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www.dantonio-consulting.it Prima di introdurre i diversi metodi di valutazione delle aziende si ritiene utile riprendere le nozioni base dell'analisi di bilancio, nozioni necessarie per quantificare le grandezze che verranno poi utilizzate nei diversi metodi di valutazione. Analisi di bilancio SCOPO DELL’ANALISI DI BILANCIO: Informativo. L’analisi di bilancio fornisce delle informazioni circa l’andamento dell’impresa e il suo equilibrio economico/finanziario. Informazioni che, in realtà, possono essere utilizzate per diversi scopi e non soltanto per la stima del valore dell’impresa. SOGGETTI INTERESSATI (STAKEHOLDERS) A TALI INFORMAZIONI: oltre al management (che in dottrina non è ritenuto un vero e proprio stakeholders) che utilizza le informazioni desunte dall’analisi di bilancio per valutare le possibili strategie future e controllare l’effetto delle strategie passate, sono interessati all’analisi di bilancio: a) Azionisti, ossia la proprietà che sarà interessata a controllare l’operato del management b) Finanziatori esterni, come le banche che possono essere interessate alle informazioni desunte dall’analisi di bilancio per due motivi: o stabilire il corretto costo del capitale di debito a fronte di una richiesta di finanziamento dell’impresa o controllare l’operato del management nell’impresa in cui già si è investito e, quindi, per tutelare il proprio investimento c) Stato d) Gli analisti, nel caso delle società quotate e) Clienti f) Fornitori, al fine di valutare la possibilità di concedere dilazioni di pagamento di un certo periodo

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Prima di introdurre i diversi metodi di valutazione delle aziende si ritiene utile

riprendere le nozioni base dell'analisi di bilancio, nozioni necessarie per quantificare

le grandezze che verranno poi utilizzate nei diversi metodi di valutazione.

Analisi di bilancio

SCOPO DELL’ANALISI DI BILANCIO: Informativo. L’analisi di bilancio fornisce delle

informazioni circa l’andamento dell’impresa e il suo equilibrio

economico/finanziario. Informazioni che, in realtà, possono essere utilizzate per

diversi scopi e non soltanto per la stima del valore dell’impresa.

SOGGETTI INTERESSATI (STAKEHOLDERS) A TALI INFORMAZIONI: oltre al

management (che in dottrina non è ritenuto un vero e proprio stakeholders) che

utilizza le informazioni desunte dall’analisi di bilancio per valutare le possibili

strategie future e controllare l’effetto delle strategie passate, sono interessati

all’analisi di bilancio:

a) Azionisti, ossia la proprietà che sarà interessata a controllare l’operato del

management

b) Finanziatori esterni, come le banche che possono essere interessate alle

informazioni desunte dall’analisi di bilancio per due motivi:

o stabilire il corretto costo del capitale di debito a fronte di una richiesta

di finanziamento dell’impresa

o controllare l’operato del management nell’impresa in cui già si è

investito e, quindi, per tutelare il proprio investimento

c) Stato

d) Gli analisti, nel caso delle società quotate

e) Clienti

f) Fornitori, al fine di valutare la possibilità di concedere dilazioni di pagamento

di un certo periodo

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Tipi di analisi di bilancio

COME SVOLGERE LA SUDDETTA ATTIVITÀ DI ANALISI E SU QUALI DOCUMENTI CI SI

BASERÀ PER SVOLGERLA?

Dipende. Soggetti diversi avranno informazioni diverse sull’attività dell’impresa. In

generale possiamo classificare due diversi tipi di analisi di bilancio:

1. Interna: attuata dal management che avrà informazioni sull’attività

dell’impresa più dettagliate e, di conseguenza, ha la possibilità di svolgere una

analisi più approfondita.

2. Esterna: attuata dagli stakeholders che si rifaranno ai documenti resi

disponibili dall’azienda, primo fra tutti il bilancio costituito dal Conto

Economico, lo Stato Patrimoniale e la Nota Integrativa.

Nel corso ci occuperemo di quest’ultimo tipo di analisi che non può prescindere

dalla riclassificazione dello Stato Patrimoniale e del Conto Economico.

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Lo Stato Patrimoniale secondo i dettami dell’art. 2424 c.c.

Il codice civile nell’art. 2424 impone di redigere lo stato patrimoniale secondo il

criterio della destinazione. Per cui:

STATO PATRIMONIALE

(ART. 2424 C.C.)

ATTIVO (IMPIEGHI)

A) Crediti verso soci per versamenti ancora dovuti con separata indicazione della parte già richiamata

B) Immobilizzazioni

I) immateriali

II) materiali

III) finanziarie

C) Attivo Circolante

I) rimanenze

II) crediti (commerciali) con separata indicazione della parte esigibile oltre l'esercizio

III) attività finanziarie diverse da imm. fin.

IV) disponibilità liquide

D) Ratei e Risconti con separata indicazione del disaggio su prestiti

PASSIVO (FONTI)

A) Patrimonio netto

I) capitale proprio

II - VIII) riserve di utile

IX) utile di esercizio

B) Fondi per rischi ed oneri

C) T.F.R.

D) Debiti con separata indicazione della parte esigibile oltre l'esercizio

I) obbligazioni

IV) vs banche

VII) vs fornitori

XII) tributari

XIV) altri debiti

E) Ratei e Risconti con separata indicazione dell'aggio su prestiti

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Lo S.P. esposto secondo i dettami dell’art. 2424 del c.c. non permette di cogliere

molte informazioni rilevanti circa l’equilibrio finanziario dell’impresa e, quindi,

indirettamente non permette una corretta valutazione del valore dell’azienda1. Per

questo l’attività di analisi di bilancio, finalizzata alla stima del valore d’impresa,

necessita di una previa riclassificazione dello Stato Patrimoniale che avverrà in base

al criterio finanziario a liquidità crescente. In particolare:

le voci dello S.P. verranno riclassificate sulla base del criterio finanziario

le voci così ottenute verranno reimmesse all’interno dello S.P. sulla base del

criterio della liquidità crescente.

Procedendo per gradi.

Utilizzando il criterio finanziario (o della realizzabilità) le poste dello S.P. vengono

distinte in base alla loro capacità di trasformarsi in denaro in un periodo inferiore o

superiore all’anno. In particolare:

Le poste del passivo verranno distinte sulla base alla loro capacità di richiedere

un esborso di denaro in un periodo superiore o inferiore all’anno;

Le poste dell’attivo verranno distinte sulla base alla loro capacità di generare una

entrata in un periodo superiore o inferiore a un anno.

Una volta che le poste dello stato patrimoniale sono state riclassificate secondo il

criterio finanziario, esse saranno reimmesse all’interno dello SP. Tale operazione

può esser eseguita rifacendosi a due diversi criteri:

a. Il criterio della destinazione dell’investimento o dell’origine della fonte. In tal

caso l’attivo dello S.P. viene suddiviso in Immobilizzazioni e Disponibilità mentre

il passivo in Mezzi Propri e Mezzi Di Terzi;

1 Proprio sulla base del presupposto che l’equilibrio economico e finanziario dell’impresa sia una delle componenti che determina il valore della stessa

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b. Il criterio del grado di liquidità secondo il periodo convenzionale di 12 mesi. In tal

caso l'attivo viene distinto tra Attivo Fisso e Attivo Circolante ed il passivo in

Capitale Permanente, Passività consolidate e Passività Correnti. Il criterio della

liquidità può esser applicato in due modi differenti potendo così distinguere il

criterio della liquidità:

I. crescente: in cui gli aggregati e le poste vengono ordinati dal meno

“liquido” al più “liquido”

II. decrescente: in cui gli aggregati e le poste vengono ordinati dal più

“liquido” al meno “liquido”.

In particolare avremo:

Noi utilizzeremo il criterio finanziario a liquidità crescente.

SP

Attivo Fisso

Attivo

Circolante

Capitale

permanente

Passività

correnti

SP

Attivo Fisso

Attivo

Circolante

Capitale

permanente

Passività

correnti

Criterio della liquidità crescente Criterio della liquidità decrescente

Passività

consolidate Passività

consolidate 12 mesi

12 mesi

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ATTIVO

Utilizzando tale criterio andremo a suddividere l’attivo dello S.P. nelle seguenti fasce

o zone:

1. Attivo fisso o immobilizzato: che è a sua volta suddivisibile in tre sub-aree:

Immobilizzazioni immateriali: che coincide con la sottoclasse B.I. dello S.P.

redatto secondo l’art. 2424 del c.c.

Immobilizzazioni materiali: che coincide con sottoclasse B.II dello S.P.

redatto secondo l’art. 2424 del c.c.

Immobilizzazioni finanziarie: che, differentemente dalle precedenti, non

coincide con l’omologa sottoclasse B.III. dello S.P. “classico” ma contiene:

i. Le partecipazioni (in imprese controllate, collegate ecc.), le azioni

proprie e gli altri titoli che dalla Nota Integrativa si evince non

saranno liquidate entro il prossimo esercizio;

ii. Crediti da richiamare per versamenti ancora dovuti. Si fa riferimento

alla prima posta dell’attivo dello SP nella quale, secondo quanto

stabilito dall’art. 2424 del c.c., si deve sempre specificare la parte dei

versamenti dovuti dai soci:

1. Richiamata che come vedremo andrà nell’attivo corrente

2. Da richiamare: tale porzione va nelle Imm. finanziarie perché

si presume che tali crediti non saranno riscossi a breve

iii. Crediti di natura finanziaria – individuabili nella voce B.III.2. dello SP

art. “classico” – o commerciale – individuabili nella sottoclasse C.2

dello SP art. 2424 del c.c. – esigibili oltre il prossimo esercizio;

iv. Disaggio di emissione.

2. Attivo circolante o capitale circolante che a sua volta è costituito da tre sub-aree:

Rimanenze o diponibilità, in cui andremo inserire tutti i tipi di rimanenze –

individuabili nella sottoclasse C.I. dello SP art. 2424

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Liquidità differite, in cui andremo a inserire:

i. tutti i crediti di natura finanziaria – individuabili nella voce B.III.2.

dello SP art. 2424 c.c. – o commerciale – individuabili nella

sottoclasse C.II. dello SP art. 2424 c.c. – esigibili entro il prossimo

esercizio;

ii. I crediti verso soci per versamenti ancora dovuti già richiamati

iii. Partecipazioni, altri titoli e azioni proprie che l’impresa intende

liquidare entro il prossimo esercizio (info rinvenibili nella Nota

Integrativa);

Liquidita Immediate: in tale aggregato andranno le disponibilità liquide –

sottoclasse C.IV. dello SP art. 2424 del c.c.

ATTENZIONE!!! Particolare attenzione deve esser posta ad alcune grandezze, prime

fra tutte i ratei e risconti:

i risconti e i ratei attivi vanno collocati nelle liquidità differite dell’attivo

circolante, se relativi a costi comuni a due soli esercizi, mentre si inseriscono

nelle immobilizzazioni, se si riferiscono a costi comuni a più esercizi. Così, ad

esempio, i risconti attivi su canoni di leasing andranno nelle immobilizzazioni

immateriali come i ratei attivi su interessi andranno nelle immobilizzazioni

finanziarie;

Altre grandezze su cui occorre porre particolare attenzione sono:

Crediti vs soci per versamenti ancora dovuti. In tal caso, si ribadisce:

La parte richiamata va tra le liquidità differite

La parte da richiamare va tra le immobilizzazioni finanziarie

Crediti immobilizzati per i quali:

La parte esigibile entro il prossimo esercizio va tra le liquidità differite

La parte esigibile oltre il prossimo esercizio va tra le immob. fin.

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Crediti che non costituiscono immobilizzazioni, per i quali:

La parte esigibile entro il prossimo esercizio va tra le liquidità differite

La parte esigibile oltre il prossimo esercizio va tra le immob. fin.

PASSIVO

Mentre il passivo sarà costituito da:

1) Capitale netto o Patrimonio netto o Capitale Proprio, in cui andremo a inserire:

il capitale sociale che rappresenta la risorsa finanziaria più durevolmente

legata all’impresa per definizione

le riserve

l’utile o la perdita di esercizio

2) Passività consolidate o Redimibilità: in cui inseriremo tutti i debiti con scadenza

posta oltre il prossimo esercizio, indipendentemente dalla loro natura

commerciale – debiti vs fornitori - o finanziaria – obbligazioni e l’aggio su prestiti

- o di altra natura – T.F.R. o debiti tributari. Ne deriva che nelle redimibilità

troveremo anche il T.F.R. Alla luce di quanto detto in realtà non tutto il T.F.R.

dovrebbe esser incluso in tale aggregato: la parte del trattamento di fine

rapporto che si presume dovrà esser restituita ai dipendenti entro il prossimo

esercizio andrà nelle passività correnti. Se non si hanno informazioni in tal senso

allora il T.F.R. andrà tutto nelle passività consolidate.

Non vi sono invece problemi nel caso dell’aggio su prestiti che andrà totalmente

in tale aggregato.

3) Passività correnti o Esigibilità: in cui inseriremo tutti i debiti a breve sia di natura

commerciale che finanziaria.

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ATTENZIONE!!! Particolare attenzione deve esser posta ad alcune poste, prime fra

tutte i risconti e ratei passivi:

I risconti e i ratei passivi vanno nelle passività correnti se riguardanti ricavi

comuni a due esercizi mentre andranno nelle passività consolidate se relativi a

ricavi comuni a più esercizi

Altre grandezze su cui bisogna porre attenzione sono:

I fondi rischi e oneri, che saranno suddivisi in due parti:

quella esigibile entro il prossimo esercizio, che andrà nelle passività

correnti;

quella esigibile oltre il prossimo esercizio, che andrà nelle passività

consolidate.

Utile d’esercizio, che sarà suddiviso in due parti:

La parte da distribuire (come delibera dall’assemblea degli azionisti entro

120 giorni dalla chiusura dell’esercizio) che andrà nelle passività correnti

La parte che andrà ad autofinanziamento che andrà nel Capitale

Permanente

T.F.R., prestiti obbligazioni e mutui passivi: per la parte che nella nota integrativa

risulta esigibile entro il prossimo esercizio (quota di rimborso del mutuo o del

prestito obbligazionario, indennità liquidazione maturata in esercizi precedenti

ma pagata nell’esercizio in esame per cessazione del rapporto di lavoro) viene

inserita fra le passività correnti.

Rifacendoci al criterio della liquidità crescente tali poste verranno inserite all’interno

dello S.P. riclassificato ponendole dalla meno liquida alla più liquida.

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Il nostro S.P. riclassificato apparirà quindi in tal modo:

STATO PATRIMONIALE

RICLASSIFICATO

ATTIVO (IMPIEGHI)

ATTIVO FISSO:

1) imm. immateriali

2) imm. materiali

3) imm. finanziarie

ATTIVO CIRCOLANTE:

1) rimanenze (disponibilità)

2) liquidità differite

3) liquidità immediate

PASSIVO (FONTI)

PATRIMONIO NETTO

1) capitale sociale

2) riserve

3) utile

PASSIVO CONSOLIDATO (REDIMIBILITÀ)

PASSIVO CORRENTE

(ESIGIBILITÀ)

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Analisi per indici e per margini

Una volta riclassificato lo S.P. secondo il criterio finanziario a liquidità crescente è

possibile valutare l’equilibrio finanziario dell’impresa. A tal riguardo una impresa è

solida finanziariamente quando è in grado di perdurare nel tempo adattandosi ai

mutevoli cambiamenti esterni ed interni.

Ciò avviene quando vi è:

1) una razionale correlazione fra fonti e impieghi. Ciò avviene quando:

Le attività immobilizzate sono coperte da fonti di finanziamento di natura

permanente e da debiti a medio lungo termine

Le attività correnti sono coperte da passività di breve termine

2) un ragionevole grado di indipendenza dai terzi.

Al fine di verificare l’esistenza di queste 2 condizioni è possibile calcolare i seguenti

indici (o margini):

Indici di composizione

Indici (margini) di struttura

Indici (margini) di liquidità

Indici di indebitamento

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Indici di composizione

Sono espressi in termini percentuali e derivano dal rapporto tra le diverse classi di

attivo/passivo e il totale degli impieghi/fonti. I principali indici di composizione sono

i seguenti:

INDICE DI RIGIDITÀ

𝐼𝑀𝑀𝑂𝐵𝐼𝐿𝐼𝑍𝑍𝐴𝑍𝐼𝑂𝑁𝐼

𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝐼𝑇𝑂

Indicano la capacità

dell’impresa di modificare la

propria struttura produttiva.

INDICE DI ELASTICITÀ 𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝑂 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐸

𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝑂

Tanto più è alto l’indice di rigidità quanto maggiore è la difficoltà dell’impresa di

adattarsi ai cambiamenti. Anche se, l’indice di rigidità va sempre interpretato con

riferimento al settore nel quale l’impresa opera. Vi sono settori dove i processi

produttivi svolti sono ad alta intensità di capitale ossia richiedono un ampio ricorso

ad impianti altamente automatizzati. In tali casi il maggiore impatto delle

immobilizzazioni sul totale delle attività comporta degli indici di rigidità elevati. In

conclusione, molte imprese proprio perché operano in determinati settori, come

quello farmaceutico, presenteranno un indice di rigidità elevato. Ciò comporta che

tali indici come metro di confronto possono essere utilizzati per confrontare le

imprese che operano nello stesso settore ma non quando le aziende operano in

settori differenti o molto diversi.

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PERCHÉ È IMPORTANTE TALE INDICE? Per quanto si è detto, una impresa è

equilibrata finanziariamente (solida) se riesce ad adattarsi alle mutevoli condizioni

esterne ed interne. Ecco allora che una impresa è maggiormente equilibrata da un

punto di vista finanziario se presenta un indice di rigidità (elasticità) minore

(maggiore).

Altro indice di composizione è l’indice di patrimonializzazione o indice di autonomia

finanziaria:

INDICE DI

PATRIMONIALIZZAZIONE

PRIMARIO

𝑃𝐴𝑇𝑅𝐼𝑀𝑂𝑁𝐼𝑂 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂

𝑇𝑂𝑇𝐴𝐿𝐸 𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝑂

Indica il grado di

capitalizzazione dell’impresa a

valore di libro.

Tanto più elevato è il valore dell’indice di patrimonializzazione, tanto più l’impresa

ricorre all’autofinanziamento limitando fonti esterne di finanziamento.

E’ considerato normale un rapporto compreso tra il 30% e il 60%, buono se

superiore al 60% e critico se inferiore al 30% . In quest’ultimo caso si ha una

situazione di sottocapitalizzazione che potrebbe causare delle difficoltà nell’accesso

al credito e, quindi nello sviluppo. Al fine di uscire da tale situazione di impasse

l’impresa può aumentare il patrimonio netto agendo su due possibili fronti:

Aumento di capitale

Liquidare qualche investimento poco remunerativo

La situazione opposta è quella della sovracapitalizzazione che si ha quando il

suddetto indice è intorno all’80%. In tal caso il management può:

Rimborsare parte del capitale apportato dalla proprietà

Avviare nuove attività

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In realtà anche in tal caso occorre considerare la situazione della singola impresa.

L’entità del capitale proprio va commisurato alla rischiosità aziendale, rinvenibile

nella massima perdita che l’impresa potrebbe registrare, e al costo

dell’indebitamento praticato dai creditori.

Indici e margini di struttura

Sono espressi in termini percentuali e derivano dal rapporto classi di attivo/passivo

contrapposte nello SP. Tali indici permettono di verificare se vi è una razionale

correlazione tra impieghi e fonti di finanziamento degli stessi. I principali indici (e

margini) di struttura sono i seguenti:

INDICI DI STRUTTRA PRIMARIO

𝑃. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂

𝐼𝑀𝑀𝑂𝐵.

MARGINE DI STRUTTURA PRIMARIO 𝑃. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂 − 𝐼𝑀𝑀𝑂𝐵.

Se tale indice assume un valore uguale o maggiore di 1 significa che il capitale

proprio finanzia completamente gli investimenti immobilizzati; se assume un valore

inferiore a 1 allora l’impresa ha fatto ricorso anche a fonti esterne. Questo ultimo

caso non necessariamente riflette una situazione negativa, purché ciò sia avvenuto

con indebitamento a medio-lungo termine.

Al fine di verificare tale circostanza si utilizza l’indice di struttura secondario:

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INDICE DI STRUTTURA SECONDARIO 𝑃𝑁 + 𝑃. 𝐶𝑂𝑁𝑆.

𝐼𝑀𝑀.

MARGINE DI STRUTTURA SECONDARIO (𝑃𝑁 + 𝑃. 𝐶𝑂𝑁𝑆) − 𝐼𝑀𝑀.

Se tale indice assume un valore uguale o maggiore di 1 significa che gli investimenti

immobilizzati sono stati finanziati da capitale proprio e di terzi a medio-lungo

termine; se assume un valore inferiore a 1 allora l’impresa ha contratto anche debiti

a breve (passività circolanti) creando un squilibrio temporale nella liquidità

dell’impresa. Pertanto, in una situazione di equilibrio le immobilizzazioni devono

trovare copertura finanziaria con risorse durevoli, vale a dire principalmente con il

capitale proprio e, in caso di insufficienza di questo, con finanziamenti a medio-

lungo termine.

Indici (e margini) di liquidità

Permettono di valutare la capacità dell’impresa di far fronte ai debiti in scadenza ( a

breve termine) utilizzando il capitale circolante, ossia i crediti che l’impresa

riscuoterà nel breve termine, i ricavi derivanti dalla vendita della merce in

magazzino e la cassa.

Uno degli indici di liquidità più utilizzati è l’indice di disponibilità, pari a:

INDICE DI DISPONIBILITÀ

(CURRENT RATIO)

𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼

𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼

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CAPITALE CIRCOLANTE NETTO 𝐶𝐶𝑁 = 𝐴𝑇𝑇𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅. −𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅.

Un quoziente maggiore dell'unità indica che l'azienda nel breve periodo è in grado di

fronteggiare interamente i debiti correnti con le attività correnti. Il quoziente uguale

a due è ritenuto ottimale; è però da considerare che l'indice non è in effetti molto

significativo a causa del consistente peso che potrebbero avere le rimanenze di

magazzino fra le attività correnti. Infatti queste ultime, a seconda del settore nel

quale opera l’impresa, potrebbero avere delle difficoltà di realizzo.

Proprio tali considerazioni spingono ad affiancare al Current ratio altri indicatori,

come il Quick Ratio e l’Acid Test.

Per quanto riguarda il Quick ratio:

QUICK RATIO

(INDICE DI TESORERIA

SECONDARIO)

𝐿𝐼𝑄𝑈𝐼𝐷𝐼𝑇À 𝐼𝑀𝑀𝐸𝐷𝐼𝐴𝑇𝐸 + 𝐿𝐼𝑄𝑈𝐼𝐷𝐼𝑇À 𝐷𝐼𝐹𝐹𝐸𝑅𝐼𝑇𝐸

𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼

Il quick ratio isola l’effetto delle scorte permettendo di calcolare la capacità

dell’impresa di far fronte ai debiti a breve con gli elementi di maggiore liquidità,

come la cassa e i crediti. L’obiettivo che ci si pone è un indice maggiore o uguale a 1.

In realtà, anche il quick ratio potrebbe non rispecchiare il reale grado di liquidità

dell’impresa se le liquidità differite dell’impresa sono costituite da crediti che

difficilmente saranno riscossi dall’impresa.

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Ciò spinge a utilizzare un altro indice: l’Acid test.

ACID TEST

(INDICE DI TESORERIA PRIMARIO)

𝐿𝐼𝑄𝑈𝐼𝐷𝐼𝑇À 𝐼𝑀𝑀𝐸𝐷𝐼𝐴𝑇𝐸

𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼

L’Acid Test permette di isolare l’effetto dei crediti inesigibili calcolando la capacità

dell’impresa di far fronte ai debiti in scadenza con la liquidità disponibile.

Tra gli indici trattati per misurare il grado di liquidità dell’impresa è sicuramente il

più prudente. Proprio per questo molti analisti finanziari, soprattutto americani,

ritengono l’Acid test l’indice più importante da considerare al fine di determinare il

grado di liquidità dell’impresa. L’obiettivo che ci si pone, ovviamente, è che tale

indice sia vicino a 1. In Italia tale indicatore difficilmente sarà vicino a 1, ossia

raramente le imprese sono in grado di coprire solo con la cassa le passività correnti.

In America un importante analista finanziario (W.T.) ritiene l’acid test l’indice più

importante per valutare lo stato di salute di una impresa. Ciò sembra spingere a

considerare le imprese italiane poco liquide. In realtà anche il ruolo di tale indice va

valutato con riferimento al settore o al mercato nel quale l’impresa opera e al

contesto nel quale la stessa opera. A tal riguardo è possibile evidenziare come in

America la maggior parte delle imprese sono quotate e quindi potrebbe aver senso

attribuire molta importanza a tale indice; diversamente in Italia Capitalia ha

dimostrato che le imprese con un Acid Test molto elevato sono quelle prossime al

fallimento. Ciò accade perché le imprese prossime al fallimento tendono a liquidare

tutto alimentando la cassa per poi fallire e lasciare molti problemi ai fornitori e, in

generale, ai creditori.

ESEMPIO: ATTENZIONE AL SETTORE DI ATTIVITÀ

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Si considerino tre imprese: Alfa, Beta, Gamma:

Anche se le imprese presentano lo stesso Current ratio esse non sono uguali.

L’impresa:

Alfa ha un attivo composto solo da cassa, quindi è l’impresa con il più alto acid

test;

Beta ha la stessa quantità di cassa e crediti;

Gamma non ha cassa ma solo disponibilità, ossia rimanenze di magazzino, quindi

è l’impresa con il Quick test più basso.

Alla luce di quanto detto finora la terza impresa, quindi, sembrerebbe quella con

una situazione finanziaria peggiore pur presentando lo stesso current ratio delle

altre. In realtà ogni impresa va valutata con riferimento al settore a cui appartiene.

Se l’impresa gamma è una azienda petrolifera le elevate disponibilità potrebbero

non essere un problema dato che vi è una elevata domanda di petrolio che, proprio

per questo, vede ogni giorno rivalutarsi al rialzo. Differentemente se l’impresa

gamma opera nel settore dell’abbigliamento dove spesso le disponibilità si

traducono in invenduto allora quest’ultima si trova probabilmente in una situazione

critica.

alfa beta gamma

Cassa

1000

Cassa

500

Disp.

1000

PC

800

P. Corr

200

1000 1000 1000 1000 1000 1000

crediti.

500

PC

800

P. Corr

200

PC

800

P. Corr

200

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Indici di indebitamento (leverage o leva finanziaria)

Come è noto, l’indice di indebitamento di una impresa può esser calcolato come pari

a:

𝑙𝑒𝑣𝑒𝑟𝑎𝑔𝑒 =𝐶𝐴𝑃. 𝐶𝑅𝐸𝐷𝐼𝑇𝑂

𝐶𝐴𝑃. 𝑃𝑅𝑂𝑃𝑅𝐼𝑂=

𝑃𝐴𝑆𝑆. 𝐶𝑂𝑁𝑆 + 𝑃𝐴𝑆𝑆. 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼

𝑃𝐴𝑇𝑅𝐼𝑀𝑂𝑁𝐼𝑂 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂

Il grado di indebitamento (leva finanziaria) permette di definire quante volte il

capitale di terzi finanziatori è superiore rispetto ai mezzi propri. Attraverso questo

indice è possibile valutare quanto l’azienda è esposta al rischio di default: più

l’azienda è indebitata e più è esposta al rischio di non essere più in grado di far

fronte ai propri impegni

Un leverage compreso tra 0,5 e 0,8 rappresenta una struttura patrimoniale

favorevole ma comunque al limite. Valori superiori a 1 richiedono attenzione,

mentre valori superiori a 2 denotano una struttura finanziaria completamente

disequilibrata.

Come vedremo tale indice incide fortemente la redditività d’impresa.

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Esercizio sull’analisi dello Stato patrimoniale

Si consideri il seguente SP redatto secondo i dettami dell’art. 2424 c.c.

STATO PATRIMONIALE

(ART. 2424 C.C.)

ATTIVO (IMPIEGHI)

Immobilizzazioni

immateriali = 200

materiali = 1000

finanziarie: 100

Attivo Circolante

rimanenze = 300

crediti vs clienti

esigibili entro l'anno = 200

esigibili oltre l'anno: 50

crediti vs. controllate

esigibili entro l'anno = 0

esigibili oltre l'anno = 100

attività finanziarie diverse da imm. fin. = 100

disponibilità liquide = 50

Ratei e Risconti

rateo attivo = 10

TOTALE ATTIVO: 2110

PASSIVO (FONTI)

Patrimonio netto

capitale sociale = 700

riserva legale = 200

utile d'esercizio = 60

T.F.R. = 300

Debiti

debiti vs fornitori

esigibili entro l'anno = 320

esigibili oltre l'anno = 0

debiti vs Banca

esigibili entro l'anno = 100

esigibili oltre l'anno = 400

Ratei e Risconti

risconti passivi = 30

TOTALE PASSIVO: 2110

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Vediamo prima l’attivo e, in particolare, l’attivo fisso. In tale aggregato andremo a

mettere:

Imm. immat = 200

Imm. mat. = 1000

Imm. fin. = 100 + 50 ( rappresentati questi ultimi dai crediti esigibili oltre

l’anno rinvenibili nella voce C.III.2)

Nelle immobilizzazioni non andiamo a considerare i ratei passivi perché, a meno che

non venga diversamente specificato, si intendono a breve termine.

Il totale delle immobilizzazioni sarà: 1350.

Già è possibile calcolare l’indice di rigidità dell’impresa:

𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑑𝑖 𝑟𝑖𝑔𝑖𝑑𝑖𝑡à =1350

2110= 64%

La maggior parte delle attività è costituita da Immobilizzazioni e, di conseguenza,

l’azienda presenta una struttura abbastanza rigida.

Per quanto riguarda l’attivo corrente. In tale aggregato si avrà:

Magazzino = 300

Liquidità differite

Crediti vs clienti = 200

Crediti vs controllate = 100

Altri titoli = 100

Ratei attivi = 10

TOTALE = 410

b) Liquidità immediate = 50

Il totale dell’attivo circolante o corrente sarà pari a 760

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Quanto impatto le liquidità differite sul totale delle attività:

410

2110= 19%

Essendo il 64% determinato dalle immobilizzazioni, le liquidità immediate e il

magazzino determinano insieme il 17% dell’attivo.

Passiamo al passivo. In tale aggregato avremo:

c) Patrimonio netto = 960

d) Passività consolidate o redimibilità:

TFR = 300

Debiti vs banche = 400

TOTALE PASSIVITÀ CONSOLIDATE: 700

e) Passività correnti:

Debiti vs fornitori = 320

Debiti vs banche = 100

Ratei passivi = 30

TOTALE PASSIVITÀ CORRENTI = 450

A tal punto è possibile calcolare:

a) gli indici di struttura primario e secondario

b) indice di indebitamento

c) current ratio:

a. quick ratio

b. acid test

Procedendo per gradi. L’indice di struttura primario sarà:

𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡. 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎𝑟𝑖𝑜 =𝑃. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂

𝐼𝑀𝑀.=

960

1350= 71%

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L’impresa presenta un buon indice di struttura primario dato che il 70% delle

immobilizzazioni è coperto attraverso il patrimonio netto.

Considerando anche le fonti di finanziamento esterne a medio-lungo termine si

ottiene l’indice di struttura secondario:

𝑖𝑛𝑑𝑖𝑐𝑒 𝑠𝑡𝑟𝑢𝑡𝑡. 𝑠𝑒𝑐𝑜𝑛𝑑𝑎𝑟𝑖𝑜 =𝑃. 𝑁𝐸𝑇𝑇𝑂 + 𝑃. 𝐶𝑂𝑁𝑆𝑂𝐿𝐼𝐷

𝐼𝑀𝑀.=

960 + 700

1350= 1,22

Quindi le fonti di finanziamento (interne e esterne) a medio lungo termine sono in

grado di coprire più che congruamente le immobilizzazioni. Ciò comporta che le

attività a lungo termine non sono minimamente finanziate tramite le passività a

breve termine.

Il livello di indebitamento dell’impresa sarà:

𝑙𝑒𝑣𝑒𝑟𝑎𝑔𝑒 =𝐶𝐴𝑃. 𝐶𝑅𝐸𝐷𝐼𝑇𝑂

𝐶𝐴𝑃. 𝑃𝑅𝑂𝑃𝑅𝐼𝑂=

𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑁𝑆 & 𝐶𝑂𝑅𝑅

𝐶𝐴𝑃. 𝑃𝑅𝑂𝑃𝑅𝐼𝑂 =

700 + 450

960= 1,19%

Tale indice per esser ottimale dovrebbe esser minore di 1. Anche in tal caso però

una qualsiasi valutazione deve necessariamente esser contestualizzata al settore nel

quale l’impresa opera. Alcune imprese riescono a mantenere un livello di

indebitamento compensando con degli elevati flussi di cassa (autostrade).

Andiamo a vedere come sono finanziate le attività a breve termine:

𝐶𝑢𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡 𝑟𝑎𝑡𝑖𝑜 =𝐴𝑇𝑇. 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼

𝑃𝐴𝑆𝑆. 𝐶𝑂𝑅𝑅𝐸𝑁𝑇𝐼=

760

450= 1,68

Tale Indice per esser ottimale dovrebbe essere maggiore o uguale a 2.

Al fine di verificare il ruolo che le rimanenze hanno nel comparto delle attività

correnti calcoliamo il quick ratio:

𝑄𝑢𝑖𝑐𝑘 𝑟𝑎𝑡𝑖𝑜 =𝐿𝐼𝑄. 𝐼𝑀𝑀 + 𝐷𝐼𝐹𝐹

𝑃𝐴𝑆𝑆𝐼𝑉𝐼𝑇À 𝐶𝑂𝑅𝑅.=

460

450≅ 1

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Il current ratio dovrebbe essere maggiore di 1 e, come si può notare tale obiettivo

non è lontano. Inoltre, la differenza tra il current ratio e il quick ratio non è enorme

e, quindi, non vi erano tantissime scorte in magazzino.

Andiamo ora a calcolare l’Acid test:

𝐿𝐼𝑄. 𝐼𝑀𝑀.

𝑃𝐴𝑆𝑆. 𝐶𝑂𝑅𝑅=

50

450= 0,12

L’impresa è molto lontana dal riuscire a coprire tutte le passività correnti con le

liquidità immediate.