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NOVEMBRE 2019

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AMGENSCHOLARS

Porte apertenei santuari della ricerca

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novembre 2019 3

L’INVITO

Spiegare ai figli il significato di “tolleranza”

“Il rispetto per gli al-tri esiste solo sulla base della

libertà, l’amore è figlio della libertà, mai del dominio”, scrive lo psi-cologo e sociologo te-desco Erich Fromm. Parole di una grandez-za universale, ma che in molti Paesi, com-preso il nostro, non ri-escono ad eradicare, in una parte della popo-lazione, il pregiudizio verso ciò che è diverso.

In Italia, secondo dati dell’Ufficio per le Istituzioni Democrati-che e i Diritti Umani (ODIHR) dell’OCSE, i reati motivati dall’odio, negli ultimi anni, sono aumentati di parecchio e più della metà riguardano episodi legati a razzismo o xenofobia.

In occasione della Giornata In-ternazionale della Tolleranza pro-mossa dall’Unesco, che si è tenuta nella seconda metà di questo me-se per ricordare i principi ispira-tori della Dichiarazione Universa-le dei diritti dell’uomo del 1948 e promuovere comprensione e tolle-ranza nei confronti di tutti, indi-pendentemente da etnia, religione, lingua e costumi, la Società Italia-na di Pediatria Preventiva e Socia-le (SIPPS) ha messo in atto un’ini-ziativa di grande valore etico e so-ciale, che condividiamo e alla qua-le plaudiamo: ricordare ai genitori l’importanza di educare e formare i propri piccoli al rispetto e alla tolle-ranza verso qualunque diversità.

“Oggi – spiega Giuseppe Di Mauro, presidente della SIPPS – le nostre classi sono composte da mol-teplici etnie, i bambini si confronta-no sempre più spesso con coetanei di culture e nazionalità diverse. È proprio in questo contesto che gran-dissima importanza assume la for-mazione che il piccolo ha ricevuto, i valori con cui è stato cresciuto. Dob-biamo essere noi genitori a parlare con i nostri figli, ad insegnare loro il rispetto per l’altro e l’accettazio-ne di ogni diversità di cultura, colo-re della pelle, etnia o religione, evi-tando così il generare di sentimenti di ansia o paura per il diverso”.

L’appello ai genitori è sacrosan-to. Più spesso di quanto si crede, i bambini si trovano a dover soppor-tare, sia come testimoni involontari sia a volte come vittime, atti di in-tolleranza. Un esempio lo troviamo

nei campi di calcio, talora teatro di episodi di razzismo nei confronti di calciatori di colore e nei frequenti episodi di intolleranza religiosa.

“Ansia e preoccupazione per ciò che è diverso, non uguale a noi – ag-giunge Giuseppe Di Mauro – posso-no insinuarsi per ignoranza o per paura e la paura genera poi rifiu-to e odio. Ecco perché è importante spiegare e rispondere alle doman-de dei nostri figli quando accadono episodi di intolleranza. La diversi-tà deve essere vista come un’occa-sione, un’opportunità, un punto di incontro e socializzazione alla base della mentalità moderna: la diversi-tà è un valore. E non dobbiamo mai dimenticare che alcuni stati emoti-vi negativi, purtroppo, si ‘appren-dono’ molto velocemente per imita-zione involontaria sin dalla giovane età”. Come non essere d’accordo?

Carmelo Nicolosi

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In questo numeroANNO XV - Numero XNovembre 2019

NOVEMBRE 2019

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Porte apertenei santuari della ricerca

Direttore ResponsabileCarmelo Nicolosi

eDITrICeAZ Salute s.r.l.Registrazione del Tribunaledi Palermo n. 22 del 14/09/2004

PubbliciTàAZ Salute [email protected]

TiPogRafiaSan cataldo (cl)

HaNNo collaboRaToMonica AdornoMario BarbagalloCesare BettiAdelfio Elio CardinaleMaria Grazia ElfioPaola Mariano

REDaZioNEVia Enrico Fermi, 6390145 PalermoTel. [email protected]@azsalute.it

foTogRafiE: ADOBE STOCK

iNDiRiZZi iNTERNETwww.azsalute.itfacebook.com/azsalute.ittwitter.com/azsaluteinstagram.com/azsaluteofficial

aLzhEIMER: arrivano due nuovi farmaci6 Paola Mariano

TuMORE aL pOLMONEProblemi ancora irrisoltiMonica Adorno 8

dERMaTITE aTOpICa malattia a impatto socio-economico12

LE NOVITÀ CuRaTIVE nel campo del diabete16

aSpIRINa Centoventi anni portati bene Adelfio Elio Cardinale 14BLOCK

NOTES

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Mensile in abbinamento gratuito al

aMGEN SChOLaRSStudenti nei santuari della ricerca 18

aNzIaNI La malattia di Parkinson20 Mario Barbagallo

SuppORTO aLL’IMMuNOLOGIaAbbVie rafforza l’impegno 22

TuMORE dEL COLON Batteri coinvolti 24 Paola Mariano

aSMa GRaVEI vantaggi di una nuova molecola Maria Grazia Elfio 26

dEfIBRILLaTORI in tutti i luoghi pubblici28 Cesare Betti

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novembre 20196

La NOVITÀ

dopo 17 anni di vuoto, ap-provato (per ora in via condizionale) dalle au-torità regolatorie cinesi un nuovo farmaco con-

tro l’Alzheimer: si tratta di una mo-lecola di zucchero estratta da un’al-ga bruna, che ai trial clinici condotti finora, peraltro relativamente limi-tati, è risultata efficace nel rallenta-re il declino cognitivo associato alla malattia e migliorare in 4 settimane le funzioni cognitive dei pazienti.

Il farmaco si basa su uno zuc-chero - l’oligomannato o GV-971 - e l’agenzia regolatoria cinese – la National Medical Products Admi-nistration - ha alzato un primo di-sco verde, di “approvazione condi-zionata”, che significa, come spie-ga ad AZ Salute Michele Vendru-scolo dell’Università di Cambridge ed esperto del settore, che il farma-co può essere venduto, ma che al-tri trial clinici dovranno essere con-dotti per giungere alla sua appro-

vazione definitiva. Se queste spe-rimentazioni cliniche non dovesse-ro confermare il rallentamento del declino cognitivo osservato inizial-mente, o rivelare effetti avversi pe-ricolosi, l’approvazione condiziona-ta sarà revocata.

“I nuovi trial – prosegue Ven-druscolo – dovranno essere condot-ti non solo per valutare la sicurezza del prodotto, ma anche per stabilire il meccanismo di azione del farma-co, che al momento non è chiaro”.

Intanto altre speranze arriva-no da oltre oceano perché è recen-te la notizia che l’azienda Biogen chiederà alla FDA (Food and Drug Administration, organo regolatorio statunitense sui farmaci) l’autoriz-zazione per il farmaco sperimenta-le ‘aducanumab’, un anticorpo spe-cifico contro la proteina tossica ‘be-ta-amiloide”, da sempre principale indiziata nella demenza di Alzhei-mer. L’annuncio è stato dato dal-la stessa azienda, la quale inizial-mente aveva gelato le tante aspet-tative riposte su questa molecola

dovendo chiudere anticipatamen-te a marzo scorso due sperimenta-zioni cliniche in corso con aducanu-mab, a causa di risultati apparen-temente deludenti.

Eppure, dopo una nuova anali-si di un ampio set di dati relativi agli stessi trial sospesi sulla mole-cola, l’azienda ci ha ripensato e so-stiene che a un dosaggio maggiore l’anticorpo aducanumab sembre-rebbe effettivamente funzionare, rallentando la progressione del de-clino mentale cui l’Alzheimer, ine-sorabilmente, condanna i pazien-ti. L’azienda presenterà alla FDA i documenti per chiedere l’autoriz-zazione all’uso del farmaco, per la quale ci vorranno 1-2 anni; e po-trebbe affacciarsi anche verso le autorità regolatorie europee.

“Siamo fiduciosi nella prospet-tiva di offrire ai pazienti la prima terapia che riduce il declino clinico dell’Alzheimer”, dichiara Michel Vounatsos, amministratore dele-gato della statunitense Biogen.

“Questo annuncio è importante

PAolA MAriANo

alzheimer:due farmaciin vistadopo quasivent’annidi “nulla”

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perché aducanumab, se approva-to dalla FDA, sarà il primo farma-co capace di rallentare l’Alzheimer tramite un effetto diretto sulla for-mazione di aggregati amiloidi”, so-stiene Vendruscolo.

Potrebbe però batterlo sul tem-po l’oligomannato, anche se non è scontato che l’EMA e la FDA, le agenzie regolatrici europea e ame-ricana, l’approveranno in tempi brevi in assenza di maggiori dati a supporto della sua efficacia, sicu-rezza e meccanismo di azione.

L’interesse per questa molecola è nato dagli studi di Geng Meiyu, ri-cercatrice dell’Istituto di Shanghai “Materia Medica della Accademia cinese delle Scienze”, che si è ac-

corto, sulla base di dati epidemio-logici, che il tasso di Alzheimer è ri-dotto tra coloro che consumano abi-tualmente alghe. Di lì sono inizia-ti i primi studi (pubblicati sulla ri-vista Cell Research) che hanno di-mostrato che l’oligomannato sbara-glia batteri intestinali che sono no-ti per causare infiammazione neu-rologica, o neuroinfiammazione, at-traverso il rilascio di molecole tos-siche. Sulla base di queste eviden-ze preliminari Meiyu, insieme alla farmaceutica cinese Greeen Valley, a Shanghai ha condotto un trial cli-nico su oltre 1000 pazienti con Al-zheimer lieve o moderato. Secondo una dichiarazione della Green Val-ley il farmaco, in breve tempo, è in

grado di migliorare le funzioni co-gnitive dei pazienti. Meiyu sostie-ne che la molecola agisca soppri-mendo lo squilibrio dei batteri inte-stinali e così fermando la neuroin-fiammazione e invertendo il dete-rioramento cognitivo.

La farmaceutica ha dichiarato di voler iniziare nuove sperimenta-zioni cliniche in Europa e Usa con l’oligomannato, per poi richiedere l’approvazione anche in questi con-tinenti.

“Resta da appurarne il meccani-smo d’azione – sottolinea Vendru-scolo – anche se i ricercatori cinesi sostengono che il farmaco agisca sul microbiota intestinale che già altri studi hanno visto coinvolto nella demenza più diffusa. Probabilmen-te l’impatto maggiore dell’appro-vazione in Cina di questo rimedio naturale sarà quello di supportare l’idea che la regolazione dei proces-si infiammatori nel cervello, per via naturale o farmacologica, è impor-tante per controllare la progressio-ne della malattia”.

Il primo, approvato in Cina, è basatosu uno zucchero estratto da un’algaPer l’altro, che è in via di approvazione in Usa, si tratta di un anticorpo specifico

Michele Vendruscolo Michel Vounatsos Geng Meiyu

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novembre 20198

IL CaSO

La lotta ai tumori ha vi-sto, negli ultimi anni, evidenze inimmaginabi-li in un passato non lon-tano, sia nel campo della

diagnostica sia in quello delle tera-pie. Una realtà confermata a Bar-cellona, al recente Congresso Euro-peo di Oncologia (ESMO) dove so-no stati presentati, tra l’altro, i ri-sultati di sopravvivenza dello stu-dio FLAURA che ha valutato osi-mertinib come trattamento di pri-ma linea nei pazienti con tumo-re del polmone non a piccole cellu-le (NSCLC) localmente avanzato o metastatico con mutazioni del re-cettore del fattore di crescita epi-dermico (EGFR).

Attualmente osimertinib è ap-provato in 75 Paesi, inclusi gli Stati Uniti, il Giappone, la Cina e l’Unio-ne Europea, per il trattamento in prima linea. Il farmaco, per uso ora-le, è stato registrato dall’Aifa (Agen-zia Italiana del Farmaco) nell’ago-sto 2017 come seconda linea nei pa-zienti che esprimono la mutazione

di resistenza di un gene che codifica per un recettore (EGFR).

“Fino a 20-25 anni fa – dice Roberto Bordonaro, direttore dell’Oncologia Medica dell’Arnas Garibaldi di Catania e Segretario nazionale dell’Associazione Italia-na di Oncologia Medica (AIOM) – le nostre conoscenze ci permetteva-no di classificare i tumori polmona-ri in due grandi famiglie: quelli non a piccole cellule e quelli a piccole cellule. Era l’unica informazione che noi oncologi potevamo utilizza-re per indirizzare le scelte di cura. Il progresso di questi ultimi due de-cenni ci permette ora di poter affer-mare che il tumore al polmone non è un’unica entità patologica, ma un grande gruppo di malattie costitui-to da tanti piccoli sottogruppi di tu-mori rari che possiamo caratteriz-zare in base alle alterazioni biomo-lecolari che sottendono allo svilup-po e alla crescita della malattia”.

Parliamo dell’EGFr…“EGFR, epidermal growth factor receptor, è un recettore, una mo-lecola che sporge al di fuori del-

la cellula tumorale: ha una par-te esterna, una che attraversa la membrana e un’ultima che spor-ge all’interno della cellula. Si com-porta come se fosse una serratu-ra. Nel momento in cui si incontra con un ligando, una molecola spe-cularmente compatibile, il legame che si forma tra esse apre la serra-tura e innesca un meccanismo che dà luogo alla formazione di nuove molecole, che vanno a stimolare la proliferazione della cellula stes-sa”.

Si innesca un processo negati-vo…

“Per maggiore chiarezza, va detto che in condizioni normali, in assen-za di una mutazione del gene che codifica per il recettore EGFR, il processo risulta regolato e deputa-to ad alcune specifiche funzioni cel-lulari. Invece, in presenza dell’ano-malia genetica, l’EGFR si attiva in maniera a-finalistica, come se la “serratura” non avesse più biso-gno di una chiave per essere aper-ta, dando luogo alla proliferazione incontrollata cellulare, al tumore.

Lotta al tumoreal polmone

Problemi ancora irrisolti MoNiCA AdorNo

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Questi tipi tumorali oscillano tra il 10 e il 20 percento del totale di quelli non a piccole cellule”.

i nuovi farmaci come interagi-scono con queste mutazioni?

“Osimertinib, è un farmaco di ter-za generazione appartenente alla classe di molecole in grado di inibi-re l’attività delle forme mutate del recettore EGRF”.

Alla diagnosi di un tumore al pol-mone?

“La prima cosa da fare è quella di cercare l’eventuale alterazione mo-lecolare. Poiché è noto che i tumori con la mutazione del gene di EGFR hanno meccanismi di crescita e di sviluppo prevalentemente guidati da queste alterazioni, occorre uti-

lizzare, immediatamente, farmaci diretti contro lo specifico bersaglio, le cosiddette target therapy”.

dallo studio FlAUrA emerge una sopravvivenza superiore di 7-8 mesi, rispetto ai pazienti trattati con altri farmaci…

“Lo studio FLAURA ha evidenziato un aumento significativamente si-gnificativo e clinicamente rilevan-te della sopravvivenza con osimer-tinib, rispetto ai farmaci, utilizzati per questi tumori, di prima genera-zione, con un vantaggio di circa 7 mesi”.

C’è però un problema…“Sta nel fatto che l’Aifa, ne ha rim-borsato ad agosto del 2017 l’indi-cazione in seconda linea, mentre

l’estensione di indicazione alla pri-ma linea di trattamento, è avvenu-ta a livello europeo a giugno-luglio 2018, ma non ne sono state anco-ra definite le modalità di rimborso in Italia”.

i ritardi nel Paese sono quasi una norma.

“Purtroppo, in Italia, mediamente per le terapie oncologiche passano dall’approvazione europea alla di-sponibilità e al rimborso 15-18 me-si e ciò anche per le cure altamente innovative. In merito a osimertinib, il farmaco è stato temporaneamen-te inserito nella classe CNN, acro-nimo che significa “commercializ-zato, ma non rimborsato”, in attesa che la negoziazione con il Comita-to Prezzi e Rimborsi (CPR) dell’AI-FA ne sancisca il prezzo definiti-vo e la modalità di rimborso. Que-sto obbligherebbe le aziende sani-tarie all’acquisto a prezzo pieno e senza potere usufruire dei flussi di rimborso previsti per i farmaci on-cologici. È facile comprendere che per i bilanci purtroppo asfittici del-le nostre aziende sanitarie, ciò rap-

Roberto Bordonaro

Il costo del farmaco, osimertinib, è a carico delle aziende sanitarie, ma la casa produttrice lo offre simbolicamente a un euro: i malati vanno curati precocemente

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novembre 201910

IL CaSO

presenterebbe un grosso problema, per ovviare al quale l’azienda pro-duttrice ha sviluppato un program-ma di cessione al prezzo simbolico di 1 euro a confezione fino all’avve-nuto completamento della procedu-ra di negoziazione. Lo scopo è quel-lo di dare un accesso precoce alla terapia ai circa duemila pazienti italiani che, ogni anno, sviluppano un tumore polmonare che esprime la mutazione di EGFR”.

la situazione in Sicilia?“Osimertinib, fu oggetto, nel corso del 2017-2018, di un grave ritardo nella possibilità di approvvigiona-mento in Sicilia causato dalla scio-glimento della Commissione per il prontuario terapeutico, che avven-ne contestualmente al termine del mandato del precedente governo”.

È intervenuta l’Associazione ita-liana oncologia Medica…

“L’AIOM ha fatto una battaglia af-finché venisse abolita la commissio-ne Ptors. I motivi alla base di que-sta richiesta sono stati condivisi dall’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, che ha provvedu-

to, di fatto, ad abolire la commissio-ne nell’agosto 2019, ponendo le ba-si per una significativa rifunziona-lizzazione del percorso registrati-vo nella nostra regione. Ora, infat-ti, l’inserimento dei nuovi farmaci passa soltanto dal servizio farma-ceutico dell’assessorato, con tempi molto più rapidi. Ma la storia, pur-troppo, non finisce qui. Da quando sono state istituite le Centrali Uni-che di Committenza per gli acquisti in sanità, e quella siciliana dipende dall’assessorato al Bilancio, vedia-mo che altre regioni, come ad esem-pio la Lombardia, contano su un’or-ganizzazione molto articolata, con risorse adeguate, mentre in Sicilia la CUC si è dimostrata inadatta a garantire tempi rapidi per l’emis-sione dei codici identificativi neces-sari perché le aziende sanitarie pos-

sano procedere all’acquisto di nuovi farmaci. Risultato: per avere i codici e poter acquistare i farmaci passa-no anche 3-4 mesi dal momento in cui il nuovo farmaco viene registra-to nel nostro prontuario. Abbiano accolto con molto favore l’idea dell’assessore Razza di affi-dare le gare per l’acquisto dei be-ni sanitari alle CUC di altre regio-ni, che si distinguono per la pron-tezza di evasione delle pratiche. Purtroppo questo non si è concre-tizzato. Cogliamo l’occasione di ri-proporre il tema alla politica, senza alcun intento di svilire le funzioni della CUC siciliana. Una soluzione utile sarebbe un temporaneo affi-damento alle CUC di altre regioni, nelle more di una rifunzionalizza-zione dei processi della Centrale di committenza siciliana”.

3 In Sicilia, la Centrale Unica diCommittenza all’assessoratoal Bilancio non riesce a garantiretempi rapidi per l’acquisto dei farmaci

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novembre 201912

La fINESTRa

La dermatite atopica (DA), malattia della pelle a ca-rattere infiammatorio, talvolta invalidante, ol-tre che debilitante. in Ita-

lia colpisce circa 35.000 persone e, nelle forme gravi dell’adulto, circa 8.000 soggetti, con una prevalen-za di circa il 15% della popolazione generale mondiale.

La patologia è stata di recente al centro della convention forma-tiva “Novità in tema di Dermati-te Atopica”, organizzata dall’Unità di Dermatologia del Policlinico G. Martino di Messina, Centro di ri-ferimento regionale per la prescri-zione dei farmaci innovativi, diret-ta dalla professoressa Serafinella Patrizia Cannavò.

La malattia, nota anche come eczema atopico o eczema costitu-zionale endogeno, è una malattia ad andamento cronico-recidivan-te, con fasi alterne di acuzie, spes-so stagionali o conseguenti a parti-colari stati emotivi, stimoli micro-

bici, dietetici, ambientali, e fasi di remissione.

“Negli ultimi anni nei Paesi più industrializzati – afferma Canna-vò – ha registrato un notevole au-mento, probabilmente come conse-guenza dell’incremento di stimo-li ambientali come inquinamen-to, permanenza in ambienti chiu-si, fumo di sigaretta, maggiore uso di climatizzazione artificiale, con-vivenza sempre più stretta con animali da compagnia, e della ri-duzione, o del più precoce svezza-mento, dall’allattamento al seno”.

Per quanto l’espressività della malattia risenta di numerosi co-fattori, la predisposizione genetica gioca un ruolo sicuramente impor-tante. “Viene calcolato che da una coppia con uno dei due genitori predisposti il rischio di procreare un figlio atopico è del 30-70 % e la possibilità che la malattia si mani-festi in entrambi i gemelli monozi-goti è 10 volte superiore rispetto ai dizigoti”.

“Se la dermatite ha un esordio in età infantile, nel 50% dei casi entro il primo anno di vita – speci-fica Serafinella Patrizia Cannavò – questa tende a regredire nell’ado-lescenza e solo nel 20% circa dei casi persiste nel periodo post-pu-berale. Accanto a queste forme co-siddette “persistenti”, si è assistito di recente a un aumento di quel-le ad insorgenza apparentemente primitiva in età adulta. Alcune di esse sono particolarmente gravi in quanto compromettono la qualità di vita e hanno importanti ricadu-te socio-economiche: costo delle te-rapie, perdita di giornate lavorati-ve, isolamento sociale”.

I sintomi della dermatite atopi-ca sono rappresentati da secchez-za della pelle, chiazze rosse o bru-nastre, vescicole, croste, prurito in-tenso e, talvolta, lesioni da gratta-mento, con coinvolgimento di aree più o meno estese del corpo. Lo stato atopico può manifestarsi tut-tavia, oltre che sulla pelle, anche a

dERMaTITE aTOpICa

malattia a forte impattosocio-economico

Redazione

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novembre 2019 13

carico di altri distretti, con quadri di rinite e asma, a livello respira-torio, e cherato-congiuntivite, fino a ulcere corneali, a livello oculare.

“Dobbiamo sensibilizzare l’opi-nione pubblica e le istituzioni – conclude la dermatologa – sull’im-portante impatto psicologico, so-ciale ed economico della patolo-gia, affinché si attivino percorsi diagnostico-terapeutici-assisten-ziali dedicati, che favoriscano l’ac-cesso alle terapie innovative. Gra-zie a queste ultime, oggi possia-mo dare speranze concrete ai pa-zienti che possono rivolgersi a cen-tri specializzati per il trattamen-to più idoneo. L’armamentario te-rapeutico che, a seconda della gra-vità del quadro clinico, finora si è

avvalso di prodotti dermo-cosme-tici e farmaci per uso locale e ge-nerale, grazie alla ricerca scientifi-ca dispone di ulteriori farmaci, co-siddetti “biologici”, da riservare al-le forme più gravi e resistenti. Essi agiscono con target specifico bloc-cando l’azione di molecole coinvol-te nella catena immunologica al-la base della malattia, senza esse-re gravati dagli effetti collaterali delle tradizionali terapie immuno-soppressive. Il dupilumab, già di-sponibile in Italia, e altre moleco-le assai promettenti ancora in fase di sperimentazione, quali lebriki-zumab, baricitinib e upadacitinib, potranno probabilmente far riscri-vere la storia naturale della ma-lattia”.

dERMaTITE aTOpICa

malattia a forte impattosocio-economico

Società Chirurgia Oncologica

Alessandro Gronchi (nella foto), respon-sabile della Chirurgia dei Sarcomi dell’Isti-tuto Nazionale dei Tumori di Milano, è il nuovo presidente della Società Italiana di Chirurgia Oncologica. L’obiettivo del neo eletto presidente è quello di identifi-care i Centri super specializzati in chirur-gia oncologica presenti sul territorio italia-no, al fine di creare una vera e propria re-te. Per Gronchi, è necessario stilare del-le regole, con l’obiettivo di concedere una sorta di “bollino di qualità in collaborazio-ne con l’Istituto Superiore di Sanità e con le regioni. “In questo modo, conterremo il problema della migrazione dei pazienti da una Regione all’altra, come accade anco-ra oggi. Altro obiettivo da raggiungere co-me Società Scientifica è quello di svilup-pare dei percorsi focalizzati sulla chirurgia oncologica indirizzati ai giovani, il presup-posto per formare i chirurghi di domani”.

Una sitcom sul cancrodella prostataConsapevolezza e prevenzione, le armi per battere sul tempo il cancro della prostata, il tumore più diffuso tra i ma-schi adulti italiani con 37.000 nuove diagnosi nel 2019, che se diagnostica-to in fase precoce può essere curato in maniera efficace. Promossa da diver-se società scientifiche, con il contribu-to incondizionato di Astellas, nasce la campagna informativa “QUI PRO QUO - Salute della prostata: stop agli equi-voci, sì alla prevenzione”, Su prostata-quiproquo.it informazioni sull’iniziativa e una sitcom racconta in 5 puntate su come affrontare il delicato argomento.

2 fLaSh

Malattia ancora trascurata sui tavoli istituzionali. Dalla ricerca nuove speranze arrivano dai farmaci biologici

Serafinella Patrizia Cannavò

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novembre 201914

BLOCK NOTES

Il 6 marzo 1899, nella lista dell’Ufficio Imperiale Bre-vetti di Berlino, fu registra-ta dall’azienda farmaceutica tedesca Bayer, una sostanza

con il numero 36433. Era nata uffi-cialmente l’Aspirina. Una comples-sa e avvincente storia con una serie di Guiness di primati.

Invero, l’origine risale al 400 a.C. quando Ippocrate, il padre della medicina o “arte lunga”, co-me egli la chiamava, consigliava come terapia un infuso di corteccia di salice, sostanza base dell’aspiri-na contro la febbre e i dolori, spe-cie delle partorienti. Questo medi-camento fu impiegato fino al tardo Medioevo. Un decotto assai amaro e irritante, ottenuto facendo bollire in acqua la corteccia del salice con-tro i dolori di ogni tipo, basandosi

su esperienza e tradizione di va-rie generazioni. Una vera e propria panacea.

Verso il XVII secolo arrivò dall’America del Sud in Europa la “corteccia di cinchona”, così deno-minata perché impiegata come me-dicamento al fine di curare la con-tessa di Cinchon, moglie del viceré del Perù. La sostanza a base di chi-nino, fece dimenticare la salicina. Quest’ultima ritornò in auge alla fi-ne del XVIII secolo quando il chini-no raggiunse prezzi proibitivi.

L’inversione di rotta avvenne nel 1758. Un pastore protestante ingle-se, Edward Stone, intuì che cor-teccia di salice e cincona possedes-sero sostanze similari. Il reverendo provò l’estratto di corteccia di sa-lice su decine di pazienti, ottenen-do abbassamento di febbre e sollie-

vo in vari dolori. L’ecclesiastico pre-sentò il suo prodotto alla Royal So-ciety, allora la più importante asso-ciazione scientifica del mondo, e la salicina vinse nettamente sul chi-nino. In seguito, nel 1828, il bava-rese Buchner ottenne in laborato-rio una massa gialla di estratto di corteccia che chiamò salicina e nel 1829 il francese Leroux ottenne la sostanza in forma cristallina, men-tre nel 1835 Lovig di Berlino riuscì a ottenere la salicina anche da un altro albero, l’olmaria.

Altri scienziati, il napoletano Pi-ria, che studiò medicina e chimica e fu professore a Pisa e Torino, Ger-bart, Hoffmann e Dressel, pre-disposero derivati che passavano inalterati nello stomaco senza pro-vocare irritazione e senza sapore insopportabile. Hoffmann (che si di-

adelfio Elio Cardinale

aSpIRINa:120 anni portati bene

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novembre 2019 15

ce fece gli esperimenti per dare sol-lievo al padre, affetto da terribili do-lori reumatici) combinò acido sali-cilico e acetico, ottenendo un pro-dotto stabile, di sapore accettabile e senza effetti collaterali. Egli lavo-rava nell’industria Friedrich Ba-yer & Co., che approfondì le ricer-che ne comprese le formidabili po-tenzialità iniziando l’evoluzione del farmaco: polvere in barattoli, pillo-le solubili, compresse e, come già detto, brevetto nel 1899. Nel 1982

il farmacologo inglese John R. Va-ne, insieme a due studiosi svedesi, vinse il Premio Nobel per avere in-dividuato il meccanismo attraver-so il quale l’aspirina vince il dolore, nonché l’effetto sulle piastrine e sui meccanismi della coagulazione del sangue. Come nota di cronaca Aspi-rin significa: A = acetil; SPIR = sa-licilato in tedesco; In (desinenza in uso per le sostanze chimiche).

Una storia che è anche esem-pio del XX secolo, il secolo bre-

ve. Gli eserciti della prima guerra mondiale se la contendevano, con-tro la moria dell’epidemia “spagno-la”; Gabriel Garcia Marquez ne parla nel suo libro L’amore ai tempi del colera; il cinema ci ha costruito dei film; il medicinale è stato anche testimonial sportivo.

Oggi, se ne consumano 40.000 tonnellate l’anno, con oltre 20 mi-liardi di pillole vendute. Il vastis-simo impiego, come è noto, è qua-le antiaggregante piastrinico, con-tro fattori di rischio cardiovascola-ri, ematocrito elevato, aritmie car-diache. Affatto recentemente si è rilevata una possibile utilità al fi-ne di ridurre l’incidenza di neopla-sie nel tubo gastro-enterico. Men-tre si sperimentano altre benefiche possibili azioni sulla fisiopatologia umana. E la storia continua...

L’origine risale al 400 a.C. quando Ippocrate consigliava un infusodi corteccia di salice, sostanza base dell’aspirina, contro febbri e dolori

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novembre 201916

CONGRESSO SIMdO

Tutti d’accordo, sul fat-to che la cura del diabe-te stia vivendo momen-ti rivoluzionari, le cen-tinaia di partecipanti al

XVIII Congresso nazionale della SIMDO, che si è concluso di recente a Roma. La Società Italiana Meta-bolismo, Diabete, Obesità, nata nel 1990 a Napoli, su iniziativa del pro-fessore Renato Carleo ha lo scopo di rappresentare, supportare e tute-lare i professionisti sanitari coinvol-ti nella cura delle persone con dia-bete, malattie metaboliche e obesi-tà, favorire iniziative atte a miglio-rare l’appropriatezza gestionale e professionale, promuovere il dialogo e il confronto culturale, multiprofes-sionale e multidisciplinare con altre Società scientifiche affini, sviluppa-re programmi formativi e di ricerca, collaborare con le Istituzioni pubbli-che e private ai fini della definizione dei percorsi assistenziali e dell’edu-cazione sanitaria, elaborare docu-menti di consenso, anche in colla-borazione con altre Società scienti-fiche e promuovere, all’interno del-

la propria organizzazione, la cultu-ra della meritocrazia, che valorizzi il ruolo dei soci che dimostrano di potere raggiungere meglio gli scopi sopraelencati.

“Il crescente impatto epidemio-logico e di costo delle malattie me-taboliche, in particolare dell’obesità che investe la popolazione anche in giovane età e il diabete del quale og-gi si parla di pandemia, riferita alla grandezza del problema, e le rispet-tive complicanze anche gravi, rap-presentano una vera e propria sfi-da per tutte le componenti cliniche e e gestionali del sistema sanitario”, sottolinea il dottore Vincenzo Pro-venzano (nella foto), presidente del-la Simdo e direttore del Centro re-gionale di riferimento per il diabete in Sicilia, all’ospedale di Partinico.

Al Simdo 2019 sono stati presen-tati farmaci innovativi che elimina-no lo zucchero in eccesso nell’orga-nismo attraverso le urine, una novi-tà che è stata salutata con entusia-smo. Si sa che il diabete può arreca-re, nel tempo, gravi danni renali e al sistema cardiovascolare. “Da qui,

l’esigenza – dice Provenzano – di fa-re prevenzione precoce”. Questi far-maci darebbero vantaggi proprio in tema della funzione renale e cardio-vascolare.

Altra componente innovativa del-la terapia del diabete riguarda i far-maci incretinomimetici, medicina-li che mimano nell’intestino l’ormo-ne GLP1. I dati dello studio Rewind su dulaglutide dimostrano come sia possibile fare oggi prevenzione pre-coce delle pericolose complicanze cardiovascolari del diabete mellito.

Un’intera sessione è stata poi de-dicata alla presentazione delle no-vità dell’alta tecnologia applicata al diabete.

“Si constata – conclude Proven-zano – come il diabete sia in aumen-to costante in tutto il mondo e col-pisca sempre in età più giovane, so-prattutto nelle città metropolitane e meno in quelle rurali, forse per cat-tiva alimentazione, uso di pesticidi, inquinamento o cause ancora a noi sconosciute. Tutte le nazioni si tro-vano davanti a un problema difficile da risolvere”.

LE NOVITÀCuRaTIVEnel campo del diabete

Redazione

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novembre 201918

OCChIO a…

Ritorna Amgen Scho-lars, il programma del-la Fondazione Amgen che permette, agli stu-denti più meritevoli del-

le facoltà medico-scientifiche di la-vorare per due mesi su progetti in ambito biomedico e biotecnologico, presso gli istituti di ricerca europei più prestigiosi come, per esempio, l’Istituto Pasteur di Parigi, l’univer-sità di Cambridge, il Karolinska In-stitutet di Solna (nei pressi di Stoc-colma).

L’iniziativa, che ha avuto inizio nel 2007, dà modo ogni anno, a 75 studenti universitari di tutta Euro-pa e a centinaia nel mondo, di in-serirsi in prestigiosi team interna-zionali per immergersi in un con-testo sperimentale di altissimo li-vello. Grazie a questa opportunità potranno confrontarsi sugli aspet-ti concreti che animano la ricerca scientifica.

L’inserimento in gruppi di lavo-ro di alto profilo, consente ai giova-ni talenti di comprendere concreta-mente il significato della ‘sperimen-tazione’: dallo studio di lavori svol-ti da altri, alla ricerca di una stra-da per fare ulteriori passi avanti; dallo sviluppo di nuove idee, all’in-dividuazione di percorsi innovati-vi e mai provati prima. Lo svilup-po di intuito e creatività è accompa-gnato dalla possibilità di utilizzare un mondo di strumenti sofisticati e di tecnologia avanzata che danno la percezione di quanto sia complesso, ma allo stesso tempo affascinante, il mondo della ricerca.

“Lo sguardo di Amgen è da sem-pre rivolto all’innovazione e siamo convinti che dare spazio ai nuovi ta-lenti nella ricerca scientifica sia fon-

damentale per la crescita del Paese e per il suo futuro”, dichiara Soren Giese, amministratore delegato di Amgen in Italia.

“Amgen Scholars – continua So-ren – offre agli studenti universitari più meritevoli l’opportunità di acce-dere a esperienze di ricerca d’avan-guardia presso alcuni tra i maggio-ri atenei d’Europa, confrontandosi direttamente con i più prometten-ti progressi dell’innovazione nelle biotecnologie, un settore particolar-mente dinamico e in grado di attrar-re giovani preparati e qualificati”.

Sono 4.000 gli universitari che, a partire dal 2007, hanno potuto migliorare le proprie conoscenze e

competenze in campo biomedico e biotecnologico. Provengono da 750 tra College e Università di tutto il mondo. L’Italia si colloca tra i primi cinque Paesi in Europa per nume-ro di candidature al programma. Ad Amgen Scholars, ci si può candida-re fino al 3 febbraio 2020 (informa-zioni sul programma, sulle Univer-sità aderenti o per inoltrare la do-manda: www.AmgenScholars.com o seguire l’iniziativa su Twitter (@AmgenFoundation).

Il Progetto comprende, altri due programmi riservati rispettiva-mente a insegnanti e studenti del-le scuole superiori: Amgen Teach e Amgen Biotech Experience.

aMGEN SChOLaRSStudenti in trasferta

Redazione

Possibilità per 75 studenti di facoltà medico-scientifiche di frequentare gli istituti di ricerca europei più prestigiosi

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novembre 201920

aNzIaNI

La Malattia di Parkinson (PD) è una malattia dege-nerativa del sistema ner-voso che porta il nome del medico inglese che l’ha os-

servata e descritta nel 1817: Ja-mes Parkinson. È legata alla pro-gressiva degenerazione e morte del-le cellule cerebrali che producono la dopamina, un neurotrasmettito-re che invia i segnali che consento-no un movimento morbido e fluido. È una malattia dell’anziano (solo il 5% dei casi sono diagnosticati pri-ma dei 60 anni), ed è la seconda più comune malattia del sistema ner-voso centrale dell’anziano, dopo la Malattia di Alzheimer. L’incidenza del PD è dell’1% nella popolazione sopra l’età di 60 anni, e aumenta al 5% sopra gli 85 anni. I sintomi prin-cipali e più conosciuti sono quelli motori, legati alla carenza di dopa-mina, tra cui il tipico tremore alle mani, alle braccia, la rigidità degli arti e tronco, la bradicinesia (lentez-

za nei movimenti e difficoltà al mo-vimento spontaneo), le alterazioni dell’equilibrio e la mancanza di co-ordinamento.

Nell’anziano sono comunque molto importanti una serie di sin-tomi non motori, che vanno rico-nosciuti e identificati perché spes-so compaiono anche anni prima della comparsa dei sintomi moto-ri. I sintomi non motori sono nu-merosissimi e includono: 1) distur-bi del sonno (insonnia, sonnolenza diurna, presenza di incubi, sindro-me delle gambe senza riposo e mo-vimenti periodici degli arti, distur-bi del sonno rem, disturbi nei mo-vimenti del sonno, apnee ostrutti-ve nel sonno; 2) sintomi neuropsi-chiatrici (depressione, apatia, an-sia, anedonia, deficit dell’attenzio-ne, disturbi psicotici (allucinazio-ni visive, allucinazioni tattili/udi-tive), deliri paranoidei, disturbi compulsivi disturbi cognitivo-com-portamentali, demenza, attacchi di panico; 3) sintomi da alterazio-ne della regolazione autonomica:

ipotensione ortostatica (riduzione della pressione arteriosa sistolica passando dalla posizione supina a quella eretta, con senso di vertigi-ne, e rischio di caduta), sudorazio-ne, iperidrosi, sintomi urologici (ri-tenzione urinaria, incontinenza da urgenza, aumento della frequenza delle minzioni), disfunzione eretti-le, perdita della libido o ipersessua-lita; 4) disturbi gastrointestinali: stipsi, ageusia (perdita del gusto), svuotamento parziale e non soddi-sfacente dell’alvo; 5) disturbi sen-soriali (dolori, parestesie), distur-bi olfattivi (ipoosmia), disturbi del-la vista (disturbi nella discrimina-zione dei colori e aumentata sensi-bilità al contrasto), ipomimia, aste-nia, senso di fatica. Anche se non esiste una terapia che possa cura-re la PD, il trattamento con levodo-pa o con farmaci dopaminergici è in grado di gestire per molto tempo la maggior parte dei sintomi, mante-nendo per lungo tempo una buona qualità di vita nella maggior parte dei pazienti.

MArio BArBAGAllo

La MaLaTTIa dI paRKINSON

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Novartis Italia

Per cambiare la medicina, nei fattiIn Novartis, affrontiamo con la forza dell’innovazione scientifica alcune tra le sfide

sanitarie più impegnative della società. I nostri ricercatori lavorano per allargare i

confini della scienza, ampliare la comprensione delle malattie e sviluppare prodotti

innovativi in aree dove ci sono grandi bisogni medici ancora non soddisfatti.

Con passione, siamo impegnati a scoprire nuovi modi per prolungare e migliorare la

vita dei pazienti.

La MaLaTTIa dI paRKINSON

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novembre 201922

L’OSSERVaTORIO

Centotrenta milioni di euro investiti in Italia negli ultimi anni, nuo-ve linee produttive un ampliamento dell’im-

pianto chimico, un sito industria-le sempre più ‘green’, produzione di farmaci innovativi a supporto di diverse aree terapeutiche, tra cui i nuovi farmaci per il tratta-mento di patologie croniche au-toimmuni, come l’artrite reuma-toide e la psoriasi. Questa la car-ta d’identità di AbbVie, azienda biofarmaceutica globale basata sulla ricerca con sito a Campo-verde di Aprilia.

Va sottolineato che la farma-ceutica, in Italia, rappresenta un asset importante dell’economia e può contribuire in maniera de-terminante alla crescita del Pae-se oltre che alla salute delle per-sone.

“In un contesto in cui le risorse

sono scarse e la congiuntura eco-nomica non è favorevole – dichia-ra Fabrizio Greco, amministra-tore delegato di AbbVie Italia – la nostra azienda biofarmaceuti-ca globale rinnova il suo impegno con un importante e crescente

contributo in termini di innova-zione, investimenti, export, occu-pazione e ricerca a beneficio dei pazienti e della sostenibilità del sistema sanitario. Solo una nuo-va governance di settore, fonda-ta sul valore delle terapie e sul loro rapido accesso da parte dei pazienti potrà però consentire di beneficiare pienamente del valo-re che le imprese basate sulla ri-cerca generano per i pazienti, la società e il sistema economico del Paese”.

In Italia, gli investimenti da parte delle imprese del farma-co per gli studi clinici superano i 700 milioni di euro all’anno, il più alto contributo al sistema nazio-nale di ricerca. In questo ambito, AbbVie ha intrapreso un signifi-cativo percorso nello sviluppo dei farmaci più innovativi, in parti-colare nell’immunologia (Malat-tie infiammatorie croniche au-

Supporto all’Immunologia abbVie rafforza l’impegno

Redazione

L a filiera della salute rappresenta la terza industria del Paese e inci-de per il 10,7% sul PIL. Il comparto

farmaceutico genera 32 miliardi di va-lore e una crescita del 22% in 10 anni, la più alta in Italia. Come rileva un’analisi condotta da Doxapharma, l’industria far-maceutica piace sempre di più agli ita-liani grazie a ricerca, innovazione, welfa-re e investimenti. Un settore primo in Eu-ropa per export e che dà lavoro ad oltre 66mila addetti, di cui il 90% laureati e diplomati, con una crescita di circa 7mila posti qualificati l’anno.

2 pIaNETa SaLuTE

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novembre 2019 23

toimmuni). AbbVie ha investito in Ita-

lia sull’ampliamento della ca-pacità produttiva del proprio si-to di Campoverde, in particola-re nell’immunologia, consolidan-do l’esperienza già maturata nel-la ricerca, sviluppo e produzione dell’anticorpo monoclonale per il trattamento delle malattie croni-che infiammatorie immuno-me-diate.

“Il sito produttivo di Campo-verde – dichiara Daniela To-ia, Direttore del Polo Produttivo, AbbVie Italia – utilizza con conti-nuità le risorse con l’obiettivo di rendere lo stabilimento sempre

più efficiente, competitivo e so-stenibile. In particolare, l’amplia-mento dell’impianto chimico e le nuove linee produttive, realizzati secondo le tecnologie più avanza-te, supporteranno la produzione dei nostri farmaci sulla base del piano strategico di AbbVie Glo-bal, incluse le nuove terapie per il trattamento delle malattie au-toimmuni, la cui introduzione sul mercato è attesa nei prossimi me-si. Questo ampliamento della ca-pacità produttiva rappresenta un riconoscimento degli elevati stan-dard di qualità, sicurezza e del li-vello di eccellenza operativa rag-giunti globalmente da AbbVie”.

130 milioni di euro investiti in Italianegli ultimi anni, nuove linee produttive,un sito industriale sempre più ‘green’

A sinistra, il sito AbbVie a Campoverde di Aprilia. Sopra, l’AD Fabrizio Greco

p erdita di efficienza, rallentamento nello sviluppo dei progetti e delle missioni, distrazione e stanchez-

za. L’impatto del Mental Load “sovrac-carico psicologico” sulle nostre carriere è un fenomeno di cui forse non si parla ab-bastanza, ma che necessita di essere messo in luce considerato il suo diffon-dersi a macchia d’olio in quasi la totalità degli ambiti lavorativi.Il Mental Load, è il termine inglese uti-lizzato per descrivere una situazione di pressione psicologica data dal sovracca-rico di responsabilità derivanti dalla ge-stione degli impegni domestici, familia-ri e personali. Questa condizione menta-le, spesso difficilmente riconoscibile, ep-pure estremamente comune, rappresen-ta non solo una fonte di stress e disagio per moltissimi lavoratori, ma spesso un vero e proprio ostacolo all’avanzamento e all’evoluzione dei percorsi professionali.Secondo lo studio effettuato da Yoopies in collaborazione con LabRH, che ha inte-ressato 1300 lavoratori, di ambo i sessi e appartenenti a differenti settori e fasce di età, è emerso che quasi tutti i lavorato-ri dipendenti (94%) gestiscono almeno un aspetto della loro vita privata sul lavoro e l’86%, dedicandosi tra i 30 e i 180 minu-ti a settimana. Fra questi, 1 su 10 dedica addirittura più di tre ore alla settimana a tali mansioni. In cima alla lista le questio-ni riguardanti i figli (78%) e le difficoltà personali. Gli oneri maggiori spettano al-le donne, le quali si trovano a dover sbri-gare circa il 71% delle mansioni quotidia-ne e il 65% di quelle genitoriali, non sen-za risentirne a livello lavorativo. I risultati dello studio mostrano fino a che punto, lungi dal rimanere confinati nella sfera privata, i problemi quotidiani pesi-no sui dipendenti e sulle loro prestazioni professionali.

2 MENTaL LOad

SOVRACCARiCOPSiCologiCoCome influenzala nostra vita

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novembre 201924

STudIO INGLESE

anche alcuni specifici bat-teri intestinali potrebbe-ro contribuire allo svilup-po del cancro del colon-retto, il secondo tumore

più frequente per entrambi i sessi con 51.300 nuovi casi diagnosticati in Italia nel 2018 (erano 53.000 nel 2017). Lo rivela uno studio, unico nel suo genere, condotto dall’équi-pe di Kaitlin Wade dell’università di Bristol e presentato a Glasgow in occasione della conferenza 2019 del National Cancer Research Institute (NCRI).

“Abbiamo trovato le prove che un gruppo di batteri chiamato “Bacte-roidales” aumenta il rischio di que-sto tumore del 2-15%”, ha sottoline-ato Wade.

Diverse ricerche avevano sug-gerito che vi fosse un rapporto tra il tumore del colon e il microbio-ta (l’insieme dei microrganismi che albergano nel nostro intestino con

funzioni digestive, metaboliche e immunitarie). La composizione del microbiota è unica per ciascuno di noi, come l’impronta digitale, ed è in parte ‘decisa’ dal nostro Dna, in par-te dipende da fattori ambientali co-me dieta e farmaci assunti.

È la prima volta, però, che si di-mostra l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto tra presenza di questi batteri nell’intestino umano e rischio di ammalarsi di cancro del colon.

Sebbene già diversi studi in pas-sato abbiano trovato un’associazio-ne tra presenza di certi batteri in-testinali e il rischio di ammalarsi di tumore del colon, nessun lavoro finora era riuscito a stabilire l’esi-stenza di un rapporto di causa ed ef-fetto tra un certo tipo di batteri inte-stinali e tumore.

Di recente uno studio dell’uni-versità di Trento, in collaborazione con altri centri di ricerca italiani e internazionali, ha svelato che il mi-crobiota dei pazienti con cancro del

colon ha delle caratteristiche spe-cifiche che lo differenziano rispet-to a quello di individui sani. Pubbli-cato sulla rivista Nature Medicine, lo studio ha anche mostrato che lo stesso tipo di microbiota si ritrova nei pazienti di tutti i Paesi del mon-do, indipendentemente da differen-ze geografiche in dieta e stili di vi-ta. Coordinato da Nicola Segata, responsabile del laboratorio di Me-tagenomica computazionale al Ci-bio, Università di Trento, in collabo-razione con l’Istituto italiano per la medicina genomica di Torino, il Di-partimento di Informatica dell’Uni-versità di Torino e lo IEO (Istituto Europeo di Oncologia) di Milano, il lavoro mostrava che in campioni fe-cali di persone affette da cancro al colon vi era la presenza di un insie-me di batteri ‘marcatori’ del carci-noma, indipendentemente da dieta e Paese di provenienza dei pazienti.

Ve detto, che alimentazione e Pa-ese d’origine condizionano molto la composizione del microbiota di cia-

Tumore del colonBatteri coinvolti

PAolA MAriANo

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novembre 2019 25

scuno di noi. Ciò può essere conside-rato come un segno che certi batteri e il loro comportamento nell’intesti-no umano contribuiscono a causare il tumore.

A oggi mancava una dimostra-zione diretta del fatto che certi spe-cifici batteri intestinali contribui-scano a causare il tumore, quindi che la composizione del microbiota determini il rischio di ammalarsi di tumore.

Per giungere a questa conclusio-ne il gruppo di Wade ha analizza-to dati genetici di due campioni di persone. Il primo di 4.000 soggetti e il secondo di 120 mila. Studiando il Dna di queste persone, Wade ha dimostrato che esistono certe speci-fiche variazioni genetiche (mutazio-

ni) la cui presenza nel genoma di un individuo si associa sempre alla pre-ponderanza di batteri del gruppo dei Bacteroidales nel tratto intestinale dell’individuo. Questa combinazione di sequenze genetiche specifiche col-legata alla preponderanza di Bacte-roidales nell’intestino è risultata poi associata a maggior rischio di am-malarsi di tumore (2-15%).

“Il metodo di studio qui usato, che tecnicamente è chiamato “ran-domizzazione mendeliana”, offre la possibilità di appurare la certezza di un nesso di causa ed effetto tra un fenomeno, in questo caso la pre-senza dei Bacteroidales nell’intesti-no, e la malattia”, sottolinea Wade.

“I risultati – continua Wade – supportano quelli di studi prece-

denti che avevano evidenziato come i Bacteroidales siano presenti con maggiore probabilità e in maggior quantità nell’intestino di pazien-ti con tumore, rispetto all’intestino di soggetti sani di controllo, aggiun-gendo un valore causale a tale asso-ciazione epidemiologica”.

Una volta che questo nesso sa-rà stato ulteriormente verificato ri-petendo lo studio su un nuovo cam-pione di individui si dovrà vedere se eliminando i Bacteroidales si può prevenire il tumore o comunque fre-narne la crescita. Inoltre, lo studio suggerisce anche la validità di ag-giungere un esame delle feci alla ri-cerca dei Bacteroidales ed altre spe-cie sospette negli screening preven-tivi del cancro del colon retto, e an-che in ambito diagnostico: l’analisi del microbiota isolato con un sem-plice ed economico esame fecale po-trebbe aumentare, infatti, l’accura-tezza diagnostica di test non invasi-vi come la ricerca del sangue occul-to nelle feci.

Un lavoro condotto a Bristol dimostra che esiste un nesso tra bacteroidalesnell’intestino e rischio di cancro al colon

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novembre 201926

NuOVE TERapIE

L’Asma grave è una pato-logia cronica altamen-te invalidante, che com-porta sintomi persisten-ti e incontrollati, come

dispnea (fame d’aria notturna e diurna), tosse, ridotta capacità agli sforzi fisici e risvegli continui, rap-presentando un vero e proprio cal-vario per i pazienti che ne sono af-fetti. Per non parlare degli alti co-sti indiretti della malattia, oltre a quelli diretti di ospedalizzazione connessi alle riacutizzazioni, impu-tabili, soprattutto, ad altri problemi di salute che si associano alla pato-logia. Oggi, un aiuto arriva da una molecola recentemente introdotta in Italia “Benralizumab”. Sul pun-to abbiamo intervistato il professo-re Nicola Scichilone, docente di Malattie dell’Apparato Respirato-rio all’Università di Palermo e re-

sponsabile dell’ambulatorio Asma Grave del Policlinico palermitano.

Che tipo di farmaco è Benralizu-mab?

“Si tratta di una nuova soluzione terapeutica, somministrabile per iniezione sottocutanea, per i pazien-ti affetti da asma grave che in Ita-lia sono circa 200mila ed in Sicilia circa 2000, sul campione di asma-tici complessivo di 4 milioni nel Pa-ese. Benralizumab, è un anticorpo monoclonale umanizzato che ha co-me bersaglio il recettore dell’inter-leuchina 5 sugli eosinofili. Gli eosi-nofili sono le cellule che scatenano infiammazione, responsabile della gravità e dei sintomi non controllati dell’asma così come delle continue riacutizzazioni della malattia”.

Quali i vantaggi della nuova mo-lecola?

“Va precisato che questa mole-

cola s’inserisce nell’armamenta-rio terapeutico che vanta già altri farmaci biologici efficaci, ma poi-ché l’asma grave è molto influen-zata da altre patologie, soprattut-to riniti e poliposi nasale, questo anticorpo monoclonale sembra ri-sultare più efficacie nel controllo di questi fattori, co-responsabili di riacutizzazioni e complicanze, determinando, indirettamente, una contrazione degli accessi in Pronto Soccorso e una riduzione dei costi di ospedalizzazione, ol-tre a quelli indiretti connessi al-la perdita di produttività per l’as-senza di giornate lavorative e sco-lastiche. Va, inoltre, considerato che il 64% dei pazienti con asma grave utilizza corticosteroidi ora-li, che determinano una serie di eventi avversi. Il nuovo farmaco consente di ridurre l’uso di corti-sone per via sistemica e, dunque, gli effetti collaterali legati alla

aSMa GRaVE i vantaggi di una nuova molecola

MAriA GrAZiA ElFio

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sua assunzione”.

Come andrebbe orientato il mo-dello organizzativo ospedaliero per una corretta presa in carico di questi pazienti?

“È importante poter contare su centri specializzati, ovvero che abbiano la disponibilità di tera-pie già in commercio, terapie far-macologiche sperimentali, oppu-re procedure terapeutiche come la termoplastica bronchiale, che possano avviare il paziente, dopo un primo accesso in Pronto Soc-corso, a un percorso terapeutico assistenziale in grado di garanti-re un team multidisciplinare, do-

ve, oltre allo pneumologo, lavori-no l’ otorino e il reumatologo, due figure specialistiche fondamentali per il trattamento delle comorbili-tà che si associano alla malattia”.

la rete ospedale-territorio quan-to è determinante?

“È fondamentale, soprattutto in fase preliminare ai fini della dia-gnosi precoce. Il ruolo dei medici di famiglia è importante anche in fase post-ricovero onde garantire la continuità assistenziale, consi-derato le riacutizzazioni continue che caratterizzano l’andamen-to di una patologia cronica come l’asma grave”.

La patologia può rappresentare un vero e proprio calvario per i pazienti chene sono affetti. Il ruolo di Benralizumab

R iconoscere il lavoro di quegli en-ti che sviluppano progetti, attività e iniziative di solidarietà che con-

tribuiscono a rendere meno difficile il mo-mento della malattia, creando un ambien-te gradevole o supportando psicologica-mente e umanizzando i processi di cu-ra. Questo il fine dei Better Days Awards, l’iniziativa di Teva che quest’anno appro-da per la prima volta in Italia e che vuo-le premiare e incoraggiare quelle realtà che silenziosamente, ma efficacemen-te contribuiscono a migliorare l’assisten-za ai malati.Questa prima edizione prevede 4 premi che sosterranno o aiuteranno lo sviluppo di programmi di ospedali o centri sanita-ri, istituzioni pubbliche o private, sempre senza scopo di lucro, che, seguendo di-verse modalità, vogliono aiutare le perso-ne a sentirsi meglio e a migliorare le loro giornate a dispetto della malattia.L’invito è quindi quello di segnalare o can-didare quelle iniziative portate avanti nel-la consapevolezza che un ambiente e un trattamento più amorevole, umano e calo-roso contribuisce a migliorare la qualità di vita delle persone che affrontano una ma-lattia. Il termine per la presentazione del-le candidature è il 3 dicembre 2019. Dopo si aprirà la fase valutativa: una prima se-lezione di un comitato direttivo di Teva Ita-lia sceglierà i 10 progetti ritenuti più meri-tevoli e poi una seconda e ultima votazio-ne sarà espressa dai dipendenti di Teva in Italia che, tra i 10 progetti finalisti, decre-teranno i 4 vincitori. Le info per parteci-pare sono consultabili alla pagina https://tevabrand.azurewebsites.net/it/italy/pa-zienti/article-pages/better-days-awards/ Tutto parte dal riconoscimento che il si-stema sanitario italiano è uno dei miglio-ri al mondo, come emerge dalla classifica Bloomberg Health Care Efficiency.

2 INIzIaTIVa dI TEVa

BETTER DAyS AwARDSPer la Prima volta in italia

Nicola Scichilone

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L’EVIdENza

dopo essere passato lo scorso luglio alla Ca-mera dei Deputati con nessun voto contrario e nessun astenuto, il di-

segno di legge “Salva Vita” è ora fermo alla Commissione del Sena-to per un cavillo formale. Si atten-de la nomina del nuovo presidente della Commissione per poterlo ra-tificare e tramutarlo in legge.

Ben 21 anni fa, nel 1998, il pro-fessor Alessandro Capucci, già direttore della Clinica di cardiolo-gia all’università Politecnica delle Marche, aveva realizzato il “Pro-getto Vita Piacenza” e fondato l’as-sociazione “Il cuore di Piacenza”. Scopo dell’iniziativa era quello di mettere a punto le caratteristiche di pronto utilizzo dei defibrillato-ri da parte di persone comuni e di-ventare le linee guida della legge nazionale “Salva Vita”.

“L’uso dei defibrillatori è la te-rapia più importante per salva-re una persona da un arresto car-diaco”, sottolinea il professor Ca-pucci. “Più è estesa l’installazio-ne dei defibrillatori, più è diffusa la conoscenza di questo mezzo, più vite umane si salvano. In 20 an-ni di esperienza del Progetto Vi-ta a Piacenza ho compreso quan-to sia importante il lavoro di squa-dra e di sinergia fra le istituzioni e il 118. Occorre renderlo virale e funzionale, avendo a disposizione una banca dati almeno regiona-le, se non nazionale, che raccolga i dati sul posizionamento dei defi-brillatori semiautomatici o auto-matici e tutti gli interventi da es-si effettuati”

“Conoscere come funziona il de-fibrillatore semiautomatico do-vrebbe diventare semplice come fare una telefonata o mandare un messaggio con uno smartphone”, aggiunge il professor Capucci.

in tutti i luoghi pubbliciDotare tutti i luoghi pubblici

di un defibrillatore automatico, divulgarne la conoscenza a tutti i cittadini e fare sì che chiunque lo possa utilizzare, anche senza aver fatto uno specifico corso.

Accanto a ogni apparecchio ci devono essere semplici e brevi in-formazioni in grado di guidare ogni persona su come utilizzarlo. Anche i bambini delle scuole ele-mentari possono imparare che co-sa fare in caso di arresto cardiaco di un loro parente o di un compa-gno, di un amico. L’insegnamen-to può avvenire senza stress, ma a livello di gioco.

“Non illudiamoci che gli arre-sti cardiaci, oppure che la mor-te improvvisa, possano accade-re soltanto alle persone anziane – continua il cattedratico – può capitare a tutti, anche ai giovani, come più volte riportato dai noti-ziari”.

CESArE BEtti

defibrillatoriin tutti i luoghipubblici

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Che cosa è cambiato da 20 anni a oggi

“Il costo dell’apparecchio, che ora è molto conveniente e costa meno di un cellulare di ultima generazione, sono facili da usa-re, molto più semplici degli ap-parecchi di alcuni anni fa, per-ché basta schiacciare un pulsan-te e l’apparecchio parla e guida la persona passo dopo passo. In questi 20 anni, a Piacenza, sono state salvate con interventi da parte di persone che non sono né infermieri né medici, ben 123 in-dividui da morte improvvisa che era insorta fuori dall’ospedale.

Possono essere tenuti in casa, nei luoghi pubblici, nei centri sporti-vi, nelle scuole. La sopravvivenza per morte improvvisa a Piacen-za è triplicata rispetto al solo in-tervento del 118. E questo in una sola città! Se proiettato a livello nazionale, il dato diventa fonda-mentale e fa capire quanto sia in-dispensabile avere questo stru-mento salvavita”.

Quelli impiantabili In commercio esistono diver-

si tipi di defibrillatori: manuali, semiautomatici, automatici e il defibrillatore cardiaco impianta-

bile, particolarmente utile nei pa-zienti a rischio di morte improvvi-sa. Quest’ultimo è uno strumen-to dalle dimensioni di una picco-la scatola del peso di 80 grammi o anche meno nei modelli più re-centi, che va inserito sotto la pel-le del torace. La sua applicazione necessita del ricovero ospedalie-ro in day-hospital e di una lieve anestesia. Questi apparecchi, dal-la forma simile a quella di un pa-ce-maker, sono capaci di ricono-scere subito la comparsa di alcu-ne alterazioni del battito cardiaco e di fornire immediatamente uno stimolo elettrico a bassa energia, in grado di ripristinare il norma-le ritmo.

Con questi strumenti non è ne-cessario dover ricorrere all’intro-duzione di apparecchi e di son-de all’interno del cuore e, grazie al loro impiego, la percentuale di successo degli arresti cardiaci è passata dal 60 al 95 percento.

Strumenti importanti per salvare dall’arresto cardiaco. Più diffusa èla conoscenza di questo mezzo, più vite possono essere sottratte alla morte

Alessandro Capucci

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