantisce una bassa corrente di buio (infatti,

presso la zona di metallizzazione, il reticolo cristallino del silicio è necessariamente un po’

rovinato e può indurre rilascio di portatori che incrementerebbero la corrente inversa di

saturazione). Per inciso, una simile soluzione viene adottata anche ai bordi del sensore dove

un drogaggio elevato mantiene la zona di carica spaziale lontano dagli spigoli (rovinati dal

taglio del wafer).

L’elettronica di lettura è connessa a pad di alluminio depositate sopra le strip p+ ricavate sul

substrato, ma separate da quest’ultime da un sottile strato di ossido e nitruro di silicio. Lo

strato di separazione è di pochi micron e costituisce una capacità di disaccoppiamento per la

lettura del segnale indotto dalle particelle cariche. Tale capacità ha un valore di circa 280nF

per ogni strip.

Le strip p+ impiantate (spessore circa 60µm) vengono polarizzate attraverso una resistenza in

polisilicio da 1.25MΩ. Le piazzole accoppiate in continua sono state utilizzate solo in fase di

test allo scopo di verificare, tra le altre cose, la capacità di disaccoppiamento tra strip

impianta e AC pad. Questa verifica è di particolare importanza in quanto una strip con

capacità in corto non solo non fornisce segnale ma deve essere lasciata sconnessa

dall’elettronica di lettura perchè può metterne a rischio il funzionamento.

La capacità totale del sensore è stata misurata, per tre dispositivi campione, in funzione della

tensione di polarizzazione presso i laboratori dell’INFN di Firenze. È stato utilizzato un LCR

meter HP4142 ed un segnale di 100mV picco-picco ad 1kHz applicato tra bias ring ed

elettrodo di substrato (sub.) con l’anello di guardia portato a potenziale di massa.

In fig. 3.4 vengono confrontati i dati forniti dal costruttore e quelli osservati in laboratorio: sia

per quanto riguarda la corrente di polarizzazione inversa (a), sia in merito alla capacità

complessiva del sensore (b). In riferimento a quest’ultima, se ne nota un andamento anomalo

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-31-

per tensioni inferiori ai 25V. Ciò dovuto presumibilmente al graduale svuotamento della zona

tra strip adiacenti.

a)

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2000

100

200

300

400

500

600

700

VBias (V)

curr

ent(

nA)

det.1 det.1, ref.det.2 det.2, refdet.3 det.3, ref

b)

0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 2000

1

2

3

4

5

6

7x 1017

VBias (V)

1/C

2 (1

/F2 )

det.1 INFN det.2 INFN det.3 INFN det.1 Hamamatsudet.2 Hamamatsudet.3 Hamamatsu

Vdep

Cgeom=1.28 nF (measured)Cgeom=1.3 nF (calculated)

Fig. 3.4 Corrente di polarizzazione (a) e capacità totale (b) in funzione della tensione di polarizzazione inversa

di tre diversi sensori (det.1, det.2, det.3). La polarizzazione del sensore è fornita da un HP4142 che, collegato al bias ring, ha permesso la misura della corrente inversa totale del sensore. La misura della capacità totale del sensore è effettuata tramite un LCR meter, usando un segnale di test di 100mV picco-picco alla frequenza di 1kHz. (sovrapposto al bias). Il segnale di test è applicato tra bias ring ed elettrodo di substrato. Il guard ring è connesso alla massa virtuale dello strumento per eliminare dalla misura il contributo della zona al di fuori dell’anello di guardia. Per entrambe le figure (fatti salvo la corrente inversa di det. 3) si osserva un buon accordo tra i dati misurati in laboratorio (cerchietti) e quelli forniti dalla Hamamatsu (linee). La corrente si mantiene al di sotto dei 500nA fino a tensioni di 200V. Le curve delle capacità, presentano una pendenza anomala per polarizzazioni basse (0-25V) forse dovuta al progressivo svuotamento delle regioni tra strip adiacenti.

La capacità misurata in regime di pieno svuotamento del sensore è di circa 1.28nF. Questo

valore si avvicina molto a quello calcolato (CT) usando la formula del condensatore piano:

nFth

ddC rT 3.121

0 ≈⋅= εε

con ε0 costante dielettrica relativa (8.85x10-12 F/m), εr costante dielettrica relativa al silicio

(11.9), th lo spessore del sensore (200µm) e d1 e d2 le dimensioni dell’area attiva del sensore

(51.1mm e 51.2mm).

In riferimento a quanto fatto dal costruttore, la tensione di svuotamento indicata in fig. 3.4

(Vdep) è calcolata come la minor tensione di polarizzazione tale per cui un aumento di 5V

della stessa, produca una riduzione della capacità totale del dispositivo minore di 10pF.

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-32-

I valori delle tensioni di svuotamento per i tre dispositivi oggetto della misura sono prossimi

al valore nominale di 75V.

Nelle prove che sono state effettuate sulla scheda di front end, la tensione di polarizzazione

del sensore è stata spesso fissata a 90V. Con una tensione di polarizzazione simile, il tempo di

raccolta delle carica per sensori del tipo da noi utilizzati, sono dell’ordine dei 10ns per gli

elettroni e dei 30ns per le lacune [18].

Fig. 3.5 Configurazione e schematizzazione della misura della capacità inter strip. Previa polarizzazione del

substrato (Vbias) rispetto al guard ring (posto a massa), sono utilizzate 3 sonde. Sulle due pad (H) delle strip laterali è applicato un segnale di 100mV picco-picco a 100kHz ed attraverso la piazzola centrale (L) viene misurata la corrente di ritorno. Nello schema oltre alle capacità C2 interstrip (accoppiamento n+/n+ ) sono modellizzate anche le capacità C1 delle singole strip isolate (accoppiamento p+/n+ ). Con questo set up si perviene alla misura di due capacità interstrip in parallelo (2C2).

La capacità interstrip è stata misurata in laboratorio polarizzando inversamente il sensore

(substrato polarizzato e bias ring a massa) ed utilizzando tre sonde poste su strip consecutive

come in fig. 3.5. Fra ciascun terminale contrassegnato dalla lettera “H” ed il terminale di

riferimento “L” è stato inviato un segnale di 100mV picco-picco (vp ) a 100kHz, misurando

quindi la corrente complessiva (ip). La capacità così ottenuta è di circa 3pF e rappresenta il

parallelo di due capacità interstrip (C2) di 0.29pF/cm ciascuna (lunghezza delle strip:

5.09cm).

Da questi dati considerando in prima approssimazione la sola influenza delle strip adiacenti, è

possibile stimare la capacità vista all’ingresso del pre-amplificatore dell’elettronica di read-

out (CIN). L’espressione risulta:

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-33-

pFCC

CCCCCCCIN 4.72)//(2

21

211211 =

+⋅⋅+=⋅+=

cm

pF5.1

con C1=5.1pF e C2=1.5pF rispettivamente: capacità di singola strip (ottenuta dalla capacità

totale del sensore come: C1=CT /256strip) e capacità interstrip.

3.3 ASIC

I 256 segnali provenienti dal sensore vengono acquisiti, amplificati e digitalizzati da 8 chip

ASIC (Application-Specific Integrated Circuit) che sono stati sviluppati dall’INFN sezione di

Catania .

Il rumore dei chip, come in tutte le catene di amplificazione, dipende prevalentemente dallo

stadio di ingresso. Gli stadi a JFET presentano una buona cifra di rumore e, sebbene nei

preamplificatori ibridi (tipo Ortec 142A) siano la soluzione più comune, risultano molto

costosi da integrare in un custom chip.

Fig. 3.6 Layout completo dei chip ASIC dell’esperimento PRIMA. Alimentazioni digitali ed analogiche separate (Vdd pad di destra alim. digitale, Vaa pad di sinistra alim. analogica). Tensione di soglia (Vth pad) unica per tutti i canali del chip. Ingressi di test per la caratterizzazione del chip raggruppati in canali pari e dispari ed utili per rilevare fenomeni di cross-talk.

Output

Input Test dispari Test pari

Vth Vaa GND GND Vdd Vth

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-34-

Pertanto, nella progettazione dei chip PRIMA, si è optato per la meno onerosa tecnologia

C-MOS a 0.35µm della AMS (AustriaMicroSystem) tramite il consorzio Europratice per la

fabbricazione di multiproject chip (580 €/mm2 con area minima 10mm2).

Come si nota dal layout riportato in fig. 3.6, ogni chip incorpora 32 canali che ricevono i

segnali di 32 strip attigue del sensore (input) e li elaborano attraverso un preamplificatore di

carica, un formatore di impulsi, un discriminatore per ottenere uscite digitali ed un buffer

come interfaccia di uscita. Inoltre, per evitare la trasmissione di rumore dalla parte digitale a

quella analogica, sono state separate le due alimentazioni all’interno del chip (Vaa analogica,

Vdd digitale). Sono poi stati previsti due pad per fornire un unica tensione di soglia (Vth) a

tutti i canali del chip e due ingressi di test, ciascuno comune rispettivamente per i canali pari e

per i canali dispari, al fine di rilevare fenomeni di cross-talk.

Fig. 3.7 Schema a blocchi di un canale dei chip ASIC e della microstriscia relativa. La polarizzazione inversa

della strip avviene attraverso la resistenza Rbias e la lettura del segnale tramite la capacità di accoppiamento integrata CAC. Il canale è costituito da un preamplificatore di carica (CSA), uno shaper costituito da uno stadio derivatore ed uno integratore, da un comparatore che confronta il segnale con la soglia esterna (ETV) e da un buffer di uscita. La capacità Ct consente la calibrazione (cap. 4) del canale attraverso l’invio di impulsi di test.

Lo schema generale del singolo canale è mostrato in fig. 3.7, dove si nota come la singola

strip del sensore venga polarizzata attraverso la resistenza integrata Rbias di circa 1.25 MΩ.

Essa limita la corrente di polarizzazione ed introduce una densità spettrale di corrente di

rumore termico data dalla formula:

bias

b

R

Tk

df

di 22

=

Charge Sensitive Amplifier (CSA)

Differentiator (high pass)

Integrator (low pass)

Comparator Buffer

External Threshold Voltage (ETV)

OUT

Single strip

Single channel

Ct External Test input

Shaper Vbias

CAC

RBIAS

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-35-

dove kb (1.38x10-23 J/K) è la costante di Boltzmann, T la temperatura in kelvin mentref

rappresenta la frequenza. Osservando la formula risulta evidente che una resistenza di alto

valore introduce un basso contributo di rumore.

La singola strip del sensore così polarizzata, è connessa all'amplificatore di carica (Charge

Sensitive Amplifer) del canale tramite una capacità di accoppiamento (CAC). Per questo

motivo è stato evitato l’inserimento di una resistenza integrata troppo elevata su cui, a parità

svuotamento del sensore, potrebbe cadere una tensione tale da forare la capacità di

accoppiamento. Nel qual caso si creerebbe un pericoloso cortocircuito (pin-hole) tra la strip e

l’ingresso del preamplificatore del chip.

La capacità CAC , come descritto nel par. 3.2, è pari a circa 280nF e risulta integrata a livello

delle singole strip del sensore. Le sue principali funzioni sono quelle di disaccoppiare la

continua e di attenuare i disturbi a bassa frequenza in ingresso ai canali dei chip.

L’interazione particella-materia che avviene a livello del sensore, rilascia coppie elettrone

lacuna che sotto la spinta del campo elettrico producono un impulso di corrente il quale, a

causa della bassa resistenza di ingresso del preamplificatore, viene successivamente

amplificato dal primo stadio del chip.

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10

-0.2

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

Time(µs)

VO

UT(V

)

Vth

Baseline ~1,65V

Digital Out

“pile-up”

Fig 3.8 Uscita dello shaper (in blu) e digitale (in verde) di un canale

degli ASIC (tensione di soglia riportata in arancione). Si nota come eventi con rate superiore a 6µs (nella fattispecie 600ns) vadano a sovrapporsi (fenomeno di “pile-up”) e possano non essere distinti. Simulazione MATLAB del circuito di fig. 3.9.

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-36-

Il segnale così preamplificato dovrà poi essere elaborato attraverso un circuito filtrante detto

formatore (shaper) che in generale ha il compito di assolvere a due esigenze contrapposte

quali: la riduzione del pile-up (vedi fig. 3.8) introdotto dalla non idealità del preamplificatore

e quella di facilitare la lettura del segnale incrementando il rapporto segnale-rumore. La prima

fa riferimento ad un fenomeno per il quale due impulsi consecutivi non sono completamente

risolvibili e richiede adattamento dello shaping time al rate di acquisizione. La seconda

invece, viene attuata operando un filtraggio che elimina il contributo del rumore fuori banda e

produce segnali filtrati di elevata durata.

Infine, in coda al formatore, il discriminatore compara il segnale del formatore con un livello

di soglia impostato dall'esterno ed unico per tutti i 32 canali (nella scheda di front end unico

per ciascun gruppo di quattro ASIC). Esso quindi genera una uscita digitale, stabilizzato dal

buffer, che presenta un livello alto per un tempo legato alla carica rilasciata dalla particella

nelle vicinanze della strip.

Fig. 3.9 Schema di principio (a) del preamplificatore e del formatore, visto dall’ingresso di test. Dettaglio (b) della carica equivalente impulsata (Qt) per la calibrazione dei canali. Si noti come nella formula a fianco il denominatore sia circa uno (alto guadagno del preamplificatore, A) e quindi Qt ≈ Ct∆V (tale approssimazione risulta più accurata se il sensore viene polarizzato aumentando il valore di Cd).

-A

Cf=200fF

Rf=5MΩ

Vout

Rint=50kΩ

Cfint =200fF

Rfint =3MΩ

Rder=300kΩ

Cder=2pFCt=200pF∆V

(a)

(b)

Preamp. Formatore

Vpreamp

RfCf=1µsRate max per canale≈ 160khz

-A

Cf=200fF

Rf=5MΩ

Cd=7.4pF

Ct=0.5pF

VCV

CAC

CC

Q t

df

t

tt ∆≈∆

+++

=

)1(1

∆V

Carica di test:

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-37-

Al fine di stimare la funzionalità e la caratteristica durata del segnale-carica rilasciata (T(Q)),

per ogni canale è previsto un ingresso di test che, attraverso una capacità (Ct ~ 0.5pF) è

collegato al preamplificatore di carica di ogni canale.

Lo schema circuitale di principio per la calibrazione di un singolo canale è riportato in fig. 3.9

insieme al dettaglio della ripartizione della carica in ingresso al charge amplifier per un

gradino di tensione inviato all'ingresso di test.

I grafici di fig. 3.10 (uscita del preamplificatore) e fig. 3.11 (uscita dello shaper) sono stati

ottenuti simulando (MATLAB) lo schema circuitale di fig. 3.9 e riportano le risposte

indicative del canale, per un impulso di test equivalente alla perdita di energia più probabile

per un protone da 62MeV che attraversi il sensore, ovvero 350keV che si traducono in

350keV/Ei=106/3.3 ≈ 106000 coppie elettrone-lacuna liberate nel silicio (Ei =3.3eV è l'energia

media necessaria per la creazione di coppie elettrone-lacuna nel silicio).

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 100

10

20

30

40

50

60

70

80

90

Time (µs)

Vpr

eam

p(m

V)

Fig 3.10 Uscita del preamplificatore in risposta ad un gradino di test di

circa 34mV. Risposta esponenziale con costante di tempo RfCf=1µs (grafico da simulazioni Matlab del circuito di fig. 3.9)

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-38-

0 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10-0.2

-0.1

0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

Time (µs)

VO

UT

(V)

Fig 3.11 Uscita del formatore in risposta ad un gradino di test di circa 34mV.

Si noti l’undershoot dovuto al fall time del preamplificatore agli impulsi di carica provenienti dalle strip (grafico da simulazioni Matlab del circuito di fig. 3.9)

In fig. 3.10 si nota che la resistenza Rf in parallelo a Cf (necessaria per evitare la saturazione

dell’amplificatore operazionale di fig. 3.9) determina il rate massimo di acquisizione degli

impulsi a 160khz (6RfCf=6µs è il tempo di caduta dell'esponenziale); il cui valore, peraltro,

rientra in pieno nelle specifiche dell'apparato.

Infatti ipotizzando il rate di fascio (1MHz) uniforme su tutte le 256 strip del rilevatore, la

frequenza di interazioni attesa su di una singola strip è di circa 4khz.

L'effetto della risposta esponenziale del preamplificatore si evidenzia in fig. 3.11 con un

undershoot del segnale in uscita dello shaper. Esso può essere eliminato da un circuito detto

di “cancellazione della coda” (tail (pole-zero) cancellation, [18]) che, sebbene permettesse

una riduzione del fenomeno di pile-up, non è stato adottato in quanto, fornendo un

accoppiamento in continua tra preamplificatore e formatore, poteva generare problemi sul

livello di riferimento (baseline) in uscita dal formatore stesso.

La fig. 3.12, anch’essa ricavata simulando il comportamento dello schema di fig. 3.9,

rappresenta l’intervallo di forme d’onda in uscita dallo shaper (area celeste) per

nell’intervallo di cariche rilasciate nel sensore (circa 80-200 x103 e-) da un fascio di protoni

da 62MeV (energia del fascio utilizzato nei test a Catania, cap. 5).

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-39-

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

x 10-6

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

Time (s)

Sha

per

out (

V)

Baseline (~1.65V)

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

x 10-6Time (s)

Buf

fer

out (

V)

3.3

Vth1

Vth2

0 1 2 3 4 5 6 7

x 10-6

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

Time (s)

Sha

per

out(

V)

Baseline (~1.65V)

62MeV Proton Beam Area

80ke-200ke-

ZOOM

?TdFE

TmaxVth1

TmaxVth2

Tmin Vth1

a) b)

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

x 10-6

0

Time (s)

Sha

per

out (

V)

Baseline (~1.65V)

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

x 10-6Time (s)

Buf

fer

out (

V)

3.3

Vth1

Vth2

0 1 2 3 4 5 6 7

x 10-6

-0

-0

0

Time (s)

Sha

per

out(

V)

Baseline (~1.65V)

62MeV Proton Beam Area

80ke-200ke-

ZOOM

?TdFE

TmaxVth1

TmaxVth2

Tmin Vth1

a) b)

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

x 10-6

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

Time (s)

Sha

per

out (

V)

Baseline (~1.65V)

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

x 10-6Time (s)

Buf

fer

out (

V)

3.3

Vth1

Vth2

0 1 2 3 4 5 6 7

x 10-6

-0.4

-0.2

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

Time (s)

Sha

per

out(

V)

Baseline (~1.65V)

62MeV Proton Beam Area

80ke-200ke-

ZOOM

?TdFE

TmaxVth1

TmaxVth2

Tmin Vth1

a) b)

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

x 10-6

0

Time (s)

Sha

per

out (

V)

Baseline (~1.65V)

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2

x 10-6Time (s)

Buf

fer

out (

V)

3.3

Vth1

Vth2

0 1 2 3 4 5 6 7

x 10-6

-0

-0

0

Time (s)

Sha

per

out(

V)

Baseline (~1.65V)

62MeV Proton Beam Area

80ke-200ke-

ZOOM

?TdFE

TmaxVth1

TmaxVth2

Tmin Vth1

a) b)

Fig. 3.12 La figura (a) visualizza le forme d'onda limite per l'uscita dello shaper di un canale (simulazione MATLAB secondo lo schema di fig. 3.9) con protoni di 62MeV (carica rilasciata: 80-200ke-). Un dettaglio (b) ci mostra come si modificano le risposte in uscita dal buffer per due distinte tensioni di soglia (Vth2>Vth1). Si evidenzia una durata massima minore per la soglia più alta (TmaxVth1>TmaxVth2), unitamente ad un ritardo maggiore di cui è indicata la differenza (∆TdFE) ed all'inefficienza di rivelazione per basse cariche. Il minimo impulso rilevabile con la soglia Vth2 è indicato in rosso come esempio. Si intuisce peraltro, che per soglie alte si riduce la minima durata (TminVth1) della risposta osservabile (pari a zero per segnali non rilevabili).

A valle dello shaper, il discriminatore ed il buffer digitalizzano l'uscita del canale in funzione

del livello di soglia come mostrato nel dettaglio di fig. 3.12b. Dunque, fissata la soglia, il

tempo per cui il segnale è alto corrisponde ad una ben determinata perdita di energia nel

rivelatore. Nell’esempio in figura, nell’intervallo di carica rilasciato da protoni da 62MeV,

con la soglia Vth1, la durata del segnale in uscita varia tra TminVth1 e TmaxVth1. Per una

tensione di soglia Vth2, invece, la rivelazione è possibile soltanto per un sotto intervallo di

cariche (in assenza di rumore, il minimo impulso rilevabile è riportato in rosso). Da notare

inoltre come all’aumentare della tensione soglia, diminuisca la durata dei segnali in uscita dal

chip, mentre aumenti il ritardo di rivelazione (∆TdFE ne rappresenta la differenza con Vth1 e

Vth2 per 200000 elettroni di carica ionizzata).

A conclusione, si riporta la tab. 3.1 che presenta un consuntivo delle caratteristiche dei chip

ASIC valutate in una simulazione post-layout (Cadence). Si noti la specifica per la quale la

linearità del guadagno del canale (1,12 V/ MeV equivalente in silicio) rimane entro il 4% per

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-40-

perdite di energia dei protoni tra 100keV ed 1.1MeV. La potenza dissipata su ogni singolo

canale è di circa 14mW per un totale di 450mW dissipati in un chip ASIC.

Tab. 3.1 Tabella riassuntiva delle caratteristiche dei chip della scheda di front end

Caratteristiche del Chip in simulazione post-layout PARTE ANALOGICA

Livello in DC (Baseline) 1,65V Guadagno 1,12 V/ MeV equivalente in silicio Rumore 3,2keV equivalenti in silicio @10pF Linearità (da 100keV a 1,1MeV) 4% Potenza dissipata 323mW vale a dire 10mW/canale

PARTE DIGITALE Tempo di salita 53ns Tempo di discesa 29ns Ampiezza con ingresso di circa 30ke- [1] 700ns Potenza dissipata 142mW vale a dire 4mW/canale

3.4 Problemi e soluzioni adottate

Al fine di verificare il corretto funzionamento del front end, in una fase del progetto in cui la

scheda digitale non era ancora disponibile, si è provvisto la scheda di alimentazioni e di soglie

esterne.

Il set-up iniziale di misura era costituito da una sezione dell'alimentatore semilineare TTI

EX354D per le alimentazioni, da un analizzatore di stati logici a 32 ingressi HP1663, da due

sezioni dell'alimentatore lineare TTI PL320QMD per le soglie e dall'alimentatore Keithley

mod. 6430 per la tensione di polarizzazione del sensore.

Nonostante le accortezze usate nella progettazione per limitare il rumore, nelle prime prove

effettuate, in assenza di alcun segnale di test, si verificava la presenza di disturbi sulle uscite,

anche con valori di soglia elevate.

1) Con ovvia estensione del prefisso del S.I., con 15ke- si intende indicare 15000e-, ovvero 15000 elettroni. In particolare, questa valore

rappresenta il numero di coppie elettrone-lacuna ionizzate nel silicio che costituiscono il segnale d’ingresso al chip. Si può ricavare l’energia persa dalla particella incidente moltiplicando per 3.3eV (energia media per la creazione di una coppia elettrone-lacuna nel silicio). Nella fattispecie si ricava circa 100keV.

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-41-

Inoltre il rumore visualizzato (fig. 3.13) presentava alta correlazione fra i diversi canali ed era

evidentemente frutto di una oscillazione complessiva del chip.

Fig. 3.13 Frame rumoroso (assenza d’impulso di test) delle 32 uscite di un chip ASIC. Finestra di 4096 campioni (~16µs) a 250MHz. Si ravvisa la contemporanea attivazione di più canali adiacenti: presumibilmente dovuta ad una oscillazione sulle uscite del chip.

Ad una prima analisi fenomenologica risultò che diminuendo la tensione di alimentazione

sotto (3.26V) il valore nominale di 3.3V, si riscontrava una minore presenza di rumore.

Dunque furono inseriti dei connettori a valle dei regolatori di tensione, permettendo così

l’alimentazione diretta dei due gruppi di chip (due sezioni dell'alimentatore TTI EX354D)

Con questa modifica fu quindi possibile una prima caratterizzazione del rumore della scheda,

della risposta agli impulsi di test ed alla sorgente radioattiva β.

Successivamente, fu riscontrato che alimentando la scheda direttamente (senza LDO) con

tensioni di 3.3V il rumore risultava compatibile con quello rilevato a più basse tensioni

(previo innalzamento della soglia in relazione al nuovo punto di lavoro).

Ulteriori studi con differenti configurazioni in cui si alimentava la scheda tramite gli LDO e/o

direttamente dai connettori, hanno portato ad imputare all’operatività dei regolatori la

presenza del rumore. In particolare, una ipotesi potrebbe essere quella per cui il rumore

introdotto dai regolatori inneschi l’oscillazione dei chip.

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Capitolo 3 – Scheda di front end

-42-

La soluzione adottata è stata quella di sostituire i regolatori LP3872 per la tensione analogica

con i meno rumorosi TPS75733.

Questo modello presenta 35µVrms (BW=50khz) di tensione di rumore, rispetto ai 150µVrms

(BW=100khz) del precedente.

La tensione digitale in questo prototipo è rimasta affidata agli integrati LP3872 (nel prossimo

prototipo è prevista la sostituzione col modello TPS75733) perché non sono presenti i

problemi riscontrati nella sezione analogica.

L’intera scheda viene adesso alimentata da un unico connettore centrale connesso al TTI

EX354D che fornisce la tensione a tutti i regolatori della scheda. L’analizzatore di stati logici

usato è il TLA5201 della Tektronix munito di 32 ingressi. Le soglie e la tensione di

polarizzazione del sensore sono fornite come descritto in precedenza.

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-43-

CAPITOLO 4

CARATTERIZZAZIONE ELETTRICA E

CALIBRAZIONE DELLA SCHEDA

DI FRONT END

In seguito alla descrizione della scheda di front end e delle soluzioni adottate per renderla

operativa (cap. 3), il presente capitolo ne illustra i parametri funzionali che ne caratterizzano

le prestazioni e le potenzialità. Al fine di estendere facilmente le procedure per la

determinazione di questi parametri a tutte le altre schede di front end del telescopio per

protoni, nel corso di questa tesi sono state redatte delle linee guida (par. 4.1) che specificano

la modalità e la sequenzialità delle varie misure da compiere.

Per chiarezza esplicativa, in questo capitolo si riporteranno solo alcuni esempi delle misure

effettuate, che tuttavia, sono state ripetute su tutti i chip ASIC della scheda di front end.

Dopo aver introdotto la metodologia generale, si riportano i risultati delle misure effettuate sul

prototipo oggetto di questa tesi. Verranno mostrati sia i parametri, quali efficienza e livello di

rumore (par. 4.3), che ne limitano l’operatività, sia le caratteristiche, come la curva di

calibrazione (par. 4.4), la gamma dinamica di ingresso e l’amplificazione dei canali dei chip

(par. 4.5), che ne descrivono il funzionamento. Questo con l’obiettivo di calibrare e

caratterizzare la scheda di front end in funzione delle prove con sorgente β e con fascio di

protoni da 62MeV, condotte, sempre nell’ambito di questo lavoro (si veda il cap. 5),

rispettivamente nei laboratori dell’INFN di Firenze, e nei LNS dell’INFN di Catania (fascio di

CATANA).

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-44-

4.1 Linee guida di caratterizzazione

Nell’intento di uniformare le procedure per l’analisi delle schede di front end dei vari piani xy

costituenti il telescopio per protoni, sono state stilate delle linee guida per accertarne la

conformità alle specifiche.

Esse fanno riferimento a parametri quali occupazione ed efficienza che rappresentano

importanti indicatori rispettivamente del grado di rumore e dell’efficienza di rivelazione della

scheda, le cui definizioni operative verranno formulate nel corso di questo capitolo (par. 4.3).

C’è inoltre da aggiungere che questo elenco si colloca nel quadro di una valutazione del

singolo front end, contestualmente all’assetto operativo scelto in questa tesi (dettagliato nel

par. 4.2); e passibile dunque di modifiche anche sostanziali per l’analisi complessiva

dell’intero tracker module.

Le linee guida si sviluppano nei seguenti 7 punti:

1) Valutare l’occupazione di rumore relativa ad acquisizioni senza segnale di ingresso

(l’ingresso di test in questo caso è portato a massa) con una tensione di alimentazione

della scheda di 3.8V (tale da garantire l’operatività degli LDO) e con tensioni di soglia

variabili in un intervallo nel quale si apprezzi chiaramente l’andamento del rumore.

In particolare, occorre individuare la tensione di soglia minima (Vthmin) per cui il

contributo di rumore sia trascurabile (occupazione <10-3).

2) Valutare l’efficienza e l’effettiva funzionalità dei canali monitorati con impulsi di test

equivalenti al valore più probabile della carica rilasciata da 1,2 MIP[1] od a quella

minima rilasciata da protoni da 62MeV (80ke-) e con tensioni di soglia crescenti, a

partire dal valore minimo Vthmin valutato nel punto 1.

Se è possibile trovare una tensione di soglia per cui l’efficienza sia maggiore del 95%

per 2MIP (protoni capaci di attraversare un torace umano) allora si proceda al punto 3,

in caso contrario, si conclude che il chip in esame non ha prestazioni abbastanza buone

e dovrà essere sostituito prima che la scheda di front end venga integrata nel

tracciatore.

1) Con tale espressione si intendono i valori di carica equivalente (1 M.I.P.) e doppia (2 M.I.P.) a quella più probabile (~15ke-, [10]) rilasciata da particelle di minima ionizzazione (Minimum Ionizing Particle, e.g. raggi cosmici di alta energia) nel sensore della scheda di front-end. Per inciso (dati da simulazioni con Geant4), la carica equivalente a 2 M.I.P. (30ke-) corrisponde alla minima ionizzazione prevista per protoni da 250MeV (necessari per una pCT su uomini adulti), mentre 80ke- corrispondono alla minima ionizzazione per protoni da 62MeV usati nell’esperimento condotto ai LNS-INFN di Catania (vedi cap. 5).

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-45-

3) In base ai risultati precedenti si sapranno, per ciascun chip del front end, le tensioni di

soglia alle quali si hanno i migliori risultati in termini di occupazione ed efficienza.

Sarà possibile una prima valutazione dell’area operativa della scheda: cioè dei valori

di soglia che consentono a tutti i chip di operare con livelli accettabili di occupazione

di rumore e efficienza.

4) Valutare la caratteristica durata-carica T(Q) di ciascun canale per ogni chip della

scheda, applicando una tensione di soglia tale da massimizzare l’efficienza del

medesimo per un determinato range di carica rilasciata nel silicio: 15π200ke- 2 per le

MIP e 80π200ke- per protoni da 62MeV.

5) Utilizzando sempre lo stesso valore della tensione di soglia (con ingresso di test

portato a massa), acquisire un adeguato numero di eventi con sorgente β (tipicamente

20000).

Analisi cautelativa: prima di lanciare l’intera acquisizione valutare la distribuzione sui

vari chip degli eventi validi, assicurandosi di un corretto posizionamento della

sorgente sulla parte di sensore monitorata dal chip in esame.

6) In base ai dati delle calibrazioni (caratteristiche T(Q)) ricavare la carica rilasciata nel

sensore durante l’acquisizione con sorgente β (i risultati di questo e del prossimo

punto delle linee guida saranno affrontati nel cap. 5 che tratta delle prove effettuate

con radiazioni ionizzanti).

7) Confrontare i risultati del punto 6 con quelli teorici attesi (simulazioni Geant4 [4]) .

Tutte le misure sono state condotte impostando una tensione di polarizzazione di 90V: tale da

garantire il pieno svuotamento del sensore della scheda di front end.

Nel seguito di questo lavoro di tesi verranno riportate e discusse le misure di occupazione, di

efficienza (par. 4.3) e le calibrazioni (par. 4.4) sia in fase di test, sia con sorgente radioattiva β

che sotto fascio protonico (cap. 5).

2) In realtà la caratteristica T(Q) per le MIP è stata misurata per cariche comprese tra 8π200ke-ma con una tensione di soglia tale da avere

efficienza (>95%) per cariche in un intervallo 15π200ke-.

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-46-

4.2 Set-up di misura

Tutte le misure di rumore, di efficienza e di calibrazione sono state effettuate presso i

laboratori della sezione INFN di Firenze.

Il set-up di misura (fig. 4.1) è costituito da una sezione dell'alimentatore semilineare TTI

EX354D che fornisce l’alimentazione all’intera scheda di front end (C), da un analizzatore di

stati logici a 32 ingressi (E) TLA5201 della Tektronix, da due sezioni dell'alimentatore lineare

TTI PL320QMD per le soglie (D e F), dal generatore di impulsi di test (A) Agilent 3320A e

dall'alimentatore di precisione Keithley mod.6430 per la tensione di polarizzazione del

sensore (B).

Fig. 4.1 Set-up di misura della scheda di front end montata sulla struttura in alluminio del tracciatore. Si notano

le connessioni: dei cavi per gli impulsi di test (A, due connettori lemo per poter inviare segnali di test ai canali pari e/o ai canali dispari dei chip), della tensione di polarizzazione del sensore (B) e della alimentazione del front end (C), delle tensioni di soglia (D e F, F chiusa su impedenza da 50Ω) e dei 32 ingressi dell’analizzatore di stati logici (E).

La tensione di polarizzazione del sensore a microstrisce di silicio è tenuta fissa e pari a 90V

per tutte le misure di efficienza, di rumore e per le calibrazioni dei chip. Per tutto il tempo di

tali misurazioni la scheda è stata oscurata al fine di limitare la corrente di buio del sensore.

I 32 ingressi dell’analizzatore di stati logici, raggruppati in un unico connettore (fig. 4.1,

dettaglio E), sono di volta in volta connessi alle uscite del chip monitorato. Un ulteriore

canale è collegato al segnale di trigger costituito: o dal segnale di sincronismo del generatore

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-47-

di impulsi Agilent 3320A, o, nel caso di test con sorgente β, dal segnale proveniente dal

modulo discriminatore in serie allo scintillatore (cap. 5) o, negli esperimenti col fascio di

protoni da 62MeV, dalla scheda di acquisizione del calorimetro (cap. 5).

Il logic analyzer TLA5201 della Tektronix ha una gestione basata su di un sistema operativo

Windows 2000 Professional© che, oltre alla configurazione dello strumento (tramite il TLA

Application Software ver. 5.1 SP1) consente una intuitiva comunicazione con terminali

remoti.

Questa caratteristica ha facilitato notevolmente l’interfacciamento col PC adibito all’analisi

dei dati. In particolare negli esperimenti col fascio di protoni da 62MeV svolti in una sala

chiusa ad accesso controllato, è stato possibile tramite il software TightVNC connettersi da

remoto prendendo pieno possesso delle funzionalità dello strumento.

Nello specifico l’analizzatore utilizzato ha una memoria interna di 512kbyte (è presente una

memoria di massa di 120Gb per la memorizzazione dei dati acquisiti dallo strumento) ed ha la

possibilità di funzionare in maniera pre-trigger: ovvero è capace di acquisire campioni anche

precedenti al segnale di trigger che scandisce l’acquisizione.

Frame

TFrame ~1.75µs(438 campioni, tempo di campionamento 4ns)

Trigger(32-esimo campione del frame)

Fig. 4.2 Visualizzazione rappresentativa del frame dati acquisito ad ogni trigger (33 probe dell’analizzatore di stati logici TLA5201). La durata frame è di circa 1.75µs, con periodo di campionamento di 4ns. In rosso è segnalata la posizione relativa del trigger (corrispondente, per le prove di laboratorio, al fronte di salita del segnale di sincronismo del generatore di impulsi) all’interno del frame.

Nella configurazione usata per le prove in laboratorio, l’analizzatore di stati logici, a cavallo

di ogni fronte di salita del trigger (posto al 32-esimo campionamento della finestra, vedi fig.

4.2), acquisisce una finestra (frame) di circa 1.75µs all’interno della quale, a seconda della

misura da effettuare, sono state individuate le risposte dei canali od i contributi di rumore.

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-48-

I 438 campioni con periodo di campionamento di 4ns acquisiti, per ciascun canale di ingresso,

permettono l’acquisizione di circa 1200 eventi consecutivi prima di esaurire la memoria dello

strumento.

4.3 Livello di rumore ed efficienza

I parametri di efficienza e di rumorosità (a cui riferiremo col termine occupazione) sono stati

ricavati, al variare delle tensioni di soglia, per ciascuno degli 8 ASIC del front end.

L’occupazione di rumore è stata misurata con l’ingresso di test collegato a massa, con trigger

(necessario per l’acquisizione dati con analizzatore di stati logici) ad 1kHz proveniente dal

segnale di sincronismo del generatore di impulsi Agilent 3320A.

L’efficienza di rivelazione e la funzionalità dei canali del chip sono state invece ricavate

inviando all’ingresso di test dei canali un segnale ad onda quadra, duty cycle 10% e frequenza

1kHz, con fronte di salita (5ns) in corrispondenza dei trigger. L’ampiezza (∆V) dell’onda

quadra (DC offset ∆V/2) è impostata al fine di inviare in ingresso al preamplificatore un

impulso equivalente al numero desiderato di elettroni (Ne). Quest’ultimo si determina (vedasi

fig. 3.8) dalla capacità di test (valore nominale Ct=0.5pF) come:

e

te q

VCN

∆=

dove qe=1.6x10-19 C è la carica di un elettrone.

Per ciascun chip ed in condizioni operative fissate (tensione di soglia ed ampiezza

dell’eventuale segnale di test), sono state monitorate le 32 uscite digitali ed il segnale di

trigger tramite 33 canali del logic analyzer della Tektronix TLA5201 per circa 1200 impulsi

di trigger successivi. Quindi parametri quali efficienza, livello di rumore e durata dei segnali

di risposta, sono stimati su circa 1000 eventi.

In fig. 4.3 si riporta un frame tipico nel caso di misure di efficienza e/o calibrazione acquisito

inviando un impulso di ampiezza circa 25mV sull’ingresso di test3 del chip U22 per una

tensione di soglia di 1.90V. Si notano le risposte dei 32 canali all’impulso di test (non

visualizzato in fig. 4.3) sincrono al trigger.

3) Tale impulso è quello inviato dal generatore di impulsi e partizionato circa 1:11 da un partitore di resistenze. L’incertezza relativa a

queste ultime si traduce in una piccola incertezza relativa sulla carica inviata all’ingresso di test dei canali e dunque sulla calibrazione del chip.

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-49-

Le durate dei segnali sono distinte per ciascun canale a causa della dispersione delle

caratteristiche all’interno del chip. Peraltro in fig. 4.3 non si osserva alcun contributo di

rumore per il valore elevato (1.90V) della soglia impostata.

L’efficienza di rivelazione di ogni canale (Efficienza(ch)) risulta dal rapporto tra il numero di

frame in cui è ivi presente un segnale (almeno un campionamento) entro una finestra di 900ns

in coincidenza con il trigger (NSegnale(ch)) ed il numero totale di trigger acquisiti

dall’analizzatore di stati logici (NTrigger(ch)).

La calibrazione viene effettuata per ogni canale, valutando la durata media (sui 1000 trigger)

della relativa risposta al variare dell’impulso di test (par. 4.4).

Fig. 4.3 Frame-tipo acquisito durante misure di efficienza e/o calibrazione. I dati sono stati acquisiti inviando un

segnale con frequenza 1kHz ed ampiezza circa 25mV, su entrambi gli ingressi di test del chip U22 (corrispondente ad una carica iniettata di circa 80ke-). Il chip è alimentato a 3.3V, la tensione di soglia vale 1.90V. I segnali (racchiusi tra linee rosse) hanno ritardi dal trigger e durate variabili.

In fig. 4.4 si riporta invece un frame tipico acquisito nel corso di misure di occupazione. In

questo caso si registra una condizione di alto rumore determinata da una tensione di soglia

troppo bassa (1.69V) per il chip U14 monitorato (si veda tab. 4.1). Inoltre si nota un’alta

correlazione del rumore sui diversi canali simile a quanto visto nel par. 3.4.

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-50-

L’occupazione di rumore viene calcolata, per ogni chip, sommando il numero di

campionamenti rumorosi (si definiscono tali quelli che presentano almeno un canale attivo)

presenti nei vari frame (occupazione denominata “worst case” perché, data l’alta correlazione

di rumore, viene influenzata dal canale più rumoroso) e rapportando la somma alla durata

complessiva dell’osservazione (NTrigger x TFrame).

Fig. 4.4 Dati acquisiti dal chip U14 senza alcun segnale di test con il trigger fornito dal segnale di sincronismo (1kHz) del generatore di impulsi. Il chip è alimentato a 3.3V, la tensione di soglia vale 1.69V. Il rumore viene valutato congiuntamente (T1,T2,T3,T4,T5,T6) su tutti i canali. Si evidenzia una condizione di alto rumore.

Di seguito si riportano le espressioni dell’occupazione del singolo canale (Occupazione(ch):

contributo di rumore sul canale, rapportato al tempo totale di acquisizione), dell’occupazione

“worst case” e dell’efficienza:

∑=

⋅=FrameTriggerTN

nn

FrameTrigger

chTTN

cheOccupazion1

)(1

)( con 321÷=ch

∑=

=FrameTriggerTN

nn

FrameTriggerWorstCase T

TNeOccupazion

1

1, con ))((max chTT ichi =

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-51-

)(

)()(

chN

chNchEfficienza

Trigger

Segnale= con 321÷=ch

dove Ti(ch), che può essere 1 o 0, rappresenta l’i-esimo campionamento del canale ch e maxch

in pratica implementa la funzione logica OR tra gli i-isemi campionamenti di tutti i canali.

Le figure 4.5 mostrano sia l’occupazione di rumore relativa ad i singoli canali, sia quella

complessivamente stimata (“worst case”) per il chip U22. La fig. 4.5a è ricavata con la

scheda di front end montata su un piano di massa, mentre la fig. 4.5b ne mostra l’andamento

col front end montato nella sua sede operativa (struttura in alluminio del telescopio

protonico). Per entrambe, le tensioni di soglia variano tra 1.67V e 1.71V.

U22 Vthmin=1.695V

Piano di massa

Fig. 4.5 Occupazione di rumore (“worst case” e strip per strip) per il chip U22 con scheda di front-end su piano di massa (a) e montata sul supporto di alluminio(b). In entrambi i casi: Vthmin=1.695V. Si riportano sia l’occupazione “worst case” (triangoli blu) che quella calcolata canale per canale (cerchietti colorati). .

b)

U22 Vthmin=1.695V Su telescopio

a)

1.67 1.675 1.68 1.685 1.69 1.695 1.7 1.705 1.71 1.7150

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

Vth(V)

Occ

upaz

ione

Occupazione “worst case”Occupazione di ogni canale

Occupazione “worst case”Occupazione di ogni canale

1.67 1.675 1.68 1.685 1.69 1.695 1.7 1.705 1.71 1.7150

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

0.45

0.5

Vth(V)

Occ

upaz

ione

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-52-

Si nota come al variare della soglia il rumore diminuisca gradatamente in presenza di un

piano di massa, mentre assuma un comportamento bistabile una volta che la scheda di front

end venga inserita nella sua sede operativa.

Tuttavia, la soglia minima (Vthmin) alla quale l’occupazione è minore di 0.1% rimane la stessa

(entro un margine di 5mV) in entrambe le fattispecie.

In fig. 4.6 viene mostrata l’efficienza di rivelazione dei 32 canali del chip U14 al crescere

della soglia per impulsi da Ne=15ke- (equivalenti alla carica più probabile rilasciata da una

particella di minima ionizzazione, MIP, in 200µm di silicio), da Ne=30ke- (2MIP, minima

carica rilasciata da un protone da 250MeV in 200um di silicio) e da Ne=80ke- (minima

ionizzazione prodotta da protoni da 62MeV, Geant4[4]).

1.75 1.8 1.85 1.9 1.95 2 2.05 2.10

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Vth(V)

Effi

cien

cy

noise limit

Chip U14

Q(e-)~30000

Q(e-)~80000

Q(e-)~15000Vthmax2 Vthmax3

Vthmax1

Fig. 4.6 Grafici di efficienza per tutti i canali del chip U14 al variare della soglia per impulsi equivalenti a 15ke-

(in blu), a 30ke- (in rosso) ed 80ke- (in verde). Viene anche riportato il valore minimo della tensione soglia per questo chip (indicato in figura come noise limit, ovvero il limite oltre il quale l’occupazione è minore del 0.1%) ed i valori massimi di soglia per rilevare (efficienza >95% per ogni canale) impulsi equivalenti a 15ke- (Vthmax1) 30ke- (Vthmax2) e 80ke-(Vthmax3). In arancione è campita l’area operativa (par. 4.1) del chip U22 per rivelare protoni da 250MeV. Dati acquisiti presso i laboratori INFN di Firenze.

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-53-

Si osservi come la massima tensione di soglia utilizzabile (Vthmax) decresca al diminuire della

carica iniettata e come l’efficienza si abbatta rapidamente per Vth>Vthmax. Il primo fenomeno

è coerente con quanto visto nel cap. 3 a proposito dei chip, mentre il secondo ci rassicura

sull’apporto contenuto del rumore sovrapposto al segnale di test.

Anche qui, come nel grafico dell’occupazione, è evidente l’effetto della dispersione della

soglia riscontrabile nei diversi canali del chip. Presumibilmente essa è dovuta sia ad un

diverso punto di lavoro che ad una diversa amplificazione degli impulsi nei 32 canali del chip.

In questa ottica può essere spiegata anche la maggior dispersione (ampiezza a mezza altezza:

40mV) riscontrata per impulsi equivalenti a 80ke- rispetto a quella (ampiezza a mezza altezza:

10mV) per impulsi equivalenti a 15ke-. Infatti, se un tale comportamento si attribuisse ai

diversi guadagni dei canali del chip si avrebbe, come in effetti si riscontra, una maggiore

dispersione per segnali di test crescenti.

1.69 1.695 1.7 1.705 1.71 1.715 1.72 1.725 1.73 1.7350

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Vth(V)

Eff

icie

ncy

U22Efficienza

Vthmax=1.71V(1MIP)

1.67 1.675 1.68 1.685 1.69 1.695 1.7 1.705 1.71 1.7150

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

0.45

0.5

U22Occupazione

Vthmin=1.695V

Chip U22Area Operativa

(1MIP)

Vth(V)

1.69 1.695 1.7 1.705 1.71 1.715 1.72 1.725 1.73 1.7350

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Vth(V)

Eff

icie

ncy

U22Efficienza

Vthmax=1.71V(1MIP)

1.67 1.675 1.68 1.685 1.69 1.695 1.7 1.705 1.71 1.7150

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

0.45

0.5

U22Occupazione

Vthmin=1.695V

Chip U22Area Operativa

(1MIP)

1.69 1.695 1.7 1.705 1.71 1.715 1.72 1.725 1.73 1.7350

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Vth(V)

Eff

icie

ncy

U22Efficienza

Vthmax=1.71V(1MIP)

1.67 1.675 1.68 1.685 1.69 1.695 1.7 1.705 1.71 1.7150

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

0.45

0.5

U22Occupazione

Vthmin=1.695V

Chip U22Area Operativa

(1MIP)

Vth(V)

Fig. 4.7 Confronto tra grafici di occupazione e di efficienza a 1MIP per il chip U22. È evidenziato in verde

l’intervallo di tensioni di soglia utilizzabili per avere alta efficienza e bassa occupazione di rumore. In particolare, tali prestazioni si ottengono con una tensione di soglia compresa tra i 1.695÷1.71V. Misure effettuate nei laboratori INFN di Firenze.

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-54-

La fig. 4.7 mostra l’area operativa nell’accezione del punto 3 delle linee guida (par. 4.1) per il

chip U22. L’intervallo Vth=1.695÷1.71V, evidenziato in verde, indica le tensioni di soglia per

cui si può efficacemente rilevare la carica più probabile rilasciata da particelle di minima

ionizzazione (efficienza maggiore del 95% su tutti i canali per 1MIP) con una occupazione di

rumore inferiore al 0.1%. Da notare che, per la rivelazione di protoni con energia cinetica di

250MeV o inferiore, tale zona di operatività si allarga notevolmente (per il chip U22, fino a

1.695÷1.77V) ed è evidenziata, per il chip U14, in fig. 4.6.

Quale tensione di soglia scegliere all’interno dell’area operativa risulta essere una decisione

da prendere cercando un compromesso tra i diversi chip della scheda e tra esigenze

contrapposte. Una breve discussione in merito sarà affrontata nel paragrafo 4.4.

In chiusura di questo paragrafo si riportano, in una tabella riassuntiva (tab. 4.1) di tutti i chip,

i limiti di soglia utilizzabili per garantire le prestazioni in termini di occupazione e di

efficienza per impulsi equivalenti a 15ke- (1MIP), 30ke- (carica minima rilasciata da protoni

da 250MeV) e 80ke- (carica minima rilasciata da protoni da 62MeV, Geant4[4]).

Tab 4.1 Si forniscono per ciascun chip: la tensione di soglia minima per operare con una occupazione di

rumore minore dello 0.1% (Vthmin) e quella massima per avere una efficienza di rivelazione maggiore del 95% per 1MIP, 2MIP e 80ke-.

Chip Vthmin(V) Vthmax1(V)

(Ne=15ke-) Vthmax2(V) (Ne=30ke-)

Vthmax3(V)

(Ne=80ke-) U14 1.735 1.77 1.84 2.035 U16 1.735 1.75 1.815 2.05 U18 1.735 1.73 1.8 1.985 U20 1.745 1.765 1.83 2.03 U22 1.695 1.71 1.77 1.94 U24 1.705 1.73 1.80 1.985 U26 1.705 1.745 1.82 2.015 U28 1.695 1.735 1.81 2.005

Dalla tabella si nota che il chip U18 presenta una Vthmax1<Vthmin . Ciò indica come non sia in

grado di rilevare 1MIP in condizioni di basso rumore. Tuttavia per 2MIP (30ke-) l’efficienza

si mantiene maggiore del 95% fino ad una tensione di soglia di 1.80V (Vthmax2(V)).

Dunque si può concludere che:

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-55-

a) per valori di carica maggiori di 30ke- si può individuare una soglia Vth che consenta a

tutti i chip della scheda di lavorare con piena efficienza e basso rumore. Dunque tutti i

chip sono adatti a rivelare protoni per radioterapia, visto che anche protoni molto

energetici (250MeV) rilasciano sempre almeno 30ke- nei nostri rivelatori.

Nella scheda di front end in esame, gli intervalli di tensioni di soglia tali da garantire

ciò sono 1.745÷1.8V per il Gruppo 1 (chip U14÷U20) e di 1.705÷1.77V per il Gruppo

2 (chip U22÷U28).

b) Il chip U18 non è adeguato a rilevare la carica rilasciata da 1MIP (15ke-), e dunque

non potrà essere usato nelle misure con radiazione β.

Per inciso, nel punto a è stato tacitamente considerato il fatto che una tensione di soglia

comune a più chip che permetta loro di rivelare protoni con energia cinetica di 250MeV od

inferiori, deve appartenere contemporaneamente alle aree operative dei chip in questione.

Questo fatto potrebbe essere un problema nel caso in cui, a causa della variabilità del processo

di produzione dei chip o di una diversa tensione di alimentazione, si verificassero variazioni

sul livello di funzionamento di alcuni chip. Per questo motivo, nel nuovo prototipo in fase di

realizzazione è prevista la possibilità di una regolazione indipendente della tensione di soglia

di ciascun chip. Ciò, a fronte di una complicazione nella gestione dell’apparato, garantirà una

maggiore affidabilità del sistema.

4.4 Calibrazione

Come già discusso (cap. 1 e 2) il principale scopo del telescopio protonico è quello di

tracciare il passaggio delle particelle in modo da poter ricostruire, date le condizioni al

contorno, il cammino più probabile percorso all’interno del corpo. L’energia residua di ogni

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-56-

particella viene misurata dal calorimetro, e da questa, per differenza con l’energia iniziale

stabilita dall’acceleratore, si ricava l’energia persa nel campione in esame. Tuttavia parte di

questa energia viene dissipata anche nell’attraversamento dei sensori (8 o 10: corrispondenti a

4 o 5 piani xy), ed in particolare negli ultimi piani xy dove, diminuendo la velocità dei protoni,

aumenta il loro potere ionizzante.

Sebbene il sistema possa funzionare anche senza considerare l’energia persa dai protoni

nell’attraversamento dei piani del telescopio, in base alle considerazioni fin qui esposte,

sarebbe utile riuscire a valutare la perdita di energia nei vari sensori, in modo tale da ricavare,

evento per evento, l’energia persa dal protone all’interno del fantoccio (dato di base per la

ricostruzione tomografica).

L’espressione dell’energia rilasciata dal protone nel fantoccio (ERilasciata) sarebbe quindi:

∑=

⋅−−=xyN

iiocalorimetrinizialeRilasciata eVQEEE

1

3.3

dove Einiziale è l’energia iniziale stabilità dall’acceleratore, Ecalorimetro l’energia residua della

particella misurata dal calorimetro, Nxy indica il numero di piani xy di cui è composto il

telescopio e Qi il numero di elettroni liberati nel piano i-esimo dal passaggio del protone

(3.3eV è l’energia necessaria nel silicio per creare una coppia elettrone lacuna).

Con il già citato proposito di riuscire a valutare la perdita di energia nel sensore, grazie ad

impulsi di test equivalenti, è stata dunque ricavata la caratteristica tempo di durata-carica

(T(Q)) per i vari chip.

La fig. 4.8 mostra la calibrazione T(Q) del chip U22 operante ad una soglia di 1.70V e

sottoposto ad impulsi equivalenti in un intervallo di carica tra i 7 ed i 200 ke-.

È ben evidente una non linearità della caratteristica che coinvolge tutti i canali e mina la

risoluzione energetica per ionizzazioni alte rispetto alla soglia4.

Quindi per una buona ricostruzione dal tempo di risposta (TOT, Time Over Threshold)

dell’energia persa è necessario che la soglia impostata sia tale da garantire una pendenza

accentuata della caratteristica (evidenziata in fig. 4.8) nel range di energie voluto (ovvero

nell’intervallo di energie perso dalle particelle in un dato sensore).

Per contro, è altrettanto e maggiormente importante l’efficienza di rivelazione delle particelle,

la quale richiede, compatibilmente col rate di acquisizione, tensioni di soglia più basse

possibili.

4) D’altra parte, l’appiattirsi della curva T(Q) per alti valori di carica, garantisce una durata limitata dei segnali che permette un rate di

acquisizione elevato (≥1MHz).

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-57-

Il giusto compromesso tra queste due necessità concorrenti, determina la miglior tensione di

soglia da utilizzare per il chip in esame.

Per inciso, nelle linee guida (par. 4.1) si è privilegiato un’alta efficienza di rilevazione,

attribuendole maggiore importanza nella funzionalità dell’intero apparato, rispetto alla

possibilità di valutare la perdita di energia.

Fig. 4.8 Grafico del tempo di risposta in funzione delle tensioni di soglia (T(Q))

per il chip U22. È evidenziata la parte più ripida della caratteristica, nella quale si ha maggiore risoluzione energetica. Misure effettuate presso i laboratori INFN di Firenze.

4.5 Gamma dinamica di ingresso ed amplificazione nei

chip

La possibilità di inviare impulsi di test equivalenti ad un certo rilascio di carica, unita alla

valutazione dell’efficienza di rivelazione in funzione della tensione di soglia, hanno permesso

sia una valutazione dell’amplificazione dei segnali dei vari canali, sia una stima della gamma

dinamica di ingresso dei chip.

U22 Vth=1.70V

0 0.4 0.8 1.2 1.6 2x 105

0

100

200

300

400

500

600

700

800

charge(electrons)

T (ns

)

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-58-

In particolare per alcuni valori di carica equivalente (circa 15,30,50,65,80,100,105ke-) è stata

valutata, canale per canale, la tensione di soglia massima impostabile (Vthmax) per avere una

efficienza maggiore del 95%.

Ovvero questo equivale alla determinazione in funzione della soglia, della minima carica

iniettabile (Qmin) per avere una efficienza di rivelazione maggiore del 95%.

Fig 4.9 Grafico in cui sono mostrate per il chip U22, in funzione della soglia: i limiti di carica per avere la piena

efficienza (cerchietti colorati), e la carica necessaria per avere un determinata lunghezza d’impulso (linee rosse). In celeste è evidenziata la zona operativa per acquisizione ad 1MHz con piena efficienza. A lato sono riportate in blu le distribuzioni di ionizzazione per protoni di diverse energie in 200µm di silicio (simulazioni Geant4). I rettangoli neri racchiudono le regioni in cui si possono acquisire con piena efficienza passaggi di protoni con le energie indicate (con durata d’impulso inferiore al valore della linea rossa corrispondente).

Per il chip U22, questi valori Qmin(Vth) sono mostrati in fig. 4.9 (cerchietti colorati). Dal

grafico si può inoltre intuire per ciascun canale la linearità di guadagno (seppure

nell’incertezza sulla carica effettivamente iniettata e sul contributo di rumore), in accordo con

le specifiche degli ASIC (par. 3.2).

In particolare, la pendenza media delle caratteristiche (su tutti i canali di tutti i chip) è di circa

1.25 V/MeV e quindi molto prossima a quella attesa di 1.12V/MeV (par. 3.2). La discrepanza

tra i valori può essere dovuta sia al rumore sovrapposto al segnale, sia alle incertezze sulla

Cha

rge

(x10

3el

ectron

s)

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

Vth (V)

1.7 1.75 1.8 1.85 1.9 1.95 2 2.05 2.1 2.15

Full efficiency

T=1100ns

T=1000ns

T=900ns

T=800ns

250-

1025

0-30 62

-10

30-1

0

nois

elim

it

250 15

0 100 62

3010

U22 mean ch. gain =1.25 V/MeV

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Capitolo 4 – Caratterizzazione elettrica e calibrazione della scheda di front end

-59-

carica effettivamente inviata all’ingresso dei canali (incertezze sull’ampiezza dell’impulso da

generatore e sui valori delle capacità di test)

Nel grafico di fig. 4.9 vengono inoltre mostrati i valori di carica necessari, data una tensione

di soglia, per determinare una certa durata (la massima tra i canali del chip) di impulso pari a

quella indicata (linee rosse). Questo al fine di stimare per il chip U22 le prestazioni ottenibili

in termini di efficienza e di rate di acquisizione.

In particolare, con lo scopo di esemplificare le possibilità operative, lateralmente al grafico

della fig. 4.9 vengono mostrati le distribuzioni di carica rilasciata nel sensore da protoni di

diverse energie (simulazioni con Geant4 [13]).

Laddove l’intervallo di tali profili cade nella zona operativa evidenziata in celeste, è possibile,

impostando opportunamente la soglia, rilevare con piena efficienza e rate di 1MHz i protoni

di quella energia. Si noti peraltro che in realtà, il rate di acquisizione sulla singola strip

differisce in modo significativo dal valore suddetto, infatti ogni canale ha un limite intrinseco

nel tempo di ripristino del preamplificatore pari a 6µs: ovvero 160kHz (limite oltre il quale si

incorre nel fenomeno del pile-up, vedi par. 3.2).

Tuttavia il fatto che la durata della risposta ad una carica equivalente sia al massimo 800ns ne

garantisce, nell’ipotesi di fascio uniforme sul sensore, l’intera acquisizione ad ogni trigger

(affermazione valida se il tempo di elaborazione dei dati ad opera della scheda digitale si

mantiene inferiore ai 200ns).

In conclusione, se si usa una soglia di 1.70÷1.75V si possono acquisire segnali di protoni con

piena efficienza e con una durata che, al massimo, può arrivare a 1.1µs.

Si può quindi pensare di poter raggiungere un rate di acquisizione pari a quello previsto di

1MHz. Da notare infatti, che i protoni devono avere una energia tale da raggiungere il

calorimetro e fornire luce nel cristallo sufficiente da far scattare il meccanismo di trigger.

L’energia di 10MeV e’ veramente al limite di tutto questo ed è perciò in corso una

valutazione dell’energia minima per la quale il calorimetro possa ancora generare il segnale

trigger. Per esempio, considerando 30MeV come la minima energia rivelabile dal

calorimetro, si può affermare che nell’intervallo di soglia 1.7π1.75V per il chip U22 si ha la

possibilità di operare con piena efficienza e con rate di acquisizione fino ad 1MHz

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-60-

CAPITOLO 5

MISURE CON RADIAZIONI IONIZZANTI

Nel capitolo 4 sono state descritte le misure di rumore, di efficienza, e le calibrazioni

effettuate su ciascuno degli 8 chip della scheda di front-end. È stata altresì discussa la

questione degli obiettivi contrapposti di efficienza e di risoluzione energetica (risoluzione

nella misura della carica ionizzata), indicando la necessità di un compromesso tra le due

esigenze.

Nel corso di questo capitolo si illustreranno le prove condotte ed i risultati ottenuti con

particelle ionizzanti quali le radiazioni β ed i protoni. Nell’ambito di questo lavoro di tesi, le

misure con radiazioni sono state effettuate con lo scopo di ottenere una efficienza di

rivelazione più alta possibile (in special modo negli esperimenti con i protoni) e di ricavare,

grazie alla precedente fase di calibrazione, l’energia dissipata sul sensore dalle singole

particelle. Le prove condotte con la sorgente di radiazioni β hanno potuto svolgersi in

laboratorio (par. 5.1) ed hanno fornito una stima delle prestazioni dell’apparato in condizioni

di funzionamento sfavorevoli (piccole sollecitazioni) rispetto a quelle di progetto. Gli

esperimenti con il fascio di protoni (par. 5.2) invece, sono stati un banco di prova più

realistico per stimare le funzionalità dell’apparecchiatura. Infine, nel par. 5.3 sono descritti il

funzionamento ed i risultati preliminari del test con fascio di protoni da 62MeV condotto con

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-61-

il primo modulo tracciatore (tracker module, completo di front-end board e digital board)

dell’esperimento PRIMA.

5.1 Prove con sorgente radioattiva ββββ

5.1.1 Descrizione della sorgente

Il primo test con radiazioni ionizzanti, è stato eseguito presso i laboratori dell’INFN di

Firenze, utilizzando una sorgente radioattiva β 90Sr-Y in fase solida contenuta in una fialetta

di vetro (che previene la fuoriuscita delle polveri ed è tale da minimizzare il materiale

attraversato dalle particelle emesse) all’interno di un supporto di ottone.

L’attività nominale della sorgente è di 0.1mCi. Questo valore corrisponde a 3.7x106 Bq,

ovvero ad una media di 3.7x106 decadimenti al secondo su tutto l’angolo solido (come ogni

decadimento, quello beta è un processo poissoniano). L’energia media delle radiazioni β

emesse è di circa 571keV con un valore massimo intorno ad i 2.2MeV.

Strontium - Ytrium beta spectrum

0

500

1000

1500

2000

2500

3000

3500

0 500 1000 1500 2000 2500

ElectronEnergy (keV)

Ent

ries/

binn

Entries 90srEntries 90YSum

Fig. 5.1 Spettro di energia complessivo (in blu) emesso da una sorgente β 90Sr-Y. In giallo è riportato il contributo del 90Y, in fucsia il contributo del 90Sr.

I processi che danno origine alle radiazioni beta (β-) sono il decadimento dello 90Sr in 90Y e di

90Y in 90Zn:

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-62-

evYSr ++⇒ −β9039

9038 evZrY ++⇒ −β90

409039

Dove ev indica l’antineutrino che, assieme ad un elettrone (β-), costituisce il prodotto del

decadimento.

In fig. 5.1 è raffigurato lo spettro completo della sorgente usata con i diversi contributi del

decadimento. L’emivita del processo (tempo medio nel quale si osserva un dimezzamento

dell’attività) dello 90Sr è di 29 anni (spettro riportato in fucsia) mentre quella dello 90Y è di 64

ore (in giallo il suo contributo).

La fig. 5.2 riporta l’impatto che hanno sulla propagazione della radiazione i vari mezzi che

separano la sorgente, posta sopra al sensore, dallo scintillatore, posizionato dall’altra faccia

dello stesso.

Ogni riga corrisponde ad uno strato omogeneo di materiale. Nelle prime 4 righe, viene

indicata l'energia iniziale minima (Emin, ricavate da simulazioni SRIM [16]) necessaria alla

particella per oltrepassare quello ed i precedenti strati di materiale, nonché la frazione di

particelle emesse con E>Emin, (ovvero l'area sottesa dallo spettro di fig. 5.1 per E>Emin).

Nell'ultima riga viene fornita l'energia iniziale minima che consente agli elettroni di

raggiungere lo scintillatore (all'interno del quale si fermeranno), con energia sufficiente

(almeno 200keV) per fornire il trigger al sistema. Infatti, il segnale generato dallo scintillatore

viene confrontato con una tensione di soglia in modo da discriminarlo dal rumore

In particolare, secondo queste stime, solo il 42% circa degli elettroni prodotti dalla sorgente

potranno attraversare i diversi mezzi e completare con una energia sufficiente il loro percorso.

Energia min (Emin, keV)

Frazione E>Emin

Perdite in:

42 0.93 aria 1 (3cm) 185 0.71 Si (200µm) 200 0.69 aria 2 (5cm) 230 0.645 pvc (100µm)

430 0.42

Che raggiungono lo scintillatore con

energia maggiore di 200keV

Fig. 5.2 La tabella riporta la energia iniziale minima (valore incrementale rispetto al mezzo precedente)

necessaria per attraversare i mezzi interposti tra la sorgente e lo scintillatore (visualizzazione non in scala a fianco). Sono state calcolate anche le percentuali di trasmissione attraverso di essi. Simulazioni SRIM [16].

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-63-

Per quanto riguarda la perdita di energia nel silicio, le radiazioni β hanno un coefficiente di

assorbimento (stopping power) che è mostrato nella fig. 5.3.

Questa riporta l’andamento della stopping power (perdita di energia rapportata alla densità ed

allo spessore di silicio attraversato [MeVg-1cm2]) per elettroni con energie comprese tra i

10keV ed 1GeV.

Se osserviamo l’intervallo di nostro interesse evidenziato in fig. 5.3 (elettroni emessi dalla

sorgente con energia sufficiente a generare il trigger al sistema: 0.43-2.2MeV), notiamo che

mediamente lo stopping power è di circa 1.6 MeVg-1cm2. Tale valore, essendo molto

prossimo a quello di 1.664 MeVg-1cm2 per particelle massive di minima ionizzazione nel

silicio (MIP), ci permette di assimilare e confrontare le prove effettuate con la sorgente β, con

i risultati attesi nel caso di MIP.

Trigger frombeta source

Stopping power for electrons in Si

Fig. 5.3 Grafico della stopping power di elettroni nel silicio in funzione della energia della particella incidente.

È evidenziato in giallo il range di energie radiate dalla sorgente β capace di fornire un trigger al sistema. In tale intervallo si registra una stopping power medio di circa 1.6 MeVg-1cm-2. Dati da simulazione ESTAR[17].

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-64-

La sorgente, come già accennato, è stata posta sul sensore della scheda di front end in

corrispondenza delle 32 strip del chip U22. Le uscite del chip sono state monitorate, tramite

32 canali dell’analizzatore di stati logici Tektronix TLA5201.

La scheda è stata alimentata tramite una sezione del TTI EX354 e le tensioni di soglia fornite

dalle due sezioni del TTI PL320QMD mentre la polarizzazione del sensore (90V) è stata

applicata dallo strumento Keithley mod. 6430.

Lo scintillatore, il cui fototubo è alimentato con generatore 556H EG&G Ortec a circa

1.80kV, è stato posizionato sotto il sensore e collegato ad un modulo NIM (standard per

schede di trattamento dei segnali utilizzato nella fisica nucleare e delle particelle) per

ricavarne il trigger (necessario per l’acquisizione dati) in formato TTL.

Per le prove con la sorgente, la scheda è stata posizionata su un piano di alluminio munito di

uno schermo in piombo con foro circolare di diametro di circa 5mm. Ciò è necessario per

minimizzare il numero di elettroni che generano trigger pur non avendo attraversato le strip

monitorate. Alcune particelle riescono ad attraversare l’alluminio e forniscono falsi trigger

riducendo l’accuratezza della misura dell’efficienza.

In questa configurazione è stata scelta una tensione di soglia di 1.70V, tale da garantire piena

efficienza anche a 15ke-, valore di carica più probabile rilasciata dall’irraggiamento con

sorgente β (MIP).

a)104 105

0

100

200

300

400

500

600

700

800

charge (electrons)

T (

ns) 62MeV

Protons

Chip U22

Vth=1.70V

1MIP

250MeVProtons

b)

Chip U22

1.69 1.695 1.7 1.705 1.71 1.715 1.72 1.725 1.73 1.7350

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Vth(V)

Effi

cien

za

Fig. 5.4 Calibrazione T(Q) del chip U22 con soglia 1.70V (a) in cui sono indicati: carica più probabile rilasciata

per una MIP, per protoni da 250MeV e da 62MeV. L'efficienza di rivelazione del chip U22 per carica ionizzata di 15ke- al variare della tensione di soglia (b) si mantiene maggiore del 99% per soglie minori di 1.71V. I canali (4,9,12,16,21) presentano minore efficienza degli altri e sono marcati con quadretti colorati

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-65-

Per chiarezza esplicativa in fig. 5.4 si riportano, per ogni canale del chip U22, la calibrazione

(fig. 5.4a) per una tensione di soglia (Vth) di 1.70V e l’efficienza (fig. 5.4b) di rivelazione per

la carica più probabile rilasciata da una MIP (15ke-).

Per inciso il valore più probabile della carica rilasciata (Qmpv) è stato calcolato in base ad uno

stopping power di 1.664 MeVg-1cm2 (Sidx

dE, riferito alla carica media) per particelle di

minima ionizzazione (MIP) attraversanti ∆l=200µm di silicio [10].

L’espressione risulta essere:

−≈

== keE

ldx

dE

kkQQi

SiSi

mvmpv 15

ρ

con 65.0≈=mv

mpv

Q

Qk rapporto fra valore più probabile (Qmpv) e valor medio (Qmv) nella

distribuzione di Landau [10], Ei=3.3eV energia media per la creazione di una coppia

elettrone-lacuna nel silicio, e ρSi=2.33gcm-3 densità del silicio.

Peraltro, essendo la ionizzazione un fenomeno statistico, c’è da sottolineare che la carica

ionizzata da MIP può risultare anche inferiore ai 15 ke- (carica per la quale, con una soglia di

1.70V, l’efficienza risulta maggiore del 99%) e dunque possiamo incorrere, per taluni eventi,

nell’inefficienza di rivelazione.

In analogia a quanto descritto nel cap. 4, ad ogni trigger proveniente dallo scintillatore il logic

analyzer acquisisce una finestra di 1252ns (313 campionamenti a 250MHz) di cui 128ns (32

campioni) precedenti al trigger medesimo. Seppure improbabili, sono comunque possibili più

segnali di trigger provenienti dallo scintillatore durante un singolo frame.

A titolo di esempio in fig. 5.5 è riportato un frame che esemplifica l’analisi effettuate sui dati

acquisiti.

In particolare sono evidenziati con cerchietti rosa o verdi i raggruppamenti di canali che si

attivano simultaneamente (ogni impulso è detto hit) a cui ci riferiremo con il termine cluster

e, con cerchietti celesti, i trigger (eventualmente multipli) provenenti dallo scintillatore i quali

attestano il passaggio delle particelle.

Per ogni cluster, il parametro molteplicità attesta il numero di canali attigui che lo

compongono. Eventuali impulsi consecutivi su di un singolo canale vengono conteggiati

come hit distinti se distanti più di 60ns, altrimenti vengono conteggiati come un unico

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-66-

impulso parzialmente cancellato dal rumore. Nell'esempio di fig. 5.5 si osserva un cluster con

molteplicità 2 (cerchiato in verde) e due cluster di molteplicità 1 (cerchiati in rosa).

Fig.5.5 Esempio di frame (313 campioni, 250MHz) acquisito dall’analizzatore di stati logici TLA5201 (33

probe: 32 canali più segnale di trigger) ad ogni trigger (acquisito grazie alla modalità “pre-trigger” del logic analyzer). I trigger sono marcati in celeste mentre i cerchietti rosa indicano i cluster con molteplicità uguale ad uno. In verde è evidenziato un cluster con molteplicità pari a due.

Ad ogni frame viene analizzato il segnale proveniente dalle 32 strip e vengono individuati i

trigger e gli hit presenti su ciascun canale. Ogni hit viene associato al trigger più vicino

(distanza massima di 400ns). Una volta completata questa fase, per ogni trigger vengono

determinati i cluster ad esso associati e vengono memorizzati il numero di canali colpiti

(aventi hit corrispondenti al trigger) insieme alla durata ed alla distanza dal trigger di ciascun

impulso.

Tutta l’elaborazione dei dati, l’estrapolazione dei parametri, la memorizzazione e la

visualizzazione dei risultati è stata implementata in codice MATLAB.

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-67-

5.1.2 Risultati con sorgente radioattiva ββββ

I parametri più significativi estrapolati dai dati sperimentali sono:

- Numero di trigger totali

- Periodo e frequenza medi dei trigger

- Numero di trigger senza alcuna strip colpita: assimilabili quindi ad inefficienze del

front end e/o traiettorie particolarmente sfavorevoli delle particelle (il cui percorso non

incrocia nessuna delle strip monitorate) oppure a trigger generati per il rumore

dell’elettronica di lettura dello scintillatore.

- Numero di trigger con al più un cluster: comprendono sia gli eventi validi che le

inefficienze del sistema

- Numero di eventi validi: ovvero quegli eventi in cui ad un impulso di trigger è

associato un solo cluster che può coinvolgere una o più strip attigue eccitate dal

passaggio della particella

- Efficienza di rivelazione: rapporto fra eventi validi e numero di trigger totali, è

influenzata sia da eventuali falsi trigger prodotti dallo scintillatore, sia

dall’inefficienza del front end che dal numero di traiettorie “sfortunate”.

- Numero di occorrenze singole: numero di cluster con molteplicità 1

- Numero di occorrenze multiple: numero di cluster con molteplicità >1.

- Molteplicità media dei cluster

- Cluster multipli : numero dei trigger con più di un cluster (si considerano eventi non

validi)

La tab. 5.1 descrive l’esperimento effettuato con la sorgente β 90Sr-Y presso i laboratori INFN

di Firenze, monitorando il chip U22 con tensione di soglia (Vth) di 1.70V.

Si nota il gran numero di trigger acquisiti (circa un milione) ad una frequenza media di

1.7kHz. Tale valore è compatibile con quello che si trova ipotizzando puntiforme la sorgente

di radiazione, ed ideale lo schermo in alluminio a livello del sensore.

Infatti, considerando la distanza tra sorgente e sensore (D, 3cm circa) ed il diametro del foro

di collimazione (d, 5mm circa) si ottiene la seguente espressione per il rate di trigger

(MeanRateTrig):

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-68-

=⋅⋅= ηπ

ωSrc

SrcTrig MeanRateMeanRate

4

kHzMeanRateD

dSrc 7.2)

2(tancos1

2

1 1 ≈⋅⋅

−⋅= − η

dove ωSrc indica l’angolo solido solido intercettato dallo scintillatore (cono con vertice la

sorgente ed individuato dallo schermo circolare a livello del sensore), MeanRateSrc l’attività

nominale della sorgente (3.7x106 Bq) ed η la frazione di spettro (42%) capace di generare il

trigger del sistema (fig. 5.2).

Tab. 5.1 Dati relativi all’esperimento del 8/01/2009, sorgente β 90Sr-Y.

CHIP U22

Vth=1.70V

PARAMETRO VALORE

Numero di trigger totali

1005313

Periodo medio dei trigger

581.3µs

Frequenza media dei trigger 1.72kHz

Numero di trigger senza alcuna strip colpita 250932 (25%)a

Numero di trigger con al più un cluster

990408 (98.5%)a

Numero di eventi validi 739469

Efficienza di rivelazione 73.5%

Numero di occorrenze singole 728941 (98.5%)b

Numero di occorrenze multiple 10050 (1.5%)b

Molteplicità media dei cluster

1.015

Cluster multipli 14905 (1.5%)a

a percentuale rispetto al numero totale di trigger b percentuale rispetto al numero di eventi validi

L’efficienza di rivelazione risulta essere del 73% circa. Questa parziale inefficienza è

attribuibile a diversi fattori quali il rumore dello scintillatore (che può generare trigger

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-69-

indipendentemente dal passaggio di una particella), l’esigua perdita di energia nel silicio (per

cui alcuni elettroni che attraversano il sensore potrebbero non venire rivelati) e l’eventuale

passaggio delle particelle al di fuori delle strip monitorate.

Solo l’1.5% degli eventi validi sono caratterizzati da più di una strip. Questo è ragionevole in

quanto è improbabile che il sistema, data la natura dell’interazione con gli elettroni (bassa

carica rilasciata) e la geometria del sensore (spessore e passo tra le strip di 200µm), possa

apprezzare il frazionamento della carica tra due strip contigue. Di conseguenza la molteplicità

risulta prossima ad uno mentre risulta pari al 25% la percentuale di trigger per i quali non si

registra alcuna strip colpita.

La fig. 5.6a mostra, per tutte le strip, il conteggio degli eventi validi apprezzati su ciascuna. In

pratica quindi, nell’ipotesi (discussa in seguito) che tutte presentino la stessa efficienza, esso

rappresenta la distribuzione di intensità della radiazione sulle diverse strip.

La forma del grafico attesta una minor presenza di eventi rilevati sulle strip laterali che sono

le più distanti dalla sorgente. Peraltro, l’azione di collimazione svolta dal supporto di ottone

della sorgente oltre a diffondere e attenuare le particelle in direzione di tali strip, conforma il

fascio in maniera per cui ne illumina una porzione inferiore rispetto a quelle centrali.

Dunque l'andamento generale del profilo di fig. 5.6a appare qualitativamente corretto, anche

se su alcuni canali (i.e. 4,9,12,16,21) si riscontrano conteggi inferiori a quelli che ci si

potrebbero aspettare. Tali discrepanze, dato l'elevato numero di eventi, non sono ascrivibili

alla variabilità statistica dei conteggi ma più ragionevolmente ad inefficienze dei singoli

canali del chip (si veda fig. 5.4).

a) b)

0 5 10 15 20 25 30 350

0.5

1

1.5

2

2.5

3

3.5

4

4.5x 104

channel

coun

ts

experiment

exp. distribution

10-3

10-4

10-5

10-6

Nor

mal

ized

freq

.

0 500 1000 1500 2000

Trigger time (µs)

2500 3000 3500 4000

Fig. 5.6 Grafico degli eventi validi rilevati sulle varie strip (a) e distribuzione di intervallo (b) dei trigger rilevati

dallo scintillatore (linea blu). Questa è ben approssimata da una distribuzione di probabilità esponenziale con costante di tempo 580us (1/1.7kHz) (linea rossa).

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-70-

Si noti infine il non perfetto allineamento tra sorgente, schermo in piombo e strip monitorate.

In effetti, in circostanze ideali, dato che il diametro dello foro (5mm) sulla lamina di piombo è

minore dell’estensione (6.4mm) coperta dalle 32 strip monitorate, le prime e le ultime strip

dovrebbero avere conteggi bassissimi, al limite nulli. Questo però nella fig. 5.6a non è vero

per le strip iniziali. Ciò dunque contribuisce ad una sottostima dell’efficienza di rivelazione.

In fig. 5.6b è riportata la distribuzione di intervallo (istogramma della durata fra eventi

consecutivi) del processo stocastico poissoniano che rappresenta il decadimento radioattivo

β. In accordo con l’ipotesi di omogeneità del processo, il grafico mostra una buona aderenza

al fit effettuato con una distribuzione esponenziale di rate di 1.7kHz (frequenza media dei

trigger).

Le figure 5.7 rappresentano gli istogrammi della durata di ogni evento valido e del suo ritardo

dal trigger. I ritardi (fig. 5.7a) hanno un valore medio intorno ai 70ns. Questo valore è

determinato dalla tensione di soglia del chip, dal ritardo del trigger dello scintillatore (a sua

volta influenzato dall’ampiezza del segnale proveniente dallo scintillatore e dalla soglia

impostata sul modulo NIM), dalla carica ionizzata nel sensore e dalla lunghezza dei cavi

(sonde dell’analizzatore e cavi coassiali). La durata media (fig. 5.7b) è invece di 380ns la

quale corrisponde, previa calibrazione relativa (fig. 5.4a), ad una carica media rilasciata di

circa 16.7ke-.

Fig.5.7 Ritardi dal trigger (a) e durate (b) degli eventi validi. I ritardi possono essere anche negativi in quanto

risultano dalla differenza tra i ritardi imposti: dal front end, dallo scintillatore, dal modulo NIM e dai cavi di collegamento al logic analyzer. Durata media 380ns, ritardo medio 70ns.

Le durate degli eventi validi misurati canale per canale possono essere utilizzate per un

confronto con le predizioni teoriche. I valori di durata T misurati sono convertiti in carica

rilasciata Q invertendo la curva di calibrazione T(Q). Si costruisce così l'istogramma della

distribuzione di carica.

0 500 1000 15000

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

9000

pulse duration (ns)

coun

ts

Chip U22Sr-Y Beta Source

-200 -100 0 100 200 300 400 5000

0.5

1

1.5

2

x 104

hit start to/from trigger distance (ns)

coun

ts

(a) (b)

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-71-

Questa distribuzione deve essere confrontata con la distribuzione di Landau (ipotesi di

sensore sottile: piccola perdita di energia rispetto a quella di incidenza) che,

nell'approssimazione analitica di Moyal [14], si scrive:

πλ

λλ

2)(

)( −+−

=Ψee

con )( pEER −=λ

Dove E è l’energia persa dalla particella, R una costante che dipende dal mezzo di cui è

costituito il sensore (Si) ed Ep è l’energia più probabile ivi rilasciata (valore atteso per 200µm

di silicio circa 15ke-).

Come stimatore dell’efficienza di interpolazione sulla carica rilasciata su ogni canale, è stata

usata la somma dei residui (SRrms) calcolata come segue:

( )[ ]∑

∑ −=i

iirms count

fitcountSR

2/12

Dove i è un indice dei vari bin (singolo intervallo in cui è suddiviso il range di variabilità)

dell’istogramma della distribuzione di carica.

Di seguito, si riportano la ricostruzione della carica rilasciata (interpolata con la distribuzione

di Landau) sul canale 14 del chip U22 (fig. 5.8a), la carica più probabile e la somma dei

residui (indice della bontà del fit) per ogni canale (fig. 5.8b).

La fig. 5.8a è stata ricavata dalla durata degli eventi pesata con la calibrazione di fig. 5.4. La

figura mostra un buon accordo col fit (Ep ed R parametri liberi), ed, in questo caso, anche per

quanto riguarda la carica più probabile attesa: 15ke- (come descritto in seguito, non sarà così

per tutti i canali).

Tuttavia specialmente per basse cariche, si riscontra un eccesso di conteggi attribuibili ad una

maggiore influenza del rumore (in tal caso i segnali in uscita dallo shaper hanno un ampiezza

vicina alla soglia del comparatore e quindi subiscono maggiormente l'effetto del rumore,

vedasi ad esempio fig. 3.12) e che però non alterano in modo significativo il massimo della

distribuzione (hanno invece un peso maggiore sulla stima della carica media).

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-72-

Fig. 5.8 Esempio di ricostruzione (canale 14 del chip U22) della carica ionizzata (a), per sorgente β 90Sr-Y. Si evidenzia una buona interpolazione ottenuta con la distribuzione di Landau (linea rossa). Somma dei residui (valor medio 0.067) e carica rilasciata più probabile (13ke- in media) per ogni canale (b).

Oltre alla ricostruzione della ionizzazione di carica, in fig. 5.8b si evidenziano, per ogni

canale del chip, in verde la valutazione della bontà dell’approssimazione di Landau ed in blu

la carica rilasciata più probabile.

La somma dei residui dei vari canali è inferiore ad 0.1, con una media di 0.067. I valori

risultano abbastanza uniformi sui canali più intensamente sollecitati (fig. 5.6).

La carica rilasciata più probabile ha una media sulle strip di 13ke- che risulta più bassa di

quella teorica per le MIP (15ke-) di circa il 15%. Ciò può essere imputato a segnali di test non

ideali e/o capacità di test diverse da quelle nominali (0.5pF, con una incertezza di circa il 10%

stimata dai costruttori), che hanno condotto ad errori sistematici nella calibrazione di alcuni

canali.

Infine in tab. 5.2 si mostrano alcuni parametri relativi alle acquisizioni con sorgente β

effettuati sui chip del front end. Per U18 non sono state effettuate prove con radiazioni β in

quanto presenta prestazioni troppo basse nella caratterizzazione elettrica (vedi tab. 4.1).

Tab. 5.2 Dati relativi a prove con sorgente β 90Sr-Y.

Chip

Param. U14 U16 U20 U22 U24 U26 U28 Media

Vth 1.75 V 1.73 V 1.75 V 1.70 V 1.71 V 1.71 V 1.70 V -

Trigger tot. 21x103 21x103 25x103 1x106 21x103 21x103 21x103 -

Efficienza 75.1% 70.5% 75% 73.5% 83.5% 80.5% 69.5% 75.4%

Molteplicità 1.083 1.013 1.020 1.015 1.032 1.021 1.012 1.028

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5 4x 104

0

1000

2000

3000

4000

5000

6000

released charge (electrons)

coun

ts

experimentfit

Chip U22Ch.1490Sr β source

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

1.1

1.2

1.3

1.4

1.5

1.6x 104

Channel

Mos

tlik

ely

char

ge(e

lect

rons

)

0 5 10 15 20 25 30 350

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

Sum

of r

esid

uals

(rm

s)

(a) (b)

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-73-

5.2 Prove con protoni da 62MeV

5.2.1 Descrizione del fascio e set-up di misura

Fig. 5.9 Foto frontale della scheda di front end, allocata nell'apposita struttura di alluminio e pronta per misure con il fascio di protoni uscente dalla beam pipe (lato destro della foto).

Per valutare le prestazioni della scheda di front end nel contesto operativo di una radiografia

con protoni, è stato condotto un esperimento con fascio di protoni (fig. 5.9).

Sede delle misure sono stati i Laboratori Nazionali del Sud (LNS) dell’INFN di Catania

presso i quali si trova il ciclotrone superconduttivo usato dal Centro di Adroterapia ed

Applicazioni Nucleari Avanzate (CATANA). In tale occasione è stato necessario organizzare

in modo dettagliato le misure da effettuare, tenendo conto sia delle condizioni operative

(camera di fascio ad accesso controllato) che del tempo a disposizione (12ore).

L'energia del fascio di protoni utilizzato nel test è di circa 62MeV. La carica rilasciata nel

sensore del front-end (200µm di Si) dai protoni del fascio è riportata in fig. 5.10 (simulazione

con Geant4 [4]).

La perdita media di energia è di circa 390keV (corrispondente ad una carica media rilasciata

circa 120ke-) mentre la perdita più probabile è di 350keV (il valore più probabile della carica

è circa 106ke-).

Si noti come la distribuzione differisca dalla distribuzione Landau [15] tratteggiata in rosso,

presentando un’asimmetria meno pronunciata. Ciò deriva dal fatto che la distribuzione di

Landau ipotizza una perdita nel mezzo attraversato piccola rispetto all’energia della particella

incidente. Per le MIP ciò risulta vero ma ad energie più basse (i.e. 62MeV in 200µm di

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-74-

sensore) non più: al limite, per grandi perdite di energia, la distribuzione tende ad una

gaussiana.

50 100 150 200 250 3000

0.02

0.04

0.06

0.08

0.1

0.12

released charge (x103 electrons)

norm

aliz

edfr

eq.

Landau distribution

62MeV (Geant4 sim.)

Fig. 5.10 Campita in giallo si mostra la carica ionizzata da protoni di 62MeV in 200µm di silicio. Valore più

probabile: 106ke-. Valore medio: 120ke-. Valore minimo 80ke-. Simulazione Geant4 [4]. Tratteggiata in rosso si mostra la distribuzione di Landau (approssimazione di Moyal [14]) normalizzata e con carica più probabile 106ke- circa.

Nelle fig. 5.9 e 5.11 è mostrata la disposizione dell'apparecchiatura con la quale sono state

eseguite le varie misure.

Per consentire un corretto posizionamento verticale (fig. 5.11), la scheda di front end è stata

inserita, unitamente ad una cornice metallica di supporto (b), nella struttura di alluminio (c)

del telescopio. I 32canali del chip monitorato (U22) sono stati letti dall’analizzatore TLA5201

collegato, tramite una sonda (d), ai relativi connettori sulla scheda.

Un calorimetro YAP:Ce (i), accoppiato con un tubo fotomoltiplicatore (e) è posizionato sul

retro del sensore, così da generare il trigger necessario per le acquisizioni dati.

Il fascio di protoni generato dal ciclotrone esce dunque dalla beam pipe (f) mostrata in

fig. 5.11 ed investe l’apparato appena descritto. Tra il retro del front end e la cornice di

supporto (b) è interposta una lastra (g) di FR4 (materiale tipicamente utilizzato per la

costruzione di circuiti stampati) che, nella versione finale di un piano xy del telescopio, verrà

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

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sostituita da un’altra scheda di front end e permetterà così la misura delle coordinate (sia x

che y) di passaggio dei protoni (dettagli nel cap. 1).

Infine, si noti l’uso del collimatore di alluminio (h) con uno spessore di 2cm tale da impedire

il passaggio dei protoni da 62MeV (simulazione SRIM [16]) al di fuori della fessura centrale.

Fig. 5.11 Dettaglio della scheda di front end (a) accoppiata con il calorimetro YAP:Ce (e) e posta di rimpetto

alla beam pipe del fascio da 62MeV (f) dei laboratori INFN-LNS.

Il collimatore presenta una finestra di dimensioni 5x30mm2 allineata in buona corrispondenza

a 25 strip del chip monitorato, ed assume un ruolo fondamentale per la corretta stima

dell’efficienza di rivelazione (previene la generazione di trigger ad opera di protoni che non

hanno attraversato le strip lette).

Come nell’esperimento con radiazioni β, l’analizzatore di stati logici TLA5201 acquisisce una

finestra di 1252ns (313 campioni con passo di campionamento 4ns) a cavallo di ciascun

trigger (posto al 32-esimo campione). Per ogni run, disponendo 512kbyte di memoria per

canale, il logic analyzer può memorizzare circa 1600 eventi.

Nella configurazione descritta sono stati acquisiti dati in tre diverse condizioni:

1) con tensioni di soglia variabili tra 1.70 e 2.30V con un passo di 20mV (31

acquisizioni di 10 run: 16000 eventi ciascuna) e tensione di polarizzazione del

sensore fissa a 90V;

i

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

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2) al variare della polarizzazione del sensore tra i 5 ed i 100V (12 acquisizioni di 10 run:

16000 eventi ciascuna) con tensione di soglia fissa ad 1.86V.

3) con tensione di soglia 1.90V e tensione di polarizzazione 90V (una acquisizione di

100run: acquisiti 160000 eventi).

Prima di procedere con la discussione dei risultati conseguiti (che seguirà nei prossimi

sottoparagrafi), si mostra il grafico (fig. 5.12) dell’occupazione misurata su ciascun canale

(definita nel cap. 4), a fascio spento, preliminarmente alle effettive misurazioni.

Si nota come l’effetto del rumore risulti non trascurabile per tensioni di soglia inferiori ad

1.70V (Vthmin). Sia l'andamento generale del grafico che la soglia critica sono in buon

accordo con le misure condotte nei laboratori INFN con il prototipo montato sulla struttura in

alluminio senza piano di massa (cap. 4, fig. 4.3). In tal caso la soglia critica era risultata pari a

1.695V.

Segue che l'impiego di un valore di soglia Vth≥1.70V garantisce un buon rapporto segnale-

rumore nelle misure col fascio di protoni.

1.67 1.68 1.69 1.7 1.710

0.05

0.1

0.15

0.2

0.25

0.3

0.35

0.4

0.45

0.5

Vth(V)

Occ

upaz

ione

Chip U22

Fig 5.12 Occupazione di rumore valutata nelle condizioni di misura del test col

fascio di CATANA. Tensione di polarizzazione 90V, chip U22, soglia critica Vthmin=1.70V.

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-77-

5.2.2 Scansione con tensione di soglia variabile

Per ciascuna delle 31 misurazioni effettuate con distinte tensioni di soglia (in fig. 3.12 si può

apprezzarne l’effetto sulle uscite del chip per segnali equivalenti a quelli di queste misure),

sono stati estrapolati parametri quali efficienza e molteplicità già descritti nel par. 5.1.2.

In particolare sono stati monitorati 32 canali del chip U22, con una tensione di alimentazione

(fornita da un alimentatore da banco) di circa 4V (gli LDO della scheda richiedono almeno

3.6V), una tensione di polarizzazione (fornita dallo strumento Keithley mod.6430) del sensore

fissata pari a 90V (pieno svuotamento) e tensioni di soglia variabili tra 1.70V e 2.30V con

passo di 20mV.

Per le diverse misurazioni, l’andamento dell’efficienza di rivelazione è mostrato dalla fig.

5.13. Tale parametro, come gli altri di questo paragrafo, sono da considerarsi valutati su tutti i

dieci run (16000 trigger acquisiti dal TLA5201) della misura relativa a ciascun valore di

soglia.

1.6 1.7 1.8 1.9 2 2.1 2.2 2.3 2.4 2.50

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Vth (V)

Effi

cien

cy

max 98%

Fig. 5.13 Efficienza di rivelazione, in funzione della soglia, per fascio di protoni

da 62MeV. Sono stati acquisiti 16000 trigger per ogni tensione di soglia (1.70V÷2.30V), con tensione di polarizzazione fissa di 90V

Si evidenzia ovviamente una perdita di efficienza all’aumentare della tensione di soglia (Vth)

in quanto i segnali raccolti dalle strip ed amplificati dai vari canali del chip U22 non variano

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-78-

con Vth. Essi dipendono dalla carica rilasciata dal fascio di protoni da 62MeV sul sensore

(fig. 5.10) e dalla tensione di polarizzazione che in queste misure è fissa a 90V.

La perdita di efficienza è graduale e dipende, ipotizzando il fascio uniforme su tutte le strip,

dalla dispersione delle caratteristiche di efficienza dei vari canali del chip nell’intervallo di

carica rilasciata nel sensore. Per inciso, nel cap. 4 si è visto che la dispersione dell’efficienza

dei canali risulta maggiore al crescere dei segnali di test.

L’efficienza massima riportata in fig. 5.13 è del 98% (valore che dipende anche dal set-up di

misura, vedi fig. 5.23) e si mantiene stabile intorno a tale valore per un ampio intervallo di

tensioni di soglia (1.70 V < Vth <1.86 V).

In tale intervallo, si registra (fig. 5.14) anche una maggiore molteplicità dei cluster, dovuta ad

una maggiore sensibilità agli impulsi di carica. La massima molteplicità si registra per la

soglia più bassa monitorata (Vth=1.70V) coerentemente a quanto atteso. Per questa tensione di

soglia il 25% dei cluster complessivi è costituito da più di un hit.

Fig. 5.14 Molteplicità dei cluster (a) per tensioni di soglia variabili tra 1.70V e 2.30V, tensione di

polarizzazione 90V. Dettaglio (b) sulla struttura dei cluster. Fra i cluster con molteplicità maggiore di uno, quelli composti da 2 hit sono i più probabili. In rosa sono evidenziati i cluster computati nell’efficienza

In fig. 5.14b è mostrata in dettaglio la struttura dei cluster: gli hit di cui sono composti

(traccia verde, rossa, celeste, blu) ovvero la loro molteplicità, e l’efficienza complessiva del

sistema (in rosa). Si osserva che la quasi totalità dei cluster ha molteplicità pari ad uno mentre

per tensioni di soglia basse (Vth<2V) sale la percentuale delle occorrenze multiple. In

particolare la maggioranza dei cluster composti è costituita da due hit (fino al 12% circa del

1.7 1.8 1.9 2 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5

10-4

10-3

10-2

10-1

100

Vth (V)

Str

ip p

er c

lust

erra

te

Active strip per cluster(Vth)

Efficiency

1-strip-cluster

2-strip-cluster

4-strip-cluster

3-strip-cluster

A basse soglie: maggiore sensibilità all’accoppiamento interstrip

b) Molteplicità (V th) a) Active channel per cluster (Vth)

1.6 1.7 1.8 1.9 2 2.1 2.2 2.3 2.4 2.51

1.05

1.1

1.15

1.2

1.25

1.3

1.35

Vth (V)

Mul

tiplic

ity

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

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totale per Vth=1.70V) mentre la percentuale di cluster comprendenti più di due hit si mantiene

inferiore al 0.1%. Non si registrano molteplicità maggiori di quattro.

Nel grafico in fig. 5.15 si riportano, per ogni soglia, la percentuale dei cluster multipli (eventi

per i quali si registrano più cluster associati) sul numero totale dei trigger (Multi-cluster

rate).

Nella figura si evidenzia un numero significativo di eventi con più cluster: fino al massimo il

2% sulla totalità dei trigger. Ciò induce ad ipotizzare, considerato il basso livello di rumore

mostrato in fig. 5.12, il contemporaneo passaggio di più particelle nel sensore.

Ad ogni modo, in questa analisi, eventi di questo tipo sono stati prudenzialmente considerati

non validi: tale assunzione implica una diminuzione dell’efficienza mostrata in fig. 5.13

1.6 1.7 1.8 1.9 2 2.1 2.2 2.3 2.4 2.510

-5

10-4

10-3

10-2

10-1

Vth (V)

Mul

ti-cl

uste

rra

te

2-cluster

3-cluster

Fig. 5.15 Percentuale dei cluster multipli (eventi che abbiamo cautelativamente considerato non validi) in

funzione della tensione di soglia. Il rilevamento di cluster doppi (maggiore per soglie basse) può attribuirsi al passaggio contemporaneo di 2 protoni. Sono estremamente rari cluster tripli (0.01%).

Una delle conseguenze della modifica della tensione di soglia è la variazione del ritardo della

risposta dei canali rispetto al trigger.

Cambiando il livello di soglia si varia il tempo entro il quale avviene la commutazione delle

uscite del chip: cambia il tempo entro cui si intercetta e si discrimina il segnale. In particolare,

un aumento della tensione di soglia corrisponde ad un maggior ritardo di rivelazione da parte

dell’elettronica di read-out (vedi fig. 3.12).

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-80-

Questa dipendenza viene espressa molto bene dalla fig. 5.16a in cui si riporta il ritardo medio

delle risposte dal trigger in funzione della soglia impostata.

Si noti che il ritardo dal trigger (Tdelay) può risultare negativo in quanto rappresenta

(trascurando il tempo di volo dei protoni attraverso il rivelatore e la propagazione dei segnali

elettrici lungo i cavi) la differenza tra il ritardo della risposta del front end (TdFE) ed il ritardo

del calorimetro (TdCal). Per inciso, l’anticipo delle risposte dei canali rispetto al segnale di

trigger costringe l’analizzatore di stati logici ad acquisire in modalità pre-trigger: in modo da

non commettere errori sistematici nella valutazione della durata dei segnali.

L’espressione del ritardo dal trigger risulta:

dCalthdFEthdelay TVTVT −= )()(

Fig. 5.16 Grafico del ritardo medio (a) degli eventi dal trigger. Esso aumenta per soglie alte, in accordo con una

minor rapidità di risposta del comparatore interno al chip. A fianco (b) si riportano gli istogrammi dei ritardi per alcune soglie. All'aumentare della soglia, oltre ad un aumento del valor medio, si evidenzia un aumento della dispersione della distribuzione.

In fig. 5.16b sono mostrati gli istogrammi dei ritardi dal trigger per 4 distinte tensioni di

soglia: tra i 1.70V ed i 2V, con passo di 100mV.

Start Jitter vs Vth Mean signal delay vs Vth

Vth

a) b)

1.6 1.7 1.8 1.9 2 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5-40

-20

0

20

40

60

80

100

120

140

Vth (V)

Mea

nde

lay

from

trig

ger

(ns)

-200 0 200 3000

500

1000

1500

2000

2500

hit start to/from trigger distance (ns)

coun

ts

Vth1=1.70VVth2=1.80VVth3=1.90VVth4=2.00V

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-81-

Per soglie elevate, accompagnata da una perdita di efficienza (tutte le acquisizioni si

riferiscono a 16000 trigger ma il numero di eventi rivelati dipende dalla soglia), si osserva

una estensione della dispersione dei valori (jitter) del ritardo attribuibile al maggior jitter

introdotto dal singolo canale per soglie crescenti ed alla dispersione del guadagno negli

amplificatori di carica dei vari canali (ciò si manifesta maggiormente per soglie elevate).

Contrariamente a quanto appena visto per i ritardi le durate dei segnali diminuiscono

all'aumentare della tensione di soglia in quanto, come già detto a proposito del grafico

dell’efficienza, i segnali raccolti ed amplificati dipendono dalla carica rilasciata nel sensore e

dalla tensione di polarizzazione che in questo esperimento sono fissate. Dunque, per ampiezze

di segnale fissate, si hanno durate più piccole se la soglia viene posta a valori più elevati.

La fig. 5.17a conferma il comportamento della durata media dei segnali in funzione della

soglia impostata.

Fig 5.17 Grafici della durata media della risposta (a) e gli istogrammi delle durate (b) in funzione della

tensione di soglia. Si registra una diminuzione delle durate ed una maggiore dispersione delle caratteristiche per soglie crescenti.

In fig. 5.17b gli istogrammi delle durate mostrano, oltre alla nota perdita dell’efficienza di

rivelazione, uno scarto maggiore dal valore medio per tensioni di soglia crescenti (1.70-2V

con passo 100mV). Presumibilmente questo è dovuto sia alla diversa caratteristica T(Q) dei

vari canali del chip, sia al maggior jitter che uno stesso canale introduce nella durata degli

impulsi per tensioni di soglia crescenti (vedasi fig. 3.12).

A supporto di quanto detto fin qui, e con preciso riferimento alle dispersioni presenti nei

grafici al variare della tensione di soglia, si riportano i ritardi (fig. 5.18) valutati durante la

1.6 1.7 1.8 1.9 2 2.1 2.2 2.3 2.4 2.5100

200

300

400

500

600

700

800

Vth (V)

Mea

npu

lse

wid

th(n

s)

Mean signal duration vs Vth Signal duration vs Vth

Vth

a) b)

0 500 1000 15000

200

400

600

800

1000

1200

pulse duration (ns)

coun

ts

Vth=1.70VVth=1.80VVth=1.90VVth=2.00V

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-82-

calibrazione del chip U22 (fig. 5.26) con soglia 1.90V e tensione di polarizzazione 90V. In

particolare, nell’interpretazione dei fenomeni di dispersione sarà adottata l’ipotesi che

l’effetto di una crescente tensione di soglia per impulsi di carica fissa, sia equiparabile a

quello osservabile per una tensione di soglia fissa con impulsi di carica decrescenti.

In fig. 5.18 si nota che per cariche di test (segnali di test equivalenti a cariche ionizzate)

crescenti il ritardo medio dal trigger diminuisce in quanto il tempo entro cui si intercetta e si

discrimina i segnali relativi alla carica iniettata risulta sempre minore. Inoltre, anche il jitter

diminuisce, in analogia a quanto osservato per il fascio di protoni al decrescere della tensione

di soglia (fig. 5.16b).

Ciò può spiegarsi con la dispersione delle caratteristiche T(Q) dei vari canali che si manifesta

maggiormente per cariche basse rispetto alle soglie (ed analogamente, per alte soglie rispetto

alla carica ionizzata dai protoni).

80 100 120 140 160 180 200 2200

1000

2000

3000

4000

5000

6000

7000

8000

9000

delay from/to trigger

coun

t

TEST SIGNAL DELAY HISTOGRAM (U22,Vth=1.90V)

Q1=72ke-Q2=96ke-Q3=120ke-Q4=150ke-Q5=170ke-

Fig. 5.18 Istogramma dei ritardi nelle risposte di ciascun canale il cui valor medio e la dispersione (jitter)

aumentano unitamente al decremento dell'impulso di test (bassa carica equivalente). Dati ricavati dalla calibrazione del chip U22 (fig. 5.26) con tensione di soglia 1.90V in un range di carica da 72÷170ke-.

A giustificazione della diversa forma tra i grafici di fig. 5.16b e 5.18, si noti come la carica

rilasciata dai protoni sia variabile su tutto il range di calibrazione mentre la fig. 5.18 si

riferisca ad impulsi di test equivalenti a cariche fisse (72,96,121,150,170ke-). Questo significa

che la fig. 5.16b si può pensare come risposta cumulativa a ciascun valore di carica nel range

rilasciato nel sensore dal fascio di protoni: ogni valore di carica con la relativa probabilità di

essere rilasciata (fig. 5.10).

La dispersione delle caratteristiche, come in fig. 5.16b per soglie alte, diviene evidente in

fig. 5.18 per segnali di test bassi. Le differenze tra i diversi canali sono esemplificate dalla

fig. 5.19a ottenuta con una carica equivalente di 72ke-, ed in cui si distinguono i diversi

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-83-

contributi all'istogramma complessivo del chip (in blu). Più specificatamente si possono

individuare due gruppi di canali aventi caratteristiche comuni.

In fig. 5.19b invece si mostra come variano durante la calibrazione, gli istogrammi dei ritardi

dal trigger per il singolo canale 14 del chip U22. Dal crescente jitter che si osserva con

cariche di test minori, si ravvisa come il rumore sovrapposto ad i segnali incida maggiormente

per impulsi di test bassi (per i quali la soglia è prossima al picco dello shaper, fig. 3.12).

Fig. 5.19 Istogramma dei ritardi dal trigger (a) con tensione di soglia ad 1.90V (chip U22) per impulsi

equivalenti ad carica rilasciata di 72ke-. Sono riportati i ritardi di alcuni canali sia separatamente (colori vari), sia cumulativamente (in blu marcato). Con la carica di 72ke- si registra una marcata dispersione dei ritardi. Istogramma dei ritardi dal trigger (b) in funzione della carica iniettata nel canale 14. Per impulsi bassi si ha una maggiore incidenza del rumore che determina un aumento del jitter.

5.2.3 Scansione con tensione di polarizzazione variabile

Nel piano delle misure effettuate col fascio di CATANA è stata prevista una scansione delle

prestazioni in funzione della tensione di polarizzazione (Vbias) del sensore.

Il chip monitorato è U22, con una tensione di soglia fissa e pari a 1.86V, per la quale, con

Vbias=90V, si misura una efficienza di rivelazione pari al 97% (fig. 5.13).

La scansione eseguita si compone di 12 acquisizioni per tensioni di polarizzazione comprese

tra 5V e 100V, ciascuna comprendente 10 run dell’analizzatore di stati logici TLA5201

ovvero circa 16000 trigger.

90 100 110 120 130 140 150 160 170 180 1900

100

200

300

400

500

600

700

800

900

1000

hit start to/from trigger distance (ns). U22 Ch.14, Vth=1.90V

coun

ts

Q4=150ke-Q5=170ke-

Q3=120ke-Q2=96ke-Q1=72ke-

(a) (b)

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-84-

Con soglia fissa, per Vbias crescenti si osserva un progressivo aumento dell’efficienza di

rivelazione (fig. 5.20) dovuto all’estendersi della regione di svuotamento del sensore

(accrescimento proporzionale a biasV [18]).

Una più vasta regione di carica spaziale, sede di un campo elettrico favorevole alla raccolta

delle cariche, offre la possibilità di separare un maggior numero di cariche generate nella

ionizzazione e dunque di rivelarle. Infatti, in assenza di campo elettrico, le eventuali cariche

ionizzate si ricombinerebbero tra loro senza alimentare impulsi di corrente.

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100

250

300

350

400

450

500

550

Vbias (V)

Mea

npu

lse

wid

th(n

s)

Fig. 5.20 Efficienza di rivelazione (a) e durata media di impulso con relativa deviazione standard (b) in

funzione della tensione di polarizzazione del sensore (5÷100V) per protoni da 62MeV. Si ha piena efficienza di rivelazione anche per tensioni inferiori a quella di pieno svuotamento (Vdep). Tensione di soglia: 1.86V.

Quando la polarizzazione è tale da creare una zona di carica spaziale sufficiente a separare la

carica ionizzata minima rilevabile che, per una certa tensione di soglia (nella fattispecie

1.86V), raggiunge la piena efficienza, il sistema raggiunge l’efficienza massima (97% circa)

per quella soglia e vi si stabilizza per tensioni di polarizzazione maggiori.

La fig. 5.20a mostra infatti un appiattimento della caratteristica già per Vbias inferiori (40V) a

quella di pieno svuotamento (75V circa).

Il grafico della durata media d’impulso (fig. 5.20b) ha un andamento che somiglia a quello

dell’efficienza. Ed in effetti, anche la sua interpretazione si riconduce alla graduale crescita

della zona di carica spaziale che determina impulsi di durata sempre maggiore (fino allo

svuotamento del sensore). Inoltre, un aumento della regione di svuotamento dovrebbe portare

(per tensioni <Vdep) ad una durata maggiore che però non si evidenzia in fig. 5.20b. Ciò può

Efficienza (V bias )

Vdep

a)

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 1000

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

0.8

0.9

1

Vbias (V)

Effi

cien

cy

Durata media d’impulso b)

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-85-

essere spiegato con l’appiattimento che, per cariche elevate, contraddistingue la caratteristica

T(Q) dei chip (cap. 4).

Un discorso analogo a quello dell’efficienza può esser fatto anche per quanto concerne la

molteplicità (fig. 5.21a) che, peraltro, essendo la soglia scelta di 1.86V si assesta su valori

bassi (in accordo con fig. 5.13).

Più specificatamente, la molteplicità massima è di 1.025 circa: solo il 2.5% dei cluster è

formato da più di una strip. In particolare la fig. 5.21b classifica i cluster in base al numero di

strip colpite: la quasi totalità delle occorrenze multiple è composto da 2 strip, solo lo 0.01% è

composto da 3 strip, nessun cluster formato da più di 3 strip.

Fig.5.21 Molteplicità (a) e percentuale di cluster per numero di strip (b) in funzione della tensione di

polarizzazione del sensore (5÷100V) per protoni da 62MeV. Tensione di soglia 1.86V. In entrambi i grafici si evidenziano andamenti concordi con l'efficienza del sistema.

Per quanto riguarda il ritardo medio dal trigger, in fig. 5.22 se ne visualizza una diminuzione

all’aumentare della tensione di polarizzazione. Questo è dovuto sia alla sensibilità crescente

del sensore, ovvero una maggiore raccolta di carica ionizzata (dunque un impulso con

maggior ampiezza); sia, seppur in misura minore, alla diminuzione del tempo di raccolta delle

cariche all’interno delle strip del sensore (collection time).

Un ulteriore dettaglio del fenomeno si osserva nella fig. 5.22b che riporta, per differenti valori

di Vbias, gli istogrammi del ritardo dal trigger. Al solito si evidenzia la perdita di efficienza

(un minor numero di eventi conteggiati) in accordo con la fig. 5.20a ed un aumento del jitter

per le tensioni di polarizzazione più basse.

Active strip per cluster(V bias )

Bassa per elevata tensione di soglia (1.86V)

b) Molteplicità (V bias )

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 1001

1.005

1.01

1.015

1.02

1.025

1.03

1.035

Vbias (V)

Mul

tiplic

ity

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 10010-5

10-4

10-3

10-2

10-1

100

Vbias (V)

Mul

ti-cl

uste

rra

te

1-strip-cluster

2-strip-cluster

3-strip-cluster

Efficiency

a)

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-86-

Come nel caso della scansione con la soglia, anche in questa misura, il ritardo dal trigger è

determinato da quello del front end (TdFE(Vbias)) e da quello introdotto dal calorimetro

(TCalorimetro), entrambi comprensivi del ritardo dei cavi di collegamento al LA:

rodCalorimetbiasdFEbiasDelay TVTVT −= )()(

0 50 100 150 200 250 3000

200

400

600

800

1000

1200

1400

1600

hit start to/from trigger distance

coun

ts

Vbias=10VVbias=20VVbias=30VVbias=40VVbias=60VVbias=80VVbias=100V

Fig. 5.22 Ritardo medio dal trigger (a). Per Vbias basse (<40V) il ritardo dal trigger (Tdelay) decresce in modo

proporzionale alla sensibilità del sensore (fino al completo svuotamento dello stesso). A fianco (b) si mostrano gli istogrammi dei ritardi dal trigger, per tensioni di polarizzazione crescenti si osserva una maggior efficienza di rivelazione ed una dispersione (jitter) minore nelle distribuzioni dei ritardi.

5.2.4 Caratterizzazione del fascio di protoni da 62MeV

Per caratterizzare il fascio di CATANA con il quale sono state condotte le varie misure, si è

eseguito una acquisizione con alta statistica

La misura si è svolta con una tensione di soglia di 1.90V, una tensione di polarizzazione di

90V e con lo stesso set-up operativo delle successive altre acquisizioni.

Sono stati memorizzati circa 160000 trigger, un numero dieci volte maggiore di quello di

ogni altra misura per ottenere risultati con alta statistica.

Pulse start delay (V bias )

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 10020

40

60

80

100

120

140

160

Vbias (V)

Mea

nst

art d

elay

(ns)

Signal delay histogram

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-87-

In fig. 5.23 è riportato il numero di eventi validi rilevato su ciascuna strip del sensore (area

operativa evidenziata sulla foto). Si visualizza bene l’influenza del collimatore, ed in

particolare della finestra (5x30mm2) di circa 25 strip di cui è provvisto. Al riguardo, si nota

una collocazione centrale rispetto al sensore ed una effettiva schermatura ad opera del

collimatore, anche se, causa il non perfetto posizionamento dello stesso (si apprezzi il

troncamento del profilo sulle prime strip), sono ipotizzabili trigger da protoni che abbiano

attraversato strip del chip adiacente che non sono monitorate (influenzando così leggermente

la stima dell’efficienza).

I parametri (par. 5.1.2) estrapolati dall’acquisizione sono mostrati nella tab. 5.3 di seguito

riportata:

Profilo del fascio

Fig.5.23 Nella foto è evidenziata la collocazione delle 32 strip monitorate all’interno del sensore (256 strip totali). Il grafico mostra il numero di eventi validi conteggiati sui vari canali. Si nota l’omogeneità del fascio ed il contributo schermate del collimatore posto dietro al sensore. Lo schermo risulta non essere propriamente centrato rispetto alle strip monitorate: questo ci indica una possibile inefficienza dovuta ad un non perfetto posizionamento dello schermo in alluminio.

0 5 10 15 20 25 30 350

1

2

3

4

5

6

7

channel

coun

ts

x103

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

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Tab. 5.3 Dati relativi all’esperimento con fascio di CATANA (protoni da

62MeV). Chip monitorato: U22. Tensione di soglia (Vth): 1.90V.

CHIP U22

Vth=1.90V

PARAMETRO VALORE

Numero di trigger totali

167349

Periodo medio dei trigger

1912 µs

Frequenza media dei trigger 523kHz

Numero di trigger senza alcuna strip colpita 3827 (2.3%)a

Numero di trigger con al più un cluster

165101 (98.6%)a

Numero di eventi validi 161274

Efficienza di rivelazione 96.37%

Numero di occorrenze singole 159769 (99%)b

Numero di occorrenze multiple 1501 (1%)b

Molteplicità media dei cluster

1.009

Cluster multipli 2248 (1.4%)a

a percentuale rispetto al numero totale di trigger b percentuale rispetto al numero di eventi validi

La frequenza media dei trigger è 523Hz, equivalente ad un flusso di circa

3.5 protoni/(s·mm2). Essendo la soglia di 1.90V, l'efficienza di rivelazione del 96%, è minore

rispetto alla massima raggiunta con altri valori di soglia (fig. 5.13). Inoltre solo l'1% di cluster

risulta con più di una strip colpita e dunque la molteplicità è prossima ad uno.

Grazie ad una "etichetta" temporale, usata dall’analizzatore di stati logici per identificare ogni

campionamento dei canali, è stato possibile estrapolare la distribuzione di intervallo

(fig. 5.24) del fascio di protoni. La fig. 5.24b ce ne mostra un dettaglio grazie al quale si può

osservare un comportamento oscillatorio (periodo di circa 1ms, dovuto probabilmente al

ciclotrone) corrispondente ad una distribuzione di intervallo di un processo poissoniano

omogeneo (in rosso, parametro della distribuzione esponenziale: rate 523Hz).

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

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Fig. 5.24 Distribuzione di intervallo dei trigger da calorimetro con fascio di CATANA (in blu). Tensione di

polarizzazione 90V, soglia 1.90V. Il fit con distribuzione esponenziale di rate 523Hz è riportato in rosso. Nel dettaglio (zoom) si nota un comportamento oscillatorio con periodo di circa 1ms.

Infine si riporta (fig. 5.25) la ricostruzione della carica persa nel silicio per il canale numero

16 in questa acquisizione ad alta statistica. La carica ricavata dai dati sperimentali presenta

una buona corrispondenza al fit con distribuzione di Landau (in verde), confermata dal basso

valore della somma dei residui (in media 0.059).

Per cariche basse, la ricostruzione presenta un eccesso di eventi attribuibili ad una maggior

influenza del rumore dell’elettronica di lettura.

La carica più probabile (mediata su tutti i canali del chip U22) risulta essere di circa 87ke-.

Tale valore è minore del 18% circa rispetto a quello ricavato con la simulazione Monte Carlo

(Geant4, fig. 5.25a in blu) per protoni di 62MeV (106ke-).

Discrepanza che, come visto per la sorgente β (fig. 5.8), potrebbe derivare sia dall'incertezza

sul valore delle capacità di test del chip (fig. 5.26), sia, anche se in misura minore, dalla non

idealità degli impulsi di test usati nella calibrazione (errori nella misura dell’ampiezza dei

segnali e nell’ipotesi di onda quadra).

Ci dovrà quindi essere una rivalutazione, canale per canale, del Time-Over-Threshold (TOT,

ovvero della caratteristica T(Q)) in base al confronto tra i dati sperimentali e quelli ottenuti

con le simulazioni Monte Carlo. In ogni caso, ciò non sarà propriamente un problema, visto

che comunque il sistema dovrà essere calibrato con un fascio di protoni prima dell'uso: la

calibrazione non sarà basata esclusivamente sui valori nominali dei componenti.

Distribuzione d’intervallo

ZOOM

0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000

10-4

10-3

trigger time (us)

coun

ts

Experimental data

Exponential distribution

0.5 1 1.5 2 2.5x 104

10-6

10-5

10-4

10-3

trigger time (us)

coun

ts

Experimental data

Exponential distribution

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

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Fig 5.25 Ricostruzione (a) della carica raccolta dalla strip 16 chip U22 con tensione di soglia di 1.90V e

polarizzazione 90V per protoni da 62MeV. In rosso i dati sperimentali, in verde l’interpolazione con distribuzione di Landau nell’approssimazione di Moyal ed in blu la simulazione di Monte Carlo (Geant4). I dati sperimentali mostrano un valore più probabile inferiore a quello indicato dalla simulazione. Questo può attribuirsi ad un errore sulla capacità di test (0.5pF) o sui segnali di test usati in fase di calibrazione. La figura a lato (b) riporta invece la somma dei residui (in verde) e la carica più probabile (in blu) per ciascun canale. La media su tutti i canali risulta essere rispettivamente 0.0014 e 87ke-. La somma dei residui risulta maggiore in quei canali che hanno meno statistica (vedi fig. 5.23).

0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2x 105

350

400

450

500

550

600

650

charge (electrons)

T (

ns)

Fig 5.26 Calibrazione del chip U22 effettuata nei laboratori dell’INFN di Firenze, con tensione di soglia di

1.90V e tensione di polarizzazione di 90V. Impulsi di test in un range equivalente alla carica persa in 200µm di Si (simulazione Geant4, fig. 5.25): circa 80-200ke-. Per cariche basse si nota maggiormente la dispersione delle caratteristiche dei vari canali.

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 3.5x 105

0

0.5

1

1.5

2

2.5x 105

released charged (electrons)

norm

aliz

edfr

eq.

Landau fitexperimentGeant4

Ch.16

6

7

8

9

10x 10 4

Channel

mos

tlik

ely

char

ge(e

lect

rons

)

0 5 10 15 20 25 30 350.04

0.06

0.08

0.1

sum

of r

esid

uals

(rm

s)

(b) (a)

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-91-

5.3 Prove del tracker module con protoni da 62MeV

In un secondo test con il fascio di CATANA, è stato effettuato un altro esperimento con

protoni da 62MeV assemblando la scheda di front end con la relativa scheda digitale. Questo

test ha avuto dunque lo scopo di verificare il comportamento di un modulo tracciatore

completo (tracker module) del progetto PRIMA. Il set-up, le modalità ed i risultati della

misura saranno riportati nel par. 5.3.2 che, a differenza di quanto visto fin qui, sono stati

ottenuti monitorando tutti i 256 canali (8 chip) relativi alle strip del sensore montato sulla

scheda di front end.

È stata quindi una tappa fondamentale per la validazione del progetto del tracciatore, in

quanto tale test ha permesso di verificare (par. 5.3.2) che il funzionamento della scheda di

front end non è apprezzabilmente perturbato da quello della scheda digitale (seppur ben

progettata, inevitabilmente fonte di disturbi elettromagnetici). Ed ha inoltre confermato il

buon lavoro svolto nell’individuazione e nella rimozione delle sorgenti di rumore che, in un

primo momento, hanno pregiudicato il funzionamento del front end (par. 3.4).

5.3.1 Gestione della memoria della scheda digitale

Come preambolo introduttivo alla descrizione della misure con il fascio di CATANA

effettuate con un tracker module del progetto PRIMA, in questo paragrafo verranno discusse

alcune modalità di gestione delle informazioni all’interno della memoria della scheda digitale:

4banchi di memoria 1Mx16bit (cap. 2).

Ad ogni trigger, i 256 segnali della scheda di front end, rappresentativi delle microstrisce del

sensore, devono essere monitorati ed elaborati prima di esser immagazzinati in memoria.

Per far questo, all’interno di una finestra di campionamento, ci sono diverse modalità di

acquisizione (la tab. 5.4 riporta le specifiche):

• memorizzazione di tutti i campionamenti dei segnali associati a tutte le strip del

sensore (campionamento intero)

• memorizzazione della durata e del tempo di inizio di tutti segnali provenienti dalla

scheda di front end (memorizzazione dell’integrale dei segnali nella finestra di

campionamento)

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-92-

• memorizzazione di un singolo campionamento (1bit) dei segnali relativi a tutte le

strip del sensore (campionamento singolo)

• memorizzazione, in una delle modalità precedenti, solo delle strip colpite (zero-

suppression)

Più in dettaglio, considerando la necessità di campionare ad ogni trigger i 256 segnali per un

periodo di almeno 800ns (ragionevole durata massima d’impulso); si può calcolare il numero

di eventi memorizzabili, comprendendo anche il GEN (Global Event Number) ed il LEN

(Local Event Number), in una scrittura di tutto il banco di memoria.

Per esempio, nella modalità di campionamento integrale si deve memorizzare, per ogni strip,

un numero che corrisponda al tempo di risposta ed all’istante di inizio della risposta del

canale. Si avranno dunque 80 campionamenti (finestra di campionamento 800ns) e dunque un

numero (arrotondato al byte) ad 8+8bit da memorizzare.

Naturalmente si dovrà tener conto anche del Global Event Number (8bit) e del Local Event

Number (LEN, codice di 24 bit che identifichi il GEN per non limitarne la validità a soli 256

eventi). Indicativamente quindi si dovranno memorizzare 258 word da 16bit per trigger,

ovvero si potrà acquisire 4Mword/258 ≈ 16300 eventi prima di esaurire la memoria.

Si noti peraltro che il tempo di risposta così valutato, presuppone assenza di rumore sui

segnali provenienti dal front end difficilmente valutabile con il solo integrale, anche se, una

certa indicazione può fornirla il tempo di inizio impulso quando non in coincidenza col

trigger.

Volendo un’analisi più accurata come quella permessa dalla modalità di campionamento

intero, si potrebbero memorizzare gli 80 campionamenti per canale con una stringa di bit

(256x80/16+(GEN+LEN)=1282word da memorizzare per trigger). Dunque con circa 3270

eventi allocheremmo l’intero banco di memoria.

Da un punto di vista di temporizzazione, pensando che ad ogni trigger segue il

campionamento delle 256 strip e la memorizzazione dei dati, avremo che nel caso

dell'integrale sulla finestra di campionamento sarà necessario un tempo di scrittura in

memoria di 258x30ns=7.74µs, mentre nel caso dell'immagazzinamento di tutti i campioni

della finestra sarebbero necessari addirittura 1282x30ns=38.46µs.

Da queste valutazioni risulta chiaro come il rate di 1MHz posto come specifica dell'apparato

possa essere raggiunto solo riconoscendo già a livello di FPGA le strip colpite e

memorizzando solo i dati ad esse riferite (zero-suppression).

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-93-

Tab. 5.4 Tabella consuntiva delle modalità di memorizzazione dei dati Modalità di memorizzazione:

Numero dei segnali

memorizzati

Durata di campionamento

del singolo evento:

Tempo di scrittura in memoria

Numero indicativo massimo di eventi

in memoria

Campionamento intero

256 800ns 38.46µs 3270

Campionamento intero con zero- suppression

3 800ns

570ns 220000

Campionamento singoloa

256 4ns

540ns 233000

Campionamento singolo con zero-suppressionb

256 4ns

120ns 1048000

Integrale nella finestra di campionamento

256 800ns

7.74µs 16300

Integrale nella finestra di campionamento con zero- suppression

3 800ns

210ns 599000

a18word da memorizzare: 16word (dati dei 256 segnali) + 4byte(GEN e LEN) b4word da memorizzare: 4byte(dati ed etichette dei canali) + 4byte(GEN e LEN)

In questa logica, nel caso dell’integrazione, si dovranno acquisire (al massimo) 3 strip colpite

che occupano 3 byte di memoria (ulteriori 3 byte con per le rispettive etichette che le

identificano all’interno del sensore del front end), il GEN ed il LEN che occupano 4 byte

anch’esse ed il tempo di inizio di impulso che necessita di altri 3 byte.

In totale si avranno quindi da scrivere 7 word, ovvero in un tempo di 210ns (che rientra

ampliamente nelle limitazioni del rate di 1MHz) potranno essere scritti in memoria i dati

relativi ad un evento. È pertanto possibile memorizzare fino a 599000 eventi.

In alternativa, volendo monitorare l’intera finestra di campionamento dei 3 canali,

(3x80/16=15 word più il GEN, il LEN e le etichette) si avranno da memorizzare 19 word.

Necessitando dunque di un tempo di 570ns, nell’ipotesi verosimile di codice multitasking (che

consenta alla FPGA di memorizzare e campionare al contempo), rimarremmo ancora nelle

specifiche richieste. Indicativamente il programma caricato sulla FPGA dovrà quindi

occuparsi di memorizzare i dati relativi al campionamento precedente mentre, in parallelo, sta

compiendo il successivo (con riferimento a ciò sarà necessario valutare l’eventuale contributo

di rumore sul front end del processo di scrittura in memoria). Con la modalità di acquisizione

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-94-

di campionamento intero con zero-suppression sarà possibile trattare 220000 trigger prima di

dover scaricare la memoria

5.3.2 Misure con il fascio di CATANA

A conclusione del capitolo, in questo paragrafo si illustrano i risultati conseguiti unendo la

scheda digitale e quella di front end a formare il primo tracker module dell’apparato PRIMA

in un esperimento condotto con il fascio di protoni di CATANA da 62MeV (fig. 5.27).

In tale circostanza la comunicazione tra le schede è avvenuta solo per quanto concerne

l’acquisizione ed il trasferimento dei dati, mentre la scheda digitale non ha gestito i vari

segnali di controllo come quelli per la configurazione delle soglie o per i segnali di errore

degli LDO. In particolare la tensione di soglia è stata fornita esternamente con una sezione

dell’alimentatore HP E3631A per ciascun gruppo di chip (cap. 3).

n

b

a c

d

e

f

g

h

m

n

b

a c

d

e

f

g

h

m

Fig 5.27 Set-up di misura col tracker module. In foto sono evidenziati i dettagli: la scheda

digitale (a), la scheda di front end (b), e le rispettive alimentazioni (c e d), la FPGA (e), il sensore (f), la porta seriale (g) che collega il Mini Module al PC, la pipe (h) del fascio, la struttura di supporto in alluminio (m) ed il programmatore del Mini Module (n).

Il Mini Module Virtex4-FX12 presente sulla scheda digitale è stato connesso alla porta seriale

di un terminale con il compito di gestire l’inizio dell’acquisizione dati. In fase di

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-95-

inizializzazione, il Mini Module azzera tutti e quattro i banchi di memoria della scheda

digitale ed attende il comando di start da parte del terminale. Quando tale comando viene

inviato, il Mini Module richiede alla FPGA Xilinx Spartan-3AN XC3S1400 di procedere

all’acquisizione dati.

A partire dal codice VHDL precedentemente sviluppato [9], sono state realizzate ed utilizzate

due versioni per il software caricato sulla Spartan: una diagnostica che consente di simulare il

comportamento di un logic analyzer per 32 canali, e una che effettua una integrazione nella

finestra di integrazione e che li monitora tutti. La prima ha dato risultati compatibili con quelli

ottenuti nella sessione di prova precedente con la scheda di front end letta dall’analizzatore di

stati logici (par. 5.2), mentre l'altra ha fornito i risultati che verranno di seguito illustrati.

Quindi, ad ogni trigger proveniente dall’elettronica di lettura del tubo fotomoltiplicatore

accoppiato col cristallo scintillante YAP:Ce, la FPGA campiona a 100MHz ed integra per

circa 1µs (100 campioni) i segnali relativi ai 256 canali degli otto chip del front end (trasmessi

attraverso due connettori da 4x36vie). Non sono stati acquisiti campionamenti dei segnali

antecedenti l’istante di trigger. Ciò, dovrà essere implementato nella prossima versione del

software alla luce dei risultati che, per taluni valori di tensioni di soglia e/o polarizzazioni,

indicano un inizio delle risposte dei segnali precedenti al trigger da calorimetro (vedasi

fig. 5.16).

Dunque, per ogni trigger è memorizzato l'integrale di ciascun canale: 256 parole di 16 bit fino

all’allocazione di tutti i banchi di memoria della scheda digitale. In particolare, dato che non è

stata effettuata nessuna zero-suppression e non è stato adottato nessun codice identificativo, il

tempo di memorizzazione di una finestra di campionamento risulta essere di circa 7.74µs con

una possibilità di memorizzare fino a 16300 eventi-trigger per ogni misura (tensioni di soglia

e di polarizzazione fissate).

Conclusa la memorizzazione dei dati, la FPGA comunica l’avvenuta acquisizione al Mini

Module. Esso quinci li trasmette, tramite il collegamento seriale a circa 100kbit/s (soluzione

temporanea in vista dell’implementazione del protocollo Ethernet), verso il PC remoto in

formato esadecimale. A trasmissione avvenuta i dati, raggruppati in un file di testo, sono

dunque pronti per essere elaborati off-line con il programma Matlab©.

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-96-

In questo esperimento, sono state effettuate misure per tre tensioni di soglia comuni per tutti i

chip e rispettivamente 1.80V, 1.90V e 2.00V con una tensione di polarizzazione del sensore

fissata pari a 90V.

La fig. 5.28 mostra il conteggio degli eventi validi per ciascuno dei 256 canali del sensore con

due diverse tensioni di soglia rispettivamente di 1.90V (in blu) e 2.00V (in rosso). Questi dati

devono essere valutati considerando i diversi chip coinvolti: sono dunque influenzati dai

relativo punto di lavoro dei dispositivi. Peraltro c’è da aggiungere come l’integrazione dei

segnali operata solo successivamente al trigger possa in parte pregiudicarne l’analisi, anche

se, come discusso a breve, per questo test le durate dei segnali risultano attendibili.

Profilo del fascio

Fig. 5.28 Si riporta il numero di eventi validi conteggiati sui 256 canali del sensore nell’esperimento col fascio di CATANA con un tracker module del progetto PRIMA. I dati acquisiti si riferiscono a due valori della tensione di soglia. Nel grafico si nota l’omogeneità del fascio e l’effetto del calorimetro avente un diametro (2.5cm) minore del lato lungo dell’apertura del collimatore (30mm) posta trasversalmente alle strip del sensore. In verde è evidenziata la collocazione delle 32 strip del chip U22 monitorate durante gli esperimenti condotti col solo front end. I dati sono stati acquisiti dalla scheda digitale e trasmessi tramite protocollo seriale ad un PC remoto.

0 10 20 30 40 50 600

10

20

30

40

50

position (mm)

coun

tsVth=1.90VVth=2.00V

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-97-

Il fascio è stato collimato dallo stesso schermo fissato sul retro sensore usato nel precedente

esperimento (par. 5.2), con spessore 2cm ed apertura di dimensione 5x30mm2 , ma col lato

più lungo disposto perpendicolarmente alle strip del sensore. In fig. 5.28 si nota come più che

il solo al collimatore, sia l’azione combinata col diametro dello scintillatore (2.5cm) a

determinare le strip del sensore aventi un maggior numero di risposte in coincidenza col

trigger (eventi validi).

In verde è evidenziata l’area del sensore che attiene al chip U22 monitorato nelle precedenti

prove con il fascio di CATANA. Escludendo alcuni canali inefficienti, i risultati sono in

accordo con quanto precedentemente descritto.

0 20 40 60 80 100

50

100

150

200

250

Time over Threshold (x10ns)

coun

ts

Vth=1.80VVth=1.90VVth=2.00V

Fig. 5.29 Istogramma delle durate dei segnali dei 256 canali che monitorano il sensore per tre tensioni di soglia

(1.80V in marrone, 1.90V in verde, 2V in rosso). Per tensioni di soglia crescenti si ha una perdita di efficienza ed anche la durata media dei segnali diminuisce, aumenta invece la dispersione delle distribuzioni. I dati sono stati acquisiti dalla scheda digitale e trasmessi tramite protocollo seriale ad un PC remoto.

In fig. 5.29 si riportano gli istogrammi delle durate dei segnali rilevati per tre diverse tensioni

di soglia (1.80V,1.90V,2.00V).

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Capitolo 5 – Misure con radiazioni ionizzanti

-98-

Per tensioni di soglia crescenti, nella figura si apprezza bene sia la maggiore dispersione delle

caratteristiche, sia la diminuzione della durata media dei segnali. In particolare, i valori medi

delle tre distribuzioni per soglie crescenti sono 590,490,380ns. Confrontando tali valori con

quelli ottenuti nella precedente misura (fig. 5.17) con la scheda di front end ( 580 460 350) si

nota una sostanziale congruenza.

Infine, così come le precedenti considerazioni sul profilo del fascio, anche queste sono

consistenti con i risultati conseguiti con la scheda di front end: si può dunque constatare

l’effettiva funzionalità del primo tracker module del progetto PRIMA.

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Conclusioni

-99-

CONCLUSIONI

La presente tesi, svoltasi all’interno del progetto PRIMA dell’INFN (cofinanziato dal PRIN

2006), ha riguardato lo studio, lo sviluppo, la caratterizzazione ed il testing della scheda di

front end di un apparato radiografico con protoni.

Un primo compito assolto è stato quello di individuare le cause dell’alto livello di rumore

riscontrato nella fase preliminare di studio. A tale riguardo, le sorgenti principali del rumore

sono state individuate nei regolatori di tensione (LDO) presenti sul front end. Se ne è quindi

operata la sostituzione a favore di altri dispositivi con un livello di rumore notevolmente più

basso (par. 3.4).

In una seconda fase di questa tesi, per quanto riguarda la valutazione della presente e delle

successive schede di front end, sono state redatte e seguite delle linee guida che ne

consentono una caratterizzazione sistematica (par. 4.1).

Per ognuno degli otto chip della scheda è stata quindi valutata l’efficienza di rivelazione

(par. 4.3) con segnali di test equivalenti a tre valori di carica rilasciata nel sensore: 15ke-,

30ke- e 80ke-. Tali cariche sono rispettivamente: la carica più probabile rilasciata da una MIP

(minimum ionizing particle) in 200µm di silicio [10] (spessore del sensore ospitato sulla

scheda) e le cariche minime ionizzate nel sensore dal passaggio di protoni da 250MeV e da

62MeV (simulazioni Geant4 [4]).

La calibrazione di ciascun chip della scheda è stata eseguita per due diversi livelli di soglia,

scelti tali da garantire bassa occupazione di rumore (<10-3 ) e piena efficienza (>95%) sia per

MIP che per protoni da 62MeV.

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Conclusioni

-100-

Avendo così caratterizzato in laboratorio il comportamento del front end, la terza tappa di

questo lavoro è stata quella di condurre, sia in fase operativa sia nella successiva fase di

analisi dei dati, degli esperimenti con radiazioni ionizzanti per verificare l’efficienza di

rivelazione e l’energia persa dalle varie particelle nell’attraversamento del silicio. Possibilità

quest’ultima, offertaci dalla misura (confrontata con i dati della calibrazione) del Time-Over-

Threshold (TOT), ovvero del tempo per il quale il segnale proveniente dalle strip ed elaborato

dall’elettronica di read-out supera la soglia impostata sulla scheda.

Prove con sorgente di radiazioni β sono dunque state eseguite nei laboratori dell’INFN di

Firenze su tutti i chip del front end. In tale sede si è potuto misurare un valore medio

dell’efficienza di rivelazione complessiva del 75% (par. 5.1.1). Tale risultato può considerarsi

soddisfacente in ragione del fatto che la carica più probabile rilasciata da una MIP (elettroni

emessi dalla sorgente, par. 5.1.1) nel sensore del front end è circa la metà della minima carica

ivi rilasciata da protoni da 250MeV (energia indicata per una tomografia con protoni,

par. 2.1).

Nell’esperimento condotto sulla scheda di front end con il fascio di protoni da 62MeV (fascio

di CATANA, LNS-INFN) è risultato un valore massimo dell’efficienza di rivelazione del

98% circa (par. 5.2.2). Tale valore, seppure buono a prescindere, lo è ancor più perché stimato

con una geometria non perfettamente allineata (par. 5.2.4) ed adottando scelte cautelative

riguardo la corretta rivelazione degli eventi (i cluster multipli sono considerati eventi non

validi cioè non rivelati; par. 5.1.2). In sede di misura si sono poi operate scansioni utili per

comprendere più compiutamente il funzionamento della scheda di front end: sia variando la

tensione di soglia del chip, sia variando la polarizzazione del sensore (par. 5.2.3, par. 5.2.4).

Comunque, per entrambe le prove con radiazioni ionizzanti, grazie al TOT ed alle calibrazioni

effettuate in laboratorio, è stata ricavata la carica ionizzata da ogni particella nel silicio. I

risultati si possono ritenere soddisfacenti anche se differiscono, al più, del 18% da quelli attesi

(par. 5.1.2, par. 5.2.4). Ciò, in particolare, è attribuibile all’incertezza sui valori nominali delle

capacità attraverso cui è avvenuta la calibrazione dei chip e sul valore dei segnali usati in tale

test.

Nell’ultima fase di questa tesi, è stato inoltre possibile effettuare con il fascio protonico da

62MeV la prima verifca sul modulo tracciatore (tracker module) formato unendo la scheda di

front end con la scheda digitale. I risultati preliminari del test si mostrano compatibili con

quelli conseguiti con il precedente esperimento con fascio di protoni da 62MeV. In particolare

l’apparato si è dimostrato capace di operare anche in presenza della scheda digitale che,

seppur ben progettata, costituisce comunque una fonte di disturbi elettromagnetici.

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Conclusioni

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Concludendo, il lavoro svolto ha permesso di caratterizzare completamente la scheda di front

end e ne ha mostrato le prestazioni in termini di efficienza, sia nelle prove di laboratorio sia e

soprattutto negli esperimenti condotti con le radiazioni ionizzanti.

Con questi risultati è stata convalidata la bontà del progetto e della realizzazione dei prototipi

della scheda di front end: si è potuto quindi procedere alla costruzione delle schede definitive.

È stato altresì possibile assemblare il front end con la scheda digitale e formare il primo

modulo tracciante. Integrando parte del programma già precedentemente sviluppato [9] per la

FPGA della scheda digitale, è stato dunque condotto un nuovo esperimento con il fascio di

CATANA che ha prodotto risultati incoraggianti in vista delle prossime tappe del progetto

PRIMA.

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IEEE Trans. Nucl. Sci., submitted.

[22] V. Sipala et al., "First Results and Realization Status of a Proton Computed

Radiography Device," Nuclear Physics B (Proceedings Supplement), in press.

Page 110: Analisi e sviluppo della scheda di front-end per un ... Corso di Laurea Specialistica in INGEGNERIA E LETTRONICA ... (PRoton IMAging ) dell’Istituto Italiano di Fisica Nucleare,

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RINGRAZIAMENTI

Durante il lungo tirocinio che ha portato alla stesura di questa tesi ho vissuto esperienze

formative ed ho incontrato persone interessanti. Le prime mi hanno tutte indistintamente

arricchito, le seconde hanno avuto ciascuna ruolo e meriti propri che non voglio esimermi dal

riconoscere.

Ringrazio quindi la Prof. Mara Bruzzi che mi ha concesso questa opportunità, l’Ingegnere

Samuela Valentini per il supporto, il Sig. Mauro Tesi per l’esperienza ed il Prof. Lorenzo

Capineri per la disponibilità. Sinceri ringraziamenti vanno alla Dott. Valeria Sipala ed al Dott.

Nunzio Randazzo per l’accoglienza e la collaborazione ricevuta nei giorni passati a Catania.

Un riconoscimento particolare per il Dott. Carlo Civinini ed il Dott. David Menichelli, l’uno

per l’alto valore degli insegnamenti, della competenza e per i numerosi commenti alla tesi,

l’altro per la cordialità, la versatilità e il metodo di lavoro.

Infine un grazie a tutte le persone quali i miei genitori, mio fratello ed i miei amici che, pur

estranee a questo lavoro, fanno parte dell’autore.